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Capitolo 2

2.1 L’approccio neuroscientifico


L’obiettivo degli scienziati che si dedicano allo studio della
COSCIENZA da un punto di vista psicobiologico è quello di trovare
i NCC, i correlati neurali della coscienza.
In altre parole, l’obiettivo è quello di trovare delle proprietà della
cellula che correlino con le manifestazioni della coscienza.
Una delle caratteristiche del metodo scientifico è l’utilizzo di
esperimenti cosiddetti “di controllo”, così nell’approccio
scientifico allo studio della COSCIENZA il controllo più comune è
quello in cui la stimolazione o l’azione danno luogo a eventi non
coscienti.
Quindi, l’obiettivo è quello di confrontare l’attività neurale che in
un soggetto accompagna le esperienze coscienti evocate dallo
stimolo con l’attività neurale che, nello stesso soggetto, non
accompagna esperienze coscienti. Le differenze ci permetteranno
di trovare i differenti correlati neurali della coscienza, NCC.
In fine, l’obiettivo delle neuroscienze è quello di individuare il tipo
di attività neurale accompagnata da uno stato di coscienza e
qualche altro tipo di attività neurale che non è accompagnato da
nessun stato di coscienza.

2.2 Metodologie di studio della coscienza


L’EEG è lo strumento di elezione per lo studio della COSCIENZA, in
quanto è in grado di cogliere gli aspetti caratteristici di essa.
Infatti la COSCIENZA si basa su scale temporali molto piccole, che
vanno da poche decine a qualche centinaio di millisecondi e
quindi necessitano di tecniche di registrazione molto veloci
(appunto ad alta risoluzione temporale).
L’EEG registra direttamente l’attività elettrica del cervello, il che li
consente di avere una risoluzione temporale vicina al
millisecondo. Mentre la risonanza magnetica funzionale (fMRI)
funziona meglio per la risoluzione spaziale, perché è molto più
precisa.
Altre tecniche per studiare l’attività del cervello sono il vivo e in
vitro. Il problema della coscienza va studiata in vivo, anche se
risulta troppo invasiva. Infatti, studiare l’attività di singoli neuroni
o di piccoli gruppi di neuroni (metodologia chiamata Single Unit)
in vivo può richiedere la somministrazione di sostanze e
l’inserimento di elettrodi nel tessuto nervoso attraverso il cranio,
ma comunque è considerato il metodo più proficuo per lo studio
delle basi neurali della COSCIENZA. Per questi motivi, la tecnica è
utilizzata solo su animali, oppure su pazienti umani che hanno
elettrodi inseriti nel cervello per scopi terapeutici, ad esempio per
curare gravi forme di l’epilessia.
BENJAMIN LIBET è stato uno dei primi ad applicare questo tipo di
tecnica allo studio della COSCIENZA.
Il famoso esperimento in cui il soggetto doveva collocare, su un
orologio in movimento, l’istante in cui ha deciso di effettuare un
semplice atto motorio mentre veniva registrata la sua attività con
l’EEG, mostrò per la prima volta che l’attività neurale PRECEDE
non solo il movimento stesso ma anche l’intenzione di
effettuarlo. Questo risultato ha posto questioni profonde sul
libero arbitrio.
L’ipotesi del riferimento ritrorso (l’illusione del cutaneous rabbit):
Libet stipulò che esista un meccanismo neuronale che sposta
all’indietro la percezione cosciente di circa mezzo secondo, così
da far coincidere il percetto con l’effettivo istante in cui lo stimolo
è entrato in contatto con i nostri sensi.
Un’altra metodologia di studio dell’attività neurale è eseguita in
vitro. Danno meno problemi tecnici riguardanti in primis la
stabilità del preparato (in vivo si muove) e possono permettere
vere registrazioni intracellulari, con l’elettrodo inserito dentro il
citoplasma di un neurone. Le registrazioni in patch-clamp (simile
a quelle in vitro) consentono di studiare anche l’attività di singoli
canali ionici posti sulla membrana dei neuroni, oltre che le
registrazioni extracellulari.
Mentre le tecniche di registrazione non invasive sono:
- l’elettroencefalogramma (EEG)
- magnetoencefalografia (MEG)
- risonanza magnetica funzionale (fMRI)
- tomografia ad emissione di positroni (PET)
EEG e MEG alta risoluzione temporale, meno invasive in assoluto.
fMRI e PET hanno una risoluzione spaziale, cioè danno risoluzioni
piuttosto preciso dove si trova un’area cerebrale attiva. Si basano
sul riflesso neurovascolare, che è il processo che permette alle
aree cerebrali più attive di richiedere un maggiore apporto di
sostanze nutritive e di ossigeno dal sangue. Così le aree più attive
avranno a disposizione un aumento di flusso ematico nel loro
distretto. A bassa risoluzione temporale, oltre un secondo, in
quanto le variazioni del flusso sanguigno sono molto più lente
dell’attività elettromagnetica neurale (in scala di millisecondi).

2.3 Figure ambigue e rivalità binoculare


Le figure ambigue sono immagini fisicamente invarianti che
possono essere interpretate in più modi. Es. sono il vaso di Rubin,
la figura di coniglio-anatra o la vecchia-giovane. La percezione
delle figure ambigue è bistabile e non cambia durante la sua
presentazione, ma l’esperienza cosciente associata (cioè il quale)
alterna da una percezione all’altra.
La rivalità binoculare si verifica invece quando ai due occhi
vengono proiettati stimoli diversi tramite speciali occhiali con
proiettori. L’osservatore ne percepisce solo uno alla volta e la
percezione diviene bistabile, alternandosi tra i due stimoli a
intervalli irregolari. In questa condizione gli occhi trasmettono
informazioni contraddittorie al cervello, indicando la presenza di
due oggetti diversi situati nella stessa posizione spaziale allo
stesso tempo. Il fisico impossibilitato di percepire
contemporaneamente i due stimoli diversi è caratterizzato da
periodi alternati di dominio percettivo.
Per individuare l’attività neurale collegata ai diversi stimoli
presentati contemporaneamente ci serviremo del Frequency
Tagging. Questa tecnica va a marcare ogni stimolo con una
particolare frequenza di oscillazione (tremolii per la luce, vibrato
per il suono, vibrazione per il tatto). La frequenza viene poi
ritrovata con l’EEG o con la MEG all’interno del cervello.
2.4 Correlati neurali dei quali (un’esperienza cosciente
associata)
La definizione dei correlati neurali dei contenuti della COSCIENZA
(NCC) è la seguente:
i meccanismi neurali minimi che sono necessari o sufficienti per
produrre un’esperienza (un QUALE), in condizioni biologiche di
fondo costanti. Ovvero le condizioni che permettono alla
COSCIENZA di manifestarsi all’individuo, cioè il cuore deve
battere per poter fornire sangue ossigenato al cervello e diverse
condizioni interne al cervello devono essere soddisfatte, come
l’attività appropriata del talamo, della formazione reticolare e del
tronco dell’encefalo.
In sostanza ogni esperienza provata nel mondo avrà un NCC
associato: uno alla visione di un pino silvestre, uno al vedere una
pantera, uno al sentire un tocco sulle spalle, uno a percepire un
fruscio nell’erba e così via per i miliardi di miliardi esperienze
diverse che possiamo provare.
Teoricamente dovrebbe funzionare anche il contrario cioè
manipolando l’attività delle popolazioni neurali rilevanti tramite
stimolazione transcranica o con altri mezzi, si dovrebbe dare
origine alla percezione cosciente associata. Gli esperimenti del
neurochirurgo Wilder Penfield hanno dimostrato che è possibile
creare percezioni stimolando popolazioni neurali.
<<Fin ad ora non si sa molto come la coscienza si manifesti ma
possiamo dire che l’attenzione selettiva si è visto che sincronizza
con l’attività neuronale evocata nella corteccia visiva e in quella
somatosensoriale. Mentre il compito principale dell’attività delle
aree corticali superiori sembra quello di generare una
rappresentazione esplicita della scena che deve essere percepita.
Nelle scimmie invece, è stato dimostrato che l’ablazione di tutto il
lobo frontale, che non è un’area puramente visiva, porta a cecità
totale>>.
Il Binding problem, letteralmente “problema del legame”, indica
la questione di come migliaia di processi paralleli supportati
dall’attività elettrochimica di milioni di neuroni possono dare
luogo a un unico percetto cosciente. Può essere identificato con il
più generale “Hard problem of consciousness”.

2.5 Correlati neurali degli stati di coscienza


Sono i contenitori che permettono o meno l’esistenza dei
contenuti di COSCIENZA.
Ciò che costituiscono il correlato neurale degli stati di coscienza
sono le onde, o ritmi cerebrali, che come detto poco fa possono
essere considerati come dei contenitori che permettono oppure
no le singole esperienze coscienti, ossia i contenuti della
coscienza o quali.
Le onde sono il prodotto dell’attività spontanea del cervello, cioè
non legata a una particolare stimolazione sensoriale o
all’esecuzione di un compito.
I parametri che descrivono le onde sono 3: l’ampiezza, la
frequenza (o il suo inverso, la lunghezza d’onda), e la fase.
Di seguito sono descritti i ritmi cerebrali in un soggetto sano:
 le onde delta sono quelle di maggiore ampiezza (150 uV) e
minor frequenza (2 Hz) e sono tipiche degli stadi più
profondi del sonno;
 le onde theta hanno minore ampiezza (100 uV) e maggiore
frequenza (4 Hz) e sono tipiche degli stadi del sonno meno
profondi;
 le onde alpha hanno ancora minore ampiezza (50 uV) e
maggiore frequenza (10 Hz) e sono tipiche della veglia
rilassata, dell’inizio dell’addormentamento e del sonno REM
(le onde alpha sono meglio registrate ad occhi chiusi nelle
regioni posteriori della testa);
 le onde beta sono ancora meno ampie (15 uV) e hanno
ancora maggiore frequenza (20 Hz) e si registrano quando il
soggetto sveglio apre gli occhi e durante intensa attività
mentale;
 le onde gamma sono quelle di minor ampiezza e maggior
frequenza (sopra i 30 Hz) e la loro funzione non è ancora ben
nota.
Possiamo notare una relazione fra l’ampiezza delle onde
elettroencefalografiche e la possibilità di avere esperienze
coscienti. Infatti più la frequenza e alta e l’ampiezza è basse più
avremmo la possibilità di avere delle esperienze coscienti.

2.6 La coscienza nel sistema visivo


La COSCIENZA è stata appurata nell’occhio grazie a degli
esperimenti del neurologo britannico Lawrence Weiskrantz.
La ramificazione del tratto ottico punta verso il mesencefalo,
prima del talamo, e fa sinapsi nei collicoli superiori. Questa via
arcaica costituisce il substrato neurale della visione cieca
(blindsight), la convinzione di essere ciechi con la capacità,
automatica e inconsapevole, di effettuare compiti visivi di tipo
spaziale. Il nostro neurologo scoprì la visione cieca in pazienti con
lesioni alla corteccia visiva primaria che sostenevano di essere
completamente ciechi, anche sé messi in una stanza a camminare
sono in grado di evitare gli ostacoli, oppure di riuscire a
“indovinare” in quale direzione uno stimolo luminoso si
dileguava.
La spiegazione di questi comportamenti che avvengono senza un
vissuto dell’esperienza visiva (senza coscienza visiva) si basa sul
fatto che V1 (corteccia visiva primaria, corteccia striata o area 17
di Brodman) è lesa e quindi non è possibile il formarsi di una
COSCIENZA a partire da stimoli visivi esterni.
Il segnale della retina va perciò solo al mesencefalo, dove
l’attività neurale non ha le caratteristiche per diventare
cosciente.

2.7 Coscienza, memoria e attenzione


Gerald Edelman, premio Nobel per le scoperte effettuate nel
campo dell’immunologia, ha postulato che molti animali,
sicuramente mammiferi, uccelli, altri vertebrati e forse anche
alcuni cefalopodi, posseggono una coscienza primaria – il
“presente ricordato” – che è fortemente basato sulla memoria e
legato ai sistemi di valore dell’organismo.
<< Sistemi di valore si intendono quei sistemi neurali che
proiettano verso la corteccia dove influenzano l’efficacia di molte
sinapsi. Hanno un ruolo fondamentale nell’attribuzione di
salienza agli stimoli appetitivi in senso generale piuttosto che ad
altri e quindi nel selezionare alcuni comportamenti >>.
L’elemento fondamentale della coscienza primaria è la memoria a
breve termine che si basa, ovviamente, su precedenti esperienze
di categorizzazione ed è di tipo non rappresentazionale.
Viene così a cadere lo schema classico che vede la sequenza “dati
esterni, trasmissione afferente, archivio in memoria” a favore di
un processo circolare “di rientro” già a questo livello di
elaborazione precoce. La coscienza primaria lega
indissolubilmente la COSCIENZA dell’animale al presente (di qui
“presente ricordato”). Consente di scegliere la miglior risposta
disponibile all’individuo sulla base dei ricordi che sono collegati
alla scena sensoriale in cui è immerso in un preciso istante, ma
non li permette viaggi mentali espliciti nel passato o nel futuro.
Questo meccanismo consente una risposta migliore rispetto ad
una riposta automatica che non implica processi legati alla
COSCIENZA. Come esempi potremmo citare i comportamenti di
attacco o fuga dei rettili o di una vespa, più simili a risposte
riflesse, in confronto agli stessi comportamenti messi in atto da
mammiferi erbivori o predatori.
Mentre la coscienza secondaria o ordine superiore è legata al
possesso di un linguaggio, che consente all’animale (in questo
caso soprattutto al Sapiens) di sganciarsi, almeno in alcuni istanti,
dal presente e, grazie alla concettualizzazione di un asse
temporale che va dal passato al futuro, di ricordare
esplicitamente esperienze passate o immaginare e esperienze
future. Sempre in stretto contatto con la memoria, la coscienza di
ordine superiore consente esperienze nuove basate sul pensiero
che diventa esplicito appoggiandosi al linguaggio. Nascono così i
progetti futuri, i sentimenti e i risentimenti, il ragionamento
simbolico.
La ricerca recente in laboratorio ha mostrato che attenzione e
COSCIENZA sono fenomeni distinti che non devono per forza
verificarsi insieme e che possono essere manipolati
separatamente. Si può essere coscienti di un oggetto o cogliere il
significato di una scena percettiva in assenza di attenzione e al
contrario si può prestare attenzione su oggetti non visibili e al di
fuori della coscienza.
Uno dei ruoli principali dell’attenzione è quello di evitare un
sovraccarico informazionale del sistema-cervello limitando
l’elaborazione a quegli stimoli che sono considerati essenziali in
un dato contesto. Il resto degli stimoli che non sono considerati
essenziali vengono elaborati con una larghezza di banda ridotta o
in background.
L’attenzione può essere suddivisa in ESOGENA (bottom-up o
automatica) ed ENDOGENA (top-down o volontaria).
Un esempio di attenzione esogena è un oggetto in movimento
che entra nel campo visivo catturerà la nostra attenzione
automatica o bottom-up. Mentre l’attenzione endogena è invece
quella che si manifesta quando eseguiamo attivamente un
compito di ricerca di oggetti oppure quando cerchiamo di
ascoltare una conversazione in un ambiente rumoroso.

2.8 Pazienti split brain


Il cervello diviso consentì agli animali di memorizzare il doppio
delle informazioni rispetto a quando emisfero destro e sinistro
erano collegati. Gli esperimenti fatti su scimmie split brain hanno
mostrato come l’animale ha appreso due problemi nel tempo
che sarebbe stato necessario a una scimmia normale per
impararne uno, il che significa che gli emisferi non stavano
comunicando e che ognuno stava agendo come l’unico cervello.
Il fautore di questa scoperta è il neuropsicologo e neurobiologo
statunitense Roger Sperry, il quale i suoi esperimenti si basavano
sulla resezione del corpo calloso. Egli scoprì che se gli emisferi
non erano collegati funzionavano indipendentemente. Nel
sapiens Sperry scoprì che l’emisfero sinistro ha la piena capacità
del linguaggio mentre il destro solo in minima parte.
Infatti, in un esperimento su volontari umani split brain in cui
Sperry mostrò ai partecipanti una parola su un lato del punto
nero per meno di un secondo e chiese loro di dirgli ciò che
avevano visto. Quando i partecipanti hanno visto la parola con
l’occhio destro erano in grado di leggerla e ripeterla allo
sperimentatore, mentre quando hanno visto la parola con
l’occhio sinistro non erano in grado di ricordare quale parola ci
fosse affianco al punto nero.
Sperry concluse che nel cervello umano è presente una
Asimmetria Funzionale: l’emisfero sinistro era in grado di
riconoscere e articolare il linguaggio, mentre quello destro non lo
era.
Sperry quindi testò la funzionalità dell’emisfero destro e scoprì
che egli non era in grado di articolare le parole ma poteva solo
riconoscerle senza essere in grado di dire o sapere cosa fosse
(anche nel caso di oggetti: li riconosce ma non sa articolarli, cioè
non è in grado di essere cosciente di quello che ha in mano anche
se il suo cervello lo sappia). Si scoprì anche che se avesse
mostrato la parola nello stesso campo visivo due volte, la persona
l’avrebbe riconosciuta come una parola già vista.

2.9 Formazione reticolare e corteccia cerebrale


I correlati neurali degli stati di coscienza (il contenitore, mentre il
contenuto è ciò che si sta percependo in un dato momento),
l’attore principale è la formazione reticolare: un insieme di
neuroni che si estende dal mielencefalo al diencefalo passando
per il mesencefalo e il metencefalo (attraversa quindi tutto il
tronco dell’encefalo e oltre) con confini piuttosto poco definiti.
Il neurofisiologo Giuseppe Moruzzi che insieme ad altri ha
contribuito alla conoscenza della funzione della formazione
reticolare. Il ruolo di quest’area nella COSCIENZA è quello di un
interruttore che accende o spegne le aree soprastanti.
L’accensione e lo spegnimento possono avvenire a diversi gradi,
che corrispondono ai diversi stati di coscienza.
Queste conoscenze sono state acquisite grazie a esperimenti fatti
sul gatto in cui venivano effettuati tagli nel cervello a diversi
livelli:
 encéphale isolé: il taglio più caudale effettuato fra il bulbo e
il midollo spinale, lasciano l’encefalo integro ma staccandolo
dal corpo, non mostrava nessuna alterazione del ciclo
sonno-veglia e non alterava il sonno REM;
 un taglio superiore, a livello medio pontino, aboliva il sonno
REM senza alterare il ciclo sonno-veglia;
 cerveau isolé: è un taglio ancora più superiore, a livello del
mesencefalo fra i collicoli superiori e inferiori, in cui portava
l’animale in un sonno irreversibile (coma).
Questa ultima condizione impedisce la formazione reticolare di
“accendere” le aree superiori del cervello che così restano in una
situazione simile al coma.
In fine l’attività talamo-corticale, dal punto di vista dei correlati
neurali della coscienza (NCC), è sotto il controllo della
formazione reticolare, dalla quale dipende se il sistema
talamocorticale è o non è in grado di generare esperienze:
questo vuol dire che le esperienze coscienti, una volta che la
formazione reticolare “accende” le arre superiori,
dipendono dall’attività tra il talamo e la corteccia.
Il lobo frontale è in realtà solo il corollario per la COSCIENZA,
implicata in attività cognitive che richiamano molto lo studio sulla
COSICENZA, cioè quelle richieste dalla maggior parte dei compiti
sperimentali ai soggetti che partecipano agli esperimenti. Se si
disegnano esperimenti in cui le componenti corollarie sono
minimizzate (“NO REPORT PARADIGMS”) le aree la cui attività
risulta associata all’esperienza cosciente sembrano essere quelle
parietali posteriori in concerto con le cortecce sensoriali non
primarie.

2.10 Pazienti con severe alterazioni di coscienza


La condizione ideale per determinare la presenza o meno di
coscienza in un paziente è la comunicazione verbale che, quando
presente, consente di avere notizie chiare e immediate sullo stato
interiore del soggetto. In assenza della possibilità di comunicare
verbalmente, si possono utilizzare vari indici neurofisiologici quali
ad esempio la presenza del ritmo gamma o onda P300.
Per affrontare i problemi che sorgono nel determinare la
presenza o l’assenza di coscienza nei casi clinici più estremi è utile
distinguere le basi cerebrali della coscienza: quella fra stati di
coscienza e contenuti di coscienza.
LO STATO DI COSCIENZA si riferisce al livello generale di
attivazione del soggetto, al grado di vigilanza, al suo aspetto
visibile esteriormente, al comportamento, per cui è vigile il
soggetto che ha gli occhi aperti, ha un certo tono muscolare, e
appare pronto a interagire con l’ambiente. Corrisponde a
intervalli temporali più tosto lunghi, dall’ordine dei minuti a
quello delle ore.
IL CONTENUTO DI COSCIENZA invece si riferisce all’aspetto
soggettivo, ai quali, non direttamente accessibili dall’esterno, cioè
è ciò che il soggetto sta provando in un dato momento. Per
accedere al contenuto di coscienza altrui è necessario la
comunicazione verbale o in altra forma da parte del soggetto che
riferisce il contenuto della sua COSCIENZA. Corrisponde a
intervalli temporali brevi, da poche decine di millisecondi
all’ordine di grandezza dei minuti.

2.10.1 Coma
Il coma uno stato in cui sono completamente abolite sia la
vigilanza (gli stati di coscienza) che i contenuti della COSCIENZA
(i quali). Il paziente non può essere risvegliato dagli stimoli e le
pupille non reagiscono all’intensità della luce.
Tra le cause principali che possono portare al coma vi sono i
traumi cranici da impatto o altre lesioni dirette dell’encefalo (per
es. emorragia, tumore) che si dividono in quelle che colpiscono
direttamente il sistema reticolare attivante (come le emorragie
del tronco) e quelle che colpiscono gli emisferi (con riflessi
indiretti sul tronco encefalico, quali la compressione).
Altre cause sono le intossicazioni (da droghe o da farmaci), le
alterazioni del metabolismo dovute a insufficienza degli organi
principali (respiratoria, epatica, renale) che si ripercuotono
diffusamente sulle funzioni encefaliche, comprese le condizioni
ipo- e iperglicemiche.
Inoltre il coma può anche essere indotto artificialmente per
esigenze neurologiche.

2.10.2 Stato vegetativo


Nello stato vegetativo il paziente in alcuni frangenti può apparire
vigile e si muove, ma si ritiene privo di qualsiasi contenuto di
coscienza, cioè non prova nulla di quello che fa, né riguardo
l’interno del suo corpo né riguardo l’ambiente esterno.
È uno stato che segue sempre il coma con cui condivide sempre
le cause e si ritiene che se il paziente appare in stato vegetativo
subito dopo l’evento traumatico significa che il coma è durato
pochi istanti da non poter essere rivelato.
Generalmente è seguito da un miglioramento entro un mese e se
dura oltre si parla di stato vegetativo perenne.
Con il risveglio dal coma, nello stato vegetativo appare un ciclo
sonno-veglia non regolare e non sincronizzato con la luce
naturale o artificiale della stanza di degenza. L’esistenza del ciclo
sonno-veglia e l’assenza di contenuti di coscienza costituiscono
una dissociazione fra stato e contenuti di coscienza che è unica.
Il paziente in stato vegetativo:
 non ha schemi gestuali compiuti;
 non risponde in modo adeguato a nessuno stimolo, tranne
per quelli dolorosi a cui dà solo risposte riflesse;
 gli occhi non seguono gli oggetti in movimento;
 effettua movimenti del viso simili a smorfie a volte
accompagnati da emissioni vocali grezze;
 le pupille reagiscono agli stimoli luminosi;
 le funzioni del tronco encefalico sono attive almeno in parte;
 a volte recuperano il respiro autonomo e la deglutizione,
quindi non necessitano di supporti per la respirazione
artificiale,
 a volte recuperano la circolazione o il controllo della
temperatura corporea;
 necessitano sempre di alimentazione e idratazione artificiale
in totale dipendenza dal personale di cura.
A livello neurale si ritiene che la causa sia a carico delle aree
superiori (in genere quelle corticali) che non ricevono input
adeguati dalle aree sottostanti debilitate dal danno causato dal
trauma, che provoca anche una forte riduzione del metabolismo
cerebrale.
2.10.3 Sindrome locked-in
Fu descritta per la prima volta da Plum e Posner nel 1966.
Letteralmente sindrome del chiuso-dentro, può chiamarsi anche:
pseudocoma, stato deefferentato, sindrome pontina ventrale o
da disconnessione cerebro-medullospinale.
In questo stato, che è stato descritto come uno dei più tragici
(esclusi quelli con forte dolore cronico), il paziente è vigile e
cosciente, ha piena consapevolezza del sul stato, del suo corpo e
del suo ambiente circostante ma non può muoversi. Respira
autonomamente ma non parla e non mastica, non può effettuare
alcuna risposta motoria a causa della completa paralisi dei
muscoli di tutto il corpo, testa compresa. In alcuni pazienti non è
inibita la possibilità di sbattere le palpebre o di fare movimenti
oculari, che risultano essere gli unici mezzi per comunicare con
l’esterno sulla base di messaggi codificati. Nel caso non vi sia
neanche questa possibilità si parla di sindrome locked-in totale.
Le cause: la lesione del tronco encefalico a livello del ponte, che
permette il passaggio in uscita dei comandi efferenti necessari
per muovere il corpo. Mentre le funzioni superiori sono intatte,
ed è per questo motivo che il paziente ha uno stato cognitivo del
tutto sano.

2.10.4 Stato di coscienza minima


È una condizione clinica che generalmente segue lo stato
vegetativo in pazienti che mostrano piccoli o poco costanti segni
di ripresa. La diagnosi è che esiste una minima ma certa prova
comportamentale della COSCIENZA di sé o dell’ambiente.
I pazienti in questo stato possono:
 stabilire un contatto visivo con l’interlocutore;
 afferrare intenzionalmente gli oggetti;
 rispondere a comandi in modo stereotipato, ad esempio
possono rispondere a un comando verbale con la stessa
parola pronunciata dell’interlocutore.
È possibile che si verifichi periodi anche lunghi di veglia non
cosciente e periodi di coscienza sostenuta nei quali si possono
osservare una corretta localizzazione di stimoli dolorifici, uditivi, o
visivi, un corretto movimento in direzione e prensione di oggetti
in movimento. Possono essere presenti anche vocalizzazioni e
comportamenti legati alla sfera emotiva, quali il sorriso o il pianto
in base al contesto appropriato.
Come negli stati precedenti la durata di questo stato dipende da
quanto dura questo livello di coscienza: più dura e minore solo le
possibilità di recupero.
Il mutismo acinetico, considerata un sottotipo di stato di
coscienza minima, è una condizione molto rara in cui il paziente si
trova in uno stato in cui la consapevolezza è almeno in parte
conservata mentre i movimenti (linguaggio compreso) sono
molto rallentati, il paziente può muoversi ma sembra non volersi
muovere. In particolare si osserva una forte indifferenza
all’ambiente, distacco, apatia, estrema incapacità proattiva, e
totale assenza di intenzionalità. A differenza dello stato
vegetativo però, segue con gli occhi gli oggetti in movimento e le
persone a lui, ma presenta pochissime iniziative motorie e
verbali, espressioni facciali o gestuali. Questa condizione dipende
dalla lesione di vari aree del cervello.
AREA MEDIALE INFERIORE DEI LOBI FRONTALI
CORTECCIA CINGOLATA ANTERIORE
MESENCEFALO MEDIALE
DIENCEFALO BASALE
Sono di fondamentale importanza per:
 la valutazione degli stimoli;
 la presa di decisione;
 l’attenzione selettiva;
 la programmazione delle risposte motorie.

2.11 Il claustrum e le microcoscienze


Il claustrum è stato studiato soprattutto nel gatto ed è un’area
presente nell’encefalo di tutti i mammiferi che si trova sulla
superfice interna della neocorteccia, più specificatamente nella
regione della corteccia insulare subito sopra il putamen.
Presenta pochi tipi cellulari e non è organizzato a strati come la
corteccia.
Riceve input da quasi tutte le regioni corticali e riproietta a quasi
tutte, con connessioni principalmente ipsilaterali.
Nell’intricatissima neuroanatomia corticale, sembra esserci una
tendenza di ogni area della corteccia a proiettare al punto ad essa
più vicino del claustrum. Non è stata ancora trovata un’area
corticale che non sia connessa al clastrum. Anche alcune aree
sottocorticali come ippocampo, amigdala e caudato presentano
connessioni neuroanatomiche con il clastrum. Il fatto che ogni
parte della corteccia abbia un’area nel clastrum a cui proietta,
implica che nel clastrum c’è abbondante sovrapposizione di
mappe.
(la parte anteriore ha funzioni motorie e somatosensoriali, quella
posteriore è visiva e quella ventrale uditiva).
Il neuroscienziato Semir Zeki, invece, ha una visione un po'
diversa di come potrebbe emergere la COSCIENZA dall’attività del
cervello. Secondo lui la COSCIENZA non è solo un’unità integrata,
ma ci sono tante MICROCOSCIENZE che sono distribuite nel
tempo e nello spazio.
Queste sono organizzate secondo una gerarchia, in cui i livelli
principali sono:
 l’autocoscienza, ossia l’attività riflessiva del pensiero con cui
l’io diventa cosciente di sé
 la coscienza unificata;
 la macrocoscienza;
 la microcoscienza, quella che ontogeneticamente appare
per prima.
Quindi la percezione dà vita a microcoscienze percettive, in cui
ogni sito di processamento di un parametro dello stimolo è
anche la sede in cui quel parametro viene percepito
coscientemente.

2.12.1 Neonati
Il feto non è cosciente.
Il neonato sì, ma la sua COSCIENZA non è sviluppata come quella
dell’adulto. Si ritiene che la COSCIENZA che consideriamo
tipicamente umana possa avvenire solo diverse settimane dopo la
nascita, quando le connessioni talamocorticali mostrano un
livello di maturazione adeguato.

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