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AGO-CANNULA: può essere usata sia per fare prelievi, che per somministrare farmaci, ma anche
per l’idratazione intarvenosa, le trasfusioni, la chirurgia e l’emergency care. È controindicata in
caso di: infezioni, flebiti, sclerosi venosa, precedente infiltrazione intravenosa, ustioni e traumi,
fistole artero-venose e procedure chirurgiche. L’accesso intravenoso potrebbe essere impedito
anche nel caso di disidratazione e shock, chemioterapia e abuso di sostanze.
DOVE FARE IL PRELIEVO: bisogna ricordare che gli arti superiori hanno sia il sistema venoso della
vena cefalica=decorre sul lato radiale dell’avambraccio, che quello della vena basilica=decorre sul
lato ulnare dell’avambraccio. Questi sistemi comunicano a livello della fosse antecubitale in quella
che è la vena cubitale mediana , e del polso. Bisogna stare attenti all’arteria brachiale, che si trova
medialmente alla vena cubitale mediana, e all’ateria radiale e ulnare a livello del polso. Il sito
preferenziale è l’utilizzo delle vene della fossa antecubitale, ma se queste non fossero accessibili si
potrebbe ricorrere alle vene distali dell’arto superiore, dell’arto inferiore (vene dorsali del piede e
vene safene) e alla vena giugulare. I siti preferenziali sono: vena metacarpale, vena mediana
antibrachiale, vena cefalica, vena basilica e vena cubitale mediana.
MATERIALI: guanti, protezioni occhi, laccio emostatico, soluzione antisettica a base di clorexidina,
garza sterile, saline flush e catetere di dimensioni appropriate. I cateteri possono essere butterfly
o over the needle: in entrambi l’ago interno in acciaio viene rimosso, lasciando nella vena
solamente la cannula, che è composta da materiale plastico non polimerico che induce un effetto
trombotico molto limitato= viene ridotta la possibilità che si creino trombi e conseguenti emboli. I
catateri over the needle presentano dunque un’anima in acciaio che presenta una parte appuntita
che entra nel vaso: una volta dentro al vaso la componente rigida viene ritirata, mentre la parte in
plastica viene spinta in sede. È preferibile usare cateteri di piccole dimensioni, perché danno una
minor resistenza al flusso sanguigno e minor complicazioni. Quelli di grandi dimensioni si usano in
situazioni acute: es. soggetto in ipovolemia. La scelta della dimensione del catetere si basa sulla
dimensione dei vasi correlati all’età, sulla necessità dei boli pressurizzati, sulla viscosità del fluido
che verrà infuso.
POSIZIONAMENTO: il paziente si deve trovare in posizione supina con il braccio supportato.
PROCEDURA: 1. Posizionare il laccio emostatico a 8/10 cm dal sito di accesso 2. Identificare e
palpare le vene disponibili applicando una leggera pressione. La vena ideale è compatta, rotonda,
flessibile, piena. 3. Disinfettare il sito con soluzione antisettica a base di clorexina con movimenti
avanti indietro e poi fare asciugare la zona 4. Anestesia con iniezione, creme topiche e crioanestia
con glicole etlineico, in caso di cateteri di grandi dimensioni. 5. Ispezione della canula 6.
Stabilizzare le vene superficiali che sono mobili 7. Inserire il dispositivo con la mano dominante
nella vena con un angolo tra i 5 e i 30 gradi=osservazione del flashback di sangue 8. Una volta che
la porzione in acciaio e in plastica sono nel lume della vena, abbassare il catetere in modo che sia
parallelo alla pelle, mantenere tensione sulla vena e spingere la porzione in plastica nel lume,
ritraendo lo stiletto in acciaio. 9. Rimuovere il laccio emostatico 10. Esercitare pressione sulla vena
10. Buttare lo stiletto in acciaio e non provare mai a rintrodurlo all’interno del catetere!! 11.
Controllare la pervietà del dispositivo tramite infusione di soluzione fisiologica 12. Collegare i tubi
alla cannula per eventuali infusioni 13. Stabilizzare il catetere con cerotto e data.
COSA FARE PER VISUALIZZARE LE VENE: 1. Abbassare il braccio sotto il livello del cuore 2. Battere
gentilmente sulla vena 3. Far aprire e chiudere il pugno 4. Applicare un impacco calco 4. Ecografia
e transluminazione
COMPLICAZIONI: dolore, ematomi, infezioni batteriche, extravasazione, flebiti, trombosi, embolie
e danno nervoso
PUNTURA LOMBARE
FATTO QUANDO: raccolta di liquido cefalorachidiano utile per diagnosi di condizioni infettive, di
condizioni oncologiche, di processi infiammatori e di malattie metaboliche. Ha anche
un’applicazione terapeutica che include la somministrazione di chemio, antibiotici e anestetici
CONTROINDICAZIONI: pazienti con compromissione cardio-vascolare, ernia cerebrale, ernia
incipiente da aumento della pressione intracranica, segni neurologici focali, coagulopatie che
possono aumentare il rischio di ematoma spinale. In caso di dubbi prima della puntura si deve fare
una TC, consapevoli che potrebbe non rilevare segni da aumento della pressione intracranica.
EQUIPAGGIAMENTO: ago spinale con stiletto, agenti per pulizia cute, teli, tubi di raccolta. !
TIPOLOGIA DI AGO: calibro 20-22 gauge per ridurre il rischio di perdite di liquor. Nei neonati si usa
un ago da 3,8 cm, nei bambini da 6,3 e negli adulti da 8,9.
POSIZIONAMENTO: decubito laterale o seduto. Meglio il decubito per ridurre il rischio di cefalea
post puntura. Dopodichè il paziente deve assumere la posizione fetale, con la schiena flessa, per
aumentare il divario tra i processi spinosi delle vertebre contigue. Come punto di riferimento
bisogna tracciare una linea immaginaria tra gli apici superiore delle creste iliache posteriori,
passante per la linea mediana a livello di L4. L’ago va inserito tra L3-L4 o L4-L5 che si trovano al di
sotto della terminazione del midollo spinale.
PREPARAZIONE E ANESTESIA: pulire la cute con la clorexidina applicandola a cerchi concentrici via
via più grandi.
INSERIMENTO DELL’AGO: va inserito nella parte superiore del processo spinoso della vertebra
inferiore, in linea con la linea mediana e con un angolo di 15 gradi. Si può usare un ago smussato o
uno a punta di matita, che riduce il rischio di cefalea post puntura. L’ago attraversa: pelle, tessuto
sottocutaneo, legamento sovraspinoso, legamento interspinoso, legamento giallo, spazio
epidurale compreso tra il plesso venoso vertebrale interno, dura madre e aracnoide, per poi
arrivare nello spazio subaracnoideo tra le radici nervose della cauda equina. Quando l’ago
raggiunge il legamento giallo si sente uno scoppiettio per cui bisogna ritirare lo stiletto ad intervalli
di 2 cm, in modo da valutare il flusso di liquor. ! Il liquor scorrerà una volta che l’ago avrà raggiunto
lo spazio subaracnoideo! Non bisogna aspirare ma lasciare gocciolare
PRESSIONE DI APERTURA: il paziente deve essere in decubito laterale, e e poi si deve usare un
tubo flessibile per connettere un manometro al mozzo dell’ago. La pressione del liquor non
dovrebbe essere maggiore di 25 cmh20
RACCOLTA DEL CAMPIONE: 3-4 mL
POSSIBILI DIFFICOLTA: in pazienti con osteoartrite, spondilite anchilosante, cifo-scoliosi, malattia
degenerativa dei dischi, precedenti interventi.
COMPLICAZIONI: erniazione, compromissione cardio-respiratoria, dolore locale, mal di testa,
sanguinamento, cisti epidermica subaracnoidea e perdita di liquor. La cisti si forma come
conseguenza dell’introduzione di un tappo cutaneo nello spazio subaracnoideo: si evita con uso di
ago con stiletto.
PARACENTESI
QUANDO VA FATTA: viene fatta per motivi diagnostici, in particolar modo per analizzare il liquido
ascito che permette di capire se la raccolta di liquido è causata da ipertensione portale oppure da
altre cause, come infezioni tumoti ecc. questo accumulo è causato dal mafunzionamento del
fegato.
CONTROINDICAZIONI: donne in gravidanza, organomegalia, ostruzione del tenue, aderenze
addominali, infezioni cutanee, varici, cicatrici chirurgiche ed ematomi della parete addominale. Va
evitata anche nei pazienti con coagulazione intravasale disseminata. NB può essere invece fatta in
pazienti con problemi di coagulazione
EQUIPAGGIAMENTO: solito + lidocaina all1%, siringa da 10 mL, aghi da 22-25 gauge, un catetere,
un tubo di drenaggio ad alta pressione, provette per il campione, contenitore per drenare,
medicazione occlusiva sterile. Il catetere presenta un meccanismo di sicurezza, infatti all’estremità
presente un otturatore smussato in modo da ridurre il danno d’organo, che è uno dei maggiori
rischi
PREPARAZIONE: paziente in posizione supina con capo leggermente elevato. Il prelievo va fatto 2
cm sotto l’ombelico con approccio laterale, che prevede l’inserimento dell’ago a livello della
guaina del retto, per evitare di perforare l’arteria epigastrica inferiore. Si inietta anestetico nella
cavità peritoneale, perché il foglietto parietale della pleura, del peritoneo e delle sinovie hanno
una innervazione sensoriale: prima di iniettare l’anestetico bisogna provare ad aspirare fino a
quando non si aspirerà liquido ascitico e si capirà di essere in cavità peritoneale.
PROCEDURA: puntuta nel sito di iniezione con ago 18 gauge per facilitare l’iniezione del catetere
attraverso l’epidermide. Si può usare o l’inserimento angolare, che consiste nell’inserimento
dell’ago a 45 gradi, o tecnica del tratto Z. Se viene richiesto il campione si aggancia una larga
siringa al catetere e si aspirano 30/60 mL di fluido. Se invece viene richiesto un volume maggiore si
attacca un tubo di drenaggio e poi l’apposito contenitore. Questi cateteri hanno un’anima di
acciaio appuntita che serve per penetrare i tessuti, mentre il dispositivo che resta in posizione è
fatto di materiale morbido.
ANALISI: va misurata l’albumina per cui la provetta non deve contenere alcun additivo. Per
misurare invece la presenza di componente cellulare bisogna aggiungere EDTA. Possono essere
richiesti test aggiuntivi per glucosio, amilasi, lattato deidrogenasi, trigliceridi, bilirubina, acidi
nucleici liberi, cellule neoplastiche e batteri. Viene calcolato il gradiente albumina siero-ascite
sottraendo al livello di albumina nel siero il livello di albumina nel liquido ascitico: se SAAG<1.1
g/dl= cancro, infezione o pancreatite. Se SAAG<1=ipertensione portale.
COMPLICAZIONI: ipotensione, iponatriemia, IR, ridotta sopravvivenza, infezioni localizzate,
ematoma addominale, emorragie, perdita di liquido ascitico, lesione di organi intraaddominali,
lesione dell’arteria epigastrica inferiore
PRECAUZIONI: se vengono rimossi più di 5 litri si consiglia l’iniezione di albumina per aumentare il
riassorbimento di plasma; la corretta dose va dai 6 ai 8 gr/litro.
TORACENTESI
QUANDO SI FA: ha un doppio fine, sia quello di ottenere materiale diagnostico, che eseguire un
trattamento per ridurre le problematiche dovute all’accumulo di liquido in cavità toracica, come
ad esempio la costrizione del parenchima polmonare.
Trasudato= liquido pleurico prodotto della perdita di equilibrio tra forze idrostatiche
Essudato=liquido pleurico dato dall’aumento della permeabilità capillare in seguito ad
infiammazione o ostruzione linfatica
CONTROINDICAZIONI: non eseguibile in pazienti con gravi compromissioni emodinamiche o
respiratorie acute o che hanno infezioni cutanee nel sito di inserimento dell’ago. Nel caso di
soggetti con anomalie della coagulazione si può eseguire ma è consigliabile fornire al paziente
fattori della coagulazione. Se il paziente ha piccoli versamenti pleurici la procedura va eseguita con
guida ecografica
EQUIPAGGIAMENTO: soliti+ lidocaina e siringa da 10 ml con ago 22-25 gauge. Per raccogliere il
liquido sarà necessario un catetere da 18-20 gauge, una siringa da 60 mL, un rubinetto a tre uscite,
un tubicino di drenaggio e provette varie.
POSSIBILI DIFFICOLTA: evitare che l’aria entri entri nelle pleure
PREPARAZIONE: paziente seduto al bordo del letto appoggiando gli avanbracci in modo da stare
inclinato in avanti. Il punto di ingresso si deve trovare a 5-10 cm lateralmente al rachide e 1-2 spazi
intercostali sotto il luogo del versamento(mai sotto la nona costa!). Poi bisogna preparare la
regione con soluzione antisettica e anestetizzare. Bisogna ricordare che l’ago deve inserirsi sopra il
margine superiore della costa, perché lungo il margine inferiore passa il peduncolo vascolo-
nervoso intercostale.
ASPIRAZIONE DEL LIQUIDO PLEURICO: bisogna attaccare il catetere 18 gauce alla siringa e
avanzare sopra il margine superiore della costa fino a raggiungere lo spazio pleurico. Una volta che
il liquido viene aspirato, bloccare l’avanzamento dell’ago e inserire completamente il catetere
sopra l’ago. Togliere l’ago e tappare il catetere per evitare l’ingresso di aria. Attaccare poi il
rubinetto a tre uscite, la siringa grande al catetere e aspirare. L’aspirazione prevede un’estrazione
di 50 mL. Non si prelevano mai più di 1500 ml. Al termine della procedura bisogna rimuovere il
catetere mentre il paziente è al termine di un’inspirazione e sta trattenendo il respiro in modo da
evitare lo pneumotorace.
ANALISI DEL LIQUIDO PLEURICO: il liquido viene inserito nelle provette senza additivi e poi viene
misurato LDH, glucosio e proteine. Il rapporto tra la quantità di LDH e proteine presenti nel liquido
pleurico rispetto a quello presente nel siero indica se il liquido è trasudato o essudato.
COMPLICAZIONI: pneumotorace (raro), dolore, tosse, infezioni locali, emotorace, danno ad organi
intraaddominali, embolia ed edema polmonare
ARTROCENTESI
INDICAZIONI: utilizzata per obiettivi diagnostici, come differenziare le artriti da cristalli in gotta o
pseudogotta, essudati infiammatori o non infiammatori ed emoartrosi, ma anche terapeutici,
come l’aspirazione di versamenti.
CONTROINDICAZIONI: infezioni cutanea nel sito di ingresso. La batteriemia è una
controindicazione relativa.
EQUIPAGGIAMENTO: solito. Per raccogliere il liquido 2 o 3 siringhe da 30 cc, un ago da 18 gauge,
provette per esami citologici, cristalli, coltura.
ACCESSO ANATOMICO: bisogna attraversale la capsula sinoviale del ginocchio. Il ginocchio deve
essere flesso e formare un angolo di 15/20 gradi e l’ago deve accedere 1 cm lateralmente o
medialmente al terzo superiore della patella, diretto verso la fossa intercondiloidea.
ASPIRAZIONE: bisogna stare attenti a non ledere la cartilagine sinoviale. Il liquido sinoviale è
normalmente trasparente, se c’è infiammazione è opaco, se è rosso vi è emartrosi.
COMPLICAZIONI: infezioni iatrogene, traumatismo locale, dolore, riaccumulo dell’effusione.
DIAGNOSTICA
VARIABILITA: può essere pre-analitica, analitica e post-analitica. La variabilità maggiore si ha negli
esami in cui si usano anticorpi, perché la specificità anticorpale introduce un ulteriore livello di
variabilità oltre a quella della molecola target e dell’individuo. In generale viene ridotta grazie alla
spettrometria di massa. La variabilità biologica non è controllabile ed è strettamente connessa al
problema dei polimorfismi molecolari, che fanno si che ci siano molecole che sono presenti
fisiologicamente, ma che in soggetti diversi hanno delle piccole differenze di struttura biochimica.
Es. Determinazione di marcatori nel cancro della tiroide: se ci sono auto-anticorpi nel campione,
oppure una tiroide eterofila, allora avranno impatto sulla misura di determinati campioni. Un altro
problema della presenza di questi anticorpi anti-tireoglobulina è che questi potrebbero alterare la
misurazione della concentrazione della tireoglobulina. Tale misurazione è fondamentale per il
follow up del paziente con cancro alla tiroide: se la terapia funziona ci dovrebbe essere un calo
della tireoglobulina, ma la presenza di questi auto-anticorpi, potrebbe far credere che la
concentrazione sia diminuita quando non è così.
ERRORI: la definizione è “differenza tra stima e valore vero, che qualora ci sia, caratterizza
negativamente un metodo analitico” . Gli errori possono essere distinti in errori grossolani,
sistematici e casuali. L’errore grossolano è un problema di organizzazione che si contrasta
facilmente. L’errore sistematico è anche facile da contrastare, perché quando si fanno delle misure
di campioni di cui non conosciamo la concentrazione, si inseriscono sempre campioni a
concentrazione nota. Solitamente l’errore grossolano e quello sistematico sono contrastabili
anche per via dei 3 livelli diversi di sistemi di qualità: il controllo di qualità esterno VEQ, il controllo
di qualità interno e il controllo delle terze parti. L’errore casuale è un errore che non dipende da
anomalie di reagenti o di organizzazione, ma che si può verificare in maniera del tutto
imponderabile e del tutto autonoma rispetto ad altri meccanismi. La misura dell’errore causale è
la precisione=una misura è tanto più precisa quanto minore è l’entità dell’errore causale da cui è
affetta.
Evento avverso= errore che che si manifesta in maniera evidente
Near miss= evento avverso che non si verifica grazie ad una procedura messa in opera, che ha
consentito di evitare l’evento avverso pur essendosi verificato l’errore.
Perché si fanno gli errori? Quali sono i comportamenti umani che inducono all’errore? Ci sono tre
teorie: 1. Comportamenti automatici ad una data situazione, basati sull’esperienza. 2.
Comportamenti prescritti da regole 3. Comportamenti messi in atto quando ci si trova davanti ad
una situazione sconosciuta e si deve attuare un piano per superarla. L’errore può nascere ad ogni
livello di comportamento, ma non si verifica mai a causa di un singolo comportamento, quanto
invece di conseguenza ad una serie di errori o di comportamenti. (Teoria degli errori latenti)
VALORE PREDITTIVO DI UN ESAME DIAGNOSTICO: definisce la percentuale di risultati positivi che
sono realmente positivi. La predittività è fortemente dipendente dalla prevalenza. Un test positivo
in alta prevalenza non ha bisogno di essere confermato, mentre un test negativo in alta prevalenza
va confermato. Un test positivo in bassa prevalenza va invece confermato, mentre uno negativo in
bassa prevalenza no.
2. Densità: è compresa tra 1003-1030, dipende da quanto il soggetto beve. Al di sotto di 1003
vi è il sospetto di diabete insipido, dove il rene non riesce a concentrare le urine. Se invece
è maggiore di 1030 allora è presente molto glucosio nelle urine e c’è sospetto di diabete
mellito. La densità potrebbe essere alta anche per via dei mezzi di contrasto.
Caratteristiche chimiche
- pH: 4.5-6 =l’urina tende ad essere alcalina nel caso di dieta vegetariana o per via di
infezioni urinarie, mentre è acida per patologie quali l’acidosi tubulare renale (in questo
caso ci sono anche cristalli di acido urico)
- Proteine: le proteine totali devono essere minori di 150 mg/24 ore, mentre l’albumina
nelle 24 ore deve essere minore di 30 mg. NB. Il sistema di rivelazione utilizzato per
valutare la presenza di proteine ha un limite di detenzione di 300 mg/L.
-Glucosio: i dipstick possono essere usati anche per la determinazione del glucosio. I test usano
delle glucosio ossidasi, che a seconda della quantità del glucosio, si trasformano in una sostanza
colorata. Sono valutazioni semi-quantitative e semi-qualitative. Bisogna ricordare di leggere il test
30 secondo dall’immersone. Le limitazioni di questo sono test sono: interferenze per la presenza di
chetoni o agenti riducenti, possibuilità che nel momento di immersione ed estrazione ci siano dei
trascinamenti di materiale reagente presente nel tamponcino superiore. Se poi si ha il sospetto
che nelle urine siano presenti altri zuccheri rispetto al glucosio allora si possono usare altre misure
per determinare fruttosuria, fruttosemia, galattosemia. Vi è una correlazione tra glucosio nel
sangue e nelle urine: se il test è negativo allora il paziente non ha avuto episodi di glicemia >180
mg%,, se vi sono tracce nelle urine allora la glicemia avrà oscillato tra 200 e 300 mg%, mentre se il
test è positivo la glicemia sarà stata compresa tra 400 e 600 mg%.
- Bilirubina: anche in questo caso si può usare un dipstick che sarà negativo, debolmente
positivo, mediamente positivo, e fortemente positivo. La bilirubina aumenta nelle urine
perché aumenta la bilirubina diretta nel sangue. Ci potrebbero comunque essere delle
interferenze legate all’esposizione alla luce. Inoltre non si misura quella indiretta.
- Chetoni: l’aumento può essere legato ad una chetoacidosi diabetica, oppure al digiuno. Tra
i chetoni si misura solo l’acetoacetato. Le interferenze sono legate alla degradazione dei
reagenti.
- Densità: intervallo che va da 1000 a 1030.
- Sangue: la scala comprende negativo, tracce, debolmente positivo, moderatamente
positivo, fortemente positivo. Non è sempre detto che la presenza di sangue corrisponda a
GR nelle urine: solitamente la sensibilità analitica, quindi il limit of detenction di questo
test, è 10 globuli rossi/microlitri di campione. Questo parametro è usato per valutare
l’ematuria nella diagnosi di nefrite o in corso di trauma, per l’emoglobinuria nell’emolisi, e
per la mioglobinuria nella rabdomiolisi. Per distinguere queste condizioni appena citate
però non sarà sufficiente questa metodica, ma servirà anche l’esame microscopico delle
urine. Le interferenze potrebbero essere dovute ad agenti riducenti come la perossidasi
microbica.
- PH: l’intervallo va da 5 a 8.5, e viene letto a 2 minuti. È utile da valutare perché ci può
essere una relazione con lo stato metabolico del paziente, che potrebbe avere un alcalosi o
un’acidosi metabolica,, oppure un’acidosi tubulare renale. L’interferenza principale è data
dal problema del run-over, cioè la possibilità che dal tamponcino delle proteine vi sia del
colore che interferisca con il tamponcino del pH.
- Urobilinogeno: la sua presenza è riconducibile ad un eccesso di bilirubina, mentre se i suoi
valori sono bassi si deve pensare ad una possibile ostruzione delle vie biliari. La limitazione
del test per questo analita è data dalla prolungata esposizione all’ossigeno, e alle basse
quantità dell’analita.
- Nitriti: la loro presenza è una conseguenza del metabolismo batterico, di gram negativi. Il
test per i nitriti è puramento qualitativo e infatti l’esito è positivo o negativo. Tra le
limitazioni vi è un eccesso di crescita batterica; inoltre possono essere indagati solo i
batteri in grado di ridurre il nitrato a nitrito. A volte le urine che arrivano in laboratorio
possono non essere sterili perché sono entrate in contatto con microrganismi esterni:
questo determina un aumento dei nitriti. Però bisogna ricordare che nel caso di infezione
delle vie urinarie ci sarà anche un aumento della esterasi leucocitaria.
- Esterasi leucocitaria: l’esito può essere negativo, tracce o positivo. Il test fa riferimento alla
presenza di leucociti: viene misurata infatti una molecola prodotta dal metabolismi degli
stessi, ovvero l’esterasi leucocitaria. Se presente è indicativa di un processo di
infiammazione acuta ma anche di una possibile calcolosi renale. Se i livelli di questa sono
molto alti allora si parla di piuria, ossia di essudato purolento.
EMATURIA
Può essere una conseguenza di diverse patologie renali come: carcinoma renale, cisti,
glomerulonefriti, traumi, infarto renale, tubercolosi, necrosi papillare e calcoli della via biliare.
Le cause possono essere distinte in cause nefrologiche, se originano dal rene, e cause urologiche.
Un’altra classificazione prevede la distinzione dell’ematuria in:
-macroematuria: causata da contaminazione, lupus, sindrome emolitico uremico, sforzo intenso,
trombosi della vena renale, anemia falciforme, emofilia. Bisogna distinguere se la macroematuria
è glomerulare o non glomerulare.
-microematuria: può essere causata da sforzo o da altre condizioni poco significative.
L’ematuria può poi essere distinta in persistente, se si osserva in tre campioni di urine, per un
periodo consecutivo di tre mesi, oppure in transitoria.
TEST DI FAIRLEY: serve per fare una valutazione della presenza di eritrociti dismorfici. Il test viene
effettuato su un campione raccolto e letto immediatamente. L’esito è dipendente dal pH e
dall’osmolarità. Se su 100 emazie vi è un dimorfismo>80% allora c’è ematuria glomerulare, se
invece l’80% è isomorfo allora l’ematuria è non glomerulare, qualora invece ci sia una percentuale
intermedia allora l’ematuria è mista.
Acantociti
Costituiscono una categoria osservabile di
frequente nell’esame delle urine; si tratta di
marcatori di sanguinamento glomerulare.
Sono eritrociti che presentano morfologia
anomala, peculiare (figura 1).
Figura 1
Figura 2
Nelle figure sono presenti altri eritrociti di forma
anomala, dismorfica. In particolare, in 6 si
notano eritrociti dismorfici, tecnica di
microscopia poco utilizzata, che evidenzia bene i
dismorfismi (figura 3 e 4):
Figura 3 e 4
Figura 5
Figura 6
Figura 7
Figura 8
Cellule epiteliali tubulari, più rotondeggianti (figura 9)
Figura 9
Corpi ovalari grassosi (figure 10)
Figura 10
Figura 11
All’ esame al microcopio, si possono anche trovare microorganismi
che comprendono batteri, lieviti (come candida), virus sotto forma di inclusione. Questi
microorganismi sono indicativi di infezioni rispettivamente batteriche, mucofile e virali.
In questo vetrino i batteri (figura 12) sono ben visibili. Se non si stesse osservando un’immagine
statica, si vedrebbero i batteri vibrare, cambiare di forma, mobilitarsi (nel caso fossero dotati di
ciglia). Possono trovarsi anche dei piccoli frammenti di cristalli che tendono a vibrare: si parla dei
moti browniani, dovuti a fenomeni ambientali che fanno
vibrare queste particelle. Non bisogna, però,
confondere questi moti browniani con il
movimento dei batteri ciliati.
Figura 16
Cilindri
Ne esistono di varie tipologie:
Eritrocitari → indice di malattie glomerulari Figura 17
Leucocitari → da ricondursi malattie glomerulari, associati a piuria e
infezioni
Altri cilindri: si tratta soprattutto di lipidi o di cere
In figura 17 sono visibili cilindri nel tessuto (non si tratta, infatti, di urina); è un’immagine istologica
che mostra dove si formano e perché hanno quella peculiare
morfologia. Si formano in un tubulo, che riempiono
completamente, e, in seguito, possono essere
trasportati con il transito delle urine.
Si possono notare, in figura 18, come appaiono i cilindri
nell’urina, all’esame
microscopico. Figura 18
Figura 19
Figura 20
Figura 22
Figura 23
Figura 24 e 25: cilindro ceroso
Figura 24 e 25
Figura 27 e 28
Figura 26
• cristalli di triplofosfato (figura 31)
• cristalli di cistina (figura 34)
• cristalli di tirosina Figura 30
• cristalli di leucina (figura 32)
• cristalli di colesterolo (figura 35)
• cristalli di bilirubina
• cristalli di emosiderina
Figura 31
Altri cristalli
• sulfonamidi (sulfamidici si usano poco)
• mezzo di contrasto Rx (in seguito a pielografia endovenosa)
Figura 34
NB La quantità di creatinina
prodotta è in relazione alla massa
muscolare dell’individuo; di
conseguenza, misurare la
creatinina sierica da sola non darà
indicazioni correte riguardanti la Figura 33
Figura 32
velocità di filtrazione glomerulare (a meno che non venga tenuta in considerazione la massa del
singolo individuo, alquanto impossibile visto l’elevato numero di pazienti).
Nel caso in cui l’individuo di cui si sta calcolando l’eGFR sia di sesso femminile, è necessario
moltiplicare il risultato ottenuto per il valore 0.85.
I valori ottenuti si inseriscono poi in una formula che prevede che la clearance della creatina equivale
alla concentrazione della creatinina nelle urine per il volume delle urine, diviso la concentrazione
della creatinina nel plasma (vedi immagine in alto a dx).
L’indicazione ottenuta dalla formula deve essere poi correlata alla valutazione della superficie
corporea: per un soggetto di corporatura standard, il valore di riferimento è di 1,73 m2.
È importante ricordare che vi sono numerosi elementi che potenzialmente possono influenzare
questo tipo di valutazione. Quando si analizzano i risultati ottenuti è quindi bene tenere presente
che vi possono essere state delle raccolte incomplete di urine, potrebbero essere stati utilizzati
farmaci o sostanza che hanno provocato interferenze, la quantità di carne cotta ingerita può alterare
i valori.
Un alto livello di creatinina può essere causato da iperglicemia, presenza di chetoni, cefalosporine.
Un basso valore di creatinina può essere dato dalla presenza di bilirubina, massa muscolare scarsa,
distruzione del muscolo, situazioni di malnutrizione.
Azotemia
• azoto sierico: si tratta della
misurazione dell’azoto non
proteico, che deriva per il 50%
dall’urea, 20-25% dalla creatinina
e il 10-15% dall’acido urico.
• blood urea nitrogen (BUN):
contenuto di azoto derivante
dall’urea; è frazione del peso
dell’urea, e non è sempre
correlato all’azotemia.
Questo parametro è molto influenzato
dall’alimentazione; se la dieta infatti è molto ricca di proteine, l’azotemia può aumentare in maniera
significativa. Inoltre, si possono verificare aumenti dell’azoto e di BUN anche a seguito di
insufficienza renale.
Elettroliti
Gli elettroliti, quali ad esempio sodio, potassio, calcio, fosforo, devono essere valutati sia nel sangue
che nelle urine. La loro concentrazione dipende sia dalla patologia, sia dallo stadio della stessa (in
stadi diversi di una stessa malattia si possono avere urine ipoconcentrate o iperconcentrate per uno
stesso elettrolita).
Caso 1
In relazione al caso del bambino di 14 anni, è da tenere in considerazione l’aspetto peculiare delle
urine. Queste hanno infatti un aspetto torbido: ciò dipende dall’elevato numero di particelle in
sospensione.
La presenza di sangue evidenzia la presenza di globuli rossi. Nonostante ciò, non c’è emoglobina.
La presenza di esterasi è correlata a quella di globuli bianchi: è in corso un processo infettivo. Inoltre,
bisogna considerare il dolore costovertebrale riferito dal paziente, che suggerisce che vi sia
un’infiammazione renale.
La diagnosi è: pielonefrite acuta.
Caso 2
Il caso vede un soggetto di sesso maschile con un fortissimo dolore ad ondate e non risolvibile con
normali antidolorifici. Nelle urine è presente sangue, le urine sono torbide. Sono pesenti pochi
globuli bianchi, mentre sono evidenti tanti globuli rossi.
La diagnosi è: calcolosi delle vie urinarie.
Per la conta dei leucociti invece vanno eliminati i GR che potrebbero dare interferenze da
artefatti: viene aggiunto un lisante, che corta il citoplasma cellulare sul nucleo creando un
ridimensionamento volumetrico
In base al volume i NEUTROFILI sono i più grandi, mentre quelli a volume più basso sono i linfociti.
Questa è la distribuzione leucocitaria fisiologica.
Nell’immagine 8 si nota una distribuzione leucocitaria non fisiologica perché sono aumentati i
monociti e gli eosinofili. Nel grafico sotto si apprezza la curva di distribuzione delle piastrine: in
condizioni normali non è simmetrica, perché le piastrine possiedono un grado di anisocitosi
fisiologica. Nel secondo caso c’è una sovrastima del numero delle piastrine perché si è verificata
lisocitosi e frammentazione dei GR che quando sono frammentati assumono volumi simili a quelli
delle piastrine (2-25 fentonlitri). Nel terzo grafico invece vi è una sottostima per via della presenza
di piastrine giganti.
Gli strumenti sono in grado di riconoscere e contare gli eritroblasti, che sono i precursori
nucleati dei GR presenti nel midollo. Può succedere che questi precursori entrino in circolo
e mimino l’aspetto di un linfocita.
Si utilizza un middleware per consentire di non dover rivalutare quei campioni i cui dati sono
all’interno della normalità, e allo stesso tempo per poter invece controllare quei campioni
che non hanno superato i filtri di validazione, o per i quali la strumentazione invia degli
allarmi. I filtri di validazione sono costruiti sulla casistica della popolazione e sulla probabilità
di trovare dei campioni patologici. Il campione che non ha passato questi filtri viene mandato
in revisione microscopica. In MO per i GR si può vedere qual è il livello di cromia, e si può
vedere se sono caratterizzati da volumi diversi (anisocitosi) o da forme diverse (poichilocitosi
che include acantocitosi ecc). Nell’esame al MO bisogna prestare attenzione agli schistociti,
ovvero frammenti di eritrociti che assumono un significato particolare: nella leucemia acuta
mieloide promielocitica, nella porpora trombocitica trombocitopenica e nella coagulazione
intravasale disseminata, questi diventano segni importanti da tenere in considerazione. Il
quadro va sempre approfondito qualora si trovano frammenti eritrocitari insieme ad emazie
normali e normomorfiche. Se c’è una poichilocitosi generale lo schistocita non ha particolare
significato, mentre lo assume se le emazie sono normali.
Dunque i passaggi da fare nel caso della diagnostica ematologica di primo livello in
laboratorio sono:
1. Analisi di un campione idoneo
2. Governo delle tecnologie analitiche per avere dati accurati. Per ogni analizzatore è
fondamentale la performance clinica ma anche l’allineamento strumentale, che fa si che
ogni strumento legga il campione allo stesso modo.
3. Riconoscimento di ciò che è normale da ciò che non lo è
4. Produzione di un referto interpretato
5. Suggerimento per eventuali integrazioni o approfondimenti
6. Confronto con il collega clinico(read back)
7. Validazione
Vedere dalla sbobina le casistiche.