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[Lezione 28- 07/06]

RECETTORI SENSORIALI
Si parla di recettori funzionali e non di proteine integrali di membrana. Sono delle vere e proprie cellule che
hanno la funzione di trasformare gli stimoli che provengono dall’ambiente esterno o dall’ambiente interno
in segnali elettrici comprensibili dal sistema nervoso. Sono quindi dei trasduttori in quanto trasformano
una forma di energia in un’altra: l’energia che viene percepita è quella che proviene dai segnali
dell’ambiente esterno e quindi devono esistere recettori diversi per i vari segnali.

I recettori sono delle strutture estremamente diverse l’una dall’altra: basti pensare che un recettore per
uno stimolo luminoso non potrà essere uguale ad un recettore per uno stimolo meccanico. Infatti i recettori
vengono classificati secondo vari criteri.
Uno di questi criteri è la modalità del segnale e i recettori possono essere:
-meccanorecettori
-fotorecettori
-chemorecettori
-termorecettori
-elettrorecettori

Questa classificazione permette di capire che ogni recettore è in grado di segnalare un determinato
stimolo. In realtà le modalità vengono classificate a seconda di qual è lo stimolo adeguato a quel tipo di
recettore ovvero per quale tipo di stimolo il recettore ha la soglia più bassa. Ovviamente in ogni caso lo
stimolo deve superare una certa intensità minima, al di sotto della quale il recettore non è in grado di
segnalarne la presenza.
Ci sono fotorecettori presenti nella retina dei mammiferi, detti bastoncelli, che sono sensibili ad un solo
fotone però si può stimolare il fotorecettore anche con uno stimolo meccanico: se si preme sull’occhio
chiuso si ottiene una sensazione luminosa però la forza che si deve esercitare sul bulbo oculare per avere la
risposta luminosa è molto più grande dell’energia contenuta in un singolo fotone.

I recettori possono anche essere classificati sulla base della posizione dello stimolo rispetto al recettore. Ci
sono 2 classi:
-esterocettori recettori che percepiscono stimoli che provengono dall’ambiente esterno
-enterocettorirecettori che percepiscono stimoli che provengono dall’ambiente interno

Normalmente, a parte la sensazione dolorifica, gli enterocettori sono recettori che rispondono a segnali che
provengono dall’ambiente interno, ma che non arrivano mai al livello cosciente. Un esempio di
enterocettori sono i barorecettori cioè recettori che segnalano la pressione sanguigna.
Gli esterocettori sono nella maggior parte dei casi recettori che danno origine a risposte che prevedono una
sensazione cosciente: le sensazioni che provengono dall’ambiente esterno in genere sono stimoli che
vengono tarsportati fino alla corteccia cerebrale e da lì danno luogo ad una sensazione cosciente. Un
esempio di esterocettori sono i recettori che danno origine alla risposta tramite il contatto diretto delle
cellule recettoriali con lo stimolo (esterocettori di contatto), ma anche se lo stimolo proviene da una certa
distanza (esterocettori a distanza).
I propriocettori sono i recettori che segnalano la posizione del corpo nello spazio.

I recettori hanno le più disparate forme: possono essere semplicissime terminazioni nervose che arrivano
al livello del derma oppure strutture molto complesse (associate a strutture come l’occhio).
Si possono però definire delle caratteristiche generali dei recettori: il recettore deve essere in grado di
segnalare l’intensità dello stimolo che lo colpisce. Per questo esso è formato da una cellula specializzata di
una terminazione nervosa e collegato ad un neurone sensoriale. Quest’ultimo può semplicemente
sinaptare con un motoneurone (come nel caso delle fibre afferenti in un motoneurone) oppure sinaptare
con neuroni di ordine superiore, fino alla corteccia cerebrale.

Codice di frequenza

I primi studi su come avviene la codificazione dell’intensità di uno stimolo a livello del sistema recettoriale
sono stati fatti sul fuso neuromuscolare di anfibio da Adrian e Zotterman nel 1926.

Il fuso neuromuscolare è costituito da fibre muscolari modificate, chiamate fibre intrafusali per distinguerle
dalle fibre extrafusali (quelle che abbiamo studiato, responsabili della contrazione muscolare). Le fibre
intrafusali sono racchiuse all’interno di una capsula e connesse con terminazioni nervose che
rappresentano le fibre afferenti e le terminazioni sensoriali primarie del fuso. Le terminazioni nervose delle
fibre intrafusali possono formare intorno alle fibre muscolari degli anelli oppure ramificarsi nelle fibre e
entrare in contatto con le fibre muscolari (diverso dalle sinapsi!).
Il fuso neuromuscolare è disposto in parallelo alle fibre neuromuscolari e quindi è connesso ai tendini:
quando il muscolo viene allungato anche il fuso neuromuscolare viene allungato e lo stesso vale per
l’accorciamento.

Il fuso neuromuscolare viene allungato e si registra la risposta a livello nel neurone sensoriale. Adrian e
Zotterman appendevano dei pesini diversi al
muscolo in modo tale da determinare uno
stiramento del fuso di entità diversa. In
funzione del peso e quindi del grado di
allungamento nelle fibre sensoriali, si
registrano scariche di potenziale d’azione a
frequenza diversa: se il peso è minore la
frequenza con cui nascono i potenziali d’azione
è più bassa.
Con questo esperimento si stabilì che il codice
con cui viene informato il sistema nervoso
centrale dell’intensità di uno stimolo è un
codice di frequenza.

Si capisce bene che deve essere un codice di frequenza e non un codice di ampiezza perché il potenziale
d’azione è un evento tutto o nulla e quindi una delle possibilità per segnalare qualcosa di diverso è
cambiare la frequenza con cui i potenziali d’azione insorgono.
Questo esperimento suggerisce anche che esiste un intervallo di intensità entro il quale il recettore è in
grado di segnalare una variazione dell’intensità di uno stimolo: se uno stimolo è al di sotto della soglia non
evoca una risposta, se lo stimolo supera un certo valore di intensità la risposta rimane sempre la stessa.
Esiste quindi un intervallo, che si chiama ambito dinamico del recettore, che è l’intervallo di intensità entro
cui un sistema sensoriale segnala un incremento da variazione di intensità.

Codice di ampiezza

Mostra il meccanismo con cui avviene la trasformazione dello stimolo sensoriale in segnale elettrico.

Si prende un fuso neuromuscolare e si registra direttamente nel punto in cui la fibra sensoriale entra in
contatto con quella muscolare (all’inizio della fibra sensoriale, dove si presuppone avvenga il meccanismo
di trasduzione del segnale). I microelettrodi vengono posti extracellularmente, il più vicino possibile alla
terminazione nervosa.
Il fuso neuromuscolare veniva allungato e si registrava la risposta elettrica.

Siccome le registrazioni sono extracellulari, tutto quello che si vede è


rovesciato rispetto a quello che siamo abituati a vedere (lo spostamento verso
il basso corrisponde ad una depolarizzazione della membrana).
Se la depolarizzazione è tale da superare la soglia per la nascita del potenziale
d’azione, questo è rappresentato da picchi che vanno verso il basso.
Un allungamento di una certa intensità determina una depolarizzazione che è
associata a potenziali d’azione di una certa frequenza (grafico 1). Questo
significa che in prossimità dell’inizio della fibra sensoriale si ha una
depolarizzazione.
I ricercatori impediscono che la depolarizzazione faccia nascere il potenziale
d’azione e osservano cosa succede a livello della membrana recettoriale
quando viene cambiata l’intensità dello stimolo. I potenziali d’azione vengono
bloccati con un anestetico locale (procaina). Si registra una risposta di
depolarizzazione della membrana di ampiezza tanto più grande quanto più
grande è l’intensità dello stimolo.
In pratica quindi la risposta a livello della membrana recettoriale è una
depolarizzazione della membrana di ampiezza crescente: a livello della
membrana recettoriale il codice utilizzato per segnalare l’intensità dello
stimolo è un codice di ampiezza.
Alla risposta che si osserva nella membrana recettoriale in seguito
all’applicazione dello stimolo viene dato il nome di potenziale di recettore.
Nella stragrande maggioranza dei casi il potenziale di recettore è una
depolarizzazione della membrana, ma in alcuni casi particolari, come quello dei fotorecettori retinici, è
un’iperpolarizzazione.

La depolarizzazione è ovviamente associata ad una corrente depolarizzante che attraversa la membrana e


quindi ad una variazione di conduttanza. Gli studi fatti hanno mostrato che nel caso di una depolarizzazione
si ha un aumento aspecifico della conduttanza al Na e al K: la corrente di recettore è una corrente positiva
in ingresso che risulta dalla differenza tra due correnti trasportate da Na e K.
Il potenziale di recettore è un segnale di tipo graduale, elettrotonico, che si propaga con decremento
lungo la fibra nervosa a partire dalla membrana recettoriale.
Il potenziale di membrana è collegato alla permebilità ionica della membrana attraverso una funzione
logaritmica (equazione GHK)

Nel caso del potenziale di recettore si ha una variazione della permeabilità della membrana al Na e al K e
quindi il potenziale di membrana varia in funzione del logaritmo della permeabilità e quindi si osserva una
variazione dell’ampiezza del potenziale di recettore in funzione del logaritmo dell’intensità dello stimolo.
In conclusione quindi l’ampiezza del potenziale di recettore è funzione logaritmica dell’intensità dello
stimolo.

Questa relazione logaritmica permette di ampliare l’ambito dinamico del recettore perché, ad esempio,
considerando il log e non il ln (per pura convenzione), si ha un aumento dell’ampiezza del recettore di 2
volte quando si aumenta di 10 volte l’intensità.

Il grafico 7 mostra uno stimolo di ampiezza abbastanza grande, ma nessuna risposta. Questo perché è stata
danneggiata la membrana per vedere se le risposte che si vedevano in tutti gli altri grafici erano
effettivamente risposte della membrana e non un artefatto del sistema di registrazione. Il fatto che in
questo caso non si vede niente permette di capire che i segnali sono effettivamente dovuti alla membrana
integra.

Potenziale di recettore e potenziale generatore

A seconda della localizzazione del sito di inizio del potenziale d’azione rispetto alla localizzazione del
potenziale di recettore, i recettori vengono classificati in lunghi e brevi.
I recettori lunghi sono rappresentati nelle figure a e b nelle quali è raffigurata la membrana recettoriale e la
cellula sensoriale: nei recettori lunghi la membrana
recettoriale è parte del neurone sensoriale. Nella membrana
recettoriale nasce il potenziale di recettore che si propaga
elettrotonicamente, determinando la depolarizzazione sopra
soglia al livello della zona di inizio del potenziale d’azione
(colletto assonico). In questo caso il potenziale di recettore è
anche il potenziale generatore ovvero la variazione di
potenziale che determina la nascita dei potenziali d’azione.
Si parla sempre di recettore lungo quando si ha la membrana
recettoriale che fa parte della fibra sensoriale che trasporta
l’informazione ai centri nervosi e il soma cellulare è lontano
dalla membrana recettoriale. Di questo tipo sono i recettori
delle fibre IA. Anche n questo caso la membrana recettoriale,
se stimolata, determina la nascita di un potenziale di
recettore: la corrente si propaga elettrotonicamente e
raggiunge una zona nella fibra nella quale si ha una densità
più alta di canali voltaggio dipendenti del Na e in cui quindi
nasce la scarica di potenziali d’azione.
Nei recettori brevi (figura c) la membrana recettoriale si trova su una struttura diversa dalla fibra nervosa
sensoriale ed è connessa a quest’ultima attraverso una sinapsi chimica. La depolarizzazione della
membrana recettoriale determina la liberazione di un neurotrasmettitore che a sua volta determina la
risposta potenziale post-sinaptico eccitatorio che, se raggiunge la soglia, origina una scarica di potenziali
d’azione. In questo caso il potenziale di recettore non è il potenziale generatore.

Nello schema è rappresentata la sequenza di eventi dallo stimolo alla nascita degli impulsi.

I processi di trasduzione sono estremamente diversificati nei vari tipi di recettore. Ad esempio, nei
meccanorecettori, la deformazione della membrana recettoriale è in grado di determinare l’apertura di
canali ionici meccanosensibili: il processo di trasduzione in questo caso è legato semplicemente ad una
deformazione della membrana e la proteina recettoriale è un canale sensibile agli stimoli meccanici.
Esistono casi estremamente più complessi (tipo la fototrasduzione) in cui la proteina che viene attivata
dallo stimolo può essere un recettore simile ai recettori metabotropici, che dà origine ad una cascata
metabolica intracellulare che porta alla risposta potenziale di recettore. In questo caso si può avere anche
una chiusura dei canali.

Il potenziale di recettore può determinare due risposte: nei recettori lunghi si ha un cambiamento del
potenziale di recettore che si propaga elettrotonicamente fino alla zona di inizio del potenziale d’azione e
fa nascere una scarica di potenziali d’azione, mentre nel caso dei recettori brevi si ha una variazione della
quantità di neurotrasmettitore liberato e quindi una sinapsi chimica e una risposta che è la variazione della
frequenza del potenziale d’azione.

Conversione del codice di ampiezza in codice di frequenza

Quando si ha la depolarizzazione della membrana in seguito all’azione del potenziale di recettore questo
determina la nascita di una scarica di potenziali d’azione ad una frequenza che è funzione dell’intensità
dello stimolo. Nella membrana recettoriale si ha un codice di ampiezza e nella fibra sensoriale un codice di
frequenza.
Nella figura è rappresentato uno stimolo di una
certa durata che determina la comparsa di una
corrente depolarizzante. Essa depolarizza la
membrana e, quando raggiunge la soglia,
determina la nascita del potenziale d’azione.
La nascita del potenziale d’azione significa che si
aprono i canali voltaggio-dipendenti del Na che
poi si inattivano, si aprono i canali voltaggio
dipendenti del K e determinano la
ripolarizzazione della membrana. La
conduttanza del K rimane elevata più a lungo di
quella del Na per cui si ha un’iperpolarizzazione
della membrana perché il potenziale di membrana si sposta verso il potenziale di equilibrio del K. La
conduttanza del K ritorna ai valori di riposo e, se lo stimolo fosse finito si avrebbe il ritorno al potenziale di
riposo. Però lo stimolo continua e quindi mantiene la corrente di recettore per cui, durante tutte le fasi del
potenziale d’azione, oltre alle correnti dovute ai canali voltaggio dipendenti, c’è anche la corrente di
recettore. Solo che quando si ha l’apertura dei canali voltaggio dipendenti del Na e dei canali voltaggio
dipendenti del K, le correnti che attraversano i canali sono tanto più grandi della corrente di recettore che
questa praticamente non si vede. Quando i canali del Na si inattivano e la conduttanza del K è tornata ai
valori di riposo, si riescono a vedere gli effetti della corrente di recettore: essa determina la
depolarizzazione della membrana. Quindi fino a che è presente la corrente di recettore si ha la nascita di
potenziali d’azione con una certa frequenza che dipende da quanto velocemente la membrana si
depolarizza con la corrente di recettore.

L’ampiezza del potenziale di recettore è funzione del


logaritmo dell’intensità dello stimolo, ma è ovvio che il
potenziale di recettore non può aumentare all’infinito:
c’è infatti un valore massimo che è limitato dal
potenziale di inversione.

Nella fibra nervosa sensoriale la frequenza dei


potenziali d’azione è direttamente proporzionale
all’ampiezza del potenziale di recettore. La frequenza
non può però superare il limite imposto dal periodo
refrattario.

Queste due grandezze, ampiezza e frequenza, se


messe insieme danno una relazione in cui la
frequenza dei potenziali d’azione è messa in
relazione all’intensità dello stimolo.
La frequenza dei potenziali d’azione risulta
essere direttamente proporzionale al logaritmo
dell’intensità dello stimolo. La frequenza aumenta linearmente fino a che non si arriva a superare il limite
imposto dal periodo refrattario.

La frequenza dei potenziali d’azione durante uno stimolo normalmente non si mantiene costante, ma varia.
Se si prolunga l’applicazione di uno stimolo, inizialmente si ha la presenza di una scarica di potenziali
d’azione ad una frequenza più elevata e, durante lo stimolo, la frequenza dei potenziali d’azione decade.
L’esempio classico è che noi non abbiamo la sensazione di avere abiti addosso, ma sentiamo questa
sensazione solo appena ce li mettiamo.
Questo fenomeno per cui la frequenza dei potenziali d’azione diminuisce durante l’applicazione di uno
stimolo è detta adattamento.

Nella figura è rappresentato l’adattamento a


livello di un meccanorecettore. La frequenza di
scarica aumenta fino ad un valore massimo
quando lo stimolo viene applicato inizialmente e
poi, se lo stimolo viene mantenuto, la frequenza
decade ad un valore stazionario.
La rapidità con
cui un recettore
si adatta ad
uno stimolo
prolungato
permette di
classificare i recettori in due categorie:
-recettori a rapido adattamento quando si applica uno stimolo si hanno
pochi potenziali d’azione e poi la frequenza di stimolazione può addirittura
diventare 0. Questi recettori vengono detti fasici.
-recettori ad adattamento lento si ha inizialmente una frequenza di
scariche più alta e poi si raggiunge un livello stazionario. Questi recettori
vengono detti tonici.

Negli organismi, talvolta anche a livello della stessa struttura, sono presenti entrambi i tipi di recettori
perché recettori tonici e fasici segnalano
caratteristiche diverse dello stimolo: il recettore
tonico segnala la durata e l’intensità dello
stimolo, il recettore fasico segnala quanto
rapidamente varia uno stimolo.

Nella figura è mostrata la risposta del recettore


tonico quando un pelo viene spostato di diverse
entità. Si ha una scarica di potenziali d’azione
(barre verticali) durante lo stimolo: la frequenza
dei potenziali d’azione aumenta con l’intensità
dello stimolo e permane per tutta la durata della
segnalazione.
Se si riporta la frequenza dei potenziali d’azione
in funzione del logaritmo dell’intensità si ottiene una relazione lineare.
Il recettore tonico segnala di quanto il pelo si è spostato tramite una segnalazione proporzionale
all’intensità dello stimolo.
Il recettore fasico è un recettore che ha un adattamento più rapido per cui quando si applica lo stimolo
aumenta la frequenza di scarico, ma poi quando si mantiene lo stimolo a lungo, questa frequenza
diminuisce.
Se si muove velocemente il pelo si ha una frequenza di scarica molto bassa, se si aumenta la velocità la
frequenza di scarica aumenta.
I recettori fasici vengono detti anche recettori differenziali perché danno origine ad una risposta
differenziale ovvero una risposta sensibile alla derivata dal cambiamento dello stimolo.

I meccanismi responsabili dell’adattamento sono diversi nei diversi recettori. Questi meccanismi possono
risiedere nel recettore stesso (come il fenomeno dell’accomodazione), ma possono anche essere dovuti alla
strutture accessorie del recettore.

Adattamento del recettore di stiramento del gambero

È analogo al fuso neuromuscolare dei vertebrati ed è un recettore in cui l’adattamento è dovuto alle
caratteristiche della membrana recettoriale.
Il recettore di stiramento del gambero è composto da due
tipi diversi di recettore, uno che ha caratteristiche di
recettore fasico e l’altro che ha caratteristiche di
recettore tonico. Entrambi i recettori hanno la stessa
struttura anatomica: sono costituiti da fibre muscolari
modificate con cui entrano in contatto le fibre sensoriali.
Si tratta di un recettore lungo.
In questo caso, oltre alle fibre sensoriali, fanno parte del
recettore anche neuroni inibitori e neuroni motori
(responsabili della contrazione delle fibre muscolari).
Quando le fibre vengono allungate si osserva l’apertura di
canali sensibili a stimoli meccanici: stiramenti maggiori
determinano una maggiore probabilità di apertura dei
canali.

Nella figura a destra è mostrata la


risposta dei recettori tonici e dei
recettori fasici a stimoli sotto
soglia e a stimoli sopra soglia.
Con uno stimolo sopra soglia il
recettore a lento adattamento ha
una frequenza di scarico
pressochè costante per tutta la
durata dello stimolo, mentre il
recettore a rapido adattamento scarica al’inizio, poi la frequenza diminuisce e poi si arresta anche se lo
stimolo continua.
On è il momento in cui inizia l’allungamento e off è il momento in cui si rimuove l’allungamento.
Se si dà uno stimolo sotto soglia si vede che nel caso del recettore a lento adattamento il potenziale di
recettore si mantiene pressochè inalterato per tutta la durata dello stimolo: la depolarizzazione della
membrana che corrisponde al potenziale di recettore non cambia o comunque cambia molto lentamente.
Nel caso del recettore a rapido adattamento si nota che il potenziale di recettore inizialmente è più grande
e poi si riduce. Questo diverso comportamento suggerisce che l’adattamento è legato ad una proprietà del
recettore. Andando a studiare le caratteristiche delle membrane recettoriali è stato messo in evidenza che
a livello del recettore a rapido adattamento sono presenti dei canali del K la cui conduttanza dipende dal Ca
intracellulare: se aumenta la concentrazione del Ca nel citosol i canali del K si aprono e quindi la
conduttanza al K aumenta e il potenziale di membrana si sposta verso il potenziale di equilibrio del K (si
iperpolarizza). Quindi se i canali del K si aprono quando si ha una depolarizzazione come quella nel grafico,
la depolarizzazione viene ridotta dall’iperpolarizzazione.
Aumentando la conduttanza al K, la membrana tende ad essere meno responsiva alla corrente
depolarizzante rappresentata dalla corrente di recettore e si ha l’arresto della risposta.

Adattamento nel corpuscolo del Pacini

Il corpuscolo del Pacini è un recettore che è localizzato nel derma ed è un recettore che rende sensibili alle
vibrazioni. Essi hanno una struttura particolare: sono costituiti da una terminazione nervosa che è
circondata da lamelle, circondate a loro volta da una capsula. Dal corpuscolo del Pacini si origina la fibra
sensoriale che va ai centri nervosi.

Il corpuscolo del Pacini è un recettore ad adattamento ultrarapido perché quando viene compresso
risponde allo stimolo, qualsiasi intensità esso abbia, con un solo potenziale d’azione.

La capacità di fornire una risposta solamente nel momento in cui viene dato lo stimolo è legata alla
presenza delle lamelle: esse hanno delle proprietà meccaniche particolari che sono delle proprietà
viscoelastiche. Viscoelastica è una struttura che è in grado di deformarsi quando viene applicata una forza
su di essa (elastica), ma possiede anche la capacità di annullare la risposta perché torna alla struttura di
partenza (viscosa). Un elemento viscoelastico è rappresentato da una molla in serie con un
ammortizzatore.
Dato che le lamelle hanno proprietà viscoelastiche ci si aspetta che quando il corpuscolo del Pacini subisce
una pressione, le lamelle si deformano. La deformazione delle lamelle viene trasferita alla membrana
recettoriale. Se le lamelle riacquistano le loro proprietà di partenza grazie alle loro proprietà viscose, le
deformazione sulla terminazione nervosa scompare e così lo stimolo su di essa applicato.

Questo spiega il comportamento del corpuscolo del Pacini: esso risponde con un solo stimolo perché le
lamelle riacquistano molto rapidamente la loro posizione
originale e perdono memoria della deformazione imposta.
Questo è stato dimostrato stimolando con uno stilo il
corpuscolo del Pacini integro e delamellato. In pratica il
corpuscolo del Pacini viene messo nell’apparato sperimentale in
figura: messo in una vaschetta sperimentale e poggiato su un
piano stabile, con il proprio assone collegato con un sistema di
registrazione per l’attività elettrica.
Sul corpuscolo viene applicato uno stimolo mediante lo stilo che ha la punta di cristallo e si registra sia in
questa situazione che nel caso in cui il corpuscolo è delamellato (quindi la pressione è esercitata
direttamente sulla membrana recettoriale).

Quando si stimola il corpuscolo integro, la


risposta che si osserva è una risposta on e
poi off quando si rimuove lo stimolo.
Quando si applica lo stimolo infatti si
sono deformate le lamelle e la
deformazione determina deformazione
della membrana recettoriale e quindi una
risposta. Poi la risposta scompare perché
le lamelle riacquistano la loro
conformazione originale.
Si vede però anche una risposta alla fine,
quandi si rimuove la pressione: questo
permette di capire che non tutte le
lamelle hanno proprietà viscolelastiche,
ma sicuramente le hanno le lamelle
presenti a ridosso della membrana
recettoriale. Quando si rimuove lo stilo anche le lamelle esterne riacquistano la loro posizione iniziale e così
facendo trasmettono il segnale a quella più interne che nuovamente deformano la membrana recettoriale,
dando origine allo stimolo off.

Quando si delamella il corpuscolo, non si vedono più una risposta on e una off, ma si vede una risposta
continua. Essa non è una risposta perfettamente tonica nel senso che si ha un potenziale di recettore che
varia leggermente, ma sicuramente non è una risposta fasica come quella del corpuscolo non delamellato.

Non esistono recettori puramente tonici: in genere quando si parla di recettori tonici ci si riferisce a
recettori a lento adattamento.

Frazionamento dell’ambito sensoriale

L’ambito dinamico di un recettore è l’intervallo di intensità dello stimolo entro il quale il recettore può
codificare gli aumenti di intensità con un aumento della frequenza dei potenziali d’azione.
Il limite inferiore è rappresentato dalla soglia di ricezione, il limite superiore è determinato dal numero di
canali ionici nella membrana recettoriale, dal valore del potenziale di inversione di tali canali e dalla
frequenza massima di scarica dei potenziali d’azione nella fibra sensoriale.

Nei sistemi multirecettoriali l’ambito dinamico viene aumentato grazie al cosiddetto frazionamento
dell’ambito sensoriale: ciascun recettore del sistema copre una frazione diversa dell’intero intervallo di
sensibilità.
Un sistema multirecettoriale è una struttura recettoriale costituita da tanti recettori diversi, che, a gruppi,
presentano ambiti recettoriali diversi. Ovviamente tutti questi recettori devono rispondere allo stesso
stimolo.
Nella figura vengono considerati quattro gruppi di
recettori, ognuno dei quali ha un ambito dinamico
che copre lo stesso numero di unità logaritmiche e
che forniscono la stessa risposta (la frequenza
massima è la stessa per tutti).
Quando i recettori vengono stimolati scaricano con
una certa frequenza, che deve raggiungere la
corteccia cerebrale per permettere una sensazione
cosciente: a livello della corteccia cerebrale ci devono
essere centri nervosi che recepiscono l’informazione
data dalla frequenza dei potenziali d’azione.
In questo caso la corteccia cerebrale riceve
informazioni da 4 gruppi diversi di recettori: queste informazioni devono essere integrate tra di loro perché
rappresentano l’informazione del sistema multirecettoriale.
Il gruppo 1 è costituito da recettori che hanno una soglia molto bassa e quindi raggiungono per primi la
saturazione: se l’intensità è bassa vengono stimolati solo questi recettori e al sistema nervoso centrale
arriva un’informazione di una bassa frequenza dal gruppo 1. Quando si arriva all’intensità in cui il gruppo 1
ha raggiunto la saturazione, questo scarica con una frequenza molto alta e quindi alla corteccia arriva una
frequenza elevata. Contemporaneamente la corteccia riceve anche informazioni dal gruppo 2, dal gruppo 3
e dal gruppo 4: dal gruppo 2 arriva una frequenza abbastanza alta, dal gruppo 3 relativamente elevata e dal
gruppo 4 bassa. A livello della corteccia avviene l’integrazione di tutte queste informazioni che
corrispondono all’intensità: il sistema nervoso è in grado di decodificare l’intensità.
Aumentando ulteriormente l’intensità giunge a saturazione anche il gruppo 2 e quindi la corteccia riceve
una frequenza del gruppo 1 che è uguale a prima, ma ora c’è anche una frequenza del gruppo 2 molto
elevata, una del gruppo 3 vicina al massimo e una del gruppo 4 lontana dal massimo.
In questo modo il sistema nervoso centrale è in grado di discriminare più intensità: se il sistema fosse stato
costituito solo dal gruppo 1 non sarebbe stato possibile decodificare le intensità dopo che questo era
giunto a saturazione.
L’ampiezza dell’ambito dinamico copre ben 7 unità logaritmiche.

Il sistema multirecettoriale inoltre permette di discriminare un segnale molto debole dal rumore di fondo.
Rumore di fondo significa che a livello dei neuroni si possono avere casualmente potenziali d’azione a
frequenza molto bassa che però non sono dovuti a stimoli esterni. Il sistema nervoso deve essere in grado
di distinguere stimoli di intensità bassa da stimoli casuali: uno stimolo casuale nasce o in una fibra o
nell’altra in modo sfasato tra di loro, mentre se si ha uno stimolo dall’esterno i recettori del sistema
multirecettoriale rispondono tutti insieme con una frequenza bassa.

Inibizione laterale

È stata messa in evidenza in particolare a livello dei sistemi visivi. Questa proprietà permette di aumentare
i contrasti e quindi di vedere chiaramente i contorni degli oggetti e di percepire in maniera rapida i
cambiamenti della scena visiva.

Per capire in cosa consiste l’inibizione laterale bisogna considerare l’esperimento che è stato condotto sugli
ommatidi del Limulus. In pratica viene registrata l’attività elettrica da due ommatidi adiacenti (dalle fibre
sensoriali) nell’occhio composto del Limulus in condizioni diverse.
Si stimola con un flash luminoso l’ommatidio a, lo stesso flash viene poi dato sull’ommatidio b e poi i due
ommatidi vengono illuminati insieme: si registra la risposta in numero di potenziali d’azione.
Quando si stimola soltanto l’ommatidio a, risponde solo
questo che, nel periodo di tempo considerato (11-12s)
produce 53 potenziali d’azione.
Quando si stimola soltanto l’ommatidio b, esso risponde
con 46 potenziali d’azione, sempre nello stesso periodo di
tempo.
Quando si stimolano contemporaneamente a e b si vede
che l’ommatidio a dà 43 potenziali d’azione e l’ommatidio
b dà 35 potenziali d’azione: il numero di potenziali
d’azione dei due ommatidi si riduce e quindi significa che i
due ommatidi si inibiscono reciprocamente.

La capacità di ommatidi adiacenti di inibirsi reciprocamente è alla base della capacità di aumetare i
contrasti perché se si considera una serie di 10 ommatidi adiacenti, si sa che ciasun ommatidio è in grado di
inibire quelli vicini.

Nell’esperimento il contrasto viene generato illuminando alcuni ommatidi e mantenendo gli altri ad
un’intensità luminosa più bassa. Ciascun ommatidio riceve la luce ed un certo grado di inibizione
dall’ommatidio adiacente.
L’ommatidio E scarica ad una frequenza più alta perché si trova al confine tra luce intensa e luce bassa e
quindi riceve una forte inibizione dall’ommatidio D che è illuminato fortemente e una bassa inibizione
dall’ommatidio F che, essendo stimolato da una luce meno intensa scarica ad una frequenza più bassa.
Nella zona buia G, H, I e J ricevono la stessa inibizione e la stessa intensità luminosa e quindi la frequenza di
scarico è più bassa rispetto agli ommatidi che si trovano nella zona illuminata.
L’ommatidio F riceve una scarsa inibizione da G e una forte inibizione da E e quindi è più inibit rispetto agli
altri ommatidi della zona buia e perciò la frequenza di scarica risulta minore.
SI crea un gradino al confine luce-buio che deforma il segnale: in questo modo i contorni vengono percepiti
in maniera estremamente netta.
Il fuso neuromuscolare nei mammiferi

Il fuso neuromuscolare è inserito in parallelo alle fibre muscolari. Si parla di fibre muscolari intrafusali per
indicare le fibre che fanno parte del recettore e di fibre muscolari extrafusali per indicare quelle descritte
per il muscolo scheletrico.
Il fatto che il fuso sia in parallelo significa che le variazioni di lunghezza del muscolo sono le stesse delle
variazioni di lunghezza del fuso.

Il fuso neuromuscolare è formato da un certo numero di fibre muscolari modificate (6-10 fibre) che si
dividono in 2 fibre a borsa nucleare e 5-7 fibre a catena nucleare. Il nome deriva dal fatto che le fibre a
borsa nucleare hanno i nuclei raggruppati nella porzione centrale della fibra che risulta slargata; le fibre a
catena nucleare devono il loro nome al fatto che i nuclei si trovano impilati a formare una catena. In genere
le fibre a catena nucleare sono di dimensioni più piccole rispetto alle fibre a borsa nucleare.

Queste fibre ricevono le afferenze da fibre sensoriali dal gruppo IA e del gruppo II. Le fibre sensoriali del
gruppo I, che danno origine alle terminazioni primarie, formano delle terminazioni che vengono dette
anche anulo-spiralate perché si avvolgono ad anello attorno alla porzione centrale delle fibre muscolari.
Le fibre del gruppo II formano terminazioni dette a fiorame o secondarie. Le afferenze del gruppo II
terminano preferenzialmente a livello delle fibre a catena nucleare. Le terminazioni secondarie sono
localizzate a lato delle terminazioni primarie.
Le fibre del gruppo IA e del gruppo II sono fibre sensoriali.

Oltre ad un’innervazione sensoriale è presente anche un’innervazione motrice che è costituita dai
motoneuroni γ (gamma) che sono specifici delle fibre intrafusali (i motoneuroni α sono quelli che
innervano le fibre muscolari scheletriche). In particolare i motoneuroni gamma stabiliscono sinapsi con le
porzioni polari delle fibre intrafusali.
Nelle fibre intrafusali la porzione centrale e quella subito adiacente sono prive di materiale contrattile.

Il fuso neuromuscolare è un recettore di stiramento e quindi viene attivato quando il muscolo viene
allungato. Se si allunga un muscolo a riposo questo sviluppa una tensione passiva, rappresentata dalla
traccia rossa. La risposta a questa tensione passiva è diversa nelle fibre primarie e nelle fibre secondarie.
Le fibre primarie si comportano come un
recettore fasico, mentre le fibre secondarie
danno una risposta tonica.
Praticamente a livello del fuso
neuromuscolare di mammifero si ritrovano
le stesse componenti, anche se organizzate
in maniera diversa, che erano presenti
anche nel gambero: un elemento tonico ed
un elemento fasico.
Nelle fibre primarie si vede una risposta
fasica: frequenza elevata durante il periodo
in cui si ha l’allungamento che diminuisce drasticamente quando l’allungamento è statico.
Nelle fibre secondarie si osserva una frequenza che rimane più o meno la stessa sia durante la fase
dinamica della risposta che durante la fase statica.
Quindi le terminazioni primarie sono in grado di segnalare la velocità con cui avviene la variazione di
lunghezza nel muscolo e le terminazioni secondarie segnalano il livello di linghezza raggiunta dal muscolo.

Il fatto che si abbiano fibre con risposta tonica è legato presumibilmente a proprietà viscoelastiche che
sono presenti nella porzione centrale delle fibre intrafusali.

Le risposte analizzate si osservano se si allunga un muscolo a riposo. Questa risposta è quella responsabile
del riflesso miotatico. Però quando un muscolo si contrae, anche se la sua lunghezza totale viene
mantenuta costante, le fibre muscolari sono in serie ai tendini che sono strutture elastiche perciò le fibre
muscolari si accorciano contro i tendini.
Se si allunga un muscolo a riposo si allunga anche il fuso neuromuscolare.

Quando il muscolo si contrae le fibre extrafusali e quelle intrafusali si accorciano: questa variazione di
lunghezza si riflette nelle fibre intrafusali che risultano detese. Siccome sia le fibre primarie che quelle
secondarie rispondono ad una deformazione che avviene a livello della loro membrana quando il fuso
neuromuscolare è in tensione, la perdita della tensione determina la perdita della capacità delle fibre
sensoriali di dare una certa scarica di potenziali d’azione. Durante la contrazione muscolare, l’eventuale
scarica di base presente nei fusi neuromuscolari cessa. Se cessa significa che il fuso neuromuscolare non è
più in grado di svolgere la propria funzione (segnalare la lunghezza del muscolo variando la frequenza di
scarica).
In realtà chiaramente il fuso neuromuscolare non perde la sua funzione perché è controllato dal sistema
nervoso centrale attraverso i motoneuroni gamma: tutte le volte che si ha attivazione di un motoneurone
α, contemporaneamente si ha anche attivazione dei motoneuroni gamma che innervano le porzioni polari
delle fibre extrafusali (dove è presente il materiale contrattile). Quando i motoneuroni gamma vengono
stimolati, i sarcomeri presenti nelle estremità polari delle fibre intrafusali si contraggono e riportano il fuso
in tensione, ripristinando la sua funzione.
L’azione dei motoneuroni γ è quella di mantenere i fusi neuromuscolari sensibili alle variazioni di lunghezza
del muscolo durante la contrazione, non quella di indurre la contrazione in via riflessa attraverso
l’eccitazione dei recettori di stiramento.

Esperimento. Mostra l’importanza della coattivazione α-γ.

Viene mostrato che se si allunga il muscolo passivamente si attivano i fusi neuromuscolari. Quando il
muscolo si contrae si ha un’accorciamento del muscolo con detensione delle fibre intrafusali: se si ha
stimolazione di un motoneurone γ, si possono allungare le porzioni centrali del fuso e quindi di mantenere
il fuso sensibile allo stiramento.

Durante il ciclo respiratorio si ha una fase di inspirazione e una di espirazione. La fase insipiratoria è quella
in cui il diaframma si contrae, permette l’espansione della gabbia toracica e quindi l’ingresso di aria nei
polmoni. Nella fase espiratoria il rilasciamento del diaframma determina la fuoriuscita dia ria per riduzione
del volume della gabbia toracica.

A livello del diaframma sono presenti fusi neuromuscolari che, quando il muscolo si contrae, dovrebbero
detendersi, mentre durante l’espirazione si allungano.
Registrando la scarica dalla fibre afferenti del fuso neuromuscolare durante il ciclo respiratorio si vede che
la frequenza di scarica dal fuso è massima durante l’inspirazione. Questo significa che quando vengono
attivati i motoneuroni α per determinare la contrazione del diaframma, contemporaneamente vengono
attivati anche i motoneuroni γ che fanno contrarre le fibre intrafusali, determinando stiramento della
porzione centrale del fuso neuromuscolare e quindi determinando la risposta registrata.

La funzione della coattivazione α-γ è mantenere il fuso sensibile allo stiramento. L’afferenza di scarico
aumenta durante l’inspirazione, ma se si applica una paralisi fusimotoria (inibire l’attività dei motoneuroni
γ) tale aumento è abolito, ma la contrazione dei muscoli inspiratori permane.
Questo significa che l’azione dei motoneuroni γ non promuove la respirazione. Quando il muscolo si
contrae, l’attività a livello delle fibre afferenti dal fuso cessa perché non si ha stimolazione contemporanea
dei motoneuroni gamma e quindi il fuso risulta deteso e cessa di scaricare. Quando il diaframma riacquista
la lunghezza iniziale i fusi vengono ristirati e si ha la frequenza di scarica a livello delle fibre afferenti.

Organo muscolo-tendineo del Golgi

Altro recettore presente a livello del muscolo (propriocettore).

L’organo muscolo-tendineo del Golgi è formato dalle


terminazioni nervose di fibre sensoriali di tipo IB che prendono
contatto e si inseriscono all’interno delle fibre collagene del
tendine.
Per questa sua posizione, quando il tendine viene stirato, le
fibre vengono deformate e mandano un segnale.

L’organo tendineo del Golgi è in serie con le fibre muscolari e


quindi le variazioni di lunghezza sono indipendenti. Proprio per
questa disposizione esso è però in grado di segnalare la forza
sviluppata dal muscolo quando si contrae.

Se un muscolo a riposo viene allungato, da parte dell’organo


del Golgi si registra una piccolissima variazione della frequenza
di scarica perché quando si allunga un muscolo, la parte
maggiore dell’allungamento viene preso dalle fibre muscolari e
non dal tendine.
Quando il muscolo si contrae si formano i legami actomiosinici
ed il muscolo diventa più rigido del tendine e lo allunga e
quindi si osserva una frequenza di scarica più elevata.

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