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Fondamenti Anatomofisiologici dell'Attività Psichica

di Viviana Cesana
Il documento comprende i seguenti argomenti in ordine --> storia e metodi
d'indagine delle neuroscienze, struttura del neurone, potenziale di riposo e
d'azione, sinapsi, neurotrasmettitori, anatomia macroscopica del Sistema
Nervoso, midollo spinale, tronco encefalico, encefalo, corteccia cerebrale,
cervelletto e diencefalo, circolazione liquorale e vascolarizzazione cerebrale,
sistema somatosensoriale, sistema nocicettivo e temperatura, sistema visivo e
visione, sistema uditivo, sistema vestibolare, sensi chimici, sistema motorio,
contrazione muscolare, riflessi spinali, sistema piramidale ed extrapiramidale,
controllo chimico del comportamento.
Anno Accademico: 2017-2018

Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca


Facoltà: Medicina e Chirurgia
Corso: Fondamenti Anatomofisiologici dell'Attività
Psichica
Esame: Fondamenti Anatomofisiologici dell'Attività
Psichica
Docente: Nadia Bolognini
Viviana Cesana Sezione Appunti

1. RAPPORTO MENTE-CERVELLO, CENNI STORICI


Preistoria
Già nella preistoria si inizia ad intuire che il cervello possa influenzare il comportamento. Sono stati ritrovati
referti di ominidi con fori nel cranio: probabilmente si pensava che prova praticando dei fori si potesse
modificare la struttura cerebrale.

Antica Grecia
Nell’antica Grecia, in particolare con Aristotele, si pensava che la sede dell’intelligenza fosse il cuore,
mentre il cervello era solo un congegno per raffreddare il sangue (il razionale viene considerato “a sangue
freddo”). Solo con Ippocrate si inizia a parlare di “teoria cerebro-centrica”, per cui il cervello è sede delle
sensazioni ma anche dell’intelligenza. Uno dei primi a parlare di cervello come struttura da cui poteva
dipendere un’alterazione nel comportamento fu Galeno che, sezionando il cervello delle pecore, scoprì
l’esistenza del cervelletto dietro il cervello vero e proprio: il cervello veniva considerato sede della
sensazione (es memoria di un dolore), il cervelletto sede del comportamento. Egli notò inoltre i ventricoli
con del liquido all’interno mosso da essi (riprende la teoria dei 4 umori di Ippocrate con la “teoria
ventricolare” I ventricoli cerebrali del cervello trasportano i liquidi).

Età moderna
Nel 1500 Vesalio inizia a studiare le menti criminali sezionandole e dando un gran contributo alle nozioni
anatomiche. Cartesio (1596-1650) afferma che l’uomo ha, rispetto agli animali, in più l’intelligenza: la
ghiandola pineale per lui dirige la risposta motoria su comando della mente, e il movimento è permesso
dalla pressione esercitata dal liquor sui muscoli, tramite i nervi. Egli prevede che gli spiriti animali portino le
sensazioni.

Illuminismo
Sul finire del 18 esimo secolo viene chiarita l’esistenza del SNC, con suddivisione in sostanza grigia e
bianca; si iniziano a studiare i neuroni e i “solchi del cervello”, che lo dividono in regioni che controllano
varie particolari funzioni. Con Luigi Galvani si teorizza che il cervello controlla il movimento tramite
corrente elettrica (bio-elettricità); Volta, ripetendo gli esperimenti di Galvani, sostiene che la contrazione dei
muscoli sia dovuta al collegamento del nervo e del muscolo, e non all’elettricità animale (che non esiste).

Inizi del 1800


1810: Metodo della lesione sperimentale Magendie Vs Bell. Il primo dimostra il ruolo delle radici posteriori
nella sensibilità somatica, mentre il secondo dimostra il ruolo della radice ventrale nella motilità. Nello
stesso periodo è molto influente la frenologia di Gall: egli inizia a misurare le dimensioni di diversi cervelli,
affermando che conformazioni diverse determinano tratti della personalità. Flourens, nel 1823, inizia così a
verificare se effettivamente esiste una correlazione tra conformazione fisica della testa e comportamento, e
nota che non era così, ma conclude (tramite esperimenti su uccelli) che tutte le porzioni del cervello
partecipano nella stessa misura a tutte le funzioni mentali. Negli stessi anni tali sistemi di analisi del

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comportamento animale sono divenuti sempre più sofisticati (vedi Ferrier, Munk, Fritch e Hitzig).

Metà del 1800


Verso la metà del 1800 si passa agli studi sull’uomo: dalla “scatola nera” alla neuropsicologia e alle
neuroscienze Broca (vedi caso “Tan”, che dopo un ictus si continuava a muovere ma non poteva parlare,
diceva solo “tan” a ripetizione) e Harlow (caso di Phineas Gage: infilzato da un bastone, una volta rimosso
era diventato isterico e bestemmiava perché aveva danneggiata la corteccia orbitofrontale). Si inizia a
parlare di “correlazione anatomo-clinica” (associazione comportamento - paura). Brodmann, con lo studio
della citologia, individua diverse aree del cervello che ancora adesso sono il sistema dominante per primati
umani e non.
Dalla teoria evoluzionistica di Darwin si inizia a pensare che uomo e animale derivino da una progenie
comune: se il cervello controlla il comportamento, quelli comuni tra specie possono essere studiati per
ablazione (su animali).

Età contemporanea
Le neuroscienze oggi sono degli studi scientificamente condotti sul sistema nervoso, un macro-settore che
comprende da medici a psicologi che analizzano le diverse parti e funzioni del cervello scambiandosi
conoscenze. Esse hanno diversi livelli di analisi:
Molecolare suddivisa in neurochimica e neurobiologia molecolare, usa materiale genetico neuronale per
comprendere la struttura e funzione delle molecole del cervello e la chimica del SN;
Cellulare suddivisa in neuroanatomia, neurobiologia dello sviluppo e neuroscienza computazionale, studia
la struttura del SN, analizza lo sviluppo e maturazione del cervello;
Sistemica neuropsicologia dei sistemi cognitivi, studia come i sistemi analizzano le info sensoriali e
regolano la percezione;
Comportamentale suddivisa in neuroetologia, neurofarmacologia e psicobiologia, studia le basi neurali e
biologiche del comportamento;
Cognitiva suddivisa in psicofisiologia, neurofisiologia, neuropsicologia e psicologia cognitiva, studia in che
modo l’attività del cervello crea la mente e misura le abilità percettive e le attività elettriche nel cervello.

Il cervello umano è stato definito il pezzo di materia più complesso dell’universo, di cui ancora ci sfugge
qualcosa (anche se solo una piccola percentuale).

Clinici specialisti:
Neuroscienziati sperimentali:
Metodi di studio (vedi MANUALE):
- Invasivi su animali (inattivazione aree cerebrali e misurazione attività cerebrale, registrazione attività di
singoli neuroni con elettrodi)
- Non invasivi sull’uomo (misurazione attività cerebrale, disfunzione aree cerebrali, metodi
comportamentali, metodi di visualizzazione del cervello umano “in vivo” e risonanza magnetica funzionale,

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elettroencefalogramma EEG, stimolazione transcranica magnetica e elettrica che altera il comportamento)

La Neuropsicologia è un’indagine sistematica dei deficit cognitivi conseguenti a lesione cerebrale a fini
diagnostici e riabilitativi/conoscitivi sull’organizzazione neuroanatomica dei processi cognitivi superiori e
sulla loro organizzazione funzionale.

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2. LA STRUTTURA DEL NEURONE E DELLE CELLULE


GLIALI
In linea di massima, i neuroni sono circa 100 miliardi e trasmettono l’informazione, mentre le cellule gliali
sono circa 1000 miliardi e svolgono funzioni di supporto e nutritive verso i neuroni.
Il cervello ha una consistenza morbida, perciò non si può “tagliare a fette”, o almeno non prima di averlo
messo nella formaldeide, un potente battericida con la proprietà di fissare i tessuti. In tal modo il cervello si
indurisce e può essere tagliato per poi analizzarne le varie parti.
In istologia sono stati studiati 2 metodi per la colorazione dei neuroni (così da individuarne le
caratteristiche): il primo, elaborato da Nissl, consente di distinguere i neuroni dalle cellule gliali e fornisce
istruzioni sulla citoarchitettura; il secondo, elaborato da Golgi, prevede l’uso del nitrato d’argento per
distinguere le varie parti del neurone. I neuroni infatti, una volta “colorati”, sono distinguibili in tutte le loro
componenti: soma, assone, dendriti, neuriti, nucleo, …

LA TEORIA RETICOLARE E LA TEORIA DEL NEURONE:


Golgi, nella sua Teoria reticolare, afferma che i neuroni esistono ma sono uniti attraverso gli assoni come in
un’unica rete (sincizio). Ramon y Cajal (1954) confuta questa tesi con la Teoria del neurone, affermando
che i neuriti non sono connessi in modo continuativo, quindi i neuroni comunicano per contatto e non per
continuità. Questa teoria, che sta alla base della neurofisiologia contemporanea, si fonda su 4 postulati:

ANATOMIA DEL NEURONE:


Il neurone è formato da un nucleo avvolto dal soma, da cui si prolunga un unico grande assone e dendriti
(più piccoli); la membrana neuronale separa il neurone da ciò che lo circonda.

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Soma parte centrale del neurone di diametro di circa 20 micron. Il suo interno è acquoso, contenente citosol
(ricco di potassio e diversi organuli), apparato di Golgi, mitocondri, RER e REL. Il tutto, escluso il nucleo,
prende il nome di citoplasma. È circondato da una membrana plasmatica lipidica del diametro di 6- 8
nanometri presentante proteine di superficie e intrinseche, che consentono il passaggio degli ioni.

Nucleo diametro di circa 5 micron, è circondato da una membrana nucleare provvista di fori. In esso ci sono
i cromosomi contenenti DNA in frammenti (in cui ci sono porzioni chiamate geni che servono alla codifica
delle proteine e alla costruzione della cellula nervosa). Attraverso l’espressione genica (lettura DNA)
vengono sintetizzate delle proteine (sintesi proteica, che avviene al di fuori del nucleo, senza che il DNA lo
lasci mai). Per trasportare il messaggio genetico nel citoplasma si utilizza un mediatore, ovvero l’acido
ribonucleico messaggero (mRNA). Il processo di trascrizione è sotto la guida di un enzima che fa sì che
l’mRNA si unisca l’RNA-polimerasi. Le parti di DNA codificanti le proteine si chiamano esoni, le altre
introni; questi ultimi vanno eliminati tramite un processo di “taglia e cuci” (splicing) con cui si mantiene
unita un’unica parte di esoni. L’mRNA esce dal nucleo tramite i fori della membrana per essere letto e dar
vita alla sintesi proteica (traduzione).

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RER la sintesi proteica avviene nei ribosomi, strutture che catturano l’mRNA, lo leggono e lo usano per
sintetizzare le proteine che a loro servono, attaccate al RER = sistema di vescicole invaginate che si estende
per tutta la cellula. I ribosomi leggono le istruzioni dell’mRNA e assemblano gli AA in relazione alle
indicazioni genetiche. Non tutti i ribosomi sono legati al RER: alcuni sono liberi nel citoplasma e spesso si
trovano associati in catene dette poliribosomi. Le proteine sintetizzate da esse sono destinate a rimanere nel
citosol, mentre le altre o vanno negli organuli o nella membrana citoplasmatica. Altra importante funzione
del RER è la sintesi dei lipidi che servono per la formazione delle membrane cellulari e plasmatica.

REL è costituito da membrane o organuli membranosi senza ribosomi associati. Spesso si trova accanto al
RER e ha la funzione di catturare le proteine sintetizzate dai ribosomi e dar loro una forma, e di mantenere
le concentrazioni di calcio. È anche ricco di cellule che producono ormoni steroidei, responsabili della
detossificazione dei farmaci, metabolismo dei carboidrati e biogenesi delle membrane cellulari.

Apparato di Golgi è più lontano dal nucleo ed è formato da membrane: ha la funzione di rielaborare,
selezionare ed esportare i prodotti cellulari; inoltre seleziona le proteine da liberare nel neurone.

Mitocondrio organulo addetto alla respirazione cellulare (matrice). Una serie di reazioni che avvengono
nelle sue creste dà origine all’ATP col ciclo di Krebs, che sostiene molte reazioni biochimiche neuronali.

Citoscheletro è lo scheletro del neurone (gli dà una forma). Ci sono 3 tipi di filamenti: microtubuli
(costituiti da molecole di tubulina, sono i più grossi e percorrono l’assone per tutta la sua lunghezza. La
MAP - proteina associata ai microtubuli - li ancora alla membrana e tra loro; se una MAP - es proteina Tau
- si sgancia da essi e si porta nel soma crea grovigli neurofibrillari che portano all’Alzheimer. Funzioni =
forma cellula, trasporto assonale e sviluppo prolungamenti); microfilamenti (cavi con proprietà contrattili
formati da polimeri di actina, come nei muscoli, che si avvolgono su se stessi e attraversano il neurone
dall’interno. L’actina dà dinamicità al neurone permettendogli di cambiare forma. Funzioni = cambiamento
forma della cellula e controllo del trasporto di molecole e organuli nel soma); neurofilamenti (formati da
fibrille di citocheratina, sono molto rigidi e stabili. Funzioni = danno al neurone struttura e sostegno).
Funzioni del citoscheletro: dà forma e resistenza meccanica alla cellula; mantiene nella giusta posizione gli
organi citoplasmatici; costituisce una via di trasporto; una sua degenerazione può portare alla morte
dell’assone e quindi della cellula.

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Assone è presente solo nei neuroni, è un neurite la cui lunghezza può arrivare fino al metro. Il punto di
origine dell’assone si chiama cono di integrazione, mentre la sua parte finale ha un rigonfiamento (terminale
presinaptico) che contatta un altro neurone su un dendrite postsinaptico (o sul soma). Tale contatto prende il
nome di sinapsi. L’assone è molto diverso dal soma sia per gli organuli che contiene sia per le
sue funzioni: nell’assone per esempio non ci sono i ribosomi, quindi la sintesi in esso NON avviene e le
proteine devono esservi trasportate. Nonostante ciò la sinapsi si basa su proteine, perciò richiede moltissima
energia (è ricco di mitocondri). L’assone contiene vescicole sinaptiche, dove si ha il contatto col dendrite e
da cui parte il segnale elettrico che esce dal neurone (le vescicole rilasciano neurotrasmettitori nella fessura
sinaptica, dove sono catturati dal dendrite di un altro neurone). Nel terminale assonico (dove avviene la
sinapsi, sui bottoni sinaptici = rigonfiamenti) può accadere che il
neurone si ramifichi, facendo sì che esso possa comunicare con più cellule contemporaneamente. Questa
comunicazione è detta innervazione.

TRASPORTO ASSOPLASMATICO: è il trasporto di proteine racchiuse in vescicole dal soma lungo i


microtubuli verso il terminale assonico. Inizialmente si è scoperto un solo tipo di trasporto, detto
anterogrado (= dal soma al terminale), estremamente lento (mesi) e disfunzionale; di fatto però c’è un
secondo meccanismo assoplasmatico retrogrado, molto rapido dal terminale al soma, reso possibile dal
consumo di ATP. Le proteine vengono trasportate in vescicole, a loro volta trasportate da altre proteine

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(chinesina in direzione anterograda; dineina retrograda). Un taglio all’assone blocca il flusso di proteine
(degenerazione walleriana) e porta alla morte. Il trasporto rapido serve per piccole molecole, quello lento per
enzimi e macromolecole; il trasporto retrogrado più rapido può essere usato dai virus per infettare i neuroni
e penetrare la barriera emato-encefalica (es. Erpes e Rabbia). I ricercatori, tramite traccianti, col trasporto
retrogrado possono tracciare tutto il decorso del trasporto di tali sostanze, individuando le connessioni
neurali.

Dendriti hanno recettori di superficie (proteine di membrana) e citoplasma simile a quello assonico, ma
talora ci sono poliribosomi producenti le proteine di membrana. Alcuni hanno protuberanze che da un lato
servono ad aumentare le sedi di contatto e dall’altro servono ad isolare i dendriti. L’insieme dei dendriti e
delle loro ramificazioni costituisce l’albero dendritico, da cui possono emergere delle spine dendritiche (=
siti di contatto sinaptico su ciascuno dei quali arrivano 1 o 2 terminazioni assoniche).

CLASSIFICAZIONE DEI NEURONI:

LE CELLULE GLIALI:
Mentre i neuroni si occupano dell’attività elettrica nel SN, le cellule gliali svolgono varie funzioni di
supporto all’attività dei neuroni: le più diffuse sono gli astrociti, gli oligodendrociti e le cellule di
Schwann (che forniscono la guaina mielinica).
Astrociti prendono il nome dalla loro forma a stella e svolgono molte importanti funzioni, come nutrire i
neuroni, tamponare le concentrazioni extracellulari del potassio, catturare i neurotrasmettitori che
fuoriescono dalla fessura sinaptica e metabolizzarli. Inoltre sono in contatto da un lato coi vasi del sistema
circolatorio, dall’altro coi neuroni. Gli astrociti vanno a costituire la barriera emato-encefalica insieme alle
cellule endoteliali dei vasi.
Cellule di Schwann nel SNP avvolgono ciascuna un tratto dell’assone una cellula, un assone.
Oligodendroglia nel SNC formano numerosi tratti di mielina sia nello stesso tratto di assone che in assoni
di cellule diverse una cellula, più assoni.

Sia nel SNP che nel SNC la mielina che ricopre l’assone si interrompe ad intervalli regolari, lasciando per
un breve tratto la membrana scoperta (nodo di Ranvier).

Funzioni cellule gliali:


Alcune cellule gliali possono trasformarsi in neuroni (le glia sono cellule staminali). I neuroni non si
rigenerano, ma durano tutta la vita.
Altre cellule gliali sono:

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3. LA MEMBRANA DEL NEURONE A RIPOSO


LA MEMBRANA DEL NEURONE A RIPOSO (potenziale a riposo):

I neuroni sono cellule eccitabili, a differenza delle gliali, poiché possiedono una membrana particolare che
divide le cariche elettriche, assume un potenziale elettrico e da lì si genera l’impulso nervoso. Con
potenziale a riposo (= -70 mV) si intende la tensione elettrica, misurabile in una cellula, tra il versante
citoplasmatico, che presenta cariche negative, e quello extracellulare, che presenta cariche positive. Il punto
chiave è che all’interno e all’esterno sono disciolti ioni. Il potenziale di riposo consente la propagazione del
potenziale d’azione.

Come già detto, nel citoplasma cellulare, così come nel liquido extracellulare, sono disciolti diversi tipi di
ioni; la loro concentrazione non è però uguale. La porzione eccitabile del neurone è la membrana dell’assone
(elettricamente carica in maniera negativa). Ci sono degli elementi che spiegano tale carica:
Cosa sono gli ioni?
Gli ioni sono atomi di carica elettrica positiva o negativa; quando un atomo ha un numero diverso di
elettroni e protoni diventa uno ione. Gli ioni si disciolgono in acqua, principale componente del liquido
extracellulare e del citosol. La molecola d’acqua presenta un’ineguale distribuzione di cariche elettriche
(ossigeno negativo e idrogeno positivo).

Quando un sale, come il cloruro di sodio, viene sciolto in acqua, le sue molecole si dissociano in ioni. Dato
che nel sale il legame chimico è molto forte, le cariche opposte di Na+ e Cl- si attraggono. L’acqua, avendo
parziale carica positiva e negativa, è in grado di formare legami sia con Na+ che con Cl- (legame ionico).

Gli ioni che determinano il potenziale di riposo e, attraverso i loro movimenti, il potenziale d’azione sono:
cationi come potassio, sodio e calcio e anioni come il cloro.
La membrana funge da isolante, separando cariche interne ed esterne. Essa è composta da un doppio strato
fosfolipidico che isola il citosol, essendo impermeabile agli ioni. Ogni fosfolipide è composto da una testa
idrofila, polare e carica elettricamente che è rivolta verso l’esterno, e una coda idrofoba non polare e non
carica rivolta verso l’interno che impedisce agli ioni di passare.

Come già accennato però, c’è una strategia che gli ioni usano per attraversare la membrana, ovvero i canali
ionici: nella membrana sono infatti presenti proteine intrinseche (proteine enzima, recettori di membrana,
canali di membrana e pompe metaboliche) che formano dei ponti di collegamento dall’interno all’esterno e
permettono il loro passaggio. Questi “ponti” sono estremamente selettivi, cioè lasciano passare di solito solo
un tipo di ione; alcuni canali sono sempre aperti (canali ionici passivi - diffusione semplice), altri si aprono
e si chiudono in risposta a determinati stimoli (canali ionici ad accesso variabile). Questi ultimi variano la
loro permeabilità:

Ci sono poi altri canali, chiamati pompe, che mantengono costante la quantità di iodio da un lato e dall’altro

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della membrana; queste, per funzionare, hanno bisogno di energia consumando ATP.

Cosa può far muovere gli ioni attraverso la membrana?


Tutte le attività del sistema nervoso dipendono dal flusso degli ioni attraverso fluidi e la membrana
citoplasmatica.
Tale spostamento può avvenire:

• Per diffusione regola il movimento di tutte le molecole solubili (quindi non solo ioni) e consiste nello
spostamento delle molecole dalla zona dove esse sono più concentrate a dove sono meno concentrate.
Questa può avvenire solo in presenza di un canale ionico e di una differenza di concentrazione di ioni vicino
alla membrana. Lo stesso accade quando rendiamo una membrana permeabile agli ioni (una volta
regolarizzata la concentrazione degli ioni, il processo si blocca). In una cellula nervosa la diffusione dipende
da: permeabilità della membrana nei confronti di quella molecola e gradiente di concentrazione di quella
molecola.

• Tramite forze elettriche POTENZIALE DI EQUILIBRIO IONICO: ipotizziamo che K+ e A- siano più
concentrati all’interno che all’esterno del neurone; se la membrana è permeabile al K+, gli ioni cominciano
ad uscire dalla cellula per diffusione e si accumulano all’esterno della membrana, che tende a caricarsi
negativamente all’interno e positivamente all’esterno; si crea così una differenza di voltaggio (differenza di
carica) che tende a frenare l’uscita di K+ dalla cellula; si giunge così al potenziale di equilibrio ionico
(Eion). Il passaggio di ioni secondo un gradiente di diffusione produce una differenza di potenziale tra i due
lati della membrana (gradiente elettrico) che si oppone allo spostamento di ioni (cariche opposte si
attraggono). Il gradiente elettrico attira indietro gli ioni, contrastando lo spostamento ionico per diffusione.
Quindi l’equilibrio di ciascuno ione dipende da: concentrazione dei vari ioni ai lati della membrana e
permeabilità della membrana per ciascuno ione. Il potenziale di equilibrio per ogni ione si calcola con l’
equazione di Nernst: Ex = RT/zF in [X]e/[X]i. L’effetto di 2 o + ioni si può calcolare con l’equazione di
Goldman.

Nel complesso il citosol e il liquido extracellulare sono elettricamente neutri. È la distribuzione in prossimità
della membrana che dà loro una carica.

Perché il potenziale di riposo del neurone è di -70 mV?


Nei neuroni, come in tutte le cellule dell’organismo, ci sono grandi differenze nella concentrazione di
ciascuno ione tra interno ed esterno della cellula. Il potenziale di membrana dipende dalla concentrazione di
ioni sui due lati della membrana. La maggior parte dei fenomeni che avvengono nel neurone possono essere
spiegati studiando il comportamento di 2 soli ioni: K+ e Na+.

All’interno del neurone ci sono in grandi quantità:


Se la membrana fosse selettivamente permeabile ad 1 solo ione, il potenziale di membrana sarebbe uguale al
potenziale di equilibrio per quello ione: K = -90mV; Na = 60mV ; Ca = 123mV; Cl = -65mV

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I CANALI POTASSIO:
Nella membrana sono presenti canali di potassio sempre aperti alta permeabilità al potassio, che dipende dal
fatto che ci sono più canali passivi per K+ che per Na+. A riposo vi è una uscita lenta ma costante di ioni K,
che portano all’esterno cariche positive (rendendo negativo l’interno della cellula). L’uscita di K si arresta
quando le forze elettriche iniziano a ri-spingere K dentro la cellula: ciò avviene a -70 mV, così che
l’equilibrio del potassio (-90mV) non venga mai raggiunto.

LA POMPA SODIO-POTASSIO:
La pompa sodio-potassio determina la concentrazione iniziale di Na+ e K+; essa è una proteina di
membrana che trasporta attivamente K dentro la cellula e Na fuori dalla cellula, ma in modo opposto al loro
gradiente di diffusione/concentrazione: il K, concentrato all’interno, tende a uscire, mentre Na, concentrato
all’esterno, tende a entrare.

Ad ogni ciclo la pompa sodio-potassio espelle 3 ioni Na+ e trasporta all’interno 2 ioni K+, consumando una
molecola di ATP. Il potenziale di riposo NON dipende dalla pompa sodio-potassio, che si limita a
mantenere concentrazioni diseguali di K e Na ai due lati della membrana (esce più
potassio di quanto sodio entri). Essa dipende invece dalla diversa permeabilità della membrana ai due ioni in
questione.
La pompa sodio-potassio porta ad un’uscita netta di cariche positive all’esterno del neurone (carica negativa
all’interno).

SEQUENZA DI EVENTI RIASSUNTA:

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Anche la concentrazione del Ca++ è mantenuta costante da una pompa che lo espelle attivamente dalla
cellula; inoltre, esistono organelli che lo catturano.

Quando un neurone è a riposo? Quando un neurone non sta producendo segnali, si dice “a riposo”, e il suo
interno è negativo rispetto all’esterno. Le diverse concentrazioni cercano di bilanciare, ma ciò non avviene
perché la membrana cellulare consente il passaggio di solo alcuni ioni, attraverso canali specifici. Inoltre la
membrana cellulare a riposo è caratterizzata da una differenza di potenziale poiché dotata di pompe Na-K
che consumano ATP per spostare 3 ioni Na+ all’esterno e 2 K+ all’interno. È fondamentale mantenere
costante la concentrazione extracellulare di K+ tramite la barriera emato-encefalica e gli astrociti.

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4. IL POTENZIALE D’AZIONE
IL POTENZIALE D’AZIONE:

Cos’è e dove si forma?


Il potenziale d’azione consiste in un rapidissimo cambiamento del potenziale di riposo, che dal suo valore di
-70mV arriva a +30mV, per poi ritornare al suo valore iniziale, in solo 1ms. Il potenziale d’azione, l’unico
segnale in grado di trasmettersi anche a lunga distanza, si genera nell’assone della cellula nervosa, grazie
alla presenza di canali voltaggio-dipendenti (VD), particolari canali ionici ad accesso variabile
situati nel monticolo assonico. Le diverse concentrazioni extra e intracellulari di K+ e Na+ sono il
presupposto per la sua generazione.

Quando comincia il potenziale di azione?


Il potenziale d’azione inizia quando il potenziale di membrana a riposo, del valore di -70mV, raggiunge un
voltaggio critico (potenziale soglia), attorno a -50mV (depolarizzazione); a tale potenziale alcuni canali V-
D selettivi per il Na+ iniziano ad aprirsi, mentre a potenziali più bassi erano allo stato chiuso. La loro
apertura provoca un aumento della permeabilità al sodio, portando quindi il potenziale di membrana vicino
all’equilibrio di Na (+30mV), e questo fa ulteriormente salire il potenziale, aprendo altri canali (ciclo di
Hodgkin).

Le due porte dei canali ionici Na+:


I canali V-D del sodio hanno 2 porte, una detta “di attivazione” (aperta al di sopra dei -50mV) e una detta
“di inattivazione” (aperta al di sotto dei -50mV, in caso di iperpolarizzazione). Il problema sta nella
differente velocità delle 2 porte: quella di attivazione, al raggiungimento del potenziale soglia, si apre
repentinamente favorendo una maggiore permeabilità al sodio, mentre quella di inattivazione è più
“ritardata”. Il funzionamento delle porte di inattivazione, in seguito all’apertura di quelle di attivazione,
riporta la permeabilità al sodio al suo valore in condizioni di riposo. Tale processo, detto fase di
ripolarizzazione, però, avverrebbe in modo troppo lento, perciò …

Cosa accelera la ripolarizzazione?


La ripolarizzazione viene accelerata dall’apertura di canali V-D di K+, che avevano anch’essi iniziato ad
aprirsi a -50mV ma, avendo anch’essi una porta di inattivazione ritardata, la loro reazione avviene solo al
valore di +30mV. La ripolarizzazione è più rapida grazie alla grandissima permeabilità al potassio rispetto a
quella del sodio. Una volta terminata, si raggiungono ancora i -70mV e i canali si richiudono.

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Vediamo nello specifico le FASI del potenziale di azione:


Il periodo refrattario:
Una volta terminato il PdA, la cellula non è in grado da subito di generarne un altro, a causa del fatto che i
canali ionici di Na+ sono allo stato inattivato. I canali ionici V-D per Na+, infatti, possono assumere 3
diverse conformazioni:

È però comunque possibile generare un potenziale d’azione durante un periodo refrattario, se l’intervallo di
tempo tra gli stimoli è abbastanza ampio: periodo refrattario relativo = serve uno stimolo più forte del

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normale per generare un PdA. Il periodo refrattario relativo determina una relazione tra intensità della
stimolazione e frequenza di scarica del neurone:

Quali stimoli generano un potenziale di azione?


Uno stimolo generante un PdA viene detto soprasogliare, al contrario di quello sottosogliare che non fa
raggiungere la soglia. Stimoli soprasogliari diversi hanno lo stesso effetto (il PdA raggiunge sempre i
30mV), secondo la legge del tutto o nulla.

Perché alcune fibre conducono il segnale più velocemente di altre?


Al contrario dei potenziali graduati, il PdA continua ad avere la stessa ampiezza a qualsiasi distanza dal
punto stimolato, e la sua velocità di conduzione dipende principalmente dal diametro dell’assone conduttore
e dalla sua capacità di non disperdere corrente. Un maggior isolamento elettrico, quindi, può migliorare la
velocità di propagazione a distanze maggiori. Nel SN esistono cellule (oligodendrociti nel SNC e cellule di
Schwann nel SNP) che producono una sostanza isolante chiamata mielina, e le fibre da essa ricoperte
vengono dette mieliniche. La mielina non è continua, infatti ci sono tratti nudi dell’assone (nodi di Ranvier)
da cui si rigenera il PdA. Esso non si propaga quindi in modo continuo: si parla di conduzione saltatoria.
Mentre nelle fibre prive di mielina la velocità del PdA è di 1m/s, in quelle mieliniche essa è di circa 100m/s!

Come avviene la conduzione nei dendriti? Perché?


Nei dendriti il segnale viene condotto solo attraverso un tipo di conduzione elettrotonica (breve distanza). I
segnali elettrotonici, infatti, sono importanti per integrare segnali diversi, simultanei o in rapida successione,
ma legati a uno stesso stimolo, in modo tale da rispondere a quelli più significativi. Il dendrite, grazie alle
sue proprietà elettrotoniche, è in grado di integrare i segnali, operando una sommazione tra i segnali che lo
attivano o inibiscono, nelle dimensioni spaziale e temporale.

L’assone gigante del calamaro:


In natura esistono neuroni di dimensioni giganti, come i 2 posseduti dal calamaro, grandi circa 1mm e in
grado di sopravvivere in soluzione fisiologica fino a ½ giorni.

Caratteristiche generali conclusive del PdA:


Anestetici locali bloccano il PdA nell’assone:
La lidocaina si lega ad un sito specifico del canale per il Na+ V-D e lo blocca.

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5. SINAPSI
Introduzione storica allo studio delle sinapsi (dal 1850):
Bernard = intuì che i contatti che si verificavano fra cellule nervose e loro organi bersaglio erano
caratterizzati da una peculiare specializzazione; aveva osservato che il curaro (el. attivo di un veleno) era in
grado di interrompere la trasmissione dei segnali nervo-muscolo.
Sherrington = coniò il termine sinapsi, che significa “congiungere”.
Ramon Cajal = dimostrò che i singoli neuroni sono strutture indipendenti e affermò che la sinapsi
comprende 3 strutture fondamentali: terminale presinaptico, sito bersaglio postsinaptico e spazio sinaptico.
Furshpan e Potter = studiando il SN del gambero, scoprirono l’esistenza di comunicazioni tra neuroni di
tipo elettrico.
Reymond = intuì e propose una differente forma di trasmissione sinaptica, in grado di utilizzare specifici
neurotrasmettitori chimici che permettessero il passaggio di info tra neuroni.
Elliot = dedusse che la contrazione muscolare fosse correlata alla liberazione di molecole chimiche da parte
dei nervi.
Loewi = dimostrò che la stimolazione del nervo vago di un cuore di rana immerso in un liquido era in grado
di liberare una sostanza chimica che ne rallentava il battito; egli chiamò tale sostanza “succo vagale”,
quando in realtà era acetilcolina.
Katz e Fatt = dimostrarono che la comunicazione sinaptica era mediata da trasmettitori chimici e
svilupparono l’ipotesi quantica, teoria alla base della comprensione dei meccanismi di esocitosi (liberazione
del neurotrasmettitore).
Katz e Miledi = ipotizzarono che l’esocitosi fosse indotta da un aumento di ioni di Ca++ in seguito a
depolarizzazione.
Eccles = riuscì a studiare, grazie ad un elettrodo in vetro, la trasmissione sinaptica all’interno del SNC dei
mammiferi.
Kendel = scoprì i meccanismi molecolari alla base di apprendimento e memoria studiando il mollusco
marino Aplysia, con un SN con neuroni simili a quelli umani.

Cosa sono le sinapsi?


La sinapsi è una sofisticata struttura che permette la comunicazione fra neuroni ed è composta da 3 elementi
essenziali: neurone presinaptico, il cui terminale spesso si ramifica ed è detto bottone sinaptico e prende
contatto con centinaia/migliaia di cellule, neurone postsinaptico e spazio sinaptico/fessura sinaptica.
Il neurone presinaptico è il punto da cui parte la trasmissione sinaptica del segnale verso l’elemento
bersaglio postsinaptico (un altro neurone oppure una cellula muscolare o neuroendocrina).
Grazie alle sinapsi il segnale trasmesso con il PdA dal neurone pre-sinaptico va ad influire sul potenziale di
membrana post-sinaptico (potenziale post-sinaptico, che può essere eccitatorio o inibitorio: la membrana
depolarizza o iperpolarizza).

Ci sono 2 tipi di sinapsi: elettriche e chimiche. Entrambe prevedono il passaggio di informazioni tra
l’elemento presinaptico e quello postsinaptico, che corrisponde a una variazione del potenziale della cellula
postsinaptica (potenziale postsinaptico PPS).

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Sinapsi elettriche
Struttura: le membrane dei neuroni pre e postsinaptico sono in stretto contatto grazie a una struttura
intercellulare specializzata chiamata gap junction o giunzione comunicante o serrata. Questa giunzione è
costituita da particolari proteine, le connessine, che fuoriescono dalle membrane pre e postsinaptica e si
uniscono in gruppi di 6 a formare un connessone. I connessoni si uniscono formando dei canali (o ponti
citoplasmatici) del diametro di 1 o 2 micron che permettono il passaggio di sostanze (ATP, ioni e altri
metaboliti) tra il citoplasma dei neuroni presinaptici e quello dei neuroni postsinaptici, per diffusione. Sono
quindi flussi di corrente ionica: l’onda di depolarizzazione del PdA passa da una cellula all’altra tramite la
giunzione comunicante.
Caratteristiche: bidirezionalità della trasmissione = la corrente ionica fluisce in entrambe le direzioni
(esistono anche s. elettriche unidirezionali, chiamate rettificanti), velocità di trasmissione delle info, sono
solo eccitatorie = la trasmissione avviene quando un PdA nel neurone presinaptico raggiunge il terminale
assonico, scatenando una piccola corrente ionica attraverso la giunzione, che raggiunge il neurone
postsinaptico provocando un PPS. Poiché un solo PPS è di circa 1mV, è la sommatoria di molti di essi a
scatenare un PdA nel neurone post-sinaptico e ad eccitare quest’ultimo.
Luogo: le sinapsi elettriche sono presenti dove un’alta velocità di trasmissione è vantaggiosa (tra neuroni,
cellule gliali, epiteliali, epatiche, ghiandolari e nella muscolatura liscia).
Ruolo: sincronizzare l’attività elettrica tra diversi neuroni (es. nell’encefalo creano l’attività elettrica ritmica
alla base della respirazione; nell’ipotalamo secretano ormoni; sono + presenti nella vita embrionale).

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Sinapsi chimiche

Differenze rispetto alle s. elettriche: lo spazio sinaptico è maggiore e non sono presenti giunzioni che
mettono in comunicazione diretta i neuroni pre e postsinaptico: la trasmissione di info è mediata da
neurotrasmettitori chimici, che sono liberati dal neurone presinaptico all’arrivo di un PdA e si legano
all’elemento postsinaptico; sono le più numerose nel SNC, sono più
lente di quelle elettriche ma molto più flessibili (effetti più variegati), per esempio possono scatenare dei
meccanismi a cascata; sono unidirezionali.

Struttura: il neurone presinaptico mostra nella parte finale un rigonfiamento, il bottone presinaptico, che
contiene vescicole sinaptiche, canali Ca++ V-D e mitocondri (sintesi di NT e trasporto di NT verso la
terminazione e dentro le vescicole); le vescicole contengono i neurotrasmettitori in grado di provocare effetti
eccitatori e/o inibitori. In alcune sinapsi sono presenti vescicole più grosse chiamate granuli secretori,
contenenti trasmettitori proteici (peptidi = vescicole a nucleo denso). Alcune vescicole si trovano ancorate
nella membrana presinaptica nelle zone attive e aspettano il segnale adatto per liberare il loro contenuto,
mentre altre costituiscono il pool di riserva e si trovano in specifici siti di ancoraggio. La fessura sinaptica è
larga circa 20-50nm ed è chiusa alle estremità da filamenti di cellule gliali. Il neurone postsinaptico ha
anch’esso un rigonfiamento nella zona rivolta verso la fessura, dove si trovano i recettori proteici che
contengono siti di legami per uno specifico neurotrasmettitore. Esistono circa 100 tipi di recettori, divisibili

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in 2 categorie principali: recettori ionotropici (canali ionici trasmettitori-dipendenti) e metabotropici
(accoppiati alla proteina G)*. Ruolo: svolgono funzioni di integrazione (possono ricevere + PdA e metterli
insieme); sono modulatorie e possono essere eccitatorie o inibitorie. Tipi: esistono diverse sinapsi chimiche,
classificate in base a quale parte del neurone costituisce l’elemento post-sinaptico: asso-dendritica (è di tipo
eccitatorio – depolarizzazione; avviene a livello delle spine dendritiche o lungo il decorso del dendrite di un
altro neurone), asso-somatica (inibitoria – iperpolarizzazione), asso-assonica (inibitoria o modulatoria dei
segnali in cellule già attivate).

Come avviene una sinapsi chimica?


Il neurone pre-sinaptico rilascia un messaggero chimico (NT) che attraversa la fessura sinaptica e va ad
agire su proteine specializzate (recettori) della membrana post-sinaptica, modificandone la permeabilità agli
ioni = un cambiamento del potenziale del neurone postsinaptico (PPS).

A livello della membrana postsinaptica la liberazione di un neurotrasmettitore può indurre 2 tipi di risposta,
che dipendono dalla selettività ionica dei canali di membrana attivati:

Le sinapsi eccitatorie, o tipo I di Gray, portano alla liberazione di NT che determina l’apertura di un
canale cationico e l’afflusso di Na+ dentro la cellula (depolarizzazione). Ogni sinapsi dà un contributo
minimo al potenziale di membrana, ma l’effetto combinato di molte sinapsi può scatenare un PdA.
Le sinapsi inibitorie, o tipo II di Gray, portano alla liberazione di NT che determina l’apertura di un
canale anionico e l’afflusso di Cl- dentro la cellula (iperpolarizzazione). Per avere un effetto apprezzabile, le
sinapsi inibitorie sono solitamente poste vicino alla zona di innesco (asso-somatiche).

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6. MECCANISMI ALLA BASE DELLE SINAPSI CHIMICHE


MECCANISMI ALLA BASE DELLE SINAPSI CHIMICHE:

Fino ad oggi sono stati scoperti più di 50 differenti tipi di NT. Alcuni sono molto diffusi in SN (es
glutammato), altri si trovano in un numero molto limitato di sinapsi.
Quasi tutti i NT appartengono a 3 categorie:
Sintesi e immagazzinamento NT (NEUROTRASMETTITORI): alcuni NT esistono già come tali in
abbondanza nel corpo, altri vengono sintetizzati a partire da precursori metabolici per mezzo di enzimi
specifici presenti nel citoplasma della terminazione presinaptica. Gran parte del NT rilasciato nella fessura
sinaptica può essere recuperato e riutilizzato. Il NT presente nel citoplasma della terminazione presinaptica
viene immesso nelle vescicole tramite proteine portatrici.
I NT aminici e aminoacidi si trovano in abbondanza nel corpo, sono immagazzinati nelle vescicole
sinaptiche e da essi rilasciati; conversione del citosol dei precursori molecolari in NT; trasporto.
Pur essendo presenti in tutto il corpo, i NT hanno funzione di messaggeri chimici sinaptici solo quando si
trovano nella fessura sinaptica.
I NT di natura peptidica sono prodotti dal RER, rielaborati a livello dell’apparato del Golgi, immagazzinati
nei granuli secretori che li trasportano alla sinapsi (trasporto assoplasmatico anterogrado); i neuropeptidi
rilasciati non possono essere recuperati e devono essere continuamente sintetizzati.

Rilascio del NT (a basso peso molecolare): a livello delle terminazioni presinaptiche, l’onda di
depolarizzazione del PdA fa aprire dei canali V-D per il Ca++ nelle vicinanze delle zone attive. Questo si
riversa nella cellula e ciò determina il meccanismo di esocitosi: la vescicola sinaptica si ancora alla
membrana del neurone presinaptico, e quando si innalza il Ca++ all’interno, tale vescicola viene riassorbita
dalla membrana, e ciò le permette di liberare il neurotrasmettitore nella fessura sinaptica (la quantità minima
di neurotrasmettitore liberata è detta quantum).
La fusione delle membrane è resa possibile dalla presenza di particolari proteine complementari tra loro
sulla superficie della membrana delle vescicole e sulla superficie interna della membrana plasmatica.
Il problema è che tale processo non può continuare, altrimenti la membrana del bottone sinaptico
diventerebbe sempre più grande. Attraverso l’endocitosi la membrana in eccesso viene recuperata e inviata a
particolari strutture (cisterne) che provvedono a generare nuove vescicole e a riempirle di NT. Più forte è il
segnale e più sono i segnali, più tempo c’è per generare vescicole, più neurotrasmettitori vengono riversati.

Rilascio del NT (ad alto peso molecolare): il rilascio di peptidi avviene in modo pressoché identico, ma
essendo più lontani il loro trasferimento è molto più lento: ci vuole un aumento maggiore del Ca++, cioè una
serie di impulsi sufficientemente lunga. La latenza può essere anche >50ms; questi neurotrasmettitori hanno
spesso un’azione più duratura sulla cellula post-sinaptica e di tipo neuro- modulatorio. Ogni cellula libera un
solo tipo di NT a basso peso molecolare; tuttavia in uno stesso neurone possono coesistere un NT a basso
peso con uno di natura peptidica.

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*Recettori: i NT agiscono su recettori specifici canali ionici NT-dipendenti (l’effetto è la generazione di un
PPSE o PPSI) o recettori accoppiati alla proteina G (effetti diversi, lenti e duraturi).

Rimozione e recupero del NT: il NT rilasciato nella fessura deve essere continuamente rimosso; in caso
contrario, il NT si accumula, impedendo al neurone postsinaptico di percepire l’attività del neurone
presinaptico (attraverso le variazioni nella liberazione del NT).
Il NT viene rimosso tramite 3 meccanismi:
Grazie a questi 3 meccanismi la rimozione del NT dalla fessura sinaptica avviene velocemente e con tasso
costante; ciò permette alla cellula postsinaptica di rispondere con precisione alle variazioni temporali nella
quantità di NT liberato dal neurone presinaptico (si previene la desensibilizzazione).

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7. INTEGRAZIONE SINAPTICA
INTEGRAZIONE SINAPTICA:
La caratteristica delle sinapsi del SNC è quella di svolgere funzioni integrative.
Integrazione sinaptica = processo attraverso cui all’interno di un unico neurone post-sinaptico molteplici
potenziali post-sinaptici si combinano fra loro.
Essa è possibile perché sulla membrana del neurone ci sono moltissimi contatti sinaptici; serve quindi un
processo che metta insieme più messaggi differenti perché il neurone dia origine al proprio messaggio.

Fattori che determinano se un PPSE determina un PdA nel neurone postsinaptico:


Il numero di canali attivati dipende dalla quantità di NT rilasciato. I PPSE sono multipli del contenuto di NT
di una vescicola sinaptica e del numero di recettori postsinaptici disponibili. La somma di tutti i PPSE e i
PPSI influenza la generazione di PdA nel cono di integrazione dell’assone.

Sommazione spaziale e sommazione temporale:

L’efficacia di una sinapsi eccitatoria nel produrre un PdA dipende da quanto la sinapsi è lontana dalla zona
di innesco dello spike e dalle proprietà della membrana dendritica. I dendriti hanno membrana passiva,
ovvero senza canali ionici V-D; il PPSE si esaurisce gradualmente.

Sinapsi inibitorie:
Sono come un corto circuito: servono a ridurre la probabilità di un PdA. I recettori post-sinaptici delle
sinapsi inibitorie sono canali ionici NT-dipendenti (= dalle eccitatorie), utilizzano specifici NT (=/ dalle
eccitatorie), permeabili a ioni specifici (=/ dalle eccitatorie) come il Cl-; l’ingresso di cloro porta il
potenziale di membrana verso il potenziale di equilibrio de Cl- (-65mV).

Inibizione per corto circuito (o derivazione): i PPSI riducono l’ampiezza di PPSE = minor probabilità di
innescare PdA.
L’inibizione per derivazione funziona solo se la sinapsi inibitoria è posta tra la sinapsi eccitatoria e il cono
d’integrazione.

PPSE e PPSI sono in grado di modulare l’eccitabilità della membrana e rappresentano la base
neurofisiologica dell’attività integrativa del neurone. Se prevale l’effetto PPSE PdA; se prevale l’effetto
PPSI l’informazione si perde.

La trasmissione sinaptica ha una funzione trofica = permette di mantenere in vita e sviluppare le cellule
nervose. Una lesione di un neurone pre-sinaptico può determinare la morte progressiva dei neuroni post-
sinaptici (degenerazione del neurone comunicante). Anche una lesione di un neurone postsinaptico può
determinare la morte progressiva dei neuroni presinaptici; per esempio una lesione corticale può determinare
la degenerazione delle cellule precedenti che costituiscono la catena di trasmissione di un messaggio
sensoriale.

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8. I MESSAGGERI CHIMICI
I MESSAGGERI CHIMICI:
I neurotrasmettitori sono sostanze prodotte dai neuroni e liberate nelle sinapsi in seguito all’arrivo di un
PdA. Sono contenute nei bottoni pre-sinaptici e, in base alle dimensioni molecolari, ce ne sono 2 tipi: a
basso e ad alto peso molecolare.
In base a come vengono rilasciati nello spazio sinaptico, i messaggeri si dividono in: neurotrasmettitori,
neuromodulatori e neurormoni.

Criteri per definire un neurotrasmettitore:


I neurotrasmettitori, per essere definiti tali, devono possedere determinate caratteristiche:

Otto Loewi:
Premio Nobel per la medicina nel 1936, scoprì i NT mettendo 2 cuori di rana in 2 contenitori diversi
collegati e riempiti di una soluzione. Stimolò il primo cuore elettricamente a livello del nervo vago e notò
una riduzione in esso del PdA. Questo accadeva anche nel secondo cuore (non stimolato), perciò Loewi fu
portato ad ipotizzare l’esistenza di una sostanza chimica (che chiamò succo vagale), che veniva prodotta nel
primo cuore in seguito a stimolazione e poi liberata nella soluzione fino a giungere al secondo. Ad oggi tale
sostanza è conosciuta come acetilcolina.

Principio di Dale:
Ogni neurone produce e immagazzina un solo tipo di NT. In base ai NT usati ci sono neuroni colinergici
(ACh), noradrenergici (noradrenalina) e glutammatergici (glutammato).
Tuttavia, alcuni neuroni che hanno peptidi contengono anche un’amina o un aminoacido.

Tipizzazione recettoriale:
Un singolo recettore viene attivato da un singolo neurotrasmettitore, ma un NT può legarsi a diversi sottotipi
recettoriali.
La classificazione dei recettori tiene conto della loro risposta a sostanze esogene agoniste o antagoniste:
Agonista = sostanza introdotta dall’esterno che, dopo aver legato con un recettore, provoca una risposta
simile a quella del NT biologico del recettore stesso;
Antagonista = sostanza introdotta dall’esterno che, dopo aver legato con un recettore allo stesso sito di
legame del NT, ne blocca l’attività e la funzione biologica dei neuroni che lo contiene. È priva di effetto
biologico.
La tipizzazione dei recettori è fondamentale per la ricerca farmacologica (evitare effetti collaterali).

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9. NEUROTRASMETTITORI A PICCOLE MOLECOLE (ACh,


monoamine, aminoacidi NT, ATP)
NEUROTRASMETTITORI A PICCOLE MOLECOLE (ACh, monoamine, aminoacidi NT, ATP):

Ogni NT ha un suo metabolismo (sintesi, distruzione, ricaptazione):

Acetilcolina (ACh):
I neuroni che utilizzano come neurotrasmettitore l'acetilcolina sono chiamati colinergici. Essi contengono e
producono l'enzima colinesterasi, o colina acetiltransferasi, che sintetizza il NT ACh nel terminale sinaptico
a partire da colina e acetil-CoA.

L'ACh viene liberata dai terminali dei motoneuroni, è presente in tutti i neuroni pre-gangliari del SN
autonomo e in quelli post-gangliari parasimpatici, ed è il NT della placca motrice o giunzione
neuromuscolare, sintetizzata dai motoneuroni del midollo spinale e del tronco encefalico.

Svolge un ruolo essenziale nei processi motori e cognitivi (attenzione, memoria, apprendimento, emozioni).

Processo di sintesi: tutto nasce dalla sintesi di 2 sostanze, l'acetil- CoA e la colina. Tramite un enzima
(colin-acetiltransferasi
– ChAT) si sintetizza ACh nel citosol. La distruzione dell'ACh nello spazio sinaptico è garantita dall'enzima
acetilcolinsterasi, che viene inibito da alcuni veleni come i gas nervini.

Ci sono 2 tipi di recettori colinergici: nicotinici e muscarinici. Il loro nome è dato dalla possibilità di
legare a sé, oltre all'ACh, agonisti esogeni chiamati rispettivamente nicotina e muscarina; ciascuno di essi
possiede anche antagonisti specifici, come il curaro (che blocca selettivamente i recettori nicotinici) e
l'atropina (selettiva per i muscarinici). Vediamoli nello specifico:
Monoamine (catecolamine e indolamine):
Le monoamine, cioè catecolamine ( dopamina, adrenalina e noradrenalina) e indolamine ( serotonina e
melatonina), sono prodotte da neuroni localizzati prevalentemente a livello tronco encefalico.
Una volta utilizzate vengono riassorbite all'interno del neurone presinaptico attraverso un meccanismo che
prende il nome di ricaptazione; vengono poi degradate grazie all'enzima monoaminossidasi (MAO).

Catecolamine:
Possiedono una via di sintesi comune, originano tutte dall'AA tirosina e, grazie a enzimi specifici, vengono
trasformate in dopamina, noradrenalina e adrenalina.
Sono coinvolti nella regolazione dell'umore, movimento, attenzione, funzioni viscerali:

• Dopamina (DA) = svolge una funzione di controllo sul movimento, sensazione di piacere, ricompensa,

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motivazione e regolazione affettiva. Sono presenti 5 diversi sottotipi recettoriali per essa, tutti metabotropici
e con funzioni eccitatorie o inibitorie. Ci sono 3 importanti vie dopaminergiche che partono dal
mesencefalo: la via che origina dalla substantia nigra è una via di modulazione dell'attività motoria (la sua
degenerazione è alla base della malattia di Parkinson); la via che origina dal tegmento ventrale e proietta a
varie strutture del sistema limbico è coinvolta nei meccanismi collegati alla ricompensa e alla dipendenza di
sostanze psicoattive; la via che origina dal tegmento ventrale e proietta al lobo frontale organizza il
comportamento.

• Noradrenalina (NA) = si trova nei neuroni del ponte e del bulbo e nell'ipotalamo (le proiezioni del ponte
arrivano a tutto il cervello e al midollo spinale). La sua funzione è quella di attivare l'arousal (stato di
attivazione fisiologica), di aumentare la capacità di porre attenzione all'arrivo di stimoli nuovi e
potenzialmente pericolosi.

• Adrenalina = parte delle vie riflesse del sistema simpatico, è coinvolta nella reazione “attacca e fuggi”. È
principalmente prodotta da neuroni localizzati nel ponte e nel bulbo; agisce maggiormente come ormone che
come NT, essendo liberata dalla midollare del surrene in corso di attivazione del sistema simpatico.

I recettori dell'adrenalina e noradrenalina sono definiti adrenergici e noradrenergici: sono pre e


postsinaptici e metabotropici, collocati sia a livello del SNC che in strutture periferiche e comprendono
diversi sottotipi di recettore (Alfa e Beta).

Indolamine:
Vengono sintetizzate a partire dell'amminoacido triptofano, che deve essere obbligatoriamente assunto con
la dieta (carni, uova, pesce).

• Serotonina = viene prodotta dai neuroni serotoninergici del tronco encefalico. Essi hanno proiezioni
dirette al cervelletto, alla neocorteccia, al sistema limbico e al midollo spinale.
Ruolo: regolazione dell'appetito, sonno, umore, comportamento sessuale e relazioni sociali. Viene inattivata
per ricaptazione nel terminale presinaptico, dove viene degradata dalla MAO.
Se in difetto causa disturbi dell'umore (depressione e ansietà, contrastatedalla cosiddetta “droga del buon
umore”);

• Melatonina = viene sintetizzata dai neuroni serotoninergici del SNC e dall'apparato gastrointestinale.
Ruolo: regolare il tono dell'umore e il ciclo sonno-veglia.

Aminoacidi NT:
Sono glutammato, GABA, taurina e glicina.

1. Glutammato o acido glutammico:


Sintetizzato a partire dal glucosio, è fondamentale per la costruzione delle proteine; come NT agisce a

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livello sia dei neuroni sia degli astrociti ed è il NT eccitatorio più diffuso. Una quantità eccessiva di Glu è
tossica e può causare anche la morte neuronale, perciò è fondamentale che venga ricaptato dai neuroni o
dalle cellule gliali. Esistono 3 tipi principali di recettori ionotropici per il Glu:
2. GABA (Acido Gamma-Amino-Butirrico):
Deriva dal glutammato, grazie all'azione dell'enzima glutammato-decarbossilasi (GAD); è presente in tutto il
SNC ed è il NT inibitorio per eccellenza. Il GABA viene ricaptato dalle cellule gliali (trasportatori Na+-
dipendenti) e dai terminali presinaptici, per poi essere metabolizzato dall'enzima GABA-transaminasi. Ci
sono 2 tipologie di recettori per GABA: GABAa (ionotropici – canali per Cl-) e GABAb (metabotropici –
canali per K+). L'attivazione di questi recettori produce un'inibizione cellulare (PPSI) sia a causa
dell'ingresso di Cl- che per l'uscita di K+.
Ruolo: regolazione di funzioni cognitive e motorie. Sembrerebbero essere coinvolti nella patogenesi di
malattie come la demenza senile, l'epilessia, il Parkinson e la schizofrenia.

3. Glicina e Taurina:
Sono 2 aminoacidi inibitori. La glicina (sintetizzata dal glucosio) agisce a livello del midollo spinale ed è
coinvolta nei riflessi spinali, nella coordinazione motoria ed è un inibitore dei motoneuroni; la taurina si
occupa del funzionamento del SNC e del metabolismo.

ATP:
Agisce attraverso l'adenosina come un NT del SNC; è presente nei neuroni di connessione tra SN autonomo
e dotto efferente, vescica, cuore e intestino. È implicato anche nella percezione del dolore.

Agisce attraverso l’adenosina come un NT del SNC; è presente nei neuroni di connessione tra SN autonomo
e dotto efferente, vescica, cuore e intestino. È implicato anche nella percezione del dolore.

NEUROPEPTIDI:
Sono NT costituiti da catene di AA, la cui sintesi può avvenire esclusivamente nel soma, grazie al RER e
all’Apparato di Golgi. Per essere rilasciate nel terminale sinaptico richiedono livelli di Ca++ intracellulare
molto alti e, quindi, frequenze di stimolazione neuronale maggiori. Vengono inattivati rapidamente,
degradati da enzimi specifici o per diffusione.
Esempi: sostanza P (NT eccitatorio), oppiacei endogeni come le endorfine (funzione antidolorifica), la
vasopressina e l’ossitocina.

NT GASSOSI:
Il gas più studiato è l’ ossido nitrico, implicato nella comunicazione fra neuroni, nel regolare la pressione
sanguigna e nell’erezione. I NT gassosi agiscono per diffusione su neuroni postsinaptici o anche per
trasmettere info dal neurone postsinaptico a quello presinaptico.

CARATTERIZZAZIONE DEI RECETTORI:


Ciascun recettore si lega ad un solo NT. Ma ciascun NT può legarsi a diversi recettori. Lo stesso NT può

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avere effetti postsinaptici diversi a seconda del recettore a cui si lega.

Tipi di recettori:
Amplificazione del segnale:
L’attività di un recettore associato alla proteina G può portare all’attivazione di moltissimi canali ionici.
L’uso di piccoli messaggeri che possono diffondersi velocemente permette al segnale di espandersi a
distanza, attraverso molte membrane cellulari. I segnali a cascata interagiscono per un’ulteriore regolazione
(interazione tra cascate). I segnali a cascata possono generare nella cellula dei cambiamenti chimici di lunga
durata (base della durata della memoria).

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10. ANATOMIA MACROSCOPICA DEL SISTEMA NERVOSO


SISTEMA NERVOSO (SN):
Il sistema nervoso ha la funzione di ottimizzare l’interazione individuo-ambiente conferendo ampia
flessibilità nelle risposte alle stimolazioni ambientali. Tali risposte possono essere molto semplici (come
quelle di allontanamento da uno stimolo doloroso), e quindi vengono eseguite in maniera semiautomatica;
altre sono più complesse, perciò la strategia comportamentale in risposta ad uno stimolo viene scelta tra
diverse opzioni possibili che tengano conto delle info sensoriali disponibili e dell’esperienza precedente e/o
valutazioni. Alla crescente complessità del repertorio comportamentale ne corrisponde una crescente dei
circuiti che sottendono tali comportamenti.

Il SN viene convenzionalmente diviso in SNC e SNP:

RIFERIMENTI ANATOMICI (si usano convenzioni per potersi orientare, dei sistemi di riferimento):

Analizziamo il SN del topo:


Il topo ha il cervello in linea retta col midollo spinale. Partiamo da esso perché ha un sistema molto
semplice.
Nel topo ci sono 2 assi principali comuni a midollo e cervello: uno perpendicolare e uno parallelo al
pavimento.
Quello parallelo comprende tutte le strutture che vanno dal centro del topo verso il muso (aree
anteriori/rostrali) e dal centro alla coda (aree caudali/posteriori).
Quello perpendicolare comprende strutture dorsali (verso la schiena) e ventrali (verso la pancia). Guardando
il topo dall’alto, notiamo che la linea mediana divide in 2 parti uguali il corpo: aree laterali.
Le strutture che si trovano sullo stesso lato rispetto alla mediana sono dette ipsilaterali; se sono da lati
opposti si dicono controlaterali.

Per studiare il cervello è necessario sezionarlo, per poi evidenziare tutte queste zone.
Esistono 3 piani di suddivisione del cervello:

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L’uomo:
Con l’acquisizione della posizione eretta si è verificata una rotazione di quasi 90° del cervello rispetto al
midollo spinale: la parte rostrale va verso la fronte, la dorsale corrisponde alla superficie della testa, la parte
caudale va verso il collo, mentre quella ventrale verso l’interno.

MACROANATOMIA DEL SNC:


Il SNC è formato dal midollo spinale e dall’encefalo.

Encefalo:
Alloggiato nella scatola cranica, è suddiviso in tronco dell’encefalo (bulbo, ponte e mesencefalo),
cervelletto, diencefalo e telencefalo (costituito da 2 emisferi cerebrali: essi sono separati da un solco
chiamato scissura interemisferica, ma tenuti uniti dal corpo calloso, un fascio di fibre). Diencefalo (+
interno, diviso in talamo = centro di ritrasmissione e ipotalamo = controllo fame e sete) e telencefalo, che si
sviluppano dalla medesima vescicola del tubo neurale embrionale, vengono indicati complessivamente come
prosencefalo o proencefalo: il cervello. Per la stessa ragione, bulbo, ponte e cervelletto costituiscono il
rombencefalo. Il mesencefalo invece si sviluppa da una vescicola distinta, perciò mantiene il suo nome.

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Midollo spinale:
Protetto dalla colonna vertebrale, parte come prolungamento del tronco. Comunica con corpo e cervello
tramite nervi spinali (verso il SNP: efferenti) e cranici (verso il SNC: afferenti).

Tutto il SNC è ricoperto da un resistente tessuto connettivo (le membrane meningee o meningi = pia
madre, aracnoide, dura madre).
La dura madre è lo strato più esterno, è abbastanza spessa, resistente e flessibile ma non allungabile;
l’aracnoide è lo strato intermedio più soffice e spugnoso, separato dalla dura madre da un piccolissimo
spazio subdurale (in caso di versamento di sangue in tale zona – ematoma
• occorre un drenaggio per impedire che il cervello venga compresso); la pia madre è uno strato sottile di
vasi sanguigni cerebrali e spinali, separata dall’aracnoide da uno spazio subaracnoideo, ricco di liquido
cerebrospinale/liquor (anche qui in caso di ematoma bisogna drenare).

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11. MACROANATOMIA DEL SNP


MACROANATOMIA DEL SNP:
Si divide in SN autonomo e somatico:
Somatico = contiene tutti i nervi che controllano la contrazione dei muscoli scheletrici (striati – volontari),
riceve segnali somato-sensitivi da muscoli, articolazioni e cute e si divide in afferente e efferente.
Autonomo o vegetativo = controlla il livello generale dell’attività del corpo e la muscolatura liscia
(involontaria, come stomaco e vasi sanguigni), cuore, ghiandole, ...

SVILUPPO DEL SN:


Lo sviluppo del SN inizia intorno al 15° - 18° giorno dal concepimento.
A questo punto l’embrione non è altro che una massa di 3 strati:

Intorno al 20° giorno di vita l’ectoderma inizia a piegarsi e forma la placca neurale, su cui compare un solco
(doccia neurale) in direzione rostro-caudale, con pieghe ai lati (creste neurali = membrane).

A 22 giorni c’è una completa chiusura del tubo neurale, da cui si formeranno tutte le strutture del SN; la
cavità interna darà origine ai ventricoli; dalle creste nasceranno i nervi (SNP); dai somiti nasceranno le
vertebre e i muscoli scheletrici ad esse associati tutto ciò si chiama “neurulazione”.

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Durante la formazione del tubo neurale il processo di differenziazione porta alla formazione di 3 vescicole
da cui si svilupperà tutto il cervello:
La parte terminale forma il midollo spinale.

Se non si chiude il tubo neurale, nelle condizioni più gravi si determina una mancata formazione del cervello
(anencefalia) o del midollo spinale dalla placca neurale (spina bifida).
Prevenzione: acido folico in gravidanza (riduce del 90% la probabilità di contrarre tali malformazioni).

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12. RIPASSO DI NEUROBIOLOGIA


RIPASSO DI NEUROBIOLOGIA:

La diffusione consiste nel:


Movimento degli ioni da una regione ad alta concentrazione ad una a bassa concentrazione.

Gli ioni con carica elettrica positiva sono detti:


Cationi

I canali V-D son presenti:


Nell’assone

Al potenziale di riposo:
Sono aperti più canali passivi per K+ che per Na+

Le pompe ioniche servono per:


Indurre i gradienti di concentrazione ionica.

Le variazioni di potenziale di membrana dovute a correnti locali:


Tendono ad esaurirsi lungo la membrana.

L’organulo sede della respirazione cellulare:


Mitocondrio.

I neurotrasmettitori peptidici:
Grandi molecole rilasciate dai granuli secretori.

Il GABA è:
Un aminoacido.

Il potenziale di equilibrio ionico è rappresentato da:


Differenza di potenziale elettrico che equilibra esattamente la differenza di concentrazione.

Le proteine trasportatrici di membrana hanno il compito di:


Provvedere alla concentrazione dei neurotrasmettitori nelle vescicole.

Il rilascio del neurotrasmettitore dipende da:


Apertura canali Ca++ dipendenti.

I recettori per NT sono localizzati:


Densità post-sinaptica.

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Quale dei seguenti processi non avviene durante l’esocitosi:
Recupero della membrana della vescicola.

I canali ionici trasmettitori-dipendenti:


Recettori di membrana.

Il PPSI consiste:
Iperpolarizzazione della membrana postsinaptica determinata dal rilascio di neurotrasmettitori.

L’integrazione dei PPSE porta alla genesi di un PdA solo se:


Si supera il valore soglia.

Il potenziale di membrana a riposo nel neurone è:


-70mV.

Durante il PdA i canali V-D per il K+:


Con ritardo rispetto a quelli per il Na+.

Le sinapsi eccitatorie sono tipicamente:


Asso-dendritiche.

I recettori accoppiati alla proteina G implicano azioni postsinaptiche:


Più lente e più durature.

Durante quale fase il PdA sta depolarizzando la membrana:


Fase crescente.

La degradazione del NT nella fessura sinaptica avviene per:


Diffusione, riassorbimento e distruzione (tutte le affermazioni sono corrette).

I farmaci recettori-agonisti agiscono:


Sulla ricezione dei NT attivandola.

I PPSI sono legati a:


Glicina, apertura dei canali di Cl-, GABA (tutte le affermazioni sono corrette)

Da cosa è tenuto chiuso il recettore NMDA?


Dallo ione di magnesio.

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La prima prova in itinere sono solo domande chiuse, la seconda ha anche una aperta che può essere
anche sulla prima parte di neuroanatomia.

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13. IL MIDOLLO SPINALE


IL MIDOLLO SPINALE:

Il SNC di un uomo adulto pesa circa 1, 5kg, mentre nelle donne 100g in meno.
Esso presenta 2 componenti: la sostanza bianca e quella grigia.

Gli ammassi di cellule nervose localizzati nel tessuto nervoso prendono il nome di nuclei: nella profondità
degli emisferi cerebrali e del cervelletto, nel diencefalo e nel tronco encefalico, sono presenti numerosi
nuclei distinti, mentre nel midollo spinale la sostanza grigia forma un unico ammasso.

Caratteristiche generali ed esterne del MS:

Il MS è la porzione più caudale del SNC, è contenuto nel canale vertebrale (canale osseo costituito dalle
vertebre) ed è rivestito dalle meningi. In media esso pesa 30g, è lungo 45 cm ed ha un diametro che non
supera i 10mm. Ecco le sue principali funzioni:

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Rostralmente, il MS continua nel bulbo tramite da cosiddetta decussazione delle piramidi, un punto in cui
fasci piramidali di fibre nervose provenienti dalla corteccia cerebrale e diretti ai motoneuroni del MS
incrociano la linea mediana. Il limite superiore del MS raggiunge il margine superiore della I vertebra
cervicale (atlante); all’estremità caudale il MS si assottiglia progressivamente a formare il cono terminale,
che dà origine al filo terminale = cordone di tessuto connettivo che scende fino al coccige. Il MS non
occupa quindi tutto il canale vertebrale, ma solo la porzione corrispondente alle vertebre cervicali, toraciche
e le prime lombari.

La colonna vertebrale contiene il MS:


La superficie anteriore del MS è percorsa dalla fessura mediana anteriore e la superficie posteriore dal solco
mediano posteriore, che dividono il MS in 2 metà simmetriche, unite dal canale ependimale = porzione del
tessuto nervoso che lo percorre per tutta la sua lunghezza.

A destra e a sinistra del solco ci sono i solchi laterali posteriori, lungo i quali penetrano nel MS le fibre
nervose che costituiscono le radici posteriori/dorsali/sensitive:
esse trasportano info sensitive provenienti dalla periferia (fibre afferenti/della sensibilità: contattano i
motoneuroni per i riflessi/movimenti involontari).
Ciascuna radice posteriore presenta un rigonfiamento, detto ganglio spinale, che contiene neuroni
pseudounipolari le cui fibre formano la radice posteriore; le fibre nervose che compongono le radici
anteriori/ventrali/motorie fuoriescono dalla superficie anteriore del MS e trasportano i comandi motori (fibre
efferenti/motorie: movimento volontario).
I corpi cellulari dei neuroni da cui originano le fibre stanno all'interno del MS: da ciascun lato le fibre
nervose delle radici anteriori e posteriori si uniscono a formare i nervi spinali (31 paia: 8 cervicali, 12
toracici, 5 lombari, 5 sacrali e 1 coccigeo) che escono dal canale vertebrale attraverso i forami
intervertebrali.

La porzione di MS le cui radici anteriori e posteriori danno origine a un paio di nervi spinali viene definita
mielomero; i mielomeri prendono il nome dalla vertebra corrispondente al punto in cui i nervi spinali
fuoriescono dal canale.

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Il diametro del MS non è uniforme: presenta infatti due rigonfiamenti, uno a livello dei mielomeri cervicali
(rigonfiamento cervicale) e l'altro a livello dei mielomeri lombari (rigonfiamento lombare).
Durante lo sviluppo la colonna si allunga più del midollo: a livello di L2 (vedi figura) il midollo termina e
nel canale ci sono solo radici: l'insieme di tutte queste fibre (nervi spinali dei mielomeri lombari, sacrali e
coccigei) formano la cauda equina.
L'innervazione della cute da parte delle fibre sensitive dei nervi spinali segue l'organizzazione segmentale
del midollo: dermatomero = regione cutanea innervata da una singola radice posteriore. Una radice scambia
fibre con le radici vicine per formare un singolo nervo periferico: i territori di innervazione dei nervi spinali
sensitivi non corrispondono perfettamente ai dermatomeri, che hanno disposizione ordinata sulla superficie
corporea: somatotopia (mediale = muscoli assiali come nuca, dorso, intercostali…; laterale = muscoli dorsali
e prossimali come mano e piede).

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Struttura interna del MS:

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Nel MS la sostanza grigia è all'interno (corpi dei neuroni), circondata dalla sostanza bianca, che sta
all'esterno (fasci di fibre e glia); nel cervello è il contrario.

LA SOSTANZA GRIGIA: forma due masse simmetriche (dx e sx) unite da una striscia di sostanza grigia
chiamata commessura grigia, attraversata dal canale ependimale. Da ogni lato, la porzione anteriore della
s.grigia prende il nome di corno anteriore/ventrale, mentre la porzione posteriore di corno posteriore/dorsale;
nel primo si trovano i corpi dei neuroni efferenti (motoneuroni: funzioni motorie), mentre nel secondo
terminano le fibre afferenti cui giungono segnali sensitivi tramite la radice posteriore (i neuroni raccolgono
le info sensitive trasportate al MS dalle fibre nervose della radice posteriore, ed esse vengono inviate ai
centri nervosi superiori, dando luogo eventualmente a riflessi spinali). A livello del midollo toracico c’è un
terzo corno, detto corno laterale, comprendente i corpi dei neuroni pre-gangliari le cui fibre sono destinate al
SN autonomo; nella zona intermedia ci sono gli interneuroni (movimenti riflessi).

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Livelli di sostanze: mentre a livello sacrale si ha preponderanza di sostanza grigia e la bianca è poco
rappresentata, man mano che si sale aumenta il numero di fasci di fibre ascendenti e discendenti e la
sostanza bianca prevale. A livello del midollo cervicale e lombare la sostanza grigia aumenta, per il
contributo legato all’innervazione degli arti.

Funzioni:

Esempio di riflesso spinale mediato dal midollo: riflesso di ritrazione = il recettore dolorifico invia un
segnale al MS; qui il segnale viene trasferito ad un neurone intermedio (associativo) e, da questo, al
motoneurone che agisce sul muscolo corrispondente. L’informazione sensoriale è, inoltre, trasmessa,
attraverso le vie ascendenti, alla zona del cervello che elabora le sensazioni dolorifiche.

LA SOSTANZA BIANCA:
è suddivisa in 3 settori: cordone posteriore (tra radice posteriore e solco longitudinale posteriore), cordone
laterale (tra radice posteriore e anteriore) e cordone anteriore (tra radice anteriore e fessura longitudinale
mediana).
È formata da assoni mielinizzati raccolti in fasci di fibre ascendenti (che portano i segnali dal MS
all’encefalo) e discendenti (che portano i segnali dall’encefalo al MS):

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Fibre ascendenti: trasportano info sensoriali afferenti verso i centri nervosi superiori e comprendono:
fascicoli gracile e cuneato (vie dei cordoni posteriori: trasportano info relative alla sensibilità tattile fine e
propriocettiva; le fibre di questi fasci sono gli assoni di neuroni localizzati nei gangli spinali); fascio spino-
talamico anteriore e laterale (vie dei cordoni laterali: trasportano info relative alla sensibilità tattile
grossolana, termica e dolorifica; tali fasci sono costituiti dagli assoni dei neuroni localizzati nel corno
posteriore della s.grigia); fascio spino- cerebellare anteriore e laterale (coordinazione motoria)
Destino delle afferenze al MS: ascendenti verso il tronco encefalico e il talamo, e da qui alla corteccia;
ascendono o discendono di qualche livello e terminano nella zona intermedia, dove danno origine a riflessi
polisinaptici (cioè mediati da interneuroni); alcune terminano direttamente sui motoneuroni delle corna
anteriori per i riflessi monosinaptici (riflesso rotuleo).

Fibre discendenti: trasportano le info verso la periferia e comprendono: fascio cortico-spinale laterale e
anteriore (si controllano i movimenti fini delle mani e la muscolatura degli arti/tronco/collo); fasci che
originano da nuclei nel tronco encefalico (suddivisi in mediali – fasci reticolospinali, tettospinali e
vestibolospinali – e laterale – fascio rubrospinale). Il fascio rubro-spinale partecipa al controllo degli arti; il
mediale regola l’equilibrio, tono muscolare e postura.
Nella sostanza bianca sono presenti anche fibre propriospinali, che originano e terminano nel MS stesso e
coordinano l’azione dei neuroni posti ai diversi livelli midollari.

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14. IL TRONCO DELL'ENCEFALO


IL TRONCO DELL'ENCEFALO:

Struttura generale e posizione:


Il tronco encefalico è situato tra midollo spinale e diencefalo, ed è costituito da 3 strutture: bulbo/midollo
allungato, ponte e mesencefalo.
Come il MS, è costituito da sostanza grigia e bianca.
Sulla superficie ventrale del bulbo ci sono 2 protuberanze separate dalla fessura mediana anteriore: le
piramidi bulbari, formate da fibre motorie dei fasci corticospinali, che dalla corteccia cerebrale si dirigono al
midollo spinale. Anche la superficie ventrale del mesencefalo ha 2 protuberanze: sono i peduncoli cerebrali,
costituiti da fasci di fibre nervose che connettono l'encefalo al tronco.
La superficie dorsale del tronco è ricoperta dal cervelletto, da cui è separata dal IV ventricolo: i peduncoli
cerebellari superiori, medi e inferiori sono fasci di fibre nervose che uniscono il cervelletto al tronco.

Dalle superfici anteriore e laterale del tronco dell'encefalo emerge la maggior parte dei nervi cranici, che
connettono le strutture nervose del tronco alla periferia (+ testa e organi interni) e sono 12 paia: la maggior
parte svolge funzioni sensoriali e motorie per la regione di testa e collo; il nervo vago regola le funzioni
degli organi della cavità toracica e addominale. I nervi possono essere o solo sensitivi (olfattivo, ottico, VIII
vestibolococleare), o solo motori (oculomotore, trocleare, abducente, ipoglosso, accessorio spinale), o misti
(vago, glossofaringeo, VII facciale, V trigemino).

La sostanza grigia non è raccolta in un unico ammasso centrale, ma è suddivisa in diversi nuclei, separati da
fibre di sostanza bianca: alcuni danno origine a nervi cranici, altri ricevono info sensoriali dal MS e le
trasmettono ai centri superiori del SN, altri ancora fanno parte dei circuiti di controllo motorio.

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La formazione reticolare:
Questi nuclei sono immersi nella formazione reticolare, una rete diffusa di neuroni dotati di prolungamenti
molto ramificati e interconnessi sia tra loro sia con altre regioni del SNC; in alcuni punti questi neuroni si
raccolgono a formare ammassi nucleari più definiti, come il locus caeruleus, che rappresenta un centro
d'integrazione, che raccoglie info sia provenienti dalla periferia che dal SN, e le distribuisce.
Fanno parte di essa i neuroni che costituiscono il cosiddetto sistema monoaminergico cerebrale, una
popolazione di neuroni di grandi dimensioni con assoni ramificati e lunghi che usano come NT le
monoamine.
Anatomicamente, i nuclei della formazione reticolare sono suddivisibili in 3 colonne longitudinali:

Colonna laterale = afferenze sensoriali, connessioni con talamo e altre colonne. Comprende neuroni piccoli
che ricevono afferenze termiche, dolorifiche e info visive/uditive.
Colonna mediale = fasci discendenti verso il MS (neuroni più grandi)

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Nuclei del rafe = usano come NT la serotonina; il nucleo principale è il magno rafe implicato nel sistema di
modulazione del dolore

Funzioni dei neuroni della FR:


Funzioni del tronco encefalico:

BULBO:
Il bulbo rappresenta la porzione più caudale del tronco, il cui confine col MS è contrassegnato dalla
decussazione delle piramidi, dove si incontrano le vie discendenti cortico-spinali. Il bulbo si estende
rostralmente per circa 3cm. In esso le fibre prendono sinapsi con neuroni dei nuclei gracile e cuneato; da qui
(parte dorsale) partono le fibre dei lemnischi mediali, che si dirigono rostralmente trasportando le info
relative alla sensibilità tattile e propriocettiva fino al talamo, e le fibre del fascio spino-talamico (sensibilità
termo-dolorifica). Poco dopo la loro origine, i lemnischi incrociano la linea mediana. Davanti ai nuclei
gracile e cuneato si trova il nucleo del tratto solitario, che riceve info sensoriali dai visceri e le ritrasmette ad
altri nuclei del tronco encefalico e all'ipotalamo.
La parte ventrale è occupata da fibre di fasci corticospinali, che portano info discendenti verso le piramidi
bulbari; la parte dorsale è attraversata da fibre del fascicolo longitudinale mediale; a livello rostrale si
evidenzia un nucleo di grandi dimensioni (nucleo olivare inferiore), che partecipa al controllo motorio.

IN GENERALE: il bulbo è l'estensione rostrale del MS, è connesso al cervelletto dal peduncolo cerebellare
inferiore e contiene centri vitali che regolano le funzioni respiratoria, cardiovascolare e gastrointestinale.

PONTE:
Possiamo distinguerlo in 2 porzioni:
Piede del ponte (anteriore) = contiene numerosi nuclei di s.grigia, i nuclei pontini, separati dalle fibre dei
fasci corticospinali e corticopontini. Le sue fibre prendono sinapsi coi neuroni dei nuclei pontini, i cui assoni
incrociano la linea mediana e vanno a formare i peduncoli cerebellari medi per raggiungere il cervelletto
(controllo motorio).
Tegmento del ponte (posteriore) = in esso decorrono le fibre dei lemnischi mediali, che si dirigono
rostralmente verso il talamo; è attraversato anche dalle fibre del fascicolo longitudinale mediale e contiene i
nuclei di alcuni nervi cranici e la porzione pontina della FR.

MESENCEFALO:
Anch'esso è divisibile in due porzioni: una anteriore, formata da 2 peduncoli cerebrali, e una posteriore (tetto
del mesencefalo).
I peduncoli, salendo verso il diencefalo, dalla loro posizione ravvicinata si allontanano biforcandosi. La loro
porzione più ventrale è occupata dai fasci corticospinali e corticopontini, che scendono verso il ponte. Dietro
tali fasci si trova la sostanza nera, contenente neuroni con pigmenti neri la cui degenerazione può portare
alla malattia di Parkinson. In ciascuno dei 2 peduncoli decorrono le fibre del lemnisco mediale e del

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fascicolo longitudinale mediale. Ci sono, inoltre, i nuclei dei nervi cranici III e IV e il nucleo rosso, che
favorisce il coordinamento dell'attività muscolare. La parte posteriore dei peduncoli è occupata dalla
porzione mesencefalica della formazione reticolare. Al confine tra peduncoli e tetto decorre l'acquedotto
cerebrale (o acquedotto
di Silvio), una sottile cavità ripiena di liquido cerebrospinale che attraversa tutto il mesencefalo. Intorno ad
esso si trova la sostanza grigia periacqueduttale, un complesso di nuclei implicati nei meccanismi di
controllo del dolore e delle risposte viscerali.
Il tetto del mesencefalo contiene la cosiddetta lamina quadrigemina, che contiene 2 collicoli superiori e 2
inferiori.

IN GENERALE: il mesencefalo è connesso al cervelletto mediate il peduncolo cerebellare superiore e


contiene centri per il controllo della motilità oculare e riflessa di capo e tronco in risposta a stimoli uditivi e
visivi.

I vari nuclei riassunti:


Substantia nigra mesencefalo, circuiti dei gangli della base – controllo motorio (se lesa può portare alla
malattia di Parkinson)
Nuclei pontini ponte, stazione dei circuiti cerebellari
Complesso olivare superiore bulbo – trasmissione acustica
Nucleo olivare inferiore invia segnali al cervelletto con funzione modulatoria (apprendimento e memoria);
gli input sono i fascicoli gracile e cuneato.
Sostanza grigia periacqueduttale mesencefalo (circonda l'acquedotto di Silvio, che mette in
comunicazione 3° e 4° ventricolo) – controllo del dolore usando le encefaline (oppiacei endogeni che hanno
gli effetti della morfina) come NT.

*Nuclei del rafe situati in ponte e bulbo, contengono neuroni serotoninergici con funzioni modulatorie
sulla corteccia (stato di veglia/coscienza, tono, umore, dolore).
*Locus coeruleus nel mesencefalo, contiene noradrenalina e ha funzioni di eccitazione diffusa su talamo e
corteccia, oltre che sul midollo e il cervelletto.

Riassunto:
Mesencefalo – elaborazione di info uditive e visive, generazione di riflessi motori somatici, mantenimento
stato di coscienza;
Ponte – trasmissione di info sensitive al cervelletto, centri motori somatici e viscerali;
Bulbo – trasmissione di info sensitive al talamo e ad altre porzioni del tronco, centri autonomi per la
regolazione delle funzioni viscerali (attività degli apparati cardiovascolare, respiratorio e digerente).

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15. CERVELLETTO
CERVELLETTO:

Luogo: il cervelletto occupa la fossa cranica posteriore ed è collegato alla parte superiore del tronco
encefalico mediante 3 paia di peduncoli cerebellari: superiori, medi e inferiori.

Struttura: il cervelletto è costituito da una porzione centrale, il verme, che è largo circa 1-2cm, e 2 emisferi
cerebellari.
Una piccola porzione di esso, localizzata sotto la sua superficie ventrale e apparentemente distaccata, viene
chiamata lobo flocculonodulare.
La superficie cerebellare ha molti solchi paralleli, che delimitano delle aree sottili dette folia cerebellari.
Come nel telencefalo, l’intera massa cerebellare è ricoperta dalla corteccia cerebellare, ricca di cellule.
Sotto la corteccia è presente uno strato di sostanza bianca, mentre ancora più in profondità ci sono dei nuclei
di sostanza grigia, i nuclei profondi: nucleo dentato, nucleo del fastigio e nucleo interposito (composto da
nucleo emboliforme e globoso).

Il tentorio è una struttura anatomica costituita da un lembo di dura madre che separa il cervelletto dal
cervello (lobi occipitali).

Comunicazione: la corteccia cerebellare riceve afferenze da corteccia cerebrale, gangli della base, diverse
strutture troncoencefaliche, MS e periferia corporea.
Le fibre che fuoriescono dal cervelletto raggiungono il talamo, diversi nuclei del tronco encefalico e la FR.

In caso di lesione si ha un’alterazione della precisione dei movimenti e della loro coordinazione temporale,

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con deficit di equilibrio e riduzione del tono muscolare.

Il cervelletto può essere diviso in regioni in base alle connessioni funzionali:


Funzione: è importante per coordinazione motoria e apprendimento motorio, in particolare della correzione
della sequenza delle contrazioni muscolari. Il verme si occupa della coordinazione dei movimenti
stereotipati/subcoscienti, mentre gli emisferi cerebellari della coordinazione dei movimenti volontari.

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16. DIENCEFALO
DIENCEFALO:

Il diencefalo, che connette mesencefalo e telencefalo, svolge alcune funzioni inerenti alla regolazione delle
funzioni vegetative; esso comprende le regioni nervose che circondano la cavità ventricolare denominata III
ventricolo, e si divide principalmente in talamo e ipotalamo.

TALAMO:

Introduzione: la maggior parte delle afferenze alla corteccia fanno sinapsi nei nuclei del talamo (stazione
di ritrasmissione e rielaborazione).

Funzioni: ritrasmettere info sensoriali provenienti dai recettori periferici alle cortecce sensoriali primarie,
centro di ritrasmissione dell’informazione (riceve anche molte info dalla corteccia), controllo motorio e
funzioni cognitive come attenzione e memoria.

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Anatomia: il talamo è formato da 2 masse ovoidali, costituite da diversi nuclei di sostanza grigia
interconnessi tra loro e situate ai due lati del III ventricolo. Il talamo è considerato la “porta di ingresso della
corteccia”, poiché è una stazione in cui convergono tutti gli impulsi che provengono sia dall’ambiente
esterno sia dal corpo. Anche all’interno della lamina midollare ci sono alcuni nuclei, chiamati nuclei
intralaminari. La superficie del talamo è poi rivestita da una lamina di sostanza grigia che costituisce il
nucleo reticolare.

I nuclei talamici: si suddividono in 4 gruppi separati da una lamina di sostanza bianca (lamina midollare
interna): anteriore, ventrolaterale, posteriore e mediale.
Essi possono essere:

IPOTALAMO:

Funzioni: l’ipotalamo riceve e trasmette info a diverse componenti del sistema limbico, e riceve info
sensitive viscerali dal nucleo del tratto solitario del bulbo; in esso convergono info anche visive, olfattive,
uditive e gustative, e a sua volta l’ipotalamo invia afferenze alle strutture del tronco encefalico, che
coordinano le risposte viscerali e motorie caratteristiche dei comportamenti associati a fame, sete,

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aggressione e riproduzione. Infine, l’ipotalamo fornisce la quota maggiore delle afferenze corticali di origine
non talamica e rappresenta uno dei componenti principali del sistema implicato nel controllo del livello di
attivazione corticale e dell’omeostasi.

Posizione: l’ipotalamo è situato ventralmente al talamo e davanti all’estremità rostrale del mesencefalo ed è
in stretta connessione con l’ipofisi, la principale ghiandola endocrina, appesa alla sua superficie ventrale da
un peduncolo: l’infundibolo. L’ipotalamo pesa solo 4g, ma è suddiviso in numerosi nuclei.

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17. TELENCEFALO
TELENCEFALO:
Composto da corteccia cerebrale e gangli della base, è coinvolto in funzioni percettive, motorie e cognitive.

Struttura:
È composto da 2 emisferi cerebrali, separati dalla scissura interemisferica, divisi in 4 lobi cerebrali:
I loro nomi provengono dalle ossa craniche che li sovrastano.

Gli emisferi sono ricoperti dalla corteccia cerebrale, formata da corpi cellulari di neuroni; nella loro
profondità si trovano alcuni nuclei, come i gangli della base (addetti al controllo del movimento) e l’
amigdala (per i processi emozionali – considerata struttura a sé stante appartenente al sistema limbico).
Il resto degli emisferi è costituito da sostanza bianca, ovvero fibre nervose che collegano sia la corteccia
cerebrale con strutture sottocorticali, sia tra loro diverse aree cerebrali appartenenti allo stesso emisfero o a
emisferi diversi.

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Il gruppo principale di fibre è rappresentato dal corpo calloso, un grande fascio che connette regioni
simmetriche dei due emisferi cerebrali.
Le fibre che dalla corteccia scendono verso il talamo, tronco dell’encefalo e MS formano invece la capsula
interna.
Il telencefalo non è fondamentale per la vita, ma delle lesioni ad esso possono compromettere linguaggio,
percezione di sé e dell’ambiente, pianificazione ed espressione del comportamento.

Corteccia cerebrale:

Sezionando il SNC, si nota che esso è costituito da sostanza bianca e grigia. La sostanza grigia è l’insieme di
corpi dei neuroni, mentre quella bianca è costituita dagli assoni neuronali, riuniti in fasci coperti di mielina.
Nel cervello, sostanza bianca e grigia hanno disposizione speculare rispetto a quella nel midollo spinale.
Sostanza bianca corticale:
Lobo frontale e parietale sono messi in comunicazione dal fascicolo longitudinale superiore; il fascicolo
longitudinale inferiore mette in comunicazione lobo temporale e occipitale; il fascio fronto-occipitale unisce
lobo occipitale e frontale; il fascicolo uncinato mette in comunicazione lobo temporale e frontale, mentre
una serie di fasci brevi fa comunicare le varie zone del lobo parietale.

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Vediamo meglio la capsula interna: notiamo fasci di fibre nervose di proiezione afferenti (fibre talamo-
corticali) e efferenti (fibre cortico-bulbari, cortico-pontine, cortico-spinali) che mettono in connessione la
corteccia con regioni del diencefalo, del tronco e del midollo spinale.

La corteccia:
Riceve fibre ascendenti da strutture sottocorticali, da altre strutture corticali (fibre associative o cortico-
corticali) e dall’emisfero opposto;
Invia fibre localmente, ad altre strutture corticali e a strutture sottocorticali (discendenti o a proiezione).

Gangli della base:


I gangli della base sono nuclei sottocorticali localizzati alla base di entrambi gli emisferi cerebrali e
densamente interconnessi con corteccia cerebrale, talamo e tronco dell’encefalo (ma non MS). Sono
coinvolti nel controllo del movimento e sono divisi in nuclei:

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Il corpo calloso:
Grosso tratto fibroso del SNC, costituisce la principale commissura neocorticale degli emisferi cerebrali.
Sua funzione principale è permettere che un’info depositata in un’area corticale di un emisfero sia
disponibile anche per la corrispondente area dell’emisfero opposto.

Conoscere la struttura del corpo calloso è importante per capire i sintomi di molti tumori: in base alla parte
compromessa, il medico è in grado di capire subito il problema.
Esempio di malattia: sindrome da disconnessione callosale o “split brain” (la “mano anarchica” è uno dei
sintomi, e solitamente nei destrimani è la mano sx a diventarlo).
Il corpo calloso è diviso in rostro, ginocchio, corpo 3-4-5, istmo e splenio.

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Neuroni della corteccia cerebrale (sostanza grigia):


I neuroni corticali sono raggruppati in strati paralleli alla superficie (cellule dello stesso tipo e dimensione).

Ci sono per questo 2 tipi di corteccia:

1. Neocorteccia o isocorteccia = è presente solo nei mammiferi e ha 6 strati di neuroni:

Tutti i vari strati hanno un diverso grado di sviluppo, pertanto la corteccia si divide in:
- omotipica = 6 strati ben sviluppati, equivalente anatomico delle aree associative.
Esse sono considerate “silenti”, sono ritenute polimodali (integrazione di info provenienti da modalità
sensoriali diverse o sensoriali e motorie) e svolgono funzioni sensoriali o motorie di ordine superiore e
funzioni cognitive;
- eterotipica = i 6 strati non sono ugualmente sviluppati.In base allo spessore dello strato granulare interno
corteccia eterotipica agranulare (motoria – IV strato quasi assente) e corteccia eterotipica granulare
(sensitiva – IV strato sviluppato).
La differenziazione di tali aree nasce dagli esperimenti di Penfield sulle stimolazioni elettriche della
corteccia con paziente sveglio che, se superficiali, producono “effetti comportamentali” (es. movimento
involontario mani e piedi).

2. Allocorteccia = localizzata in profondità nel lobo temporale, è filogeneticamente più antica e presenta 3
strati di neuroni disposti in modo ordinato.
È suddivisa in paleocorteccia (corteccia olfattiva a 3 strati) e archicorteccia ( ippocampo – 3 strati:
molecolare, di cellule piramidali e di cellule polimorfe – e paraippocampo, a 4 strati).

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18. Citoarchitettura
Citoarchitettura:
Parcellizza la corteccia sulla base dell'organizzazione degli strati cellulari.

MAPPA DI BRODMANN: distingue circa 50 aree diverse. Vediamola a grandi linee:

Attorno ad ogni corteccia ci sono le cortecce di ordine superiore, che svolgono un'ulteriore elaborazione
delle informazioni; sono aree associative unimodali che inviano proiezioni alle aree associative
multimodali, che integrano info relative a modalità sensoriali diverse. Si distinguono 3 regioni aventi aree
associative multimodali: Posteriore, Limbica e Anteriore.

Lo sviluppo della corteccia parietale nell'uomo va a discapito di quella occipitale, che si disloca limitando le
nostre capacità visive rispetto a quelle delle scimmie. Lo sviluppo umano della corteccia frontale invece, che
è di norma più lento, sembra avere a che fare con lo sviluppo della personalità ed il controllo degli impulsi,
che attorno ai 20 anni infatti è ancora incompleto. Il lobo temporale, particolarmente espanso nell'uomo
rispetto agli altri animali, presenta diverse aree; tra queste ricordiamo il planum temporale, che contiene
l'area del linguaggio di Wernike (in circa il 90% dei destrimani è più esteso a sx differenze interemisferiche:
dx corpo e spazio; sx info somatosensoriali).

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Curiosità:
Il cervello di Einstein era piuttosto piccolo (pesava solo 1, 230kg contro i 1, 5kg di uno nella media), tanto
che risvegliò la curiosità di molti studiosi; si narra che ci siano in giro per il mondo circa 200 sezioni del suo
cervello, grazie all'anatomopatologo che, dopo la sua autopsia che rivelò la morte per infarto, lo rubò per
“darlo alla scienza”.
Nonostante le sue ridotte dimensioni, il cervello di Einstein possedeva un'alta concentrazione di neuroni in
alcune parti e una presenza anomala di glia (soprattutto astrociti).
La ricerca ha rivelato che gli astrociti, oltre a recuperare NT, faciliterebbero le sinapsi recuperando il
glutammato usato per eccitare i neuroni.
Il cervello aveva inoltre una struttura anomala dei solchi: alcuni, come i frontali, erano particolarmente
profondi. Si è notato anche un ampliamento anomalo della corteccia a livello parietale sx (abilità
matematiche).
Degli studiosi hanno ricostruito il suo corpo calloso, scoprendo che rispetto a persone più giovani esso era
molto più spesso (soprattutto nel lobo parietale) e più sviluppato di quello di un 26enne.

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19. LOBI E SCISSURE


LOBI E SCISSURE:
La superficie esterna del telencefalo presenta numerose irregolarità data la presenza di depressioni di varia
profondità, i solchi, i quali delimitano dei rilievi, i giri.
La presenza di queste strutture aumenta notevolmente la superficie corticale, garantendo così un maggior
numero di neuroni e quindi prestazioni funzionali più elevate.
Nonostante la superficie esterna del telencefalo presenti delle differenze individuali marcate, è possibile
riscontrare delle costanti, i solchi primari, che delimitano sulla superficie esterna i lobi.
Ogni lobo è poi suddiviso in giri dai solchi secondari, anch'essi costanti. Possiamo dunque dare una
descrizione comune della superficie esterna dell'encefalo, distinguendo i vari solchi primari.

Solchi primari:

Lobi e giri:

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I lobi delimitati dai solchi sono sei:

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flusso di info alla corteccia:

2 principi che organizzano gli emisferi cerebrali:

http://www.atlasbrain.com

Gerarchia sensoriale e motoria

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20. Suddivisione funzionale del telencefalo (aree)


Suddivisione funzionale del telencefalo (aree):
La correlazione di aree corticali telencefaliche e funzioni cerebrali è molto complessa ma ha portato tuttavia
ad una classificazione odierna che prevede:

AREE ASSOCIATIVE
Le aree associative sono zone cerebrali che svolgono funzioni di associazione complessa permettendo lo
strutturarsi della vita di relazione.
Esse sono presenti in ambedue gli emisferi ma solitamente la loro funzione è preponderante in uno dei due
(si parlerà quindi di emisfero dominante).
Le aree associative del lobo frontale sono le aree 9-10-11 e svolgono un ruolo nella strutturazione della
personalità del soggetto.
Le aree associative del lobo parietale sono le aree 5-7 e permettono di organizzare gli stimoli sensitivi
complessi.

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AREE SENSITIVE
Le aree sensitive proiettano vie sia della sensibilità generale che specifica.

AREE MOTORIE
L' area motoria primaria è situata nel giro precentrale. L' area premotoria (o motoria secondaria) è
situata davanti alla motoria primaria, anteriormente alla quale troviamo ancora l' area motoria
supplementare, che regola i movimenti posturali. L' area motrice soppressoria è posta nel lobo frontale.
Le aree deputate al movimento coniugato degli occhi sono controllate da aree poste nel giro frontale
inferiore. L'area motoria che regola funzioni viscerali, del sistema cardiocircolatorio e respiratorio si trova a
livello del giro del cingolo, del sistema limbico.

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AREE DEL LINGUAGGIO


Le aree primarie del linguaggio parlato si trovano nella stessa zona delle motorie primarie. In caso di lesione
il soggetto presenta muscoli fonatori tonici ma incapacità di articolare il linguaggio.
L'area del linguaggio parlato secondaria è posta nel lobo parietale, posteriormente la primaria ed ha
significato associativo.
È fondamentale per il parlato anche la corretta funzione dell'area motrice supplementare. Le aree della
comprensione del linguaggio (area di Wernike) sono invece localizzate nella corteccia del giro temporale
superiore e, se lesionate portano ad incapacità di comprendere le parole, nonostante non vi sia sordità. Per
quanto riguarda il linguaggio parlato (area di Broca) l'emisfero dominante è sempre il sinistro, anche nei
soggetti mancini.

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21. CIRCOLAZIONE LIQUORALE e VASCOLARIZZAZIONE


CEREBRALE
CIRCOLAZIONE LIQUORALE:

I ventricoli laterali si sviluppano dal lobo frontale a quello temporale.


Tramite il foro di Monro o forami interventricolari c’è la connessione col III ventricolo, che è connesso
tramite l’ acquedotto di Silvio al IV ventricolo, da cui parte il canale spinale o ependimale che va fino al
MS.
Questo sistema di cavità ossee contiene al suo interno un liquido, chiamato liquor o liquido
cefalorachidiano/cerebrospinale.

Tale liquido (trasparente e privo di globuli rossi) nasce da delle particolari strutture presenti nei ventricoli,
chiamate plessi coroidei (particolarmente sviluppati a livello dei ventricoli laterali).
Il liquor è presente sia dentro che fuori dai ventricoli, per esempio nello spazio subaracnoideo e in tutto il
mantello corticale, ma la sua diffusione è controllata dalle cellule epiteliali che ricoprono i plessi, unite tra
loro da giunzioni strette: esse compongono la barriera ematoliquorale. Inoltre, i villi aracnoidei, delle

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granulazioni che si estendono nei seni venosi, danno modo al liquor di riversarsi nel sangue, ma non
viceversa (per evitare ematomi).

A cosa serve il liquor?


• Protegge il SNC da urti contro le strutture ossee che lo contengono (il liquor è presente nelle meningi, nei
ventricoli degli emisferi cerebrali ed esternamente al MS) funge da cuscinetto idraulico (es. fa passare il

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peso del cervello da 1500g a meno di 100g, poiché galleggia)
• Insieme al sangue, permette di controllare le modificazioni dell’ambiente interno (es. modificazioni di
CO2 del liquor fanno scattare risposte automatiche dei centri respiratori del tronco cerebrale che a loro volta
regolano il rifornimento di O2 e il PH del corpo).

La circolazione del liquor:


è fondamentale perché se questo sistema non fluisce correttamente il liquor rientra nei ventricoli e si
accumula (si parla allora di idrocefalo); questo nei bambini comporta un ampliamento dei ventricoli, seguito
da un ingrossamento della scatola cranica in modo sproporzionato. Con un intervento (drenaggio) si fa
fuoriuscire il liquor dai ventricoli e l’operazione è piuttosto efficace.
Nell’adulto invece l’accumulo di liquor produce una compressione del cervello, in quanto la scatola cranica
è rigida e già formata; l’intervento è il medesimo, ma risulta più ostruttivo e pericoloso.

VASCOLARIZZAZIONE CEREBRALE (sistema arterioso):

Attraverso il circolo cerebrale arterioso il SNC riceve il sangue circolante nel corpo: esso si divide in
anteriore (arterie carotidi) e posteriore (arterie vertebrali).

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Le arterie:

CIRCOLAZIONE ANTERIORE
Le arterie carotidi comuni di destra e di sinistra si biforcano a livello cervicale, formando le due arterie
carotidi esterne (che irrorano i tessuti del viso e del capo all’esterno della scatola cranica) e le due arterie
carotidi interne (che penetrano nella teca cranica e vascolarizzano il tessuto cerebrale), mentre
inferiormente sono in contatto con l’ arco aortico.
Il tratto iniziale di ciascuna carotide interna presenta una dilatazione, il seno carotideo, dove si trovano i
barocettori, in grado di segnalare al SNC le deformazioni meccaniche prodotte sul vaso da variazioni della
pressione
arteriosa, innescando così risposte regolatorie (baroriflesso).

Ogni arteria carotide interna, che fornisce circa il 40% dell’apporto totale di sangue al cervello, a sua volta
dà origine all’ arteria cerebrale media e anteriore di destra e di sinistra.
Le due arterie cerebrali anteriori sono unite tra loro dall’ arteria comunicante anteriore, che permette loro
di fornire sangue alla superficie mediale e laterale dei lobi frontale e parietale, oltre che alla
circonvolunìzione del cingolo. La restante parte della superficie laterale degli emisferi è vascolarizzata dalle
arterie cerebrali medie, che raggiungono i nuclei specifici e la sostanza bianca in profondità formando l’
arteria basilare, che risale lungo la superficie

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CIRCOLAZIONE POSTERIORE
Le arterie vertebrali confluiscono anteriore de tronco dell’encefalo, fornendo collaterali che irrorano ponte
e parte del cervelletto.
A livello del margine superiore del ponte essa si biforca, formando le due arterie cerebrali posteriori, che
raggiungono gran parte dei lobi temporali e occipitali.
Esse comunicano con l’arteria carotide interna a livello della sua biforcazione tramite le arterie comunicanti
posteriori.
Circolazione anteriore e posteriore sono funzionalmente divise, ma interconnesse dal circolo/poligono di
Willis, un sistema di anastomosi arteriose localizzato nella faccia inferiore del cervello.
Esso è un meccanismo di sicurezza, una rete di vasi sanguigni posta alla base dell’encefalo in grado di
garantire un adeguato apporto ematico al tessuto cerebrale anche in caso di parziale ostruzione di uno dei
vasi arteriosi; non è però in grado di prevenire i danni causati da un’ostruzione che colpisca un vaso di
piccole dimensioni posto più perifericamente.

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Territori di distribuzione – RAMI CORTICALI:

Strutture mediali e profonde:

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Le arterie si suddividono in vasi di dimensioni progressivamente minori, formando dapprima arteriole e poi
capillari.
Questi ultimi sono addetti agli scambi di gas, nutrienti e sostanze di scarto tra sangue e tessuto e sono
numerosissimi; il loro numero elevato indica che il tessuto cerebrale ha un metabolismo elevato e richiede
un apporto continuo e cospicuo di sostanze energetiche e di ossigeno dal sangue. Le cellule che ne formano
il rivestimento interno sono dette cellule endoteliali.
Esempio: i capillari posteriori irrorano il lobo temporale, occipitale e tronco encefalico

Vene cerebrali e seni venosi meningei:


Il sangue refluo dal cervello viene raccolto in vasi venosi (le vene), che si distinguono in cerebrali
superficiali e profonde e confluiscono nei seni venosi della dura madre.
Il seno principale è detto seno sagittale superiore, che decorre sulla superficie emisferica in corrispondenza
della scissura interemisferica e si continua nei seni trasversi/laterali dei due lati.
Confluiscono nel seno sagittale anche il seno retto, che raccoglie sangue proveniente dalle strutture
cerebrali profonde, e il seno occipitale.
Il sangue raccolto dai seni fuoriesce poi dal cranio attraverso la vena giugulare interna.

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Malattie cerebrovascolari:
Consistono in un’alterazione temporanea o permanente (necrosi) del tessuto cerebrale derivante da un
processo patologico dei vasi sanguigni. Alcuni esempi:

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22. SISTEMI SENSORIALI


SISTEMI SENSORIALI

INTRODUZIONE:
I sistemi sensoriali sono in grado di rilevare gli stimoli presenti nell'ambiente circostante e quelli provenienti
dal corpo, attraverso una catena di processi che vale per tutte le modalità sensoriali.

RECETTORI SENSORIALI E TRASDUZIONE:


Primo fondamentale processo è la trasduzione, attraverso la quale l'energia fisica di uno stimolo viene
trasformata in energia nervosa, cioè un segnale che può essere trasmesso attraverso le fibre nervose fino
al midollo o al cervello.
Tale processo avviene grazie ai recettori, strutture in grado di catturare in modo ottimale l'energia specifica
di determinati stimoli e di trasformarla in segnale nervoso (PdA); ogni organo di senso ha specifici recettori,
che a loro volta hanno una sensibilità particolare per determinati stimoli detti preferenziali. Infatti, secondo
la Teoria dell'energia sensoriale specifica di Bell e Muller, “ogni recettore è specializzato per rilevare una
determinata forma di energia; tuttavia i recettori specifici per un determinato stimolo rispondono anche a
stimoli prodotti da energie fisiche diverse da quella ottimale” ad esempio i recettori della retina rispondono
prevalentemente a stimoli luminosi, ma rispondono anche a stimoli tattili come un dito nell'occhio.

In particolare esistono recettori più semplici, costituiti da terminazioni nervose periferiche, dette
terminazioni libere, il cui contatto con lo stimolo è diretto; altri invece sono costituiti da terminazioni
nervose circondate da strutture specializzate (i meccanocettori). In questo caso lo stimolo produce una
variazione locale del potenziale di membrana del recettore (potenziale generatore, che dipende
dall'intensità dello stimolo). Altri recettori infine sono cellule specializzate, in grado di variare il loro
potenziale elettrico di membrana all'arrivo di uno stimolo (potenziale di recettore), che a sua volta libera
un NT capace di stimolare la fibra nervosa generando il segnale nervoso.

I recettori, quindi, possono essere di 3 tipi: fibre dolorifiche, meccanocettori o cellule cigliate.
I neuroni afferenti sono tipicamente neuroni pseudounipolari, con un prolungamento periferico che entra in
contatto con lo stimolo, ed uno centrale che conduce info al SNC.

Una caratteristica comune dei recettori, come di molte cellule nervose, è l'adattamento, cioè la tendenza a
diminuire l'intensità di risposta al persistere della stimolazione (la frequenza di scarica cambia a seconda
dello stimolo). Tale proprietà è diversa da recettore a recettore e contribuisce a determinarne la specificità
per un particolare tipo di stimolo.

TRASMISSIONE SENSORIALE:
Oltre all'adattamento, un altro processo fondamentale e comune a tutti i sistemi sensoriali è quello della

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trasmissione, che serve per condurre il segnale nervoso generato dai recettori al SNC, affinché questo
possa essere ulteriormente elaborato. L'informazione che fluisce dai recettori al SNC è detta afferente e
percorre vie nervose (appunto, afferenti) caratterizzate da un certo numero di interruzioni sinaptiche.
Ad ognuna di queste stazioni sinaptiche il segnale viene ulteriormente elaborato grazie a diversi
meccanismi:

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Gli elementi più salienti di uno stimolo produrranno segnali più forti, che a loro volta inibiranno le info
meno salienti; risultato = aumentano progressivamente le info provenienti dalle zone più salienti e si
inibiscono quelle che giungono dalle parti meno rilevanti dello stimolo.
La specificità di risposta di una cellula corticale origina dai suoi collegamenti.

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23. CAMPO RECETTIVO DEI NEURONI


CAMPO RECETTIVO DEI NEURONI:

Ogni neurone possiede un campo recettivo, il territorio di stimolazione che determina la risposta di ogni
cellula sensoriale.
Per un recettore questo corrisponderà ad uno spazio molto piccolo (es. un lembo di cute per la pelle o il
centro della retina per l’occhio), mentre per una cellula di una stazione sinaptica superiore sarà più ampio,
innervato da tutti i recettori il cui segnale convergerà su quella cellula.
Alcuni di questi segnali sono eccitatori, altri sono inibitori.

I campi recettivi sono infatti caratterizzati da:


Il grado di attivazione di ciascun neurone dipende da quali zone del proprio campo recettivo, eccitatorie o
inibitorie, saranno attivate e dal grado di attivazione di ciascuna di esse.

Inoltre, passando dalle aree sensoriali primarie a quelle di ordine superiore, l’ampiezza del campo recettivo
delle cellule tende ad aumentare progressivamente, arrivando a coprire aree di stimolazione molto ampie,
corrispondenti anche a entrambi i lati del corpo o a tutto il campo visivo; infatti, mentre le aree primarie
rappresentano caratteristiche elementari dello stimolo, quelle secondarie rappresentano caratteristiche più
complesse, che prescindono da quelle elementari.

Infine, le proprietà di risposta di ciascuna cellula dipendono dalle sue connessioni con le cellule precedenti
lungo la via sensoriale. Alcune cellule acquisiscono capacità di integrazione multisensoriale, che dipende
non dalla loro struttura, bensì appunto dalle loro connessioni. Questa “teoria” è racchiusa nella Legge
dell’energia specifica di Muller: “La quantità di energia che riceviamo non dipende dal tipo di
stimolazione che viene esercitata dagli organi di senso, ma dal tipo di organo che viene stimolato. La
specificità della sensazione dipende esclusivamente dalla specificità delle connessioni nervose che collegano
il recettore al centro nervoso pertinente”.

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24. SISTEMA SOMATOSENSORIALE


SISTEMA SOMATOSENSORIALE

INTRODUZIONE:
Il sistema somatosensoriale (dal greco soma = corpo) è provvisto di diversi tipi di recettori, ottimizzati per la
trasduzione delle energie fisiche che caratterizzano ciascun tipo di stimolo.
La sensibilità somestesica comprende:
TATTO:
Il contatto tra la cute e un oggetto può essere molto variegato, comprendendo situazioni statiche (es. tenere
qualcosa in mano) e altre più dinamiche (es. scivolamento provocato da una carezza o vibrazione).

Si ha la consapevolezza di molte sensazioni tattili, attive o passive che siano, anche se molte rimangono
sotto la soglia della coscienza.
Tali sensazioni sono mediate da diversi tipi di meccanocettori cutanei situati nel derma; essi sono
costituiti da una struttura periferica specializzata, localizzata a livello della cute glabra o provvista di peli, a
stretto contatto con il terminale periferico di una fibra nervosa afferente.
Struttura e posizione nella cute del meccanocettore determinano il modo in cui esso media il contatto tra
neurone afferente e stimolo.
Tutti i meccanocettori sono in contatto con fibre mieliniche, che si perdono entrandovi.
I meccanocettori cutanei sono classificati secondo due caratteristiche:
Tali caratteristiche conferiscono ai recettori la loro specificità nel catturare determinati tipi di stimolo:
La velocità di adattamento delle fibre determina quanto questi recettori sono in grado di inviare segnali
tonici, ovvero costanti, relativi alla permanenza di una stimolazione (recettori LA), oppure segnali fasici,
cioè transienti, più adatti a segnalare le variazioni di pressione sulla cute (recettori RA). Infatti, la struttura
del recettore regola la variazione di potenziale indotta dallo stimolo sulla fibra afferente (potenziale
generatore).

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La profondità del recettore nella cute, invece, determina le dimensioni del campo recettivo: i recettori
superficiali (vicini al punto di contatto dello stimolo) risponderanno selettivamente alle deformazioni, anche
minime, della cute in quel preciso punto, quindi avranno un campo recettivo molto piccolo; quelli profondi
risponderanno a deformazioni più grossolane, provenienti da punti diversi della cute distanti tra loro, quindi
avranno un campo recettivo più grande.

Si distinguono 4 meccanocettori principali nella cute glabra, 2 superficiali (tra epidermide e derma) e 2
profondi (nel derma).

Quelli superficiali sono:

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Entrambi hanno campi recettivi molto piccoli e sono particolarmente numerosi nelle mani, a livello dei
polpastrelli (analisi tattile fine).

Quelli profondi sono:

• Corpuscolo di Pacini: è costituito da una terminazione afferente, che penetra in una capsula costituita da
strati sovrapposti di tessuto connettivo, separati da piccoli spazi contenenti liquido. È presente nella cute e
nell’intestino e, date le sue caratteristiche di RA, risponde alla variazione iniziale di energia pressoria indotta
da uno stimolo, a causa della deformazione degli strati di connettivo della capsula, ma smette di scaricare se
la stimolazione resta costante. I recettori riprendono poi a generare segnali non appena lo stimolo si
allontana, provocando una nuova deformazione della fibra. Se la capsula elastica del recettore fosse rimossa,
la fibra afferente risponderebbe in modo indifferenziato per tutta la durata della stimolazione, perdendo la
sua caratteristica di RA che le permette di rilevare variazioni anche piccolissime e rapidissime. Il corpuscolo
di Pacini è capace di rilevare deformazioni della cute di pochi micron e con frequenze elevatissime,
corrispondenti alla sensazione di vibrazione; è utile quindi per la manipolazione di oggetti e strumenti.

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• Corpuscolo/Terminazione di Ruffini: misura circa 1mm (molto grande) ed è costituito da una struttura
capsulata, ripiena di liquido e tessuto connettivo, al quale si ancorano le diramazioni di una singola fibra
afferente che vi penetra. Quando subisce una deformazione, soprattutto uno stiramento, le fibre connettive
del recettore si deformano attivando la fibra afferente. Il corpuscolo di Ruffini (LA) è importante per
trasmettere le sensazioni pressorie, per esempio la stereognosia (= riconoscimento della forma degli oggetti
tramite la manipolazione).

Entrambi hanno dimensioni più grandi rispetto a quelli superficiali, hanno campi recettivi più ampi e sono in
grado di rispondere alla stimolazione di un’aerea più vasta della cute.

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Gli stessi recettori situati nella cute glabra sono presenti anche nella cute irsuta (coi peli), con la differenza
che il corpuscolo di Meissner è sostituito dal recettore del follicolo pilifero.
Esso, costituito da una fibra afferente avvolta a spirale attorno alla radice del pelo, registra le flessioni dei
peli indotte da stimoli cutanei superficiali (es. pelle d’oca indotta dal freddo).

Riassumendo…
I recettori superficiali sono in grado di rilevare stimoli puntiformi con grande precisione, sia statici che in
movimento; quelli profondi si attivano per stimoli pressori più intensi e sono necessari per l’analisi della
superficie degli oggetti. In particolare, i recettori a RA sono in grado di rilevare sensazioni discriminative
per cui le caratteristiche temporali dello stimolo sono importanti, come la vibrazione leggera o lo
spostamento di uno stimolo da un punto all’altro della cute; i recettori a LA invece permettono l’analisi di
stimoli la cui intensità nel tempo è più costante, come le informazioni pressorie necessarie per l’analisi dei
bordi e della forma degli oggetti.

Come viene trasformata l’energia meccanica in energia elettrica dai recettori tattili?
Premendo sulla cute si ha una deformazione della pelle che si trasferisce al recettore. Il risultato è l’apertura

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dei canali cationici. La depolarizzazione che raggiunge il valore soglia determina il PdA, che dall’assone,
con una conduzione saltatoria, si traferisce al midollo spinale.

PROCESSO DI TRASDUZIONE DELLA PROPRIOCEZIONE:


La propriocezione è la sensibilità che informa sullo stato posturale del corpo, dando sensazioni statiche e/o
dinamiche.
Tali sensazioni sono possibili grazie all’esistenza di numerosi meccanocettori posti nelle capsule articolari
, che danno info sulla tensione della capsula articolare (variazione dell’angolo articolare durante un
movimento, segnali tonici relativi alla postura statica di un’articolazione), nei tendini che connettono i
muscoli alle ossa (organi muscolotendinei di Golgi) e nei muscoli stessi (fusi neuromuscolari), per il
controllo riflesso del movimento.
La percezione dei segmenti corporei nello spazio è il risultato complesso delle afferenze provenienti da
questi recettori, come anche da quelli tattili sensibili allo stiramento della cute; esse sono, in molti casi,
elaborate in modo incosciente.

Nel ganglio delle radici dorsali sono situati i corpi cellulari delle fibre afferenti primarie: il neurone
pseudounipolare posto nel ganglio spinale ha un prolungamento che va verso il recettore periferico, mentre
l’altro si porta ai nuclei del MS per le attività riflesse e/o prosegue verso i centri sovraspinali, per i
meccanismi specifici della sensazione.

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25. TRASMISSIONE CENTRALE DEI SEGNALI TATTILI E


PROPRIOCETTIVI
TRASMISSIONE CENTRALE DEI SEGNALI TATTILI E PROPRIOCETTIVI – via delle colonne
dorsali:

- Il tragitto dell’info trasdotta dai meccanocettori inizia con l’attivazione dei PdA nella fibra sensoriale
afferente.
I neuroni che rilevano e conducono verso il SNC i segnali tattili e propriocettivi provenienti da tutto il corpo,
a esclusione del volto, sono neuroni pseudounipolari, con il soma localizzato a livello dei gangli delle radici
posteriori. La classificazione delle fibre nervose afferenti può essere fatta secondo il diametro e la velocità di
conduzione del PdA: a un maggior diametro corrisponde una maggiore velocità di conduzione.
Quest’ultima inoltre dipende anche dalla presenza della guaina mielinica, che è presente in tutti i neuroni
afferenti ad eccezione delle fibre C (amieliniche).

- I gangli delle radici posteriori sono localizzati bilateralmente a ciascuna radice e le info che convogliano
complessivamente corrispondono al territorio di innervazione di quella radice nervosa, denominato
dermatomero.

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Ogni radice poi riceve informazioni da numerosi nervi periferici, in cui sono contenute fibre afferenti di tipo
diverso che convogliano info provenienti da recettori diversi.
Tali nervi partono dai distretti più periferici della cute e convergono in rami nervosi di maggior diametro,
che possono entrare nel midollo.
Per questo motivo, la lesione di un ramo nervoso periferico darà sintomi in un’area della cute non
necessariamente corrispondente al territorio di distribuzione di un nervo spinale.

- Il ramo centrale del neurone afferente penetra nel midollo e va a formare due grossi fasci di fibre che
occupano tutta la porzione dorsale del midollo, denominati colonne dorsali/cordoni posteriori. Qui le
informazioni salgono direttamente verso il tronco encefalico ipsilateralmente e senza fare alcuna sinapsi!

- Le informazioni sensoriali giungono così al talamo e alla corteccia, per generare sensazioni
somatosensoriali coscienti; inoltre, i neuroni afferenti emettono anche collaterali che fanno sinapsi nella
sostanza grigia del MS con i motoneuroni, al fine di generare risposte riflesse.

- Le colonne dorsali sono formate da 2 fascicoli distinti, il fascicolo gracile (o di Goll) e il fascicolo cuneato
(o di Burdach). Il primo è più mediale e occupa tutto il midollo, raccogliendo info relative ai distretti
corporei caudali; il secondo compare a livello di T7 e si accresce in direzione craniale, raccogliendo le info
provenienti dalla parte superiore del corpo.
Questi fasci decorrono senza interruzione fino al bulbo, dove si trova la prima sinapsi nei nuclei delle
colonne dorsali (in particolare nel trigemino del ponte per la sensibilità tattile). Da qui parte il 2° neurone
della catena di trasmissione,che subisce una decussazione e si porta più ventralmente e medialmente,
costituendo un fascio di fibre che prende il nome di lemnisco mediale trigeminale, che attraversa tutto il
tronco encefalico fino a raggiungere il nucleo ventroposterolaterale (VPL) del talamo, dove si trova la
seconda sinapsi.

- Nel talamo infatti, è presente il 3° neurone della catena di trasmissione.


Il suo assone si dirige verso la corteccia, attraversa il braccio posteriore della capsula interna e termina nel
lobo parietale a livello della corteccia somatosensoriale primaria (S1), dove è localizzato il 4° e ultimo
neurone della catena.

Le fibre afferenti, lungo il corso ascendente verso la corteccia, subiscono modulazioni a tutti i livelli da parte
di informazioni discendenti, in particolare dalla corteccia stessa e dalla FR. Tali modulazioni sono in grado
di modificare significativamente l’afferenza sensoriale: in particolare, il talamo rappresenta un’importante
stazione di ritrasmissione (o nucleo di relais) per tutte le info sensoriali afferenti. Tali info forniscono anche
collaterali alla FR, che vengono integrate con altre info per regolare lo stato generale di vigilanza e di
coscienza per l’elaborazione delle sensazioni.

È anche interessante notare che c’è una segregazione delle info tattili e propriocettive nei condotti posteriori,
nei nuclei bulbari e nel talamo, nonostante esse siano ritrasmesse in stretta vicinanza.
Per esempio, nel talamo si riconoscono il nucleo ventrale posteriore, che riceve soprattutto afferenze

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cutanee, e una suddivisione superiore che riceve prevalentemente afferenze propriocettive.

Il cervello non riconosce lo stimolo solo in base alla risposta, ma deve sapere quale fibra afferente sta
producendo quella risposta: si attua una trasmissione di afferenze molteplici in parallelo che permette
maggior velocità ed efficienza di analisi. A ciascun tipo di recettore viene data una linea separata; in questo
modo non c’è bisogno di codificare e decodificare il pacchetto di info (per questo il MS necessita di
tantissime linee). Tali linee sono rappresentate da fasci di fibre nervose che percorrono in senso ascendente
il MS e ne costituiscono la s.bianca.

- Le informazioni sensoriali afferenti giungono alla corteccia somatosensoriale primaria S1 (o


circonvoluzione post-centrale o parietale ascendente), che occupa la porzione anteriore della corteccia
parietale e comprende le aree di Brodmann 3, 1 e 2. La corteccia S1 non occupa solo la superficie laterale
del cervello (aree 1, 2), ma si spinge anche in profondità, occupando fondo e parete posteriore della scissura
centrale (area 3), in modo da aumentare la quantità di cellule dedicate all’analisi neurale.

Le afferenze, che giungono segregate a seconda del tipo di recettore che le ha prodotte (RA o LA) e della
localizzazione dei recettori sulla cute, fanno sinapsi con neuroni del SI localizzati nello strato IV,
organizzandosi secondo 3 criteri principali:

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La corteccia S1 di ogni emisfero rappresenta la parte controlaterale del corpo (una lesione porta a ipoestesia
o anestesia nel distretto controlaterale del corpo rappresentato topograficamente in quel punto della
corteccia) e l’estensione di corteccia somatosensoriale di ogni segmento è proporzionale alla raffinatezza
della discriminazione.

Esempio: la discriminazione tra 2 punti è una misura della sensibilità tattile.


I polpastrelli hanno un’alta densità di fibre afferenti; ciascuna fibra ha una bassa convergenza a livello
dei NCD. Perciò molti neuroni sono richiesti per rappresentare una certa area cutanea.
Conseguenza piccoli campi recettivi
La pelle della schiena ha una bassa densità di fibre afferenti. Diverse afferenze convergono su un
singolo neurone dei nuclei delle colonne dorsali (NCD). Conseguenza grandi campi recettivi.

I campi recettivi dei neuroni somatosensoriali tendono a diventare sempre più grandi e complessi man mano
che l’elaborazione procede lungo la via sensoriale. Inoltre, si osserva una progressiva convergenza dei
segnali presinaptici su neuroni postsinaptici, con aumento di dimensione dei campi recettivi delle cellule e
maggior complessità della loro risposta.

- Le informazioni giungono poi alla corteccia SII, posta ventralmente a S1. Anche in quest’area c’è
segregazione di info tattili e propriocettive, ma il tipo di analisi sensoriale è più complessa. I campi recettivi
sono grandi e possono essere bilaterali, rispondendo alla stimolazione di entrambi gli arti, grazie a info
provenienti dalla corteccia controlaterale attraverso il corpo calloso. In quest’area sono dunque mappati
entrambi i lati del corpo, ed essa è indispensabile per estrarre le caratteristiche complesse degli oggetti,
come la forma, e subisce modulazione da parte dell’attenzione.

- Le caratteristiche di risposta dei neuroni dipendono dalle loro connessioni; posteriormente alla
circonvoluzione postcentrale si trova l’ampia corteccia parietale posteriore, formata da lobulo parietale
superiore (aree 5 e 7 di Brodmann) e dal lobulo parietale inferiore (aree 39 e 40). L’area 5 riceve
afferenze sia tattili sia propriocettive e monitora i segnali afferenti durante i movimenti attivi; l’area 7 riceve
anche afferenze visive, rappresentando un luogo importante d’integrazione multisensoriale. Inoltre, ulteriori
connessioni con aree presenti nella profondità del solco intraparietale permettono di integrare info tattili con
quelle visive presenti in prossimità delle mani e del volto, contribuendo alla definizione dello spazio
peripersonale (quello vicino al corpo). Queste aree sono quindi importanti nel mantenimento della coscienza
del corpo e dello spazio circostante.

Lesioni di queste aree possono dar luogo a: negligenza spaziale unilaterale intracorporea ed extracorporea
[inconsapevolezza degli stimoli somatosensoriali o comportamenti anomali nei confronti della parte del
corpo controlaterale alla lesione, come se essa non esistesse (personal neglect) o non gli appartenesse
(somatoparafrenia)] e atassia ottica (alterazione della capacità di raggiungere oggetti nello spazio).

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La corteccia somatosensoriale è plastica: l’allenamento alla discriminazione sensoriale può espandere la
rappresentazione delle dita interessate. In caso di amputazione di un dito, la sua area di rappresentazione
viene progressivamente occupata dalla rappresentazione delle dita vicine vedi caso dell’arto fantasma:
l’amputazione di un arto può causare la sensazione che esso esista ancora. E se si tocca il viso al soggetto
amputato egli si sentirà toccato sull’arto mancante.

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26. SISTEMA NOCICETTIVO


SISTEMA NOCICETTIVO:

Il dolore:
Il dolore è un'esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o
potenziale, o descritta in termini di danno. È la percezione dello stimolo nocicettivo (con componente
emozionale).

Da un lato, il dolore segnala un danno potenziale o reale ai tessuti ed è quindi un indispensabile


campanello d'allarme per rilevare e rispondere in modo adeguato alle minacce per l'organismo; dall'altro, il
dolore può diventare esso stesso una patologia, quando viene meno la sua relazione con una causa
scatenante e, quindi la sua utilità nel segnalare un danno organico e quando esso permane come sintomo
residuo, spesso disabilitante e limitante per l'autonomia e la serenità del paziente.

La mancanza di nocicezione, ovvero la trasduzione dello stimolo che può arrecare un danno, quindi,
produce quadri patologici gravissimi, poiché il ruolo fondamentale dei nocicettori non è quello di generare
dolore, ma appunto quello di fornire i segnali necessari alla sua localizzazione:

La particolarità dell'esperienza del dolore è l'enorme influenza che hanno su di essa componenti diverse,
sensoriali, emotive e cognitive, e più in generale lo stato psicofisico individuale.

Nocicezione e trasmissione del dolore:


Il processo sensoriale che produce la sensazione di dolore viene definito nocicezione, cioè l'analisi di uno
stimolo che può arrecare un danno tissutale.

I recettori preposti a rilevare stimoli nocicettivi sono terminazioni libere di neuroni mielinici di piccolo
diametro ( fibre a Delta – nei muscoli e nelle articolazioni) o amielinici ( fibre C – nei tessuti profondi).
Essi, detti nocicettori, NON presentano terminali specializzati (come i meccanocettori), ma sono preposti a
rispondere a stimolazioni di natura diversa, ovvero meccaniche, termiche o chimiche.
I nocicettori, nella cute, sono presenti in tutto il corpo (tranne polmoni e cervello: qui i nocicettori innervano
solo le meningi) sia in superficie che in profondità, con densità di circa 40/cm².

Tipi di nocicettori nella cute:


Entrambi sono detti SPECIFICI, costituiti da FIBRE A DELTA.
Sono ASPECIFICI, costituiti da FIBRE AMIELINICHE C, e rispondono anche a determinate sostanze
chimiche, come quelle che si liberano in seguito a una lesione di un tessuto causata da evento traumatico o
sofferenza metabolica o introdotte dall'esterno. In caso di lesione tissutale, i nocicettori stessi amplificano la
risposta nocicettiva, liberando dai loro terminali collaterali sostanze vasoattive, come la sostanza P che,
aumentando la permeabilità dei vasi della zona lesa, favoriscono la fuoriuscita di ulteriori sostanze chimiche
pro-infiammatorie che stimolano le fibre stesse funzione afferente delle fibre dolorifiche.

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In generale, il segnale dolorifico viene trasmesso da fibre di diametro inferiore e a conduzione più lenta
rispetto al segnale tattile e propriocettivo.
Le fibre A Delta e C mediano segnali qualitativamente differenti:
Trasmissione centrale dei segnali dolorifici:

I neuroni nocicettivi a Delta e C sono neuroni pseudounipolari, con il soma localizzato nel ganglio della
radice dorsale.
Le differenze tra tatto e dolore iniziano all'ingresso del midollo, dove le fibre afferenti del neurone fanno
immediatamente sinapsi in lamine specifiche del corno dorsale della sostanza grigia midollare: è in questa
sede che si trova il 2° neurone della catena di trasmissione del dolore:
Nel corno posteriore della sostanza grigia, le info dolorifiche provenienti dalla cute e dai visceri mostrano un
certo grado di sovrapposizione. Questa è una delle basi anatomiche del cosiddetto dolore riferito, una
nozione clinica che consiste nel fatto che una lesione di un particolare viscere è percepita dal paziente come
un dolore in un distretto cutaneo o muscolare caratteristico. È probabile che, essendo le afferenze cutanee
molto più dettagliate e localizzabili, la rappresentazione cutanea prevalga e il dolore venga quindi
localizzato sul distretto corporeo corrispondente.

CONSEGUENZE DI UNA LESIONE MIDOLLARE:


Se ho una lesione al MS nella parte destra all'altezza della cintola determina:
- Perdita della sensibilità termica e dolorifica nella gamba sx (controlaterale)
- Perdita della sensibilità tattile e vibratoria nella gamba dx (ipsilaterale)

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Il NT principalmente implicato nella sinapsi tra fibre afferenti e di proiezione è il glutammato, che agisce
su recettori AMPA (risposta + rapida) e NMDA (risposta + lenta); ci sono anche numerosi peptidi, in
particolare la sostanza P. Parte delle info nocicettive in arrivo attiva riflessi antinocicettivi, agendo
attraverso circuiti locali.

Il principale SISTEMA di proiezione centrale delle info dolorifiche è quello SPINOTALAMICO:


La differenza principale tra vie di trasmissione del tatto e del dolore, risiede nella sede della prima sinapsi:
nel tatto, essa si trova nei nuclei dei cordoni posteriori de bulbo; nel dolore si trova nel corno posteriore
della sostanza grigia midollare.

Il SISTEMA DI INNERVAZIONE DELLA TESTA segue una via specifica:


I nuclei VPM e VPL proiettano alle cortecce somatosensoriali SI e SII e ad aree corticali specifiche, dove si
trova il 4° neurone della via nocicettiva. La rappresentazione corticale del dolore nella via spinotalamica è
quindi prevalentemente controlaterale all'origine dell'afferenza nocicettiva.

Qualità del dolore:


Le vie di trasmissione che terminano sul nucleo VPL/VPM del talamo vengono dette neo-spinotalamiche, in
quanto filogeneticamente più recenti (dolore neo-spinotalamico pungente, meno duraturo e meglio
localizzabile); oltre ad esse, esistono proiezioni dolorifiche midollari filogeneticamente più antiche ai nuclei
intralaminari e ai nuclei della linea mediana del talamo, che costituiscono la via paleospinotalamica (dolore
paleo-spinotalamico profondo, urente e meno localizzabile).
Questi nuclei contengono neuroni con campi recettivi più grandi, proiezioni cortico-sottocorticali più estese,
incluse l'area del cingolo e l'insula, e contribuirebbero agli aspetti cognitivi-emotivi dell'esperienza del
dolore e alle reazioni motorie al dolore.

Altre aree corticali importanti per l'elaborazione del dolore:


La risposta cerebrale al dolore coinvolge innanzitutto SI e SII, caratterizzate da neuroni con campi recettivi
piccoli e proiezioni dai nuclei talamici VPL e VPM.
Queste regioni, insieme all'insula posteriore (che riceve info direttamente dal nucleo VPL, dai nuclei
profondi del talamo e dalle cortecce SI e SII), elaborano le componenti più sensoriali-discriminative della
sensazione acuta di dolore, permettendo la localizzazione precisa dello stimolo e la valutazione dell'intensità
della sensazione dolorosa. L'insula sembra anche coinvolta nell'identificazione di uno stimolo come
doloroso, come testimoniato da rari pazienti affetti da asimbolia, per la quale, in seguito a lesione dell'insula,
non si è in grado di distinguere uno stimolo doloroso da uno neutro.
Le componenti più emotivo-affettive della sensazione dolorosa sono codificate principalmente dalla
corteccia del cingolo anteriore, situata in profondità nel telencefalo, che possiede neuroni con campi
recettivi più ampi, riceve afferenze dai nuclei intralaminari del talamo ed è collegata ad aree profonde
importanti per l codifica delle emozioni come l'amigdala. Questa regione sarebbe molto importante per la
valutazione della spiacevolezza della sensazione dolorosa.

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Inoltre, ci sono aree associative frontali nella corteccia prefrontale che sarebbero implicate nell'elaborazione
successiva, anche di lungo termine, dell'esperienza del dolore, amplificandone o riducendone l'impatto in
base alla valutazione circa le conseguenze della patologia dolorosa, con effetti diversi in funzione della
struttura di personalità del paziente e della sua capacità di reazione. Lesioni di queste regioni, come la
lesione frontale o la psicochirurgia, producono scarse reazioni agli stimoli ambientali, inclusi quelli dolorosi.

Insieme alle aree corticali, si attivano anche numerose strutture sottocorticali, che ricevono direttamente info
ascendenti: una di esse è la formazione reticolare, attivata durante l'ascesa dei segnali nocicettivi, che
favorisce lo stato di allerta e le reazioni immediate del dolore; inoltre, le afferenze dirette all'ipotalamo e
all'amigdala permettono l'innesco di risposte autonomiche ed emotigene importanti per le reazioni più rapide
al dolore, favorendo i comportamenti difensivi immediati.

Riassunte…
Si parla di pain matrix per indicare che il dolore e la sua percezione dipendono dal circuito tra più aree, non
da una singola: nodo sensori-motorio, nodo affettivo, componenti sensoriali (intensità, locus) e componenti
affettive (spiacevolezza). Infatti alcuni dolori possono essere accompagnati da sensazioni di spiacevolezza e
di disagio evidenti, che fanno parte della sfera emotiva; altri possono essere ulteriormente aggravati da
valutazioni cognitive negative, relative al proprio stato di salute, che ne aggravano l'entità percepita (es.
durante una terapia contro un tumore).

Iperalgesia:
Si parla di iperalgesia quando determinati tessuti sono ipersensibili alle stimolazioni e la loro soglia
dolorifica diminuisce. In condizioni patologiche (tessuto danneggiato o infiammato), il sistema sensoriale è
sensibilizzato, cioè anche uno stimolo di bassa intensità provoca la percezione di dolore.
Esistono l'iperalgesia primaria (interessa l'area del tessuto danneggiato) e secondaria (interessa porzioni
adiacenti all'area danneggiata).

Aree danneggiate di tessuto liberano sostanze (liquido infiammatorio) che aumentano la nocicezione:
Quindi… in condizioni normali il sistema sensoriale non è sensibilizzato: uno stimolo di bassa intensità non
provoca dolore e uno stimolo di intensità più elevata provoca dolore. In condizioni patologiche (tessuto
danneggiato o infiammato) il sistema è sensibilizzato: anche uno stimolo di bassa intensità provoca dolore.

Analgesia:
Il sistema nervoso possiede una capacità notevole di modulare le afferenze nocicettive in modo da ridurre il
dolore percepito in
determinate circostanze.

I meccanismi dell'analgesia sono 2:

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27. Patologia della sensazione somatica


Patologia della sensazione somatica: un disturbo della sensazione somatica può essere determinato da
lesioni neurologiche a vari livelli della via sensoriale.

• Lesioni centrali: possono essere causate da traumi, tumori, patologie infettive o infiammatorie, …
Nelle lesioni corticali i deficit variano a seconda della sede lesionale: lesioni parietali anteriori producono
deficit di sensibilità tattile superficiale, discriminazione e riconoscimento degli oggetti; lesioni parietali
posteriori nella corteccia parietale superiore producono deficit nel controllo motorio nei movimenti di
raggiungimento degli oggetti, prensione e manipolazione; lesioni della corteccia parietale inferiore possono
produrre deficit neuropsicologici di programmazione di gesti, uso di strumenti e linguaggio o deficit di
consapevolezza dello spazio e delle parti del proprio corpo; lesioni sottocorticali producono deficit di
comunicazione intracorticale e tra aree corticali e vie afferenti (es. lesione del braccio posteriore della
capsula interna provoca emianestesia = perdita completa della sensibilità della parte controlaterale del
corpo); le lesioni midollari traumatiche portano a deficit variabili di sensibilità e movimento a carico dei
distretti corporei a valle della lesione (es. tabe dorsale= danno a carico delle radici posteriori del midollo,
con degenerazione dei cordoni posteriori e atassia = deficit di controllo motorio)

• Patologie del sistema nervoso periferico: a livello delle radici spinali un classico disturbo neurologico è
causato dall’ernia del disco o dalla ganglionopatia delle radici posteriori (lesione dei gangli delle radici
posteriori). A livello delle fibre nervose periferiche si può verificare neuropatia causata dal diabete,
caratterizzato da aumento cronico dei livelli di glucosio nel sangue e sofferenza nei piccoli vasi sanguigni.

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28. Patologia del dolore


Patologia del dolore: in determinate condizioni, il dolore può diventare un problema clinico, quando si
perde la relazione diretta tra causa scatenante e sensazione di dolore.

Ciò può portare alla lesione di tronchi nervosi periferici, come nel trauma o nell’amputazione, producendo il
dolore neuropatico. Esso è un dolore clinicamente molto rilevante, urente, insopportabile e resistente ai
farmaci, dovuto ad alterazioni plastiche delle connessioni midollari, talamiche o corticali, che possono
causare sensibilizzazione al dolore.

Queste condizioni sono spesso accompagnate da segni clinici come l’iperalgesia = sensazione di dolore
sproporzionata all’entità della stimolazione, o l’allodinia = sensazione dolorifica generata da uno stimolo in
genere non doloroso. Un classico caso di dolore da lesione di tronchi nervosi afferenti è quello da arto
fantasma, presente nei pazienti amputati o con lesioni profonde a carico dei plessi nervosi: il paziente
percepisce come ancora presente l’arto amputato, e sente dolore dove esso era presente. Altro tipo di lesioni
che interessano il SN in modo primario o secondario sono quelle dei fasci ascendenti del midollo o del
talamo e regioni adiacenti.

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29. Esame della sensibilità tattile e propriocettiva


Esame della sensibilità tattile e propriocettiva: serve per accertarsi dell’integrità del SNC o SNP.

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30. Esame del dolore


Esame del dolore:

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31. SENSIBILITÀ TERMICA


SENSIBILITÀ TERMICA:

La sensazione di caldo o freddo è generata da stimoli di temperatura < 31°C e > 36°C; in questo intervallo,
gli stimoli sono percepiti come neutri, specialmente se i cambiamenti di temperatura avvengono
gradualmente.
Quando la temperatura di uno stimolo supera i 45°C o scende sotto i 10°C, iniziano ad attivarsi
termorecettori dolorifici.
La cute è ricchissima di recettori per la sensibilità termica, ma essi sono presenti anche nei visceri e
nel SNC.

I recettori per freddo e caldo sono costituiti da terminazioni libere a RA di fibre afferenti di tipo A
Delta e C, il cui nucleo è situato nel ganglio delle radici posteriori del midollo.
Questi recettori contengono termorecettori specifici, denominati Transient Receptor Potential (TRP),
costituiti da canali ionici di cui esistono vari sottotipi, alcuni sensibili al caldo e altri al freddo.
Essi sono coinvolti nel gusto (es. capsaicina contenuta nel peperoncino dà sensazione di caldo, le sostanze
balsamiche di freddo).
Nella cute i recettori per il freddo sono molto superficiali nel derma e conducono il segnale centralmente
grazie a fibre A Delta, che rispondono tra i 5 e i 31°C. Più profondamente invece sono localizzati i recettori
per il caldo, costituiti dai terminali delle fibre C, che rispondono tra i 36 e i 45°C.
Tutti i recettori aumentano la loro frequenza di scarica quando entrano a contatto con lo stimolo specifico e
tendono a mostrare adattamento rapido; la loro risposta dipende da vari fattori, come la temperatura cutanea
di partenza e la velocità di riscaldamento-raffreddamento dello stimolo a contatto con la cute. I recettori per
il freddo sono più sensibili a cambiamenti repentini della temperatura rispetto ai recettori per il caldo.
L'esame della sensibilità termica cutanea viene effettuato usando provette calde e fredde, di temperatura
compresa tra 40 e 45°C per il caldo, e tra 5 e 15°C per il freddo, così da non avviare i recettori per il dolore.

Nel SNC sono presenti i termocettori ipotalamici, responsabili della rilevazione della temperatura interna e
del controllo dell'omeostasi. Qui, nell'area preottica, sono contenuti soprattutto recettori per il caldo che
costituiscono la base della termoregolazione corporea (attivano meccanismi, attraverso il SN autonomo, per
abbassare la temperatura); i recettori per il freddo, invece, sono situati nella parte posteriore dell'ipotalamo e
portano a reazioni opposte.

Le vie di trasmissione della temperatura sono simili a quelle del dolore.


Lesioni periferiche delle vie di trasmissione della temperatura danneggiano tipicamente anche la sensibilità
dolorifica.
La commistione tra segnali termici e segnali dolorifici è osservabile sperimentalmente con la thermal grill
illusion, provocata da una stimolazione concomitante con stimoli caldi alternati a stimoli freddi non

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dolorosi, che può dar luogo a una sensazione dolorosa.

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32. IL SISTEMA VISIVO


IL SISTEMA VISIVO:

La visione è forse il senso più importante per l'essere umano; infatti, 1/3 della corteccia cerebrale è adibita
ad essa. La percezione visiva è un processo attivo, creativo, che parte da una scomposizione dell'immagine a
livello dell'organo recettoriale, la retina, per poi operare una sintesi attraverso le vie visive e le varie aree
visive corticali. In essa lo stimolo visivo viene rielaborato attraverso una serie di processi in parallelo che
veicolano le varie sotto-modalità visive, responsabili della codifica di colori, movimento, orientamento e
contrasto. Questi processi sono sottesi da sistemi anatomici organizzati, che sono segregati.

Solo a livello delle aree corticali superiori avverrà l'associazione tra le varie sotto-modalità che costituiscono
le caratteristiche di un oggetto, in modo da poter avere un percetto unitario.

Nell'analisi di una scena:

L'occhio:
Mentre negli invertebrati l'occhio è una struttura composita formata da ommatidi (che trasducono lo stimolo
visivo e rispondono ad una piccola e specifica porzione del campo visivo), in tutti i vertebrati esiste una
struttura unica che percepisce una porzione molto più vasta del campo visivo. L'occhio ha forma sferica, è
alloggiato all'interno della cavità orbitaria ed è costituito in modo tale che un sistema di lenti permette di
proiettare l'immagine visiva sulla sua parte posteriore, la retina, che contiene i fotorecettori.

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Componenti:

Le lenti e i mezzi fluidi presenti nell'occhio determinano la rifrazione del raggio luminoso che arriva
all'occhio; esso, passando attraverso le varie lenti oculari, viene rifratto e fatto convergere verso un unico
punto detto fuoco principale, che si trova esattamente sulla retina (in condizioni normali: occhio
emmetrope). Nell'occhio miope esso si forma davanti alla retina, mentre in quello ipermetrope si forma
dietro alla retina. Mediante la contrazione del cristallino, il potere diottrico dell'occhio aumenta (
accomodazione, che interviene quando l'immagine si sta avvicinando, così da metterla a fuoco).

Struttura della retina:


La retina è la parte fotosensibile dell'occhio, nonché lo strato più interno della parete oculare. Essa può
essere osservata tramite l'esame del fondo oculare, con cui si rileva la presenza di una regione più chiara,
detta papilla ottica, che è il punto della retina dal quale fuoriescono gli assoni delle cellule gangliari,
formando il nervo ottico, e passano i vasi sanguigni per la retina.
Più temporalmente, c'è una regione leggermente più scura, detta macula cieca o lutea, al centro della quale
si trova la fovea, il punto di maggior acuità visiva della retina.

La retina è laminare, cioè composta da 5 strati:

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Le cellule amacrine e orizzontali sono interneuroni che hanno ruolo attivo nella decodifica dello stimolo
visivo, mentre le cellule gangliari sono le uniche ad avviare un PdA (negli strati precedenti l'info si trasmette
in modo elettrotonico). Ancora più esterno dello strato nucleare esterno c'è l' epitelio pigmentato, che
contiene vitamina A e melanina (che assorbe la luce).
Esso è importante nel processo di assorbimento luminoso, poiché comprende un “tappeto lucido” senza
neuroni.
I fotorecettori comunicano con tutte le cellule precedenti, fino alle gangliari, che determinano l'impulso
nervoso.

Come funziona l'elaborazione retinica?


Ci sono 2 vie di trasmissione*:

Fotorecettori:
I recettori retinici sono di 2 tipi: coni e bastoncelli. Entrambi sono costituiti da un segmento interno,
contenente nucleo e mitocondri ( citosol), e da un segmento esterno unito al segmento interno da uno
stretto prolungamento detto ciglio.

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Il vero recettore, dove avviene il meccanismo di fototrasduzione, è il segmento esterno. Esso ha la forma di
un cilindro, nel caso dei bastoncelli, e di un cono nei coni, ed è fatto di cisterne cave, impilate una sull'altra,
che sono costituite da invaginazioni della membrana plasmatica, detti dischi membranosi.
In corrispondenza di essi nei bastoncelli si trova il fotopigmento, la rodopsina, formata da opsina
(proteina) + retinale (derivato della vitamina A); nei coni ci sono 3 tipi diversi di fotopigmenti. Altra parte
fondamentale dei recettori è la terminazione sinaptica, che fa da connessione fra fotorecettori e cellule
bipolari e orizzontali.

I coni sono massimamente concentrati al centro della retina, a livello 0 (la fovea = punto di massima acuità
visiva della retina), mentre in periferia sono quasi assenti; in essa, invece, c'è abbondanza di bastoncelli e
serve per percepire la luce diffusa. A circa 17° c'è un punto, detto macula cieca o disco ottico, in cui la
retina non percepisce, in quanto non ci sono recettori; essa è la zona dove il nervo ottico esce dalla retina, e
dove partono le fibre che collegano occhio e cervello. La fovea è la parte centrale della macula, avente la
caratteristica di contenere solo coni. Si chiama così perché è come un piccolo fosso, che fa sì che la luce
possa colpire direttamente i
fotorecettori senza passare per gli altri strati (cellule gangliari e strati nucleare e plessiformi sono spostati ai
lati dei coni).

In termini funzionali, esistono molte differenze tra coni e bastoncelli:


Queste caratteristiche fanno sì che i coni siano specializzati per la visione diurna (fotopica) e per l'analisi dei
dettagli dell'immagine, mentre i bastoncelli per quella crepuscolare (c'è bisogno di > sensibilità).
Inoltre i coni, che possiedono 3 tipi di opsine (ciascuna per una diversa lunghezza d'onda), permettono la
visione dei colori ( teoria tricromatica di Young e Helmholtz – 1800):
Fototrasduzione nei bastoncelli:
I fotorecettori sono sempre depolarizzati al buio.
Il fotopigmento contenuto nei dischi membranosi dei bastoncelli è la rodopsina = opsina + retinale. La
rodopsina è in grado di captare l'energia luminosa che arriva al fotorecettore sotto forma di fotone a cui è
associata un'onda elettromagnetica. Questa interazione determina il cambiamento di configurazione del
retinale ( attivazione opsina). In presenza di luce la rodopsina “sbianca”, facendo sì che il retinale (silente
nel buio) si attivi e che una proteina di membrana (proteina G o transducina) attivi un enzima (
fosfodiesterasi) che degrada il guanosin-monofosfato ciclico (GMPc), presente nella cellula.
Dato che GMPc (che è un messaggero intercellulare), interagendo con alcuni canali di membrana, li tiene
aperti, permettendo l'entrata di Na+, una diminuzione di GMPc causata dalla luce determina la chiusura
degli stessi canali.

I canali, in condizioni di buio, sono aperti, generando un ingresso di ioni Na+, detto corrente al buio, e
chiusi in condizioni di luce.
Se il Glu agisce come trasmettitore inibitorio sulla cellula bipolare, al buio tale cellula è inibita, mentre alla
luce no.

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Fototrasduzione nei coni:


è uguale a quella dei bastoncelli, solo che ci sono 3 opsine diverse che rispondono a diverse
lunghezze/sensibilità spettrali.

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33. Adattamento al buio e alla luce dell'occhio


Adattamento al buio e alla luce:

I coni e i bastoncelli sono gli unici fotorecettori; essi influenzano l'attività delle altre cellule attraverso
sinapsi. Le cellule bipolari rispondono con piccole variazioni transitorie del potenziale di membrana
(depolarizzazione o iperpolarizzazione). Le cellule gangliari generano PdA (via afferente). Connessioni
laterali con amacrine e orizzontali modificano le risposte ( neuroni di connessione).

Campo recettivo:
I recettori retinici rispondono all'illuminazione con un'iperpolarizzazione. Ciò avviene grazie
all'interposizione di cellule bipolari (interneuroni) tra fotorecettori e cellule gangliari. Per capire come
un'iperpolarizzazione si trasformi in un messaggio eccitatorio, occorre definire l'organizzazione del campo
recettivo della cellula gangliare.

Riferito alla retina, il campo recettivo corrisponde a quella porzione di retina che, colpita dallo stimolo
luminoso, determina la variazione della scarica di una determinata cellula gangliare.

La CELLULA GANGLIARE possiede un campo recettivo circolare con un centro e un anello periferico con
proprietà antagoniste. Ci sono 2 tipi di cellule gangliari:
Risposte simili sono presenti nelle CELLULE BIPOLARI:

*Questa trasmissione dell'info segue quindi una via verticale.


La parte centrale del campo recettivo ospita popolazioni di coni, mentre quella periferica di bastoncelli.

Ora analizziamo il meccanismo per cui un'iperpolarizzazione del recettore si trasforma in eccitazione:

Ci interessiamo ora a come questa info possa influenzare l'attività di scarica delle cellule bipolari e
gangliari adiacenti:

Qual è quindi lo stimolo ottimale per attivare una cellula gangliare?


Cellula gangliare centro-on eccitazione se la presentazione di punti luminosi cade al centro, inibizione se
cade in periferia
Cellula gangliare centro-off inibizione se la presentazione di punti luminosi cade al centro, eccitazione se
cade in periferia.
Le cellule gangliari hanno maggior sensibilità ai contrasti di luce più che a intensità luminosa uniforme
(risposta adatta a rilevare i contorni degli oggetti).

L'organizzazione del CR centro-periferia si trasferisce dalle cellule bipolari alle gangliari tramite sinapsi

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nello strato plessiforme; è la gangliare che genera PdA.
Le cellule amacrine sono responsabili dell'antagonismo centro-periferia del CR delle cellule gangliari.
L'antagonismo centro-periferia delle cellule gangliari contribuisce alla capacità retinica di adattarsi alle
condizioni di illuminazione. Il codice delle cellule gangliari, cioè il messaggio che viene inviato ai neuroni
successivi, è basato sul contrasto di luminosità.

I campi recettivi di queste cellule sono stati scoperti con esperimenti sulle scimmie a cui è stato impiantato
un microelettrodo, il quale monitorava l'accensione delle cellule.

Popolazioni parvocellulari e magnocellulari:

Le cellule gangliari (on e off) possono essere categorizzate in cellule Alfa e Beta, o anche M e P, sulla base
del criterio anatomofunzionale:
La distinzione anatomofunzionale tra sistemi magno/parvocellulari, che inizia nella retina, continua fino ai
livelli superiori del sistema visivo corticale, permettendo la percezione di sotto-modalità visive separate.

Cellule gangliari opponenti ai colori:

Ciascuna porzione del CR è connessa a coni sensibili ad una determinata lunghezza d'onda. La risposta ad
una lunghezza d'onda luminosa proiettata al centro del CR è annullata dalla proiezione di un'altra lunghezza
d'onda nella periferia del CR. I colori che si annullano reciprocamente sono rosso-verde e giallo-blu.
Elaborazione parallela delle caratteristiche elementari di uno stimolo visivo:
Queste vie inizialmente sono separate, poi si uniscono nella corteccia visiva primaria.

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34. Sistema visivo centrale


Sistema visivo centrale:

Campo visivo e sue proiezioni sulla retina:


La porzione di spazio visibile dall'occhio è di quasi 180°; esso è suddiviso verticalmente dalla linea mediana
del corpo in emicampo visivo dx e sx, e orizzontalmente dal meridiano orizzontale in emicampo superiore
ed inferiore. Il punto di fissazione corrisponde all'incrocio tra i due meridiani.

Ogni stimolo visivo che ricade all'interno del campo visivo al di fuori del punto di fissazione si può trovare
in due porzioni diverse, quella binoculare o monoculare: i punti che si trovano nel campo visivo binoculare
proiettano sulle retine di entrambi gli occhi, mentre i punti che si trovano nel campo visivo monoculare
proiettano solo sulla retina di un occhio. Se lo stimolo visivo ricade nella porzione binoculare, le sue
proiezioni retiniche sono sull'emiretina nasale ipsilaterale e sull'emiretina temporale controlaterale; se invece
cade nella porzione monoculare la sua proiezione interessa esclusivamente la retina nasale ipsilaterale,
poiché il naso impedisce che esso possa giungere alla retina temporale controlaterale.

Gli stimoli che sono presenti nel campo visivo inferiore vengono proiettati sulla porzione superiore della
retina e viceversa. L'immagine di un oggetto si forma quindi capovolta sulla retina; tale capovolgimento si
mantiene inalterato fino alla corteccia visiva.

Il campo visivo cambia al movimento degli occhi; ciò che rimane è la proiezione centrale del punto fissato,
che cade sulla fovea. A livello della papilla ottica, invece, non sono presenti recettori (macula cieca).

Osservando l'immagine…
La posizione 2 proietta sull'emiretina nasale del sx e sull'emiretina temporale del dx, e così via fino al centro
(5), che proietta alla fovea. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 vengono visti da entrambi gli occhi, a differenza del punto 1 che
viene visto solo dall'occhio sx, e del 9, che viene visto solo dal dx.

Le cellule gangliari possono essere considerate i neuroni afferenti di primo ordine, da cui inizia la
trasmissione del segnale visivo. I loro assoni, che convergono a livello della papilla ottica, escono dalla
retina formando il nervo ottico (II nervo cranico). Ci sono quindi 2 nervi ottici, dx e sx, che si incontrano al
di sotto del diencefalo, incrociandosi nel chiasma ottico. In esso, però, solo le fibre nasali si incrociano,
dirigendosi poi controlateralmente. Le fibre di origine temporale, invece, proseguono ipsilateralmente. Dopo
il chiasma, tutte le fibre si riuniscono formando il tratto ottico.

Effetti di lesioni sul campo visivo:


In caso di lesione pre-chiasmatica (prima del chiasma ottico) perdita vista occhio omolaterale
In caso di lesione chiasmatica emianopsia bitemporale eteronima (perdita visione laterale)

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In caso di lesione post-chiasmatica (zone 3, 4, 5 dell'immagine) emianopsia omolaterale (perdita della
visione controlaterale o dx o sx)
In caso di lesioni parziali post-chiasmatiche quadrantopsia e scotomi controlaterali

Vie visive centrali:


I bersagli raggiunti dagli assoni delle cellule gangliari sono prevalentemente 4: area pretettale, ipotalamo e
collicolo superiore (proiezioni retiniche non corticali) e corpo genicolato laterale (CGL – proiezioni
retiniche corticali).

Proiezioni retiniche non corticali:

Proiezioni retiniche corticali:

Proiezione retino-genicolata dai nuclei genicolati/reticolati del talamo, le afferenze arrivano nei lobi
occipitali posteriormente. La prima sinapsi quindi si ha nel nucleo genicolato (il corpo genicolato laterale e
il talamo sono piegati “a ginocchio” attorno al tratto ottico).

Il NGL, composto da 6 strati, può subire 2 diverse suddivisioni: la prima è quella che separa strati
magnocellulari (I e II) da strati parvocellulari (III, IV, V, VI); la seconda si riferisce alle afferenze
provenienti dai 2 occhi (l'afferenza controlaterale termina in I, IV e VI strato, quella ipsilaterale in II, III e
V).

1. PROIEZIONI DA CIASCUN OCCHIO A NGL: vi arrivano il 90% delle fibre retiniche, di cui metà
dalla fovea. Ciascun NGL riceve input sinaptico dalle cellule gangliari, su strati segregati (6). I primi 2 strati
presentano grandi neuroni e sono gli strati magnocellulari, in quanto ricevono info dalle cellule gangliari M,
gli altri 4 presentano neuroni più piccoli e sono gli strati parvocellulari, in quanto ricevono info dalle cellule
gangliari P.
Neuroni più piccoli posti ventralmente a ciascuno strato sono detti koniocellulari e ricevono l'input da
cellule gangliari non-M e non-P.

2. I neuroni del NGL presentano somiglianze e differenze con i CR delle cellule gangliari: sono entrambi
concentrici con centro-periferia antagonisti, ma i loro CR sono più grandi di quelli delle cellule gangliari, la
loro sensibilità di contrasto luminoso è maggiore e ricevono afferenze dalla sostanza reticolare.
Inoltre, essi variano a seconda dei neuroni: i neuroni magnocellulari hanno CR centro-periferia ampi,
rispondono alla stimolazione del centro con scariche transitorie di PdA, non sono sensibili alle lunghezze
d'onda (come le cell gangliari retiniche M); i neuroni parvocellulari hanno CR centro-periferia più piccoli,
rispondono alla stimolazione del centro con un aumento costante della frequenza di PdA, molti sono
sensibili alle lunghezze d'onda (come le cellule gangliari P della retina); i CR degli strati koniocellulari sono
del tipo centro-periferia sia per il chiaro-scuro, sia per l'opponenza al colore.

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3. Molti input che raggiungono il NGL provengono dalla corteccia visiva; altri arrivano dal tronco
encefalico e sono legati a fenomeni di allerta e attenzione. NGL rappresenta il primo centro dove quello che
vediamo viene influenzato cognitivamente ed emotivamente.

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35. Corteccia visiva primaria


Corteccia visiva primaria:
Essa è detta striata a causa della striscia bianca di fibre mieliniche afferenti. Si trova nella parte posteriore
del lobo occipitale e nel corso dell'evoluzione è diminuita di dimensioni, a favore delle aree prefrontali. È
separata in porzione laterale e mediana dalla scissura calcarina.

Il CGL invia la maggior parte delle sue proiezioni alla corteccia visiva primaria (V1, area 17 di Brodmann
, superficie mediale del lobo occipitale) tramite la radiazione ottica, così che queste possano essere
ulteriormente elaborate da aree visive successive e specifiche.
Le proiezioni provenienti dalla parte superiore della retina (inferiore del campo) terminano nel labbro
superiore della scissura calcarina, mentre quelle provenienti dalla parte inferiore della retina (superiore del
campo) terminano nel labbro inferiore della scissura; a livello della corteccia visiva, perciò, la
r a p p r e s e n t a z i o n e d e l c a m p o v i s i v o è c a p o v o l t a .

La proiezione dalla retina a NGL e poi allo strato IV (ricevente) di V1 è un esempio di organizzazione
retinotopica.
Principio di tale organizzazione è che cellule vicine nella retina inviano info a zone limitrofe delle strutture
bersaglio. 3 caratteristiche dell'organizzazione retinotopica:
La corteccia visiva primaria (area 17) è composta da 6 strati, di cui il IV, che riceve l'afferenza talamica, è a
sua volta diviso in 3 (A, B, C), in modo tale che le fibre provenienti dalle suddivisioni magno/parvo e konio
di CGL terminino su sottostrati differenti (C è quello che ne riceve il maggior numero).
Perciò la maggior parte degli assoni dei neuroni provenienti da CGL fa sinapsi a livello del IV strato di V1,
e le afferenze dai vari strati vi restano segregate. I neuroni che ricevono questi 3 tipi di info visiva poi la
ritrasmettono ad altri neuroni situati negli strati sopra- e infragranulari, che poi possono mandarla ad altre
aree corticali connessioni radiali (elaborazione parallela).

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Campi recettivi di V1:
- Cellule corticali semplici
Hubel e Wiesel, ricercatori del sistema visivo, scoprirono che in V1 c'è una categoria di neuroni che
risponde alla presentazione di barre o linee. Questa selettività di risposta, dev'essere necessariamente legata
a
un campo recettivo organizzato in modo diverso: si è visto infatti che esso è allungato, è formato da zone
eccitatorie ed inibitorie (risposte on/off, opponenza centro/periferia) e riceve convergenze da 3 cellule del
NGL. I due autori hanno dimostrato che, per evocare la risposta neuronale ottimale, lo stimolo luminoso
dev'essere di forma allungata, presentato all'interno di una determinata zona del CR e con lo stesso asse di
orientamento del CR. Questi neuroni, chiamati cellule semplici, situati esternamente allo strato IV-C hanno
perciò specificità di posizione, orientamento e direzione del movimento, e sono coinvolte con la
ricostruzione percettiva della forma. Se un neurone è selettivo per un particolare orientamento i neuroni
adiacenti mostreranno la stessa preferenza
Come si forma il campo recettivo dei neuroni semplici di V1? Secondo Hubel e Wiesel, la somma dei
campi recettivi circolari posti in settori spaziali adiacenti e appartenenti a cellule, per esempio, del IV strato
stesso, che ricevono afferenza da CGL, potrebbe originare i campi recettivi allungati delle cellule.

- Cellule corticali complesse:


Questi neuroni hanno in genere CR più grande e rettangolare, e anch'essi rispondono a barre luminose
orientate introdotte nel loro CR. Tuttavia, la specificità di posizione dello stimolo nel CR non è così
cruciale. Hanno una risposta ottimale per stimoli in movimento in una determinata direzione del CR e una
risposta assente/molto ridotta quando lo stimolo si muove in direzione opposta (nelle cell semplici, invece,
stimoli orientati e in movimento possono evocare al massimo una risposta breve e transiente nel momento
in cui lo stimolo passa da una regione inibitoria ad una eccitatoria). Quindi, queste cellule, che stanno nel II
e III strato, rispondono a stimoli con un determinato orientamento, ma indipendentemente dalla loro
posizione nel CR (non ha regioni on/off) s elettività per l'orientamento delle linee (NON per la
posizione!) e per la direzione del movimento (quest'ultima selettività caratterizza i neuroni che
ricevono l'input magnocellulare (strato IV-B).

Vie di elaborazione visiva:

• VIA MAGNOCELLULARE: parte dalle cellule gangliari M della retina, va agli strati magnocellulari
del NGL (1, 2) e allo strato IV-C- di V1. È composta da cellule complesse nel IV-B con CR allungati,
selettivi per la direzione del movimento. Funzione = analisi del movimento degli oggetti.

• VIA PARVOCELLULARE: parte dalle cellule gangliari P, va agli strati parvocellulari di NGL (3, 4, 5,
6) e poi allo strato IV-C-. Gli strati II e III sono regioni interblob (cellule semplici, selettive per
l'orientamento, e cellule complesse per l'estrazione dei bordi) + regioni blob (colore). Funzione = analisi
della forma e per i dettagli degli oggetti.

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• VIA KONIOCELLULARE: parte dalle cellule gangliari non M – non P e va negli strati koniocellulari
del NGL; poi va nelle regioni blob (sinapsi nel II e III strato), che possiedono cellule sensibili alle diverse
lunghezze d'onda e non rispondono all'orientamento (salta il IV strato). Funzione = analisi del colore.

Le vie magnocellulare e parvocellulari, separate in V1, rimangono prevalentemente segregate anche in V2, e
danno luogo a due vie di elaborazione nelle cortecce visive extrastriate. Anche in V2 si è notato un aspetto a
strisce d'intensità differente: quelle spesse corrispondono alla via magnocellulare, le sottili alla via
parvocellulare blob e le pallide alla via parvocellulare interblob.
La via magnocellulare prosegue nelle aree V3, V5e V5a, per terminare nel lobo parietale inferiore; le vie
parvocellulari blob e interblob proseguono verso V4, da cui vengono inviate nelle suddivisioni della
corteccia temporale inferiore. Comunque, tali componenti della via parvocellulare rimangono segregate
anche a livello di V4 e probabilmente anche nella corteccia inferotemporale.

Le 3 vie sopra descritte corrispondono all'elaborazione selettiva delle info visive riguardanti forma, colore e
movimento; la stereopsi invece sembra essere elaborata dalla via sia parvo- che magnocellulare (neuroni
binoculari con CR lievemente sfasati, per cui lo stimolo attraversa prima l'uno e poi l'altro, che danno info
sulla stereopsi sia alla corteccia inferotemporale sia a quella parietale).

Organizzazione colonnare di V1:


La corteccia è organizzata strutturalmente in milioni di colonne verticali di neuroni, in cui ogni colonna
rappresenta un'unità funzionale; da qui dipende la capacità di rispondere a un determinato orientamento
dello stimolo (i segnali visivi che arrivano allo strato IV subiscono un processo di elaborazione via via che si
propagano ai livelli superficiali e profondi).
Ci sono 3 tipi principali di organizzazione colonnare:

Riassunto zone blob e interblob:


Sono state scoperte grazie all'iniezione dell'enzima citocromossidasi e appaiono come cilindri che si
allungano per tutto lo spessore della corteccia, attraversando perpendicolarmente i suoi strati.
Blob = rispondono a qualsiasi tipo di stimolo, indipendentemente dalla forma e dimensione, infatti vengono
attivate dal colore (lunghezza d'onda). Ricevono afferenze koniocellulari da NGL. Sono agglomerati di
cellule che fanno sinapsi con tutte le cellule P e tutte le K, separate dalle regioni interblob.
Interblob = elaborano le info relative all'orientamento dello stimolo (forma). Ricevono afferenze
parvocellulari dallo strato IV-C.

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36. L'ipercolonna
L'ipercolonna:
I 3 tipi di organizzazione colonnare (colore, orientamento e dominanza oculare) formano un'ipercolonna =
modulo corticale di 1mm x 1mm che contiene tutte le colonne di orientamento, i blobs e le colonne di
dominanza oculare relative a una particolare regione dello spazio: è una colonna necessaria e sufficiente
(altrimenti pseudo-cecità: ci vedo ma non riesco ad elaborare le info relative a ciò che osservo).

Possiamo quindi dire che V1 è formata da tanti moduli ripetuti regolarmente, ognuno dei quali codifica
queste 3 caratteristiche nei vari settori dello spazio visivo.

Efferenze da V1:
L'output riguarda strutture sottocorticali, come il collicolo superiore, e altre del tronco encefalico come il
ponte. Attraverso connessioni cortico-corticali (orizzontali) l'info è mandata ad aree corticali o torna al CGL
(VI strato).
Oltre V1:
Secondo la teoria di Ungerleider e Mishkin (1982), esistono 2 distinti flussi di elaborazione visiva nella
corteccia: via dorsale e ventrale. Esse si dividono a partire dal lobo occipitale, verosimilmente dall'area V2
in avanti.

Via dorsale: è considerata la “via del dove” o “via dell'azione” (analisi spaziale e del movimento –
attivazione di V5). L'area medio-temporale (V5) è specializzata per l'analisi del movimento e riceve input da
V2 e V1 e dallo strato IV-B e termina nel parietale.

Via ventrale: è considerata la “via del cosa” (analisi del colore e riconoscimento degli oggetti – attivazione
di V4) e si dirige verso il lobo inferotemporale. In caso di lesione di V4 si verifica l'acromatopsia (visione in
bianco e nero), che è diversa rispetto al daltonismo (visione bicromatica).
La corteccia infero-temporale (IT) riceve da V4 ed è importante per il riconoscimento degli oggetti (identità:

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es. l'oggetto sferico che rotola è una palla), grazie ai suoi campi recettivi grandi e alle afferenze complesse; è
indipendente dalle caratteristiche percettive dello stimolo (luminanza, dimensione, orientamento) ed è
connessa all'ippocampo per la ritenzione di tracce mnestiche.

Lesioni alla corteccia infero-temporale provocano l'agnosia (incapacità di riconoscere e attribuire un


significato agli oggetti).

Altra area importante è il giro fusiforme, adibito al riconoscimento dei volti (prosopoagnosia = incapacità
di riconoscere i volti).
Lesioni in aree circostanti alle zone sopra citate portano all'incapacità di riconoscere le parti del corpo e le
espressioni (es. sorriso).

10 anni dopo la teoria di Mishkin, Milner e Goodale hanno suggerito che la via ventrale sia per la
percezione degli oggetti, mentre la dorsale serva ad interagire con essi (“via del come”). Negli ultimi anni è
infatti stato dimostrato che la via dorsale è inserita in una serie di circuiti di trasformazioni sensomotorie,
utilizzati anche per funzioni cognitive legate alla codifica dello spazio, degli oggetti e delle azioni altrui.

GERARCHIA VISIVA

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37. UDITO
UDITO:
Ogni onda ha una sua lunghezza specifica, e tra essa e la frequenza c'è un rapporto di proporzionalità inversa
(quanto più è lunga un'onda, tanto minore è la frequenza e viceversa).
Nel caso dell'onda sonora, la frequenza corrisponde alla tonalità del suono; toni diversi corrispondono
quindi a frequenze più o meno elevate.

Anatomia dell'orecchio:

La struttura alla base della percezione dei suoni è l'orecchio, una struttura/apparato di conduzione del suono
che trasforma le onde acustiche in vibrazioni meccaniche. Si divide in:

Vediamoli nello specifico:


A. Orecchio esterno _ inizia con il padiglione auricolare, che raccoglie le onde sonore e le indirizza nel
meato uditivo esterno; quest'ultimo termina con la membrana del timpano,
che lo chiude.
B. Orecchio medio _ consiste in una cavità piena d'aria in collegamento con la faringe per mezzo della
tromba di Eustachio (questa, solitamente chiusa, viene aperta sbadigliando o deglutendo si eguaglia la
pressione dell'aria contenuta nell'orecchio medio e quella dell'ambiente esterno). Il timpano è, a sua volta, in
contatto con il sistema degli ossicini, nell'ordine martello, incudine e staffa. La vibrazione timpanica fa
vibrare tale catena, di cui l'ultimo osso (la staffa) termina su un'apertura della coclea detta finestra ovale.
C. Orecchio interno _ contiene, tra le sue strutture principali, la coclea (= chiocciola), una formazione
ossea ricavata nell'osso temporale da cui partono le fibre del nervo cocleare/uditivo, e il labirinto (sistema
vestibolare).

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Anatomia della coclea: all'interno della coclea si trovano 3 tubuli membranosi, anch'essi a spirale, avvolti
attorno ad un cono osseo detto modiolo: essi sono scala vestibolare, scala media e scala timpanica (sotto l'

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organo del Corti che contiene recettori). La scala timpanica e vestibolare comunicano tra loro nella parte
apicale della coclea, a livello dell'elicotrema, mentre la scala media è separata da entrambe da due
membrane, chiamate membrana basilare (dove si trovano le cellule recettoriali uditive: meccanocettori) e
membrana di Reissner.

Liquidi nella coclea: nelle scale vestibolare e timpanica è contenuto un liquido chiamato perilinfa (più Na
che K), mentre nella scala media è contenuta l'endolinfa (più K che Na).
I liquidi della coclea sono importanti perché permettono il movimento degli ioni, alla base della diffusione
dei PdA. La loro carica positiva dipende dalla produzione, da parte dell'endotelio, di K e Na, di cui tiene alta
la concentrazione; la stria vascolare assorbe Na e secerne K nell'endolinfa il PdA elettrico dell'endolinfa è
più positivo (+ 80mV) di quello della perilinfa (potenziale endococleare).

Fasi della percezione del suono:

Trasduzione:

A riposo le cellule ciliate si trovano tra la membrana basilare e la lamina reticolare, mentre le punte delle
stereocilia sono ancorate alla membrana tettoria.
Le onde sonore producono il movimento globale dell'organo del Corti.

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L'onda sonora piega la membrana basilare, le stereocilia seguono il movimento e si flettono avanti e indietro
contro la membrana tettoria. Lo stiramento delle stereocilia avvia il segnale elettrico la cellula ciliata
depolarizza (deflessione verso l'alto) e iperpolarizza (deflessione verso il basso) rispetto al potenziale a
riposo in relazione alla direzione della piega delle stereocilia, che riflette fedelmente il timing e l'intensità
del suono.
La de-/iperpolarizzazione dipende dall'apertura e chiusura di canali per K+ e Ca++: sulla punta delle
stereocilia infatti, troviamo i canali per il K meccanosensibili: se i canali K si aprono, K entra perché
endolinfa ha [K+] molto alta e potenziale positivo (+ 80mV). Stereocilia tra loro vicine sono legate da un
filamento (tipo molla) chiamato TIP LINK: questo viene tirato dal movimento delle ciglia e a sua volta apre
la porta dei canali K depolarizzazione.
L'ingresso di K apre i canali VD per il Ca++ (ulteriore depolarizzazione), che a loro volta favoriscono la
liberazione di NT (glutammato), presente in vescicole nel punto di contatto sinaptico con la fibra afferente
primaria, che si diffonde al neurone post- sinaptico del ganglio spinale.
Allo stesso tempo, Ca++ fa aprire alcuni canali per K+ nella parte basale della cellula, che è in contatto col
liquido extracellulare; a questo punto, K esce ripolarizzando la cellula.
La flessione delle stereocilia in direzione opposta riduce la tensione del filamento tip link e porta alla
chiusura dei canali con riduzione di ingresso di K iperpolarizzazione.

Riassunto:

La flessione delle stereocilia in una direzione provoca l'aumento della tensione dei tip link apertura del
canale di K aumento della corrente K entrante depolarizzazione apertura canali V-D per il Ca++ rilascio
Glu PdA attivazione fibre del ganglio spinale.
La flessione delle stereocilia nella direzione opposta riduce la tensione dei tip link chiusura canale K+
riduzione corrente K+ entrante iperpolarizzazione.

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38. Trasmissione dell'informazione nelle vie acustiche


Trasmissione dell'informazione nelle vie acustiche:
I recettori cocleari sono in contatto sinaptico con le fibre afferenti appartenenti ai neuroni del ganglio spinale
del Corti. La maggior parte delle fibre gangliari è in contatto con le cellule ciliate interne: qui ogni assone
mielinico delle cellule gangliari innerva una sola cellula ciliata, mentre una cellula ciliata invia il suo
messaggio di frequenza e intensità a numerose (10 ca) fibre afferenti ( segnale divergente). Al contrario,
più cellule ciliate esterne inviano segnali alla stessa fibra amielinica ( segnale convergente). È da notare che
i recettori, soprattutto le cellule ciliate esterne, sono in contatto anche con fibre efferenti, che quindi ne
permettono il controllo da parte del SNC.

Trasmissione – Vie acustiche centrali:


Le vie acustiche centrali partono dalle cellule cigliate, che hanno la PRIMA SINAPSI nel ganglio spinale
con neuroni bipolari di primo ordine: gli assoni di questi neuroni formano il nervo acustico (branca
vestibolococleare).
Le fibre della branca vestibolococleare inviano le loro info (2° SINAPSI) ai 3 nuclei cocleari del tronco
dell'encefalo, situati tra ponte e bulbo: nucleo dorsale, posteroventrale e anteroventrale. In essi si possono
riconoscere cellule specifiche: le cellule stellate (nei 2 nuclei ventrali) possiedono numerosi dendriti e
rispondono in genere a una stimolazione con una serie di PdA regolarmente intervallati; le cellule a
cespuglio (sempre nei nuclei ventrali) hanno un unico dendrite con poche ramificazioni e rispondono allo
stimolo acustico con un unico PdA (ruolo impo nella localizzazione della sorgente sonora lungo il piano
orizzontale); le cellule fusiformi (nucleo dorsale) contribuiscono a localizzare i suoni lungo l'asse verticale.

I 3 nuclei cocleari inviano le loro fibre costituendo 3 vie principali:


Il collicolo inferiore a sua volta è connesso con il nucleo talamico specifico per l'informazione (NGM), che
proietta alla corteccia uditiva primaria; qui, ciascuna area uditiva riceve afferenze da entrambe le orecchie
proiezioni bilaterali (differenza con la vista).

Altre vie:
Dal collicolo inferiore a quello superiore (integrazione multisensoriale) orientamento crossmodale
Segnali feedback dalla corteccia uditiva al NGM e al collicolo inferiore e dal tronco alle cellule ciliate

Codifica dell'intensità del suono:


Il sistema uditivo codifica l'intensità del suono in due modi:
Codifica della frequenza del suono:
Ogni neurone delle vie acustiche possiede una frequenza caratteristica di risposta che corrisponde alla
frequenza di attivazione della cellula ciliata cui è collegato dipende dalla posizione della cellula ciliata sulla

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membrana basilare.
Nelle fibre afferenti primarie l'acquisizione della frequenza avviene in 2 modi:

L'organizzazione dei neuroni e delle fibre del sistema uditivo basata sulle frequenze (toni) è detta
tonotopica. La tonotopia si riferisce alla dislocazione lungo la membrana basilare di cellule che rispondono
ad una frequenza caratteristica nei nuclei cocleari ritroviamo la mappa basata sulle frequenze caratteristiche
tipiche della membrana basilare.

Impianto cocleare:
Siccome molto spesso la perdita acustica riguarda determinate frequenze, l'uso di apparati acustici permette
di attivare le cellule rimaste che intervengono nella codifica di quella frequenza; se però la perdita di cellule
ciliate è tale da non poterla risolvere così facilmente, è necessario usare protesi che raccolgono suoni e,
tramite un sistema di antenne e fili, convogliano tale info a elettrodi precedentemente impiantati
chirurgicamente lungo la scala timpanica. Tale impianto sfrutta la tonotopia della coclea, così un numero
limitato di elettrodi riesce a stimolare assoni afferenti che trasmettono differenti frequenze (così è possibile
riprodurre anche suoni complessi).
Il primo a usare la corrente elettrica per percepire il suono è stato A.Volta (si è messo le terminazioni della
batteria nelle orecchie).

Struttura dell'impianto: processore, radio trasmittente, connettore, elettrodi cocleari (sulla membrana
basilare); a seconda di quale elettrodo manda l'info, il cervello può ricostruire la mappa tonotopica.
Funziona bene prima dell'anno di vita e meno negli adulti che hanno perso l'udito prima della comprensione
del linguaggio bisogna essere sottoposti ai suoni della lingua per sviluppare il sistema di comprensione.

Localizzazione dei suoni:


La divisione mediale del nucleo olivare superiore riceve afferenze dalle due orecchie con ritardi differenti
Ritardo interaurale = misura il ritardo nel tempo di arrivo dello stesso suono in un orecchio rispetto
all'altro.

Gli indici acustici per la localizzazione spaziale dei suoni presentati sul piano orizzontale derivano:
Gli indici acustici per la localizzazione spaziale dei suoni presentati sul piano verticale derivano:
Anche la divisione laterale del nucleo olivare superiore svolge una funzione di localizzazione, ma basata
sull'intensità ( indizi binaurali di intensità).

Il collicolo inferiore è costituito da una porzione dorsale stratificata, che riceve afferenze acustiche e
somatosensitive, e da un nucleo centrale stratificato. I neuroni di ogni strato di quest'ultimo rispondono a
frequenze caratteristiche, dando origine a una mappa tonotopica: ciò suggerisce che anche esso sia coinvolto
nella localizzazione sonora.

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39. Corteccia uditiva primaria


Corteccia uditiva primaria:
L'informazione uditiva proveniente dal NGM giunge alle aree 41 e 42 di Brodmann, che insieme formano l'
area uditiva primaria (A1), che si trova anteriormente alla scissura laterale ed è organizzata in modo
tonotopico: le basse frequenze sono in posizione rostrale e le alte in posizione caudale.
A1 riceve afferenze bilaterali: gli assoni che lasciano il NGM proiettano alla corteccia uditiva di entrambi
gli emisferi attraverso la radiazione acustica.

Perpendicolarmente all'asse rostrocaudale si trovano bande che alternano l'interazione interaurale (colonne
di sommazione EE, eccitate da entrambe le afferenze) con la predominanza dell'orecchio ipsilaterale (
colonne di soppressione EI, che sono eccitate da suoni controlaterali e inibite da quelli ipsilaterali).

L'analisi iniziale del suono eseguita da A1 viene inviata alla corteccia uditiva secondaria, detta del belt
acustico, che la elabora ulteriormente.
Questa, a sua volta, manda il risultato di questa elaborazione verso aree non acustiche per assolvere a
funzioni diverse.

Attualmente si ritiene che il sistema corticale uditivo dia origine a 2 diverse vie che hanno come termine la
corteccia prefrontale laterale:

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Ascoltare la musica attiva i neuroni di tipo mirror correlazione neurale tra il suono e le emozioni (oggetto di
studio di molti studiosi).

Deficit dell'udito:

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40. SISTEMA VESTIBOLARE


SISTEMA VESTIBOLARE:

Il sistema vestibolare rileva il movimento della testa rispetto al corpo e serve per la postura e l' equilibrio.
Normalmente noi non siamo consapevoli della messa in funzione di questo sistema, ma ci accorgiamo
quando esso non funziona bene tramite sintomi quali nausea e vertigini in seguito a movimenti troppo
veloci. I suoi meccanismi si basano sia su info sensoriali di tipo visivo, tattile e propriocettivo, sia su segnali
interni che anticipano le possibili perturbazioni del movimento.
I recettori dell'apparato vestibolare sono propriocettori, ma diversamente da quelli muscolari fusali e
articolari non segnalano uno stiramento muscolare o il piegamento di un'articolazione, bensì lo spostamento
o la posizione nello spazio della testa, così da controllare la postura di arti/testa e muovere gli occhi.

Anatomia:
L’apparato vestibolare, situato nell’orecchio interno ed in contatto con la chiocciola, è costituito da
labirinto osseo e labirinto membranoso.
Il primo, situato nella rocca petrosa dell’osso temporale, contiene il secondo, che è un sistema di cavità
costituito dalla coclea e dagli organi dell’equilibrio:
canali semicircolari e organi otolitici (sacculo e utricolo). Tra il labirinto osseo e quello membranoso scorre
perilinfa, mentre all’interno degli organi vestibolari scorre endolinfa; lo spazio endolinfatico vestibolare è in
contatto con quello endolinfatico cocleare tramite il dotto reuniens.
Sul pavimento degli organi del labirinto membranoso si trovano le cellule epiteliali, alcune delle quali
producenti endolinfa, ricca di K+. Ci sono poi le cellule ciliate, recettori che operano la trasduzione
trasformando lo stimolo meccanico in una variazione di potenziale elettrico.
I 3 canali semicircolari, grandi pochi cm, si trovano ai due lati della testa in posizione speculare; tra di essi
ci sono angoli di 90°, mentre rispetto al suolo entrambi sono inclinati di 30°. Entrambe le estremità di ogni
canale semicircolare terminano nell’utricolo e presentano un rigonfiamento, detto ampolla, che contiene le
creste ampollari, dove si trovano le cellule recettoriali. Ogni cresta è ricoperta da una massa gelatinosa, la
cupola, che sovrasta i recettori.
Per ogni lato ci sono anche due organi otolitici = utricolo e sacculo, la cui porzione recettoriale, detta
macula (contiene le cellule ciliate), è coperta da una sostanza gelatinosa che contiene cristalli di carbonato
di calcio, detti otoliti. La macula dell’utricolo è disposta orizzontalmente, mentre quella del sacculo
verticalmente. Quando l’angolo della testa cambia o la testa accelera, gli otoliti deformano il cappello
gelatinoso e le cilia si piegano.
L’asse dei canali semicircolari è tale da poter “leggere” movimenti rotatori (accelerazione angolare) che
avvengono nei vari piani; i due canali orizzontali (sullo stesso piano) registrano i movimenti verso dx o sx,
mentre il canale anteriore di un lato ha lo stesso orientamento del canale posteriore dell’altro lato,
permettendo di registrare sia i movimenti verticali che obliqui. Le macule dell’utricolo e del sacculo invece,
registrano i movimenti lineari (accelerazione lineare) della testa nei 3 piani dello spazio (NON quando
questi sono costanti però) e la sua posizione assoluta rispetto alla gravità (es. quando siamo a testa in giù).

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Recettori vestibolari:
Le cellule recettoriali vestibolari sono le cellule ciliate che si trovano nel pavimento di creste ampollari,
sacculo e utricolo. Esse sono separate tra loro da cellule di sostegno e presentano, alla loro sommità 2
diversi tipi di ciglia: le stereocilia, che aumentano di lunghezza da un'estremità all'altra dell'apice cellulare,
e un unico chinociglio, il ciglio più lungo che si trova all'estremità verso cui le stereocilia sono più lunghe.
Quando, dopo un movimento della testa, le stereocilia vengono flesse in direzione del chinociglio, la cellula
si depolarizza; viceversa, iperpolarizza.

Ogni cellula recettoriale ha inoltre 2 collegamenti sinaptici nella sua porzione basale: è infatti in contatto son
la terminazione di una fibra afferente e con quella di una fibra efferente. La prima, entrando nella branca
vestibolare dell'VIII nervo cranico (vestibolococleare) trasporta l'info vestibolare verso il tronco encefalico;
la seconda proviene dalle cellule del tronco encefalico e permette il controllo sui recettori da parte del SNC.

Organi otolitici: sono identici tra loro, ma cambia il loro orientamento nello spazio (sacculo – verticale, la
striola che indica il senso della depolarizzazione è verso l'esterno; utricolo – orizzontale, la striola che indica
il senso della depolarizzazione è verso l'interno).

Se indisturbate, le afferenze vestibolari hanno una velocità di scarica basale di circa 100 PdA/sec.

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Come funziona la trasduzione?


La trasduzione ha lo stesso meccanismo di quella delle cellule uditive: quando le cilia si piegano verso il
chinociglio si aprono i canali di K e la cellula depolarizza (e viceversa).
Se la testa viene girata verso sx, il movimento angolare fa spostare verso sx i canali semicircolari; tuttavia,
l'endolinfa è soggetta a inerzia, per cui inizialmente non si sposta, determinando così un suo moto relativo in
senso opposto rispetto alla membrana del canale. Questo spostamento si comunica alla massa gelatinosa che,
spostandosi, fa muovere le ciglia sottostanti nella stessa direzione depolarizzazione. Nel canale orizzontale
dell'altro orecchio avviene l'esatto opposto iperpolarizzazione.
In caso di movimenti lineari, invece, si producono forze uguali su entrambi i lati della cupola, così che i
ciuffi di ciglia non vengono spostati.

Quindi uno spostamento angolare sul piano orizzontale verso sx eccita i neuroni di sx e inibisce quelli di dx;
l'aumento della frequenza di scarica delle fibre afferenti di sx segnala quindi ai centri nervosi la direzione
del movimento. Una rotazione della testa di lunga durata (15-30 sec) porta all'adattamento della scarica degli
assoni vestibolari che riprende quando la sollecitazione smette i neuroni scaricano ora con un pattern
opposto.

Vie vestibolari:
Le info provenienti dal nervo vestibolare vengono convogliate da fibre afferenti che fanno sinapsi con
neuroni aventi soma nel ganglio di Scarpa (vicino al tronco encefalico); da qui la branca centrale di queste

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fibre (branca vestibolare dell'VIII nervo cranico) giunge ai 4 nuclei vestibolari: superiore,
inferiore/discendente, mediale e laterale o di Deiters.
In genere tutti traducono l'info vestibolare in una risposta motoria.

I nuclei vestibolari inviano le loro fibre attraverso il fascicolo longitudinale mediale, diretto al nucleo
mediale posteriore del talamo (dove avviene un'altra sinapsi), che proietta a S1 e PPC (area 7) e alla
corteccia parieto-insulare (integrazione sensoriale degli stimoli vestibolari).

Le info provenienti dagli organi otolitici influenzano il controllo posturale attraverso il nucleo vestibolare
laterale, che manda efferenze discendenti tramite la via vestibolospinale laterale, eccitando i motoneuroni
spinali del midollo che controllano la muscolatura estensoria degli arti superiori e inferiori (postura e
stazione eretta) proiezioni cerebellari per il controllo posturale.

L'attività del nucleo laterale ha come complemento quella del nucleo vestibolare mediale (che riceve
afferenze dai canali semicircolari), che invia anch'esso, attraverso il fascio vestibolospinale mediale,
connessioni eccitatorie ai motoneuroni spinali cervicali (controllo della muscolatura del collo e degli occhi –
per mantenere la fissazione) riflesso vestibolo-oculare (VOR).

Il riflesso vestibolo-oculare si realizza tramite il circuito che si viene a creare tra nuclei vestibolari superiore,
mediale e laterale, che inviano le loro fibre attraverso il fascicolo longitudinale mediale verso i 3 nuclei
oculomotori (III, IV e VI). Funzione = stabilizzare l'immagine sulla retina durante la rotazione della
testa. Quando la testa ruota ad una certa velocità in una certa direzione, gli occhi ruotano con la stessa
velocità ma in direzione opposta. Nel riflesso vestibolo oculare (VOR) questo movimento costituisce la
parte lenta, che è seguita (quando lo spostamento della testa è prolungato) da una componente veloce, che fa
riallineare gli occhi con l'asse della testa: l'alternarsi di componente rapida e lenta si chiama nistagmo. Senza
il VOR l'occhio vedrebbe un'immagine sfocata ad ogni movimento della testa.

Il sistema vestibolare non risponde molto bene ai segnali angolari lenti: in questo caso interviene un altro
riflesso, ovvero il riflesso optocinetico, che sfrutta il movimento degli occhi ed è innescato da segnali visivi
in movimento che vengono mantenuti sulla fovea da “movimenti di inseguimento”, e non da stimoli
vestibolari. Il riflesso optocinetico entra in gioco anche in caso di movimenti prolungati a velocità costante,
che provocano un progressivo adattamento dei recettori vestibolari, che quindi registrano solo l'inizio o la
fine del movimento di accelerazione; quando ciò accade, si ha la sensazione di essere fermi (assenza di
sensazioni vestibolari), ma gli occhi seguono lo stimolo in movimento tramite nistagmo optocinetico.

In caso di lesioni dell'apparato vestibolare:


In caso di lesione monolaterale del labirinto o del nervo vestibolare sbilanciamento dei segnali provenienti
dal lato leso rispetto a quello sano. Sintomi: vertigine oggettiva = il mondo gira intorno al paziente (danno
periferico) e/o vertigine soggettiva = il paziente di sente girare (danno centrale).
Nistagmo = movimenti oscillatori, ritmici e involontari dei bulbi oculari una crisi vestibolare acuta con
nistagmo impedisce la guida (immagine intermittente)

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Nausea
Instabilità
Sindrome di Menière = diminuzione dell'udito e tinnito, seguiti da vertigine. Malattia di causa ignota
associata all'aumento del volume dell'endolinfa
Cupulolitiasi = gli otoliti che ricoprono le macule dell'utricolo e del sacculo si staccano, riversandosi
nell'endolinfa dei canali semicircolari. Sintomo: vertigine.

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41. I SENSI CHIMICI


I SENSI CHIMICI:
Ci permettono di trovare info nutrienti e di evitare stimoli tossici (es. veleni).
Gusto e olfatto sono sensi chimici in quanto si basano su recettori sensibili a sostanze chimiche.
Esistono chemiocettori in tutto il corpo: all’esterno (es. pelle e mucose) e all’interno (es. apparato
digerente).
Recettori gustativi e olfattivi si rigenerano di continuo poiché hanno vita breve (12-14 giorni ca).
La sensibilità dei recettori è determinata per via genetica.

GUSTO:
Il senso del gusto origina dall’interazione di molecole, presenti nel cibo o nelle bevande, che vengono
introdotte nel cavo orofaringeo e interagiscono con le cellule sensoriali gustative. È possibile percepire 5
sapori principali: dolce, salato, acido, amaro, umami (gusto del glutammato sodico = dado da brodo,
riconosciuto alla fine degli anni ‘80). Si è ipotizzata l’esistenza di una sesta modalità gustativa associata alla
percezione di acidi grassi e lipidi.
La corrispondenza tra chimica e gusto non è sempre ovvia: un gusto per essere definito primario deve essere
unico dal punto di vista chimico e avere un forte correlato neuro-funzionale specifico.

Le risposte alle sensazioni del gusto sembrano stereotipate e implementate nel nostro “hardware neurale”,
tanto che determinati pattern di risposta si manifestano anche nei bambini molto piccoli senza
apprendimento (es. neofobia alimentare). La preferenza generale per il dolce o l’umami o per il
moderatamente salato è spesso associata a cibi con elevato valore nutritivo, al contrario del sapore amaro
che in genere è associato con cibi avariati o sostanze tossiche.

Per alcuni sapori (es. dolce e amaro) si ritiene che preferenza e avversione siano innate, per altri invece è
l’esposizione a determinati sapori che ne modifica la soglia di accettazione nello sviluppo con effetti di
preferenza fino all’età adulta (vi è il ruolo fondamentale dell’educazione).
L’organismo ha la capacità di riconoscere la carenza di certe sostanze e indurre un appetito specifico.

Contemporaneamente alla stimolazione gustativa, le molecole volatili liberate dalla sostanza ingerita vanno
a legarsi con i recettori olfattivi per via retronasale, generando l’ aroma.
Anche la temperatura “infierisce” sul gusto: infatti i gusti non sono apprezzabili al di sotto degli 0°C o al di
sopra dei 50°, mentre tra i 15° e i 45°C si nota una variazione alla sensibilità per i vari gusti.

La stimolazione gustativa della mucosa orofaringea è in grado di attivare diversi meccanismi riflessogeni sia
somatici (deglutizione o espulsione di bolo) sia viscerali (salivazione e aumento della secrezione gastrica).
Ricerche condotte sulle scimmie hanno dimostrato che alcuni neuroni dell’ipotalamo e della corteccia
orbitofrontale diminuiscono la loro attività man mano che aumenta il grado di sazietà.

Si possono associare i 5 sapori a funzioni diverse:


Cellule gustative:

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Le cellule gustative sono epiteliali specializzate organizzate in bottoni/calici gustativi, che contengono
decine di cellule recettrici e cellule basali (elementi cellulari immaturi). Queste sono strutture epiteliali
specializzate per l’analisi delle componenti chimiche degli alimenti con cui vengono a contatto. Ciascun
bottone ha un’apertura di circa 2 micron di diametro, che sfocia sulla superficie dell’epitelio boccale; questa
contiene una sostanza mucoide, in cui sono immersi i microvilli delle cellule recettrici, le uniche a essere in
contatto con le sostanze disciolte nella saliva.

I recettori del gusto si trovano soprattutto a livello della lingua, ma anche nel palato, nella faringe,
nell’epiglottide e nelle cavità nasali.
Nella lingua sono presenti soprattutto nelle papille gustative, strutture specializzate di cui si distinguono
diversi tipi in base alla forma:
Questi primi 3 tipi hanno forma diversa ma STESSA FUNZIONE
Nei bottoni gustativi (circa 3000 in totale) ci sono 4 tipi di cellule:
In corrispondenza con la porzione apicale ciascuna cellula gustativa entra in contatto con il poro gustativo
che si apre sulla superficie linguale; al polo basale, le cellule di tipo II e III prendono contatto con
terminazioni nervose tramite sinapsi chimiche, che sono in grado di trasformare gli stimoli chimici in
segnali biologici in grado di attivare le fibre nervose afferenti.

Trasduzione gustativa:
La sensazione gustativa si verifica prima della deglutizione, quando ogni cellula gustativa invia sottili
microvilli (sede della trasduzione degli stimoli) nei liquidi circostanti tramite i piccoli pori gustativi, dove le
sostanze disciolte nella saliva entrano in contatto con la porzione apicale della membrana delle cellule
gustative.

L’innesco del PdA avviene in modo diverso a seconda della natura chimica della sostanza, ma in generale
nella porzione basale del recettore l’aumento della concentrazione di Ca++ (apertura di canali V-D per il
calcio) intracellulare indotto dalla depolarizzazione del potenziale di membrana provoca il rilascio di NT, e
la conseguente trasmissione del segnale alle fibre afferenti gustative primarie. In particolare il NT cambia a
seconda della modalità gustativa:
La stimolazione chimica della membrana dei microvilli evoca una risposta a lento adattamento nella
terminazione nervosa, caratterizzata da frequenza di scarica massimale per i primi 1-2s, cui segue un periodo
in cui essa è costante, ma inferiore a quella iniziale, finché nel poro permane la sostanza chimica che l’ha
evocata.
L’ampiezza del potenziale generatore causato dalla presenza di uno stimolo è proporzionale alla sua
intensità; la frequenza dei PdA indotti nella cellula gustativa è funzione della concentrazione della sostanza.

Abbiamo detto che nell’uomo ci sono 5 modalità gustative primarie: salato, acido, dolce, amaro e
umami, ognuna codificata da una sottopopolazione di cellule gustative che esprime un appropriato recettore
(amaro, dolce o umami) o canale ionico (acido o salato).

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Salato: le molecole salate sono costituite da piccoli ioni, come sodio, potassio e calcio. Il processo di
trasduzione per il salato avviene per l’ingresso diretto degli ioni nella cellula gustativa attraverso canali
ionici specifici espressi sulla membrana apicale e sempre aperti; il flusso ionico determina depolarizzazione
che genera il PdA.

È stata individuata una sottopopolazione di cellule gustative che esprimono uno specifico canale per il sodio,
detto ENaC (Epithelial Sodium Channel), che si trova anche nella regione basolaterale del poro e tramite
cui gli ioni possono diffondere anche attraverso gli spazi intercellulari, stimolando le regioni più distali della
cellula.
Questi canali sono regolati ormonalmente: la vasopressina aumenta le correnti di Na, mentre l’aldosterone
induce l’incremento del numero di canali ENaC. Questa via di trasduzione consente di rinforzare tutte le
risposte comportamentali di rifiuto verso ciò che può nuocere alla salute.
Altro importante stimolo gustativo è lo ione di K+, percepito per il gusto salato-amaro: non è ancora nota la
sua via di trasduzione, ma può darsi che siano coinvolti gli stessi canali ENaC.

Acido: la percezione dell’acido fornisce info sulla qualità dell’alimento ed è correlata con le variazioni di
PH sulla superficie linguale. Alte concentrazioni di H+ spesso qualificano il cibo come avariato e ne
prevengono l’ingestione, mentre una moderata diminuzione del PH contribuisce alla qualità gustativa
dell’alimento.
La percezione di questo gusto è mediata da canali ionici di membrana, in particolare da quello per gli ioni
calcio e sodio sensibile all’acido denominato PKD2L1, responsabile della percezione di questa modalità
gustativa.
Il meccanismo attraverso cui si percepisce questo sapore probabilmente avviene attraverso un’anidrasi
carbonica, un enzima che produce protoni e bicarbonato a partire da CO2, i quali a loro volta attivano il
canale PKD2L1.

Dolce, amaro e umami: la percezione di questi gusti avviene tramite la stimolazione di 2 famiglie di
specifici recettori gustativi proteina G-dipendenti, denominate T1R (3 recettori: T1R1, T1R2, T1R3) e T2R
(circa 35 recettori), espresse sulla superficie microvillare di sottopopolazioni specifiche delle cellule
gustative. Queste proteine sono disposte in modo che ciascuna cellula gustativa risponda in modo selettivo a
un solo gusto: le cellule che esprimono la combinazione dei recettori T1R1 e T1R2 rispondono a gusti dolci,
T1R1 e T1R3 a umami e AA, mentre i recettori T2R sono sensibili a gusti amari.
Nonostante ci sia l’attivazione di diverse vie metaboliche per la trasduzione del segnale gustativo, gli
effettori finali delle cellule che rispondono ai gusti amaro, dolce e umami sono gli stessi, vale a dire
l’enzima fosfolipasi C-2 e il canale cationico di membrana TRPM5. Essi funzionano in successione: il primo
produce i II messaggeri IP3 e diacilglicerolo, a cui il secondo è sensibile attivando flussi cationici
depolarizzanti all’interno della cellula i 3 gusti sono quindi codificati indipendentemente, pur condividendo
le stesse modalità di trasduzione.

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È stato dimostrato che le cellule che rispondono all’amaro e all’acido sono responsabili della percezione di
alte concentrazioni di cloruro di sodio, che inducono una risposta di avversione.

Sapore del grasso 6° modalità gustativa? I grassi non sarebbero in grado di raggiungere i loro recettori,
non essendo solubili nella saliva, tuttavia delle ricerche hanno suggerito che gli acidi grassi vengano liberati
dal glicerolo nella cavità orale a opera di lipasi linguali, rendendoli quindi disponibili per la trasduzione
sensoriale. Nell’uomo i 3 tipi di acidi grassi (saturi, monoinsaturi e polinsaturi) mostrano soglie di
percezione gustativa diverse. Ciò suggerisce 2 ipotesi: presenza di multiple vie di trasduzione che usano
diversi recettori o unico recettore con affinità diverse per i differenti acidi grassi.

Perché non confondiamo i gusti?


Ogni cellula recettrice risponde in maniera preferenziale per determinati gusti, ma tale preferenza è relativa
(es. nel dolce e nell’amaro si attivano meccanismi recettoriali identici).
Allora il gusto usa 2 specifiche info per farceli distinguere:
Vie centrali del gusto:
nervo faciale VII – nervo glossofaringeo IX (1/3 posteriore della lingua) – nervo vago X (gola, epiglottide) –
nucleo del tratto solitario, composto da tanti sotto-nuclei, tra cui quello gustativo.

Il meccanismo della trasduzione genera un potenziale recettoriale depolarizzante, con insorgenza di PdA nei
neuroni afferenti primari, che innervano regioni specifiche della lingua, innervate dai rami di 3 nervi cranici
:
Tutte le fibre afferenti di questi nervi proiettano nella parte anteriore e laterale del nucleo del tratto solitario;
da qui la maggior parte dei neuroni postsinaptici raggiungono, tramite proiezioni ipsilaterali, il nucleo
ventrale posteromediale nel talamo e quindi la corteccia gustativa primaria (insula e opercolo frontale) e
secondaria (corteccia orbitofrontale caudolaterale, utile per dare senso di sazietà).
Il resto delle fibre proietta direttamente a ipotalamo, amigdala (utili per regolare l’appetito e funzioni
fisiologiche come respirazione e digestione) e striato, che rappresentano zone di convergenza con le
afferenze olfattive e sono implicate nelle risposte riflesse.

Ruolo delle diverse branche afferenti:


Anche le afferenze centrali hanno funzioni diverse:
Codifica e rappresentazione centrale della qualità gustativa potrebbero avvenire in 2 modi, tramite
l’attivazione di linee specifiche di trasmissione, oppure dall’analisi del profilo globale di attivazione di una
vasta popolazione di neuroni; è probabile che la percezione gustativa si basi sull’attuazione di entrambi.

Psicofisica della percezione gustativa:


La soglia gustativa è la concentrazione minima di un certo agente chimico in soluzione in grado di
determinare una sensazione gustativa. La concentrazione sufficiente a stimolare i recettori gustativi e a
indurre una sensazione gustativa (soglia prototipica) è inferiore a quella in cui il sapore viene riconosciuto

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con certezza (soglia epicritica). La soglia gustativa è normalmente più bassa per il sapore amaro e presenta
differenze legate al sesso (> sensibilità nelle donne al dolce rispetto all’acido).
All’aumentare della concentrazione della sostanza crescono sia la frequenza dei PdA delle cellule gustative
sia il loro reclutamento. La sensibilità gustativa, così come quella olfattiva, è caratterizzata da rapido
adattamento, che non ha effetti significativi sulle risposte neuronali e percettive agli altri sapori primari: ciò
conferma la presenza di meccanismi indipendenti di codifica ed elaborazione delle diverse qualità gustative.

Disfunzioni gustative:
La maggior parte delle disfunzioni gustative provengono da un’alterazione della percezione olfattiva, e
spesso compromettono l’omeostasi sia del cavo orale che dell’intero organismo. Ricadono in 3 categorie:
correlate al trasporto di sapori (patologie salivari), causate da problemi sensoriali periferici (traumi o terapie
radianti) e dipendenti da alterazioni centrali. Vediamone degli esempi:
Disgusto proprio e altrui:
Esiste un sistema in grado di percepire sensazioni di disgusto e riconoscerle negli altri individui; ciò
potrebbe avere un forte ruolo adattivo perché guiderebbe comportamenti di evitamento.
Tale sistema è stato individuato nell’ insula, la cui lesione produce incapacità di riconoscere espressioni di
disgusto; la stessa regione si attiva quando un soggetto esperisce sensazioni simili.

Codice di popolazione per l’elaborazione centrale del gusto:


I recettori gustativi, al 90%, non sono selettivi per un unico gusto. Molti convergono su un assone afferente,
e molti assoni afferenti convergono sui nuclei delle stazioni successive ampia convergenza = scarsa
selettività di ciascuna via.
Codice di popolazione = il riconoscimento di un determinato gusto da parte del cervello dipende
probabilmente dall’attivazione sincrona di popolazioni neurali per identificare un gusto si usano le risposte
(frequenze di scarica) di molti neuroni poco selettivi.
Mappa gustativa corticale: i 5 gusti di base sono elaborati da neuroni corticali disposti in modo discreto.
La mappa di identificazione è situata a livello della corteccia sensitiva primaria ed è spazialmente
disorganizzata.

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42. OLFATTO
OLFATTO:
È il senso filogeneticamente più antico, associato all’identificazione del cibo, dei predatori e dei
conspecifici. Ha anche un ruolo sociale, in quanto guida certi comportamenti di evitamento, riproduttivi o
aggressivi.
Gli stimoli che inducono sensazioni olfattive sono detti odoranti, e sono molecole con caratteristiche
chimico-fisiche e timbro olfattivo peculiari; hanno basso peso, alta volatilità e sono idrofobiche.
Gli odori costituiscono un sistema di comunicazione es. negli animali la comunicazione è mediata dai
ferormoni, presenti nelle escrezioni e nelle secrezioni corporee; queste producono info importanti per il
riconoscimento individuale, il sesso e lo stato sociale.
L’epitelio olfattivo è in grado di rilevare ferormoni; tuttavia, molte specie animali (ma NON l’uomo) hanno
sviluppato un sistema olfattivo accessorio, il cui organo periferico è l’organo vomeronasale, che si è
specializzato esclusivamente nella rilevazione di queste molecole. Esso si trova nella cavità nasale e
nell’uomo non è identificabile, o comunque se presente non sembra funzionare, e ciò è strano perché anche
nell’uomo i ferormoni guidano i comportamenti. Questo avviene, molto probabilmente, tramite il sistema
olfattivo principale.

Epitelio olfattivo:
Rilevazione e trasduzione delle molecole odorose avvengono ad opera di un piccolo e sottile strato di cellule
chemosensoriali, i neuroni olfattivi, che costituiscono l’epitelio olfattivo che ricopre i turbinati della
cavità nasale posteriore. Essi sono estroflessioni ossee su cui è stratificato l’epitelio olfattivo e favoriscono
la percezione odorosa attraverso il riscaldamento dell’aria e l’aumento delle turbolenze e della superficie
recettoriale esposta.
L’epitelio olfattivo è ricoperto da un sottile strato di muco, prodotto dalle ghiandole di Bowman. Esso ha la
funzione di concentrare gli odori e successivamente di eliminarli, poiché viene continuamente sostituito (le
sostanze nell’aria devono dissolversi nello strato di muco prima di raggiungere le cellule recettoriali).

Ci sono 3 tipi di cellule principali nell’epitelio:


I recettori olfattivi quindi non hanno una struttura che li protegge, e SONO NEURONI, i cui assoni entrano
direttamente nel SNC. Per questo è importante che il muco possieda gli anticorpi, per proteggersi da virus e
batteri che altrimenti arriverebbero al cervello. I neuroni olfattivi sono tra i più sottili e lenti di tutto il corpo,
quindi ci vuole molto tempo per percepire gli odori, rispetto ad altri stimoli (400ms + 500ms per la
consapevolezza di averlo percepito).
L’uomo possiede circa 20 mln di recettori, contro i 220 mln del cane (stesso numero di odori percepito ma a
concentrazioni 100 mln di volte inferiori); ci si può addestrare a riconoscere gli odori e a discriminarli anche
senza avere un olfatto così sviluppato. Curiosità: i cani possono rilevare i tumori, in particolare quelli dello
stomaco, elaborando gli odori che derivano da saliva, urine ed altri fluidi corporei.

Trasduzione:

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Le sostanze odorose rimaste in contatto con la cellula vengono allontanate o degradate, tramite meccanismi
di rapido adattamento.

Vie olfattive centrali:


Gli assoni dei recettori olfattivi attraversano la lamina cribrosa formando il nervo olfattivo (I nervo
cranico), che penetra nel bulbo olfattivo 1° SINAPSI con neuroni di II ordine, le cellule mitrali, che danno
origine a strutture sferiche denominate glomeruli. In ogni glomerulo convergono parecchie fibre olfattive,
che conferiscono al sistema elevata sensibilità, ed è interconnesso con una rete di neuroni inibitori detti
periglomerulari. I corpi cellulari delle cellule mitrali sono localizzati nel bulbo, mentre gli assoni si
riuniscono postero-ventralmente formando il tratto olfattivo, che penetra nell’encefalo e giunge alla
corteccia olfattiva primaria (che comprende tubercolo olfattivo, corteccia piriforme ed entorinale, …).

Gli assoni del tratto olfattivo si ramificano e seguono diverse vie:


Allo stesso modo nella corteccia olfattiva primaria c’è la convergenza di fibre provenienti da diversi
glomeruli:
- Dall’amigdala all’ipotalamo (risposte neuroendocrine)
- Dal tubercolo olfattivo e dalla corteccia entorinale ad altre regioni corticali e sottocorticali come
l’ippocampo (integrazione di segnali destinati a memoria ed emozioni)
Analogamente al sistema olfattivo principale, i neuroni vomeronasali prendono contatto con le cellule
mitrali nei glomeruli del bulbo olfattivo accessorio. Le proiezioni centrali delle cellule mitrali raggiungono
aree diverse, da cui dipartono neuroni secondari che si dirigono direttamente nelle regioni ipotalamiche.

Basi genetiche:
Il genoma umano contiene 350 geni codificanti per i recettori olfattivi, ma molti sono “pseudogeni” non
funzionanti (20% nei cani e 60% negli umani). Ogni cellula recettiva esprime un sottoinsieme di geni per i
recettori. La % di pseudogeni è correlata alla vista tricromatica: l’aumento dell’acuità visiva ha costi sulla
sensibilità olfattiva.

Riconoscimento degli odori:


Come possiamo distinguere miliardi di odori se i geni che codificano per i recettori olfattivi sono centinaia
e il 60-70% neppure è espresso?

I vari odori attivano popolazioni di recettori diversi (codice di popolazione) con tempi diversi (sequenza
temporale di attivazione), producendo configurazioni spazio-temporali diverse per i singoli odori.

Modello combinatorio: Il sistema olfattivo utilizza le risposte simultanee di un gran numero di recettori per
codificare uno specifico odore, quindi l’identificazione di una molecola odorosa dipende dalla combinazione
dei recettori attivati.
Il modello combinatorio si riflette nel bulbo MAPPA SPAZIALE = distribuzione spaziale organizzata dei

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glomeruli che ricevono specifici recettori (recettori che esprimono un gene diverso si organizzano in
glomeruli diversi).
Quindi: ciascun glomerulo riceve info solo da un tipo di cellule recettrici, che esprimono un particolare gene
= mappa dei geni che codificano i vari recettori.

La definitiva discriminazione e percezione cosciente degli odori avviene in aree più centrali; qui esistono
infatti neuroni corticali che rispondono a singoli odori o a miscele di odori, ma essi sono silenti quando i
componenti della miscela sono presentati individualmente. Ciò dimostrerebbe l’esistenza di una integrazione
corticale dei segnali provenienti dai singoli recettori, la cui elaborazione in parallelo è importante per
l’attivazione contemporanea di meccanismi come reazione di fuga e ricerca del cibo.

Codifica temporale: frequenze di scarica neuronale caratteristiche, indotte da odori diversi e sequenza
temporale di attivazione dei recettori diversi da parte di una sostanza. Es. l’odore di un profumo dipende dal
fatto che la molecola odorosa si lega in tempi diversi con diversi recettori.

Quando si parla di odore si parla della trasduzione ad opera delle cellule olfattive dell’epitelio di una
molecola odorosa; queste si attivano quando respiriamo olfatto ortonasale. Si parla invece di aroma
quando respiriamo con il cibo in bocca olfatto retronasale.
Gusto e olfatto vengono uniti insieme dal nostro sistema percettivo in una meta-sensazione sapore.

Deficit olfattivi:
Ignobel = premio Nobel per ricerche assurde (es. 2008: le orecchie ingannano il sapore: modificando il
rumore delle patatine fritte scadute, ascoltando per esempio un rumore croccante, queste migliorano di
sapore).

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43. IL SISTEMA MOTORIO


IL SISTEMA MOTORIO
Il sistema motorio ha lo scopo di controllare il movimento e la postura. È la tappa successiva
dell’elaborazione sensoriale, che trasforma l’energia elettrica/nervosa in energia fisica.

Tipi di muscoli:
Dal punto di vista topografico, i muscoli striati si dividono in:
Classificazione dei movimenti:
Organizzazione gerarchica dei movimenti:
1° livello) Midollo spinale: responsabile dei comportamenti automatici e stereotipati riflessi spinali
2° livello) Tronco dell’encefalo, FR e cervelletto: responsabili della modulazione dell’attività riflessa e
dell’elaborazione dell’info proveniente dagli organi di senso per stabilizzare in via riflessa la postura
3° livello) Corteccia motoria (aree motrici primarie): responsabile dell’avvio dei movimenti volontari e del
controllo dei centri motori del tronco e MS tramite invio di impulsi nervosi discendenti verso i motoneuroni
del MS e, quindi, verso i muscoli.
4° livello) Aree corticali pre-motorie: servono per l’identificazione dei bersagli nello spazio, per la scelta
del decorso temporale dell’azione motoria e per la programmazione del movimento (le rappresentazioni dei
gesti attivano M1, che avvia la contrazione di determinati muscoli a seconda del movimento).

Organizzazione in parallelo dei sistemi di controllo

Caratteristiche comuni dei vari livelli di controllo:


Le 4 componenti gerarchiche sono a loro volta controllate da:
La presenza di livelli gerarchicamente distinti di controllo motorio si rivela funzionale, da un lato a produrre
risposte riflesse adattive estremamente rapide ed efficaci, per cui un intervento della corteccia cerebrale non
solo non è necessario, ma anzi provocherebbe pericolosi ritardi nei tempi della risposta motoria; dall’altro, i
centri corticali superiori possono reclutare e attivare questi schemi precablati a livello spinale e
troncoencefalico, perfettamente integrati con le info sensoriali in ingresso, per ottenere un controllo motorio
più semplice, fluido ed efficace, con il minimo dispendio di risorse attenzionali.

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44. IL SISTEMA MOTORIO SOMATICO


SISTEMA MOTORIO SOMATICO (fa parte del SNP):
Il SMS è contrapposto a quello viscerale (SNA: involontario, muscolo liscio), ed è costituito dalla
muscolatura striata (eccezione: il miocardio che è striato ma involontario).
Il muscolo è un organo effettore che, se opportunamente stimolato da una terminazione nervosa, è in grado
di contrarsi e quindi di compiere un lavoro.

Come già precedentemente accennato, i muscoli si dividono in prossimali/distali e assiali, e ognuno ha un


agonista e un antagonista = muscoli che tirano l’articolazione in direzioni opposte. Un muscolo che
produce con la sua contrazione un movimento si dice agonista di quel movimento; il muscolo che attiva il
movimento opposto si dice antagonista es. Agonista = tricipite contratto, antagonista = bicipite rilassato.

Com’è fatto un muscolo?


Il muscolo scheletrico è un insieme di fibre muscolari disposte in parallelo e rivestite da un tessuto
connettivo (il tendine). Le fibre vengono innervate da assoni che derivano da SNC e MS. Ciascun assone
innerva più fibre ma ognuna è innervata da un singolo assone di un motoneurone.
La contrazione del muscolo deriva dall’accorciamento delle fibre che lo compongono provocato
dall’insorgenza di PdA nelle fibre stesse, a loro volta provocati dall’attività di motoneuroni inferiori di
tipo , situati nelle corna ventrali del MS e nei nuclei motori del tronco encefalico. Ogni motoneurone
proietta con il suo assone a un singolo muscolo, del quale innerva un numero limitato di fibre muscolari a
livello di speciali sinapsi chimiche dette giunzioni neuromuscolari (nel MS ci sono meccanismi di
controllo automatici sul motoneurone riflessi; la corteccia può esercitare un controllo sull’attivazione dei
motoneuroni inferiori nel MS).

Il motoneurone riceve 3 afferenze:


I motoneuroni sono responsabili della forza con cui il muscolo si contrae: ogni fibra muscolare è innervata
da un solo motoneurone, ma questo, giunto in prossimità del muscolo, forma una serie di diramazioni
terminali che innervano diverse fibre muscolari motoneurone + fibre muscolari da esso innervate =
unità motoria. Maggiore è il numero di unità motorie reclutate, maggiore è la forza sviluppata dalla
contrazione muscolare. Segmenti corporei per movimenti più fini (dita) hanno unità motorie più piccole (1
neurone/ 3 fibre).

Controllo graduale della contrazione:


La contrazione dei muscoli dipende dalla frequenza di scarica dei motoneuroni. Per aumentare la forza di
contrazione:
Ci sono 3 tipi di unità motorie:
Anche se in un muscolo possono coesistere le 3 fibre, un’unità motoria contiene solo fibre muscolari di un

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tipo!

Processo di contrazione muscolare:


La giunzione neuromuscolare è un tipo di sinapsi particolare:
Struttura della fibra muscolare:
Il muscolo è formato da fibre muscolari che sono strutture allungate, multinucleate. La fibra muscolare è
rivestita da una membrana esterna (eccitabile) = sarcolemma, ed è formata da fasci di miofibrille, contenute
nel reticolo sarcoplasmatico.
Il sarcolemma viene depolarizzato dall’ACh (PdA). La depolarizzazione segue la rete di invaginazioni de
sarcolemma costituita dai tubuli T. Questo provoca il rilascio di Ca++ da parte del reticolo sarcoplasmatico,
e l’incremento di Ca++ porta alla contrazione.

Meccanismo di contrazione delle miofibrille:


I filamenti sottili di actina sono ancorati da entrambi i lati a particolari strutture non contrattili, denominate
dischi Z. L’insieme dei miofilamenti che si trovano all’interno di due dischi Z successivi costituisce la
cosiddetta unità funzionale del muscolo, il sarcomero. All’interno del sarcomero i miofilamenti di actina e
miosina sono parzialmente sovrapposti tra loro. Questa particolare disposizione produce visivamente una
serie alternata di bande scure e chiare, responsabili dell’aspetto striato che caratterizza le fibre muscolari
scheletriche.
Una sezione longitudinale delle miofibrille mostra un alternarsi di bande scure (bande A), in cui i filamenti
spessi di miosina si sovrappongono a quelli di actina, e bande più chiare (bande I) in cui i filamenti di actina
sono sovrapposti esclusivamente tra loro. Le bande I a loro volta sono suddivise a metà da una linea scura (
linea o stria Z), che è costituita dai dischi Z, mentre le bande A sono divise da una banda più chiara, banda
H, prodotta dalla sovrapposizione tra loro dei filamenti spessi. I filamenti spessi e sottili sono i dispositivi
contrattili del muscolo. Nel muscolo che si sta contraendo tali filamenti scivolano gli uni sugli altri per
effetto dell’energia fornita da interazioni cicliche fra le teste della miosina dei filamenti spessi e i siti di
legame dell’actina degli adiacenti filamenti sottili con i quali le teste della miosina interagiscono. L’energia
necessaria per tale scorrimento è fornita da specifiche ATPasi situate nelle teste globulari della miosina, in
grado di convertire l’energia chimica dell’adenosintrifosfato (ATP) in energia meccanica. L’energia
meccanica immagazzinata nella testa della miosina a seguito dell’idrolisi di ATP si libera nel momento in
cui interagisce con i siti esposti dei filamenti di actina: una volta attaccatesi ai filamenti di actina, infatti, le
teste della miosina ruotano, sviluppando forze longitudinali che spingono i filamenti spessi e sottili a
sovrapporsi ulteriormente, determinando l’accorciamento della fibra muscolare. Al termine di questo
movimento di scivolamento, la testa della miosina si distacca dal filamento di actina e si ripiega nuovamente
nella sua posizione iniziale che gli consente di riattaccarsi a un nuovo sito di legame dell’actina. Tutti questi
processi, alla base della contrazione muscolare, possono avvenire soltanto a seguito di un continuo apporto
in quantità adeguate di calcio e ATP. La rigidità muscolare che compare dopo la morte, definita appunto
rigor mortis, è prodotta dai ponti trasversali che non riescono più a staccarsi proprio a causa della mancata
disponibilità di molecole di ATP.

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Stato del muscolo:

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Il ciclo continua finché c’è disponibilità di Ca++ e di ATP. In caso contrario rigor mortis = morte a causa
dell’irrigidimento dei muscoli.

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45. CONTROLLO SPINALE DEL MOVIMENTO


Fusi neuromuscolari e organi tendinei del Golgi:
I muscoli contengono 2 tipi di recettori propriocettivi che forniscono info sul loro stato di allungamento o
sulla loro tensione:

• Fusi neuromuscolari: si attivano in seguito allo stiramento del muscolo; sono recettori localizzati
all’interno dei muscoli scheletrici e sono disposti ciascuno parallelamente alle normali fibre muscolari, dette
extrafusali; ogni fuso è costituito da una capsula che racchiude 3 elementi:
Ciascun fuso è innervato da 2 tipologie di fibre sensitive:
Entrambe le tipologie si avvolgono alle fibre intrafusali (la fibra IA nella parte centrale, mentre quelle di
tipo II nelle porzioni adiacenti).
Se il fuso muscolare fosse completamente passivo, si affloscerebbe durante la contrazione promossa da
motoneuroni , provocando una pausa nella scarica delle fibre afferenti; ciò non accade grazie alle
terminazioni fusimotorie, proiezioni che giungono alle
porzioni polari contrattili del fuso dai motoneuroni (meccanismo di coattivazione -). Essi permettono di
modulare continuamente la sensibilità del fuso, promuovendone un accorciamento proporzionale a quello
del muscolo, soprattutto durante le contrazioni attive; infatti, i motoneuroni si attivano contemporaneamente
a quelli , permettendo al fuso di segnalare variazioni di lunghezza del muscolo anche durante la sua
contrazione attiva. I motoneuroni gamma stirano le fibre intrafusali, mettendole in tensione viene così
mantenuta la sensibilità del fuso.

Organi tendinei del Golgi: si attivano durante la contrazione intensa ( tensione); sono disposti “in serie”
tra muscolo e tendine. Ciascun organo tendineo è costituito da una capsula contenente fibre di collagene
innervate dalle ramificazioni di una sola fibra afferente di tipo IB: quando il muscolo si contrae ed esercita
trazione sul tendine, l’organo tendineo è sottoposto a tensione, le fibre di collagene vengono stirate e ciò
provoca la compressione delle terminazioni nervose attivate.
I muscoli sono innervati, oltre che da fibre di tipo I e II, anche da afferenze mieliniche più piccole (fibre di
tipo III) e amieliniche (di tipo IV). Entrambe, a bassa conduzione, sono sensibili a sostanze extracellulari e
trasmettono sensazioni di dolore muscolare e indolenzimento, producendo azioni riflesse con decorso
temporale relativamente lento.

Riflessi motori:
Già Cartesio, nel XVII sec, suggerì il modello dell’arco riflesso, per cui uno stimolo sensoriale produrrebbe
un processo di elaborazione nervosa, a seguito della quale l’organismo manifesta una risposta motoria.
Ad oggi, dal punto di vista fisiologico, i movimenti riflessi sono definiti come risposte involontarie, semplici
e stereotipate, evocate dall’attivazione di recettori sensoriali; essi sono generati quando uno stimolo giunge a
un centro di integrazione, situato nel MS o nel tronco encefalico, dove produce, senza l’intervento dei centri
corticali superiori, l’attivazione dei motoneuroni responsabili della risposta motoria.

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I riflessi possono essere suddivisi in:


Esempi di RIFLESSI MONOSINAPTICI e POLISINAPTICI:

Riflesso miotatico o da stiramento = consiste nella contrazione di un muscolo provocata dal suo stesso
allungamento e può essere abolito sezionando le radici ventrali o dorsali del MS. Il riflesso di stiramento
richiede la presenza sia di segnali sensitivi in ingresso (fibre afferenti che entrano in MS tramite radici
dorsali) sia di segnali motori in uscita (fibre efferenti di motoneuroni delle corna ventrali che formano le
radici ventrali). Esempio è il riflesso patellare, che consiste nella risposta di estensione della gamba dopo
uno stimolo percussivo applicato al tendine patellare.
Sebbene il riflesso di stiramento sia essenzialmente monosinaptico, le fibre sensitive dei fusi neuromuscolari
raggiungono, oltre ai motoneuroni, anche interneuroni inibitori che riducono l’attività dei motoneuroni che
innervano i muscoli antagonisti del muscolo omonimo. Questo meccanismo di eccitazione dei muscoli
agonisti e simultanea inibizione degli antagonisti viene detto innervazione reciproca.

Il riflesso di stiramento può essere di tipo fasico o tonico: il primo è generato da un brusco allungamento del
muscolo (ruolo fondamentale delle fibre di tipo IA), il secondo è importante nelle regolazioni automatiche di
tipo posturale (ruolo fondamentale delle fibre di tipo II). Tale riflesso sottende un circuito di feedback
antigravitazionale: muscoli detti antigravitari mantengono la postura eretta quando la forza di gravità tende
ad allungare i muscoli, che rispondono a tale allungamento con una contrazione riflessa sostenuta per tutto il
tempo in cui permane lo stimolo.

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IMMAGINE: quando il medico batte col martelletto sul ginocchio, il muscolo riceve uno stiramento che
causa per riflesso la contrazione del muscolo stesso.

Riflesso miotatico inverso = produce l’effetto opposto di quello di stiramento, ossia la riduzione della
contrazione muscolare in risposta all’attivazione di recettori che segnalano un’eccessiva tensione muscolare.
Tale riflesso è mediato dagli organi tendinei del Golgi, che forniscono info propriocettive sulla tensione del
muscolo durante la contrazione convogliate al MS tramite fibre IB; queste, in rapporto con gli organi
tendinei, formano sinapsi con interneuroni inibitori che innervano i motoneuroni del muscolo che si sta
contraendo (riflesso polisinaptico).
FUNZIONE: evitare una tensione muscolare eccessiva, rendere meno bruschi inizio e fine della contrazione,

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compensare la riduzione di tensione che si ha con l’affaticamento del muscolo.

IMMAGINE: Quando i pesi da sollevare sono troppo pesanti, interviene questo meccanismo protettivo che
non permette il sollevamento del peso per evitare un danno ai muscoli provocato da una contrazione
eccessiva.

Riflesso flessorio di retrazione = consiste in una rapida retrazione di un arto in risposta a uno stimolo
doloroso, generalmente eseguita contraendo tutti i muscoli flessori dell’arto stesso.
Le fibre sensoriali che mediano tale riflesso polisinaptico sono generalmente di piccolo diametro e spesso
amieliniche e, una volta giunte alle corna dorsali del MS, divergono con diramazioni terminali su molteplici
interneuroni eccitatori e inibitori. Il risultato è una risposta motoria complessa che coinvolge entrambi i lati
del corpo (la risposta motoria dell’arto controlaterale a quello stimolato si verifica solo quando l’individuo si
trova in posizione eretta).

Riflesso estensorio crociato = dopo il riflesso flessorio viene attivato questo secondo riflesso polisinaptico:
vengono attivati motoneuroni controlaterali (eccitazione estensori + inibizione flessori) per estendere l’arto
controlaterale scopo: evitare di cadere.

SCHEMA: Un sistema di controllo integrato:


L’attivazione del motoneurone attiva il muscolo che si accorcia, ma se vi è un carico si attiva il fuso
neuromuscolare. Contemporaneamente il fuso viene mantenuto attivo dai motoneuroni . Se la contrazione è
eccessiva, essa viene rilevata dall’organo tendineo del Golgi che interviene inibendo i motoneuroni per
rilassare il muscolo.

Modulazione sopraspinale e volontaria del tono muscolare e dei riflessi:


Durante una situazione di riposo, il muscolo innervato e irrorato presenta un livello di contrazione basale,
detto tono muscolare.
Una deafferentazione della fibra muscolare provoca ipotonia muscolare (i motoneuroni non possono più
innervare il muscolo); tuttavia il tono muscolare e la funzionalità dei circuiti riflessi spinali sono regolati
anche da influenze discendenti provenienti da centri sopraspinali (il midollo subisce un controllo dalle
strutture superiori e la corteccia cerebrale esercita influenze per lo più inibitorie sui circuiti riflessi spinali
responsabili del tono muscolare e della postura antigravitaria).
Generatori centrali di schemi motori:
I generatori centrali di schemi motori (CPG) sono microcircuiti neurali preformati, spesso già presenti alla
nascita, che contengono tutte le info necessarie per coordinare specifici schemi motori, anche complessi,
senza l’intervento di centri corticali superiori e sono localizzati nel tronco encefalico o nel MS:
Data la loro localizzazione sottocorticale, i CPG consentono anche ad animali decerebrati (in cui tronco e
MS disconnessi dal proencefalo) di mostrare tutti i comportamenti citati intatti; tuttavia, essi sono incapaci
di adattarsi in modo flessibile all’ambiente circostante e presentano movimenti e comportamenti

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completamente stereotipati.

L’esempio più noto di comportamento generato da CPG è la locomozione, consistente nell’atto di spostarsi
nello spazio da un luogo all’altro, e costituita da diversi schemi di attività ritmica che chiamano in causa
differenti gruppi muscolari (alternanza flesso-estensioni recettori NMDA interneuroni spinali).
Il cammino (o passo) è la principale forma di locomozione ed è un ciclo costituito da una fase di appoggio
(estensione) e una di oscillazione (flessione). Per compiere questa sequenza motoria, i muscoli sono
ciclicamente attivati secondo uno schema ritmico caratteristico: le diverse andature differiscono tra loro nei
tempi relativi alle differenti fasi del ciclo.
Sebbene il controllo (o almeno l’inizio) della locomozione sia generalmente volontario, i CPG situati a
livello del MS sono in grado di produrre tale comportamento senza l’intervento né di segnali discendenti
provenienti dall’encefalo né di segnali sensoriali provenienti dai recettori periferici Dimostrazione:
esperimento di Brown (1911) _ gatti il cui MS veniva isolato dai centri superiori e dalle radici dorsali
mantenevano la capacità di camminare su un tapis roulant, a patto che fossero sorretti e il loro peso non
gravasse sugli arti. Si notò però che, aumentando o diminuendo la velocità del tapis roulant, il gatto
mostrava delle difficoltà, a prova che il cammino può essere mantenuto in animali decerebrati solo in
condizioni standard.

Quindi… nonostante i CPG spinali possano attivarsi anche in assenza dei segnali provenienti dalle radici
dorsali, le info sensoriali provenienti dai muscoli, dalle articolazioni e dalla cute sono fondamentali per
rinforzarne e modularne l’attività. Ciò risulta cruciale in presenza di variazioni della velocità del passo o di
variazioni della pendenza del terreno o di ostacoli: questa sensibilità alle modulazioni operate dalle info
sensoriali rende i CPG flessibili e permette loro di modulare il comportamento in relazione alle circostanze
contingenti.

Dal controllo riflesso al controllo volontario del comportamento:


L’importanza delle capacità motorie e del loro sviluppo è dimostrata dal fatto che schemi motori endogeni,
ossia generati dall’individuo in fase di sviluppo, si possono osservare già a partire dalla 7°-8° settimana di
gestazione. Gli schemi motori poi si raffinano e diventano più complessi nelle settimane successive,
presentando continuità con gli schemi riflessi che si possono notare nell’epoca neonatale (es. suzione,
deglutizione, sbadiglio, …). Tuttavia, poco dopo la nascita, molti schemi riflessi tendono a scomparire, per
ripresentarsi poi in forme più raffinate e volontarie.
I comportamenti prenatali possono anche assumere un notevole grado di complessità; essi infatti, oltre a
implicare coordinazione di effettori multipli (es. mano-bocca), presentano caratteristiche cinematiche di
accelerazione-decelerazione diverse in relazione al bersaglio finale. Il riflesso di marcia automatica è un
esempio di riflesso neonatale complesso già presente anche in utero. Tutto ciò dimostra che anche complessi
generatori centrali di schemi motori sono già disponibili e sostanzialmente funzionanti alla nascita.

Lesioni:

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46. IL CONTROLLO CORTICALE DEL MOVIMENTO


IL CONTROLLO CORTICALE DEL MOVIMENTO:

Corteccia motoria primaria (M1: 1° motoneurone) – motoneurone spinale (2° motoneurone) - muscolo
Il sistema motorio è la parte del SN che sovrintende all'organizzazione, al controllo e all'esecuzione del
movimento. I movimenti sono determinati da contrazioni muscolari che si combinano, causando lo
spostamento di segmenti corporei intorno a singole articolazioni. Tali contrazioni sono comandate
dall'attività di motoneuroni che si trovano a livello del corno ventrale del MS, i quali contraggono sinapsi
con le fibre muscolari.

Il controllo superiore proviene sia dal tronco encefalico sia dalla corteccia cerebrale, attraverso numerose
proiezioni discendenti (tronco = aggiustamenti posturali; corteccia = movimenti volontari).

Info necessarie all'esecuzione del movimento:


3 tappe dei movimenti volontari:
Gli effetti del movimento sono rilevati da recettori sensoriali non solo propriocettivi.

Sistema motorio piramidale:


Il sistema motorio piramidale è un insieme di fasci di assoni che dalla corteccia eccitano i motoneuroni.
Funzione: movimento volontario avvio dell'attività motoria semplice e complessa.
Il SMP, il più grosso contingente di fibre discendenti che partono dal V strato di M1, è chiamato così perché
passa dalla parte ventrale del bulbo, dove si trovano le cosiddette piramidi bulbari, e influenza sia i
motoneuroni che . Si divide in:
FASCIO CORTICO-SPINALE:
Il fascio piramidale cortico-spinale c ollega la corteccia cerebrale con il MS, controlla movimenti sia
distali che prossimali, ed è fondamentale per i movimenti fini.

PERCORSO:
1) Attraversa il tronco dell'encefalo, da cui l'80% si incrocia a livello della decussazione delle piramidi e
decorre poi nei cordoni dorsolaterali della sostanza bianca del MS, mentre il restante 20%
decorre ipsilateralmente nei cordoni anteriori del MS.
2) La porzione del fascio che origina dalla corteccia agranulare termina prevalentemente a livello della zona
intermedia del midollo (interneuroni), mentre il resto termina direttamente sui motoneuroni; la parte del
fascio che origina dalla corteccia parietale termina invece prevalentemente a livello delle corna dorsali del
MS (sui neuroni sensitivi).
- Contrazione del muscolo.

FASCIO CORTICO-BULBARE:
La componente cortico-bulbare della via piramidale determina il controllo corticale su parte dei movimenti

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del capo, sui movimenti facciali, su quelli masticatori e di parti interne della bocca. Le proiezioni
discendenti raggiungono la capsula interna (parte anteriore) poi, controlateralmente o bilateralmente,
raggiungono il tronco. Qui la componente cortico-bulbare si separa, andando a innervare i nuclei sensitivi e
motori dei nervi cranici e i nuclei gracile e cuneato, i quali determinano la contrazione dei muscoli
appropriati.

FASCIO CORTICO-PONTO-CEREBELLARE:
Oltre alle proiezioni cortico-spinali, il V strato della corteccia motoria ha proiezioni discendenti verso il
tronco encefalico, quali quelle corticorubre e corticoreticolari. A sua volta, queste regioni del tronco
influenzano il MS con i loro fasci discendenti (rubrospinali e reticolospinali).
La via corticorubra è a sua volta suddivisa in una componente magnocellulare, che termina nella regione
magnocellulare del nucleo rosso del mesencefalo (connessa al MS), e in una parvocellulare, che termina
nella porzione parvocellulare del nucleo rosso del mesencefalo (connessa col cervelletto).
Le proiezioni rubrospinali seguono lo stesso percorso della via piramidale, ma hanno minore capacità di
controllo motorio fine.
Mentre le proiezioni corticospinali possono nascere da M1 e da PM, le proiezioni corticoreticolari nascono
solo da PM. Le proiezioni reticolospinali controllano prevalentemente la muscolatura prossimale per il
mentenimento della postura; altre proiezioni della corteccia motoria raggiungono i gangli della base,
anch'essi coinvolti nel controllo motorio.

[La corteccia motoria riceve anche afferenze sottocorticali talamiche, di cui quelle specifiche, cioè
strettamente legate all'info motoria, provengono da alcuni nuclei che rimandano verso la corteccia le info
provenienti dal cervelletto e dai gangli della base.]

Lesioni:
In entrambi i casi è mantenuta la capacità di camminare, arrampicarsi, …

Corteccia motoria primaria (M1):


M1 occupa l'area 4 di Brodmann, situata nel giro precentrale del lobo frontale. Contiene cellule piramidali
giganti (di Beltz) ed è l'origine principale dei comandi motori volontari (neuroni di 1° ordine).
Anche in M1 si ritrova la rappresentazione somatotopica delle diverse parti del corpo ( homunculus
motorio), in cui l'estensione della rappresentazione di ciascun segmento corporeo dipende dal numero di
neuroni dedicati alla sua innervazione. Più piccole sono le unità motorie di un distretto corporeo, maggiore è
la sua rappresentazione corticale.

Come è stata scoperta? I primi studi elettrofisiologici di stimolazione elettrica su animali hanno consentito
di avere un'idea dei meccanismi con cui M1 controlla l'esecuzione del movimento:
M1 è organizzata in colonne: i movimenti sono controllati da popolazioni di neuroni corticali 1 neurone di
M1 controlla l'attività di molti muscoli. Il tipo di attivazione e i muscoli coinvolti dipendono dal tipo di

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compito (es. muscoli che contraggono le dita per afferrare una bottiglia). Neuroni della stessa colonna
influenzano muscoli comuni sinergici = muscoli che agiscono insieme, cooperando al movimento (es. per
afferrare una bottiglia il pollice può essere usato con l'indice). Un singolo muscolo può essere attivato da
colonne diverse, poiché un singolo muscolo può essere sinergico in una varietà di movimenti diversi.

Aree corticali motorie: tutti i movimenti volontari del corpo sono controllati dalla corteccia. Per realizzare
i movimenti diretti ad uno scopo M1 deve prima ricevere diversi tipi di info da altre aree corticali:
Aree premotorie (area 6):
Esse partecipano in modo diverso alla programmazione/esecuzione dei movimenti volontari: la loro
stimolazione produce movimenti più complessi rispetto a M1, anche bilaterali.

L'attivazione premotoria compare durante la preparazione di un movimento: neuroni diversi di PM


codificano per tipi di movimento diversi.

Connessioni parieto-frontali:
La programmazione/esecuzione del movimento richiede:
Alcuni neuroni premotori e parietali rispondono non solo all'esecuzione di un determinato movimento, ma
anche all'osservazione di quello stesso movimento = neuroni mirror. La loro proprietà fondamentale è la
congruenza tra risposta visiva e motoria, cioè tra atto motorio osservato ed eseguito; funzione principale è
quella di permettere di comprendere il significato degli atti motori svolti dagli altri. Nell'uomo, le aree che si
attivano all' attivazione di tali neuroni sono il lobulo parietale inferiore e la corteccia PM.

Lesioni:

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47. SISTEMA MOTORIO EXTRA-PIRAMIDALE


SISTEMA MOTORIO EXTRA-PIRAMIDALE:
Il termine “sistema motorio extra-piramidale” indica tutte quelle strutture del cervello e del tronco che
partecipano al controllo della funzione motoria, ma che non fanno parte del sistema piramidale direttamente;
esse sono: nuclei della base, FR, nuclei vestibolari, collicoli superiori e nucleo rosso. Nel s.m. extra-
piramidale quindi si possono includere le fibre discendenti dal nucleo rosso (via rubrospinale) e quelle
derivanti dal nucleo vestibolare (via vestibolospinale), dai collicoli superiori (via tettospinale) e dalla FR
(via reticolospinale).
Più in generale, il sis.m. extra-piramidale è l'insieme delle aree corticali, di nuclei e vie che contribuiscono
alla motilità, alla coordinazione dei movimenti e al mantenimento della postura e dell'equilibrio.

Nuclei della base:


Detti anche gangli della base, sono strutture sottocorticali la cui posizione e connessioni permettono di
influenzare comportamento motorio, emozioni e funzioni cognitive. Essi si trovano ventralmente
all'encefalo, circondato di sostanza bianca e sono nucleo caudato, putamen, globo pallido e nucleo
subtalamico (+ substantia nigra, che anatomicamente non è un ganglio e appartiene al sistema reticolare). In
particolare abbiamo:
In generale, possiamo iniziare a distinguere 2 circuiti principali dei gangli della base:
• Via diretta: mette in comunicazione lo striato con il globo pallido interno e il talamo, con funzione
eccitatoria in uscita sulla corteccia.
NELLO SPECIFICO: il nucleo ventrale laterale del talamo viene inibito perché l'inibizione tonica tiene a
bada il globo pallido interno (che in condizioni normali nel talamo è attivo). Quando la corteccia ha
programmato il movimento invia un impulso eccitatorio che attiva lo striato (putamen in particolare). Esso
inibisce il globo pallido interno; in questo modo si distrugge l'inibizione iniziale del nucleo ventrale-laterale
che viene eccitato (facilita l'inizio dei movimenti desiderati) RISULTATO: inibizione che disinibisce
(attiva) le proiezioni talamo-corticali.
• Via indiretta: conduce dallo striato al globo pallido esterno, al nucleo subtalamico, al globo pallido
interno e infine al talamo, con significato inibitorio sulla corteccia.
NELLO SPECIFICO: dalla corteccia parte l'info sul movimento, che va allo striato, che inibisce la parte
esterna de globo pallido, che porta a inibire il nucleo subtalamico. Si eccita così il globo pallido interno, che
inibisce ancora di più il talamo nessun segnale di via viene mandato alla corteccia supplementare motoria
(ASM - sopprime i comportamenti indesiderati) RISULTATO: prevede una doppia inibizione che attiva il
nucleo subtalamico, che eccita il segmento interno del pallido che può così esercitare la sua azione inibitoria
sulle proiezioni talamo-corticali.

Per mezzo dei nuclei efferenti, i nuclei della base innervano sostanzialmente 3 strutture, dimostrando così di
poter influenzare numerose vie neuronali e molteplici sistemi d'integrazione dell'info:

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1) NUCLEO STRIATO:
È la struttura afferente principale dei nuclei; riceve afferenze eccitatorie da molte aree corticali e dai nuclei
talamici; il suo nome è dovuto alla presenza di fibre assonali che gli fanno assumere un aspetto a strisce. È
situato nel prosencefalo e comprende nucleus accumbens (o striato ventrale), nucleo caudato e putamen. A
ciascuna di queste aree corrisponde una suddivisione funzionale del circuito basale-talamo-corticale; per
questo motivo, si distinguono 3 circuiti con caratteristiche comuni (originano da aree corticali accomunate
da funzioni molto simili, percorso attraverso specifici nuclei della base e nuclei del talamo, proiezione finale
ad aree del lobo frontale).
Essi sono:

GLOBO
PALLIDO:
È separato da fibre di passaggio in segmento interno (+ laterale) e segmento esterno (+ mediale). Entrambi
ricevono afferenze GABAergiche dai neuroni di proiezioni striatali. La via diretta striato-globo pallido
interno origina da neuroni di proiezione striatali contenenti GABA-sostanzaP; la via indiretta striato- globo
pallido esterno- nucleo subtalamico-globo pallido interno origina dai neuroni di proiezione striatali
contenenti GABA-encefalina.
Attivazione della via diretta: inibizione dei neuroni del globo pallido interno (normalmente attivi)
disinibizione dei nuclei talamici attivazione di neuroni corticali.
Attivazione della via indiretta: inibizione dei neuroni del globo pallido esterno inibizione del nucleo
subtalamico eccitazione globo pallido interno inibizione nuclei talamici inibizione della corteccia.

NUCLEO SUBTALAMICO:
Viene considerato parte integrante della via indiretta; riceve afferenze dal globo pallido esterno e dalla
corteccia cerebrale e invia output al globo pallido interno e alla pars reticulata della sostanza nera.

SOSTANZA NERA:
È composta da un gruppo compatto e uno diffuso di neuroni posti nel cuore del mesencefalo ventrale:
Vie discendenti:
Gli assoni delle vie reticolospinale pontina e bulbare, tettospinale (dal collicolo sup) e vestibolospinale
(dalla FR) controllano i motoneuroni della porzione ventromediale del MS: per questo motivo formano il
sistema mediale, segregato dal sistema laterale, formato dai fasci corticospinale e rubrospinale (dal nucleo
rosso).
Nello specifico:
Sistema mediale (racchiude tutte le altre vie discendenti motorie ed è filogeneticamente più antico; è
responsabile di riflessi, postura ed equilibrio):

• Via vestibolospinale: riceve info sull'equilibrio, sulle rotazioni della testa e sull'orientamento rispetto alla
gravità dai recettori dei canali semicircolari dell'orecchio interno (serve per mantenere postura ed

Fondamenti Anatomofisiologici dell'Attività Psichica Pagina 156 di 166


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equilibrio); le info provenienti da essi permettono di dare avvio a movimenti del corpo e della testa.
Proiezioni al MS sia bilaterali (mantengono la posizione relativa della testa e del tronco) che ipsilaterali
(facilitano muscoli estensori degli arti inferiori).

• Via tettospinale: riceve input diretti dalla retina, proiezioni dalla corteccia visiva e info uditive e
somatosensoriali; coordina i movimenti del capo e del tronco con movimenti oculari (mappa dell'ambiente
circostante). Proiezioni discendenti che decussano a livello del MS cervicale.

• Via reticolospinale pontina e bulbare: coordinano la loro attività ai fini di permettere la resistenza alla
gravità e il mantenimento della postura eretta, gestendo l'attività dei muscoli estensori e flessori delle
gambe. Regolano sia funzioni automatiche sia programmi motori per movimenti complessi comuni. La via
pontina decorre medialmente fino a MS (è una via facilitatoria che serve per mantenere la postura a fronte
della gravità e per regolare il tono muscolare), mentre quella bulbare decorre lateralmente con effetto
opposto (inibisce gli estensori e rilassa i muscoli antigravitari).

Sistema laterale (piramidale, comprende il tratto cortico-spinale e rubro-spinale; responsabile delle


componenti evolute e raffinate dell'attività motoria filogeneticamente recente):

• Via rubrospinale e corticospinale: la via rubrospinale collega la corteccia col nucleo rosso e quest'ultimo
al MS; controlla i movimenti di arti superiori e inferiori e dita. La via corticospinale controlla la muscolatura
prossimo-distale.

Sindromi extrapiramidali (disordini del tono, della postura e del movimento):


In tutti i casi la forza viene conservata e i movimenti volontari, seppure perturbati, possono essere realizzati.
3 modelli di spiegazione:
Una parte del carico del movimento è compito dei gangli della base, che proiettano al nucleo ventrale
laterale del talamo (pt. orale) e danno l'avvio alla corteccia motoria (M1) _ movimento. È un circuito a loop.

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48. CERVELLETTO
CERVELLETTO:
Informazioni da corteccia, tronco e MS; ritrasmette alla corteccia.
Funzioni: controllo del movimento (modula forza, ampiezza e precisione dei movimenti; ordina la
sequenza di contrazioni, coordina i movimenti; confronta il programma motorio con la sua esecuzione copia
efferente), apprendimento di programmi di abilità motoria, equilibrio.
Anatomia:
Il cervelletto è situato posteriormente all'encefalo, nella fossa cranica posteriore, che è delimitato da una
struttura membranosa detta tentorio.
È connesso al resto del SNC tramite 3 coppie di tratti di sostanza bianca, detti peduncoli cerebellari.
Il cervelletto non è una “stazione di passaggio” obbligata ai segnali, ma è come un circuito collaterale in cui
entrano vari tipi di info, che escono poi sotto forma di segnali nervosi.
La sostanza grigia del cervelletto è costituita da una corteccia cerebellare, con due emisferi (dx e sx) e il
verme, e dai nuclei cerebellari profondi: nuclei del fastigio, interposito (diviso in globoso e emboliforme)
e dentato. I segnali in ingresso si distribuiscono sia alla corteccia sia ai nuclei profondi; la corteccia
cerebellare manda segnali ai nuclei, da cui originano tutti i segnali in uscita.

Suddivisioni anatomofunzionali:

1. Neocerebellum o cerebrocerebello = input dalla corteccia cerebrale motoria tramite nuclei pontini
(nucleo dentato), output al talamo e da qui alla corteccia motoria e premotoria. Comprende la parte laterale
degli emisferi con proiezione al nucleo dentato. Oltre alle aree motorie e premotorie, possiede circuiti
connessi con le aree associative prefrontali, temporali, parietali e limbiche.
Funzione: pianificazione dei movimenti volontari, formazione di memorie e procedure.
2. Paleocerebellum o spinocerebello = input dal MS (vie spino-cerebellari), sensibilità propriocettiva e
cutanea (nuclei del fastigio e interposito). Output alla FR e al MS. Comprende le parti più mediali (verme +
pars intermedia degli emisferi) e ha come nuclei il nucleo del fastigio (verme) e il nucleo interposito (pars
intermedia).
Funzione: regolare il tono muscolare, la postura e i movimenti. I segnali in uscita dal verme giungono ai
neuroni vestibolospinali e reticolospinali situati nel tronco (movimenti tronco e occhi), mentre quelli dalla
pars intermedia regolano i movimenti fini delle parti distali degli arti.
3. Archicerebellum o vestibolocerebello (lobo flocculo-nodulare) = input e output dai nuclei vestibolari,
col fine di migliorarne le prestazioni nel controllo dell'equilibrio e nella stabilizzazione delle varie parti del
corpo. Non ha nuclei profondi, ma la sua corteccia proietta direttamente a gruppi di neuroni nei nuclei
vestibolari. I segnali in ingresso si sono arricchiti di info visive e propriocettive, che vengono elaborate dal
cervelletto per migliorare il controllo dell'equilibrio corporeo, la stabilizzazione della testa rispetto al corpo
e degli occhi rispetto al mondo esterno. Ha anche un ruolo chiave nella generazione dei comandi motori che
permettono di tenere fisso lo sguardo su un oggetto in movimento (movimenti oculari).

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Circuito cerebellare principale:


In generale i circuiti cerebellari sono fatti così: afferenza – cellula corticale di Purkinje – nucleo
profondo – efferenza (bersaglio).

Le afferenze al cervelletto terminano direttamente alla corteccia cerebellare (con collaterali ai nuclei
profondi); tutte le afferenze dalla corteccia passano ai nuclei profondi, tranne quelle ai nuclei vestibolari; il
controllo motorio esercitato dal cervelletto è prevalentemente ipsilaterale = una lesione cerebellare darà un
disturbo ipsilaterale (al contrario della lesione corticale).

Funzione generale del cervelletto:


Agisce sul controllo motorio dal cervelletto NON dipende tanto la capacità di compiere i movimenti,
quanto la capacità di compierli in modo corretto. Il cervelletto genera segnali in grado di correggere errori
nei movimenti, grazie a modelli interni. L'intervento regolatore avviene prima, durante o alla fine di ogni
movimento in modo da regolarne durata, ampiezza e gradualità. Esempio: controllo sui movimenti volontari:

• Input al cervelletto: dall'apparato propriocettivo muscolare (fascio spino-cerebellare) riceve l'info sulla
posizione che le diverse parti del corpo assumono istante per istante; dalla corteccia cerebrale (fascio
cortico-ponto-cerebellare) viene informato degli ordini motori.

• Azioni del cervelletto: confronto tra afferenze propriocettive e efferenze motorie (rilevazione degli errori
negli ordini); correzione degli errori in tempo reale con segnali inviati alla corteccia tramite la via
ascendente cerebello-talamo-corticale e al MS tramite le vie discendenti (cerebello-reticolo e cerebello-
vestibolo-spinali).

Questa correzione può avvenire grazie a particolari neuroni, divisi in 3 strati:


Le fibre nervose afferenti alla corteccia e ai nuclei profondi del cervelletto sono di 2 tipi:
Le FIBRE MUSCOIDI formano sinapsi nello strato dei granuli con i granuli stessi e con le cellule del Golgi.
Mentre queste ultime sono interneuroni inibitori che controllano la propagazione dei segnali all'interno dello
strato dei granuli, i granuli hanno un assone che attraversa lo strato delle cellule di Purkinje e si ramifica
nello strato molecolare, formano le fibre parallele. Queste sono glutammatergiche e formano sinapsi
eccitatorie con i dendriti delle cellule di Purkinje, che si trovano nello strato molecolare e sono innervati da
una sola fibra rampicante.
Nello strato molecolare ci sono anche interneuroni inibitori (cellule stellate e a canestro) che controllano la
distribuzione e temporizzazione dei segnali eccitatori.
La cellula di Purkinje genera spontaneamente PdA anche in assenza di input: le 100.000 sinapsi che riceve
dalle fibre parallele fanno aumentare la frequenza di scarica in modo graduato, a seconda della loro
frequenza e delle sommazioni spaziale e temporale, mentre quelle provenienti dagli interneuroni la fanno

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diminuire.

Al contrario, la FIBRA RAMPICANTE è una sola, ma è potentissima: produce una depolarizzazione


soprasoglia che genera da 3 a 5 PdA sovrapposti al PPS: questo tipo di segnale, tipico della cellula di
Purkinje,
è detto potenziale complesso, per distinguerlo da quelli “normali”, detti in questa cellula potenziali semplici.

L'unica via d'uscita dalla corteccia cerebellare è costituita dagli assoni delle cellule di Purkinje, che
proiettano ai nuclei profondi con sinapsi inibitorie GABAergiche l 'unico segnale in uscita dal cervelletto
è inibitorio e modula in modo preciso la continua scarica di PdA dei neuroni dei nuclei cerebellari profondi
miglioramento dei segnali motori, cognitivi, emotivi e sensoriali.

La proprietà fondamentale dei circuiti del cervelletto è la plasticità, che permette continui rimodellamenti e
aggiornamenti dei modelli interni, in modo da fornire segnali che evitino gli errori di esecuzione o che
migliorino le funzioni del SNC.

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Riassunto schematico delle cellule di Purkinje:

Il cervelletto nell'apprendimento motorio:


Il cervelletto svolge un ruolo nell'apprendimento di nuove capacità motorie: i segnali convogliati
modificherebbero, in periodi di tempo molto lunghi, le risposte dei neuroni di Purkinje. I circuiti cerebellari
vengono modificati con l'esperienza e queste modifiche sono importanti nell'apprendimento motorio.

Lesioni:
Le funzioni anticipatorie del cervelletto avvengono indipendentemente dalla coscienza: alcune funzioni
predittive sono svolte anche dalla corteccia cerebrale, ma il controllo cosciente richiede tempi molto lunghi
e inadeguati per il controllo motorio, come dimostrato dai deficit motori dei pazienti con lesione cerebellare.
Il cervelletto, quindi, grazie ai suoi modelli interni della realtà, prevede e genera segnali anticipatori, che
rendono il movimento fluido e perfetto, e lo fa in tempo reale grazie alla previsione, che gli consente di agire
con una precisione dell'ordine dei millisecondi.
La mancanza di tali aspetti anticipatori causa difetti di esecuzione anche in movimenti semplici (l'inizio del
movimento non è fluido, va oltre la posizione voluta, dura troppo, …); si genera quindi un'instabilità
costituita da oscillazioni, che vengono anche dette tremore intenzionale o d'azione = oscillazione ritmica
involontaria prodotta dalla contrazione alternata di agonisti ed antagonisti si verifica solo durante l'azione,
ma è assente a riposo; è maggiore nei movimenti diretti ad un bersaglio ed è più vistoso all'avvicinarsi
dell'arto al bersaglio.
Senza i segnali anticipatori tutti i movimenti possono andare in oscillazione, anche i riflessi. Altri sintomi
motori causati da lesione cerebellare sono:
NB: la lesione del cervelletto non causa danni alla contrazione muscolare.
Un soggetto normale è in grado di attuare la cosiddetta “correzione online” del movimento (vedi immagine
uomo che indica stimolo che si sposta), uno con lesione del cervelletto no. Anche l'etanolo inibisce il
cervelletto (cammino di chi ha lesioni è simile a quello di un ubriaco).

Ruolo del cervelletto in funzioni non motorie:


Il cervelletto si può anche suddividere in senso rostro-caudale in 10 lobuli: i lobuli da I a V costituiscono il
lobo anteriore (funzioni motorie), mentre quelli da VI a X quello posteriore (funzioni anche cognitive,
limbiche e sensoriali).

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49. IL CONTROLLO CHIMICO DEL COMPORTAMENTO


IL CONTROLLO CHIMICO DEL COMPORTAMENTO (cap. 17-18 vedi argomenti slides):
I sistemi motorio e sensoriale utilizzano sinapsi molto ampie che raggiungono sia aree cerebrali che aree
corporee periferiche tramite rilascio di NT specifici; tale interazione sinaptica è abbastanza semplice
(l'assone di ogni neurone connette con più neuroni) e precisa (si attivano determinati neuroni in specifiche
strutture) sinapsi molto controllata a livello di spazio e tempo e molto raffinata (si controlla selettivamente
per esempio la contrazione di determinati muscoli).

Ciò è l'opposto di quello che avviene in ipotalamo, SNA e sistemi modulatori diffusi, dove si hanno
connessioni diffuse, aspecifiche e con azione protratta.
L'ipotalamo è responsabile dell'attivazione del SNA (funzioni vegetative e automatiche); i sistemi
modulatori diffusi ( rivedi cap.3 sulle sinapsi chimiche) usano NT per attivare contemporaneamente più aree
cerebrali.

In generale…
Nello specifico…

IPOTALAMO:
Luogo: sopra il tronco encefalico, vicino al talamo dorsale, si sviluppa attorno al III ventricolo.
Funzione: l'ipotalamo è la struttura deputata al mantenimento dell'omeostasi dell'ambiente interno; integra
le risposte viscerali e somatiche conformemente alle necessità del SNC e gestisce funzioni vitali.

OMEOSTASI = insieme di processi dinamici che consentono agli organismi viventi di mantenere un
ambiente interno costante.
Il controllo dell'omeostasi corporea è mediato dalle connessioni tra l'ipotalamo e il sistema endocrino, il
SNA e, in generale, tutti i centri cerebrali implicati nei processi motivazionali (es. temperatura corporea, lo
stato energetico cellulare, la presenza e composizione dei liquidi corporei e del sangue, stato di fame e sete,
così come l'istinto alla riproduzione vengono costantemente monitorati; qualsiasi spinta che determina una
variazione della normalità viene prontamente fatta rientrare).
Il sistema di controllo omeostatico si basa sull'esistenza di una variabile di sistema che deve essere
mantenuta all'interno di un certo range di valori tale scopo viene raggiunto grazie a un sensore che la misura
e confronta con un riferimento: se il valore misurato cade fuori dal range viene generato un segnale di errore
che agisce retroattivamente (feedback) per riportare la variabile di sistema entro i limiti desiderati.

Anatomia: l'ipotalamo è composto da 3 zone funzionalmente distinte:


Ipofisi: come già accennato, l'ipotalamo agisce per mantenere l'equilibrio omeostatico, innescando,
mediante numerose afferenze ed efferenze, risposte umorali, attraverso il rilascio di ormoni a livello
ipofisario, risposte viscerali, attraverso il SNA, e risposte motorie, attraverso la generazione di

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comportamenti motori appropriati.
Per quanto concerne le risposte umorali, l'ipotalamo è collegato all'ipofisi (o ghiandola pituitaria, divisa in
lobo anteriore e posteriore) tramite un peduncolo, detto infundibulo. Grazie ad esso, l'ipotalamo regola ad
ampio raggio il sistema endocrino attraverso la secrezione di peptidi, che operano come trasduttori di
segnale (traducono il segnale elettrico del SN in uno ormonale comprensibile dal sistema endocrino).

I neuroni neuroendocrini sono localizzati nella zona periventricolare dell'ipotalamo e si distinguono in 2


tipi in base al loro meccanismo d'azione:

1. Neuroni magnocellulari: si trovano nei nuclei sopraottico e paraventricolare e liberano, dopo un PdA,
neurormoni (sostanze rilasciate nel sangue da neuroni) che, attraverso il peduncolo ipofisario, giungono all'
ipofisi posteriore o neuroipofisi, come la vasopressina (ormone antidiuretico ADH che regola la pressione
arteriosa, il volume e la concentrazione salina nel sangue) e l' ossitocina (controllo delle contrazioni durante
il parto, regolazione dei comportamenti sessuali ed eiezione del latte materno).

2. Neuroni parvocellulari: si trovano nel nucleo paraventricolare e il nucleo arcuato adiacenti al III
ventricolo e agiscono in modo più indiretto = rilasciano ormoni ipofisiotropici (quando c'è un PdA)
regolatori in un plesso di capillari, detto sistema portale ipotalamo- ipofisario, che li porta alle cellule
secretrici dell' ipofisi anteriore o adenoipofisi. Poiché i neuroni parvocellulari consentono il rilascio di altri
ormoni a livello dell'adenoipofisi, essi vengono chiamati ormoni liberanti o fattori di rilascio.
Esempio “regolazione delle ghiandole surrenali”: le ghiandole surrenali son divise in midollari del surrene e
corticali del surrene, che rilasciano cortisolo, un ormone dello stress che mobilita le riserve energetiche e
agisce sul sistema immunitario, permettendo di rispondere allo stress. I neuroni neurosecretori parvocellulari
stabiliscono se uno stimolo è stressante liberano l'ormone stimolante la secrezione di corticotropina (CRH)
nella circolazione portale liberazione di CRH o di ormone adenocorticotropo (ACTH) nella circolazione
generale rilascio del cortisolo dalla corticale del surrene.
I recettori posseduti dall'ipotalamo per misurare il livello di cortisolo sono presenti anche nel cervello
(preserva un livello ottimale di attività neurale).

CURIOSITA': vittime di eventi traumatici hanno una morte neurale a livello ipotalamico, dovuta a
un'eccessiva quantità di Ca++.

Ormoni dell'ipofisi anteriore: MSH (pelle), GH (ossa), TSH (tiroide), gonadotropine (spermatogenesi
e oogenesi), ADH (reni), prolattina e ossitocina (seno), ACTH (corticale del surrene).

Controllo di SNA: l'ipotalamo controlla il SNA esercitando un controllo discendente sui neuroni
autonomici nel MS e nel tronco, grazie alle sue connessioni con aree del sistema limbico, del talamo e della
neocorteccia (es. c. prefrontale, orbitofrontale, cingolo, ippocampo, amigdala, corteccia olfattiva, …).
Ciò è stato dimostrato in studi lesionali del gatto, la cui lesione ventro-mediale dell'ipotalamo provoca
iperfagia, mentre quella laterale provoca assenza di fame (deperimento). In modo analogo la stimolazione

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elettrica dei nuclei dorso-mediali e ventro-mediali provoca aggressività.
Una lunga serie di esperimenti ha dimostrato il ruolo fondamentale dell'ipotalamo nell'influenzare le risposte
del SN simpatico e nell'organizzazione delle risposte autonomiche, integrando le info provenienti da altre
regioni e coordinandole in un insieme appropriato di risposte vegetative, motorie ed endocrine.

SNA:
Dal sistema periferico… tutto il tessuto nervoso, escluso MS ed encefalo, prende il nome di SNP che, a sua
volta, è formato da sistema motorio somatico e SNA. Il primo ha struttura monosinaptica (unico
motoneurone con corpo nel tronco o nella sostanza grigia di MS e assone ramificato che innerva la
muscolatura scheletrica), mentre il secondo è un insieme di cellule e fibre che innervano gli organi interni e
le ghiandole responsabili delle funzioni vegetative.

Funzione: il SNA svolge funzioni multiple, diffuse, lente e senza controllo cosciente; insieme al sistema
endocrino svolge funzioni omeostatiche e allostatiche altamente coordinate. La sua attività principale si
esplica sia quando è a riposo, dove prevalgono la componente di rilassamento cardio-vascolare e la
digestione, sia in condizioni estreme di breve durata (es. pericolo). In quest'ultimo caso, SNA prepara o alla
fuga/immobilizzazione (se il pericolo è evitabile) o alla lotta per la sopravvivenza (se inevitabile).

Struttura: il SNA si divide in sistema simpatico e parasimpatico, che regolano in sensi opposti lo stesso
organo (uno lo eccita, l'altro lo inibisce) attraverso vie disinaptiche; in esse, un neurone pregangliare, situato
nel tronco o in MS, invia il segnale tramite il suo assone nel ganglio autonomo postgangliare, che non è altro
che un motoneurone inferiore che controlla i visceri (fuori da SNC).
Una delle differenze tra sistema simpatico e parasimpatico è che il neurone post-gangliare si trova in
posizione diversa, ricevendo un'eccitazione o inibizione. Il NT che regola tali sinapsi è l'ACh, mentre quello
che regola il rilascio del segnale dal neurone post-gangliare è NA (noradrenalina) per il s.simpatico e ACh
per quello parasimpatico.
Simpatico e parasimpatico regolano in maniera opposta gli organi: il simpatico ha i neuroni pre-gangliari
nella sostanza grigia intermedia laterale e quelli post- gangliari nei gangli della catena del simpatico (organi
viscerali o ghiandole o organi del volto) o nei gangli collaterali nella cavità addominale (si trovano a metà
tra gangli e organo attivato) NT: Ach e NA; il sistema parasimpatico ha i neuroni pre-gangliari nei nuclei
del tronco e del midollo sacrale, mentre quelli post-gangliari in prossimità degli organi bersaglio NT: ACh.

Riassunto differenze principali tra sistemi simpatico e parasimpatico:

Circuiti centrali di controllo del SNA: l'attivazione del SNA dipende dall'ipotalamo, connesso
direttamente ai neuroni pregangliari del SNA (zona periventricolare regola l'attività dei neuroni
pregrangliari, proiettando ai nuclei del tronco encefalico e del MS; agisce sul sistema endocrino, in
particolare la secrezione di ormoni influenza la funzione autonomica), e dal nucleo del tratto solitario
(riceve afferenze sensitive e viscerali che utilizza per modulare la funzione autonomica; ritrasmette le info ai
centri cerebrali superiori coordinando aggiustamenti omeostatici).

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S. MODULATORI DIFFUSI:
Diversi gruppi di neuroni hanno estese proiezioni assoniche divergenti, che raggiungono più aree, con
funzioni di regolazione diffusa dell'attività del SN attraverso estese connessioni e liberazione di NT.

Caratteristiche comuni:
Sono principalmente 4:
1. Sistema noradrenergico usa NA, secreta dai neuroni del locus coeruleus della FR, ha proiezioni verso le
strutture cerebellari e verso tutta la corteccia cerebrale, di cui modula l'attività; è importante per l'attivazione
dell'attività cerebrale, risponde in situazioni di vigilanza (es. stimolo sensoriale improvviso, non doloroso).
Funzione: aumentare la reattività cerebrale e rapidità dell'elaborazione sensoriale e motoria; attenzione, cicli
circadiani, apprendimento, memoria, ansia, umore.

2. Sistema serotoninergico usa serotonina, secreta nei nuclei del rafe del tronco, ha proiezioni a SNC e
MS; si attiva durante la veglia, quando siamo attivi. Funzione: controllo cicli sonno-veglia, dolore, tono
dell'umore e comportamento emotivo (la serotonina è implicata nella depressione e nei disturbi ossessivo-
compulsivi).

Locus coeruleus e nuclei del rafe formano la FR = sistema reticolare attivatore ascendente (verso la
corteccia cerebrale, con lo scopo di aumentare l'attività dei suoi neuroni). Lesioni in questo sistema porta a
uno stato soporifero (sono molto lenti nell'attivazione cerebrale), di assopimento.

3. Sistema dopaminergico usa dopamina, secreta dalla substantia nigra con proiezione allo striato, o
nell'area tegmentale ventrale che proietta a corteccia frontale e limbica = sistema dopaminergico meso-
cortico-limbico. Funzione: la substantia nigra facilita inizio del movimento (Parkinson), l'area tegmentale
ventrale porta gratificazione/sforzo (dipendenza da droghe e disturbi psichiatrici, tra cui schizofrenia e
depressione).

4. Sistema colinergico usa ACh, secreta dal complesso del prosencefalo basale, in particolare dai nuclei
settali mediali + nucleo basale di Meynert, con proiezione diffusa all'ippocampo e alla corteccia, e dal
complesso ponto-mesencefalico-tettale, che proietta alla corteccia e al talamo dorsale. Funzione: complesso
prosencefalo basale eccitabilità cerebrale, apprendimento e ricordi; complesso ponto-mesencefalico-tettale
regola la velocità della trasmissione sensoriale.

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50. Esempi domande per l'esame di fondamenti anatomofisiologici


dell'attività psichica
Esempi domande:

Quali delle seguenti caratteristiche non appartiene alle cellule gangliari magnocellulari?
I coni, rispetto ai bastoncelli:
Cellule gangliari centro-on hanno una risposta massima con:
Quali delle seguenti proprietà appartiene alla “via dorsale”:
Quale via visiva afferisce direttamente agli strati II e III?
Ciascun emisfero rappresenta solo i segnali provenienti da:
I primi neuroni binaurali compaiono:
La tonotopia dipende dalla disposizione:
Quali strutture vestibolari rispondono all'accelerazione angolare:
Su quale piano sono posizionate le macule utricolari:
Le prime strutture su cui agisce una variazione di accelerazione lineare del capo sono:
Quali recettori cutanei si attivano per il tatto discriminativo:
Le fibre che portano la sensibilità tattile si incrociano:
La trasduzione del dolore usa le fibre:
La spiacevolezza del dolore è elaborata da:
La via gustativa centrale comprende le seguenti stazioni:
Quale gusto avvia la depolarizzazione della cellula recettoriale gustativa inibendo i canali di K:
La proteina Golf è coinvolta nella trasduzione:
Il riflesso miotatico o di stiramento:
Quali delle seguenti cellule non sono presenti nella corteccia cerebellare:
Lo spinocerebello riceve afferenze da:
Quale non è un nucleo dei gangli della base:
Il legame fra miosina e actina che permette l'accorciamento del sarcomero è mediato dal:
Il cortisolo è rilasciato:

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Indice
1. RAPPORTO MENTE-CERVELLO, CENNI STORICI 1
2. LA STRUTTURA DEL NEURONE E DELLE CELLULE GLIALI 4
3. LA MEMBRANA DEL NEURONE A RIPOSO 9
4. IL POTENZIALE D’AZIONE 13
5. SINAPSI 16
6. MECCANISMI ALLA BASE DELLE SINAPSI CHIMICHE 20
7. INTEGRAZIONE SINAPTICA 22
8. I MESSAGGERI CHIMICI 24
9. NEUROTRASMETTITORI A PICCOLE MOLECOLE (ACh, monoamine, aminoacidi 25
10. ANATOMIA MACROSCOPICA DEL SISTEMA NERVOSO 29
11. MACROANATOMIA DEL SNP 32
12. RIPASSO DI NEUROBIOLOGIA 34
13. IL MIDOLLO SPINALE 37
14. IL TRONCO DELL'ENCEFALO 46
15. CERVELLETTO 50
16. DIENCEFALO 52
17. TELENCEFALO 55
18. Citoarchitettura 60
19. LOBI E SCISSURE 63
20. Suddivisione funzionale del telencefalo (aree) 66
21. CIRCOLAZIONE LIQUORALE e VASCOLARIZZAZIONE CEREBRALE 69
22. SISTEMI SENSORIALI 77
23. CAMPO RECETTIVO DEI NEURONI 80
24. SISTEMA SOMATOSENSORIALE 82
25. TRASMISSIONE CENTRALE DEI SEGNALI TATTILI E PROPRIOCETTIVI 88
26. SISTEMA NOCICETTIVO 93
27. Patologia della sensazione somatica 99
28. Patologia del dolore 100
29. Esame della sensibilità tattile e propriocettiva 101
30. Esame del dolore 102
31. SENSIBILITÀ TERMICA 103
32. IL SISTEMA VISIVO 105
33. Adattamento al buio e alla luce dell'occhio 110
34. Sistema visivo centrale 112
35. Corteccia visiva primaria 115
36. L'ipercolonna 118
37. UDITO 121
38. Trasmissione dell'informazione nelle vie acustiche 125
39. Corteccia uditiva primaria 127
40. SISTEMA VESTIBOLARE 129
41. I SENSI CHIMICI 134
42. OLFATTO 139
43. IL SISTEMA MOTORIO 142
44. IL SISTEMA MOTORIO SOMATICO 143
45. CONTROLLO SPINALE DEL MOVIMENTO 147
46. IL CONTROLLO CORTICALE DEL MOVIMENTO 152
47. SISTEMA MOTORIO EXTRA-PIRAMIDALE 155
48. CERVELLETTO 158
49. IL CONTROLLO CHIMICO DEL COMPORTAMENTO 162
50. Esempi domande per l'esame di fondamenti anatomofisiologici dell'attività psichica 166

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