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APPUNTI DI

NEUROCHIRURGIA

A CURA DI MARGHERITA CASTALDO

ASM GLOBULI ROSSI


Associazione studenti medicina
Globuli Rossi

Il presente documento è stato realizzato da Margherita Castaldo ed


è stato messo gratuitamente a disposizione di tutta la comunità
studentesca.
Questo fascicolo non si vuole assolutamente sostituire al libro di
testo ma vuole essere semplicemente un supporto allo studio della
materia.

Quest'opera è soggetta a licenza Creative Commons.

Attribution-NonCommercial-NoDerivatives

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Associazione studenti medicina


Globuli Rossi
INDICE
IPERTENSIONE ENDOCRANICA………………………………………..1
IDROCEFALO……………………………………………………………………9
NEURORADIOLOGIA………………………………………………………17
EMORRAGIA SUBARACNOIDEA……………………………………..22
Ipertensione Endocranica
La causa più frequente di decesso e disabilità neurologica è legato all’ipertensione endocranica
incontrollata. Valore soglia della ICP: > 20-25mmHg. Normale: 7-15mmHg in posizione supina, -
10mmHg in posizione ortostatica.

Circolazione Liquorale

Il liquor è un fluido chiaro ed incolore con diversa composizione elettrolitica rispetto a quella del
plasma, di cui non ne rappresenta solo un prodotto di ultrafiltrazione, ma un vero e proprio
prodotto di secrezione dell’epitelio corioideo. I plessi corioidei sono delle strutture riccamente
vascolarizzate (lo stroma è formato da una rete capillare separata dallo spazio subaracnoideo per
mezzo della pia madre e delle cellule ependimali corioidee), localizzati a livello del tetto di terzo e
quarto ventricolo e lungo la fessura corioidea (parete mediale dei ventricoli laterali). Il liquor è
prodotto per la maggior parte dai plessi corioidei ventricolari (una piccola parte deriva dal
rivestimento ependimale dei ventricoli e dal liquido extracellulare del parenchima cerebrale) ed ha
un volume complessivo di 150ml (125ml nel cranio: 25ml nei ventricoli e 100ml nello spazio
subaracnoideo). La secrezione liquorale è di circa 0,35-0,40ml/min, con una produzione
giornaliera di 450-500cc, e in condizioni normali circa il 50% del volume totale viene sostituito
ogni 5-6 ore. E’ pertanto essenziale che il liquor possa defluire dalla cavità cranica.
Il liquor scorre dai ventricoli laterali al terzo ventricolo (foro interventricolare del Monro) e,
attraverso l’acquedotto cerebrale, passa nel quarto ventricolo. Dal quarto ventricolo, il liquor
passa nella cisterna magna tramite il foro di Magendie, e nello spazio subaracnoideo
pontocerebellare tramite i fori del Luschka. Il flusso liquorale nello spazio subaracnoideo è
caratterizzato da una componente rapida (onda sistolica che si propaga dalle grandi arterie situate

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nelle cisterne basali e negli altri spazi subaracnoidei ad ogni ciclo cardiaco) e una lenta (flusso
lento di diffusione), che complessivamente spingono il liquor in direzione superolaterale sulla
superficie encefalica. La circolazione liquorale dipende inoltre dalla continua produzione del
liquor stesso. Sulla superficie encefalica il liquor viene riassorbito dai capillari cerebrali per
diffusione attiva, grazie al gradiente pressorio esistente tra il compartimento liquorale e
l’interstizio, per passare infine nel sistema venoso.
Si ritiene che le granulazioni aracnoidee (corpi del Pacchioni) e i villi aracnoidi siano la sede
principale di riassorbimento del liquor dallo spazio subaracnoideo nel torrente circolatorio,
sebbene il preciso meccanismo non sia mai stato descritto. Le granulazioni aracnoidee sono
estroflessioni focali dell’aracnoide e dello spazio subaracnoideo attraverso le pareti dei seni venosi
durali. Studi recenti hanno mostrato inoltre che il liquor inoltre potrebbe essere riassorbito anche
lungo tutta la superficie dei ventricoli. In aggiunta a ciò, le granulazioni potrebbero essere
implicate nella dissipazione dell’onda pressoria che investe lo spazio subaracnoideo durante la
sistole arteriosa.

LIQUOR PLASMA

Cloruri 695-795 mgr% 355-381 mgr%

Glucosio 40-80 mgr% 70-110 mgr%

Calcio 4-7 mgr% 9-10.5 mgr%

Potassio 11-16 mgr% 13-21 mgr%

Sodio 300-345 mgr% 310-356 mgr%

Azoto non proteico 15-19 mgr% 25-30 mgr%

Proteine (ventricolo) 5-15 mgr% 6.5-7.9 g%


Albumina 60% 63%

Globuline 35% 36%

Il cranio è una struttura inestensibile, scarsamente elastica, che riesce ad adattarsi fino ad un certo
limite ad un qualsiasi processo che si realizzi al suo interno. La Pressione Intra-Cranica (PIC) è la
somma dei volumi dei tre elementi principali contenuti nella scatola cranica:
- l’encefalo
- il sistema liquorale
- i vasi.
L’aumento di una di queste componenti può avvenire unicamente a scapito delle altre due, visto che
il contenitore è di fatto inespansibile. Vi sono pertanto 4 possibili meccanismi di aumento della
pressione endocranica:
1. Ostacolato deflusso liquorale per ostruzione del sistema ventricolare (idrocefalo)
2. Ostruzione del sistema di riassorbimento (meningite)
3. Riduzione dello spazio nella cavità cranica per lesione espansiva o edema associato (massa
neoplastica)
4. Ostruzione del sistema venoso cerebrale (trombosi).

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L’ipertensione endocranica condiziona la comparsa di deficit neurologici la cui evoluzione è in
rapporto al tempo di insorgenza e all’efficacia dei meccanismi di compenso. COMPLIANCE:
capacità dell’encefalo di adattarsi all’aumento di volume delle singole componenti, conservando
una pressione costante.
- Curva pressione/volume normale: entro certi limiti,
l'aumento del volume di una delle componenti intracraniche
non produce un aumento della pressione.
Compenso: spostamento del liquor verso gli spazi
subaracnoidei spinali; spostamento del sangue venoso verso i
seni venosi e le giugulari; ridotto afflusso di sangue arterioso
per compressione dei vasi; ridotta componente meccanica (nel
bambino le fontanelle non sono ancora chiuse e il cranio si
può ingrandire).
Quando i meccanismi di compenso sono esauriti, si assiste ad
un incremento esponenziale della PIC.

- Curva pressione/volume patologica: a modesti incrementi


del volume di una componente intracranica corrisponde una
repentino aumento della pressione con sviluppo di
ipertensione endocranica.

Regolazione PIC/Circolo
AUTOREGOLAZIONE: capacità dei vasi arteriosi di variare
il loro calibro per mantenere costante il flusso e quindi la
perfusione.
Volume ematico: 200ml (soprattutto vene).
Pressione di Perfusione Cerebrale: 80-90mmHg (>70mmHg)
= Pressione Arteriosa Media – PIC.
In seguito all’ipertensione intracranica, si può determinare ischemia cerebrale mediante la riduzione
della perfusione cerebrale (CPP = PAM – PIC). L’ autoregolazione agisce tra 50-150 mmHg di
CPP. Al di fuori di questi valori, il CBF dipende dalla CPP.

Un brusco aumento pressorio determina incuneamenti di parti della sostanza cerebrale:


- Ernia od incuneamento delle tonsille cerebellari attraverso il
forame magno (compressione del bulbo: “cerebellar fits”)
- Ernia sovratentoriale
- Cingolata: un aumento di pressione nel settore
dorsale di un emisfero fa sì che il giro cingolato si
insinui sotto il margine libero della falce cerebrale,
sopra il corpo calloso, espandendosi verso
l'emisfero opposto (distorsione e compressione di
vasi sanguigni, in particolare della vena cerebrale
interna e dell'arteria cerebrale anteriore)
- Transtentoriale: spostamento verso il basso degli
emisferi e dei nuclei della base con compressione e
dislocamento del diencefalo e del mesencefalo
rostrocaudalmente attraverso l'incisura del tentorio

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(spostamento verso il basso di mesencefalo e ponte, ostacolo al flusso liquorale,
alterazioni ischemiche)
- Uncale: impegno della parte inferomediale del lobo temporale nello spazio tra la faccia
laterale del mesencefalo ed il bordo libero del tentorio (compressione di mesencefalo e
ponte, ostacolo al flusso liquorale, alterazioni ischemiche).

La compressione del parenchima cerebrale, ne comporta una deformazione associata ad


alterazioni ischemiche e metaboliche e quindi edema del tessuto stesso, con il risultato di un
ulteriore aumento dell’effetto compressivo.

Eziologia
- Masse endocraniche neoplastiche
- Masse endocraniche non neoplastiche
- ematomi, aneurismi, emorragie, igromi
- ascessi
- amartomi, teratomi
- lesioni parassitarie (cisti da cisticerco)
- granulomi (sarcoidosi, tubercolosi, sifilide)
- Congestione vascolare
- Edema cerebrale
- Idrocefalo
- Processi infiammatori
Segni e Sintomi
- Cefalea frontale-occipitale.
- Vomito a getto, non preceduto da nausea, non correlato all’assunzione di alimenti.
- Disturbi visivi
diplopia (deficit del VI più frequentemente, ma anche
III e IV)
diminuzione dell’acuità visiva fino alla cecità
per atrofia ottica
papilledema causato da un alterato ritorno
venoso a livello dei vasi retinici, che
comporta un ristagno di liquidi (fondo ottico:
margini sfumati e sollevati, arterie incurvate,
vene dilalate)
- Variazioni dello stato di coscienza fino al
coma. Glasgow Coma Scale (GSC)
• Eye Opening Response (apertura degli
occhi) 1 - nessuna apertura degli occhi
2 - apertura degli occhi in risposta a stimoli dolorosi
3 - apertura degli occhi in risposta a stimoli verbali
4 - apertura degli occhi spontanea
• Verbal response (risposta verbale)
1 - nessuna risposta verbale, nessun suono (o paziente intubato)
2 - suoni incomprensibili
3 - parla e pronuncia parole, ma incoerenti
4 - confusione, frasi sconnesse

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5 - risposta orientata e appropriata
• Motor response (risposta motoria)
1 - nessun movimento
2 - estensione al dolore (si irrigidisce: risposta decerebrata)
3 - flessione al dolore (lenta, distonica: risposta decorticata)
4 - retrazione dal dolore (si ritrae rapidamente se viene applicato uno stimolo
doloroso)
5 - localizzazione del dolore (cerca lo stimolo doloroso)
6 - in grado di obbedire ai comandi

- Segni di scompenso, inizialmente intermittenti: astenia intensa, tremori ai quattro arti, disturbi
respiratori, bradicardia.
- Sofferenza diencefalica: alterazione della vigilanza, sino al coma, ipertono muscolare, segni di
decerebrazione, miosi puntiforme, alterazioni del ritmo respiratorio.
- Impegno Temporale
Fase iniziale: midriasi omolaterale, parzialmente reagente; emiparesi controlaterale; talvolta
conservato lo stato di coscienza.
Fase successiva: midriasi areattiva; alterazione dello stato di vigilanza, sino al coma;
emiplegia o emidecerebrazione; talvolta paresi omolaterale.
Impegno delle amigdale: crisi d’ipertono in opistotono spontanee o dopo stimolo doloroso;
nistagmo, riflesso pupillare indenne.
- Sofferenza mesencefalica: decerebrazione bilaterale, respiro con lunghe pause o incremento degli
atti respiratori (respiro di Kussmaul); pupille in media midriasi, areattive; deviazione dello
sguardo dal lato dello stimolo.
- Sofferenza pontina: respiro rapido e superficiale (respiro di Cheyenne-Stokes); pupille in media
midriasi areattiva, abolizione del riflesso oculovestibolare, arti flaccidi.
- Sofferenza bulbare: diminuzione del ritmo respiratorio con pause di apnea, midriasi areattiva,
calo pressorio.
- Impegno tonsillare: rigidità nucale, crisi in opistotono e segni di compressione delle funzioni
autonomiche. In caso di aggravamento o comparsa acuta dell’impegno tonsillare: “cerebellar
fits”, crisi caratterizzate da opistotono ed iperestensione degli arti con iperpronazione delle mani.

Molto importante è il fatto che agli esami radiografici con mezzi di contrasto e soprattutto alla TC i
ventricoli appaiono piccoli e le cisterne perimesencefaliche ridotte o obliterate. La diagnosi è
principalmente clinica e si basa sulla presenza di una sindrome da IE, con edema della papilla e
sulla mancanza di segni o sintomi focali. Il liquor è negativo. La RMN non sembra essere in grado
di identificare lesioni specifiche dello pseudotumor cerebri (PTC, un edema cerebrale diffuso con
papilledema, in assenza di segni neurologici focali e di lesioni dimostrabili neuroradiologicamente;
colpisce prevalentemente soggetti di giovane età di sesso femminile a tipologia obesa): in
particolare la forma ed il volume dei ventricoli non risultano significativamente diversi dai
controlli.
La maggior parte dei pazienti presenta una regressione della sintomatologia, spontanea o indotta
dalla terapia, in media entro 5 mesi dall'esordio. Solo una piccola percentuale di casi (5-10%) va
incontro a deficit visivi (riduzione permanente dell'acuità visiva da atrofia o subatrofia ottica);
circa il 10% dei casi di PTC recidiva anche a distanza di anni.
Una sindrome da IE benigna è stata osservata nei bambini, dopo sospensione di terapia
corticosteroidea, o ancora in bambini o adolescenti per eccessive dosi di tetracicline e di vitamina
A. Un aumento della pressione liquorale con papilledema è stata inoltre osservata in caso di ipo- o

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iperadrenalismo, mixedema, ipoparatiroidismo e occasionalmente in rapporto all'assunzione di
estrogeni, tetracicline e fenotiazine.

Monitoraggio della PIC


Metodiche NON invasive (poco affidabili)
- Andamento clinico
- Doppler transcranico
- Determinazione diametro del III ventricolo
- Oftalmodinamometria
Metodiche INVASIVE
- Puntura lombare con manometria
Quinke misurava la pressione di CSF connettendo l’ago da puntura lombare
ad una fine pipetta di vetro in cui il liquido poteva risalire. La pressione liquorale lombare
non è sicura né accurata. Non è sicura perché può causare una sindrome da impegno
(ernia tonsillare o uncale). Non è accurata perché lo spazio subaracnoideo spinale può
essere isolato da quello sopratentoriale se le vie liquorali sono bloccate vicino all’ incisura
tentoriale. Questa pressione mantiene un valore medio ma fluttua intorno a questo valore
perché risente delle escursioni respiratorie e del battito cardiaco.
- Catetere intracranico: intraventricolare, parenchimale, subdurale, subaracnoideo.
Per il monitoraggio della PIC si usano cateteri di rilevazione della pressione,idraulici, a
fibre ottiche o microsensori a ponte di Weatstone. Questi ultimi non si bloccano con frustoli
e aria, non è necessario resettare lo zero, non dipendono dalla posizione della testa.
La scelta della sede del monitoraggio dipende da: quadro clinico, necessità di drenaggio
liquorale, disponibilità del sistema, familiarità del chirurgo, quadro TC (dimensioni
ventricoli, presenza di falde extracerebrali,…). Sarebbe sempre da preferire la sede
intraventricolare in quanto: permette l’evacuazione anche del liquor e non risente della
compartimentazione del cervello. Contro: più difficoltoso da inserire e con maggiore
rischio di infezione (5% in più). E’ indispensabile la contemporanea misurazione della
pressione arteriosa media.
L’ aspetto ondulato della PIC dipende da piccole pulsazioni trasmesse dalla PA alla cavità cranica
che si sovrappongono alle più lente variazioni respiratorie. Le onde della PIC mostrano 3
componenti arteriose sovrapposte al ritmo respiratorio.

La prima onda arteriosa è l’onda di percussione seguita dall’onda tidalica e infine dall’onda
dicrotica. Normalmente l’onda di percussione è la più alta e le altre due hanno valori inferiori e
corrisponde all’onda di pressione sistolica arteriosa. Le due onde più piccole corrispondono

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all’onda venosa dell’atrio destro. Se vi è un aumento della PIC il profilo dell’onda si modifica e le
ultime due onde superano l’ onda di percussione indicando una diminuita compliance. Se si misura
a lungo si notano anche altre onde patologiche:
- Onde A o plateau caratterizzate da un brusco aumento della PIC per 5-20 minuti seguito da una
rapida caduta a livelli di riposo. Queste onde possono raggiungere i 50-100 mmHg. Possono
corrispondere clinicamente a sopore, ipertono e movimenti clonici. Indicano un aumento della
PIC in risposta ad un aumento del CBV correlato ad ipercapnia.
- Onde B: hanno una frequenza di 0,52/min e sono correlate a variazioni ritmiche del respiro.
- Onde C: sono variazioni ritmiche correlate a onde della pressione arteriosa sistemica.

Terapia
Lo scopo principale della terapia è quello di ridurre la IE al fine di consentire un aumento del
flusso sanguigno al cervello sino a livelli utili per l'ossigenazione e per prevenire o eliminare le
erniazioni. Alcuni provvedimenti di ordine generale possono contribuire a ridurre la PI: il
posizionamento della testa del paziente a circa 30° sopra il livello del cuore sortisce questo effetto,
probabilmente per un aumentato drenaggio venoso.
Anche l'iperventilazione è considerata un metodo efficace per ottenere una rapida diminuzione
della pressione parziale di CO2. Se la pressione parziale di CO2 scende al di sotto dei 20 mmHg, si
possono verificare fenomeni di sofferenza ipossica del tessuto cerebrale dovuti ad eccessiva
vasocostrizione. Quindi brevi cicli intermittenti di iperventilazione possono essere molto utili per
abbassare la PI in situazioni di emergenza, come ad esempio per scongiurare un'imminente
erniazione cerebrale.

Si può agire sui seguenti compartimenti:


1. spazio intracellulare
2. spazio extracellulare
3. volume ematico cerebrale
4. liquor.

Il volume del comparto intra ed extracellulare può essere modificato con l’uso di:
- Desametazone, 0.1-1 mg/Kg/die
- Mannitolo al 20%, 0.5-1 g/Kg/die
- Furosemide 0.5-1.5 mg/Kg/die
- Acetazolamide 7mg/Kg/die.

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Un dosaggio di 0,25g/kg di mannitolo ogni 3-4 ore è frequentemente efficace nel contenere la PI,
ma in situazioni più gravi si deve salire a dosi di 1-1,5g/kg di mannitolo in 1 ora e mezza che
determina una notevole riduzione della PI, che inizia a risalire un quarto d'ora dopo la fine della
somministrazione e ritorna al livello iniziale entro le 2 ore successive. L'osmolarità del plasma non
deve comunque superare 320 mosm/1 per evitare complicanze da iperosmolarità plasmatica. Il
mannitolo determina inoltre un aumento della pressione arteriosa mediante aumento del volume
intravascolare, un aumento della deformabilità degli eritrociti ed emodiluizione con risultante
diminuzione della viscosità ematica: queste variabili contribuiscono ad aumentare la
vasocostrizione cerebrale diminuendo la PI, mantenendo tuttavia costante l'ossigenazione
cerebrale. L'effetto rebound alla sospensione della somministrazione è in relazione al fatto che,
quando nel sangue cessa di essere immesso soluto ipertonico, il tessuto cerebrale risulta ipertonico
rispetto al plasma e richiama acqua. Quindi la terapia iperosmolare è indicata soprattutto in
situazioni di IE acuta, con imminente minaccia di scompenso; il suo impiego è più discutibile
quando è necessario un effetto più prolungato, anche perché somministrazioni ripetute comportano
il rischio di iperosmolarità plasmatica, acidosi metabolica e insufficienza renale.
I corticosteroidi trovano la loro indicazione soprattutto nelle situazioni di IE subacute o croniche,
mentre quando è richiesto un effetto immediato, altre terapie, quali soluzioni ipertoniche, sono
preferibili. È stato postulato che il rapido miglioramento clinico dovuto al trattamento steroideo sia
dovuto alla riduzione dell'edema con conseguente miglioramento del flusso cerebrale e del
metabolismo locale del glucosio.

Il volume ematico intracranico è determinato da: CBF, resistenza cerebrovascolare, drenaggio


venoso. Occupa due subcompartimenti: arterioso e venoso. Su questi si può agire con farmaci che
riducono il metabolismo cerebrale:
- Isoflurano (vasodilatatore)
- Propofol (minima vasodilatazione).
Vi è infine la possibilità di ridurre la PI con i barbiturici. Il loro meccanismo di azione non è
completamente conosciuto, ma almeno in parte sembra da correlare alla riduzione del metabolismo
cerebrale con conseguente diminuzione del volume ematico cerebrale; altri effetti potenzialmente
benefici dei barbiturici sono la riduzione del fabbisogno di ossigeno, la riduzione del Ca
intracellulare, la stabilizzazione dei lisosomi. Il maggior rischio della terapia della IE con
barbiturici è l'ipotensione: farmaci vasopressori possono essere associati per sostenere la
pressione di perfusione cerebrale. I migliori risultati sono stati ottenuti inducendo coma
barbiturico con pentobarbital in caso di traumi cranici, infarti ed emorragie cerebrali, ottenendo
una riduzione della PI anche in situazione in cui altre terapie erano risultate inefficaci.

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Idrocefalo
Il sistema liquorale è composto da:
1. Sistema ventricolare (plessi corioidei)
I-II. I ventricoli laterali hanno un profilo a C e sono costituiti da un corpo, un corno
frontale, un corno occipitale e un corno temporale. Il corno anteriore è contenuto nel lobo
frontale e si estende all’indietro fino al foro interventricolare; anteriormente è circondato
dal ginocchio e dal rostro del corpo calloso, superiormente dalla porzione anteriore del
corpo calloso e mediamente è separato dal corno frontale controlaterale dal setto
pellucido. Il corpo si estende nei lobi frontale e parietale, dal foro interventricolare fino
allo splenio del corpo calloso; la parete laterale è formata dal nucleo caudato in alto e dal
talamo in basso, separati dalla stria terminale (vena talamostriata); medialmente e
inferiormente c’è il corpo del fornice e lungo la parete mediale si trova la fessura
corioidea, che accoglie il plesso corioideo. Il corpo si estende posteriormente e
lateralmente, continuandosi con i corni occipitale e temporale. Il corno occipitale è
contenuto nel lobo occipitale; le fibre del tapetum del corpo calloso formano il tetto e la
parete laterale; la parete mediale è formata dalle fibre dello splenio del corpo calloso
(forceps major). Il corno temporale si estende in avanti nel lobo temporale, curva intorno
alla superficie posteriore del talamo (pulvinar), passa in basso e posterolateralmente, e
quindi curva in avanti per terminare in prossimità dell’uncus; il tetto è formato
principalmente dal tapetum; il pavimento è formato principalmente dall’ippocampo.
III. Il terzo ventricolo è una struttura sagittale e mediana. La parete laterale è formata
superiormente dal talamo e inferiormente dall’ipotalamo (anteriormente) e dal subtalamo
(posteriormente); le due pareti laterali sono connesse per mezzo dell’adesione
intertalamica. Si estende anteriormente fino alla lamina terminale (cisterna della lamina
terminale: arteria comunicante anteriore) e la parete anteriore del ventricolo è formata
dall’alto in basso da: le colonne del fornice e la commisura anteriore, la lamina terminale,
il recesso ottico (chiasma ottico) e il recesso infundibolare (infundibolo ipofisario).
Posteriormente al recesso infundibolare, il pavimento è formato dal tuner cinereum e dai
corpi mammillari. Il tetto è una sottile membrana ependimale tesa tra le pareti laterali. La
parete posteriore è delimitata superiormente dal recesso soprapineale, inferiormente dal
recesso pineale e si continua con l’acquedotto cerebrale.
L’acquedotto è uno stretto canale impari e mediano che attraversa il mesencefalo,
circondato dal grigio periacqueduttale. Caudalmente confluisce nel IV ventricolo al confine
tra ponte e mesencefalo. Dorsalmente all’acquedotto si trovano i collicoli superiori e
inferiori e ventralmente il tegmento mesencefalico.
IV. Il quarto ventricolo è compreso tra il tronco encefalico ed il cervelletto e si continua
causalmente con il canale centrale del midollo. Al confine tra bulbo e ponte si allarga a
formare due recessi laterali, alle cui estremità vi sono due orifizi (fori del Luschka) che lo
mettono in comunicazione con lo spazio subaracnoideo a livello dell’angolo
pontocerebellare (cisterna pontina). Il pavimento è una fossa romboidale, costituita
principalmente di sostanza grigia e contenente importanti nuclei dei nervi cranici. Il tetto o
membrana tettoria è formato dai due veli midollari superiore (lamina tesa tra i due
peduncoli cerebellari superiori) e inferiore (membrana tesa tra i peduncoli cerebellari
inferiori); nel tetto, il foro mediano di Magendie (sistuato nel velo midollare inferiore)
comunica con la cisterna magna.

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2. Sistema cisternale subaracnoideo
cisterna cerebello-midollare
(magna) cisterna interpeduncolare
cisterna perimesencefalica (ambiens)
cisterna quadrigemina (della vena di
Galeno) cisterna prepontina
cisterna silviana
cisterna lombare
villi aracnoidei.
3. Seni venosi durali.

Idrocefalo: aumento del volume e della pressione del liquor cefalo-rachidiano con conseguente
ampliamento del sistema ventricolare.

Eziopatogenesi
Idrocefalo Ipersecretivo - Eccessiva produzione di liquor, causato da una neoplasia che origina a
livello dei plessi corioidei, che può essere di natura benigna (plessopapilloma) o di natura maligna
(carcinoma dei plessi). L’iperproduzione liquorale non è compensata dai meccanismi di
riassorbimento.
Idrocefalo da insufficiente riassorbimento -
- mancanza congenita dei villi
- ostruzione dei villi da parte di coaguli (post-ESA) o a seguito di leptomeningite .
Idrocefalo Ostruttivo - Ostruzione della normale circolazione liquorale (ostruzione di tipo
malformativo, neoplastico o infiammatorio):
- idrocefalo non comunicante o ostruttivo
- idrocefalo comunicante.
Idrocefalo NON comunicante: l’ostruzione impedisce al liquor di fuoriuscire dal sistema
ventricolare.
Monoventricolare: blocco a livello di un forame di Monroe (cisti, gliomi, esiti cicatriziali).

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Biventricolare: blocco a livello di entrambi i forami di Monroe (cisti colloide del III
ventricolo, craniofaringiomi, adenomi giganti, gliomi degli ottici e dell’ipotalamo,
parassitosi); se l’ostacolo al deflusso liquorale è di grado diverso a livello dei due forami di
Monro, si potrà realizzare una dilatazione asimmetrica dei due ventricoli che potrebbe trarre
in inganno, considerandola una semplice asimmetria dei ventricoli.

Triventricolare: blocco a livello dell’acquedotto di Silvio (stenosi congenita, “forking”,


gliosi periacqueduttale, cisti aracnoidee in fossa posteriore, Arnold-Chiari, tumori della
pineale, tumori cerebellari e della fossa posteriore o dell’angolo ponto-cerebellare,
impressione basilare). “Mickey Mouse”: si caratterizza per rotazione oraria del chiasma
ottico e aspetto ad imbuto dell’acquedotto silviano.

Tetraventricolare: occlusione dei forami di Luschka e Magendie (Dandy-Walker, esiti


cicatriziali, tumori del quarto ventricolo).

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L’ostruzione a livello del IV ventricolo causa un aumento dell’ampiezza del IV ventricolo
e, meno marcato, del III e dei ventricoli laterali. In questa situazione, un eventuale
drenaggio inserito nei ventricoli laterali può causare il fenomeno noto come “sequestro del
IV ventricolo”, con ulteriore dilatazione del IV ventricolo e sofferenza delle strutture del
tronco cerebrale.

Idrocefalo comunicante: si realizza quando le vie liquorali intraventricolari sono pervie mentre vi è
ostacolo al deflusso o al riassorbimento liquorale a livello degli spazi subaracnoidei (leptomeningiti
adesive, emorragie subaracnoidee). Il quadro neuroradiologico è caratterizzato da una dilatazione
del IV e III ventricolo e dei ventricoli laterali sproporzionala all’ampiezza dei solchi corticali. Il IV
ventricolo è la struttura ventricolare meno marcatamente dilatata, e il III ventricolo è meno
marcatamente dilatato di quanto si può osservare nell’idrocefalo dovuto ad ostruzione
dell’acquedotto di Silvio; il riassorbimento transependimale può essere presente.

La dilatazione ventricolare esita in una progressiva sofferenza dell’encefalo, prima della sostanza
bianca quindi della corteccia in toto. I sintomi che ne derivano (in parte comuni a tutti gli stati di
ipertensione endocranica) sono attribuibili a tale sofferenza generalizzata del parenchima ed alla
compressione di alcune zone e strutture particolari. I quadri clinici sono peculiari in base all’età
d’insorgenza.

1. Neonato: principalmente su base malformativa (Arnold-Chiari, Dandy-Walker, stenosi


acqueduttali, encefalocele sottooccipitale, …); post-emorragia perinatale.

La sindrome di Arnold-Chiari è un insieme di segni e sintomi associato a una rara


malformazione della fossa cranica posteriore che normalmente contiene il tronco
encefalico e il cervelletto. Se questa è poco sviluppata, le strutture encefaliche erniano
attraverso il forame magno ed entrano nel canale spinale. La malformazione di Arnold-
Chiari può essere associata ad altre condizioni patologiche, quali il mielomeningocele, la
siringomielia, la spina bifida e l’idrocefalo. Si distinguono due tipi principali di
malformazione di Arnold-Chiari, con diversa eziologia, età di comparsa e gravità: il tipo I
(erniano le tonsille cerebellari; si manifesta nel giovane adulto ed è associata alla
siringomielia) ed il tipo II (erniano le tonsille cerebellari, il verme, la parte inferiore degli
emisferi cerebellari, il bulbo e c’è allungamento del quarto ventricolo; si presenta alla

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nascita ed è associato alla spina bifida); esistono anche il tipo III (encefalocele) e IV
(mancato sviluppo delle strutture encefaliche), ma sono molto gravi e per lo più
incompatibili con il proseguimento della vita.
La sindrome di Arnold-Chiari è caratterizzata da segni e sintomi neurologici correlati e
conseguenti alla sofferenza cerebellare (sindrome cerebellare), quali atassia, vertigini e
nistagmo, all'alterazione della circolazione del liquor cefalo-rachidiano con aumento della
pressione endocranica, quali la cefalea e la rigidità nucale, a fenomeni di compressione
sulle strutture del tronco cerebrale e sui centri neurovegetativi, quali apnee notturne e
aritmie cardiache, all'interessamento di nervi cranici, quali disfagia, disfonia, paresi della
muscolatura estrinseca oculare, ipoacusia, a fenomeni di compressione sul midollo spinale,
quali senso di debolezza muscolare (paresi), anestesia, disturbi del tono muscolare
(spasticità), perdita della motilità fine, disfunzioni sfinteriche.
Nella maggior parte dei casi la malattia si manifesta in modo lento e progressivo. Nel 10%
dei pazienti la sindrome compare improvvisamente. Il sintomo più comune è la cefalea
suboccipitale che tende ad aumentare con l’esercizio fisico, con la tosse e con le variazioni
di postura. Sono riferiti anche disturbi visivi, senso di pressione retroorbitaria,
offuscamento della visuale, fotofobia, diplopia; oppure neuro-otologici, vertigini,
alterazioni dell’equilibrio, tinnito, ipoacusia.
Nel tipo II la maggior parte dei pazienti sono bambini piccoli e la sindrome si manifesta in
modo grave dopo la nascita, con deficit degli ultimi nervi cranici, turbe della deglutizione,
stridore laringeo da paralisi delle corde vocali, disturbi cerebellari (opistotono, nistagmo,
atassia), episodi di apnea da sofferenza del tronco encefalico. Successivamente si
sovrappone una sindrome da ipertensione endocranica causata all´idrocefalo per
compressione del IV ventricolo e delle vie liquorali.
Per lo studio della malformazione si ricorre alla risonanza magnetica.
La terapia, nei casi sintomatici è neurochirurgica, con decompressione suboccipitale, per
aumentare lo spazio della fossa cranica posteriore, per decomprimere le strutture
encefaliche che vi sono contenute e per normalizzare la circolazione del liquor cefalo-
rachidiano.

La malformazione di Dandy Walker (DMV) è rappresentata da idrocefalo, assenza parziale


o completa del verme cerebellare e cisti della fossa posteriore adiacente al quarto
ventricolo. I pazienti manifestano nei primi mesi di vita idrocefalo associato a occipite
prominente. Sono frequenti i segni della fossa posteriore come le paralisi dei nervi cranici,
il nistagmo e l'atassia.
Dal punto di vista radiologico, nei pazienti si evidenzia un'impronta superiore nei seni
trasversi e un assottigliamento e la sporgenza delle ossa della fossa posteriore. La diagnosi
prenatale è possibile con l'ecografia che evidenzia la cisti della fossa posteriore e
l'agenesia del verme cerebellare.
Non esiste una terapia risolutiva, ma si può intervenire chirurgicamente per trattare i
problemi associati alla sindrome, in particolare l’idrocefalo. L’outcome è variabile e
dipende principalmente dalle anomalie associate, incluse le cromosomopatie.

Manifestazioni:
- difficoltà già al momento del parto per le dimensioni della testa
- turgore delle fontanelle e diastasi delle suture
- sproporzione soma/cranio
- sguardo a sole calante (paresi bilaterale del III n.c.)

13
- scarsa vivacità, irritabilità, sopore
- vomito continuo.
2. Bambino: stesse cause dell’infante ma differente esordio e decorso più lento. Manifestazioni:
- deficit cognitivi durante la crescita
- minore rendimento scolare
- progressiva cecità per atrofia dei nervi ottici
- cefalea subcontinua
- incertezza nella marcia
- diabete insipido-obesità
- crisi convulsive.
3. Adulto: principalmente su base tumorale, ma anche post-ESA e post-meningitico. Manifestazioni:
- ipertensione endocranica (vomito, cefalea, Sindrome di Parinaud, rigidità nucale, paralisi del VI
n.c., disturbi visivi)
- sintomi legati alla sede della neoplasia
- a volte i sintomi si scatenano dopo un trauma cranico (scompenso di ipertensione subclinica).
Sindrome di Parinaud (sindrome del mesencefalo dorsale): malattia neurologica causata
da una lesione a carico del tetto del mesencefalo. Questa regione anatomica può essere
danneggiata in corso di: lesioni ischemiche, neoplasie a carico della lamina quadrigemina,
pinealomi, idrocefalo, cisticercosi, sclerosi multipla, malformazioni artero-venose.
La caratteristica principale della sindrome di Parinaud, è la paralisi dello sguardo verso
l'alto e (in caso di lesioni bilaterali) verso il basso, nistagmo, e mancanza di convergenza.
La retrazione delle palpebre è detta segno di Collier, mentre può essere presente il
fenomeno di Argyll Robertson (le pupille sono midriatiche o normali, con dissociazione
luce-accomodazione). Spesso, è presente un papilledema bilaterale.

4. Anziano: frequentemente idiopatico e “normoteso”. Manifestazioni:


- triade di Hakim [disturbi della marcia, andatura a piccoli passi con base allargata + alterazioni
cognitive con deficit mnesico + incontinenza urinaria con minzione imperiosa]
- progressiva dilatazione ventricolare
- assenza di segni neuroradiologici di ipertensione endocranica (da cui normoteso); caratteristiche
radiologiche simili a quelle dell’idrocefalo ex vacuo (dilatazione del sistema ventricolare in
conseguenza di fenomeni di atrofia parenchimale).

Idrocefalo Normoteso
Storicamente rappresenta la prima forma di demenza trattabile (1963, Hakim) e circa il 5%
delle demenze. Ha una prevalenza di circa 3% over 65 anni e nel 75% dei casi c’è
comorbidità con altra demenza (Alzheimer o vascolare).
Si può avere sia una forma primaria idiopatica (60%), che una forma secondaria (post-ESA
23%; post-trauma 12.5%; post-meningite 4.5%). Clinicamente è caratterizzato dalla triade
di Hakim: disturbi cognitivi, alterazioni della marcia e disturbi sfinterici (compresenza dei 3
deficit in circa 25-50% dei casi all’esordio).
La diagnosi è ottenuta attraverso l’esame neurologico (triade di Hakim), la rachicentesi
(pressione <18cmH2O), il monitoraggio prolungato della PIC (onde di ipertensione durante
la notte), il test di infusione, e il neuroimaging (aspetti caratteristici in TC ed RM). Un

14
giudizio prognostico può essere ricavato da predittori clinici, neuroradiologici, Tap-test, test
di infusione, studi di perfusione cerebrale basale e post-acetazolamide 1g ev.
La terapia chirurgica di scelta è lo shunting del sistema liquorale o il trattamento con
acetazolamide.
Vi sono tuttavia dei problemi irrisolti per quanto concerne la gestione di questo tipo di
idrocefalo.
• Scarsa sensibilità degli operatori.
• Nessun criterio diagnostico ha sufficiente sensibilità e specificità diagnostica
all’esordio (DD con Alzheimer e soprattutto con Demenza a corpi di Lewi, AVIM,
comorbidità).
• Terapia chirurgica gravata da complicanze (iperdrenaggio, raccolte subdurali) e da
variabile efficacia (mancanza di affidabili predittori prognostici).
• Mancata validazione delle scale cliniche di monitoraggio della malattia e della risposta
alla terapia.

5. Idrocefalo cronico:
- macrocrania
- cefalea
- subatrofia ottica
- disturbi della marcia e dell’equilibrio.
Diagnostica
• Ecografia intrauterina o transfontanellare (nel neonato)
• TC e RM
- valutazione dell’entità dell’idrocefalo e della sofferenza parenchimale
- ricerca delle possibili cause
- studio della dinamica liquorale
- studio del flusso in RM
- TC-cisternografia.
Il monitoraggio della pressione intracranica va praticata nei casi idrocefalo normoteso, consentendo
di selezionare i pazienti da sottoporre a intervento chirurgico.
Nei casi di idrocefalo comunicante possono essere praticati alcuni test di dinamica liquorale, che
consentono di valutare il miglioramento clinico dopo sottrazione di liquor (TAP TEST) o i tempi di
normalizzazione della PIC dopo test di infusione.

Terapia
Il trattamento è essenzialmente chirurgico e consiste nel derivare il liquor a monte dell’ostacolo,
evitandone quindi l’accumulo.

• Rimozione della causa dell’ostruzione se possibile


• Derivazione extratecale: ventricolo-peritoneale o ventricolo atriale
• Derivazione intratecale
• Neuroendoscopia

La derivazione extratecale viene realizzata attraverso l’apposizione di un sistema valvolare, che


drena il liquor al di fuori del cranio in una cavità o organo capace di assorbirlo.
Derivazione VP: è quella maggiormente utilizzata e consiste nell’apporre attraverso un foro di
trapano, un catetere all’interno della cavità ventricolare collegato con un sistema valvolare che

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serve a far defluire il liquor solo quando la pressione intracranica è
elevata; a questa è connesso un catetere distale che porta il liquor nella
cavità peritoneale.
Derivazione VA: il liquor viene drenato allo stesso modo del VP, ma il
catetere distale viene introdotto, attraverso la giugulare, nell’atrio di
destra.
Derivazione spino-peritoneale: il liquor viene drenato dallo spazino
subaracnoideo spinale lombare nel peritoneo. Si effettua ad esempio in
caso di siringomielia e non in caso di idrocefalo perché si rischia di
abbassare troppo la pressione liquorale, determinando un’erniazione
cerebrale.
Complicanze dei sistemi di derivazione: infezione, ostruzione dei
cateteri, rottura o cattivo funzionamento della valvola, che necessita una
revisione chirurgica del sistema o la sua rimozione.

Le derivazioni intratecali, impiegate solo in caso di idrocefalo


ostruttivo, consistono nel drenare il liquor dalle cavità ventricolari in
quelle subaracnoidee cisternali.
Intervento di Torkildsen: si drena il liquor dal ventricolo laterale nella
cisterna magna.

Neuroendoscopia: si introduce, attraverso un foro di trapano, un endoscopio (2-6mm) e si


realizzano delle aperture (stomie) che consentono al liquor di defluire evitando l’ostacolo.
Terzoventricolocisternostomia: si introduce l’endoscopio nel ventricolo laterale destro e attraverso
il forame di Monro, si raggiunge il pavimento del III ventricolo, dove viene realizzata un’apertura
che drena il liquor dal III ventricolo agli spazi subaracnoidei (cisterna interpeduncolare). Indicata
nel trattamento dell’idrocefalo da stenosi dell’acquedotto di Silvio o da tumori della fossa cranica
posteriore.
Nell’idrocefalo pluriconcamerato per mezzo di storie multiple, vengono messi in comunicazione i
vari compartimenti presenti nei ventricoli, consentendo il drenaggio dell’idrocefalo ad un unico
sistema di derivazione.

16
Neuroradiologia
L’obiettivo degli esami neuroradiologici RM in primo luogo è evidenziare l’esistenza, il sito e le
cause dell’ostruzione al deflusso liquorale. La RM consente di escludere o confermare la presenza
di lesioni espansive o malformazioni e di valutare le dimensioni del sistema ventricolare, precisando
l’entità della dilatazione ed i compartimenti delle vie liquorali interessati. Essa fornisce inoltre dei
dati indiretti sulla gravità dell’ipertensione, sottoforma di una stria periventricolare più o meno
intensa (riassorbimento transependimale). L’entità della dilatazione ventricolare non è sempre
proporzionale ai valori della pressione liquorale e alla sintomatologia clinica; spesso a un sistema
ventricolare molto dilatato si associano valori pressori solo moderatamente elevati. Anche la
sintomatologia e la prognosi non sono correlate con il grado di dilatazione del sistema ventricolare.
La RM fornisce anche ragguagli sul flusso liquorale nei vari distretti. Infatti, l’intensità del segnale
del liquor ne riflette la velocità, essendo minore nei punti a più alta velocità di flusso, come
nell’acquedotto (studio nella stenosi dell’Acquedotto di Silvio).

Il riassorbimento transependimale di liquor è osservabile quando esiste un notevole aumento della


pressione liquorale intraventricolare ed è evidenziato:
1. in TC, da ipodensità “a cappuccio” della sostanza bianca periventricolare
che circonda i corni frontali ed occipitali dei ventricoli laterali;

2. in RM, da aree di iperintensità di segnale in DP e T2 ed ipointensità in


T1 con la medesima localizzazione periventricolare e morfologia “a
cappuccio” precedentemente descritta e da un bordo di iperintensità di
segnale meglio evidente in DP, a livello della sostanza bianca
periventricolare ( a destra FLAIR).

Morfologicamente, l’elemento caratteristico che definisce un


idrocefalo è la dilatazione degli spazi ventricolari. Oggettivamente ciò
può essere dimostrato attraverso l’indice di Evan: (A/B)> 0.3, dove A
= max larghezza dei corni frontali a livello delle teste dei nuclei
caudati; B = max larghezza intratecale parietale nella stessa slice.

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• Atrofia: aumento degli spazi ventricolari + aumento degli spazi subaracnoidei.

• Idrocefalo Ostruttivo: aumento degli spazi ventricolari + diminuzione degli spazi subaracnoidei.

• Idrocefalo Normoteso: aumento degli spazi ventricolari + aumento/diminuzione degli spazi


subaracnoidei.

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L’idrocefalo normoteso deve essere posto in diagnosi differenziale con l’atrofia cerebrale. In
letteratura sono stati descritti numerosi marker diagnostici.
• Indice di Evan > 0.3 (correlazione con severità)
• Trasudazione periventricolare transependimale
Alone iperintenso in FLAIR/T2; presente anche in caso di
idrocefalo ostruttivo e vasculopatia del microcircolo
(vasculopatia cerebrale cronica).

• Scomparsa in sagittale dei solchi parietali e persistenza dei


solchi frontali

• Upward bowing del corpo calloso (il corpo calloso è maggiormente inarcato verso l’alto)

• Sella vuota: reperto frequente in caso di idrocefalo di lunga durata (presente nel 5% della
popolazione anziana normale). La sella viene definita vuota se la ghiandola occupa <1/3
dell’incavo sellare; parzialmente vuota se la ghiandola occupa <2/3 dell’incavo sellare.

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• Scomparsa in assiale dei solchi al vertice
• Ingrandimento spazi liquorali silviani in assiale
• Ingrandimento scissura silviana in coronale

• Solchi ovalari parasagittali: frequenti in idrocefalo normoteso. Hanno un aspetto simile a delle
cisti aracnoidali sequestrate nei solchi, circondate da solchi poco evidenti.

• Artefatto da flusso liquorale in acquedotto mesencefalico (si apprezza in


T2). Presente anche in caso di idrocefalo comunicante e atrofia.

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• Alterazione dinamica liquorale studiata attraverso la tecnica Phase Contrast. Questa tecnica si
basa sulle variazioni di fase degli spin dovute al flusso. Impiegando un movimento di gradienti in
una determinata direzione nello spazio è possibile cancellare il segnale proveniente dai tessuti
statici e far risaltare solo quello dei liquidi in movimento, con un processo di “sottrazione”. Con
queste sequenze è possibile anche ottenere informazioni sulla velocità del flusso ematico o
liquorale. Modificando la modalità di raccolta dei dati in funzione di un ECG o di un sensore di
flusso periferico, è possibile ottenere delle sequenze in grado di visualizzare le modificazioni del
flusso durante le varie fasi del ciclo cardiaco (cardiac gating). Analizzando quindi attraverso
questa metodica l’immagine assiale a livello dell’acquedotto mesencefalico, si osserverò il flusso
liquorale aumentato con rigurgito in fase telediastolica, presente quando i ventricoli sono
ingranditi.

• Assottigliamento posteriore del solco cingolato. Nel


soggetto normale o nell’atrofia cerebrale il solco
cingolato ha uguale o maggior ampiezza nel
segmento posteriore rispetto al segmento anteriore.
Nel caso invece di idrocefalo normoteso, il solco
pericalloso è più sottile posteriormente.

• Angolo callosale. L’aumento delle dimensioni dei ventricoli con scomparsa dei solchi al vertice
determina distorsione del corpo calloso che piega verso l’alto. L’angolo callosale varia a seconda
del punto in cui si misura e tende a diminuire nelle regioni posteriori. In letteratura viene usato
come cut-off un angolo di 90°, ma non viene indicato dove deve essere misurato. Uno studio con
RM volumetrica ha dimostrato elevata sensibilità e specificità per idrocefalo normoteso, se
l’angolo viene misurato con sezione perpendicolare al piano bicommessurale, in immagine
coronale passante per la commissura posteriore.

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Emorragia Subaracnoidea
Per emorragia subaracnoidea si intende un sanguinamento che si verifica nello spazio
subaracnoideo. Il sangue si diffonde attraverso il liquor negli spazi cisternali, senza che si realizzi
una raccolta ematica.

Eziologia
ESA post-traumatica: i traumi cranici sono la causa più frequente di ESA; il rischio di mortalità è
raddoppiato.
ESA non traumatica
- 85% ESA da rottura aneurismatica
- 5% altro: dissezione vasale, MAV, fistole artero-venose durali (FAVD)
- 10% idiopatica “sine materia”: le indagini angiografiche non rivelano né aneurismi né
malformazioni vascolari.
- 25% aneurismatica (l’AA si evidenza in angiografie successive)
- più spesso causate dalla rottura di piccoli rami perforanti delle arterie del poligono di Willis (il
sanguinamento si localizza nella cisterna perimesencefalica).

Fisiopatologia
La presenza di sangue nel liquor causa irritazione meningea, sia direttamente che indirettamente per
vie della liberazione di sostanze derivanti dalla lisi degli eritrociti.
Il sangue inoltre può ostruire sia le vie liquorali che i villi aracnoidi, con conseguente aumento della
pressione liquorale e aumento del flusso ematico cerebrale per vasodilatazione e quindi edema
cerebrale.

Quadro clinico
- Segni premonitori: lieve cefalea, vertigini, dolori periorbitari.
- Forma tipica: cefalea violenta a colpo di pugnale a localizzazione occipito-nucale e/o frontale;
vomito, malessere, pallore, sudorazione, ipertermia, perdita di coscienza assente o transitoria.
Assenza di segni neurologici
focali, presenza di segni di i r r
itazionemeningea
(meningismo).
- ESA fulminante: cefalea molto
intensa, seguita da come,
ipotonia generalizzata, disturbi
vegetativi e respiratori; evolve
nell’exitus del paziente in poco
tempo.
- ESA frustra: cefalea intensa ma
di breve durata, senza vomito e
malessere, con segni meningi
lievi e transitori o assenti. Si
tratta di episodi dovuti a
piccoli sanguinamenti, spesso
preludio di episodi emorragici
più gravi.

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Grado Nishioka Hunt-Hess
Asintomatico o minima cefalea e lieve
1 Asintomatico
rigidità nucale
Minimamente compromesso: Cefalea,
2 ma vigile e cosciente senza deficit Cefalea moderata o severa, rigidità
neurologici maggiori nucale, senza deficit focali
Moderatamente compromesso:
3 • sonnolento con cefalea e rigor, ma Sonnolenza, confusione o minimo
senza deficit emisferici deficit focale
• sveglio, ma con deficit emisferici
Gravemente compromesso:
• stuporoso senza deficit neurologici Stupor, emiparesi moderata o severa,
maggiori possibile iniziale rigidità in
4 • comatoso e poco responsivo con d e c e re b r a z i o n e e d i s t u r b i
deficit emisferici vegetativi
• emiparesi, disfagia, confusione
Moribondo: Coma profondo, rigidità in
5 decerebrazione o assenza di risporta a decerebrazione, aspetto
tutti gli stimoli moribondo
Il grado clinico d’esordio è il principale indicatore prognostico e generalmente i pazienti si
presentano in stadio 3.

Diagnosi
1. TC
L’ e m o r r a g i a a p p a re c o m e
iperdensità negli spazi cisternali
e può essere tenia o marcata in
rapporto all’entità del
sanguinamento. In alcuni casi,
quando il sanguinamento è molto
modesto, la TC può risultare
negativa e si ricorre alla
rachicentesi per evidenziare
anche minime quantità di
sangue.
• Fase acuta (24h)
Pleiocitosi (1500 cell/mm3):
granulociti neutrofili
• Fase subacuta (48-72 h)
Monociti e macrofagi “a grappolo” ad attività siderofagica (emosiderina
intracitoplasmatica)
• Fase riparativa (1-4 sett - 6 mesi)
Fagociti monucleati a lunga emivita
2. Angio-TC con contrasto e ricostruzione tridimensionale dei vasi
3. Angiografia (panangiografia cerebrale)
4. RM (non indicata in fase acuta)

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Complicanze
1. Risanguinamento
Massima frequenza nel corso del 1° giorno (4 %)
15 - 20 % entro due settimane dal primo episodio
Mortalità 50% (1° causa di mortalità)
2. Vasospasmo: restringimento settoriale o generalizzato delle arterie cerebrali. Compare verso la
4-5^ giornata dopo l’episodio emorragico e dura alcuni giorni. Comporta una riduzione del
flusso ematico cerebrale:
CBF 50-70 ml/100mg/min = normale
CBF ≤ 20 ml/100mg/min = alterazioni EEG e sintomi
neurologici CBF < 15 mg/100ml/min = danni irreversibili.
Pazienti con spasmo arterioso anche severo e CBF basso ma funzionalmente valido possono essere
asintomatici poiché in questi casi si applica la legge di Hagen-Poiseuille per i vasi a larga
conduttanza. L’eziopatogenesi di questo fenomeno ancora non è stata chiarita, tuttavia a scopo
preventivo vengono usati Ca-antagonisti.
3. Idrocefalo
Acuto: compare nelle ore successive al sanguinamento nei pazienti con emorragia
ventricolare e ostruzione acuta dell’acquedotto (I. non comunicante).
Cronico: compare a distanza di diversi giorni dall’emorragia ed è dovuto ad ostruzione dei
villi con conseguente ostacolo al riassorbimento liquorale e aracnoidite delle cisterne della
base (I. comunicante).

Terapia
Trattamento immediato
• Ospedalizzazione
• Controllo PA
• Profilassi anticomiziale (7-10% crisi)
• Sedazione (prevenzione del risanguinamento) - barbiturici, benzodiazepine, clorpromazina.
• Analgesici
• Idratazione (aumento della pressione di perfusione cerebrale)
• Calcioantagonisti (prevenzione del vasospasmo) - nimodipina per os/ev.

Chirurgia
• Evacuativa
• Eziologica

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ESA Aneurismatica
Aneurismi: alterazioni focali della parete vasale con formazione di estroflessioni (specialmente in
corrispondenza di biforcazioni). Nel 25-30% dei casi sono multipli. Morfologicamente si
distinguono:
- sacculari 85% interessano solo un punto della parete arteriosa e sono connessi al vaso mediante
un colletto o una larga base di impianto;
- fusiformi 10 % interessano l’intera circonferenza dell’arteria per un tratto di lunghezza
variabile;
- dissecanti 5% si formano per scollamento dell’intima dalla media.

Epidemiologia
- 10,5/100.000 ab/anno (range 2,5-22,5%)
- 3% ictus cerebrali (5% mortalità)
- Età media 49 aa, rari in I-II decade; l’incidenza di rottura è massima tra V e VI decade
- F>M
- Mortalità
24 h → 21%
1 settimana → 37%
30 gg → 44%.
La probabilità che un AA vada incontro a rottura dipende dal diametro della dilatazione e, a livello
cerebrale, si usa come valore di riferimento 7mm.

Eziologia
• Congeniti: sono i più frequenti (90%), generalmente sacculari, e la loro origine dipende da un
difetto congenito della parete arteriosa.
• Aterosclerotici: generalmente fusiformi, si formano per progressiva dilatazione della parete
arteriosa in seguito a lesioni aterosclerotiche.
• Traumatici
• Infiammatori: più spesso sacculari, si formano in seguito ad infezioni batteriche o micotiche per
localizzazione sulla parete arteriosa di emboli settici.

Patogenesi
• Debolezza congenita della tonaca muscolare dei vasi (familiarità 10%)
• Alterazioni degenerative acquisite della membrana elastica interna (aterosclerosi, fumo,
ipertensione)
• Combinazione dei due precedenti meccanismi
Condizioni cliniche associate: Malattia policistica renale (16% aneurisma cerebrale), Displasia
fibromuscolare, Malformazioni arterovenose (da iperafflusso), Malattie del tessuto connettivo
(sindrome di Marfan, Ehlers-Danlos tipo IV).

Localizzazione
• 85 - 95 % : circolo anteriore
arteria comunicante anteriore: 30 %
arteria comunicante posteriore: 25 %
arteria cerebrale media: 20 %
• 5 - 15 % : circolo posteriore
arteria basilare: 10%
arteria vertebrale: 5%

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Quadro clinico
• Rottura di un AA: emorragia più spesso subaracnoidea, con diffusione del sangue nelle cisterne
basali e negli spazi della convessità; è possibile anche un’emorragia intraparenchimale, in
particolare nel caso in cui siano coinvolte la cerebrale media o la posteriore; in caso di
sanguinamento cospicuo, si osserva emorragia intraventricolare.
• In assenza di sanguinamento, disturbi da compressione delle strutture nervose circostanti.

Diagnosi
• Angio-TC
• Angio-RM
• Angiografia

Terapia
AA asintomatici dovrebbero essere trattati in tutti i pazienti in età giovane e media e nel caso in cui
il diametro dell’aneurisma superi 7-10mm. Nel caso di AA più piccoli, in soggetti anziani, è
preferibile un atteggiamento conservativo. AA sintomatici, soprattutto se con emorragia, devono
essere trattati in urgenza.
Il trattamento può essere chirurgico o endovascolare.
• Chirurgia
Consiste nell’esposizione dell’AA, mediante craniotomia, e nel suo clippaggio (esclusione
della sacca dal circolo attraverso una clip posta sul colletto). Condotta chirurgica: approccio
preliminare all’arteria di origine, clippaggio temporaneo dei vasi, clippaggio progressivo.

Eccezioni alla chirurgia precoce:


- aneurisma gigante o in sede critica
- vasospasmo in atto (sintomatico)
- condizioni generali critiche
- età (> 65-70 a)
- diagnosi tardiva
- grading H-H 4-5.
La chirurgia precoce è l’opzione di scelta (non c’è vantaggio ad aspettare).
Il grado clinico è il fattore prognostico principale (salvo situazioni particolari: es. aneurismi
giganti).
La diffusione delle tecniche di embolizzazione sta cambiando il panorama della chirurgia.
Alla chirurgia (più invasiva) verrà richiesto qualcosa di meglio e di più rispetto alle
tecniche di embolizzazione. Le tecniche chirurgiche saranno sempre più specifiche e
particolari.
• Embolizzazione
Tecnica endovascolare che attraverso cateteri coassiali (cateterismo arterioso transfemorale)
permette l’occlusione di sacche aneurismatiche del circolo intracranico. Prevede l’utilizzo
di microcateteri per il posizionamento di spirali metalliche in platino di diversa morfologia

26
e dimensione. In media una procedura ha una durata di
circa 2-3 ore.
Per AA a larga base o fusiformie in arterie di calibro non
troppo piccolo, può essere applicato uno stent che,
posizionato all’interno dell’arteria, riduce il flusso di
sangue nella sacca, favorendone la progressiva
trombizzazione. Questo trattamento comporta tuttavia la
possibilità di ricanalizzazione degli aneurismi a colletto
largo per compatimento delle spirali. Gli AA molto
grandi o giganti non dovrebbero essere trattati con questa tecnica.

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Le malformazioni vascolari cerebrali sono di origine congenita e sono dovute alla persistenza di
parte del primitivo sistema vascolare. Possono essere classificate in quattro gruppi:
1. Malformazioni artero-venose
2. Angiomi cavernosi
3. Teleangectasie capillari
4. Angiomi venosi

Malformazioni Artero-Venose
Sono anomalie di sviluppo nelle quali il sangue arterioso drena
direttamente in vene di scarico, senza interposizione di un letto
capillare. Tra i vasi malformati è presente tessuto nervoso,
spesso sede di gliosi e atrofico.

Epidemiologia
Incidenza: 0,14 % (range 0,1 - 0,4 %); si manifestano
soprattutto tra II-IV decade di vita. Mortalità: 1% anno

Morbidità: 2,7% anno


Rischio di I° sanguinamento: 2 - 3% anno
Rischio di risanguinamento: 4 - 5% anno

Le MAV appaiono grossolanamente come un groviglio di vasi,


spesso con un nido centrale circoscritto e vene di drenaggio
arterializzate. I vasi appaiono dilatati, tortuosi, pulsanti e dal
colorito rossastro perché ripiene di sangue arterializzato. Tali
lesioni congenite hanno dimensioni molto variabili, tendono ad ingrandirsi con l'età e passare da un
regime a basso flusso alla nascita ad uno ad elevato flusso in età adulta. Istologicamente le arterie
hanno una tunica muscolare ed elastica ridotte e frammentate, mentre le vene hanno pareti ispessite
e arterializzate.
Le conseguenze patologiche legate a queste lesioni sono:
la loro possibile rottura con emorragia subaracnoidea o
intracerebrale o cerebromeningea (sanguinamento sia nello spazio
subaracnoideo che nel parenchima);
il passaggio di sangue arterioso direttamente nel sistema venoso,
con possibili alterazioni emodinamiche del parenchima
circostante. A livello della MAV il flusso sanguigno è maggiore e
la velocità di flusso è aumentata, a causa della mancanza di
resistenze arteriolari e di letto capillare. Pertanto nelle arterie che
irrorano sia l’angioma che il parenchima circostante, il sangue
segue preferenzialmente la via dell’angioma con furto di sangue e
ischemia relativa del parenchima cerebrale circostante.

Classificazione
In base all’origine delle afferente arteriose si distinguono: MAV cerebrali pure, MAV miste
(cerebrali e durali), MAV durali.
In base alla sede:
MAV sopratentoriali (85-90%)
MAV corticali, con afferenze dalle arterie cerebrali anteriore, media e posteriore;

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MAV profonde, localizzate nel corpo calloso, nei gangli della base, nel talamo e nei
ventricoli cerebrali;
MAV sottotentoriali (10-15%)
MAV del cervelletto;
MAV del tronco;
MAV dell’angolo pontocerebellare.

Grading (Spetzler-Martin)
Diametro
- piccolo (< 3 cm) 1
- medio (3 - 6 cm) 2
- grande (> 6 cm) 3
Localizzazione
- non eloquente 0
- eloquente 1
Drenaggio venoso
- solo superficiale 0
- profondo 1
Grado No deficit Minor deficit Major deficit
1 100%
2 95% 5%
3 84% 12% 4%
4 73% 20% 7%
5 66% 22% 12%

Quadro clinico
Si manifestano clinicamente con massima incidenza tra 20-40 anni con un episodio emorragico o
una crisi convulsiva, mentre l’esordio in età infantile consiste quasi sempre in un episodio
emorragico.
• Emorragia
Picco di età tra 15 e 20 anni; 10% di mortalità per ogni episodio di sanguinamento; 30-50%
di morbidità (incidenza di deficit neurologici) per ogni episodio di sanguinamento.
Può essere di tipo cerebromeningeo o subaracnoidea. Tipicamente si manifesta con cefalea
intensa con segni di irritazione meningea; se è presente un’emorragia intraparenchimale,
compaiono segni neurologici focali.
• Comizialità
Le crisi possono essere generalizzate o parziali e si presentano con frequenza variabile.
• Cefalea
• Ischemia e deterioramento mentale (da furto)
• Ipertensione endocranica (↑ outflow venoso)
• Idrocefalo

Diagnosi
• TC
Praticata in occasione di un episodio emorragico, al fine di studiare il sanguinamento.

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• RM / angioRM
Identifica le arterie afferenti, il nidus e le vene di drenaggio come
strie serpiginose di assente segnale. Consente inoltre di valutare
la presenza di lesioni vascolari associate, i
segni di emorragia e le alterazioni del tessuto cerebrale
circostante.

• Angiografia
E’ necessario lo studio selettivo delle due
carotidi e delle vertebrali per definire
l’origine dei peduncoli afferenti. I piccoli
angiomi hanno una o due afferenze
arteriose, che originano da un solo sistema
vascolare, mentre gli angiomi più grandi
possono originare da più sistemi. Siccome
la velocità del flusso ematico è aumentata
nelle MAV, in fase arteriosa sono già
visibili le vene di scarico dell’angioma.

Terapia
• Chirurgico
Consiste nella chiusura con coagulazione bipolare o con clip delle afferenze arteriose e
delle efferente venose, seguita dalla asportazione del nido vascolare della malformazione.

• Endovascolare
L’embolizzazione consiste nella
chiusura selettiva delle afferenze a
r t e r i o s e a l l a M AV t r a m i t
e cateterismo selettivo dei singoli
vasi. I materiali embolizzanti sono:
le spirali metalliche, liquidi
embolizzanti, particelle di diverse
dimensioni.
Può essere utilizzata come unico

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trattamento oppure per ridurre le afferenze degli angiomi più voluminosi in previsione di un
trattamento chirurgico o radiochirurgico.

• Radiochirurgico
Consiste nella irradiazione ad alta energia di lesioni bersaglio con tecnica stereotassica.
L’irradiazione causa proliferazione dell’intima, che progredisce fino all’obliterazione del
vaso. L’occlusione si completa nella maggior parte dei casi in uno o due anni. E’ indicata
nelle MAV di dimensioni <3cm, soprattutto se a sede profonda, e preferibilmente nei
pazienti che non hanno avuto emorragie.

Angiomi Cavernosi
Malformazioni vascolari criptiche, cioè angiograficamente occulte, evidenti solo alla RM e alla TC.
Sono costituite da canali sinusoidali irregolari, localizzate di solito nella profondità di un solco, ben
circoscritte, fornite di feeding arteriosi e grosse vene di drenaggio.
Istologicamente la malformazione è formata da larghe cavità vascolari, separate da setti
connettivali, e contenenti coaguli ematici e trombi in vari stadi di organizzazione.

Epidemiologia
Incidenza: 5 - 13 % delle malformazioni vascolari del SNC.
Sede:
- Sopratentoriali 75 - 85 %
- Infratentoriali 15 - 25 %.
Quadro clinico
Gli angiomi cavernosi tendono ad andare incontro a ripetuti piccoli sanguinamenti. A differenza di
quanto avviene nel caso delle MAV, il sanguinamento è il più delle volte di modesta entità, poiché la
pressione del sangue all’interno dei cavernomi è minima. Questi ripetuti micro-sanguinamenti
determinano un progressivo aumento di dimensione della lesione, che a sua volta può causare
disturbi neurologici. Più raramente un cavernoma dà luogo ad un sanguinamento di entità maggiore
e quindi ad una emorragia cerebrale.
• Comizialità (60%)
E’ la manifestazione tipica dei cavernomi localizzati superficialmente, in prossimità della
corteccia cerebrale. L’epilessia è dovuta all’effetto irritativo esercitato sulle cellule nervose
dai piccoli sanguinamenti cui la lesione va incontro e alla conseguente deposizione di
prodotti di degradazione del sangue dotati di proprietà epilettogene.
• Deficit neurologici ingravescenti (50%)
Si sviluppano di solito nel caso in cui il cavernoma si trovi in un’area cerebrale
funzionalmente critica (ad esempio i nuclei della base o il tronco encefalico). Sebbene i
deficit possano essere inizialmente reversibili, il verificarsi di sanguinanti ripetuti può
portare con il tempo allo sviluppo di disturbi permanenti e invalidanti.
• Emorragia (20%)
• Idrocefalo
• Rilievo occasionale

Diagnosi
La RM consente di definire la diagnosi, grazie soprattutto al differente segnale dell’emoglobina
delle pregresse emorragie e permette inoltre di evidenziare anche lesioni molto piccole. Il quadro

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tipico è caratterizzato da un’area centrale iperintensa (metaHb)
e da un anello periferico ipointenso, visibile specie in T2
(emosiderina).

Terapia
Il trattamento è esclusivamente chirurgico e deve essere preso
in considerazione per gli angiomi cavernosi superficiali e più
grandi, quelli che hanno presentato emorragia, quelli che
causano crisi epilettiche non dominate dalla terapia
farmacologica, o nel caso in cui compaiano segni di
compressione delle strutture nervose.

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