CASO CLINICO 1
Costanza, studentessa al terzo anno di medicina si reca dal suo ginecologo per farsi prescrivere la pillola. Il
ginecologo, come spesso avviene, le fa una ecografia
Referto ecografia addomino-pelvica: “Vescica distesa, pareti regolari, nessuna lesione aggettante nel lume.
Utero in sede, retroverso, normale spessore dell’endometrio. Ovaio destro e sinistro regolari per sede,
dimensione ed ecostruttura. Si segnala collateralmente la presenza di microcalcoli nella colecisti, che appare
normodistesa”.
Il fango biliare si deposita sul fondo della colecisti e non dà coni d’ombra, è il calcio che li dà, e rappresenta
I calcoli si operano solo se sono sintomatici, cioè se il paziente presenta coliche biliari.
Costanza dice che non è convinta della spiegazione perché dice che i suoi calcoli sono molti e piccoli, e quindi,
essendo piccoli, possono prendere più facilmente la via del coledoco e scendere lungo le vie biliari dando
coliche e anche delle complicanze della colelitiasi molto più gravi come pancreatite, ittero, colecistite ecc..
ATTENZIONE: la maggior parte dei pazienti con colelitiasi resta asintomatico, tuttavia circa il 20% manifesterà
dei sintomi. Ma, nella maggior parte dei casi, la prima manifestazione sintomatica della colelitiasi è la colica.
È pertanto raro che l’esordio sia rappresentato da una complicanza (1-4%).
Questo è il punto che premeva a Costanza, lei ragionava così: il chirurgo mi lascia la colecisti, il calcolo è
piccolo, si infila nel dotto e mi viene la pancreatite! eh no! Dovete risponderle che la prima manifestazione
come complicanza, cioè la pancreatite, è piuttosto rara in chi non ha mai avuto coliche, cioè non ha mai
manifestato sintomi dei propri calcoli; è rarissimo che un paziente che non sapeva magari neanche di avere
dei calcoli nella colecisti, si presenti in PS direttamente con una pancreatite, cioè già una complicanza, in
genere si presenta con la colica.
Quello che potete suggerire a Costanza è avere un antispastico in borsa, così se avrà una colica non troppo
forte, lei può bloccarla; se il dolore diventa forte invece, è costretta a venire in ps per farsi fare l’antidolorifico
e l’antispastico.
Secondo questo articolo tra i pazienti che avevano i calcoli alla colecisti asintomatici a un follow up medio di
8 anni il 78% è rimasto asintomatico. Questo significa che se noi avessimo operato tutti perché avevano i
calcoli, di fatto avremmo operato un 78% della nostra popolazione per nulla.
IL PAZIENTE ASINTOMATICO NON DEVE ESSERE OPERATO, QUELLO CHE DOBBIAMO CAPIRE È SE È IL
PAZIENTE HA AVUTO O MENO UNA COLICA BILIARE.
L’INDICAZIONE ALL’INTERVENTO DI COLECISTECTOMIA È LA COLELITIASI SINTOMATICA.
Piccolo focus su come i calcoli possano dare pancreatite: i calcoli piccoli possono passare attraverso il dotto
cistico, andare nel coledoco e soprattutto dare problemi a livello della papilla, dove il coledoco sbocca nel
duodeno insieme al dotto pancreatico di wirsung, motivo per cui possono dare delle pancreatiti.
- Dieta povera di grassi: i grassi fanno contrarre la colecisti, quindi indurrebbero poi tutto il processo
che porta ai sintomi. In realtà, non c’è evidenza che la dieta povera di grassi impedisca la colica.
Quindi la dieta non sembra essere così determinante, quello che potete suggerire al pz è avere un
antispastico in borsa, così se il dolore non è troppo forte, lei può bloccarlo, se diventa forte invece, è
costretto a venire in ps per farsi fare l’antidolorifico e l’antispastico.
- Terapia medica: cioè sciogliere i calcoli.
Questa terapia è stata fatta negli anni 90’ per calcoli non di calcio e non grandi. I pazienti prendevano
l’acido ursodesossicolico e, se i calcoli erano pochi, piccoli e senza calcio, generalmente si
scioglievano; dopo un anno comunque ritornavano.
Quindi la terapia medica non esiste. I calcoli del rene si bombardano, si frammentano (che è un po’
lo stesso principio del volerli sciogliere con l’acido), ma c’è una via d’uscita.
Qua non c’è la via d’uscita, se i calcoli o i loro detriti vanno nella via biliare principale sono un
problema. Il messaggio è: la colecisti è malata, il serbatoio è malato, si riformerebbero comunque.
L’intervento chirurgico, anche se semplice ha delle complicanze. Una delle complicanze più gravi che si
manifesta in una percentuale non irrilevante è la lesione delle vie biliari, del coledoco, rendendo il decorso
post-operatorio complesso, e aprendo potenzialmente una serie di richieste di danni da parte del paziente.
Se la patologia è benigna come la colelitiasi, l’indicazione all’intervento chirurgico deve essere molto ferrea.
Se operiamo un paziente che non ha avuto coliche e per sfortuna dovesse succedere qualcosa durante
l’intervento, se si intraprende una causa legale si rischiano problemi legali.
Ci sono tuttavia situazioni particolari per cui il dictat (si opera se sintomatica) può venire meno.
CASO CLINICO 2
“Donna di 38 anni, si reca dal medico di base, lamentando la comparsa da due giorni di dolori addominali
localizzati in regione epigastrica, che durano circa mezz’ora e sono accompagnati da nausea. Assume
analgesici con beneficio. APR: nega patologie di rilievo. BMI 38”.
Viene prescritta dal medico di base una gastroscopia o in alternativa un RX transito con bario; perché il medico
prescrive questi esami? Probabilmente perché pensa che possa avere un problema a livello gastrico. Però è
molto discutibile che una paziente con dolore epigastrico da pochi giorni debba essere già mandata a fare
uno di questi due esami.
N.B. L’addome in bianco è l’esame più indicato in PS, in urgenza, se si pensa che il paziente possa avere
un’occlusione intestinale o una perforazione.
Domanda: Se la pz ha problema gastrici può avere beneficio dall’assunzione di analgesici? Risposta: Sì.
Questa paziente potrebbe avere più facilmente una gastrite, quindi cosa sarebbe più logico fare? Avendo una
storia breve, si potrebbe fare una terapia ex adiuvantibus con un inibitore di pompa protonica come
l’omeprazolo 20 mg per 15 gg e vedere se migliora. In caso di peggioramento si potranno fare altri esami,
come la ricerca dell’Helicobacter Pylori.
“La paziente reputa questi esami troppo invasivi, quindi si fa prescrivere esami del sangue da cui risultano”:
Hb 13,4 g/dL AST 90
GR 4,5 ALT 70
GB 8000 Bil totale 0,69
PCR <5 Bil diretta 0,32
Le transaminasi - indici di necrosi epatica - sono leggermente mosse.
Gli indici di necrosi solitamente salgono molto velocemente nella colica epatica; infatti, in molti dei casi dubbi
che arrivano in PS, nei quali è difficile capire se il dolore è dovuto alla colica epatica, si guardano le
transaminasi e queste possono indirizzare verso un esame più specifico.
Quindi, a seguito del sospetto clinico, si fa un ECO.
Se la paziente ha avuto una colica, si procede con la colecistectomia. Non si possono sciogliere i calcoli, perché
si è visto che c’è una via di fuga, quindi non può essere la soluzione.
Nel video si osserva la colecisti attaccata alla parete inferiore del fegato, vediamo il duodeno.
La colecistectomia si fa in laparoscopia, con 4 accessi.
Vediamo che la parete posteriore della colecisti viene sospinta verso l’alto e in ogni caso, sia che l’approccio
sia VLS o laparotomico, andranno cercati due elementi: l’arteria cistica e il dotto cistico che unisce la colecisti
al coledoco. Si isolano i due elementi e si mettono delle clip sia sull’arteria che sul dotto, che viene poi
tagliato, così come l’arteria. Con l’uncino si stacca la colecisti dal fegato, al quale è attaccata con tessuto più
o meno lasso (bisogna fare attenzione a non entrare nel fegato). È sempre importante trovare il piano giusto;
la colecisti ha un suo rivestimento peritoneale.
Una volta staccata, viene messa in un sacchetto (endobag) e portata fuori.
È quindi un intervento chirurgico a tutti gli effetti, di media portata, in anestesia generale, che non deve
essere sottovalutata, perché può avere delle complicanze.
CASO CLINICO 3
“Uomo di 40 anni, lamenta la comparsa dalla serata di ieri di dolori addominali localizzati in epigastrio e
irradiati al fianco destro. Episodio febbrile (T 38°C). Lieve beneficio con l’assunzione di antispastici.
EO: addome piano, cicatrice ombelicale normointroflessa, dolente e dolorabile alla palpazione in ipocondrio
destro, segno di Murphy positivo”.
Segno di Murphy: il paziente inspira profondamente, quindi il diaframma spinge giù il fegato, che spinge la
colecisti contro le mani che hanno uncinato l’arcata costale e provoca dolore. Questo è il segno di
un’infiammazione, che potrebbe essere una colecistite.
Quindi qual è la differenza tra colica biliare e colecistite? La colecistite è una complicanza della colelitiasi, ed
è un’infiammazione della colecisti; può essere presente anche in assenza di calcoli, ma in una percentuale
bassissima.
Qual è il classico paziente che ha una colecistite alitiasica? Il paziente in rianimazione, sotto stress (pz
ustionato, pz intubato da due mesi in terapia parenterale) con difese immunitarie depresse. Si tratta di
colecistiti tipo necrotico, su base di deficit vascolare di infiammazione. Sono dei casi gravissimi e vanno
operati subito, perché presentano sempre colecisti nere, completamente devascolarizzate, che si perforano
molto velocemente.
Le altre colecistiti sono quasi sempre in pazienti che hanno i calcoli.
EE del paziente: ci sono segni di flogosi e le transaminasi sono alterate (sono indice che il pz ha avuto una
colica epatica recente, se le dosassimo nuovamente dopo 4-5 gg sarebbero tornate nella norma).
Hb 13,4 g/dL AST 120
GR 4,5 ALT 150
GB 14000 Bil totale 0,69
PCR 110 Bil diretta 0,32
La bilirubina è normale, quindi apparentemente non c’è stata transmigrazione di calcoli.
Per avere una conferma che il paziente ha una colecistite, si fa un’ecografia; con l’ECO vedo se ci sono pareti
ispessite - segno di flogosi -, distesa, idropica e, se c’è, liquido pericolecistico.
“Referto ECO: colecisti di dimensioni aumentate, con pareti ispessite (circa 9 mm), presenza nell’infundibolo
di formazione ecogena con cono d’ombra posteriore”.
L’ecografia è quindi un buon metodo per dimostrare se c’è una colecistite.
La colecistite acuta è una peritonite localizzata (almeno nelle prime fasi) in ipocondrio destro, così come
l’appendicite. Può diventare peritonite generalizzata, soprattutto se parte gravissima.
Trattandosi di peritonite, si tratta di una situazione d’urgenza, che porta a chiedersi subito se è necessario
operare il paziente o raffreddarlo (trattamento con terapia antibiotica).
COLECISTITE ACUTA LITIASICA: FATTORI RESPONSABILI DEL PROCESSO INFIAMMATORIO
- Meccanici: il calcolo provoca attrito parietale, ostruzione infundibolare e distensione delle pareti
del viscere.
- Chimici: rilascio di lisolecitina e di prostaglandine (alterano la permeabilità della membrana
interna).
- Batterici: E.coli, Klebsiella, Strepto/Stafilococco e Clostridium.
DIAGNOSI DI COLECISTITE
Segni classici sono il dolore costante in ipocondrio destro (costante per più di 12 ore), segno di Murphy
positivo, indici di flogosi positivi e febbre (risposta infiammatoria).
ECO: ha una discreta accuratezza diagnostica (77%) che ci consente di fare diagnosi.
Sensibilità = 90-95%; Specificità = 75-80%.
Per la diagnosi quindi basta fare una buona anamnesi e buona visita, con conferma da parte dell’ecografia.
TRATTAMENTO DI COLECISTITE
Le alternative sono:
- Intervento chirurgico d’urgenza;
- Terapia antibiotica;
- Dimissione.
Se il malato è fuori timing (e magari ha un’età avanzata) sicuramente si fa la terapia antibiotica. Se invece è
in timing, cioè entro le 72 h da quando è iniziata la sintomatologia (non da quando è arrivato in PS), la cosa
migliore è operare d’urgenza.
Quindi si può operare in differita a 6-8 settimane; operarlo prima dei 2 mesi è il momento peggiore, perché
le aderenze che si formano dopo le 72 h rendono l’intervento più difficile
Cochrane collaboration: early versus delayed laparoscopic cholecystectomy for acute cholecystitis.
Dimostra che la degenza post-operatoria è
tendenzialmente similare nei due malati
(colecistectomia in urgenza VS colecistectomia
differiti a 6 – 8 settimane), ma nel secondo
gruppo c’è un 14-25% che voi avevate deciso di
raffreddare, ma che non si è raffreddato. Quindi
c’è un grosso gruppo di malati che nonostante il
raffreddamento continua a stare male, per cui ci
troviamo fuori timing ma con la necessità di
operare in urgenza in quanto l’infiammazione
non si è spenta. Oppure abbiamo dei malati che
avevamo deciso di operare in maniera delayed
dopo 2 mesi, che invece si ripresentano in PS
perché hanno nuove coliche o episodi di colecistite e ci ritroviamo perciò a dover operare in quel periodo
peggiore in cui le aderenze rendono difficoltoso l’intervento.
Il concetto di rimandare il malato è pericoloso perché c’è un rischio del 17.5% che il programma di rimandare
il malato non vada a buon fine e ciò comporta eseguire un intervento chirurgico in un momento che non è
assolutamente buono (la colecistectomia entro le 72 h è tecnicamente più semplice grazie all’edema
infiammatorio dei tessuti che permette una magnificazione delle strutture e facilita la dissezione).
Il concetto è: se il malato è fit, non è troppo anziano, non ha troppe comorbidità ed è dentro il timing giusto,
conviene operarlo d’urgenza. Se invece il malato non è fit o è fuori timing, va raffreddato con gli antibiotici
sapendo che c’è un 20% in cui questa operazione potrà non funzionare.
VIDEO di COLECISTITE GANGRENOSA: siamo in una condizione di peritonite non più localizzata, vedete il pus,
la fibrina, si tratta di una colecistite avanzata, anche se il paziente potrebbe comunque essere in timing. Non
è più la situazione ideale di prima, si sono formate numerose aderenze, l’omento è corso a tamponare e la
colecisti è diventata molto infiammata. Si cerca di staccarla dal fondo ma in questo caso è più difficile trovare
il piano migliore per operare, e quindi si può entrare più facilmente nel fegato.
Domanda: Un paziente che è fit ma che non è in timing, visti i numeri elevati di recidive e complicanze, non
converrebbe operare comunque?
Risposta: Operando un malato fuori timing, ci si trova facilmente ad avere delle aderenze che possono rendere
veramente difficile la colecistectomia. Ti ritrovi a fare un intervento magari in laparotomia, le aderenze, che
in un primo momento sono lasse, in questi primi mesi possono diventare molto rigide e vascolarizzate (si tratta
di aderenze infiammatorie e il processo di infezione ha una curva gaussiana che sale e poi guarisce
lentamente), dopo questi due mesi si torna più o meno alla condizione iniziale, in cui le aderenze non saranno
più infiammatorie e quindi sarà più facile operare anche in laparoscopia.
CASO CLINICO 4
“Donna di 38 anni, si reca in PS per la comparsa da due giorni di dolori addominali localizzati in ipocondrio
destro associati a nausea”.
EE: la bilirubina è alta e le transaminasi sono molto elevate
Hb 14 g/dL AST 525
GR 4,8 ALT 206
GB 8500 Bil totale 6,68
PCR < 5 Bil diretta 5,96
Ipotesi:
- Intossicazione (da cibo, tipo crostaceo) si potrebbero guardare gli Ag per l’epatite A;
- Coledocolitiasi.
Si procede quindi con un’ECO che è un esame che fa vedere bene la dilatazione delle vie biliari intraepatiche
e se ci sono calcoli in colecisti (attenzione che potrebbe trattarsi di un solo calcolo che è già migrato e quindi
non si vede); se l’ecografista è molto bravo potrebbe vedere anche il coledoco.
All’ecografia: non si vedono coni d’ombra sulla colecisti, non ci sono calcoli e neanche vie biliari dilatate.
N.B. Ricordarsi di chiedere come sono le feci e le urine.
Per essere sicuri di non avere calcoli nella VB si fa una colangio-RM: esame che dura 20 minuti, ed è l’unico
modo per vedere bene la colecisti e le vie biliari, e lo sbocco nel duodeno attraverso la papilla. Non la RM del
fegato (dura 1 ora).
“ColangioRM: Non dilatazione delle VB intra ed
extraepatiche. Non calcoli in colecisti”.
Domanda: vedendo l’immagine del coledoco che si
restringe, si potrebbe sospettare una massa esterna che
comprime?
Risposta: In questo caso no, perché se ci fosse una
compressione del coledoco, si vedrebbe una dilatazione
delle vie biliari intra ed extraepatiche con coledoco che
termina a coda di topo per compressione della regione
cefalopancreatica.
Gli Ab di epatite A sono positivi. La paziente ha mangiato tartufi di mare.
Cosa poteva spingere a pensare che la paziente avesse un’epatite? Le transaminasi, che erano molto alte.
Nella colica epatica è raro che le transaminasi salgano così tanto.
Domanda: possiamo avere una colica epatica con le transaminasi normali?
Risposta: NI, generalmente sono mosse. Il problema è che quando i pz arrivano in PS per i calcoli, bisogna
andare a ricostruire se il pz ha avuto una colica, andando a guardare proprio le transaminasi. Perché se il pz
arriva in PS e ha le transaminasi mosse, non è patognomonico ma comunque ci aiuta a prendere una
decisione. Ovviamente come dicevamo prima, se gli EE li facciamo dopo 5 giorni dalla colica, le transaminasi
saranno tornate normali.
SlideEPATITE CON IPERBILIRUBINEAMI DIRETTA: l'insulto infettivo colpisce per prima la funzione di
trasporto delle proteine di membrana (sistemi di trasporto canalicolare), perciò la bilirubina che è stata
regolarmente glucuronata (coniugata) retrodiffonde nei sinusoidi e ho iperbilirubinemia diretta in prevalenza
(anche se di solito più spesso di tipo misto).
CASO CLINICO 5
“Uomo di 59 anni, si reca in PS perché la moglie sostiene che ha gli occhi gialli. APR: ipertensione arteriosa.”
EO: addome piano, CO normointroflessa, diffusamente dolente e dolorabile alla palpazione. Subittero
sclerale.
EE:
Hb 14.5 g/dL AST 156
GR 5.0 ALT 250
GB 8000 Bil totale 4.5
PCR <5 Bil diretta 3.98
Il nostro modo di procedere è esattamente uguale a prima: le urine saranno ipercromiche e le fevi acoliche.
Bisogna fare un’ecografia.
Referto ECO: iniziale dilatazione delle vie biliari intraepatiche, più evidenti a sinistra. Epatocoledoco con
diametro di 9 mm. Non evidenza di coledocolitiasi.
ECOGRAFIA ADDOME E OSTRUZIONE DELLE VB
- Sensibilità nell’evidenziare il livello di ostruzione: 71-88%
- Sensibilità nel valutare l’eziologia dell’ostruzione 48-57%
- Conferma della coledocolitiasi 33%
Non è detto quindi che l’eco vi dica la causa e nemmeno se ci sono calcoli: se l’eco dice che non ci sono calcoli,
non è che non ci sono, ma non è l’esame giusto. Se l’eco vi dice che c’è calcolo nel coledoco, allora siamo
autorizzati a saltare gli esami successivi, ma è un caso.
L’eco vede bene i segni indiretti, cioè le VB intraepatiche che si dilatano. Sulla natura della lesione non può
dirci molto, quindi non dobbiamo fare troppo affidamento sulle VB extra-epatiche.
Ergo, a fronte del referto dell’eco, è molto probabile rispetto alla malata di prima che ci sia un’ostruzione,
ma dove sia l’ostruzione e la sua natura in questo momento non lo sappiamo.
Facciamo quindi la colangio-RM: presenza di difetto di
riempimento a livello del coledoco distale condizionante
retrodilatazione delle VB.
Ecco, allora qual è il punto un po’ dolens nel quadro optimum
più chiaro del pz con colica epatica con calcolo migrato in
coledoco? L’assenza di dolore.
L’ittero che viene senza dolore fa sempre pensare male. Però
questo dimostra che un pz può avere un passaggio di calcolo
senza avere una colica.
Siamo quindi arrivati alla diagnosi: coledocolitiasi.
Il deposito manda in giro i calcoli, di cui uno si è bloccato nella via biliare, quindi il deposito dobbiamo
toglierlo, quindi ERCP senza togliere la colecisti non ha senso. Avrebbe senso se fossimo di fronte a un malato
di 85 anni in cui fare già una procedura di ERPC, che richiede sedazione, ha un suo peso.
La buona regola quindi sarebbe fare la bonifica della via biliare e togliere il deposito, anche se
apparentemente non ci sono più calcoli nel deposito.
ERCP (colangiopancreatografia retrograda endoscopica): il paziente scende in endoscopia, fa una sedazione
profonda (ci deve essere l’anestesista), entrano con un endoscopio a fibre ottiche a visione laterale (più lungo
e più grosso di un gastroscopio), si mettono davanti alla papilla di Vater, iniettano il mezzo di contrasto per
avere una conferma, incannulano la via biliare grazie al canale operatore, aprono la papilla (c’è un filo che
emette corrente), entrano con cestelli e tolgono i calcoli, fino a bonificare completamente.
Complicanze dell’ERPC:
- Pancreatite 1,3-6,7%dopo la procedura nel pomeriggio e anche il giorno successivo si dosano le
amilasi. Facilmente al pomeriggio troviamo 5000 di amilasi/lipasi, poi il giorno dopo si sono spente.
Avere la pancreatite quindi non vuol dire avere un rialzo amilasi e lipasi, ma intendiamo la
necrotico-emorragica.
- Emorragia 0,7-2%
- Colangite 0,5-5%
- Perforazione duodenale 0,3-1%
- Miscellanea (incluse complicanze cardio-respiratorie) 0,5-2,3%
Quindi una volta bonificato la via biliare con l’ERPC si fa una colangio-RM di controllo per essere sicuri di
avere tolto tutto.
La mattina dopo le amilasi sono rientrate nella norma e il paziente è asintomatico.
Quando facciamo allora la colecistectomia?
- Se il pz ha avuto colica con migrazione del calcolo, il calcolo è stato tolto senza problemi, e non ci
sono segni di pancreatite, allora può essere operato anche 48 ore dopo.
- Se il pz ha avuto un piccolo screzio pancreatico, dolore etc allora non lo opero subito.
- Se oltre alla colica e ittero ha avuto anche segni di colecistite, facilmente questo programma ci ha
portato fuori timing. Quindi fare tutto in un unico intervento non va bene e andremo ad aspettare i
2 mesi.
Domanda: fare tutto in un unico intervento è fattibile?
Risposta: non va bene, primo perché l’endoscopista è abituato a lavorare sul fianco, quindi se lo portiamo in
sala operatoria deve lavorare con il paziente in posizione supina, secondo perché ci sono problemi logistici, e
terzo perché magari l’endoscopista non è riuscito a entrare direttamente nella via biliare e ha incannulato più
volte il Wirsung, mettendo magari uno stent di protezione, quindi fare una colecistectomia su un paziente che
rischia di avere il giorno dopo una pancreatite non va bene.
Quindi la regola è fare l’ERCP e poi la colecistectomia VLS.
L’alternativa che potreste proporre è la bonifica per via chirurgica, ma è difficile per via laparoscopica.
Nel video osserviamo il dotto cistico, abbiamo già isolato la colecisti, tagliamo il cistico che è sottile, e
cerchiamo di mettere un cateterino dentro la VB per andare a togliere i calcoli, ma come vedete scappa via il
catetere. Poi pensate quanto è difficile tirare fuori i calcoli da quel buchino, deve essere un calcolo
microscopico e dobbiamo riuscire ad entrare con il cestello. È una procedura che richiede anche
un’attrezzatura particolare.
Un’altra alternativa è la Coledocoscopia.
Abbiamo addirittura aperto il coledoco, perché siccome il coledoco era dilatato per la presenza di calcoli,
abbiamo fatto una coledocotomia ed entriamo con un coledocoscopio in VLS, si mettono dei cestelli per tirare
fuori i calcoli.
Se devo fare un intervento chirurgico aperto, allora questa procedura vale la pena farla perché vado a pulire
la via biliare, ma non c’è dubbio che la soluzione ERCP+colecistectomia sia la migliore.
Si può tentare anche l’inverso, ovvero fare la colecistectomia prima e l’ERCP dopo, ma se poi non riusciamo
più a fare quest’ultima procedura siamo fregati.
Comunque in certe situazioni, come nel caso di lesione delle vie biliari, in cui si sospetta una perdita di bile
durante l’intervento di colecistectomia, si può far scendere l’endoscopista a incannulare la VB e a mettere
una protesi, però sono sempre delle procedure di emergenza.
CASO CLINICO 6
Sonia, 72 anni, ha:
1. Colelitiasi sintomatica
2. IPA
3. MRGE
EE: nella norma.
Medicina e Chirurgia, Polo San Paolo, V anno, II semestre
CLINICA CHIRURGICA
Lezione n°3/4 – Prof.Opocher – 19/25-03-2019
GB 6850
Hb 12.4 g/dL
Bil tot 0.67 mg/dL
Fosfatasi alcalina 176 U/L
GOT 16 U/L
GPT 17 U/L
Fa la sua colecistectomia VLS.
Per la colecisti, le nuove regole dicono che devono essere fatte in 1 giorno, cioè il pz dorme una notte in
ospedale: viene spesso operato al pomeriggio e il giorno successivo dovrebbe essere mandato a casa.
La grande maggioranza effettivamente può andare a casa il giorno successivo all’intervento, ma deve essere
un intervento che non ha avuto complicanze, senza aver posizionato un drenaggio di protezione etc.
2 giorni sono ancora accettati, 3 giorni non va già bene: se teniamo il pz 3 giorni e non giustifichiamo il motivo,
invece che ricevere il DRG completo, viene dato la metà.
Sonia viene quindi mandata a casa dopo 2 giorni, in attesa di ricevere l’esame istologico
La colecisti viene messa in una endobag e portata in anatomia patologica per l’esame istologico.
Risultato esame istologico:
Macro: colecisti 7x3 cm. A 15 mm dal fondo, neoformazione
grigiastra rilevata di aspetto gelatinoso di 10 mm.
Micro: adenocarcinoma papillare ben differenziato, aspetti
mucinosi, margini di resezione indenni pT1b G1.
Quindi siamo di fronte a un caso di tumore, evidentemente piccolo,
scoperto casualmente.
Se il malato ha un tumore T3, quando togliamo la colecisti, quantomeno abbiamo pensato che avesse una
colecistite cronica, quantomeno ci siamo insospettiti.
Quindi quello che concettualmente possiamo trovare quando facciamo una colecistectomia per calcoli, è un
tumore allo stadio T1-T2, che non ci sospettavamo di trovare.
RISCONTRO ACCIDENTALE DI K DELLA COLECISTI IN CORSO DI COLECISTECTOMIA
Entità del problema
- Non è irrilevante. Vuol dire che se togliamo 100 colecisti, nell’1-2% dei casi troviamo un tumore.
- Tumore GI più frequente nei latino-americani.
- F:M = 2-6:1
- Età >70 anni 76%.
Criteri re-intervento
La colecisti è un organo attaccato al fegato (S4-S5) con una superficie ricoperta dalla sierosa e l’altra no. È in
relazione con il duodeno, peduncolo epatico e colon destro.
Bisogna sempre rioperare i pazienti con una neoplasia della colecisti scoperta all’esame istologico? Quale
intervento bisogna prendere in considerazione?
L’esame istologico fornisce alcune informazioni per:
1. Decidere se reintervenire o no (se la colecistectomia è stata sufficiente);
2. Che tipo di intervento fare.
- Se T1a: la colecistectomia è sufficientesopravvivenza a 5 anni: 85.9%. Il paziente è quindi
praticamente guarito dopo la colecistectomia.
- T1b/T2: resezione epatica e linfadenectomia del peduncolosopravvivenza a 5 anni: 56%.
- T3/T4: resezione epatica maggiore/CTsopravvivenza a 5 anni: T3 19%; T4 14%.
La radicalizzazione di tumori della colecisti incidentali ha lo scopo di raggiungere una resezione R0 con pulizia
linfonodale. Diversi studi hanno dimostrato una sopravvivenza equivalente in radicalizzazioni mediante
wedge resection, segmentectomie o epatectomie.
T1b/T2: colecistectomia + resezione del letto epatico + linfadenectomia epatoduodenale enbloc. Non
è indicata la resezione del dotto biliare comune con anastomosi biliodigestiva (epatico-digiunale) a
meno che non vi sia positività all’esame estemporaneo del dotto biliare extraepatico.
T3-4 dibattuta l’estensione del trattamento resettivo: si tratta di interventi molto estesi il cui rischio
di morbilità e mortalità può superare ogni sopravvivenza senza malattia. In questi casi sono la
stadiazione di malattia e la biologia del tumore a stabilire la prognosi CT.
Questo problema dei pz che possono avere tumori sospettati, è la giustificazione di perché tutte le colecisti
vengono fatte uscire dall’incisione del trocar ombelicale in una endobag. È mandatorio.
Il reintervento
Quindi:
T1b/T2: resezione del letto epatico della colecisti (non serve togliere tutto il S4 e S5, ma solo un
pezzo) e linfadenectomia N1 del peduncolo epatico.
T3: sono avanzati, quando si entra in VLS già lo si vede il tumore, ma se il pz ha fatto prima un’eco
c’è già la segnalazione di un sospetto (magari pz con brutte colecistite croniche, delle quali in realtà
non si sa se sono forme infiammatorie croniche o un tumore)resezione epatica maggiore
(epatectomia) con linfadenectomia dell’ilo epatico e resezione della VB.