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FUNZIONI SENSITIVE

RECETTORI SENSORIALI

Numerose informazioni sono, costantemente, inviate dalle zone periferiche alla corteccia
cerebrale, mediante le vie somato-sensoriali. I dati provengono, principalmente, da due differenti
sistemi periferici che prendono il nome di zone sensoriali e zone viscerali. I recettori sensoriali
si trovano all'esterno dell'organismo e sono specializzati nel captare specifiche informazioni, come
il suono, la temperatura, la pressione, lo stiramento ed il dolore. I recettori viscerali sono
associati agli organi interni e operano, in modo involontario, un fitto scambio di informazioni
riguardanti lo stato fisiologico del plasma (pH, osmolarità, pressione sanguigna) e lo stiramento
(captato dai meccanorecettori).

I recettori sensoriali svolgono tre importanti funzioni:

 Assorbono piccole quantità di energia (stimolo);


 Convertono l'energia dello stimolo in un impulso elettrico (trasduzione);
 Producono un potenziale recettoriale di tipo graduato che depolarizza la membrana
cellulare, stimolando il neurone a trasmettere l'impulso (potenziale d'azione), oppure il
potenziale recettoriale iperpolarizza la membrana cellulare, diminuendo la capacità del
neurone di generare un potenziale d'azione. I potenziali d'azione trasmettono le
informazioni ricevute al Sistema Nervoso Centrale (SNC). I potenziali recettoriali non
determinano pertanto direttamente un potenziale d'azione, ma variano il potenziale di
membrana fra l'interno e l'esterno della cellula per mezzo dell'apertura o della chiusura dei
canali ionici. A differenza del potenziale d'azione non possiede eccedenza, non è specifico
per l'intervento di un particolare ione e non risponde alla legge del tutto o nulla.

Molti recettori sensoriali tendono ad alzare la soglia del potenziale d'azione per qualche minuto
dopo la stimolazione iniziale, determinando una progressiva diminuzione della risposta ad una
stimolazione continua (adattamento sensoriale). Questo fenomeno si verifica durante uno stimolo
prolungato, quando il recettore produce un potenziale recettoriale più piccolo rispetto ad altri
stimoli che verranno recepiti successivamente, oppure quando si verificano dei cambiamenti a
livello sinaptico lungo la via neuronale attivata dal recettore.
I recettori sensoriali possono subire una prima suddivisione in esterocettori e propriocettori. Gli
esterocettori percepiscono e codificano le informazioni provenienti dall'ambiente esterno, come
gli stimoli olfattivi, uditivi e visivi. I propriocettori acquisiscono le informazioni dall'interno
dell'organismo, ad esempio dagli organi o dal sangue.

I recettori sensoriali si classificano in base al tipo di stimolo percepito. Avremo:

 MECCANOCETTORI
I meccanocettori vengono stimolati dall'alterazione della loro forma a causa di una forza
che li abbia compressi o distesi. Trasducendo l'energia meccanica in impulso elettrico, i
meccanocettori permettono per esempio di udire, mantenere la stazione eretta o l'equilibrio.
Alcuni meccanocettori permettono all'organismo di mantenere la propria posizione nello
spazio in relazione della forza di gravità. I meccanocettori danno anche informazioni sullo
stato degli organi interni, avvertendo ad esempio della presenza di cibo nello stomaco.
Tra i meccanocettori avremo, a loro volta:
 I Recettori Tattili, in molti animali, si trovano alla base dei peli tattili che
percepiscono la posizione spaziale del corpo rispetto alla forza di gravità. Quando
un pelo viene tirato si genera un potenziale recettoriale. Nel derma i dischi di
Merkel e i corpuscoli di Ruffini si adattano lentamente, permettendo di sentire il
contatto continuo di un oggetto con la pelle. Il corpuscolo di Pacini invece
percepisce le vibrazioni che muovono i tessuti.
 I Nocicettori consistono di terminazioni nervose libere. Quelli meccanici rispondono
a stimoli tattili forti, quelli termici rispondono a temperature estreme. Trasmettono
segnali attraverso neuroni sensoriali che rilasciano glutammato potenziato dalla
sostanza P fino agli inter-neuroni del midollo spinale che trasmettono il messaggio
al lato opposto del midollo spinale e poi verso il talamo. Dopodiché gli impulsi
vengono inviati ai lobi parietali e alle aree del sistema limbico, dove vengono
elaborati gli aspetti emozionali del dolore. Quando il segnale arriva al cervello, si è
consapevoli e si valuta la situazione.
 I Propriocettori aiutano a coordinare il movimento muscolare. Rispondono
continuamente alla tensione e al movimento, in modo da percepire la posizione
spaziale degli arti, informazione essenziale per qualsiasi forma di locomozione e per
qualsiasi genere di movimento coordinato e complesso. I vertebrati presentano tre
forme diverse di propriocettori: fusi muscolari, organi tendinei del Golgi e
recettori articolari.
 I Barocettori sono dei meccanocettori che rispondono a variazioni pressorie del
sistema cardiovascolare e intervengono nel funzionamento del riflesso barocettivo. I
barocettori rispondono specificamente allo stiramento di parete del vaso, e si
dividono in recettori a bassa pressione e recettori ad alta pressione.
 Un altro meccanocettore è l'Apparato Vestibolare, responsabile del mantenimento
dell'equilibrio. La funzione principale dell’orecchio è il mantenimento dell’equilibrio
corporeo (orecchio interno).
 CHEMIOCETTORI
I chemiocettori consentono di rilevare sostanze chimiche per trovare cibo e individui con cui
accoppiarsi. Il gusto percepisce i materiali disciolti nell'acqua mediante le papille gustative
che riconoscono le diverse molecole che caratterizzano il cibo che con elevato valore
calorico spesso è dolce. L'olfatto percepisce sostanze gassose che raggiungono i recettori
olfattivi attraverso l'aria. L'olfatto è una componente del sapore, perché gli odori passano
facilmente dalla bocca alla cavità nasale attraverso le narici interne.
ORGANIZZAZIONE DELLE VIE SENSITIVE

Le vie sensitive o somatosensoriali sono delle vie nervose afferenti sensitive che trasmettono
impulsi della sensibilità tattile, propriocettiva, termica e dolorifica.

Sono vie ad alta velocità di conduzione nervosa, per la trasmissione della sensibilità tattile e
propriocettiva, e vie a più lenta velocità di conduzione, per la trasmissione della sensibilità termica
e dolorifica. Le vie sensitive principali sono tre:

1. Via delle Colonne Dorsali (Lemnisco-Mediale)


E’ responsabile della trasmissione degli impulsi della sensibilità tattile epicritica e della
sensibilità propriocettiva cosciente del tronco e degli arti alla corteccia cerebrale. Origina a
livello dei gangli spinali da cui si dipartono un ramo periferico diretto alla periferia del corpo
e un ramo centrale costituito da fibre che entrano nel midollo spinale come fibre radicolari
posteriori. Le fibre discendenti formano il fascio ovale del Flechsig e il fascio a virgola
dello Schultze destinati al corno posteriore del midollo; le fibre ascendenti formano il
fascicolo gracile (del Goll) che è mediale per la sensibilità degli arti inferiori e il fascicolo
cuneato (del Burdach) che è laterale per la sensibilità degli arti superiori.
2. Via Lemnisco-Spinale
La via lemnisco-spinale inizia a livello dei gangli spinali dove le fibre ascendenti entrano nel
midollo come fibre radicolari posteriori. Queste formano due fasci: il primo è il fascio dorso-
laterale del Lissauer che si trova nella zona marginale del Lissauer; il secondo è il fascio
longitudinale del corno posteriore del midollo spinale e si trova nello strato zonale del
Waldeyer. I fasci mettono capo al nucleo della sostanza gelatinosa del Rolando e al nucleo
della testa del corno posteriore. Questa via è responsabile della trasmissione degli impulsi
della sensibilità protopatica e della sensibilità termica e dolorifica.
3. Via Spino-Cerebellare
Le vie spino-cerebellari anteriore e posteriori originano dalla periferia del corpo e, tramite il
midollo spinale, si portano al cervelletto. È la via del controllo rapido e automatico del
movimento cioè responsabile della propriocezione inconscia. La via è divisa in due parti:
una ipsilaterale che entra nel cervelletto attraverso il peduncolo cerebellare inferiore; una
controlaterale che entra nel cervelletto attraverso il peduncolo cerebellare superiore. Una
lesione di questa via porta a incoordinazione del movimento e atassia.

SENSIBILITA’ EPICRITICA E PROTOPATICA

Sono distinguibili vari tipi di sensibilità, raccolte dai recettori sensoriali o dagli organi di senso e
suddivise in base alla provenienza e alla destinazione. Può essere cosciente o incosciente a
seconda dello stato di coscienza. La sensibilità esterocettiva somatica, solitamente cosciente,
raccoglie gli stimoli provenienti dall'esterno e permette di relazionarsi con l'ambiente. Può essere
suddivisa in:

 Sensibilità epicritica o discriminativa: che dà informazioni dettagliate sulla regione


corporea in cui è stato applicato lo stimolo e sulle caratteristiche stesse dello stimolo. È un
tipo di sensibilità raffinata molto dettagliata e precisa, trasmessa ai centri superiori tramite
la via del sistema delle colonne dorsali-lemnisco mediale e, dal volto, tramite il nervo
trigemino. Essa rappresenta la forma più elevata di sensibilità e permette giudizi
discriminativi, oltre che di intensità, di localizzazione. Essa inoltre comprende la sensibilità
tattile, il senso di posizione, il movimento degli arti e la percezioni delle fini variazioni di
temperatura. Organo centrale della sensibilità epicritica è la corteccia cerebrale.
 Sensibilità protopatica o indiscriminativa: che dà informazioni più grossolane, meno
accurate e senza informazioni precise sul punto in cui è stato applicato lo stimolo. Questa
sensibilità comprende la sensibilità dolorifica e l’apprezzamento delle variazioni termiche
esterne, ed è accompagnata da un contenuto affettivo piacevole o spiacevole. Organo
centrale della sensibilità protopatica è il talamo ottico.
CORTECCIA CEREBRALE

La corteccia cerebrale è la parte più sviluppata del cervello. È formata da una superficie di
sostanza grigia pluristratificata, corrugata a formare circonvoluzioni e solchi che ne permettono
un’estensione notevole. Gli emisferi cerebrali vengono suddivisi in lobi dai solchi più profondi. In
ciascun emisfero si distinguono 4 lobi: occipitale, parietale, frontale e temporale. La struttura
microscopica della corteccia cerebrale è caratterizzata da sei strati di cellule, che dall’esterno
all’interno sono:

 Strato molecolare;
 Strato granulare esterno;
 Strato piramidale esterno;
 Strato granulare interno;
 Strato piramidale interno;
 Strato multiforme.

La suddivisione in strati della corteccia cerebrale e la diversa espansione dei vari strati è stata
utilizzata per suddividere il manto corticale in aree con caratteristiche omogenee, cercando poi di
assegnare a ciascuna area una funzione diversa. La suddivisione più conosciuta è quella di
Brodmann, che ha riconosciuto 47 aree.

Una prima generale classificazione delle aree corticali può essere fatta sulla base della loro
posizione nell’anello di integrazione sensori-motoria che la corteccia svolge. Secondo questa
suddivisione, vengono chiamate aree sensoriali primarie le principali stazioni di arrivo delle vie
sensoriali ascendenti. Le aree sensoriali secondarie sono quelle che ricevono ancora segnali
sensoriali specifici, ma soprattutto dalle rispettive aree primarie. Le aree di partenza delle vie
motorie discendenti sono chiamate aree motorie primarie. Le aree che si trovano tra le sensoriali
e le motorie vengono chiamate aree associative. Questa suddivisione è molto schematica e utile
soprattutto per la terminologia, poiché l’organizzazione delle vie d’ingresso e d’uscita della
corteccia cerebrale è molto complessa.

Molte aree corticali, soprattutto le aree primarie, sono suddivise in unità anatomo-funzionali, dette
colonne corticali, che attraversano dalla superficie alla profondità tutto lo spessore della sostanza
grigia. Ogni colonna contiene quindi tutti gli strati corticali. Ciascuna colonna si caratterizza
funzionalmente per essere in relazione con una regione limitata della periferia, sensoriale o
motoria, e per essere attivata secondo modalità funzionali omogenee. Si ritiene che le colonne
corticali costituiscano moduli elementari di calcolo. Infatti, ogni colonna ha vie proprie di ingresso e
d’uscita, mediante le quali è collegata con le altre colonne, della stessa o di altre aree.
Nell’insieme, questa struttura forma le complesse reti neuronali che attuano le funzioni della
corteccia cerebrale.

Le connessioni della corteccia cerebrale, vanno distinte in:

 Vie afferenti: provenienti dalle zone più basse del nevrasse, molto spesso dai nuclei del
talamo, arrivano ai neuroni del IV strato.
 Vie di protezione: collegano la corteccia ai centri sottocorticali, solitamente partono dai
neuroni piramidali del V strato;
 Vie associative: collegano reciprocamente le aree corticali e sono distinte in: Connessioni
anterograde (feedforward), e Connessioni retrograde (feedback). Come schema generale,
le connessioni anterograde procedono dalle aree sensoriali primarie a quelle secondarie e
da queste alle associative; mentre le retrograde vanno nella direzione opposta.
Esiste un gruppo di nuclei di sostanza grigia immersi nella sostanza bianca sottocorticale, che
prendono il nome di nuclei o gangli della base. Si distinguono due principali raggruppamenti
nucleari: il corpo striato, strettamente interconnesso con la corteccia cerebrale, con il talamo e
con il cervelletto, è coinvolto in funzioni di organizzazione e controllo dei movimenti volontari; e il
complesso amigdaloideo, connesso con il sistema olfattivo e correlato con funzioni istintuali e
viscerali.

Le aree sensitive della corteccia cerebrale sono aree di corteccia localizzate nei lobi temporale,
occipitale, parietale, dell’insula coinvolte nella percezione cosciente dei vari tipi di sensibilità. Ogni
tipo di stimolo sensoriale fa riferimento ad una specifica area della corteccia. Mentre tutti questi tipi
di sensibilità giungono al talamo e vengono proiettate alla corteccia, la sensibilità olfattiva segue un
percorso diverso. Questa infatti è localizzata nel lobo temporale in posizione dorsale. Le afferenze
che vengono elaborate da quest’area in via eccezionale non giungono al talamo ma dai recettori
della mucosa olfattiva arrivano direttamente alla corteccia.

L’area sensitiva di maggiore importanza è l’area sensitiva primaria (S1), localizzata nel giro post-
centrale del lobo parietale (immediatamente dopo il solco centrale di Rolando), che raccoglie la
sensibilità somatica generale (tatto, pressione, dolore, calore) cosciente. Corrisponde alle aree
3,1,2 secondo la classificazione di Brodmann. La maggior parte degli stimoli di tipo sensitivo a
livello periferico giungono nell'area S1 attraverso i sistemi lemnisco mediale e anterolaterale. Il
primo neurone della via sensitiva è localizzato nei gangli delle radici dorsali del midollo spinale; il
secondo neurone si trova nella sostanza grigia del midollo spinale o a livello del bulbo (dove
attraversa la linea mediana). Il terzo neurone si trova sempre nel talamo (principalmente nel
nucleo ventrale posterolaterale) e da qui si proietta all'area S1. Le principali funzioni dell'area S1
sono: localizzazione dello stimolo periferico; valutazione dell'intensità dello stimolo; propriocettività;
riconoscimento della forma degli oggetti.

E’ possibile dare una rappresentazione somatotopica della “raccolta della sensibilità” per l’area
sensitiva primaria chiamata homunculus sensitivo. L’homunculus rappresenta le parti del corpo
in modo direttamente proporzionale alla quantità di innervazione (le parti più innervate saranno
rappresentate più grandi). Gli stimoli che vengono raccolti dal piede arrivano in corrispondenza
della scissura interemisferica, e salendo in alto i fasci provenienti dalle varie parti del corpo
vengono proiettate ordinatamente lungo il giro post-centrale. Si nota che mani, volto e lingua sono
molto innervati rispetto al tronco ed arti inferiori.
TALAMO

Il talamo è una struttura del sistema nervoso centrale, più precisamente del diencefalo, posto
bilateralmente ai margini laterali del terzo ventricolo. Esso è un importante complesso di circa 26
nuclei interposti tra il telencefalo e le strutture inferiori del nevrasse. Da un punto di vista
anatomico, i nuclei talamici si raggruppano, per la loro posizione, in nuclei anteriori o posteriori,
dorsali o ventrali, laterali o mediali. C’è poi un gruppo di nuclei intermedi interposti tra i principali
raggruppamenti, chiamati nuclei intra-laminari.

Dal punto di vista funzionale, i nuclei talamici si distinguono in: nuclei specifici (di relais), i quali
hanno connessioni con parti delimitate della corteccia cerebrale svolgenti funzioni sensoriali,
motorie o associative; e nuclei aspecifici, o a proiezione diffusa, che sono connessi con ampie
parti della corteccia cerebrale e svolgono azioni generalizzate sull’attività elettrica di base della
corteccia, essendo coinvolti in funzioni di controllo degli stati di vigilanza.

Nel talamo si verifica una riunificazione della sensibilità somatica, in quanto: le afferenze originate
dagli arti e dal tronco si incontrano con quelle di origine trigeminale ed il sistema delle colonne
dorsali-lemnisco mediale e quello antero-laterale si trovano ad essere largamente sovrapposti.

La principale stazione talamica della sensibilità somatica è il complesso ventro-posteriore (VP),


anatomicamente e funzionalmente suddiviso in due nuclei:

 Nucleo ventro-postero-laterale (VPL): In esso terminano gli assoni del lemnisco mediale
originati dai neuroni di proiezione dei nuclei delle colonne dorsali e quelli della componente
laterale del fascio spino-talamico;
 Nucleo ventro-postero-mediale (VPM): In esso, invece, terminano le fibre trigemino-
talamiche originate dal nucleo principale e dal nucleo spinale del complesso nucleare
trigeminale.

I talami rappresentano una grande stazione di arrivo di fibre sensitive (tutte tranne quelle che
raccolgono la sensibilità olfattiva) e di smistamento delle stesse verso la corteccia cerebrale. Il
talamo non solo raccoglie quasi tutta la sensibilità, ma funge anche da filtro. Infatti un nucleo del
talamo, il nucleo reticolare riceve stimoli inibitori dalla corteccia cerebrale così da impedire che
alla corteccia arrivino determinate informazioni sensitive. Se vogliamo concentrarci e studiare in
una stanza rumorosa possiamo riuscirci grazie al talamo, che seleziona quali informazioni
sensitive devono raggiungere la corteccia. Il talamo funge quindi da vero proprio centro di
controllo e smistamento dell’informazione sensitiva (olfatto escluso) in direzione della
corteccia cerebrale.

Quindi, il talamo, in parte in maniera autonoma, in parte grazie ai rapporti che contrae con gli altri
apparati e sistemi, interviene in attività assai complesse che concernono la sensibilità,
l’elaborazione delle componenti emozionali in senso lato e la stessa regolazione della motilità.
Assieme ad un’altra porzione del talamencefalo, il metatalamo, costituisce una importante
stazione di raccordo del sistema sensitivo nel suo complesso, ricevendo tutti gli impulsi sensitivi
(esclusi quelli olfattivi) che hanno il loro punto di partenza nei vari recettori periferici e sono diretti
alla corteccia. Detti stimoli non si limitano ad attraversare il talamo: al suo livello subiscono una
complessa azione di integrazione, modulazione e selezione che, per quanto concerne in
particolare gli stimoli dolorifici, è connessa con l’elaborazione cosciente del dolore. Rientra in
questa attività del talamo anche la regolazione di quei movimenti che sono destati da sensazioni
dolorose o da variazioni affettive e che, appunto, sono detti psico-riflessi.
LA SENSIBILITA’ VISIVA: L’OCCHIO

L’occhio rappresenta il primo stadio del sistema visivo. In esso avvengono la focalizzazione delle
immagini e la loro trasformazione in codice nervoso (trasduzione). Il sistema è poi formato da
centri sottocorticali, dove vengono integrati i riflessi oculari destinati a ottimizzare la formazione
delle immagini mediante la loro fine focalizzazione, l’adattamento all’intensità luminosa e
l’opportuno orientamento dell’occhio; e centri corticali, dove avviene l’elaborazione delle immagini
visive ed, infine, la percezione.

L’occhio è un organo globoso, cavo all’interno, la cui parete è formata da uno strato fibroso
esterno, chiamato sclera, da uno strato intermedio ricco di vasi, detto coroide, e da uno strato
interno, costituito da tessuto epiteliale, detto retina. Nella parte anteriore del globo oculare, la
sclera si trasforma in una struttura trasparente detta cornea, mentre la coroide si differenzia in
strutture muscolari che formano l’iride e il corpo ciliare. L’iride ha forma anulare e delimita un foro
di diametro variabile, detto pupilla. Il corpo ciliare sospende il cristallino, una struttura trasparente
interna all’occhio. Lo spazio davanti al cristallino è diviso in una camera anteriore, situata tra
cornea ed iride, e una camera posteriore, localizzata tra iride e cristallino. In queste camere è
situato un liquido chiamato umor acqueo. La cavità situata tra cristallino e retina è invece ripiena
di una sostanza gelatinosa, chiamata umor vitreo.

 Ottica Fisiologica

I fasci di luce, limitati dalla pupilla, sono focalizzati dall’apparato diottrico, che è formato da tutte
le parti trasparenti dell’occhio, dalla cornea all’umor vitreo. I raggi luminosi, nell’attraversare queste
superfici, sono deviati più volte. La somma di queste deviazioni ci da la convergenza totale di tutto
il sistema. Il potere convergente dipende dalla curvatura delle superfici del diottro e dall’indice di
rifrazione dei mezzi attraversati dalla luce. La capacità di un sistema diottrico di convergere i raggi
paralleli è misurata in diottrie. La diottria è il reciproco della distanza focale della lente espresso in
metri, in un mezzo con indice di rifrazione unitario (aria).

Il sistema diottrico oculare è costituito fondamentalmente da due elementi: il sistema cornea-


umor vitreo, che ha il potere convergente maggiore, ed il cristallino, che converge meno ma ha
la capacità di variare la sua potenza, mediante modificazioni della sua forma. Nel complesso il
potere di tutto il sistema è intorno a 59 diottrie. I raggi paralleli all’asse ottico, che sono quelli che
provengono da punti remoti dell’occhio, convergono entro la retina; invece, i raggi che provengono
da punti più vicini, tendono a convergere oltre la retina. Per ovviare a ciò, il potere convergente del
cristallino può variare, aumentando la curvatura delle due superfici, in un fenomeno che prende il
nome di accomodazione. Questo permette di mettere a fuoco oggetti fino a una distanza di pochi
centimetri dall’occhio (punto prossimo). Il potere di accomodazione si riduce con l’età, a causa
dell’irrigidimento delle pareti del cristallino, e ciò dà luogo al fenomeno della presbiopia. In questa
condizione, il punto prossimo si allontana e riesce difficile mettere a fuoco oggetti vicini. Poi vi sono
altre condizioni particolari: Se, per difetti geometrici dell’occhio, in assenza di accomodazione, i
raggi paralleli convergono dietro la superficie retinica, si parlerà di ipermetropia; mentre se i raggi
convergono davanti, si parlerà di miopia. In entrambi i casi, la visione è sfocata e le immagini
possono essere riportate a fuoco sulla retina mediante l’uso di apposite lenti.

 Struttura e funzione della RETINA

Gli elementi nervosi della retina sono suddivisi in cinque tipi principali, i cui corpi cellulari sono
distribuiti in tre diversi strati: Strato cellulare esterno, che contiene i corpi cellulari dei
fotorecettori; Strato nucleare interno, comprendente le cellule bipolari, i corpi cellulari delle cellule
orizzontali e delle cellule amacrine; e lo Strato delle cellule gangliari, che contiene i corpi cellulari
di questo tipo di cellule, gli assoni delle quali formano l’unica via di trasmissione dell’informazione
visiva della retina al cervello. Fra i tre strati di corpi cellulari si trovano due strati di fibre e sinapsi,
nei quali i vari neuroni si connettono l’uno con l’altro.
I FOTORECETTORI sono di due tipi, i Coni e i Bastoncelli. Essi differiscono per forma, per
caratteristiche funzionali e per distribuzione sulla superficie della retina:

 I coni, in numero di circa 4 milioni, sono addensati in una regione ristretta della retina, detta
fovea. Essi hanno soglia di eccitazione alta, campi recettivi piccoli e sono responsabili della
visione diurna.
 I bastoncelli, sono in numero di circa 100 milioni e si trovano distribuiti al di fuori della
fovea. essi hanno soglia bassa, campi recettivi grandi e sono responsabili della visione
notturna.

Il meccanismo di trasduzione dell’energia luminosa avviene attraverso la trasformazione


chimica, da parte della luce, di sostanze contenute nei recettori, dette fotopigmenti. Tale
trasformazione innesca i processi bioelettrici che danno poi origine ai segnali nervosi. Tutti i
bastoncelli hanno un unico fotopigmento, che ha sensibilità massima per colori come il blu. I coni,
invece, possono avere uno di tre diversi fotopigmenti, ciascuno dei quali ha sensibilità diversa, che
permette la discriminazione di un numero maggiore di colori. Quindi, mentre la visione scotopica
(notturna) è monocromatica, quella fotopica (diurna) permette la discriminazione dei colori.

Ciascuno dei due tipi di fotorecettori è costituito da tre parti:

1. Segmento esterno: è specializzato nella trasduzione dell’energia radiante in energia


bioelettrica. Esso è formato, in entrambi i recettori, da un sistema di dischi membranosi
impilati l’uno sull’altro, contenenti i fotopigmenti visivi. La membrana cellulare del segmento
esterno di un fotorecettore contiene in abbondanza guanosin-monofosfato ciclico
(cGMP), una molecola che determina uno stato di continua apertura dei canali del sodio
della membrana, che causa una depolarizzazione della membrana.
2. Segmento interno: è ricco di proteine trasportatrici di ione Sodio, che permettono la sua
espulsione nel liquido extracellulare. La luce innesca una serie di reazioni chimiche che
cominciano con la trasformazione sterica dei fotopigmenti (fotoisomerizzazione) e
determinano la chiusura dei canali Na+, iperpolarizzando la cellula. Quindi, al buio avviene
depolarizzazione, mentre la luce conduce ad iperpolarizzazione.
Quando si passa molto rapidamente da un ambiente buio ad uno molto illuminato, si
determina un abbagliamento, causato da una costante e totale iperpolarizzazione dei
recettori, che non sono più in grado di segnalare le variazioni di luce. Se la condizione di
luce persiste, i coni tornano lentamente a depolarizzarsi, riassumendo le sue capacità. Ciò
è alla base dell’adattamento alla luce. Il contrario succede nell’adattamento al buio.
3. Terminazione sinaptica: Esse contraggono sinapsi con due tipi distinti di cellule bipolari,
ciascuno dei quali dà risposte diverse allo stesso trasmettitore rilasciato dal recettore: un
tipo risponde in senso inibitorio, per cui la cellula è costantemente inibita al buio ed è
eccitata alla luce; il secondo tipo, risponde in senso eccitatorio nei confronti del
trasmettitore. Di conseguenza, la cellula è facilitata al buio e inibita dalla luce.

Il campo recettivo è una regione dello spazio nella quale deve essere localizzato uno stimolo
sensoriale affinché un neurone possa rispondere. La relazione spaziale dei campi recettivi nella
retina è preservata attraverso tutto il sistema visivo, che presenta un’organizzazione retinotopica
nelle aree corticali (corteccia visiva primaria e aree visive superiori). I campi recettivi del sistema
visivo hanno generalmente forma circolare con due distinte regioni, interna ed esterna, anche se i
campi recettivi diventano progressivamente più grandi e gli stimoli ottimali più elaborati, negli stadi
successivi del sistema visivo. La regione interna, che risponde direttamente alla luce, è detta
campo recettivo ‘classico’, mentre la regione esterna è detta surround. Le cellule gangliari nella
retina rispondono in modo ottimale a particolari stimoli luminosi: una cellula on-center risponde in
modo ottimale quando la regione interna è illuminata e la regione esterna non lo è; una cellula off-
center risponde in modo ottimale quando la regione esterna è illuminata e la regione interna non lo
è. Un terzo tipo di cellula gangliare risponde in modo ottimale quando l’intero campo recettivo è
illuminato.
 Vie Visive centrali

Il flusso di informazioni, parzialmente elaborato dalla retina, è convogliato attraverso le prime vie
visive ai centri nervosi superiori. Ciascuna retina trasmette il prodotto della propria elaborazione
tramite il nervo ottico, costituito da fibre mieliniche organizzate in modo da mantenere la
contiguità di punti vicini sulla retina. Dopo circa 4 cm, queste fibre raggiungono il chiasma ottico,
dove avviene l’incrociamento delle fibre provenienti dalla metà nasale di ciascuna retina. Passato il
chiasma ottico, l’informazione visiva decorre nei tratti ottici, ciascuno dei quali trasmette
prevalentemente l’immagine proveniente dall’emicampo visivo verso diverse stazioni sottocorticali.
Di esse, le più importanti sono: nucleo genicolato laterale, collicolo superiore, nuclei pretettali
e pulvinar.

Due diversi tipi di cellule gangliari (alfa e beta), mandano le loro terminazioni preferenzialmente su
lamine diverse del corpo genicolato. Le terminazioni delle cellule alfa sono dirette in gran parte alle
lamine 1 e 2, caratterizzate da cellule più grandi, dette magnicellulari. Le terminazioni delle cellule
beta finiscono sulle lamine 3-6, definite parvicellulari, per le dimensioni più piccole dei neuroni.

 Corteccia Visiva

Il termine corteccia visiva si riferisce principalmente alla corteccia visiva primaria (nota anche
come corteccia striata o V1), ma include anche le aree visive corticali extra-striate come la V2, V3,
V4, e V5. La corteccia visiva primaria è anatomicamente equivalente alla diciassettesima area di
Brodmann. Esiste una corteccia visiva per ogni emisfero cerebrale. La corteccia visiva
dell'emisfero sinistro riceve segnali riguardanti il campo visivo di destra, e la corteccia visiva di
destra riceve l'informazione proveniente dal campo visivo di sinistra.

La corteccia visiva primaria (V1) è localizzata attorno e nella scissura calcarina del lobo occipitale.
Ogni area V1 dell'emisfero di ogni lato riceve informazioni direttamente dal proprio corpo
genicolato laterale ipsilaterale. Ogni area V1 trasmette informazione in due direzioni principali
(primary pathways). I neuroni nella corteccia visiva eseguono scariche di potenziale d'azione
quando gli stimoli visivi appaiono nel loro campo recettoriale. La corteccia visiva riceve il suo
apporto di sangue arterioso principalmente dall'arteria calcarina, ramo dell'arteria cerebrale
posteriore.

L’area visiva primaria invia informazioni alle aree visive secondarie. La corteccia visiva
secondaria, o area 18 di Brodmann, e la corteccia visiva terziaria, o area 19 di Brodmann, sono
definite aree associative della visione in quanto implicate nell’analisi, nel riconoscimento e
nell’interpretazione delle immagini elaborate nella corteccia visiva primaria.

 Movimenti Oculari

Le capacità di analisi del sistema visivo non sono uniformi in tutto il campo visivo. Esiste una zona
specializzata della retina chiamata fovea in cui si ha la massima acuità visiva. La zona di campo
visivo corrispondente è molto ristretta, quindi, se vogliamo avere un’informazione dettagliata di uno
stimolo visivo grazie alla fovea, dobbiamo muovere gli occhi in modo da portare su di essa
l’immagine dello stimolo di interesse. I movimenti oculari svolgono questo compito e impediscono
poi che lo stimolo di interesse esca dal punto di fissazione quando il nostro corpo o la nostra testa
cambia posizione.

Esistono cinque diversi sistemi per il movimenti degli occhi, tre di essi portano la fovea su un
bersaglio visivo, mentre gli altri due stabilizzano la posizione degli occhi durante il movimento del
capo e del corpo. Del primo gruppo fanno parte: le saccadi, movimenti oculari rapidi che portano la
fovea verso un bersaglio visivo; i movimenti di inseguimento lento che mantengono sulla fovea
l’immagine di uno stimolo in movimento; i movimenti di vergenza che permettono di mantenere
sulla fovea stimoli visivi che si avvicinano o si allontanano.
I movimenti di vergenza sono accoppiati con il processo di accomodazione, ossia il cambio di
curvatura del cristallino, che permette di mantenere lo stimolo a fuoco. I movimenti che tengono
stabili gli occhi mentre il corpo si muove utilizzano segnali vestibolari (movimenti vestibolo-
oculari) o visivi (nistagmo optocinetico). Tranne i movimenti di vergenza, i movimenti oculari
sono coniugati, ossia ciascun occhio compie un movimento della stessa ampiezza nella stessa
direzione. Esiste infine un sesto sistema di controllo, detto sistema di fissazione, che inibisce i
movimenti oculari e fa sì che lo sguardo non cambi direzione.

I movimenti oculari derivano da rotazioni del globo oculare causate dall’azione di tre paia di
muscoli extra-oculari. Il VI nervo cranico (abducente) innerva il muscolo retto laterale, il IV nervo
cranico (trocleare) innerva il muscolo obliquo superiore mentre gli altri muscoli oculari sono
innervati dal III nervo cranico (oculomotore).

LA SENSIBILITA’ UDITIVA: L’ORECCHIO

Nell’uomo esiste un organo di senso, rappresentato dall’orecchio, che svolge due importantissime
funzioni rappresentate dall’udito e dall’equilibrio. Questi due sistemi, anche se distinti tra loro,
presentano entrambi la porzione recettiva localizzata in quest’organo. L’orecchio consiste di tre
parti: orecchio esterno, orecchio medio ed orecchio interno. La funzione principale
dell’orecchio esterno e di quello medio consiste nel raccogliere e trasmettere il suono, mentre
l’orecchio interno analizza le onde sonore e contiene l’apparato implicato nel mantenimento
dell’equilibrio del corpo.

La porzione esterna dell’orecchio è la parte visibile (padiglione auricolare) a contatto con l’aria,
costituita da pieghe di pelle e cartilagine. Essa prosegue nel canale uditivo che è chiuso in fondo
dal timpano. Il timpano rappresenta la parte divisoria tra orecchio medio e orecchio esterno. È una
membrana circolare semitrasparente, sottile e fibrosa, costituita da tre strati: esterno (epidermico),
intermedio (fibroso) e interno (mucoso). Lo strato fibroso vibra in risposta ai cambiamenti di
pressione dell’aria che si creano con il suono, ed ha il compito di trasmettere lo stimolo all’orecchio
medio. Questo è formato da una piccola cavità, definita cavità timpanica, in cui è contenuta aria
derivante da una connessione con il rinofaringe, rappresentata dalla tuba di Eustachio. Le ossa
dell’orecchio medio sono le più piccole del corpo umano e prendono il nome dalla loro forma:
martello, incudine e staffa. Questi ossicini formano un ponte che collega il timpano all’orecchio
interno e la loro funzione è quella di trasmettere le vibrazioni tra queste due strutture. La staffa è
fissata attraverso legamenti alla cavità timpanica e poggia con la base su una membrana flessibile
detta “finestra ovale”, che introduce all’orecchio interno. Esso consiste in un labirinto di passaggi a
spirale, distinto in una parte ossea e una membranosa. La parte anteriore (coclea) è un tubo
implicato nell’udito. La parte posteriore, formata dai canali semicircolari, è implicata
nell’equilibrio. La coclea è divisa in tre porzioni parallele, dette scale o dotti vestibolare,
timpanico e cocleare. Quest’ultimo è quello centrale, è il più piccolo ed è separato dal dotto
vestibolare tramite la membrana di Reissner e da quello timpanico attraverso la membrana
timpanica. Al suo interno scorre un liquido, detto endolinfa, che presenta caratteristiche
intracellulari, cioè alto contenuto di K+ e basso di Na+, nonostante sia un liquido extracellulare.
 Trasduzione delle onde sonore

Il senso dell’udito implica la trasduzione di onde sonore, rappresentate da onde di compressione e


decompressione di aria o liquido, in impulsi elettrici che sono inviati al sistema nervoso centrale
per essere elaborati e richiede il coinvolgimento di tutto l’orecchio. La percezione di un suono
indica, non solo la rilevazione di uno stimolo sonoro, ma anche il riconoscimento della sua
intensità, durata e provenienza. Le prime tre caratteristiche sono elaborate a livello della coclea,
mentre la localizzazione del suono richiede un’elaborazione a livello dei centri superiori, che
integrano informazioni da entrambe le orecchie.

Le vibrazioni del timpano in risposta alle onde sonore si trasmettono alla staffa e da qui alla
finestra ovale, determinando onde di pressione che si propagano attraverso il dotto cocleare,
producendo un movimento dell’endolinfa che stimola i recettori dell’udito. Alla base del dotto
cocleare si trova la membrana basilare, su cui poggia l’organo di Corti con i recettori uditivi e le
cellule di sostegno. Le cellule recettrici dell’udito, dette cellule cigliate, presentano due dozzine di
stereociglia.

L’estremità apicale delle cellule cigliate esterne è incastrata nella membrana tettoria, struttura
membranosa che ricopre parzialmente l’organo di Corti e fluttua nell’endolinfa. I cambiamenti di
pressione nel dotto cocleare fanno vibrare la membrana tettoria, trasmettendo movimenti di
piegamenti e torsioni alle ciglia delle cellule recettrici. In questo modo, le cellule sono stimolate e
avviene la trasduzione del segnale in un impulso elettrico che viene trasmesso alle fibre nervose
afferenti con cui entrano in contatto sul versante della membrana basilare. In queste fibre si genera
un potenziale d’azione che è trasmesso all’encefalo dal nervo vestibolo-cocleare.

Le cellule cigliate sono sensibili alla direzione dello stimolo meccanico: la flessione verso ciglia più
alte provoca depolarizzazione, dovuta principalmente all’ingresso di ioni K+, che nell’endolinfa è
molto concentrato. Questa depolarizzazione genera un potenziale di recettore che determina
l’ingresso di ioni Ca2+ e il successivo rilascio di un neurotrasmettitore ancora oggi sconosciuto.
Questo provoca la scarica da parte dei neuroni sensitivi con cui la cellula cigliata entra in sinapsi.
Poiché le onde pressorie determinano continue oscillazioni tra depolarizzazione ed
iperpolarizzazione, il rilascio del mediatore chimico è intermittente.

Le onde sonore sono caratterizzate da altezza o frequenza (misurata in cicli/secondo o Hertz) e


ampiezza o intensità (misurata in decibel, db). L’orecchio umano è in grado di percepire suoni che
variano da 20 a 20.000 Hz. Viene definita soglia assoluta dell’udito la soglia uditiva misurata per
un tono di 1000 Hz di frequenza costante.

Vari disturbi del sistema uditivo possono determinare sordità. La perdita di udito può essere
temporanea o permanente e viene distinta in:

 Sordità di conduzione: Riguarda l’impossibilità di trasmettere i suoni attraverso l’orecchio


esterno o quello medio;
 Sordità neurosensoriale: Dovuta a patologie che coinvolgono l’orecchio interno, come la
degenerazione delle cellule recettrici;
 Sordità centrale: Determinata da lesioni delle vie nervose localizzate a qualsiasi livello tra
orecchio interno e corteccia cerebrale.

Inoltre, la sordità può essere acquisita in seguito a traumi o patologie, oppure ereditaria a causa di
difetti genetici.
LA SENSAZIONE GUSTATIVA E OLFATTIVA

Il gusto e l’olfatto possono essere considerati sensi chimici, in quanto presentano chemocettori
capaci di essere stimolati da ioni o molecole che si trovano in soluzione (recettori gustativi) o che
sono presenti nell’aria (recettori olfattivi). Funzionano entrambi in modo simile, poiché anche nel
secondo caso le molecole si disciolgono mescolandosi al muco che ricopre la membrana del
recettore.

 GUSTO

Il senso del gusto è permesso da particolari cellule recettrici localizzate nelle gemme gustative
poste sulla superficie della lingua, del palato, della laringe e della faringe. Le gemme si trovano
nelle papille gustative, che a loro volta si distinguono in: circumvallate, foliate e fungiformi.

Le papille circumvallate sono quelle di maggiori dimensioni, sono disposte a V alla base della
lingua e sono circondate da solchi nei quali si trovano le gemme gustative; Le papille foliate si
trovano ai margini laterali della lingua e anch’esse presentano gemme nelle pliche che le
circondano; Le papille fungiformi sono più concentrate sulla punta della lingua e hanno 3-5
gemme al massimo, localizzate sulla parte superiore della pupilla. Esiste poi un ultimo tipo di
papille, dette papille filiformi, che coprono la maggior parte della lingua e di solito non presentano
gemme gustative.

L’uomo ha la possibilità di distinguere tra 4 sapori fondamentali: dolce, salato, acido e amaro.
Esiste un quinto sapore di base, chiamato umami, che in giapponese significa “delizioso”. La
capacità di distinguere 4 tipi di sapori deriva da regioni specializzate della lingua. La lingua è un
muscolo molto forte posizionato all’interno della bocca. Oltre a muovere il cibo, spostandolo sotto i
denti in modo che possa essere sminuzzato, la lingua è ricoperta da una mucosa che presenta
speciali aree destinate a recepire i sapori. La sensibilità ai sapori non è distribuita uniformemente
sulla lingua, perché un particolare tipo di recettore può essere più concentrato in alcune aree e più
attivo di altri. I bambini hanno molte più gemme gustative degli adulti; d’altro canto gli adulti
apprezzano molti più sapori dei bambini. Le sensazioni gustative possono essere provocate anche
da stimoli termici: il caldo produce sulla punta della lingua una netta sensazione di dolce, il freddo
una sensazione di salato e arido.

Le qualità gustative primarie sono trasdotte tramite meccanismi di chemotrasduzione differenti


tra loro. La percezione dei gusti ‘buoni’, il dolce e l’umami, è mediata da due recettori accoppiati a
proteine G, che formano la famiglia T1RS (Taste Receptors 1, ossia recettori del gusto di tipo 1).
Esiste un unico recettore per il rilevamento delle sostanze dolci (naturali ed artificiali) e uno per le
molecole che inducono la sensazione umami, ma la presenza di numerosi siti di legame sulla
porzione extracellulare di questi recettori può spiegare come sostanze di struttura molecolare
diversa, che suscitano le stesse sensazioni gustative, interagiscano con il medesimo recettore.

Le proteine T2RS (Taste Receptors 2) sono un’altra famiglia di recettori associati a proteine G
(circa 30), identificati come i sensori degli stimoli amari. La variabilità interindividuale, che è stata
accertata nell’espressione dei recettori T2RS, può spiegare il motivo per cui alcune persone
apprezzano il sapore di cibi che contengono sostanze amare, mentre altre li trovano sgradevoli. I
recettori per la percezione del gusto aspro sono canali ionici sensibili al passaggio degli ioni H+
presenti nelle soluzioni acide, mentre quelli del gusto salato sono canali ionici selettivi per lo ione
Na+.

Per la trasmissione dei segnali nel compartimento intracellulare sono stati proposti meccanismi
differenti: in tutti i casi il risultato finale è la modulazione dello stato di apertura dei canali ionici
delle cellule gustative, che determina la loro depolarizzazione e il conseguente rilascio di
neurotrasmettitori alle sinapsi con i neuroni gustativi primari.
 OLFATTO

L’olfatto è un senso che permette all’uomo di distinguere centinaia o addirittura migliaia di diversi
odori. Non è essenziale per la nostra sopravvivenza come lo è per altre specie che lo hanno molto
sviluppato. L’organo deputato alla ricezione degli odori è la mucosa (o epitelio) olfattiva, posta
nella volta della cavità nasale e costituita da cellule recettrici primarie, rappresentate da neuroni
sensitivi. Durante l’inalazione, l’aria passa attraverso le cavità nasali, dove si trovano i turbinati,
strutture rivestite da epitelio olfattivo che aumentano la turbolenza dell’aria e facilitano il contatto
con la parte superiore della cavità nasale. L’epitelio olfattivo è rivestito da un sottile strato di muco
secreto dalle ghiandole di Bowman, presenti in tutta la mucosa, ed è costituito da tre tipi di cellule:
cellule di supporto, basali e recettrici.

Le cellule di supporto sono cellule epiteliali colonnari, presentano microvilli in superficie che si
estendono nel muco; le cellule basali sono cellule staminali che entrano in mitosi e si
differenziano dando origine a nuove cellule recettoriali che sostituiscono quelle invecchiate tramite
un processo chiamato neurogenesi continua; le cellule recettrici sono interposte tra le cellule di
sostegno e presentano 10-20 ciglia ciascuna. In queste strutture che si estroflettono nel muco,
sono localizzate le molecole recettrici proteiche.

Le vie olfattive sono costituite dalle cellule recettoriali dell’epitelio olfattivo che, essendo neuroni
afferenti primari, presentano assoni amielinici, definiti fila olfactoria, che si prolungano dalla
mucosa verso il bulbo olfattivo attraversando uno strato particolare detto lamina cribrosa
dell’etmoide. A livello del bulbo olfattivo, le cellule olfattive entrano in sinapsi con le cellule mitrali,
che rappresentano i neuroni di secondo ordine. Gli assoni di questi neuroni decorrono dal primo
nervo cranico, raggiungendo la base del cranio dove si dividono in due tratti: tratto mediale, che si
porta alla commessura anteriore ed al bulbo olfattivo controlaterale, e tratto laterale, che
raggiunge direttamente la corteccia olfattiva primaria.

Quando una sostanza odorosa disciolta nel muco si lega al suo recettore specifico, una subunità
della proteina G perde affinità per il GDP (guanosindifosfato), si lega al GTP (guanosintrifosfato)
staccandosi così dal resto della proteina G e attivando l’enzima adenilato ciclasi. Il conseguente
aumento dei livelli intracellulari di cAMP induce l’apertura dei canali per il sodio e per il calcio che
entrano nel neurone depolarizzandolo. L’aumento dei livelli intracellulari di Ca2+ causa anche
l’apertura dei canali per il cloro determinando un flusso di ioni Cl– verso l’esterno, amplificando
così il fenomeno della depolarizzazione, la quale, quando raggiunge un valore soglia, determina
l’insorgenza di un potenziale d’azione che viene propagato fino al bulbo olfattivo.

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