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L’ALLENAMENTO IDEOMOTORIO

Di Roberto Biella
L’allenamento ideomotorio (o
visualizzazione) è una tecnica facente parte del
mental training (o allenamento mentale) di un
atleta, finalizzato all’apprendimento di un gesto
sportivo o al suo perfezionamento. Consiste nel
ripetersi mentalmente il gesto (senza cioè
eseguire realmente il movimento) – in
condizione di rilassamento e di concentrazione
– “percependosi” molto vividamente con
TUTTI i canali sensitivi: visivo interno, uditivo
(ritmico) e soprattutto cinestesico (vedi oltre).
Il principio su cui si basa è quello affermato da
un noto psicologo americano: "La mente non fa
differenza tra una esperienza realmente vissuta
e una immaginata molto vividamente". Tant’è
vero che nel sogno viviamo l’esperienza come reale pur non avendo alcuna stimolazione sensoriale,
cioè non vediamo realmente e non sentiamo con gli altri sensi alcunché eppure crediamo di vivere
realmente quell’esperienza. Il successo che nella nostra cultura ha il cinema e la televisione si basa
ancora su questo principio: ciò che vediamo suscita in noi sentimenti ed emozioni proprio come se
fossimo “in scena” ed è dunque fonte di piacere. Pur sapendo che si tratta di finzione, la nostra
mente si abbandona coscientemente all’illusione di vivere realmente l’esperienza scenica. Anche il
piacere di leggere un libro, pur con il passaggio della codifica dal verbale-scritto all’immaginato, si
basa sullo stesso principio: immaginare molto vividamente una cosa è come viverla realmente.
L’allenamento ideomotorio dunque, con le sue ripetizioni mentali immaginate, è un’esperienza
altrettanto utile che la pratica stessa1 e migliora l’apprendimento e il perfezionamento di un gesto
motorio.
Quando immaginiamo di compiere un certo gesto, inconsciamente i muscoli deputati a quel gesto
aumentano il loro tono muscolare (stato di leggera contrazione a riposo determinato dal sistema
nevoso centrale) dimostrando come ci sia una preattivazione nervosa solo “pensando” al
movimento. Tant’è che negli stati emotivi il tono muscolare generale aumenta (sensazione di
pericolo, paura, lotta, oppure euforia ecc) o diminuisce (sensazione di abbandono, rilassamento,
depressione). L’aumento del tono muscolare ha la funzione di pre-attivare la contrazione per essere
pronti all’azione. La diminuzione del tono muscolare nei momenti di rilassamento svolge il compito
di risparmio energetico e di silenziare le sensazioni provenienti dal corpo per porre maggiore
attenzione agli stimoli esterni o al lavoro mentale (es. nella meditazione contemplativa).
Ma come si realizza l’apprendimento di un gesto complesso? Gli impulsi nervosi che circolano nel
nostro cervello quando viviamo una esperienza motoria (ma non solo motoria) determinano una
sorta di traccia del percorso tra le cellule cerebrali che ne facilitano un successivo passaggio
determinando quello che chiamiamo apprendimento. Il meccanismo è il seguente. Quando un
segnale passa attraverso delle connessioni (sinapsi) tra un particolare gruppo di cellule nervose,
esso lascia in qualche modo una traccia in tali connessioni in modo che il passaggio in tempi
successivi attraverso le stesse sinapsi sia facilitato.

Terminazione sinaptica
1
Ciò non deve essere però travisato: fondamentale è la pratica dell’esercizio; la mancanza di questa rende nulle le
possibilità di miglioramento dell’allenamento ideomotorio che deve essere visto come mezzo integrativo (per il
perfezionamento) e aggiuntivo all’esercizio pratico. Infatti l’allenamento ideomotorio si focalizza soprattutto
sull’aspetto cinestesico (vedi più avanti) che si sviluppa solamente con la pratica. Dunque memorizzare un gesto molto
complesso che non si sa eseguire e ripeterlo mentalmente senza avere fatto nessuna esperienza pratica simile ha
pochissima influenza sull’apprendimento.
Cellula nervosa

Foto 1 neuroni connessi

Foto 2 collegamenti cerebrali

Pertanto, quando nel cervello prende il via un certo programma d'azione (o anche un pensiero) esso
lascia una traccia nelle sinapsi utilizzate e ciò rende più facile il richiamo dello stesso programma (o
pensiero) in un momento successivo. Questa traccia nelle connessioni tra cellule nervose sembra
essere influenzata dalla quantità di passaggi dello stimolo nervoso che determina lo sviluppo
(trofismo) dei neuroni dei dendriti, degli assoni e delle sinapsi utilizzati. Quindi questo fa
comprendere la funzione dell'esercizio e della ripetizione nell'apprendimento in genere. Quelli che
inizialmente erano sentieri, con l’esercizio diventano delle autostrade.
Perciò se ci ripetiamo mentalmente delle azioni (visualizzazione) è come se le facessimo veramente
e quindi è come se ci allenassimo. Per cui possiamo aumentare notevolmente il carico di esercizio
per l'apprendimento di un gesto, visualizzando mentalmente le azioni che dobbiamo fare nel
compierlo.
Ma ci sono delle condizioni affinché l'allenamento ideomotorio sia veramente efficace e
produttivo:
1. bisogna sapersi concentrare
2. bisogna avere una certa esperienza motoria realmente vissuta (anche di diverso genere
rispetto al gesto da apprendere ma che abbia un carattere di similitudine - es. bracciata
nel nuoto azione del braccio nella schiacciata di pallavolo)
3. la visualizzazione deve essere molto vivida cioè ricchissima di sensazioni non solo
visive ma anche muscolo-articolari, uditive, tattili, organiche (interiorizzazione).
4. Ci deve essere ripetizione.
Infatti la capacità di “lavorare con le immagini della mente” richiede una certa capacità di saper
dirigere l’attenzione e non farla fuggire in pensieri secondari e non necessari. Inoltre non si può
imparare una cosa se non si ha fatto mai movimento giacché la visualizzazione sarebbe molto
povera di sensazioni specifiche (scarsa sensibilizzazione) e quindi l'allenamento ideomotorio non
funzionerebbe. Inoltre la visualizzazione deve essere molto ricca di particolari (interiorizzazione)
altrimenti sarebbe troppo superficiale e non innescherebbe quei passaggi neuronali necessari a
determinare l'apprendimento. La ripetizione ha parimenti importanza: non si può visualizzare una
certa cosa una volta ogni tanto e pretendere di imparare! I sentieri neuronali si allargano man mano
che si continuano a calpestarli.
La visualizzazione non è la ripetizione di parole o frasi, ma è l’utilizzo di rappresentazioni mentali;
non deve essere rapida e superficiale. La sua efficacia è potente solo se è molto vivida.
L’evoluzione dell’uomo dal regno animale è dovuta proprio a questa capacità della razza umana di
lavorare con le immagini2. Capacità determinata dallo sviluppo del sistema nervoso centrale, e in
particolare della corteccia cerebrale frontale, la dove ha sede l’attività immaginativa. Le capacità
2
Qui al termine “immagine” si da un significato ampio e non solo in senso “visivo”. Si può infatti avere un ”immagine”
di un suono o di una qualsiasi altra sensazione intesa come rappresentazione mentale della sensazione stessa senza che
nulla giunga hai nostri organi di senso.
intellettive dell’uomo hanno determinato la possibilità di modificare l’ambiente in cui vive anziché
subirlo, costruendo attrezzi e oggetti. Tale possibilità si deve al fatto che l’uomo costruisce nella
propria mente prima che materialmente. È la facoltà di anticipare le azioni e dunque di
programmare che determina le facoltà operatorie mentali che sottendono la capacità di progettare
prima ancora che costruire oggetti. Tutto ciò è permesso anche dalla grande sensibilità e operatività
della mano, che si è liberata dal dover essere una “zampa” necessaria per appendersi, quando
l’ambiente è mutato da foresta a savana costringendo i nostri progenitori primati a scendere dagli
alberi e a conquistare la stazione eretta e il cammino. La grande possibilità manipolativa della mano
ha permesso ai nostri progenitori di costruire con le mani e nel contempo a sviluppare le nostre
facoltà intellettive, determinando appunto la capacità di immaginare azioni prima di compierle
secondo uno schema di pensiero ipotetico-deduttivo (“Se faccio così forse posso ottenere questo
risultato”) che caratterizza le azioni di causa-effetto e obiettivo-mezzo per ottenerlo.

I CANALI PERCETTIVI CINESTESICI


La possibilità di rendere l’allenamento ideomotorio così efficace nell’apprendimento e nel
perfezionamento di un gesto sportivo non sta tanto nel visualizzare il movimento stesso, quanto di
“sentirlo” con tutti i sensi (canali percettivi). Sono infatti le informazioni che ci giungono dalla
sensibilità dei muscoli e tendini, delle articolazioni, della pelle (se abbiamo dei contatti con un
attrezzo, il suolo, o un avversario) e dal ”senso dell’equilibrio” (vestibolari) mentre compiamo il
gesto stesso che fungono da segnali che guidano finemente il controllo nervoso per l’esecuzione
corretta del movimento secondo un certo schema mentale (modello). Tutte le sensazioni sopra citate
determinano la cenestesi o cinestesia detto anche “senso del movimento”. Esso è dato dunque
dall’insieme delle sensazioni che provengono dal:
 Tatto (mani, piedi, e tutte le parti dl corpo che hanno un contatto fisico con attrezzi, suolo,
calzature, avversario ecc)
 dalle articolazioni, dai tendini e dai muscoli
 dal vestibolo-labirinto (senso dell’equilibrio) dell’orecchio interno.

La persona si mette in contatto con la realtà (compreso il proprio corpo) mediante gli organi di
senso (sensori) e i nervi che portano tale sensibilità. Questi, unitamente ai centri nervosi superiori
(corteccia cerebrale) che ricevono le informazioni, vengono detti “canali percettivi” (o anche
analizzatori). I canali percettivi sono i seguenti:
 Visivo
 Uditivo
 Olfattivo
 Gustativo
 Tattile
 Vestibolare (o labirintico)
 Muscolo-articolare
 Dolorifico
 Piacere-benessere
 Organico-viscerale
Al fine del controllo del movimento il canale olfattivo e gustativo non sono molto importanti (nel
cane invece il primo lo è molto). Lo sono molto invece gli altri con una predominanza del visivo
(essendo il senso più sviluppato nell’uomo, nella talpa no di certo). La vista infatti ci guida per
darci dei riferimenti spaziali quando ci muoviamo. Anche il canale uditivo nel dirigere il
movimento ha una certa importanza, non solo perché in alcuni gesti i segnali acustici determinano
un “via” (es. 100 mt di corsa) o un orientamento, ma perché possono determinare una struttura
ritmica che guida lo schema d’azione. Basti pensare al terzo tempo di pallacanestro o alla struttura
ritmica di una rincorsa con salto determinata dal rumore degli appoggi e del pallone sul suolo (vedi
dispensa Apprendimento Motorio).
Il canale vestibolare o labirintico (senso dell’equilibrio) deriva dalle informazioni che giungono
dal vestibolo o labirinto posto nell’orecchio interno che ci fornisce sensazioni relative alla posizione
della testa (e quindi di tutto il corpo) rispetto alla verticale gravitazionale (sensore statico) e alla
variazione di velocità (accelerazione – sensore dinamico). Sono le sensazioni responsabili della
“caduta nel vuoto” delle montagne russe e del mal di mare dovuto al rollio della nave (specie
quando il mare è mosso).
Dal canale muscolo-articolare invece ci giungono le percezioni della posizione degli arti e della
colonna vertebrale e anche della forza muscolare che applichiamo a queste parti del corpo. I
recettori di tali informazioni sono nelle articolazioni, nei legamenti e nei tendini (questi ultimi si
interpongono come misuratori di tensione tra l’organo motore generatore di forza che è il muscolo e
l’osso che è la leva)3.
L’insieme delle informazioni che ci giungono dai canali tattile, vestibolare e muscolo-articolare
quando ci muoviamo determina il cosiddetto senso cinestesico o cenestesi.
Il canale dolorifico è un canale privilegiato che ci mette in guardia contro i danni che sta subendo il
nostro corpo. La soglia del dolore (cioè il livello al quale iniziamo a percepire la sensazione di
dolore a seconda del danno che stiamo subendo) è variabile da individuo a individuo (ci sono
persone molto più sensibili di altre) ma può anche essere influenzato dallo stato emotivo. In certe
condizioni (euforia, spavento, collera ad esempio) sentiamo meno dolore, in altre percepiamo molto
più sensibilmente una sia pur piccola botta. E’ il caso ad esempio del pugile (o del combattente) che
nella furia della lotta non sente il dolore dei colpi e le ferite. Lo stato di forte esaltazione
(caricamento) in questo caso aiuta ad affrontare una situazione fisicamente dolorosa. La soglia del
dolore è influenzata dunque dalla secrezione di alcuni ormoni e dal sistema nervoso. Esempio
l’adrenalina ha una funzione antidolorifica come anche le endorfine (ormoni del piacere). La
sensibilità dolorifica è somatotopica cioè localizzata.
Esiste in contrapposizione al precedente canale anche il canale del piacere-benessere responsabile
delle sensazioni generali dello star bene (sensazioni di potenza, eccitazione, di felicità, di
godimento, di pace, di appagamento). Anche in questo caso in queste condizioni il nostro sistema
nervoso produce ormoni specifici del piacere come ad esempio le endorfine. Tale sensibilità non è
somatotopica ma diffusa a tutto il corpo.
Il canale organico-viscerale è responsabile delle sensazioni che ci derivano dai visceri (soprattutto
addominali e toracici) ma anche da sensazioni più generali quali dispnea (mancanza d’aria), nausea,
vomito, capogiri, stanchezza o debolezza generale. Anche per questo canale esiste la funzione
inibitrice di alcuni ormoni come l’adrenalina e noradrenalina che secrete mediante uno stato
nervoso-mentale di lotta-tenacia-esaltazione possono ridurre le sensazioni di fatica organica negli
sport di resistenza dove anche l’aspetto mentale (visualizzazione della vittoria, del primato,
dell’impresa, del superamento di se stessi, del raggiungimento di una meta, ecc) determina la
vincita della volontà sulle sensazioni organiche negative che indurrebbero l’atleta a fermarsi.
Ciascuno di noi ha dei canali preferenziali cioè canali percettivi la cui sensibilità è più sviluppata
rispetto alla media della popolazione; ciò determina il fenotipo che siamo: visio o uditivo o
cinestesico principalmente. Ad esempio un musicista avrà il canale uditivo molto più sensibile
rispetto ad un ginnasta che invece avrà il canale muscolo articolare molto sviluppato. Un atleta
praticante sport di resistenza, come ad esempio la corsa prolungata, avrà, oltre ad una elevata
sensibilità muscolo-articolare delle gambe (che controllano la spinta e quindi la velocità della
corsa), anche una elevata sensibilità organico-viscerale che gli fa comprendere di non superare la
soglia limite di fatica che gli produce un certo ritmo dell’andatura oltre alla quale, in base alla
distanza da percorrere, non potrebbe portare a termine la sua prestazione.
La nostra preferenzialità nella predominanza di uno o più canali percettivi rispetto ad altri è dovuta
in parte da fattori genetico-ereditari dei nostri genitori (organi più sensibili e/o più sviluppati) ma
anche in parte da fattori educativi determinati dalle stimolazioni ambientali avute durante la nostra

3
All’interno del muscolo ci sono altri tipi di sensori della forza (fusi neuromuscolari) detti propiocettori ma la
sensibilità di essi non arriva a livello cosciente. Le informazioni inviate da questi sensori giungono al cervelletto e
regolano in modo automatico la postura, l’equilibrio e il tono muscolare.
crescita. Tale preferenzialità determina il nostro modo di recepire le situazioni, di pensare e di agire.
Una persona che ha più sviluppato il canale visivo (fenotipo visio) sarà più attenta agli aspetti di
colore e forma di qualsiasi cosa gli si presenti mentre un fenotipo uditivo porrà maggiore attenzione
ai suoni e alle parole (evocando queste dei suoni). Ad esempio in una lezione di matematica il
fenotipo visio ricorderà più facilmente i grafici e le formule scritte, il fenotipo uditivo ricorderà più
facilmente il discorso verbale, mentre il fenotipo cinestesico ricorderà più facilmente i gesti di
scrittura dell’insegnante. Nello studio il fenotipo visio comprenderà meglio utilizzando disegni,
quello uditivo leggendo a voce alta e quello cinestesico utilizzando degli oggetti dinamicamente
(demo) o scrivendo appunti e/o schemi.
In una lezione di educazione fisica il fenotipo visio coglierà immediatamente gli aspetti estetici e/o
spaziali di un gesto da apprendere, il fenotipo uditivo quelli uditivo-ritmici, mentre quello
cinestesico le sensazioni che provengono dal corpo (tattili, muscolo-articolari e di equilibrio).
Quindi il nostro modo di pensare è fortemente influenzato dal fenotipo che siamo. Il fenotipo visio
ragionerà soprattutto per immagini, il fenotipo uditivo per parole mentre il fenotipo cinestesico per
azioni, gesti, movimenti dinamici di immagini.

L'IMPORTANZA DELL'ESPERIENZA PRATICA.


Avere un ricco bagaglio di esperienze motorie significa avere in memoria un substrato di
sensazioni corporee da cui attingere per inserire sulla traccia cinestesica della visualizzazione.
Questo facilita di molto la possibilità di apprendimento di movimenti nuovi utilizzando
l’allenamento intelligente con programmazione cosciente. Dunque tutto ciò che si apprende è
utile poiché può essere trasferito a delle situazioni ben diverse.
Questo si chiama transfert cioè il trasferimento di abilità acquisite precedentemente
all'apprendimento di gesti nuovi.
Questo succede anche per altre materie di studio, non solo per l’apprendimento di movimenti.
Certi schemi logici, pensieri o comportamenti che si sono appresi, in contesti anche molto
differenti nella forma, si applicano in situazioni nuove (plasticità degli schemi).
Allenarsi con la visualizzazione può dunque essere molto utile anche nell’istruzione. Quando
studi puoi immaginarti davanti al docente che parli dell'argomento in oggetto. Nel ripasso puoi
fare sostanzialmente proprio questo: mettiti alla prova facendoti domande e rispondendo proprio
come se fossi interrogato. Molto utile è anche assistere alle interrogazioni degli altri (esami
quando sarai all’università) e vedere l'ambiente dove avviene la scena per arricchire la
visualizzazione di percezioni più precise. La visualizzazione è dunque uno strumento potente. Sta
ora a te utilizzarlo sistematicamente arricchendolo di sensazioni precise.
La concentrazione
Cos’è la concentrazione? Essere concentrati significa focalizzare la propria attenzione
sull’obiettivo che si vuole raggiungere in quel momento, senza distrazioni, senza pensieri estranei.
La capacità di concentrarsi è dunque la capacità di dirigere la propria attenzione sugli elementi
determinanti per la prestazione e cioè: obiettivo e mezzi per ottenerlo. Nel campo sportivo i
mezzi sono i programmi di movimento (tecniche) che l’atleta già possiede e che attiva al
momento opportuno quando percepisce i segnali scatenanti, cioè quelle “informazioni precise e
particolari” che il sistema sensorio dell’atleta individua come condizioni di “via!” o di controllo.
Esempio: il giocatore di pallacanestro esperto e concentrato percepisce immediatamente da
segnalatori molto precisi (sguardo degli occhi, movimento delle mani) quando il proprio
avversario in possesso di palla sta passando o tirando e di conseguenza mette in atto il
comportamento difensivo adeguato (es. braccia in alto per impedire il tiro, braccia in fuori per il
passaggio).
Essere concentrati significa essere attenti ma anche e soprattutto sapere a che cosa essere sensibili
cioè a che cosa prestare attenzione. Altri esempi: lo sciatore è molto sensibile all’attrito delle
lamine sulla neve che gli viene trasmesso dalle sensazioni di pressione dello scarpone sui piedi e
sul collo della gamba (se non sai sciare questo esempio non ti sarà assolutamente comprensibile).
Il ginnasta o la ballerina di solito è molto sensibile a percepire l’azione fine dei segmenti corporei,
sapendo regolare forza ed escursioni spaziali con elevata precisione. Il tiratore di pistola è in
grado di controllare al centesimo di millimetro la posizione della sua mano quando prende la
mira.
Sapere a che cosa prestare attenzione (cioè su cosa concentrarsi) per la buona riuscita dell’azione
motoria significa anche allenare la propria sensibilità cioè la capacità di discriminare finemente le
variazioni.
La capacità di dirigere l’attenzione è anche una questione di volontà e questa è direttamente
proporzionale alla motivazione e quindi a quel desiderio interiore che mobilizza energie
psichiche e nervose. Infatti senza motivazione, o desiderio profondo di riuscire in una certa cosa,
è difficile essere concentrati. Quando non abbiamo voglia di fare una cosa è difficile poniamo una
attenzione elevata su di essa. La strategia vincente è crearsi delle motivazioni, degli interessi,
spiegando a noi stessi perché è importante portare a termine quel compito, affinché si mobilizzino
delle energie psiconervose che permettono di applicarci. Questo significa ragionare in termini di
vantaggi: “Qual è il vantaggio che ne potrei ricavare nel fare questa cosa?” – è la domanda
fondamentale da porsi per automotivarsi (automotivazione).
A volte dei pensieri estranei non permettono di concentraci pur avendo interesse di riuscire in un
certo compito. In realtà la parte inconscia della nostra mente ritiene più interessante occuparsi di
quei pensieri estranei e quindi si crea un conflitto di interessi tra parte conscia e parte inconscia di
noi stessi. Occorre prendere coscienza dei pensieri estranei e già questo ne fa perdere buona parte
del loro “potere distraente”; poi occorre capire quali bisogni tenta di soddisfare l’inconscio con
tali pensieri con una autoanalisi profonda che presuppone una certa conoscenza di se stessi
(autoanalisi). Il più delle volte scoprire ciò che ci turba ne scarica notevolmente il potere
distraente e anche se il problema non può essere risolto al momento si può far capire alla mente
che se ne può occupare in un secondo tempo (esercizio della scatola nera – vedi dispensa
“Concentrazione e allenamento ideomotorio”).
La concentrazione è favorita anche dall’assenza di stimolazioni non necessarie alla prestazione
(distrazioni) quantunque sia molto allenabile anche la capacità di escludere dal proprio sistema
percettivo stimolazioni non pertinenti. È certamente più difficile concentrarsi in un ambiente
rumoroso o con interferenze di altri piuttosto che in un ambiente isolato. Questo significa nello
studio non avere distrazioni a portata di mano/vista/orecchio come radio o TV accesi, oggetti di
gioco nelle vicinanze ecc. Alcuni infatti trovano utile studiare in altri luoghi (es. biblioteca, parco
pubblico) dove non ci sono distrazioni. Ma la capacità di concentrarsi è altamente allenabile
anche in ambienti distraenti; con la giusta gradualità (proprio come nell’esercizio fisico) partendo
da situazioni di isolamento e passando man mano a situazioni con interferenze si può giungere a
concentrarsi anche in mezzo al caos più totale.
Adottare inoltre tecniche di rilassamento può aiutare a concentrarsi giacché occorre una certa
“pace interiore” per poter focalizzare l’occhio della mente su ciò che si vuole “vedere” con più
chiarezza.

LE FASI DELL’ALLENAMENTO IDEOMOTORIO NELL’APPRENDIMENTO


L’utilizzo dell’allenamento ideomotorio (detto anche apprendimento intelligente con
programmazione cosciente) per apprendere un gesto complesso o per perfezionarlo segue 3 fasi
fondamentali.
1^ fase: acquisizione visiva del modello tecnico da apprendere mediante dimostrazione di un atleta
o visione di un filmato. In questa fase è il canale visivo esterno a condurre l’apprendimento per
l’acquisizione dello schema globale e dell’obiettivo.
2^ fase: acquisizione della struttura ritmica del movimento. Essa infatti funge da trama e conduce
la mente nella temporizzazione (timing) delle singole azioni degli arti (appoggi, slanci, tiri ecc).La
capacità di percepire e sentire su se stessi il ritmo delle azioni è fondamentale per la riuscita
dell'apprendimento. Chi ha difficoltà a percepire il ritmo in generale ha maggior difficoltà a
imparare gesti complessi. Il caso più eclatante si ha nel ballo liscio dove anche gesti semplici come
fare dei passi possono costituire una cosa difficile per chi non ha senso del ritmo. Il tiro in corsa
della pallacanestro può essere appreso con maggiore facilità se prima ci si esercita sul ritmo dei
movimenti. La struttura ritmica del tiro in corsa, partendo da fermi ed eseguendo un palleggio prima
dei due passi- salto e tiro, è la seguente:
tam-tatam-ciuf; O O O O
tam corrisponde al primo passo in contemporanea al palleggio (piede sinistro-mano destra), tatam ai
due appoggi dei piedi (destro-sinistro, quest'ultimo con salto verticale) e ciuf al tiro. Saper
interiorizzare il ritmo significa essere in grado di eseguirlo battendo le mani e/o i piedi.
3^ fase: cenestesi + visio interno. È in quest’ultima fase che si compie l’allenamento ideomotorio.
Dopo aver compiuto qualche prova pratica, necessaria per richiamare dal proprio vissuto motorio le
sensazioni cinestesiche che scatenano il gesto, occorre procedere alla visualizzazione non più
dall’esterno come era nella prima fase di acquisizione del modello (visio esterno), ma immaginando
ciò che si vedrebbe realmente coi propri occhi e secondo il ritmo reale dell’azione. Ad esempio
nell’allenamento ideomotorio del salto in alto, vedere l’avvicinamento durante la rincorsa
all’asticella, la sua focalizzazione precisa al momento dello stacco, secondo la successione
temporale degli appoggi, della sensazione di volo e di atterraggio ecc. In questa fase il ritmo degli
appoggi deve essere “sentito” molto nettamente (una cadenza progressivamente più frequente con
un tatam finale determinato dall’ultimo passo più veloce). Ma la cosa più importante è la
rappresentazione delle sensazioni cinestesiche derivanti dalla pianta del piede, dall’inclinazione
indietro del tronco rispetto al piede nel punto di stacco (foto 3, particolare A), dal caricamento del
ginocchio e dallo sforzo della coscia, dal caricamento e slancio delle braccia (foto 3, particolare B),
dalla rotazione longitudinale dell’asse corporeo, dalla posizione della testa al momento dello stacco 4
e della fase di volo successiva (proiezione del tronco verso l’alto - particolare C, compimento della
rotazione longitudinale, arco dorsale, chiusura dell’arco per atterrare sulle spalle).

Riferimenti utili: dispensine “Apprendimento motorio”; “La concentrazione e l’allenamento


ideomotorio”

Foto 3

4
Nella rincorsa le sensazioni cinestesiche fondamentali, oltre quelle tattili pressorie delle piante dei piedi, sono anche
quelle derivanti dalla forza di spinta delle gambe, dall’estensione delle stesse nella corsa balzata (a livello delle anche –
foto 4, particolare D) e dall’inclinazione del corpo verso l’interno (derivanti dal vestibolo) – foto 5, particolare E - e dal
maggior attrito della parte sinistra della pianta dei piedi nella curva della fase finale della rincorsa (foto 5, particolare F).
Foto 4

Foto 5

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