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Lezione 4 18/03/2024
Sbobinatori: Sala Alida, D’Agostino Cristina
Domanda: Può rispiegare il fenomeno dell’inibizione laterale?
L'inibizione laterale è un processo che permette di accentuare quella che è la percezione,
l'identificazione del punto esatto in cui è avvenuto lo stimolo.
Cosa succede? Quando si detecta uno stimolo, il neurone di primo ordine associato
a quel particolare campo ricettivo all'interno del quale cade lo stimolo viene attivato, il
recettore produce la depolarizzazione, il potenziale generatore, il potenziale d'azione.
Il neurone di primo ordine cosa fa?
Trasmette questo segnale a quello che abbiamo definito neurone di secondo ordine.
Ovviamente uno stimolo, specialmente se è particolarmente intenso, non attiva soltanto
quel preciso neurone che si trova proprio sotto il sito in cui è stato applicato lo stimolo, ma
può anche attivare dei campi recettivi limitrofi;
Questo cosa provocherebbe? Oltre all'attivazione di quella via iniziale, il neurone primario
che porta lo stimolo, il neurone secondario e anche le vie collegate a zone limitrofe a
quelle in cui è stato applicato effettivamente lo stimolo.
Quindi il neurone di primo ordine si attiva pure in queste vie, anche se più debolmente.
Quando l'informazione passa al neurone secondario, il neurone secondario che deriva dal
l'attivazione di quel neurone primario che è stato attivato più degli altri, oltre a trasmettere
l'informazione poi al neurone di terzo ordine, cosa fa? Inibisce l'informazione dei due
neuroni secondari delle regioni limitrofe, in questo modo si accentua quella che è la
capacità discriminativa dell'identificazione dello stimolo, la localizzazione spaziale de
llo stimolo.
costantemente questo neurone di secondo ordine; quindi non permette alla percezione
dolorifica di raggiungere la corteccia e non percepiamo coscientemente alcun dolore.
Quando mi pungo cosa succede? Che lo spillo attiva che cosa? Il neurone di primo ordine
della via nocicettiva.
Cosa va a fare questo neurone di primo ordine? Va ad attivare il neurone di secondo
ordine, ma per poterlo attivare deve contestualmente andare a inibire l'interneurone.
Quindi cosa succede? Si apre questo cancello di trasmissione della percezione
dolorifica che è inizialmente chiuso.
L'interneurone rappresenta il cancello che è chiuso quando noi non percepiamo dolore
perché rilascia questo modulatore inibitorio che induce una inibizione della via
dolorifica.
Quando invece è attivato il neurone di primo ordine dello stimolo nocicettivo, questo
stimolo nocicettivo viene veicolato al neurone di secondo ordine e contestualmente per
poter essere veicolato deve essere inibito l'interneurone.
Su questo interneurone agiscono anche le vie dei neuroni sensoriali provenienti dalla
percezione tattile.
Cosa succede quando noi urtiamo contro qualcosa, contro uno spigolo, il braccio, la
gamba? Nel momento in cui urtiamo lo stimolo meccanico particolarmente intenso attiva i
nocicettori e quindi percepiamo dolore. Se noi andiamo a massaggiare la zona che è stata
interessata a questa percezione di questo stimolo dolorifico, attiviamo oltre alle fibre
dolorifiche anche le fibre a delta.
Queste dove vanno ad agire? Sempre al livello del midollo spinale, però su quell'
interneurone andando a stimolarlo, a rilasciare il neurone inibitorio e quindi il risultato
è un processo di integrazione che avviene a livello del neurone secondario che ci fa
percepire quel dolore come meno intenso.
Poi è stato detto che ci sono anche delle aree che abbiamo definito transmodali, in cui
avviene l'integrazione di diverse informazioni e anche l'integrazione di queste informazioni
sensoriali con quelle che sono le informazioni che noi abbiamo appreso precedentement
e. Queste aree transmodali sono costituite dal lobo frontale e dal sistema limbico che
analizzano l'esperienza, cioè a che fare con la componente razionale e con le
motivazioni.
Questo vale un po' per tutti i sistemi sensoriali, abbiamo visto nello specifico quali sono le
aree sensoriali primarie nel sistema sonosensoriale, quali sono le aree associative e abbi
amo accennato a qualche funzione svolta da quest'area associativa, ad esempio l'area 5
e l'area 7.
Abbiamo iniziato a parlare poi del sistema visivo. Nel sistema visivo per il momento ci
eravamo limitati a coglierne la componente cognitiva perché abbiamo detto che oltre ad
essere percepiti, i vari stimoli devono anche essere interpretati da un punto di vista
cognitivo grazie a questa elaborazione successiva che lo stimolo ha in queste aree associ
ative ditipo unimodali, unimodali e soprattutto transmodali. Abbiamo
fatto qualche esempio che ha dimostrato come il sistema visivo più di tutti tiene conto
di questa percezione o elaborazione cosciente.
Abbiamo detto che quando noi elaboriamo un'immagine visiva, quando la nostra corteccia
elabora un'immagine visiva, non tiene conto del semplice stimolo della natura fisica, ma
tiene conto anche dell'esperienza passata, del contesto in cui è inserito quel determinato
oggetto che stiamo osservando.
Come fa il nostro sistema sensoriale visivo a percepire lo stimolo che nel caso specifico è
uno stimolo è un'onda elettromagnetica?
Abbiamo visto che la luce fa parte di queste onde elettromagnetiche; in particolare noi
siamo in grado di discriminare, il nostro organo di senso che è l'occhio, è in grado di
discriminare soltanto un piccolo range di queste onde elettromagnetiche presenti,
chiamata appunto luce visibile.
Come fa a detectare? Perché ovviamente esiste in questo sistema sensoriale un
particolare tipo di recettori sensibili a questo stimolo di natura luminosa e abbiamo visto
che questi recettori si trovano in una particolare membrana interna al nostro occhio
che prende il nome di retina.
La retina
La retina è composta da differenti strati cellulari. Nella porzione più interna del nostro
occhio noi troviamo i fotorecettori, che sono costituiti da coni e bastoncelli: sono
cellule che percepiscono lo stimolo luminoso. Dopodiché queste cellule passano poi
l'informazione alle cellule bipolari, ovvero interneuroni che mettono in comunicazione la
cellula recettoriale, sia un cono o un bastoncello, con quello che è il neurone di primo
ordine di questa via sensoriale, che è rappresentato dalle cellule gangliari.
Gli assoni dalle cellule gangliari infatti fuoriescono da un punto ben preciso del bulbo
oculare, formando quello che viene definito nervo ottico, che poi costituirà il neurone di
primo ordine della via visiva primaria.
Oltre a questi tre tipi di cellule sono presenti altre due categorie cellulari che sono le
cellule orizzontali e le cellule amacrine.
Le cellule orizzontali e le cellule amacrine hanno un'azione modulatoria nei confronti
della percezione degli stimoli rispettivamente da parte delle cellule bipolari e da parte dell
ecellule gangliari.
Ogni cellula bipolare è collegata con un recettore, però questa cellula bipolare non riceve
soltanto informazioni da questo singolo recettore con cui fa una sinapsi diretta, ma riceve
informazioni anche dai fotorecettori che si trovano nelle regioni limitrofe.
Queste informazioni arrivano attraverso i collegamenti con le cellule orizzontali,
che hanno collegamenti diffusi con un certo numero di cellule recettoriali, poi trasformano
questa informazione e la trasferiscono alla cellula bipolare, che quindi integra tutti questi
segnali e sulla base di questi processi di integrazione poi veicola un determinato segnale
alla cellula gangliare con cui si trova connessa.
A livello della cellula gangliare cosa succede?
Che le cellule amacrine vanno ad integrare i segnali di attivazione provenienti da più
cellule bipolari e agiscono a loro volta su diverse cellule gangliari.
Quindi le cellule orizzontali vanno ad elaborare il segnale che viene trasferito tra le
cellule recettoriali, bastoncelli e coni, e la cellula bipolare.
La cellula amacrina invece integra e modula le informazioni che arrivano alla cellula
gangliare.
Bastoncelli e coni
Sono dei fotorecettori,
sono delle cellule, quindi come tutte le cellule avranno il loro nucleo,
la loro porzione dendritica, che è la porzione recettoriale, è rappresentata da quello
che viene chiamato segmento esterno. All'interno di questo segmento esterno troviamo
delle proteine che sono in grado di rilevare il segnale luminoso, che nel caso dei
bastoncelli prende il nome di rodopsina, mentre nel caso dei coni ne esistono di tre
tipologie differenti ed ognuna è sensibile a diverse lunghezze d'onda, a un certo range
di lunghezze d'onda.
Un'altra caratteristica che distingue le varie porzioni della retina è che nella porzione
centrale il rapporto tra coni e cellula bipolare è di 1 a 1; questo comporta un
aumento di quella che è l'acuità visiva, ovvero la capacità di distinguere due stimoli
ravvicinati tra loro.
Questa regione centrale in cui abbiamo la più alta acuità visiva, la più alta sensibilità,
prende il nome di fovea ed è una regione che appare un po' più scura.
Quando noi guardiamo attraverso l'opportuna strumentazione il fondo oculare, oltre a
questa regione più scura che rappresenta la fovea, notiamo anche una macchiolina bianc
achiamata macula cieca. Che cos'è questa macula cieca? È il punto in cui non sono
presenti né coni né bastoncelli, ed è il punto da cui fuoriescono di fatto gli assoni delle
cellule gangliari.
Quindi in questa porzione della retina di fatto non viene percepito alcuno stimolo luminoso
.
Inoltre i recettori sono localizzati nello strato più profondo, quindi cosa succede?
Che la luce prima di andare a colpire questi recettori deve attraversare tutti i vari strati
cellulari che li precedono e questo potrebbe provocare un'attenuazione del segnale visivo
che raggiunge di fatto i fotocettori. Guardando l'immagine si vede che a livello della fovea
è come se queste cellule degli strati successivi, quindi cellule bipolari e cellule gangliari,
sono piegate ripiegate verso la porzione laterale della retina e questo contribuisce ancora
di più a rendere la fovea una regione in cui l'acuità di questo sistema visivo risulta essere
più elevata perché di fatto, non dovendo attraversare nessuno degli strati cellulari che
deve attraversare la periferia, il segnale non viene in qualche modo attenuato.
Cosa succede nel momento in cui la luce colpisce questi fotocettori?
Allora facciamo l'esempio della rodopsina. La rodopsina è quella che abbiamo visto
essere presente a livello dei bastoncelli, ma lo stesso meccanismo molecolare avviene a
nche nei coni; quello che cambia è la molecola sensibile di fatto allo stimolo luminoso che
nel caso dei bastoncelli prende il nome di retinale.
Questo retinale è associato a una proteina intrinseca di membrana chiamata opsina e
insieme formano la rodopsina.
Quando la luce colpisce il retinale cosa succede a questo elemento? Cambia la sua
conformazione e quindi si stacca dall'opsina; in questo modo cosa si causa?
L'attivazione di questo recettore a 7 eliche transmembrana accoppiato a proteina G,
l'attivazione della proteina G a cui è connessa, che prende il nome di transducina, che
va a attivare una fosfodiesterasi.
Essa riduce i livelli di GMP ciclico presenti all'interno di queste cellule;
la riduzione dei livelli di GMP ciclico cosa comporta? La chiusura di specifici canali per il
sodio che quindi non può più entrare all'interno di questa cellula e si induce quindi
una iperpolarizzazione. Tutto ciò in condizioni di luce.
In assenza di luce cosa succede? Che questa fosfodiesterasi è inattiva, quindi abbiamo
alti livelli di GMP ciclico, questi canali sono aperti e quindi la cellula risulta costantemente
depolarizzata e quindi in maniera tonica rilascia il suo neurotrasmettitore che nel caso
specifico è il glutammato. Cosa succede fondamentalmente? Quando la luce
colpisce di fatto questo recettore, il retinale, quello in
rosso nell’immagine, che prima è legato, si stacca
perché cambia conformazione, quindi perde affinità
per l'opsina.
Staccandosi si attiva quel meccanismo di trasduzione
del segnale che porta alla chiusura di questi canali
per il sodio.
Si ha un'iperpolarizzazione della cellula che da un
potenziale di membrana di meno 40 millivolt arriva a
un potenziale di membrana di meno 70 millivolt.
Questo comporta un minore rilascio di
neurotrasmettitore. Quando invece siamo in condizioni
di assenza di luce, di segnale minore, succede
che queste cellule rilasciano in maniera costante il glutammato.
Da chi viene percepito questo glutammato? Dalle cellule bipolari che in risposta al
glutammato si attivano o si inibiscono.
Tipologie di coni
Mentre di bastoncelli ne esistono soltanto di un tipo, di coni ne esistono tre diverse
tipologie che sono i coni di tipo S, di tipo M e di tipo L.
Quindi alla base della nostra visione ci sono queste quattro, comprese quelle
dei bastoncelli, molecole in grado di rilevare un certo range di lunghezze d'onda. Ciò
significa che non è selettivo soltanto per una lunghezza d'onda, ma viene attivato in
maniera preferenziale da una lunghezza d'onda.
Quindi per esempio, nel caso dei coni di tipo L,
vengono attivati preferenzialmente da luce a lunghezza d'onda di 564 nanometri, che
significa che stimoli anche di bassa intensità di quella lunghezza d'onda sono in grado di
attivarlo.
Via via che noi ci allontaniamo da questa lunghezza d'onda quindi scendiamo in valori più
alti o più bassi, però che rientrano sempre nella gamma di attivazione di questi recettori,
l'intensità dello stimolo che porta all'attivazione di questo particolare tipo di coni deve
essere sempre maggiore.
Come si vede anche dall’immagine, i vari spettri di assorbimento dei vari tipi di coni,
anche in parte del bastoncello,
soprattutto con i coni di tipo S, si sovrappongono tra di loro.
Quello che noi vediamo, i colori che noi riusciamo a percepire, le varie gradazioni dei vari
colori che noi di fatto siamo in grado di distinguere, derivano da una differente attivazione
di queste tipologie recettoriali.
Cosa succede nel caso in cui uno o più di questi coni è alterato da un punto di vista
genetico? Noi perdiamo la capacità di percepire un certo range di lunghezze d'onda e di
conseguenza abbiamo una visione alterata di quelli che sono i colori che noi attribuiamo
a un determinato oggetto della scena visiva che stiamo analizzando.
Nell’immagine sopra sono presenti alcuni esempi; nella prima foto è rappresentata
la visione normale e si può notare che il pullman appare di colore rosso.
In questo caso tutte le tre tipologie di coni sono attive per cui la luce che viene riflessa,
deviata, arriva comunque a livello dei nostri fotorecettori. Il mix di attivazione di questi
recettori porta a questo tipo di percezione visiva.
Nel caso in cui si abbia l'alterazione dei coni di tipo L, è una forma di daltonismo
che si chiama protanopia; in questo caso i coni di tipo L erano responsabili nella
percezione di queste lunghezze d'onde, alcune di queste lunghezze d'onde sono
percepite dai coni tipo M,
altre invece vengono praticamente perse e questo porta a non percepire per esempio più i
lpullman di colore rosso ma lo percepiamo di un altro colore.
La stessa cosa se cambiano, comunque vengono alterati coni di tipo M, in quel caso si
parla di deuteranopia o i coni di tipo S, in quel caso si parla di tritanopia.
Queste sono tutte forme di daltonismo.
Cellule bipolari
Come detto precedentemente, i fotocettori di fatto portano il segnale alle cellule bipolari
attraverso il rilascio o meno di glutammato. Il rilascio di glutammato può portare all'
attivazione o all'inibizione di determinate cellule bipolari.
Questo perché? Perchè esistono due tipi di cellule bipolari: le cellule bipolari di tipo ON,
che sono attivate dalla luce, mentre le cellule bipolari di tipo OFF vengono inattivate
dalla luce.
La singola cellula bipolare, oltre ad essere direttamente collegata con un particolare tipo d
ifotocettore, riceve informazioni da quelle che sono le cellule orizzontali, che prendono
informazioni direttamente da altri tipi di recettori localizzati nella porzione limitrofe.
Questo fotorecettore che è collegato direttamente alla cellula bipolare rappresenta il
centro del campo ricettivo di questa cellula bipolare, mentre gli stimoli provenienti dai
recettori limitrofi che arrivano alla cellula bipolare per mezzo delle cellule orizzontali
rappresentano la cosiddetta periferia del campo ricettivo.
I campi recettivi presenti a livello della retina delle cellule bipolari hanno due
caratteristiche: intanto sono concentrici e poi hanno un diverso grado di attivazione.
Ci sono cellule bipolari caratterizzate da un campo ricettivo a centro ON e periferia OFF
e cellule bipolari caratterizzate da un centro OFF e una periferia ON; ciò significa
che uno stimolo luminoso attiva la cellula bipolare quando colpisce, nel primo caso,
il centro del campo ricettivo. Se lo stimolo luminoso cade all'esterno di questo centro, cioè
nella periferia, in questo caso, non si produrrà alcuna attivazione della cellula bipolare.
Al contrario, quando la luce cade all'interno, cioè nel centro del campo ricettivo di una
cellula bipolare a centro OFF si inattiva, mentre se cade alla periferia si attiva.
All'interno di questo campo visivo è possibile poi distinguere quella che viene detta zona
binoculare dove di fatto ricadono tutte le informazioni che sono percepite da entrambi gli
occhi.
A causa dello sfasamento, a causa della distanza dei due bulbi oculari, ovviamente quello
che vede l'occhio destra e quello che vede l'occhio sinistro non è esattamente la stessa
immagine: una parte di questa immagine viene percepita sia dall'occhio destro che dall'oc
chio sinistro e ricade in quella porzione del campo visivo che viene chiamata zona
binoculare, a queste poi dobbiamo aggiungere il campo visivo proprio dell'occhio destro e
quello proprio dell'occhio sinistro, che viene percepito solo o dall'occhio destro o solo
dall'occhio sinistro. Il campo visivo totale è dato dall'insieme di questi tre campi.
Succede che il nervo ottico divide le informazioni provenienti dalla retina in due porzioni:
la porzione più prossima al naso prende il nome di emiretina nasale, mentre la porzione
più prossima all'osso temporale prende il nome di emiretina temporale.
Le informazioni provenienti dall’emiretina temporale quando arrivano al chiasma ottico
non decussano, rimangono fisse lateralmente, raggiungere il talamo e la corteccia
visiva.
Quelle provenienti dall'emiretina nasale invece a livello del chiasma ottico decussano e
quindi vanno a essere detectate dalla corteccia controlaterale.
Questo fa sì che l'occhio destro e l'occhio sinistro ricevevano esattamente la stessa
immagine di questa porzione della zona binoculare. Quindi alla nostra corteccia di fatto,
all'emisfero destro e all'emisfero sinistro arrivano due immagini identiche che poi vengono
fuse in una stessa immagine. Questa fusione avviene a livello corticale.
Non tutte le informazioni che provengono dalla retina arrivano al livello della corteccia
visiva e quindi ci permettono di fatto la semplice identificazione del campo visivo che
stiamo osservando; alcune di queste vanno a finire a livello ipotalamico e vedremo che
sono coinvolte nei meccanismi di regolazione dei ritmi circadiani, in modo particolare
nell'associazione dei periodi di veglia con la luce e dei periodi di buio con il sonno.
Altri raggiungono il pretetto e sono per esempio responsabili di quelli che sono i
movimenti riflessi come per esempio il processo della miosi ovvero il restringimento
pupillare in seguito a un'intensa stimolazione dei fotocettori: quando avviciniamo una
luce a uno dei due occhi, si restringe il calibro della pupilla perché i fotocettori vengono
stimolati ad alta intensità. Queste informazioni oltre ad arrivare alla corteccia visiva e
quindi permettono l'identificazione di determinati oggetti, di determinate porzioni del
campo visivo, raggiungono il pretetto, il nucleo pretettale; da qui parte un'azione riflessa
che induce un restringimento della pupilla. È un meccanismo protettivo che limita un'
elevata intensità luminosa che può andare a danneggiare in qualche modo i fotocettori
presenti all'interno della retina. Questo processo di restringimento pupillare dovuto alla co
ntrazione del muscolo ciliare interno prende il nome di miosi.
Il meccanismo opposto che è la dilatazione pupillare che avviene in condizioni di scarsa
luminosità prende invece il nome di midriasi.
Queste informazioni, oltre a raggiungere l'ipotalamo e il nucleo pretettale, possono
raggiungere anche la porzione del mesencefalo, il tetto del mesencefalo ed essere
coinvolti in quelli che sono i movimenti degli occhi e della testa finalizzati per esempio all'
indirizzamento della nostra fovea verso il punto che dobbiamo attenzionare. Quando noi
stiamo guardando qualcosa, uno stimolo luminoso che proviene per esempio dalla
porzione destra noi istintivamente ci giriamo e questo perché queste informazioni oltre ad
arrivare alla corteccia arrivano anche a questo nucleo tettale.
In ogni millimetro guardato alla corteccia visiva, la corteccia cos'è in grado di fare?
Intanto è possibile distinguere dalle zone delineate nell’immagine da linee più scure, nere,
che rappresentano porzioni che ricevono selettivamente informazioni provenienti o da un
occhio o dall'altro: vengono chiamate colonne di dominanza oculare, che si alternano le
une alle altre. I bordi neri nell’immagine formano delle strisce all'interno del modulo:
queste sono regioni che ricevono informazioni distinte, uno da un occhio destro e l'altro da
ll'occhio sinistro. All'interno di queste regioni troviamo delle linee verticali bianche: queste
linee verticali bianche delimitano di fatto porzioni, colonne di orientamento che ricevono
stimoli che differiscono tra di loro a livello del campo visivo di un piccolo range di
angolazione differente.
A loro volta all'interno di queste colonne è possibile distinguere delle regioni che
risultano da un punto di vista cromatico più scure. Sono quei famosi blob di cui si è
parlato prima: in queste porzioni vengono elaborate tutte le informazioni che hanno a che
fare con il colore di quel determinato oggetto che noi stiamo analizzando, mentre in tutte
le altre vengono analizzate tutte le altre informazioni che hanno a che fare con la
posizione piuttosto che con la forma.
Via dorsale e via ventrale
Che fanno queste informazioni? Siamo ancora a livello
della corteccia sensoriale primaria
e devono passare a quelle che sono le aree associative
unimodali e polimodali. L'informazione visiva, è stato
visto in questo passaggio in queste cortecce associative,
può essere distinta in una via che viene definita via
dorsale che si estende vedete al livello del lobo
parietale e una via chiamata via ventrale che invece
porta questa informazione a livello della porzione
infero-temporale.
Ciascuna di queste due vie è responsabile della collaborazione di informazioni differenti di
questa modalità sensoriale: la via dorsale è quella che ci dà informazioni riguardo la
localizzazione spaziale di un determinato oggetto della scena che stiamo analizzando,
mentre la via ventrale è quella che ci dà informazioni sulle caratteristiche di quel
determinato oggetto quindi la forma piuttosto che il colore.
SISTEMA UDITIVO
Per quanto riguarda il sistema uditivo ovviamente lo stimolo che viene percepito sono le
onde sonore.
Le onde sonore di fatto sono delle onde generate dalla vibrazione di un corpo che genera
appunto queste onde nell'aria; le vibrazioni dell'aria formano queste onde sonore che son
ocaratterizzate fondamentalmente da due caratteristiche che sono la lunghezza d'onda,
che è la distanza tra due creste o tra due gole di un'onda, e quella che è la frequenza.
Frequenza e lunghezza d'onda vengono trasformate in che cosa?
La frequenza dà un'indicazione per quanto riguarda l'altezza di un suono; quindi, suoni
ad alta frequenza sono suoni più alti, più acuti, mentre suoni a più bassa frequenza sono i
suoni più gravi
L'ampiezza invece dell'onda in quale caratteristica il sistema uditivo la identifica? Come
intensità.
Ovviamente poi il sistema uditivo è in grado di decifrare un certo timbro.
I suoni presenti in natura di fatto non sono delle onde pure, ma sono un insieme di un
certo numero di onde sonore, ciascuno caratterizzato da una determinata frequenza, da
una determinata lunghezza d'onda.
Questo mix di onde che arrivano all'interno del nostro orecchio, l’organo deputato alla
ricezione di questa modalità sensoriale, è formato quindi da quella che viene definita
frequenza fondamentale e da una serie di frequenze armoniche associate.
Questo è quello che ci permette di distinguere fondamentalmente le diverse voci che ci
distinguono l'uno dall'altro.
Altra caratteristica che detecta il sistema uditivo è la durata dello stimolo e la
localizzazione della sorgente sonora ovviamente, che a differenza dei sistemi sensoriali
di cui abbiamo parlato precedentemente, non dipende di fatto da un campo ricettivo a cui
è associato quel determinato stimolo ma viene discriminato in maniera totalmente
differente.
Anche qui ovviamente il nostro sistema sensoriale non è in grado di detectare tutte le vari
eonde sonore che si possono generare, ma solo quelle che hanno una frequenza compre
satra i 1.000 e i 30.000 Hz. Questo range viene chiamato range della percezione uditiva
.
L'intensità invece che noi siamo in grado di percepire si misura in decibel; anche qui il
nostro sistema uditivo ha una certa soglia minima di suoni, di intensità sonora, che è in gr
ado di detectare, e una soglia massima al di sopra del quale il suono, l'onda sonora, che
arriva a livello del nostro organo recettoriale può apportare dei danni: la soglia minima in
genere è di circa 5-10 decibel, mentre la soglia massima oltre la quale poi si percepisce
dolore, e questo può comportare il danneggiamento del sistema uditivo, è di circa 120
decibel
Per esempio la voce umana quando parliamo ad un tono pacato ha un'intensità di circa 6
0decibel, il traffico 75, il concerto rock di 110, mentre l’aereo in partenza raggiunge i 120
decibel.
A parità di intensità la soglia di percezione dei veri suoni viene comunque modificata sulla
base, oltre che dell'intensità, anche della frequenza. Quelli in cui si ha una percezione più
ottimale sono quelli come vedete qui che sono relativi all'intensità che corrisponde
appunto al tono della voce.
Orecchio
Dove sono localizzati i recettori che ci permettono di percepire queste onde sonore? Sono
localizzate ovviamente all'interno dell'orecchio che come sapete dal punto di vista
anatomico è distinto in una porzione esterna formata dal padiglione auricolare e dal
condotto uditivo esterno, una porzione media delimitata dalla membrana timpanica che
possiede tre ossicini che sono il mantello, il cudine e la staffa, che è a sua volta
connessa con quella che è definita finestra ovale. La finestra ovale segna, delimita, quell
o che è l'orecchio medio da quella porzione che viene definita orecchio interno.
Nell'orecchio interno noi troviamo sia le componenti che hanno a che fare con l'apparato
vestibolare, che è quello che ci permette di percepire il senso dell'equilibrio
e che ci dà informazioni sulla disposizione delle varie del nostro corpo in qualche modo, e
poi c'è la coclea,
che rappresenta invece la porzione dell'orecchio all'interno del quale è localizzato l'organo
recettoriale per questa modalità sensoriale. Cosa succede fondamentalmente?
Queste vibrazioni che generano nell'aria, che generano queste onde sonore, vengono con
vogliate attraverso il padiglione auricolare e il condotto uditivo esterno e vanno ad imp
attare su quella che è la membrana timpanica. Quando urtano contro la membrana timp
anica inducono delle vibrazioni di questa membrana timpanica, che poi si ripercuotono in
vibrazioni che vengono trasmesse da questi tre ossicini che compongono l'orecchio medi
o.Questi tre ossicini hanno una dimensione che è via
via decrescente e questo è funzionale al fatto che durante questo passaggio di informazio
ne da un ossicino all'altro si ha un'amplificazione di queste vibrazioni.
Queste vibrazioni vengono poi trasferite, attraverso la finestra ovale, alla coclea.
La coclea è formata da tre dotti, uno è il dotto vestibolare, l'altro è il dotto timpanico e
sono in continuità tra di loro e contengono un liquido chiamato perilinfa;
poi c'è un dotto interno chiamato dotto cocleare che contiene invece endolinfa, che è un
liquido particolarmente ricco di ioni potassio.
Cosa succede nel momento in cui queste vibrazioni arrivano al livello della finestra ovale?
Provocano un movimento della perilinfa; questo movimento della perilinfa induce l'attivazi
one dell'organo recettoriale dell'orecchio, presente all'interno del dotto cocleare, che pren
deil nome di organo del corti.
Organo del Corti
Questo organo del corti è composto da una membrana basilare all'interno della
quale troviamo le cellule ciliate.
Cellule ciliate esistono di due tipi, interne ed esterne: le cellule ciliate interne sono quelle
responsabili della detectazione proprio di questo stimolo sonoro, mentre le cellule ciliate e
sterne è stato visto che hanno una funzione di amplificare il segnale che arriva, e che port
a poi all'attivazione delle cellule ciliate interne.
Al di sopra di queste cellule ciliate troviamo quella che viene chiamata membrana tettori
ae queste cellule ciliate sono immerse in questo liquido che chiamiamo endolinfa.
A livello della coclea c'è sempre lo stesso discorso. Cosa succede? Che le varie porzioni
della coclea sono in grado di detectare diverse onde sonore.
In che cosa differivano le onde sonore? In base alla frequenza, in modo particolare a
causa praticamente della diversa elasticità che presenta la coclea nella porzione basale,
che è quella più prossima alla finestra orale, piuttosto che verso l'apice, è in grado di
discriminare via via suoni a frequenze sempre minori: quindi suoni ad alta frequenza
vengono percepiti da porzioni della coclea più vicine alla base, via via che questa
frequenza diminuisce viene percepito il suono da porzioni sempre più distanti.
La coclea in realtà è tutta arrotolata, nell’immagine è vista aperta per fare capire come
ogni punto di questa coclea di fatto è deputata alla percezione di un suono caratterizzato
da una diversa frequenza.
Quindi qua c'è già una discriminazione delle varie tipologie di suoni che noi siamo in grad
odi percepire sulla base della frequenza.
Quando questa cellula ciliata viene attivata cosa fa? Rilascia il neurotrasmettitore e
questo neurotrasmettitore induce l'attivazione del neurone di primo ordine; questo
neurone, attraverso quello che è il nervo cocleare, porta l'informazione a livello del
bulbo; poi contatta diversi nuclei come il nucleo olivare superiore, il nucleo del corpo
trapezoidale, passa per una serie di regioni di ritrasmissioni, arriva al collicolo inferiore
e quindi al talamo. Dal talamo poi questa informazione arriva al livello della corteccia
uditiva primaria, corteccia sensoriale di questa modalità sensoriale.
Sulla base dei nuclei che vengono contattati da queste informazioni provenienti dalla
coclea esistono diverse vie. Queste vie oltre a elaborare una ritrasmissione delle
informazioni, elaborano anche l'informazione, per esempio la via che parte poi dai nuclei
del corpo trapezoidale è fondamentale in quello che è la localizzazione della sorgente
sonora, perché questi neuroni che poi contattano il nucleo del corpo trapezoidale cosa
fanno?
Se il suono proviene dalla parte destra del nostro corpo questo succede, che attiva questi
nuclei trapezionali che vanno ad attivare la corteccia uditiva corrispondente posizionata
nell'emisfero destro e contemporaneamente a inibire quella posizionata nell'emisfero
sinistro; questo fa avere cognizione alla nostra corteccia di dove è localizzata la sorgente
sonora.
Ovviamente nel momento in cui arriva questa informazione a livello corticale, anche nella
corteccia si assiste a questa segregazione sulla base della frequenza dei vari suoni che
arrivano, che ripercorre quella che era la discriminazione tonotopica.
Quindi suoni con una certa frequenza arrivano in un determinato punto ben preciso della
corteccia uditiva primaria, che è localizzata al livello del lobo temporale e prende
il nome di area 41, corrispondente all'area 41 di Brodmann.
Anche in questo caso cosa succede? Dopo che il suono è stato identificato sulla base per
esempio della frequenza, passa a quelle che abbiamo definito aree associative.
Alla fine di questa discussione sui sistemi sensoriali, cosa abbiamo capito? Che noi
abbiamo diversi sistemi sensoriali all'interno del nostro corpo, ciascuno in grado di
detectare differenti tipologie di stimoli, sulla base della presenza di specifici recettori
localizzati in specifici organi di senso noi abbiamo parlato del sistema somatosensoriale
quindi vari recettori localizzati di fatto sulla pelle o negli organi interni, nei muscoli, nelle
articolazioni, raggiungono per mezzo del talamo una specifica porzione della corteccia ch
eabbiamo chiamato corteccia somatosensoriale primaria.
Abbiamo parlato della vista, i cui recettori sono localizzati al livello della retina, una
membrana interna del nostro occhio.
Le informazioni dove vanno a finire? Per mezzo del talamo vengono smistate alla
corteccia visiva primaria.
Abbiamo appena finito di parlare dell'udito, l'organo recettoriale dov'è localizzato?
Nell'orecchio interno, l'organo del corti; parte l’afferenza sensoriale che porta queste
informazioni attraverso il talamo e poi a quella che abbiamo definito corteccia uditiva
primaria, localizzata a livello temporale.
Esistono altri sistemi sensoriali presenti nel nostro corpo di cui però non parleremo, uno è
l'apparato vestibolare che come vi dicevo prima i recettori sono localizzati all'interno
sempre dell'orecchio interno con una serie di canali semicircolari e di organi sacculiformi
che contengono al loro interno specifici recettori in grado di darci informazioni dei
spostamenti di tratto del capo, in senso verticale oppure orizzontale (destra, sinistra, su,
giù)
Poi c'è l'organo del gusto, quindi da recettori sensoriali localizzati all'interno delle papille
gustative parte un segnale che attraverso il talamo raggiunge quella che è la corteccia
gustativa primaria, detta anche insula.
Infine c’è l’olfatto: dall'epitelio olfattivo presente all'interno delle cavità nasali parte
un'afferenza che, al contrario di tutte le altre, non passa dal talamo e raggiunge quella
che è definita corteccia olfattiva primaria.
Da tutte queste cortecce sensoriali primarie queste informazioni passano a quelle che
sono chiamate cortecce associative e quindi vengono integrate tra di loro: possono essere
memorizzate, possono essere utilizzate per attuare un determinato comportamento,
possono essere utilizzate per poter effettuare un determinato ragionamento.
Tutto questo finalizzato a permetterci un migliore adattamento con l'ambiente in cui ci
troviamo.
IL LINGUAGGIO
alcune delle informazioni provenienti dal sistema uditivo e dal sistema visivo in modo
particolare vanno a finire in alcune aree che sono responsabili dell'abilità che noi
possediamo di poter comunicare tra di noi attraverso quello che è il linguaggio. Di
linguaggi ne esistono di differenti tipologie, esistono linguaggi di tipo gestuali (quindi quelli
che si basano su determinati segni che stanno ad indicare determinati concetti, che
possono essere gesti fatti con una mano) oppure anche atteggiamenti posturali che noi
assumiamo possono in qualche modo comunicare all'interlocutore il nostro stato d'animo,
la nostra propensione ad interagire con
l'interlocutore o meno e così via. Esiste un
linguaggio di tipo iconico visivo che è quello
utilizzato attraverso i segnali stradali oppure
dalle pubblicità e poi esiste il cosiddetto
linguaggio verbale che è quello di cui
parleremo fondamentalmente. Nel linguaggio
verbale possono essere distinti vari aspetti:
un aspetto fonetico che riguarda la semplice
emissoria di aria che porta poi al processo
della fonazione e un aspetto fonologico che
invece ha la capacità di riconoscere,
distinguere e produrre dei suoni linguistici
diversi (ovviamente ogni lingua ha i suoi suoni
particolari, le sue lettere che poi messe insieme producono delle parole). A queste parole
poi noi associamo un determinato significato che rientra in quello che è l'aspetto
semantico del linguaggio e le mettiamo per comunicare un messaggio in rapporto le une
con le altre secondo determinate regole morfosintattiche proprie di quella lingua che
stiamo parlando, in questo caso rientriamo in quello che è aspetto sintattico del
linguaggio. Esiste poi un
aspetto pragmatico che
tiene conto invece di tutto
quello che ha a che fare con
la capacità di comprendere
significati, parole o frasi in
base al contesto in cui
vengono pronunciate. Una
stessa frase in contesti
differenti può assumere
significati differenti oppure
uno stesso numero di parole
(le stesse identiche parole
però distanziate tra di loro
attraverso delle virgole
possono assumere significati
differenti).
ESEMPIO→ se si legge una frase in cui c'è scritto ‘Luca, dice Marco, è stupido’. Chi è che
è stupido? Luca. se invece dico ‘Luca dice Marco è stupido’, chi è stupido? Marco. Sono
state usate le stesse parole nello stesso ordine, cos’è cambiato? le virgole inserite e
hanno fatto assumere quindi un'intonazione differente, (dall'intonazione vedremo che ci
sono delle aree) che è un'informazione che fa parte di quella che chiamiamo prosodia (è
un aspetto del linguaggio che è deputato all'attivazione di specifiche aree trattate in
seguito) ciascuno di questi aspetti del linguaggio viene elaborato in una parte ben
specifica della nostra corteccia cerebrale, quelli che più di tutti contribuirono a scoprire le
aree involte nella produzione del linguaggio furono Broca e Wernicke. Questi due
studiosi/medici si occuparono/avevano a che fare con persone affette da particolari deficit
del linguaggio, particolari afasie, soggetti che erano caratterizzati da particolari deficit del
linguaggio, che rientrano appunto in differenti tipi di afasia. In generale, i pazienti che
studiava Broca, erano tutti i pazienti che erano in grado perfettamente di comprendere il
linguaggio. Però era un linguaggio un po' fuori, avevano un linguaggio poco fluente,
avevano difficoltà a trovare la parola giusta per esprimere quello che volevano esprimere e
soprattutto si rendevano conto di questa loro problematica, erano frustrati, cadevano in
depressione ecc.
AREA DI BROCA
ai tempi di Broca non c'erano le comuni tecniche che ci sono ai giorni nostri che ci
permettono di valutare l'attività cerebrale; quindi Broca osservava questi difetti del
linguaggio dei suoi pazienti e poi post morte analizzava il loro cervello, rendendosi conto
che tutti i suoi pazienti che erano accomunati da questi deficit del linguaggio avevano delle
alterazioni che andavano a ricadere a livello di una porzione del lobo frontale che poi
venne soprannominata area di Broca. Successivamente è stato visto che questa area è
fondamentale per quello che è l'aspetto della produzione del linguaggio, l'ideazione del
programma motorio che io devo mettere in atto per poter veicolare un determinato
messaggio e che tiene conto di tutte le regole grammaticali proprie di quella lingua (quindi
dell'associazione delle parole per comporre una frase per poter veicolare un determinato
messaggio).
AREA DI WERNICKE
Al contrario Wernicke aveva a che fare con pazienti che non avevano nessuna
problematica dal punto di vista dell'eloquio, l'eloquio era molto fluente, solo che quello che
dicevano era privo di significato, a una domanda loro rispondevano con cose che non
avevano alcun senso per l'interlocutore. Quindi questi pazienti fondamentalmente avevano
un deficit riferito all'area semantica del linguaggio. Wernicke tramite studi sui cervelli
post morte, si accorse che in questi soggetti era alterata un'altra ragione corticale, questa
volta localizzata a livello del lobo temporale e che poi prende il nome di area di Wernicke.
Queste furono le prime due aree scoperte, oggi queste aree sono state ampliate grazie a
una serie di tecniche che permettono anche di valutare mentre il soggetto in vita se è
presente una determinata alterazione, quella determinata afasia (oltre all’afasia ci sono
anche le disartrie, ci sono tanti deficit del linguaggio). Quali sono queste tecniche?
queste due aree in maniera bidirezionale, mentre prima si pensava che le informazioni
passassero soltanto dall'area di Wernicke all'area di Broca, poi successivamente si è
scoperto che in realtà ci sono informazioni che in maniera retrogrado dall'area 45 ritornano
all'area 22 proprio al fine di migliorare questo processo di integrazione. Sempre a
proposito di afasia, un'alterazione del fascicolo arcuato sta alla base della cosiddetta
afasia di corruzione in cui non si riesce a mettere insieme il significato con le regole
morfosintattiche proprio di quella lingua. Oppure per esempio l'area 39 che abbiamo detto
che è un'area associativa in cui convergono sia stimoli visivi sia stimoli uditivi ma anche
stimoli tattili, è un'area che risulta essere alterata nei soggetti dislessici che hanno proprie
alterazioni soprattutto nell'associazione di quei grafemi che da un punto di vista fonologico
o anche grafico cambiano per la posizione, per l'orientamento nello spazio e sono simili tra
di loro. Si ha un'alterazione in questo processo di associazione che quindi può in qualche
modo rendere più difficoltosa la discriminazione magari tra due tipi di grafemi che sono
differenti e che non vengono percepiti come tali fondamentalmente.
Cosa succede quindi quando per esempio noi leggiamo? Quando leggiamo a voce alta
stimoli visivi provenienti dal libro che stiamo leggendo arrivano alla corteccia visiva
primaria dopodiché attraverso le aree associative arrivano all'area 39 e vengono associato
con quello che è un determinato suono, queste informazioni poi passano a livello dell'area
22 nel momento in cui le parole, (↓esempio della parola casa↓) passa a livello dell'area di
Wernicke quel semplice mettere insieme grafemi diversi se stiamo leggendo (o fonemi
diversi se stiamo ascoltando) si trasforma in parola. La parola poi, tramite le connessioni
che l'area di Wernicke ha con diverse aree corticali diversamente distribuite a livello
corticale sulla base della natura, viene associata un determinato significato (per esempio
alla parola casa io associo determinate caratteristiche visive). Si associa un particolare
odore, un particolare profumo e questo perché l'area di Wernicke è in grado di associare
quella parola tramite link attivazioni neuronali con specifiche aree in cui sono custodite
quelle informazioni, o associare una determinata emozione. Quindi esistono di fatto vari
contenitori semantici che vengono associati a quella determinata parola grazie all'area di
Wernicke. Mentre finora ci siamo occupati quindi di quello che è la comprensione del
linguaggio quando noi vogliamo pronunciare una determinata frase o un determinato
messaggio verbale queste informazioni passano al lobo frontale nell'area di Broca che
mette in atto quel piano motorio sulla base delle regole sintattiche della lingua che è mi-
idea il modo in cui quelle parole devono essere pronunciate, la conseguenzialità che
devono avere, (per esempio con la lingua italiana sappiamo che prima dobbiamo mettere il
soggetto, poi dobbiamo mettere il predicato e poi il complemento oggetto) questo
programma motorio per poi essere messo in atto viene mandato, come vi dicevo, all'area
4, che è l'area motoria primaria che va a contattare direttamente i muscoli che devono
essere attivati o rilasciati per poter produrre quel determinato suono e quindi ci permettono
di assumere una determinata informazione della bocca, della lingua e di tutti gli annessi
per poter pronunciare seguendo un certo ordine determinati suoni e quindi poter veicolare
un determinato messaggio. Quindi→ mentre l'area di Wernicke che tutte le aree, l'area 39,
sono associate a quella che è la comprensione, la semantica del linguaggio, l'area di
Broca, quindi il lobo frontale, cura più la produzione linguistica.
Come vi dicevo, poi sono state identificate altre aree, per esempio a livello della porzione
del lobo inferiore del lobo temporale, che
dovrebbe corrispondere all'area 20 di
Brodmann, sono stati identificati dei
serbatori che hanno a che fare con
l’immagazzinamento di informazioni
coinvolte nella denominazione di persone
piuttosto che di animali, piuttosto che di
terzi. Oppure altre aree che se mutate
portano un'alterazione a livello dell'eloquio
sono le aree premotori, in modo
particolare l'area motoria
supplementare che verrà trattata in
seguito con le aree motorie, il cui
danneggiamento porta a un arresto
dell'eloquio perché sono tutte aree
deputate alla messa in atto di quel piano
motorio, dato dall'area di Broca.
la prosodia non è altro che l'intonazione che noi diamo alla frase quando noi assumiamo
una certa intonazione nel pronunciare una frase oltre a fornire delle informazioni correlate
col significato, con l'ordine delle parole e quindi col messaggio che vogliamo veicolare
aggiungiamo delle informazioni in più, che possono riguardare l'aspetto emotivo
dell'interlocutore con cui stiamo interagendo, che possono farci capire il senso metaforico
per esempio di una frase. Sono tutte cose che se non vengono attivate queste aree
dell'emisfero destro o se vengono danneggiate queste aree dell'emisfero destro non sono
in grado di cogliere. La pragmatica è l'uso del linguaggio contestualizzato al luogo in cui si
viene a pronunciare quella determinata frase.
ESEMPIO: se io mi trovo in un ristorante e
parlo con il mio interlocutore gli dico ‘guarda
Luca sta facendo la scarpetta’, cosa si
capisce? cosa sta facendo Luca? sta un po'
bagnando il pane nel sughetto che gli era
rimasto nel piatto, se io mi trovo in un
negozio, in un calzolaio e da un calzolaio gli
dico, guarda sta facendo una scarpetta cosa
capite? che sta facendo da una scarpa
piccola, giusto?
è la stessa frase, in contesti differenti viene
ad assumere un significato differente, tutto
questo è possibile perché entra in campo un
altro aspetto del linguaggio che è la
pragmatica (simile al discorso precedente sulla separazione con le virgole o
dell'intonazione dell'aspetto prosodico) quindi fondamentalmente prosodia ci dà
informazioni riguardanti aspetti emozionali, tiene conto degli aspetti contestuali o aspetti
connotativi, cogliere l'aspetto metaforico di una frase. Tutto questo ovviamente viene
elaborato, abbiamo detto, dall'emisfero destro nell'emisfero destro a livello temporale ci
sono delle aree responsabili nella percezione, nel farci comprendere la prosodia mentre a
livello del lobo frontale, in una particolare porzione, troviamo delle aree che ci permettono
di produrre quella determinata intonazione, quella determinata prosodia appunto, metterla
in atto. È un po' come nel lobo sinistro, la porzione temporale è più associata alla
comprensione, mentre la porzione frontale alla produzione. L'emisfero destro si occupa
della prosodia, quindi la comprendiamo (l’informazione??) grazie all'attivazione di aree
localizzate a livello della porzione temporale dell'emisfero destro e la mettiamo in atto
grazie ad aree localizzate a livello del lobo frontale dell'emisfero destro.
Dominanza non vuol dire che i due emisferi sono indipendenti, significa
semplicemente che per il corretto funzionamento del linguaggio, in tutte le sue espressioni,
è necessario tanto l'emisfero sinistro perché ci permette di cogliere il significato, di mettere
in atto l'atto motorio specifico per poter produrre un determinato linguaggio, quanto
l'emisfero destro perché ci permette di cogliere degli aspetti altrettanto importanti per poter
comprendere o poter veicolare un determinato messaggio.
Il corretto funzionamento del linguaggio nelle sue varie espressioni, linguistiche e non,
necessita della collaborazione tra emisfero SN ed emisfero DX.
ATTENZIONE
Attraverso i sistemi sensoriali noi ogni istante veniamo bombardati da un numero
elevatissimo di stimoli sia visivi, uditivi (soprattutto), ma anche tattili però il nostro cervello
non è in grado di elaborarli tutti simultaneamente alcuni tra l'altro possono essere utili per
quello che stiamo svolgendo in quel determinato istante, quindi quello che deve essere
fatto è quello di effettuare una selezione dei vari stimoli che noi percepiamo al fine di
renderli utili per poterci permettere di mettere in atto un determinato comportamento e di
svolgere una determinata azione. Questo processo proprio che ci permette di selezionare
di fatto uno o più stimoli dall'ambiente o interno o esterno, di ignorarne di conseguenza
l'altro quantomeno di ignorarli momentaneamente, di dare una priorità fondamentalmente
a qegli stimoli che devono essere analizzati e attenzionati prima rispetto ad altri, prende il
nome appunto di attenzione.
L'attenzione questo processo di selezione di fatto permette che a livello della working
memory, della memoria di lavoro, (una memoria a brevissimo termine che aveva un
numero ristretto di informazioni che poteva elaborare). Attraverso questi processi attentivi
noi siamo in grado di poter in qualche modo creare la working memory, quindi fare arrivare
all'interno della working memory un numero adatto di informazioni che ci permettono di
svolgere un determinato compito o di effettuare un determinato ragionamento. Questo
processo di selezione avviene attraverso meccanismi di selezione competitiva che
possono essere messi in atto sulla base di controlli bottom up che tengono conto di fatto
della caratteristica dello stimolo che noi dobbiamo selezionare e che fungono da filtro di
salienza verso quelle informazioni che poi attraverso un processo di selezione competitiva
raggiungono la working memory e tramite anche meccanismi che poi dalla working
memory stessa agiscono sui sistemi sensoriali attraverso un controllo che viene chiamato
top down. Quindi il controllo bottom up è quello che va dal basso verso l'alto, al contrario
il controllo top down è quello messo in atto dalla working memory e che permette in
qualche modo di ridurre per esempio la soglia di attivazione dei sistemi sensoriali oppure
quello che ci permette di indirizzare il sistema sensoriale per renderlo più efficace nella
detectazione di determinati stimoli che ci servono per poter ottenere quelle informazioni
per svolgere quel determinato compito. Quindi dal mondo arrivano una serie di
informazioni, percepite attraverso i sistemi sensoriali che sulla base delle caratteristiche
intrinseche in queste informazioni, di fatto subiscono una selezione competitiva che
permettono di far accedere soltanto ad alcune di queste informazioni a quella che è la
memoria di lavoro.
I VARI TIPI DI ATTENZIONE
La memoria di lavoro le ottimizza per prendere decisioni, pianificare comportamenti e poi
al fine di migliorare le sue prestazioni attua un controllo di tipo top down sugli stessi
sistemi sensoriali in modo da ottimizzare questa selezione che si effettua sugli stimoli che
poi formeranno quelle informazioni selezionate che raggiungeranno la working memory
stessa. Attraverso questi processi di selezione noi siamo in grado di focalizzare il nostro
interesse verso l'elaborazione di un determinato numero di stimoli, quello che prende il
nome di attenzione selettiva, concentriamo la nostra percezione funzionale su un
determinato numero, una certa categoria di stimoli. Una particolare forma di attenzione
selettiva è l'attenzione focalizzata, che è un'ulteriore elaborazione dello stimolo
sezionato al fine di eseguire un determinato compito.
Ci possono essere situazioni in cui per poter svolgere un compito, effettuare un confronto,
un determinato ragionamento, noi dobbiamo ‘attenzionare’, quindi selezionare più stimoli
contemporaneamente, in quel caso parliamo di attenzione indivisa. Questi livelli di
attenzione, capacità di effettuare questa discriminazione di importanza tra i vari stimoli che
noi percepiamo può essere più o meno mantenuta nel tempo. L’attenzione sostenuta è
quell'attenzione che ci permette di selezionare quegli stimoli che ci permettono di svolgere
quel compito, la capacità che abbiamo di mantenere alta questa attenzione verso un
determinato compito dipende anche dalle caratteristiche intrinseche del compito e dagli
stimoli che vengono richiesti per poter svolgere quel determinato. Questi processi di
selezione, questi tipi di attenzioni possono avvenire attraverso questi tipi di selezione un
processo automatico oppure un processo volontario, volontariamente possiamo
concentrare i nostri circuiti di elaborazione delle nostre informazioni su un determinato
gruppo di informazioni per poter svolgere quel determinato compito. Per esempio ci
concentriamo sulla lettura del libro, che esclude il vedere tutto quello che sta succedendo
intorno a noi, stiamo focalizzando la nostra attenzione sulla percezione di quei determinati
stimoli che provengono da un punto ben preciso del campo visivo al fine di svolgere un
compito, ovvero leggere quel determinato libro.
In alcuni casi questi processi di selezione vengono in maniera automatica, influenzati
dall'intensità dello stimolo, gli stimoli più intensi sono, più catturano la nostra attenzione,
più diventano salienti, raggiungono quel grado di salienza che permette di oltrepassare
quella selezione competitiva e di arrivare alla memoria del lavoro. Anche la modalità con
cui viene presentato uno stimolo può influenzare. Con uno stimolo che si presenta con la
stessa intensità per un tempo eccessivamente prolungato non siamo in grado di
mantenere la nostra attenzione sostenuta verso quello stimolo, perde di attenzione, al
contrario stimoli che vengono presentati in maniera intermittente continuano a destare la
nostra attenzione, quindi abbiamo un'attenzione sostenuta verso quel determinato stimolo.
Oppure stimoli che hanno un contenuto emotivo particolare (per esempio la voce della
mamma nei confronti di un neonato rispetto alla voce di qualsiasi altra persona, dato che
loro attribuiscono a quella voce un determinato valore affettivo e quindi di conseguenza
sono in grado di attenzionarla maggiormente rispetto a tutti gli altri stimoli che possono
ricevere in quel momento). Anche la novità, più uno stimola è nuovo, più supera quel filtro
di salienza e accede alla nostra memoria di lavoro per poter essere utilizzato, appreso
oppure utilizzato per svolgere un particolare ragionamento o compito.
LE IPOTESI DI POSNER
Tutto questo può essere fatto perché vengono attivati determinati circuiti neuronali che si
trovano in porzioni differenti del nostro sistema nervoso centrale. In modo particolare
Posner ipotizzò tre diversi sistemi di attenzione presenti all'interno del nostro sistema
nervoso: Uno è costituito dal cosiddetto meccanismo di allerta che consiste in una forma
di attenzione generalizzata, quando viene attivato questo meccanismo di attenzione, noi
non abbiamo una preferenza di selezione verso un determinato stimolo con una
determinata caratteristica ma siamo pronti a percepire qualsiasi tipo di stimolo, qualsiasi
sia la sua natura (ovviamente prediligono sempre stimoli a maggiore intensità, che
vengono presentati in un certo modo, a cui associamo una componente emotiva
particolare). Per L'attivazione di questo tipo di sistema attentivo è necessario il
coinvolgimento di almeno uno di quei sistemi neuromodulatori trattati all'inizio, in modo
particolare è stato visto essere coinvolto il sistema noradrenergico (costituito dai neuroni
localizzati al livello del locus ceruleus che andavano a irradiare in maniera diffusa le varie
regioni della corteccia, attivando in maniera diffusa i circuiti che sono presenti in queste
diverse regioni corticali, abbassando la soglia di attivazione di questi circuiti e ci rendono
quindi responsivi a vari tipi di stimoli che in quel momento si possono presentare).
Altro tipo di sistema attentivo è il sistema dell'orientamento che media quel processo
attentivo che permette di selezionare uno stimolo tra differenti input che noi possiamo
recepire. Per quanto riguarda questo tipo di meccanismo attentivo, svolgono un ruolo di
particolare importanza la corteccia parietale, il collicolo superiore e il pulvinar. E infine c'è
l'attenzione esecutiva, per attenzione esecutiva si intende quel processo attentivo che
permette di risolvere eventuali incongruenze che si possono presentare quando si
analizzano due diversi stimoli. Nell’attenzione esecutiva sembrano essere coinvolte
principalmente la corteccia cingolata anteriore, la corteccia prefrontale e laterale.
Ci sono alcuni test che sono in grado di analizzare la bontà del funzionamento dei sistemi
attentivi. In modo particolare, per quanto riguarda l'orientamento, si utilizza ... E' il
paradigma del suggerimento spaziale, viene chiesto al soggetto di fissare il monitor posto
davanti a lui e di identificare in quale porzione dello schermo compare un determinato
oggetto, se compare nella porzione destra lui deve pigiare il tasto destro del mouse se è
su quello sinistro, il tasto sinistro. È stato visto che se prima di far comparire questo target
si dà un indizio (che può essere un indizio simbolico rappresentato da una freccia che
indica una determinata direzione o un indizio luminoso, viene illuminata una parte dello
schermo) il soggetto verrà orientato a detectare meglio, quindi sposterà la sua capacità di
selezionare gli stimoli molto più rapidamente e meglio, in quella parte di monitor, in cui il
suo sistema attentivo è stato indirizzato. Per cui i tempi di reazione e di esattezza nel
detectare un target che ricadeva nella porzione o che era stato illuminato o che
corrispondeva all'indicazione della freccia che era apparsa prima era molto più rapida
rispetto a quella della porzione opposta dello schermo.
L'attenzione esecutiva viene valutata normalmente con il metodo dello stroop test, che
valuta i possibili conflitti e incongruenze che ci possono essere nell'elaborazione
contestuale di un'informazione.
↓Esempio sotto↓
Viene chiesto al soggetto di nominare il più velocemente possibile il colore con cui sono
scritte queste parole. (*complimenti e applausi per Mauro*) Generalmente quello che si
osserva è che quando si pronunciano queste parole in cui non c'è nessuna incongruenza
tra quello che è il colore e il significato della parola la risposta è molto più veloce, mentre
quando il nostro sistema attentivo incontra un'incongruenza, elabora questa incongruenza
e quindi la risposta diventa un po' più lenta. In generale quindi l’attenzione esecutiva è in
grado di capire se ci sono delle incongruenze in quel tipo di informazione che si sta
elaborando. L'attenzione risulta essere molto più efficace quando gli stimoli sono
congruenti mentre risulta avere un ritardo quando sono incongruenti. Ovviamente per
quegli stimoli neutri ci sarebbe stata una risposta temporale che andava a metà tra quello
dello stimolo congruente e quello dello stimolo incongruente, l'associazione era di tipo
neutro perché l'aspetto semantico e il colore non erano correlati tra di loro.