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DOMANDE VARIE IMMUNO

1) Descrivi la risposta immunitaria a livello del centro germinativo nel follicolo secondario ed il
ruolo delle cellule T follicolari.
Le cellule Thf sono una popolazione specifica di linfociti t h che risiede nei follicoli linfocitarie e riveste un
ruolo determinante nella maturazione delle cellule b, permettendo fenomeni come lo switch isotipico
e l’ipermutazione somatica. Da un punto di vista fenotipico tali cellule esprimo sulla loro superficie
il cd4 (sono cmq cellule helper) insieme ad una serie di molecole importanti per l’interazione della
stessa con le apc e le cellule b (fattori di stimolazione, riconoscimento e costimolatori). Tuttavia, a
differenza delle comuni cellule th esse mantengono in superficie l’espressione di cxcr5 il quale è un
fattore di homing per il follicolo del linfonodo e il bcl6 (fattore di trascrizione tipico e univoco di
queste cellule). Tali cellule si differenziano dalle altre cd4 in seguito a segnali dati dalle cellule apc e
dell’interazione con la cellula b. Tale cellula interagisce, mediante cd40 e cd28 con cd40l e b7
rispettivamente delle cellule apc. Inoltre avviene un legame tra ox40 e ox40l (thf) che regola
l’espressione di crcx5 (lega ccl7). Ovviamente avviene la presentazione dell’antigene e la
stimolazione con il-12. A questo punto il linfocita si muove verso il linfonodo dove incontra e
interagisce con una cellula b cognata, mediante un legame tra cd40 e cd40l con rpesentazione
dell’antigene che permette alla cellula thf di mantenere il suo fenotipo e creare un legame
indissolubile con la cellula b. Qui intervengono interazioni tra recettori che danno una risposta
stimolatoria come ta slap-sap e tra icos e icosl e permette la liberazione di il-21 da parte del linfocita
thf il quale si lega indissolubilmente al b e migrano insieme nel follicolo dove avviene la
proliferazione. Il rapporto della stimolazione tra ox40l-0x40 e cd40-cd40l determina la
differenziazione della cellula b in b della memoria o plasmacellula. Il legame cd40-cd40l è
determinante per il fenomeno dello switch isotipico.
La cellula B, stimolata dall’antigene, tende a migrane nel linfonodo nel quale, una volta stimolata dai thf che
incontra nella paracorticale, va a costituire i centri germinativi, formando un follicolo secondario
presenti nella corticale. Tale struttura si costituisce di una parte scura nella quale avviene il processo
di blastizzazione, ovvero di prolifarezione delle cellule B con ipermutazione somatica
(plasmablasto), e una parte chiara dove abbiamo un processo di selezione del centrocita mediato
dalle cellule dendritiche follicolari. Qui vi è una selezione del clone migliore, ovvero quello che
presenta in superficie igM con la più grande affinità per l’ag presente sugli immunocomplessi captati
dalle FDC, è un processo garantito dalla competitività dei cloni per un ag poco presente per il fatto
che devono strappare lo stesso a immunocomplessi di igM. Se non avviene tale legame il clone va in
apoptosi e viene degradato dai macrofagi del corpo tangibile, in caso contrario supera la selezione e
si porta nella zona apicale chiara e reincontra il thf che ne determina il destino e l’evoluzione in
plasmacellula o cellula b della memoria.
Per permettere una risposta immunitaria umorale efficacie, la cellula B, dopo aver riconosciuto un ag a
livello periferico mediante il suo bcr, deve portarsi verso il linfonodo. Questo fenomeno è garantito
dall’espressione di cd44 che è un fattore di homing verso i linfono, dove incontra a livello della
paracorticale la cellula thf cognata (ha riconosciuto da una apc un epitopo diverso del medesimo ag).
La cellula thf è un linfocita t cd4+ che, in seguito all’incontro con l’ag, esprime in superficie il
recettore cxcr5 che è chemochinico e libera il21 (la differenziazione è determinata dal fattore di
trascrizione bcl6). La cellula thf per mantenere la differenziazione deve interagine con la cellula B
cognata e questo rispecchia il ruolo naturale delle cellule thf ovvero quello di determinare la
formazione del centro germinativo e i fenomeni di aumento dell’affinità per l’ag. L’interazione delle
due, determinanta dal legame cd40l/cd40, induce l’ipermutazione somatica e switch isotipico
(mantiene l’affinità dell’ig ma ne altera le proprietà biologiche), oltre ad una stimolazione a
proliferare per le cellule b data dall’il21. La cellula B si sposta successivamente nella corticale dove
avviene la formazione del follicolo primario e la successiva proliferazione (diventa follicolo
secondario). Qui si osserva una parte centrale scura (centroblasti in proliferazione) e una parte
esterna chiara (centrociti pronti per la selezione). Nella zona chiara intervengono, per selezionare il
miglior clone, le FDC le quali presentano recettori specifici per Fc e C3b. Esse reclutano
immunocomplessi circolanti e selezionano con questi il clone più affine all’ag. La bassa disponibilità
dell’antigene e il fatto che esso sia comunque già legato a un anticorpo favorisce la selezione del
clone più affine che deve crosslegare l’antigene per non andare in apoptosi. Successivamente, il
clone b più affine si porta nella porzione marginale del follicolo dove reincontra la thf dove avviene
un legame tra cd40/cd40l, slam-sap (segnale di sopravvivenza), icos/icosl che consente alle cellule b
di proliferare e di differenziarsi in plasmacellule o cellule della memoria (qui è determinate la
conpetizione tra i recettori cd40/cd40l e ox40/ox40l).

2) Nel processo di sviluppo delle malattie autoimmunitarie si è spesso nel passato sovrastimato il
ruolo delle cellule TH1. Oggi, grazie alla ricerca, si è scoperto che altre popolazioni cellulari
sono coinvolte. Da cosa nasceva l’equivoco nel passato?
Oggi si è scoperto un nuovo tipo di popolazione cellulare che sono determinanti nella formazione di una
risposta granulocitaria cronica e nello sviluppo di malattie autoimmunitarie (come la sm, l’artrite
reumatoide,ibd,aea o la psoriasi). Tali cellule, oltre ad essere coinvolte in alcuni processi
autoimmuni, rivestono un ruolo chiave nella difesa delle barriere epiteliali contro la flora indigena
(tra cui la candida) e un loro deficit può portare all’aumento di incidenza di patologie
opportunistiche. Da un punto di vista differenziativo le cellule t h17 sono portate a differenziazione
da fattori quali il23, tgf beta e il1beta. A sua volta la cellula th17 produce il17 che recluta i neutrofili.
L’equivoco che nasceva in passato è legato al fatto che il recettore dell’il23, determinante per la
differenziazione delle cellule th17, presenta una struturra simile al recettore dell’il12, responsabile
del differenziamento dei th1. I due recettori (formati da 2 catena), in particolare, presentano una
catena grande in comune (p40) e una catena leggera che era per le th1 p35 e per le th17 p19. La
variabilità tra i due tipi è resa di individuazione dalla presenza sulla superficie delle cellule di un
particolare marcatore di superficie, il cd161. Il quale costituisce la condizione fondamentale per la
differenziazione dei th in th17; in particolare, se i precursori presentano tale marcatore possono
diventare o th1 o th17 a seconda dell’il stimolante, mentre se esso non è espresso vi può essere
differenziazione solo tra th1 o th2 ma non th17. Il loro ruolo nelle patologie autoimmuni è stato
spiegato dalla presenza di grandi quantità di il17 nelle regioni soggette a tali patologie e dal fatto che
queste patologie erano evitate per topo knock out per p19 o per la somministrazione di Ig vs. il23.
Un fatto curioso e dibattuto è quello della psoriasi nella quale la malattia viene iniziata dalle cellule
th17, ma mantenuta da th1 che arrecano il danno dominate. In questo caso dopo l’induzione della
patologia vi è un rilascio nella zona lesa di tnf alfa il quale polarizza la risposta verso le th1 e
inibisce la produzione di il23. Le th17 sono indotte a crescita e proliferazione anche anche il9
prodotta da th9.

3) Un tuo vicino di casa soffre di malattia infiammatoria cronica dell’intestino. Ti chiede consiglio
sulla terapia che gli è stata consigliata (anti TNF-alfa). Qual è il razionale della terapia? Cosa
modifica l’anticorpo? La somministrazione è ogni 4 settimane: perché, visto che l’emivita è di
2,5 mesi? Su quali effetti collaterali devi mettere in guardia il tuo vicino di casa?
La terapia prevede probabilmente l’utilizzo dell’infliximab, un anticorpo chimerico contro il tnf alfa. Questa
terapia ha una logica in quanto limita il tnf alfa che è un mediatore molto spesso associato
all’infiammazione cronica ed evoca danni tissutali importanti. L’anticorpo riconosce il tnf alfa e ne
altera la struttura rendendo impossibile l’interazione con il tnfr, tuttavia questo è possibile solo nei
primi mesi dall’insorgenza della terapia. Infatti il tnf alfa viene prodotto dal macrofago e il quale
presenta a sua volta il recettore di tale sostanza stimolandone la produzione e reclutando cellule che
lo producono, tuttavia a lungo andare insorgono altri stimoli, primo tra tutti l’il6, in grado si dare il
rilascio di tnf alfa e la terapia con infliximab perde il proprio significato. Alla base di questa
iperproduzione locale di tnf alfa, vi è un’alterazione o una bassa espressione a livello citoplasmatico
della molecola nod2 la quale è un prr citoplasmatico deputato al riconoscimento del DPM presente
sui batteri della flora intestinale. Un deficit di tale molecola induce la iperproduzione di citochine
pro-infiammatorie per compensare una ridotta uccisione intracellulare. Gli effetti collaterali sono
legati alla farmacodinamica dell’infliximab e all’interessamento di distretti diversi da quello
interessato dalla patologia; in particolare, una riduzione del tnf alfa porta il soggetto ad un maggior
fischio di infezioni dato che il tnf alfa è un importante mediatore dell’infiammazione e quindi della
risposta innata. Frequenti sono le infezioni del tratto respiratorio in seguito all’utilizzo di tale
farmaco.

4) Come i virus fuggono dal sistema immunitario?


Il nostro organismo si difende contro le infezioni virali mediante una risposta cellulo-mediata che prevedere
la presentazione dell’ag caricato inseguito a processi di fagocitosi, pinocitosi e macropinocitosi e
crosspresentati da parte della cellula APC in associazione al MHCI al linfocita T citotossico (mediata
da B7 e cd28) determinando l’autorizzazione (licensing). Questo contatto è importante per la
presentazione dell’ag e per l’induzione nella CLT del recettore dell’il2. Contemporaneamente a
questo fenomeno, vi è la presentazione dell’ag associato alla complesso MHCII ai linfociti th1.
Questo interazione risulta avvenire efficacemente solo se vi è la costimolazione data dal legame tra
cd40 e cd40l e porta alla liberazione da parte del th1 di il2 la quale si lega al il2r dellaCTL e ne
determina la proliferazione e la completa differenziazione in cellule effettrici. I meccanismi che
hanno i virus dunque per evadere il sistema immunitario sono:
● Limitazione della crosspresentazione con la chiusura delle gap junction tra le cellule
epiteliali. Un esempio è il virus HPV il quale è correlato a processi neoplasici nella mucosa
del collo dell’utero e del virus del coma di rauss.
● Liberazione di inf gamma che limita lo sviluppo di una risposta th1.
● Rilascio di fattori solubili che limitano l’effetto biologiche di alcune citochine, tipico del
citomegalovirus.
● Rilascio di il10 che limita l’attività fagocitaria e favorisce lo spegnimento della risposta
cellulo-mediata (il10 è rilasciato anche da Treg), come il EBV.

5) Come i tumori sfuggono al SI?


I tumori possono sviluppare diverse strategie per sfuggire ai tumori anche se in un caso è in sistema
immunitario a indurre un’evasione dal suo controllo attraverso il fenomeno di immunoediting e
sopravvivenza darwiniana delle cellule mutate nel genoma. Gli altri meccanismi sono:
● Generazione di popolazioni iTreg, attraverso rilascio di il10 e tnf beta, o di cellule
soppressive mieloidi.
● Assenza in superficie di molecole costimolatorie.
● Bassa espressione in superficie di mhcI.
● Modulazione antigenica, ovvero espressione di proteine virali in superficie in momenti in cui
non è in corso una risposta anticorpale e viceversa.
● Produzione di fattori bloccanti che ne limitano il riconoscimento.
● Espressione di Fasl per induzione alla morte dei linfociti t.
● Liberazione di ag umorali che li proteggono contro ig.
● Liberazione di icam che lega ifa1 dei cd8+ mentre sono in circolo e non raggiungono il
tessuto.

6) Cosa sono gli anticorpi naturali e chi li produce?


Gli anticorpi naturali sono immunoglobuline dell’immunità innata che vengono propotte costitutivamente
dall’individuo già dalla vita fetale (maturano nel feto fetale e non nel midollo osseo come le b2).
Esse sono prodotti da una limitata sottopopolazione (5%) di linfociti B1 i quali non necessitano di
presentazione dell’antigene o induzione da molecole dell’immunità adattativa per la produzione. Da
un punto di vista fenotipico tali cellule presentano (a differenza dei B2) il marcatore cd5. Il BCR
inoltre delle b1 è costituito unicamente da igM (non ci sono igD) e questo isotipo è anche l’unico
prodotto dalla cellula b1 dato che non può fare swith isotipico. Quest’ultimo fatto è dato dalla
mancanza della possibilità di interazione con le cellule th e quindi si accompagna anche
all’impossibilità di tali cellule di generare una memoria immunologica. Le b1 si comportano allo
stesso modo sia nella risposta primaria e secondaria. Le ig naturali hanno una bassa affinità e non
esiste una possibilità di miglioramento, anche perché riconoscono unicamente antigeni t indipendenti
di solito di natura polisaccaridica. Le b1 si autoreplicano e si amntengono costanti come
concentrazione nel sangue.

7) Domanda sul nichel. Quali sono i due modi per cui crea allergia?
Il nichel è un metallo ed è in grado di generare 2 tipo di reazioni di ipersensibilità, la IV (più comune e
diffusa e rientra nelle dermatiti da contatto) e la I. Per quanto riguarda l’induzione della risposta di
ipersensibilità di tipo IV è opportuno specificare che tale tipo di reazione è determinata da una
popolazione di linfociti th specifica, i Tdth che sono di tipo th1. Esse proferano e in un secondo
momento producono inf gamma e tnf gamma che sono due fattori di attivazione e reclutamento dei
macrofagi. Questi processi hanno bisogno di tempo, infatti questa reazione è detta di ipersensibilità
ritardata e può impiegare circa 48-72 h (dal secondo contatto ovviamente). I macrofagi sono i
principali protagonisti di questa risposta e la loro liberazione di enzimi litici causa la tipica reazione
eritematosa anche se è stato dimostrato che vi può essere un’attività diretta dei linfociti Tc. Questa
risposata eccessiva è un alterazione della normale risposta che l’organismo fa contro i patogeni
intercellulari oltre a molti antigeni da contatto tra cui i sali di nichel. Essendo il nichel un elemento
presente anche comunemente nei cibi può dare in rari casi anche reazioni di ipersensibilità di tipo 1
nel caso venga assunto con la dieta.

8) Perchè patch e stick test non funziona non sempre per gli alimenti?
Questi due test servono per valutare l’entità della risposta di ipersensibilità di tipo 1 in un soggetto per
determinati allergeni. Essi sono test cutanei che sono caratterizzati dall’inoculazione dell’allergene
nel sottocute in determinate regioni del braccio o del dorso. Se il soggetto è sensibilizzato in 30
minuti ci sarà una reazione ponfo-eritematosa. Gli svantaggi sono invece legati al fatto che questi
test possono sensibilizzare soggetti atopici, indurre risposte ritardate dopo circa 4-5 ore e, nel
peggiore dei casi, lo shock anafilattico. A questi test sono alternativi i rist e i rast, ma sono meno
pratici e più costosi. L’individuazione dell’allergene è importantissima in quanto poi permette di
elaborare una modalità di desensibilizzazione la quale può avvenire mediante l’utilizzo di vaccini
mirati i quali si dividono in base al meccanismo di azione:
● Somministrazione reiterata nel tempo di allergene per via sublinguale in maniera tale da
indurne la tolleranza.
● Attraverso l’immunoconversione delle igE in igG. Questo processo consiste in
un’inoculazione intradermica o intramuscolo dell’antigene con specifici adiuvanti i quali
permettono una presentazione al macrofago e non al mastocita e un’induzione con inf
gamma della risposta th1 che limita la th2 responsabile della produzione di igE. Così vi è
una forte competizione delle igG con l’antigene che viene eliminato attraverso la formazione
di un immuno-complesso.

9) Nel corso di una risposta immunitaria, qual è il ruolo che svolge l’immunità innata, ed in
particolare le sue cellule, nei confronti di quella adattativa che si sviluppa al primo o secondo
incontro con lo stesso patogeno?
L’immunità innata e quella adattativa sono due sistemi interdipendenti in quanto gran parte dei meccanismi
dell’una coadiuvano l’attività dell’altre o, a volte, sono addirittura necessari per un corretto
funzionamento reciproco. Per quanto riguarda il ruolo dell’innata nei confronti dell’adattativa, la
prima adiuva l’inizio della seconda attraverso il comportamento di alcune sue cellule e mediante la
produzione di specifiche citochine. Le cellule APC (comunemente dendritiche, ma anche macrofagi
in seguito a induzione con specifiche citochine che permettono agli stessi l’espressione in superficie
di molecole MHC e costimolatorie) caricano gli antigeni estranei (provenienti da patogeni o cellule
tumorali) in associazione alle molecole MHCI e MHCII a seconda della via di processazione
(citosoloca o endosomiale, a cui si aggiunge il fenomeno della crosspresentazione) e le presentano
con molecole costimolatorie alle cellule dell’immunità innata per il riconoscimento del patogeno
(rispettivamente cd8+ e cd4+). Dunque determinano la formazione di una specificità, caratteristica
principale dell’immunità adattativa. Inoltre l’immunità innata può definire e modulare l’attività
dell’adattativa anche attraverso la secrezione di citochine (il12, il4, il23) da parte dei macrofagi
principalmente. Queste sostanze sono indispensabili per l’attivazione delle cellule th e influenzano la
loro differenzazione in th1,th2 o th17. Vi può essere inoltre la produzione di chemochine per
indirizzare l’attivazione e la proliferazione delle cellule effettorie dell’immunità adattativa e, in
secondo luogo, la loro migrazione verso il punto di lesione (TLR con produzione di citochine
proinfiammarie). Nel primo incontro, dunque l’innata permettere il riconoscimento dell’antigene e
indirizza una specifica modalità di risposta adattativa; tuttavia, questo fenomeno non è solo
finalizzato ad una risposta adattativa effettoria, ma anche a un risposta di memoria che determina la
risposta secondaria. Di conseguenza le cellule dell’immunità innata (B che T) della memoria
necessitano comunque di attivazione, tuttavia essa può avvenire direttamente da cellule del sistema
innato (apc macrofagi) che presentano l’ag associato alla classe mhc anche con bassa attività di
molecole costimolatorie (come b7) per i Th e dal semplice legame dell’ag col bcr per i linfociti B.
Per i linfociti T citotossici, nella risposta secondaria le apc possono bastare unicamente per
l’attivazione e la proliferazione della cellula suddetta in quanto il2 necessaria è prodotta per
autocrinia dal Tc e senza l’ausilio dei th1 (anche qui lo stimolo costimolatori può essere minore ma
comunque necessario). Le cellule dell’immunità adattativa inoltre fungono da vicarianti della
risposta immunitaria e formano la prima linea di barriera prima dell’attivazione dell’adattiva. Esse
partecipano infine alle fasi effettorie dell’immunità adattativa in quanto le cellule dell’innata
possiedono recettori per la Fc e sono determinanti nella ADCC.

10) Quali sono i meccanismi che portano ad un arresto della risposta immunitaria e soprattutto al
controllo della risposta verso gli antigeni self che normalmente si sviluppa nel corso di una
risposta nei confronti di un patogeno?
L’arresto della risposta immunitaria è un processo importante in quanto evita l’insorgenza, nel tempo, di
patologie autoimmuni o di reazioni di ipersensibilità. Nell’analisi dei meccanismi di soppressione è
necessario suddividere i meccanismi di limitazione delle cellule B e T:
● Cellule B. La secrezione anticorpale da parte delle plasmacellule viene limitata dalla
competizione degli ig nei confronti del BCR per il legame con l’ag e dal fatto che le cellule
B presentano un recettore per la Fc che riconosce i complessi ag-ig e limita la trasduzione
del bcr.
● Cellule T. L’interazione di Fas (associato a Fadd e induttore delle caspasi) con Fasl (con
l’attivazione vi è un’espressione sempre maggiore di queste 2 molecole sulla superficie)
determinando la AIDC o attraverso una via mediata dal TCR che prevede attraverso il
rilascio citoplasmatico di citocromo c dai mitocondri (qui intervengono i geni della famiglia
Bcl2).
Tuttavia per quanto riguarda il controllo della risposta verso gli antigeni self, svolge un ruolo determinante
nella limitazione una popolazione specifica di cellule dette Treg le quali si sviluppano nel linfonodo
regionale in contemporanea alle cellule effettrici contro un determinato ag estraneo e a cellule
effettrici contro auto-antigeni. Nello specifico, una cellula apc (ad esempio una dendritica del
langherhans) giunge in un linfonodo locoregionale e presenta una serie di antigeni i quali possono
appartenere al patogeno o a strutture self in minimo parte. Vi è dunque l’attivazione e la
proliferazione di cellule effettorie anche autoreattive per questo i segnali infiammatori quali tnf alfa
permettono la proliferazione anche delle Treg. Tuttavia quando sono in proliferazione le cellule Treg
non esplicano la loro funzione di inibizione della risposta e consentono alle cellule effettorie (auto e
non) di svilupparsi. Lo sviluppo delle cellule autoreattive è importante perché danno il2 per la
maturazione della risposta adattativa e sostanze chemiotattiche per indirizzare le cellule del SI. A un
certo punto (poiché gli stimoli possono limitarsi e le Treg hanno un massimo di cicli mitotici a cui
vanno incontro) le cellule Treg si attivano e iniziano a limitare la proliferazione ed a eliminare le
cellule autorattive. I meccanismi sono la produzione di il10 e tgf beta che spengono le dendritiche e
il legame delle stesse con ox40 che legava ox40l. Esistono due tipi di cellule Treg, le naturali e le
indotte. Le prime si sviluppano a livello timico, evitano l’autoimmunità (foxp3+ e cd25+) e la loro
presenza a livello timico è indipendente dall’induzione di una ag. Le seconde sono indotte in seguito
a una risposta immunitaria contro un dato ag e mirano a limitare la risposta immunitaria specifica per
quell’ag (lo riconoscono nello specifico a differenza delle centrali). Danno tempo alla risposta di
proliferare ed eliminare il patogeno e poi eliminano i cloni autoreattivi solo con citochine inibitorie
(no cx40). Deficit di iTreg danno apec con conseguente sviluppo di malattie autoimmuni.

11) Nel corso della vita la produzione dei linfociti B è continua, quindi, una stessa specificità può
essere generata più volte. Questo cosa comporta nelle risposte secondarie? Qual è il vantaggio e
quali gli svantaggi del riavere cellule B naive con specificità già utilizzate nel corso della
risposta immunitaria verso un dato patogeno e per il quale esiste già una memoria?
Nel corso della risposta immunitaria umorale si osserva che la risposta primaria, caratterizzata da una prima
esposizione all’ag e dalla presenza unicamente di cellule linfocitarie vergini, presenta una fase di
latenza importante durante la quale i linfociti b devono andare incontro a proliferazione e
differenziazione. In questo caso si osserva inoltre la marcata presenza di igM prodotte da cellule b
non di memoria, per cui non soggette a fenomeni di ipermutazione somatica e switch isotipico. Al
termine della risposta primaria vi è un aumento del titolo delle igG (immunoglobuline a bassa avidità
ma alta specificità tipiche della risposta adattativa umorale), ma non influisce molto rispetto al ruolo
che quest’ultime hanno nella risposta secondaria poiché abbiamo ellule b di memoria che
riconoscono l’ag senza grande necessità di costimolo e si attivano immediatamente producendo una
grande quantità di IgG. Vi è però ancora una, seppur minima, presenza di igM date da nuove t naive.
Questo è uno svantaggio in quanto la presenza di cellule b che presentano diverse affinità per un
medesimo ag determina un sovracaricamento inutile del sistema, con spreco di risorse, e una risposta
umorale non del tutto efficiente dato che la presenza di igM dà una diluizione del titolo delle IgG
specifiche. La bassa affinità per l’antigene delle IgM potrebbe rendere meno efficiente
l’eliminazione del ag e rischiare di avere la precipitazione di immunocomplessi.

12) Ruolo delle cellule NK e la differenza di comportamento tra risposta primaria e secondaria e
come si marcano.
Le cellule natural killer (cd16) sono cellule che appartengono all’immunità innata preposte a meccanismi
citotossici, ma possono funge anche da braccio effettorio per quanto riguarda la risposta ADCC (cosa
che li separa molto dalle cellule Tc). Essi sono costituiscono le cellule non specifiche della risposta
cellulo mediata in quanto non possiedo TCR specifico per il riconoscimento del patogeno o altri
recettori. Essi sono in grado di uccidere il patogeno attraverso granzime+perforine, fasl-fas e
receettori della Fc e rappresentano la prima difesa contro le cellule infettate da virus e neoplastiche. I
ruoli che svolgono sono mediati dalla loro capacità di produrre inf gamma:
● Innata. Potenziano l’attività dei macrofagi.
● Acquisita. Stimolazione verso la risposta th1 e citotoccica mediata da Tc.
Queste cellule non possiedono memoria e riconoscono antigeni non mhc ristretti (alta attività contro i
tumori). Le nk sono attivate da citochine come inf alfa e inf beta e basano la loro azione su recettori
attivatori (kar) e inibitori (kir), quest’ultimi sono specifiche per le varianti mhcI. Questi recettori
sono connessi a molecole adattatrici con domini itam nel primo caso e itim nel secondo; ovviamente,
la risposta sarà di attivazione nel primo caso e ti inattivazione nel secondo, tuttavia se copresenti
prevarrà l’inattivazione. Nella risposta primaria essi hanno un ruolo determinante in quanto vicariano
la risposta cellulomediata delle Tc le quali devono ancora attivarsi e proliferare (7 giorno inizia la
loro attività effettoria). Per quanto riguarda la risposta secondaria essi si comportano come attori
principali nell’ADCC in quanto presentano il recettore di legame per la Fc dell’igG.

13) Limitazione dei B


Ig competono per ag legato al recettore e interazione ag-bcr induce segnali inibitori.

14) Limitazioni dei T


Espressione di fas e fasl in superficie e segnale mediato da tcr con rulo centrale di blc6.

15) NKT
Ha un ruolo derminante nella produzione di il4 e nella differenziazione delle th in th2 e lo swith isotipico in
IgE. Legano cd1d (mhc non self).

16) T gamma delta


Tolleranza e riconoscimento (3-formil-1-butil- pirofosfato. Presente a livello intestinale (placche del peyer).
Non bisogno ne presentazione ne processazione ag (rapidi).
17) Perché il complemento non lisa, se non difficilmente, le cellule self? Illustra qualche
meccanismo di tua conoscenza.
Il complemento è un sistema di proteine ematiche che vengono comunemente prodotte dal fegato (in certi
casi possono intervenire anche l’endotelio o i monociti) che concorre alla formazione dell’immunità
innata umorale e, in particolar modo, ne costituisce il suo braccio armato. Le funzioni del
complemento sono quattro:
● Killing del patogeno mediante mac e conseguente shock osmotico.
● Osponizzazione con riconoscimento da patogeno da parte di fagociti.
● Chemiotattiche, la componente dei fattori che non si lega al patogeno ha un effetto
anfilatossinico.
● Rimozione di immuno complessi in quanto c3b permette il legame con i grlobuli rossi e un
trasporto degli stessi alla milza per la degradazione ad opera del sistema reticolo endoteliale
(carenze di C4 e C3 danno malattie da immunocomplessi)
I meccanismi di attivazione e di riconoscimento del bersaglio da parte del complemento sono finemente
regolati. I meccanismi di attivazione sono diversi e mirano proprio ad evitare una rispostacontro le
cellule self. Analizzando le diverse modalità di attivazione è possibile comprendere tale
meccanismo:
● La via classica si attiva tramite 2 Fc di immunoglobuline (o una CRP) le quali sono prodotte
da plasmacellule che hanno subito una selezione negativa a livello del midollo osseo per
qualto concerne il riconoscimento di Ag self per cui il fatto che le Ig si leghino normalmente
a patologi estranei costituisce una modalità di protezione.
● La MBL riconosce e lega unicamente i mannosi i quali sono esposti su certi microorganismi
in maniera palese (nell’uomo sono coperti dall’acido sialico).
● Il fattore C1q si lega solo alle superfici ricche di acido lipoteicoico, tipico dei batteri.
● Il fattore C3b (dotato di forte autoreattività) riconosce solo le superfici povere di ac. sialico.
● CRP lega unicamente la fosfocolina presente ni posisaccaridi di protezione dello
pneumococco.
Oltre a meccanismi di difesa che implicano una selettività del target dei fattori che innescano la cascata del
complemento, esistono marker inibitori espressi sulle cellule cd59 (impedisce interazione di C9 e
formazione del mac) e cd55 (DAF che fa decadere la C3 convertasi sia della via diretta che indiretta)
e il CR1 (impedisce la formazione della C3 convertasi). Esistono anche fattori solubili di inibizione
come il fattore I (scinde C3b e C4b) e H (inibisce C3 convertasi via alternativa), il C1inh C4bp.
Un’altra limitazione è la presenza dei fattori del complemento che si consumano velocemente.

18) Nell’arco della vita produciamo linfociti B e T. Cosa cambia nella regolazione della selezione
del repertorio e nell’induzione della tolleranza nel corso della vita fetale e in quella dopo la
nascita?
Nel corso della vita fetale l’immunità è garantita mediante fenomeni di immunizzazione attiva (passaggio di
igG per via transplacentare) e nei primi mesi si vita risulta particolarmente determinate le igA del
latte materno. Tuttavia, sia nella vita fetale che per tutta la vita il soggetto sviluppa la capacità di
generare delle risposte immunitarie adattattive le quali riconoscono specificatamente un ag. Essendo
la risposta adattativa, quella di cui fanno parte le cellule t e b, antigene specifica è necessario un
processo di regolazione al fine di sviluppare una popolazione di cloni autoreattivi, ovvero in grado di
attacare gli ag self. I meccanismi che regolano la tolleranza sono di 2 tipi:
● Centrali. Avvengono negli organi nei quali maturano (timo e midollo osseo) e finiscono con
induzione dell’apoptosi del clone autoreattivo (nelle fasi maturative di preB e preT viene
concessa un’ulteriore riediting della catena leggera del BCR e della catena alfa del TCR).
● Periferica. Data da fenomeni di anergia clonale.
Nelle modalità di induzione della tolleranza centrale abbiamo una differenza tra le popolazioni B e T:
● I B devono subire unicamente una selezione di tipo negativo, eliminado i cloni autoreattivi.
Questo processo avviene grazie all’ausilio delle cellule stromali midollari che presentano ag
self. Se la cellula presenta una forte interazione, viene destinata all’apoptosi (dopo averle
concesso un possibile riarrangiamento della catena leggera in quanto può usufruire non sono
di un’altra copia di k e 2 di lambda). Se invece l’interazione è nulla il clone è rilasciato nel
sangue e darà origine alle cellule B follicolari e marginali.
● I T invece vanno incontro a un processo di selezione positivo (ovvero la capatità di
riconoscere mhc self, grazie alle cellule epiteliali timiche della corticale) e a una selezione
negaiva contro i cloni autoreativi che riconoscono mhc self+ ag self. In quest’ultimo caso
intervengono le cellule stromali timiche (della midollare) che seleziona le autoreattive e le
eliminano mediante i macrofagi dal corpo tingibile (non associati a infiammazione).
Per quanto riguarda la tolleranza periferica il meccanismo si basa in ambedue i casi sull’anergia dei cloni
reattivi. In particolare la cellula linfocitaria incontra un antigene self essa non è attivabili poiché l’ag
self può si essere legato(B)/presentato(T), ma non associato a costimolazione (Thf per B e
cd40/cd40L per i T). La stimolazione può essere inoltre associata per gli antigeni self a molecole
quali VDL1 e VCAM 4. Una stimolazione anergica con autoantigene reiterata nel tempo induce alla
fine l’apoptosi del clone autoreattivo.

19) Quali sono i meccanismi che portano a perdere la tolleranza e allo sviluppo di patologie
autoimmunitarie? Quali sono le caratteristiche che deve possedere una patologia per essere
definita autoimmune? Perché siamo tolleranti nei confronti dei componenti presenti nei tessuti,
normalmente in contatto con le cellule T, ma non presenti nel timo durante la selezione
negativa e non si ha attivazione della risposta immune? Esiste uno o più meccanismi per
evitare la risposta autoimmune?
Una patologia per essere definita autoimmune presuppone la perdita della tolleranze verso gli antigeni self e
l’attivazione di una risposta umorale o cellulo-mediata verso il bersaglio. Tale patologia non
necessariamente comporta la distruzione del bersagno; infatti, patologie autoimmuno come la
miastenia gravis o il morbo di graves comportano un’alterata interazione dei ligandi con i recettori
specifici e causando fenometi agonisti o antagonisti. Le modalità con cui vi è la perdita della
tolleranza sono molteplici:
● L’autoimmunità si può associare a meccanismi di disregolazione dei th, in particolare è stato
dimostrato che un’eccesiva stimolazione della risposta th1 può comportate l’insorgenza di
fenomeni autoimmuni. Iniezioni di il4 nel topo limitano l’insorgenza di patologie
autoimmuni.
● Alterazioni strutturale di tcr (sclerosi multipla) e del mhc (associato a patologie come la
spondilite anchilosante).
● Rilascio di ag sequestrati (come lo sperma o le strutture nervose centrali).
● Mimetismo antigenico da parte di microrganismi. In questo caso è convolta la crossreattività
degli anticorpi verso le strutture self (encefalite postrabbica e il danno cardiaco dopo
infezione con streptococco).
● L’attivazione policlonale dei linfociti b, mediata spesso da antigeni timo indipendenti di tipo
1.

20) Th1 e Th2


I linfociti th cd4+ svolgono le loro funzioni nella risposta immunitaria adattativa inducendo l’attivazione
delle cellule b e tc e logicamente indirizzando la risposta nella maniera più specifica per
l’eliminazione del patogeno. Dopo che le cellule th0 sono state attivate e sono proliferante grazie
all’il2, si ha in particolare la differenziazione degli stessi in th1 e th2 in seguito a stimoli citochinici
rilasciati dalle cellule dell’immunità innata e segnali dati dall’interazione con la apc i quali sono
funzionali al tipo di ag che incontrato. Questo perché i due tipi cellulari indirizzano la risposta
adattativa con 2 modalità diverse.
● Th1. Svolgono un ruolo chiave nell’attivazione della risposta cellulo-mediata e quindi dei
linfociti tc e dei di igG2a opsonizzanti e leganti il complemento (stimola cmq la ADCC).
Essi vengono stimolati a differenziarsi grazie alla presenza di il12, il18 e inf gamma
(prodotti soprattutto da dc). Di conseguenza vengono attivati da antigeni associati ad
infezioni intracellulari o a trasformazione neoplastica.
● Th2. Intervengono principalmente nelle infezioni extracellulari (tipicamente elminti) e
stimolano la differenziazione eosinofila e mastocitaria e lo switch isotipico in igE, igM e
igG2b. Favoriscono dunque la risposta umorale.I th2 si differnziano in seguito
all’interazione con il4 (prodotto da nkt 1.1).
La differenziazione dei linfociti in un tipo o nell’altro è garantita dalla crossregolazione. Questo fenomeno
consiste nel fatto che la stimolazione con il12 induce la formazione del fattore di trascrizione
(attraverso stat1) t-bet, mentre il4 (attraverso stat3) porta all’espressione del fattore di trascrizione
gata3. Questi fattori di trascrizione attivano la differenziazione, limitandosi reciprocamente (si può
esprimere solo uno dei due e quello formato inibisce l’esposizione in membrana del recettore che
legherebbe l’il specifica per l’altra differenziazione). Tale fenomeno è rafforzato dalle azioni delle
citochine prodotte rispettivamente dai th1 e dai th2:
● Th1. Producono inf gamma e tnf beta. Questi stimolano i macrofagi a produrre più il12 per
favorire la risposta th1 (limitano la th2), attivano lo swith isotipico verso igG2a e
l’attivazione dei tc e delle cellule nk.
● Th2. Producono il4, il5, il10 e tgf beta. Queste hanno la funzione di inibire la differnziazione
in th2 (soprattutto il10 e tgf beta). Esse attivano lo switch isotipico verso igE, igM (ill4, il5),
igG2b e igA (tgf beta). Proliferazione eosinofili.

21) Spiegare il concetto di memoria immunologica e il suo significato funzionale.

22) Quali sono i tempi della risposta immunitaria? Quando inizia e quando finisce? Come si crea
la “memoria”?
La risposta immunitaria richiede tempi variabili a seconda che essa sia una risposta primaria verso un
antigene o una risposta secondaria nell’adattativa, infatti la rispsota naturale risponde sempre alla
stessa maniera e con i medesimi tempi. Nel caso di una risposta adattativa, il primo incontro è
determinante per il riconoscimento dell’ag e la differenziazione di una memoria immunologica.
Nelle prime 4 ore abbiamo una forte componente della risposta innata immediata la quale si basa sul
complemento e altri fattori di lisi (lisozima), successivamente vi sarà una risposta innata precoce con
la migrazione della popolazione cellulare. Verso il 3-4 giorno appare l’immunità adattattiva che è
data dal riconoscimento del patogeno e dall’instaurazione di meccanismi specifici per la sua
eliminazione. La risposta successivamente finisce entro 6-7 giorni a meno che non ci siano
fenomenti che possono portare alla cronicizzazione. Durante la prima esposizione, il si ha sviluppato
con l’adattativa anche una memoria per quell’ag la quale permetterà nel corso di una risposta
secondaria a un’attivazione delle cellule specifiche (subito maturazione e riarrangiamento) nel giro
di ore e una risposta adattativa già nei primi giorni di esposizione. La memoria coinvolge i cloni
linfocitari sia b che t con modalità diverse:
● B. I b vengono differenziati in plasmacellule o cellule della memoria a seconda del tipo di
interazione con la thf una volta diventata centrocita (subito processo di ipermutazione
eswitch). In particolare la thf presenta recettori di attivazione e sopravvivenza, ma giocano
un ruolo determinate per il destino del centrocita il rapporto della stimolazione data da
ox40/ox40l e cd40/cd40l coadiuvata da slam-sap e da stimolazione citochinica.
● T. In questo caso abbiamo la formazione di cellule della memoria sia per le popolazioni cd4+
che cd8+. In particoalre si hanno diverse teorie sulla differenziazione tra cellule t effettorie e
della memoria (modello statoclastico, teff🡪t memoria, esistono cloni naive predisposti a
diventarlo), ma la più credibile mette al centro il ruolo dell’interazione tra la cellula naive e
l’apc, soprattutto per quanto riguarda la costimolazione.
Una volta diventate cellule della memoria essere sono pronte a reagire contro un ag estraneo, necessitando
unicamente dell’incontro con l’ag (diretto con B e mediato con apc per i T) per indurre una risposta
adattativa e con nullo/minimo bisogno di costimoli da altre cellule. Le cellule t della memoria si
differenziano dalle naive circolanti per la presenza di cd45ro. Le cellule della memoria si possono
inoltre dividere secondo un criterio funzionale in cellule della meomria centrale ed effettoria.
● Le cellule della memoria centrale sono localizzate nei linfonodi (esprimono cd44) e
rimangono in attesa di incontrare l’ag per differenzialsi. Un ruolo importante del
mantenimento del trofismo di tali cellule è rivestito dall’il7 e il15.
● Le cellule della memoria effettrice si originano in seguito a una stimolazione infiammatoria
(tnf alfa) che ne determina la migrazione verso il sito infiammatorio dove, riconoscendo
l’ag, si attiverà e formerà il tessuto linfoide terziario.

23) Devi sviluppare un vaccino che permetta di indurre una risposta cellulare citotossica nei
confronti di una cellula tumorale, ma non anticorpale per evitare la formazione di
immunocomplessi e danni renali in soggetto con funzione già compromessa.
La risposta immunitaria adattativa viene indirizzata nelle sue due branche effettorie, ovvero quella umorale e
quella cellulo mediata, da specifiche sottopopolazioni di celleule th: le th1 per la cellulo-m e le th2
per l’umorale. Il linfocita th0, dopo aver proliferato mediante stimolazione di il2, si differenzia in
una cellula o nell’altra a seconda della stimolazione chitochinica data dalle altre cellule del sistema
immunitario. La natura dell’antigene e la modalità con cui viene captato dalle cellule del sistema
immunitario e processato influisce su tale ambiente. Per evocare una risposta cellula mediata devo
dunque attivare la popolazione di cellule del sistema immunitario che rilasciano citochine specifiche
per la differenziazione dei th1. Tali cellule sono soprattutto le cellule dentritiche le quali producono
fattori quali il12, il18 e inf gamma che dirigono il differenziamento verso i th1. I th1 a loro volta
producono citochine specifiche che vanno a soffocare la risposta th2 e ad attivare le cellule
responsabili della risposta cellulo-mediata, ovvero i Tc e le nk. Vi è anche una stimolazione allo
switch isotipico verso igG2a le quali tuttavia mediano la risposta ADCC e non sono propriamente
associabili alla risposta umorale. Io attuerei dunque un’induzione attraverso l’interazione dell’ag con
cellule dendritiche e non con mastociti/basofili e nkt che producono citochine pro-th2. Questo si
realizza mediante una somministrazione parenterale (intradermica e intramuscolo) in qualo si
favorisce l’interazione dell’antigene con le cellule dendriche piuttosto di modalità di sommistrazione
orale o ematica. Anche la quantità di ag influenza la risposta, in particolare alte concentrazioni
virano la differenziazione verso le th1. L’utilizzo di adiuvanti quali citochine specifiche della
differenziazione th1 risulta possbile, ma azzardato in quanto le citochine hanno un network
complesso di interazione. Un metodo simile sarebbe la somministrazione di DHEA che sembra
virare la risposta verso i th1.

24) Vaccini per un allergene.


L'allergia è data da un tipo particolare di immunoglobulina. La particolarità di questa immunoglobulina è che
ha una porzione costante che nel DNA è l'ultima nel locus (dopo di lei c’è solo la IgA2). Per questo
motivo la cellula che ha la specificità nei confronti dell'allergene non potrà far altro che produrre IgE
visto che non può fare switch all'indietro. La possibilità che abbiamo è quella di indurre un'altra
risposta immunitaria: i linfociti B li produciamo quotidianamente ed è possibile che ne esca un altro
con un recettore simile al precedente e capace di fare switch isotipico e ipermutazione.
Il problema sta nel fatto che se tentiamo di dare direttamente l'allergene al soggetto la cellula B che faceva
switch isotipico a IgE e produceva quella immunoglobulina farà lo stesso.
Due sono le strategie adottabili: o si rendono tolleranti le cellule e il sistema o si induce una risposta che sia
antagonista a quella IgE-dipendente. Le risposte antagoniste a IgE sono quelle che passano attraverso
le IgG. Si usano le IgG3 per due motivi:
● le IgG3 legano sempre ad alta affinità l'allergene;
● vi è la possibilità che vengano ad essere legati recettori inibitori sui mastociti.
Tutto ciò è attuabile attraverso un'immunizzazione in cui si recluta sulla superficie dell'allergene una risposta
di tipo Th1: quindi si modifica il tossoide tetanico mettendo un aptene sulla sua superficie in modo
da indurre una risposta di tipo Th1 contro il tossoide visto che il paziente è già stato in precedenza
vaccinato con il tossoide stesso.
La cellula B che riconosce l'epitopo legato sulla superficie del tossoide tetanico sarà una cellula che proviene
dal midollo osseo e che fa questo incontro all'interno del linfonodo. Questo perché l'immunizzazione
non viene fatta sulla mucosa ma a livello intramuscolare e quindi va nel linfonodo loco-regionale e lì
troverà cellule T helper di memoria nei confronti del tossoide tetanico e cellule B naïve che
provengono dalla periferia, riconoscono l'epitopo, lo internalizzano e lo presentano alle cellule T.
L'interazione sarà con cellule che riconoscono il tossoide tetanico e la cellula T helper che darà
l'aiuto sarà già una Th1.
Questa stimolazione viene perpetuata nel tempo: per esempio, si inizia qualche mese prima del periodo della
fioritura, si continua per tutto il periodo, poi si interrompe e si riprende mesi dopo. Dura in totale per
circa 3-4 anni. Funziona in una parte dei casi.
Sfruttando le conoscenze sui Toll (dato che questi indirizzano anche la polarizzazione della risposta) si è
anche pensato di usare molecole chimeriche formate dall'allergene, dal tossoide o simili e da un
adiuvante che lega i Toll. In questo modo la cellula viene stimolata esattamente nel momento in cui
fa fagocitosi. Questa strategia funziona.
L’altra strategia adottabile prevede l’induzione della tolleranza.
Si utilizza una stimolazione tramite un allergene fatta in modo tale che esso giunga all'interno della mucosa
come un patogeno estraneo capace di indurre una risposta immunoglobulinica locale (quindi IgA
dipendente).
Le IgA non hanno grande affinità ma l'affinità a questo livello non serve. Serve che ce ne siano tante e che
riconoscano più o meno bene qualcosa. Le IgA funzionano quindi per competizione. Quando si ha
una produzione di IgA sotto stimolazione antigenica si ha un reshuffling recettoriale con la
possibilità che esca fuori un qualche nuovo recettore che vada a legare un determinato target. Se la
stimolazione è continua e perpetuata nel tempo per quel dato allergene, la possibilità che esca una
specificità bassa ma nei confronti di quello è molto alta.
Quindi si danno dei vaccini per via sublinguale. Questa è una sede utilissima per l'induzione della tolleranza:
il vaccino viene rapidamente assorbito, non ha una grande colonizzazione da parte dei mastociti
sublinguali e i mastociti presenti sono tollerogenici cioè sono in grado di rilasciare sostanze che sono
anti-infiammatorie. Il TGF-B fa fare switch isotipico a IgA favorendo lo switch di cellule B o
ristimolando quelle che sono già IgA positive.
Il problema di questi vaccini sublinguali sta nel fatto che non è chiara la quantità di allergene contenuta
all'interno. Funzionano pochissimo (1/1000 pazienti circa). Quando l'allergia scompare non si
capisce se sia stato un caso oppure se la tattica abbia funzionato. Sembra funzionare nei bambini
anche se bisogna considerare che i bambini tendono ad essere molto allergici da piccoli, poi la
pubertà e il cambio ormonale fanno sparire molte di queste allergie che però possono ripresentarsi
nell'età adulta per poi riscomparire nella vecchiaia.
Oggi si tende a sostituire questi vaccini sublinguali con dei vaccini "a pasticca" (si parla di tablet) che
vengono dati sempre per via alimentare ma sono a dose più controllata e uniti ad adiuvanti per la
mucosa (sempre tramite stimolazione dei Toll). Ce ne sono un paio e funzionano discretamente
dando una buona protezione per i dermatofagoidi. 
Quelli sottocutanei perpetuati nel tempo sono ottimi per gli imenotteri ma il problema è che sono
imenottero-specifici: il vaccino per l’ape non vale anche per il calabrone.

25) Se un individuo è allergico all'ape sarà allergico anche al calabrone?


No! Non sono cross-reattivi. Tuttavia se uno ha avuto un'allergia nei confronti dell'ape è molto più facile che
possa diventare allergico anche al calabrone. (NB: per diventare allergico servono due punture: la
prima sensibilizza il soggetto, mentre nella seconda le IgE sono già sul mastocita e sul basofilo)

26) Nel caso di un trapianto di midollo osseo non autogenico (ricevuto da un donatore), dopo aver
cercato di eliminare tutte le staminali del ricevente e dopo aver iniettato le nuove staminali, il
ricevente svilupperà delle cellule T in grado di riconoscere le proprie MHC o no? 
Si perché il timo è ancora presente anche se non perfettamente funzionante: non funziona nella produzione
ma nell'educazione sì. A seconda dell'età del paziente la ripopolazione è più difficile perchè il timo
funziona meno.
Esperimento:
Prendiamo in esame due topi con aplotipo diverso: uno del ceppo A e uno del ceppo B.
Prendiamo il topolino A, gli togliamo il timo e gli facciamo l'ablazione completa del midollo facendolo
diventare un "contenitore" nel quale non si può differenziare nulla per l'assenza del timo. Prendiamo
poi il timo del topo B e lo trapiantiamo sotto cute al topo A. Il timo funzionerà ugualmente visto che
non è importante la localizzazione anatomica ma è importante che ci sia e che sia vicino a una rete
vascolare. A questo punto gli trapiantiamo le staminali di F1 (tra A e B). Il risultato che otteniamo è
che il topo riconoscerà soltanto l'aplotipo del topo B per il fatto che il timo era dell'aplotipo B.

27) La maturazione dei linfociti T che io inietto in un soggetto atimico dove avviene? Perché
quando il topo atimico diventa vecchio ha i linfociti T differenziati benché non abbia il timo?"
La differenziazione delle γδ avviene benissimo all'interno dell'intestino e che le γδ sono ristrette in CD1 ad
opera delle dendritiche che il topo continua ad avere a livello intestinale.

28) Cosa sono APECED e IPEX?


Sono due malattie che portano ad una poliautoimmunità. In IPEX manca FOXP3 mentre in APECED manca
AIRE. FOXP3 e AIRE sono importanti per lo sviluppo delle regolatorie. Mentre dal punto di vista
clinico queste due patologie si presentano allo stesso modo, la differenza dal punto di visto biologico
c’è: in una manca la regolazione, nell’altra manca lo sviluppo della regolazione. Sebbene il medico
possa controllare queste due patologie allo stesso modo con immunosoppressione somministrando
cortisone, è importante distinguerle visto che altrimenti non si può fare diagnosi di malattia e non si
possono richiedere delle applicazioni terapeutiche quali la terapia genica. Quest’ultima è utilizzabile
per IPEX mentre nel soggetto con APECED no.

29) I soggetti atimici sono più soggetti all’autoimmunità?


Si. Inoltre mancano di varie cose: ad esempio, nella selezione negativa questi soggetti non hanno il “gioco”
delle due catepsine quindi anche il riconoscimento delle MHC è diverso.

30) Le cellule NK hanno KIR sia attivatori che inibitori a seconda di come sono strutturati (quelli
lunghi sono tutti inibitori mentre quelli corti sono tutti attivatori). Gli inibitori sono quelli che
interagiscono con le MHC di classe I e impediscono alle NK di indurre la lisi della cellula con
cui interagiscono. Gli attivatori sono sempre KIR o possono non essere KIR?
Gli attivatori sono presenti nella famiglia dei KIR ma ve ne sono anche altri in famiglie differenti.
I KIR sono quelli maggiormente espressi ma affianco a questi abbiamo anche i LIR (Leukocyte
immunoglobulin-like receptor) e altre famiglie di recettori che sono sia attivatori che inibitori. Questi
hanno quasi tutti il medesimo meccanismo di funzionamento però chiaramente ci sono delle proteine
adattatrici che li adattano al sistema di trasduzione del segnale o presentano delle code lunghe
contenenti ITIM. La varietà è molta perché ci sono molti target da riconoscere.

31) Nell’immunoterapia passiva l’immunosenescenza può compromettere il risultato della terapia?


Sì, un soggetto anziano è meno responsivo.

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