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VIDEO ESAME OBIETTIVO

1. ESAME MILZA E FEGATO


-dire che sono organi parenchimatosi ricoperti dalla gabbia toracica= difficoltà di palpazione
-l’eo ha lo scopo di valutare le dimensioni di fegato e milza e la consistenza di questi organi
nel caso fossero palpabili. Per valutare le dimensioni oggi esistono metodiche ecografiche,
ma in assenza di queste si può avere comunque una percezione della variazione volumetrica.
Il fegato si trova nell’ ipocondrio destro in stretto contatto con la cupola diaframmatica .
La palpazione del fegato va effettuata procedendo gradualmente dal basso verso l’alto con
le mani parallele al muscolo retto dell’addome, e le dita indirizzate cranialmente fino a
quando non si incontra il margine anteriore o inferiore del fegato mentre il paziente compie
delle ispirazioni profonde.
Se le dimensioni del fegato sono normali il margine anteriore si apprezza solamente in
soggetti particolarmente magri oppure che hanno una parete addominale molto sottile con
una scarsa rappresentazione muscolare e che inoltre hanno una parete addominale non
contratta. Per effettuare la palpazione del fegato si può anche utilizzare una manovra
combinata nella quale mentre la mano destra cerca di palpare il margine anteriore, la mano
sinistra intanto, collocata posteriormente in corrispondenza della dodicesima costa, spinge
il fegato in avanti. In alternativa il margine anteriore del fegato può essere palpato tramite
la manovra dell’uncinamento, ponendosi in posizione posteriore.
-si inizia valutando la topografia ed eventuali linee di repere, come la linea mediana e la linea
ombelicale trasversa che attraversa l’addome in senso orizzontale: queste due linee
identificano 4 quadranti addominali. Un altro punto di repere importante per il fegato è
l’arcata costale: il lobo epatico dx è quasi tutto nascosto al di sotto della gabbia, mentre una
piccola oltrepassa la linea mediana, e infine una parte del lobo sx va ad oltrepassare la linea
mediana, ed è difficilmente percepibile con le manovre semeiologiche.
-la palpazione consente di definire la palpabilità del margine anteriore del fegato, che se
viene percepito dovrà anche essere descritto. Il margine dovrebbe essere di consistenza
parenchimatosa, liscio, taglente, flessibile, non dolente alla palpazione, palpabile a 2/3 dita
dall’arcata costale. In caso di cirrosi il margine epatico può essere di consistenza aumentata,
arrotondato, nodulare e generalmente indolente. Il margine epatico aumentato di volume
è un reperto caratteristico della steatosi epatica.
Con la palpazione dobbiamo cercare di intercettare il margine inferiore del fegato che si
abbassa solidalmente con il diaframma durante l’inspirazione profonda. Se riusciamo a
palpare il margine non è necessariamente vero che il fegato è di dimensioni aumentate, am
potrebbero esserci delle condizioni come il versamento pleurico o l’enfisema polmonare,
che potrebbero determinare un abbassamento del diaframma e quindi del fegato. Dopo
aver chiesto se si ha dolore, si parte sempre al di sotto della linea ombelicale trasversa
proprio perché se il fegato fosse aumentato di volume, se iniziassimo la ricerca troppo
cranialmente, non riusciremmo ad apprezzare il margine. Un’altra modalità per la palpazione
del fegato è la manovra ad uncino: bisogna porsi con il corpo in prossimità della testa del
paziente, utilizzare due mani e cercare di uncinare il margine inferiore del fegato, invitando
il paziente ad inspirare profondamente.
-per la valutazione della dimensione dell’organo è necessaria la percussione. Suono chiaro
polmonare-ottusità epatica-suono chiaro o iperchiaro dell’addome. Con la percussione si
effettua una mappatura acustica per delimitare il margine superiore e inferiore del fegato e
di conseguenza si va a valutare lo span verticale che ci da un’idea delle dimensioni del fegato.
La mappatura del fegato sotto ecografia è fondamentale per la biopsia epatica.

MILZA
La milza si trova nella ipocondrio sinistro in stretto contatto con la cupola diaframmatica, lo
stomaco ed il colon sinistro. La palpazione della milza va effettuata esercitando una lieve
pressione con le dita della mano destra sotto il margine costale sinistro, procedendo verso
l’alto, affondando gradualmente la mano. In condizioni fisiologiche la milza non è palpabile.
La milza ingrandita può palparsi all’altezza dell’arcata costale o essere apprezzata durante le
inspirazioni molto profonde e debordare, fino a sprofondare a livello della linea ombelicale
trasversa, in alcuni casi spingersi a livello della fossa iliaca sinistra. Si può procedere con la
palpazione ad uncino della milza collocandosi posteriormente rispetto al paziente e alla
sinistra (le altre manovre sempre alla destra del paziente), meglio se in decubito laterale
destro e cercando di agganciare con entrambe le mani l’arcata costale mentre il paziente
inspira profondamente. Anche per la milza si può procedere con la palpazione combinata:
La mano destra esercita una pressione in regione lombare mentre la mano sinistra esplora
la milza. Posizione più comoda per il paziente e il decubito laterale sul fianco destro con il
braccio sinistro flesso appoggiato sulla testa e con le cosce flesse sull’addome, per ridurre la
tensione della parete addominale.
Palpazione: le mani devono essere disposte parallelamente al muscolo retto. Anche in
questo caso la palpazione deve essere iniziata sotto la linea ombelicale trasversa. In
condizioni normali non percepiamo il polo inferiore splenico. Un’altra modalità di palpazione
che si può effettuare sulla milza , alla sinistra del paziente è quella ad uncino, che necessita
del paziente in decubito laterale sul fianco dx, con il braccio sinistro flesso e appoggiato sulla
testa, e le gambe flesse. In questa posizione, tramite la percussione si potrà definire il limite
tra il suono chiaro polmonare dei polmoni, il suono ottuso dell’aia polmonare, e il suono
ipertimpanico della bolla gastrica
Percussione: anche la milza è sottocostale, quindi non palpabile in condizioni di normalità. È
possibile effettuare una percussione lungo gli spazi intercostali. La milza è coperta
normalmente dalla bolla gastrica, per cui alla percussione noi dovremmo percepire
un’ipertimpanismo. In caso di splenomegalia l’ipertimpanismo della bolla gastrica si
potrebbe ridurre.

ESAME OBIETTIVO ADDOME


Semeiotica fisica dell’addome
-delimitazione anatomica: parte superiore della parete addominale anteriore delimitata
dall’arcata costale, il limite inferiore è invece dato dal pube e dalle creste iliache. Esiste però
anche una parete laterale e una parete posteriore, classicamente chiamata zona lombare.
Ispezione
-dal punto di vista ispettivo bisogna valutare:
1. Forma: piano, globoso con diametro anteroposteriore aumentato. L’aumento del volume
dell’addome può essere dovuto a grasso, gas, o liquido. Può essere anche asimmetrico,
batraciano, a grembiule o a barca.
2. Vanno valutati i segni dell’addome: cicatrici, valutazione della cicatrice ombelicale
(introflessa, piana, estroflessa se l’addome è globoso). Premessa: l’addome è una cavità
addominale, la cui parte anteriore è rivestita da peritoneo, e da qui il nome di cavaità
peritoneale, e una parte retroperitoneale che contiene i vasi arteriori e venosi, e la ghiandola
pancreatica. L’altra premessa è che l’addome contiene il tubo gastroenterico, ovvero
stomaco, duodeno, digiuno, ileo, colon, retto, e due ghiandole fondamentali che sono il
fegato e il pancreas; è poi presente anche una struttura linfatica, ovvero la milza. Il fegato e
la milza sono protetti dall’arcata costale e infatti si definiscono organi ipocondriaci: non sono
né ispezionabili né palpabili, fatta eccezione per il loro margine anteriore.
Ci possono poi essere circoli collaterali portali o cavali, lesioni cutanee semplici o complesse,
tumefazioni (ernie)

Palpazione
-La palpazione deve essere fatta con i polpastrelli nel caso sia quella superficiale (escursione
che non è mai superiore al cm) oppure profonda (per fare questa bisogna usare le mani
sovrapposte, proprio perché se si usassero i polpastrelli, questi per via dell’eccessiva
pressione andrebbero in ischemia e noi perderemmo i nostri sensori di palpazione) La
palpazione deve essere effettuata sempre il più lontano possibile dalla sede del dolore. Altre
modalità di palpazione profonda sono il ballottamento: con la mano sx posta in prossimità
della regione lombare si danno dei colpetti in modo tale da percepire eventuali tumefazioni
o masse con la mano dx posta anteriormente.
Sono moltissime le condizioni cliniche che creano problematiche intestinali: tumori,
pancreatiti acute, infarto intestinale. In generale, ogni qual volta ci sia un processo di natura
flogistica all’interno della cavità addominale l’addome si protegge e contrae i muscoli della
parete addominale, in modo tale che la flogosi venga contenuta e arginata (meccanismo
dell’arco riflesso). Quindi come prima cosa, tramite la palpazione bisogna dire se l’addome
è trattabile alla palpazione oppure no. Se non è trattabile, ed è associato ad una condizione
di SIRS, allora è un segno di addome acuto.
-regola dei 5 orifizi: questa regola viene applicata per accertarsi che il paziente non stia
avendo un’occlusione intestinale. Ci sono 5 aree di debolezza principali da cui gli organi
endoaddominali possono uscire e rientrare (se l’ernia e riducibile), oppure anche fermarsi,
generando una condizione di occlusione intestinale. Le regioni sono: una ombelicale, due
inguinali e due crurali. Nel caso in cui si rilevassero delle tumefazioni tramite la palpazione.
per apprezzare l’ernia è necessario che il paziente faccia una manovra del valsalva. Per fare
una valutazione delle tumefazioni bisogna considerare i due emiaddomi, e se individuate ne
va descritta la localizzazione, la consistenza, i margini e la mobilità rispetto ai piani
superficiali (in questo caso si valuta con il pinzamento), e profondi (In questo caso si prende
la tumefazione e la si sposta).
-se l’addome si trova in una condizione intermedia tra l’addome trattabile e non trattabile,
ci sono delle manovre da poter fare.
Es. Appendicite: inizialmente vi è la flogosi solo della appendice, che se persiste interesserà
poi anche il peritoneo parietale, determinando una condizione di irritazione peritoneale. Si
potrà valutare questa condizione con delle manovre:
1. Manovra del Bloomberg: si esercita una pressione modesta a livello di fossa iliaca dx,
progressiva approfondendo la mano e poi si molla la mano di scatto. Se il paziente prova
dolore allora il peritoneo parietale sarà infiammato.
2. Manovra di Rosving: la si può fare di supporto a quella di Bloomberg e consiste
nell’applicare una pressione progressiva a livello di fossa iliaca sx, in modo tale che poi
arrivi in forma retroattiva anche a livello della fossa iliaca dx, muovendo il peritoneo e
provocando dolore nel paziente. Il segno di Rosving è un segno che aggiunge valore
clinico alla manovre del bloomberg.

Poi ci sono due manovre a carico di organi della parte superiore della cavità addominale, ovvero la
colecisti e il pancreas. Entrambe le manovre traggono estremo vantaggio dall’inspirazione del
paziente perché la colecisti è un organo relativamente profondo che si trova nella zona sottocostale
dx, mentre il pancreas è ancora più profondo e si trova nella zona sottocostale sx. Il medico chiederà
al paziente di inspirare profondamente, e nel frattempo effettuerà:
1. Manovra del Murphy: il medico deve palpare il punto colecistico che si trova al punto di
incontro tra X costa e linea emiclaveare dx, mentre il paziente sta inspirando e se c’è una
colecistite il paziente interrompe bruscamente l’inspirazione per il dolore. Il vantaggio
dell’inspirazione è che permette di avvicinare un organo profondo alle dita del medico.
2. Manovra di Mallet-Guy: serve per fare diagnosi di pancreatite acuta. Il medico poggia le dita
in corrispondenza dell’arcata costale sx, chiede al paziente di inspirare e se il paziente hja
una pancreatite interrompe bruscamente l’inspirazione.

PUNTI DOLOROSI APPENDICOLARI


Quando il paziente arriva in ambulatoria e lamenta dolori vaghi e imprecisati è innanzitutto bene
chiedere:
-dove li sente?
Si supponga che il paziente abbia una dolorabilità a livello di fossa iliaca dx; in questo caso si ipotizza
una patologia appendicolare. Quando però il quadro clinico del paziente non è evoluto si rende
necessaria l’individuazione di specifici punti, chiamati punti dolorosi, che in caso di infiammazione,
se palpati evocano dolore.
PUNTI DOLOROSI APPENDICOLARI: punto di mc burney situato a livello dei 2/3 interni della linea
che congiunge SIAS con la cicatrice ombelicale.
Gli altri punti sulla stessa linea sono il punto di Monre, che si trova più vicino all’ombelico e quello
di Morris che si trova a metà.
Nel caso di appendice retrocecale (70% dei casi) allora si localizza il punto di Jalaguier sulla linea che
congiunge la SIAS con il pube.
Altri punti sulla linea che congiunge la SIAS alla linea mediana sono il punto di Lanz e di Clado.
Se la donna è gravida allora l’appendice si sposta e va verso la regione sottocostale dx.
PUNTI DOLOROSI URETERALI: tali punti seguono la direzione degli ureteri verso la vescica.
-punto ureterale superiore sotto l’arcata costale
-punto ureterale medio 2,5 cm a lato dell’ombelico
-punto ureterale inferiore: corrisponde al punto di inosculo degli ureteri in vescica
-punto vescicale
Sono tutti punti in cui esercitando pressione si può evocare dolore nel caso di calcolosi ureterale.
PUNTI DOLOROSI GASTRICI: l’area tra processo xifoideo e ombelico è possibile sede di segni da
gastrite (punto gastrico superiore, medio e inferiore)
PUNTI DOLOROSI PANCREAS E DUODENO: si trovano a livello del triangolo di Chauffard o triangolo
pancreatico duodenale.
I punti dolorosi consentono al medico di fare diagnosi di patologia quando questa non è ancora
conclamata: permette di anticipare i quadri più gravi.

Percussione
La maggior parte degli organi contenuti nella cavità addominale sono organi cavi che contengono
aria. Pertanto con la percussione possiamo stimolare un’onda pressoria e percepire la presenza di
aria. Nelle strutture solide l’onda si ferma; mentre se c’è aria l’onda acustica aumenta. In condizioni
normali si può percepire un suono timpanico. Se però in una certa parte dell’addome si percepisse
un suono ottuso definito patologico e non timpanico allora vorrebbe dire che si è creata una
condizione patologica legata al fatto che l’aria all’interno delle anse intestinali è venuta meno.
Un’altra opzione alla percussione è che ci sia un’ottusità mobile declive, come nel caso di un
versamento ascitico, che però non sia in quantità troppo abbondante.
Auscultazione
L’auscultazione ha il compito di valutare i rumori intestinali, che possono essere normali oppure
patologici.
Se si sente un gorgoglio minimo allora questo è indicativo delle anse intestinali che spingono in
avanti il materiale, sono rumori peristaltici. Tale gorgoglio documenta il transito intestinale.
Altri rumori che si possono auscultare sono i borborigmi: sono dati dall’aria che transita
nell’intestino. Si possono sentire anche senza il fonendoscopio.
Rumori peristaltici e borborigmi sono rumori normali delle anse intestinali.
I rumori patologici delle anse intestinali si hanno invece in specifiche condizioni, come nel caso
dell’occlusione intestinale, in cui si ha un arresto completo e persistente del transito. Di
conseguenza a monte dell’ostruzione ci sarà un ristagno di liquidi e gas e questa condizione noi la
possiamo riconoscere per via della presenza di rumori di guazzamento. Si sente un guazzare dell’aria
all’interno dell’ansa dilatata.
Nel caso di sub-occlusione si auscultano invece gli sprizzi. Inoltre nel caso di una grave occlusione
intestinale, non trattata, si ha anche il silenzio peristaltico.
Altri rumori importantissimi sono quelli dell’asse arterioso, ovvero i soffi dell’arteria renale, iliaca,
femorale e aorta. Questi soffi si generano per via dell’aterosclerosi che potrebbe determinare la
comparsa di placche ateromatose a livello della parete di queste arterie. Per via di queste placche il
lume si restringe, il flusso da laminare diventa turbolento, e tale flusso si trasforma poi in energia
cinetica e in energia sonora, che poi siamo in grado di percepire come soffio. Per auscultare l’arteria
renale il fonendo va messo a circa 2,5 cm dall’ombelico, dx e sx; mentre sopra l’ombelico si ausculta
il focolaio aortico. I soffi sono dei vettori, l’onda sonora ha una direzione e un’intensità, che poi
saranno descritti.

ESAME OBIETTIVO DEL CAPO


-Valutazione dell’aspetto del volto e delle espressioni che possono fornire informazioni sullo stato
di salute generale dell’individuo, sulla presenza di una potenziale patologia sistemica e anche sullo
stato psichico del paziente.
-l’esame si avvale dell’ispezione e della palpazione spesso combinate con il paziente seduto di fronte
all’esaminatore
-valutazione dell’integrità dei nervi cranici
Valutare nell’ordine
1. Morfologia del cranio: il capo dovrebbe essere normoconformato (brachicefalo o
dolicocefalo). Vanno valutate anche deformità del cranio conseguenti a fratture.
2. Cuoio capelluto e capelli: si ricercano eventuali lesioni della cute che si possono nascondere
sotto i capelli
3. Volto: facies e mimica faciale
4. Orecchie: si valuta il padiglione auricolare e poi si dovrebbe usare un’otoscopio. In generale
vanno valutate eventuali lesioni a livello del padiglione auricolare o una cianosi periferica
5. Fronte: consente di vedere se ci sono lesioni. Vanno palpate le arterie temporali, in caso di
cefalea, per escludere l’arterite di Horton e la palpazione deve essere fatta
simmetricamente.
6. Articolazioni temporo-mandibolare
7. Occhi
L’esame obiettivo dell’occhio ha lo scopo di rilevare caratteristiche delle strutture oculari
esterne ed interne e delle strutture circostanti, anomalie della funzionalità del muscolo
orbicolare e dell’elevatore della palpebra, anomalie della muscolatura estrinseca dell’occhio
, anomalie della secrezione lacrimale, anomalie della funzione visiva. Si usa una lampada
tascabile. Va valutata la presenza di una simmetria e si deve chiedere al paziente di chiudere
gli occhi per valutare eventuali lesioni. Va valutato anche se la palpebra superiore ricopre
l’iride, poi si valuta la presenza di lesioni alla palpebra inferiore. Infine si effettua l’esame
della mobilità oculare: si chiede al paziente di seguire con lo sguardo, senza muovere la testa,
la penna che muoviamo descrivendo una H nell’aria. Terminata questa fase va valutata la
normalità dei riflessi di accomodazione, chiedendo al paziente quando non vede più la punta
della penna, mano a mano che ci avviciniamo a lui. Va poi valutato il colore e l’aspetto delle
cornee e delle sclere. Vanno poi valutate le congiuntive, l’iride, le pupille e l’apparato
lacrimale. Si può anche valutare l’acuità visiva chiedendo al paziente di coprire prima un
occhio e poi l’altro, e chiedendogli di dire quante dita sono e il campo visivo, chiedendogli se
vede le dita che si muovono.

8. Poi si valuta la dolorabilità dei punti di emergenza dei nervi cranici


9. Naso: valutare la forma della piramide nasale e le narici
10. Valutare la simmetria della rima labiale. Chiedere al paziente di chiudere forte gli occhi e
digrignare i denti.
11. Cavo orale: l’esame della lingua deve essere sempre fatto per valutare il grado di idratazione
generale e della mucosa orale, la presenza di varianti e distrofie mucose, la presenza di
lesioni mucose (candidosi) o placche di leucoplachia, la dimensione, la simmetria ed
eventuali atrofie. L’ispezione va fatta sulla superficie, dorsale, inferiore, laterale. L’ispezione
e la palpazione della porzione laterale della lingua è molto importante, perché è sede
comune di impronte dentarie, neoplasie e placche di leucoplachia. Va poi valutata l’integrità
dei movimenti di protrusione, di lateralizzazione e di sollevamento dell’apice della lingua,
che permette l’osservazione e la palpazione bimanuale del pavimento della lingua.

ESAME OBIETTIVO DELLA REGIONE DEL COLLO


La faringe posteriore, l’esofago, le vie aeree superiori quali laringe e trachea non sono valutabili con
manovre semeiologiche ma con metodiche strumentali.
1. Valutazione della mobilità del capo e del collo
Serve per la ricerca dei punti di dolorabilità e di rumori di attrito legati a processi di
osteosclerosi delle vertebre cervicali. La mobilità può essere passiva oppure attiva. Si chiede
al paziente di flettere anteriormente il collo, lateralmente a dx e sx, e posteriormente.
Dobbiamo capire se ha dolori facendo questi movimenti, oppure se si sentono dei crock, che
sono alterazioni delle vertebre cervicali. Nella forma passiva il medico si posiziona alle spalle
del paziente, con le mani afferra il capo del paziente chiedendogli di rilassare i muscoli. Si
possono identificare movimenti continui, a scatti o con dolore.
2. Ghiandola tiroidea
È necessaria un’ispezione della regione anteriore del collo per rilevare un ingrandimento
della ghiandola in toto (gozzo) oppure tumefazioni localizzate (noduli). Si dovrà effettuare la
Manovra di Crile per conferma della appartenenza alla ghiandola tiroidea. Si dovrà
effettuare la palpazione della ghiandola, a partire dalla regione posteriore del collo, per
valutare la ghiandola in toto o tumefazioni locali.
Nel collo sono presenti organi nobili fondamentali, appartenenti alle vie aeree, alle vie
digestive e anche vascolari come il fascio vascolo nervoso del collo . È fonte di elementi
obiettivi importanti. Dopo la valutazione della mobilità, si procede con la conferma della
presenza della ghiandola tiroidea. Infine si valuta l’assetto linfatico del paziente che richiede
l’esplorazione del collo, dell’ascella e della regione inguinale che prendono il nome di
comuni stazioni linfonodali di repere.
La ghiandola tiroidea è un organo impari e mediano, ha due lobi tiroidei laterali, uniti dalla
presenza di un istmo, localizzato in posizione centrale. Nasce in faringe ed è l’esito del dotto
tireoglosso.
Ispezione: il primo approccio deve essere anteriore perché dobbiamo percepire la ghiandola
nel suo complesso. Oltre all’ispezione anteriore, vi è anche la palpazione anteriore che è
monomanuale e che permette di valutare anche eventuali segni di flogosi, e le catene
linfatiche. Ispettivamente se c’è un esplorazione negativa della ghiandola tiroidea, allora si
procede con la palpazione posteriormente.
Palpazione: si appoggiano le mani lateralmente al collo, per poi chiede al paziente di flettere
in avanti il collo, in modo tale da detendere gli SCOM, e poter esplorare le logge tiroidee.
Con entrambi le mani si palpano entrambi i lobi, cercando di sentire i lobi. Generalmente è
il medico a far compiere la flessione del capo in forma passiva, così da permettere una
detensione completa dello SCOM. Con questa manovra si riesce ad entrare con le dita
all’interno delle logge tiroidee. Non bisogna mai palpare eccessivamente i lobi, onde evitare
una stimolazione dei barocettori presenti a livello della parete della carotide, provocando
un’aritmia cardiaca.
Generalmente la tiroide dovrebbe essere non palpabile; se palpabile bisognare rilavare il
volume, la forma, la superficie, la consistenza, la dolorabilità, la mobilità e i fremiti. Con la
manovra di Clay si permette di identificare un nodulo della tiroide da uno non tiroideo: si
chiede al paziente di deglutire e se durante la deglutizione si vede il nodulo muoversi in
concomitanza alla tiroide allora è nodulo tiroideo.
3. Linfonodi del collo
I punti di repere principali sono il muscolo grande pettorale, i linfonodi cervicali superficiali,
profondi e posteriori, la mandibola (linfonodi sottomentonieri, sottomanidbolari e dell’arco
mandibolare, linfonodo tonsillare), la nuca (linfonodo occipitale), la regione sovraclaveare
(con i linfonodi sopraclaveari) e l’orecchio con i linfonodi pre e retro auricolari
A livello del collo ci sono 2 elementi anatomici che orientano la palpazione dei linfonodi del
collo, ovvero la mandibola e lo SCOM.
Si delinea molto bene il margine anteriore e posteriore dello SCOM. I linfonodi cervicali
saranno superficiali o profondi rispetto al facsio vascolo nervoso del collo, e si troveranno
sul margine posteriore dello SCOM. Bisogna osservare eventuali asimmetrie rispetto al
profilo normale. Poi bisogna palpare anteriormente rispetto allo SCOM: qualsiasi sia il rilievo
bisogna immediatamente registrarlo. Stessa cosa va fatta anche per quelli del lato opposto,
chiedendo al paziente di ruotare la testa e fletterla leggermente, per palpare meglio questa
regione del collo.
La mandibola è il secondo repere fondamentale: si palpano (con due polpastrelli) prima i
mentonieri, poi i sottomandibolari e poi i retromandibolari e infine i nucali posteriori. A
completare la palpazione dei linfonodi del collo, bisognerà palpare i linfonodi sopraclaveari.
I linfonodi sono tutori della difesa dell’organismo: quindi un linfonodo sopraclaveare
potrebbe essere colpito da patologie del collo, ma anche di organi al di sotto della clavicola,
come la parete toracica, la mammella.
ESAME OBIETTIVO DEL TORACE ANTERIORE
Elemento essenziale per la valutazione delle patologie che coinvolgono l’apparato
respiratorio e cardiocircolatorio. Particolare significato per lo studio delle condizioni
cardiovascolari riveste la ricognizione preliminare di reperti emersi durante l’esame
obiettivo generale quali: decubito, il tipo di respiro, la facies, il colorito di cute e mucose, lo
stato dei vasi del collo, l’aspetto delle mani e la presenza di edemi.
Si passa poi all’esame obiettivo dei polsi, per poi continuare con quello del torace anteriore
e del cuore.
Ispezione della regione pre-cordiale: va effettuata sia di fronte che lateralmente al paziente.
Bisogna valutare l’aspetto della regione pre-cordiale, la sede e il carattere dell’itto della
punta, la presenza di pulsazioni anomale sulla regione anteriore del torace.
Palpazione: conferma e completa i rilievi ispettivi. È utile per valutare meglio l’itto della
punta (meglio se il paziente è in decubito laterale sx) e anche eventuali pulsazioni abnormi
della parete toracica. La palpazione consente di precisare l’esistenza di prominenze o di punti
di dolorabilità. La palpazione è utile anche a livello dei focolai di auscultazione, a livello dei
quali è possibile percepire dei fremiti palpatori, causati da un ostacolato reflusso di sangue
in uscita.
Percussione: in epoca precedente all’elettrocardiogramma, la percussione era utile per
valutare le dimensioni del cuore. In generale la percussione topografica ha lo scopo di
delimitare i confini del cuore rispetto agli organi circostanti. Se si percuote l’emitorace dx
sentiremo solo un suono chiaro polmonare, mentre se si percuote l’emitorace sx si sentirà
un suono chiaro polmonare nei campi polmonari superiori e medio, un’area di ottusità
relativa in corrispondenza della lingula, e un’area di ottusità assoluta in corrispondenza del
cuore. L’area di ottusità cardiaca può essere delimitata con una percussione raggiata,
dall’esterno verso l’interno, seguendo delle direttrici centripete.
Auscultazione: è la manovra più importante per la valutazione dell’apparato
cardiocircolatorio. Serve per valutare il primo tono (chiusura valvole atrioventricolari) e il
secondo (chiusura delle valvole semilunari). La successione del primo e del secondo tono
può essere percepita in tutto l’ambito cardiaco, ma classicamente si definiscono dei focolai
ausculatori. Il paziente si trova in posizione clinostatica, con le braccia lungo i fianchi. Gli
spazi intercostali si possono trovare trovando l’angolo di louis, che corrisponde all’inserzione
della seconda costa.
Focolaio aortico: II spazio int. Dx sulla linea marginosternale
Focolaio polmonare: II spazio int. Sx sulla linea marginosternale
Focolaio tricuspidale: dal III al V spazio sx
Focolaio mitralico: V spazio sx sulla linea emiclaveare.
L’auscultazione deve essere di almeno 5 secondi. Primo e secondo tono sono ben percepibili
a livello del focolaio mitralico con la membrana.
I soffi cardiaci sono reperti che si potrebbero auscultare. Se particolarmente intensi
potrebbero essere anche irradiati: es. un soffio da stenosi aortica potrebbe essere irradiato
a livello della base del collo. Un’altra sede di irradiazione è la ascella. È importante localizzare
un eventuale reperto patologico, nella precisa fase del ciclo cardiaco (sistole o diastole): per
definire la fase del ciclo cardiaco si possono palpare i polsi periferici, come il polso radiale,
mentre si ausculta il reperto. Per cercare di incrementare il flusso ematico e sentire un soffio
più o meno forte, si può invitare il paziente a trattenere il respiro.
Per la valutazione di toni patologici a bassa frequenza è bene utilizzare la campana piuttosto
che la membrana. Si può far reclinare il paziente sul fianco sx (decubito laterale sx) in modo
tale che il cuore si posizioni in una posizione favorevole. Un’altra posizione potrebbe essere
quella seduta inclinata in avanti. Si cambiano posizioni per variare il flusso ematico e per
valutare meglio sempre lo stesso reperto.

ESAME OBIETTIVO DEL TORACE POSTERIORE


Comprende ispezione, palpazione, percussione e auscultazione.
Ispezione: paziente senza indumenti e con torace scoperto. L’esame del torace segue
l’esame del collo, per cui il paziente è inizialmente seduto sul lettino. Si notano innanzitutto:
- segni evidenti di distress respiratorio: alterazione della fonazione, FR accelerata , tosse
secca o con espottarata, respiro sibilante, cianosi, postura insolita per favorire l’ingresso di
aria, utilizzo dei muscoli accessori. Per la descrizione di questi segni è necessario far
riferimento a punti di repere sulla parete toracica.
L’esame ispettivo del torace ha lo scopo di valutare la normale morfologia del torace, che
può variare. Generalmente la forma è a tronco di cono rovesciato, il cui diametro latero-
laterale ha una proporzione di 2:1, rispetto al diametro antero-posteriore. Il torace normale
è normoconformato, ed eventuali anomalie vanno considerate sia anteriormente che
posteriormente, che lateralmente. (Es. Torace a botte)
Il paziente deve essere seduto, rilassato, con le mani sulle ginocchia e il capo leggermente
inclinato in avanti: in questo modo si può valutare la forma del torace e individuare i punti
di repere (apice del processo spinoso di C7, il profilo dei muscoli trapezi, la linea che unisce
le due articolazioni scapolo-omerali, la linea delle scapole, l’apice della scapola, la linea
mediana che viene descritta attraverso le apofisi spinose delle singole vertebre). Va valutata
anche un’eventuale deviazione della colonna vertebrale.
All’ispezione vanno poi valutate eventuali deformazioni, cicatrici, la presenza di lesioni
cutanee. Sempre con l’ispezione si osservano i movimenti respiratori, il numero di atti, il
trofismo muscolare ed eventuali pulsazioni anomale.
Palpazione: consente di precisare alcuni rilievi ispettivi, di rilevare fremiti pleurici alle basi
polmonari e fremiti legati ad intense turbolenze da stenosi valvolari cardiache. La palpazione
consente anche di determinare la posizione della trachea, di esplorare la presenza e le
caratteristiche dei linfonodi, compresi quelli del cavo ascellare. Si possono poi ricercare punti
di dolorabilità costali, muscolari e vertebrali.
Va valutata anche l’espansibilità della gabbia toracica, ponendosi posteriormente al paziente
e applicando entrambe le mani a piatto, in zone simmetriche dei due emitorace, procedendo
dall’alto verso il basso. Invitando il paziente a compiere atti respiratori profondi si possono
rilevare asimmetrie dell’espansibilità, osservando discostamenti degli apici dei pollici
dell’esaminatore.
Con la palpazione si percepisce anche il fremito vocale tattile, espressione della pervietà
delle vie aeree, che dovrebbe essere valutato su tutto l’ambito polmonare in maniera
comparativa, dall’alto verso il basso. Si chiede al paziente di dire parole come 33, e si usa
sempre la stessa mano.
La palpazione ha un duplice scopo: da una parte valutare eventuali punti dolorosi e dall’altra
l’espansibilità del torace.
Punti dolorosi: vanno valutati con la digitopressione eventuali punti dolorosi a livello del
rachide; vanno poi valutati eventuali dolori alla gabbia toracica imprimendo delle
compressioni sul torace sia in senso anteroposteriore che in senso latero-laterale. Va
valutata la dolorabilità rispetto ad eventuali patologie localizzate o generalizzate, che il
paziente ci può riferire anche per patologie sistemiche (si valutano i punti di valleix, che si
trovano sulla linea margino sternale, sulla linea ascellare media e sulla linea paravertebrale).
Il secondo scopo è la valutazione dell’espansibilità polmonare: si inizia con la frequenza degli
atti respiratori, che è facilitata ponendo una mano a piatto sul torace del paziente (la FR
dovrebbe essere di 12/14 atti respiratori al minuto). Poi si valuta l’espansibilità, partendo
dagli apici e andando verso le basi. Le manovre devono essere il più possibile comparative.
Nella manovra gli apici dei pollici devono essere a contatto.
Percussione: contribuisce all’identificazione di una patologia del parenchima polmonare o
della pleura. Le aree identificate per la percussione e la auscultazione dei polmoni
corrisponde ai lobi polmonari, e ciascun lobo corrisponde ad aree delimitabili sulla parete
toracica. Il suono ottenuto con la percussione varia a seconda della struttura degli organi
sottostanti all’area percossa. La percussione del torace può essere
-topografica: volta a delimitare i confini degli organi in esso contenuti
-comparativa: per valutare alterazioni strutturali degli organi stessi
Il paziente è seduto leggermente piegato in avanti. La percussione deve essere comparativa,
per almeno 4-5 spazi intercostali, in senso cranio-caudale, confrontando il suono ottenuto
da lato a lato. In condizioni fisiologiche si riscontra un suono chiaro polmonare.
La percussione va necessariamente fatta negli spazi intercostali, evitando la colonna
vertebrale, le aree paravertebrali e l’area scapolare.
Successivamente è possibile valutare la massima espansibilità delle basi polmonari, che varia
a seconda della posizione del diaframma: si considera la differenza di distanza tra la
posizione del diaframma durante la massima inspirazione e quella durante la massima
espirazione.
Fasi da eseguire per questa manovra
1. Si percuote per cercare il confine tra suono chiaro polmonare e suono ottuso della zona
lombare
2. Si invita il paziente ad effettuare la massima inspirazione e a trattenere il respiro: si
ripercuote la zona e si traccia una linea
3. Poi si invita a fare un inspiro profondo e un’espirazione profonda per poi trattenere il
respiro e tracciare una seconda linea
4. Lo spazio tra le due linee indica l’escursione del diaframma e di conseguenza
l’espansibilità delle basi polmonari.
Auscultazione: è utile per la diagnosi clinica di una serie di patologie pleuropolmonari tra cui
polmonite, asma, BPCO, versamento pleurico e pneumotorace.
Il paziente deve piegarsi in avanti ed effettuare inspirazioni ed espirazioni non forzate a
bocca aperta.
La membrana deve essere posta su almeno 4-5 posizioni. I suono dovrebbero risultare
simmetrici.
Suoni fisiologici: murmure vescicolare che dovrebbe essere presente e normotrasmesso
su tutto l’ambito e soffio bronchiale, percepibile in corrispondenza delle grandi vie aeree
in condizioni fisiologiche, oppure in condizioni patologiche nel caso di aree di
addensamento parenchimale con bronco pervio.
Suoni patologici aggiunti: ronchi, sibili, rantoli, crepitii, sfregamenti pleurici. Di ogni
reperto va segnalata la tipologia, la posizione, la modificabilità con i colpi di tosse.
La auscultazione ci permette di valutare la pervietà delle vie aeree e la integrità del
parenchima polmonare che si riempie di aria.
Per effettuare l’auscultazione si usa la membrana del fonendoscopio

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