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Prof Francesca Gelfo

CERVELLO

90 miliardi di neuroni che inviano e ricevono segnali elettrochimici.

Sfida del cervello: comprendere il proprio funzionamento e come esso sia alla base del
comportamento

STORIA

1. In epoca preistorica → si attribuiscono al cervello funzioni di rilievo nell’ambito della vita


umana (crani di 7000 anni fa che presentano segni di rudimentale pratica chirurgica
della trapanazione → procedura finalizzata alla cura del mal di testa o disturbi mentali.
Presenta segni di cicatrizzazione, quindi non ha come obiettivo l’uccisione)
2. Antico egitto (5000 anni fa): sede del pensiero è il cuore (viene lasciato nel corpo del
defunto mummificato. Il cervello viene rimosso dal cranio e buttato via)
3. Antiche civiltà indiane e cinesi anche pensano che la sede del pensiero è il cuore
4. Antica Grecia: Aristotele: cuore è la sede delle capacità mentali; il cervello ha come
funzione di raffreddare il sangue scaldato dal cuore → cervello è la parte razionale
5. Ippocrate: cervello è la sede delle funzioni mentali (preposta al controllo del
comportamento)
6. Epoca Romana: Galeno (130-200 d.C.): si occupa di ferite ai gladiatori. Osserva
conseguenze di lesioni spinali e cerebrali e le associa a cambiamenti nel
comportamento → cervello controlla comportamento. Fluido cerebrale si sposta nelle
regioni del corpo attraverso i nervi, come tubi, per controllare funzioni del corpo
7. Medioevo: rimangono le stesse idee. Lo studio dell’uomo è empio, quindi non viene
studiato
8. Rinascimento XIV secolo: si ricomincia a studiare l’uomo
9. XVII secolo: Cartesio: mondo come una macchina messa in moto da dio, che si muove
senza influenze divine. Animali come organismi meccanici, il cui comportamento è
controllato da stimoli ambientali. → studiare il funzionamento come un meccanismo. La
stessa concezione al corpo umano (res extensa) che è fatto di sostanza materiale.
Descrive i riflessi (movimenti automatici. L’energia presente nello stimolo è riflessa nei
muscoli. Es. fuoco provoca ritrazione dell’arto) → concezione dualistica: l’uomo è
descritto come dotato di uno spirito pensante (res cogitans), fatto di sostanza
immateriale. Essa riceve informazioni dagli organi sensoriali del corpo e ne controlla i
movimenti tramite la ghiandola pineale (epifisi). L’epifisi dirige il fluido verso i muscoli per
controllare i movimenti, attraverso i nervi.
Separe corpo materiale dalla sostanza spirituale (dualismo). La ghiandola pineale li
unisce. Consentito quindi lo studio della parte fisica dell’uomo.
10. Luigi Galvani (XVII secolo): scopre che la stimolazione elettrica può indurre contrazione
muscolare (anche se nervo e muscolo erano staccati dal corpo → non è la pressione
idraulica quindi)
11. XIX secolo: Müller: impostazione sperimentale nello studio della fisiologia (diretta
manipolazione del corpo, somministrazione di sostanze chimiche, o cambiamenti
nell’ambiente → osservazione della risposta). Finora la fisiologia si era limitata a
descrivere i fenomeni. Dottrina delle energie nervose specifiche: i nervi trasmettono
tutti un messaggio elettrico dello stesso tipo, ma le sensazioni sono differenti perché il
messaggio segue canali differenti e raggiunge aree diverse del cervello (che comincia
ad essere diviso in aree specializzate)
12. Frenologia (Gall): le protuberanze del cranio sono associabili al rigonfiamento del
cervello (alla dimensione delle parti del cervello corrisponde una propensione a tratti
della personalità o abilità cognitive → specifiche abilità mentali sono localizzate in
alcune aree della testa)
13. Flourens (17/18 secolo): ablazione sperimentale di specifiche aree del cervello →
osservazione della variazione nel comportamento (specifiche funzioni)
14. Paul Broca XIX secolo: lesioni cerebrali dei pazienti → osservazioni di disturbi funzionali
specifici → legame tra cervello e funzioni
15. XX secolo: numerose indagini e scoperte
16. In particolare: 1949 - pubblicazione di L’organizzazione del comportamento (Hebb):
un comportamento complesso può essere basato sull’attività neuronale (dimostrato che
l’uso struttura le connessioni, e che gruppi di neuroni possono organizzarsi per
specifiche funzioni)
17. Psicobiologia e psicologia fisiologica (o neuroscienze comportamentali): relazione
tra comportamento e processi corporei (soprattutto attività cerebrale).
Studia le basi biologiche e fisiologiche dei processi psichici e del comportamento

Oggetti di studio che interessano la psicobiologia:


- Descrizione del comportamento: scomposto in termini di caratteristiche essenziali
accuratamente definite
- Evoluzione del comportamento: elementi di continuità tra le specie che si riscontrano
in relazione a determinati processi cerebrali e comportamenti e anche della discontinuità
(conseguenza dell’adattamento a ambienti diversi)
- Sviluppo del comportamento: variazioni nelle funzioni cerebrali osservabili nell’arco
della vita di ogni specie
- Meccanismi biologici: obiettivo fondamentale e trasversale a tutti gli ambiti della
psicobiologia: indagine dei meccanismi biologici che supportano i processi psichici e le
differenti manifestazioni comportamentali
- Applicazione delle conoscenze: uso delle informazioni in funzione del miglioramento
delle condizioni di vita delle diverse specie

Ci sono diversi ricercatori provenienti da diverse discipline che fanno psicobiologia. Studi che
integrano varie competenze e diverse professionalità. Branche principali:
- Psicologia fisiologica: studia meccanismi neurali alla base del comportamento,
fondato sulla manipolazione cerebrale diretta (mediante metodologie chirurgiche e
stimolazione elettrica su modelli animali)
- Psicofarmacologia: manipolazione serimentale mediante somministrazione di farmaci
(prima su animali e poi su soggetti umani)
- Neuropsicologia: effetti di un danno cerebrale su soggetti umani (a seguito di patologie
o traumi)
- Psicofisiologia: studi che si occupano della relazione tra attività fisiologica e processi
psicologici (indagando soggetti umani, quindi con tecniche non invasive:
elettroencefalogrammi, parametri psicofisiologici)
- Neuroscienze cognitive: basi biologiche dei processi psichici di livello più elevato (es.
Attenzione, memoria, pensiero). Basati su rilevazione dell’attività cerebrale
- Psicologia comparata: confronto di comportamenti di specie diverse per indagarne
evoluzione e aspetti adattativi del comportamento.

Approccio riduzionistico: scomporre un problema complesso in unità sempre più piccole →


indagine sistematica finalizzata a una compresione globale
Livelli:
→ molecolare (molecole che mediano le funzioni e costituiscono il sistema nervoso)
→ cellulare (come le molecole funzionino in maniera integrata per fornire caratteristiche e
proprietà specifiche dei neuroni, e come interagiscono)
→ sistemico (indagini su come i circuiti fra le cellule del sistema nervoso formino delle funzioni
semplici)
→ comportamentale (come i sistemi integrino le loro funzioni nell’esecuzione di comportamenti
complessi come il provare e manifestare emozioni o avere un’attività onirica)
→ cognitivo (meccanismi neurali alla base degli aspetti più complessi dell’attività mentale
umana)
Tutti questi livelli si integrano per dare spiegazione sulla relazione tra cervello e comportamento

Neuroplasticità: fenomeno per cui il cervello può andare incontro a modificazioni strutturali e
funzionali in conseguenza dell’esperienza.
La capacità del cervello di modificarsi in conseguenza all’esperienza è fondamentale per tutto
l’arco di vita.
La neuroplasticità è fondamentale in ogni tipo di interazione con l’ambiente.

CELLULE DEL SISTEMA NERVOSO

Il sistema nervoso è costituito da 2 macro compartimenti fondamentali


- SNC: contenuto nelle ossa craniche e nella colonna vertebrale
- SNP: al di fuori delle ossa, nervi + alcuni organi sensoriali

2 tipi fondamentali di cellule:


- Neuroni
- Cellule gliali

Storia:
- XIX secolo: progressi della tecnica: microscopi + procedure di fissazione, taglio e
colorazione del tessuto cerebrale = visione delle cellule del sistema nervoso
- Camillo Golgi: colorante di Golgi (cromato d’argento): colora solo alcuni neuroni →
sostiene che le cellule nervose fossero in continuità fra di loro (rete di tubi che
trasmettono informazioni)
- Santiago Ramon Y Cajal: cellule neurali non sono continue, ma separate in ogni punto di
contatto da uno spazio sottile
- Entrambi nobel nel 1906 per la medicina
- Anni ‘50: microscopio elettronico conferma la teoria del neurone

Teoria del neurone:


- Il cervello è costituito da cellule separate (da punto di vista strutturale, metabolico e
funzionale
- Informazione è trasmessa attraverso microscopici spazi di contatto

Neurone: elemento alla base dell’elaborazione e trasmissione dell’informazione nel sistema


nervoso
Diversi tipi di neuroni con 4 fondamentali componenti strutturali:
- Soma (corpo cellulare)
- Dendriti (dendron, albero): ricevono i messaggi. Sembianze di rami che si staccano dal
soma, anche elaborata. Alcuni sono coperti da spine dendritiche (protuberanze che
aumentano superficie dei dendriti che permettono maggiori contatti + isolano le reazioni
chimiche). Le spine dendritiche vanno incontro a modificazioni temporanee o permanenti
(neuroplasticità)
- Assone: estensione lunga e sottile che si diparte per arrivare ai bottoni terminali.
Spesso coperto da guaina mielinica. Il messaggio principale trasportato dall’assone è un
breve evento elettrochimico (potenziale d’azione), il quale inizia nel monticolo
assonico, cioè vicino il some
- Bottoni terminali: rigonfiamenti alla fine di tutte le estremità assoniche. Essi contattano
gli altri neuroni (sul some o sulla superficie dendritica) in una zona detta sinapsi.
Un singolo assone può ricevere informazione da molti neuroni e inviarli a molti neuroni.

Nervi: fasci composti da svariate migliaia di assoni impacchettati insieme da una membrana
protettiva.

SOMA

Membrana neuronale: composta da doppio strato di molecole lipidiche. Incastrate nella


membrana ci sono numerose proteine che hanno varie funzioni (rilevare presenza di sostanze
all’esterno della cellula, controllare accesso selettivo all’interno della cellula, trasportare
attivamente alcune molecole dentro e fuori la cellula)

Nucleo: centralmente, circondato dalla membrana nucleare. All’interno ci sono i cromosomi,


catene di DNA (acido desossiribonucleico) che contiene programma genetico. I segmenti attivi
di DNA producono l’mRNA (acido ribonucleico messaggero) che dà luogo alla produzione delle
specifiche proteine che fanno funzionare il neurone.

Ribosomi: La sintesi proteica avviene all’interno dei ribosomi: l’mRNA si lega ai ribosomi e
produce le proteine secondo queste istruzioni.
Ribosomi liberi: producono proteine destinate a essere utilizzate all’interno della cellula
(mentre quelli legati producono proteine destinate a essere trasportate fuori dalla cellula o nella
membrana)

Citoplasma: composto da una sostanza gelatinosa semiliquida, in cui galleggiano gli organelli
o organuli tra cui:
- Mitocondri: costituiti da una doppia membrana che si ripiega internamente per
costituire delle creste. Si occupano della respirazione cellulare: dagli elementi nutritivi
si estrae l’energia necessaria al funzionamento della cellula. Si produce quindi l’ATP che
viene utilizzato come fonte immediata di energia.
- Reticolo endoplasmatico: composto da strati paralleli dello stesso tipo di membrana
che racchounde la cellula. Può essere:
● Rugoso: contiene ribosomi, i quali producono le proteine destinate a essere
trasportate fuori dalla cellula o nella membrana
● Liscio: non contiene ribosomi. Varie funzioni: regolazione del contenuto del
intracellulare di diverse sostanze + segregazione delle molecole implicate in
diversi processi cellulari
- Apparato di Golgi: tipo di reticolo endoplasmatico liscio. Produce strati di membrana
deputati ad avvolgere le molecole rilasciate dal neurone.

Citoscheletro: impalcatura interna sulla quale la membrana è poggiata. È una matrice di


filmaenti proteici insolubili. 3 tipi di filamenti
- Microtubuli: i più spessi, costituiti da 13 filamenti proteici disposti intorno a una cavità
centrale. Lungo essi avviene il trasporto assoplasmatico anterogrado (attraverso
l’assoplasma, il citoplasma dell’assone) di componenti creati nel soma ai bottoni
terminali. Il trasporto è realizzato dalla chinesina (che con due gambe fa camminare sui
microtubuli. Il trasporto assoplasmatico retrogado viaggia anche in senso contrario,
operato dalla dineina: probabilmente per portare al soma informazioni sulle variazioni di
necessità metaboliche. Entrambi i trasporti hanno bisogno di ATP

TIPI DI NEURONI
Classificazione in base alla forma:
- Neuroni multipolari: più comuni. Molteplici dendriti e un solo assone.
- Neuroni bipolari: 1 dendrite + 1 assone. Comune all’interno dei sistemi sensoriali.
- Neuroni unipolari: si diparte un unico processo (assone in genere) che si ramifica in
due direzioni. 1 terminale ha terminazioni dendritiche, mentre l’altro trasmette
l’informazione e ha bottoni sinaptici. Spesso si occupano di informazioni sensoriali (tattili
o delle articolazioni)

Classificazione in base alla dimensione:


- I neuroni dei vertebrati hanno corpi cellulari con diametri da 10 a 100 micrometri.
- I neuroni più grandi hanno segnali di ingresso e uscita più complessi, coprono distanze
più lunghe e sono più veloci.
Classificazione in base alla funzione:
- Neuroni sensoriali: specializzati nella risposta a stimoli ambientali
- Motoneuroni: specializzati nel controllo dei movimenti muscolari
- Interneuroni: collocati interamente nel SNC, specializzati nel ricevere e ritrasmettere
l’informazione

Altre cellule del sistema nervoso centrale

Glia: isola chimicamente e fisicamente i neuroni:


- Sostiene e mantiene i neuroni al loro posto
- Controlla l’approvigionamento dell’energia
- Rimuove i neuroni morti
Principali cellule gliali:
- Astrociti: hanno forma di stella (molti processi). Danno supporto fisico ai neuroni e
ripuliscono i detriti di neuroni morti (tramite la fagocitosi). Scivolano all'interno del SNC,
quando incontrano resti di neuroni morti li inglobano creando tessuto cicatriziale
(impedendo, anche a causa di segnali chimici, che gli assoni danneggiati possano di
nuovo allungarsi e tornare alle posizioni originali). Producono agenti chimici necessari al
funzionamento del neurone, controllando la composizione chimica nel fluido che
circonda i neuroni. Inoltre sono coinvolti nei processi di rifornimento energetico dei
neuroni poiché avvolgono sia i capillari che i neuroni (fornendo quindi glucosio ai
neuroni). Possono anche accumulare glicogeno (che può essere trasformato in glucosio)
- Oligodendrociti: nel SNC (oligo → poco). Hanno pochi processi. Creano la guaina
mielinica (rivestimento a segmenti che ricopre l’assone, composta per 80% da lipidi e
20% proteine) avvolgendosi intorno a una porzione di assone. Ogni cellula può produrre
50 segmenti di guaina.
Guaina mielinica. Avvolge l’assone in segmenti di lunghezza di circa 1mm, separati dai
nodi di Ranvier (spazio di 1 o 2 micrometri)
- Cellula di Schwann: nel SNP. Creano mielina, ma 1 cellula produce solo un segmento
di guaina mielinica. Le cellule di Schwann fagocitano i segmenti di assone distrutti, ma
non creano tessuto cicatriziale, quindi gli assoni danneggiati possono crescere di nuovo.
- Microglia: usa fagocitosi per eliminare neuroni danneggiati o morti. Ha anche funzione
immunitaria (in caso di lesioni cerebrali essa agisce con funzione immunitaria).
Barriera ematoencefalica: meccanismo di sbarramento che esiste tra il sangue e il fluido che
circonda le cellule. Nel resto del corpo c’è scambio libero di sostanze tra plasma ematico e
fluido che circonda le cellule. La barriera ematoencefalica è selettivamente permeabile → il
fluido extracellulare che circonda i neuroni viene controllato e regolato e non cambia in base al
contenuto del plasma ematico.
Può anche rendere difficile anche l’immissione di sostanze benefiche.

COMUNICAZIONE NEURONALE
Il sistema di comunicazione è di tipo bioelettrico. Si fonda su proprietà elettrochimiche. Il
messaggio è elettrochimico.
I neuroni sono caratterizzati da una polarizzazione elettrica.
Per verificare: si usa il assone gigante del calamaro, inserito in acqua marina (che mimica il
fluido extracellulare).
Se si misura con un microelettrodo (punta di diametro non superiore a 1 micron) collegato a
un voltmetro in grado di misurare la differenza di potenziale elettrico tra l’interno e l’esterno del
neurone.
L’interno del neurone è dotato di una carica elettrica negativa di 70 mV (millesimi di Volt)
rispetto all’esterno quando la cellula è a riposo →
il potenziale di membrana a riposo è di -70 mV
Spiegato dall’equilibrio nella distribuzione di ioni nel fluido intra ed extracellulari.

La carica elettrica basale di cui è dotato l’interno del neurone è il risultato dell’equilibrio tra la
forza di diffusione e la forza elettrostarica.

Diffusione: le molecole si spostano seguendo un gradiente di concentrazione da luoghi di


alta concentrazione a alta concentrazione.

Elettròliti: alcune sostanze che, se sciolte in acqua, si dissociano in particelle dotate di cariche
elettriche opposte dette ioni.
- Cationi: carica elettrica positiva +
- Anioni: carica elettrica negativa -
Particelle con carica opposta si attraggono, quelli dello stesso segno invece si respingono

Pressione elettrostatica: forza esercitata dalla repulsione o dall'attrazione dovuta alla carica
elettrica.

Potenziale di membrana a riposo: è dovuto alle forze di pressione elettrostatica esercitate


dagli ioni contenuti nel fluido intracellulare e nel fluido extracellulare.
Ci sono 4 tipi importanti di ioni:
- Anioni organici (A-): proteine cariche negativamente prodotte dai processi metabolici
del neurone. Si trovano esclusivamento nel fluido intracellulare. La membrana non è
permeabile agli anioni organici, quindi non possono fuoriuscire per diffusione e
pressione elettrostatica.
- Ioni potassio (K+): concentrati maggiormente nel fluido intracellulare. La diffusione
tende a spingerli all’esterno, la pressione elettrostatica tende a tenerli all’interno, le due
forze sono in equilibrio.
- Ioni cloro (Cl-): maggiormente nel fluido extracellulare. La diffusione li spinge
all’interno, la pressione elettrostatica a tenerli all’esterno. Le due forze sono in equilibrio.
- Ioni sodio (Na+): maggiormente nel fluido extracellulare. Diffusione li spinge all’interno,
pressione elettrostatica spinge all’interno. Le forze non sono in equilibrio e il sodio
rimane fuori grazie alla pompa sodio potassio

Ricapitolando:
Fluido intracellulare: A- (solo qui) ; molto K+
Fluido extracellulare: molto Cl- ; molto Na+

Pompa sodio potassio: proteine inserite nella membrana, trasportatori sodio-potassio, che
scambiano attivamente 3 ioni Na+ fuori per ogni 2 K+ che entrano.
La membrana non è molto permeabile a ioni Na+, la pompa sodio potassio è veloce ed è in
grado di bilanciare la variazione di concentrazione.
Per funzionare ha bisogno di ATP.

POTENZIALE D’AZIONE
La proprietà specifica dei neuroni sta nel subito brevi ma fondamentali cambi di polarizzazione,
con una breve variazione del potenziale di membrana che provocano l’invio di un segnale
elettrico a un’altra estremità del neurone. Questo è alla base della trasmissione
dell’informazione all’interno del neurone.

Per rilevare questo cambio di polarizzazione si può usare l’oscilloscopio che permette di
vedere il cambiamento di voltaggio su un grafico (asse x: tempo, asse y: voltaggio)
Per generare il cambio di polarizzazione si utilizzerà un altro elettrodo attaccato a un
elettrostimolatore, che faccia entrare carica positiva nel neurone. Questo causa la
depolarizzazione.

Depolarizzazione: spostamento del potenziale di membrana dal valore di riposo di -70 a un


valore meno negativo.

Se si mandano stimoli depolarizzanti di intensità crescente, si arriverà a un livello critico, detto


soglia di attivazione (varia da neurone a neurone ma in genere è intorno ai -40 mV)
Questo scatenerà un evento breve (0,5-2 millisecondi) che comporta una inversione del
potenziale di membrana che diventa quindi positivo.

Soglia di attivazione

Potenziale d’azione: inversione rapida del potenziale di membrana.


Il potenziale di membrana torna al livello normale entro pochi millisecondi passando per un
breve periodo di iperpolarizzazione (il potenziale è più negativo della norma)
Al di fuori del laboratorio, la stimolazione viene da fonti di vario genere.

BASI FISIOLOGICHE DEL POTENZIALE D’AZIONE


È dato dall’ingresso degli ioni Na+ nell’interno della cellula.

Canali ionici
All’interno della membrana sono inseriti i canali ionici (struttura tridimensionale che forma poro
tubulare che consente l’entrata e l’uscita di specifici ioni dalla cellula).
Essi sono selettivamente permeabili e un tipo di ione. In ogni canale possono passare 100
milioni di ioni al secondo.
La permeabilità dipende dal numero di canali selettivi per quello ione che sono aperti.

I canali che permettono al sodio di passare sono chiamati canali per il sodio voltaggio
dipendenti

Fasi del potenziale d’azione:


1. Soglia di attivazione
I canali Na+ voltaggio dipendenti si aprono e gli ioni Na+ entrano spinti dalla forza di
diffusione e di pressione elettrostatica, il potenziale di membrana arriva fino a +40 mV
2. Livello di depolarizzazione maggiore.
Fa aprire i canali per il potassio voltaggio dipendenti (i quali sono meno sensibili di
quelli per Na+, quindi si aprono quando il livello di depolarizzazione è maggiore) → ioni
K+ cominciano ad uscire
3. Picco del potenziale d’azione:
I canali per il sodio diventano refrattari e non lasciano più entrare il Na+
4. Canali K+ rimangono aperti
Potassio continua a uscire dal neurone, ancora carico positivamente, abbassando la
carica
5. Raggiungimento del potenziale di riposo.
Canali K+ si chiudono, canali Na+ si de-inattivano (sono chiusi ma possono essere
riaperti da una nuova depolarizzazioni
6. Trasportatori sodio potassio ristabiliscono le concentrazioni di partenza di Na+ e
K+

Per trasferire l’informazione, è necessario che il potenziale d’azione si propaghi lungo l’assone.
Di solito si genera al livello del monticolo assonico.
Il potenziale d’azione si sposta lungo l’assone. Mentre viaggia lungo l’assone l’intensità rimane
costante (come un fuoco lungo una miccia).
Legge del tutto o nulla: un potenziale d’azione può generarsi o no, ma nel momento in cui si
genera si genera sempre della stessa ampiezza e si propaga mantenendo tale ampiezza.
L’intensità dell’informazione è veicolata dalla frequenza con cui si generano i potenziali d’azione
= frequenza di scarica dell’assone

Legge della frequenza: l'intensità di uno stimolo è codificata nella sequenza di scarica
dell’assone del neurone.

La conduzione è favorita dal fatto che la membrana assonica è a contatto con il fluido
extracellulare solo nei nodi di Ranvier. Dove l’assone è coperto da membrana mielinica, non
può esserci scambio di ioni. La perturbazione elettrica quindi viene condotta passivamente nei
tratti ricoperti da mielina. La perturbazione perde intensità viaggiando in questo segmento ma è
comunque sufficiente per generare un nuovo potenziale d’azione, il quale sembra saltare da un
nodo all’altro (conduzione saltatoria).
La conduzione saltatoria:
- fa sì che si impieghi meno energia perché vengono impiegati meno pompe sodio
potassio
- Favorisce la velocità, rispetto a dover eseguire potenziali d’azioni su tutta la lunghezza
dell’assone

Anche il diametro dell’assone influenza la velocità (più grande è il diametro, meno resistenza ci
sarà).

TRASMISSIONE SINAPTICA
Trasmissione sinaptica: i neuroni scambiano informazioni tra loro attraverso le sinapsi.
Sinapsi: giunzione specializzata di contatto tra il bottone terminale di un neurone (posto
all’estremità di una ramificazione dell’assone) e la membrana di un altro neurone. Possono
essere:
- Assodendritiche (sinapsi sulla superficie liscia di un dendrite o su una spina
dendritica) il 95% delle sinapsi è di questo tipo
- Assosomatiche (sinapsi sul corpo cellulare)
- Assoassoniche (sinapsi sul bottone terminale di un altro assone, detto bottone
postsinaptico, mentre l’altro è detto bottone presinaptico)

Membrana presinaptica
Membrana postsinaptica
Fessura sinaptica: spazio vuoto dello spessore di 20 nanometri, contiene fluido extracellulare
ed è attraversata da un reticolo di filamenti che le tiene attaccate
Neurotrasmettitore: agente chimico sintetizzato nel bottone e viene usato per trasportare
l’informazione

Bottone terminale:
- Microtubuli: nel citoplasma del bottone terminale, grazie ai quali avviene il trasporto
assoplasmatico
- Mitocondri: segnsale che il bottone terminale ha bisogno di energia per funzionare
- Vescicole sinaptiche:
Vescicole sinaptiche
struttura arrotondata o ovoidale. Di due tipi:
1. Vescicole sinaptiche piccole: ogni bottone terminale ne contiene da diverse
dozzine a diverse 100. Contengono molecole di neurotrasmettitore. La loro
membrana è formata da 10.000 molecole di lipidi in cui sono inserite 200
molecole proteiche, indispensabili al loro funzionamento, e sono dette proteine
di trasporto: riempiono la vescicola di neurotrasmettitore. Le proteine di
traffico hanno la funzione di supportare il rilascio e il riciclo del
neurotrasmettitore
2. Vescicole sinaptiche grandi: al microscopio contengono proteine che appaiono
scure, come un nucleo denso. Esse contengono i neuropeptidi che mediano la
comunicazione in modo differente.
Le vescicole sono presenti in massima parte nella zona di rilascio antistante la membrana
presinaptica, dove il neurotrasmettitore viene rilasciato.
Entrambe sono prodotte nell’apparato di Golgi e poi trasportate, ma anche nel bottone terminale
grazie al riciclo.

Densità postsinaptica:
Parte della membrana sinaptica che è più spessa, perché contiene i recettori (proteine
specializzate nel rilevamento del neurotrasmettitore) tenuti fermi grazie a dei filamenti proteici.

Esocitosi
Quando il potenziale d’azione arriva al bottone terminale, alcune vescicole sinaptiche piccole si
fondono con la membrana presinaptica, si aprono verso l’esterno e riversano il
neurotrasmettitore nella fessura sinaptica.
La zona di rilascio contiene dei canali per il calcio (Ca2+) voltaggio-dipendenti. Gli ioni calcio
si trovano in concentrazione maggiore nel fluido extracellulare, quindi una volta aperti i canali
entrano nel neurone. A questo punto si legano alle proteine che hanno la fuzione di unire le
vescicole sinaptiche con la membrana presinaptica mediante un poro di fusione, che si apre.
A seguito di questo alcune vescicole:
- si staccano e vengono nuovamente riempite
- Si fondono alla membrana e si staccano successivamente

Il messaggio è stato inviato →

Il neurotrasmettitore si lega ai recettori, i quali possiedono unaregione detta sito di legame,


dove uno specifico neurotrasmettitore può legarsi. Il neurotrasmettitore è detto ligando per
quello specifico recettore.
Quando il ligando si lega al recettore, il recettore apre dei canali ionici neurotrasmettitore
dipendenti, i quali consentono il passaggio di determinati ioni → provocando un’alterazione
della membrana postsinaptica
I canali ionici possono essere aprti in modo:
- Diretto: si basa sul recettore ionotropico il quale ha un sito di legame al quale il
neurotrasmettitore si lega direttamente, aprendolo, con degli effetti rapidi.
- Indiretto: si basa sul recettore metabotropico il quale ha bisogno di energia per
mettere in atto dei passaggi intermedi, e richiede più tempo, ma con effetti più duraturi. Il
recettore metabotropico attiva la proteina G, che può legarsi ai canali ionici aprendoli,
oppure può attivare la produzione di un’ulteriore sostanza chimica, il secondo
messaggero, che si lega ai canali, aprendoli. In questo modo il recettore può aprire più
canali.

Il potenziale postinaptico, che segue l’apertura dei canali ionici, può depolarizzare il neurone
ricevente e aumentare la frequenza di scarica (eccitatorio, PPSE) o iperpolarizzare,
diminunendo la frequenza (inibitorio, PPSI)
Ciò che determina la natura di un potenziale postsinaptico sono i tipi di canali ionici a
determinare il tipo di PPS.

4 tipi fondamentali di canali neurotrasmettitore dipendenti:


1. Canale per il sodio Na+: ioni sodio entrano nella cellula → depolarizzazione → PPSE
2. Canale per il potassio K+: ioni K+ escono → iperpolarizzazione → PPSI
3. Canale per il cloro Cl-: l’effetto dipende dallo stato della membrana: se la membrana è
a riposo, non avviene nulla: forza di diffusione e elettrostatica si bilanciano. Se la
membrana è depolarizzata, la forza di diffuzione fa entrare Cl- → PPSI
4. Canale per il calcio Ca2+: come per Na+ → depolarizzazione → PPSE. inoltre questi
ioni producono anche altri effetti legandosi a enzimi specifici che mediano dei
cambiamenti plastici nel neurone ricevente (es. Cambiano numero dei dendriti e delle
spine dendritiche)

I potenziali post-sinaptici sono eventi brevi grazie a:


- Ricaptazione: processo mediante il quale il bottone terminale recupera il
neurotrasmettitore grazie a delle proteine ricaptatrici (trasportatori) presenti nella
membrana sinaptica
- Disattivazione enzimatica: degradazione del neurotrasmettitore da parte di un enzima
specifico, dividendolo nelle sue componenti

Autorecettori: molti neuroni posseggono recettori al neurotrasmettitore che essi stessi


rilasciano. Quando gli autorecettori sono stimolati da un neurotrasmettitore, regolano i processi
interni (es: sintesi e rilascio del neurotrasmettitore)

La scarica del neurone post-sinaptico gli effetti dei PPSI e PPSE vanno a sommarsi
(integrazione neuronale: diversi potenziali si combinano in un solo neurone). Se la
depolarizzazione risultante dalla combinazione dei potenzili postsinaptici eccitatori, si genera un
potenziale d’azione che viaggerà nell’assone. Se però nello stesso neurone ci sono anche dei
PPSI, essi tendono ad annullare i potenziali PPSE.
La frequenza di scarica del neurone è regolata dall’integrazione dell’attività delle varie sinapsi
nei dendriti del neurone, sommando PPSI e PPSE.
NB: l’inibizione di un neurone non è necessariamente l’inibizione di un comportamento (es: dei
neuroni potrebbero inibire dei neuroni che inibiscono un comportamento)

Tutti quelli precedenti sono i processi di comunicazioni di Sinapsi chimiche (assodendritiche


e assosomatiche).
Sinapsi assoassoniche: provocano una modulazione nel rilascio del neurotrasmettitore
(inibitori o facilitatoria).

Esistono anche delle Sinapsi elettriche: consentono passaggio diretto della corrente elettrica
tra i processi dei neuroni (spesso dendriti). Hanno struttura diversa: solo 3 nanometro e
funzionano attraverso raggruppamenti di connessine (proteine) che consentono il passaggio
diretto degli ioni. Queste zone vengono dette giunzioni strette o comunicanti (gap junctions)

La comunicazione neuronale coinvolge solo la sinapsi


I neuroni rilasciano anche dei neuromodulatori (per la maggior parte peptidi) che vengono
secreti in quantità maggiori e in regioni più ampie, modulando l’attività di molti neuroni.
L’attività dei neuroni è anche modulate dagli ormoni (sostanze chimiche rilasciate da ghiandole
endocrine o da cellule localizzate in vari organi, che si propagano nel fluido extracellulare e da
qui nel circolo sanguigno, modulando l’attività delle cellule bersaglio che hanno i recettori
adatti (tra queste anche i neuroni)

CARATTERISTICHE DI BASE E SVILUPPO DEL


SISTEMA NERVOSO
Il sistema nervoso è una struttura tridimensionale complessa.
Può essere descritto prendendo come riferimento centrale il neurasse (linea immaginaria che lo
attraversa lungo il midollo spinale fino al polo frontale dell’encefalo.
Direzioni:
- Rostrale (anteriore)
- Caudale (posteriore
- Dorsale
- Ventrale
- Mediale (più vicino alla linea mediana)
- Laterale (più lontano dalla linea mediana. Es: occhio è mediale rispetto all’orecchio)
- Ipsilaterale (dalla stessa parte del corpo)
- Controlaterale (strutture in due parti opposte rispetto alla linea mediana)
Il neurasse nell’uomo è curvo, quindi la linea immaginaria per il cervello è perpendicolare a
quella considerata per il midollo

Possiamo sezionare il sistema nervoso su 3 piani:


- Trasverale (divide parte anteriore da posteriore, → sezione coronale. Taglia il cervello
perpendicolarmente al suolo, midollo parallelamente)
- Sagittale (divide la parte sinistra da quella destra → sezione sagittale. Piano
mediosagittale se divide le due metà)
- Orizzontale (divide parte superiore da inferiore /dorsale da ventrale)

Il sistema nervoso è diviso in:


- Sistema nervoso centrale (parti contenute nelle ossa craniche e nella colonna
vertebrale = cervello e midollo spinale)
- Sistema nervoso periferico (al di fuori di ossa craniche e e colonna = nervi e gangli
periferici)
L’intero sistema nervoso è protetto da un rivestimento di tessuto connettivo. Gli strati vengono
detti meningi (greco, membrana).
- Nel SNC 3 strati:
1. Dura madre: più esterno, spesso e resistente ma non elastico
2. Membrana aracnoidea: simile a tela di ragno per via dei prolungamenti che si
dipartono da essa fino alla pia madre
Spazio subaracnoideo: riempito dal liquor o liquido cerebrospinale
3. Pia madre: più interna e delicata, aderisce al sistema nervoso
- Nel SNP solo dura madre e pia madre (no membrana aracnoidea e spazio
subaracnoideo)
● Chiamati madre perché nel persiano in un trattato la parola madre e la parola
rivestimento sono la stessa → tradotto in latino con mater

SISTEMA VENTRICOLARE
Il cervello ha una consistenza gelatinosa ed è molto delicato. Pesa molto, 1400 grammi.
Il sistema ventricolare è una serie di cavità e canali riempiti di liquido cerebrospinale il
quale:
- L’immersione del cervello nel liquido ne riduce il peso
- Assorbe gli urti
- È un mezzo di scambio delle sostanze fra vasi sanguigni e tessuto cerebrale

1. Ventricoli laterali: due cavità grandi in ognuno degli emisferi.


2. Terzo ventricolo: connesso ai ventricoli laterali, sulla linea mediana che connette i due
emisferi
3. Quarto ventricolo: connesso dall’acquedotto cerebrale al terzo ventricolo

Liquido cerebrospinale
- Prodotto, filtrando il sangue, dal plesso coroideo (tessuto specializzato che si trova in
tutti e 4 i ventricoli).
- volume totale circa 125-150 ml
- Emivita è di circa 3 ore
- Prodotto continuamente e va incontro a più cicli di riassorbimento e ricambio ogni giorno
- Il liquido cerebrospinale inizia ciclo di produzione nei ventricoli laterali e segue al terzo
ventricolo e poi al quarto ventricolo. Dal quarto ventricolo fuoriesce attraverso 3 piccoli
forami che lo immettono nello spazio subaracnoideo, dove circola intorno a tutto il SNC
(cervello e midollo). Da qui viene riassorbito nella circolazione sanguigna dalle
granulazioni aracnoidee (che consentono deflusso nella circolazione venosa tramite il
seno sagittale superiore che si trova nella sommità del capo)
- Fondamentale che il liquido fluisca. Nel caso in cui ci sia un blocco nel flusso possono
esserci danni al cervello. Questa patologia può essere risolta tramite l’inserimento di una
cannula.

SVILUPPO DEL SISTEMA NERVOSO


Stadio iniziale (18° giorno) dal concepimento.
- Dall’ectoderma (strato dorsalmente più esterno), si forma la placca neurale, i cui bordi
si arricciano in creste a formare un solco in direzione rostro caudale, le cui pieghe sono
dette pighe neurali
A partire dal 21° giorno
- Le pieghe neurali si fondono nel tubo neurali da cui deriveranno cervello e midollo
spinale
- Al congiungersi delle pieghe neurali, una parte dell’ectoderma viene spointa fuori,
lateralmente al tubo neurale, e forma la cresta neurale → formerà il SNP
Dal 28° giorno
- All’estremità del tubo neurale si differenziano 3 vescicole, dalle quali si formeranno i
ventricoli.
- Il tessuto che ricopre le 3 vescicole formerà le 3 parti principali del cervello:
proencefalo, mesencefalo, romboencefalo
- La vescicola proencefalica si differenzia nelle prime 3 cavità ventricolari → il tessuto
intorno ai ventricolo laterali formerà il telencefalo, quello intorno al terzo ventricolo il
diencefalo
- La vescicola centrale al mesencefalo si restringerà a formare l’acquedotto cerebrale
- Nella vescicola più caudale si formerà il quarto ventricolo e il rombencefalo si differenzia
in metencefalo e mielencefalo
Il SNC si sviluppa da cellule germinative che costituiscono la parte interna del tubo neurale,
dette cellule progenitrici
Nella fase dello sviluppo (fase di divisione simmetrica), le cellule progenitrici si moltiplicano e
aumentano lo spessore della zona ventricolare.
Alcune cellule progenitrici migranoa breve distanza dalla zona ventricolare e formano
(continuando la moltiplicazione) la zona sottoventricolare
Dalle 7° settimana
- Le cellule progenitrici ricevono un segnale che le induce a iniziare la divisione
asimmetrica → si dividono in una cellula progenitrice e una cellula cerebrale
- Le prime cellule cerebrali che si formano sono le cellule gliali radiali che rimangono
nella zona ventricolare e sottoventricolare, estendendo le loro fibre fino alla pia madre
- In questo modo si instaura il processo di migrazione cellulare: i neuroni formatisi dalla
divisione asimmetrica viaggiano lungo le fibre delle cellule gliali radiali per formare le
diverse strutture cerebrali
- Questo processo dura 3 mesi, fino a che un segnale chimico causa la morte delle cellule
progenitrici
- Arrivati alla collocazione finale, i neuroni sviluppano dendriti e assoni, alle cui estremità
si trovano dei coni di crescita
- Gli assoni sono guidati da fattori fisici e segnali chimici. Cellule di diverso tipo inviano
segnali che attraggono o respingono per assoni diversi. Quando i coni di crescita
raggiungono i loro bersagli, formano ramificazioni e bottoni terminali (quindi sinapsi)
- La cellula postsinaptica deve formare i recettori postsinaptici e inoltre invia un segnale
chimico fondamentale per la sopravvivenza del neurone presinaptico (fattori
neurotropici). I neuroni formati nella zona ventricolare sono in sovrannumero (il 50%
dei neuroni non trova un bersaglio → apoptosi: processo di morte geneticamente
programmata (sfoltimento neuronale)
Dopo la nascita:
- Nell’essere umano continua a svilupparsi per almeno 20 anni, in base a un programma
genetico che guida la migrazione cellulare + esperienza.
Periodi critici: le stimolazioni sensoriali e l’attività sinaptica influenzano le connessioni
neuronali fondamentali
Es: stereopsi: Capacità visiva dei mammiferi superiori e dei primati di percepire la profondità
dello spazio tramite meccanismi binoculari
Modificazioni plastiche sottili avvengono durante tutto l’arco di vita
- In età adulta continuano in conseguenza dell’esperienza. Continuano a formarsi sinapsi:
sinaptogenesi
- Dimostrata anche la nascita di nuove cellule cerebrali: neurogenesi (sia nell’ippocampo
che nei bulbi olfattivi) e gliogenesi
- Es: nei musicisti la parte del cervello che controlla il tatto dei polpastrelli è più estesa

SISTEMA NERVOSO
- SISTEMA NERVOSO CENTRALE
● CERVELLO
- Proencefalo
● Telencefalo (intorno ai ventricoli laterali)
● Diencefalo (intorno al terzo ventricolo)
- Mesencefalo
- rombencefalo
● MIDOLLO
- SISTEMA NERVOSO PERIFERICO
● SISTEMA NERVOSO SOMATICO
● SISTEMA NERVOSO AUTONOMO

SISTEMA NERVOSO CENTRALE


2 organizzazioni anatopiche tipiche delle cellule nervose:
- Nuclei: aggregati localizzati di neuroni con funzionalità e connessioni simili
- Cortecce: strati sovrapposti di cellule nervose distinguibili sulla base di caratteristiche
morfologiche e funzionali
-
Gli assoni si trovano aggregati in fasci, con caratteristiche ai nervi del SNP. I fasci che
attraversano la linea mediosaggittale del cervello vengono detti commessure

Dal punto di vista istologico, 2 ampie regione


- Materia grigia: nuclei e cortecce: aggregazione di corpi cellulari
- Sostanza bianca: insieme di fibre assoniche (la mielina lipidica ne dà il colore)

CERVELLO
- Proencefalo
● Telencefalo (intorno ai ventricoli laterali)
- Corteccia cerebrale
- Sistema limbico
- Gangli della base
● Diencefalo (intorno al terzo ventricolo)

PROENCEFALO

TELENCEFALO

Corteccia cerebrale
- Ricopre gli emisferi. Spessore: 3 cm, superficie totale 2360 cm quadrati, ripiegata in
cirvonvoluzioni
- Solchi: piccole fessure
- Scissure: fessure più profonde
- Giri: rilievi presenti tra solchi e scissure adiacenti
- Composta da glia e neuroni organizzati in 6 strati (materia grigia sopra, sostanza bianca
sotto)
- Si può dividere in 4 aree o lobi:
● Lobo frontale (regioni corticali anteriori al solco centrale)
● Lobo parietale (regioni posteriori al solco centrale)
● Lobo temporale (ventrale ai lobi frontale e parietale, al di sotto della scissura
laterale o di Silvio)
● Lobo occipitale (parte posteriore del cervello, caudalmente ai lobi parietale e
temporale, in posizione posteriore rispetto al solco parieto occipitale)

Aree della corteccia


Aree che ricevono per prime le informazioni dagli organi sensoriali:
- Corteccia visiva primaria: localizzata nel lobo occipitale, sulla superficie interna degli
emisferi cerebrali, lungo i margini della scissura calcarina
- Corteccia uditiva primaria: localizzata al di sotto della scissura laterale (parte non
visibile se non aprendo la scissura)
- Corteccia somatosensitiva primaria: localizzata in una striscia del lobo parietale
caudale al solco centrale. Aree diverse di questa area elaborano informazioni
provenienti da parti del corpo diversi
- Corteccia gustativa primaria: alla base della corteccia somatosensitiva, in una parte
della corteccia insulare (nella profondità della scissura laterale)
Le informazioni visive, uditive e somatosensitive sono trasmesse controlateralmente
- Corteccia motoria primaria: posta rostralmente al solco centrale. Informazioni
arrivano controlateralmente

Aree associative
Il resto della corteccia è occupata da aree associative. Ogni area sensoriale primaria spedisce
informazioni alla corteccia sensoriale associativa adiacente.
Nelle aree associative avviene l’analisi dell’informazione sensoriale → percezione +
immagazzinamento del ricordo
Le regioni sensoriali associtive più vicine a una corteccia primaria ricevono informazioni da un
solo sistema sensoriale, se invece sono più lontane da più sistemi.
Corteccia associativa motoria (o premotoria): controlla la corteccia motoria primaria
Corteccia prefrontale: rostrale rispetto a quella premotoria, supporta la pianificazione delle
strategie di movimento e azione

Lateralizzazione: alcune funzioni sono a carico prevalentemente a carico di uno dei due
emisferi:
- SX: particolarmente impegnato nell’analisi dell’informazione
- DX: particolarmente impegnato nella sintesi dell’informazione
Corpo calloso: grande fascio di assoni che connette le parti corrispondenti delle cortecce dei
due emisferi e favorisce la collaborazione

Sistema limbico
Strutture coinvolte nelle funzioni emotive, apprendimento e memoria
- Corteccia limbica (parte mediale dei due emisferi)
- Ippocampo
- Amigdala

Gangli della base


Raggruppamento di nuclei sottocorticali ventrali alla porzione anteriore dei ventricoli laterali,
coinvolti nel controllo del movimento
- Nucleo caudato
- Putamen
- Globo pallido

DIENCEFALO
Si trova tra telencefalo e mesencefalo e circonda il terzo ventricolo.
2 strutture principali:
- Talamo: porzione dorsale del diencefalo, nella parte mediale degli emisferi, connessi
dalla massa intermedia, che perfora il terzo ventricolo. Non tutti gli individui hanno la
massa intermedia. Quasi tutte le informazioni sensoriali passano per il talamo, che le
ristrasmette alla corteccia.
È costituito da nuclei, che ricevono informazioni specifiche da una modalità sensoriale e
proiettano ad aree specifiche della corteccia. Altri nuclei proiettano direttamente alla
corteccia controllandone l’eccitabilità generale.
- Ipotalamo: al di sotto del talamo, ai lati della parete ventrale del terzo ventricolo.
Composto da molti nuclei che controllano processi finalizzati alla sopravvivneza.
Controlla l’ipofisi, con cui controlla la secrezione degli ormoni.

MESENCEFALO
Si trova intorno all’acquedotto cerebrale
Insieme a due strutture più caudali (ponte e bulbo) forma il tronco encefalico. In questa parte
del cervello il neurasse si curva.

Mesencefalo ha 2 aree strutturali principali:


- Tetto: parte dorsale del mesencefalo. Componenti principali sono i collicoli superiori
(parte del sistema visivo) e inferiori (sistema uditivo). Sono 4 rigonfiamenti sulla
superficie dorsale del tronco encefalico e supportano i riflessi visivi e le reazioni agli
stimoli in movimento
- Tegmento: porzione più ventrale del mesencefalo. Include:
● formazione reticolare: costituita da 90 nuclei che formano rete di neuroni da
ramificazioni complesse. Si estende dal mesencefalo alla sommità superiore del
midollo spinale. Riceve informazioni sensoriali da molte vie e invia informazioni
alla corteccia cerebrale, al talamo e al midollo spinale → regolazione
dell’attivazione, stato generale e vari riflessi vitali
● nucleo rosso e substanzia nigra (fondamentali nel sistema motorio)
● sostanza grigia periacqueduttale (contiene circuiti neuronali che controllano le
sequenze motorie che costituiscono i comportamenti specie-specifici)

ROMBOENCEFALO
Diviso in:
- Metencefalo: diviso in:
● Ponte: caudale al mesencevalo e ventrale al cervelletto. Contiene una parte
della formazione reticolare e alcuni nuclei (nuclei pontini) che trasmettono fra
corteccia e cervelletto
● Cervelletto: dorsale al ponte, al quale si connette con fasci di assoni detti
peduncoli. La sua superficie è molto circonvoluta, ricoperta da 3 strati di
corteccia, in cui i neuroni hanno una organizzazione molto regolare. Ci sono 3
paia di nuclei profondi. Riceve informazioni visive, uditive, vestibolari e
somatosensoriali, oltre a informazioni sui movimenti condotti dalla corteccia
cerebrale. Controlla postura, andatura, movimenti fini e coordinati + funzioni
cognitive diverse (es: presa di decisione o linguaggio)
- Mielencefalo: contiene il bulbo, la cui estremità caudale coincide con il margne rostrale
del midollo. Presiede a funzioni vitali (es: sistema cardiovascolare, respirazione…) +
trasmette informazioni sensoriali

MIDOLLO SPINALE
Midollo spinale: lunga struttura conica con spessore pari a un mignolo. Protetto dalla colonna
vertebrale (24 vertebre, divise in zona cervicale, toracica, lombare, sacrale e coccigea)

Funzioni
- distribuire comandi motori al corpo
- informazioni sensoriali dal corpo al cervello
- alcune reazioni autonome (riflessi)

Materia grigia nella parte mediale, divisa in corni dorsali e ventrali


Sostanza bianca nella parte più esterna, costituita da assoni mielinizzati ascendenti e
discendenti, divisi in colonne dorsali (solo assoni ascendenti), laterali (assoni sia ascendnti
che discendenti) e ventrali (assoni discendenti)

SISTEMA NERVOSO PERIFERICO


Formato da nervi e gangli periferici (aggregati di neuroni)

Diviso in:
- Sistema nervoso somatico
- Sistema nervoso autonomo
Sistema nervoso somatico
Funzione di ricevere informazioni sensoriali e controllare movimenti muscolari, gestendo
comunicazione del SNC con il resto del corpo. Queste funzioni sono espletate da 2 tipologie di
nervi:
- Nervi cranici
● 12 paia
● Partono dalla superficie ventrale del cervello passando per piccole aperture nel
cranio
● Per la maggior parte mediano informazioni informazioni sensoriali (afferenti al
cervello) e motorie (efferenti dal cervello) che riguardano la testa e il collo
● Il nervo vago è diverso dagli altri e si occupa della cavità toracica e
addominale
- Nervi spinali:
● 31 paia
● Si dipartono dai lati del midollo spoinale. Si formano dalla congiunzione delle
radici ventrali e dorsali
● I corpi cellulari (neuroni multipolari) che danno origine alle radici ventrali si
trovano nella sostanza grigia del midollo spinale. Controllano i movimenti
● I corpi cellulari (neuroni unipolari) che portano l’informazione sensoriale, si
trovano esterni al SNC, nei gangli delle radici dorsali

Sistema nervoso autonomo


Controlla le funzioni della muscolatura liscia (cute, vasi sanguigni, occhi, intestino, cistifellea,
vescica urinaria), muscolo cardiaco e ghiandole = maggior parte del comportamento
involontario
Sono parte alcuni gruppi di neuroni motori all’interno del cervello e del midollo spinale, detti
neuroni pregangliari che inviano i loro assoni a innervare i neuroni dei gangli periferici o
autonomi (neuroni postgangliari) che innervano a loro volta tutti gli organi principali

Ci sono 3 divisioni:
- Divisione simpatica: si attiva per preparare l’organismo all’azione ((mediante dispendio
delle energie immagazzinate)
● I neuroni pregangliari simpatici si trovano nella sostanza grigia dei tratti
toracico e lombare del midollo spinale e fuoriescono mediante le radici ventrali
● Essi innervano la catena simpatica ganglire, ai lati della colonna, formata da
neuroni postgangliari simpatici, i cui assoni innervano gli organi bersaglio
- Divisione parasimpatica: si attiva per preparare al riposo + digestione, salivazione
● I neuroni pregangliari parasimpatici si trovano nel tronco encefalico e nella
sostanza grigia del tratto sacrale del midollo (al di sopra e al di sotto di quelli
simpatici
● I neuroni postgangliari parasimpatici non sono raggrupati in una catena ma
dispersi per il corpo, all’interno o vicino agli organi innervati
- Divisione enterica: rete di neuroni sensoriali e motori sparsi nelle pareti
gastrointestinali, e ne regolano la motilità, innervati da gangli simpatici+parasimpatici

PRINCIPI DI PSICOFARMACOLOGIA
Psicofarmacologia: studio degli effetti delle sostanze psicoattive sul sistema nervoso e sul
comportamento
Sostanza psicoattiva: composto chimico esogeno, non necessario per il normale
funzionamento cellulare, che altera significativamente le funzioni di alcune cellule interne al
sistema nervoso, se assunto in un dosaggio relativamente basso. Può essere riferito a un
farmaco (composto chimico con effetto terapeutico su una malattia) o a una sostanza di abuso.
- Esogeno: esclude i trasmettitori e i messaggeri prodotti all’interno del corpo, ma ne
mima gli effeti
- Non necessario: Esclude i comporti chimici che fanno aprte di una normale dieta
equiliobrata
- Dosaggio relativamente basso: qualsiasi sostanza, se assunta a un dosaggio alto,
comporterà delle modificazioni nel normale funzionamento cellulare

Effetti dei farmaci: cambiamenti che possono essere osservati nel comportamento e nei
processi fisiologici a seguito della somministrazione
Siti d’azione dei farmaci: i punti in cui i farmaci interagiscono con le molecole del sistema
nervoso, influenzando i processi biochimici propri di tali cellule

Gli studi psicofarmacologici portano allo sviluppo degli psicofarmaci e offrono strumenti per le
indagini sulle funzioni delle cellule del sistema nervoso, le vie neurali e i comportamenti

Farmacocinetica: processo attraveerso cui i farmaci vengono assorbiti, distribuiti, metabolizzati


ed escreti. Le molecole di farmaco devono:
1. Immettersi nella circolazione sanguigna
2. Il sangue le trasporta fino agli organi bersaglio, fino al sistema nervoso
3. Lasciare la circolazione e arrivare alle cellile bersaglio
4. Essere metabolizzate (scisse da enzimi, venendo trasformate in frammenti attivi o
inattivi
5. Esser escrete dall’organismo

Vie di somministrazione:
- Orale: più comune per gli esseri umani (il soggetto deve collaborare, più difficile negli
animali da laboratorio), attraverso pasticche o capsule, sciroppi, soluzioni liquide.
Dipende dall’apparato digerente e quindi più lenta e non adeguata per composti chimici
che verrebbero distrutti dai succhi gastrici o che non riescono a superare le barriere
dell’intestino
- Sottolinguale: assorbito nella circolazione sanguigna attraverso i capillari della mucosa
che riveste la bocca
- Intrarettale: il farmaco è somministrato in forma di supposta attraverso la parte
terminale dell’apparato digerente (per composti che irriterebbero lo stomaco)
- Inalazione: farmaco sotto forma di vapore o nebulizzazione, oppure può essere fumato.
La ricca vascolarizzazione dei polmoni consente un passaggio diretto alla circolazione
sanguisgna, con un rapido arrivo al sistema nervoso centrale
- Topica: farmaco assorbito attraverso la pelle. Include anche l’insufflazione (attraverso
la mucosa che riveste la cavità nasale). Somministrazione rapida
- Iniezione: più usata con animali da laboratorio. Farmaco sciolto o sospeso in
microparticelle in un liquido e iniettato con un ago ipodermico:
● Iniezione sottocutanea: al di sotto della pelle, assorbito nella circolazione dopo
aver diffuso nel tessuto circostante. Utile solo per piccole quantità di farmaco
(altrimenti doloroso). Effetto più lento.
● Iniezione intramuscolare: farmaco iniettato in un muscolo di grandi dimensioni,
dal quale va nella circolazione
● Iniezione intraperitoneale: farmaco iniettato nella cavità peritoneale attraverso
la parete addominale. Rapida.
● Iniezione endovenosa: farmaco iniettato direttamento in una vena, direttamente
nella circolazione. Via di somministrazione più rapida.
- Intracerebrale: famraco iniettato direttamente nel SNC. si usa poiche alcuni composti
non possono attraversare la barriera ematoencefalica, perciò andranno iniettati
direttamente in loco o nel liquido cerebrospinale. Se si desidera una diffusione più ampia
del farmaco, si può iniettare nel sistema ventricolare (somministrazione
intracerebroventricolare)
La differente modalità di somministrazione influenza la velocità con cui il farmaco raggiunge la
circolazione.
Il farmaco deve raggiungere i siti d’azione per avere effetto, i quali sono sulla superficie o
all’interno delle cellule del sistema nervoso.
La velocità è influenzata da vari fattori, tra cui la liposolubilità. La barriera ematoencefalica
ostacola le moleculee idrosolubili ma non quelle liposolubili, che quindi si distribuiscono più
velocemente (eroina è liposolubile, morfina no).

Il tempo di permanenza di un farmaco è limitato. Esso viene disattivato da enzimi (scindendolo


in frammenti inattivi, enzimi creati principalmente nel fegato) e poi escreto (di solito dai reni). In
alcuni casi gli enzimi scindono in frammenti attivi → effetti prolungati.

Efficacia di un farmaco
Curva dose-risposta: per valutare l’efficacia.
Vengono somministrate una serie di dosi del farmaco, aumentano progressivamente la quantità
(mg/peso corporeo) e si registra l’effetto.
Al crescere della dose, cresce anche l’effetto → si arriva a un effetto massimo, dopo il quale la
si crea una curva e si raggiunge un effetto tetto, dopo il quale gli aumenti di dose non
producono aumento dell’effetto.
La maggior parte dei farmaci ha più di un’effetto (es: morfina e ossicodone producono analgesia
ma deprimono attività dei neuroni nel bulbo che controllano la frequenza cardiaca e la
respirazione): bisogna disegnare una curva per gli effetti desiderati + effetti non desiderati. La
distanza tra questi si chiama margine di sicurezza.
Indice terapeutico: misura del margine di sicurezza, data dal rapporto tra la dose che provoca
gli effetti indesiderati (nel 50% del campione) e la dose che provoca effetti desiderati (sempre
nel 50%) → se la dose tossica è 5 volte più maggiore alla dose efficace, l’indice è 5.0

Efficacia determinata da 2 fattori:


- Sito d’azione: farmaci differenti possono avere stessi effetti sul comportamento, ma con
siti d’azione differenti (es: ossicodone: effetto analgesico grazie a inibizione di neuroni
che danno percezione del dolore / aspirina: inibisce solo la produzione di un
messaggero chimico implicato nell’invio dell’informazione del dolore). Efficacia diversa
- Affinità del farmaco per il sito di azione: la prontezza secondo cui una molecola si lega
al suo sito d’azione varia (lo stesso farmaco ha diversa affinità per diversi siti). Un
farmaco con alta affinità produrrà effetti con concentrazioni basse, bassa affninità
necessità concentrazioni alta

Somministrazione ripetuta di un farmaco: provoca variazione nell’efficacia:


1. Tolleranza: effetti si riducono → l’organismo tenta di compensare gli effetti del farmaco
(omeostasi), con dei meccanismi compensatori che vanno in senso opposto agli effetti
del farmaco per portare il sistema allo stato normale → sarà necessario assumere dosi
più grandi
Sintomi da astinenza: compaiono quando viene sospesa la somministrazione ripetuta → gli
effetti del farmaco non ci sono più ma sono presenti i meccanismi compensatori → effetti
opposti da quelli che si volevano con il farmaco.
Meccanismi compensatori: coinvolgono i siti d’azione del farmaco rendendo meno efficace
l’azione dello stesso. La tolleranza può riguardare selettivamente alcuni degli effetti del farmaco
2. Sensibilizzazione: gli effetti aumentano (es: somministrazione protratta della cocaina →
effetti di euforia vanno incontro a tolleranza, ma gli effetti indesiderati a carico di
movimento e convulsione aumentano)

Placebo: sostanze utilizzate negli esperimenti che non hanno specifici effetti psicologici → può
bastare che il soggetto creda che una sostanza abbia un effetto per far verificare l’effetto. L’atto
di somministrazione può provocare degli effetti fisiologici (motivazione, aspettativa o forme di
apprendimento come il condizionamento classico). È importante usare il placebo nella
sperimentazione come gruppo di controllo.

La maggior parte di farmaci che influenzano il sistema nervoso agisce alterando la trasmissione
sinaptica a livello di uno dei processi coinvolti in essa.
I farmaci possono essere:
● Agonista: farmaco che facilita l’attività sinaptica (collabora con il neurotrasmettitore)
● Antagonista: blocca o inibisce il neurotrasmettitore coinvolto nella trasmissione

Siti d’azione dei farmaci nelle fasi della trasmissione sinaptica:


1. Sintesi del neurotrasmettitore
● Il farmaco può essere esso stesso un precursore (stimolando la produzione del
trasmettitore) e agire da agonista oppure potrà inattivare l’enzima necessario a
produrre il neurotrasmettitore e agire da antagonista
2. Immagazzinamento del neurotrasmettitore
● Il farmaco può inattivare le molecole trasportatrici (dette trasportatori
vescicolarei, che portano le molecole del neurotrasmettitore nella vescicola, e le
vescicole rimangono vuote) e agisce quindi da antagonista
3. Rilascio del neurotrasmettitore
● Il farmaco può legarsi alle proteine di aggancio, scatenando il rilascio e agendo
da agonista oppure inattivare le proteine di aggancio, le quali non possono quindi
fondersi con la membrana presinaptica ed espellere il loro contenuto nella
fessura sinaptica, agendo da antagonista (es: botox, che impedisce il rilascio di
ACh)
4. Legame con i recettori
- Dipende da dove è localizzato il recettore, quali sono i suoi normali effetti e se il
farmaco blocca o attivi il recettore
● Il farmaco può legarsi ai recettori e mimare gli effetti del neurotrasmettitore,
agendo da agonista diretto, oppure legarsi ai recettori e bloccarli, agendo da
antagonista diretto.
● Il legame che il farmaco stabilisce può essere anche non competitivo, ovvero
con un sito diverso da quello del neurotrasmettitore. In questo faco facilita
l’apertura dei canali e agisce da agonista indiretto (es: valium + GABA →
ansiolitico), altrimenti può impedire l’apertura dei canali agendo da antagonista
indiretto (l’effetto di questo è come l’antagonista diretto, ma il sito è diverso)
● Il farmaco può anche essere a carico dei recettori presinaptici (autorecettori).
Se li blocca, agisce da agonista, se li stimola, da antagonista
● Lo stesso effetto può essere esercitato in una sinapsi assoassonica. Questi
recettori vengono detti eterocettori presinaptici: il farmaco può attivare o
bloccare gli eterorecettori che provocano facilitazione o inibizione, agendo come
agonista o antagonista.
● Un farmaco può agire sugli autorecettori presenti sulle membrane dei dendriti di
alcuni neuroni, attivati dal neurotrasmettitore rilasciato dal neurone stesso con
effetto inibitorio del sul neurone. Il farmaco che si lega agli autorecettori dendritici
e li blocca è agonista, se li stimola è antagonista
5. Ricaptazione o disattivazione enzimatica del neurotrasmettitore
● Il farmaco può legarsi alle molecole trasportatrici e bloccare la ricaptazione
(agonista) oppure legarsi all’enzima impedire la disattivazione (agonista)
NEUROTRASMETTITORI

Neurotrasmettitore: agente chimico rilasciato dai bottoni terminali di un neurone che ha effetti
eccitatori o inibitori su un altro neurone.

Sono note ad oggi più di 100 sostanze neurotrasmettitori.


Per essere un neurotrasmettitore è necessario che la sostanza:
- Sia sintetizzata e immagazzinata nelle vescicole sinaptiche
- Sia rilasciata quando un potenziale d’azione raggiunge i terminali assonici presinaptici
- Deve essere riconosciuta da specifici recettori nella membrana postsinaptica
- Se somministrata sperimentalmente, induce una modulazione nella risposta di neuroni
postsinaptici
- Il blocco del rilascio della sostanza sopprime l’influenza dei neuroni presinaptici su quelli
postsinaptici

2 categorie, in base alle dimensioni:


● Neurotrasmettitori a basso peso molecolare:
- acetilcolina,
- monoammine (dopamina, norepinefrina, serotonina),
- aminoacidi (glutammato, acido gammaaminobutirrico GABA, glicina)
- neurotrasmettitori non convenzionali (endocannabinoidi e gas solubili)
● Neuropeptidi: molecole più grande costituite dai 2 ai 36 aminoacidi

La maggior parte della comunicazione neuronale nel cervello è mediata da 2 neurotrasmettitori


aminoacidici:
- Glutammato (eccitatorio)
- GABA (inibitorio)
Gli altri neurotrasmettitori hanno effetti modulatori sull’attivazione/inibizione di interi circuiti
neuronali.

Alcuni neurotrasmettitori

Acetilcolina (ACh)
Disponibile al di fuori del SNC (modula le funzioni motorie efferenti). Formata da colina e
acetato. L’acetato non è disponibile nel neurone ma è combinato alla molecola di colina
dall’enzima colin-acetiltransferasi (ChAT), che lo prende dall’acetil coenzima A. dopo il rilascio,
l’ACh è ridegradata dall’enzima acetilcolinesterasi (AChE)
Ci sono 2 tipi di recettori dell’ACh:
- Recettore ionotropico: detto recettore nicotinico perché stimolato dalla nicotina
(agonista)
- Recettore metabotropico: detto recettore muscarinico attivato dalla muscarina
(sostanza psicoattiva che si trova in un fungo velenoso, antagonista)
Il SNC contiene entrambi ma prevalentemente il recettore muscarinico.
I neuroni che rilasciano l’ACh sono detto colinergici.
È il principale neurotrasmettitore degli assoni efferenti del SNC e controlla i movimenti
muscolari.
Inoltre secreto dai neuroni pregangliari del sistema nervoso simpatico + quelli pre e post
gangliari del sistema nervoso parasimpatico.
Il sistema colinergico nel cervello ha origine principale da 3 aree:
- Ponte dorsolaterale: questi nuclei gestiscono la fase REM
- Proencefalo basale: proiettano diffusamente alla corteccia → attivano in maniera
generale favorendo l’apprendimento (percettivo)
- Setto mediale: proiezioni all’ippocampo, modulando la funzione e favorendo la
formazione delle memorie
Oltre a nicotina e muscarina, altre sostanze psicoattive agiscono con l’ACh:
- Tossina botulinica: antagonista → blocca il rilascio di ACh
- Veleno del ragno vedova nera: agonista → stimola il rilascio (se troppo abbondante
provoca irrigidimento dei muscoli fino ad essere letale)
- Neostigmina: agonista → agisce sulla disattivazione enzimatica (dell’AChE) e prolunga
effetti sinaptici dell’ACh (solo SNP perché non passa attraverso barriera
ematoencefalica)
- Atropina: antagonista → blocca recettori muscarinici
- Curaro: antagonista → blocca recettori nicotinici

Monoamine
Alla famiglia di monoamine appartengono composti chimici dalla struttura molecolare simile.
Alcune sostanze psicoattive hanno quindi effetto su diverse monoamine.
Vengono sintetizzate da un singolo aminoacido, prodotte da piccoli gruppi di neuroni, per la
maggior parte nel tronco encefalico. Gli assoni di questi neuroni si diramano molto e proiettano
a tutte le regioni del cervello e modulano in maniera importante il comportamento.
Vengono divise in:
- Catecolamine (tra cui dopamina e norepinefrina)
- Indolamine (serotonina)
- Etilamine

Dopamina
Come le altre catecolamine, sintetizzate a partire dall’aminoacido tirosina che proviene
dall’alimentazione. La tirosina è convertita dall’enzima tirosina idrossilasi in L-DOPA, convertito
a sua volta dall’enzima DOPA-decarbossilasi in DA (dopamina).
La sintesi della DA e delle altre catecolamine p regolata anche dall’enzima
monoaminoossidasi (MAO) che distrugge la quantità in eccesso di catecolamine nei bottoni
terminali e nel sangue
Recettori: tutti metabotropici. I più comuni:
- D1: postsinaptici
- D2: pre e postsinaptici
I più importanti sistemi dopaminergici hanno origine nel mesencefalo:
- substanzia nigra, che proietta ai nuclei dello striato (nucleo caudato + putamen) →
sistema importante nel controllo del movimento (la degenerazione di questo sistema è
alla base del Parkinsons: irrigidimento, difficoltà a iniziare il movimento, tremori)
- Sistema mesolimbico: origine nei neuroni posti nell’area tegmentale ventrale, che
proietta ad alcune componenti del sistema limbico (nucleo accumbens, amygdala,
ippocampo) → sistema coinvolto in alcuni stimoli come rinforzo (condizionamento
operante)
- Sistema mesocorticale: origine nell’area tegmentale ventrale e proietta alla corteccia
frontale → eccitazione generale, con funzione di formazione di MBT e pianificazione di
strategie di problem solving.
Sostanze psicoattive che interagiscono con DA:
- L-DOPA: agonista. Al contrario della DA può attraversare la barriera emato encefalica
(somministrato per il Parkinson) + facilita la sintesi della DA (dando più disponibilità del
precursore
- Alfa-metil-p-tirosina (AMTP): antagonista. Inattiva la tirosina idrossilasi (enzima
coinvolto nella sintesi)
- Deprenil: agonista. Blocca enzima MAO-B → facilita la sintesi della DA
- Reserpina: antagonista. Inibisce immagazzinamento della DA nelle vescicole
- Apomorfina: si lega ai recettori D2 con affinità maggiore per quelli presinaptici. In basse
dosi si lega solo a questi, inibendo il rilascio di DA (antagonista). Ad alte dosi, stimola
anche i recettori D2 postsinaptici (agendo da agonista)
- Clopromazina: antagonista. Blocca recettori D2
- Amfetamina: agonista. Inverte l’azione delle molecole trasportatrici responsabili della
ricaptazione, causando invece il rilascio
- Cocaina e metilfenidato: agonisti. Bloccano ricaptazione della DA

Norepinefrina
Anche chiamata noradrenalina. È una catecolamina. Sintetizzata dalla tirosina + un’ulteriore
reazione enzimatica rispetto alla DA operata dalla dopamina beta-idrossilasi all’interno delle
vescicole.
4 tipi di recettori, tutti metabotropici:
- Alfa1
- Alfa2
- Beta1
- Beta2
Neuroni che secernono NE: noradrenergici.
Nel SNP → Secreto da Neuroni postgangliasi del SNS
Nel SNC → secreto in 7 regioni del midollo e 1 regione del talamo. Il nucleo più importante del
sistema noradrenergico è il locus coeruleus, nel ponte dorsale.
Proiezioni noradrenergiche sono molto diffuse in quasi tutto il SNC → effetti sulla vigilanza, tono
dell’umore, appetito, comportamento di accoppiamento

Sostanze psicoattive che interagiscono con NE:


- Tutte quelle della DA (da cui dipende la sintesi della NE)
- Acido fusarico: antagonista. Inattiva la dopamina beta-idrossilasi
- Moclobemide: agonista. Blocca enzima MAO-A (facilitando la sintesi)
- Idazoxan: agonista. Blocca autorecettori di tipo alfa2.
Serotonina
Anche chiamata 5-idrossitriptamina o 5-HT, sintetizzata dal triptofano. Che viene convertito
dall’enzima tirofano-idrossilasi in 5-HTP (5-idrossitriptofano), convertito a sual volta
dall’enzima 5-HTP decarbossilasi in 5-HT.
Fa parte delle indolamine.
Almeno 15 tipi di recettori, chiamati 5-HT1, 5-HT2, ecc…
- Tutti sono metabotropici
- Eccetto il 5-HT3, ionotropico, che controlla un canale per il cloro
L’effetto comportamentale risultante dipende dal recettore coinvolto. Coinvolgono in in
particolare tono dell’umore, vigilanza, sonno, appetito, comportamento di accoppiamento.

I neuroni che secernono serotonina sono detti serotoninergici, localizzati in 9 regioni: nuclei
del rafe (mesencefalo, ponte e bulbo), nella linea mediana del tronco encefalico.
Inviano a molte regioni cerebrali (in particolare corteccia, gangli della base, ippocampo).

Sostanze psicoattive che interagiscono con la serotonina:


- P-clorofenilalanina (PCPA): antagonista. Inattiva la triptofano idrossilasi
- Fenfluramina: agonista. Facilita il rilascio e inibisce la ricaptazione
- LSD (dietilamide dell’acido lisergico): agonista. Attiva recettori proencefalici del h-HT
- MDMA (ecstasy, metilene-diossimetamfetamina): agonista. Inverte l’azione delle
molecole ricaptatrici, invertendone l’azione (rilascio invece di ricaptazione)
- Fluoxetina: agonista, inibisce la ricaptazione della 5-HT (antidepressiva e ansiolitica)
Gli inibitori della ricaptazione della serotonina devono essere assunte per diverse settimane
consecutive prima di produrre effetti terapeutico.

Istamina
Neuroni nel nucleo tuberomammillare nellipotalamo posteriore. Istamina ha ruolo nello stato di
veglia. Precursore: aminoacido istidina per mezzo dell'enzimaistidina decarbossilasi

Aminoacidi semplici
Usati da tutte le cellule per la sintesi delle proteine → difficile provare che un particolare
aminoacido sia un neurotrasmettitore, ma si pensa che ve ne siano almento 8 che hanno
questa funzione nei mammiferi
Tra questi i n.trasmettitori più diffusi:

Glutammato
Principale n.trasm con effetto eccitatorio. Più della metà delle sinapsi del cervello lo rilascino.
Sintetizzato da un precursore (glutammina) grazie a un enzima (glutaminasi) in un unico
passaggio.
Non attraversa la barriera ematoencefalica (deve essere prodotto nel cervello).
Coinvolto nel fenomeno dell’eccitotossicità, in seguito a un danno cerebrale, che provoca un
rilascio eccessivo di glutammato che provoca depolarizzazione prolungata → morte, aumento
del danno.
4 tipi principali di recettori:
● 3 ionotropici, che prendono il nome dalle molecole esogene che li attivano
selettivamente, con azione agonista diretta:
- AMPA: recettore più comune → controlla canale per il sodio e induce potenziali
postsinaptici eccitatori
- Kainato: si lega all’acido kainico e ha effetti come AMPA
- NMDA (n-metil-d-aspartato): contiene 6 diversi siti di legame (4 sulla superficie
esterna del canale ionico e 2 nella profondità). L’apertura del canale consente
ingresso a sodio e calcio, provocando depolarizzazione. Il calcio ha anche
funzione di secondo messaggero e attiva enzimi che influenzano proprietà
biochimiche e strutturali del neurone, alterazioni plastiche alla base della
formazione delle memorie.
Altri siti di legame del recettore
● Il glutammato si lega a uno dei siti di legame del recettore ma ha bisogno,
per farlo, anche di una molecola di glicina.
● quando la membrana sinaptica è a riposo, uno ione magnesio blocca il
canale legandosi ai siti di legami interni. Quindi per aprirsi la membrana
deve essere depolarizzata.
● Se uno ione zinco si lega a un sito di legame, l’attività del recettore
diminuisce. Aumenta invece con una poliamina.
● L’altro sito di legame profondo si lega con la fenclicidina (PCP) che
blocca il canale (è quindi un antagonista diretto del recettore NMDA.
Effetti simili la cheratina.)
● AP5 (2-amino-5-fosfopenanoato), agisce da antagonista diretto del
glutammato, bloccando il sito di legame sul recettore
● 1 metabotropico, con 8 sottotipi diversi, sotto studio.

Ricaptazione: rimosso dalle sinapsi dai trasportatori degli aminoacidi eccitatori e scisso in
glutamina da glutamina sintetasi.
L'incapacità di rimuovere il glutammato dalle sinapsi può produrre eccitossicitá da
glutammato.

GABA
Prodotto dall’acido glutammico tramite l’acido glutammico decarbossilasi (GAD).
È un n.trasm inibitorio in tutto il SNC.
Principali classi di recettori:
- GABAa: ionotropici (cloro)
● 5 siti di legame (diverse sostanze psicoattive ci interagiscono, ma quelli naturali
ancora non identificati). Ci si lega
1. GABA. Muscimolo: agonista diretto nello stesso sito + Bicucculina:
antagonista diretto (lo blocca)
2. Benzodiazeipne (diazepam - valium, alprazolam-Xanax), Tutti agonisti
indiretti (effetti ansiolitici). Picrotossina: antagonista indiretto nello stesso
sito.
3. barbiturici e
4. steroidi (ansiolitico e sedativo)
- Anche l’alcol agisce con questo recettore ma non è stato identificato il
punto di legame
- GABAb: metabotropici (potassio)

Rimosso da trasportatori del GABA. disattivato da GABA aminotransferasi.

Glicina
Neurotrasmettitore inibitorio, maggiormente presenti nella parte caudale del tronco encefalico e
nel midollo spinale
Recettore: ionotropico per il cloro
Sostanza psicoattiva che interagisce:
- Stricnina: antagonista diretto, ne blocca il recettore

Neurotrasmettitori non convenzionali


Sono a basso peso molecolare. Coinvolti nella trasmissione delle informazioni e rilasciati a
seguito dell'ingresso del calcio.
Però:
- NON vengono accumulati nelle vescicole
- NON sono rilasciate nella fessura sinaptica
Spesso associati alla segnalazione retrogada.
Fra queste:
- Endocannabinoidi
- Gas solubili

Endocannabinoidi
Sintetizzati dai composti lipidici presenti nella membrana cellulare.
Rilasciati da dendriti e corpi cellulari che esercitano effetti sui neuroni presinaptici inibendo la
trasmissione sinaptica (legame con recettori sui bottoni terminali dei neuroni glutamatergici,
GABAergici, colinergici, dopaminergici, noradrenergici e serotoninergici. Agiscono da
eterorecettori presinaptici → inducono apertura dei canali potassio (inibendo rilascio). Si
diffondono a una distanza di 20 micrometri per alcuni decimi di secondo.

Ad oggi, 2 tipi di recettori:


- CB1 (nel cervello)
- CB2 (all’esterno, soprattutto sistema immunitario)
Il ligando più studiato è:
- Anandamìde, prodotta in base alla necessità subito prima del rilascio. Disattivata
dall’enzima FAAH (idrolasi delle ammidi degli acidi grassi)
Sostanze psicoattive che interagiscono con i recettori:
- THC (tetraidrocannabinolo): agonista (attiva recettori CB1). effetti analgesici, aumento
dell’appetito, riduzione della nausea
Prodotti su richiesta e non immagazzinati nelle vescicole.

Gas solubili
Ossido di azoto (ossido nitrico / nitrossido - NO).
Prodotto dall’arginina ad opera dell’ossido di azoto sintetasi

Prodotto in molte aree del neurone, si diffonde immediatamente e passa facilmente la


membrana delle cellule vicine (grazie ad alta solubilità). Stimola la sintesi di secondi messaggeri
e viene subito degradato → coordina piccole reti di neuroni circoscritte

Neuropeptidi
Costituiti da 2 o più amminoacidi. Come neurotrasmettitori e neuromodulatori. Prodotti
all’interno del soma e trasportati al bottone con trasporto assoplasmatico. Rilasciato da ogni
parte del bottone terminale, attivano prevalentemente recettori metabotropici e agiscono oltre
che nella zona attiva, anche a recettori di cellule nelle vicinanze. Vengono degradati da enzimi
(no ricaptazione)

Tra i più importanti gli Oppiodi endogeni:


- Encefaline
Esogeni:
- Oppio
- Morfina
- Eroina
- Ossicodone
Estistono 3 recettori per gli oppioidi
- Mu
- Delta
- Kappa
I legami con i diversi recettori hanno effetti diversi:
- Analgesia
- Inibizione di risposte difensive specie-specifiche
- Rinforzo positivo (gratificazione)

Ci sono vari sostanze psicoattive agoniste (oppio, morfina, eroina) e agoniste (naloxone) diretti
METODI E STRATEGIE DI RICERCA NELLA
PSICOBIOLOGIA
La ricerca in psicobiologia consiste in indagini sistematiche finalizzate alla scoperta di nuove
conoscenze in merito alle basi biologiche e fisiologiche dei processi psichici e del
comportamento

L’approccio utilizzato è il metodo scientifico, articolato in 4 fasi:


- Identificazione della domanda: si individua quale fenomeno di vuole indagare
sistematicamente. Può venire da curiosità o quesiti rimasti aperti da altre ricerche
- Formulazione di una spiegazione: sviluppare una teoria (visione sistematica in merito
al fenomeno di interesse) → ipotesi (predizione specifica formulata in modo che possa
essere verificata) → l’ipotesi deve essere operazionalizzata
- Indagine empirica: selezione dei metodi + raccolta e analisi dei dati
- Condivisione dei risultati ottenuti:
1. Esporre lo stato delle conoscenze precedente alla ricerca
2. Esprimere l’ipotesi su cui si è basata la ricerca
3. Esporre i metodi per permettere ad altri di replicare l’indagine
4. Esporre i risultati e l’analisi statistica effettuata sui risultati stessi (dimostrando
che i risultati non sono casuali
5. Discutere i risultati nell’ambito delle conoscenze precedenti alla nostra ricerca

Un indagine scientifica si può svolgere a 3 differenti livelli


1. Livello descrittivo: obiettivo è fornire una rappresentazione accurata del fenomeno di
interesse
2. Livello correlazionale: obiettivo è descrivere la relazione fra due fenomeni senza
stabilire rapporti di causa ed effetto
3. Livello sperimentale: verificare se la variazione presente in un fenomeno sia la causa
di variazioni in un altro fenomeno. Questo tipo di ricerca comporta una manipolazione
attiva del primo fenomeno + misura delle variazioni nel secondo fenomeno.

Le indagini nell’ambito della psicobiologia vanno a verificare se ci sono relazioni causali tra
struttura del sistema nervoso e comportamento.
È quindi necessario avere delle misure comportamentali (per effettuare misurazione oggettiva
dei processi cognitivi e comportamentali). Possono essere effettuati test (singolarmente o in
batterie) strutturalmente basati sulla produzione del comportamento di interesse e la
valutazione oggettiva della prestazione (sulla base di un campione.
Possibile anche negli animali, utilizzando appositi apparati (labirinti, vasche ad acqua, dotate di
strumenti di misurazione). Si confrontano le prestazioni comportamentali di animali esposti a
differenti condizioni. A partire dal comportamento manifesto si fanno inferenze sui processi
cognitivi.
Es: memoria:
- Per l’uomo lista di parole da imparare
- Per l’animale, apprendimento di un compito con un rinforzo finale

Studi basati sul danno cerebrale


Si analizza come il danneggiamento di un’area cerebrale abbia degli effetti sulla prestazione
cognitiva e comportamentale
- Nell’animale si distrugge una parte del cervello (ablazione sperimentale) e si valuta il
comportamento
- Nell’uomo si osservano effetti sui processi cognitivi e sul comportamento dei danni
dovuti a trauma o patologia (spontanei)

Studi sugli animali

Ablazione sperimentale
1. si effettua una lesione cerebrale sull'animale nell’area di interesse
2. Si possono osservare alterazioni nella struttura e nei processi biochimici cerebrali
conseguenti
3. Si osservano conseguenze a carico delle funzioni cerebrali e del comportamento
4. → inferenze che partono dal funzionamento patologico per capire quale comportamento
sano tale area garantisce

Chirurgia stereotassica: procedura per realizzare una lesione cerebrale che usa:
- Atlante stereotassico: strumento che ci permette di localizzare l’area da asportare.
Esso contiene delle immagini di sezioni cerebrali inserite in una griglia millimetrata. Esso
ci fornisce le distanze da un determinato punto di riferimento (rostro-caudale, medio-
laterale, dorso-ventrale). Il punto di riferimento da cui vengono stabilite le distanze è il
bregma (punto di sutura nel cranio, la fontanella), ben evidente. Sono rappresentazioni
schematiche → dovrà essere verificato che la lesione sia stata fatta nel punto giusto
- Apparato stereotassico: strumento che permette di raggiungere il sito di lesione. È
come un braccio che sorregge lo strumento di lesione (es siringa per iniettare sostanza).
La siringa viene montata su un braccio collegato a 3 bracci (3 dimensioni dello spazio)
dotati di manopole. Se punto la siringa nel bregma, posso poi spostare il braccio
trovandomi esattamente nel sito di lesione con la punta (sapendo quali distanze devo
percorrere rispetto al bregma)

Metodi per effettuare una lesione:


- Parte superficiale del cervello (all’interno della corteccia): lesione per aspirazione
- Recisione della conduzione lungo un nervo o un tratto: taglio da bisturi
- Area sottocorticale del cervello: lesione da radiofrequenza → si inserisce un elettrodo
nell’area bersaglio + si fa passare una corrente a alta intensità → il calore generato è
tale da distruggere il tessuto intorno all’elettrodo (lesione dipende dalla durata e
dall’intensità di emissione della corrente)
- Danno selettivo ai corpi cellulari nell’area senza danneggiare assoni: lesione
eccitotossica → iniezione di aminoacido eccitatorio (acido kainiko) che stimola i
neuroni fino a distruggerli
- Lesione ancora più selettiva (per verificare una specifica zona neuronale: lesione
neurotossica → si inietta una tossina in grado di uccidere i neuroni + anticorpi che si
legano solo ai neuroni che si vogliono ledere.
- Lesioni reversibili: si inietta un anestetico o un agente in grado di bloccare o stimolare
una particolare classe di recettori → lesione temporanea

Importante realizzare una lesione simulata (sham) perché qualsiasi tipo di lesione genera
sempre anche un danno aspecifico che si aggiunge a quello specificamente provocato
dall’agente lesivo nell’area target.
Per esempio si può iniettare una soluzione innocua invece di una tossina per vedere gli efffetti
del danno aspecifico.

Dopo che la lesione è stata effettuata, si procede alla


1. verifica degli effetti nel comportamento.
2. Verifica della localizzazione della lesione + effetti strutturali
Prima bisogna fare un processo di perfusione: rimozione del sangue

Per queste verifiche ci si basa su metodi istologici che consentono:


- Fissazione: il tessuto cerebrale viene sottoposto a una soluzione di formalina per farlo
indurire + bloccare la degenerazione + proteggerlo da agenti esterni
- Sezionamento: il tessuto viene tagliato in sezioni sottili grazie a un microtomo (come
un’affettatrice) e un criostato (per congelare il cervello in modo da inserirlo abbastanza
da tagliarlo)
- Colorazione: se non vengono colorate, le strutture cerebrali appaiono trasparenti. Ci
sono diversi tipi di colorazioni:
● Colorazione di Nissl: vari coloranti (blu di metilene + cresil violetto) che si
legano a componenti interne dei corpi cellulari. Si possono visualizzare i corpi
cellulari, valutandone la forma e il numero. Il materiale che assorbe la sostanza
di Nissl consiste di RNA, DNA e proteine associate localizzate nel nucleo e
disperse in forma di granuli nel citoplasma
● Colorante di Golgi: per uno studio più sottile. Ideata da Camillo Golgi nel 1870.
Si basa sull’impregnazione del tessuto con cromato d’argento. Impregna solo
alcuni neuroni dei quali rende visibile tutta la struttura compresa la ramificazione
dendritica e gli assoni
● Nel caso in cui ci interessi indagare le connessioni neuronali, si usano i metodi
di tracciamento degli assoni:
- Marcatura anterograda per le connessioni efferenti: si inietta un
tracciante che viene assorbito dai dendriti, trasportato in avanti verso i
bottoni terminali dagli assoni, sfruttando il trasporto assoplasmatico
anterogrado
- Marcatura retrograda per le connessioni afferenti: si inietta un tracciante
che viene captato solo dai bottoni terminali, che viene riportato indietro al
neuroni che inviano informazioni all’area di interesse, sfruttando il trsporto
assoplasmatico retrogrado
- Marcatura transneuronale: sempre utilizzando traccianti, che si
spostano in senso anterogrado o retrogrado utilizzando il trasporto
assoplasmatico. Arrivando ai bottoni terminali viene trasportato al
prossimo neurone e così via.
Le connessioni non saranno visualizzabili (a meno che il tracciante sia fluorescente), altrimenti
si devono rendere visibili i traccianti con metodi immunoistochimici (immunocitochimici) che
legano sostanze coloranti a molecole specifiche. Questi metodi sfruttano le proprietà del
sistema immunitario, il quale sviluppa anticorpi in reazione agli antigeni (proteine o peptidi
presenti sulla superficie di microrganismi. Gli anticorpi sono proteine che riconoscono questi
antigeni e si legano ad essi scatenando la reazione difensiva dell’organismo. In questo caso
l’antigene sarà il tracciante.
Quando il tessuto in cui è stato iniettato un tracciante viene esposto agli anticorpi specifici per
riconoscere quel tracciante e combinati con un colorante, gli anticorpi si legheranno solo a tali
molecole, rendendo visualizzabili le connessioni di nostro interesse.
- Visualizzaione del tessuto cerebrale al microscopio. Le sezioni sono montate su un
vetrino e coperte da un vetrino, trasparenti.
● Microscopio ottico: si basa sulla luce proveniente da una lampadina e su un
sistema di lenti che consentono un ingrandimento massimo di circa 1500 volte.
● Microscopio elettronico: sfrutta il passaggio di un fascio di elettroni attraverso
la sezione, il quale proietta l’immagine del tessuto che ha attraversato su una
pellicola fotografica o su un rilevato che passa l’immagine al computer. Utile per
parti molto piccole. Può essere:
- A trasmissione: in questo caso il fascio di elettroni è fisso → immagine
bidimensionale
- A scansione: fascio di elettroni in movimento → immagine tridimensionale
● Microscopio con focale a scansione laser: si basa su fasci di luce di
lunghezza d’onda particolare, mediante dei laser. Il tessuto viene marcato con
diverse colorazioni. Il microscopio ci permetterà delle visioni combinati delle
diverse aree.
● Microscopio confocale a scansione: permette di osservare dettagli in sezioni
tessutali spesse o pezzi di tessuto mantenuti in apposite culture o strati superiori
del cervello. Utilizza un colorante fluorescente associato a un dato peptide. Un
fascio di una lunghezza d'onda particolare è prodotto da un laser e passa
attraverso uno specchio dicroico. Si può trattare di tessuto vivente.

Studi sull’uomo
Fondamentale conoscere la localizzazione e l’estensione precisa del danno da cui si studiano
gli effetti nelle funzionalità cognitive e nel comportamento.
Nell’uomo è possibile visualizzare la struttura del cervello in vivo (da poco tempo), grazie a
tecniche di imaging:
- TAC (tomografia assiale computerizata): si basa su un fascio di raggi X che
attraversa la testa del paziente, al di là della quale è posto un rilevatore che misura la
radioattività che non viene assorbita dal tessuto. Il grado di assorbimento delle varie
strutture sarà diverso (anche se un tessuto è sano o meno). Le scansioni vengono
ripetute da ogni angolatura e poi vengono tradotte in immagini da un computer.
- Risonanza magnetica: sviluppata negli anni 90. Si basa sul passaggio di un campo
magnetico molto forte. Le strutture contengono diverse quantità di acqua e quindi di
idrogeno. Lo scanner misura le onde a radiofrequenza emesse dagli atomi di idrogeno al
passaggio del campo magnetico. Consente una risoluzione spaziale superiore alla TAC
+ immagini tridimensionali + il campo magnetico non ha effetti lesivi.
- Tensore di diffusione (DTI): si basa sull’analisi del movimento delle molecole d’acqua
nel tessuto cerebrale (nella sostanza bianca). Ha permesso di ricostruire le connessioni
tra le aree cerebrali (trattogragfia). Il diagramma di circuitazione tra le aree cerebrali è
detto connettoma.

Studi sulla

registrazione e la stimolazione dell’attività neurale


Le funzioni cerebrali sono supportate dall’attività dei circuiti neurali. Questi studi sono supportati
da 2 princibi:
- Basati sulla registrazione dell’attività neurale mentre si misurano funzioni cerebrali e
comportamento
- Basati sulla stimolazione dell’attività di aree cerebrali + misurazione delle funzioni e
comportamento

Tecniche elettrofisiologiche: rilevazione dell’attività elettrica prodotta dal cervello. L’attività


elettrica di un’area indica che essa è coinvolta nella prestazione comportamentale che il
soggetto sta offrendo.

Nell’animale, mediante chirurgia stereotassica si possono impiantare nel cervello dei


microelettrodi che possono registrare l’attività di singoli neuroni (registrazione di unità
singole). I segnali sono molto deboli → vengono connessi ad apparati di amplificazione per
essere tracciati da un oscilloscopio.
Quando ci interessa l’attività di un’intera area cerebrale si usano macroelettrodi (nell’uomo
dischi di metallo che vengono fatti aderire al cuoio capelluto) che captano i potenziali di molte
migliaia o anche milioni di neuroni posti nell’area dove è posizionato il disco. Questi segnali
vengono amplificati e poi registrati.
Elettroencefalogramma (EEG): insieme dei tracciati che rappresentano i segnali elettrici
registrati da un macroelettrodo. Questi tracciati sono utili per studiare particolari stati di
coscienza o patologie con una determinata attività cerebrale (es: sonno, epilessia)

Studio dei Potenziali evento-correlati (ERP): studi basati su EEG accompagnato a


esposizione a determinati stimoli sensoriali o compiti motori o cognitivi. La traccia presenterà
dei picchi negativi (N) o positivi (P) che si registrano dopo un certo numero di millisecondi dalla
presentazione dello stimolo.

Il passaggio di una corrente elettrica crea anche un campo magnetico. Il passaggio della
corrente elttrica nei neuroni crea tanti piccoli campi magnetici.
Magnetoencefalografia (MEG): registrazione dei campi magnetici dei neuroni

EEG e MEG hanno bassa risoluzione spaziale (non distinguono il segnale inviato da due punti
vicini) ma hanno alta risoluzione temporale

Registrazione dell’

attività metabolica
Se l’attività neurale elettrica aumenta, aumenta anche l’attività metabolica. Registrando l’attività
metabolica si potrà inferire l’attività dell’area.

Nell’animale:
- Autoradiografia: iniezione nel flusso sanguigno di 2-deossiglucosio (2DG) marcato
radioattivamente. Il composto è simile al glucosio, viene assorbito dalle cellule come
nutrimento, ma non può essere metabolizzato, quindi rimane depositato nei neuroni che
l’hanno assorbito. Si esegue quindi una procedura di sezionamento → le sezioni
vengono trattate con un’emulsione fotografica che può essere sviluppata. Le molecole di
2-DG appaiono come granulazioni argentate. Le regioni più attive avranno assorbito più
2DG (quindi appariranno più scure)
Nell’uomo:
- Iniezione di 2DG o di un’altra sostanza debolmente radioattiva (innocua e con degrado
lento) + tomografia a emissione di positroni (PET): la testa del paziente è inserita in
una macchina con dei rilevatori che captano i differenti livelli di radioattività durante
l’esecuzione di un compito. Questi dati vengono trasmessi a un computer che produce
l’immagine di una sezione cerebrale, le cui aree sono colorate proporzionalmente al
grado di attività.
Svantaggi della PET: metodo costoso (procedure per creare le sostanze radioattive); ha
bassa risoluzione spaziale e temporale
- Risonanza magnetica funzionale (RMf): variante della risonanza magnetica che
consente di rilevare l’attività cerebrale: consente di rilevare mediante scanner i livelli di
ossigeno nei vasi sanguigni che irrorano le diverse aree cerebrali durante un compito. Il
segnale registrato viene detto BOLD (blood oxygen level dependent, dipendente dal
livello di ossigeno nel sangue) → viene prodotta un’immagine in cui appaiono le aree
cerebrali attivate. Vantaggiosa rispetto alla PET perché non richiede iniezione di
sostanze radioattive + consente immagini 3D. Svantaggi: risoluzione temporale bassa
(2/3 secondi)

Stimolazione dell’attività neurale


Si può stimolare l’attività cerebrale e vedere che conseguenze questo ha sul comportamento.
Lo sperimentatore effettua una manipolazione attiva → possibili indagini sperimentali

Nell’animale:
- Stimolazione elettrica: con elettrodi nel cervello
- Stimolazione chimica: vengono introdotte nel cervello degli aminoacidi eccitatori (per
stimolare l’attività neurale). Questa tecnica è più selettiva (saranno stimolati solo i
neuroni con recettori per l’aminoacido
- Optogenetica: tecniche per stimolare/inibire selettivamente solo alcuni tipi di neuroni. Si
basa sull’uso di proteine fotosensibili che controllano specifici canali ionici (quindi
iperpolarizzano/depolarizzano neurone). Quando vengono colpite da una luce,
indurranno l’apertura dei canali ionici in modo rapido. Si può ottenere, modificando i geni
dell’animale, che l’animale presenti queste proteine in uno specifico tipo di neurone.
Come la chirurgia stereotassica si impiantano nelle aree target delle fibre ottiche che
emettano la luce adeguata per attivare le proteine. In questo modo con stimolazione
luminosa verranno attivate/disattivate delle classi neuronali specifiche + verificare effetti
sul comportamento di tali manipolazioni dell’attività neurale
Nell’uomo (mediante generazione di corrente elettrica o campo magnetico):
- Stimolazione transcranica a corrente continua tDCS): si genera una corrente
elettrica tra due elettrodi sul cuoio capelluto. Questo aumenta l’attività di una regione
mentre viene eseguito un compito.
- Stimolazione magnetica transcranica (TMS): si genera un campo magnetico
mediante una bobina avvicinata al cuoio capelluto. Il campo magnetico attiva o disattiva
l’attività elettrica dell’are cerebrale vicina.

Molti studi indagano come i processi biochimici cerebrali correlano con le funzioni cerebrali e il
comportamento (es: studi che indagano effetti dell’esposizione a fattori esperienziali o
farmacologici sul comportamento e in correlazione sul sistemi neurotrasmettitoriali e
neuromodulatori

Nell’animale:
- Metodi neurochimici: si possono marcare le sostanze di nostro interesse o gli enzimi
che le producono/degradano.
● Se la sostanza neurochimica target è una proteina o un peptide può essere
localizzata con tecniche immunoistochimiche (metodo di colorazione basato
sull’uso di anticorpi che si legheranno al neurotrasmettitore di nostro interesse)
● Se non è una proteina o un peptide si possono marcare gli enzimi (ad esempio
per l’ACh). In questo modo si inferirà la localizzazione delle sostanze di nostro
interesse che interagiscono con gli enzimi marcate

Per studiare i recettori:


- Autoradiografia: il tessuto sarà esposto a un ligando radioattivo che lega il tessuto che
si vuole marcare.
- Metodi immunoistochimici: i recettori sono proteine, quindi le molecole colorante
legate agli anticorpi dsi legheranno ai recettori

Nell’uomo è possibile studiare le sostanze neurochimiche con la PET:


- Iniettando una sostanza radioattiva (precursore di un neurotrasmettitore) è possibile
rilevare i livelli di neurotrasmettitore sintetizzato in diverse condizioni sperimentali

Studi sui fattori genetici


Ci può sempre essere l’influenza dei fattori genetici nell’espressione da parte degli individui di
caratteristiche comportamentali (come nel caso di tratti di personalità o di patologie). Per
studiare questi:
- Studi sui gemelli: si studia la percentuale di concordanza in merito al tratto di interesse.
Gemelli monozigoti (stesso genoma), gemelli dizigoti (50%). Se la base genetica del
tratto è forte, la concordanza in gemelli monozigoti sarà più alta dei gemelli dizigoti
- Studi sull’adozione: l’espressione comportamentale di un individuo è data
dall’ingluenza tra natura e cultura (genetica e ambiente), fin dal concepimento (lo stato
di salute della madre in stato prenatale è già un fattore ambientale - fattore ambientale
prenatale), mentre dopo il parto fattori ambientali postnatali. Se un bambino è
adottato alla nascita la totalità dei fattori ambientali postnatali saranno legati ai genitori
adottivi, mentre quelli prenatali ai genitori biologici.
Se il tratto presente può essere ricondotto ai genitori biologici → fattori genetici. Tuttavia
è necessario escludere fattori ambientali prenatali
Se ricondotto ai genitori adottivi → tratti ambientali
Si può rilevare influenza combinata di entrambi i fattori
- Studi sul genoma: localizzazione dei geni responsabili di specifici tratti fisici e
comportamentali, paragonado il genoma di diversi individui o greuppi di individui
caratterizzati da un particolare tratto.
- Mutazioni mirate a carico dei geni knock out: alterazioni a carico di specifiche
proteine o enzimi.
- Oligonucleotidi antisenso: iniettati per produrre molecole che bloccano la produzione
di proteine (di solito sono sequenze modificate di DNA o RNA).la distruzione di proteine
può produrre modificazioni comportamentali, sottolineandone l'importanza.
- Anche il CRISPR-Cas si basa sullo stesso principio, modificando il DNA invece
dell’mRNA. N
I SISTEMI SENSORIALI
Il nostro sistema nervoso supporta l’esistenza tramite 2 funzioni:
- Raccolta ed elaborazione delle informazioni che provengono dall’ambiente interno ed
esterno al corpo
- Controllo del movimento dei muscoli funzionale alla produzione dei comportamenti +
regolazione dell’ambiente interno al corpo
Queste funzioni sono legate reciprocamente (efficace rilevazione delle informazioni supporta
una ottimale pianificazione del movimento + movimento supporta l’acquisizione delle
informazioni

Sistemi sensoriali: mediano la capacità di rilevare, riconoscere ed elaborare le forme di


energia presenti nell’ambiente interno ed esterno. Comprendono:
- Cellule specializzate nella rilevazione di specifici tipi di energia e nell’invio
dell'informazione
- Vie di trasmissione dell’informazione
- Aree cerebrali che ricevono ed elaborano l’informazione
l e modalità sensoriali sono:
- I 5 sensi
- Sensazioni somatiche (sistema somatosensitivo) includono, oltre al tatto (pressione,m
vibrazione) anche le sensazioni termiche, nocicettive, propriocettive, cinestetiche
(movimento) e viscerali (organi intermi)
- Sensazioni vestibolari (equilibrio, movimento del corpo)

Queste modalità si sono evolute in funzione dei tipi di energia rileva ti per un efficace
adattamento della specie → i sistemi sensoriali npn rispondono a tutta l’energia presente
nell’ambiente

Stimolo: un evento fisico che presenta le caratteristiche adeguate a indurre una risposta a un
organo sensoriale recettore specializzato nel rilevare solo determinate forme di energia

Recettori sensoriali: contenuto nell’organo recettore. Non sono come i recettori nelle cellule,
ma delle cellule intere specializzate nel rilevare la presenza di specifiche forme di energia e
anche nel convertire questa informazione in un segnale elettrico → per comunicare con il
sistema nervoso
Differenti tipi di energia richiedono differenti organi recettori e differenti organi recettoriali, se lo
stimolo non è adeguato non sarà in grado di rilevarlo oppure recepirà una sensazione illusoria
(es: stimolazione meccanica dell’occhio)

- 1800: Johannes Peter Muller formula dottrina delle energie nervose specifiche:
postulaione della specificità e indipendenza dei diversi recettori e canali nervosi.
Non era ancora chiaro che l’informaione per le diverse sensazioni è mediata solo da un unico
tipo di energia: il segnale elettrico del potenziale d’azione.
È possibile che il cervello distingua le differenti modalità sensoriali perché ogni sistema
trasmette l’informazione mediante canali diffenti cioè fasci separati di nervi.
Dalla componente recettoriale a quella cerebrale ogni sistema è separato dagli altri e dedicato
solo a una sensazione sensoriale.
Anche all’interno di una stessa forma di energia, i recettori sono in grado di rilevare solo uno
specifico intervallo di risposta allo stimolo (variabile da specie a specie), in quanto non
rilevano tutta l’energia presente nell’ambiente. (es: visione: rileviamo solo una parte delle
radiazioni elettromagnetiche: 360-760 nanometri. Api e uccelli rilevano anche raggi ultravioletti)

Specificità del recettore: specializzazione del recettore nel rilevare la presenza di un unico
tipo di energia e solo in un determinato intervallo
Nell’uomo i recettori sensoriali vengono classificati come:
- Meccanocettori
- Chemocettori
- Fotorecettori (stimoli elettromagnetici)
- Termocettori
Trasduzione sensoriale: Quando il recettore viene esposto allo stimolo, esso converte tale
stimolazione in una alterazione del proprio potenziale di membrana
Alcune cellule recettoriale sono dotate di assoni, altre non ne sono dotate, ma stimolano delle
fibre nervose adiacenti.

Potenziali generatori: serie di cambiamenti locali graduati nel potenziale di membrana (legati
all’apertura e alla chiusura di canali ionici) che possono avvenire alla ricezione dell’energia da
parte del recettore sensoriale.
Se lo stimolo è tale da indurre un potenziale generatore che raggiunge il valore di soglia → si
genera un potenziale d’azione.

Codifica sensoriale: consente all’attività elettrica di mediare la trasmissione al cervello di una


descrizione articolata dello stimolo. Caratteristiche dello stimolo:
- Intensità:
● può essere codificata da un singolo recettore nella variazione di frequenza dei
potenziali d’azione (numero di potenziali al secondo varia in funzione
dell’intensità dello stimolo). Stimoli di intensità maggiore → potenziali generatori
più ampi → numero maggiore di potenziali d’azioni che scaricano a frequenza
più elevata. La frequenza di scarica di un recettore ha un limite però (circa 1000
impulsi al secondo). C’è un altro modo per valutare l’intensità:
● Numero di recettori sensoriali che sono attivati: codice di popolazione. I
recettori appartenenti ad un sistema sensoriale sono nella maggior parte dei casi
dotati di soglie sensoriali differenti (recettori a bassa o alta soglia)
I recettori a bassa sogli vengono attivati prima → per uno stimolo più intenso
successivamente quelli ad alta soglia. Se ci sono molti stimoli ad alta soglia →
intensità maggiore
- Localizzazione: (nello spazio interno o esterno al corpo). La localizzazione dei recettori
sensoriali stimolati fornisce informazioni sulla localizzazione dello stimolo.
L’informazione viaggia su linee dedicate specificamente alla superficie recettoriale delle
diverse zone.
Le cellule, dalla superficie recettoriale al cervello, sono organizzate in mappe
topografiche ordinate: neuroni adiacenti rappresentano mappe recettoriali adiacenti
L’organizzazione delle mappe rispecchia la localizzazione e la densità dei recettori. Aree
più sensibili (più importanti dal punto di vista sensoriale) vengono rappresentate
maggiormente (omunculus). Es: nel sistema somatosensoriale le mani e le labbra sono
più grandi.
● Organi recettori bilaterali: comporta che un’informazione sulla localizzazione
dello stimolo sia convogliata anche dal tempo relativo di arrivo e dall’intensità
relativa dello stimolo stesso. (es: stimolazione sonora arriva esattamente nello
stesso istante alle orecchie solo se si trova a metà tra le due orecchie, altrimenti
con uno scarto temporale → questo fornisce informazione sulla localizzazione
della stimolo.

Campo recettivo: ambito (area cutanea, regione di spazio, dominio tonale) all’interno del quale
uno stimolo attiva il recettore. I campi recettivi delle singole cellule rispondono a caratteristiche
diverse di uno stimolo. Ogni stimolo attiverà più di un singolo recettore (poichè ha ampiezza
maggiore di un unico campo recettivo. Lungo le vie di trasmissione, le informazioni inviate dai
singoli recettori sensoriali vengono combinate in una descrizione articolata dello stimolo. Quindi
i campi recettivi dei neuroni di ordine superiore varieranno per integrare le informazioni afferenti.

Adattamento del recettore: la frequenza dei potenziali d’azione diminuisce progressivamente


lungo una fibra che ha origine da un recettore sensoriale esposto a una stimolazione costante
Ci sono:
- Recettori tonici (a lento adattamento): decremento basso o nullo nella frequenza di
scarica dei potenziali d’azioni in risposta a uno stimolo costante
- Recettori fasici (a rapido adattamento): rapida riduzione della frequenza di scarica dei
potenziali d’azione in risposta uno stimolo. Tipicamente rispondono all’inizio e alla fine di
una stimolazione, smettono di scaricare se lo stimolo è costante, riprendono a scaricare
se la stimolazione aumenta o diminuisce (danno informazione sul cambiamento nello
stimolo)
Il nostro sistema tende a una progressiva diminuzione nell’accuratezza descrittiva degli stimoli
statici → importanza adattiva della rilevazione del cambiamento. Questo è alla base
dell’adattamento della percezione che comporta il calo nella consapevolezza di una
stimolazione costante (funzionale all’adattamento).

Vie nervose specifiche per la singola modalità sensoriale con una propria organizzazione
gerarchica nei tratti e nelle stazioni che consentono all’informazione di arrivare al cervello. Le
informazioni viaggiano attravero midollo spinale e tronco encefalico per raggiungere
l’encefalo, con vari punti di ritrasmissione fra i neuroni.
A ogni stazione l’informazione viene elaborata mediante processi di integrazione e modulazioni.
Una stazione di ritrasmissione importante per tutti i sistemi sensoriali tranne il sistema olfattivo)
è il talamo che invia alla corteccia. Anche nel talamo le modalità viaggiano in vie separate.
1. Recettori
2. Midollo spinale
3. Tronco encefalico
4. Talamo
5. Corteccia cerebrale

Modulazione centrale: mette in atto controllo a feedback su tutte le stazioni inferiori della via
sensoriale in funzione della regolazione dell’afflusso di informazioni sensoriali in funzione
dell’adattamento. (es: palpebre: si chiudono per ridurre la stimolazione)

La segregazione delle diverse modalità sensoriali esiste anche nella corteccia: aree corticali
differenti elaborano ai primi stadi informazioni sensoriali di modalità differenti. Le informazioni
vengono elaborate in zone interconnesse della corteccia che integrano con informazioni
diverse.

Per ogni area sensoriale c’è una corteccia sensoriale primaria. Da essa le informazioni
passano a un’area adiacente detta corteccia sensoriale secondaria (anche afferenze dirette
dalla via sensoriale, ma in maniera ridotta). Queste aree costruiscono una descrizione adeguata
dello stimolo.
A livello delle aree corticali associative multimodali le informazioni relative a due o più
modalità vengono integrate.
Queste informazioni vengono inviate alla corteccia motoria per pianificare l’azione.

IL SISTEMA VISIVO
La visione è la modalità sensoriale a cui è stata dedicata la maggior parte degli studi. Per vari
motivi:
- Questo sistema sensoriale è di fondamentale importanza per la sopravvivenza della
specie umana (anche di altre specie animali). Supporta la soddisfazione di molti bisogni
primari (nutrimento, partner sessuale, pericoli) + non primari (estetica, acquisizione di
conoscenza)
- Consente di raccogliere in breve tempo una gamma molto ampia di informazioni
qualitative e quantitative (localizzazione, forma, dimensione, colore, consistenza degli
oggeti, oltre a direzione e velocità del movimento), in un’ampia varietà di intensità di
stimolazione e anche a grandi distanze dagli oggetti
- Ampio apparato
- Occhio ha una struttura complessa e potente
- 20% della corteccia cerebrale è dedicato all’elaborazione dell’informazione visiva
Stimolo adeguato al sistema visivo: luce che consiste in una gamma di onde elettromagnetiche
visibili all’occhio (380 e 760 nanometri). L’ambiente è permeato da radiazioni elettromagnetiche
provenienti da innumerevoli sorgenti, ma l’uomo ne percepisce come luce solo una parte.

Percepiamo il mondo a colori in virtù della luce che rimbalza sulle superfici e raggiunge i nostri
occhi (riflessione). Quello che ci arriva è la luce riflessa dagli oggetti.
Il colore della luce che percepiamo è legato a 3 dimensioni:
- Tinta: varia in maniera continua nella gamma che va da blu → verde → giallo →
arancione → rosso. Questa dimensione varia in base alla lunghezza d’onda. Poiché la
luce viaggia a una velocità costante (300km/s) la lunghezza d’onda faria in funzione
della frequenza delle onde: onde meno frequenti hanno una lunghezza d’onda maggiore
e viceversa.
- Saturazione: purezza del colore (pallido → intenso). È determinata dalla presenza o
meno di differenti lunghezze d’onda nella radiazione. Se è presente un’unica lunghezza
d’onda, il colore è puro (saturo).
- Luminosità: varia dallo scuro al chiaro. Determinata dall’intensità della radiazione
elettromagnetica. Radiazioni più intense sono percepite come più luminose e viceversa.

Costanza di colore: compensazione d nostro cervello che ci permette di osservare lo stesso


colore negli oggetti a prescindere dal tipo di luce sotto cui essi si trovino.

L’occhio
Gli occhi sono collocati nelle orbite (cavità nella parte anteriore del cranio). Si muovono grazie a
6 muscoli extraoculari, attaccati al rivestimento bianco dell’occhio detto sclera,
Gli occhi devono essere in grado di muoversi in maniera coordinata:
- Movimenti di vergenza: consentono ai due occhi di convergere e divergere sul piano
orizzontale per mantenersi su un unico obiettivo anche alla variare della distanza
dell’oggetto.
- Movimenti saccadici: movimenti rapidi e improvvisi degli occhi che consentono
l’anamnesi accurata di una scena visiva.
- Movimenti di inseguimento lento: consentono di continuare a fissare uno stimolo in
movimento

Parti dell’occhio:
● Sclera: rivestimento esterno bianco dell’occhio, opaco e non consente il passaggio della
luce. Nella aprte anteriore dell'occhio la sclera continua nella:
● Cornea: che è trasparente e lascia passare la luce. La cornea ha una curvatura fissa,
che fa convergere i raggi luminosi all’interno dell’occhio.
● Iride: dietro alla cornea, è un anello pigmentato di muscoli (opaca, non lascia passare
luce). È dotata di un’apertura che fa passare la luce, cioè la:
● Pupilla: determina la quantità di luce che passa attraverso la pupilla. L’apertura è
determinata dai muscoli dell’iride.
● Cristallino: dietro alla pupilla, è una lente formata da una serie di strati trasparenti che
colaborano a modulare la rifrazione della luce, in modo da proiettare un’immagine nitida
dell’oggetto all’interno dell’occhio anche al variare della distanza. Esso è in grado a
cambiare la sua forma grazie ai muscoli ciliari. Questo processo è detto
accomodazione.
● Umor acqueo: tra la cornea e il cristallino: rifornisce le strutture circostanti di sostanze
nutritive
● Umor vitreo: al di là del cristallino, è un fluido gelatinoso e trasparente che mantiene la
conformazione globosa dell’occhio
● Retina: superficie interna fotosensibile sulla parete posteriore dell’occhio. È parte del
sistema nervoso centrale. Ha uno spessore di 200/300 micrometri e contiene cellule di
tipo differenti, disposte in strati, tra cui i fotorecettori
- Fovea: parte più centrale della retina che consente la visione più accurata
- Disco ottico: area da cui fuoriescono gli assoni. Quest’area non ha fotorecettori
e crea il disco ottico.
● Fotorecettori: le cellule sensibili alla luce specializzate nel convertirla in segnale
neurale. Sono detti (in base alla forma del loro segmento più esterno):
- Coni: nell’uomo ce ne sono circa 6 milioni. Si occupano della visione diurna.
Sono responsabili dell’acuità visiva. La fovea è dotata solo di coni. Osno anche
responsabili della visione del colore.
- Bastoncelli: 120 milioni. Bassa acuità + insensibili al colore. Sono però molto
più sensibili dei coni alla luminosità, quindi consentono la visione in condizioni di
luminosità notturna.
L’immagine che si proietta nel fondo della retina è capovolta e ribaltata da sx a dx.

Strati della retina:


1. Strato de fotorecettori: si trova in fondo alla retina. I due strati superiori sono
trasparenti.
2. Strato delle cellule bipolari: i fotorecettori fanno sinapsi con queste, mettendoli in
comunicazione con il terzo strato della retina
3. Strato delle cellule gangliari: contiene i neuroni da cui si dipartono gli assoni che
decorrono lungo il nervo ottico e trasmettono l’informazione visiva al resto del cervello
La retina contiene anche le cellule orizzontali (tra fotorecettori e cellule bipolari) e le cellule
amacrine (tra le cellule bipolari e quelle gangliari). Queste cellule mediano la trasmissione in
senso parallelo alla superficie della retina, integrando informazioni provenienti da fotorecettori
contigui.

Fototrasduzione
I fotorecettori sono costituiti da 2 segmenti:
- Segmento interno: contiene il nucleo e le terminazioni che fanno sinapsi con le cellule
bipolari e le cellule orizzontali. È connesso attraverso un ciglio connettivale al:
- Segmento esterno: costituito da centinaia di lamelle, come dischi sovrapposti. Nella
membrana delle lamelle sono inglobate delle molecole di fotopigmento, una particolare
sostanza che assorbe la luce. Le molecole di fotopigmento sono composte da due parti:
opsina (proteina) + retinale (lipide, si forma dalla vitamina A).
I bastoncelli usano la rodopsina, mentre i coni hanno 3 tipi diversi di opsina.
Quando la luce colpisce il fotopigmento, esso si scinde nelle sue due parti. La luce muta inoltre
il colore dell’opsina. La scissione del fotopigmento è l’evento che induce il potenziale
generatore, attraverso una cascata di eventi chimici che agiscono sui canali ionici di
membrana.

In condizione di riposo (al buio) → il fotorecettore è in stato di depolarizzazione e rilascia


continuamente il neurotrasmettitore (glutammato) → l’arrivo della luce provoca
iperpolarizzazione → si riduce il rilascio del neurotrasmettitore.
Il neurotrasmettitore rilasciato iperpolarizza la cellula bipolare → quando si riduce, la cellula
bipolare si depolarizza → essa rilascia più neurotrasmettitore
L’aumento del rilascio di neurotrasmettitore (cellula bipolare) produce depolarizzazione della
cellula gangliare → essa aumenta la propria frequenza di scarica di potenziali d’azione
L’effetto finale della luce è eccitare la cellula gangliare aumentandone la frequenza di scarica (in
questo tipo di circuito)
Non sempre è così ma il meccanismo è più o meno questo.

Trasmissione dell’informazione dall’occhio al cervello


(anche se la retina è già parte del cervello)
1. Gli assoni delle cellule gangliari trasmettono le informazioni attraverso il disco ottico,
formando il nervo ottico (fascio di fibre)
2. I nervi ottici viaggiano fino al chiasma ottico
3. Una parte delle fibre (quelle provenienti dalle 2 emiretine nasali, cioè il 60%) passano
nella parte controlaterale
4. Le fibre che provengono dalle emiretine temporali (il 40%) rimangono nella parte
ipsilaterale
5. Ognuno dei 2 fasci di fibre così originati è detto tratto ottico, il cui principale bersaglio è
il talamo (precisamente il nucleo genicolato dorsolaterale)
6. Gli assoni dei neuroni del nucleo genicolato dorsolaterale formano fasci di fibre che
costituiscono la radiazione ottica
7. La radiazione ottica termina nella corteccia visiva primaria (corteccia striata), la
quale circonda la scissura calcarina nel lobo occipitale posteriore mediale
La struttura di tale via comporta che l’informazione sull’emicampo visivo sinistro arrivi
all’emisfero destro e viceversa.
Tutto questo ci permette la percezione visiva

Questa via è quindi detta via retino-genicolo-corticale o via visiva primaria. La maggior
parte delle fibre sono efferenti dalla retina. Altre fibre seguono vie differenti:
- Alcune raggiungono direttamento l’ipotalamo, sincronizzando le funzioni corporee sui
ritmi di luce e buio
- Altre raggiungono i nuclei pretettali e il tetto (nei collicoli superiori) con funzione di
coordinare i movimenti oculari e controllare i muscoli dell’iride e i muscoli ciliari (che
coordinano il movimento del cristallino)

CODIFICA DELL’INFORMAZIONE VISIVA


Campo recettivo di un neurone afferente al sistema visivo consiste nella porzione di spazio in
cui deve trovarsi lo stimolo e nelle caratteristiche che deve avere per provocare la stimolazione
del neurone.
Procedendo nei livelli del sistema visivo, c’è un cambiamento nello spazio ricoperto dai campi
recettivi neuronali, in particolare:
- Interno della retina: parte di campo visivo che il neurone vede (l’area sulla retina che
deve essere stimolata per generare la risposta del neurone)
- Cellule gangliari (quelle che inviano messaggio al resto del cervello): posizione nella
retina dei fotorecettori da cui raccolgono informazioni:
● Fovea: parte centrale del punto visivo (punto di fissazione dell’occhio
● F.rec nella periferia della retina: campo ricettivo riguarderà la periferia del campo
visivo
Nella fovea: numero di fotorecettori = cellule gangliari
Nella periferia: numero di fotorecettori > cellule gangliari
Per questo motivo la visione della parte centrale è basata su un’analisi dell’informazione più
puntuale

Codificazione luce/buio
Buio: fotorecettori rilasciano in maniera continua un neurotrasmettitore, il glutammato
Luce: iperpolarizza i fotorecettori → diminuizione glutammato

2 diversi tipi di cellule bipolari, devise a seconda dei recettori per il glutammato (che modifica
quindi in maniera diversa il potenziale di membrana):
- Cellule bipolari centro-on: recettori metabotropici, rispondono al glutammato
iperpolarizzandosi. Quindi con luce (meno glutammato) si induce eccitazione / con buio
c’è inibizione
- Cellule bipolari centro-off: recettori ionotropici, rispondono al glutammato
depolarizzandosi → inibizione in caso di luce (meno glutammato) / con buio c’è
eccitazione
Le cellule gangliari rispondono al glutammato rilasciato dalle cellule bipolari
iperpolarizzandosi. Esistono cellule gangliari di 2 tipi, connesse alle rispettive cellule bipolari con
effetti simili alla stimolazione della luce:
- Cellule gangliari centro-on: con luce → scaricherà codificando l’informazione LUCE
- Cellule gangliari centro-off: con buio → scaricherà codificando l’informazione BUIO
I campi recettivi delle cellule bipolari e gangliari sono organizzate in modo concentrico (centro /
periferia — agiscono in modo antagonista)

Si parlerà quindi di cellule bipolari e gangliari:


- centro-on/periferia-off
- centro-off/periferia-on
Se una luce è puntata al centro:
- Cellula al centro aumenta scarica della cellula centro on e diminuisce quella della cellula
centro off - quelle periferia on diminuiscono e quelle off aumentano
- Quando la luce si spegne, la cellula off scarica e quella on diminuisce

L’organizzazione concentrica è utile per:


- Amplificazione del contrasto nei bordi chiaro-scuro. Ci aiuta ad apprezzare i dettagli
degli stimoli visivi.

La risposta finale della cellula gangliare sarà determinata dalle porzione del centro e della
periferia del campo recettivo che sono colpite da luce o buio entrambe, la scarica del neurone
sarà ridotta
Se la stimolazione è differente tra centro e periferia, le scariche saranno maggiori

??????????

Cellule gangliari possono essere ulteriormente classificate in 2 tipologie, sulla base di


conformazione, proprietà elettrofisiologiche e proiezioni:
- Cellule gangliari di tipo M (magnus, grande):
● Grandi, vasta arborizzazione dendritica, campi recettivi più ampi
● 5-10% della popolazione
● Rispondono a stimoli a basso contrasto con scariche transienti e maggiore
velocità di conduzione
● Più sensibili a rilevare rapide variazioni temporali
- Cellule gangliari di tipo P (parvus, piccolo):
● Piccole, arborizzazione dendritiva e campi recettivi più ridotti
● 80/90% della popolazione gangliare
● Rispondono agli stimoli con scariche sostenute per tutta la durata
- Cellule gangliari non-M non-P:
● Diverse dalle altre

Codificazione del colore


Informazione sul colore è fornita solo dai coni

Teoria tricromatica di Young-Helmholtz


il confronto tra le risposte di 3 diversi tipi di coni supporta la visione dei colori.
3 tipi di opsine differenti che sono sensibili a intervalli differenti di lunghezza d’onda
elettromagnetica:
- Coni blu: lunghezza d’onde corte, massimamente attivi a 420 nm
- Coni verdi: lunghezza d’onde media, 530 nm
- Coni rossi: lunghezza d’onde, 560 nm (ma in realtà a questa lunghezza percepiamo
qualcosa come tra giallo e verde, ma comunque secondo la teoria li chiamiamo rossi)
Le lunghezze d’onda che li stimolano si sovrappongono → la percezione dei colori è data dalle
risposte diverse di tutti e tre i tipi di coni + risposta delle cellule gangliari

Gran parte delle cellule gangliari di tipo P e di tipo nonMnonP sono sensibili alle differenze
di lunghezza d’onda, secondo un processo di oppenenza. La risposta a una lunghezza d’inda
al centro del campo recettivo è in opposizione a un’altra lunghezza d’onda in periferia.

Esistono due tipi di opponenza cromatica a cui rispondono le cellule gangliari:


- rosso-verde
- Blu-verde
(es: rosso-on, verde-off)

Es:
Luce rossa → eccita coni rossi → eccitazione cellula rosso-on-verde-off che si attiva → segnale
ROSSO
Luce verde → eccita coni verdi → cellula rosso-verde viene inibita → segnale VERDE
Luce gialla → eccita coni rossi + verdi → coni rossi eccitano cellula rossoon-verdeoff ma anche
cellula gialloon+blueoff + coni verdi inibiscono verdeoff ma eccitano gialloonblueoff = in rossoon
blueoff attivazione + inibizione si annullano → segnale nullo
Luce blu → stimola coni blu → inibiscono cellule giallo on-blue off → segnale BLU

Quindi:
Nella retina informazioni basate su:
- luce/buio
- rosso/verde
- blu/giallo
-
immagine postuma negativa: immagine che rimane dopo aver fissato dei colori → si vedono i
colori complementari quando si distoglie lo sguardo. Dato dal fatto che le cellule gangliari sono
eccitate o inibite per un lungo periodo, in seguito sviluppano effetto di rimbalzo (scaricano in
modo più rapido o lento del normale.

Nuclei genicolato dorsolaterali del talamo


Il nucleo del talamo che riceve le informazioni visive provenienti dalla retina.
Anche detto striato per via dei 6 strati principali di neuroni messi a forma di ginocchio
(genicolato):
- 2 strati ventrali: strati magnocellulari: ricevono informazioni dalle cellule gangliari di
tipo M: campi recettivi ampi non sensibili al colore. Producono risposte transienti.
Insensibili al dolore, quindi non rilevano dettagli, ma
- rilevano contrasti tra luce e buio e sono sensibili al movimento
- 4 strati dorsali: strati parvocellulari: informazioni dalle cellule gangliari di tipo P:
risposte durature che duran fro tutta la durata dello stimolo, hanno campi recettivi più
piccoli e sono sensibili al colore (ricevono informazioni dai coni rossi e verdi). Elevata
risoluzione spaziale e bassa risoluzione temporale (risposta lenta e prolungata)
- Ventralmente a ciascuno dei 6 strati (area più chiara): strati koniocellulari (konio =
polvere): i neuroni di questi strati ricevono input dalle cellule gangliari non m non p.
(ricevono informazioni dai coni blu). Coni blu sono meno numerosi, quindi il sistema
koniocellulare non rileva informazioni relative ai dettagli più minuti
Le informazioni rimangono quindi separati.
I neuroni di tutti gli strati hanno campi recettivi concentrici + ampiezza + risposta al contrasto
luce/buio o opponenza ai colori + risposta transiente o perdurante come quelli delle cellule
gangliari da cui ricevono input.
Ogni strato riceve informazioni da un solo occhio

Questo nucleo riceve input anche da:


- Corteccia visiva
- Altri nuclei del talamo
- Tronco encefalico
Questi input sono alla base dell’azione modulatoria che il talamo esercita sull'informazione
visiva, che può per esempio supportare l’attenzione.

Corteccia
Dopo lo striato, l’informazione arriva alla corteccia visiva primaria (V1 o corteccia striata), e
da qui alle aree della corteccia visiva associativa → analisi elaborata e integrata di ogni
aspetto dello stimolo visivo.
Gli studi sul supporto corticale sulla percezione visiva è ancora in divenire.

Nell’uomo la corteccia striata circonda la scissura calcarina nel lobo occipitale posteriore
mediale. Nella mappa della corteccia di Broadmann (basata sulla citoarchituettura) essa
corrisponde all’area 17.
Spessore della corteccia: 2mm
- Essa ha 6 strati. Il IV strato è suddivisibile in 3 sottostrati, il V in 2.
- La disposizione laminare delle cellule corrisponde a una specializzazione funzionale di
esse.
- Ogni strato ha funzioni diverse. Il IV riceve informazioni, mentre gli altri inviano
l’informazione alle altre aree corticali + aree extracorticali
Organizzazione retinotopica: le cellule che hanno una localizzazione spaziale contigua nella
retina inviano informazioni a celelule contigue nelle strutture bersaglio (organizzazione
topografica)
Il 25% delle informazioni nella corteccia striata è dedicata alla fovea → immagine distorta → la
zona centrale del campo visivo è magnificata nella mappa retinotopica corticale (ci sono più
neuroni che ricevono informazione dai neuroni nella fovea rispetto alla periferia.
Inoltre una luce può attivare più di una cellula retinica → maggiori numeri di cellule nelle cellule
cerebrali bersaglio (sovrapposizione campi recettivi) → è quindi una configurazione di attività
neurale distribuita e non una mappa puntuale

Anni ‘70 (Hubel & Wiesel): i neuroni nella corteccia visiva non rispondono solo a macchie di luce
ma anche a caratteristiche complesse dello stimolo → essi combinano le informazioni da molte
cellule dello striato e gangliari → rilevazione di orientamento, direzione, colore.

Neuroni della corteccia striata:


● Sono sengibili all’orientamento dello stimolo: la risposta delle cellule è maggiore
quando una linea luminosa presente nel loco campo recettivo assume un orientamento
nello spazio → questa seltettività per l’orientamento supporta l’analisi della forma degli
stimoli
(es: cellula risponde al massimo quando una barra è orizzontale e non risponde quando
è verticale)
Hubel & Wisel classificano le cellule in 2 tipologie:
- Cellule semplici: rispondono a barre luminose con un determinato
orientamento solo se poste al centro del campo recettivo
- Cellule complesse: rispondono a barre luminose con un determinato
orientamento in tutto il loro campo recettivo
● Sono selettive per la direzione: la risposta massima di queste cellule avverà se nel
campo recettivo c’è una linea che abbia un determinato orientamento + abbia un
movimento verso una determinata direzione perpendicolare al suo orientamento e non in
quella opposta.
È una proprietà dei neuroni che ricevono afferenze dagli strati magnocellulari del nucleo
genicolato dorsolaterale → funzionale all’analisi del movimento degli stimoli

Informazione sul colore: da cellule gangliari retiniche → strati parvocellulari e koniocellulari


dello striato → attraverso lo strato IV → specifici gruppi di cellule della corteccia striata inclusi i
blob di citocromo ossidasi
Questi blob:
- Sono disposte in colonne
- sono presenti negli strati da II a IV (quelli che mandano informazioni alle altre aree)
- Sensibili alla lunghezza d’onda
- Non sono selettive per l’orientamento e la direzione
- Informazioni monoculari
- Sensibilità alla lunghezza d’onda supporta la funzione dell’analisi del colore degli stimoli
Fra un blob (colonna) e l’altra ci sono delle aree interblob (in cui ci sono cellule sensibili
all’orientamento e alla direzione).

Organizzazione della corteccia striata


È modulare:
- Composta di 2500 moduli corticali, ognuno 0,5 x 0,7 mm
- Ogni modulo ha 150.000 neuroni che si occupano di caratteristiche diverse dello stimolo
(forma, movimento, colore)
- Un modulo corticale consiste in 2 segmenti ognuno dei quali circonda un blob
- All’interno dei blob: cellule sensibili al colore ma supportano scarsamente l’analisi della
forma e del movimento degli oggetti - elaborano informazioni monoculari (ogni colonna è
monoculare)
- Aree interblob: neuroni sensibili a orientamento e forma → analisi di forma e movimento
(informazioni binoculari, a differenza delle colonne)
Quindi:
1. L’informazione proveniente dalle cellule gangliari di tipo M → strati magnocellulari
dello striato → sottostrato IVca della corteccia striata → strato IVB → via di
trasmissione coinvolta nell’analisi del movimento degli stimoli
2. Informazione dalle cellule gangliari di tipo P → strati parvocellulari dello striato →
sostrato IVCbeta della corteccia striata → aree blob + interblob (via coinvolta nella
FORMA degli stimoli)
3. Informazione dalle cellule gangliari di tipo non M - non P → strati koniocellulari del
nucleo genicolato dorsolaterale → aree blob degli strati II e III (COLORE degli
stimoli)

Un’ulteriore elaborazione succede dopo la trasmissione dell’informazione alla corteccia visiva


associativa (corteccia extrastriata)
Identificate più di 20 aree associative visive, organizzate gerarchicamente. L’elaborazione
diventa più complessa man mano che si sale

Dalla V1 si arriva all’area V2 dove, con colorazione mediante citocromo ossidasi, si rivela
un’organizzazione in bande dette spesse, sottili o pallide, in cui l’informazione proveniente dai
blob e interblob rimane ancora separata:
- Blob → bande spesse
- Interblob → sottili e pallide

Da qui il flusso si divide in 2 vie:


- Via ventrale (what): si proietta verso la corteccia temporale inferiore. Coinvolta
nell’analisi della forma e colore degli stimoli (riconoscimento degli oggetti). Input: magno-
, parvo- e koniocellulari
- Via dorsale (where): verso la corteccia parietale posteriore. Coinvolta nell’analisi della
localizzazione e movimento( controllo visivo dell’azione). Input: magnocellulare
Le due vie comunicano attraverso il fascicolo occipitale verticale
Via ventrale
Rilevate aree che supportano funzioni rilevanti nell’analisi dell’identità dell’oggetto (ricerche in
corso)

Area V4
- Input da area V2
- Parte basale del lobo temporale al confine con lobo occipitale
- Fondamentale nella percezione della forma ma in particolare del colore
- Lesioni in quest’area possono provocare acromatopsia cerebrale (perdita parziale o
completa della visione dei colori). Questo disturbo più anche colpire un solo emicampo
visivo
Complesso occipitale laterale
- Parte basale del lobo occipitale, bilateralmente
- Analisi della forma dell’oggetto (riconoscimento degli oggetti)
- Lesione → agnosia visiva: difficoltà a percepire o identificare uno stimolo presentato
nella modalità visiva in condizioni di acuità visiva e capacità intellettive preservate. Due
tipi:
1. Agnosia percettiva: paziente non in grado di riconoscere l’oggetto anche se sa
descrivere alcune caratteristiche
2. Agnosia associativa: paziente non in grado di riconoscere l’oggetto ma può
copiare, ricostruire un disegno (senza sapere cosa ha disegnato)
Area fusiforme della faccia:
- Bilaterale ma si attiva di più a DX
- Implicata nel riconoscimento dei volti
- Lesione → prosopagnosia: incapacità di riconoscere volti di persone che conoscono
(ma se parla la persona riescono a riconoscerla) - prosopagnosia congenita: giro
fusiforme anteriore più piccolo del normale + qua was yy bontità minore di connessioni
cerebrali all0interno della corteccia occipitotemporale
Il circuito di riconoscimento dei volti si sviluppa secondariamente all’esperienza maturata
osservando le facce della gente (esperimento: le persone riconoscono meglio peersone della
propria razza, prova del fatto che avendo più esperienza nel distinguerle). Inoltre la fusiforme
sinistra non raggiunge le sue dimensioni definitive fino all’età adulta.
I neonati già sono più propensi a osservare stimoli che ricordano volti, ma questa è controllata
da un circuito sottocorticale veloce (giro fusiforme, corteccia occipitale laterale, solco temporale
superiore, corteccia preferontale mediale) → questo circuito sopravvive negli adulti (quelli affetti
da prosopagnosia causata da danno corticale riescono a realizzare che stanno osservando un
volto ma non sono in grado di riconoscerlo) la via sottocorticale garantisce che i neonati
guardino i volti → aumenta legame emotivo + facilita sviluppo dei circuiti sensibili alle facce
nella corteccia cerebrale)
Area extrastriata del corpo (EBA):
- Localizzatea dietro la area fusiforme della faccia
- Attivata da fotografie, sagome o disegni stilizzati di corpi umani o parti del corpo
(risponde maggiormente a corpi senza testa o parti del corpo
Area paraippocampale delle place cells:
- Localizzatra in una regione della corteccia limbica confinante con il lobo temporale
ventromediale
- Attivata dalla visione di scenari e sfondi

Via dorsale
Aree che consentono percezione di localizzazione e movimento degli oggetti

Area V5:
- Anche detta MT o MST (temporale mediale / temporale mediale superiore)
- Ma in realtà è localizzata nel lobo occipitale (area circondata da solco occipitale laterale
e da solco occipitale superiore)
- Elaborazione del movimento degli oggetti
- Lesione → acinetopsia: incapacità a percepire il movimento (si vede il mondo come
immagini statiche. Es: versa il tè e sembra che sia ghiaccio che diventa sempre più
grande)

SISTEMA UDITIVO
Percezione dei suoni
Suono: gli oggetti vibrando (muovendosi verso e lontano da una massa d’aria) inducono un
movimento nelle molecole d’aria che li circondano. L’alternarsi di condensazione e rarefazione
dell’aria crea delle onde che viaggiano a partire dall’oggetto che vibra (1100 Km/h)

Non tutte le onde sonore sono uno stimolo sonoro adeguato per il sistema uditivo umano, ma
solo quelle con un numero di vibrazioni tra 20 e 20000 Hz (cicli al secondo)

3 dimensioni percettive corrispondenti ad altrettante dimensioni fisiche delle onde:


- Ampiezza: è funzione dell’intensità delle onde sonore, cioè quanto differiscono tra loro
le condensazioni e le rarefazioni dell’aria (percepita come volume)
- Tonalità: è in funzione della frequenza, cioè il numero hertz (cicli al secondo). Può
essere alta o bassa.
- Timbro: è in funzione della complessità ovvero l’insieme di vibrazioni diverse da cui è
costituito. In natura la maggior parte dei suoni sono composti di molte vibrazioni diverse
(solo in laboratorio pure)
Orecchio
1. Orecchio esterno
costituito dal:
- padiglione auricolare (pinna) in cui il suono si incanala
- Canale uditivo: che le onde sonore attraversano
- Membrana timpanica: quando le onde la raggiungono, ne provocano la
vibrazione
2. Orecchio medio:
Contiene 3 ossicini:
- Martello: dal timpano al martello non c’è soluzione di continuità. Vibrazioni
ricevute dal timpano passano al martello e poi agli altri ossicini
- Incudine
- Staffa
3. Orecchio interno: dove il suono viene trasformato in segnale neurale.
1. Le vibrazioni della staffa fanno vibrare la membrana a cui è appoggiata, detta finestra
ovale (aprtura nella struttura ossea che contiene la coclea
2. Da qui, le onde percurrono la coclea e sono dissipate mediante la finestra rotonda
Include:
- Coclea: contiene i recettori uditivi. È riempita di un liquido a cui sono trasferite
le vibrazioni. Consiste in un cilindro lungo circa 35 mm, avvolto a spirale
È suddivisa in 3 sezioni: scala vestibolare, scala media e scala timpanica
Nella Scala media: contiene l’organo recettivo uditivo vero e proprio, l’organo del corti,
costituito da 2 membrane: membrana basilare + membrana tettoria, e le cellule ciliate
(recettoriali), attaccate alle due membrane. Le cellule fissate alla membrana tettoria sono dette
stereociglia
1. La vibrazione provocata dalle onde sonore induce un moviemento congiunto delle 2
membrane, provocando una flessione delle sterociglia → generazione meccanica dei
potenziali recettoriali

Trasduzione dell’informazione uditiva

Organizzazione tonotopica del sistema uditivo: Onde sonore di frequenza diversa provocano
la stimolazione di cellule ciliate poste in punti diversi della coclea:
- Alte frequenze: stimolazione massima vicino alla finestra ovale
- Basse frequenze: massima stimolazione a livello della punta della membrana basilare

Trasduzione
Le cellule ciliate fanno sinapsi con dendriti di neuroni bipolari i cui assoni trasportano le
informazioni uditive al cervello
La flessione delle stereociglia induce l’apertura dei canali ionici nella loro membrana →
variazioni di concentrazioni chimiche dell’ambiente interno esterno delle cellule recettoriali →
depolarizzazione di membrana della cellula ciliata → aumento del rilascio del neurotrasmettitore
→ induzione del potenziale postsinaptico eccitatorio nel neurone bipolare → raggiunto il livello
di soglia → potenziale d’azione

I corpi cellulari dei neuroni bipolari risiedono nel ganglio spirale e da esso si dipartono circa
50000 assoni che formano il nervo cocleare che costituisce un ramo del nervo uditivo che
trasporta il segnale neurale al cervello

1. Il nervo cocleare fa sinapsi nei nuclei cocleari ipsilaterali del bulbo


2. Neuroni dei nuclei cocleari proiettano bilateralmente all’oliva superiore (sempre nel
bulbo)
3. Gli assoni dell’oliva superiore viaggiano in un largo fascio di fibre detto lemnisco
laterale
4. Il lemnisco laterale fa sinapsi nel mesencefalo con il collicolo inferiore ipsilaterale
5. I neuroni del collicolo proiettano bilateralmente al nucleo genicolato mediale (talamo)
6. Il nucleo genicolato mediale proietta alla corteccia uditiva primaria (nel lobo
temporale)

Ci sono anche degli assoni efferenti dal cervello (dal nucleo dell’oliva superiore) con fibre che
costituistono il fascio olivococleare che sarebbero responsabili della prevenzione del danno
cocleare indotto dal rumore.

Corteccia uditiva primaria


- Organizzazione tonotopica si mantiene lungo tutta la via di trasmissione
dell’informazione uditiva: informazione da punti contigui nella coclea arriva a punti
contigui della corteccia (in cui le frequenze alte rappresentate nella parte mediale,
frequenze basse nella parte laterale
- Organizzazione colonnare: colonne verticali di neuroni rispondono alle stesse
frequenze
- Organizzazione gerarchica: raggiunge livelli progressivamente più alti e integrati

Si trova nascosta all’interno della scissura laterale nel lobo temporale, suddivisa in 3
sottoregioni che contengono mappe tonotopiche separate

● La prima area della corteccia uditiva associativa è detta regione della cintura (belt)
e circonda l’area primaria, è suddivisa in 7 sottoregioni
● A livello superiore gerarchicamente c’è la regione della paracintura (parabelt),
nascosta nella parte mediale del lobo temporale
A questo livello si dividono 2 circuitazioni che si pensa sottendano a funzioni differenti
1. Via uditiva anteriore: si articola dalla regione anteriore della paracintura, verso
la corteccia prefrontale: Implicata nell’identificazione e analisi dei suoni
complessi
2. Via uditiva posteriore: si articola dalla regione posteriore della paracintura
verso la corteccia parietale posteriore. Implicata nella localizzazione dei suoni
Percezione della localizzazione spaziale
1. Differenza di fase: arrivo simultaneo a ogni orecchio di parti diverse (fasi)
dell’oscillazione dell’onda sonora. Neuroni nell’oliva superiore rispondono a questa
differenza di tempo di arrivo binauralmnete
2. Differenza d’intensità: l’orecchio opposto alla fonte del suono riceve un”ombra” sonora
data dall’assorbimento delle alte frequenze da parte della testa. Alcni neuroni
rispondono in modo differenzeiale agli stimoli binaurali che hanno diversa intensità nelle
due orecchie (oliva superiore)
3. Timbro: grazie alle pieghe nell’orecchio esterno, le quali enfatizzano o attenuano le
onde, alterando il timbro.

Sistema vestibolare
Ci fornisce informazioni sulla posizione e sul movimento della testa. Ci consentono di
mantenerla eretta, supporta il senso di equilibrio + coordinamento dei movimenti della
testa e degli occhi + mantenimento di un’adeguata postura corporea.
In condizioni di funzionalità normale non siamo consapevoli di questo sistema. In condizioni di
stimolazioni particolare potremmo andare incontro a sensazioni di nusea, vertigini, squilibrio,
movimenti ritmici incontrollabili degli occhi.

Apparato vestibolare si trova nell’orecchio interno


Ha 2 componenti:
1. Canali semicircolari: rilevano informazioni sulle rotazioni del capo
Orientai secondo 3 assi (sagittale, trasversale e orizzontale. All’interno di ogni canale ci
sono cellule recettoriali che rispondono in maniera preferenziale all’accelerazione
andolare lungo uno degli assi)
Ogni canale è costituito da: canale osseo che contiente un canale membranoso
riempito di un liquido detto endolinfa
Nei canali ci sono delle dilatazioni (ampolla) che contengono l’organo ricettivo: cellule
ciliate (simili a quelle che supportano il sistema uditivo). Le stereociglia sono incastrate
in una massa gelatinosa detta cupola
Funzionamento: endolinfa si muove di conseguenza ai movimenti di rotazione →
flessione della cupola → stimolazione meccanica delle stereociglia
2. Organi otolitici: rilevano informazioni sulla forza di gravità e inclinazione del capo.
Sono 2:
- Utricolo
- Sacculo
Contengono nelle loro pareti un tessuto epiteliale recettoriale che contiene cellule
ciliate. Le stereociglia di tali cellule sono inserite in una massa gelatinosa sovrastante
al tessuto che contiene dei cristalli di carbonato di calcio (otoliti). Il loro peso comporta
lo spostamento della massa gelatinosa in conseguenza dei movimenti della testa →
stimolazione meccanica sulle stereociglia
La stimolazione meccanica delle stereociglia induce apertura dei canali ionici presenti sulla loso
membrana → depolarizzazione della cellula ciliata → aumento del rilascio di neurotrasmettitore
Le cellule ciliate fanno sinapsi con cellule bipolari, i cui corpi sono localizzati nel ganglio
vestibolare → eccitazione della cellula bipolare + scarica del potenziale d’azione
Gli assoni delle cellule bipolari → nervo vestibolare (ramo del nervo uditivo)

Gli assoni del nervo vestibolare fano sinapsi principalmente:


- nei nuclei vestibolari mediale e lateral del bulbo. Da qui:
→ cervelletto
→ midollo spinale
→ bulbo
→ ponte
→ nucleo ventrale posteriore del talamo da cui partono proiezioni per la corteccia
somatosensoriale motoria
- altri arrivano al cervelletto direttamente
Queste proiezioni diffuse supportano le funzioni legate a equilibirio, controllo della postura,
coordinazione dei movimenti oculari con quelli del capo

Riflesso oculo vestibolare: dato dalle proiezioni del ganglio vestibolare ai nervi cranici che
controllano i muscoli oculari, ci aiuta a tenere gli occhi stabili mentre ci muoviamo.

SISTEMA OLFATTIVO E GUSTATIVO


Rilevazione della presenza di sostanze chimiche all’interno e all’esterno dell’organismo è alla
base della sopravvivenza.
Gusto e olfatto ci consentono di monitorare sostanze chimiche presenti nell’ambiente, legato a
diversi bisogni e funzioni fisiologiche (fame, sete, accoppiamento, memoria, stato emotivo, fuga)
Il sistema gustativo e olfattivo portano a un’esperienza percettiva lavorando in maniera integrata
(a livello corticale - mentre prima viene rilevata e trasmessa in maniera segregata).

Stimoli gustativi
Funzione di base del sistema gustativo è di determinare le caratteristiche delle sostanze che si
mettono in bocca (commistibili/tossiche). Ovviamente anche legato al piacere.
Perché una sostanza possa essere gustata, le molecole che la compongono devono sciogliersi
nella saliva e stimolare i recettori del gusto, sulla lingua.
Il sistema gustativo rileva 5 gusti primari (salato, acido, dolce, amaro, umami)
- Salato: permette di rilevare il cloruro di sodio
- Acido: permette di riconoscere sostanze presenti in alimenti in degradazione (reazione
di evitamento)
- Amaro: associato a sostanze velenose delle piante
- Dolce: alimenti commestibili
- Umami: glutammato monosodico, associata al gusto degli aminoacidi, presenza di
proteine
- Grasso: possibile presenza di due recettori accoppiati alla proteina G che sembrano
essere responsabili della rilevazione della presenza di acidi grassi nella bocca
-
Ogni alimento attiva una diversa combinazione di questi gusti di base → esperienza percettiva
che identifichiamo come sapore (non coincide con il gusto, ma dalla combinazione dei gusti +
odore)
+ La percezione del sapore è consentita dal funzionamento integrato di gusto e olfatto
+ Contribuiscono al sapore anche le informazioni sulla consistenza e la temperatura
+ Anche componenti nocicettive in alcuni alimenti (es. peperoncino)
+ Il cervello combina queste diverse informazioni
+ Le persone anosmiche (cioè prive del senso dell’olfatto) e quelle con le narici otturate
hanno difficoltà a distinguere i diversi cibi solo dal gusto

Distinzione dei gusti è innata, presente già alla nascita (dolce e amaro), mentre quella del dolce
si sviluppa nei mesi successivi.
Con l’apprendimento si può sviluppare la percezione (es: amaro nel caffè)

Apparato gustativo
Maggior parte delle cellule recettoriali gustative sono sulla lingua, ma ce ne sono anche in altre
zone della cavità orale (palato, faringe, laringe).
Tutti e 5 i gusti sono rilevabili in tutte le aree della lingua (e non in aree separate come si
pensava)

Le cellule recettoriali gustative sono raggruppate nei bottoni gustativi (nell’uomo da 500 a
20.000, ma solitamente tra 2000 e 5000). Localizzati sulla superficie laterale delle papille
(piccole protuberanze che ricoprono la lingua)
3 tipi di papille:
- Fungiformi: le più numerose, si trovano nei 2/3 anteriori della lingua e contengono fino
a 8 bottoni gustativi ciascuna
- Fogliate: forma allungata, si distribuiscono sui due bordi della parte posteriore della
lingua e contengono fino a 1300 bottoni
- Circumvallate: grandi e dalla forma convessa, formano una V invertita sulla superficie
posteriore della lingua, contengono fino a 250 bottoni
Bottone gustativo:
- Numero variabile di cellule recettoriali gustative, fino a 150 ognuno, disposte come
spicchi d’arancia
- Le cellule gustative hanno un ciclo di vita breve, solo 10/14 giorni, e sono poi sostituite
(sono esposte ad agenti chimici continuamente)
- All’apice di ogni bottone c’è un’apertura detto poro gustativo, attraverso il quale
fuoriescono di sottili ciglia che partono dalle cellule recettoriali e si protendono fuori dal
poro. Queste ciglia entrano in contatto con l’ambiente orale. Ogni cellula sembra poter
rilevare solo un gusto primario.
- Alla base, le cellule formano sinapsi chimiche con i processi afferenti dei neuroni
sensoriali gustativi che portano l’informazione fuori dal bottone
- Le cellule gustative sono eccitate dalla rilevazione della sostanza chimica a cui sono
deputate → trasmissione
- Il neurotrasmettitore rilasciato dalle cellule recettoriali è l’ATP.

Trasduzione dell’informazione gustativa


Parte a livello delle ciglia delle cellule gustative. In questa sede le molecole della sostanza
ingerita interagiscono con i recettori e i canali ionici presenti nella membrana della cellula →
cambiamenti nel potenziale di membrana → depolarizzazione + rilascio (da parte della cellula
recettoriale) del neurotrasmettitore
I meccanismi attraverso i quali le sostanze chimiche eccitano le cellule gustative sono differenti
per i diversi gusti primari (ancora oggetto di studio):
- Salato e acido: comportano passaggio diretto degli ioni nei canali ionici o il blocco di
essi. Per il salato, è un semplice canale del sodio che si lega al cloruro di sodio, ma
anche ad altri sali. Per l’aspro, i recettori probabilmente rispondono agli ioni idrogeno
presenti nelle soluzioni acide,
- Dolce, amaro, umami: interazione con recettori accoppiati a una proteina G → eventi a
catena fino all’apertura dei canali ionici. Identificate 2 famiglie di recettori con questa
funzione T1R e T2R
L’eccitazione della cellula gustativa trasmette al neurone sensoriale gustativo un’informazione
specifica che codifica il tipo di gusto rilevato.

Le fibre dei neuroni gustativi:


- Corpi in gangli specifici (genicolato, petroso e nodoso)
- Decorrono nei nervi cranici VII (facciale), IX (glossofaringeo) e X (vago)
- Fanno sinapsi a livello del bulbo, nel nucleo del tratto solitario
- Dal nucleo inviano al nucleo ventrale posteromediale del talamo (che ricevono anche
dal nervo trigemino)
- Dal talamo → corteccia gustativa primaria situata nella parte anteriore della corteccia
insulare (area nascosta all’interno della scissura laterale)
- Dalla corteccia primaria → corteccia gustativa secondaria alla base della corteccia
orbito-frontale
● Informazione viaggia ipsilateralmente, in maniera specifica e segregata
● La corteccia gustativa riceve anche stimoli termici, meccanici, viscerali e nocicettivi
● Ogni sapore attiva regioni differenti dell’area gustativa primaria (anche se per ogni
soggetto la localizzazione è diversa → idiosincratica ma stabile)
Sistema olfattivo
Rileva come stimoli le sostanze chimiche volatili trasportate dall’aria. Tali sostanze, dette
odoranti, vengono percepite come odori, e hanno peso molecolare da 15 a 300. Quasi tutti
sono sostanze liposolubili di origine organica.

Specie animali si sono evolute con caratteristiche diverse del sistema olfattivo. La differenza è
quantitativa, non qualitativa (sistema è uguale)

Nell’uomo:
- 6 milioni di cellule recettoriali olfattive (secondo solo al sistema visivo per recettori
sensoriali)
- Si trovano all’interno di 2 chiazze di membrana mucosa ognuna di circa 6,5 cmq, che
ricoprono l’apice della cavità nasale, dette nel loro complesso epitelio olfattivo. Meno
del 10% dell’aria che entra le narici lo raggiunge, per spostare l’aria in questa zona è
necessaria un’annusata.
- Hanno un ciclo di vita breve (30/60 giorni) - le cellule di sostegno sono in grado di
emettere gli enzimi che si occupano di degradare le sostanze (prolungando la vita delle
cellule)
- Sono dei neuroni bipolari (corpi cellulari all’interno della mucosa)
- Inviano un processo dendritico verso la superficie della mucosa, diviso in numerose
ciglia
- Dalla parte opposta inviano un processo assonico verso il cervello. Molto sottili,
raggruppati in fasci mielinizzati (circa 35 fasci). Entrano nel cranio attraverso dei piccoli
fori nella superficie ossea detta lamina cribrosa

Trasduzione dell’informazione olfattiva


Avviene a livello delle cellule recettoriali olfattive, che interagiscono con i recettori presenti
nella membrana delle ciglia e della protuberanza dendritica di tali cellule.
Tali recettori sono legati a una proteina G (G olf).
Il legame fra molecola odorante e uno di questi recettori provoca la sintesi di secondi
messaggeri (AMP ciclico) → catena di eventi chimici → apertura canali per il sodio →
depolarizzazione della cellula recettoriale olfattiva → scarica del potenziale d’azione →
trasmissione dell’informazione

Gli esseri umani discriminano molte migliaia di odori, ma l’uomo è dotato di soli 339 tipi differenti
di recettori per le molecole odoranti → presumibilmente odori sono riconosciuti sulla base del
riconoscimento di pattern combinati di attività nervosa.
● Ogni sostanza odorante si lega a più recettori → insieme attivandosi definiscono quella
sostanza odorante.
● Ogni cellula recettrice olfattiva è dotata di un solo tipo di recettore
● Proiezioni inviate dalle cellule recettoriali dello stesso tipo sono organizzate in maniera
ordinata:
1. Assoni → bulbi olfattivi (strutture complesse che si trovano alla base della parte
anteriore del cervello, al di sopra della lamina cribrosa)
2. All’interno dei bulbi olfattivi gli assoni delle cellule recettoriali olfattive fanno
sinapsi sui dendriti delle cellule mitrali
3. L’insieme dei processi assonali e dendritici formano un circuito neurale sferico
che viene detto glomerulo. Ogni glomerulo riceve assoni provenienti da cellule
recettoriali dotate dello stesso tipo di recettore
Una molecola odorante stimola più recettori → ogni glomerulo riceve informazioni da un solo
tipo di recettore → molecole differenti corrispondono a pattern differenti di attivazione di
glomeruli
Organizzati in modo funzionale con organizzazione topografica (la posizione dei glomeruli che
si attivano è speculare tra i due bulbi olfattivi, la posizione dei glomeruli sensibili a particolari
odori all’interno della stessa specie è stabile, in specie correlata la posizione è simile) - ancora
in studio.
Possono esserci interazioni tra glomeruli (es: alcuni odori possono mascherarne altri). Il
mascheramento ha luogo nei bulbi olfattivi.
4. Dai bulbi olfattivi gli assoni delle cellule mitrali → amigdala, corteccia piriforme
(corteccia olfattiva primaria), corteccia entorinale [unico sistema sensoriale in
cui l’informazione arriva alla corteccia senza passare per il talamo]
5. Da queste aree → talamo, ipotalamo, ippocampo, corteccia orbitofrontale (la
quale riceve anche le informazioni gustative)
6. Dall’amigdala e dalla corteccia piriforme → (ancora in studio) 2 vie:
- Via limbica (implicata nelle risposte emotive agli odori)
- Via talamico-orbito frontale (percezione cosciente degli odori).

SISTEMA SOMATOSENSORIALE
Non legato a un organo circoscritto. I recettori sono sparsi per tutto il nostro corpo.
Il sistema somatosensoriale è un “termine ombrello” che racchiude diverse modalità di
stimolazione. Ci fornisce informazioni relative a quello che avviene all’interno e sulla superficie
del nostro corpo. 3 funzioni:
- Esterocezione: ricezione delle sensazioni relative agli stimoli che nell’ambiente esterno
entrano in relazione diretta con il nostro corpo:
● Tatto: senso che raccoglie informazioni su stimoli che entrano in relazione con la
nostra pelle (contatto, pressione, vibrazione)
● Termocezione: informazioni sugli stimoli termici (caldo/freddo)
● Nocicezione: informazioni sugli stimoli nocivi (dannosi)
- Enterocezione: riguarda le sensazioni relative agli organi interni al nostro corpo. I
recettori (enterocettori) sono in gran parte chemocettori e si occupano del monitoraggio
funzionale dei sistemi organici (cardiovascolare, digerente, respiratorio, digerente,
renale). Queste sensazioni non raggiungono la consapevolezza di solito, ma sono
fondamentali per la regolazione del funzionamento del SN autonomo
- Propriocezione: ricezione delle sensazioni relative alla postura e ai movimenti del
proprio corpo. I propriocettori raccolgono informazioni sullo stiramento dei muscoli e
sullo stato delle articolazioni (ci consentono di controllare i movimenti del nostro corpo
mediante un circuito a feedback)

Di alcune informazioni rimaniamo inconsapevoli:


- Recettori nel sistema digestivo, nei reni, nel fegato, nel cuore e nei vasi ematici (sensibili
alle sostanze nutritive e ai minerali)

Neuroni sensoriali
Le informazioni vengono raccolte tutte dai neuroni sensoriali, i cui corpi si trovano nei gangli
delle radici dorsali e dei nervi cranici. Circuitazione simile ai nervi cranici e spinali.
Sono una forma di neuroni unipolari: dotati di un 1 unico processo assonico che si divide in un
ramo verso la periferia e uno verso il SNC. Questo assone viene detto assone afferente
primario e costituisce una linea continua di comunicazione tra SNC e are periferica. I rami
periferici innervano con le loro terminazioni la pelle, i muscoli e i visceri. I rami centrali fanno
sinapsi nel midollo spinale e nel tronco encefalico

L’informazione viene trasdotta, codificata (in segnale elettrico) e trasmessa dai neuroni al SNC.
in modo segregato.
La velocità di conduzione delle informazioni non è uniforme: gli assoni sono caratterizzati da
diametro differente e assenza/presenza di guaina mielinica
1. La velocità di condizione più alta è propria delle fibre che mediano la propriocezione (80-
120 m/s)
2. Minore per il tatto (35-75 m/s)
3. Inferiore per termocezione/nocicezione (0.5-30 m/s)

La pelle
L’organo che ci dà informazioni sull’esterocezione è la pelle. Riveste tutto il nostro corpo e
contiene i recettori somatosensoriali.
Si può distinguere la pelle:
- Irsuta (dotata di peli)
- Glabra (senza peli, contiene un insieme denso e complesso di recettori)
Ha 3 strati (dal più superficiale al più profondo):
- Epidermide (più sottile)
- Derma (ci passano vasi sanguigni e fibre nervose)
- Ipoderma (da forma al nostro corpo e funge da aggancio ai nostri muscoli)

La pelle può essere idealmente divisa in zone che sono innervate dalle fibre afferenti che
compongono lo stesso nervo spinale o cranico. Ognuna di queste zone è detta dermatomero.
Il Tatto
Sensibilità agli stimoli che entrano in relazione con la nostra pelle esercitando un contatto, una
pressione o una vibrazione → questo dà origine a percezioni più complesse (es:
strofinamento, solletico, levigatezza, ecc…)
La rilevazione tattile può essere passiva (uno stimolo viene verso di noi) o attiva (noi
manipoliamo uno stimolo mediante il tatto) → identificazione della forma e riconoscimento degli
stimoli

Meccanocettori: recettori somatosensoriali che supportano il tatto.


- Sono sensibili alla forza meccanica (stiramento, piegamento, allungamento,
deformazione della pelle) esercitata dagli stimoli.
- Sono costituiti dalle terminazioni periferiche degli assoni afferenti primari, incapsulate in
formazioni di tessuto non neurale

4 meccanocettori principali:
- Corpuscolo del Pacini: ampie dimensioni (fino a 2mm di lunghezza, 1 mm di diametro),
situato nella profondità del derma (sia pelle irsuta che glabra), risponde alla vibrazione
ma ha adattamento rapido → dà quindi informazioni sul cambiamento ma non sulla
durata
- Corpuscolo di Meissner: dimensioni inferiori (1/10 rispetto a Pacini), situato nella parte
superficiale del derma (solo pelle glabra), risponde allo strofinamento e tremolio
(discriminazione spaziale fine), rapido adattamento → info su cambiamento
- Disco di Merkel: piccole dimensioni, situato nell’epidermide (sia pelle irsuta che glabra),
media discriminazione spaziale fine, risponde alla pressione e alle caratteristiche della
superficie, adattamento lento
- Corpuscolo di Ruffini: dimensioni ampie (simili a Pacini), situato nel derma (sia pelle
irsuta che glabra), risponde allo stiramento della pelle, adattamento lento)

Trasduzione
La membrana delle terminazioni nervose incapsulate da meccanocettori, dotata di canali ionici
sensibili alla forza meccanica → trasduzione dell'informazione dello stimolo meccanico in
segnale elettrico
Assoni primari afferenti: larghi e mielinizzati → alta velocità di conduzione (35-75 m/s)

Corpi cellulari dei neuroni unipolari sono localizzate nei gangli delle radici dorsali e in quelli dei
nervi cranici

Via delle colonne dorsali-lemnisco mediale


1. Assoni primari afferenti dei neuroni sensoriali (neuroni che trasmettono le informazioni
localizzate, come il tatto fine → midollo spinale
2. Attraverso le colonne dorsali della sostanza bianca del midollo → bulbo
3. Nel bulbo fanno sinapsi sui neuroni dei nuclei delle colonne dorsali
4. Gli assoni di questi nuclei formano il lemnisco mediale e vanno incontro a una
decussazione (vanno al lato opposto del corpo)
5. Da qui vanno verso il talamo nel nucleo ventrale posteriore
6. Dal talamo → corteccia somatosensoriale primaria → secondaria

Via trigeminale
Le sensazioni che riguardano faccia e capo sono mediato da una via analoga che fa stazione
nel ponte a livello del nucleo trigeminale (nervo trigemino - V nervo cranico) → decussano
→ talamo

Corteccia somatosensoriale primaria


- Si trova nel lobo parietale (caudale rispetto al solco centrale, nel giro postcentrale)
- Da qui l’informazione viene elaborata gerarchicamente dalle aree corticali di livello
superiore, fino all’integrazione multimodale
- Ha un’organizzazione colonnare e somatotopica:
● In ogni colonna, i neuroni rispondono ad un particolare tipo di stimolo
● Attraverso i 6 strati della corteccia, i neuroni di una stessa colonna (300/600
micrometri) provengono da recettori dello stesso tipo (che rispondo alla stessa
sottomodalità sensoriale) e localizzati nella stessa parte del corpo
● Rappresentazione somatotopica (a punti contigui sul corpo corrispondono
punti contigui nella corteccia) → almeno 5/10 mappe (aree corporee dotate di più
recettori sono magnificate, maggiormente rappresentate). In ogni mappa, le
cellule rispondono a una particolare sottomodalità dei recettori somatosensoriali
● Le mappe corticali non sono rigide, ma caratterizzate da plasticità→ possono
modificarsi in conseguenza dell’esperienza (es: musicisti o lesioni/disuso) →
riorganizzazione a livello sinaptico delle arborizzazioni dendritiche
- Danni alla corteccia somatosensoriale associativa (lobo parietale posteriore) →
disturbi nel riconoscimento degli stimoli che è mediato dal tatto (agnosia tattile). Danni
unilaterali comportano manifestazione dell’agnosia solo in relazione alla parte
controlaterale del corpo

La termocezione
Legata alla differenza tra la temperatura dell’ambiente esterno e gli stimoli che ci contattano e la
temperatura della pelle (normalmente 32°)
La pelle è dotata di recettori che ci consentono di rilevare il caldo e il freddo (da -10° a 45°). Al
di sopra o al di sotto di questi limiti si ha sensazione di dolore.
Queste sensibilità non è uniformemente distribuita nel corpo. Mediata da recettori che
rispondono solo a caldo o freddo
Recettori per il caldo: nel derma, costituiti da terminazioni libere di fibre di piccolo diametro
non mielinizzate che consentono velocità di conduzione 0,5-2 m/s.
Recettori per il freddo: localizzati nell’epidermide, costituite da terminazioni libere di fibre di
piccolo diametro con velocità di conduzione 5-30 m/s.

Via spinotalamica
1. Assoni primari afferenti dei neuroni sensoriali entrano nel midollo spinale e fanno
subito sinapsi con neuroni del corno dorsale del midollo spinale
2. Decussazione
3. Viaggiano lungo le colonne anterolaterali del midollo spinale → talamo nel nucleo
ventrale posteriore
4. Arriva alla corteccia somatosensoriale

La nocicezione
Fondamentale alla sopravvivenza. Porta a percezioni complesse con caratteristiche variegate
(irritante, urente, pungiforme, ecc…). Possono essere rilevate come nocive stimolazioni di
diverso tipo (termico, meccanico, chimico) → recettori di tipologia diversa

Nocicettori:
- Terminazioni nervose libere degli assoni primari afferenti (sia pelle glabra che irsuta)
- 3 tipi principali:
● Termici (temperature estreme)
● Meccanici (stimoli pressori intensi)
● Polimodali (termici, meccanici + chimici)
- Le fibre hanno diametro piccolo, in alcuni casi mielinizzate, in altri non mielinizzate. La
velocità quindi varia molto da 0.5 a 30 m/s
- Via di trasmissione: via spinotalamica + via trigeminale
- 3 componenti differenti nella percezione del dolore → aree corticali differenti e
meccanismi differenti
● Componente sensoriale: riguarda intensità dello stimolo doloroso. Elaborata
dalla corteccia somatosensoriale primaria e secondaria
● Componente emotiva immediata: spiacevolezza dello stimolo. Elaborata dalla
corteccia cingolata anteriore + corteccia insulare
● Componente emotiva a lungo termine: consapevolezza della minaccia al
benessere futuro. Coinvolge corteccia prefrontale

Molti studi dedicati alla modulazione del dolore (endogena ed esogena) del dolore:
- Stimolazione elttrica di zone particolari del cervello può causare analgesia
- Secrezione di oppioidi endogeni
- Analgesia tramite placebo → induce rilascio di oppioidi endogeni
- Combattimento e attività sessuale stimolano meccanismi cerebrali di analgesia
IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO
Movimento è una componente essenziale del nostro comportamento: veicola la nostra azione in
molti modi (parlare, azioni sull’ambiente)

Organizzazione gerarchica del controllo motorio


Il sistema motorio è costituito da muscoli + neuroni che li governano

Programmi motori: comandi alla base della generazione del movimento da parte dei muscoli. I
programmi motori sono gestiti dal midollo spinale. Sono accessibili, eseguibili e modificabili dai
comandi provenienti dal cervello

Riflesso: unità di base del comportamento: risposta innata, semplice e altamente stereotipata
che risponde a uno stimolo sensoriale. Coordinato dal midollo spinale.

Livelli gerarchici:
1. Sistema scheletrico + muscoli: determinano quali movimenti sono possibili
2. Midollo spinale: controlla i muscoli scheletrici in risposta alle informazioni sensoriali
(nel caso più semplice la risposta è un riflesso, nei casi più complessi su questo livello è
implementato l’ordine motorio proveniente dal cervello). I comandi diretti vengono
sempre dal midollo (anche se il comando viene dal cervello, ma passa nel midollo)
3. Tronco dell’encefalo: integra i comandi motori provenienti dal resto del cervello per
trasmetterli al midollo + trasmette al cervello le informazioni sensoriali che provengono
dal corpo e vengono dal midollo
4. Corteccia motoria primaria: invia comandi motori che sono origine dei movimenti
volontari
5. Corteccia motoria non primaria: informazioni dalle altre regioni cerebrali e le integra
inviando alla corteccia motoria primaria
6. Cervelletto + gangli della base: modulano l’attività degli altri centri e regolano l’attività
della corteccia motoria agendo un funzione dell’avvio dei movimenti volontari e della
coordinazione.

I muscoli scheletrici
Possono essere divisi in 2 categorie:
- Muscoli lisci: coinvolti nella peristalsi e nel flusso sanguigno (innervati dal SN
autonomo)
- Muscoli striati: muscolo cardiaco (innervato sal SN autonomo) + muscoli scheletrici

Muscoli scheletrici:
- Responsabili del movimento nel nostro scheletro → comportamento
- Attaccati alle ossa su entrambe le estremità mediante i tendini (bande di tessuto
connettivo) e le muovono contraendosi
- Movimenti principali: flessione (parte in movimento si avvicina al piano frontale, agita
dai muscoli flessori) + estensione (parte in movimento si allontana dal piano frontale,
muscoli estensori, o antigravitari)
- I muscoli che operano insieme in un movimento sono detti sinergici, mentre quelli che
articolano l’articolazione in due direzioni opposte sono detti antagonisti
- Muscoli che presiedono ai movimenti del tronco sono detti assiali (si occupano della
postura)
- Muscoli che muovono spalla, gomito, pelvi, ginocchio sono detti prossimali
- Muscoli che muovono mani, piedi e dita sono detti distali
- Consistono di fibre muscolari extrafusali (innervate da motoneuroni alfa) e fibre
muscolari intrafusali anche chiamate fusi muscolari

L’unità motoria / motrice


L’unità motrice è costituita da: motonoeurone alfa + il suo assone + fibre muscolari da esso
innervate.
Un muscolo è costituito da migliaia di fibre muscolari.
Ogni fibra è costituita da un fascio di microfibrille, costituite dalla sovrapposizione di filamenti
proteici (costituiti da miosina) e sottili (actina).
Sui filamenti di miosina si trovano delle piccole protrusioni (ponti trasversali di miosina) che
sono gli elementi che si attaccano ai filamenti di actina provocando la contrazione muscolare.
Fibre muscolari sono classificate in 2 tipologia:
- Fibre a contrazione veloce: si contraggono in modo rapido e molto potente → rapido
affaticamento (es: usate per la corsa, camminare)
- Fibre a contrazione lenta: meno veloci ma hanno più resistenza (es: comportamenti
statici come rimanere in piedi)

Contrazioni muscolari
La contrazione del muscolo è provocata dall’innervazione della membrana della fibra muscolare
da parte di un motoneurone:
- Motoneuroni superiori (nel cervello, mandano comando del movimento ai motoneuroni
inferiori)
- Motoneuroni inferiori (si trovano nel corno ventrale del midollo spinale, provocano
direttamente la contrazione muscolare)
I motoneuroni responsabili della contrazione muscolare sono detti motoneuroni alfa:
- Ha un grosso assone mielinizzato con cui innerva un certo numero di fibre muscolari
(che variano a seconda della precisione del movimento: es. per i movimenti oculari
poche fibre, per le gambe il comando può essere meno fine)
Motoneurone alfa + le fibre che innerva = unità motoria (unità elementare del controllo
motorio)
Il contatto sinaptico tra il terminale del neurone alfa e la membrana della fibra muscolare è detta
giunzione neuromuscolare: è un contatto grande ed efficace
1. All’arrivo alla giunzione del potenziale d’azione, il terminale rilascia acetilcolina
2. Acetilcolina provoca la depolarizzazione della membrana postsinaptica (placca
motrice). Questa depolarizzazione è detta potenziale di placca
3. Il potenziale di placca provoca sempre un potenziale d’azione nella fibra muscolare → si
propaga lungo tutta la sua lunghezza
4. La fibra muscolare apre i canali voltaggio-dipendenti per il calcio
5. Questo fa entrare ioni calcio nel citoplasma della fibra
6. La loro entrata permette all miofibrille di estrarre energia dall’ATP del citoplasma
7. In questo modo, i ponti trasversali di miosina si legano ai filamenti di actina, ruotando e
facendo slittare un filamento sull’altro (come se remassero sui filamenti di actina) →
provocano l’accorciamento del muscolo (contrazione)
La forza della contrazione muscolare varia a seconda:
- Frequenza media di scarica delle unità motorie
- Numero di unità motorie coinvolte

Il feedback propriocettivo dai muscoli


Necessario per coordinare i movimenti, il monitoraggio dello stato dei muscoli e della posizione
del corpo.
Propriocezione: informazione sensoriali che riguardano stato, posizione, movimento del nostro
corpo.
2 tipi di recettori:
- Fusi muscolari
- Organi tendinei del Golgi

Fuso neuromuscolare:
- Costituito da fibre muscolari specializzate dette fibre intrafusali, contenute in una
capsula fibrosa all’interno del muscolo. La capsula contiene le terminazioni nervose
sensibili allo stiramento di una fibra muscolare
- Le fibre intrafusali si pongono in parallelo a quelle extrafusali → in questo modo rilevano
i cambiamenti nella lunghezza del muscolo (stiramento): quando il muscolo si allunga, il
fuso recepisce l’informazione
- Le fibre intrafusali sono avvolte da un gruppo di spessi assoni mielinizzati
- Gli assoni portano l’informazione entrando dalle radici dorsali nel corno ventrale del
midollo spinale → sinapsi sul motoneurone alfa
- Le fibre intrafusali sono innervate alle 2 estremità dagli assoni dei motoneuroni gamma
→ queste provocano la contrazione delle fibre intrafusali (per seguire il movimento di
quelle extrafusali)

Organo tendineo del Golgi


- Si trova all’interno del tendine
- Rileva lo stiramento che il muscolo esercita sull’osso
- Rispondono non alla lunghezza del muscolo ma a quanto esso sia in tensione (es,
quello del bicipite risponde quando stiamo sollevando un peso)
- Le fibre efferenti passano nel corno ventrale del midollo spinale

Riflesso monosinaptico da stiramento: contrazione che risulta dallo stiramento di un muscolo


che viene gestita da soli 2 neuroni.
Es:
1. Peso applicato sulla mano
2. scende verso il basso
3. Muscolo viene stirato
4. Stimolate le afferenze del fuso muscolare
5. Le afferenze fanno sinapsi nel corno ventrale del midollo spinale con i motoneuroni alfa
che innervano le fibre del muscolo stirato
6. I motoneuroni vengono eccitati e stimolano il muscolo a opporsi allo stiramento
7. La mano si solleva e sostiene il peso
Es: controllo della postura: supporta il sistema vestibolare e il sistema visivo
1. Il muscolo del polpaccio viene stirato quando ci incliniamo in avanti
2. Stiramento del muscolo provoca una forza sull’avanpiede
3. Ritorno alla situazione eretta

Riflessi polisinaptici: coinvolgono circuitazioni più complesse


Es: fibre afferenti dall’organo tendineo del Golgi, che possono fare sinapsi nel midollo spinale su
interneuroni inibitori
1. Gli interneuroni inibitori fanno sinapsi sui motoneuroni alfa
2. Interneuroni rilasciano glicina → potenziali postsinaptici inibitori nel motoneurone alfa
3. Riduzione nella forza della contrazione, evitando danni ai tendini e alle ossa collegati ai
muscoli

Controllo cerebrale del movimento


Coinvolge: corteccia motoria primaria, corteccia premotoria, corteccia motoria supplementare
Si articola a sua volta in 3 livelli gerarchici:
1. Produzione di strategie motorie: formulazione dello scopo finale del movimento +
strategia più funzionale a raggiungerlo (corteccia associativa + gangli della base)
2. Elaborazione di tattiche motorie: pattern spazio-temporali di contrazioni muscolari che
ci permettono di raggoungere in modo fluido e preciso lo scopo finale del movimento
(corteccia motoria + cervelletto)
3. Esecuzione motoria: attivazione di neuroni e interneuroni che generano il movimento
(tronco dell’encefalo e midollo spinale)

L’efficace controllo del movimento ai differenti livelli gerarchici prevede una stretta interazione
dei centri cerebrali coinvolti con quelli che hanno a che fare con l’informazione sensoriale.
Essa è fondamentale a livello di programmazione del movimento (elaborare strategie e tattiche
motorie adeguate) + livello di esecuzione (monitorare effetti del movimento e effettuare
aggiustamenti) = feedback sensoriale del movimento
Il controllo del cervello sul midollo è veicolato da 2 grandi vie (che prendono il nome dalla loro
localizzazione nella sostanza bianca nel midollo):
- Via laterale
- Via ventromediale

Via laterale
- Coinvolta nel controllo del movimento volontario della muscolatura distale (movimenti
indipendenti degli arti)
- Sotto il controllo diretto della corteccia
- 3 differenti tratti:
● Tratto corticospinale: costituito dagli assoni di neuroni corticali che fanno
sinapsi con i motoneuroni della sostanza grigia del midollo spinale. Controlla
movimento delle parti distali degli arti inferiori e superiori. 2/3 di questo tratto
neuroni dalla corteccia motoria. Anche detto tratto piramidale
1. Al livello della giunzione tra bulbo e midollo spinale: decussazione
piramidale → va nella parte controlaterale (corteccia motoria destra
controlla i movimenti della parte sinistra del corpo e viceversa)
● Tratto corticobulbare: costituito da assoni di neuroni colticari ma proietta al
bulbo, nei nuclei motori di alcuni nervi cranici. Controlla i movimenti della faccia,
collo, lingua, parte dei muscoli extraoculari. Proietta in maniera bilaterale
● Tratto rubrospinale: origine nel nucleo rosso del mesencefalo (che riceve input
dalla corteccia motoria. Controlla movimenti di avambracci e mani. Nell’uomo ha
perso un po’ della sua funzione a favore del tratto corticospinale.
1. Attraversa la linea mediana a livello del ponte
2. Corre parallelo altratto corticospinale per fare sinapsi con i motoneuroni
della sostanza grigia del midollo spinale.

Via ventromediale
Coinvolta nel controllo dei movimenti automatici (specialmente equilibrio, postura corporea e
locomozione). È sotto controllo principale diretto del tronco dell’encefalo. Questa via corre
principalmente in posizione mediale nella sostanza bianca del midollo.
Consiste di 4 differenti tratti:
- Tratto vestibolospinale
● Origina nei nuclei vestibolarei del bulbo
● Controlla muscoli del collo e schiena che guidano i movimenti della testa e la
postura
- Tratto tettospinale
● parte dal collicolo superiore
● Input diretto dalla retina + corteccia visiva, somatosensoriale e uditiva
● Costruisce quindi mappa dell’ambiente esterno
● Coordina movimenti di capo, tronco e spalle con movimenti oculai
- Tratto reticolospinale
● parte dalla formazione reticolare del tronco dell’encefalo
● Controlla alcune funzioni automatiche (tono muscolare, respirazione, tosse,
starnuto) + deambulazione
- Tratto corticospinale ventrale
● Origine nella corteccia motoria
● corre nella parte ventromediale del midollo
● Controlla movimenti dei segmenti prossimali degli arti e del tronco coinvolti nella
postura e nella deambulazione

Controllano i motoneuroni della porzione ventromediale della sostanza grigia del midollo
spinale. Input dalla corteccia motoria che controllo tronco e muscoli prossimale + corteccia
premotoria + aree sottocorticali (amigdala, ippocampo, gangli della base)

Aree cerebrali che controllano il movimento:


- Corteccia motoria: regione del lobo frontale che comprende
● Corteccia motoria primaria: nel giro precentrale, anteriormente al solco
centrale)
● Area premotoria: posizione rostrale rispetto all’area motoria primaria (con
localizzazione laterale)
● Area motoria supplementare: posizione rostrale rispetto all’area motoria
primaria (con localizzazione mediale)

Regione parietale del raggiungimento: porzione della corteccia parietale posteriore che
controlla il comportamento di raggiungimento mediato dalla visione.

Organizzazione somatotopica della corteccia motoria: stimolazioni di aree diverse della


corteccia motoria corrispondono a aree differenti del corpo. Homunculus motorio (simile a quello
dell’eleaborazione dell’informazione sensoriale): basato sull’ampiezza delle aree della corteccia
motoria che si occupano del movimento di diversi distretti. Le regioni più ampie sono deputate
al controllo dei movimenti più elaborati e complessi.
Organizzata in termini di particolari movimenti di specifiche parti del corpo (quindi gruppi di
muscoli): es: stimolazione di una parte specifica comporta chiusura di una mano, avvicinamento
alla bocca della mano e apertura della bocca.
Anche le mappe somatotopiche motorie sono caratterizzate da plasticità (in base
all’esperienza/apprendimento)

- L’input principale che raggiunge la Corteccia motoria primaria viene dalle aree della
corteccia associativa frontale (supplementare e premotoria),
- le quali ricevono input dalle aree associative delle aree temporale e parietale (che
forniscono informazioni sull’ambiente → via ventrale e via dorsale)
- L’area motoria supplementare sembra coinvolta nella pianificazione dei movimenti
generati internamente. Ha un ruolo primario nell’apprendimento e nell’esecuzione di
comportamenti costituiti da sequenze di movimenti. Sembra sia implicata nella
pianificazione di eventi futuri nelle sequenze di movimenti,
- La corteccia premotoria sembra invece coinvolta nella pianificazione dei movimenti
gnerati sulla base di indizi esterni (ruolo primario nell’apprendimento e esecuzione di
movimenti complessi guidati dalle informazioni sensoriali.
● In quest’area sono stati trovati i neuroni specchio (mirror). Corteccia
premotoria ventrale. Essi, nella scimmia come nell’uomo, si attivano quando
l’individuo compie uno specifico movimento ma anche quando osserva un altro
individuo che lo compie. Essi sembrano associare la rappresentazione motoria
interna di un comportamento al comportamento osservato. Non solo a livello
visivo, ma possono bastare anche solo degli indizi uditivi su un comportamento
(es: nocciolina schiacciata da un’altra scimmia). Attivazione più forte quando si
osserva un comportamento di cui si ha competenza.
Neuroni simili sono stati trovati nella corteccia frontale e parietale
Sembra che siano alla base della comprensione delle intenzioni degli altri
individui, alla base dell’empatia o di comportamenti cooperativi, o
dell’apprendimento osservativo. Una disfunzione di questi neuroni può essere
legata ad alcune caratteristiche dell’autismo

La pianificazione del movimento è quindi frutto di un’azione sinergica di circuiti neuronali che
coinvolgono l’intera corteccia.

Danni a carico di aree non motorie (sia nel lobo frontale o parietale o corpo calloso)
determinano deficit nel controllo motorio:
- Disprassia: deficit per comportamenti motori di precisione e grossolani, spesso
coinvolge il linguaggio
● Disprassia evolutiva: supposta correlazione con neuroni specchio
● Disprassia acquisita: potrebbe essere dovuta a ridotta comunicazione tramite
corpo calloso
- Aprassia: incapacità di eseguire movimenti finalizzati a uno scopo causata da un
disturbo specifico della programmazione motoria, mediante imitazione o sulla base di
istruzioni verbali o nell’utilizzo di uno strumento familiare:
● Aprassia ideativa: incapacità di creare programmi motori (valutazione: uso di
strumenti familiari come spazzolino da denti). Aprassia degli arti.
● Aprassia ideomotoria: incapacità di tradurre programmi motori in sequenze
motorie adeguate (valutazione: richiesta di imitazione di gesti)

Altre aree non corticali (SOTTOCORTICALI) implicate nel controllo del movimento:
- Formazione reticolare: nuclei all’interno del bulbo, ponte e mesencefalo. Controlla
attività del sistema motorio gamma e regola quindi il tono muscolare.
GANGLI DELLA BASE:
- Striato: costituito da nucleo caudato + putamen
- Globo pallido
A queste strutture si associano altre strutture che collaborano in un circuito complesso di
controllo motorio:
- Nucleo ventrale anteriore + ventrolaterale del talamo
- Nucleo subtalamico
- Substantia nigra (mesencefalo)

Circuito
1. Corteccia frontale + paritale + temporale inviano allo striato (questi ricevono informazioni
sensoriali dalla corteccia + informazione di movimenti pianificati o in corso dalla cort.
prefrontale)
2. Striato → globo pallido
3. globo pallido → nuclei talamici
4. Talamo → corteccia frontale (premotoria e motoria supplementare, per la pianificazione
→ motoria per l’esecuzione)
I gangli della basi possono pianificare secondo un’informazione somatotopica. Organizzano il
movimento sulla base delle informazioni sensoriali. Sono importanti nell'esecuzione di
movimenti guidati dalla memorie + apprendimento di nuove abilità. Lavorano con la corteccia
motoria per dare inizio + fine al movimento.
Sinapsi sia eccitatorie (glutammato) che inibitorie (GABAergici) per coordinare i movimenti.

Danni:
- Degenerazione delle cellule dopaminergiche della substantia nigra → malattia di
Parkinson (rigidità muscolare, lentezza dell’esecuzione dei movimenti, tremore a riposo,
- Degenerazione dei gangli della base → malattia di Huntington: movimenti incontrollati
degli arti (Corea di H. perché assomiglia a una danza
- Lesioni disturbano il condizionamento operante (ma non altre forme di apprendimento)

CERVELLETTO

- 50 miliardi di neuroni (80% dei neuroni cerebrali).


- Granddezza 10% del cervello.
- Complessa circuitazione → connessioni efferenti verso tutte le strutture motorie del
cervello
- 2 emisferi
- Lobo flocculo-nodulare: nell’estremità caudale, coinvolto nei riflessi postulari
(connessioni con sistema vestibolare)
- Verme (sulla linea mediana): riceve informazioni sensoriali → spedisce al nucleo
fastigio, che proietta alla formazione reticolare
- Nucleo interposito proietta al nucleo rosso → influenza sistema rubrospinale sui
movimenti di braccia e gambe
- Informazioni dalla corteccia motoria sui segnali motori discendenti dai nuclei motori del
tronco dell’encefalo + informazioni di feedback sulle risposte motorie dai sistemi
somatosensoriale e vestibolare
Si occupa di una supervisione dell’attività motoria → correzione del movimento per renderlo
fluido e armonioso
Integra e supporta l’apprendimento di sequenze di movimenti
- danni: perdita del controllo fine e della coordinazione con aspetti specifici a seconda
dell’area del danno

SONNO E RITMI BIOLOGICI


Il sonno può essere ritenuto un comportamento a tutti gli effetti, in quanto durante esso ci sono
specifiche funzionalità spinte dalla motivazione (sonnolenza insistente). 1 / 3 della nostra
esistenza è occupato da esso. Non esistono animali completamente privi di sonno.
Evidentemente ha un ruolo importante nella nostra esistenza. Molte domande rimangono
aperte.
- La maggior parte dei mammiferi esibisce cicli con sonno REM e nonREM
- Tra gli altri vertebrati, solo uccelli esibiscono REM
- Uccelli che dormono appollaiati su una gamba non perdono tono muscolare durante il
sonno
- Sonno essenziale alla sopravvivenza →
- Alcuni mammiferi marini e uccelli hanno emisferi che dormono a turno

Ritmi circadiani
Ritmi biologici che regolano la nostra esistenza, legati al sonno.
La maggior parte delle funzioni e comportamenti esibiti dagli esseri viventi segue dei ritmi
regolari che possono essere caratterizzati da:
- Rapidità (tempo inferiore a un giorno): ritmi ultradiani. Es: espressioni ormonali
- Lentezza (superiore a un giorno): ritmi infradiani. Es: ciclo mestruale, comportamenti
riproduttivi animali
Molti dei ritmi seguiti dai processi fisiologici e comportamenti nelle specie animali e vegetali si
articolano in un tempo che coincide con il giorno: cicli circadiani

In passato, convinzione che questi comportamenti avessero a che fare con il ciclo di luce e
buio, ma dal 1700 alcuni esperimenti botanici hanno dimostrato che la maggior parte dei ritmi
circadiani mantenessero una simile periodicità anche senza luce o buio (es: pianta di mimosa
che alza foglie con luce e abbassa con buio - anche senza luce la pianta esibisce lo stesso
comportamento) → i ritmi circadiani sono regolati con un orologio biologico interno
Gli indizi temporali che provengono dall’ambiente (detti zeitgeber) effettivamente influenzano i
ritmi che si adattano a cicli di 24 ore. In assenza di zeitgeber (in questo caso i cicli vengono detti
free running) si mantengono su cicli di circa 24 ore.
Esperimento con animali da laboratorio: l’animale adatta i cicli con i cambi di
accensione/spengimento della luce. Anche con luce soffusa costante rimane un ciclo circadiano
che però è di 25 ore (quindi di giorni in giorno si sposta di 1 ora avanti.
Per esperimenti su uomini sonos tate utilizzate delle grotte. Anche in questo caso i cicli
diventano di circa 25 ore.

→ Quindi deve esistere un orologio biologico interno dotato di:


- afferenze che gli consentano di sincronizzarsi sui ritmi circadiani dell’ambiente esterno
- Meccanismo interno in caso sia privato di indicazioni esterne
- Efferenze: che gli consentono di controllare e sincronizzare con i propri ritmi il
funzionamento dell’individuo

Nucleo sovrachiasmatico
Nei mammiferi la funzione di orologio biologico interno è assunta da un nucleo ipotalamico,
bilaterale, vicino alla linea mediana e adiacente al terzo ventricolo, detto nucleo
sovrachiasmatico (NSC). lesioni di questo nucleo compromettono il ritmo circadiano, attività
fisica, assunzione di acqua e cibo, secrezioni ormonali
- Afferenze visive: via retinoipotalamica (diretta dalla retina al NSC) che non proviene
dai fotorecettori ma da cellule gangliari fotosensibili, che contengono un fotopigmento
detto melanopsina (esperimento: topi senza coni e bastoncelli hanno ancora info sul
ciclo, ma senza occhi no)
- Efferenze: permettono di controllare il ritmo sonno/veglia. Proiettano a una regione
dorsal rispetto al NSC (zona sottoparaventricolare) che proietta al nucleo
dorsomediale (dell’ipotalamo) che proietta ai centri cerebrali che controllano veglia e
sonno
- Il controllo operato dal NSC viene mediato da segnali chimici veicolati dal liquido
cerebrospinale

Ogni neurone del NSC è dotato di un orologio molecolare (simile nelle varie specie). Esso
coinvolge particolari geni e le proteine da essi prodotte, in 2 circuiti che interagiscono a
feedback.
Ciclo
1. Cellula proteina una proteina A
2. Proteina A interagisce con DNA della cellula, promuovendo sintesi di proteina B
3. Proteina B inibisce sintesi della Proteina A
4. Essendoci meno Proteina A, la Proteina B cala di livello
5. Viene quindi annullata inibizione della sintesi della proteina A
6. Ricomincia il ciclo
Questo ciclo richiede 24 ore per completarsi. Questo ciclo di produzione e degrado quindi
scandisce il tempo.
Quasi ogni cellula del corpo continee un simile orologio, ma gli orologi delle varie cellule sono
sotto il controllo del SNC
La sincronizzazione dell’orologio del NSC agli zeitgeber avviene poiche l’informazione afferente
è in grado di modulare la sintesi delle proteine.

Ritmi stagionali
Coinvolgono la ghiandola pineale (sommità del mesencefalo, vicino al cervelletto): secerne
melatonina durante la notte. Quando le notti sono più lunghe, viene secreta più melatonina,
che controlla il ritmi stagionali

SONNO
Studi si realizzano nei laboratori del sonno in cui i soggetti dormono e il ricercatore assiste,
registrando una serie di parametri nella polisonnografia
Misure elettrofisiologiche fondamentali incluse nell’esame polisonnografico:
- Elettroencefalogramma (EEG): registrazione dell’attività elettrica generale della
cortaccia dalla superficie dello scalpo (elettrodi sullo scalpo)
- Elettromiogramma (EMG): registrazione dell’attività muscolare (apparato di
registrazione sul mento
- Elettrooculogramma (EOG): strumenti di registrazione all’esterno degli occhi
- Altre (respirazione, conduttanza cutanea…)

STADI DEL SONNO


- In stato di veglia attiva: attività elettroencefalografica è desincronizzata (frequenze
differenti con prevalenze di onde a alta frequenza (15/30 cicli al secondo) e bassa
ampiezza → attività beta
- Veglia rilassata: attività elettroencefalografica consiste in onde regolari di frequenza
media (8-12 Hz) → attività alfa
- Stadio 1: transizione tra veglia e sonno: sonnolenza, riduzione del tono muscolare, lenti
movimenti degli occhi al di sotto delle palpebre, calo della frequenza del battito. Ci
possono essere sussulti ipnici. EEG registra onde 3,5-7,5 Hz + maggiore
sincronizzazione rispetto alla veglia → attività theta. Dura intorno ai 5 minuti
- Stadio 2: leggermente più profondo: movimenti oculari cessano quasi completamente.
Presenza di attività theta + fusi del sonno (scariche periodiche di 12-14 Hz da 2 a 5
volte al minuto + complessi K (improvvise e rapide deflessioni verso l’alto e verso il
basso di grande ampiezza). Dura tra 5 e 15 minuti. Facile svegliare individui in stadio 1 e
2 (e loro potrebbero non accorgersi di aver dormito)
- Stadi 3-4: sempre più profondo. Movimenti oculari e corporei scarsi. EEG: estesa
sincronizzazione dell’attività corticali → attività delta (onde lente di grande ampiezza <
3,5 Hz). stadio 3 presenza 20/50% di onde delta, stadio 4 il 50%, ma si raggruppano
complessivamente chiamandoli sonno a onde lente. Difficile svegliare il soggetto
durante questo sonno
- Sonno REM: dopo circa 40 minuti dopo il 4° stadio. Si ripresenta sonno leggero dello
stadio 2, seguito da brusco cambiamento: respirazione e battito cardiaco irregolari +
movimenti oculari rapidi + atonia muscolare completa (motoneuroni centrali e spinali
sono inibiti) + erezione peniena o secrezione vaginale + sogni. EEG è desincronizzato,
presenta attività theta e beta (come la veglia). Il soggetto svegliato durante sonno REM
appre più attento e vigile.
Un ciclo del sonno dura circa 90 minuti, nella notte alternando sonno REM e non-REM. Con
l’avanzare della notte aumenta il sonno REM. una notte di sonno è in media 7/8 ore, quindi 4/5
cicli di sonno. Il 20% circa costituito da sonno REM

Sogni: non corretto dire che sono presenti solo nel sonno REM. Anche nel sonno non-REM c’è
attività mentale. Nella fase REM però i sogni hanno connotazione visiva e narrativa, mentre
quelli nel sonno non-REM hanno connotazione più concettuale e sono assimilabili al fluire del
pensiero.

I pattern del sonno variano con il variare dell’età:


- Ritmo sonno veglia è presente solo a partire dalle 16 settimane di vita
- Neonato: cicli più brevi rispetto all’adulto + passa direttamente da veglia a sonno REM
(50% del sonno nelle prime 2 settimane)
- Avanzare dell’età: riduzione complessiva del sonno, a carico del sonno a onde lente +
risvegli notturni
Variano tra le specie:
- Es: roditore 10 minuti
- La maggior parte dei mammiferi esibisce cicli con sonno REM e nonREM
- Tra gli altri vertebrati, solo uccelli esibiscono REM

A cosa serve dormire? Molti studi. Non c’è convergenza tra gli studiosi, ma ci sono delle ipotesi:
- Riposo
- Adattamento
Studi sulla deprivazione di sonno ed effetti sull’attività fisica e mentale, sembra che il sonno
sia essenziale al mantenimento e al ripristino dell’ottimale funzionamento cognitivo più
che corporeo in generale.
Possiamo ipotizzare che durante il sonno, il cervello mette in atto processi di rimozione di
sostanze di scarto e nocive
Altre teorie sostengono che il sonno promuove l’adattamento ottimale dell’essere vivente alla
sua nicchia ecologica, conformandosi a cicli di attività e riposo consoni alla sopravvivenza

Ipotesi specifiche legano il sonno REM allo sviluppo cerebrale: possibile che questa
componente del sonno sia funzionale alle modificazioni plastiche legate all’apprendimento
- Sia il sonno REM che nonREM supportano consolidamento della memoria a lungo
termine
- Sonno REM favorisce memoria procedurale
- Sonno nonREM favorisce memoria dichiarativa

MECCANISMI NEURALI CHE CONTROLLANO VEGLIA E SONNO

STORIA
- Moruzzi e Magoun (anni 40-50): stati di veglia e di sonno non sono direttamente
dipendenti dalle stimolazioni provenienti dalle afferenze sensoriali al cervello, ma sono
controllati da aree cerebrali e processi molecolari specifici

STATO DI VEGLIA
Controllato dall’azione di almeno 5 neurotrasmettitori:
- Acetilcolina: ruolo fondamentale. Proiezioni colinergiche partono dal ponte e dal
proencefalo basale → corteccia cerebrale: inducono attivazione e desincronizzazione
corticale.
Inoltre un terzo nucleo colinergico è nel setto mediale → controlla lo stato di attivazione
dell’ippocampo
I livelli di ACh sono elevati nelle regioni target sia durante lo stato di veglia che nel
sonno REM
- Norepinefrina (NE): neuroni noradrenergici sono nel locus coeruleus (parte dorsale del
ponte) → corteccia cerebrale e cerebellare, ippocampo, talamo, ponte, bulbo
L'attività di questi neuroni è alta durante la veglia, bassa durante il sonno a onde lente e
pressocché azzerata durante il sonno REM (si pensa sia correlata alla risposta
dell’animale agli stimoli presenti nell’ambiente)
- Serotonina: neuroni nei nuclei del rafe (regioni bulbari e pontine della formazione
reticolare, struttura importante per la vigilanza) → corteccia cerebrale, ippocampo,
talamo, ipotalamo, gangli della base
Attività atla durante la veglia, bassa nel sonno a onde lente, azzerata nel REM. Questi
neuroni hanno un picco di attivazione alla fine del sonno REM.
Sistema coinvolto nel mantenimento dell’attenzione su un’attività in corso, evitando il
sopraggiungimento di altri stimoli
- Istamina: (sonnolenza dopo l’uso degli antistaminici) neuroni del nucleo
tuberomammillare dell’ipotalamo (negli altri neuroni, i centri sono nel ponte) → corteccia
cerebrale e cerebellare, talamo, ipotalamo, gangli della base, proencefalo basale
Attività alte durante la veglia e bassa durante sonno (sia REM che non).
Coinvolgimento di questo sistema nella vigilanza rispetto agli stimoli ambientali
- Orexina: secreta da neuroni nell’ipotalamo laterale → pressoché ogni area cerebrale
con azione eccitatoria.
Attività alta durante la veglia attiva, bassa durante veglia rilassata, sonno a onde lente e
REM.

SONNO
Meccanismi coinvolti nella promozione dello stato di sonno
- È stata dimostrata l’esistenza di un circuito neurale responsabile dell’inibizione dei centri
neurali che controllano lo stato di veglia: area preottica ventrolaterale dell’ipotalamo. I
neuroni di quest’area secernono il neurotrasmettitore inibitorio GABA. l’attività di questo
nucleo è alta durante il sonno. L’inibizione tra questa area e i nuclei che controllano lo
stato di veglia (locus coeuleus-adrenalina, nucleo tuberomammillare-istamina, nuclei del
rafe-serotonina) è reciproca
- Accumulo di adenosina. Avviene durante lo stato di veglia (la caffeina blocca i centri
dell’adenosina). L’accumulo di adenosina si deve al calo del livello di glicogeno,
mantenuto come riserva dei neuroni da parte degli astrociti → i neuroni quindi devo
prendere energia dall’ATP. L’accumulo di adenosina causa sonnolenza, esercitando
un’ampia influenza su recettori in molte regioni cerebrali → inibisce i sistemi colinergico,
noradrenergico e serotoninergico.
Durante il sonno, il livello di adenosina cala nuovamente
- Citochine, che vengono chiamate in causa in caso di malattie, promuovono lo stato di
sonno
- Prove empiriche suggeriscono che il sonno sia per il riposo del cervello, più che del
corpo.
- Effetti negativi sono correlati alla produzione, durante la veglia, di radicali liberi
(sostanze chimiche ossidanti che possono legarsi agli elettroni di altre molecole e
danneggiare le cellule che le ospitano → la deprivazione di sonno aumenta i radicali
liberi → durante il sonnno, il metabolismo rallentato permette ai meccanismi restaurativi
delle cellule di distruggere i radicali liberi

SONNO REM
Intensa attività fisiologica
Neuroni colinergici del ponte scaricano sia durante veglia che sonno REM, ma alcuni di questi
scaricano solo durante il sonno REM.
Si ipotizza uno specifico circuito di inibizione reciproca fra un’area REM-ON e una REM-OFF:
- REM-ON: regione del ponte dorsale: nucleo sottolaterodorsale
- REM-OFF: regione del mesencefalo dorsale: sostanza grigia periacqueduttale
ventrolaterale. Impulsi eccitatori durante la veglia da neuroni orexinergici dell’ipotalamo
laterale → REM off. Durante il sonno, gli impulsi eccitatori alla regione off si cominciano
a ridurre, fino ad arrivare a un flip-flop → REM on.
Queste 2 regioni sono interconnesse con connessioni GABAergiche reciproche. Si ritiene che
neuroni orexinergici, noradrenergici e serotoninergici agiscano nel modulare tale circuito.
Si ritiene che l’area REM-ON, con le aree limitrofe, invia i segnali di innesco alle regioni
cerebrali che controllano le modificazioni funzionali esibite nel corso del sonno REM: in
particolare, neuroni localizzati ventralmente rispetto a questa area inviano segnali eccitatori agli
interneuroni inibitori che fanno sinapsi con i motoneuroni del midollo spinale, provocando
l’atonia muscolare
- Flusso ematico elevato in corteccia extrastriata (visiva associativa): riflette allucinazioni
visive dei sogni / basso in corteccia visiva striata (visiva primaria) + prefrontale
(l’inattivazione inibisce la distinzione tra sogno e realtà
- Sogni lucidi: ipotizzata attivazione di corteccia prefrontale
- Aree motorie della cprteccia e sottocorticali si attivano durante i sogni (anche in caso la
persona sogna di parlare e ascoltare) → motoneuroni centrali e spinali sono inibiti

Se deprivate dal sonno REM, le persone lo recuperano (vanno più velocemente in questo
stadio) → sembra quindi ci sia un meccanismo di regolazione del sonno REM

Controllo neurale delle transizioni sonno veglia


Ci sono diversi meccanismi di controllo:
- Omeostatici: cercano di ristabilire un equilibrio (diminuendo l’adenosina durante il
sonno)
- Allostatici: regolano le circostanze in cui è importante restare svegli (mediato da
risposte neurali o ormonali a situazioni stressanti o da neuropeptidi implicati nei
meccanismi della fame e della sete
- Circadiani: dipendono dal momento del giorno/notte

DISTURBI DEL SONNO


Disturbi nei processi del sonno possono ledere la qualità della nostra vita

Insonnia
Difficoltà ad addormentarsi quando ci si predispone a farlo (insonnia nell’addormentamento) o a
riprendere sonno dopo un risveglio notturno (insonnia da mantenimento del sonno)
Circa il 25% degli adulti soffrono di insonnia occasionale, il 9% persistente.
Cause:
- Stress
- Assunzione eccessiva di sostanze eccitanti
- Alterazione dei ritmi circadiani (per viaggi transmeridiani o turni lavorativi)
- Disturbi psichiatrici (depressione grave)

Questioni:
- È l’unico disturbo per cui la diagnosi viene effettuata senza raccogliere prove cliniche
(sulla base di autovalutazioni). L’autovalutazione può essere fallace e può portare a
sottostime, influenzata da caratteristiche di personalità
- Opportuno che l’obiettivo del trattamento farmacologico sia la qualità dello stato di veglia
(fino a poco fa i farmaci avevano effetti residuali di sonnolenza nella veglia)
- I ritmi dettati dalla struttura socio-economica contemporanea inducono in una larga fetta
della popolazione una continua deprivazione di sonno

Apnea del sonno


Difficoltà nel dormire e respirare contemporaneamente. Può essere di natura:
- ostruttiva (progressivo rilassamento della muscolatura di petto, diaframma o gola
- Centrale (alterazione nella funzionalità dei neuroni troncoencefalici che controllano la
respirazione
Effetto: sonno disturbato

Narcolessia
Disturbo neurologico raro (1/2000): intrusione improvvisa del sonno o di alcune delle sue
componenti in momenti inadeguati.
Sintomo primario: attacco di sonno = esigenza irresistibile di dormire che si può sviluppare in
ogni situazione (in particolare di noia). L’attacco dura in genere tra 2 e 30 minuti
Altro sintomo: cataplessia = improvvisa perdita di tono muscolare (impossibilità di muoversi
senza perdere cosciente). Può accadere a seguito di una forte emozione o un forte sforzo. Uno
dei fenomeni del sonno REM (paralisi muscolare) si verifica in un momento inadeguato.
Altri sintomi: paralisi del sonno = incapacità di muoversi appena prima dell’addormentamento
o al momento del risveglio + allucinazioni ipnagogiche = sogni vividi che occorrono nel corso
di un episodio di paralisi
Può essere ereditario ed appare legato ad anomalie del sistema orexinergico. Le mutazioni
genetiche indagate comportano una disfunzione nel sistema recettoriale o l’attacco da parte del
sistema immunitario dei neuroni orexinergici stessi. L’esordio dei sintomi è tipico
nell’adolescenza.

Disturbo comportamentale del sonno REM


Messa in atto di comportamenti organizzati da parte di un soggetto che appare addormentato. Il
comportamento sembra corrispondere al contenuto dei sogni (non c’è la normale paralisi
durante il sonno REM).
Può essere causato da lesioni a carico dei circuiti che controllano il REM oppure altri disturbi
neurodegenerativi, come il morbo di Parkinson (episodi di questo genere spesso precedono i
sintomi tipici di esso)
Disfunzioni minori
Negli stati del sonno a onde lente, legate a disfunzioni minori (specialmente età infantile):
- Enuresi (incontinenza notturna)
- Terrori notturni (risveglio improvviso da sonno nonREM con paura intensa e
attivazione del SN autonomo)
- Sonnambulismo (camminare nel sonno per periodi da qualche secondo a qualche
minuto)
Di solito si risolvono con la crescita.

L’OMEOSTASI
Gli organismi viventi possono essere considerati degli ambienti chiusi che consentano di
mantenere le condizioni adeguate alla sopravvivenza e alla crescita delle cellule che li
compongono.
Esiste infatti una barriera fra ambiente interno ed esterno: cute e mucose

L’omeostasi è il processo di regolazione attiva degli attributi fisici dell’ambiente interno a un


organismo.
Prevede che gli attributi fisici dell'ambiente interno siano monitorati e mantenuti attivamente
entro una gamma di valori fisiologici appropriati.
I nostri progenitori vivevano in un liquido dell’ambiente marino in cui fluttuavano. L’ambiente
interno dei mammiferi è simile a questo. Questo ambiente si è evoluto in modo da veicolare le
sostanze nutritive + ossigeno e da mettere in atto i processi di smaltimento deri prodotti di
scarto del metabolismo.
Il mantenimento di queste caratteristiche è garantito dal corretto funzionamento dei sistemi che
supportano: respirazione + circolazione sanguigna + digestione + escrezione.
L’essenzialità del mantenimento delle condizioni appropriate dell’ambiente interno per la
sopravvivenza fa sì che le alterazioni in tale ambiente agiscano sulla motivazione (processo
psicologico che induce e supporta la messa in atto di un comportamento finalizzato a uno
scopo): se c’è una discrepanza tra lo stato dell’organismo e lo stato ottimale → spinta a mettere
in atto un comportamento che ripristini lo stato di equilibrio. Nel funzionare, l’organismo
provoca il disequilibrio → processi di regolazione omeostatica avvengono costantemente.

I meccanismi di regolazione omeostatica sono contraddistinti da alcune caratteristiche


fondamentali:
● Variabile di sistema: attributo fisico che deve essere regolato (es: temperatura dell’aria
nella casa)
● Livello di riferimento: gamma di valori all’interno dei quali la variabile di sistema deve
essere mantenuta (es: impostazione della temperatura)
● Sensore: apparato sensibile in grado di rilevare il livello raggiunto dalla variabile (es:
termostato)
● Meccanismo di correzione: azione compensatoria in grado di riportare la variabile di
sistema al livello di riferimento (in caso di alterazioni) (es: stufa elettrica → il calore
agisce con un meccanismo di feedback negativo → temperatura si alza e invia
messaggio al termostato)

Feedback negativo: il meccanismo di correzione, modificando lo stato dell’ambiente interno, e


riportando la variabile al livello di riferimento, si blocca ricevendo l’informazione che il livello di
equilibrio è stato raggiunto

Gli organismi viventi sono dotati di meccanismi di regolazione omeostatica caratterizzati da


ridondanza (ci sono meccanismi multipli e complessi che mantengono in maniera sicura la
situazione omeostatica - ancora sotto studio)

La termoregolazione
Una delle variabili di sistema mantenute a un livello di riferimento è la temperatura corporea.
I mammiferi sono endotermi (producono il calore corporeo dall’interno del corpo stesso
mediante il metabolismo e l’attività muscolare).
Il livello di riferimento nei mammiferi cade tra i 36° e i 37° (con minime variazioni ad esempio
durante il sonno cala, con la febbre si alza). Alterazioni significative verso l’alto o verso il basso
interferiscono con i concetti di funzionamento cellulare: con il caldo si arriva alla cottura delle
proteine, con troppo freddo si formano dei cristalli di ghiaccio → degenerazione delle cellule)
Il sensore della temperatura è costituito da neuroni che modificano la frequenza di scarica a
seguito di piccoli cambiamenti del livello.
1. Le informazioni sono rilevate dai recettori presenti nella cute, interno del corpo, e
nell’ipotalamo
2. Informazione viene trasmessa a ipotalamo anteriore (centro principale rella
termoregolazione), tronco dell’encefalo e al midllo spinale
3. Se la temperatura si sposta dal livello di riferimento, tali regioni promuovono reazioni
fisiologiche e comportamentali con l’obiettivo di tornare allo stato di equilibrio:
● Risposte al freddo: costrizione dei vasi sanguigni della cute (mandano il sangue
verso l’interno), pelle d’oca, tremore
● Risposte al caldo: deviazione del sangue verso la periferia del corpo,
respirazione accelerate, sudorazione
● Reazioni comportamentali attive: cambiamento dell’esposizione della
superficie corporea (stringersi per il freddo, allargare gli arti per il corpo),
cambiamento dell’isolamento dall’ambiente esterno (indumenti), cambiamento di
contesto (spostarsi in ambienti in cui la temperatura esterna aiuta l’equilibrio)

Regolazione dei liquidi


I primi esseri viventi furono organismi unicellulari acquatici → molti processi cellulari
fondamentali sono strutturati in ambiente acquatico.
Gli esseri pluricellulari hanno mantenuto un ambiente interno acquatico simile a quello marino
→ caratteristiche di composizione dei fluidi corporei devono mantenersi costantemente in questi
stati di equilibrio, qualsiasi deviazione può essere dannosa.

- Liquido intracellulare: il 70% del liquido corporeo è costituito dalla porzione liquida del
citoplasma cellulare
- Liquido extracellulare: comprende
● liquido interstiziale (spazi fra le cellule, 26%)
● Liquido intravascolare (plasma sanguigno, 7%)
● Liquor cerebrospinale (1%)
Il liquido intravascolare e intracellulare devono mantenere una composizione costante.

La composizione del liquido intracellulare è regolata mediante il controllo delle concentrazione


delle sostanze solide (soluti) disciolte nel liquido interstiziale.
● In stato di equilibrio il liquido intersiziale è isotonico (concentrazione di soluti è in
equilibrio fra i due ambienti → acqua non tende né a uscire né a entrare dalla cellula)
● Se il liquido intersiziale perde acqua diventa ipertonico (più concentrato → acqua tende
a uscire dalle cellule)
● Se il liquido intersiziale acquisice acqua diventa ipotonico (meno concentrato → acqua
tende a entrare dalle cellule)
Perdita e acquisizione di liquido da parte delle cellule sono dannose (impediscono corrette
funzionalità o possono lacerare la membrana cellulare)

Il volume del liquido intravascolare deve essere mantenuto costante per assicurare la
funzionalità cardiaca. L’ipovolemia (basso volume del sangue) fa calare la funzionalità cardiaca
fino al collasso.

Il liquido intravascolare e intracellulare sono costantemente monitorati e regolati da 2 differenti


meccanismi → 2 differenti tipi di sete
Normalmente si assume più acqua del necessario → espulsa dai reni
Se l’acqua presente in questi liquidi diminuisce troppo (sudorazione, emorragie, vomito, diarrea,
assunzione di sale eccessivo) → meccanismo di correzione: bere
● Sete osmometrica: aumento della tonicità (concentrazione) del liquido interstiziale →
diffusione per osmosi dell’acqua fuori dalle cellule. Il livello di soluti nel liquido
interstiziale è monitorato da osmocettori (la perdita di acqua causata dalla maggiore
concentrazione, porta una variazione nella frequenza di scarica → messaggio elettrico).
Essi si trovano nella lamina terminale (rostrale alla parte ventrale del terzo ventricolo)
al cui interno ci sono 2 organi circumventricolari: organo vascoloso della lamina
terminale (OVLT) e l’organo sub-fornicale (OSF). posti sul versante esterno (lato
ematico) della barriera ematoencefalica. Maggior parte degli osmocettori organizzata nel
primo organo.
● Sete volumetrica: calo del volume del plasma sanguigno → rilevato da cellule
recettoriali specializzate all’interno dei reni: secernono l’enzima renina, che catalizza la
conversione della proteina angiotensinogeno in angiotensina, la cui forma attiva è
l’angiotensina II che agisce sui neuroni dell’OSF. Inoltre ci sono degli altri recettori
La lamina terminale sembra essere la regione in cui i segnali di entrambe le seti sono
integrate. L’OVT e l’OFS inviano i loro assoni al nucleo preottico mediano che avvolge la
commessura anteriore (fibre che connettono amigdala al lobo temporale anteriore) →
mediazione del controllo delle reazioni fisiologiche e dei comportamenti volti a ristabilire
l’equilibro idrico allinterno del corpo.

Assunzione di liquidi:
Una volta ingerita l’acqua → stomaco invia segnali al cervello → meccanismo della sazietà
inibisce l’ulteriore assunzione di liquidi

Meccanismo di sazietà: non si innesca nel momento in cui la variabile di sistema ha


recuperato il livello di riferimento (è necessario un certo tempo perché il liquido ingerito passi
dall’apparato digerente al liquido extracellulare). Tale ritardo provocherebbe ingestione
eccessiva.
L’organismo è quindi dotato di un meccanismo anticipatorio, mediato da segnali provenienti da
altri luoghi (bocca, gola, apparato gastrointestinale). Ancora sotto studio.

COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Il comportamento alimentare è fondamentale per la sopravvivenza perché fornisce sostanze
nutritive all’organismo. L’essenzialità di questo ha condizionato lo sviluppo evolutivo delle
diverse specie animale.

Fase di assorbimento
L’alimentazione porta a incorporare molecole precedentemente appartenenti a altri organismi
viventi (vegetali o animali) per ricavarne carboidrati (poi scissi in glucosio), lipidi, proteine
(poi scisse in aminoacidi), vitamine e minerali.
Gli scopi di questo comportamento sono comuni a tutti gli animali:
- Ottenere materiale strutturale: per costruire e mantenere l’organismo
- Ottenere l’energia necessaria alla messa in atto delle funzioni dell’organismo
(bruciando molecole)
La maggior parte delle sostanze viene utilizzata per ottenere l’energia necessaria al movimento
muscolare e al mantenimento della temperatura corporea.

Il cibo deve subire delle trasformazioni: digestione


Le sostanze nutritive quindi provengono dall’apparato digerente che si riempe quando viene
assunto del cibo. L’assunzione di cibo non è continua → necessaria presenza di una riserva in
grado di fornire nutrimento anche quando l’apparato digerente è vuoto. 2 tipi di riserva:
- Riserva a breve termine: nelle cellule del fegato e dei muscoli, costituita da un
carboidrato complesso: glicogeno (carboidrato complesso e insolubile).
● Durante l’assorbimento del cibo, nel sangue si crea disponibilità (sono rilasciati)di
glucosio (carboidrato semplice) e di insulina (ormone prodotto dal pancreas).
● Questo provoca l’uso di glucosio come combustibile energetico + una parte viene
immagazzinata sotto forma di glicogeno
● Quando termina l’assorbimento del cibo, il livello di glucosio nel sangue cala →
le cellule del pancreas sospendono la secrezione di insulina e cominciano a
produrre un diverso ormone, il glucagone.
● Il glucagone stimola la conversione del glicogeno in glucosio, rendendolo
disponibile alle cellule → sostenimento del SNC per qualche ora
- Riserva a lungo termine: costituita dal tessuto adiposo che consiste in un accumulo
di lipidi (trigliceridi), sotto la cute e all’interno della cavità addominale
● Livello di glucosio nel sangue cala → allo stesso tempo dell’attingimento dalla
riserva a breve termine: conversione dei trigliceridi in glucoso + acidi grassi →
rilasciati nel sangue come combustibile per tutte le cellule
Le cellule del SNC usano come combustibile solo il glucosio
Le altre cellule del corpo usano gli acidi grassi, oppure il glucosio ma solo in presenza di
insulina nel sangue (il glucosio non può passare nella membrana delle altre cellule a meno che
l’insulina non si lega con i trasportatori del glucosio). Questo fa sì che la riserva di glucosio
quando l’organismo è a digiuno sia riservata al SNC.

Fase di assorbimento
Fase del processo metabolico che ha luogo quando le sostenze nutritive sono disponibili
nell’apparato digerente e che apporta: carboidrati (poi scissi in glucosio), lipidi, proteine (poi
scisse in aminoacidi).
● Glucosio
- La presenza di glucosio nel sangue stimola secrezione di insulina → la quale
permette l’utilizzo di glucosio come fonte energetica a tutte le cellule.
- Il glucosio rimanente viene immagazzinato come glicogeno nella riserva a breve
termine
- Se ne rimane altro, viene immagazzinato sottoforma di trigliceridi nel tessuto
adiposo
● Aminoacidi
- Utilizzati in piccola parte come materiale strutturale.
- Tutto il resto è immagazzinato nel tessuto adiposo dopo essere stato convertito
in trigliceridi
● Lipidi
- Direttamente immagazzinati come riserva nel tessuto adiposo

Fase di digiuno
Il calo di livello di glucosio nel sangue stimola il pancreas a smettere di rilasciare insulina e a
cominciare a rilasciare il glucagone, il quale induce la scissione del glicogeno in glucosio
(solo per il SNC, per mancanza di insulina nel sangue) + scissione dei trigliceridi (riserva a
lungo termine) in acidi grassi + glucosio (per tutte le cellule dell’organismo
Il benessere del nostro organismo prevede un equilibro fra l'apporto tra assunzione di cibo e
necessità in termini strutturali ed energetici

Se si assumono più calorie di quante se ne bruciano si ingrassa, a danno dell’ottimale


funzionamento dell’organismo. Quindi devono funzionare 2 meccanismi:
- Fame: Meccanismo che inneschi l’assunzione di cibo (quando la riserva a lungo termine
comincia a diminuire)
- Sazietà: Meccanismo che blocchi l’assunzione di cibo (quando ne è stato assunto
abbastanza)
La fame si è evoluta in maniera ben più forte del secondo (storicamente, il cibo non era così
disponibile, quindi era importante la spinta a cercare sostanze che sostenessero l’organismo)

Fame
Segnali:
- Segnali gastrici: lo svuotamento di stomaco e parte superiore dell’intestino → sistema
gastrointestinale invia al cervello segnali sulla necessità di assumere cibo → viene
rilasciato nel sangue la grelina (ormone), la quale si lega ai recettori ipotalamici e
stimola la fame e il comportamento alimentare
- Segnali metabolici: la riduzione dei livelli di glucosio (glucoprivazione) e degli acidi
grassi (lipoprivazione) manda un segnale al cervello, il quale è dotato di rilevare lo
stato di glucoprivazione. Il fegato è dotato di recettori in grado di rilevare sia gluco che
lipoprivazione, ed invia il segnale al cervello mediante il nervo vago
- Segnali ambientali: legati al contesto e alle consuetidini (es: profumo di una pietanza o
vista di un piatto, commensali che si siedono a tavola, o orari dei pasti)

All’arrivo dei segnali:


- Segnali mediati dalla grelina e da glucoprivazione:
● attivano i neuroni del nucleo arcuato dell’ipotalamo che rilasciano il
neuropeptide Y (NPY) e la proteina correlata all’agouti (AGRP) entrambi
hanno un’azione oressizzante
● Il rilascio tali peptidi → neuroni dell’ipotalamo laterale (secernono peptidi
oressizzanti, cioè l’ormone concentrante la melanina MCH + orexina, questa
coinvolta anche nei ritmi sonno veglia)
● Le proiezioni di tali neuroni raggiungono molte strutture coinvolte nella
motivazione + movimento (corteccia, sostanza grigia periacquedottale,
formazione reticolare, talamo, locus coeruleus) oltre che nella regolazione del
metabolismo corporeo (SNA) → controllo dell’assunzione + assimilazione del
cibo
● Azione oressizzante anche dal sistema peptidico degli endocannabinoidi →
agendo su delle terminazioni ipotalamiche facilitano rilascio di ormone
concentrante la melanina MCH + orexina
Sazietà
Ipotalamo ventromediale è un improtante regolatore della sazietà.
Segnali:
● Segnali a breve termine: provengono dall’ingestione → anticipano la digestione.
Provengono da numerosi fattori:
- Fattori ambientali + sensoriali: fattori come sapore, odore, consistenza,
temperatura del cibo, compagnia, grandezza delle porzioni e attrattiva dei cibi
possono portare a consumare più cibo.
- Fattori cefalici: organi recettori posizionati nel capo (occhi, naso, lingua, gola)
che danno informazioni su aspetto, odore, sapore, consistenza e temperatura del
cibo → contribuiscono alla sensazione di sazietà
- Fattori gastrici: probabile che lo stomaco contenga dei recettori adeguati a
rilevare la presenza di cibo, stimando volume e qualità
- Fattori intestinali: probabile che l’intestino sia dotato di recettori per sostanze
nutritive, mediati dal peptide colecistochinina e il peptide YY (PYY)
- Fattori epatici: il fegato è dotato di recettori capaci di rilevare l’ultimo stadio
della sazietà. La presenza delle sostanze viene rilevata quando sono state
assorbite dall’intestino e sono disponibili come carburante energetico per le
cellule dell’organismo
- Insulina: la presenza di essa è segnale di sazietà (recettori nel cervello).
Sebbene sia un peptide e non debba essere capace di passare la barriera
ematoencefalica, c’è un meccanismo di trasporto che glielo consente.
● Segnali a lungo termine: provengono dal tessuto adiposo. Controllano nel lungo periodo
l’assunzione del cibo, modulando la sensibilità delle strutture cerebrali ai segnali di fame
e sazietà a breve termine (lo rengono quindi più o meno sensibile a questi segnali). Il
segnale sembra legato alla quantità di grasso immagazzinato, mediato dalla secrezione
della leptina da parte delle cellule adipose (che contengono quantità rilevante di
trigliceridi→ la leptina ha:
- azione inibitoria sui sistemi neuronali del nucleo arcuato dell’ipotalamo (che
secernono il neuropeptide Y e la proteina correlata all’agouti, che sono
oressizzanti)
- Azione eccitatoria su 2 sistemi neuronali del nucleo arcuato dell’ipotalamo
che secernono il peptide trascritto regolato da cocaina e anfetamina (CART)
+ ormone alfa-melanotia-stimolante → i quali inibiscono produzione di MCH e
l’orexina. Questi peptidi sono anoressizzanti (inibiscono assunzione di cibo).
Questi sistemi neuronali sono inibiti dalla grelina
- Anche il mediatore del segnale a breve termine di sazietà proveniente
dall’intestino, il peptide YY esercita azione inibitoria sui sistemi neuronali del
nucleo arcuato dell’ipotalamo che secernono il neuropeptide Y + proteina
correlata all’agouti (oressizzanti)
- Sembra possa sopprimere sensibilità agli stimoli olfattivi e gustativi
→ tutti questi processi hanno azione inibitoria sulla secrezione da parte dei neuroni
dell’ipotalamo laterale dell’ormone concentrante la melanina e dell’orexina (oressizzanti) →
inibizione dell’assunzione di cibo
Disturbi
Indice di massa corporea: (peso / altezza) ^2
- Obesità: accumulo patologico di tessuto adiposo. Dato dal:
+ vantaggio evolutivo del meccanismo che induce assunzione piuttosto che
sazietà
+ aumento della sedentarietà
+ disponibilità di cibo ipercalorico.
+ Fruttosio non stimola produzione di insulina e leptina → non attiva meccanismi di
sazietà
+ Ci possono anche essere dei fattori genetici che hanno influenza sull’efficienza
del metabolismo (che fa assorbire più o meno nutrienti dal cibo)
+ Mutazioni genetiche che portano disfunzioni nel sistema della leptina (bassi livelli
di leptina aumentano il rilascio di peptidi oressizzanti)
- Trattamento difficile per l’instaurarsi di meccanismi di dipendenza
- Le attuali modalità di trattamento (chirurgico, farmacologico, comportamentale)
ancora non hanno risultati uniformemente risolutivi
- Anoressia nervosa: porta l’individuo a nutristi in maniera insufficiente. Maggiore in
individui di sesso femminile e nell’età dell’adolescenza. Si lega a:
+ focalizzazione sul pensiero del cibo
+ preoccupazione di aumentare il peso
+ esercizio fisico compulsivo
- Difficile da trattare poiché coinvolge combinazione di fattori geneti, endocrini,
ambientali, cognitivi → strategie terapeutiche comportamentali e farmacologiche
hanno successo in una parte dei casi
- Bulimia nervosa: perdita del controllo sull’assunzione di cibo con ricorrenti abbuffate
associate a evacuazioni forzate
+ focalizzazione sul pensiero del cibo
+ preoccupazione di aumentare il peso
- Ricerca di terapie efficaci ancora in corso
- Disturbo da alimentazione incontrollata: abbuffate ma senza comportamenti
compensatori di eliminazione
L’alterazione nell’assunzione di cibo nella formazione di riserve energetiche possono arrivare a
essere letali (compromissione del funzionamento dei sistemi fisiologici dell’organismo +
incapacità di far fronte a patologie altrimenti non gravi)

APPRENDIMENTO E MEMORIA
Apprendimento: processo che consente l’acquisizione di nuove conoscenze o competenze →
ricordi
Memoria: processo che consente il mantenimento e il recupero delle conoscenze e
competenze apprese.
Apprendimento e memoria sono possibili attraverso la plasticità.

Il processo di acquisizione prevede una codifica, un consolidamento, e poi infine il recupero.


Sono processi connessi fra loro (l’apprendimento permette di acquisire le conoscenze
contenute nella memoria).

Memoria:
- Memoria a breve termine: consente il mantenimento di una quantità limitata di nuove
conoscenze e competenze per un breve periodo di tempo (alcuni secondi)
- Memoria a lungo termine: consente il mantenimento delle nuove conoscenze (quantità
virtualmente illimitata) e competenze per un lungo periodo di tempo (alcuni giorni o
anni). Divisa in:
● Memoria dichiarativa: conoscenze di cui si è consapevoli e che possono essere
espresse verbalmente. Fatti e conoscenze a cui accediamo consapevolmente, di
cui possiamo parlare con gli altri. Questo tipo di memoria si valuta mediante
richieste esplicite in relazione a informazioni apprese precedentemente (liste di
parole o racconti) Divisa in:
- Memoria semantica: relativa alle conoscenze che abbiamo sul mondo e
non include necessariamente informazioni sul contesto in cui esse sono
state apprese
- Memoria episodica: relativa alle memorie su eventi che sono accaduti in
un determinato luogo e tempo (memoria autobiografica), con
conseguente ricordo anche di altre sensazioni o emozioni collegate
● Memoria implicita (non dichiarativa): riguarda le conoscenze percettive,
motorie, affettive, di cui non si è consapevoli e che non si prestano a essere
espresse verbalmente ma si esternano mediante una prestazione. Anche
l’apprendimento di tali conoscenze avviene correntemente mediante la pratica
(es: suonare, andare in bici).

Ci rientrano vari sistemi e tipologie di apprendimento:


- Abituazione: diminuzione della risposta a seguito della presentazione
protratta di uno stimolo innocuo
- Sensibilizzazione: risposta aumentata a stimoli che seguono la
presentazione di uno stimolo intenso o doloroso (es: stimolazione
dolorosa sulla cuta seguita da stimolazione lieve, la seconda percepita
come più forte)
- Apprendimento percettivo: capacità di riconoscere gli stimoli
- Apprendimento motorio: apprendimento di una nuova sequenza di
comportamenti motori a seguito di prove ripetute. Coinvolge corteccia
motoria primaria, gangli della base, cervelletto.
- Apprendimento relazionale:
- Memoria procedurale: relativa alle abilità motorie apprese (es: suonare)
- Condizionamento classico: associazione fra 2 stimoli
- Condizionamento operante: associazione fra uno stimolo e una risposta
BASI BIOLOGICHE DI APPRENDIMENTO E MEMORIA
Neuroplasticità: capacità del cervello di modificarsi strutturalmente e funzionalmente in
risposta all’esperienza. Fondamentale in tutta la vita. Supporta i processi di apprendimento e
memoria.
Il cervello si modifica perché qualsiasi esperienza fatta dall’individuo si traduce in attività dei
circuiti neurali, la quale produce a sua volta modificazioni strutturali e funzionali, mediate da
molteplici agenti molecolari e cellulari:
- A livello molecolare: questi cambiamenti possono riguardare agenti come
neurotrasmettitori e fattori neurotrofici
- A livello cellulare: le modificazioni possono riguardare la neurogenesi (nascita di nuovi
neuroni), gliogenesi (nascita di cellule gliali), angiogenesi (potenziamento
dell’apparato circolatorio), sinaptogenesi

Plasticità sinaptica: comporta modificazioni strutturali e biochimiche che provocano


un’alterazione negli effetti delle sinapsi stesse sui neuroni postsinaptici

La formazione ippocampale
Area della corteccia limbica, localizzata nel lobo temporale. Struttura ripiegata su se stessa e
curvata, assume una struttura 3D che assomiglia a un ippocampo.
Include 2 strati neuronali ripiegati l’uno sull’altro:
- Corpo di ammone: si compone di 3 divisioni principali: CA1, CA2 e CA3
- Giro dentato
- Include anche il subiculum
Gli input arrivano principalmente dalla corteccia entorinale mediante un gruppo di assoni detto
via perforante. Essa fa sinapsi sulle cellule granulari del giro dentato. Queste cellule formano
altri assoni, le fibre muscoidi che fanno sinapsi con l’area CA3. gli assoni delle cellule CA3 si
ramificano: 1) una branca va ad aree extraippocampali attraverso il fornice, 2) l’altra detta
collaterale di Schaffer fa sinapsi in CA1

Studi sull’ippocampo:
- Stimolazioni intense elettriche applicate ai neuroni ippocampali presinaptici causavano
aumento a lungo termine nell’entità della risposta eccitatoria dei neuroni postsinaptici,
che producevano potenziali postsinaptici di entità maggiore. Questo fenomeno può
durare diversi mesi → potenzialmento a lungo termine (LTP)
- Gli impulsi devono essere somministrati in un treno ad alta frequenza → i potenziali
postsinaptici eccitatori possono sommarsi → depolarizzazione sufficiente della
membrana postsinaptica
- LTP ha un carattere associativo, che risponde alla legge di Hebb (anni 40): “se una
sinapsi si attiva ripetutamente mentre un neurone postsinaptico scarica, la struttura e la
chimica della sinapsi si modificheranno, e la sinapsi ne sarà rinforzata”.
- Implica che se si attivano contemporaneamente una sinapsi debole e una forte che
fanno terminazione sullo stesso neurone, la sinapsi debole si rafforza
- l’LTP richiede l’associazione fra due eventi:
● Attivazione delle sinapsi
● Depolarizzazione del neurone postsinaptico

Le spine dendritiche sono luoghi dove possono avvenire più sinapsi, e aumentano la
superifice dei dendriti + isolano le reazioni chimiche innescate nella trasmissione.
- Il rafforzamento delle sinapsi si verifica quando le molecole di neurotrasmettitore
rilasciate dal bottone presinaptico si legano a recettori postsinaptici che si trovano su
una spina dendritica già polarizzata
- In alcune cellule piramidali, quando il neurone postsinaptico scarica, la
depolarizzazione si propaga anche a ritroso, lungo il dendrite → spike dendritico
- Nello stabilirsi dell’LTP è coinvolto il recettore NMDA (recettore per il glutammato).
Esso controlla un canale per gli ioni calcio. Normalmente questo canale è bloccato da
uno ione magnesio, il quale viene espulso se la membrana postsinaptica si depolarizza.
→ questo consente agli ioni calcio di entrare nella cellula
Quindi il recettore NMDA è un canale neurotrasmettitore + voltaggio dipendente (questo ci
dà il carattere associativo dell’LTP)

Gli ioni calcio che entrano nella spina dendritica si legano attivandoli con vari enzimi, tra cui
CaM K2, il quale ne inattiva un altro, Pin1 che inibisce la sintesi della proteina PKM-z, che
agisce su una proteina di trasporto NSF.
La proteina NSF agisce su un altro recettore per il glutammato, il recettore AMPA. La proteina
di trasporto fa spostare il recettore AMPA verso la zona in cui avviene la sinapsi (avviene nel
tempo di alcuni minuti)
Il recettore AMPA controlla un canale per gli ioni sodio.
L’effetto è un maggiore ingresso di sodio nella cellula → potenziale postsinaptico più grande

LTP di lunga durata ha bisogno di ulteriori passaggi:


- Proteina PKM-z si lega all’enzima Pin1, disattivandolo → la stessa PKM-z quindi
continua ad essere sintetizzata. Questo è alla base dell’LTP di lunga durata.

Quindi il PLT-Precoce:
1. Ingresso di ioni calcio
2. Attivazione di CaM K2 da parte del calcio
3. Disattivazione di Pn1 (che inibisce PKM-z)
4. Sintesi di PKM-z dal suo RNAm
5. Movimento dei recettori AMPA nella membrana postsinaptica
PLT-L:
6. PKM-z sopprime Pin1 → la produzione di PKM-z si autosostenta
Le modificazioni descritte si legano a cambiamenti morfologici delle spine dendritiche (forma e
ampiezza), divenendo più grandi. Inoltre si formano nuove spine dendritiche su cui si formano
nuove connessioni.

Esperimenti con animali che vengono sottoposti a stimoli nuovi all’interno di gabbie con
aggiunta di oggetti ecc…, messi a confronto con gruppi di controllo → si confrontano prestazioni
di apprendimento e memoria = un’esperienza di livello più alto provoca prestazione di
apprendimento e memoria superiore che si associa a una proliferazione dendritica più ampia.

Si ritiene che possano essere coinvolte nell’LTP anche modificazioni che riguardano strutture
presinaptiche:
Fra queste l’attivazione nelle spine dendritiche dell’enzima ossido di azoto sintasi, ad opera
degli ioni calcio → induce la produzione di ossido di azoto, che agisce come messaggero
retrogrado alterando il funzionamento del bottone sinaptico → aumento nel rilascio di
glutammato (rinforza le sinapsi)

Depressione a lungo temine


Le modificazioni a carico delle sinapsi possono anche consistere in un indebolimento.
I circuiti che supportano il mantenimento delle memorie si strutturano sia con rafforzamento che
con indebolimento.
Una stimolazione a bassa frequenza → riduzione della forza di una sinapsi
Questo può avvenire anche se un input sinaptico si attiva nel momento in cui la membrana
postsinaptica è debolmente depolarizzata o iperpolarizzata. Questo fenomeno è detto
depressione a lungo termine (LTD).
Comporta una riduzione dei recettori AMPA, mediato come l’aumento dei recettori AMPA,
dall’attivazione dei recettori NMDA. sembra ci siano diversi tipi di recettori NMDA, che
attivano una catena di processi differenti (con uno scarso e prolungato ingresso di ioni calcio).

APPRENDIMENTO PERCETTIVO
L’apprendimento è quel processo attraverso cui l’esperienza agisce sulla struttura e sulla
funzione del nostro sistema nervoso, inducendo cambiamenti. Esso permette l’adattamento:
capacità di rispondere in maniera adeguata alle situazioni che si presentano nell’ambiente in
continuo mutamento.

Apprendimento percettivo: forma di base di apprendimento che consente di acquisire la


capacità di riconoscere gli stimoli precedentemente percepiti, indipendentemente dalla risposta
che si produce alla loro presenza. Permette di categorizzare e identificare oggetti e situazioni.
Riguarda stimoli completamente nuovi oppure variazioni di stimoli familiari.
È un processo alla base dell’identificazione e alla categorizzazione di oggetti e situazioni.
Può riguardare ognuno dei nostri sistemi sensoriali:
- Stimoli visivi: modificazioni della corteccia visiva associativa (la quale riceve
informazioni dal nucleo genicolato laterale del talamo) es: la capacità di discriminare fra
stimoli visivi è compromessa da lesioni della corteccia temporale inferiore (via ventrale,
del what) → viene compromessa la capacità di percepire + riconoscere gli stimoli
● Il processo di apprendimento percettivo si basa sullo stabilirsi di modificazioni
nelle connessioni sinaptiche interne alla corteccia associativa visiva → si
stabiliscono nuovi circuiti neurali: quando si presenta a un individuo lo stesso
stimolo si riattiva lo stesso pattern di attività neurale nella corteccia associativa
visiva → questo supporta il riconoscimento
L’apprendimento percettivo può coinvolgere sistemi sensoriali differenti e si basa su processi
simili, a carico delle aree cerebrali associative. Il riconoscimento degli stimoli sulla base di
determinate caratteristiche sensoriali è supportato dalla riattivazione dei circuiti formatisi in tali
aree cerebrali.

È funzionalmente utile ricordare lo stimolo anche se non è presente alla nostra percezione:

Memoria percettiva a breve termine


Consente di ricordare uno stimolo o un numero limitato di stimoli per un breve intervallo di
tempo (pochi secondi). Questo processo sembra basato sul mantenimento in attività dei circuiti
neurali interni alla corteccia sensoriale associativa stabiliti nel corso dell’apprendimento
percettivo
Coinvolge anche altre aree cerebrali:
- Corteccia prefrontale: coinvolta nell'organizzazione delle informazioni da ricordare +
strategie di recupero delle informazioni + monitoraggio dei risultati del processo →
coinvolta nell’efficace mantenimento in memoria delle informazioni rilevanti
- Gangli della base: filtrazione delle informazioni rilevanti

CONDIZIONAMENTO CLASSICO
Riguarda l’associazione fra due stimoli, in virtù della quale uno stimolo neutro acquisisce le
proprietà di uno stimolo saliente. In particolare, uno stimolo che precedentemente non aveva
una specifica rilevanza sul comportamento dell’individuo acquisisce la caratteristica di evocare
una risposta specie-specifica di tipo riflesso
Coinvolge il rafforzamento di connessioni fra circuiti nella percezione (2 stimoli) e quelli coinvolti
nella risposta (comportamento)
- Stimolo incondizionato: induce naturalmente una risposta specie specifica → risposta
incondizionata
Il processo di apprendimento si basa sulla presentazione ripetuta di uno stimolo neutro
seguito da uno stimolo incondizionato. → la risposta riflessa (incondizionata) verrà già prodotta
dopo la presentazione dello stimolo neutro
- Stimolo condizionato: lo stimolo neutro associato alla risposta incondizionata tramite la
presentazione accoppriata con lo stimolo incondizionato → produce la risposta
condizionata
Lo stabilirsi del condizionamento classico si basa sulla legge di Hebb: se una sinapsi si attiva
ripetutamente nel momento in cui scarica il neurone postsinaptico, la struttura della sinapsi si
modificherà rafforzandosi → una sinapsi debole (stimolo neutro) si rafforzerà attivandosi su un
neurone che scarica in virtù dell’attività di una sinapsi forte (stimolo incondizionato)

→ Potenziamento a lungo termine (LTP): supporta il mantenimento nella memoria


dell’associazione fra i due stimoli per un certo tempo (se poi si perde serviranno meno
associazioni per associare di nuovo gli stimoli)

Tali cambiamenti avvengono in aree cerebrali differenti in base alla tipologia degli stimoli e della
risposta coinvolti

Risposta emozionale condizionata


Uno stimolo avverso provoca una risposta che ha componenti ormonali, vegetative e
comportamentali.
Risposta emozionale condizionata (frutto di apprendimento) si stabilisce associando uno
stimolo neutro a uno stimolo avverso (stimolo incondizionato). Dopo ripetute ripetizioni, lo
stimolo neutro diventerà stimolo condizionato, e sufficiente a provocare la risposta emozionale
condizionata .
In questo caso le informazioni relative allo stimolo neutro e quello avverso raggiungono il
nucleo laterale dell’amigdala (che invia informazioni al nucleo centrale, che le trasmette alle
aree cerebrali che controllano la risposta). In questa sede avviente l’LTP, rafforzando la sinapsi
debole (quella che risponde allo stimolo inizialmente neutro)

CONDIZIONAMENTO OPERANTE
Coinvolge l’associazione fra uno stimolo e una risposta (non automatica allo stimolo) e che avrà
più o meno ripetuto in funzione delle conseguenze:
- Emissione di una risposta alla presenza di uno stimolo ha ripetutamente conseguenze
positive (rinforzo) il soggetto tenderà a metterlo in atto
- Emissione di una risposta alla presenza di uno stimolo ha ripetutamente conseguenze
negative (punizione) il soggetto tenderà a non metterlo in atto
In caso di conseguenze positive, il verificarsi del rinforzo comporta modificazioni plastiche che
rendono più forti le connessioni che supportano la percezione dello stimolo e quelli che
controllano la rinforza.

Queste modificazioni plastiche coinvolgono circuiti che originano dalle aree dell corteccia
sensoriale associativa (Percezione) e arrivano alla corteccia motoria associativa (lobo frontale)

Le aree associative sensoriali sono connesse alle aree associative motorie da 3 vie principale:
- Connessioni transcorticali dirette (implicate nell’acquisizione di memorie dichiarative
episodiche + acquisizione comportamenti complessi)
- Connessioni attraverso gangli della base e talamo (i comportamenti appresi quando
diventano automatici sono trasferiti ai gangli della base, con il ripetersi del
comportamento)
- Connessioni attraverso cervelletto e talamo
Le modificazioni plastiche avvengono nelle prime due vie (non ci sono molti studi sulla 3° via)

Nucleo caudato e putamen ricevono:


- informazioni sensoriali da tutte le aree della corteccia
- Informazioni sui movimenti pianificati e in corso
Le proiezioni da questi raggiungono il globo pallido.
Esso invia proiezioni al lobo frontale (dove i movimenti vengono pianificati ed eseguiti)

All’inizio dell’acquisizione di un comportamento le connessioni transcorticali sono impegnate


nella messa in atto volontaria delle operazioni necessarie che prevedono osservazione
dell’ambiente e il recupero laborioso di una serie di regole
I gangli della base ricevono informazioni sugli stimoli e sulla risposta, come osservatori passivi.
Con la pratica e il continuo ripetersi dell’emissione della risposta, i gangli della base sono
coinvolti nell’apprendimento → quando il comportamento diventa automatico, essi si fanno
carico del controllo di esso → i circuiti transcorticali rimangono liberi di occuparsi
volontariamente di altro. Sembra che l’LTP sia coinvolto a livello dei gangli della base.

Sistema del rinforzo.


Coinvolge i neuroni dopaminergici, in particolare:
- Sistema mesolimbico: origina nell’area tegmentale ventrale del mesencefalo e proietta
verso il proencefalo (amigdala, ippocampo, nucleo accumbens). Il nucleo accumbens è
localizzato nel proencefalo basale e proietta alla porzione ventrale dei gangli della base.
(La stimolazione di diverse regioni del cervello è rinforzante)
- Sistema mesocorticale: origina nell’area tegmentale ventrale del mesencefalo e
proietta verso la neocorteccia, corteccia limbica e ippocampo.
Molti studi hanno rilevato che eventi rinforzanti attivano il nucleo accumbens. Il rilascio di
dopamina avviene anche se si presentano conseguenze negative → quindi deve esserci una
collaborazione fra varie strutture. Il sistema di rinforzo deve consentire:
- Rilevamento del rinforzo stesso. L’efficacia del rinforzo non è automatica, ma dipende
dallo stato dell’organismo e le caratteristiche individuali → il sistema mesolimbico si
attiva in presenza di rinforzi inattesi (se la somministrazione del rinforzo è già prevista,
l’apprendimento è già avvenuto). La rilevazione dell’efficacia di una risposta per ottenere
un rinforzo è coinvolta la corteccia prefrontale, che stimola l’area tegmentale ventrale
+ nucleo accumbens
- Rafforzamento delle connessioni neurali: il rilascio di dopamina sembra mediare
l’LTP delle connessioni fra le aree che percepiscono lo stimolo (sinapsi debole) e le aree
da cui parte il comando motorio. La dopamina induce cambiamenti neuroplastici →
dimostrata questa azione nel nucleo accumbens, amigdala e corteccia prefrontale.
Ruolo della dopamina nel rinforzo:
1. Un elemento attiva sinapsi deboli (Stimolo neutro) sui motoneuroni responsabili del
movimento
2. Il movimento stesso attiva sinapsi forti
3. Se c’è un rinforzo, c’è l’innesco di un neurotrasmettitore che rinforza le sinapsi.

Differenza tra condizionamento classico e operante: Implicano diversi tipi di comportamento


(involontario e volontario) così come diversi tipi di associazioni.
- il condizionamento classico riguarda risposte di tipo automatico quello ora operante
riguarda comportamenti nuovi che devono essere appesi
- Il condizionamento classico richiede un'associazione tra stimoli mentre il
condizionamento operante richiede un'associazione tra uno stimolo e una risposta

SISTEMI DI MEMORIA
memoria sensoriale: i sistemi sensoriali trattengono l’esperienza della sensazione lievemente
più a lungo dello stimolo originale. Da questa solo poche informazioni passano alla MBT.
Memoria a breve termine: l’informazione sensoriale viene codificata e immagazzinata
(memoria di lavoro): l’informazione viene mantenuta attiva per essere utilizzata nei processi
cognitivi in corso). L’informazione in questo magazzino di memoria è labile (pochi item), va può
diventare più stabile passando nella memoria a lungo termine tramite il processo di
consolidamento.

Dal sistema di MLT, l’informazione può essere recuperata mediante il processo di richiamo.
Questo processo è attivo e potenzialmente costruttivo (la memoria recuperata è passibile di
modifiche e alterazioni/distorsioni) → processo funzionale, in quanto può essere utile modificare
le tracce mnestiche per inserirle in altri contesti in virtù di nuove esperienze/necessità.

(elencare i diversi sistemi)

I diversi sistemi possono essere danneggiati indipendentemente l’uno dall’altro.

Amnesia:
disturbo selettivo della memoria, indipendente da disturbi percettivi o del linguaggio o intellettivi,
può derivare da una lesione o un processo degenerativo a carico di aree specifiche del cervello.
Diversi tipi:
- Amnesia anterograda: il disturbo consiste nell’incapacità di apprendere nuove
informazioni con cui si entra in contatto dopo il danno cerebrale
- Amnesia retrograda: consiste nell’incapacità di rievocare informazioni con cui si era
entrati in contatto prima del danno cerebrale
L’amnesia anterograda si presenta raramente in forma pura, e si accompagna spesso ad
amnesia retrograda per gli eventi che precedono il danno per un certo periodo di tempo, con un
gradiente calante verso il passato.
Sindrome di Korsakov: associata ad abuso di alcool e/o malnutrizione, caratteristica perdita di
memorie e creazione di nuove memorie.
- Caso famoso: paziente H.M. (ha vissuto fino a non molti anni fa): disturbo di amnesia
anterograda causato da un intervento chirurgico effettuato a causa di un caso grave di
epilessia. Poco prima dei 30, intervento che ha la conseguenza di danneggiare il lobo
temporale mediale (formazione ippocampale) → amnesia anterograda

Nell’amneia anterograda non tutte le abilità di apprendimento sono compremesse.


Abilità non compromesse:
- L’apprendimento percettivo risulta preservato (esperimento: stimoli che vengono
presentati serialmente dalla configurazione più incompleta a quella più completa.
Difficilmente individui non riconoscono il primo stimolo incompleto, ma con più
presentazioni, si riconoscerà il primo conoscendo l’ultimo. Anche i pazienti amnesici,
anche HM, riescono a riconoscere gli oggetti da configurazioni più incomplete)
- Processi di condizionamento (classico e operante) risulta preservato: con il paziente
HM anche a distanza di mesi l’apprendimento era mantenuto anche per processi di
condizionamento (es: apprende risposta condizionata di ammiccamento e si mantiene
per anni)
- Memorie procedurali: rimangono preservate le abilità di memoria non dichiarativa (es:
spingere bottoni quando si presenta uno stimolo corrispondente. Gli stimoli vengono
presentati sempre nella stessa sequenza. Il paziente amnesico acquisisce la memoria
della sequenza e la risposta è sempre più veloce). Derivano da processi di
apprendimento automatico e non richiedono tentativo di memorizzarlo volontariamente
Viene compromesso:
- acquisizione di memorie dichiarative: deriva da un danno a carico della formazione
ippocampale o delle regioni connesse efferenti o afferenti:
● Input principale alla formazione ippocampale: corteccia entorinale, la quale
riceve afferenze da amigdala, corteccia limbica, aree associative della
neocorteccia. Queste afferenze sono dirette o mediate dalla corteccia
paraippocampale
● Riceve anche afferenze modulatorie dopaminergiche dall’area tegmentale
ventrale, noradrenergiche dal locus coeruleus, serotoninergiche dai nuclei del
rafe, acetilcolinergiche dal setto mediale. Riceve afferenze anche dai corpi
mammillari dell’ipotalamo posteriore.
La formazione ippocampale riveste un ruolo fondamentale attraverso il quale si formano le
memorie dichiarative.
Il ruolo si basa sulle informazioni relative agli eventi in corso nell’ambiente, provenienti dalle
corteccia associative sensoriali e motorie + regioni sottocorticali (gangli della base +
amigdala)
La formazione ippocampale invia a sua volta delle proiezioni a tutte queste aree → queste
connessioni agiscono sulle memorie che si vanno consolidando, legandole e creando delle
relazioni tra di esse.

Danni alla formazione ippocampale → amnesia anterograda e parziale amnesia retrograda →


questo mostra che questa area è necessaria alla trasformazione graduale (consolidamento)
delle memorie che rimangono nelle aree che ricevono proiezioni dalla formazione ippocampale.
È anche necessario fino a che la trasformazione non è avvenuta + recupero delle memorie

Memorie episodiche sembrano localizzarsi nelle cortecce associative sensoriali


Memorie semantiche sembrano localizzarsi nella corteccia del lobo temporale laterale

Memoria spaziale
Memoria spaziale: relativa alle informazione sulla localizzazione degli stimoli nell’ambiente.

Negli esperimenti sulla memoria con gli animali bisogna inferire sulla base dei comportamenti.
Si usano quindi dei labirinti, in cui gli animali dovranno mettere in atto diversi tipi di competenze
che mettono in atto la memoria spaziale. (es: animale in un labirinto ad acqua, in cui l’animale
deve trovare una piattaforma che gli permetta di mettersi all’asciutto. Deve quindi imparare che
c’è una piattaforma e come arrivarci, facendo riferimento agli indizi localizzatori nell’ambiente)

Questa forma di memoria risulta danneggiata in forma di amnesia anterograda, infatti sembra
supportata dalla formazione ippocampale.

Studio su soggetti che usano memoria spaziale (tassisti) → formazioni ippocampali più
sviluppate

Studiate alcune popolazioni di neuroni ippocampali che si attivano quando il soggetto si trova in
posizioni particolari dello spazio:
- Place cell: si attivano quando il soggetto si trova in una posizione particolare dello
spazio
- Grid cell: si trova in una fra molte posizioni poste a distanza regolare
- Border cell: vicino a uno più margini dell’ambiente

Riconsolidamento
Le memorie a lungo termine possono essere modificate → riconsolidamento
Questo processo può avvenire in conseguenza di una riattivazione della traccia mnestica
precedentemente consolidata (la traccia viene richiamata per far avvenire il riconsolidamento)
Se si somministrano shock elettroconvulsivi subito dopo un processo di apprendimento,
questo può disturbare la traccia. Il giorno dopo questo non avrà effetto sulla traccia
consolidata. Se però la traccia si richiama, lo shock agirà sulla traccia.
Perché il riconsolidamento avvenga, c’è bisogno di un nuovo LTP.

Nei processi di apprendimento e memoria può coinvolgere la nascita di nuovi neuroni


all’interno dell’ippocampo. Questi possono svilupparsi venendo integrati nei circuiti neuronali
preesistenti, a supporto dell'acquisizione di nuove conoscenze/competenze, sempre mediante
un LTP.

LE EMOZIONI
Emozione ha almeno 3 aspetti fondamentali:
- Un insieme di cambiamenti fisiologici involontari
- L’espressione di comportamenti caratteristici (o l’esigenza di metterli in atto)
- L’esperienza di un vissuto soggettivo
Tali processi possono riguardare solo il soggetto che prova l’emozione o anche altri individui
con cui interagisce. Si può nascondere di provare un’emozione (le componenti visibili).

In relazione a cambiamenti fisiologici involontari e comportamenti caratteristici, si parla di


modelli organizzati di risposta emozionale. Si riconoscono 3 componenti:
- Componente comportamentale: movimenti muscolari appropriati alla situazione che
genera l’emozione (muscoli → comportamento)
- Componente vegetativa: legata all’attivazione del sistema nervoso autonomo (facilita
la componente comportamentale) (sistema nervoso autonomo → risposta automatica)
- Componente ormonale: secrezione di ormoni che vanno a facilitare alcune
caratteristiche fisiologiche da parte del sistema endocrino (potenzia la componente
vegetativa) (sistema endocrino → risposta endocrina)

Teorie sulle emozioni:


- Teoria Periferica delle Emozioni di James-Lange (fine 1800): secondo questa teoria,
la percezione di una situazione tale da attivare un’emozione induce una risposta
comportamentale, vegetativa e ormonale. Il feedback sensoriale che riceviamo in
conseguenza di tali cambiamenti provoca il vissuto emotivo soggettivo. (“ho paura
perché tremo”)
- Teoria Centrale delle Emozioni di Cannon-Bard (confuta la teoria di James-Lange
all’inzio del 1900). Sostiene l’impossibilità che i visceri potessero dare un feedback
abbastanza veloce per sostenere il nostro “sentire” le emozioni che di solito è più
immediato. In più, tagliando le afferenze sensoriali dai visceri al cervello, questo non
altera la risposta emotiva. Secondo la teoria: la percezione di una situazione tale da
attivare un’emozione induce contemporaneamente sia la risposta comportamentale,
vegetativa e ormonale, sia il vissuto emotivo soggettivo. A mediare le componenti
sarebbe il talamo. (“ho paura E tremo”)
- Studi successivi esistono evidenze a favore e contro entrambe le teorie. (es: tagliando le
afferenze sul feedback sensoriale dai visceri non sempre non c’è un effetto sulle
emozioni)

A favore della teoria periferica:


- Il feedback sensoriale proveniente dai muscoli facciali utilizzati per esprimere
un’emozione è in grado di influenzare l’umore e persino di indurre cambiamenti
nell'attività del sistema nervoso autonomo.
Contro la teoria periferica:
- Ancora controversa l'associazione tra uno specifico quadro di attivazione del sistema
nervoso autonomo e un particolare vissuto emotivo (es: diverse emozioni sono collegate
agli stessi effetti del sistema nervoso simpatico/parasimpatico → as esempio rabbia,
sorpresa, paura

Si dedicano ancora molti studi per comprendere le basi biologiche di ognuna delle emozioni.
Emozioni molto studiate sono quelle date dal presentarsi di stimoli nocivi → paura e
aggressività (legate a manifestazioni molto leggibili)

Classificazione delle emozioni


Risposte ancora non univoche.
Emozioni di base secondo Ekman: basate sullos tudio delle espressioni emozionali
identificabili in differenti culture. Indica come emozioni di base:
- Rabbia
- Tristezza
- Felicità
- Paura
- Disgusto
- Sorpresa
- Disprezzo
- Imbarazzo
Si discute ancora su quali siano le emozioni di base e quali siano le componenti del sistema
nervoso coinvolte

Paura
Paura: emozione dall’espressione ampiamente identificabile, funzionale alla protezione
dell'individuo dai pericoli che possono minacciarne la sopravvivenza (se riconosciamo paura in
un altro individuo, ci accorgeremo di un possibile pericolo nell’ambiente).
L’integrazione delle componenti della risposta di paura sembra dipendere dall’amigdala,
struttura localizzata bilateralmente nella parte mediale dei lobi temporali.
Amigdala: svolge funzione determinante nelle reazioni alle situazioni emotive che rivestono un
significato biologico particolare (quelle che preannunciano dolore, spiacevolezza, presenza di
cibo, acqua, sale, rivali, compagni). Localizzata all’interno dei lobi temporali.
È suddivisa da un complesso di nuclei, correntemente divisi in 3 gruppi:
- Nucleo laterale: riceve informazioni sensoriali da tutte le aree della corteccia
(informazioni su cosa sta avvenendo nell’ambiente). Esso invia proiezioni al nucleo
basale
- Nucleo laterale + nucleo basale → nucleo centrale, il quale invia all’ipotalamo,
mesencefalo, ponte, bulbo che controllano componenti comportamentale, vegetale e
ormonale della risposta emozionale, in particolare della risposta a stimoli potenzialmente
nocivi (risposte di paura)
● Lesioni dell’amigdala (nucleo centrale in particolare) compromettono manifestazioni di
paura / stimolazione dell'amigdala provoca risposta assimilabile a una risposta di paura.
● Alcuni stimoli attivano automaticamente il nucleo centrale e producono reazioni di paura
(rumori, vista di un animale aggressivo, altitudine, suoni e odori specifici)
● La risposta di paura può essere oggetto di apprendimento: si può apprendere che una
situazione possa rappresentare un pericolo. La maggior parte delle paure dell’uomo è
acquisita socialmente e non attraverso un’esperienza in prima persona con gli stimoli
dolorosi.

Risposta emozionale condizionata (forma più elementare di apprendimento emotivo):


emessa a seguito di un processo di condizionamento classico (stimolo neutro seguito da
stimolo nocivo, incondizionato, che evoca una risposta emozionale incondizionata. Lo stimolo
neutro diventa stimolo condizionato che evoca una risposta condizionata)
Nell’uomo la risposta di paura condizionata può essere appresa anche mediante interazione
sociale e istruzioni verbali (es: semaforo)

Cambiamenti plastici nella struttura cerebrale che supportano il condizionamento classico in


relazione alla risposta emozionale avvengono all’interno del nucleo laterale dell’amigdala.

Nel caso in cui lo stimolo condizionato si presenti ripetutamente senza essere seguito dallo
stimolo nocivo, la risposta emozionale andrà incontro a estinzione e non sarà più espressa.
L’inibizione della risposta emozionale condizionata è controllata dalla corteccia prefrontale
ventromediale (alla base dei lobi frontali anteriori, localizzata medialmente).
Il ricordo dell’associazione tra risposta condizionata e stimolo avversivo non si cancella, però,
ma viene inibita.
La corteccia prefrontale ventromediale riceve input su cosa sta succedendo nell’ambiente +
piani in via di formazione nei lobi frontali → le sue efferenze influenzano varietà di
comportamenti e risposte fisiologiche, come le risposte emotive organizzate dall’amigdala.

La risposta emozionale a stimoli nocivi ha una funzione adattiva, supportando una risposta di
reazione di attacco o fuga
Stress
Riguarda sia stimoli avversi o minacciosi, sia la risposta innescata (risposta da stress).
La risposta da stress supporta la mobilizzazione delle risorse energetiche funzionali all’intensa
attività necessaria a fronteggiare gli stimoli avversi. Include l’attivazione del sistema nervoso
simpatico e la secrezione da parte della ghiandola surrenale di epinefrina, norepinefrina,
ormoni steroidei (es cortisolo).
Questa risposta, in una situazione circoscritta (di breve durata) è funzionale.

Qualora gli stimoli avversi rimangano a lungo, e la risposta da stress diventi a lungo termine,
questo ha conseguenze gravi sulla salute (effetti nocivi sulla strruttura del funzionamento
cerebrale, ipertensione, deperimento muscolare, diabete steroideo, ulcera, inibizione della
crescita, infertilità, depressione del sistema immunitario.

Rabbia e aggressività
Comuni a tutte le specie animali, e sono specie-specifici. Supportati da circuiti neuronali il cui
sviluppo è programmato geneticamente. Questi comportamenti hanno valore adattivo, da
ricercarsi nella competizione per la riproduzione o all’autodifesa.
Il comportamento aggressivo può prevedere attacchi o anche solo posture e gesti che lascino
presagire l’attacco (comportamenti di minaccia) → in risposta ci saranno comportamenti
difensivi (minacciosi o attacchi) o di sottomissione.
Nel caso dell’attacco a un membro della propria specie, c’è alta attivazione simpatica. Nella
predazione invece no: il predatore non è arrabbiato con la propria preda, ma è solo un mezzo
per raggiungere un fine.

Il controllo neurale di questo comportamento coinvolge numerose strutture e diversi fattori


molecolari:
- Movimenti muscolari legati ad attacco e difesa: controllato da circuiti troncoencefalici, in
particolare sostanza grigia periacquedottale
- Il controllo di questi comportamenti è gerarchico, amigdala e ipotalamo controllano
l'attività dei nuclei della sostanza grigia periacqueduttale in senso eccitatorio e inibitorio
- Corteccia prefrontale ventromediale: ruolo fondamentale nella regolazione
dell’espressione dei comportamenti aggressivi:
● Le afferenze a tale aree della corteccia (che vengono da talamo dorsomediale,
corteccia frontale e temporale, area tegmentale ventrale, sistema olfattico e e
amigdala) danno informazioni su cosa succede nell’ambiente e piani di azione
che vengono elaborati al momento
● Le efferenze (che raggiungono altre aree di corteccia frontale, temporale e
cingolata, formazione ippocampale, ipotalamo laterale e amigdale), le
consentono di controllare un ampio spettro di comportamenti e risposte
fisiologiche fra cui le risposte emozionali controllate dall’amigdala (quindi anche
comprotamenti aggressivi)
● Ha un ruolo di interfaccia fra i meccanismi cerebrali coinvolti nelle risposte
emozionali automatiche innate e apprese e i meccanismi implicati nel controllo
dei comportamenti complessi (basati sull’integrazione delle risposte automatiche
+ quelle basate sull’esperienza, di livello cognitivo più alto, che metteranno
l’individuo in grado di mettere in atto comportamenti basate su valutazioni
adeguate)
● Implicata nella formulazione di giudizi morali

Lesioni della corteccia prefrontale ventromediale causa compromissione grave nel controllo
comportamentale e nella capacità di prendere decisioni → non c’è compromissione cognitiva,
ma la disregolazione emotiva danneggia la capacità di gestire le situazioni nel mondo reale, in
particolare se richiedono giudizi morali, etici o pratici (mancanza di controllo emozionale) →
compromissione delle capacità di vivere nel mondo
(es: Phineas Gage: sbarra di acciaio si inserisce nel cranio a livello della corteccia prefrontale
→ cambiamento del comportamento, che diventa non socialmente adeguata: diventa infantile,
irascibile, non affidabile, non capace di portare a compimento un progetto. Aveva perso il
controllo comportamentale e l’adeguata presa di decisioni)

La corteccia prefrontale riceve importante input eccitatorio dai neuroni serotoninergici.


Serotonina: funzione inibitoria dei comportamenti aggressivi (funzione di controllo dei
comportamenti a rischio, tra cui l’aggressività)

Il comportamento aggressivo risente dell'azione degli ormoni (in particolare gli androgeni che
sembrano promuovere il comportamento aggressivo tra maschi, esercitando azione sull’area
preottica mediale).
(esperimento su roditori: in fase prenatale, femmine affiancate da due maschi - quindi a livelli
più alti di androgeni → hanno più propensione al comportamento aggreessivo. / su gemelli
umani: livelli più alti di androgeni su gemelle femmine sensibilizzano i circuiti che danno vita a
questi comportamenti)
Comportamento aggressivo nei maschi aumenta nella pubertà (quando gli androgeni
aumentano)
Comportamento aggressivo nelle femmine prima delle mestruazioni e intorno al periodo
dell’ovulazione
Complessivamente, la ricerca dimostra che il testosterone non aumenta l’aggressività di per sè,
ma i comportamenti che aiutano l’individuo a assicurarsi un elevato status sociale. Sulla base
del contesto e i tratti personali, può quindi aumentare comportamenti anti o prosociali.

Ereditarietà dell’aggressività: sembra ci sia concordanza maggiore in gemelli monozigoti


rispetto a dizigoti. Probabilmente dovuta a sistemi serotoninergici e/o cromosoma Y (più
aggressività nei maschi)
Comunicazione delle emozioni
L’emozione può consistere in un vissuto personale intimo, ma anche essere comunicata agli
altri individui mediante espressioni facciali, cambiamenti posturali, suoni non verbali.
La funzione della comunicazione delle emozioni riguarda diversi vantaggi sociali: comunicando
l’emozione provata si comunica anche in merito a quali azioni è probabile siano messe in atto +
viene richiamata l'attenzione su stimoli salienti (es: paura per uno stimolo, riconosciuta e
utilizzata da un altro individuo per individuare un pericolo nell’ambiente)

Storia:
- 1900: Darwin avanzò che le espressioni facciali delle emozioni avessero caratteristiche
comuni nell’essere umano e negli animali: risposte non apprese, controllate da
meccanismi cerebrali innati, consistenti in un repertorio specie-specifico di movimenti
dei muscoli facciali. Si basava sull’osservazione dei propri bambini e di individui
appartenenti a culture differenti prive di contatti intercorrenti → riportò concordanza tra le
configurazioni di movimenti facciali associate a specifiche emozioni fra persone
appartenente a culture diverse non interagenti.
- Conferme di questa teoria da parte di Paul Ekman (psicologo statunitense). Studi su
individui di una tribù isolata della Nuova Guinea: conferma che le espressioni facciali
delle emozioni sono frutto di schemi comporamentali non appresi.
- Studi ancora in corso → le 6 espressioni facciali primarie identificate da Ekman
(rabbia, disgusto, paura, gioia, tristezza, sorpresa) si presentano in realtà molto
raramente in forma pura. Sono state riconosciute a seguire ulteriori espressioni di
emozioni ritenute primare (non vi è ancora un accordo definitivo).
- Riconosciuto nel tempo che anche i segnali corporei rivestono grande importanza
nell’espressione e riconoscimento delle emozioni (il riconoscimento è più veloce e più
semplice se espressione e postura sono congruenti, altrimenti più complesso)
- Messa in discussione la natura innata → studi sulle profonde differenze tra caucasici
occidentali e asiatici orientali nell’espressione e nel riconoscimento delle emozioni

Base fisiologica:
Le espressioni facciali di emozione sono consentite dalla muscolatura:
- Muscoli facciali superficiali: attaccati alla pelle del volto, con le loro contrazioni
cambiano la forma di occhi, naso e bocca. Innervati dalla branca motoria del nervo
facciale (VII)
- Muscoli facciali profondi: attaccati alle strutture ossee e consentono movimenti
complessi come la masticazione. Innervati dalla branca motoria del nervo trigemino (V)
Il feedback facciale proveniente dalle espressioni facciali è in grado di modulare l’umore dei
soggetti. (es: guardare a delle immagini sorridendo o meno influenza quello che pensiamo).

Le espressioni facciali sono automatiche e involontarie, ma si può esibire un’espressione


facciale falsa (non corrispondente realmente provata) nella quale però (è stato riportato) che
permangono microespressioni dell’emozione realmente provata della durata breve (0,5
secondi). Queste possono essere identificate con la pratica e spesso rimangono sottili
differenze tra le espressioni volontare e involontari che un osservatore allenato può individuare.
- Differenza fra sorriso involontario e sorriso volontario (Duchenne, metà del 1800). In
un sorriso involontario si contraggono 2 muscoli: muscolo orbicolare dell’occhio
(circonda l’orbita) e muscolo zigomatico maggiore (fa sollevare gli angoli della bocca
in un sorriso). Il secondo muscolo può essere controllato e usato nel sorriso simulato,
ma la contrazione del muscolo orbicolare dell’occhio avviene in genere solo in un sorriso
spotanteo.
L’indipendenza fra controllo volontario e involontario delle espressioni è confermata dalla
dissociazione fra 2 disturbi neurologici che riguardano movimenti facciali volontari e spontanei:
- Paresi dei movimenti facciali volontari: consegue a lesioni della corteccia motoria
primaria o alle fibre nervose che connettono tale area con il nucleo motore del nervo
facciale (es: paziente non riesce volontariamente a muovere il volto volontariamente, ma
nell’espressione spontanea di emozione riesce)
- Paresi dei movimenti facciali spontanei: consegue a lesioni della corteccia insulare,
sostanza bianca del lobo frontale, regioni del talamo. Regioni connesse alla porzione
caudale del ponte e al bulbo (aree responsabili del movimento volontario dei muscoli
facciali)

Nella codifica delle emozioni nelle espressioni facciali sembra più coinvolto l’emisfero destro. Il
lato sinistro della faccia trasmette in genere le emozioni con un’espressione più intensa →
l’emisfero destro ha una maggiore efficienza nell’espressione emotiva. (es: facce chimeriche)

Nei pazienti con lesione destra, i pazienti hanno anche difficoltà ad immaginare.

L’espressione emotiva prende avvio dal lato sinistro.


Le lesioni dell’emisfero sinistro in genere non compromettono l’espressione delle emozioni, sia
in espressioni facciali che in intonazione della voce (che è un potente indice comunicativo
dell'emozione provata). Esperimenti su pazienti con disturbi del linguaggio: pazienti che hanno
produzione abbondante di linguaggio ma non comprensibile → il tono della voce però rimane
preservata (lesione relativa al linguaggio è nell’emisfero sinistro, mentre le emozioni in quello
destro) (es: afasia di Wernicke fa perdere capacità di linguaggio ma mantiene intonazione delle
emozioni)
Lesioni dell’emisfero destro compromettono sia espressione che intonazione.

Riconoscimento delle emozioni


La comunicazione delle emozioni assolve le sue funzioni solo se si instaura un processo
bidirezionale (un individuo che esprime + un individuo in grado di interpretare correttamente).
L’espressione delle emozioni è più intensa in situazioni che prevedono interazione sociale
(tendenza innata, riportata anche nei bambini molto piccoli)
Riconoscimento: processo in genere automatico, rapido e accurato.
- L’emisfero destro sembra avere un ruolo predominante (sia per espressioni facciali che
tono di voce)
- Ruolo importante dell’amigdala (in particolare per espressioni di paura, ma non sulla
base del tono della voce):
● Amigdala riceve informazioni visive da aree corticali e sottocorticali:
- Input sottocorticale dal collicolo superiore e dal pulvinar (talamo
posteriore) e sembra portare le informazioni più importanti per il
riconoscimento delle emozioni
Visione cieca affettiva: conseguente al danneggiamento della corteccia visiva. I soggetti con
questa patologia, pur non avendo consapevolezza di osservare un volto, sono in grado di
riconoscere le espressioni facciali di emozione e anche mimare le espressioni, nonostante
l0’inconsapevolezza della visione delle immagini
La corteccia visiva riceve informazioni da 2 sistemi neuronali, ovvero il sistema
magnocellulare (info su movimento, profondità, differenze di luminosità) e il sistema
parvocellulare (colore + dettagli fini). L'informazione che raggiunge l’amigdala dal collicolo
superiore e dal pulvinar ha origine nel sistema magnocellulare.

- Il riconoscimento dei volti, mediato dall’area fusiforme della faccia, si basa sul sistema
parvocellulare.
- L’amigdala supporta invece il riconoscimento delle espressioni emotive sulla base di
informazioni a frequenza spaziale bassa, trasmesse dal sistema magnocellulare.

Ruolo importante della percezione della direzione dello sguardo dell’individuo (info su
stimolo + destinatario delle azioni che saranno compiute).
Nella percezione di questa sono coinvolti i neuroni del solco temporale superiore + corteccia
parietale: le connessioni tra queste aree sono probabilmente alla base della focalizzazione
dell’attenzione veerso una determinata localizzazione spaziale indicata dalla direzione dello
sguardo

Nel riconoscimento delle espressioni emozionali è coinvolta anche la corteccia


somatosensoriale destra: nel momento in cui si osserva un’espressione emozionale si
immagine di esprimerla e spesso la si imita realmente. Questo perché si attiva una
rappresentazione somatosensoriale dell’espressione emozionale immaginata o agita
nell’individuo che osserva, che supporta il riconoscimento. La produzione del feedback
somatosensoriale è indotto dai neuroni specchio nell’area premotoria ventrale, che si attivano
quando un individuo osserva/ascolta l’espressione di un’emozione da parte di un altro.

Altre aree cerebrali sono coinvolte nel riconoscimento di emozioni specifiche:


- Corteccia insulare + gangli della base: coinvolti nel riconoscimento del disgusto
(legato all’evitamento delle malattie). Corteccia insulare contiene la corteccia gustativa
primaria.
IL LINGUAGGIO
Argomenti:
- Linguaggio
- Lateralizzazione emisferica
- Metodi di studio applicati al linguaggio
- Afasia e sindromi
- Coinvolgimento dell’emisfero destro

Comunicazione: trasmissione di informazioni tra gli individui. Comune l’utilizzo di segnali fisici
e comportamentali comune a molte specie umane.
Linguaggio: forma di comunicazione tipica della specia umana, consiste in una sistema di
suoni, simboli e gesti utilizzati per rappresentare e comunicare informazione. (anche negli
animali, sotto studio)

Persone che parlano una stessa lingua condividono uno stesso insieme più o meno rigido di
regole e si possono quindi combinare e scambiare diversi tipi di informazione, sia in senso
sincronico che diacronico.

- Il linguaggio entra nel cervello attraverso il sistema uditivo e/o il sistema visivo.
- Sia il linguaggio orale che quello scritto vengono prodotti mediante il sistema motorio.

La specificità della funzione linguistica è insita nell’elaborazione intermedia fra i sistemi indicati
sopra, che coinvolge aree cerebrali specializzate. C’è anche bisogno di un’informazione da
comunicare, quindi coinvolgimento anche, per esempio, delle aree relative alla memoria.

Danni cerebrali diversi possono disturbare aspetti specifici del linguaggio → ci sono quindi aree
distinte che si occupano di componenti distinte

Funzione del linguaggio: comunicare esperienze e emozioni umane


Scopo: indurre un comportamento negli altri individuio semplicemente la ricerca di attenzione e
ascolto (che sono comunque un comportamento)

Lateralizzazione: alcuni sistemi funzionali sono maggiormente associati a uno o l’altro emisfero
del cervello, che viene quindi detto specializzato o dominante per determinate funzioni.
(tuttavia l’ottimale svoglimento dei processi si basa sul lavoro combinato dei due emisferi).
- Stimato che l’emisfero sinistro sia dominante per il linguaggio per 90% della
popolazione totale, quindi i circuiti neurali principali che mediano questa funzione
risiedono in tale emisfero.
- La dominanza dell’emisfero destro si osserva nel 4% dei destrimani, nel 15% degli
ambidestri e nel 27% dei mancini. Esso ha comunque un ruolo importante nel
linguaggio, contribuendo ad alcuni aspetti di esso (controllo del ritmo, enfasi del tono
emozionale, ma anche aspetti più figurativi del linguaggio, come le metafore)
Essendo caratteristica specifica dell’uomo, gli studi sul linguaggio non hanno potuto avvalersi
delle indagini su modello animale (alcuni sui primati). Quindi tutte le ricerche sono basate sugli
effetti delle lesioni cerebrali, su pazienti sopravvissuti ad accidenti cerebrali come traumi cranici,
tumori, infezioni cerebrali, esiti di interventi chirurgici e in particolare infarco cerebrovascolare
(nel caso dell’occlusione di un vaso sanguigno, che porta il blocco del sangue, questo provoca
la degenerazione/morte delle popolazioni neuronali dell’area affetta).
Con lo sviluppo delle tecniche di neuroimmagine funzionale è stato possibile integrare queste
conoscenze studiando l’attivazione delle diverse aree cerebrali in soggetti sani durante
l’esecuzione di compiti linguistici.

Disturbi del linguaggio

Afasia
: “disturbo primario della produzione e comprensione dei messaggi verbali causato da lesione
cerebrale focale (che quindi non colpiscono diffusamente il cervello) in persone che avevano
precedentemente acquisito un uso normale della funzione.”
Non deve dipendere da deficit sensoriali o motori o da mancanza di motivazione.
Ci sono diversi tipi di afasia in base alla sede della lesione + componenti del linguaggio che
risultano maggiormente compromesse.
- In particolare in relazione al funzionamento nella produzione, comprensione, ripetizione
e denominazione di stimoli.
- Può essere detta non fluente (se la produazione di linguaggio spontaneo è ridotta
quantitativamente e qualitativamente) o fluente (l’eloquio è ridotto in termini qualitativi
ma non quantitativi)

Afasia di Broca:
produzione lenta e difficoltosa del linguaggio spontaneo, non fluente:
- Difficoltà nella produzione di parole funzione (parole brevi con significato grammaticale,
es articoli, preposizione). Comprensione scarsa.
- Vengono prodotte invece parole contenuto (che esprimono significato)
- Pazienti sono consapevoli della propria difficoltà di espressione, e cercano di
compensare con la gestualità
- Nella valutazione vengono mostrate delle figure con le quali i pazienti non riescono a
costruire una comunicazione strutturata che si articoli nella descrizione dello stimolo
- 3 deficit di linguaggio:
● Agrammatismo: difficoltà nell’utilizzare costrutti grammaticali
● Anomia: difficoltà nel trovare e produrre le parole, sia nell’eloquio spontaneo che
nei compiti di denominazione
● Difficoltà articolatoria: difficoltà di pronuncia delle parole, con frequente
alterazione della sequenza dei fonemi
- Questi deficit si pongono in un gradiente gerarchico (più o meno in un singolo paziente,
a seconda di quanto estesa sia la lesione), dalla difficoltà articolatoria (livello più
elementare) all’agrammatismo. I deficit possono persistere in maniera differente anche a
seconda del grado di recupero funzionale del paziente.
- La comprensione può essere meno compromessa rispetto alla produzione,
specialmente in scambi verbali su agromenti familiare, ma comunque rimane deficitaria,
in particolare in relazione alla capacità di utilizzare le informazioni grammaticali (es: foto
cavallo calcio mucca)
- Ripetizione: stessi deficit che nella produzione
- Linguaggio scritto: deficitario. Lettura: stessi deficit ma poco più fluente
- Consegue a lesioni estese del lobo frontale sinistro, che coinvolgano l’area di Broca +
aree motorie associative circostanti + sostanza bianca sottostante + gangli della
base. Qualora sia coinvolta solo l’insula il paziente avrà solo la difficolta articolatoria

Afasia di Wernicke:
comprensione carente dei messaggi verbali + produzione fluente ma priva di senso
intellegibile. Produzione scarsa
- L’intonazione è mantenuta, ma il linguaggio è pieno di errori fonemici, lessicali e sintattici
- Il paziente è inconsapevole dei propri deficit di linguaggio
- Danneggia il linguaggio a livello di:
● Riconoscimento del linguaggio orale che prevede la comprensione della
sequenza di suoni che costituiscono le parole
● Comprensione del significato delle parole che prevede il recupero di
informazioni aggiuntive nella memoria riguardo il significato delle parole
● Capacità di esprimere pensieri in parole che preede il passaggio delle parole
alle aree deputate alla produzione linguistica
● Compiti di denominazione + ripetizione
● Linguaggio scritto: lettura ad alta voce affetta da stessi deficit della produzione
orale. Comprensione del linguaggio scritto può essere meno compromessa
rispetto a linguaggio orale. Produzione scritta deficitaria
- Consegue a lesioni estese del lobo temporale sinistro che coinvolgano, area di
Wernicke + area posteriore del linguaggio + sostanza bianca sottostante. Se
colpisce solo l’area di Wernicke la patologia è detta sordità verbale pura (scarsa
comprensione e ripetizione)

Afasia sensoriale transcorticale:


capacità conservata di ripetizione che si accompagna a comprensione carente e produzione di
un linguaggio spontaneo fluente ma sostanzialmente privo di senso intellegibile. Rimane la
capacità di ripetizione. Comprensione scarsa
- Il paziente non comprende quello che percepisce e ripete e non riesce autonomamente
a produrre un linguaggio comprensibile
- Prestazione in compiti di denominazione in linguaggio scritto è deficitario
- Danneggia:
● Comprensione del significato delle parole
● Capacità di esprimere pensieri in parole
- Consegue a lesioni del lobo temporale posteriore sinistro che coinvolgano l’area
posteriore del linguaggio
- La capacità di ripetizione conservata è presumibilmente supportata da una connessione
diretta fra l’area di Wernicke e quella di Broca

Afasia di conduzione: capacità molto deficitaria di ripetizione dei messaggi verbali +


comprensione, denomenazione meno carenti e produzione di linguaggio fluente comprensibile
- Il paziente non riesce a ripetere parole non familiari e non-parole → spesso risponde allo
stimolo con una parola differente che abbia lo stesso significato
- Linguaggio scritto deficitario
- Consegue a lesioni del fascicolo arcuato sinistro (connessione diretta fra le due aree:
Broca e Wernicke). Il fascicolo arcauato contiene assoni che viaggiano in entrambe le
direzionie e probabilmente hanno un ruolo nella memoria a breve termine)
- Capacità di ripetizione e di esprimere i pensieri in parole sembrano preservate per la
conservazione di una connessione tra l’area posteriore del linguaggio e l’area di Broca

Afasia anomica:
capacità molto deficitaria di denominazione.
- Capacità di comprensione e ripetizione conservata
- Produzione di un linguaggio spontaneo fluente che mantiene costruzioni grammaticale,
ma è molto deficitario in relazione alle parole contenuto
- Il paziente cerca di compensare con delle circonlocuzioni
- Linguaggio scritto preservato.
- Consegue a lesioni sia anteriori che posteriori: in particolare posteriori nel lobo
temporale o parietale sinistro (che non comprendano l’area di Wernicke)

Fonagnosia:
incapacità di riconoscere le voci (lesioni emisfero destro)

Afasia nel linguaggio dei segni: è comnunque data da lesioni all’emisfero sinistro

Balbuzie: sembra che riguardi i meccanismi neurali implicati nella pianificazione o iniziazione
dell’eloquio. Eccessiva attivazione dell’area di Broca.

Quadri descritti rispetto a lesioni non provocate volontariamente, quindi entità della lesione non
controllabile.

L’emisfero destro contribuisce alla buona produzione del linguaggio. In particolare


- Prosodia: caratteristiche ritmiche, melodiche ed enfatiche della comunicazione verbale
(sia nella produzione che nella comprensione).
- Riconoscimento delle voci. Il disturbo relativo a questa funzione (fonagnosia)
consegue a lesioni dell’emisfero DX, in particolare a carico del lobo parietale destro o
della corteccia temporale anterosuperiore destra.


Uso del linguaggio orale nella comunicazione è più antico del linguaggio scritto (che si è evoluto
solo poche migliia di anni fa).
Questo significa che il nostro cervello sia in grado di supportare che l’uso del linguaggio si
sviluppi spontaneamente (senza istruzione formale) in individui inseriti in una comunità parlante.
Per imparare a usare il linguaggio scritto serve una fase di istruzione formale, invece. Della
popolazione mondiale, il 10% è analfabeta.

I processi di lettura possono quindi essere specificaemtne disturbati


Nel caso del disturbo del linguaggio orale, ovvero in presenza di afasia, l’uso del linguaggio
scritto sarà ugualmente deficitario.

Alessia
Una lesione cerebrale può compromettere completamente il riconoscimento della parola scritto,
inducendo alessia pura: un disturbo percettivo che provoca la perdita totale della capactià di
lettura, preservando la capacità di scrittura. Questo disturbo si lega a una lesione che impedisce
alle informazioni visive di raggiungere una regione della corteccia extrastriata dell’emisferro SX,
detta area della forma visiva della parola. La lesione cerebrale per produrre il deficit descritto
deve coinvolgere la corteccia visiva primaria sinistra + corpo calloso posteriore (in questo
modo le informazioni non riescono a passare all’emisfero sinistro).

Lettura: può coinvolgere 2 differenti processi:


- Lettura globale: riconoscimento della forma di una parola familiare nella sua
complessità.
● Supportata dal canale ventrale del sistema visivo, fino a una regione alla base
del lobo temporale sinistro, fino al giro fusiforme → area visiva della parola
- Lettura fonetica: riconoscimento delle singole lettere e la conoscenza del loro suono
● Ancora sotto studio: sembra mediata dalla corteccia temporoparietale sinistra
+ corteccia frontale inferiore sinistra (include area di Broca) + fascio di fibre
che unisce queste 2 aree + coinvolta anche l’area della forma visiva della
parole
(es: lingua giapponese mette in campo entrambe le conoscenze di lettura a seconda che si
leggano kanji o hiragana)
Sembra sia presente un gradiente postero-laterale anteriore lungo la base dei lobi occipitale
e temporale sinistri → sembra riguardare la selettività dai simboli alla parola intera.
Dislessia:
deficit selettivo nella lettura. Può essere:
- Acquisita: in seguito a lesione cerebrale, colpisce un individuo precedentemente in
grado di crescere. Può essere:
● Superficiale: deficit nella lettura globale, che consegue a lesioni
parietotemporali sinistre. Gli errori del paziente hanno a che fare con l’aspetto
della parola, ma non la pronuncia. Questa patologia si manifesta solo per via
fonetica (leggendo ad alta voce). Comporta una difficoltà nella lettura di parole
irregolari (es: differenti pronunce delle lettere inglesi)
● Dislessia fonologica: il deficit è a carico della lettura fonetica, che consegue a
lesioni parietotemporali sinistre. Gli errori riguardano la struttura fonetica delle
parole. La lettura avviene solo per via globale. Comporta difficoltà nella lettura di
parole non familiare o non parole pronunciabili.
● Dislessia diretta: riguarda la comprensione della lettura. Il paziente riesce a
leggere ma non riesce a comprendere. Lesioni diffuse del lobo temporale +
frontale
- Evolutiva: la difficoltà di lettura compare nell'infanzia, nella fase di apprendimento del
processo. Riguarda bambini (5% della popolazione) che presentano difficoltà specifiche
nell’imparare a leggere (non dovuti a capacità percettive deficitarie o a intelligenza
inferiore alla norma). Fattori differenti: componente genetica (ricorre nella famiglia) +
anomali a carico dell’organizzazione neurale degli strati della corteccia, soprattutto aree
frontali e temporali che hanno origine nelle fasi prenatali o perinatali.
L’elaborazione della forma scritta nei soggetti dislessici comporta un pattern di
attivazione cerebrale dai normolettori: mostrano una ipoattivazione della corteccia
temporo-parietale sinistra + area della forma visiva della parola. C’è invece
iperattivazione della corteccia frontale sinistra (compresa area di Broca), probabilmente
per compensazione.
Si accompagnano spesso deficit di linguaggio nond irettamente associati ad essa, come
deficit di consapevolezza fonologica + difficoltà di scrittura… la trasparenza ortografica
della lingua influenza le difficoltà di lettura.

Scrittura: abilità molto complessa che richiede supporto coordinato di molte aree cerebrali:
aree specializzate per il linguaggio, che quando sono danneggiate portano deficit di scrittura +
lobo parietale dorsale + corteccia motoria e premotoria (poiché bisogna muovere la mano per
scrivere)
Coinvolge diverse funzioni e può essere basata su:
- Scrittura fonetica: scrivere sulla base dell’ascolto delle parole e la pronuncia subvocale
sillabata delle stesse
- Scrittura su base visiva: trascrizione di un’immagine visiva mentale della parola
- Può essere anche basata sulla memorizzazione di una sequenza di suoni (convertiti in
lettere) o memorizzazione motoria di una parola (es: quando scriviamo la firma)
Lesioni e patologie:
- Disgrafia fonologica: danneggia la scrittura fonetica: il paziente non è capace di
sillabare le parole e scriverle foneticamente → difficoltà nello scrivere parole non
familiari o non-parole pronunciabili (il paziente non può ricordarsi l’immagine visiva della
parola). Consegue a lesioni dell’area di Broca, del giro precentrale e dell’insula
- Disgrafia ortografica: danneggia la scrittura su base visiva. Il paziente riesce a scrivere
solo foneticamente (difficoltà nella scrittura di parole irregolari, es inglese). Consegue a
lesioni nell’area della forma visiva della parola
- Agrafia semantica: in caso di pazienti che riescono a scrivere parole dettate ma non
sono in grado di comprenderle (come nella dislessia diretta<). I pazienti non sono in
grado di produrre i prorpri pensieri a praole scritte. Consegue a lesioni cerebrali diffuse.

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