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4/04/18

VI. I sistemi sensoriali


I sistemi sensoriali traducono vari tipi di informazioni
corporee che provengono dal mondo esterno nell’impulso
nervoso elaborato del cervello e tradotto in una
sensazione; questo processo avviene grazie alle strutture
chiamate recettori.
I recettori permettono di captare diversi tipi di
informazione (impulsi luminosi, onde elettromagnetiche),
ne rilevano l’energia e la trasformano in un PdA, che
decorrerà dal recettore fino alla corteccia.
Ogni organo di senso ha un suo tipo di recettore;
funzionano globalmente nello stesso modo, i recettori
sono strutture che si connettono ad un assone centrale,
nella maggior parte dei casi si tratta di neuroni di tipo
pseudo-unipolare con una branca che va verso la periferia
e una che va verso il SNC.
Legge di Bell e Muller: ogni recettore è costituito per
captare un certo tipo di energia, risponde a stimoli
preferenziali. I recettori possono anche rispondere a
stimoli di tipo diverso (i neuroni della retina percepiscono
stimoli luminosi ma rispondono anche alla pressione
dando una sensazione di tipo visivo): quello che dà la
specificità sensoriale è la connessione tra recettore e aree
corticali.

Ci sono processi comuni a tutti i sistemi sensoriali:


- trasduzione, conversione dell’energia specifica
degli stimoli in impulsi nervosi  uno stimolo fisico
cambia il potenziale di membrana, ingresso della
corrente depolarizzante (potenziale recettoriale),
se raggiunge il valore di soglia darà avvio a scarica
di PdA connessa con l’intensità dello stimolo (più è
forte lo stimolo più aumenta la frequenza di
scarica).
- proprietà dell’adattamento  il protrarsi della
durata stimolo cambia la capacità di rispondere. Ci
sono recettori in grado di rilevare variazioni molto
fini a livello temporale e recettori che ci informano
di quanto perdura lo stimolo. Nel complesso, la
frequenza di scarica cambia a seconda
dell’intensità dello stimolo.

I recettori sono di vario tipo:


• terminazioni nervose libere: tipiche delle
fibre dolorifiche, la parte terminale
dell’assone si apre venendo a contatto
direttamente con lo stimolo.
• meccanocettori: tipici del sistema tattile,
assone rivestito di guaina mielinica e la
parte terminale è racchiusa in una
struttura specializzata senza mielina,
cambiamenti conformazionali di questa
struttura deformano il recettore.
• cellule ciliate: tipiche del sistema uditivo e
vestibolare in cui il recettore contattato
dallo stimolo libera il neurotrasmettitore
che determina l’avvio dei PdA.

I PdA si propagano per tutto l’assone fino a raggiungere la


stazione sinaptica il punto in cui l’assone primario contatta
un secondo neurone (nel midollo spinale, nel talamo o
nella corteccia) in questo modo ogni volta che arriva lo
stimolo viene in parte rielaborato.
La trasduzione segue poi un processo di trasmissione del
PdA dal recettore al sistema nervoso centrale attraverso le
varie stazioni sinaptiche, a cui convergono varie
informazioni da altri recettori e dal SNC che comportano
una modulazione dell’informazione.
La specificità delle connessioni determina l’informazione
finale.

Campo recettivo: porzione di spazio che, se stimolata,


attiva il recettore. I campi recettivi sono diversi: nel caso
degli stimoli tattili sono la porzione della pelle, nel sistema
visivo è la porzione di campo visivo. La maggior parte dei
campi recettivi è costituita da area centrale + porzione
periferica  l’area centrale ha funzione eccitatoria, indurrà
una frequenza di scarica nel neurone, mentre la periferica
è inibitoria e determina una riduzione della risposta.
I sistemi sensoriali distinguono sempre le informazioni per
contrasto.
Se le aree vengono interessate contemporaneamente si
verifica una integrazione tra informazioni.

Fenomeno della convergenza: i campi recettivi diventano


sempre più ampi man mano che si va dalla periferia al SNC,
a un unico neurone cominciano ad arrivare informazioni
diverse, il suo campo recettivo è la somma dei campi
recettivi dalle afferenze che gli arrivano.

Fenomeni di inibizione laterale: se vengono attivati diversi


recettori si avrà uno stimolo saliente e altri meno salienti;
nella prima stazione sinaptica le informazioni vengono
integrate, lo stimolo centrale è più forte e inibisce gli
stimoli laterali più deboli, nella corteccia centrale arriverà
solo lo stimolo più rilevante. Le afferenze si modulano a
vicenda per ridurre il rumore di fondo.

VII. Sistema somatosensoriale


Il sistema somatosensoriale riguarda la sensibilità
somestesica che comprende diversi tipi di sensazioni:
o Esterocettive  provengono dall’esterno,
percezione della pressione, della temperatura, del
dolore etc.
o Propriocettive  posizione degli arti nel corpo e
percezione cinestesica.
o Enterocettive  informazioni da dentro il corpo,
recettori che si trovano nei visceri; livello di
concentrazione delle sostanze, regolazione della
respirazione e della contrazione dei muscoli.

Propriocezione ed enterocezione sono elaborate per la


maggior parte in maniera inconscia.

Il tatto
Sistema fondamentale per elaborazione del mondo,
riconoscimento degli oggetti e interazioni sociali.
Mediato da meccanocettori, strutture particolari che
rispondono a informazioni meccaniche sulla loro struttura,
in questo caso deformazioni della pelle.
Hanno due principali caratteristiche che permettono di
differenziarli:
a) adattamento  lento o rapido, rispondono in
maniera differente se lo stimolo contatta in
maniera istantanea o permane sulla cute,
rilevano le caratteristiche temporali del
contatto.
b) posizione nella cute  più o meno profondi,
determina l’ampiezza dei campi recettivi.

A) L’adattamento determina la velocità con cui le fibre


scaricano PdA in funzione dello stimolo tattile nel
nostro corpo.
Lo stimolo contatta il meccanocettore, lo deforma
(la deformazione cambia a seconda del tipo di
meccanocettore), questo determina una corrente
depolarizzante, se raggiunge la soglia il PdA si
propaga fino alla prima stazione sinaptica.
I recettori a lento adattamento ci permettono di
rilevare segnali tonici costanti (es. vestiti),
mantengono la frequenza di scarica per tutto il
contatto, finché lo stimolo non si stacca dalla pelle.
I recettori a rapido adattamento rilevano stimoli
fasici, permettono di elaborare gli aspetti
temporali dello stimolo, rispondono a stimoli
transienti: si genera PdA all’inizio e alla fine dello
stimolo ma non durante il contatto. I due tipi di
recettori hanno funzioni diverse che mediano
abilità di esplorazione tattile molto diversa.
B) Campo recettivo, posizione nella cute, i recettori
che hanno un campo superficiale rispondono a un
contatto che avviene in un punto molto preciso, si
trovano nella parte superiore dell’epidermide e
sono quindi strettamente vicini al contatto con lo
stimolo, l’analisi dello stimolo è molto raffinata. Il
campo recettivo di un neurone profondo invece è
molto più largo, lo stimolo deve essere più forte per
raggiungerli, li attiviamo nella manipolazione degli
oggetti e ci permettono di percepirne la forma.

Il tipo di adattamento e l’ampiezza del campo recettivo


determinano i tipi principali di recettori che troviamo nei
vari strati della pelle (epidermide + derma)
SUPERFICIALI PROFONDI
A LENTO Meissner Pacini
Nella pelle glabra troviamo: AD.
A RAPIDO Merkel Ruffini
o Corpuscoli di Meissner: superficiali, a rapido AD.
adattamento, il terminale assonico si ripiega su sé
stesso e viene inglobato nel recettore formato da
cellule appiattite. È un recettore strettamente
connesso alla pelle, fa sì che ogni piccolo stimolo
che contatta la pelle attiva questo recettore, ha
campi recettivi molto piccoli ed è utilizzato per il
tatto discriminativo, esplorazione della superficie
degli oggetti a partire da stimoli puntiformi.

o Corpuscoli di Merkel: superficiali, a lento


adattamento. Formato da piccoli gruppi di cellule
che racchiudono la parte terminale dell’assone
afferente. I campi recettivi sono molto piccoli,
distribuiti sui polpastrelli delle dita delle mani,
risponde a pressione o stiramento della cute, viene
usato per percezione dei bordi e superfici
irregolari; ad esempio vengono utilizzati dai non
vedenti per la lettura Braille.

In profondità abbiamo:

o Corpuscoli di Pacini: profondi e a rapido


adattamento, il terminale assonico è rivestito da
una serie di strati di tessuto connettivo e tra essi
c’è un liquido che li fa scivolare uno sull’altro. Il
campo recettivo è molto ampio, sa rilevare le
frequenze (500 Hz al secondo) ad esempio quando
manipoliamo degli oggetti, tipo appoggio della
penna sul foglio nella scrittura che provoca delle
vibrazioni. Lo stimolo comprime il recettore e
appiattisce il tessuto connettivo: l’inizio del
contatto determina un PdA che però si interrompe
subito dopo e ricomincia al sollevamento dello
stimolo. Proprietà elastiche, si adatta; all’interno
della matrice connettiva c’è il terminale assonico
che viene compresso, ma il tessuto si adatta e
smette di comprimere il terminale. Avviene la
stessa cosa al distacco dello stimolo.

o Corpuscoli di Ruffini: profondi, a lento


adattamento, formato da terminali della fibra
afferente che si aprono, la capsula piena di liquido
è ancorata alle fibre della pelle ed è sensibile allo
stiramento: i terminali assonici si tirano e fanno
scattare il PdA. Campi recettivi ampi, utilizzati
quando afferriamo gli oggetti anche senza
guardarli, riusciamo a posizionare in maniera
corretta le dita. Anche quando esploriamo un
oggetto li utilizziamo in maniera attiva, ne
riconosciamo la forma semplicemente tenendoli in
mano.

Nella cute provvista di peli abbiamo il recettore del follicolo


pilifero, sono le terminazioni delle fibre afferenti che si
avvolge al bulbo pilifero, è un recettore a rapido
adattamento che risponde alla flessione dei peli. Tutti i
recettori sono contattati da fibre mielinizzate dove la
guaina mielinica si perde nel terminale assonico. Sono i
responsabili della “pelle d’oca” e rispondono alla
deformazione dei peli.

6/04/18
La propriocezione e la trasmissione
dell’informazione
La propriocezione è in larga parte inconsapevole; la
mancanza della propriocezione ha effetti devastanti sulla
vita quotidiana, equivale a essere paralizzati.
I recettori della propriocezione si chiamano
meccanocettori delle capsule articolari, si agganciano ad
esse e rilevano le variazioni dell’angolo nell’articolazione.
Recettori muscolo-tendinei di Golgi: si agganciano al
tendine e rilevano lo stato di allungamento del muscolo,
lavorano con i fusi neuromuscolari, che si trovano nella
fibra muscolare e rilevano il grado di contrazione del
muscolo.
La trasmissione dell’informazione propriocettiva è comune
a quella tattile.

I meccanocettori che si trovano nella cute hanno il soma


nel ganglio delle radici dorsali, sono neuroni unipolari con
una branca che contatta il meccanocettore e una branca
che entra nel corno dorsale del midollo spinale.
I vari meccanocettori hanno fibre diverse che conducono
l’informazione a diverse velocità. Gli assoni cutanei e
muscolari hanno semplicemente il nome diverso: 4 tipi di
fibre afferenti che si diversificano per il calibro (dal più
grande al più piccolo), le fibre A che hanno diametro tra i
13 e 20 sono più veloci delle C, che non hanno nemmeno
guaina mielinica.
 Diverse fibre trasportano con diverse velocità le info
provenienti dalla cute: metodo con cui il cervello codifica
l’informazione sensoriale che riceve  il tipo di fibra che
viene attivata determina lo stimolo, e in più la corteccia
cerebrale prende la velocità a cui arriva l’informazione
dalla fibra come metodo per discriminare i diversi tipi di
stimoli.
Le fibre corrono in parallelo all’interno del midollo spinale,
divise in fasci; trasmissione integrata con i fenomeni di
convergenza.

La sensibilità tattile decorre nelle vie delle colonne dorsali:


l’informazione entra dalla radice dorsale al midollo,
quando entra ha due destinazioni: o va a contattare gli
interneuroni o ascende verso la corteccia, nei fasci che
decorrono nelle colonne dorsali.
Sono in realtà due tipi di fibre  fascicolo gracile e
cuneato. Il gracile è più mediale e prende le informazioni
dalla parte inferiore del corpo (vertebra T7 verso il basso).
Il cuneato prende le informazioni dai nervi superiori alla
vertebra T7; è più laterale rispetto al gracile. Portano lo
stesso tipo di informazione tattile e propriocettiva ma da
porzioni diverse del midollo spinale, quindi da nervi diversi.
Processo di trasmissione delle informazioni

1) Fibra che proviene dal meccanocettore entra nel


corno dorsale, una piccola parte si sposta
lateralmente per permettere i riflessi, mentre
l’altra parte sale fino al bulbo;
2) Fino al bulbo non c’è contatto sinaptico, nelle
colonne dorsali del bulbo c’è il primo nucleo gracile
e cuneato;
3) le fibre che partono dal secondo neurone dopo la
sinapsi si portano in direzione ventro-mediale e si
incrociano nella linea mediana. Da qui in poi
salgono formando il lemnisco mediale.
4) Il lemnisco mediale sale e incontra la seconda
sinapsi nel talamo (nucleo ventrale posteriore
laterale).
5) Proiezione dal talamo alla corteccia
somatosensoriale, da lì l’informazione viene
passata alle altre aree corticali. S1 trasmette la
sensazione di essere stato toccato oppure dell’arto
nello spazio.

Le informazioni procedono ipsilateralmente, nel


cordone ipsilaterale fino al bulbo, dove le informazioni
si incrociano. Dal bulbo alla corteccia somatosensoriale
la rappresentazione diventa controlaterale, S1 di
destra risponde agli stimoli tattili di sinistra e viceversa.

La via trigeminale porta la sensibilità tattile e propriocettiva


dal volto tramite il nervo del trigemino (V cranico). Le fibre
entrano e decussano nel ponte, dove ci sono due nuclei,
uno per la sensibilità tattile che fa sinapsi nel nucleo
sensitivo principale del trigemino e uno per la
propriocettiva che fa sinapsi nel nucleo mesencefalico. La
prima sinapsi è nel ponte; da lì avviene la decussazione,
portandosi nella parte controlaterale si forma il lemnisco
trigeminale che si trova di fianco a quello mediale, incontra
il neurone del talamo nel nucleo ventrale posteriore
mediale.
La proiezione arriva al giro post-centrale che si estende
sulla parte laterale della corteccia cerebrale S1; le parti del
corpo sono rappresentate in punti diversi della corteccia.
S1 è organizzata secondo diversi criteri:
• è composta da tre sottoaree (aree di Brodmann 3-
1-2); si trovano tutte sulla superficie laterale ma
continuano nel giro precentrale dopo la scissura di
Rolando, le aree 1 e 2 sono più laterali, nella
scissura di Rolando troviamo le aree 3a e 3b.
• Mantengono una segregazione dell’informazione
tattile e propriocettiva  il talamo manda le
informazioni propriocettive alla 3a e dalla 3a
arrivano all’area 2, mentre le info tattili dal talamo
arrivano alla 3B e arrivano alla area 1. C’è anche un
contingente di informazioni propriocettive che
passano dalla 2 senza passare dalla 3a e di tattili
che vanno alla 1 senza passare dalla 3b,
direttamente dal talamo. L’area 3a riceve afferenze
dai muscoli riguardo alla sensibilità propriocettiva
e le smista alla 2, l’area 3b riceve info tattili e le
smista alla 1. La corteccia S1 oltre ad avere
organizzazione per informazione, è organizzata in
strati. Le info saranno ricevute del IV strato, mentre
lo strato I si occupa di smistarle agli strati superiori.
• Possiamo identificare delle colonne di corteccia
che rappresentano diverse aree del corpo. Colonna
che riceve dai recettori a lento adattamento
alternata a quella che riceve dai recettori a rapido
adattamento.
Es. area di rappresentazione corticale del dito mignolo
(vedi slide)
• Ogni porzione di corteccia rappresenta una parte
del corpo, visti negli esperimenti di stimolazione
elettrica sui pazienti (mappatura della corteccia:
homunculus somatosensoriale). Se viene stimolato
nella parte esterna il paziente sente una
sensazione sul volto. Alcune parti come le dita
hanno un’alta risoluzione spaziale, quanta
corteccia è dedicata a quella parte del corpo indica
la sensibilità maggiore o minore, dipende dalla
quantità di recettori presenti in quella parte del
corpo. È un fenomeno sia biologicamente
determinato sia derivante dall’esperienza.
Aspetto riconducibile al fenomeno della
convergenza: i recettori del polpastrello sono molti
e ognuno ha la propria via, restano in genere
separati, questo è ciò che raggiunge la
rappresentazione in S1. Se si viene toccati da due
punte molto ravvicinate, esse toccano due aree
recettive diverse, sono coinvolti 3 neuroni. L’acuità
tattile dipende dal rapporto 1:1 tra recettore e
neurone trasmettitore.
Recettori via separata  più piccoli campi recettivi
 più accurata la capacità  più corteccia dedicata
a quell’area del corpo.

L’informazione viene smistata ad altre aree: corteccia


somatosensoriale secondaria. I campi recettivi sono
talmente ampi da essere bilaterali a differenza dei campi
unilaterali in S1 (La mano sinistra è rappresentata in S1 di
destra) S2 riceve informazioni da S1 di destra e sinistra
attraverso il corpo calloso, primo livello di convergenza
delle informazioni dalle due aree del corpo.
La corteccia somatosensoriale è plastica: modificabile
dall’esperienza. Esperimento della stimolazione delle dita
della mano di una scimmia: l’area dedicata alle dita
stimolate si espande, le dita erano più sensibili. Le mappe
somatosensoriali non sono stabili, si sviluppano con
l’esperienza: meccanismo di base per la riabilitazione.
All’opposto: se il dito viene rimosso, le aree di
rappresentazione delle dita vicine si espandono e
occupano l’area di rappresentazione silente del dito
assente. Arti fantasma  fenomeno che accade agli
amputati. Nell’aplasia congenita non si sente il dolore
dell’arto fantasma, dovuto a una riorganizzazione
maladattiva  i pazienti accusano dolore se sentono l’arto
amputato contrarsi. La rappresentazione corporea nella
corteccia è predeterminata, anche chi nasce senza braccia
percepisce di avere l’arto.

La corteccia parietale posteriore svolge diverse funzioni,


integrazione di informazioni tattili con altre informazioni.
Si divide in due porzioni del solco intraparietale che
comprende aree di Brodmann 5 e 7, la 5 mette insieme
informazioni tattili e propriocettive, possiamo esplorare la
superficie (muovere il braccio + consapevolezza del braccio
+ sensazione del braccio). L’area 7 inoltre riceve anche
informazioni visive che possono controllare i movimenti.
Rappresentazione dello spazio corporeo circondato dallo
spazio peripersonale (spazio raggiungibile senza muoversi,
si sposta con le parti del corpo); lo spazio extrapersonale
comprende le informazioni visive da codificare per arrivare
a raggiungere.
Atassia ottica: il paziente non è in grado di integrare
informazione visiva e propriocettiva. Non è capace di
prendere un oggetto senza guardarlo, manca
l’integrazione visiva.

Sotto al solco intraparietale inferiore c’è il lobulo parietale


inferiore che comprende aree di Brodmann 40 e 39; una
delle funzioni più importanti comprende le informazioni
legate alla consapevolezza dello spazio.
Negligenza spaziale unilaterale: il paziente non si rende
conto della parte destra/sinistra del corpo  si
truccano/radono metà del volto, non mangiano ciò che si
trova sul lato, disegnano solo una metà senza rendersene
conto.

Sistema nocicettivo
Col termine “dolore” si intende un’esperienza sensoriale ed
emozionale spiacevole. Il dolore non è solo sensazione: lo
stesso stimolo applicato a due persone diverse o a seconda
di situazioni diverse può dare differenti risposte.
Comprende aspetti emotivi ed esperienziali ed è legato alla
personalità stessa dell’individuo.
Danno potenziale: posso anticipare il dolore anche se il
danno ai tessuti non è ancora presente.
Il termine dolore è diverso dalla nocicezione  trasduzione
vera e propria dello stimolo che può arrecare danno ai
tessuti; qualsiasi stimolo che può essere dannoso diventa
nocicettivo, invece il dolore è la rappresentazione
cerebrale dello stimolo nocicettivo.
I recettori per i l dolore non lo generano, ma si limitano ad
informare il cervello dello stimolo potenzialmente
dannoso, in quale parte del corpo è localizzato.
La mancanza di nocicezione è rarissima, spesso è data da
malattie genetiche e porta facilmente a morte.

Qualsiasi stimolo può essere doloroso: uno stimolo tattile


o termico; la temperatura, la deformazione della pelle, lo
sforzo fisico sono tutti processi che possono danneggiare
il corpo  rilascio di sostanze infiammatorie, meccanismo
fisiologico di riparazione del danno. Sensibilizzazione delle
fibre nocicettive, diventiamo più inclini a sentire il dolore.

I recettori per il dolore sono caratterizzati da terminazioni


libere, localizzati in tutto il corpo ad eccezione del cervello
(i recettori si fermano alle meningi) le stimolazioni
intrachirurgiche della corteccia non provocano dolore.
Non c’è una struttura particolare che caratterizza le
terminazioni; le info dolorifiche sono trasportate dalle
fibre Aẟ o C (più lente, senza guaina mielinica)  danno
dolore di tipo diverso, hanno una conduzione diversa.

A seconda di come rispondono, le terminazioni libere si


chiamano:
- Meccanonocicettori  stimolo meccanico provoca
danni tissutali della cute
- Termonocicettori  variazioni termiche estreme (-
5° o +45°).
Sono detti specifici, perché rispondono a stimoli
particolari. Mediati da fibre Aẟ

- Nocicettori polimodali, sensibili a stimoli meccanici


termici o fisici, in genere si trovano nei visceri e
nelle strutture profonde
Aspecifici, fibre lente di tipo C

- Nocicettori silenti, si trovano nei visceri e


trasmettono segnali solo quando lo stimolo è già
avvenuto e il tessuto è già danneggiato, dovute al
processo di infiammazione.

Le due fibre mediano dolori diversi, le fibre mieliniche


Aẟ che possiedono guaina mielinica mediano un dolore
puntiforme e intenso detto dolore primario, mentre le
amieliniche C mediano il dolore secondario, meno
localizzabile, sordo, permanente a lungo.

Processo di trasmissione delle informazioni

1) Entrambe le fibre hanno un decorso molto simile,


entrano nella radice del corno dorsale (neuroni
pseudo-unipolari) del midollo spinale.

Differenza con informazione tattile  le info


dolorose fanno la prima sinapsi nel midollo, mentre
le info tattili fanno la sinapsi nel talamo.
Il midollo è diviso in lamine, in porzioni diverse
avvengono diversi tipi di sinapsi: l’info nocicettiva
può o fare una sinapsi con gli interneuroni nella
sostanza gelatinosa, quindi attivare un riflesso,
oppure nella zona di Lissauer per arrivare al talamo.
L’afferenza si sposta anteriormente, decussa subito e
sale.

Il neurotrasmettitore più importante che media le


sinapsi è il glutammato. Altri neurotrasmettitori
peptidici fanno parte del sistema infiammatorio.

Le vie del dolore sono uguali a quelle della


temperatura, condividono lo stesso percorso: il tatto
entra dalla radice e sale subito verso il talamo
decussando nel bulbo, il dolore e la temperatura
entrano, contraggono sinapsi e decussano nel
midollo, si incrociano a due livelli diversi  se ho una
lesione a livello del midollo, es. gamba destra, la
parte destra sentirà il dolore ma non il tatto, c’è una
perdita controlaterale nella gamba sinistra che non
sentirà più il dolore e la temperatura.

Fenomeno del dolore riferito: quando entrano nel


midollo spinale, le afferenze cutanee e viscerali
convergono e si mischiano nello stesso punto. Un
dolore viscerale viene percepito come cutaneo,
quando si ha un infarto del miocardio viene
percepito come dolore al braccio: fanno sinapsi negli
stessi nuclei del midollo spinale e il cervello imputa il
dolore alle afferenze tattili che sono più semplici da
localizzare.

2) La seconda sinapsi avviene già nel talamo, il fascio di


fibre che porta l’afferenza dal midollo al talamo è
chiamato fascio spinotalamico ed è anterolaterale. La
seconda sinapsi avviene nel nucleo ventrale
posteriore laterale del talamo; in realtà il fascio
spinotalamico manda afferenze anche ad altri nuclei
talamici intralaminari, che sono aspecifici, proiettano
in maniera diffusa alla corteccia cerebrale.

Le vie trigeminali del dolore nel volto sono uguali per


il tatto, afferiscono dal nervo del trigemino e
contattano la prima sinapsi in due nuclei, uno a livello
del ponte e uno nel bulbo; decussano subito, poi il
fascio di fibre sale formando il lemnisco trigeminale;
ulteriore sinapsi nel nucleo talamico
ventroposteromediale (come per la sensibilità tattile
del volto).

3) Le proiezioni che vengono dai nuclei specifici


(ventroposteriori laterali e mediali) e aspecifici
(intralaminari e laterali) formano vie che danno
sensibilità diverse:

- nuclei specifici  via neospinotalamica,


filogeneticamente comparsa più tardi, ci permette di
localizzare e definire meglio il dolore.

- nuclei aspecifici  via paleospinotalamica, più


antica dal punto di vista evolutivo, manda proiezioni
diffuse e attiva i riflessi e le reazioni viscerali, in più
manda info ad altre aree della corteccia, tra cui
quelle deputate alle emozioni. Lo stimolo nocicettivo
viene interpretato.
Tra queste aree c’è il cingolo anteriore (che fa parte
del sistema limbico), che si trova sopra al corpo
calloso. La parte anteriore media la spiacevolezza del
dolore, una lesione a quest’area comporta
l’incapacità di interpretare lo stimolo doloroso come
spiacevole. Questa area fa anche parte del circuito
“mirror” che media l’empatia per il dolore altrui.

4) altre aree importanti per il dolore:

- Insula posteriore: permette di identificare lo


stimolo come doloroso.
Una lesione può portare all’asimbolia per il dolore
 sento lo stimolo e capisco se è forte o debole, lo
localizzo ma non discrimino il dolore come stimolo
doloroso, lo tratto come uno stimolo neutro.
- Corteccia prefrontale: coinvolta nelle funzioni
esecutive, permette una valutazione
dell’esperienza dolorosa.
Mi permette di decidere come comportarmi anche
in base al contesto sociale e all’esperienza passata.
Nelle psicosi gravi anni fa si usava l’ablazione
chirurgica della corteccia prefrontale per ridurre i
disturbi che riduceva anche le reazioni allo stimolo
doloroso.
- Formazione reticolare (serie di nuclei dispersi nel
tronco dell’encefalo): funzione attivante, favorisce
lo stato di allerta.
- Ipotalamo e amigdala: partecipano al controllo di
risposte viscerali ed emozioni, innesco di risposte
diverse, favoriscono le risposte difensive al dolore
(riflessi di protezione - attacco e fuga). Risposta più
veloce perché non è mediata dalla corteccia.

Esistenza della PAIN MATRIX: il dolore è imputabile non


al funzionamento di una singola area ma a un circuito
di aree grossolanamente differenziate in un nodo
sensorimotorio dove vengono elaborati gli aspetti
sensoriali discriminativi, che comprendono le
proiezioni dal talamo laterale alla corteccia sensoriale
(percezione stimolo doloroso) e motoria (per attivare
la risposta) e insula posteriore. Le altre aree fanno
parte dell’aspetto più affettivo-motivazionale  come
interpreto l’esperienza, come la memorizzo e
organizzerò le informazioni per reagire la prossima
volta.

Fenomeni connessi al dolore:

• iperalgesia: amplificazione del dolore  dovuta a


ipersensibilizzazione del tessuto.
Si distingue tra iperalgesia primaria (interessa area
danneggiata) e secondaria (interessa aree
adiacenti ma illese).
Legata a processi infiammatori: il danno innesca
l’infiammazione data dalla colluzione di
determinate sostanze. Si porta sangue nella zona
del danno e si rimuovono le sostanze tossiche 
effetto positivo. Ma dall’altra parte aumentano le
sostanze che si attaccano ai terminali recettoriali:
bradichinina, varia la sensibilità dei canali ionici e
depolarizza il nocicettore, rende più facile
scatenare un PdA che segnala lo stimolo doloroso.
Prostaglandine, non scatenano il dolore ma
aumentano la risposta del recettore a stimoli neutri
che normalmente non provocano dolore, facilitano
la scarica; l’aspirina inibisce la sintesi delle
prostaglandine e diminuisce il dolore.
Sostanza p, una tra le sostanze prodotte dalle fibre
nocicettive C, neurotrasmettitore peptidico che ha
due effetti: attiva il mastocita che a sua volta
rilascia l’istamina, che si attacca al nocicettore e lo
depolarizza facilitando il PdA. Secondo effetto:
agisce sulla dilatazione dei vasi e permette il rilascio
di capsaicina. Il cibo piccante attiva la capsaicina
nel peperoncino che dà una sensazione di dolore e
di calore (attiva anche i termorecettori).
Fenomeno dell’allodimia  se il sistema è
sensibilizzato, rispondono al dolore anche le fibre
Aẟ del sistema tattile, anche l’informazione tattile
provoca dolore.

• analgesia, riduzione del dolore, ottenibile con


trattamento farmacologico.
Due meccanismi del sistema nervoso: analgesia
spinale e sovraspinale. L’analgesia spinale
coinvolge modificazioni della trasduzione e
trasmissione del dolore nel midollo spinale, nella
sovraspinale le aree corticali controllano e
bloccano le afferenze nocicettive con un
meccanismo top-down.
Analgesia spinale: meccanismo della teoria del
cancello, spiega il fenomeno per cui le afferenze
tattili inibiscono le afferenze dolorifiche
contattando un interneurone. Spiega il fenomeno
per cui massaggiare un’area dolorante riduce il
dolore: le afferenze tattili inibiscono quelle
dolorifiche. Normalmente quando avviene un
danno, una branca dell’info va a fare la prima
sinapsi, ma c’è un assone che contatta un
interneurone e lo inibisce: il cancello è chiuso. Se
però contemporaneamente avviene una
stimolazione tattile, arriva un’afferenza eccitatoria
allo stesso interneurone che inibisce il passaggio
dell’informazione nocicettiva nella fibra C.
Analgesia sovraspinale: meccanismi che partono al
di fuori del midollo spinale, è implicata la sostanza
grigia che manda afferenze discendenti verso il
midollo spinale che bloccano l’ingresso dello
stimolo nocicettivo. La sostanza che si trova nel
condotto ha dei recettori per gli oppiacei: la ricerca
ha dimostrato che produciamo sostanze
oppiogene per controllare il dolore. Ad esempio la
morfina se viene iniettata nella sostanza grigia
attiva il nucleo del rafe e il locus caeruleus che
inibiscono le afferenze nocicettive dal midollo
spinale. Sistema che viene attivato in condizioni di
sforzo.
In condizioni di stress può avvenire l’analgesia da
stress, dovuta al rilascio di ormoni dall’ipotalamo.
Meccanismi studiati per il controllo del dolore,
funzionano anche nei meccanismi coinvolti
nell’effetto placebo: a parità di stimolo il dolore
viene percepito in maniera diversa, se nei pazienti
con dolore cronico vengono somministrate
sostanze con effetto di suggestione i sintomi
svaniscono ugualmente perché mediati da questi
meccanismi interni.
11/04/18

VII. La visione
Il processo della visione parte dall'occhio, che cattura
l'immagine dell'ambiente  luce (radiazione
elettromagnetica) che entra nell'occhio e viene
proiettata sul fondo, dove ci sono i recettori visivi della
retina, che attuano il processo di trasduzione.

• La pupilla è il mezzo attraverso cui entra la


luce
• l'iride è una struttura muscolare composta da
dilatatore e sfintere che permette di ampliare
e chiudere l'apertura della pupilla.
• Cornea e cristallino sono lenti che
permettono la messa a fuoco sul fondo
dell'occhio dove troviamo la retina.

La retina è costituita da una serie di neuroni tra i quali


i più interni sono i fotorecettori. L'informazione dai
fotorecettori torna indietro verso le cellule gangliari
che determinano l'impulso nervoso, da cui partono le
afferenze verso il SNC.
La retina è laminare, costituita da diversi strati:
a) Strato nucleare esterno: sono presenti i
fotorecettori, cambiamento di potenziale di
membrana, elementi fotosensibili per
l'assorbimento della luce.
b) Strato plessiforme esterno: rete di connessioni
in cui ci sono cellule orizzontali che si mettono
in mezzo tra la sinapsi fotorecettore-cellule
bipolari.
c) Strato nucleare interno: cellule bipolari,
attivate da una conduzione elettrotonica
d) Strato plessiforme interno: sono contenute
cellule amacrine.
e) Strato cellule gangliari: che attivano PdA,
(prima c'è solo conduzione elettrotonica).

Epitelio pigmentato  si trova dietro la retina, è


una membrana vascolare che contiene melanina
con il compito di assorbire la luce che non viene
assorbita dai fotorecettori, in modo che non si
rifletta indietro all’interno dell’occhio creando
interferenza, e vitamina A. Importante il processo
di assorbimento (alcuni animali non ce l'hanno,
come i procioni, aumentano la capacità di vedere
al buio perché viene riflessa la luce; gli albini
mancano di melanina, acuità visiva bassissima).

Plessiforme  strato di connessione, con neuroni


che si mettono tra le sinapsi.
Elaborazione sinaptica:
via diretta: fotorecettori che influenzano il potenziale
di membrana delle cellule bipolari che a loro volta
influenzano il potenziale di membrana delle cellule
gangliari.
via indiretta: coinvolge i contatti con gli strati
plessiformi che hanno il compito modulare le
connessioni.

Fotorecettori: presentano un segmento interno,


terminazione sinaptica e un segmento esterno, dischi
di membrane fotosensibili.
Bastoncelli: segmento esterno lungo con forma
cilindrica, contengono la rodopsina, visione notturna
(scotopica).
Coni: segmento esterno a forma di cono, più piccoli,
meno elementi fotosensibili, sensibili alla luce,
contengono tre diversi tipi di fotopigmenti (capacità di
percepire i colori).

Cambia per i due recettori anche la disposizione nella


retina: i coni sono concentrati al centro del campo
visivo, della retina, tra i 0-10°, zona chiamata fovea, il
punto della retina che usiamo per discriminare i
dettagli, verso la periferia ne troviamo molto meno,
mentre sono abbondanti i bastoncelli che al contrario
non sono presenti nella fovea. Al buio usiamo la
periferia della retina.
La fovea è posta dietro la macula, è la parte centrale
che contiene solo coni, si chiama così perché è come
un fosso, infatti gli strati superiori dei fotorecettori si
aprono ai lati, in questo modo la luce può colpire
subito la retina.
Un campo recettivo più piccolo corrisponde a una
maggiore precisione  I bastoncelli convengono in
minori cellule gangliari, rapporto multiplo (tanti
bastoncelli convergono su un'unica cellula).
Fenomeno della magnificazione corticale: fovea più
rappresentata della periferia (come l'homunculus), è
rappresentata con maggiore dimensione la zona con
maggior sensibilità.
La macchia cieca è il punto in cui non ci sono
fotorecettori (17°), è la zona da cui esce il nervo ottico
dalla retina (quando il puntino scompare è nella
macchia cieca).
Processo di fototrasduzione

Nei bastoncelli:
I fotorecettori hanno la particolarità di avere un
potenziale di membrana di -40mV, già depolarizzato in
condizione di buio, in quanto c'è un flusso di corrente
ionica positiva di Na, che entra nel fotorecettore,
chiamata corrente al buio  questo ingresso è dovuto
al fatto che c'è un messaggero intracellulare cGMP che
è attaccato ai canali per il sodio e li tiene aperti e in
questo modo la membrana è meno negativa.
Quando si accende la luce il messaggero intracellulare
viene degradato da un enzima, quindi i canali per il Na
si chiudono e non entrano cariche positive, avviene
quindi un'iperpolarizzazione. Quando c'è la luce, il
recettore si iperpolarizza: lo rende più negativo.
Il processo è dovuto al fatto che nei dischi della
membrana ci sono fotopigmenti che assorbono la
luce. Nei bastoncelli questo fotopigmento è la
rodopsina (formata da proteina opsina + derivato della
vitamina A retinale). Quando la rodopsina assorbe la
luce sbianca, diventa giallognola: processo di
sbiancamento.
Condizione di buio → il disco del bastoncello ha canali
al sodio aperto, cellula depolarizzata.
Luce → attiva la rodopsina, che sbianca e l'effetto
attiva i processi a cascata: l'attivazione della proteina
G (transducina) che attiva l'enzima (fosfodiesterasi)
che degrada il GMP ciclico, e c'è quindi una
degradazione della membrana. Entro 1 secondo, un
altro enzima inattiva la rodopsina e il ciclo ricomincia.
Più proteine G attivano diversi enzimi, bastano piccole
quantità di luce per attivare gli enzimi.

Nei coni:
Avviene sostanzialmente la stessa cosa, ma i coni
rispondono in maniera differente alle diverse
lunghezze d'onda:

- Onde lunghe  coni sensibili al rosso (L)


- Onde corte  coni sensibili al blu (S)
- Onde medie  coni sensibili al verde (M)

C’è una parziale sovrapposizione, attivazione di più


coni alle lunghezze d'onda intermedie.
Teoria tricromatica (Young - Helmholtz).
Uguale attivazione dei coni di stessa intensità →
visione del bianco, non c'è colore.
La visione del colore è determinata dall'opsina
contenuta nei fotopigmenti del fotorecettore.

Organizzazione del campo recettivo

Campo recettivo: riferito alla retina, corrisponde a


quella porzione di retina che colpita dallo stimolo
luminoso determina la variazione di carica di una
determinata cellula ganglionare.

Cellule bipolari: campo recettivo organizzato in


centro-periferia antagonisti. Se il centro depolarizza, la
periferia iperpolarizza. Sono speculari una all'altra.
✓ centro on: depolarizza con la luce al centro, se
la luce colpisce la periferia c'è
un'iperpolarizzazione.
✓ centro off: centro iperpolarizzazione, periferia
depolarizzazione.

Luce → centro del campo recettivo cellule bipolari


centro on. Centro on e centro off rispondono in
maniera diversa al rilascio dei fotorecettori:
 al buio: rilascio glutammato. Off depolarizza, on
iperpolarizza.
 alla luce: iperpolarizza il fotorecettore, rilascia
meno glutammato.
Centro off: iperpolarizzazione → recettori ionotropici
rispondono a meno glutammato, si riduce l'ingresso di
sodio. Riduzione PdA delle cellule gangliari.
Centro on: inverte il segnale che riceve dal
fotorecettore → recettore metabotropico, la proteina
G ribalta il tutto, ha l'effetto di aprire i canali ionici e
di attivare la depolarizzazione.
All'aumentare della luce aumenta il rilascio di
glutammato.

Via diretta: responsabile risposte al centro del campo


recettivo. Fotorecettore → bipolare → gangliare.
(centro campo retinico)
Via indiretta: luce in periferia → fotorecettore
iperpolarizza → orizzontale iperpolarizza, inibisce la
cellula bipolare (periferia del campo recettivo
retinico).
16/04/18

Antagonismo centro-periferia: la risposta della


periferia è sempre opposta alla risposta del centro,
l’effetto è dovuto alla via diretta che attiva la cellula
bipolare
Una cellula bipolare risponde in maniera ottimale
quando il centro è illuminato e la periferia è buia
(centro-on), viceversa per la cellula centro-off.

Questo tipo di organizzazione si mantiene per le


cellule gangliari. La differenza è che le cellule gangliari
rispondono alla quantità di glutammato con una
scarica di PdA. Mentre le altre cellule comunicano e
rispondono in maniera proporzionale alla quantità di
glutammato rilasciato, le gangliari rispondono con una
scarica di PdA sono le uniche cellule che rispondono
scaricando il PdA. Sono organizzate anche loro con
centro-periferia antagonisti.

Se c’è una luce diffusa la cellula centro-off scarica


poco, se si spegne la luce e al centro c’è il buio,
aumenta la frequenza di scarica del neurone; se la
parte scura si allarga fino a coprire la periferia
antagonista, si riduce la scarica di PdA  effetto
inibitorio. La stessa cosa accade se nella cellula centro-
on si illumina anche la periferia. Riduzione dei PdA.

Primo passaggio per la discriminazione del bordo degli


oggetti: queste cellule rispondono in maniera
massimale quando c’è un bordo; se nella cellula
centro-off l’ombra copre tutto il campo recettivo
centro/periferia diminuisce la frequenza di scarica;
risposta ottimale quando il bordo copre tutto il centro
mentre la periferia è coperta in parte.
C’è un aumento dell’attività di scarica perché il
contrasto aumenta, quindi aumenta la risposta del
campo recettivo.
Ne consegue che la maggiore sensibilità al contrasto
tra zone ombra e zone luce è ciò che determina il
segnale, non tanto quanta luce c’è ma quanto
contrasto c’è tra zone di ombra e luce.
Le cellule amacrine determinano la risposta
antagonista della periferia, mediano i contatti tra
bipolari e gangliari. Lo scopo di questa organizzazione
è rendere più dettagliato il contrasto tra gli oggetti.

Principio alla base delle illusioni percettive:


antagonismo della periferia contrasta il segnale del
centro. Il contrasto è più forte con il contorno scuro. Il
codice delle cellule ganglionari è basato sul contrasto
tra centro e periferia.
Le cellule gangliari hanno anche caratteristiche
anatomiche funzionali diverse, danno origine a vie
segregate di elaborazione dell’informazione visiva. Si
dividono in 3 categorie:
1) Magnocellulari  corpo cellulare maggiore, albero
dendritico ampio, assone con diametro maggiore
(10%)
- Hanno campi recettivi molto grandi
- Scarica transiente, rapido adattamento
- PdA condotti più rapidamente (diametro
dell’assone più grande)
- Ricevono afferenze soprattutto dai bastoncelli
- Sensibili soprattutto a differenze di luminosità
e movimento degli stimoli
2) Parvocellulari  corpo più piccolo, estensione
albero più ridotta e diametro assone più piccolo
(80%)
- Campi recettivi più piccoli
- Rispondono con una risposta sostenuta, lento
adattamento
- PdA condotti più lentamente
- Ricevono afferenze principalmente dai coni
- Circuito visivo che elabora forma e colore
3) Non-m-non-p  (10%) hanno caratteristiche
intermedie
- Afferenze solo dai coni
- Rispondono al colore

Le cellule gangliari opponenti ai colori ricevono dai


coni, hanno pigmenti che assorbono le diverse
lunghezze d’onda.
Hanno anche esse centro on e off, la risposta dipende
dalle afferenze che arrivano dai coni.
I coni sono sensibili alle lunghezze d’onda R-V-B e
proiettano al centro e alla periferia del campo visivo
dando una risposta al campo recettivo antagonista per
i colori. Quindi abbiamo cellule che rispondono al
rosso al centro e sono inibite dal verde alla periferia, e
cellule che sono attivate e inibite dalla coppia di colori
blu-giallo.
Parziale sovrapposizione dei coni: la periferia risponde
un po’ anche al rosso, ma la risposta ottimale si ha
quando la periferia è verde.
Organizzazione identica, il centro risponde alle
afferenze dai coni da cui arriva il rosso mentre la
periferia ai coni che trasmettono il verde.
L’opponenza blu-giallo funziona allo stesso modo.
Invece le cellule M non hanno opponenza cromatica,
ricevono solo afferenza dai bastoncelli che non
rispondono alla differenza dei colori.

Questo porta all’elaborazione parallela delle


differenze visive: la via per l’elaborazione del
contrasto luce-ombra, (quindi del bordo degli oggetti)
la via per l’elaborazione dei colori che parte dai coni e
la via per forma-movimento rimangono separate e le
informazioni si metteranno insieme solo in V1 per
dare una percezione globale dell’oggetto.

Dalle cellule gangliari inizia il sistema


visivo centrale
L’informazione esce dalla retina portata dagli assoni
delle cellule gangliari  gli assoni si uniscono e vanno
a formare un unico nervo ottico per entrambi gli occhi.
I due nervi ottici si uniscono parzialmente a livello del
chiasma ottico, le afferenze convergono e poi si
separano nuovamente per formare il tratto ottico.

Zona binoculare: porzione del campo visivo vista da


entrambi gli occhi. Invece la zona monoculare viene
vista da un solo occhio.
Il campo visivo viene per convenzione diviso a metà
(linea mediana del corpo)  emicampo visivo sinistro
e destro ai due lati del punto di fissazione.

La porzione 1 è la monoculare dell’emicampo sinistro


 non proietta sulla retina del campo destro.
La porzione 5 è detta emiretina nasale, punto che
arriva fino alla fovea.
Negli occhi si trova già una visione ribaltata del campo
visivo, il cervello opera la trasformazione e ci permette
di vedere dritto.
Il campo visivo si sposta con gli occhi: cambia la parte
di campo visivo che si riesce a vedere. Per fissare gli
oggetti muoviamo gli occhi in modo che cadano sulla
fovea, dove c’è maggiore acuità visiva.

Il nervo ottico lascia la retina e si dirige verso il


cervello: le fibre provenienti dalle emiretine nasali
incrociano a livello del chiasma ottico mentre le fibre
che provengono dalla parte temporale procedono
ipsilateralmente.
Nel corpo genicolato laterale (prima stazione
sinaptica), la parte di sinistra vedrà solo l’emicampo
visivo di destra mentre la parte di destra vedrà
l’emicampo sinistro. Ogni retina contiene una
rappresentazione totale del campo visivo; le emiretine
nasali si incrociano a livello del chiasma ottico e la
parte temporale dell’occhio sinistro si associa
all’emiretina dell’occhio destro.
Risultato: la parte sinistra vedrà solo l’emicampo
destro e viceversa. A seguito della decussazione delle
fibre tutta la via visiva porterà solo la
rappresentazione controlaterale.

 Lesione prechiasmatica (prima della


decussazione) fa perdere la vista dall’occhio
omolaterale
 Lesione a livello del chiasma porta a una
perdita del campo visivo periferico di entrambi
gli occhi
 Lesione postchiasmatica (sia nel tratto ottico
che nella corteccia visiva) perdita della vista
dell’emicampo controlaterale di entrambi gli
occhi.

 Può esserci anche uno scotoma o una anopsia


quando sono lesionate piccole porzioni di fibre
Proiezioni retiniche non corticali: non arrivano in
corteccia ma svolgono altre funzioni.

Una di queste è il riflesso pupillare  la pupilla si


contrae/si dilata quando c’è un cambiamento
dell’intensità della luce, effetto protettivo, evita che
troppa luce possa saturare l’attività dei fotorecettori.
Riflesso di apertura e chiusura controllato da nuclei
che si trovano nel mesencefalo, gli assoni delle cellule
gangliari arrivano nel ventricolo e contattano il nucleo
pretettale che invia info al nucleo di Edinger-Westphal,
nucleo oculomotore del terzo nervo cranico. Da qui
partono le efferenze che contattano i muscoli della
pupilla determinandone dilatamento e restrizione. A
livello del nucleo pretettale, il nervo manda efferenze
bilaterali, anche se un fascio di luce colpisce un solo
occhio la pupilla si restringe in entrambi gli occhi.

La seconda via non corticale arriva alla ghiandola


pineale dell’ipotalamo coinvolta nei ritmi circadiani
sonno-veglia. Al buio ci viene sonno (si attiva il circuito
con effetto sedativo) mentre con la luce non abbiamo
sonno. Tramite il nervo ottico le afferenze contattano
il nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, da cui si
attiva la secrezione della melatonina. La produzione di
melatonina è dose-dipendente rispetto alla quantità
di luce, è maggiore al buio.
È controllata dal sistema nervoso autonomo.

Proiezione retino-tettale  fa tappa al collicolo


superiore. Riceve afferenze dalla retina e controlla i
movimenti di orientamento.
Mi oriento con la testa e gli occhi verso uno stimolo
visivo. Il collicolo superiore fa spostare gli occhi e il
capo in modo che lo stimolo cada nella fovea anziché
nella periferia. Il collicolo superiore è diviso a strati:
negli strati più profondi arrivano anche info da altre
modalità sensoriali (tattili, uditive etc.) è uno dei centri
di integrazione più importanti, permette di orientarmi
nello spazio. Se uno stimolo produce un suono o mi
tocca, è più semplice orientarmi in quella direzione.

Proiezioni retiniche corticali  alla base del


riconoscimento degli oggetti.
Prima tappa nei nuclei del talamo prima che arrivino
alla corteccia. Dal genicolato laterale (ripiegato “a
ginocchio” intorno al tratto ottico) partono le
efferenze. Qui arriva il 90% delle fibre retiniche, di cui
la maggior parte proviene dalla fovea  meccanismi
di magnificazione corticale, tali per cui c’è la massima
risoluzione spaziale.

Il corpo genicolato laterale riceve gli imput in strati


segregati, ogni strato riceve un tipo di afferenza. Sono
sei strati di cui quelli più superiori (dal 6 al 3) ricevono
dalle cellule gangliari di tipo P, mentre gli strati più
profondi (2 e 1) ricevono dalle cellule di tipo M.
Le afferenze di ciascun occhio rimangono separate.

Tra uno strato e l’altro ci sono degli strati intermedi


detti koniocellulari che ricevono dalle cellule non-m-
non-p. Ogni tipo di cellula gangliare manda a uno
strato diverso del genicolato le sue informazioni, in più
ciascuno strato riceve o dall’occhio controlaterale o
ipsilaterale rispetto al lato del genicolato.
Gli strati 6-4-1 ricevono l’occhio controlaterale
mentre il 5-3-2 dall’occhio ipsilaterale. Doppia
segregazione, che permane fino alla corteccia V1 in cui
inizia il primo assemblaggio di tutte le informazioni
differenti.

I campi recettivi dei neuroni del genicolato laterale


rispecchiano quelli delle cellule afferenti:

- Neuroni magnocellulari  campo recettivo


ampio, non sensibili ai colori, rispondono a
stimoli istantanei
- Neuroni parvocellulari  campi recettivi più
piccoli, aumento costante della frequenza di
PdA e molti sono sensibili alle lunghezze
d’onda
I campi recettivi degli strati koniocellulari sono di tipo
centro-periferia e ricevono informazioni sul colore
(ricevono dai coni).

Ci sono imput che arrivano al genicolato laterale dalla


corteccia visiva, che manda un feedback dall’ultimo
strato (afferenze talamiche), sono maggiori rispetto a
quelle che arrivano dal talamo  è un modo con cui
la corteccia controlla l’ingresso delle informazioni.

Altre afferenze provengono dai nuclei della


formazione reticolare dal tronco dell’encefalo,
controllano gli stati di vigilanza. L’informazione quindi
è in parte cambiata da informazioni dalla corteccia e
dal tronco, che determinano la salienza dello stimolo
visivo, quindi la prontezza con cui risponderò.
Il genicolato laterale è il primo livello a cui
l’informazione della retina viene influenzata
cognitivamente ed emotivamente.

La corteccia visiva primaria occupa l’area 17 di


Brodmann, porzione posteriore del lobo occipitale; la
corteccia deputata all’elaborazione dell’informazione
visiva si è ridotta nel corso dell’evoluzione a favore
delle aree prefrontali e di integrazione.
Tuttavia, attualmente 1/3 della corteccia è deputata
all’elaborazione delle informazioni visive.
La corteccia visiva primaria si dispone sull’area
occipitale e medialmente ai lati della scissura
calcarina, interna e mediale che separa la corteccia in
una porzione superiore e inferiore.

Il circuito per le informazioni visive è molto


complesso: c’è uno smistamento dell’informazione
visiva a seconda di cosa devo elaborare.
In V1 le informazioni dal genicolato laterale e dai due
occhi vengono messe insieme  rappresentazione
completa dell’oggetto. Dopodiché lo stimolo viene
ulteriormente elaborato tramite aree deputate al
riconoscimento del movimento, del colore, al
significato degli oggetti e all’azione sugli oggetti.

Il primo livello è l’integrazione delle informazioni


segregate. Nella corteccia visiva primaria troviamo
una organizzazione retinotopica: punti che attivano
fotorecettori vicini, attiveranno neuroni vicini nella
corteccia primaria.
L’attivazione nella corteccia rispecchia quella sulla
retina. Le proiezioni salgono in maniera diretta fra le
varie strutture sinaptiche e si mantengono
spazialmente organizzate. La parte viene
rappresentata per intero sulla corteccia visiva ma
ribaltata.
Ogni parte del campo visivo è rappresentata in un
punto diverso della corteccia visiva. La parte più
centrale del campo visivo, che cade sulla fovea,
impiega più neuroni a livello della corteccia visiva 
magnificazione corticale. Comporta una maggiore
risoluzione visiva. Più lontano dalla fovea cade la
rappresentazione, minori sono i neuroni impiegati in
V1.

La parte destra del campo visivo va alla corteccia


primaria di sinistra e viceversa  rappresentazione
controlaterale.

Lo stimolo luminoso ha un picco di attivazione e una


parte intorno di diffusione cerebrale: il cervello
interpreta quello che sto vedendo.

18/04/18

Il quarto strato della corteccia visiva è diviso in altri 4


strati.
Nel quarto strato della corteccia visiva primaria
iniziano a formarsi colonne separate in cui le info
vengono elaborate in maniera segregata.
La via magnocellulare proietta al IV strato nella
divisione di tipo α, mentre allo strato sottostante β
arrivano le informazioni parvocellulari. Le vie
koniocellulari contraggono sinapsi nel III strato.

Iniziano a formarsi le colonne in cui è organizzata v1,


ognuna elabora un tipo preciso di informazioni.
Separazione contro e ipsilaterale, separazione tra i
diversi tipi di cellule (magno, parvo, non m non p) che
proiettano e si mantengono segregate anche nella
corteccia primaria.
Gli strati formano colonne di elaborazione, sensibili ad
un particolare tipo di info grazie alle colonne di tipo
radiale. Più le afferenze arrivano in superficie più
saranno integrate, a livello del IV strato sono ancora
segregate
Via magnocellulare, parvocellulare e koniocellulare. I
campi recettivi cambiano: tendono ad allargarsi e ad
assumere caratteristiche diverse.

I campi recettivi dello strato IVC sono monoculari,


circolari, con centro-periferia antagonisti. Rispondono
a stimoli luminosi puntiformi.
Gli strati superficiali al ricevente IVC cambiano di
forma, iniziano a rispondere a stimoli allungati,
selettivi per l’orientamento, sensibili al movimento, in
particolare la direzione (stimolo allungato da destra
verso sinistra e viceversa) stimoli binoculari, neurone
attivato sia se l’afferenza viene dall’occhio destro che
dal sinistro.

Tre categorie di campi recettivi:

- cellule corticali semplici  campo recettivo


rettangolare, centro di tipo on-off e risposta
antagonista della periferia.
Stimolo allungato cade al centro del campo
recettivo che però è allungato, nasce da un
processo di convergenza: neuroni del
genicolato laterale andranno a convergere in
un unico neurone nel nucleo del IV strato, i
campi recettivi si sommano formando un
centro allungato composto dai centri dei tre
campi recettivi  questo tipo particolare di
campo recettivo fa sì che rispondano a linee
allungate disposte lungo il centro del campo
recettivo.
La linea che prende in parte la periferia e in
parte il centro non attiverà il neurone.
Cellule sensibili all’orientamento delle linee 
se lo stimolo viene ruotato diminuisce mano a
mano la risposta del neurone. Si distribuisce
mano a mano la possibilità di elaborare gli
stimoli (il neurone successivo risponde a uno
stimolo ruotato di 10°)
Primo processo alla base dell’elaborazione
della forma degli oggetti. I bordi sono elaborati
per via della caratteristica allungata.

- Cellule di tipo complesso  si trovano negli


strati 3 e 2, hanno la caratteristica di
rispondere sempre a stimoli allungati, ma il
neurone risponde all’orientamento dello
stimolo indipendentemente se esso si trova nel
centro o nella periferia. Le cellule hanno campi
recettivi complessi che mancano di zone on e
off, rispondono allo stesso modo purché lo
stimolo cada nel campo recettivo e abbia uno
stesso orientamento. La risposta avviene
anche indipendentemente dal movimento
dello stimolo (da sinistra  destra e da destra
 sinistra)

- Infine c’è un tipo di neuroni selettivi per il


movimento, rispondono quando la barra è in
movimento da sinistra a destra, se la stessa
barra con lo stesso orientamento si muove in
direzione opposta il neurone non risponde.
Riceve afferenze dalle cellule gangliari di tipo
M, più sensibili al movimento  si mantiene la
segregazione incontrata in precedenza. Anche
qui vale l’orientamento dello stimolo.

Man mano che ci si alza nella corteccia cambiano i


campi recettivi per un fenomeno di convergenza
neurale. Ciò che permette alle cellule semplici di
rispondere all’orientamento della linea è il convergere
di alcuni neuroni, cambia la forma del campo
recettivo. Per le cellule complesse i campi recettivi
sono dovuti a sommazione di campi recettivi di cellule
semplici. Il campo recettivo diventa più ampio e
rettangolare, si perde la distinzione centro-periferia.

Organizzazione delle vie segregate nell’elaborazione


delle informazioni

La via magnocellulare riceve dalle cellule di tipo M,


proiettano agli strati 1 e 2 del genicolato laterale,
afferenze separate dai due occhi che proiettano al IV
strato C sottostrato α, la via magnocellulare è
utilizzata nella percezione del movimento.

La via parvocellulare è sempre il IV però il sottostrato


è β. Organizzati in colonne (regioni blob e interblob)
cellule semplici che rispondono all’orientamento e
cellule complesse a cui inizia a arrivare l’informazione
del colore. La parvocellulare è utilizzata per le
informazioni sulla forma e sui dettagli.
La via koniocellulare parte dalle cellule non-m-non-p,
trasportano info relative ai colori (connesse ai coni)
evitano il IV strato e contraggono sinapsi nel III (regioni
blob della corteccia visiva, elaborazione dei colori).
Neuroni sensibili alle lunghezze d’onda, indifferenti
all’orientamento dello stimolo, campi recettivi centro-
periferia antagonisti per R-V e B-G.

V1 è sia organizzato in strati sia in colonne, più ci si alza


nella corteccia visiva più le informazioni si uniscono e
permettono di vedere gli oggetti come insieme.
In tutti i casi gli strati superficiali sono caratterizzati da
associazioni cortico-corticali che mettono in
comunicazione V1 con altre aree e con le sue stesse
porzioni interne.
Una delle prime informazioni che si associa è quella
che proviene dai due occhi, vengono messe insieme le
informazioni binoculari in regioni chiamate colonne di
dominanza oculare.
Se si seziona la corteccia visiva del IV strato si vedono
zone dai colori diversi (più scure/più chiare). I campi
recettivi sono soprattutto monoculari. Dallo strato IV
si sale allo strato III  la convergenza neurale riguarda
anche l’assemblaggio dei due occhi. I neuroni ricevono
un imput diretto dall’occhio specifico, ma vengono
contattati dallo stato precedente che invia
informazioni dall’occhio sinistro e dall’occhio destro,
formazione dei campi recettivi binoculari.
Organizzazione retinotopica, ma la corteccia riceve
più afferenze da un occhio piuttosto che un altro. In
mezzo ci sono i neuroni che ricevono i campi recettivi
binoculari  possiamo mettere insieme le
informazioni.

Ulteriore suddivisione tra zone blob e interblob,


scoperte iniettando un enzima che è il marcatore del
metabolismo cellulare; iniettando questo enzima si è
visto che esistono zone di colori diversi, si instaurano
delle colonne in verticale. Se vengono sezionati, questi
strati sono come cilindri che decorrono per tutto lo
spessore della corteccia, deputati all’elaborazione del
colore. Ricevono info dai coni, sensibili a qualsiasi tipo
di stimolo senza orientamento o forma dello stimolo.
Attivati dalla lunghezza d’onda (arrivano dalla via
koniocellulare). Gli interblob ricevono le afferenze
parvocellulari dallo stato IVC ed elaborano la forma.
La corteccia visiva è organizzata in strati e colonne. In
senso verticale ogni colonna risponde allo stimolo con
orientamento ottimale. In più alcune colonne
rispondono più ad un occhio rispetto ad un altro, e in
ogni colonna abbiamo le regioni blob che ci informano
sul colore.

- Colonne di dominanza oculare  regioni


alternate, ricevono imput soprattutto da un
occhio
- Colonne di orientamento  cellule semplici e
complesse, tra di esse cambia l’inclinazione
dello stimolo ottimale
- Blob (aggregati di cellule che elaborano il
colore) separate da interblob

Di fatto la corteccia visiva è formata da ipercolonne,


modulo corticale capace di elaborare tutti gli stimoli.
La grandezza è circa di 1 mm.
Ipercolonna necessaria e sufficiente  se manca non
sono in grado di elaborare il punto dello spazio
(organizzazione retinotopica), ma la colonna da sola
può elaborare tutte le informazioni presenti nello
stimolo. Un oggetto grande riceve la coordinazione di
molteplici ipercolonne. V1 è formata da tanti moduli
ripetuti regolarmente, ognuno dei quali codifica le 3
caratteristiche nei vari settori dello spazio visivo.

Efferenze da V1, tutti gli strati mandano informazioni,


lo strato II, III e IV B mandano info alle altre cortecce,
flussi di informazione elaborano aspetti particolari
dell’info visiva; dagli strati inferiori l’output riguarda
strutture corticali (collicolo superiore, ponte e
mesencefalo).

Meccanismo di controllo delle informazioni di


ingresso (feedback retroattivo) verso il genicolato
laterale; modula cosa entra e cosa esce.

Oltre V1  la corteccia visiva è il primo step per


l’elaborazione visiva consapevole.
Poi l’elaborazione si fa più complessa, viene smistata
ad altre aree corticali. Le vie visive corticali si aprono
in due sottovie  via dorsale, ha come target il lobo
parietale e viene definita “via del dove” (analisi del
movimento) e una via che arriva al lobo temporale
inferiore che è deputata al riconoscimento degli
oggetti, “via del cosa”.

La maggior parte delle afferenze allo strato M


proseguono alla via dorsale, considerata la via
dell’azione, mentre le info della via parvocellulare
vengono smistate verso il lobo temporale.
V2 è un’area esterna, l’info da lì viene smistata all’area
V4 e V5 (responsabili della percezione di colori e
movimento). Le info qui sono segregate. Se si lesiona
la V4 si ha un’acromatopsia, non percepisco i colori.
≠ daltonismo, per un difetto genetico non
degenerano tutti i coni ma solo alcuni.
Il cervello non riesce più a interpretare l’elaborazione
dei colori, sono stati identificati prima.

La corteccia temporale inferiore è connessa


all’ippocampo, riconosco un oggetto perché l’ho già
incontrato, mi consente anche di dare un nome agli
oggetti e immagazzinarli nella memoria semantica per
dargli significato.
Una lesione comporta l’agnosia, incapacità di
attribuire un significato agli oggetti. I pazienti
percepiscono la forma diversa in due oggetti ma non
sanno dire cosa sono.

Lesione del giro fusiforme (nella parte basale del lobo


temporale) implica l’impossibilità di riconoscimento
dei volti, prosopoagnosia. Può essere di tipo genetico
e esistono vari tipi di prosopoagnosia: chi ne è affetto
utilizza info non visive per riconoscere l’identità (voce,
movimenti, attivazioni subcoscienti emotive…).
C’è un’area deputata all’espressione dei volti e una
deputata al riconoscimento delle parti del corpo.

Via dorsale, si sposta superiormente verso il lobo


parietale, prima tappa in M5  analisi consapevole
del movimento. Vengono messe insieme tutte le
informazioni spaziali, la “via del dove” ci permette
anche di agire sugli oggetti, di afferrarli e muoversi
incontro. Un paziente lesionato non si rende conto del
movimento negli oggetti (es. caffè nella tazzina,
attraversare la strada).
20/04/18

VIII. Sistema acustico e trasmissione


del suono
Quasi tutti i suoni determinano rarefazioni e
compressioni dell’aria di tipo ciclico: un ciclo di
suono è la frequenza in cui si alternano rarefazioni e
compressioni nell’arco del tempo. Rappresenta la
tonalità del suono e viene misurata in hertz. La
differenza fra picco positivo e negativo rappresenta
l’altezza del suono, quindi il suo volume.

La struttura alla base della percezione del suono è


l’orecchio, diviso in:
- esterno (padiglione auricolare e canale
acustico)
- medio (timpano e ossicini)
- interno (finestra ovale e apparato acustico
vero e proprio)

Nella prima fase l’onda sonora viene trasformata in


stimolo meccanico  i recettori sono
meccanocettori: il suono entra nella cavità, spinge la
membrana che trasmette il movimento a martello,
incudine e staffa. La staffa entra in contatto con la
finestra ovale che trasmette la vibrazione ai liquidi
della coclea.

La tromba di Eustachio mette in comunicazione


orecchio e cavità nasali: la differenza di pressione tra
orecchio e aria esterna crea sensazione di tappo 
la tromba di Eustachio è chiusa, per interromperla
bisogna aprirla.

L’orecchio interno comprende l’apparato


vestibolare (labirinto) e coclea, avvolta intorno al
modiolo, osso derivante dal temporale; la coclea
contiene dei liquidi fondamentali per la trasduzione
che fluiscono in tre diversi canali. Da qui partono le
fibre del nervo uditivo.
1) Scala vestibolare, contiene perilinfa;
a) membrana vestibolare separa scala
vestibolare dalla scala media.
2) Scala media, contiene endolinfa;
b) nella membrana basilare della scala
media, che la separa dalla scala
timpanica, troviamo l’organo del Corti. Le
cellule ciliate dell’organo del Corti
vengono contattate dagli assoni.
c) Sotto la membrana basilare si trova la
membrana tettoria.
3) Scala timpanica, contiene perilinfa.

Liquidi della coclea determinano il gradiente di


concentrazione elettrico che permette di generare il
PdA. La perilinfa è ricca di Na e u po’ meno di K,
mentre l’endolinfa è il contrario (K > Na).
Accade l’opposto: in genere K sta all’interno della
cellula mentre qui è extracellulare.
L’endolinfa ha gradiente elettrico di +80 mV. In
realtà il processo è attivo  endotelio secerne Na e
K e mantiene alta la concentrazione positiva
nell’endolinfa. Potenziale endococleare. È alla base
dello spostamento delle cellule che determina la
percezione del suono.

Fasi della percezione del suono:

1) Il suono arriva e va a fare pressione sul


timpano  vibrazione martello  vibrazione
incudine  vibrazione staffa che poggia sulla
finestra ovale (ingresso della coclea).
2) Quando la staffa spinge sulla coclea si
spostano i liquidi interni. I tre ossicini hanno
muscoli che amplificano i movimenti, la
pressione del timpano non sarebbe
sufficiente.
3) Il movimento dei liquidi è accompagnato
dalla contrazione della finestra rotonda
(parte finale della coclea).
4) La scala media è una struttura flessibile: il
movimento dei liquidi la fa oscillare. Le
cellule ciliate sulla membrana basilare
captano il movimento e lo trasducono in
potenziale elettrico.

Le cellule ciliate si attaccano alla membrana tettoria,


l’oscillazione asimmetrica ne determina
l’attivazione. La flessione della membrana si propaga
per tutta la lunghezza della coclea.
La membrana basilare è divisa in parte apicale e
basale. La membrana è fisicamente diversa: alla base
è stretta e rigida mentre all’apice è larga e flessibile
(1:5 e 1:100).

Questo fa sì che risponda in modo diverso alla


frequenza del movimento; un suono a bassa
frequenza, a differenza dell’alta frequenza, non si
ferma alla base ma si propaga fino all’apice.

A seconda della frequenza del suono vibra una parte


diversa della membrana basilare  modo in cui il
cervello interpreta ed elabora i suoni.

Organizzazione tonotopica della corteccia, simile a


quella della corteccia visiva. In base a quale porzione
vibra, riconosco la frequenza che arriva all’orecchio.

La trasduzione acustica avviene grazie alle cellule


ciliate dell’organo del Corti: si trova nella scala
media, appoggiato alla membrana basilare. Le
cellule ciliate non sono neuroni propriamente detti
ma cellule epiteliali meccaniche (non hanno né
assoni né possono generare PdA). I neuroni del
ganglio spirale genereranno il potenziale.

Membrana basilare, sopra membrana tettoria e in


mezzo lamina reticolare, sostanza gelatinosa in cui si
immergono le cilia delle cellule ciliate. Esse poi
vengono contattate dagli assoni dei neuroni del
ganglio spirale.

Bastoncelli di Corti: elementi di sostegno, legano


insieme membrana basilare e tettoria.
Cellule ciliate: si dividono in interne (unica fila tra
modiolo e bastoncelli) e esterne (al di là dei
bastoncelli, divise in tre file).
Prolungamenti chiamati stereocilia, inserite nella
membrana reticolare.

Tutta la struttura è connessa insieme, movimento


globale dell’organo di corti. Quando arriva l’onda
sonora c’è il movimento della scala media, la basilare
e la tettoria si muovono insieme. La membrana
tettoria si innalza e le cellule ciliate essendo
attaccate tramite le stereocilia si stirano, la
membrana tettoria va verso l’alto e loro si spostano
verso il modiolo.

A seconda della direzione delle cellule ciliate la


membrana depolarizza o iperpolarizza, è come
un’onda che rispecchia l’onda sonora.
Le stereocilia possiedono canali meccanosensibili per
il K. L’ingresso del K dalla scala media all’interno della
cellula ciliata determina la depolarizzazione, le
stereocilia vicine tra loro sono legate da un filamento
chiamato tip-link. È come una molla che tiene aperto
o chiuso un tappo dei canali per il K. Viene tirato ed
il K entra, nell’endolinfa c’è un gradiente elettrico
elevato, cariche positive entrano nella cellula e
avviene la depolarizzazione della cellula.

In condizione di riposo non è tirato, quando le cilia si


spostano si stira. Nelle cellule ciliate il
neurotrasmettitore è il glutammato che viene
rilasciato. L’iperpolarizzazione è spiegata dal
processo opposto: il tip-link si restringe e c’è un
canale che fa uscire il k dalla cellula.
Le cellule ciliate interne sono minori di quelle
esterne ma forniscono la maggior parte
dell’informazione. Sono contattate da numerosi
assoni dei neuroni del ganglio spirale. Ogni ganglio
spirale contatta invece più di una cellula esterna:
pare servano per amplificare o attenuare il suono
tramite proteine motrici, che si irrigidiscono e
rendono maggiore o minore il movimento della
membrana.

Ad esempio, gli antibiotici vanno a distruggere le


cellule ciliate esterne.

Trasmissione del suono

I) Vie acustiche centrali: dalle cellule ciliate la


prima sinapsi con i neuroni bipolari di primo
ordine i cui corpi sono contenuti nel ganglio
spinale. Gli assoni di questi neuroni si mettono
insieme e vanno a formare il nervo acustico
(una branca del vestibolo cocleare).

II) Imput monoaurale ai nuclei cocleari. 3 nuclei


danno l’avvio a 2 vie principali:

IIa) Via ventrale  parte dal nucleo più


ventrale e si ramifica aprendosi in due vie che
contattano bilateralmente i nuclei dell’oliva
superiore. Prima fase in cui le informazioni
delle due orecchie vengono integrate, da qui
in poi tutto il sistema è bilaterale. Nuclei
olivari superiori vanno a formare il lemnisco
laterale.

IIb) Via dorsale  ascende senza far tappa


nell’oliva superiore.

III) Dall’oliva superiore le afferenze bilaterali


terminano nel collicolo superiore 

IV) da lì fanno tappa nel talamo nel nucleo


genicolato mediale 

V) poi trasmesse alla corteccia uditiva primaria


(fibre chiamate radiazione acustica, si aprono
a ventaglio e innervano le aree di Brodmann
41 e 42).

A questo livello ciascuna area di ciascun emisfero


riceve afferenze da entrambe le orecchie, a
differenza del sistema visivo dove si ha una
proiezione dello spazio controlaterale.
Altre vie:
• circuito locale dal collicolo inferiore al
superiore (integrazione visuoacustica che ci
permette di orientarci nello spazio
indipendentemente dalla modalità
sensoriale dello stimolo);
• circuiti feedback dalla corteccia uditiva
primaria al NGM che controlla le
informazioni provenienti dal talamo, e dalla
corteccia al collicolo superiore che controlla
l’orientamento volontario dell’attenzione,
poi il tronco manda segnali alle cellule ciliate
per favorirne il grado di eccitazione.

La codifica avviene in base all’intensità del suono,


maggiore è essa, più alta è la frequenza del PdA e
viceversa. Invece la frequenza è caratteristica per
ogni neurone, ognuno risponde alla sua frequenza
ottimale.

L’organizzazione è tonotopica, conseguenza delle


afferenze provenienti dalla membrana basilare.
Nella corteccia uditiva primaria sono rappresentate
tutte le frequenze; si trovano in settori vicini, le più
basse rostrali e le più alte caudali. A seconda della
porzione di ganglio spirale che viene attivata
possiamo definire la frequenza del suono  esiste
una serie di mappe basate su connessioni dirette che
originano dalla membrana basilare.

Questa organizzazione è stata alla base degli


impianti cocleari: il primo ad usare la corrente nel
sistema uditivo è stato Alessandro Volta.
Nell’impianto cocleare c’è una parte ricevente e una
serie di fili che si collegano ad elettrodi della
membrana basilare: il cervello interpreta il suono in
base ai flussi di corrente che arrivano sulla
membrana.
I suoni vanno localizzati nello spazio:

Meccanismo del ritardo interaurale  differenza di


arrivo tra orecchio sinistro e destro che ci permette
di identificare la direzione in cui arriva il suono.
I neuroni che attuano questo meccanismo sono
quelli dei nuclei olivari: il neurone calcola la
differenza e computa il ritardo. Il neurone
risponderà al massimo quando l’orecchio sinistro
viene stimolato un secondo prima dell’orecchio
destro: ogni neurone ha la propria specificità di
intervallo.

Meccanismo dell’ombra acustica: la testa fa ombra


all’onda sonora, il suono arriva con meno intensità a
un orecchio rispetto all’altro.
Questi due meccanismi entrano in gioco a seconda
delle frequenze e collaborano.

Nel caso di un suono verticale è necessario il


padiglione auricolare: le pieghe servono per
riflettere il suono.

Corteccia primaria è un’isocorteccia con


organizzazione a strati: IV ricevente afferenze
talamiche, ogni colonna codifica una determinata
frequenza. Alcune colonne rispondono al massimo
quando arrivano afferenze da entrambe le orecchie,
poi abbiamo le colonne di soppressione che
rispondono maggiormente al suono ipsilaterale ma
in genere A1 di destra e sinistra ricevono i suoni in
maniera bilaterale.
Le vie uditive sono concettualmente organizzate
come quelle visive: dalla primaria le informazioni
vengono smistate alla corteccia secondaria e si
dividono in due vie.
La via parietale è del “dove” (slide sbagliata) mentre
la temporale è del “cosa”, entrambe proiettano alla
corteccia prefrontale che permette di organizzare il
comportamento per agire.

I suoni hanno capacità di attivare aree motorie e


emozionali (circuiti di tipo mirror, elaborazione
dell’empatia)  utilizzare la musica per attivare
emozioni in popolazioni in cui è presente difficoltà
nella loro espressione.

Deficit dell’udito:
lesioni delle cortecce uditive primarie causano
difficoltà della localizzazione dei suoni, ma non
sordità.
Se si lesionano le fibre che portano afferenze dalla
coclea al cervello possiamo avere una sordità
monolaterale.
Molti farmaci causano una degenerazione di questo
tipo di cellule.

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