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La sintassi delle lingue umane si basa sull’organizzazione gerarchica delle parole malgrado esse si
dispongano secondo un ordine sequenziale.
Si ipotizza che i limiti della sintassi delle lingue umane sono dovuti a una matrice di stampo
biologico;
questa conclusione si basa:
- su dati di tipo comparativo, che trovano identità di struttura in lingue molto distanti tra loro
- sull’osservazione dell’apprendimento della lingua madre dei bambini, che seppur esposti a dati
frammentati, mostrano di convergere verso la sintassi senza passare attraverso un percorso di errori
casuali > nessun bambino inverte l’ordine dello specificatore e del complemento, nei sintagmi;
compiono invece errori morfologici
Con l’aggettivo “biologico” si passa su un piano di lavoro diverso: si passa dalla riflessione sulla
sintassi alla riflessione sul cervello.
Attraverso nuove tecniche si cercherà di illustrare come esse corroborino in modo nuovo l’ipotesi di
una guida biologicamente determinata per la sintassi.
In particolare, si dimostrerà come la struttura neuro-funzionale del cervello, di un essere umano
adulto, sia sensibile alla differenza tra:
- regole che seguono i principi universali della sintassi
- regole che violano i principi universali della sintassi
fornendo dati a favore dell’ipotesi che il linguaggio umano sia limitato dall’architettura funzionale
del cervello.
*Il termine “afasia di Broca” indica oggi la perdita della capacità di produrre un eloquio fluente e la
concomitante omissione di morfemi grammaticali liberi o legati.
Oggigiorno, però, si ritiene che non vi esista una singola “area del linguaggio”, così come non esista
nessuna singola area dedicata a nient’altro: le aree sono zone di coinvolgimento preferenziale.
I lavori del neurologo Carl Wernicke, circa vent’anni più recenti di quelli di Broca, mostrano che
altre aree corticali sono coinvolte nelle patologie del linguaggio, come la metà posteriore del giro
superiore temporale dell’emisfero sinistro.
Le basi empiriche che hanno portato alla costruzione della linguistica e della neurobiologia del
linguaggio sono incommensurabili o possono essere raffrontate?
Nessuno ad oggi sa come si passi dalle regole utilizzate per comporre una frase ai neuroni o alle
aree corticali che sottendono a questo compito.
Dall’inizio degli anni 80, è iniziata l’esplorazione del cervello in vivo: non è stato più necessario
aspettare un guasto o ricorrere all’autopsia per avere dati sul suo funzionamento.
Il cervello è diviso in due emisferi simmetrici, collegati tra loro da una lamina orizzontale di
sostanza bianca, detta corpo calloso, costituita da un insieme di fibre nervose che, partendo dai
neuroni presenti sulla corteccia, mettono in contatto tra loro altre parti della corteccia, dello stesso e
dell’altro emisfero;
inoltre, ricevono e trasmettono al midollo spinale impulsi nervosi.
La superficie è ricoperta da una sostanza grigia, detta corteccia cerebrale, costituita da strati
variabili di neuroni e da numerose pliche, che dividono gli emisferi in lobi;
a loro volta, i lobi sono divisi in circonvoluzioni da altre pliche meno profonde.
La corteccia cerebrale svolge un ruolo fondamentale: tutte le attività cognitive dipendono
dall’attività elettrica dei neuroni.
Nel IV secolo a.C., Aristotele riteneva che la funzione del cervello fosse quella di raffreddare il
sangue, mentre le funzioni psicologiche erano attribuite ad altri organi
ES: il termine usate per definire la depressione era “melanconia”, ovvero bile nera
Per tutto il Medioevo, invece, si riteneva che le facoltà cognitive, sensoriali e motorie venissero
regolate dal liquido cefalorachidiano, che scorre nelle meningi e nei ventricoli cerebrali.
I ventricoli erano tre e ad ognuno di essi apparteneva una distinta attività cognitiva:
- la phantasia
- la ratio
- la memoria
Ad oggi si sa che i ventricoli sono quattro cavità situate all’interno della massa encefalica, aventi la
funzione di tenere il cervello a riparo da scossoni troppo bruschi.
Nel XVI secolo ebbe inizio la transizione dalla “teoria dei ventricoli” alla “teoria della corteccia”:
dal momento che anche gli animali possedevano un sistema ventricolare sofisticato, non poteva
essere ciò il responsabile delle differenze intellettive superiori dell’essere umano.
Solo con il lavoro di Thomas Willis, nel XVII secolo, si arrivò all’ammissione del ruolo centrale
della corteccia nelle attività intellettive: Willis comparò le circonvoluzione dell’essere umano con
quelle delle altre specie animali.
Nel cervello di un individuo vi sono circa 20 miliardi di neuroni, e se si contano i contatti che i
neuroni stabiliscono tra loro mediante ramificazioni chiamate “sinapsi”, il numero cresce
esponenzialmente.
Non si sa come si formino i contatti sinaptici, ma si sa che sono guidati da fattori di crescita e che
l’esperienza individuale è capace di incidere sulla plasticità della rete in modo significativo.
Quanto tra due neuroni si trasmette un impulso elettrico, si utilizza energia fornita dal metabolismo
cellulare, che dipende strettamente dall’apporto di ossigeno proveniente dal sangue.
Sia la PET che la fMRI sono strumenti che possono misurare l’afflusso di sangue nelle varie regioni
della corteccia cerebrale.
Immaginando, però, di utilizzare su un soggetto entrambi gli strumenti PET e fMRI (entrambi
possiedono una struttura ad anello all’interno della quale si posiziona la parte del corpo che si vuole
prendere in esame) per individuare l’attività encefalica dedicata, ad esempio, al compito della
lettura di un testo scritto nella lingua madre del soggetto, è possibile notare che tutta la corteccia è
impegnata nello svolgimento di funzioni cognitive e non > egli infatti può:
- muovere gli occhi per leggere
- sentire caldo o freddo
- provare emozioni
- notare particolari non rilevanti per l’esperimento
In tutto ciò non si potrebbe riconoscere l’attività legata alla sola lettura, perché il cervello è
impegnato anche in altre attività.
Un metodo per mettere in risalto una certa attività che interessa studiare rispetto a tutte le altre, è il
metodo sottrattivo: si basa sull’ipotesi che se si sottraggono valori emodinamici della corteccia nelle
rilevazioni ottenute, dove sulla corteccia venivano attivati valori uguali, i valori si annullano tra
loro, lasciando in evidenza soltanto la parte in cui i valori sono diversi.
Con il metodo sottrattivo l’idea è di “mascherare” le attivazioni non rilevanti rispetto a ciò che si sta
indagando, sottraendo le attività di due compiti diversi.
Primo esperimento > in PET
si è escogitato un modo per verificare almeno una delle proprietà fondamentali della sintassi: la sua
autonomia dagli altri componenti della grammatica.
*per autonomia della sintassi non si intende che la sintassi sia indipendente dal resto della
grammatica, ma si intende rimarcare il fatto che le regole di combinazione delle parole non sono
totalmente riducibili ad altri componenti grammaticali: i principi che regolano la sintassi hanno
leggi proprie.
1) per evitare che l’errore sintattico si ripercuota sulla semantica, bisognerà utilizzare parole o frasi
non dotate di alcun significato, chiamate pseudo-parole e pseudo-frasi: si inventano solo le radici
lessicali delle parole delle classi aperte.
- classi aperte: insieme di parole che possono sempre essere aumentate di numero, come verbi,
aggettivi, nomi e alcuni avverbi
- classi chiuse: insieme di parole che non aumentano mai di numero, come articoli e preposizioni, e
non si riferiscono a oggetti, proprietà o concetti del mondo, ma collegano tra loro le parole delle
classi aperte
Nessuna delle frasi elencate si può dire se sia vera o falsa, perché nessuna delle parole delle classi
aperte si riferisce a concetti o insieme del mondo;
inoltre, manca del tutto la punteggiatura, per evitare di dare informazioni di tipo intonativo.
L’aspettativa era:
- nel produrre errori di tipo sintattico si evitava di avere effetti sul piano semantico > la semantica
stessa era evitata
- si sa per certo che l’elaborazione di strutture contenenti parole dotate di significato attiva zone
corticali delle regioni temporali, ci si aspettava di non avere attivazioni in quelle regioni
Una volta eliminata la semantica, occorre costruire errori selettivi a livello fonologico,
morfosintattico e sintattico
3) pseudo-frasi con errori a livello morfosintattico > le frasi utilizzate presentano “accordi” scorretti
di genere e numero tra nomi, verbi, aggettivi e articoli
4) pseudo-frasi con errori a livello sintattico > le frasi utilizzate non presentano un ordine tra le
parole
Dunque, per isolare il componente sintattico, visto che la sintassi non può essere separata in nessun
enunciato dagli altri componenti grammaticali, occorre passare attraverso compiti di riconoscimento
di errore ai diversi livelli grammaticali.
Se al riconoscimento di questi errori fossero corrisposte attivazioni corticali diverse, si avrebbero
avuto i dati che la sintassi attivi circuiti neuronali autonomi.
I risultati dell’errore sintattico mostrano la somiglianza con l’attivazione delle aree corticali relativa
all’errore morfosintattico.
La conclusione è, dunque, che non ci siano differenze tra il riconoscimento di un errore sintattico e
morfosintattico?
In realtà, soltanto nell’errore si attivano zone che comprendono:
- la componente profonda dell’area di Broca e il suo omologo nell’emisfero destro
- il nucleo caudato di sinistra
- il lobo dell’insula
Se questi esperimenti verranno confermati, si potrà concludere che la sintassi è isolabile, non
soltanto in termini di regole linguistiche, ma anche in termini di flusso ematico sulla corteccia
cerebrale e in componenti subcorticali.
* il principio dalla dipendenza della struttura stabilisce che le regole sintattiche delle lingue naturali
non possono basarsi sul conto di una certa posizione in una sequenza.
L’esperimento prevedeva che 8 soggetti, 4 uomini e 4 donne, destrimani, mai esposti ad altra lingua
se non il tedesco, venissero esposti a brevi lezioni grammaticali di una lingua straniera > l’italiano
Regole possibili:
- il soggetto può essere omesso
- nelle frasi passive si ha una trasformazione delle frasi attive, con verbo transitivo, in cui l’oggetto
o la persona che subiscono l’azione diventano dei soggetti, mentre colui che compie l’azione (il
soggetto) diventa opzionale
- l’ordine di una frase dipendente coincide con l’ordine della frase principale
Regole impossibili:
- la negazione si forma col “no” posto sempre al quarto posto di una frase affermativa
- una frase interrogativa si forma invertendo l’ordine delle parole di una frase affermativa
- il primo articolo indeterminativo di una frase si accorda sempre con l’ultimo nome della stessa
frase
Però, a causa della relazione tra la lingua italiana e la lingua tedesca > appartengono a lingue della
famiglia indoeuropea, si è deciso di esporre i soggetti ad una lingua “lontana”, come il giapponese.
Anche con la lingua giapponese si utilizzarono tre regole grammaticali possibili e tre regole
grammaticali impossibili.
Regole possibili:
- l’ordine degli elementi, testa e complemento, nella frase principale è invertito
- l’ordine degli elementi nella frase passiva
- l’ordine delle frasi subordinate, ovvero il parametro testa-complemento è capovolto
Regole impossibili:
- nella frase negativa la parola “nai” occupa sempre il quarto posto delle frasi affermative
- nella frase interrogativa si inverte l’ordine di parole delle frasi affermative
- nella frase al passato si aggiunge il suffisso -ta sempre nella quarta posizione di una frase
Una volta apprese queste regole, i soggetti decidevano se la frase letta seguisse o meno le regole e,
dunque, schiacciare un bottone con un dito della mano sinistra.
Dunque, il cervello smista i dati sintattici, senza che i soggetti ne abbiano conoscenza, e elabora
solo le frasi che preservano la dipendenza dalla struttura, dall’area predisposta per i compiti
sintattici > area di Broca;
mentre nell’elaborazione delle frasi che non rispettano la dipendenza dalla struttura, l’attività nella
stessa area diminuisce progressivamente.