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Patologia Chirurgica, prof.

Piccolomini
Lezione 4, 4 ottobre 2019
Sbobinatore: Martina Cantarella
Revisionatore: Eleonora Biagi

PATOLOGIA DELL’APPENDICE

La patologia dell’appendice rappresenta l’80% dei casi di ricovero in acuto all’interno degli
ospedali. È una patologia che potrebbe sembrare banale, ma che se sottovalutata espone a gravi
complicazioni, si può avere un’evoluzione in base alla carica batterica e alla gravità del caso in
forme addirittura fulminanti, rarissime ma possibili. Ci sono anche forme che evolvono verso
complicazioni ascessuali e peritoneali che espongono il paziente ad essere operato più volte. È
quindi importante conoscere le possibilità di trattamento per agire in maniera tale da non avere
grossolane complicazioni.

Anatomia

L'appendice è composta, dall'esterno verso l'interno, da: rivestimento esterno sieroso, tonaca
muscolare, tonaca sottomucosa e tonaca mucosa. Ha una lunghezza di 5-9 cm e un calibro di 7
mm.

Qui si vede la tenia mesenterica


che è un repere: alla confluenza
delle tre tenie si trova
l’appendice; di lato abbiamo
l’arteria appendicolare, ramo
dell’ileociecocolica.

L’appendice essendo libera talvolta può avere un posizionamento che non è quello normale, può
essere retrociecale o arrivare ad essere sottoepatica e sono quei casi in cui la sintomatologia del
quadro appendicitico non ha il corrispettivo classico.

Nel bambino il tessuto linfatico può essere causa di ostruzione da parte dell’appendice, che è
ipertrofica nella fase in cui c’è la crescita del bambino e il sistema immunitario si evolve con la
crescita e produzione di IgA, detti anticorpi secretori. L’appendice veniva infatti chiamata la
“tonsilla addominale”, ora il tessuto linfatico prende il nome di MALT.
Punti appendicolari

È importante conoscere i punti appendicolari, il più noto e usato è il punto di McBurney, situato
sulla linea spino-ombelicale destra — ossia la linea che congiunge la spina iliaca anteriore
superiore destra all'ombelico — all'unione fra il terzo esterno e il terzo medio della stessa, è
utilizzato per fare diagnosi di appendicite quando non è retrociecale.

Altri punti appendicolari sono il punto di Morris sempre sulla linea spino-ombelicale destra, a 4 cm
dall'ombelico, e i punti glutei per evidenziare un’appendice in posizione retrociecale.
Visitando un paziente con quadro appendicitico bisogna sempre fare la considerazione del segno
di McBurney, della contrattura di difesa che si sente palpando con la mano a piatto e poi del segno
di Blumberg.

L'appendice ha un rapporto fisso con le tre banderelle o tenie che corrono in senso longitudinale
lungo il cieco. Seguendo, verso il basso, quella anteriore si raggiunge inevitabilmente la sua base
d'impianto. Ha un rapporto costante con il cieco avendo origine sempre sul suo versante mediale
ed inferiore subito sotto l'angolo ileo-ciecale. Anche questo costituisce un repere chirurgico
importante.
Ha grande mobilità per il fatto che il peritoneo, che la circonda completamente, ne fissa soltanto la
base e può essere ascendente, discendente (in poco meno del 50 % dei soggetti) verso la zona
genitale o urologica, laterale o mediale. Oggi la maggior parte di queste forme viene diagnosticata
e operata quasi subito, si può indagare con un esame ottico laparoscopico che ci permette di
avere una buona visione.

APPENDICITE

Fino all’800 veniva chiamata tiflite perché veniva attribuita al cieco, l’appendice non aveva
nemmeno dignità di organo. L'appendicite rappresenta una delle malattie più frequenti in assoluto
e la prima causa di addome acuto chirurgico. Colpisce entrambi i sessi a tutte le età, ma
soprattutto nella 2° e 3° decade di vita. Nei neonati a causa della larghezza del lume e della
scarsità di tessuto linfatico è piuttosto rara; così anche negli anziani in cui l'organo si presenta
abitualmente atrofico.
Negli anziani bisogna chiarire al meglio la patologia perché potremmo avere qualcosa di ostruente
che può dare origine a una lesione neoplastica che si può associare a un quadro appendicitico: in
questi casi oltre all’ecografia è bene fare una TAC.
Eziopatogenesi

Nella patogenesi dell'appendicite viene data molta importanza all’occlusione del lume, che ha un
calibro ridotto e quindi predisposto all’ostruzione. A tale ostruzione contribuiscono diverse cause:
- coproliti: piccole concrezioni fecali
- corpi estranei: noccioli, parassiti intestinali
- tessuto linfatico: per la caratteristica di questo tessuto di aumentare di volume per iperplasia
- adenomi e adenocarcinomi nel lume dell’appendice
- malposizione, compressione: da briglie aderenziali, da angolature fisiologiche, da tumori.

Vedete l’appendice tagliata, la superficie di taglio, l’ispessimento di questa struttura, sicuramente


a questo livello c’era un’ostruzione che ha determinato la progressione attraverso i vari momenti
fisiopatologici e anatomopatologici che fanno sì che l’appendice sia diventata eritematosa con
tanti piccoli vasi alla punta e con irritazione vascolare.

Anatomia patologica

La sequenza degli eventi può essere schematicamente così riassunta:

 Fase catarrale
In questa fase i tessuti diventano edematosi e congesti e il lume si riempie di secrezioni
mucose date dalle ghiandole mucipare delle cripte di Lieberkuhn. Si determina un aumento
della pressione esercitata sulle pareti del viscere. L'infezione è ancora circoscritta e il
peritoneo non è ancora coinvolto. L'appendice si presenta rossa, tumefatta, con i vasi
arteriosi dilatati e ben visibili. Questa è una forma che può anche recedere.

 Fase flemmonosa
La pressione esercitata sulle pareti provoca la trombosi dei vasi in esse contenuti con
formazione di micro-erosioni e piccole aree di necrosi attraverso le quali l'infezione si fa
strada raggiungendo lo strato esterno sieroso. L'organo si presenta molto congesto, di
colorito violaceo, spesso con la punta ingrossata, ricoperta di un essudato grigiastro. Il
coinvolgimento peritoneale è testimoniato da un essudato siero-purulento.
 Fase Gangrenosa
Corrisponde alla fase più avanzata della malattia in cui l’appendice assume un colorito
grigio verdastro e presenta ampie aree necrotiche e frequentemente perforate con
fuoriuscita di materiale purulento e fecaloide. Il peritoneo circostante che ha perduto il suo
colorito roseo e la sua normale lucentezza appare coperto di essudato denso
maleodorante e di membrane fibrinose.

Queste tre fasi non hanno tempi di evoluzione certi e non è raro vedere che un'appendicite acuta
esordisce direttamente con un quadro perforativo: appendicite acuta fulminante.
Sono tuttavia casi particolari, se qualcuno ha un sistema immunitario a zero oppure se è sotto
chemioterapia o c’è un particolare batterio; normalmente l’evoluzione può andare o in avanti o
regredire sotto terapia antibiotica.

Nell’andare avanti nel processo infettivo che viene antagonizzato dal nostro sistema, il primo ad
accorrere sul nostro focolaio infettivo è l’epiploon, definito lo spazzino dell’addome. Oltre a
questo c’è la conglutinazione delle anse: quando sentite parlare di aderenze non è altro che una
conglutinazione di anse che si dispongono una accanto all’altra. Inoltre talvolta si forma un
piastrone appendicolare palpabile a livello addominale che è una contenzione dell’infezione, si
avrà un’infezione di tipo saccato invece che una peritonite che evolve da localizzata a
generalizzata.

Sintomatologia

L'appendicite acuta può presentarsi con una


sintomatologia tipica, ma il più delle volte si presenta
con quadri clinici anche molto fuorvianti.

Dolore: è un sintomo sempre presente ma con caratteri


diversi e soprattutto con sede variabile. Alcune volte
l'appendicite può esordire con un dolore in
sede epigastrica o mesogastrica che successivamente si
localizza alla fossa iliaca destra, sua sede anatomica
normale. Altre volte il dolore è localizzato in sedi anche
molto distanti e può simulare una colica biliare o renale
destra o una patologia vescicale o ginecologica.
È un dolore che tiene il paziente fermo a letto, un paziente
che ha una peritonite non si muove, diversamente da un paziente con colica renale che ha un
continuo movimento per la ricerca di un decubito antalgico.

Nausea - Vomito - Anoressia: sono presenti in misura diversa e assumono scarsa rilevanza
diagnostica rispetto al dolore.
Disturbi dell'alvo: può essere presente sia diarrea che stipsi.
Febbre: di solito non è elevata con valori intorno ai 38 °C.
Diagnosi

Quando il quadro è classico si riconosce la positività del segno di McBurney, di Blumberg e di


contrattura di difesa che ci dicono che dobbiamo operare. Nei casi tipici la diagnosi di appendicite
non pone problemi particolari. Il riscontro di un dolore vago in sede epigastrica successivamente
localizzato in sede ileo-ciecale e accompagnato da anoressia, nausea e vomito depone per un
attacco acuto.
È importante anche l'alterazione contestuale di alcuni parametri di laboratorio. In particolare deve
essere presente una leucocitosi neutrofila significativa. L'entità dei valori che possono andare da
10-19.000 comunque non rispecchia sempre la gravità del quadro clinico, mentre valori >20.000
possono essere indicativi di una peritonite che è conseguenza della perforazione dell'organo.
Se ciò è sufficiente in circa l'80% dei casi, nel restante 20% il quadro clinico è meno chiaro e
richiede ulteriori valutazioni e il ricorso ad alcune indagini strumentali.
Escluse quelle endoscopiche e radiografiche con mezzo di contrasto per il rischio di perforazione
dell'appendice infiammata (ma anche del cieco), si rivelano utili le radiografie 'in bianco'
dell'addome, la TC e soprattutto l'ultrasonografia.

L'importanza di queste indagini non ridimensiona quella dell'esame clinico del paziente. La ricerca
della dolorabilità in alcuni punti specifici o la positività di determinate manovre può fornire
indicazioni importanti:

-Manovra di Blumberg: questa manovra consiste nel poggiare delicatamente le dita della mano
sulla parete addominale del paziente affondandola gradualmente (prima fase) e sollevandola poi
di colpo (seconda fase). Si dice positiva se il dolore che il paziente avverte durante la prima fase
della manovra è modesto e nella seconda fase aumenta di intensità diventando violento.

-Manovra di Rovsing: con le dita e il palmo della mano si esercita una pressione sull'addome a
livello della fossa iliaca sinistra. Quindi la mano viene spostata progressivamente verso l'alto a
comprimere il colon discendente. Se la manovra evoca dolore nella fossa iliaca destra si dice
positiva ed è un segno, incostante, di appendicite acuta.

-Manovra dello psoas: in questo caso la pressione viene esercitata in corrispondenza della fossa
iliaca destra mentre contemporaneamente viene sollevato l'arto del paziente, a ginocchio esteso.
Questa manovra comporta la contrazione del muscolo psoas che a sua volta preme sul cieco e
sull'appendice. Se l'organo è infiammato la manovra suscita dolore.

-Pressione su punti specifici: la pressione in corrispondenza del punto di McBurney è dolorosa in


caso di appendicite acuta. Quella nello scavo del Douglas, raggiungibile nella donna con una
esplorazione vaginale e nel maschio con quella rettale, suscita dolore vivo in caso di peritonite.

Bisogna quindi valutare i parametri clinici per scegliere il tipo di intervento, se chirurgico o meno, il
chirurgico non è sempre il più appropriato.
Alvarado Score

È stato proposto un sistema a punteggio clinico (conosciuto come Alvarado clinical score dal nome
del suo autore) che serve ad agevolare la diagnosi di appendicite. Esso è basato sul riscontro di
alcuni sintomi, segni e reperti di laboratorio ai quali viene attribuito un punteggio. Se la somma è
superiore a 7 la diagnosi viene confermata. Se inferiore a 5 è forte la probabilità che non si tratti di
appendicite. I punteggi intermedi tra 5 e 7 richiedono accertamenti ulteriori (TC).

Diagnosi differenziale
Evoluzione

L'eziopatogenesi dell'appendicite acuta prevede una serie di passaggi che portano dalla forma
catarrale alla forma gangrenosa. Tuttavia questa sequenza non è certa né è possibile prevederne i
tempi e le modalità, tanto che non sono infrequenti i casi di regressione spontanea o viceversa di
esordio della malattia direttamente con un quadro perforativo: appendicite acuta fulminante.
Infatti il materiale settico fuoruscito se incontrerà la barriera rappresentata dal piastrone rimarrà
circoscritto dando luogo a un ascesso saccato, in caso contrario inonderà il cavo addominale libero
con una conseguente e ben più grave peritonite generalizzata. L'appendicite con peritonite
generalizzata se non trattata chirurgicamente ha una evoluzione fatale. In caso di peritonite
circoscritta la prognosi rimane ugualmente sfavorevole ma con qualche eccezione legata ai
rapporti che il piastrone può contrarre con particolari organi: retto, vagina, vescica nei quali
può fistolizzare.
L’evoluzione si controlla con gli esami ematochimici e con il controllo clinico, se il controllo clinico
non basta, di nuovo ecografia.
In prima battuta si esegue sempre l’intervento in laparoscopia poi dopo si trasforma se il quadro
clinico è tale da non permettere il trattamento in garanzia per il paziente. Bisogna sempre operare
in condizioni di sicurezza per il paziente.
A rischio rimangono:

- la primissima infanzia
- la vecchiaia: non solo per l’età e il maggior rischio operatorio, ma anche per il discorso delle
neoplasie
- la gravidanza
- i casi che giungono tardivamente all'osservazione chirurgica. Può accadere infatti che una
sintomatologia atipica indirizzi verso patologie specifiche alternative (colecistite, cistite, colica
renale), ritardando la diagnosi esatta, oppure apra la possibile analogia con patologie neoplastiche
come nel caso di “massa” esito di ascesso periappendicolare.

Terapia

La terapia dell'appendicite acuta è esclusivamente chirurgica e l'orientamento attuale è quello di


intervenire precocemente. Nella fase diagnostica e poi in quella preparatoria all'intervento il
paziente può essere trattato con terapia infusionale con antibiotici, eventualmente posizionando
un sondino naso-gastrico e deve essere tenuto a digiuno.
L’intervento chirurgico è l’appendicectomia, che può essere eseguita con una tecnica tradizionale
“aperta” o con quella laparoscopica più recente.

Mucocele

Il mucocele è la distensione di una mucosa dovuta al lento accumularsi di secreto mucoso. In


ogni epitelio si può avere mucocele: seni paranasali, intestino, apparato genitourinario e così via.
Un mucocele si sviluppa lentamente e per questo può raggiungere dimensioni notevoli, rendendo
evidente la propria presenza magari proprio per una sintomatologia compressiva od ostruttiva.

Classificazione istologica:

- iperplasia mucosa senza atipia (formula migliore)

- cistoadenoma mucinoso, benigno

- cistoadenocarcinoma, forma tumorale maligna.

Lo si studia con l’ecografia e la TC. La risonanza


magnetica è utile se il mucocele contiene materiale fluido.

Il mucocele dell'appendice è una localizzazione abbastanza rara. Il 25% è asintomatico e scoperto


accidentalmente. Se si prospetta un intervento chirurgico, l'eventuale rottura può comportare
l’insorgenza di “pseudomyxoma peritonei”.

Il presente elaborato non è un documento ufficiale fornito dal docente, ma appunti estrapolati dalla lezione
che non intendono sostituire l’essenzialità della lezione stessa.

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