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PATOLOGIA CLINICA

Prelievo di sangue venoso


1. Identificazione del paziente
2. Preparazione dell’operatore e del paziente
3. Applicazione del laccio emostatico: non va tenuto per più di un minuto e mezzo.
4. Individuazione della vena: si deve trovare la vena mediana cubitale che si trova nella fossa
anterocubitale
5. Disinfezione del campo mediante alcool
6. Posizionamento dell’ago: si afferra il braccio, poggiando il pollice che non tiene il
dispositivo, 5 cm al di sotto del sito. Bisogna stabilizzare la vena.
7. Riempimento delle provette
8. Miscelare la provetta
9. Eliminazione del materiale
10. Emostasi
11. Applicazione dell’etichetta sulla provetta

INSERZIONE DI CATETERE VENOSO PERIFERICO

AGO-CANNULA: può essere usata sia per fare prelievi, che per somministrare farmaci, ma anche
per l’idratazione intarvenosa, le trasfusioni, la chirurgia e l’emergency care. È controindicata in
caso di: infezioni, flebiti, sclerosi venosa, precedente infiltrazione intravenosa, ustioni e traumi,
fistole artero-venose e procedure chirurgiche. L’accesso intravenoso potrebbe essere impedito
anche nel caso di disidratazione e shock, chemioterapia e abuso di sostanze.
DOVE FARE IL PRELIEVO: bisogna ricordare che gli arti superiori hanno sia il sistema venoso della
vena cefalica=decorre sul lato radiale dell’avambraccio, che quello della vena basilica=decorre sul
lato ulnare dell’avambraccio. Questi sistemi comunicano a livello della fosse antecubitale in quella
che è la vena cubitale mediana , e del polso. Bisogna stare attenti all’arteria brachiale, che si trova
medialmente alla vena cubitale mediana, e all’ateria radiale e ulnare a livello del polso. Il sito
preferenziale è l’utilizzo delle vene della fossa antecubitale, ma se queste non fossero accessibili si
potrebbe ricorrere alle vene distali dell’arto superiore, dell’arto inferiore (vene dorsali del piede e
vene safene) e alla vena giugulare. I siti preferenziali sono: vena metacarpale, vena mediana
antibrachiale, vena cefalica, vena basilica e vena cubitale mediana.
MATERIALI: guanti, protezioni occhi, laccio emostatico, soluzione antisettica a base di clorexidina,
garza sterile, saline flush e catetere di dimensioni appropriate. I cateteri possono essere butterfly
o over the needle: in entrambi l’ago interno in acciaio viene rimosso, lasciando nella vena
solamente la cannula, che è composta da materiale plastico non polimerico che induce un effetto
trombotico molto limitato= viene ridotta la possibilità che si creino trombi e conseguenti emboli. I
catateri over the needle presentano dunque un’anima in acciaio che presenta una parte appuntita
che entra nel vaso: una volta dentro al vaso la componente rigida viene ritirata, mentre la parte in
plastica viene spinta in sede. È preferibile usare cateteri di piccole dimensioni, perché danno una
minor resistenza al flusso sanguigno e minor complicazioni. Quelli di grandi dimensioni si usano in
situazioni acute: es. soggetto in ipovolemia. La scelta della dimensione del catetere si basa sulla
dimensione dei vasi correlati all’età, sulla necessità dei boli pressurizzati, sulla viscosità del fluido
che verrà infuso.
POSIZIONAMENTO: il paziente si deve trovare in posizione supina con il braccio supportato.
PROCEDURA: 1. Posizionare il laccio emostatico a 8/10 cm dal sito di accesso 2. Identificare e
palpare le vene disponibili applicando una leggera pressione. La vena ideale è compatta, rotonda,
flessibile, piena. 3. Disinfettare il sito con soluzione antisettica a base di clorexina con movimenti
avanti indietro e poi fare asciugare la zona 4. Anestesia con iniezione, creme topiche e crioanestia
con glicole etlineico, in caso di cateteri di grandi dimensioni. 5. Ispezione della canula 6.
Stabilizzare le vene superficiali che sono mobili 7. Inserire il dispositivo con la mano dominante
nella vena con un angolo tra i 5 e i 30 gradi=osservazione del flashback di sangue 8. Una volta che
la porzione in acciaio e in plastica sono nel lume della vena, abbassare il catetere in modo che sia
parallelo alla pelle, mantenere tensione sulla vena e spingere la porzione in plastica nel lume,
ritraendo lo stiletto in acciaio. 9. Rimuovere il laccio emostatico 10. Esercitare pressione sulla vena
10. Buttare lo stiletto in acciaio e non provare mai a rintrodurlo all’interno del catetere!! 11.
Controllare la pervietà del dispositivo tramite infusione di soluzione fisiologica 12. Collegare i tubi
alla cannula per eventuali infusioni 13. Stabilizzare il catetere con cerotto e data.
COSA FARE PER VISUALIZZARE LE VENE: 1. Abbassare il braccio sotto il livello del cuore 2. Battere
gentilmente sulla vena 3. Far aprire e chiudere il pugno 4. Applicare un impacco calco 4. Ecografia
e transluminazione
COMPLICAZIONI: dolore, ematomi, infezioni batteriche, extravasazione, flebiti, trombosi, embolie
e danno nervoso

PRELIEVO DI SANGUE ARTERIOSO


USATO PER: esecuzione dell’emogas analisi arteriosa (pH, pCo2 e Po2). È un prelievo invasivo fato
in condizioni di urgenza.
DOVE VIENE EFFETTUATO: si punge l’arteria radiale. Bisogna però prima valutare la pervietà del
circolo collaterale da parte dell’arteria ulnare: si effettua il TEST DI ALLEN che consiste
nell’occlusione dell’arteria radiale e ulnare, mentre il paziente stringe il pugno. Quando rilascia il
pugno, essendo occluse le due arterie, il palmo dovrebbe risultare bianco: a questo punto si libera
l’arteria ulnare e nel caso ci fosse un’adeguata circolazione collaterale il palmo dovrebbe
riassumere una normale colorazione.
CONTROINDICAZIONI RELATIVE: assunzione di anticoagulanti, pazienti con coagulopatie
CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE: infezione cutanea nel sito di prelievo
PREPARAZIONE: prendere il kit per emogasanalisi che contiene: una siringa, un ago 23-25 gauge,
un tappo per la siringa contente eparina di litio o sodio, garze, tamponi imbevuti di alcol, camice e
guanti. Si deve poi effettuare l’anestesia con lidocaina (pompata in siringa di 5 cc e amministrata
con ago 25 gauge). Sotto il polso va messo un asciugamano arrotolato.
IDENTIFICAZIONE DELL’ARTERIA: l’arteria radiale si trova tra il processo stiloideo del radio e il
tendine del muscolo flessore radiale del carpo. Si palpa il processo stiloideo come prima cosa, e
poi medialmente si individua il tendine.
PROCEDURA: 1. Polso in posizione supina così da superficializzare l’arteria 2. Indossare camice e
guanti 3. Disinfettare il sito. 4. Iniettare la lidocaina e aspettare 30-60 sec. 5. Puntare l’ago con un
angolo di 30-40 gradi. Il pistone della siringa sarà già retratto per cui è sufficiente inserirlo in
arteria e sarà la pressione dell’aria a far riempire la siringa. Bisogna ottenere 1-2 cc 6. Applicare
pressione sull’arteria 7. Espellere le bolle d’aria dalla siringa e coprirla. 8. Attaccare il tappo
contenente eparina
POSSIBILI DIFFICOLTA NELLA PROCEDURA: se il paziente è ipovolemico o ipoteso è difficile
distinguere se si è entrati in arteria o vena radiale. Inoltre in pazienti con IR, ipovolemia e shock il
colore del sangue non è indicativo: il sangue arterioso dovrebbe essere più chiaro.
COMPLICAZIONI: possibili vasospasmi e possibile raccolta di sangue venoso invece che arterioso. Il
campione è venoso se non è pulsabile, è di colore scuro e scorre lentamente.
RARE COMPLICAZIONI: aneurisma dell’arteria radiale, ischemia della mano ed ematoma che causa
sindrome compartimentale.
ACCORGIMENTI PRIMA DI ESEGUIRE UN PRELIEVO VENOSO: identificazione del paziente, controllo
tessera sanitaria, controllare le provette, etichettarle prima del prelievp, riportare in etichetta il
volume di sangue necessario.
STANDARDIZZAZIONE DELLA CONDIZIONE DEL PAZIENTE: digiuno per 12 ore prima del prelievo (in
realtà in questo modo il paziente diabetico avrà dei parametri quasi standardizzati) ed evitare
fumo, alcol e caffeina. Per quanto riguarda i farmaci in alcuni casi bisogna sospenderli e in altri
continuarli. Accertarsi anche dell’assunzione di biotina.
PREPARAZIONE DEL PAZIENTE: la postura può cambiare la concentrazione di certe sostanze come i
trigliceridi. Il paziente deve essere rilassato, e non deve essere affaticato. Se un paziente ha fatto
esercizio fisico poco prima del prelievo potrebbe avere una CPK, creatinfosfochinas, molto alta. La
donna che ha appena partorito e il neonato hanno CPK elevate. Particolare attenzione al paziente
anziano con diabete.
TECNICA DEL PRELIEVO
EMOLISI: consiste nella rottura dei globuli rosso con fuoriuscita nel plasma del loro contenuto. Un
campione emolizzato presenta un plasma di colore diverso per via dell’aumento della
concentrazione di emoglobina (300 mg/L-si consideri che il cut-off per Hb è 20 mg/L). L’emolisi
può essere distinta in emolisi in vitro, dovuta ad un’imprecisa tecnica di prelievo, e l’emolisi in
vivo.
Che cosa causa l’emolisi in vivo? L’emolisi in viva può essere causata da anticorpi, cause
biochimiche, sostante tossiche, fattori ereditari, carenze enzimatiche, ed infezioni.
Che cosa causa l’emolisi durante il prelievo? Lo stress fisico prima del prelievo fa aumentare la
velocità del circolo, eccessivo stress della vena, laccio emostatico lasciato troppo stretto e a lungo,
non corretta evaporazione del disinfettante nella zona del prelievo, che contamina l’ago causano
la rottura dei GR, accessori, miscelazione troppo energica delle provette, centrifugazione,
conservazione e trasporto.
Cosa si valuta per diagnosticare ll’emolisi? 1. Una riduzione dei valori di aptoglobina libera, che
infatti sarà ridotta perché l’emoglobina rilasciata si deve legare all’aptoglobina per essere
trasportata al sistema reticolo-endoteliale. 2. Aumento del potassio, delle LDH e delle
transaminasi.
Come si fa a capire se è emolisi in vivo o in vitro? Nell’emolisi in vitro invece aumentano solo
potassio, LDH e transaminasi mentre aptoglobina e reticolociti rimangono inalterati. Si può poi
valutare la bilirubina diretta e indiretta. Infine un’ulteriore possibilità è che ci sia un aumento di
vari parametri come LDH, K e fosfatasi, ma senza colorazione: in questo caso l’emolisi è avvenuta
in vivo ma si è mantenuta modesta.
Come e con cosa interferisce l’emolisi? Interferisce con le misure fotometriche perché, dato che
Hb assorbe la luce a 415 nm, allora l’emolisi aumenta l’assorbimento in questa fascia di lunghezza
d’onda provocando un apparente aumento della concentrazione degli analiti misurati in questo
range. Interferisce anche con l’elettroforesi delle proteine sieriche: il complesso Hb/aptoglobulina
migra nella zona alpha e beta globuline

PRELIEVO DI SANGUE MIDOLLARE E BIOPSIA MIDOLLARE


FATTO QUANDO: quando non si riesce ad ottenere un campione di sangue da altre sedi, per cui lo
si preleva dalla tibia, oppure si effettua un prelievo di sangue midollare per la valutazione standard
(morfologia globuli bianchi), dalla cresta iliaca o dallo sterno. Viene quindi spesso usato per
identificare anomalie ematologiche
EQUIPAGGIAMENTO: soluzione sterile di clorexidina, guanti, garze, ago 25 gauge, siringa da 5 mL,
ago per aspirazione del midollo osseo, ago per biopsia, 2 siringhe da 30 mL, eparansolfato e
lidocaina. Il campo deve essere sterile.
POSIZIONAMENTO: il paziente è in posizione prona o in decubito laterale con le ginocchia flesse, in
modo da raggiungere la cresta iliaca posteriore in via preferenziale, altrimenti l’anteriore. Passare
la clorexidina, posizionare i teli sterili, effettuare anestesia prima con soluzione 1% lidocaina al di
sopra del sito della biopsia e poi bisogna infiltrare il periostio con 2-5 ml di lidocaina.
PROCEDURA DEL PRELIEVO: 1. Posizionare l’ago orizzontalmente rispetto alla cute ed inserirlo
nella cresta iliaca posteriore 2. Penetrare l’osso ruotando ripetutamente l’ago e applicando
pressione, dino a quando non si sentirà un abbassamento della resistenza, che indicherà l’ingresso
nella cavità midollare. 3. L’ago viene lasciato in posizione senza essere trattenuto: viene poi
rimosso lo stiletto in acciaio e va attaccata una siringa 30 mL senza eparina in modo tale da
aspirare 1 ml di sangue midollare. 4. Lasciare l’ago in posizione, staccare la siringa e riempirla con
eparina 5. Staccare l’ago
BIOPSIA MIDOLLARE: l’ago per la biopsia, più grosso rispetto a quello del prelievo, va inserito nello
stesso punto di entrata dell’ago per il prelievo. Con un movimento in senso orario bisogna inserire
l’ago con lo stiletto in posizione per perforare il periostio, poi si ritrae lo stiletto e si va avanzare
l’ago con un movimento circolare fino a 2 cm di profondità. Per assicurarsi che il campione
bioptico non venga lasciato indietro quando si rimuove l’ago, ruotare in senso orario e antioraio
diverse volte e farlo oscillare delicatamente. I campioni devono essere lunghi almeno 2 cm.
CONTROINDICAZIONI RELATIVE: trombocitopenia
CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE: infezioni all’osso

PUNTURA LOMBARE
FATTO QUANDO: raccolta di liquido cefalorachidiano utile per diagnosi di condizioni infettive, di
condizioni oncologiche, di processi infiammatori e di malattie metaboliche. Ha anche
un’applicazione terapeutica che include la somministrazione di chemio, antibiotici e anestetici
CONTROINDICAZIONI: pazienti con compromissione cardio-vascolare, ernia cerebrale, ernia
incipiente da aumento della pressione intracranica, segni neurologici focali, coagulopatie che
possono aumentare il rischio di ematoma spinale. In caso di dubbi prima della puntura si deve fare
una TC, consapevoli che potrebbe non rilevare segni da aumento della pressione intracranica.
EQUIPAGGIAMENTO: ago spinale con stiletto, agenti per pulizia cute, teli, tubi di raccolta. !
TIPOLOGIA DI AGO: calibro 20-22 gauge per ridurre il rischio di perdite di liquor. Nei neonati si usa
un ago da 3,8 cm, nei bambini da 6,3 e negli adulti da 8,9.
POSIZIONAMENTO: decubito laterale o seduto. Meglio il decubito per ridurre il rischio di cefalea
post puntura. Dopodichè il paziente deve assumere la posizione fetale, con la schiena flessa, per
aumentare il divario tra i processi spinosi delle vertebre contigue. Come punto di riferimento
bisogna tracciare una linea immaginaria tra gli apici superiore delle creste iliache posteriori,
passante per la linea mediana a livello di L4. L’ago va inserito tra L3-L4 o L4-L5 che si trovano al di
sotto della terminazione del midollo spinale.
PREPARAZIONE E ANESTESIA: pulire la cute con la clorexidina applicandola a cerchi concentrici via
via più grandi.
INSERIMENTO DELL’AGO: va inserito nella parte superiore del processo spinoso della vertebra
inferiore, in linea con la linea mediana e con un angolo di 15 gradi. Si può usare un ago smussato o
uno a punta di matita, che riduce il rischio di cefalea post puntura. L’ago attraversa: pelle, tessuto
sottocutaneo, legamento sovraspinoso, legamento interspinoso, legamento giallo, spazio
epidurale compreso tra il plesso venoso vertebrale interno, dura madre e aracnoide, per poi
arrivare nello spazio subaracnoideo tra le radici nervose della cauda equina. Quando l’ago
raggiunge il legamento giallo si sente uno scoppiettio per cui bisogna ritirare lo stiletto ad intervalli
di 2 cm, in modo da valutare il flusso di liquor. ! Il liquor scorrerà una volta che l’ago avrà raggiunto
lo spazio subaracnoideo! Non bisogna aspirare ma lasciare gocciolare
PRESSIONE DI APERTURA: il paziente deve essere in decubito laterale, e e poi si deve usare un
tubo flessibile per connettere un manometro al mozzo dell’ago. La pressione del liquor non
dovrebbe essere maggiore di 25 cmh20
RACCOLTA DEL CAMPIONE: 3-4 mL
POSSIBILI DIFFICOLTA: in pazienti con osteoartrite, spondilite anchilosante, cifo-scoliosi, malattia
degenerativa dei dischi, precedenti interventi.
COMPLICAZIONI: erniazione, compromissione cardio-respiratoria, dolore locale, mal di testa,
sanguinamento, cisti epidermica subaracnoidea e perdita di liquor. La cisti si forma come
conseguenza dell’introduzione di un tappo cutaneo nello spazio subaracnoideo: si evita con uso di
ago con stiletto.

PARACENTESI
QUANDO VA FATTA: viene fatta per motivi diagnostici, in particolar modo per analizzare il liquido
ascito che permette di capire se la raccolta di liquido è causata da ipertensione portale oppure da
altre cause, come infezioni tumoti ecc. questo accumulo è causato dal mafunzionamento del
fegato.
CONTROINDICAZIONI: donne in gravidanza, organomegalia, ostruzione del tenue, aderenze
addominali, infezioni cutanee, varici, cicatrici chirurgiche ed ematomi della parete addominale. Va
evitata anche nei pazienti con coagulazione intravasale disseminata. NB può essere invece fatta in
pazienti con problemi di coagulazione
EQUIPAGGIAMENTO: solito + lidocaina all1%, siringa da 10 mL, aghi da 22-25 gauge, un catetere,
un tubo di drenaggio ad alta pressione, provette per il campione, contenitore per drenare,
medicazione occlusiva sterile. Il catetere presenta un meccanismo di sicurezza, infatti all’estremità
presente un otturatore smussato in modo da ridurre il danno d’organo, che è uno dei maggiori
rischi
PREPARAZIONE: paziente in posizione supina con capo leggermente elevato. Il prelievo va fatto 2
cm sotto l’ombelico con approccio laterale, che prevede l’inserimento dell’ago a livello della
guaina del retto, per evitare di perforare l’arteria epigastrica inferiore. Si inietta anestetico nella
cavità peritoneale, perché il foglietto parietale della pleura, del peritoneo e delle sinovie hanno
una innervazione sensoriale: prima di iniettare l’anestetico bisogna provare ad aspirare fino a
quando non si aspirerà liquido ascitico e si capirà di essere in cavità peritoneale.
PROCEDURA: puntuta nel sito di iniezione con ago 18 gauge per facilitare l’iniezione del catetere
attraverso l’epidermide. Si può usare o l’inserimento angolare, che consiste nell’inserimento
dell’ago a 45 gradi, o tecnica del tratto Z. Se viene richiesto il campione si aggancia una larga
siringa al catetere e si aspirano 30/60 mL di fluido. Se invece viene richiesto un volume maggiore si
attacca un tubo di drenaggio e poi l’apposito contenitore. Questi cateteri hanno un’anima di
acciaio appuntita che serve per penetrare i tessuti, mentre il dispositivo che resta in posizione è
fatto di materiale morbido.
ANALISI: va misurata l’albumina per cui la provetta non deve contenere alcun additivo. Per
misurare invece la presenza di componente cellulare bisogna aggiungere EDTA. Possono essere
richiesti test aggiuntivi per glucosio, amilasi, lattato deidrogenasi, trigliceridi, bilirubina, acidi
nucleici liberi, cellule neoplastiche e batteri. Viene calcolato il gradiente albumina siero-ascite
sottraendo al livello di albumina nel siero il livello di albumina nel liquido ascitico: se SAAG<1.1
g/dl= cancro, infezione o pancreatite. Se SAAG<1=ipertensione portale.
COMPLICAZIONI: ipotensione, iponatriemia, IR, ridotta sopravvivenza, infezioni localizzate,
ematoma addominale, emorragie, perdita di liquido ascitico, lesione di organi intraaddominali,
lesione dell’arteria epigastrica inferiore
PRECAUZIONI: se vengono rimossi più di 5 litri si consiglia l’iniezione di albumina per aumentare il
riassorbimento di plasma; la corretta dose va dai 6 ai 8 gr/litro.

TORACENTESI
QUANDO SI FA: ha un doppio fine, sia quello di ottenere materiale diagnostico, che eseguire un
trattamento per ridurre le problematiche dovute all’accumulo di liquido in cavità toracica, come
ad esempio la costrizione del parenchima polmonare.
Trasudato= liquido pleurico prodotto della perdita di equilibrio tra forze idrostatiche
Essudato=liquido pleurico dato dall’aumento della permeabilità capillare in seguito ad
infiammazione o ostruzione linfatica
CONTROINDICAZIONI: non eseguibile in pazienti con gravi compromissioni emodinamiche o
respiratorie acute o che hanno infezioni cutanee nel sito di inserimento dell’ago. Nel caso di
soggetti con anomalie della coagulazione si può eseguire ma è consigliabile fornire al paziente
fattori della coagulazione. Se il paziente ha piccoli versamenti pleurici la procedura va eseguita con
guida ecografica
EQUIPAGGIAMENTO: soliti+ lidocaina e siringa da 10 ml con ago 22-25 gauge. Per raccogliere il
liquido sarà necessario un catetere da 18-20 gauge, una siringa da 60 mL, un rubinetto a tre uscite,
un tubicino di drenaggio e provette varie.
POSSIBILI DIFFICOLTA: evitare che l’aria entri entri nelle pleure
PREPARAZIONE: paziente seduto al bordo del letto appoggiando gli avanbracci in modo da stare
inclinato in avanti. Il punto di ingresso si deve trovare a 5-10 cm lateralmente al rachide e 1-2 spazi
intercostali sotto il luogo del versamento(mai sotto la nona costa!). Poi bisogna preparare la
regione con soluzione antisettica e anestetizzare. Bisogna ricordare che l’ago deve inserirsi sopra il
margine superiore della costa, perché lungo il margine inferiore passa il peduncolo vascolo-
nervoso intercostale.
ASPIRAZIONE DEL LIQUIDO PLEURICO: bisogna attaccare il catetere 18 gauce alla siringa e
avanzare sopra il margine superiore della costa fino a raggiungere lo spazio pleurico. Una volta che
il liquido viene aspirato, bloccare l’avanzamento dell’ago e inserire completamente il catetere
sopra l’ago. Togliere l’ago e tappare il catetere per evitare l’ingresso di aria. Attaccare poi il
rubinetto a tre uscite, la siringa grande al catetere e aspirare. L’aspirazione prevede un’estrazione
di 50 mL. Non si prelevano mai più di 1500 ml. Al termine della procedura bisogna rimuovere il
catetere mentre il paziente è al termine di un’inspirazione e sta trattenendo il respiro in modo da
evitare lo pneumotorace.
ANALISI DEL LIQUIDO PLEURICO: il liquido viene inserito nelle provette senza additivi e poi viene
misurato LDH, glucosio e proteine. Il rapporto tra la quantità di LDH e proteine presenti nel liquido
pleurico rispetto a quello presente nel siero indica se il liquido è trasudato o essudato.
COMPLICAZIONI: pneumotorace (raro), dolore, tosse, infezioni locali, emotorace, danno ad organi
intraaddominali, embolia ed edema polmonare

ARTROCENTESI
INDICAZIONI: utilizzata per obiettivi diagnostici, come differenziare le artriti da cristalli in gotta o
pseudogotta, essudati infiammatori o non infiammatori ed emoartrosi, ma anche terapeutici,
come l’aspirazione di versamenti.
CONTROINDICAZIONI: infezioni cutanea nel sito di ingresso. La batteriemia è una
controindicazione relativa.
EQUIPAGGIAMENTO: solito. Per raccogliere il liquido 2 o 3 siringhe da 30 cc, un ago da 18 gauge,
provette per esami citologici, cristalli, coltura.
ACCESSO ANATOMICO: bisogna attraversale la capsula sinoviale del ginocchio. Il ginocchio deve
essere flesso e formare un angolo di 15/20 gradi e l’ago deve accedere 1 cm lateralmente o
medialmente al terzo superiore della patella, diretto verso la fossa intercondiloidea.
ASPIRAZIONE: bisogna stare attenti a non ledere la cartilagine sinoviale. Il liquido sinoviale è
normalmente trasparente, se c’è infiammazione è opaco, se è rosso vi è emartrosi.
COMPLICAZIONI: infezioni iatrogene, traumatismo locale, dolore, riaccumulo dell’effusione.

DIAGNOSTICA
VARIABILITA: può essere pre-analitica, analitica e post-analitica. La variabilità maggiore si ha negli
esami in cui si usano anticorpi, perché la specificità anticorpale introduce un ulteriore livello di
variabilità oltre a quella della molecola target e dell’individuo. In generale viene ridotta grazie alla
spettrometria di massa. La variabilità biologica non è controllabile ed è strettamente connessa al
problema dei polimorfismi molecolari, che fanno si che ci siano molecole che sono presenti
fisiologicamente, ma che in soggetti diversi hanno delle piccole differenze di struttura biochimica.
Es. Determinazione di marcatori nel cancro della tiroide: se ci sono auto-anticorpi nel campione,
oppure una tiroide eterofila, allora avranno impatto sulla misura di determinati campioni. Un altro
problema della presenza di questi anticorpi anti-tireoglobulina è che questi potrebbero alterare la
misurazione della concentrazione della tireoglobulina. Tale misurazione è fondamentale per il
follow up del paziente con cancro alla tiroide: se la terapia funziona ci dovrebbe essere un calo
della tireoglobulina, ma la presenza di questi auto-anticorpi, potrebbe far credere che la
concentrazione sia diminuita quando non è così.
ERRORI: la definizione è “differenza tra stima e valore vero, che qualora ci sia, caratterizza
negativamente un metodo analitico” . Gli errori possono essere distinti in errori grossolani,
sistematici e casuali. L’errore grossolano è un problema di organizzazione che si contrasta
facilmente. L’errore sistematico è anche facile da contrastare, perché quando si fanno delle misure
di campioni di cui non conosciamo la concentrazione, si inseriscono sempre campioni a
concentrazione nota. Solitamente l’errore grossolano e quello sistematico sono contrastabili
anche per via dei 3 livelli diversi di sistemi di qualità: il controllo di qualità esterno VEQ, il controllo
di qualità interno e il controllo delle terze parti. L’errore casuale è un errore che non dipende da
anomalie di reagenti o di organizzazione, ma che si può verificare in maniera del tutto
imponderabile e del tutto autonoma rispetto ad altri meccanismi. La misura dell’errore causale è
la precisione=una misura è tanto più precisa quanto minore è l’entità dell’errore causale da cui è
affetta.
Evento avverso= errore che che si manifesta in maniera evidente
Near miss= evento avverso che non si verifica grazie ad una procedura messa in opera, che ha
consentito di evitare l’evento avverso pur essendosi verificato l’errore.
Perché si fanno gli errori? Quali sono i comportamenti umani che inducono all’errore? Ci sono tre
teorie: 1. Comportamenti automatici ad una data situazione, basati sull’esperienza. 2.
Comportamenti prescritti da regole 3. Comportamenti messi in atto quando ci si trova davanti ad
una situazione sconosciuta e si deve attuare un piano per superarla. L’errore può nascere ad ogni
livello di comportamento, ma non si verifica mai a causa di un singolo comportamento, quanto
invece di conseguenza ad una serie di errori o di comportamenti. (Teoria degli errori latenti)
VALORE PREDITTIVO DI UN ESAME DIAGNOSTICO: definisce la percentuale di risultati positivi che
sono realmente positivi. La predittività è fortemente dipendente dalla prevalenza. Un test positivo
in alta prevalenza non ha bisogno di essere confermato, mentre un test negativo in alta prevalenza
va confermato. Un test positivo in bassa prevalenza va invece confermato, mentre uno negativo in
bassa prevalenza no.

DIAGNOSTICA DELLE MALATTIE RENALI


Le malattie renali sono un buon modello di applicazione per tecnologie: morfologiche,
biochimiche, di biologia molecolare, e di spettrometria di massa.
FUNZIONI RENALI: eliminazione scorie, mantenimento dell’equilibrio idro-salinico, controllo
equilibrio acido-base e della pressione arteriosa, produzione dell’eritropoietina, regolazione
dell’assorbimento di calcio e fosfato. Una delle sue funzioni più importanti è la filtrazione: i
capillari sono fenestrati e consentono il passaggio di molecole con diametro inferiore ai 7/10
angstrom che corrisponde a 50/60 kDa=albumina.
Inulina e creatinina=solo filtrate dal glomerulo renale
Ioni, glucosio, aa, vitamine, acqua= filtrate e riassorbite
Altre vengono filtrate e poi secrete dal tubulo.
Si ricordi che l’ADH determina un aumento del riassorbimento dell’acqua a livello del dotto
collettore e anche la vasocostrizione arteriolare. Il ANP invece determina un aumento
dell’escrezione di Sali ed acqua nelle urine, e la vasodilatazione arteriolare.
SEGNI E SINTOMI DELLE MALATTIE RENALI: 1. Alterazioni del volume ematico: anuria se volume
urinario <100 ml/giorno, oliguria se <400 ml, poliuria se >3000 ml. Le cause di poluria potrebbero
anche essere non collegate alle malattie renali: diabete scompensato, diuretici, causa post-
ostruttiva, diabete insipido, polidipsia primaria. 2. Alterazioni della composizione urinaria:
ematuria, proteinuria se proteine >150 mg/die, piuria o leucocituria.
TIPOLOGIE DI MALATTIE RENALI: IRA, nefrite acuta, IRC, sindrome nefrosica, alterazioni
asintomatiche urinarie, infezioni delle vie urinarie, difetti dei tubuli renali, ipertensione, nefrolitiasi
e ostruzione delle vie urinarie.
ANALISI DI LABORATORIO: 1. Urino coltura 2. Misura di marcatore della funzione renale nel sangue
come azotemia, creatinineamia, BUN, proteinuria e albuminuria. 3. Esame delle urine con parte
chimico-fisica e morfologica 4. Alterazioni elettrolitiche
CONDIZIONI RENALI DA SAPERE
1. Danno renale acuto o AKI: tra i criteri funzionali vi è un aumento della creatinina sierica in 7
giorni, un aumento della creatinina sierica di 0,3 mg/dL in 2 giorni e oliguria. Tra i criteri
strutturali nessuno
2. Malattia renale cronica CKD: tra i criteri funzionali vi è un’alterata filtrazione glomerulare
che sarà minore di 60 mL/min per oltre 3 mesi. Tra i criteri strutturali vi è n danno tissutale
da più di tre mesi.
3. Malattia renale acuta AKD: tra i criteri funzionali vi è il fatto che assomiglia molto alla AKI,
può essere caratterizzata da una GFR<60 ml/min/1,73 per meno di tre mesi, da una
diminuzione della GFR>35% e da un aumento della creatinina sierica del 50% per meno di
tre mesi. Tra i criteri strutturali vi è un danno tissutale da meno di tre mesi
4. Malattie croniche da danno non determinato: tra i criteri funzionali vi è GFR>60
ml/min/1,73 m2 e una creatinina sierica stabile. Strutturalmente non si apprezza alcun
danno.
5. Danno renale acuto da mezzo di contrasto: tra i criteri funzionali vi è un aumento della
sCr>0,5 mg/dl nell’arco delle 48-72 ore dalla somministrazione. Vi è poi un aumento del
25% del valore basale della creatinina nell’arco sempre delle 48-72 ore.
6. Insufficienza renale acuta: sindrome caratterizzata da rapida e grave riduzione della
filtrazione glomerulare associata ad una riduzione del volume urinario. L’oligoanuria
determina ritenzione idrica e accumulo di liquidi interstiziali che porta ad edema,
ipertensione e scompenso cardiaco congestizio.
Cause pre renali: ipovolemia, sovraccarico di liquidi, patologie vascolari, fans, spesi
Cause renali: NTA, malattie tubulo interstiziali, glomerulonefriti
Cause post renali: ostruzione dal bacinetto in poi, ipetrofia prostatica, ostruzione ureterale
da compressione causata da fibrosi retroperitoneale, nefrolitiasi
Conseguenze: ritenzione di Sali ed acqua, iperazotemia, ipertensione arteriosa, oliguria,
ematuria, proteinuria
7. Sindrome nefrosica: sindrome clinica caratterizzata da proteinuria >3 g/die accompagnata
ad ipo-albuminemia, iperlipidemia ed edema. I valori di creatinina sono normali ed è
questo che la distingue dalla IRA. Può essere primaria (nefrosi lipoide, glomerulonefriti
membranose e membrano-proliferative), oppure secondaria (diabete mellito, LES,
amiloidosi, trombosi vena renale).
8. Insufficienza renale cronica: sindrome clinica caratterizzata dalla perdita progressiva e
permanente della funzionalità renale. Per via della rindondanza tissutale il soggetto non si
accorge della distruzione del tessuto finchè non si riduce il filtrato al di sotto del 25%.
Stadio 1: danno presente ma GFR normale o leggermente >90 mL/min/1,73 m2
Stadio 2: GFR tra 60 e 89
Stadio 3: GFR tra 30 e 59
Stadio 4: GFR 15-29
Stadio 5: filtrazione minore di 15 ml/min/1,73 m2
Cause: diabete mellito, ipertensione arteriosa, ostruzione delle vie urinarie, nefrite
interstiziale
Segni e sintomi: anemia!
Vi sarà un aumento della ritenzione di acqua e Sali che porta ad un aumento di peso. Il
paziente ipervolemico avrà edema con conseguente possibile dispnea, ascite. In IRC vi è un
aumento della potassiemia solo quando GFR<15 ml/min. Questo determina anomalie ECG,
aritmie, parestesie, debolezza, paralisi. I pazienti con IRC hanno anche alterazioni di calcio
e fosforo con conseguenti osteodistrofie renali.
9. Uremia o sindrome uremica: con GFR<10-15 vi è un accumulo di tossine uremiche come
urea, guanidina, creatina, urati, peptidi e aa di natura aromatica.
Cause: riduzione della funzione emuntoria, riduzione delle funzioni metaboliche ed
endocrine del rene, decadimento generale
Manifestazioni cliniche: ipertensione, anoressia, nausea, vomito, insonnia, calo ponderale,
affaticamento, parestesia, edemi, scompenso, anemia, acidosi, iperkaliemia

VALUTAZIONE DELLA FUNZIONALITA RENALE


1. Analisi delle urine
2. Creatina sierica
3. Clearance della creatinina (determinazione della filtrazione glomerulare)
4. Azotemia e BUN (blood urea nitrogen)
5. Elettroliti sierici e nelle urine
6. Rapporto acido/base con emogasanalisi
7. Acido urico
8. Valutazione albumina

ESAME CHIMICO FISICO DELLE URINE


L’esecuzione dell’esame dell’urina spot, quindi effettuato su un singolo campione prelevato in una
certa parte della giornata, non può essere considerato quantitativo. Dovrebbe essere considerato
un dosaggio qualitativo: si tratta di indicazioni qualitative della presenza o meno di una sostanza.
L’unica tipologia di esame delle urine nel quale possiamo avere una misura è la valutazio e della
concentrazione delle sostanze presenti nelle urine emesse durante le 24 ore. Come andrebbe fatta
la raccolta di tali urine? In maniera precisa: bisogna riportare ciò che il paziente ha mangiato e
bevuto, il campione di urina va ben conservato nelle 24 ore ecc.
In ogni caso l’informazione qualitativa fornita dall’esame spot è molto spesso sufficiente. In genere
si prelevano le urine del primo mitto, perché più concentrate, e poi si specifica anche la modalità
di raccolta, ovvero se pulita oppure no. Le urine devono essere analizzate entro due ore altrimenti
si rischia di alterare una serie di elementi morfologici. Un’altra modalità insolita per la raccolta
delle urine è l’aspirazione con ago in puntura sovrapubica: potrebbe essere necessario in caso di
schiacciamento dell’uretra.

ELEMENTI DI VALUTAZIONE DELL’ESAME CHIMICO FISICO


Proprietà fisiche
1. Aspetto: colore

Normale Debolmente giallo


Mioglobina Colore del te carico
Coloranti vari Fortemente colorate
Malaria Nere
Rifampicina, fenitoina, Colorito giallo tendente
vitamine del complesso B all’arancione
Pus o cristalli Bianco lattescente
Globuli rossi, emoglobina Rossa tendente al marrone

2. Densità: è compresa tra 1003-1030, dipende da quanto il soggetto beve. Al di sotto di 1003
vi è il sospetto di diabete insipido, dove il rene non riesce a concentrare le urine. Se invece
è maggiore di 1030 allora è presente molto glucosio nelle urine e c’è sospetto di diabete
mellito. La densità potrebbe essere alta anche per via dei mezzi di contrasto.

Caratteristiche chimiche
- pH: 4.5-6 =l’urina tende ad essere alcalina nel caso di dieta vegetariana o per via di
infezioni urinarie, mentre è acida per patologie quali l’acidosi tubulare renale (in questo
caso ci sono anche cristalli di acido urico)
- Proteine: le proteine totali devono essere minori di 150 mg/24 ore, mentre l’albumina
nelle 24 ore deve essere minore di 30 mg. NB. Il sistema di rivelazione utilizzato per
valutare la presenza di proteine ha un limite di detenzione di 300 mg/L.

Quantificazione della proteinuria: si utilizza il rapporto albumina/creatinina. Si sono sviluppati


alcuni algoritmi che consentono di identificare soggetti con malattia renale cronica non
sintomatica, fino allo stadio 3, semplicemente con uno score basato sulle misurazioni di albumina,
creatinina, creatinuria e albuminuria.
Albuminuria: albumina emessa con le urine> 30 mg/die oppure vi è un rapporto di 30 mg/grammo
di creatinina. Si parla di micro-albuminuria quando i valori sono fino a circa 10 volte quelli
considerati di riferimento, mentre si parla di macroalbuminuria quando sono maggiore di 10 volte.
Proteinuria: si verifica perché a livello di glomerulo vi è il passaggio di una certa quantità di
proteine: in condizioni fisiologiche le proteine che possono essere filtrate a livello glomerulare
sono l’albumina, le IgG e le IgA, un po’ di transferrina, le catene leggere delle Ig e la proteina di
Tamm-Horsfall (proteina che costruisce gran parte del cilindro. Questa proteina è assente nel
plasma e viene prodotta dall’ansa di henle del nefrone, precipita a pH acido e forma strutture a
forma tubulare, che nell’urina si trovano sottoforma di cilindri). Tutte queste proteine vengono
però in bran parte riassorbite, per cui nelle urine si trovano massimo 150 mg al giorno. Le proteine
vengono dosate con il Dipstick: è una striscia di plastica dove vengono incollati dei tamponcini
contenenti ciascuno un reagente diverso, che reagisce con la varie componenti delle urine. Il limite
di questo sistema è che è sensibile al tempo in quanto le reazioni non sono end-point ma
continuano, per cui il colore si scurisce sempre di più. Un problema rilevante è che poi si possono
avere falsi negativi o positivi a seconda delle caratteristiche dell’emissione delle urine:
-urine concentrate e pH>8 allora è facile avere falsi positivi per le proteine
-urine molto diluite e con pH acido allora è facile avere falsi negativi.
CAUSE DI PROTEINURIA: funzionali come esercizio fisico intenso, gravidanza, proteinuria
ortostatica, oppure pre-renali, come la febbre, l’ipossia e l’ipertensione cronica, oppure renali
come le glomeloronefriti, la sindrome nefrotica, il tumore renale e infine ci sono cause post renali
come la cistite, la uretrite e la contaminazione con secrezioni vaginali.

-Glucosio: i dipstick possono essere usati anche per la determinazione del glucosio. I test usano
delle glucosio ossidasi, che a seconda della quantità del glucosio, si trasformano in una sostanza
colorata. Sono valutazioni semi-quantitative e semi-qualitative. Bisogna ricordare di leggere il test
30 secondo dall’immersone. Le limitazioni di questo sono test sono: interferenze per la presenza di
chetoni o agenti riducenti, possibuilità che nel momento di immersione ed estrazione ci siano dei
trascinamenti di materiale reagente presente nel tamponcino superiore. Se poi si ha il sospetto
che nelle urine siano presenti altri zuccheri rispetto al glucosio allora si possono usare altre misure
per determinare fruttosuria, fruttosemia, galattosemia. Vi è una correlazione tra glucosio nel
sangue e nelle urine: se il test è negativo allora il paziente non ha avuto episodi di glicemia >180
mg%,, se vi sono tracce nelle urine allora la glicemia avrà oscillato tra 200 e 300 mg%, mentre se il
test è positivo la glicemia sarà stata compresa tra 400 e 600 mg%.

- Bilirubina: anche in questo caso si può usare un dipstick che sarà negativo, debolmente
positivo, mediamente positivo, e fortemente positivo. La bilirubina aumenta nelle urine
perché aumenta la bilirubina diretta nel sangue. Ci potrebbero comunque essere delle
interferenze legate all’esposizione alla luce. Inoltre non si misura quella indiretta.
- Chetoni: l’aumento può essere legato ad una chetoacidosi diabetica, oppure al digiuno. Tra
i chetoni si misura solo l’acetoacetato. Le interferenze sono legate alla degradazione dei
reagenti.
- Densità: intervallo che va da 1000 a 1030.
- Sangue: la scala comprende negativo, tracce, debolmente positivo, moderatamente
positivo, fortemente positivo. Non è sempre detto che la presenza di sangue corrisponda a
GR nelle urine: solitamente la sensibilità analitica, quindi il limit of detenction di questo
test, è 10 globuli rossi/microlitri di campione. Questo parametro è usato per valutare
l’ematuria nella diagnosi di nefrite o in corso di trauma, per l’emoglobinuria nell’emolisi, e
per la mioglobinuria nella rabdomiolisi. Per distinguere queste condizioni appena citate
però non sarà sufficiente questa metodica, ma servirà anche l’esame microscopico delle
urine. Le interferenze potrebbero essere dovute ad agenti riducenti come la perossidasi
microbica.
- PH: l’intervallo va da 5 a 8.5, e viene letto a 2 minuti. È utile da valutare perché ci può
essere una relazione con lo stato metabolico del paziente, che potrebbe avere un alcalosi o
un’acidosi metabolica,, oppure un’acidosi tubulare renale. L’interferenza principale è data
dal problema del run-over, cioè la possibilità che dal tamponcino delle proteine vi sia del
colore che interferisca con il tamponcino del pH.
- Urobilinogeno: la sua presenza è riconducibile ad un eccesso di bilirubina, mentre se i suoi
valori sono bassi si deve pensare ad una possibile ostruzione delle vie biliari. La limitazione
del test per questo analita è data dalla prolungata esposizione all’ossigeno, e alle basse
quantità dell’analita.
- Nitriti: la loro presenza è una conseguenza del metabolismo batterico, di gram negativi. Il
test per i nitriti è puramento qualitativo e infatti l’esito è positivo o negativo. Tra le
limitazioni vi è un eccesso di crescita batterica; inoltre possono essere indagati solo i
batteri in grado di ridurre il nitrato a nitrito. A volte le urine che arrivano in laboratorio
possono non essere sterili perché sono entrate in contatto con microrganismi esterni:
questo determina un aumento dei nitriti. Però bisogna ricordare che nel caso di infezione
delle vie urinarie ci sarà anche un aumento della esterasi leucocitaria.
- Esterasi leucocitaria: l’esito può essere negativo, tracce o positivo. Il test fa riferimento alla
presenza di leucociti: viene misurata infatti una molecola prodotta dal metabolismi degli
stessi, ovvero l’esterasi leucocitaria. Se presente è indicativa di un processo di
infiammazione acuta ma anche di una possibile calcolosi renale. Se i livelli di questa sono
molto alti allora si parla di piuria, ossia di essudato purolento.

MORFOLOGIA DELL’ESAME URINE


L’esame morfologico viene effettuato su urina nativa, non centrifugata. Ai fini della buona riuscita
è rilevante la conservazione corretta del campione: non deve rimanere più di 1-2 ore a
temperatura ambiente. L’urina fisiologica presenta:
-quantità minima di leucociti fino a 4 unità per campo microscopico ad alto ingrandimento
-quantità quasi nulla di eritrociti da 0-2 HPF
-poche cellule tubulari
-pochi cilindri ialini
Elementi anomali sono: ad alto ingrandimento un numero elevato di eritrociti, leucociti, cellule
tubulari e batteri, mentre a basso ingrandimento cilindri granulosi, cellule squamose, cilindri di GR
o bianchi o cilindri grassosi. Inoltre si possono riscontrare miceti, parassiti, inclusioni virali, cristalli,
acido urico, ossalato di calcio.
Valutazione morfologica delle cellule
Eritrociti: potrebbero essere dismorfici. Inoltre in condizioni fisiologiche vengono persi 100.000
RBC al giorno attraverso le urine (0-2 HPF). Se però HPF>10 allora c’è una patologia. Ematuria e
proteinuria, associati alla presenza di cilindri di GR, indicano una patologia glomerulare. Se c’è
ematuria e piuria allora un’infezione delle vie urinarie o una glomerulonefrite. Se si ha ematuria
con cristalli allora calcolosi renale
Leucociti: nelle nefriti interstiziali allergiche si potrebbero osservare eosinofuli
Cellule epiteliali: possono essere squamose, tubulari renali (indicatori di NTA), oppure epiteliali
transizionali, e infine corpi ovali grassosi
CAUSE DI PIURIA
Ci sono cause non infettive come: carcinoma, tumori, rene poolicistico, glomerulonefrite,
sarcoidosi. Ci sono anche cause infettive come la tubercolosi e le uretriti gonococciche. Altre cause
comprendono le infezioni adiacenti del tratto urinario come le cistiti, e la contaminazione durante
la raccolta.

EMATURIA
Può essere una conseguenza di diverse patologie renali come: carcinoma renale, cisti,
glomerulonefriti, traumi, infarto renale, tubercolosi, necrosi papillare e calcoli della via biliare.
Le cause possono essere distinte in cause nefrologiche, se originano dal rene, e cause urologiche.
Un’altra classificazione prevede la distinzione dell’ematuria in:
-macroematuria: causata da contaminazione, lupus, sindrome emolitico uremico, sforzo intenso,
trombosi della vena renale, anemia falciforme, emofilia. Bisogna distinguere se la macroematuria
è glomerulare o non glomerulare.
-microematuria: può essere causata da sforzo o da altre condizioni poco significative.
L’ematuria può poi essere distinta in persistente, se si osserva in tre campioni di urine, per un
periodo consecutivo di tre mesi, oppure in transitoria.
TEST DI FAIRLEY: serve per fare una valutazione della presenza di eritrociti dismorfici. Il test viene
effettuato su un campione raccolto e letto immediatamente. L’esito è dipendente dal pH e
dall’osmolarità. Se su 100 emazie vi è un dimorfismo>80% allora c’è ematuria glomerulare, se
invece l’80% è isomorfo allora l’ematuria è non glomerulare, qualora invece ci sia una percentuale
intermedia allora l’ematuria è mista.

Acantociti
Costituiscono una categoria osservabile di
frequente nell’esame delle urine; si tratta di
marcatori di sanguinamento glomerulare.
Sono eritrociti che presentano morfologia
anomala, peculiare (figura 1).

Figura 1

Nell’immagine 2 si osserva un tappeto di eritrociti; si tratta di una quantità molto significativa


rilevata all’esame microscopico delle urine.

Figura 2
Nelle figure sono presenti altri eritrociti di forma
anomala, dismorfica. In particolare, in 6 si
notano eritrociti dismorfici, tecnica di
microscopia poco utilizzata, che evidenzia bene i
dismorfismi (figura 3 e 4):

Figura 3 e 4

Si vedono, in figura 5, i globuli bianchi: si tratta di un


quadro abbastanza complesso in cui si vede bene la
molteplicità dei nuclei dei neutrofili, si osservano anche
linfociti, e si intravedono delle ife.

Figura 5

Nella figura, è osservabile un cilindro di globuli bianchi (figura 6).

Figura 6

Nel vetrino si osservano cellule squamose, grosse cellule


poligonali, facili da individuare per la loro morfologia (figura 7).

Figura 7

Cellule transizionali (figura 8)

Figura 8
Cellule epiteliali tubulari, più rotondeggianti (figura 9)

Figura 9
Corpi ovalari grassosi (figure 10)

Figura 10

In questa figura si può osservare muco (figura 11).

Figura 11
All’ esame al microcopio, si possono anche trovare microorganismi
che comprendono batteri, lieviti (come candida), virus sotto forma di inclusione. Questi
microorganismi sono indicativi di infezioni rispettivamente batteriche, mucofile e virali.

In questo vetrino i batteri (figura 12) sono ben visibili. Se non si stesse osservando un’immagine
statica, si vedrebbero i batteri vibrare, cambiare di forma, mobilitarsi (nel caso fossero dotati di
ciglia). Possono trovarsi anche dei piccoli frammenti di cristalli che tendono a vibrare: si parla dei
moti browniani, dovuti a fenomeni ambientali che fanno
vibrare queste particelle. Non bisogna, però,
confondere questi moti browniani con il
movimento dei batteri ciliati.

Nelle immagini 13 e 14 si osservano i


lieviti che assumono sia l’aspetto a lievito
classica, oppure possono aver sviluppato Figura 13 e 14
ife, ossia forme di maturazione avanzata.

Si possono rilevare anche parassiti (figura 15).


Un esempio è il Trichomona, grazie alla tecnica del contrasto
bifase. Figura 15

Nella figura 16 si notano delle inclusioni cellulari da


citomegalovirus. La cellula in questione è stata colorata; non si
tratta, quindi, di un esame a fresco delle urine.

Figura 16

Cilindri
Ne esistono di varie tipologie:
Eritrocitari → indice di malattie glomerulari Figura 17
Leucocitari → da ricondursi malattie glomerulari, associati a piuria e
infezioni
Altri cilindri: si tratta soprattutto di lipidi o di cere
In figura 17 sono visibili cilindri nel tessuto (non si tratta, infatti, di urina); è un’immagine istologica
che mostra dove si formano e perché hanno quella peculiare
morfologia. Si formano in un tubulo, che riempiono
completamente, e, in seguito, possono essere
trasportati con il transito delle urine.
Si possono notare, in figura 18, come appaiono i cilindri
nell’urina, all’esame
microscopico. Figura 18

Figura 19

Un esempio di cilindro di globuli rossi, visto al microscopio (figura 19).

Nel vetrino 20 è osservabile un cilindro di globuli bianchi,


si vede la trasparenza dei mucopolisaccaridi e della
proteina di Tamm-Horsfall.

Figura 20

Figura 21: cilindro di cellule epiteliali tubulari


Figura 21

Figura 22: cilindro ialino, molto trasparente

Figura 22

Figura 23: cilindro granulare

Figura 23
Figura 24 e 25: cilindro ceroso

Figura 24 e 25

Cristalli in urine acide

• Cristalli di acido urico (figura 26)


Questi si ritrovano anche in urine normali, non patologiche; bisogna sottolineare che si
ritrovano con particolarmente frequenza nei pazienti con gotta.

• Cristalli di ossalato di calcio (figura 27 e


28)
L’ossalato aumenta anche in base
all’alimentazione: vegetali a foglia verde, pomodori, bibite
gassate, the, cioccolato; tutte queste sostanze portano ad un
incremento dell’acido ossalico, che poi precipita in urine acide
sotto forma di ossalato.

• Cristalli di urato amorfo (figura 29)

Figura 27 e 28

Cristalli in urine basiche


• carbonato di calcio
Figura 29
• fosfato di calcio
• biurato di ammonio (figura 33)
• fosfati amorfi (figura 30)

Cristalli sempre patologici

Figura 26
• cristalli di triplofosfato (figura 31)
• cristalli di cistina (figura 34)
• cristalli di tirosina Figura 30
• cristalli di leucina (figura 32)
• cristalli di colesterolo (figura 35)
• cristalli di bilirubina
• cristalli di emosiderina

Figura 31
Altri cristalli
• sulfonamidi (sulfamidici si usano poco)
• mezzo di contrasto Rx (in seguito a pielografia endovenosa)

Figura 34

Valutazione della funzione renale

Creatinina sierica e GFR


La creatinina deriva dal metabolismo della creatina e della creatina
fosfochinasi, quindi dal metabolismo delle cellule muscolari scheletriche, e
viene prodotta in maniera abbastanza costante.
La sua concentrazione resta costante grazie ad una buona filtrazione Figura 35
glomerulare. Per questo motivo, al posto di misurare la clearence della
creatinina, è preferibile misurare il tasso di filtrazione glomerulare (GFR).

NB La quantità di creatinina
prodotta è in relazione alla massa
muscolare dell’individuo; di
conseguenza, misurare la
creatinina sierica da sola non darà
indicazioni correte riguardanti la Figura 33
Figura 32
velocità di filtrazione glomerulare (a meno che non venga tenuta in considerazione la massa del
singolo individuo, alquanto impossibile visto l’elevato numero di pazienti).

La stessa concentrazione di creatinina ha significato diverso in


relazione alla massa muscolare (e all’età, vedi immagine).
Il tasso di filtrazione glomerulare viene calcolato tramite formule
che tengono conto di vari parametri, tra cui peso ed età.

Integrazione dalla sbobina dell’anno


2020/2021

Per il calcolo dell’eGFR si utilizza la


formula di Cockcroft-Gault che è la
seguente:

Nel caso in cui l’individuo di cui si sta calcolando l’eGFR sia di sesso femminile, è necessario
moltiplicare il risultato ottenuto per il valore 0.85.

Clearence della creatinina


Si tratta di un dato estremamente utile ma molto difficile da ottenere in maniera corretta. Questo
accade poiché la clearance della creatinina viene
eseguita sull’ urina delle 24 ore della
giornata ed è alta la probabilità che questa sia raccolta in maniera scorretta. Il
procedimento consiste nella raccolta
dell’urina per 24 ore: si scarta la prima urina
della mattina e si prelevano le urine della
giornata compresa la prima urina della mattina successiva; si esegue poi un prelievo del sangue,
viene misurata la creatinina nelle urine e nel plasma.

I valori ottenuti si inseriscono poi in una formula che prevede che la clearance della creatina equivale
alla concentrazione della creatinina nelle urine per il volume delle urine, diviso la concentrazione
della creatinina nel plasma (vedi immagine in alto a dx).

L’indicazione ottenuta dalla formula deve essere poi correlata alla valutazione della superficie
corporea: per un soggetto di corporatura standard, il valore di riferimento è di 1,73 m2.

È importante ricordare che vi sono numerosi elementi che potenzialmente possono influenzare
questo tipo di valutazione. Quando si analizzano i risultati ottenuti è quindi bene tenere presente
che vi possono essere state delle raccolte incomplete di urine, potrebbero essere stati utilizzati
farmaci o sostanza che hanno provocato interferenze, la quantità di carne cotta ingerita può alterare
i valori.

Un alto livello di creatinina può essere causato da iperglicemia, presenza di chetoni, cefalosporine.

Un basso valore di creatinina può essere dato dalla presenza di bilirubina, massa muscolare scarsa,
distruzione del muscolo, situazioni di malnutrizione.

Azotemia
• azoto sierico: si tratta della
misurazione dell’azoto non
proteico, che deriva per il 50%
dall’urea, 20-25% dalla creatinina
e il 10-15% dall’acido urico.
• blood urea nitrogen (BUN):
contenuto di azoto derivante
dall’urea; è frazione del peso
dell’urea, e non è sempre
correlato all’azotemia.
Questo parametro è molto influenzato
dall’alimentazione; se la dieta infatti è molto ricca di proteine, l’azotemia può aumentare in maniera
significativa. Inoltre, si possono verificare aumenti dell’azoto e di BUN anche a seguito di
insufficienza renale.

Elettroliti
Gli elettroliti, quali ad esempio sodio, potassio, calcio, fosforo, devono essere valutati sia nel sangue
che nelle urine. La loro concentrazione dipende sia dalla patologia, sia dallo stadio della stessa (in
stadi diversi di una stessa malattia si possono avere urine ipoconcentrate o iperconcentrate per uno
stesso elettrolita).

Diagnosi dei casi clinici visti in precedenza

Caso 1
In relazione al caso del bambino di 14 anni, è da tenere in considerazione l’aspetto peculiare delle
urine. Queste hanno infatti un aspetto torbido: ciò dipende dall’elevato numero di particelle in
sospensione.
La presenza di sangue evidenzia la presenza di globuli rossi. Nonostante ciò, non c’è emoglobina.
La presenza di esterasi è correlata a quella di globuli bianchi: è in corso un processo infettivo. Inoltre,
bisogna considerare il dolore costovertebrale riferito dal paziente, che suggerisce che vi sia
un’infiammazione renale.
La diagnosi è: pielonefrite acuta.
Caso 2
Il caso vede un soggetto di sesso maschile con un fortissimo dolore ad ondate e non risolvibile con
normali antidolorifici. Nelle urine è presente sangue, le urine sono torbide. Sono pesenti pochi
globuli bianchi, mentre sono evidenti tanti globuli rossi.
La diagnosi è: calcolosi delle vie urinarie.

EMATOLOGIA DI LABORATORIO DI PRIMO LIVELLO


L’emocromo consiste nel conteggio cellulare associato ad una valutazione morfologica al MO degli
eritrociti. È un’analisi multiparametrica, perché da una sola analisi si otterranno informazioni sia
qualitative che quantitative. La componente cellulare del sangue è costituita da: globuli rossi, globuli
bianchi (monociti, linfociti e neutrofili, basofili, eosinofili) e piastrine. Lo studio di queste
componenti viene definito biopsia liquida.
Nelle analisi di primo livello si analizzano dunque le morfologie e le caratteristiche fisiologiche degli
elementi del sangue, per poter andare così a distinguere campioni di pazienti malati.
Fase pre-analitica: viene richiesto dal medico un emocromo o in forma di routine o in forma di
urgenza. Se è in urgenza allora l’emocromo non viene correlato alla formula leucocitaria, per via
delle tempistiche: l’emocromo è comunque sufficiente ad analizzare la conta degli elementi
cellulari. Di norma il campione di sangue raccolto è sangue venoso in provetta da 3 mL che contiene
anticoagulante secco (es. EDTA), ossia disperso sulle pareti della stessa provetta, per evitare
problemi di diluizione del campione. L’esame deve essere effettuato entro 3-5 ore dal prelievo. Il
campione si può conservare per 24 ore a non
più di 4 gradi e deve non essere coagulato,
emolizzato, o diluito.
Fase analitica: si usano analizzatori automatici
e microscopi ottici (per il test riflesso)
L’emocromo senza formula fornisce misure
dirette per i GR, le piastrine, l’emoglobina e
misure indirette per il volume corpuscolare
medio dei globuli rossi, CMV. Nell’emocromo
senza formula viene anche indicato
l’ematocrito, ovvero l’indice della parte
corpuscolata del sangue rispetto a tutto il
sangue stesso, l’MCH (contenuto medio di Hb nei GR) e la MCHC (concentrazione media di Hb). In
condizioni di routine viene fornita anche la formula differenziale, che è in grado d valutare
percentualmente la quantità di neutrofili, linfociti, basofili, eosinofili e monociti. I GB sono migliaia,
i GR milioni e le piastrine circa 200-400 mila.
METODI DI ANALISI E CONTEGGIO
1. Metodo impedenziometrico: si sviluppa una corrente continua generata tra due elettrodi e
un tubo capillare, attraverso il quale viene fatto passare un campione. Ogni volta che passa
un elemento del campione nella zona di lettura si crea una resistenza, che genera un campo
elettrico; si crea così un impulso che viene rilevato dalla strumentazione e che è
direttamente proporzionale al volume della cellula. È necessario che dunque passi una
cellula alla volta. Successivamente vengono costruiti degli istogrammi sulla base dei volumi
degli elementi che sono stati contati dalla strumentazione. Grazie a queste curve si è in grado
di separare le piastrine, dai leucociti e dagli eritrociti.
È la rappresentazione della lettura che si ottiene della popolazione eritrocitaria. Tanto più la
popolazione sarà simile volumetricamente, tanto più la distribuzione della curva risulterà
omogenea e ristretta. Se la distribuzione è ampia ci potrebbe essere diseritropoiesi, cioè un
difetto nella produzione della linea eritrocitaria.

Per la conta dei leucociti invece vanno eliminati i GR che potrebbero dare interferenze da
artefatti: viene aggiunto un lisante, che corta il citoplasma cellulare sul nucleo creando un
ridimensionamento volumetrico
In base al volume i NEUTROFILI sono i più grandi, mentre quelli a volume più basso sono i linfociti.
Questa è la distribuzione leucocitaria fisiologica.

Nell’immagine 8 si nota una distribuzione leucocitaria non fisiologica perché sono aumentati i
monociti e gli eosinofili. Nel grafico sotto si apprezza la curva di distribuzione delle piastrine: in
condizioni normali non è simmetrica, perché le piastrine possiedono un grado di anisocitosi
fisiologica. Nel secondo caso c’è una sovrastima del numero delle piastrine perché si è verificata
lisocitosi e frammentazione dei GR che quando sono frammentati assumono volumi simili a quelli
delle piastrine (2-25 fentonlitri). Nel terzo grafico invece vi è una sottostima per via della presenza
di piastrine giganti.

2. Metodo ottico: il metodo ottico permette di riconoscere le caratteristiche distintive di ogni


linea cellulare.
Neutrofili: nucleo polilobato e granuli citoplasmatici
Linfociti: nucleo non lobato, assenza di granuli e rapporto nucleo/citoplasma elevatp.
Eosinofili e basofili: nucleo lobato, contenuto di granuli totalmente diverso rispetto ai
neutrofili
Monociti: nucleo a ferro di cavallo.
Si utilizzano una combinazione di tecnologie. Combinando i dati della la misura del volume,
con quelli dell’analisi con radiofrequenza che misura la conduttività definita anche come
opacità, che risente molto del rapporto nucleo-citoplasma, e infine con quelli del metodo
ottico con raggio di luce che diffonde (diffrazione), si produce la separazione delle linee
cellulari leucocitari, dette CLUSTER. In altre parole si combinano l’impedenza, la conduttività,
e lo scatter. I cluster sono gruppi omogenei, ai quali la strumentazione assegna anche dei
codici colore. Le strumentazioni costruiscono sempre dei cluster con codici colori diversi e
separano le 5 popolazioni fondamentali dei leucociti. Un’altra tecnologia utilizza invece delle
misure di assorbanza, basate su una reazione citochimica per la misurazione dell’attività
perossidasica, che è caratteristica dei granuli contenuti nel citoplasma dei neutrofili e in
parte dei monociti.
Nella tecnologia ottica tutto quello che da una deviazione del raggio luminoso può dare dei
segnali anomali.

Gli strumenti sono in grado di riconoscere e contare gli eritroblasti, che sono i precursori
nucleati dei GR presenti nel midollo. Può succedere che questi precursori entrino in circolo
e mimino l’aspetto di un linfocita.
Si utilizza un middleware per consentire di non dover rivalutare quei campioni i cui dati sono
all’interno della normalità, e allo stesso tempo per poter invece controllare quei campioni
che non hanno superato i filtri di validazione, o per i quali la strumentazione invia degli
allarmi. I filtri di validazione sono costruiti sulla casistica della popolazione e sulla probabilità
di trovare dei campioni patologici. Il campione che non ha passato questi filtri viene mandato
in revisione microscopica. In MO per i GR si può vedere qual è il livello di cromia, e si può
vedere se sono caratterizzati da volumi diversi (anisocitosi) o da forme diverse (poichilocitosi
che include acantocitosi ecc). Nell’esame al MO bisogna prestare attenzione agli schistociti,
ovvero frammenti di eritrociti che assumono un significato particolare: nella leucemia acuta
mieloide promielocitica, nella porpora trombocitica trombocitopenica e nella coagulazione
intravasale disseminata, questi diventano segni importanti da tenere in considerazione. Il
quadro va sempre approfondito qualora si trovano frammenti eritrocitari insieme ad emazie
normali e normomorfiche. Se c’è una poichilocitosi generale lo schistocita non ha particolare
significato, mentre lo assume se le emazie sono normali.
Dunque i passaggi da fare nel caso della diagnostica ematologica di primo livello in
laboratorio sono:
1. Analisi di un campione idoneo
2. Governo delle tecnologie analitiche per avere dati accurati. Per ogni analizzatore è
fondamentale la performance clinica ma anche l’allineamento strumentale, che fa si che
ogni strumento legga il campione allo stesso modo.
3. Riconoscimento di ciò che è normale da ciò che non lo è
4. Produzione di un referto interpretato
5. Suggerimento per eventuali integrazioni o approfondimenti
6. Confronto con il collega clinico(read back)
7. Validazione
Vedere dalla sbobina le casistiche.

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