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OCCLUSIONE INTESTINALE

DEFINIZIONE

Per occlusione intestinale od ileo si intende l’arresto completo del transito del contenuto intestinale (sia feci che
gas) nel suo progredire in direzione cefalo-caudale.
E’ un evento che avviene in acuto, che si verifica in un paziente che prima non aveva problemi.

Va distinto dalla stipsi o stitichezza, condizione cronica caratterizzata invece da ridotta frequenza dell’alvo (meno di
3 evacuazioni a settimana) e disturbi addominali imputati ad una difficoltosa ed insufficiente evacuazione.

CLASSIFICAZIONE

L’occlusione intestinale può essere distinta, in base alla causa che la determina, in

 Meccanica (ileo meccanico): quando il mancato progredire del materiale intestinale è causato da un
ostacolo fisico, il quale

o Può risiedere all’interno del lume stesso (occlusione intraluminale)

o Può essere legato ad un’alterazione della parete intestinale (occlusione intramurale)

o Può risiedere all’esterno del lume, comprimendo un intestino di per sé normale (occlusione
extraintestinale)

Il 70% delle occlusioni meccaniche interessa l’intestino tenue.

L’occlusione meccanica può essere anche distinta in:

o Completa o Parziale, dove in quest’ultimo caso il decorso clinico sarà caratterizzato da episodi
subacuti o ricorrenti, oppure da un ritardo nella progressione intestinale (subocclusione intestinale)

o Semplice o Con strangolamento, dove in quest’ultimo caso si verifica la compromissione vascolare


dell’ansa occlusa.

 Funzionale (ileo paralitico): quando una paralisi della muscolatura intestinale rende inefficace l’attività
propulsiva.
La paralisi della muscolatura intestinale è mediata dal sistema adrenergico come conseguenza di un
meccanismo riflesso in risposta alle stimolazioni dolorose dei recettori peritoneali, stimolati a loro volta da
stati dolorosi di varia natura, ma anche dall’irritazione o dalla flogosi peritoneale.

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CAUSE

Le cause di ileo meccanico comprendono:

 Cause intraluminali

o Ingestione eccessiva di fibre (pz. fitobezoari), ingestione di capelli (pz. tricobezoari) od oggetti come
monete

o Corpi estranei rettali

o Grandi calcoli biliari provenienti da una comunicazione fistolosa tra colecisti infiammata e duodeno

o Fecaloma: massa fecale dura, compatta e disidratata che impegna l’ampolla rettale. Tipica di pazienti
anziani con stitichezza cronica.

 Cause di parete

o Diverticoli
o Cicatrizzazione di un’ulcera peptica
o Malattie infiammatorie croniche intestinali (Crohn e rettocolite ulcerosa)

o Tumori benigni (polipi) o maligni (carcinomi). Sono la causa più frequente tra le cause di parete e più
frequentemente si occlude il sigma a causa del suo lume più piccolo.

o Volvolo o torsione intestinale: consiste in una torsione assiale di


un segmento intestinale su se stesso o sul proprio mesentere che
produce un’ostruzione sia prossimale che distale del lume.
Colpisce più spesso i bambini, nei quali la peristalsi è accelerata.
Di solito interessa il tenue, dove evolve subito in occlusione acuta,
e il sigma, dove evolve invece in maniera subacuta. Il volvolo si
accompagna a rischio di necrosi ischemica del segmento
intestinale coinvolto.

Alcune situazioni anatomiche sono quasi invariabilmente presenti


nei soggetti che sviluppano un volvolo, così che la loro esistenza
può essere considerata un presupposto indispensabile:

- Un’ansa molto allungata con punti di fissazione


ravvicinati, così che l’origine prossimale e distale dell’ansa stessa risultano molto ravvicinate,
e spesso unite da tessuto fibroso sotteso al piede dell’ansa

- Accollamento incompleto al peritoneo parietale

- Meso troppo lungo o, al contrario, assente

o Invaginazione intestinale: è frequente nei bambini e tipicamente


coinvolge il tratto ileo-cecale; l’ileo, per un difetto di parete, si infila
dentro il cieco.

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 Cause extraluminali

o Aderenze e briglie postoperatorie (causa più frequenti nell’adulto) da interventi di appendicectomia,


ginecologici e pelvici.

- Le briglie sono cordoncini fibrosi che possono strangolare i segmenti intestinali o, fungendo
da perno, provocarne la torsione

- Le aderenze sono adesioni che si creano (in seguito ad una reazione infiammatoria) tra le
anse intestinali o tra un segmento intestinale e la parete addominale (ad esempio nei pressi
di una vecchia cicatrice).

o Ernia strozzata: per ernia strozzata si intende la fuoriuscita (e l’intrappolamento) di un viscere dal cavo
addominale peritoneale attraverso un orifizio preesistente.
Le ernie più frequenti sono quella inguinale (che coinvolge solo il peritoneo) e quella ombelicale.
All’occlusione può facilmente seguire necrosi ischemica del segmento erniato.

o Compressione da parte di masse addominali o ematomi, retroperitoneali, come cisti ovariche,


leiomiomi uterini, tumori e metastasi di vario tipo, pancreas anulare

o Laparoceli: erniazione con strozzatura di un segmento intestinale in una ferita chirurgica che può
comparire anche anni dopo l’intervento

Le cause di ileo paralitico sono rappresentate invece da:

 Coliche renali o biliari, che sono le cause più frequenti e che determinano un ileo paralitico riflesso

 Pancreatite acuta. L’edema ed l’infiammazione che coinvolgono il pancreas (che è retroperitoneale) finisco
con l’interessare anche i plessi nervosi splancnici, simpatici e parasimpatici.

 Intervento chirurgico che abbia comportato l’apertura della cavità peritoneale (ileo postoperatorio).
Va riservata molta attenzione ad un ileo postoperatorio persistente, perché questo stato può indicare una
sopravvenuta complicanza, per esempio una sepsi peritoneale, che richiede un immediato trattamento
specifico.

 Peritoniti, irritazioni ed infezioni peritoneali (in questo caso l’addome è difeso e non gonfio!)

 Traumi cranici e spinali, che causano un ileo paralitico di origine neurologica

 Alterazioni idroelettriche (ipokalemia, iponatriemia)

 Alterazioni metaboliche (chetoacidosi diabetica, alcalosi)

 Farmaci (narcotici, ganglioplegici...)

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COMPLICANZE DELL’ILEO MECCANICO

Lo strangolamento è la più grave complicanza dell’ileo meccanico, con una mortalità del 30%.

Lo strangolamento può essere dovuto a:

 Briglie aderenziali, generalmente postoperatorie, che sottese tra due parti fisse o poco mobili Incarcerano
un’ansa

 Ernia strozzata

 Volvolo

 Invaginazione

Lo strangolamento si produce quando in un’ansa, occlusa in entrambe le direzioni per l’esistenza di un’ostruzione a
monte ed a valle, si crea un ostacolo al deflusso venoso e conseguentemente una congestione venosa del
segmento interessato. Quest’ultimo fenomeno è seguito poi da spasmo arterioso e, quindi, da ipoafflusso: l’ischemia
che ne consegue conduce ad infarto, necrosi e, quindi, a perforazione della parete con peritonite e shock.
Sopraggiungendo la gangrena e la perforazione della parete, passa in peritoneo un liquame altamente ricco di batteri
e di loro prodotti tossici, che mette a rischio la vita del paziente.

Nello strangolamento si ha inoltre perdita di sangue e plasma nel “terzo spazio” dell’ansa chiusa, specie quando
l’ostacolo vascolare è prevalentemente venoso, che sottrae liquidi al compartimento vascolare, riducendo la volemia
e contribuendo quindi ad aggravare lo shock.

L’esistenza o il sopravvenire di strangolamento deve essere pertanto riconosciuta con la massima precocità e trattata
con urgenza.
La reazione di difesa e poi la rigidità della parete addominale, lo shock, l’ipotermia, il sangue occulto nelle feci sono
tutti segni caratteristici dello strangolamento, ma solo in fasi molto avanzate.

SINTOMATOLOGIA

Per quanto riguarda l’ileo meccanico, i sintomi più caratteristici sono rappresentati dalla triade alvo chiuso, vomito,
e dolore addominale.

 Alvo chiuso a gas e feci:

o Nell’occlusione completa si osserva una totale chiusura dell’alvo a gas e feci.


Può talvolta verificarsi la cosiddetta falsa canalizzazione, ovvero l’eliminazione di gas e feci come
risultato dello svuotamento della parte di intestino distale all’ostruzione, e non deve ovviamente
ingannare.

o Nell’occlusione non completa o non ancora completa, l’alvo può essere diarroico, perché solo feci
semiliquide riescono ad oltrepassare il segmento ostruito. In queste circostanze è tipico osservare,
con ricorrenza ciclica, giorni di stipsi seguiti da un episodio di feci non formate, o addirittura di
incontinenza. La diarrea nella patologia infiammatoria è, invece, solitamente continua.

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 Vomito: è il risultato dell’antiperistalsi, la quale insorge dopo che la normale peristalsi non riesce a superare
l’ostruzione.

o È tanto più precoce, costante, continuato ed abbondante quanto più l’occlusione è alta (piloro,
duodeno, digiuno). In questi casi il materiale vomitato è prevalentemente gastrico o biliare e può
rappresentare una efficace, anche se transitoria, decompressione.

o Quanto più l’occlusione è bassa, tanto più il vomito diventa meno frequente e più tardivo, di
colorito più scuro, maleodorante, fecaloide.

o Nelle occlusioni del colon distale il vomito è solitamente assente, anche se può presentarsi
tardivamente, qualora la distensione, agendo in senso retrogrado sulla valvola ileocecale, la renda
incontinente.

Come conseguenza diretta del vomito possiamo avere modificazioni dell’equilibrio idroelettrolitico ed
acido-base:

o Nell’ostruzione pilorica, a causa del vomito abbondante e ripetuto, si perdono grandi quantità di ioni
K+ e H+. Inizialmente il rene trattiene ioni+ ma, aumentando l’ipopotassiemia, questo compenso
diventa insufficiente e si instaura progressivamente una alcalosi metabolica.

o Nell’ostruzione duodenale la perdita prevalente di succo alcalino porta ad una acidosi metabolica,
compensata parzialmente da un’aumentata escrezione di ioni H+ e di CO2 da parte di reni e
polmoni; si instaura, inoltre, una deplezione di ioni Na+ e K+. La grave iponatriemia e
ipopotassiemia che ne deriva può raggiungere livelli tali da produrre, rispettivamente, confusione
mentale fino al coma o aritmia cardiaca fino all’arresto.

o Nelle occlusioni del colon, essendo il vomito assai più incostante, e comunque tardivo, le perdite
idroelettrolitiche sono molto meno significative, e pertanto raramente incidono sull’equilibrio
idroelettrolitico.

In linea generale si può dire che quanto più l’ostruzione è prossimale tanto più è grave lo squilibrio acido-
base che ne deriva, mentre quanto più l’ostruzione è distale tanto più è grave lo squilibrio idroelettrolitico.

 Dolore addominale:

o Nell’ occlusione pilorica e duodenale il dolore è intermittente, localizzato nella regione epigastrica,
e viene più frequentemente riferito come sensazione dolorosa più che crampiforme.

o Nell’occlusione della porzione media del tenue e, meno costantemente, del tenue distale, il dolore
è tipicamente crampiforme con un caratteristico crescendo fino all’acme, per poi recedere fino
all’intervallo libero (circa 5 minuti) prima della colica successiva.

o Nelle occlusioni del colon il dolore è solitamente meno intenso, più sordo e profondo, talora diffuso
o, a seconda della sede dell’ostruzione, localizzato all’ipogastrio o alla fossa iliaca sinistra. Quando
diventa molto intenso e persistente e si associa a reazione di difesa muscolare della parete
addominale, si deve fortemente sospettare il sopraggiungere di strangolamento o di perforazione.

 Distensione addominale: è assente o poco significativa nelle occlusioni alte.


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Diventa via via più importante nelle occlusioni dell’ileo distale e del colon, raggiungendo i massimi livelli in
alcune forme ostruttive del colon distale (neoplasie del sigma e del retto, volvolo del sigma).
In questi ultimi casi, qualora la valvola ileocecale mantenga la propria continenza, si verifica un progressivo e
rapido aumento della pressione endoluminale nel tratto che va dalla sede dell’ostruzione al cieco; in
quest’ansa chiusa la pressione aumenta enormemente, anche per il riversarsi del contenuto idroaereo
dall’ileo.
Per effetto dell’innalzamento pressorio, che produce anche una compromissione della circolazione
sanguigna, la parete va incontro facilmente a necrosi e si perfora, con caratteristiche simili a quelle di una
perforazione prodotta da un proiettile, solitamente a livello della porzione antimesenterica del bassofondo
cecale, dove, essendo maggiore il raggio, si esercita la pressione maggiore.

 Ipovolemia: nell’intestino in condizioni normali si riversano 8-10 litri giornalieri di secrezioni: nell’occlusione
intestinale da 5 a 9 litri di liquidi possono essere persi nel lume intestinale, nella parete intestinale e nella
cavità peritoneale. Queste perdite, a cui si aggiungono quelle attraverso il vomito o l’aspirazione mediante
sondino naso-gastrico, producono uno stato di ipovolemia e di emoconcentrazione e, qualora non
adeguatamente trattate, conducono ad insufficienza renale e morte.

 Febbre: può essere presente anche nell’occlusione semplice, se questa è secondaria a patologia
infiammatoria (diverticolite, cancro-ascesso, malattie infiammatorie granulomatose); a parte queste
circostanze, però, è solitamente sospetta per l’insorgenza di fenomeni di strangolamento o di
perforazione. Il passaggio ad una fase di ipotermia può significare l’esistenza di una grave iponatriemia o
l’insorgenza di uno shock settico e deve essere considerata come sfavorevole evoluzione prognostica.

Per quanto riguarda l’ileo paralitico, i sintomi più caratteristici sono rappresentati da:

 Nausea, a causa della stasi gastrica, fino al vomito, qualora si alimenti ancora.
 Chiusura dell’alvo
 Distensione
 Dolore: solitamente meno intenso e meno localizzato che nell’ostruzione meccanica.

ESAME OBIETTIVO

1. Ispezione: a causa dell’occlusione l’addome si presenta gonfio, disteso, dolente e dolorabile. Possono
essere viste anche ernie e laparoceli.

2. Palpazione: l’addome è dolorabile ma non difeso come invece è nella peritonite (non c’è contrattura, è
elastico). A volte può essere presente un punto doloroso fisso.

3. Percussione: alla percussione il suono sarà ipertimpanico a causa dell’aumentato contenuto d’aria

4. Auscultazione:
 In caso di ileo paralitico scompaiono i borborigmi (“silenzio sepolcrale”)
 In caso di ileo meccanico si potranno ascoltare inizialmente rumori metallici da aumentata
peristalsi, poi il silenzio.

ESAMI DI LABORATORIO

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 La leucocitosi (da 10.000 a 18.000/mm3) è presente in circa un terzo dei pazienti con occlusione; quando
supera i 18.000/mm3 può indicare l’insorgere di fenomeni di compromissione vascolare nell’ansa ostruita.

 L’ematocrito è solitamente aumentato, in grado variabile in rapporto al tipo, alla sede ed alla durata
dell’occlusione.

 Sono presenti i deficit elettrolitici conseguenti alle perdite all’esterno e/o nel lume stesso e dipendenti,
come già detto, dal livello dell’ostruzione.

 L’equilibrio acido-base potrà mostrare un’alcalosi metabolica, a seguito di grosse perdite di succo gastrico
nell’ostruzione pilorica, o un’acidosi metabolica, per la perdita e il sequestro di succo alcalino nell’occlusione
duodenale o digiunale alta.

 Per effetto di enormi distensioni gassose, specie del colon trasverso nelle occlusioni del sigma e del retto, si
può osservare una sopraelevazione degli emidiaframmi, con conseguente difficoltà respiratoria ed anche
acidosi respiratoria (aumento della pCO2)

 Aumento dei livelli dell’amilasemia e della latticodeidrogenasi nel sangue sono di frequente riscontro per
assorbimento ematico retrogrado, ma ancor più nello strangolamento quando gli stessi, attraverso la parete
intestinale lesa, si riversano nella cavità peritoneale e quindi vengono riassorbiti.

ESAMI STRUMENTALI

 Radiografia diretta dell’addome: nell’ileo meccanico, a differenza di quello paralitico, la radiografia diretta
dell’addome (a paziente in piedi) mostra livelli idroaerei, dovuti al fatto che l’intestino occluso si distende e
l’aria va sopra mentre la componente liquida resta sotto.

Lo studio radiografico va completato con uno studio della base toracica per la ricerca di aria libera
sottodiaframmatica (= presenza di perforazione).

o La presenza di multipli livelli idroaerei concentrati nei quadranti centrali dell’addome, nonché
l’assenza di gas nel colon sono indicativi di occlusione dell’intestino tenue.

o Nelle occlusioni del colon, la porzione a monte appare assai distesa dal gas, che si arresta subito a
monte dell’ostruzione.

o Nell’occlusione secondaria ad ostruzione endoluminale da calcolo biliare (ileo biliare) l’esame


dell’addome può rivelare la presenza di aerobilia, conseguenza della fistola bilio-digestiva, ed anche
il calcolo radiopaco responsabile dell’occlusione.

 Esami endoscopici:

o Gastro-duodenoscopia: utile nelle occlusioni gastriche, piloriche e duodenali. Può offrire importanti
elementi diagnostici di sede e natura, specie qualora la radiologia non abbia offerto elementi
sufficienti

o Retto-sigmoidoscopia con strumento rigido o la colonscopia a fibre ottiche: possono essere


utilmente impiegate nei casi di occlusione colica, in particolare nei casi nei quali si associ
sanguinamento per via rettale, quando vi sia il sospetto di una malattia infiammatoria del colon o d
una neoplasia o, infine, quando gli altri esami non abbiano risolto i dubbi diagnostici.

In alcune situazioni l’endoscopia è indicata per il suo ruolo terapeutico:


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- Permette l’asportazione di corpi estranei che siano causa di ostruzione

- Consente di derotare un volvolo, grazie all’azione meccanica di introduzione dello


strumento e di insufflazione di aria

- Nelle forme paralitiche o pseudostruttive favorisce la decompressione dell’intestino


consentendo la fuoriuscita di gas.

L’ecografia non serve a nulla, dato che nell’occlusione c’è aria.

TERAPIA

La diagnosi differenziale tra ileo meccanico e ileo paralitico è l’obiettivo principale dell’esame clinico, poiché
contrariamente all’ileo meccanico, l’ileo paralitico non richiede di per sé una terapia chirurgica.

Il trattamento comune a tutti i pazienti con occlusione intestinale, da instaurarsi già nel corso degli accertamenti
diagnostici, comprende:

 Monitoraggio delle funzioni vitali (polso, pressione arteriosa, temperatura cutanea e rettale, diuresi oraria)

 Correzione dello squilibrio idroelettrolitico e volemico

 Decompressione intestinale:

o Un sondino naso-gastrico di grosso calibro è utile per decomprimere ad esempio lo stomaco,


riducendo il vomito e quindi la possibile patologia respiratoria ab ingestis, e per rimuovere l’aria
deglutita che distenderebbe lo stomaco ed il tenue.

o Si può ricorrere anche a sondini più lunghi in grado di raggiungere e decomprimere tratti intestinali
distali al duodeno.

o Nei pazienti con occlusione da volvolo del sigma, la decompressione può essere attuata per via
transanale con un tubo di calibro adeguato introdotto attraverso il retto-sigmoidoscopio.

Per quanto riguarda la terapia chirurgica, l’accesso chirurgico avviene per via addominale, solitamente mediana, a
meno che precedenti interventi non suggeriscano altre opportunità particolari.

L’unica eccezione alla via laparotomica è rappresentata dalle occlusioni causate dalle ernie inguinali o crurali, che
vanno trattate mediante l’accesso abituale a questa patologia.

 Occlusioni del tenue: le briglie eventualmente presenti dovranno essere sezionate, le anse verranno liberate
da aderenze occludenti, i segmenti intestinali gangrenosi, o non vitali, o interessati da neoplasie o stenosi
per patologia infiammatoria saranno resecati. I calcoli ostruenti possono essere fatti progredire
manualmente nel colon o, se non superano così la valvola ileocecale, rimossi mediante enterotomia.
Completate queste procedure, può verificarsi frequentemente la necessità di decomprimere l’intestino
disteso e dilatato, per potere riporre le anse e suturare la parete addominale.

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 Occlusioni del colon destro: fra le cause di ostruzione del colon destro prevalgono di gran lunga le neoplasie
e questo dato influenza le scelte terapeutiche. La resezione del segmento colico occluso (emicolectomia
destra) e l’ileo-trasversostomia in un unico tempo, devono essere considerate l’intervento di scelta nei
pazienti in condizioni generali ragionevolmente buone. Solo nei pazienti in condizioni gravi, o in presenza di
perforazione e peritonite, può essere più conveniente intervenire in 2 tempi resecando il segmento
interessato dalle lesioni e praticando una diversione completa del contenuto intestinale mediante ileostomia
terminale ed esteriorizzazione del colon prossimale. Nel corso di un successivo intervento si provvederà a
ristabilire la continuità ileocolica.
Qualora la lesione risulti non resecabile, sarà necessario eseguire un bypass dell’ostruzione, praticando
un’anastomosi latero-laterale tra l’ileo ed un segmento colico distale all’occlusione stessa.

 Occlusioni del colon sinistro: il fine primario è quello di decomprimere il colon, di evitare una possibile
perforazione a monte e, se possibile, di trattare in maniera corretta e definitiva la patologia che ha prodotto
l’ostruzione. L’occlusione anche nel colon sinistro, nella grande maggioranza dei casi è causata dalle
neoplasie.
Questo tipo di ostruzione può essere affrontato con un approccio tradizionale, incentrato sulla creazione
immediata di una enterostomia, oppure con un atteggiamento più aggressivo, che invece vuole evitarla,
mirando a resecare e ricostruire il colon nello stesso primo intervento.
L’evidenza che la mortalità e la morbilità operatoria è significativamente più alta nei pazienti trattati in
urgenza per occlusione che nei pazienti operati in elezione per la stessa patologia senza occlusione, ha spinto
a studiare le possibilità di ricanalizzare non chirurgicamente il tratto ostruito per poter poi operare il paziente
in condizioni elettive. Le metodiche impiegate a questo scopo sono state la ricanalizzazione con laser, la
dilatazione con pallone ed il posizionamento di protesi. Tra queste, attualmente la più utilizzata è la protesi
metallica autoespandibile, il cui uso, originariamente disegnato per il trattamento palliativo definitivo in
situazioni di cancro stenosante non resecabile, è stato successivamente esteso a risolvere l’episodio occlusivo
per trasformare in elettivo un intervento altrimenti urgente. Sebbene i risultati anche con questa seconda
indicazione sembrino promettenti, questa metodica non è priva di complicanze (perforazione, dislocazione
della protesi ecc.) e non sono noti eventuali effetti sfavorevoli dal punto di vista oncologico.

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