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Come sempre in ambito chirurgico, è importante conoscere nel dettaglio l’anatomia della regione di
interesse. Cenni di ANATOMIA VASCOLARE del tratto digestivo (da approfondire autonomamente):
Circolo collaterali:
- arcata pancreatico duodenale (arcata di Rio Branco): circoli tra tripode e mesenterica superiore
- arcata di Drummond: a livello dell’intestino crasso, la così detta arteria marginale. (costituisce una
via di comunicazione tra le due arterie mesenteriche, essendo costituita da rami della ileocolica e
delle arterie coliche destra, media e sinistra. Decorre lungo l’inserzione mesenteriale del colon sinistro
e da essa originano i vasi retti)
- arcata di Riolano (connette le due arterie mesenteriche, ponendo in anastomosi l’arteria colica media
con la sinistra. Quest’ultima è anche collegata alle ipogastriche grazie alle anastomosi con le
emorroidarie medie.)
- collaterali emorroidarie
Esistono due aree predisposte all’ischemia: sono punti di passaggio anastomotici tra territori di
competenza arteriosa differenziata
- punto di Griffith: a livello della flessura splenica
- punto di Sudeck: a livello del giunto sigma-retto
Sono importanti nell’eziopatogenesi della colite ischemica.
L’anatomia vascolare venosa ricalca l’arteriosa, ad eccezione dell’immissione di vena splenica e mesenterica
in vena porta.
La mesenterica superiore irrora l’intestino medio, ovvero tutto il tenue e la parte dx del colon (cieco,
colon ascendente, flessura epatica) fino alla porzione prossimale del trasverso tramite (per quanto
riguarda il colon):
1) il ramo destro della colica media (N.B.: La colica media si divide in ramo destro e sinistro con cui
irrora il colon trasverso)
2) la colica destra (incostante, non c’è in tutti gli individui)
3) l’ileo-colica (ramo terminale della mesenterica superiore, dato prima della fine della mesenterica
stessa che poi va a dare dei rami ileali)
Perciò, per il colon destro: ramo destra della colica media, colica destra e arteria ileocolica.
Per il colon trasverso: arteria colica media.
4) Arterie digiunali
5) Arteria pancreatico-duodenale inferiore
L’arteria mesenterica inferiore è più distale, va verso sinistra, entra nel meso del colon discendente e
dà come rami:
1) l’arteria colica di sx, che nutre il colon sinistro e tramite alcuni rami marginali si anastomizza con la
colica media
2) le arterie sigmoidee, che possono nascere da un tronco comune o singolarmente e possono essere
in numero variabile. I rami si anastomizzano tra loro e quello più basso con l'arteria emorroidaria superiore .
L'assenza di quest'ultima anastomosi determina, dal punto di vista dell'irrorazione, un'area critica conosciuta
come punto critico di Sudeck.
3)l’arteria emorroidaria superiore, ramo terminale della mesenterica inferiore, che irrora il retto
superiore (1/3) intraperitoneale (il resto del retto è irrorato da arterie emorroidarie medie e inferiori che
originano dalle iliache interne).
Epidemiologia:
Si tratta di una patologia frequente. Negli USA si hanno circa 100, 150 casi per 100.000 persone ogni anno.
In Europa e, in particolare, in Italia i numeri sono più bassi. Come incidenza si hanno attorno i 30, 35 casi per
100.000 persone ogni anno. Questo significa che, in una città come Torino si verificano circa 350/500 casi
all’anno circa. In una città metropolitana con circa 3 milioni di abitanti si arriva fino a 1000/1500 casi ogni
anno, che vengono distribuiti nei vari ospedali ma rimangono comunque numeri altri di casi che vanno a
impegnare in modo particolare i pronto soccorso. In Italia si stimano esserci tra i 12/15000 casi ogni anno e
la mortalità si aggira attorno al 10%, quindi è elevata. Negli ultimi anni non è cambiata molto, ma lo è rispetto
al passato, quando non erano disponibili gli interventi di endoscopia o di radiologia interventistica che
abbiamo oggi a disposizione. Si è avuto un miglioramento progressivo attorno agli anni 80 e 90, ed un ruolo
cruciale ha avuto in tale senso il miglioramento della gestione delle varici esofagee, principale causa di morte
per sanguinamento. Questo soprattutto grazie all’introduzione di procedure endoscopiche più sofisticate, di
clip, legature metalliche, colle per gestire il sanguinamento in questa sede.
La popolazione maggiormente colpita da questa patologia è tutta la popolazione, tutte le età anche se a
cambiare sono le cause sottostanti. Nel bambino spesso emorragie legate ad alterazioni di tipo genetico o
malformazioni, mentre nell’adulto e nell’anziano le cause cambiano con l’avanzare dell’età. Nel soggetto
giovane prevalgono cause come l’ulcera, la patologia peptica e alcuni tipi di alterazioni della coagulazione.
Dopo 45-50 anni emorragie da varie cause sia diverticolari che da epatopatie, meno da ulcera. Prevarranno
inoltre le emorragie digestive basse come quelle da diverticoli.
In generale, la maggior parte delle patologie
addominali può portare a gravi conseguenze se
non trattata tempestivamente. Infatti, le
perdite ematiche massive quali quelle da
emorragie digestive o rottura di aneurisma
possono condurre a shock e morte.
Sempre a livello epidemiologico, i maschi sono
più colpiti delle donne, in particolare soggetti
bevitori, fumaroti, che consumano FANS
abitualmente. Si ha una correlazione la con
colonizzazione da Helicobacter Pylori (causa di
ulcere peptiche) che rende più gravi le
emorragie anche in soggetti con varici
esofagee. La colonizzazione da h.p. aumenta
con il passare degli anni e questo andrà a
incidere negativamente sulle cause di
sanguinamento tipiche del paziente anziano. Spesso tutti questi fattori di rischio sono compresenti nei
pazienti con emorragia digestiva.
Classificazione e sede:
A questo proposito si ricorda la distinzione tra emorragie digestive alte e basse a seconda della sede
dell’emorragia. Secondo una distinzione anatomica fino al Treitz parleremo di sanguinamenti alti, dal Treitz
in giù parleremo di sanguinamenti bassi. Potremo, inoltre, individuare la sede del sanguinamento
osservandone le manifestazioni cliniche. Per esempio, in caso di ematemesi dovremo sospettare un
sanguinamento alto, non si verifica quasi mai in caso di sanguinamento basso. Tuttavia, in caso di melena,
rettoragia, ecc. potrà trattarsi di entrambi i tipi di sanguinamento e dovrò proseguire con indagini più
approfondite per individuarne l’origine.
Ricordiamo sempre che il sanguinamento è un sintomo che può essere manifestazione di numerose
patologie. Inoltre, spesso non sempre è facile identificare l’origine del sanguinamento. Importante, in ogni
caso, sarà intervenire tempestivamente per evitare che il paziente vada in stato di shock rischiando di
perdere la vita, cosa che purtroppo, nonostante tutti i mezzi che abbiamo oggi a disposizione per impedirlo,
a volte accade. Non dimentichiamo però che il 90% delle emorragie digestive si risolve da sola, dovremo
quindi essere in grado di individuare questo tipo di pazienti e in questi casi agire con cautela, evitando che il
paziente venga sottoposto a procedure inutili e talvolta invasive che potrebbero aggravarne le condizioni.
questo però non significa però poter sottovalutare il problema. Esistono delle condizioni in cui la terapia
medica non è sufficiente ad interrompere l’emorragia, dobbiamo saperle riconoscere e adottare strategie
alternative tempestivamente. Una volta riconosciuta la causa di emorragia, quando possibile, si procederà
con la strategia più adeguata tra endoscopia, radiologia interventistica o chirurgia. In alcuni casi, la difficoltà
nell’identificare l’origine del sanguinamento rende necessaria l’esecuzione di esami diagnostici non di
routine, come l’ileoscopia con endoscopio lungo, la scintigrafia con emazie marcate ecc. Il professore fa
l’esempio di un caso clinico in cui l’iter appena descritto non ha portato a risultati univoci, per cui la diagnosi
era stata effettuata solo una volta eseguita una angioTC in concomitanza di un evento di sanguinamento, che
aveva rilevato la presenza di una fistola aorto-duodenale, che è una causa di emorragia esclusiva di quei
pazienti che hanno subito un intervento di sostituzione della aorta addominale con una protesi. Si tratta di
condizioni di difficile identificazione anche a causa della localizzazione in un’area difficilmente studiabile, il
quarto duodeno. In questo caso si era tentato un intervento di protesizzazione, che però non è andato a
buon fine.
La terapia medica delle emorragie digestive è un aspetto molto importante e deve venir messa in atto fin da
subito, ma non dovremo dimenticare che nelle forme più gravi il paziente non risponderà adeguatamente
alla terapia medica e saranno richiesti altri tipi di intervento a seconda della causa di emorragia. Quindi
sempre e comunque prima individuare l’origine del sanguinamento (con endoscopia e radiologia
interventistica) e solo dopo intervenire nel tentativo di risolvere le cause. Questo ci permette di parlare di
quanto spesso lo stesso individuare l’origine del sanguinamento non sia così semplice. Nonostante tutte le
armi diagnostiche che abbiamo a disposizione non sempre si riesce a capire.
Mortalità:
La mortalità dipenderà anche dall’età del paziente,
dal suo livello di fittness. Il rischio di morte è 30 volte
maggiore nei soggetti di 80 anni rispetti a quelli di
età inferiore ai 30. La mortalità resta elevata per
l’incremento dell’età media e delle comorbidità.
Ogni episodio di sanguinamento aumenta del 5-10%
il rischio di morte.
Secondo un principio elaborato da un americano è
bene adottare misure più aggressive con i pazienti
anziani perché più a rischio di morte e con riserva
funzionale minore. Questo si pone in contraddizione
con il senso comune, che suggerirebbe una
maggiore indulgenza per non danneggiare i soggetti
anziani, più fragili. Questo non significa che con i
giovani sia corretto temporeggiare.
Digressione sulla popolazione che invecchia e sull’età media che aumenta: se la popolazione anziana corrisponde alla maggior parte
della popolazione, come da noi, è normale che sarà la maggior contributrice agli alti tassi di mortalità registrati per questa patologia.
La gravità può anche essere valutata in base a vari score, tra cui:
- Blatchford score: richiede la valutazione di vari parametri clinico-laboratoristici: BUN, emoglobina,
pressione arteriosa sistolica, frequenza cardiaca, melena o sincope, cardiopatia o epatopatia.
- Rockall score: richiede, tra le altre, una valutazione della classificazione di Forrest all’EGDS, pertanto
è poco applicabile in acuto.
- AIMS-65:
● Albumina <3g/dl ● Sistolic blood pressure ≤90mmHg
● INR >1,5 ● Age ≥65.
● Mental state impairment
1 Per fegato e pancreas comunque si avranno comunque sempre segni correlati alla disfunzione d’organo, come
alterazione nella formazione di sali biliari, prodotti di accumulo della bilirubina o suo alterato metabolismo ecc.
Valutazione:
Come gestire un paziente “acuto” con sanguinamento GI in atto.
Posto il sospetto di emorragia andrà iniziato il trattamento immediatamente e nel frattempo procedere al
perfezionamento della diagnosi individuando la sede del sanguinamento per poter agire sulle cause. I pazienti
con quadri di shock evidenti hanno perso quantità di sangue elevate e vanno individuati per una gestione più
tempestiva. Gli obiettivi del trattamento saranno: non solo rianimare e stabilizzare il paziente (ABCD), ma
anche individuare l’origine e la causa, fare diagnosi di sede, controllare il sanguinamento e prevenire la
recidiva.
Indice di stop bleeding: l’indice di successo del trattamento dipende dal tipo di emorragia digestiva e dalla
causa sottostante. Per esempio, un paziente con varici esofagee sanguinanti può avere stop bleeding attorno
al 70%, un valore basso che indica l’elevata mortalità legata a questo tipo di sanguinamento. Oggi questa
percentuale è aumentata grazie all’introduzione delle nuove procedure di gestione del sanguinamento
(legature e clip).
Un altro aspetto impotante è la percentuale di rebleeding: percentuale di pazienti che entro 24-48 ore
ricominciano a sanguinare. È un aspetto da prevenire, trattandosi di eventi che possono essere anche gravi
come il primo evento e con minori possibilità terapeutiche, che talvolta richiedono il trasferimento dei
pazienti in centri di riferimento per l’esecuzione di procedure specialistiche (per es. shunt porto-cavale
transepatico). In caso di risanguinamento ripeterò l’iter partendo dall’endoscopia, se necessaria, andrà
attuato un trattamento massimale (se non in atto) e potremo adottare strategie alternative in base alle
cause.
Ad oggi, di fronte ad un paziente con sanguinamento, andremo ad attuare da subito procedure
endoscopiche, parallelamente alla terapia medica, e solo in seconda battuta interventi risolutivi come
radiologia interventistica o terapia chirurgica.
Per le
emorragie alte
la prima cosa da fare è l’endoscopia digestiva. In contesto endoscopico, è importante posizionare il SNG. Il
posizionamento del sondino naso gastrico permette di ‘’lavare’’ lo stomaco e facilita il compito
dell’endoscopista. Infatti, il SNG riduce il rischio di aspirazione, permette di identificare i pazienti con lesioni
a rischio più alto. Tuttavia, l’aspirato negativo non esclude un SGIA (42% di sensibilità, 91% specificità). Nel
posizionarlo è importante non provocare lesioni. Oggi sono fatti con materiali siliconati molto morbidi, ma in
un paziente anziano fragile e poco compliante il rischio di causare lesioni rimane. Faremo posizionare il
paziente in posizione semi seduta, e si inserisce con l’aiuto di un lubrificante anestetico, antiacidi o lavaggi
con ghiaccio (ora meno).
L’iter in sospetto di emorragia digestiva prevede la valutazione clinica iniziale, rianimazione e stabilizzazione
emodinamica a cui seguiranno le procedure endoscopiche e la contemporanea somministrazione di t erapia
medica. Nei quadri clinici in cui questo non è sufficiente si procederà con gli interventi di radiologia
interventistica o con terapia chirurgica.
Oggi si predilige l’uso di endoscopia o angio-tc già in prima battuta proprio per cercare di accorciare i tempi
di diagnosi.
In DEA faremo ABC:
- trattamento con ossigeno,
- posizionamento degli accessi venosi,
- sondino naso gastrico,
- esami di laboratorio di base inclusa la coagulazione,
- e poi infusione di fisiologica o di lattato,
- anamnesi ed esame obiettivo in attesa dell’esecuzione dell’endoscopia.
Si monitorano nel tempo i parametri vitali (pressione e frequenza cardiaca), l’ematocrito, si tiene il paziente
sotto attento monitoraggio fino a arrivare all’esofagogastroduodenoscopia per individuale la sede del
sanguinamento o escludere un sanguinamento GI in caso di esame negativo. Le emorragie digestive massive
rendono difficoltosa l’esecuzione di tale procedura ma sono anche i casi in cui possiamo intervenire già in
endoscopia, somministrando adrenalina, posizionamento di clip per ridurre il sanguinamento. Le emorragie
massive sono quelle più difficili da gestire anche perché il paziente precipita, lo stato di shock subentra più
rapidamente. Quindi anche in questo caso attueremo delle misure di supporto, ma ricordiamo che lo scopo
rimane arrivare a individuare l’origine del sanguinamento per intervenire su di esso.
Una volta stabilizzato, il paziente va rianimato seguendo tutte le misure di stabilizzazione emodinamica.
Uso di un litro di cristalloidi continua ad essere lo standard.
Per le emorragie massive bisogna essere pronti a fare trasfusioni massive, che richiedono un attento
monitoraggio e precisi protocolli di gestione perché in questi casi la stessa trasfusione, quando arrivo ad
usare 2 o 3 sacche di sangue, potrebbe provocare:
- dei problemi di infusione,
- di riduzione fattori coagulazione,
- ipocalcemia,
- ipotermia,
- piastrine possono essere diluite o consumate
e tutto questo rema contro al ristabilimento delle condizioni del paziente. Questi protocolli prevedono che
assieme alle emazie concentrate vengano infuse piastrine, ma soprattutto plasma e fattori della coagulazione
per ripristinare la coagulazione.
I parametri che valuteremo saranno INR e classici parametri coagulativi, che però non sono sempre così
affidabili. Sta entrando in uso in tale senso l’analisi del trombo-elastogramma che permette di capire dove si
trova il problema, se dipende da difetto di parete, o da alterazione dei fattori della coagulazione, alterazione
del sistema di fibrinolisi o alterazione della capacità piastrinica di formare coaguli e in base a questa potremo
organizzare quella che oggi chiamiamo rianimazione della coagulazione.
Il trattamento prevede:
- Nil per os 🡪 (nihil/non/nulla per os);
- Fluid challenge (somministrazione di piccole quantità di liquidi per stabilire se il paziente ha una
riserva di precarico tale da sostenere un’ulteriore somministrazione);
- Ossigenoterapia;
- Emazie concentrate;
- PPI e.v.
L’introduzione di sondino nasogastrico in corso di ematemesi è indicata solamente in caso di pasto recente,
per conferma di riferito vomito ematico in assenza di segni visibili dello stesso, o in caso di vomito protratto.
In caso di melena o di sospetto sanguinamento da varici gastroesofagee è indicata direttamente l’EGDS, da
richiedere in urgenza esclusivamente in presenza di segni di shock e sanguinamento da varici gastroesofagee.
Terapia medica:
ha lo scopo di ridurre i risanguinamenti, la necessità di interventi chirurgici, la mortalità.
Si utilizzano:
- Farmaci che riducono la secrezione acida e innalzano il pH intragastrico (antiH2, PPIs),
- farmaci che riducono il flusso splancnico (somatostatina o octreotide), ma anche acido tranexamico.
- Vasopressina, glipeptide (?), beta bloccanti.
Tecniche di emostasi:
- Terapia iniettiva: adrenalina, cianoacrilato, colla di fibrina;
- Trattamento con clips metalliche, legature;
- Terapia coagulativa: argon, laser, bipolare o monopolare.
L’opzione chirurgica non va esclusa a priori. Un tempo venivano fatte delle gastroresezioni che oggi non
vengono più fatte. Talvolta per gastrite acuta una gastrectomia totale può essere unica misura salvavita
attuabile. Le indicazioni sono: sanguinamenti ricorrenti, resistenti al trattamento endoscopico o non
raggiungibili con l’endoscopia, pz anziani e scompensati, emorragie massive. Alcune strategie di prevezione
delle recidive prevedono la vagotomia, per i sanguinamenti alti o ulcere, in particolare, la piloroplastica,
l’antrectomia e la gastroresezione.
Le ulcere peptiche sanguinanti, in particolare, hanno un’incidenza di 50/100000 casi ogni anno. I
sanguinamenti delle ulcere duodenali sono a carico dell’a. gastroduodenale, ed è più frequente, quelli delle
ulcere gastriche sono a carico dell’a. gastrica, e può essere un epifenomeno del k gastrico. Ogg i si verificano
raramente per il maggiore utilizzo di PPI. Le cause principali sono le infezioni da H. Pylori, presenza di
gastrinoma e l’uso di FANS, steroidi. I fattori di rischio sono il consumo di alcol, fumo, l’età avanzata, lo stress.
L’80% delle ulcere smettono di sanguinare spontaneamente, il 30% dei casi va incontro a recidiva, la mortalità
è attorno il 2-10%, più bassa nei centri specializzati. La prevenzione delle recidive prevede il trattamento di
eradicazione di H.P., interruzione FANS e somministrazione di PPIs.
Cause gastroduodenali: ulcera peptica, ipertensione portale, gastropatia ipertensiva, Mallory-Weiss (può
riguardare sia stomaco che esofaco, talvolta preceduto da comparsa di ematoma sottomucoso), tumori,
lesioni di Dieulafoy (piccole angiodisplasie), malformazioni arterovenose.
Nella gastrite emorragica potremo osservare forme atrofiche o ipertrofiche, l’intervento chirurgico è
insoddisfacente. Nel cancro si procede con emostasi ed angioembolizzazione, il trattamento chirurgico
permette un maggior controllo del sanguinamento (ma comunque va fatto per rimuovere il tumore). La
sindrome di Mallory-Weiss abbiamo detto prevedere dissezione di mucosa e sottomucosa, trattamento
endoscopico, spesso necessità di collaborazione endoscopico-chirurgica per una gestione ottimale.
Cause coloniche: diverticolite, emorroidi, colite ischemica, neoplasie, malformazioni arterovenose, malattie
infiammatorie intestinali.
Non dare mai per scontato che la comparsa di sanguinamento rettale sia causata da emorroidi perché non
possiamo essere sicuri che siano dei polipi nel colon a sanguinare. Fare sempre attenzione ai segni clinici e
valutare se opportuno eseguire una colonscopia.
I diverticoli sono una causa frequente, e dipendono da un quadro infiammatorio di questo tipo di
invaginazioni della parete intestinale. Solitamente il sanguinamento è autolimitante, soprattutto se si
interviene tempestivamente a correggere le alterazioni della coagulazione. La chirurgia si riserva ai casi più
gravi, emorragie massive o ricorrenti e consiste in interventi di resezione segmentaria o colectomia.
Le angiodisplasie del colon sono comuni. L’aumento delle diagnosi dipende dall’uso più frequente
dell’endoscopia. Si tratta di dilatazioni di arteriole e venule della sottomucosa, il meccanismo non è noto. I
fattori di rischio sono l’età avanzata, la presenza di comorbidità, l’uso di anticoagulanti, malattie renali e
collagenopatie. le possibilità terapeutiche sono le seguenti: ablazione endoscopica (Nd:YAG laser, argon
beam, coagulazione bipolare), embolizzazione angiografica, chirurgia (resezione segmentaria, suture).
Le malattie infiammatorie intestinali, soprattutto in passato, sono spesso associate a sanguinamento. Il
trattamento spesso prevede resezione del tratto intestinale interessato. Il trattamento cortisonico,
antifiammatorio, talvolta anche locale, ad oggi consente di gestire il paziente senza necessità di intervenire
chirugicamente e di dover creare una stomia.
Nella colite ischemica il tratto di intestino interessato viene rivascolarizzato grazie ai circoli collaterali. In
questi pz episodi ipertensivi o di altro tipo possono portare a sanguinamento di queste regioni più fragili per
via dell’ischemia. È soprattutto a carico della mucosa, per la sua lontananza dai vasi e minore
vascolarizzazione. Il trattamento è medico. Si tratta di pazienti fragili per cui spesso un evento di questo tipo
può essere terminale.
In presenza di sanguinamenti bassi o comparsa di sangue occulto nelle feci, dovremo sospettare la presenza
di carcinomi, si tratta di una diagnosi che dovremo andare a eslcudere sempre, soprattutto se di recente
insorgenza.
L’infarto intestinale può dare sanguinamento, ematochezia, fino a diarrea ematica, talvolta si ha comparsa
di shock e/o di un quadro peritonitico. Questa condizione necessita di una diagnosi rapida e di intervento
tempestivo.
Cause del piccolo intestino: malformazioni arterovenose (angiotc, scintigrafia, videocapsula… ci sono molte
possibilità diagnostiche ma rimane una diagnosi difficile), diverticolo di Meckel’s (spesso paziente
asintomatico tutta la vita, sintomi talvolta simil appendicite acuta, talvolta è parafisiologico con tessuto
mucoso-gastrico che produce acido cloridrico, con danno ai tessuti e sanguinamento), malattie
infiammatorie intestinali. Carcinoma gastrico: si cerca di ottenere una prima emostasi con angio-
embolizzazione seguita da trattamento chirurgico definitivo programmato con intento di resezione ed
eliminazione della lesione e i suoi margini (bonifica).
Le varici esofagee sono le cause più comuni. Le altre cause più comuni sono: ulcera peptica, gastriti, Mallory-
Weiss, esofagite erosiva, ingestione di caustici2 .
Cause meno comuni (5%): tumori orofaringei, esofago, stomaco, teleangectasie, emobilia, sindrome di
Boerhave3 (La sindrome sopraggiunge tipicamente a seguito di forte vomito. Consiste in una perforazione
2 Citata per completezza, anche se si tratta di una condizione a sé stante, con dei suoi rischi e un suo trattamento.
3 lacerazione della mucosa esofagea che può manifestarsi con mediastinite ed emorragia.
transmurale dell'esofago (ossia dell'intera parete), distinta dalla sindrome di Mallory-Weiss, che è una lesione
non-transmurale dell'esofago, anch'essa associata al vomito. Dal momento che è generalmente associata al
vomito, di solito la sindrome di Boerhaave non è spontanea), assunzione di anticoagulanti. Si tratta qui di una
rottura spontanea della parete dell’esofago per vomito. Emopatie, tao (prima Coumadin molto più rischio).
Fisiopatologia varici esofagee: a livello della regione cardiale e del fondo gastrico è presente uno shunt
porto-cavale naturale in cui il circolo può facilmente invertirsi. Metà di tutti i pazienti cirrotici sviluppano
varici. Il 30% sanguina entro due anni dalla diagnosi iniziale.
La diagnosi si basa sul riscontro di aspetti clinici tipici del cirrotico (spider naevi, ascite, facies, fetor, ittero,
atrofia testicolare, eritema palmare) e i reperti endoscopici (varici, gastrite da IP).
Le possibilità terapeutiche consistono nel
controllo temporaneo in urgenza (lavaggio
ghiacciato, sonda di Blackemore), controllo a
breve termine (endoscopia e sclerosi, tips in
emergenza), controllo a lungo termine (tips e
anastomosi porto cavale). In emergenza si
useranno farmaci come la vasopressina e
octreotide (attenzione a bradicardia e
ischemia da vasopressina). La farmaco-
profilassi, invece, prevede la
somministrazione di beta bloccanti con o
senza nitroderivato, e octreotide.
SHOCK
‘’rude inceppamento del meccanismo della vita’’ S. Gross
Definizione:
1. “Insufficienza circolatoria o metabolica generalizzata caratterizzata da perfusione tessutale
inadeguata, assoluta o relativa, con conseguente sofferenza cellulare”. Questa definizione è
importante in quanto sottolinea lo stato di deficit di riperfusione tessutale con danno metabolico
cellulare che si instaura in corso di shock.
2. “sindrome causata da una ridotta perfusione a livello sistemico con conseguente sbilanciamento fra
la disponibilità di ossigeno e la sua domanda metabolica a livello tissutale che, se non trattata, ha
evoluzione rapida e ingravescente fino alla morte del paziente”.
Infatti, il flusso ha il ruolo di fornire ossigeno e nutrienti ai tessuti, rimuovere cataboliti. Di conseguenza, una
condizione di flusso insufficiente conduce a disfunzione cellulare, per i risvolti biochimici e metabolici che
conosciamo, con morte e necrosi dei tessuti, fino a insufficienza d’organo e morte dell’individuo.
Classificazione eziologica
1. Emorragico: riduzione della
pressione e riduzione della gittata;
2. Cardiaco (cardiogeno + ostruttivo):
aumento della pressione e riduzione
della gittata;
3. Settico: può verificarsi sia aumento
che riduzione della gittata cardiaca.
4. Neurogeno
5. Anafilattico
Il quadro generale è comune a tutti i tipi di
shock. È ciò che osserviamo in caso di
emorragia digestiva, ma anche in caso di
trauma.
Clinica (integrazione)
- Valutazione della cute (pallida, fredda e sudata). Il paziente è pallido perché è vasocostretto per risposta
noradrenergica. Questa risposta nei bambini è molto più accentuata, hanno una risposta agli ormoni
migliore rispetto un paziente di 50 anni;
- Agitazione e alterazione dello stato di coscienza dovuti all’ipossia;
- Tachicardia, per mantenere la gittata 4 ;
- Tachipnea;
- Ipotensione;
- Contrazione della diuresi. Ricordiamo che l’organo che meglio ci indica lo stato ipovolemico del nostro
paziente è il rene (ovviamente se sono in mezzo alla strada non posso valutarla).
Secondo l’American College, di questi sei segni, tre sono fondamentali perché ci dicono che il paziente sta
sanguinando:
1. valutazione della cute (pallida e fredda),
2. tachicardia
3. alterazione dello stato di coscienza.
Quindi la prima cosa da fare è capire che il mio paziente è in stato di shock. Una volta individuato il problema
dovrò occuparmi di risalire alle cause dello shock.
In acuto sarà fondamentale capire, prima di tutto, se si tratta di shock ipovolemico (emorragico / ustioni),
perché tutti si presentano con lo stesso quadro. Pensiamo al caso di un paziente politraumatizzato, o quello
da pneumotorace iperteso (shock ostruttivo), al tamponamento cardiaco ACUTO, o a quello cardiogeno (o
per contusione cardiaca o il trauma, immaginiamo un incidente avvenuto perché il paziente ha avuto
un’ischemia miocardica); oppure ancora a quello settico, che è correlato sempre al meccanismo del trauma
e che comunque si sviluppa in un secondo momento; a quello neurogeno, che è legato ad una ipofunzione
del sistema simpatico per lesione cervicale, ad esempio, e che si differenzia dagli altri tipi di shock per la
bradicardia e per la cute calda e rosea.
Il nostro obbiettivo è SEMPRE escludere uno shock emorragico, dopo penso agli altri. Per avere conferma
faremo RX torace, bacino ed eco FAST, che è quella che in assoluto mi dice più velocemente cosa c’è dentro
l’addome.
In caso di shock emorragico, dovremo poi individuare la sede, l’origine del sanguinamento. Il versamento di
sangue potrà andare a raccogliersi in diverse sedi:
TERAPIA
Prevede il trattamento della condizione che ha causato lo shock, delle alterazioni fisiopatologiche sottostanti.
Infine, prevenzione delle complicanze e delle conseguenze.
Terapia iniziale: con paziente in posizione supina in lieve trendelemburg e ossigenazione 5-10 L/min. Si
posiziona un accesso venoso, eseguo emocromo, elettroliti, funzione renale, EGA, coagulazione, emogruppo,
enzimi cardiaci; si somministrano fluidi in base alla causa; si esegue cateterismo urinario per esame delle
urine e controllo della diuresi; si ricerca la causa per terapia specifica.
Terapia dello shock emorragico: fermare l’emorragia, somministrazione di colloidi, cristalloidi, sangue;
mantenere la temperatura e la pressione sistolica. I target di pressione sistolica sono 90 mmHg nei traumi
penetranti, 100 in quelli chiusi e 120 nei cranici.
Terapia dello shock cardiogeno: liquidi, dopamina, dobutamina, noradrenalina o altri ionotropi,
vasodilatatori, rivascolarizzazione, contropulsazione, by-pass o trapianto.
Terapia dello shock settico: liquidi, dopamina, antibiotici empirici o specifici se possibile, eparina se CID,
terapia chirurgica se c’è indicazione. 🡪 indicazioni fornite e aggiornate periodicamente da surviving septic
shock group.
Terapia dello shock neurogeno: in caso di sezione del midollo spinale, in cui si ha soppressione della
secrezione di adrenalina e noradrenalina sia dal surrene che a livello simpatico con discrepanza tra volume
ematico e letto vascolare. Somministrerò dopamina o analoghi.