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CAPITOLO 5

SENSAZIONE E PERCEZIONE

Esiste una distinzione tra sensazione e percezione: la sensazione è il processo di


rilevazione dello stimolo attraverso il quale i nostri organi sensoriali rispondono agli
stimoli ambientali e li traducono in impulsi nervosi. La percezione invece comporta
attribuire un significato a quello che ci dicono i nostri sensi, è il processo di
organizzazione degli input e attribuirgli un significato. Un input sensoriale può essere
percepito in maniera differente. La percezione può essere influenzata dal contesto e
dalla aspettativa.

I PROCESSI SENSORIALI
Il nostro cervello non comprende le onde luminose o le onde sonore, ma alcuni neuroni
si sono sviluppati dono a diventare dei recettori sensoriali specializzati che trasformano
e traducono quelle forme di energia in impulsi nervosi che vengono poi compresi ed
elaborati dal cervello. I sistemi sensoriali dell’uomo sono fatti per estrarre dall’ambiente
le informazioni che ci servono per funzionare e sopravvivere. La disciplina della
psicofisica studia il rapporto tra le caratteristiche fisiche degli stimoli e le capacità sensoriali e si occupa di
due tipi di sensibilità: i limiti assoluti della sensibilità & la minima differenza individuabile.
LA RILEVAZIONE DELLO STIMOLO: LA SOGLIA ASSOLUTA
Quanto deve essere intenso uno stimolo prima che si riesca
a rilevarne la presenza? I ricercatori definiscono soglia
assoluta l’intensità più bassa a cui uno stimolo è rilevabile
per il 50% delle volte. Più bassa è la soglia assoluta,
maggiore sarà la sensibilità.
LA TEORIA DELLA DETENZIONE DEL SEGNALE
Gli scienziati pensavano che ogni persona ha un livello più o meno fisso di sensibilità di ogni senso. Gli
psicologi hanno dimostrato invece che la sensibilità di una persona può fluttuare parecchio. Esiste però un
margine d’incertezza, ovvero il criterio di decisione, uno standard di quanto debbano essere certi della
presenza di uno stimolo prima di affermare di averlo rilevato. Il criterio di decisione può cambiare di volta in
volta, dipende molto anche dalla stanchezza, dall’aspettativa e dalla potenziale importanza dello stimolo. La
teoria della detenzione del segnale si occupa dei fattori che influenzano i giudizi sensoriali. La percezione è
in parte una decisione.
LA SOGLIA DIFFERENZIALE
Distinguere tra vari simili è importante quanto riuscire a rilevarli. La soglia differenziale è la differenza
minima fra due stimoli che le persone riescono a percepire per il 50% delle volte. Weber individuò un certo
grado di ammissibilità nella gamma delle sensibilità dei nostri sistemi sensoriali. La legge di Weber afferma
che la soglia differenziale è direttamente proporzionale alla grandezza dello stimolo con il quale viene fatto
il raffronto e può essere espressa mediante la funzione di Weber.
L’ADATTAMENTO SENSORIALE
Da una prospettiva di sopravvivenza è importante saper riconoscere quando un cambiamento nell’ambiente
richiede la nostra attenzione. I neuroni sensoriali sono programmati per stabilire un adattamento
sensoriale, ovvero la riduzione della sensibilità a uno stimolo dopo un’esposizione costante ad esso. Dopo
un certo periodo di tempo i suoni monotoni in sottofondo vengono quasi del tutto ignorati.

I SISTEMI SENSORIALI
L’equipaggiamento sensoriale di cui ogni specie è dotata è frutto di un adattamento all’ambiente in cui vive.
La trasduzione è il processo mediante il quale le caratteristiche di uno stimolo vengono convertite in impulsi
nervosi.
LA VISTA
La luce viaggia in onde di energia elettromagnetica, queste onde
sono misurabili in nanometri (nm). Il nostro sistema visivo è
sensibile alle lunghezze d’onda comprese fra 700 nm (rosso)- 400
nm (blu-violetto).
L’OCCHIO UMANO
Le onde luminose entrano nell’occhio attraverso la cornea, una
struttura trasparente che protegge la parte anteriore dell’occhio.
Dietro la cornea si trova la pupilla, un’apertura che si dilata o si restringe per controllare la quantità di luce
che entra nell’occhio. La dimensione della pupilla è controllata dai muscoli dell’iride, ovvero la zona
pigmentata che circonda la pupilla. Un livello basso di illuminazione fa dilatare la pupilla, lasciando entrare
una quantità di luce maggiore per migliorare la chiarezza visiva; una luce vivida fa restringere la pupilla.
Dietro la pupilla c’è il cristallino, una struttura elastica che diventa più sottile per mettere a fuoco oggetti
distanti e più spessa per mettere a fuoco oggetti vicini. Il cristallino dell’occhio mette a fuoco l’immagine
visiva sulla retina, un tessuto a più strati, sensibile alla luce, che si trova sul retro del bulbo oculare pieno di
liquido. Il cristallino rovescia l’immagine dall’alto al basso e da destra a sinistra quando la proietta sulla
retina, ma il cervello rovescia l’input visivo nell’immagine che percepiamo.

I FOTORECETTORI: I BASTONCELLI E I CONI


La retina contiene due tipi di fotorecettori, chiamati bastoncelli e coni per via della loro forma. Nell’occhio
umano ci sono circa 120 milioni di bastoncelli e 6 milioni di coni. I bastoncelli funzionano meglio con un
livello scarso di luce, sono dei fotorecettori in bianco e nero. Sono circa 500 volte più sensibili alla luce dei
coni, ma non creano la sensazione del colore. Alcuni animali notturni, come i gufi, nella retina hanno solo
bastoncelli. I coni sono i recettori del colore, funzionano meglio con la luce forte. Alcuni animali diurni
(come i piccioni) hanno solo i coni nella retina, vedono quindi il mondo con colori molto vivaci.
Negli esseri umani i bastoncelli si trovano in tutta la retina, ad eccezione della fovea, una piccola zona al
centro della retina che non contiene bastoncelli, ma solo una grande densità di coni. La concentrazione dei
coni diminuisce allontanandosi dal centro della retina. A trasmettere l’immagine al cervello è il nervo ottico,
un agglomerato di cellule gangliari i cui assoni si raccolgono in un fascio (il nervo ottico).
Bastoncelli e coni sono connessi con le cellule bipolari, che a loro volta sono connesse con le cellule
gangliari, i cui assoni formano il nervo ottico. La nostra acuità visiva, ovvero la capacità di vedere i
particolari più piccoli, è maggiore quando l’immagine si proietta direttamente sulla fovea (ricca di coni).
LA TRASDUZIONE VISIVA: DALLE ONDE LUMINOSE AGLI IMPULSI NERVOSI
Bastoncelli e coni traducono le onde luminose in impulsi nervosi attraverso l’azione di molecole proteiche
dette fotopigmenti. L’assorbimento della luce da parte dei fotopigmenti produce una reazione chimica che
fa variare la frequenza di rilascio del neurotrasmettitore dalla sinapsi del recettore alle cellule bipolari.
Maggiore è il cambiamento nel rilascio del trasmettitore, più forte è il segnale che viene trasmesso alle
cellule bipolari e, a loro volta, alle cellule gangliari. Se uno stimolo scatena le risposte nervose a ciascuno dei
tre livelli (bastoncelli o cono, cellula bipolare e cellula gangliare) il messaggio viene inviato istantaneamente
alla stazione di passaggio nel talamo e da lì alla corteccia visiva del cervello.
LA VISIONE ALLA LUCE E L’ADATTAMENTO AL BUIO
I bastoncelli sono più sensibili dei coni in condizione di bassa luminosità. La sensibilità di entrambi dipende
in parte dalla lunghezza d’onda della luce. I bastoncelli hanno una sensibilità maggiore dei coni su tutto lo
spettro dei colori con l’eccezione della gamma dei rossi. I coni sono molto più sensibili alla bassa luminosità
nella gamma dei verdi e dei gialli (ciò portò molti paesi a modificare il colore del camion dei pompieri da
rosso, poco visibile al buio, al verde-giallino).
L’adattamento al buio è il miglioramento progressivo nella sensibilità alla luminosità che avviene nel corso
del tempo in condizioni di bassa illuminazione. Se l’occhio è stato sottoposto ad alte fonti di luce (come il
sole), i fotopigmenti si riducono in modo sostanziale. Durante l’adattamento al buio le molecole dei
fotopigmenti si rigenerano e la sensibilità dei recettori aumenta lentamente.
L’UDITO
Gli stimoli che arrivano al nostro senso dell’udito sono le onde sonore, una forma di energia meccanica.
Quello che definiamo suono sono delle onde pressorie nell’aria. Le onde sonore hanno 2 caratteristiche:
1. Frequenza: il numero di onde sonore, o cicli, al secondo. Con l’hertz (Hz) si misura il numero di cicli
al secondo, 1Hz equivale ad un ciclo al secondo. Maggiore è la frequenza, maggiore sarà l’intensità
percepita. Gli umani riescono a percepire dai 20 ai 20.000 Hz.
2. Ampiezza: si riferisce alla dimensione verticale delle onde sonore, ovvero gli alti e i bassi. Le
differenze di ampiezza sono espresse in decibel (dB).

LA TRASDUZIONE UDITIVA: DALLE ONDE PRESSORIE AGLI IMPULSI NERVOSI


Il sistema di trasduzione dell’orecchio è formato da ossa piccolissime, membrane e condotti pieni di liquido
che traducono le onde pressorie in impulsi. Le tre sezioni del sistema uditivo sono orecchio esterno, medio
e interno.
1. L’orecchio esterno è formato dalla parte visibile, ovvero il padiglione auricolare e il condotto uditivo.
Il ruolo del padiglione (o pinna) è quello di raccogliere i suoni e identificarne la locazione.
2. L’orecchio medio contiene tre ossicini: martello, incudine e staffa. Essendo che l’aria non impedisce
il propagarsi delle onde sonore, questi tre ossicini sono fra l’aria e la coclea. Le ossa traslano il
suono, lo riducono ad energia e lo trasferiscono all’orecchio interno.
3. L’orecchio interno contiene la coclea, un condotto a forma di chiocciola lungo circa 3,5 cm che
contiene la membrana basilare, un tessuto che ne percorre tutta la lunghezza. Sulla membrana
basilare poggia l’organo del Corti, che contiene migliaia di piccole cellule ciliate, che sono i veri
recettori del suono. Le estremità delle cellule ciliate contengono delle protrusioni minuscole, dette
stereociglia, che si trovano sotto la membrana tettoria, che sporge sopra la membrana basilare.
Queste trasmettono informazioni attraverso i neuroni del nervo acustico, che a sua volta invia
impulsi attraverso il talamo alla corteccia uditiva del lobo temporale.
Le onde sonore colpiscono il timpano e gli ossicini creano una pressione sulla finestra ovale. Le onde che ne
risultano fanno vibrare la membrana basilare e la membrana tettoria, provocando un piegamento delle
cellule ciliate nell’organo del Corti. Tale piegamento si traduce in impulsi nervosi che vengono inviati al
cervello.
LA CODIFICAZIONE DELL’ALTEZZA E DELL’INTENSITÀ DEL SUONO
Il sistema uditivo trasforma l’ampiezza e la frequenza dell’onda in impulsi nervosi. Maggiore è l’ampiezza
dell’onda e maggiore sarà la stimolazione e la produzione di impulsi nervosi.
Si hanno due processi diversi nella codificazione della frequenza. Una per le frequenze al di sotto dei 1.000
Hz e una per le frequenze al di sopra. Sono state proposte 2 teorie:
1. Secondo la teoria della frequenza della percezione dell’altezza del suono, gli impulsi nervosi inviati
al cervello sono pari alla frequenza dell’onda sonora. Quindi un’onda di 30 Hz dovrebbe provocare
30 impulsi nervosi al secondo. Ma la percentuale di attivazione dei neuroni è limitata, non può
eguagliare frequenze superiori di 100 Hz. Allora come possiamo percepire, ad esempio, frequenze a
4.000 Hz.
2. La teoria di posizione (o spettrale) della percezione dell’altezza del suono suggerisce che il punto
specifico della coclea dove l’onda di fluido è più alta e piega maggiormente le cellule ciliate, serve
da segnale di codificazione della frequenza.
LA LOCALIZZAZIONE DEL SUONO
Il sistema nervoso utilizza le informazioni che riguardano il tempo e le differenze di intensità dei suoni che
giungono alle orecchie per collocare nello spazio la fonte del suono. Grazie alle pieghe del padiglione
auricolare siamo in grado di dare una “forma” al suono, permette di codificare l’elevazione del suono.
LA PERDITA DELL’UDITO
Quasi tutti coloro che soffrono di sordità sono nati con un udito normale. Queste persone soffrono di due
tipi di sordità. La sordità di conduzione comporta problemi con il sistema meccanico che trasmette le onde
sonore alla coclea (un timpano perforato, una disfunzione agli ossicini dell’orecchio medio). L’utilizzo di un
apparecchio acustico amplifica i suoni che entrano nell’orecchio e può correggere molti casi di sordità da
conduzione.
Una questione diversa è quella della sordità neurale, provocata da un danno dei ricettori dell’orecchio
interno o da un danno al nervo acustico. In questo caso un apparecchio acustico può fare ben poco. Anche
l’esposizione costante ad alte frequenze può far perdere la sensibilità uditiva. Un’esposizione a musica ad
alto volume a 140 dB può causare danni irreversibili ai recettori dell’orecchio interno.
IL GUSTO E L’OLFATTO: I SENSI CHIMICI
Il senso del gusto (sapore) e quello dell’olfatto (odore) sono dei sensi chimici poiché i loro recettori sono
sensibili alle molecole chimiche e non a una forma di energia. Questi sensi sono connessi tra loro, per
questo quando si perde il senso dell’olfatto sembra di perdere anche il senso del gusto.
IL SENSO DEL GUSTO
Il senso del gusto risponde a solo 4 qualità: dolce, aspro, salato e amaro. Ogni esperienza del gusto
combina quindi queste qualità insieme al tatto, all’olfatto e alla temperatura, infatti la lingua, oltre ai
recettori chimici, possiede molti recettori tattili e di temperatura.
Le papille gustative sono dei ricettori chimici, ogni papilla risponde al meglio a 1 o 2 tipi di gusto. Un
ulteriore gusto, l’umami, accresce gli altri gusti. L’umami è attivato dalle proteine e dal glutammato di sodio.
Gli esseri umani hanno circa 9.000 papille gustative. Quando una sostanza entra in bocca interagisce con la
saliva, che genera una soluzione chimica che penetra nel poro gustativo e stimola le cellule dei recettori. Il
senso del gusto non dà solo piacere, ma possiede anche un significato evolutivo e adattativo, discriminando
tra nutrienti e tossine. I veleni tendono ad avere un gusto amaro, i carboidrati gusti dolci.

L’OLFATTO
I recettori dell’olfatto sono lunghe cellule che fuoriescono dall’epitelio della parte superiore della cavità
nasale e si inseriscono nella membrana mucosa. Gli esseri umani hanno circa 40 milioni di recettori olfattivi,
di 350 tipi diversi. I recettori che si attivano inviano l’input al bulbo olfattivo, una struttura del prosencefalo
collocata sopra alla cavità nasale. Ogni sostanza chimica odorosa eccita solo una parte limitata del bulbo
olfattivo, e gli odori vengono codificati in funzione alla parte del bulbo olfattivo che viene eccitata.
Il comportamento sociale e sessuale degli animali è regolato più fortemente dall’olfatto rispetto a quello
umano. I ricercatori hanno comunque dimostrato che i feromoni, dei segnali chimici che si trovano negli
odori naturali del corpo, possono influenzare inconsapevolmente il comportamento umano.
La malattia che porta alla perdita del senso dell’olfatto è l’anosmia. Può essere causata da una lesione al
cervello o da un’infezione.
LA PELLE E I SENSI DEL CORPO
La pelle e i sensi del corpo comprendono il senso del tatto, la cinestesia (il senso del movimento muscolare)
e l’equilibrio. Gli ultimi due sono detti sensi del corpo poiché ci informano sulla posizione e i movimenti del
corpo.
I SENSI TATTILI
Il tatto, quindi la sensibilità al calore, al dolore e alla pressione, ci permette di sfuggire ai pericoli. Le
sensazioni tattili sono inoltre fonte di diversi piaceri della vita. gli esseri umani sono sensibili ad almeno
quattro sensazioni tattili: pressione, dolore, caldo e freddo. Queste informazioni vengono trasmesse dai
recettori della pelle e dei nostri organi interni. Una mescolanza di queste sensazioni è la base di tutte le
altre, come ad esempio il prurito.
VALUTARE L’IMPORTANZA DEI SENSI DELLA NOSTRA PELLE (O CUTE)
La pelle è una struttura elastica a più strati, è l’organo più grande del nostro corpo. La pelle contiene un gran
numero di recettori, anche se il loro ruolo nelle sensazioni specifiche non è ancora molto chiaro. Sappiamo
però che i recettori del dolore e della temperatura sono le terminazioni nervose libere, delle semplici
cellule nervose poste sotto lo strato
superficiale della pelle, che somiglia ai rami
nudi di un albero. Le cellule del cestino (o
cellule a canestro) invece sono i recettori del
tocco e di una lieve pressione.
I recettori inviano i loro messaggi al punto
della corteccia somatosensoriale che
corrisponde alla zona del corpo in cui è
collocato il recettore. Il cervello può “individuare” delle sensazioni che non possono essere presenti, come
avviene nel caso dell’arto fantasma.
I SENSI DEL CORPO
Se non fosse per la propriocezione, saremmo completamente incapaci a coordinare i movimenti del nostro
corpo. La propriocezione è infatti il senso della cinestesia che ci fornisce le informazioni sulla posizione dei
nostri muscoli, delle giunture e dei movimenti. I recettori cinestetici sono terminazioni nervose sui muscoli,
nei tendini e nelle giunture. Con la cinestesia collabora il sistema vestibolare, ovvero il senso
dell’orientamento del corpo, o equilibrio e postura. I recettori vestibolari sono situati nell’apparato
vestibolare dell’orecchio interno.

LA VISIONE DEL COLORE


Gli esseri umani sono in grado di distinguere 7,5 milioni di variazioni di sfumature.
LA TEORIA TRICROMATICA
Nel XIX secolo si è scoperto che qualsiasi colore poteva essere creato con la combinazione di tre colori: blu,
verde e rosso. Nella mescolanza additiva del colore avviene una mescolanza tra un raggio di luce con una
specifica lunghezza d’onda (che ne stabilisce il colore) insieme ad un altro raggio di luce con differente
lunghezza d’onda, dando origine ai restanti colori (oltre quelli primari). La visione dei colori è quindi il
risultato della mescolanza additiva dei coni, che sono sensibili al blu, verde e rosso.
Nella mescolanza sottrattiva dei colori si producono i colori per privazione.
Quindi i colori primari nella mescolanza additiva sono blu, verde e rosso; nella mescolanza sottrattiva sono
blu, giallo e rosso.
Secondo la teoria tricromatica di Young-Hemholtz, nella retina esistono 3 tipi di recettori del colore.
LA TEORIA DEI PROCESSI OPPONENTI
Hering nel 1870 formò una seconda teoria del colore, presumeva esistessero tre tipi di coni. La teoria dei
processi opponenti di Hering proponeva che ciascuno dei tre
tipi di coni rispondesse a due diverse lunghezze d’onda. Un tipo
risponde al blu-giallo, un altro al rosso-verde e un altro ancora
al bianco-nero. Ciascuno dei recettori può quindi funzionare in
due possibili modi, a seconda della lunghezza dello stimolo.
IL DALTONISMO
Le persone con una visione normale del colore sono dette tricromatiche, essendo sensibili a tutti e tre i
sistemi. Circa il 7% della popolazione maschile e l’1% della popolazione femminile ha una carenza del
sistema blu-giallo, del sistema rosso-verde o di entrambi. Tale carenza è causata dalla mancanza di un
fotopigmento sensibile alle sfumature in alcuni tipi di coni. La maggior parte delle persone daltoniche ha
carenza nel sistema verde-rosso. I daltonici possono essere dicromatici, ovvero che non vedono solo uno dei
3 sistemi (blu-giallo o verde-rosso) o monocromatici, ovvero vedono solo il sistema bianco-nero.

L’ANALISI E LA RICOSTRUZIONE DI SCENE VISIVE


Una volta che avviene la trasformazione dell’energia luminosa in impulsi nervosi, ha inizio il processo di
combinazione dei messaggi ricevuti dai fotorecettori nella percezione di una scena visiva.
Dalla retina il nervo ottico invia impulsi a una stazione di collegamento situata nel talamo, il centralino
sensoriale del cervello. Da lì l’input viene instradato verso varie aree della corteccia, in particolare verso la
corteccia visiva primaria del lobo occipitale, nella parte posteriore del cervello.
I gruppi di neuroni all’interno della corteccia visiva primaria sono organizzati per ricevere e integrare gli
impulsi sensoriali nervosi che hanno origine in specifiche regioni della retina. Alcune di queste cellule sono
note come rilevatori di caratteristiche, si attivano in modo distinto in risposta agli stimoli visivi che
possiedono specifiche peculiarità.
IL RICONOSCIMENTO VISIVO DEGLI OGGETTI
Esistono due teorie sul come vengono riconosciuti gli oggetti: il modello di computazione di David Marr e la
teoria di Biederman del riconoscimento per componenti.

UN MODELLO COMPUTAZIONALE DI PERCEZIONE VISIVA


Nel 1982 David Marr realizzò il modello computazionale, che considerava la percezione visiva un modello in
tre stadi (3D).
IL RICONOSCIMENTO PER COMPONENTI
Il riconoscimento per componenti (RBC) di Biederman può essere considerato
uno sviluppo del lavoro di Marr. Il mondo visivo di Biederman è composto da 36
forme basilari volumetriche, chiamate geoni.
La prima cosa da fare secondo Biederman è analizzare e scomporre l’oggetto in
geoni, che uniti tra loro creano gli oggetti che noi vediamo. Per riuscire a
individuare i geoni dobbiamo essere in grado di trovare i bordi degli oggetti. A
queste teorie viene però fatta la critica che non permettono di riconoscere, ad
esempio, la propria casa o il proprio cane, poiché si basano su concetti generali.
LA PERCEZIONE: LA CREAZIONE DELL’ESPERIENZA
I sistemi sensoriali ci permettono di fare esperienze. Ma persone diverse possono percepire la stessa
informazione sensoriale in maniere diverse, poiché la percezione è un processo attivo e creativo.
Per creare le percezioni il nostro cervello esegue due tipi diversi di
funzioni di elaborazione.
 Elaborazione bottom-up: il sistema riceve i singoli elementi
dello stimolo e li combina in un’unica percezione.
 Elaborazione top-down: le informazioni dei sensi vengono
interpretate alla luce di conoscenze, concetti, idee e
aspettative esistenti.
I PRINCIPI DELLA GESTALT SULL’ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA
I ricercatori della Gestalt furono i primi sostenitori dell’elaborazione top-down, e affermavano che gli
insiemi che percepivano erano di più della somma delle loro parti. I teorici della Gestalt sottolinearono
l’importanza delle relazioni figura-sfondo. Quando guardiamo qualcosa la figura centrale si trova sopra o
davanti allo sfondo, ha una forma ben distinta e colpisce più dello sfondo le nostre percezioni e la nostra
memoria. Percepiamo bordi e contorni ovunque vi sia un netto cambio di colore, ma interpretiamo quei
contorni come parte della figura e non come sfondo. Oltre ai rapporti tra figura e sfondo, gli psicologi della
Gestalt erano interessati a come si possono percepire stimoli separati come parti di insieme più vasti.
Suggerirono che le persone raggruppassero e interpretassero gli stimoli in base a quattro leggi di
percezione organizzata della Gestalt: somiglianza, vicinanza, chiusura e continuità.
1. Legge della somiglianza: gli elementi di una configurazione percepiti come simili, verranno
percepiti insieme (due triangoli).
2. Legge della vicinanza: gli elementi vicini l’uno all’altro verranno percepiti come parti di una stessa
configurazione (3 gruppi di 2 linee piuttosto che 6 gruppi separati).
3. Legge della chiusura: le persone tendono a chiudere le estremità aperte di una figura, oppure
riempire le parti mancanti di una figura incompleta (il cerchio).
4. Legge della continuità: le persone collegano tra loro singoli elementi per formare delle linee
continue o un modello che abbia un senso (a-b ; c-d e non a-d ; c-b).
LA PERCEZIONE COMPORTA LA VERIFICA DELL’IPOTESI
Riconoscere uno stimolo comporta avere una rappresentazione percettiva, ovvero mentale, cioè
un’immagine che contiene le caratteristiche fondamentali e distintive di una persona, di un oggetto, di un
evento o di un altro fenomeno percettivo. Questi schemi ci forniscono dei modelli mentali che ci
permettono di classificare e identificare i dati sensoriali in maniera top-down.
Il sistema percettivo ricerca attivamente nella sua enorme biblioteca di schemi interni l’interpretazione che
meglio si addice ai dati sensoriali.
LA PERCEZIONE È INFLUENZATA DALLE ASPETTATIVE: IL SET PERCETTIVO
Le percezioni di una scena possono influenzarne la percezione. Questo avviene a causa di quello che gli
psicologi chiamano set percettivo, ovvero che la nostra percezione di una scena può essere influenzata dal
contesto nel quale viene vissuta. È ciò che avveniva in guerra col “fuoco amico”.
GLI STIMOLI SONO RICONOSCIBILI IN CONDIZIONI DI CAMBIAMENTO: LE COSTANZE PERCETTIVE
Quando una porta viene aperta, la vediamo in
maniera differente rispetto a quando era chiusa, ma
continua ad essere riconosciuta come porta. Le
costanze percettive ci permettono di riconoscere
stimoli familiari in condizioni variabili. Nella visione
intervengono diverse costanze. La costanza della
forma ci permette di riconoscere oggetti e persone
in angolazioni diverse. La costanza della luminanza
permette indifferentemente dal sole o dall’ombra di
mantenere la stessa illuminazione attribuita agli
oggetti. La costanza delle dimensioni, ossia la
prospettiva.

LA PERCEZIONE DELLA PROFONDITÀ, DELLA DISTANZA E DEL MOVIMENTO


Per riuscire ad adattarci ad un mondo spaziale dobbiamo essere in grado di distinguere distanze e
movimenti. In questo compito gli esseri umani sanno essere molto precisi, basti pensare ad esempio ad un
giocatore di tennis.
LA PERCEZIONE DI PROFONDITÀ E DISTANZA
Uno degli aspetti più affascinanti della percezione visiva è la capacità di valutare la profondità. La retina
riceve informazioni solo su larghezza e lunghezza, ma il cervello traduce tali percezioni in informazioni
tridimensionali. Lo fa utilizzando le indicazioni di profondità monoculari e binoculari.
LE INDICAZIONI MONOCULARI DI PROFONDITÀ
Valutare le distanze relative degli oggetti è importante per percepire la profondità. Un modo per ricreare la
profondità è utilizzare giochi di ombra e luce. La prospettiva lineare aiuta lo stesso a rappresentare la
profondità, due linee parallele allontanandosi sembrano convergere, ad esempio i binari del treno.
L’interposizione è quando gli oggetti vicini ci tolgono parte della visuale degli oggetti distanti. L’altezza sul
piano orizzontale, ad esempio una nave a 10 km di distanza ci sembrerà ad un piano più alto rispetto a una
a 2 km di distanza. L’indicazione della texture, la struttura o la trama di un oggetto sembra più fine con
l’aumento della distanza. La chiarezza ci permette di vedere più nitidamente le cose vicine. La dimensione
relativa ci permette di comprendere che un oggetto lontano che ci sembra più piccolo è della stessa
dimensione di un oggetto vicino. L’indicazione della parallasse di movimento ci dice che, se noi siamo in
movimento, gli oggetti più vicini sembrano muoversi in direzione opposta alla nostra più velocemente di
quelli lontani.
LE INDICAZIONI BINOCULARI DI PROFONDITÀ
Le indicazioni più notevoli di profondità derivano dalle indicazioni binoculari, che richiedono quindi l’uso di
entrambi gli occhi. La disparità binoculare, usata per gli stereoscopi e per i film in 3D, consiste nel far
vedere a ciascun occhio un’immagine leggermente diversa, una si concentra su una scena davanti e una
sulla scenda di dietro, che nel cervello vengono sovrapposte, creando l’effetto 3D. una seconda indicazione
binoculare è la convergenza, prodotta dal feedback dei muscoli che fanno ruotare l’occhio verso l’interno
per osservare un oggetto vicino.
LA PERCEZIONE DEL MOVIMENTO
La percezione del movimento è un processo complesso, che spesso richiede la collaborazione di più sensi.
La prima indicazione per percepire il movimento è il moto dello stimolo attraverso la retina, un’immagine
retinica ha bisogno di spostarsi solo per 1/5 del diametro di un cono per percepire il movimento. Anche il
moto relativo di un oggetto su uno sfondo strutturato è un’indicazione di movimento.
Il movimento stroboscopico è un movimento illusorio prodotto quando si accende brevemente una luce nel
buio poi, qualche millisecondo dopo, si accende un’altra luce vicino alla prima. La prima luce sembrerà
spostarsi da un punto all’altro. Il movimento stroboscopico è anche il principio che sta alla base dei film; per
la percezione di un movimento fluido è fondamentale il ritmo al quale vengono proiettate le immagini. Oggi
i film vengono proiettati a 24/30 fotogrammi al secondo.

LE ILLUSIONI: FALSE IPOTESI PERCETTIVE


Le illusioni sono delle percezioni affascinanti, ma inesatte. Queste percezioni posso essere intese come
ipotesi percettive erronee sulla natura dello stimolo. Le illusioni ci forniscono anche importanti informazioni
su come lavorano i nostri processi percettivi in condizioni normali. Nel caso dell’illusione di Ponzo la barra di
sopra ci sembrerà più grande.

Le studio delle costanze percettive mostra che le nostre ipotesi percettive sono fortemente influenzate dal
contesto o dall’ambiente circostante. Questi oggetti 2D vengono interpretati come 3D.
I PROCESSI DI RICONOSCIMENTO SPECIFICI: I VOLTI
I volti sono uno stimolo particolarmente importante e rilevante. Senza dubbio il volto è lo stimolo non
verbale più importante che abbiamo. Il volto è un mezzo di comunicazione ancora prima che si impari a
parlare. I bambini riescono maggiormente a riconoscere i volti e ciò che vogliono comunicare. C’è un area
del cervello specializzata nel riconoscimento dei volti, tant’è vero che molti studiosi reputano i volti come
degli stimoli speciali. Esiste una sindrome che fa perdere la capacità di riconoscere i volti: la prosopagnosia
acquisita o congenita. In genere è causata da una lesione traumatica del cervello.
Esistono diverse caratteristiche che si vanno ad analizzare quando si vede un volto:
 Caratteristiche percettivo/strutturali: identità, genere, età ed etnia.
 Caratteristiche emotive: espressioni e stato d’animo.
 Caratteristiche sociali: attrattività, fiducia, direzione dello sguardo.
L’IMPORTANZA DELLE “CARATTERISTICHE”
Secondo la teoria delle caratteristiche della percezione del volto di Bruce e Young, se si vede una persona
sapremo subito se l’abbiamo già vista o meno, ci sono delle caratteristiche del volto più importanti di altre,
ad esempio le sopracciglia. Le caratteristiche distinguono un volto da un altro, ma esistono delle regole
generali che ci aiutano a identificare differenze più globali, come il genere.
VOLTI ED EMOZIONI
Secondo Bruce e Young dai volti si possono trarre informazioni importanti. Le donne sembrano essere più
brave degli uomini a riconoscere le emozioni dalle espressioni del volto. Durante il ciclo mestruale le donne
cambiano le loro preferenze per i volti degli uomini, prediligendo i visi più mascolini.
L’ATTRATTIVITÀ
Il concetto di bellezza o attrattività è molto soggettivo. Ciò che noi troviamo attraente può dipendere dalla
nostra cultura, ma non per forza. È stato dimostrato che le persone più attraenti vengono trattate meglio di
quelle meno. L’attrattività è dettata dalla giovinezza del volto e dalla sanità che rappresenta.

LA SINESTESIA
Le persone affette dalla rara malattia della sinestesia non riescono a distinguere un senso dall’altro, infatti i
sensi si mescolano tra loro. Chi è affetto da sinestesia può percepire i suoni come colori, o il gusto come una
sensazione tattile. Almeno l’1% di noi ha delle percezioni sinestesiche.

L’ESPERIENZA, I PERIODI CRITICI E LO SVILUPPO PERCETTIVO


LA RICERCA INTERCULTURALE SULLA PERCEZIONE
Gli esseri umani vengono al mondo con le stesse capacità percettive, indipendentemente da dove nascono.
Da quel momento in poi però la cultura aiuta a determinare il tipo di esperienze di apprendimento
percettivo che hanno. La ricerca interculturale può aiutare a comprendere quali aspetti siano presenti in
tutte le persone e quali dipendono dalla cultura. La percezione può quindi essere influenzata
dall’esperienza.
Consideriamo la percezione di un’immagine che dipende sia dalla natura dell’immagine sia dalle
caratteristiche di chi la osserva.
Figura a: gli europei vedono una casa e una finestra, gli africani una donna con un cesto/scatola in testa e un
gruppo di persone sotto un albero all’aperto.
Figura b: il cacciatore chi ucciderà? Africani: cuccioli di elefante (tonti).

I PERIODI CRITICI: IL RUOLO DELL’ESPERIENZA PRECOCE


L’esperienza è quindi essenziale per lo sviluppo delle attività percettive. Per alcuni aspetti della percezione
esistono dei periodi critici, ossia dei periodi dello sviluppo nei quali devono avvenire alcuni tipi di
esperienze perché possano svilupparsi
normalmente le abilità percettive e i
meccanismi cerebrali che le governano. Se
un periodo critico passa senza aver fatto
quell’esperienza, è troppo tardi affinché il
deficit si possa eliminare. Venne fatto un
esperimento su dei gattini, che vennero
messi in stanze con solo linee verticali, non
svilupparono quindi che rispondessero al
riconoscimento delle linee orizzontali.
LA RIPRISTINATA CAPACITÀ SENSORIALE
Restituire un senso ad una persona che è
nata senza potrebbe non essere sufficiente, infatti un ragazzo con la cataratta congenita venne sottoposto
all’intervento, che gli permise di poter vedere il mondo attorno a lui, ma non fu mai in grado di abituarsi al
nuovo mondo visivo, doveva toccare gli oggetti per identificarli. Alla fine perse nuovamente la vita, tale
perdita la considerò un dono. Questa difficoltà è dovuta al periodo critico dell’infanzia.

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