Sei sulla pagina 1di 10

LEZIONE DEL 4/04/2022

PROFESSORE DI BELLA

MALATTIE APPARATO CARDIOVASCOLARE


Gli argomenti che verranno trattati in questa seconda lezione di malattie dell’apparato
cardiovascolare saranno:
❖ EMBOLIA POLMONARE
❖ STENOSI AORTICA
❖ ENDOCARDITI
❖ PRESSIONE ARTERIOSA E IPERTENSIONE ARTERIOSA

EMBOLIA POLMONARE
È una tra le complicanze peggiori a cui bisogna far fronte. Si tratta di un’ostruzione
totale o parziale di un ramo dell’arteria
polmonare, dovuta alla presenza di materiale
embolico spesso di natura fisica. Non è invece di
natura gassosa perché in quel caso è da
attribuire tipicamente ai sub, che facendo una
risalta rapida dalle immersioni, vanno incontro
alla formazione di bolle d’aria che determino
l’ostruzione del circolo arterioso polmonare.
Rara potrebbe essere la forma dovuta alla
presenza di liquido amniotico, condizione che
però si sviluppa principalmente in una donna in
gravidanza. Altre volte il materiale embolico potrebbe essere di natura grassosa, in questo
caso questo tipo di conformazione viene causata da un intervento chirurgico in cui si ha un
contatto diretto del tessuto adiposo con il sangue. Quelle invece di natura frequente sono
di tipo solido, dovuta prettamente a materiale di tipo trombotico che si va a localizzare
nelle gambe (trombosi venosa degli arti inferiori), e che dopo una mobilizzazione forzata,
dalle gambe giunge all’arteria polmonare.
È una malattia che è strettamente e frequentemente associata con la trombosi venosa
profonda (TVP) perché in alcuni reparti, specialmente quelli in cui si ha una mobilità
ridotta, tutti i pazienti assumono anticoagulanti per via sottocutanea (eparina) per
prevenire la TVP.
Un arto con TVP, rispetto al controlaterale, si mostrerà:
o Più gonfio
o Più caldo
o Possibilità di improntare gli edemi
È importante conoscere questa condizione per la professione del fisioterapista, in quanto
alcune manovre effettuate possono portare al distacco del trombo e di conseguenza
innescare così la TVP.
La correlazione tra la TVP e EP, fa si che spesso si parli di trombo embolia polmonare,
malattia che è legata a mortalità.
È una malattia relativamente frequente,
associata ad un elevata mortalità.
Ovviamente ci sono dei fattori di rischio
che aggravano questa situazione. Nelle
donne è dato dall’utilizzo di
anticoncezionali orali associato al fumo
di sigaretta, che innescano un
meccanismo di coagulazione che tende
a formare TVP.
Questa situazione è facilitata da
condizione di stasi degli arti inferiori.
Nell’embolia polmonare si verifica un processo relativamente semplice. Al polmone arriva
sangue attraverso il circolo polmonare e quindi l’arteria polmonare, ma arriva aria anche
attraverso le vie aeree. Aria e sangue si interfacciano e si scambiano così CO2 e O2, di modo
che il sangue si pulisca dall’anidride carbonica e venga portato nuovamente ai tessuti.
Se è presente una parte di questo sistema che non funziona, e di conseguenza non arriva
sangue al polmone, questo tipo di meccanismo molto fine di ematosi viene ad alterarsi. Si
creerà così una discrepanza tra il polmone ventilato e quello perfuso. Avremo tutto il
polmone ventilato (perché comunque arriva aria), ma una parte di polmone non sarà
perfuso perché non arriverà sangue. Di conseguenza si andrà a ridurre lo scambio di anidre
carbonica e l’incremento di ossigeno.
L’incidenza di questa patologia aumenta con l’aumentare dell’età poiché di fatto
s’incrementa la sedentarietà del paziente.
Sussistono delle situazioni legate a fattori
primari, ovvero il paziente mostra già di per
sé un’alterazione del sistema di
coagulazione. Come è noto nella cascata
della coagulazione vengono ad intersecarsi i
fattori pro coagulanti e fattori fibrinolitici, i
quali risultano essere perfettamente
equilibrati. Risulta ovvio che se questo
equilibrio viene a mancare si verrà a creare
un vero e proprio deficit.
Esistono anche fattori secondari che spesso vengono associati ai fattori primari,
incrementando cosi un deficit alla coagulazione.
Per quanto riguarda i fattori di rischio, sia che si
parli TVP che di EP, sono gli stessi poiché come è
stato già___0 detto in precedenza da uno
dipende l’altra.
Grazie all’ecografia può essere visualizzato il
trombo all’interno della vena, dove sarà proprio
visibile il materiale iperecogeno.

Nonostante è stato detto che TVP ed EP siano strettamente collegate, spesso è possibile
che si verifichi un EP senza che ci sia una TVP. Questo accade perché tutto il trombo
potrebbe staccarsi dalle vene e dunque frammentarsi totalmente. Quindi dal punto di vista
clinico si avrà di fronte un’importante EP con assenza di una TVP.
I fattori che invece determinano l’alta mortalità della patologia, sono essenzialmente due:
o ALTERZIONE RESPIRATORIA
o ALTERAZIONE EMODINAMICA
Questi due fattori sono predisponenti per
una morte improvvisa o un arresto cardiaco.
Ciò che succede nella pratica è che: qualora
si andasse ad ostruire l’arteria polmonare, il
sangue non passerebbe e si andrebbe ad
accumulare nel ventricolo di dx. facendo
aumentare la pressione al suo interno. Il
ventricolo di dx è una camera abbastanza
sottile con basse pressione che si dilata perché deve accumulare costantemente. Ma
questa dilatazione eccessiva farà si che il setto interventricolare si sposterà verso sx e
andrà a ridurre il ventricolo di sx, facendolo diventare piccolo in quanto tutto lo spazio sarà
occupato dal ventricolo di dx. Dato che la pressione arteriosa dipende da stroke volume e
dalla gittata di sangue per le resistenze periferiche, se il ventricolo è piccolo potrà
accogliere poco sangue e di consegue espellerne altrettanto poco. Di conseguenza si avrà
una bassa pressione a sx, che a sua volta causerà un’instabilità emodinamica che potrà
portare ad uno shock e quindi a morte improvvisa.
L’EP purtroppo è una patologia abbastanza complessa, in cui si ha una fase di criticità
ovvero il paziente presenta un’instabilità emodinamica e in questo caso bisogna aprire il
vaso immediatamente e fare fibrinolisi;
oppure una fase di stabilità critica senza
impegno emodinamico in cui la pressione è
sicuramente migliore e il paziente è più
stabile.

Per quanto riguarda i sintomi sono molto aspecifici:


o DISPNEA
o DOLORE TORACICO
o TOSSE
o SINCOPE
o PALPITAZIONI
Il paziente potrà mostrare:
o SINDROME RESPIRATORIA (dovuta alla manca di ossigeno)
o SINDROME CARDIACA
o SINDROME NEUROLOGICA (senso di angoscia, ansia e sincope)
Poter fare diagnosi risulta estremamente difficile, motivo per cui l’unico esame che risulta
veritiero è l’angiotac dove grazie al mezzo di contrasto è possibile poter vedere il trombo.
Da risultati abbastanza apprezzabili un esame del sangue in cui viene valutato
particolarmente il D-dimero, ovvero un fattore di degradazione del fibrinogeno, che in
maniera molto rapida permette di
ricavare delle informazioni sul grado di
fibrinolisi. Il D-dimero è importante
perché ha un elevato potere predittivo
negativo. Ciò significa che se si ha un
trombo nel corpo, allora il D-dimero
risulterà positivo; al contrario se il
risultato sarà negativo allora si avrà
assenza di un trombo.
Tramite l’esame del sangue viene
anche rilevata la Troponina, che
esprime la gravità di sofferenza
del muscolo cardiaco e di
conseguenza dell’EP.

Risulta fondamentale anche la scintigrafia


polmonare, grazie alla quale è possibile vedere
come una parte del polmone è perfuso in
maniera nettamente minore rispetto alla parte
ventilata, riprendendo così quella che è la
fisiopatologia dell’EP.
Ma ad oggi la metodica più utilizzata per poter
fare diagnosi e l’angiotac del polmone. Essa
funziona in maniera molto semplice. Viene
iniettato un mezzo di contrasto e poi questo viene acquisito quando si troverà in arteria
polmonare dove sarà perfettamente visibile il trombo.
Per un fisioterapista risulta indispensabile conoscere questo tipo di patologia perché
avendo a che fare in primis con il paziente si ha contezza di quelli che posso essere
eventuali segni o sintomi, facendo così immediatamente diagnosi e di conseguenza capire
come trattare quel tipo di paziente.

STENOSI AORTICA
È una patologia tipica dell’anziano. Si assiste allo stesso processo di aterosclerosi che si ha
a livello delle valvole, ma in questo caso si avrà a livello della valvola aortica. Non è altro
che un ristringimento dell’orifizio valvolare dovuto a dei processi patologici che colpiscono
i lembi, le commessure o l’anello valvolare. La valvola ristretta va ad ostacolare lo
svuotamento del ventricolo sinistro in sistole, rendendo necessario che aumenti la
pressione intraventricolare perché si instauri fra il ventricolo sinistro e l’aorta un gradiente
pressorio tale da consentire un normale flusso anterogrado.
La valvola aortica risulta nella sua anatomia
abbastanza complessa, e durante il progredire
di questa patologia diventa calcifica. Calcifica
perché vi è la deposizione di materiale
prettamente fibrotico a livello delle cuspidi
valvolari aortiche, riducendo così l’apertura
valvolare.
Si verificherà dunque che il cuore dovrà
vincere una resistenza di una valvola che sarà
più dura (meno estendibile). Il suo
adattamento consisterà in un’aumentata ipertrofia ventricolare.
A livello della valvola questo determinerà che il
flusso attraverso la valvola avrà un maggiore
velocità di fuoriuscita, ma avrà una quantità
minore.
È una condizione che a lungo andare comporta
dei danni a livello del cuore, perché un cuore
grosso farà si che questa ipertrofia
ventricolare risulterà insostenibile e sfocerà
verso quello che si chiama scompenso
cardiaco o ischemia.

Altra situazione più fine ed interessante è che questo sangue che ne passa poco ma con
un’alta velocita, determina un effetto particolare ovvero una sincope. Questo effetto viene
prettamente determinato dai barocettori, i quali vengono ingannati da questo deficit di
flusso sanguigno e anziché vasocostringere, eseguono un’azione vasodilatante abbassando
la pressione e facendo si che il paziente svenga.
Come sintomatologia essa presenta:
o Angina pectoris
o Sincope
o Dispnea
Avere questi sintomi, significa essere di fronte ad una prognosi infausta, di conseguenza
bisogna immediatamente trattare il paziente con l’inserimento di una nuova valvola. La
nuova valvola può essere posizionata tramite un intervento cardiochirurgico convenzionale
dove si attua al paziente una sternotomia; oppure da circa una quindicina di anni c’è la
possibilità di andare ad inser8ia una valvola per via percutanea chiamata TAVI.
Quest’ultimo intervento prevede l’accesso dall’arteria femorale, si arriva sulla valvola
aortica e li in sede gonfiare una valvola nuova. La nuova valvola presenterà una rete
metallica sulla quale sono montati dei lembi di tessuto bovino. Questo tipo di operazione
non è indicata a tutti i tipi di paziente, ma viene dedicata a ci è ad alto rischio chirurgico.

ENDOCARDITI
Già la stessa parola dice di che si tratta, ovvero un’infiammazione dell’endocardio (la
tonaca esterna del cuore) che generalmente si localizza sulle superfici valvolari. Attenzione
però, alle volte può essere intaccato anche l’apparato valvolare come per esempio corde
tendinee o i muscoli papillari. Questa condizione ha una caratterista, quando infatti si
forma un’infiammazione a tale livello si viene a determinare una struttura neoformata
simile che si chiama Vegetazione.
Associata a questa patologia vi è purtroppo un’altissima mortalità.
Il suo profilo epidemiologico è negli anni cambiato, infatti:
Ad oggi però si sono aggiunti altri
due fattori predisponente allo
sviluppo della patologia, si tratta
dell’abuso di stupefacenti e in
particolare dell’eroina, e dell’eccesso
di procedure invasive che possono
determinare batteriemia.
Sono tantissimi batteri i che posso
dare endocardite batterica, e in funzione di essi vengono colpite in maniera differente le
valvole native da quelle protesiche.
Per capire al megli9o quello che succede nell’endocardite batteria dobbiamo però fare un
piccolo ragionamento, partendo dall’endoteli9o valvolare. Questo continuamente si apre e
si chiude ed è fisiologicamente soggetto a un passaggio di sangue ad elevate velocità,
all’impatto del sangue sulla valvola, che creano delle micro lesioni. Queste micro lesioni
nella normalità dei casi vengono sempre
curate e qu8indi pulite. Il problema
sussiste quando attraverso la cute o le
mucose o anche l’intestino, un germe
anche transitoriamente arriva su quella
valvola e la può colonizzare e infettare. Se
coincide una batteremia transitoria e il
danno endoteliale si può formare questa
colonizzazione, e l’infiammazi9one della
valvola che prima era abatterica risulterà essere batterica e diventare una vegetazione
matura.
Ovviamente in una valvola normale attecchisce poco perché i8l danno sarà poco, ma in
una valvola malata essendo più vulnerabile la batteremia colonizzerà più facilmente
formando questa massa all’interno della valvola o meglio attaccata ad essa.
Sono tantissimi i fattori o meglio ancora le situazioni predisponenti di batteremia:
o CAVO ORALE
o APPARATO BRONCO POLMONARE
o APPARATO GENITO-URINARIO
o TERAPIE IMMUNOSOPPRESSIVE
La vegetazione endocardica si mostra come una massa amorfa di piastrine e fibrina con
abbondante contenuto di batteri e cellule
infiammatorie. Il rischio legata ad essa
potrebbe essere che si frammenti, ed
essendo nella valvola mitrale potrebbe
arrivare alle coronarie ed embolizzare
dando vita anche ad ischemia.

La diagnosi di endocardite si basa sia sulla clinica che sugli esami strumentali. All’ispezione
del paziente infatti potranno essere presenti ischemie periferiche. La diagnostica per
immagini ci viene invece in aiuto con l’ecografia cardiaca che permetterà di vedere in
maniera limpida l’infiammazione e anche la
massa. Potrebbero essere utili ma spesso
aspecifici gli esami di laboratorio

Per quanto riguarda la terapia, questa è di tipo antibiotica con lo scopo di giustiziare tutti i
germi presenti nel focolaio sepsigeno a livello cardiaco. Dato che le vegatzi9oni sono
scarsamente irrorate è indispensabile l’utilizzo di antibiotici battericidi con un alto
dosaggio. Devono essere somministrati per tempi prolungati, e alle volte associati a terapie
antibiotiche sinergiche
PRESSIONE ARTERIOSA E IPERTENSIONE ARTERIOSA
Quando si parla di pressione arteriosa si fa riferimento alla valutazione della pressione che
è possibile rilevare in arteria. Questo tipo di pressione è dovuta dalla pressione che si
esercita nelle pareti arteriose, a sua volta dovuta due fattori:
o Resistenza periferica
o Volume di sangue (quantità di sangue che i8l cuore espelle in un battito)
La pressione arteriosa viene regolata dai:
o BAROCETTORI
o SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE
o VOLUME DI LIQUIDI EXTRACELLULARI
Tra questi bisogna ben attenzionare il sistema renina-angiotensina-aldosterone. Perché
attraverso l’enzima ACE vi è la sintesi dell’angiotensina. L’angiotensina crea tensione nei
vasi e qui8ndi fa vasocostrizione. L’angiotensina però attiva anche l’aldosterone che a sua
volta riassorbe sodio e richiama acqua, aumentando la pressione. L’aumento della
pressione, attiva il sistema nervoso simpatico che tende anch’esso a vasocostringere e a
comportare un aumento di pressione arteriosa.
I farmaci antipertensivi vengono infatti chiamati ACEinibitori, bloccanti dell’angiotensina,
antialdosteronici. Di base vanno a bloccare questi sistemi che danno vasocostrizione,
dando così l’effetto contrario ovvero vaso dilatazione.
Se sussiste un paziente che fa una terapia in cui assume diuretico, questo riduce la
volemia, e di conseguenza anche il diuretico riduce la pressione arteriosa.
Si parla di ipertensione arteriosa quando la
pressione arteri9osa si trova al disopra di certi
valori normali che sono stai decisi dalla comunità
scientifica, ovvero 140/90.
Solitamente l’ipertensi9one, nella stragrande
maggioranza dei casi, viene definita ESSENZIALE
ovvero non dipende da una causa. In alcuni casi,
quando sussistono malattie spesso endocrine, essa
viene definita SECONDARIA.
Potrebbe essere secondaria perché vi è:
o IPERTENSIONE NEFROVASCOLARE
o IPERTENSIONE NEFROPARENCHIMALE
o FECROMOCITOMA (tumore delle cellule cromaffine)
o IPERALDOSTERONISMO PRIMARIO (MORBO DI CONN)
o SINDROME DI CUSHING
o COARTAZIONE DELL’AORTA (ostruzione del lume aortico)
o IPERTENSIONE INDOTTA DA FARMACI (fans, corticosteroidi, contraccettivi orali,
liquirizia)
La differenza tra quella essenziale e secondaria sta anche nell’espressività, infatti la prima
risulta svilupparsi principalmente in un’età superiore ai 55 anni, mentre la seconda tende a
svilupparsi anche nei giovani.
L'ipertensione arteriosa è conosciuta anche come “killer silenzioso”, perché non comporta
alcun sintomo e agisce nell'ombra, degenerando in complicanze severe, talvolta dall'esito
mortale.
La terapia dell'ipertensione si fonda sull'importante obiettivo di riportare nella norma i
livelli pressori alterati.
Per conseguire tale obiettivo, è fondamentale: ridurre il consumo di sale, praticare
regolarmente l'attività fisica, seguire una dieta sana ed equilibrata, seguire una terapia
farmacologica appropriata (se i rimedi precedenti non sono sufficienti) e curare in modo
specifico la causa (se ce n'è una) dell'innalzamento patologico della pressione arteriosa.

Potrebbero piacerti anche