Sei sulla pagina 1di 11

TRAUMI ADDOMINALI

(Marmorale)
I traumi addominali possono essere distinti in:

 TRAUMI CHIUSI (contusioni): si verificano per

o Brusca decelerazione (incidenti automobilistici, cadute con impatto su superfici dure, ecc…)
o Impatto con corpi contundenti
o Percosse

I traumi chiusi si distinguono in:

o Parietali (ematomi della parete da lesione dei vasi epigastrici)


o Viscerali (con interessamento di parenchimi, strutture vascolari o organi cavi)

La milza è l’organo più frequentemente interessato , seguita da fegato e reni.


Milza e fegato sono gli organi addominali parenchimatosi che si rompono più facilmente a causa della loro
consistenza e posizione:

o Non sono molto difesi eccetto che per l’arcata costale che nel trauma non è più una nicchia di
protezione, perché la rottura di una costa può determinare la lacerazione dei parenchimi

o Ammortizzano poco il colpo rispetto agli organi cavi, dove invece la mobilità, la struttura e la
consistenza li rendono più permissivi nei riguardi del trauma.

Lesioni della milza, del fegato e dei loro peduncoli vascolari portano ad emoperitoneo e ad un grave shock
emorragico!

Pancreas e organi cavi sono invece li organi meno frequentemente coinvolti nel trauma.
Perché il pancreas è meno frequentemente coinvolto nel trauma?

o Perché il trauma sul pancreas prevede una manovra particolare che è quello del manubrio della
bicicletta o del volante, cioè una compressione immediata sulla colonna vertebrale proprio a livello
mesogastrico. Per questo motivo, gravi lesioni del pancreas sono generalmente associate a
fratture con spostamento di frammenti delle prime vertebre lombari

o Perché è un organo piccolo.

Però purtroppo bisogna sempre sospettarlo in alcuni traumi perché il trauma del pancreas non è come
quello del fegato: tutt’altra cosa, tutt’altra mortalità, tutt’altra importanza.
Lesioni dei reni, del pancreas e dei rispettivi peduncoli vascolari generano vasti ematomi retroperitoneali.

 TRAUMI APERTI (ferite): gli agenti lesivi sono per lo più rappresentati da lame o da proiettili di arma da
fuoco. I traumi aperti si distinguono in:

o Penetranti
o Parietali

Mentre nei traumi chiusi la lesione splenica è quella che ricorre con maggiore frequenza, nei traumi aperti è
il fegato l’organo più frequentemente colpito, seguito dall’intestino.
In caso di eviscerazione, non va effettuata alcuna manovra di riposizionamento dei visceri all’interno della
cavità addominale, ma ci si deve limitare a proteggerli con un telo sterile umidificato da soluzione fisiologica
Pag. 1 di 11
ESAME OBIETTIVO DELL’ADDOME

Si attua dopo aver spogliato completamente il pz, prevenendone l’ipotermia. Consiste in:

 Ispezione dell’addome, alla ricerca di ecchimosi, ematomi, abrasioni, ferite.

 Palpazione dell’addome, attraverso cui si valuta la presenza di dolorabilità e tensione della parete.

o Il dolore causato dal brusco rilascio della pressione esercitata dalla mano esploratrice (segno di
Blumberg) depone per irritazione peritoneale.

o La presenza di dolorabilità, mobilità preternaturale o di rumore di scroscio alla palpazione delle basi
degli emitoraci, deve far sospettare la presenza di lesioni degli organi addominali da fratture costali.

o Il rilievo di un’anomala mobilità alla palpazione del bacino, in corrispondenza delle ali iliache e del
pube, deve far sospettare la presenza di una frattura pelvica

 Percussione, attraverso cui si valuta l’eventuale scomparsa delle aree di ottusità epatica e splenica, segno di
perforazione di visceri cavi e la presenza di versamenti endoperitoneali mobili = emoperitoneo (“segno
dell’ottusità mobile”)

 Auscultazione, attraverso cui si valuta la presenza o meno di peristalsi.

L’EO deve essere completato con l’esplorazione rettale e vaginale, cercando eventuali segni di versamento
all’interno della cavità addominale.

ITER NEI TRAUMI ADDOMINALI CHIUSI

L’ iter diagnostico in un paziente che ha un trauma addominale chiuso prevede l’arrivo in pronto soccorso e poi i tre
accertamenti diagnostici di primo livello:

 RX TORACE
 RX ADDOME-BACINO
 ECO-FAST

Se l’eco-fast è negativa (= non c’è emoperitoneo) il paziente va per la diagnostica approfondita di altri distretti;
se invece c’è emoperitoneo, il paziente può presentarsi stabile o instabile.

 Se è stabile possiamo proseguire verso una diagnostica più raffinata.

La TAC con m.d.c potrebbe metterci in evidenza la frattura di un organo parenchimatoso ma potrebbe anche
metterci in evidenza un sanguinamento arterioso attivo in quel momento.

o Se non c’è perdita di m.d.c. avviamo il paziente al TNO (trattamento non operativo)

o Se c’è perdita di m.d.c. (il cosiddetto “contrast blush”) avviamo il paziente in radiologia
interventistica dove possiamo raggiungere per via arteriografia ed embolizzare la sede del
sanguinamento (es. possiamo agire sulla componente arteriosa di un sanguinamento epatico
riducendo la sua perdita). In questo modo, paziente stabile o appena stabile può diventarlo per
lungo tempo, può migliorare nel senso che può non essere avviato a nessuna procedura chirurgica;
questa è sicuramente una cosa nuova che stiamo facendo nei traumi dell’addome. Ovviamente
questa procedura può essere riservata anche ad altri distretti sanguinanti, come ad esempio il bacino
in causa di trauma.

Pag. 2 di 11
Ricordate che la componente venosa di un sanguinamento è sempre a basso flusso e tende a
tamponarsi con i grossi ematomi, cosa che invece l’arteria, specie se di grosso calibro, non fa. Quindi
quando in un grosso trauma correggiamo la componente arteriosa guadagno tantissimo,
guadagniamo in stabilità, in recupero e, anche se nei giorni successivi c’è ancora un modesto
sanguinamento venoso, questo non inficia assolutamente su un decorso favorevole del paziente.

 Se è appena instabile possiamo renderlo stabile con un infusione rapida di ringer lattato e plasma expander.

 Se invece non è stabile e non lo diventa neanche dopo l’infusione il paziente va in sala operatoria.

TRAUMA EPATICO
Il trauma epatico può verificarsi in caso di traumi all’emitorace inferiore destro o ipocondrio destro (spesso
associati a fratture delle ultime coste e lesioni renali)

E’ più spesso interessato l’emifegato destro.

CLASSIFICAZIONE DELLE LESIONI EPATICHE IN BASE ALLA GRAVITA’

 BENIGNE (70%)
o Ematomi sottocapsulari con diametro < 10 cm
o Rotture capsulo-parenchimali profonde < 3 cm

 MODERATE (20%)
o Ematomi sottocapsulari con diametro > 10 cm
o Rotture capsulo-parenchimali profonde > 3 cm

 GRAVI (10%)
o Distruzione di un settore epatico
o Ematoma centrale massivo
o Lesioni vena cava inferiore retroepatica
o Grosse lesioni vene sovraepatiche
o Rottura peduncolo epatico (ECCEZIONALE!)
CLINICA

 Sindrome emorragica (di grado variabile, da discreta a gravissima)


 Emo-coleperitoneo (in caso di sovrainfezione si possono verificare ascessi subfrenici)
 Emobilia traumatica (può essere asintomatica o determinare una gravissima anemia)

TRATTAMENTO NON OPERATIVO (TNO) PER IL TRAUMA EPATICO

Nel trauma epatico fino alla fine degli anni 80’ il trattamento di scelta era l’intervento chirurgico, quindi
l’emoperitoneo da rottura di fegato era curato solo con intervento chirurgico.
Ma la mortalità era alta ed era sempre imputata al trauma, perché il trauma era importante, anche oggi ci sono
traumi importanti ma la mortalità si è abbassata. E il perché ve lo spiego.

Già nel 1908 Pringle disse che non era proprio detto che tutti i traumi dovessero essere operati, perché c’erano alcuni
traumi epatici tendevano a risolversi da soli; quindi aveva detto che forse le piccole lacerazioni piuttosto che le grandi
potevano anche non essere necessariamente operate. Con il tempo chi si occupava di traumi epatici ebbe la
conferma di ciò. Ci sono stati diversi pazienti che arrivati nel tavolo operatorio e aperti alla laparotomia avevano il

Pag. 3 di 11
sanguinamento della lesione epatica che si era arrestato. Perché sono diversi i fattori che agiscono: l’ematoma,
l’abbassamento di pressione, la cospicua vascolarizzazione venosa piuttosto che arteriosa.
Oltre l’85% dei traumi del fegato possono avvalersi del TNO. Ciò ha cambiato e migliorato la sopravvivenza!

Ogni volta che si interviene chirurgicamente, si mobilizza il fegato in modo da avere la possibilità di governare le
maggiori fonti di emorragia (la cava, le sovra epatiche e l’ilo) e poter poi resecare e suturare la lesione. Per
mobilizzare il fegato e per andare a cercare con sicurezza la fonte del sanguinamento facciamo perdere anche altro
sangue, a causa della manovra chirurgica stessa; quindi paradossalmente possiamo aggravare una situazione che è
già grave. Ovviamente questo gesto lo riserviamo a chi in nessuna altra maniera può essere avviato al TNO.

Indicazioni al TNO per il trauma epatico:

 Stabilità emodinamica, in base alla possibilità che abbiamo di ripristinare rapidamente un volume circolante.
È ovvio che un con infusione rapida di 2 l di liquido mantengo la pressione e abbasso la frequenza; ma
ovviamente il ringer lattato e i plasma expander non sono sangue, per cui sull’ossigenazione possono fare
poco; eventualmente se la perdita è cospicua a questo gesto dovrà seguire una trasfusione.
Il paziente potrebbe anche avere un cospicuo emoperitoneo ma essere emodinamicamente stabile; questa
stabilità ci aiuta a decidere di intraprendere un TNO e monitorare il paziente; ciò significa andare avanti con
le indagini e fare una TC con m.d.c..
Se la tc ci mette in evidenza una piccola perdita arteriosa (un blush, ovvero una perdita di m.d.c. in fase
arteriosa), seppur stabile, potremmo risolvere quest’ultima mediante embolizzazione, avvalendoci della
radiologia interventistica.
La radiologia interventistica essendo una radiologia ad alto costo, non sta in tutti gli ospedali ma non può
non esserci in quelli che hanno un DEA di secondo livello.

 Stretto monitoraggio dei parametri emodinamici del paziente (FC, PA, diuresi, FR, Hb) come se fossimo in
una terapia semintensiva

 Possibilità in ogni momento di convertire il TNO in un intervento chirurgico d’urgenza: la deve essere in
grado di cambiare strategia in qualsiasi momento, per cui deve essere h24 ed in grado di allestire una sala
operatoria in pochi minuti.
Si può passare alla procedura chirurgica d’urgenza perché magari il pz ha cambiato le sue condizioni, c’è
ipertensione, il pz non è più stabile, oppure ci è venuto il dubbio che al trauma del fegato sia associato la
perforazione di un viscere cavo; quest’ultima è una delle condizioni che ci fa cambiare immediatamente
strategia; e come ce ne accorgiamo? L’addome è difeso e non è più trattabile!

TRATTAMENTO CHIRURGICO D’URGENZA

 Packing
 Sutura emostatica
 Resezioni epatiche
 Trattamento lesioni vascolari

Pag. 4 di 11
TRAUMA SPLENICO
La milza viene coinvolta da traumi all’emitorace inferiore sinistro o ipocondrio sinistro (spesso associati a fratture
delle ultime coste).

La splenomegalia (leucemia, fibrocongestizia, malarica, mononucleosica, etc.) è una condizione predisponente o


aggravante il trauma splenico.

TIPI DI LESIONE NEL TRAUMA SPLENICO

 Ematoma (da piccolo, sottocapsulare a voluminoso, intrasplenico)


 Lacerazione capsulare
 Lacerazione capsulo-parenchimale
 Distacco di frammenti di parenchima
 Avulsione dal peduncolo

La rottura in 2 tempi è l’evenienza più temibile: Questa può avvenire per:

 Lento accrescimento di un ematoma sottocapsulare con distensione della capsula fino alla sua rottura
 Ripresa dell’emorragia, precedentemente arrestata per spasmo vasale, ipotensione, trombosi
 Rottura di un ematoma intrasplenico

TRATTAMENTO

Nel trauma splenico, l’intuizione di non dover sempre e comunque operare, è avvenuta anche prima (anni 80’),
poiché la splenectomia aveva portato, nei soggetti giovani, ad aumento rischio infezioni ed inoltre, anche qui, molte
emorragie si arrestavano spontaneamente.

Il paziente instabile può tornare stabile se abbiamo una risposta all’infusione di 2l di ringer lattato:

 Se non abbiamo la risposta il paziente rimane instabile e diventa chirurgico

 Se invece il paziente è stabile può arrivare a fare esami di secondo livello come la TC ed avere una
classificazione della sua lesione.

La classificazione TC delle lesioni spleniche prevede 5 gradi in base all’ematoma e alla lacerazione, che sono due
concetti diversi:

 L’ematoma splenico prevede la contusione del parenchima con sanguinamento intracapsulare

 La lacerazione prevede la lacerazione della capsula.


La lacerazione si associa quasi sempre ad emoperitoneo mentre l’ematoma splenico da solo potrebbe non
avere il corrispettivo di emoperitoneo. Da solo l’ematoma non c’è mai, la capsula si lacera molto
frequentemente; al massimo la lacerazione può essere più contenuta rispetto alla vastità dell’ematoma che
coinvolge il parenchima, questo sì.

Pag. 5 di 11
In dettaglio:

 Se il paziente è emodinamicamente instabile va subito in sala operatoria per un trattamento chirurgico


conservativo o per una splenectomia.

 Se il paziente è stabile o stabilizzato dalla sommistrazione di liquidi e riesce a fare una TAC:

o Se alla TAC abbiamo evidenza di una perdita di mezzo di contrasto in fase arteriosa possiamo optare
per l’embolizzazione trans catetere.
Sicuramente il paziente che ha subito embolizzazione ha poi un follow-up con TC nei giorni successivi
per controllare che l’emorragia si sia arrestata e che l’embolizzazione non abbia recato altri danni in
quella sede.

o Se alla TAC non si evidenzia perdita di m.d.c optiamo per il TNO.


Anche per i traumi splenici, le indicazioni per il TNO sono le stesse dei traumi epatici: è il trattamento
di scelta per i pazienti emodinamicamente stabili e anche qui ci deve essere la possibilità di stretto
monitoraggio e la possibilità di cambiare strategia in qualsiasi momento il paziente cambi le sue
condizioni emodinamiche.

Possiamo trovarci di fronte ad un fallimento del TNO, con necessità di intervento chirurgico
d’urgenza. Le cause possono essere:

 Instabilità emodinamica: il motivo principale!


 Patologia splenica preesistente (splenomegalia, grosse lesioni spleniche ecc.
 Età del paziente > 55 anni (l’età del paziente non deve essere un fattore che da solo ci fa
scegliere, però in condizioni di instabilità ci può aiutare a decidere)
 Grado di lesione splenica

TRAUMA PANCREATICO
Il trauma del pancreas è più raro e molto più grave! Ha alta mortalità (9-34%) e alta morbilità (30-60%).
Il perché è facile da capire, il trauma è una delle cause di pancreatite.

È un trauma che va sempre sospettato perché a volte è subdolo come esordio e poi di solito non è mai da solo (può
essere associato a rottura di fegato, rottura di milza, emoperitoneo, rottura costale..).
Guardate sempre il pancreas, sia che facciamo un TNO, sia che il paziente venga operato, perché a volte una
contusione, un ematoma che coinvolge il pancreas, anche se inizialmente non importante, può mostrare la gravità
nei giorni successivi e quindi avere la perdita di succo pancreatico nei tessuti adiacenti, e ciò cambia la vita al
paziente.

Spesso la diagnosi è tardiva (dopo 5-6 gg dal trauma) e questo comporta tassi di mortalità e morbilità 6 volte
maggiori rispetto ad una diagnosi precoce fatta nelle prime 24h.

La prima segnalazione di trauma pancreatico risale alla fine dell’800. Sicuramente in questi ultimi anni con la TC ed
altre metodiche si è fatto il salto di qualità arrivando al riconoscimento di lesioni molte piccole come le piccole lesioni
del dotto di Wirsung.

Pag. 6 di 11
EPIDEMIOLOGIA

Il trauma pancreatico rappresenta il:

 2% dei traumi addominali


 10% delle ferite penetranti addominali
 5%d ei traumi addominali chiusi

MECCANISMO D’AZIONE

Il pancreas può essere interessato da un trauma penetrante oppure da traumi addominali chiusi.
Nel trauma chiuso ci sono alcuni traumi come quelli trasversali, in cui il pancreas è coinvolto più di altri organi, cioè
quando la ghiandola è compressa contro la colonna vertebrale.

La parte maggiormente coinvolta è la regione testa-corpo, quindi la regione dell’istmo pancreatico.

Il trauma può danneggiare il pancreas perché può sezionarlo oppure perché dà una contusione; quindi o la
lacerazione o l’ematoma, così come per gl’altri parenchimi.
La diversità è la possibilità di liberare succo pancreatico e quindi avere danni successivi (pancreatite acuta!).

Gradi di contusione (sec. Kinnard):

 Contusione parenchimale (edema)


 Lacerazione capsulo-parenchimale (emorragia)
 Sezione completa (possibile rottura vasi splenici)

In alcuni casi, la tensione retroviscerale che si verifica in seguito al trauma, porta alla stimolazione del plesso
celiaco con shock neurogeno importante

Nella stragrande maggioranza dei casi è un trauma che non avviene da solo, perché la ghiandola è troppo piccola,
troppo posteriore affinché avvenga da solo; di solito è associato a traumi di parenchimi più grandi.

FATTORI PROGNOSTICI PIÙ IMPORTANTI

 Stato del dotto di Wirsung

 Tempo intercorso tra danno e suo riconoscimento

CLINICA

E’ difficile avere una clinica chiara: a volte compare un dolore epimesogastrico che può fare da spia per un
coinvolgimento pancreatico.

Quindi deve rimanere alto l’indice di sospetto nei traumi chiusi dell’addome, soprattutto se abbiamo delle
contusioni nella fascia trasversa dell’addome oppure se compare un dolore epigastrico che ci sembra un po’
sproporzionato rispetto all’entità del trauma che il paziente ha subito.

LABORATORIO

Le amilasi si possono muovere, ma se poi non si muovono non sono un indice attendibile.

Pag. 7 di 11
DIAGNOSI STRUMENTALE

 La TAC È abbastanza sensibile nella visualizzazione della frattura diretta del parenchima, nella contusione,
nella irregolarità del margine; ma soprattutto ci può indicare se c’è una raccolta peripancreatica, se c’è un
imbibizione, se c’è un ematoma retroperitoneale.
Purtroppo a volte tutto questo non c’è, oppure è così sfumato da non percepirlo!

 ERCP con studio del dotto di Wirsung: in caso di TAC non chiara, è l’esame che meglio di tutti ci può mettere
al riparo oppure confermare il danno ricevuto dalla ghiandola pancreatica e soprattutto dal dotto di Wirsung.
Nel caso ci dovesse confermare la presenza di un danno è possibile anche fare un trattamento conservativo.
Quindi sospettarlo precocemente, identificarlo precocemente può voler dire trattare il pancreas in maniera
conservativa; ovviamente non è facile, non è sempre possibile però è descritto.

 RM / pancreatografia in RM

TRATTAMENTO

Il trattamento è molto spesso operativo e più raramente non operativo (TNO).

 Se il trauma è modesto e non c’è una lesione del Wirsung è possibile fare un TNO drenando all’esterno (per
via percutanea) la raccolta pancreatica.

 Se la ERCP evidenzia un danno carico del dotto di Wirsung è possibile mettere uno stent, un tutore al suo
interno per chiudere la lacerazione e permettere la riparazione spontanea

 Se il danno pancreatico è grave ed esteso bisogna intervenire chirurgicamente per eseguire una
asportazione della porzione di pancreas lacerato. Se c’è una lesione importante della ghiandola pancreatica
che coinvolge anche testa può a volte rendersi necessario una duodenocefalopancreasectomia (in regime
d’emergenza è una situazione critica!)
Non crediate che sia semplice dover aprire un paziente con un trauma del pancreas in cui magari c’è anche
un ematoma retroperitoneale e in cui il trauma contusivo del parenchima ghiandolare ci permette con
difficoltà di identificare la lesione. Molto spesso dobbiamo togliere una parte di pancreas o fare
un’anastomosi della parte lacerata con un’ansa.
Oltretutto il parenchima pancreatico in un pancreas che non ha patologie è soffice, morbido, tiene tutto
male… in caso di ematoma non può che essere peggio. Tra l’altro considerate la difficoltà di doverci arrivare
facendo delle manovre chirurgiche (es. manovra di Kocher cioè lo scollamento del duodeno, aprire la retro
cavità…).

Pag. 8 di 11
EMOPERITONEO
DEFINIZIONE ED EZIOLOGIA

Si definisce emoperitoneo la presenza di sangue libero nella cavità addominale conseguente ad un’emorragia
acuta.

Le cause più frequenti di emoperitoneo sono:

 Rottura traumatica di organi o visceri addominali (è la causa più frequente):

o Milza: è l’organo che si rompe più facilmente in quanto fragile, pur essendo completamente rivestito
dal peritoneo. Per la rottura è sufficiente sbattere il fianco!

o Fegato: è il secondo organo dopo la milza. La sua rottura è tuttavia più difficile in quanto è più
robusto e protetto dall’arcata costale. Si può rompere in seguito a traumi da volante, cadute
dall’alto, schiacciamento.

o Inserzioni dei mesi (mesentere e mesocolon trasverso): tipicamente la rottura avviene per
contraccolpo in seguito ad un’improvvisa decelerazione (es. auto che frena).

E’ importante ricordare che traumi alla milza (e in misura minore al fegato) possono determinare la
formazione di un ematoma sottocapsulare (senza iniziale rottura della capsula peritoneale) che può
riassorbirsi o crescere fino a rompere la capsula, determinando quindi un emoperitoneo da rottura in 2
tempi. Per questo motivo, un paziente con ematoma sottocapsulare deve essere ricoverato, monitorato
continuamente e stare a letto a riposo.

 Emorragie spontanee di organi o visceri addominali:

o Rottura di tumori epatici (soprattutto) o splenici


o Rottura di aneurisma dell’aorta addominale
o Pancreatite emorragica

 Interventi chirurgici (sanguinamento da un laccio che non ha tenuto, da vasi che non si sono notati...)

 Rottura di corpo luteo

 Rottura di impianto di gravidanza extrauterina

QUADRO CLINICO

 Dolore addominale (addome acuto): non è sempre presente; esso dipende dalla natura e dalla sede della
lesione, nonché dalla distribuzione del versamento ematico, in rapporto anche alla posizione assunta dal
paziente.

o La rottura della salpinge (= tuba) per gravidanza extrauterina si accompagna spesso a dolore
addominale irradiato al dorso

o Nella rottura di milza o di fegato, è di frequente riscontro una sintomatologia dolorosa


nell’ipocondrio corrispondente, con diverse possibili irradiazioni addominali; in caso di rottura di
milza è frequente l’irradiazione del dolore alla spalla sinistra per irritazione del nervo frenico (segno

Pag. 9 di 11
di Kehr). In caso di lesione splenica può comparire una leucocitosi, in contrasto con una marcata
diminuzione di globuli rossi, dovuta alla liberazione massiva di globuli bianchi da parte della milza.
o Un sintomo di notevole importanza è rappresentato dalla presenza di dolorabilità a livello del cavo
pelvico. Il versamento emorragico tende a raccogliersi in questa sede declive; alla esplorazione
rettale una raccolta ematica nello scavo pelvico > 300 ml è apprezzabile come una massa fluttuante,
assai dolente alla palpazione con il dito esploratore.

 Anemia acuta fino ad un vero e proprio shock ipovolemico emorragico: tale condizione deve essere
diagnosticata e corretta immediatamente e comprende:

o Sincope
o Pallore, congiuntive scolorite, occhi cerchiati, naso affilato
o Sudorazione
o Tachicardia e tachipnea accompagnata da respiro superficiale
o Ipotensione con polso frequente, piccolo e irregolare
o Oliguria fino ad anuria

Se la riduzione del volume ematico è così veloce o abbondante da superare la possibilità di compenso
omeostatico, si manifesta l’insufficienza circolatoria. Con la riduzione del volume ematico, il ritorno venoso al
cuore e la gittata cardiaca diminuiscono e la pressione arteriosa comincia a calare. Grazie ai barocettori la
frequenza cardiaca e la forza di contrazione cardiaca aumentano, ed inizia la vasocostrizione che permette di
mantenere un flusso valido negli organi vitali. Una perdita di 500-1000 ml di sangue, se si verifica
lentamente, può non produrre evidenti reazioni emodinamiche fino a quando il paziente giace supino.
Un’improvvisa perdita di 1000-1500 ml di sangue produce ipotensione, oliguria e diminuzione della
temperatura cutanea, dovuta alla vasocostrizione. Perdite improvvise di 2000 ml o più sono invece
incompatibili con la vita se non sono prontamente trattate.

ESAME OBIETTIVO

 Ispezione: L’addome può presentarsi (compatibilmente con il giro vita del paziente) disteso (se il
versamento ematico è maggiore di 2 litri) o piano (se il versamento è minore di un litro).
E’ necessario andare a ricercare eventuali ematomi di parete (che indicano un trauma) o fratture costali.

 Palpazione: talora si osserva difesa addominale, per reazione peritonitica alla presenza di sangue, la cui
intensità può non essere correlata all’entità dell’emoperitoneo.
La manovra di Blumberg è positiva.

 Percussione: il sangue libero in addome determina ottusità alla percussione

 Auscultazione: l’irritazione peritoneale dovuta alla presenza di sangue determina la scomparsa dei
borborigmi (ileo paralitico riflesso).

DIAGNOSI DI LABORATORIO

 Anemia verificabile all’emocromo

 Alterazioni dell’ematocrito (emodiluizione nel momento in cui l’organismo inizia a compensare la perdita
ematica richiamando liquidi)

 Consumo dei fattori di coagulazione: aumento di PT e PTT

Pag. 10 di 11
DIAGNOSI STRUMENTALE

 Ecografia: è il primo esame che si fa in caso di anemia e shock emorragico. Permette di valutare la quantità
di sangue in addome (e quindi la necessità o meno di andare subito in sala operatoria, che si ha se la
quantità è superiore al litro).
E’ utile per il monitoraggio in quanto può essere fatta comodamente a letto (non c’è quindi bisogno di
spostare il paziente).

 TAC: Non è un esame di primo livello. Viene fatta per monitorare l’andamento di un ematoma
sottocapsulare. Il rischio è quello della rottura dello stesso nel momento in cui il paziente si deve spostare
per raggiungere il reparto di radiologia)

TRATTAMENTO

 Terapia conservativa mediante ripristino della volemia: grazie anche alla diffusione dell’ecografia e alla
possibilità di ripeterla ad intervalli brevi, si è allargata l’indicazione alla terapia conservativa, non chirurgica,
dell’emoperitoneo da rottura di milza o di fegato, in considerazione della possibilità di arresto spontaneo del
sanguinamento.
I presupposti per impostare un trattamento conservativo dell’emoperitoneo sono:

o Esecuzione di un accurato iter diagnostico

o Monitoraggio dei parametri clinici e di laboratorio (pressione arteriosa e frequenza cardiaca, ECG,
pressione venosa centrale (PVC), diuresi.)

o Valutazione dei caratteri di un eventuale drenaggio peritoneale

o Possibilità di eseguire ripetutamente l’ecografia o la TC addominale, a intervalli di poche ore, per


valutare le modificazioni di volume e la localizzazione della raccolta ematica. In corso di trattamento
conservativo dell’emoperitoneo

o Esecuzione frequente di un esame emocromocitometrico, ad intervalli di alcune ore, per valutare


l’evoluzione della perdita ematica, basandosi soprattutto sul monitoraggio dell’ematocrito.

Se l’emorragia è stata abbondante, sono necessarie trasfusioni di sangue intero; se l’emorragia è di minor
entità, si possono impiegare o soluzione plasma expander, o soluzione fisiologica o soluzione di Ringer.

Si deve prontamente interrompere il tentativo di trattamento conservativo dell’emoperitoneo qualora:

o Vi sia difficoltà nel reperire sangue compatibile da infondere


o L’equilibrio emodinamico rimanga instabile
o Compaiano segni di anemizzazione progressiva
o Il volume del versamento peritoneale valutato all’ecografia sia > 1000 ml o compaiano segni di
peritonite diffusa.

 Terapia chirurgica mediante laparotomia esplorativa d’urgenza

Pag. 11 di 11

Potrebbero piacerti anche