Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
CRONOPSICOLOGIA
• Email: cinziazollo@outlook.it
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
2° LEZIONE
METODI E TECNICHE CHE VENGONO UTILIZZATE IN AMBITO CRONOPSICOLOGICO
La prima distinzione da fare è tra 3 tipi di prospettive sulla base delle quali noi possiamo studiare un
particolare fenomeno. La distinzione si divide tra metodi fisiologici, psicologici e comportamentali.
METODI PSICOLOGICI= tramite i metodi psicologici io mi posso chiedere “data una particolare costellazione
fisiologica, come si sente la persona in quel determinato momento?”;
METODI FISIOLOGICI= sono metodi oggettivi perché ci consentono di studiare un fenomeno vedendo quello
che succede direttamente nel corpo, si tratta di misurare tutto ciò che riguarda l’affettività, l’attività
cognitiva o qualcosa che crea un vissuto nel corpo, qualcosa di soggettivo.
Per esempio, immaginate una persona che ha paura:
a livello soggettivo la persona sperimenta un’emozione molto forte e noi tramite metodi
(come interviste, questionari o scale…) possiamo chiederle come si sente in quel momento,
quali sono le sensazioni o le emozioni che prova .
a livello oggettivo noi possiamo vedere qual è quella costellazione di variabili fisiologiche
che esprimono quel particolare tipo di emozione. Ad esempio la persona che ha paura
suda, ha l’attivazione del sistema simpatico, ha un battito cardiaco molto accelerato… per
cui io vado a vedere direttamente come il corpo risponde a quella particolare situazione.
Questo è un primo “metodo fisiologico” cioè io vado a vedere il riscontro sul corpo e quindi io ho
un’informazione sull’attività mentale, sull’affettività e su tutta una serie di variabili che però sono di
tipo oggettivo. Questo è molto importante se pensiamo alle situazioni in cui non possiamo avere un
riscontro soggettivo, quindi non possiamo chiedere alla persona “come ti senti?”, per esempio
l’osservazione del comportamento è poco efficace e non ci da molte informazioni (a differenza dei
metodi fisiologici) perché non si può avere un riscontro soggettivo, ma possiamo misurare pattern
di comportamento come la vigilanza, la sonnolenza….
1
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
BIOSEGNALI
Per quanto riguarda i metodi fisiologici noi andiamo a cercare un riscontro sul corpo, cioè andiamo a
registrare e a raccogliere dei “biosegnali” cioè dei segnali biologici che provengono direttamente dal corpo.
I biosegnali possono essere:
Spontanei= cioè andiamo a vedere un organo come funziona nella sua normale attività, come
accade nel tracciato elettroencefalografico;
Indotti= per esempio, nella tecnica dei potenziali evocati, io posso somministrare degli stimoli e
vedere come il corpo di un soggetto risponde a quel particolare stimolo, cioè vedere quando il suo
cervello risponde, con quanta latenza quindi in quanto tempo, quando avviene l’elaborazione e
così via…
TECNICHE FISIOLOGICHE
POLIGRAFIA=La poligrafia una tecnica di registrazione simultanea di molteplici attività fisiologiche, quindi è
come se mettessimo insieme più tecniche (in base allo studio che dobbiamo fare) per studiare un tipo di
fenomeno. Quindi la poligrafia registra “molteplici attività fisiologiche” perché a volte noi abbiamo bisogno
di una costellazione di più variabili o di “biosegnali” che caratterizza un determinato fenomeno.
Per esempio, se voglio studiare lo stato apprensivo, ovvero una persona che ha un forte stato di attivazione
dell’ansia, io attraverso la “poligrafia” posso usare una serie di tecniche, tra queste però devo selezionarne alcune
specifiche che ci consentono di studiare il fenomeno in modo oggettivo, in poco tempo e senza essere troppo
invasive, per esempio per lo “stato apprensivo” possiamo utilizzare:
l’elettroencefalografia (EEG) e quindi vedere che ci sono degli aumenti nel livello del beta (il ritmo beta
è quello che caratterizza la veglia attiva e anche gli stati apprensivi);
l’elettrocardiogramma (ECG) con cui misuriamo l’accelerazione del battito cardiaco;
conduttanza cutanea è una tecnica che si basa sulla registrazione di quella pellicola che noi troviamo
sulla nostra pelle che non è altro che il sudore, cioè il principio è che “quanto io più sudo, tanto più
aumenta la conduttanza cutanea”.
2
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Questa registrazione viene effettuata applicando degli elettrodi sullo scalpo e questa cosa avviene in
posizioni standard perchè c’è un sistema internazionale detto “10-20” (che viene utilizzato sempre), esso si
chiama “10-20” perché gli elettrodi vengono posti a una distanza del 10-20% rispetto a due punti di
riferimento che sono:
il nason (l’attaccatura del naso quindi verso la fine dell’osso occipitale;
la distanza tra i due lobi preauricolari.
Quindi si applicano degli elettrodi sulla cute cercando di ridurre le impedenze (tra l’elettrodo e il cervello ci
sono delle resistenze come i capelli, la pelle.. che presentano un’attività che è necessario ridurre), e poi
ciascun elettrodo è collegato a un amplificatore che è un poligrafo che raccoglie questi biosegnali e li
amplifica (anche di milioni di volte perché altrimenti il tracciato sarebbe illeggibile) e poi li passa al
computer che li analizza.
Una prima distinzione da fare è che l’elettroencefalografia (EEG) può essere monopolare o bipolare questo
riguarda il tipo di registrazione che vado a fare.
L’elettroencelografia monopolare= è quella convenzionale, cioè io vado dall’elettrodo messo su
una zona elettricamente attiva a un elettrodo posto su una zona elettricamente neutra (come
dietro le orecchie);
L’elettroencefalografia bipolare= è quella sperimentale, cioè io metto due elettrodi su due zone
elettricamente attive (le zone che si prendono dipendono da quello che il ricercatore deve
misurare).
Le frequenze sono molto importanti e ci danno delle informazioni particolari perché lo spettro di
frequenze nell’uomo va da 0.5 a 0.25 Hz (anche se ci sono altre onde più rapide) e all’interno di
quest’intervallo noi possiamo distinguere 5 ritmi, i quali, partendo in ordine crescente, sono il:
3
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Ritmo delta= che caratterizza il sonno profondo è costituito da onde molto lente e le
frequenze sono comprese tra 0.5 e 4 Hz. Il sonno profondo è caratterizzato quindi da
queste onde che sono sincronizzate, molto ampie e con frequenza molto molto bassa;
Ritmo teta= che caratterizza il sonno REM, il sonno superficiale dello stadio 1 e gli stadi di
sofferenza focale (stadi particolari come l’epilessia) e le frequenze sono comprese tra i 4 e
gli 8Hz;
Ritmo alfa= che caratterizza la veglia rilassata ad occhi chiusi e le frequenze sono comprese
tra gli 8 e i 12 Hz;
Ritmo sigma= che caratterizza lo stadio pre-sonno costituite da onde particolari dette “fusi
del sonno” le cui frequenze sono ancora più rapide e comprese tra i 12 e i 16 Hz, con
ampiezza più bassa;
Ritmo beta= che caratterizza la veglia attiva, gli stati apprensivi o gli stati d’ansia e le
frequenze sono comprese tra i 16 e i 35 Hz.
3. Forma= due onde possono avere anche la stessa ampiezza e la stessa frequenza ma non è detto
che abbiano uguale forma, quindi è importante vedere questi “grafo-elementi” perché ci sono
alcune forme particolari delle onde che ci interessano di più, cioè che hanno una forma particolare
e possono accompagnare alcuni stati di coscienza o comportamentali. Quindi le onde possono
essere aguzze, arrotondate, oppure possiamo trovare alcuni grafo-elementi tipici dello stadio-2 che
sono i “complessi K”, i quali sono importanti quando noi dobbiamo fare una diagnosi di epilessia
perché nell’epilessia c’è quest’onda con forma arrotondata che viene seguita da un’onda appuntita.
4. Sincronizzazione= le onde sono sincronizzate quando sono raggruppate, cioè allineate nel tempo;
questo significa che fondamentalmente ci sono delle formazioni neuronali che vanno a scaricare
tutte quante nello stesso momento. Quindi per questo troviamo questo tracciato che è
sincronizzato ed è tipico degli stadi più profondi (3 e 4) oppure le onde possono essere
“desincronizzate” per cui li ritrovate successione casuale (no causale);
5. Simmetria= riguarda il funzionamento degli emisferi cerebrali. Quindi sono simmetrici quei segnali
che si presentano su entrambi gli emisferi, con le stesse caratteristiche di frequenza, ampiezza,
durata e morfologia. L’aspetto della simmetria è associato a quello della “topografia” che ci dice
quali sono le aree cerebrali che sono attive in quel particolare momento. Prima parlavamo di
“sonno locale” cioè il fatto che in una particolare area cerebrale sono più marcati alcuni ritmi, per
esempio possiamo ritrovare un ritmo maggiore che ha delle frequenze più marcate e questa cosa
riguarda la topografia.
Ora vediamo l’esempio di una distribuzione topografica di un tracciato elettreoencefalografico delle varie frequenze in
una condizione di veglia ad occhi chiusi e in una condizione di deprivazione di sonno: si indossano gli elettrodi, i
4
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
partecipanti sono in una veglia rilassata (quindi ad occhi chiusi), e si vede cosa succede a livello topografico.
Successivamente ai soggetti viene fatta fare una deprivazione di 36 ore di sonno: da questa deprivazione si vede cosa
succede ai soggetti a livello cerebrale, cioè quali sono le aree cerebrali che sono attive in quel determinato momento e
quanto le frequenze sono più mercate in alcune aree rispetto ad altre. Da qui possiamo trarre la differenza tra la veglia
rilassata e la deprivazione di sonno, riscontrando che c’è un attivazione di specifiche aree cerebrali e che c’è un
aumento del ritmo delta e del ritmo teta che sono onde molto importanti soprattutto per quanto riguarda la
sonnolenza.
ANALISI SPETTRALE
Prima, per fare l’analisi spettrale si procedeva con l’ispezione visiva (che oramai è obsoleta) oggi i computer
ci permettono di fare un’analisi automatica dei tracciati che si basa su algoritmi matematici ed in particolar
modo sull’analisi di Fourier.
Il segnale viene scomposto in una serie di sinusoidi che presentano una certa ampiezza e una certa
frequenza. Molto banalmente, la cosa fondamentale che ci interessa è l’ampiezza e la frequenza che vanno
a caratterizzare il sinusoide; ampiezza e frequenza vanno a formare una famiglia di sinusoidi che verranno
messi insieme secondo quest’algoritmo matematico per ottenere l’onda originale. Quindi è semplicemente
una scomposizione delle onde e in base ad alcuni coefficienti di Fourier che poi quando si vanno a sommare
formano di nuovo l’onda originale.
L’analisi spettrale è quella più utilizzata tra le analisi computerizzate dell’EEG. Si basa sull’analisi di Fourier,
secondo cui “ciascuna onda può essere scomposta in una somma di onde sinusoidali, che sommate
ricostruiscono l’onda originale”. Alla fine si ottiene un diagramma delle frequenze che fornisce lo “spettro
di frequenza dell’EEG”, quindi ci da informazioni sul contributo che le varie frequenze danno allo spettro
delle frequenze nell’intervallo di tempo che viene esaminato, ci da per esempio la percentuale della veglia
ad occhi chiusi e così via…, quindi ci da informazioni sulle bande di frequenza che vengono maggiormente
espresse in un determinato intervallo.
L’analisi di Fourier può essere anche un analisi veloce: infatti c’è una trasformata dell’analisi di Fourier che
si basa su algoritmi veloci che permettono agli esperti del sonno di rilevare e quantificare immediatamente
le frequenze non apprezzabili visivamente. Ovviamente, l’analisi automatica permette di fare cose
automatiche e in tempi più ristretti ma presenta dei problemi nella risoluzione spettrale, nella quantità
della stima dello spettro, e nel fatto che il segnale per poter avere una buona rappresentazione deve essere
stazionario e in alcuni stati, soprattutto nella fase di addormentamento e di risveglio, è molto più difficile
da riuscire ad avere perchè non ci sono segnali stazionari anzi ci sono delle brusche variazioni.
5
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
L’analisi del dominio delle frequenze= è un’analisi spettrale in cui tramite il tracciato vediamo qual
è la percentuale, cioè quante onde sono rappresentate in ciascuna unità di frequenza (ritmo teta,
ritmo delta, ritmo alfa…) su quel tracciato;
L’analisi del dominio del tempo= quando vado a fare l’analisi del dominio del tempo in realtà non
m’interessa la frequenza, ma m’interessa il susseguirsi delle onde nell’unità di tempo;
l’analisi zero-crossing= va a contare tutti i passaggi allo zero, cioè noi sappiano che ogni onda ha
una depressione positiva (sale) e una depressione negativa (scende), sale e scende in base a un
punto 0 o “linea isoelettrica” che è la linea di riferimento; questa analisi, quindi, conta tutte le volte
che l’onda passa per lo zero e vede come si susseguono le onde nel tempo;
l’analisi periodo-ampiezza= si basa sull’ analisi zero-crossing (quindi fa i conti per i passaggi allo
zero) ma ci da informazioni anche sull’ampiezza e di distinguere altri grafo-elementi particolari
come i coplessi K;
La trasformata Wavelet= si basa su un grafico in cui sull’asse dell’ascissa c’è il tempo mentre su
quella delle ordinate la frequenza, quindi ci da informazioni ancora più complesse;
La pattern analysis= è il riconoscimento matematico delle curve .
ELETROOCULOGRAFIA= L’elettrooculografia (EOG) è una tecnica basata sulla registrazione tramite degli
elettrodi che sono posti sulla cute accanto agli occhi (quindi sulla cute pre-orbitale) che misurano la
differenza di potenziale esistente tra la cornea e la retina, detto “potenziale corneo-retinico”.
L’elettrooculografia va a registrare il movimento degli occhi e più in particolare va a misurare questa
differenza di potenziale perchè l’occhio è come un “dipolo”:
ha la cornea che è un polo positivo;
la retina che ha un polo negativo.
Quando l’occhio si va a muovere produce questa differenza di “potenziale corneo-retinico” (tra polo
positivo e polo negativo) che viene registrata mettendo gli elettrodi davanti agli occhi. Tali potenziali sono
importanti per la sonnolenza e per la vigilanza nello studio del sonno, perché ritroviamo:
i “REMs” ovvero questi rapidi movimenti degli oculari (caratteristica principale del sonno REM);
i “SEMs” ovvero movimenti oculari lenti (che ritroviamo negli stadi più superficiali del sonno, come
lo stadio 1);
l’“eye blinking”, cioè l’ammiccamento oculare che invece riguarda soprattutto lo studio della
sonnolenza e delle vigilanza.
L’elettrooculogramma è invece il tracciato che deriva dalla registrazione dell’attività oculare (registrazione
del movimento degli occhi).
6
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
ELETTROMIOGRAFIA= L’elettromiografia (EMG) è la tecnica che misura e registra il tono muscolare dei
muscoli assiali antigravitazionari (cioè quelli che consentono di mantenere la posizione eretta e che non ci
fanno cadere a terra per la forza di gravità). L’elettromiografia si effettua applicando degli elettrodi sulla
cute dei muscoli mentonieri e/o miloioidei per registrare il tono muscolare, nello specifico si misura la
differenza di potenziale tra questi due elettrodi che misurano la contrazione tonica e fasica dei muscolare:
la contrazione tonica è come se fosse un ritmo di fondo, sarebbe il nostro tono muscolare di
fondo;
La contrazione fasica è invece una brusca variazione di questo tono muscolare di fondo.
ACTIGRAFIA= L’actigrafia è una tecnica che ci consente, mettendo un orologio sul polso detto “actigrafo”
oppure sulla tibia, di registrare i movimenti. È una tecnica molto importante perché ci permette di studiare
i ritmi circadiani (circa-diem=quasi nelle 24h) e ci da indicazioni su quanto una persona passa sveglia, su
quanto una persona passa a dormire e anche sulle misure del sonno in termini di:
Efficienza del sonno=ovvero il rapporto tra il tempo trascorso a letto e il tempo effettivo di sonno
(perché io posso stare anche 10 ore a letto e poi caso mai mi addormento alle 5:00) e quando
questo rapporto è alto vuol dire che c’è “efficienza di sonno”;
Latenza del sonno= il metterci tanto tempo a dormire viene chiamato “latenza di sonno”, latenza
vuol dire misurare l’intervallo di tempo che ci sta tra un fenomeno e un altro (quanto tempo
impiego per addormentarmi? Mi addormento in 20 minuti. 20 minuti è la latenza).
Quello che è importante non è solo quanto tempo impiego ad addormentarmi ma anche la “veglia
infrasonno” perché capita che durante il sonno noi ci svegliamo, a volte ce lo ricordiamo e a volte no,
perché a volte succede che c’è la riattivazione del cervello ma tale aurosal (si legge erausal= riattivazione)
non arriva a svegliarci.
ELETTROENCEFALOGRAFIA= con gli elettrodi vado a raccogliere
Questo strumento, simile ad un orologio, dei segnali che confluiscono nel computer che genera
l’elettroencefalogramma
rilevando il movimento, ci da alcune indicazioni
ACTIGRAFIA= l’actigrafo viene messo sul poso e registra
classiche sul sonno come l’efficienza, la latenza, il digitalmente l’attività motoria dei distretti prescelti e
successivamente tale attività viene scaricata sul computer e
tempo totale di sonno e il tempo effettivo del viene analizzata l’intensità motoria tramite specifici algoritmi,
sonno (cioè quanto tempo dormo). il software provvede poi a riferire l’intensità motoria ad un
preciso stato comportamentale (veglia attiva, riposo, sonno).
L’actigrafia è un’ottima tecnica per la
registrazione dei ritmi sonno-veglia “on field” o in generale in tutte quelle situazioni cliniche o sperimentali
che non consentano l’esecuzione di una polisonnografia completa.
7
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
1. Radiografia= si basa sul passaggio di un fascio di raggi x attraverso le strutture da analizzare per cui
il passaggio dei raggi x aumenta il contrasto tra la struttura che andiamo a vedere e il tessuto
circostante.
2. Radiografia con mezzo di contrasto= in questo caso viene iniettata una sostanza radioopaca (che
assorbe molte radiazioni) in circolo e da qui nel sistema ventricolare (es., angiografia cerebrale,
pneumoencefalografia). In questo caso vado ad iniettare questa sostanza nelle zone che mi
interessano e vado a vedere, poiché essa si illumina, il contrasto tra la zona illumina e quella
intorno. Lo svantaggio è che essa è una tecnica molto invasiva.
3. Tomografia Assiale Computerizzata (T.A.C.)= in questo caso la persona si mette in tubo che
ruotando proietta raggi X tramite un rilevatore computerizzato. Lo svantaggio è che si ottengono
unicamente sezioni trasversali.
4. Tomografia a emissione di positroni (PET)= fornisce informazioni sull’attività metabolica
(funzionale) del cervello, cioè con la PET vado a vedere quali aree sono attive se faccio fare una
determinata cosa alla persona. Tale tecnica si basa sul fatto che si inietta nell’arteria carotide 2-
desossiglucosio radiattivo (che è una sostanza che assorbe i raggi X e che quindi ci permette di
evidenziare le aree che sono attive) ed è piuttosto invasiva.
5. Risonanza Magnetica Nucleare (RMN)= sono delle onde di radiofrequenza che attivano gli atomi di
idrogeno delle strutture cerebrali che dobbiamo visualizzare;
6. Risonanza magnetica funzionale= mutuando la tecnica della Risonanza Magnetica Nucleare,
evidenzia le aree in cui c’è maggiore flusso ematico e quindi maggiore apporto di ossigeno (H2O);
questa tecnica è molto costosa e non sempre disponibile.
7. Stimolazione cerebrale non invasiva= che si divide in “modello di stimolazione” (viene stimolato o
bloccato quell’area e si vedono i cambiamenti) e in “modello di lesione” (viene asportato e si
vedono i cambiamenti). Questo tipo di tecniche consentono di connettere da un lato il tessuto
cerebrale (l’attività coinvolta) e da un lato il comportamento. Questa stimolazione può essere
magnetica (creando un campo magnetico) o elettrica.
METODI PSICOLOGICI: non vado più a vedere cosa succede sul lato oggettivo ma mi concentro con maggior
attenzione sul lato psicologico, cioè voglio sapere come vi sentite, perché non sempre queste due cose
vanno di pari passo. Infatti se una persona che dice “ho sonno” non sempre questa cosa accompagna
alcune modifiche che a livello fisiologico ci danno informazioni sul livello di sonnolenza e vigilanza. (anche
se i bambini si sentivano vigili, le loro performance calavano, anche se i bambini non ne erano consapevoli).
Altri metodi psicologici che possiamo utilizzare sono le interviste, le scale della sonnolenza, questionari
(sulle tipologie individuali , sulle abitudini, sulle percezioni soggettiva).
8
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
REGISTRAZIONI INVASIVE MULTICELLULARI SU ANIMALI= vengono solitamente svolte sugli animali perché
sono tecniche molto invasive: si prende l’elettrodo e si mette direttamente sull’organo per registrare
l’attività dei biosegnali;
REGISTRAZIONI INVASIVE UNICELLULARI SU ANIMALI= anche queste vengono svolte sugli animali (di solito
quelli che hanno dei neuroni molto grandi) perché sono invasive: io vado a mettere direttamente
l’elettrodo sulla cellula specifica (ovviamente questo nell’uomo non è possibile);
MODELLO DI LESIONI E STIMOLAZIONI= in questa caso ipotizzo che un organo abbia una determinata
funzione, per cui io lo posso lesionare e poi asportarlo chirurgicamente aspettandomi che quella funzione si
vada a perdere, oppure posso stimolare quell’organo aspettandomi che quella funzione aumenti;
TECNICHE PSICOFISICHE= tra queste c’è in particolare la “tecnica di neuroimaging” che ci da un’immagine
in vivo del cervello e la “tecnica dei potenziali evocati” che permette di vedere come il cervello risponde agli
stimoli esterni: ad esempio, vi faccio sentire un click e vado a vedere in quanto tempo il cervello fornisce
una risposta, cioè tramite questa tecnica noi possiamo rilevare una reazione a livello elettroencefalografico.
9
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
3° LEZIONE
La lezione di oggi dovrebbe essere un po’ più interessante rispetto alla lezione sui metodi in cui avete
acquisito gli strumenti di comprensione per misurare un fenomeno, valutare i vari aspetti. Oggi parliamo
del fenomeno e non a caso la lezione è intitolata “Fenomenologia del sonno” ovvero faremo uno studio sul
fenomeno complessivo del sonno che contiene tanti aspetti.
ESEMPIO: quando un individuo dorme, basandoci solo sull’osservazione noi vediamo che egli si mette in postura
orizzontale, chiude gli occhi, russa e produce un certo tipo di attività motoria; queste sono già cose che si ripetono
più o meno uguali ogni notte; ma non sono le uniche, se io per esempio, come avete visto nella scorsa lezione,
monto degli elettrodi per fare un elettroencefalogramma posso vedere l’attività elettrica del cervello e vedrò che
tutte le volte che quella persona si stende, chiude gli occhi e inizia un certo tipo di attività motoria produce un
certo tipo di attività elettrica. Poi posso anche osservare gli occhi, i quali apparentemente sono chiusi ma se faccio
un elettrooculogramma vedrò un certo tipo di movimento.
Quello che è interessante e che noi diamo per scontato è che ad un certo punto queste cose vanno tutte
insieme e in una unica direzione: per avere uno stato di sonno non basta solo che la persona si stende e
chiude gli occhi ma ci vogliono altre condizioni senza le quali noi non possiamo considerare quella
condizione uno stato di un certo tipo. Quindi per definire lo stato di sonno io ho bisogno che alcune cose,
tra cui l’attività elettrica cerebrale che deve essere sempre presente come caratteristica, devono stare
insieme in una maniera coordinata. Cosa si intende per “coordinata”? il motivo per cui ad un certo punto lo
stato cambia e noi passiamo dalla veglia al sonno è legato alla capacità del nostro sistema nervoso di
coordinare queste cose, cioè è come se ci fosse una specie di regista (il nostro sistema nervoso ha delle
formazioni, che poi vedremo, che si occupano di gestire questo coordinamento) che quando decide di
cambiare scena fa accadere una serie di cose (condizioni del sonno o della veglia) ad essa correlate.
La cosa fondamentale è che lo stato comportamentale è “una caratteristica che in maniera coordinata fa
accadere delle cose che si ripetono tutte insieme”, ma affinchè io possa dire che una condizione è uno
stato, questa condizione deve avere una certa stabilità nel tempo, io non posso dire che si è realizzato uno
stato di sonno quando il sistema nervoso inizia a coordinare e per 10 secondi le cose sono in un certo modo
poi si perdono e di nuovo ogni variabile va per i fatti suoi ma c’è bisogno di una durata minima, per ogni
10
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
essere vivente in realtà non c’è una durata fissa in stato, nell’uomo adulto, però, quando noi vogliamo
riconoscere il passaggio dallo stadio di veglia allo stato di sonno individuiamo come durata minima
convenzionale “2 minuti”, cioè per poter dire che c’è stato l’ingresso nello stato di sonno io ho bisogno di
almeno 2 minuti. Ripeto questa durata è convenzionale perché se ad esempio io faccio la stessa cosa nel
bambino o nell’anziano, in cui per dei motivi fisiologici, il sistema nervoso centrale è incapace di fare questa
attività di coordinamento, il regista diventa meno bravo a tenere sotto controllo lo scenario e quindi le
variabili sono più instabili io non posso aspettare 2 minuti per dire “è comparso uno stato” ma aspetto di
meno. Per esempio nell’anziano a volte sono 30 secondi, nel bambino piccolo a volte sono 30 secondi o un
minuto. Quindi di volta in volta si può fare una riflessione su quale sia la durata minima di questo stato,
però il messaggio conclusivo è che per dire che una persona entra in uno stato c’è bisogno che alcuni
parametri fisiologici, psicologici e comportamentali vadano insieme per una durata minima di tempo;
detto questo voi avete una definizione di veglia e potete avere una definizione di sonno.
DEFINIZIONE DI SONNO
PIERON. Il primo a definire il sonno nella maniera scientifica è stato Pieron nel 1912. Questo ricercatore
francese metteva in evidenza due fenomeni molto interessanti:
“Il sonno è uno stato che si instaura spontaneamente in maniera periodica” quindi aveva messo
all’interno della definizione un elemento fondamentale che non è una cosa che capita random, cioè
dice che il nostro sistema nervoso improvvisamente sulla base di fattori interni ed esterni
imprevedibili produce un episodio di sonno, ma il sonno è periodico e nella sua periodicità diventa
prevedibile;
“caratterizzato da una interruzione dell’attività relazionale e da una interruzione della
sensorialità” questo punto è impreciso perché noi sappiamo che il nostro sistema sensoriale non
smette di funzionare e che ci sono delle cose che ce lo dimostrano: per esempio, se voi state
dormendo e suona un campanello voi potete infilare tale suono nel sogno, cioè sognate qualcosa
che in realtà state percependo e cogliendo dall’ambiente. Oppure, quando faremo i potenziali
evocati lo vedremo bene, ma in generale poi sapete che se in veglia io mando uno stimolo, quello
stimolo evoca una risposta nel sistema nervoso centrale, se lo stesso stimolo lo mando in sonno
alcune componenti dei potenziali evocati sono attive, altre no.
CARSKADON E DEMENT. La definizione di Pieron viene aggiornata nel 1974 da Carskadon e Dement
(ricercatori americani) che non parlano più di “interruzione della coscienza” ma parlano di “riduzione e di
una parziale sospensione dello stato di coscienza” legata al fatto che lo stato di coscienza viene
modificato.
11
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
SALZARULO E FAGIOLI. Nel corso del tempo nelle definizioni si aggiungono tanti piccoli tasselli fino ad
arrivare alla definizione più completa del 1992 di Salzarulo e Fagioli, i quali dicono che “il sonno è uno stato
che si instaura spontaneamente, che è periodico e che si autolimita nel tempo”, cioè introducono un’altra
cosa, ovvero, la reversibilità del sonno che non è una cosa scontata, se pensate al coma ad esempio c’è un
ingresso in uno stato che non si autolimita nel tempo, non è reversibile a meno che non ci siano delle
condizioni che mutano e tendono alla reversibilità; invece nel sonno noi fortunatamente siamo abbastanza
tranquilli perché, fin quando non intervengono fattori patologici o una morte in sonno, noi sappiamo che la
mattina ci svegliamo. Quindi diciamo che il sonno è uno stato che si autolimita nel tempo e che è
caratterizzato da una riduzione di attività sensoriale.
12
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Veglia;
Sonno REM= che è stato tanto studiato ed approfondito per la maggioranza delle specie, compreso
l’uomo; tuttavia va detto che alcune specie di mammiferi non mostrano il sonno REM (come
l’ornitorinco), e alcuni animali come i delfini, dormono con soltanto un emisfero cerebrale alla
volta, ovvero hanno un sonno locale (che è stato scoperto ed approfondito negli ultimi 5 anni);
Sonno NREM (Non REM)= chiamato così perché i ricercatori non gli danno alcun tipo di importanza,
rispetto al sonno REM.
STATI DI SONNO
Quando parliamo di stati di sonno abbiamo due condizioni:
SONNO NREM= può essere definito “sonno calmo” in quanto l’attività dell’elettroencefalogramma
produce delle onde un po’ più ampie e il cervello rallenta la sua attività perché ha bisogno di
riposare, ha bisogno di stare dentro a “processi anabolici” (significa di conservazione dell’energia);
quindi noi durante la veglia consumiamo energia e nel sonno NREM la recuperiamo.
Il sonno NREM è uno stato comportamentale caratterizzato da:
un cervello rallentato in cui il corpo può muoversi ancora e il tono muscolare è ridotto ma
non è azzerato;
un progressivo approfondimento di stadi o fasi che vanno dall’1 al 4 e man mano che noi
andiamo avanti, questi stadi diventano via via più profondi (anche se da alcuni anni a
questa parte il 3° e il 4° stadio vengono
messi insieme perché dal punto di vista Vi anticipo che la definizione di “sonno calmo”
(NREM) e “sonno attivo” (REM) si usa
funzionale e fisiologico non c’è nessuna
soprattutto nei bambini piccoli e questa cosa
differenza specifica). non è legata tanto all’attività cerebrale, che
nei bambini piccoli è difficile da vedere, ma è
legato al movimento perché nel “sonno calmo”
SONNO REM= può essere definito “sonno attivo” o (o NREM) il bambino è fermo e calmo, mentre
“sonno paradosso” (perché il cervello va via via nel “sonno attivo” (o REM) si agita di più.
approfondendosi nel sonno ma poi si sveglia un pò) e, durante questo stato comportamentale, noi
spendiamo energia.
Il sonno REM è uno stato comportamentale caratterizzato da:
Un profilo caratteristico dell’EEG organizzato in “salve di movimenti oculari rapidi” ovvero
delle sequenze di attività organizzata di durata minima di 2-3 secondi in cui voi vedete
5/6/8/10 movimenti oculari in sequenza che vengono chiamate “salve” ovvero “esplosioni
di movimenti oculari”;
Laddove il cervello è molto attivo nel sonno REM, il corpo è paralizzato e il tono muscolare
è del tutto assente, inoltre in questo stato si produce un’intensa attività onirica.
13
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
ADDORMENTAMENTO
Questo è l’addormentamento, ovvero si tratta di un soggetto che non è ancora in sonno ma si sta
addormentando; nel caso dell’addormentamento avete un tracciato elettroencefalografico in cui c’è:
in alcuni punti un’attività di tipo theta (per il 15-20%);
ma per la maggior parte abbiamo un’attività di tipo alpha.
Mi accorgo che il soggetto si sta per addormentare non solo perché ci stanno dei punti di attività theta ma
per la comparsa di due fenomeni tipici: uno è quello della progressiva perdita del tono muscolare (anche se
è comunque elevato) e il secondo fenomeno è quello che corrisponde ai “movimenti lenti dei globi oculari”
che si chiamano SEM (ovvero “Slow Eyes Mouvment”).
2 canali per
l’elettroencefalogramma
2 canali per
elettrooculogramma: uno
orizzontale e uno verticale
14
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
STADIO 1
Questo è lo stadio 1 in cui l’attività theta occupa molto più spazio (più del 50%) rispetto all’attività alpha,
le onde si sono rallentate e c’è il tono muscolare che continua ad essere abbastanza presente:
STADIO 2
Nello stadio 2 abbiamo un’attività di fondo che è theta che si riduce di ampiezza ma non di frequenza,
interessante è che nel momento in cui compaiono fusi e complessi k siamo nello stadio 2.
Nell’elettroculogramma (EOG), in corrispondenza dei complessi K, potremmo pensare che gli occhi si
muovono ma in realtà l’attività dei complessi k (che sono onde lente) si raccolgono nell’area frontale del
cervello e quando io metto gli elettrodi in prossimità degli occhi vado a registrare, involontariamente e
inevitabilmente, l’attività cerebrale frontale, per cui nell’EOG quello che è riportato non è altro che il
complesso k e non l’attività degli occhi.
15
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
STADIO 3
Nello stadio 3 compaiono le onde delta, (le quali non superano i 75 microvolt e occupano meno del 50% del
tracciato) e guardate cosa succede nell’EOG: quelli non sono movimenti oculari, anche in questo caso gli
occhi sono completamente fermi, e quell’attività è costituita semplicemente da onde delta
STADIO 4
La differenza che si riscontra nello stadio 4 è che le onde delta aumentano di ampiezza e occupano uno
spazio relativo a più del 50% nel tracciato.
E’ da sottolineare che, ormai, tra lo stadio 3 e lo stadio 4 non si fa più alcuna differenziazione. La
caratteristica di questi stadi è che sono caratterizzati da onde lente in cui si ha:
l’ EEG sincronizzato;
Possibili associazioni con incubi e parasonnie, questi ultimi sono dei fenomeni non patologici
caratterizzati da attacchi di paura notturni che avvengono nel sonno NREM (e non nel sonno REM
come tutti credono);
16
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Notevole “inerzia di sonno” se avviene il risveglio, che consiste in un tipico rallentamento cognitivo,
una difficoltà nello svegliarsi; l’inerzia di sonno è tanto più pesante quanto più voi emergete da
sonno profondo.
SONNO REM
Il sonno REM é caratterizzato dal ritorno ad una attività EEG rapida e desincronizzata, che ricorda lo stato di
dormiveglia (Stadio 1) con perdita completa del tono muscolare assiale (antigravitazionario) e rapidi
movimenti oculari. Le caratteristiche del sonno REM sono:
L’EEG desincronizzato e i Rapidi movimenti oculari (REMs = Rapid Eye Movements)= sono stati
scoperti, così come abbiamo detto ad inizio lezione, da Aserinsky e Kleitman nel 1953;
La “Tempesta” neurovegetativa= significa totale modifica delle attività che sono regolate dal
sistema neurovegetativo che sono soprattutto le attività autonome (battito del cuore, respirazione,
flusso cardiaco…);
L’intensa attività onirica;
Il flusso sanguigno ai genitali= legata alla tempesta neurovegetativa vi è una redistribuzione totale
del flusso sanguigno verso i genitali e non si sa se questo fenomeno ha a che vedere con i contenuti
erotici del sogno. Quando vi sono dei casi di impotenza, il modo per distinguere l’impotenza fisica
da quella psicogena è vedere se c’è una erezione in sonno;
Una discreta vigilanza al risveglio= nel sonno REM c’è il maggior numero di risvegli spontanei
perché esso si configura come un sonno più superficiale, per cui il soggetto che si risveglia in questo
stato di sonno è più vigile;
Possibili paralisi in sonno= è una parasonnia (non è un disturbo del sonno) ma se uno non la
conosce si spaventa molto: tale paralisi è tipica degli adolescenti o dei post-adolescenti (e si riduce
con l’età) in cui improvvisamente ci si sveglia dal sonno REM, in questo caso il cervello si sveglia più
velocemente del corpo per cui si ha un improvviso stato di coscienza con un tono muscolare
completamente azzerato;
Onde Ponto-Genicolo-Occipitali= queste formazioni che si chiamano “onde PGO” si vedono
soltanto nelle registrazioni elettrofisiologiche a livello del tronco encefalico (o ponte) del talamo e
sono delle scariche neuronali che interessano le terminazioni della via visiva primaria. Siccome le
“onde PGO” sono concomitanti al sonno REM è come se improvvisamente noi avessimo durante il
sonno un’attivazione delle vie visive (come se stesse funzionando la visione) e alcuni ricercatori
hanno ipotizzato che gli occhi si muovono perché stanno seguendo delle scene visive durante i
sogni ma tale affermazione è stata in seguito sconfessata innanzitutto perché non ci si trova con la
rotazione dei movimenti oculari e poi perché alla nascita i geni, nonostante non abbiano una
sensorialità visiva, presentano sia le onde PGO sia i movimenti oculari;
17
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
STADIO REM
L’attività elettroencefalografica nello stadio REM è un’attività theta classica caratterizzata da punti in cui
compaiono onde a dente di sega;
Nell’elettrooculogramma (EOG) compaiono i movimenti oculari rapidi che è una caratteristica che rende
tale stadio totalmente unico e distinguibile dal resto dell’attività oculare, cioè è in “opposizione di
fase”(negativo da un lato, positivo dall’altro), ovvero quando vedete l’EOG orizzontale (in una posizione) e
l’EOG verticale (nella direzione opposta) notate che uno dei movimenti va in una direzione e l’altro nella
direzione opposta;
Nell’elettromiogramma (EMG) compare il battito cardiaco , tale misura viene fatta mettendo gli elettrodi
sul mento e a volte sul collo, in quest’ultimo caso ci sono delle arterie che permettono di misurare il battito
cardiaco, ciò però non mi impedisce di vedere l’azzeramento del tono muscolare.
SONNO REM
Nel sonno REM vi è la contrazione fasica dei muscoli dell’orecchio medio, innescati da una raffica di attività
elettrica cerebrale (cioè del sistema nervoso), tale attività
Per chiarezza terminologica noi stiamo
fasica dell’EEG viene registrata dalle strutture del “tronco nominando spesso i termini “fasico” e “tonico”:
encefalico” (ovvero dal ponte), dal talamo, dalla corteccia Attività tonica= un tono muscolare è un’attività di
visiva e dalla corteccia uditiva. fondo che continua abbastanza a lungo nel tempo,
grazie ad esso io posso stare in piedi e posso fare
Questo tipo di attività che registriamo dal ponte e che si un certo tipo di spostamento.
STADIO 2TONICO= attività beta di fondo;
propaga verso la parte alta del sistema nervoso centrale REMTONICO= è l’attività theta dell’EEG e
è detta “punte o spike ponto-genicolo-occipitali” (PGO) e l’atonia muscolare.
Attività fasica= è un’attività chiaramente
tali onde sono legate al processo di innesco dei
distinguibile dal tono:
movimenti rapidi oculari (REMs) e ad altre caratteristiche STADIO 2FASICO= complessi K;
REMFASICO= sono i movimenti oculari, le onde
fasiche. a dente di sega, le miocronie (piccolissimi
movimenti dovuti a motoneuroni, il tono è
Noi, ad oggi, non abbiamo una risposta univoca riguardo azzerato ma i muscoli vengono lasciati liberi,
ad esempio di dare un calcetto).
alla domanda che si chiede se il sonno REM è più
profondo o più superficiale, perchè:
Da un punto di vista lo stadio REM è più superficiale per l’elevata attività, dal momento che noi
spontaneamente ci svegliamo più spesso da sonno REM;
Da un altro punto di vista è più profondo per le soglie sensoriali, perché se proviamo a svegliare
dall’esterno un soggetto che sta in sonno REM abbiamo più difficoltà, questa cosa farebbe pensare
che il REM sia più profondo, in realtà esso è uno stato più superficiale da cui però è più difficile
svegliare il soggetto perché quest’ultimo è concentrato sul suo mondo interno per il fatto che ci sia
il sogno e che ci sia un certo tipo di attività psichica.
L’ultima cosa è la fortissima correlazione che c’è tra il sonno REM e il sogno, quando io sveglio un soggetto
che è in stadio REM e gli dico “che stai sognando?” nel 74-95% dei casi lui ci dice nei dettagli cosa sta
sognando. Però vi devo specificare una cosa, non è vero il luogo comune che afferma che si sogna solo nel
sonno REM perché studi sperimentali hanno scoperto che se io sveglio un soggetto dal sonno NREM (che
sta, per esempio, nello stadio 2) e faccio la domanda “cosa stai sognando?” nel modo giusto ottengo più o
meno le stesse risposte specifiche; questo implica che in realtà noi sogniamo per tutto l’arco del fenomeno
sonno con una differenza fondamentale: i sogni REM di solito sono dei bei film pieni di fatti strani e bizzarri,
19
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
mentre i sogni NREM (stadio 2, o stadi a onde lente 3 e 4) sono poco significativi e assomigliano di più al
pensiero che noi facciamo durante la veglia.
20
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
21
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
L’IPNOGRAMMA
A me piace che voi impariate la rappresentazione grafica: questo è l’ipnogramma ed è il modo in cui un
ricercatore che ha letto un tracciato in sonno di un paziente vede, attraverso il grafico, il sonno.
Sull’asse delle ordinate abbiamo gli stadi (dal più superficiale al più profondo);
Sull’asse delle ascisse le ore di sonno;
Al punto 0 c’è il momento in cui io spengo la luce.
1° CICLO DI SONNO: Quando io spengo la luce il soggetto è sveglio, poi in condizioni normali e al buio il
soggetto entra in fase di addormentamento o sleep onset. Da qui il soggetto entra nella prima epoca di
STADIO 1 (dove vedo il theta che supera il 50% della pagina) e ci resta per poco tempo (5%) ;
successivamente il sonno si approfondisce per cui il soggetto entra nello STADIO 2 ma ci resta pochissimo e
il soggetto passa rapidamente in STADIO 3 e in STADIO 4. A questo punto la struttura ciclica fa si che il
soggetto ritorni per altro poco tempo allo STADIO 2 e che passi per pochissimo tempo per nel SONNO REM;
quando il soggetto scende nuovamente in STADIO 2 finisce il primo ciclo di sonno.
2° CICLO DI SONNO: Subito inizia il 2° ciclo che parte dallo STADIO 2 (e dura molto di più rispetto al primo
ciclo).
22
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
4° LEZIONE
Ieri io mi sono fermato sull’ipnogramma dove vi ho fatto vedere la rappresentazione dell’episodio di sonno,
oggi dobbiamo dire che quando poi avete fatto una presentazione di un episodio di questo tipo voi tirate
fuori le variabili dipendenti riassuntive che descrivono il sonno, tali variabili dipendenti possono essere:
“Classiche” o “Nuove.
VARIABILI CLASSICHE= che si usano da quando è stato possibile fare la siglatura di sonno, quindi già nel ’68
si parlava di queste variabili che descrivono ancora oggi alcuni parametri fondamentali. Le variabili classiche
si distinguono in:
QUANTITATIVE
“Tempo che la persona ha Trascorso a Letto” [TTL=“Tempo Trascorso a Letto” oppure TIB= Time In
Bed]. Esso è il tempo (misurato in minuti) disponibile al soggetto per dormire; tale tempo ha inizio
dal momento in cui si spengono le luci (lights off) e il soggetto rimane al buio fino al momento in cui
il soggetto si alza dal letto.
Nel “time in bad” la prima cosa che andiamo a vedere è il tempo passato dormendo che si chiama
“Tempo Trascorso in Sonno (TTS)” o “Total Spleep Time (TST= tempo totale di sonno)”. Il tempo
totale di sonno è calcolato dal momento in cui il soggetto si addormenta fino al momento in cui si
sveglia, togliendo però le veglie; quindi calcoliamo solo tutto il tempo presente in stadi di sonno.
Quando voi avete queste 2 misure, voi fate il rapporto tra queste due misure, che cosa significa?
Che mettete al numeratore il tempo totale di sonno e al denominatore il tempo totale del sonno a
letto e quindi avete un rapporto che si chiama “Sleep Efficiency (SE= efficienza di sonno)”:
Quanto più il numero al numeratore è alto, tanto più è efficiente il sonno. È impossibile che
TST=TIB, cioè non è possibile al 100% di sleep efficiency. Una buona efficienza si ha a partire dal
90% in su, al contrario più si abbassa il numero al numeratore, meno sarà l’efficienza del sonno (ad
esempio 50-60%). L’efficienza, però, tiene conto solo dei risvegli comportamentali, non delle
superficializzazioni.
Latenza di sonno o sleep latency (SL). È il tempo trascorso dal momento in cui si spegne la luce fino
a quando il soggetto si addormenta, ovvero il tempo che il soggetto impiega per addormentarsi
(momento 0 del time in bed-prima pagina di stadio 1).
Wake after sleep onset (WASO), ovvero la veglia dopo l’addormentamento. Tutta la veglia
dell’ipnogramma tranne il tempo di latenza (addormentamento) e il risveglio finale.
23
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
QUALITATIVE: si analizza il tempo dei vari stadi: stadio 1, stadio 2, stadio del sonno a onde lente (3-4) e
stadio REM. Bisogna considerare sempre la percentuale di ogni stadio in base al tempo totale di sonno.
(variabili che descrivono aspetti organizzativi del sonno):
Numero dei cicli NREM-REM
Durata media dei cicli (+ il sonno è organizzato e + i cicli sono lunghi)
𝑇𝑇𝐶 (𝑇𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑇𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑐𝑖𝑐𝑙𝑖)
Rapporto 𝑇𝑆𝑇 (𝑇𝑜𝑡𝑎𝑙 𝑆𝑙𝑒𝑒𝑝 𝑇𝑖𝑚𝑒)
. Va specificato che i tempi trascorsi fuori ciclo (ad esempio vi
è un risveglio prima che si completi un ciclo e nel momento in cui il soggetto si riaddormenta inizia
un nuovo ciclo, quindi il ciclo non completato) non vengono considerati tempo di sonno, ma un
tempo fuori ciclo. (+ è alta la percentuale del rapporto e + il sonno è organizzato).
𝑇𝑇𝐶
Idealmente il sonno + organizzato presenta il 100% del rapporto . Per avere un ciclo NREM-
𝑇𝑆𝑇
REM vi deve essere una successione di almeno 10 minuti di sonno NREM, seguito da almeno 10 min
di sonno REM. Inoltre questa successione non deve essere interrotta da periodi di veglia o stadio 1
(è considerato un’interruzione sebbene sia sonno) + lunghi di 2 minuti. Se il soggetto si sveglia o va
in stadio 1 per più di 2 minuti allora questo tempo di sonno è considerato fuori ciclo!
VARIABILI NUOVE= descrivono cose un po’ più fini, e noi siamo interessati a queste “variabili nuove” che
sono state introdotte negli articoli, per descrivere alcuni fenomeni:
Continuità. Un buon sonno è un sonno continuo! Infatti i soggetti sono soddisfatti del proprio
sonno per due motivi principali: se è profondo e se è continuo.
Da molte ricerche è risultato che il sonno è percepito discontinuo e frammentato non solo a causa
dei risvegli comportamentali, ma anche a causa degli aroulsas, ovvero delle superficializzazioni o
attivazioni che non arrivano al livello dei risvegli comportamentali e che quindi causano sonni
discontinui. Un autore importante che si è occupato di questi esperimenti è stato Micheal Bonnet
nel 1985, il quale provocava nei soggetti delle frammentazioni durante il sonno (ad esempio con
stimoli acustici o vibrazioni), senza che loro si svegliassero, quindi i soggetti venivano portati ad
aurosals neurovegetativi a causa di alcuni stimoli.
DEFINIZIONE DI “AROUSALS”: è la frequenza di passaggi dalla profondità alla superficialità
(per esempio dagli stadi NREM agli stadi più superficiali; dallo stadio REM allo stadio 1 che
è più superficiale; dallo stadio 2 al REM o allo stadio 1; dal sonno a onde lente o dal REM
allo stadio 1). Più comunemente gli arousals sono definiti come la presenza di eventi
neurovegetativi ed eventi elettrofisiologici all’interno di una pagina di un certo stadio; ad
esempio si chiama arousals neurovegetativo quando in una pagina di stadio 2 a un certo
punto il soggetto si muove, si può notare sul tracciato elettroencefalografico la presenza di
qualche onda alfa; questo evento si chiama.
24
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Stabilità. Si esprime in “state shift” (frequenza dei passaggi di stato, sia dalla profondità alla
superficie, sia dalla superficie alla profondità), che dimostrano una condizione di instabilità del
sonno; e dalla frequenza e durata dei periodi di incertezza funzionale (periodi in cui un minimo di 3
passaggi di stato si susseguono con un intervallo non + lungo di 90 secondi)-> operazionalizzazione
dell’incertezza funzionale pubblicata nel 2010. Tale incertezza funzionale finisce quando il sonno
rimane stabile, ovvero non vi sono passaggi di stato, per almeno 90 secondi. La definizione di
incertezza funzionale risale al 1997 e si esprime come: incapacità del SNC(sistema nervoso centrale)
di sostenere una condizione stabile; è caratteristica del sonno degli anziani, dei bambini e di molte
condizioni di sonno disturbato e frammentato.
PROCESSI” caratterizzato dal processo C e dal processo S (rispettivamente circadianità e omeostasi). Questi
due processi si legano e interagiscono, dando come risultato ciò che succede nell’episodio di sonno.
1. CIRCADIANITA’: per capire cosa significa, bisogna far riferimento al concetto di RITMO BIOLOGICO,
ciò che in biologia viene definito come un evento che in un organismo vivente si ripete con una
certa frequenza regolare e di conseguenza prevedibile. Esempi:
a. Ritmo annuale= ritmo in cui si presenta un picco massimo e un picco minimo una volta
all’anno, cioè una cosa che avviene una volta all’anno. (migrazione degli uccelli)
b. Ritmo infradiano= ritmo che ha un periodo superiore a un giorno, ad esempio una cosa che
può avvenire una volta al mese. (ciclo mestruale, definito ritmo “circamensile”)
c. Ritmo ultradiano= ritmo che dura meno di un giorno, una cosa che avviene + volte in un
giorno. (BRAC, ciclo NREM-REM)
d. Ritmo circadiano(“circa dies” circa un giorno)= ritmo che prevede una cosa che accade solo
una volta al giorno.
ciclo sonno-veglia= Ritmi regolari di circa 24 ore che determinano la ciclicità di
alcune funzioni biologiche (sonno, alimentazione, temperatura corporea, alcune
secrezioni ormonali). Questi cicli durano 24 ore, perché è il ciclo luce-buio a durare
24 ore; Kleitman produsse degli esperimenti definiti “free running” (di libero
corso), ovvero privò i soggetti dei marcatempo esterni(zeitgebers) e dimostrò che
senza di essi, l’orologio biologico interno dei sogg iniziava a scandire le funzioni
biologiche con una ritmicità diversa. Ciò significa che l’orologio biologico batte su
una ritmicità che è diversa da quella del ciclo luce-buio, bensì essa va dalle 24.5/25
ore. Oltre a dimostrare che gli uomini hanno un orologio biologico, Kleitman
rivoluzionò gli studi sul sonno, scoprendo con Aserinsky il sonno REM nel 1953.
Temperatura corporea= definita + specificamente CBT (core body temperature) temperatura corporea
dell’interno che oscilla tra i 36° e 37°, presenta lo ZENIT (picco massimo) durante il pomeriggio inoltrato
(alle ore 17-17.30 circa) e il NADIO (picco minimo) durante il mattino (alle ore 5-5.30) *lo zenit e il nadio
sono separati da 12 ore.
Secrezioni ormonali= vi sono 3 ormoni che presentano un picco massimo e un picco minimo durante le
24 ore (melatonin, growth hormone “ormone della crescita”, cortisol). Il cortisolo è definito come
“ormone dello stress”, cioè è un ormone catabolico, che ci permette di consumare energia favorendo i
processi catabolici; se si analizza la presenza di cortisolo nel sangue, si può notare che presenta il picco
massimo al risveglio (verso le 7 di mattina). Il cortisolo è un ormone “clock dependent”, cioè anche se
26
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
vengono variati fattori fondamentali (come il ciclo luce-buio, oppure il sogg viene privato del sonno), si
può prevedere lo stesso che a una certa ora il livello di cortisolo salirà a un punto massimo. Più
esattamente, bisogna ricordare che il cortisolo viene prodotto su stimolazione dell’ACTH, prodotto a sua
volta dall’ipofisi; quindi si può dire che il vero ormone “clock dependent”, cioè legato all’ora del giorno,
sia l’ACTH. Tanto è vero che l’ipofisi rappresenta una stazione di collegamento tra il SNC e il sistema
endocrino (le ghiandole) e si trova in stretta vicinanza con l’ipotalamo, in cui troviamo il nostro orologio
biologico (nucleo sovrachiasmatico dell’ipotalamo); ecco perché l’ACTH è un ormone clock dependent.
Oltre al picco massimo del mattino, il cortisolo presenta durante la giornata diversi livelli di attivazione
sollecitati dall’ambiente esterno, che però non sono clock dependent, ovvero legati all’ora. Un
esperimento di Born ha dimostrato come possono avvenire delle modulazioni sulla produzione del
cortisolo, ciò accade perché l’ipotalamo (in cui è situato il nostro orologio biologico), è comandato dalla
corteccia, ovvero dalle funzioni cognitive alte:
se viene detto a un soggetto che verrà svegliato alle 6 del mattino con una grande stimolazione
(ad esempio riceverà 200 euro), allora il cortisolo avrà il suo picco massimo non più alle 7 del
mattino, bensì verso le 6.
se viene detto al soggetto che non sarà svegliato, però verrà svegliato all’improvviso alle 6 del
mattino, si noterà un aumento improvviso del cortisolo a tale ora.
se viene detto al soggetto che sarà svegliato alle 9, il cortisolo presenterà un discreto aumento
verso le 7 del mattino per poi successivamente diminuire e fare il suo picco massimo al
risveglio (ovvero alle 9 di mattina), proprio perché il soggetto sa che dovrà svegliarsi alle 9. Per
cui l’attesa del risveglio ad una determinata ora induce un aumento nei livelli ematici di ACTH a
partire da un’ora circa prima del risveglio.
Nucleo sovrachiasmatico (NSC) dell’ipotalamo mediale sede dell’orologio biologico. È posto al di sopra del
chiasma ottico, ovvero luogo in cui si incontrano i fasci di fibre dei nervi ottici. Sono stati condotti degli
27
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
studi in particolare sugli animali, in cui sono state provocate lesioni del NSC; ciò non ha comportato
l’eliminazione del sonno, bensì l’eliminazione della sua periodicità. (quindi le funzioni biologiche avvengono
in maniera casuale e non più con un andamento circadiano). Questo perché il Nucleo sovra-chiasmatico ha
un’attività elettrica, metabolica e biochimica di tipo ritmico. In altri studi sono stati fatti dei trapianti del
Nucleo Sovra-Chiasmatico, ad esempio in un ratto + vecchio veniva trapiantato il Nucleo-Sovra Chiasmatico
di un ratto + giovane, quindi con un ritmo attività/inattività diverso e + breve, si è notato che il ratto +
vecchio dopo il trapianto acquisiva tale ritmo differente. Questi studi sono stati importanti perché ci hanno
fatto capire che il Nucleo Sovra-Chiasmatico è la sede dell’orologio biologico interno e qual è la sua
funzione.
28
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
5° LEZIONE
DEPRIVAZIONI DI SONNO NELL’UOMO
Quando vogliamo capire a cosa serve un comportamento, esiste un paradigma noto come “paradigma di
estirpazione”:
Noi, per esempio, abbiamo visto già che per capire a cosa serve il nucleo sovrachiasmatico
dell’ipotalamo dobbiamo toglierlo e, nel momento in cui lo asportiamo, capiamo qual era la sua
funzione;
allo stesso modo, quando noi discuteremo sulle funzioni del sonno (per capire a cosa serve
dormire) facciamo una cosa che si chiama “privazione del sonno”: prendiamo un soggetto, gli
impediamo di andare a letto e vediamo gli effetti sulla sua fisiologia, sulla psicologia… cioè in altri
termini vediamo come funziona quel soggetto quando non gli è possibile dormire.
In particolare, negli anni ’50-’60, sono state fatte molte ricerche di “deprivazioni estreme di sonno” (su
soggetti che non dormivano per tantissimo tempo) e l’esperimento più famoso fu fatto su un disk jockey di
nome Randy Gardner, il quale aveva come sua aspirazione di entrare nel guinness dei primati come la
persona che era riuscita a fare il programma radiofonico più lungo senza dormire. In occasione di questo
tentativo, i ricercatori gli montarono in testa e addosso tutte le sonde possibili per esplorare le funzioni
fisiologiche, successivamente cercarono di capire che cosa succedeva a tale persona che rimase sveglia per
11 giorni (264 ore senza dormire); in particolare, gli studiosi notarono che nel corso degli 11 giorni Randy
Gardner iniziò a presentare una serie di effetti marcatissimi sulle:
Funzioni psichiche: quindi un totale calo della concentrazione, perdita della memoria a breve
termine;
Funzioni comportamentali spiccate: quindi irritabilità, allucinazioni, delirio e, ovviamente, una
sensazione di sonnolenza che arrivò ad una sorta di “effetto soffitto” (ovvero livelli elevatissimi di
sonnolenza, in cui l’unica cosa che impedisce l’addormentamento del soggetto è il fatto che
qualcuno lo tiene costantemente sveglio);
Poche conseguenze a livello fisiologico: temperatura, ormoni e battito cardiaco restano costanti e
l’unica cosa che cambia è il metabolismo energetico in quanto Randy Gardner tendeva a mangiare
molto e nonostante ciò, non dormendo, non riusciva a coprire il fabbisogno calorico per colpa della
privazione di sonno.
Va detto che la privazione di sonno nell’uomo non ha un effetto letale, o meglio non possiamo escludere
che una persona con deprivazione totale di sonno per parecchi giorni non possa morire, ma capirete che
non è etico e né fattibile effettuare un esperimento sull’uomo che porti a tali conseguenze.
29
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Si è dimostrato, inoltre, che anche la privazione selettiva dello stato di sonno REM conduce l’animale alla
morte: in dettaglio, il ratto viene risvegliato con una tecnica molto feroce detta “tecnica della piscina”:
l’animale viene posto su un dispositivo con una piattaforma e quando
perde il tono muscolare (perché voi già sapete che nel momento in cui
entriamo in sonno REM si presenta l’atonia muscolare) il topo cade
dalla piattaforma e va a finire in una piscinetta svegliandosi;
successivamente il ratto viene rimesso sulla piattaforma e va incontro a morte, stavolta nel giro di 40 giorni;
in questi 40 giorni di deprivazione di sonno, il ratto comincerà a mangiare 5 volte tanto e nonostante mangi
molto perde completamente il peso corporeo, si verifica la necrosi della cute e della coda, si presenta
un’impossibilità di regolare la temperatura corporea (a differenza dell’uomo) e cominciano quei fenomeni
che conducono alla morte dell’animale.
OMEOSTASI
In generale, in un sistema, l’omeostasi è il mantenimento di un equilibrio. Omeostasi significa “stasi” su un
livello “omeo” ovvero “uguale” quindi è la possibilità di mantenere una qualche cosa nella condizione di
stabilità:
30
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Nel sonno, quando noi parliamo di omeostasi, parliamo di qualcosa un po’ diversa, cioè parliamo della
possibilità che le caratteristiche del sonno siano funzione delle caratteristiche della veglia precedente:
Nell’omeostasi, in particolare, noi prevediamo quello che succede al sonno sulla base di cosa è successo alla
veglia precedente, quindi, tutte le volte che la veglia cambia per alcune caratteristiche c’è una modifica
conseguente del sonno che a quel punto diventa prevedibile.
Come abbiamo già visto a proposito della circadianità, quello che facciamo studiando i meccanismi di
regolazione del sonno è cercare di capire in che misura noi possiamo prevedere il cambiamento del sonno
se sappiamo che cosa sta cambiando nel corso della veglia; più specificamente, quando parliamo di
circadianità noi facciamo delle previsioni sulla base dell’ora, sulla base del momento del ciclo luce-buio:
quindi diciamo che alle 17:00 del pomeriggio la temperatura corporea sale, c’è il massimo della
propensione alla vigilanza mentre alle 5 del mattino abbiamo una temperatura bassa e una massima
propensione al sonno; alle 7 del mattino la temperatura risale, in quel momento c'è un picco di ACTA.
veglia sul sonno successivo, noi aumentiamo la durata della veglia facendo una deprivazione di
sonno. Il ciclo veglia-sonno nell’uomo adulto è di 16 ore di veglia e 8 ore di sonno. Se io stanotte vi
faccio una deprivazione di sonno (non vi faccio andare a dormire) domani quando andrete
nuovamente a dormire non siete stati svegli 16 ore ma 40 ore (16 ore di oggi, 8 ore di veglia di
stanotte e altre 16 ore di domani) quindi vi allungo la durata della veglia;
DIMINUIRE LA DURATA DELLA VEGLIA. Se ieri un soggetto è stato sveglio 16 ore e stanotte gli privo il
sonno per 8 ore, per diminuire la durata di veglia del soggetto basta che gli permetta di farsi un
pisolino di 2-3h alle 14:00 di pomeriggio, dopo di che la veglia prima di andare a letto è dalle 17:00
alle 24:00 quindi sono 7 ore.
Io quindi ho 3 condizioni:
1. Sonno normale= preceduto da 16 ore di veglia;
2. Sonno preceduto da una deprivazione= quindi preceduto da una veglia molto lunga;
3. Sonno preceduto da una veglia molto più breve= quando gli permetto di fare un pisolino (o NAP).
31
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
non abbiamo bisogno di recuperare tutto il sonno, ma abbiamo bisogno principalmente di recuperare il
sonno ad onde lente nella misura corrispondente alla durata della veglia (se io diminuisco la durata della
veglia facendo un pisolino, si riduce la quantità di sonno ad onde lente).
Quando all’epoca fu fatto l’esperimento su Randy Gardner fu riscontrato che, a seguito dei suoi 11
giorni di veglia che gli hanno fatto perdere 88 ore di sonno, quando andò a dormire si risvegliò più o
meno dopo 14 ore (a seguito delle quali svanirono già dopo la prima notte di sonno tutti i
cambiamenti, come irritabilità, allucinazioni, che erano avvenuti durante la deprivazione); fu
riscontrato, inoltre, che nella seconda notte successiva alla deprivazione, Randy Gardner dormì 11-12
ore e finì così, tornando tutto alla normalità, dato che si sentiva benissimo;
Il punto è che se egli avesse dovuto recuperare tutto il sonno perso in 11 giorni (88 ore) sarebbe
dovuto stare a letto a dormire per altre 88 ore, invece, in totale, Randy Gardner dorme in due notti
25 ore (rispetto alle 16 ore che avrebbe dovuto fare se non avesse subito deprivazione di sonno)
recuperando così solo 9 ore di sonno (25-16=9) a fronte delle 88 perse, e facendo, in queste 9 ore,
per l’80% un sonno caratterizzato da onde lente.
L’esperimento che fa Feinberg lo ritroviamo in questa
slide: quello che vedete è un diagramma, risultato
dell’analisi spettrale, in cui voi trovate sull’asse delle
ordinate (y) la quantità di sonno ad onde lente,
mentre sull’asse delle ascisse (x) avete il tempo dopo
l’addormentamento in minuti.
PRECEDED BY SLEEP DEPRIVATION= è la
condizione della deprivazione di sonno in cui
aumenta significativamente la quantità di sonno ad onde lente che è espressa dall’area sotto alla
curva (la quale comincia molto prima e sale più in alto rispetto alla “Normal sleep” nei primi due
cicli);
NORMAL SLEEP= è il sonno normale in cui vedete onde lente che sono cicliche e se andiamo a
contare i picchi notiamo che ci sono 5 episodi (o cicli) di sonno ad onde lente; inoltre nei “normal
sleep” si vede che il sonno ad onde lente sta soprattutto all’inizio (e infatti nel primo e nel secondo
ciclo ce ne è abbastanza, nel terzo di meno, e nel quarto e quinto è proprio ridotto);
PRECEDED BY NAP= è il sonno preceduto dal NAP (ovvero un pisolino che comporta che il soggetto
non è stato sveglio 16 ore di fila ma 8 ore): in questo caso, il sonno ad onde lente invece di
aumentare diminuisce nei primi due cicli.
32
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
(“decay during sleep” significa “dissipazione durante il sonno”); il fattore S continua a decadere
durante il sonno profondo nel fin quando dopo 6 ore di sonno io non ho dissipato tutto: questo
ovviamente porta inevitabilmente ad una considerazione sull’inutilità “eventuale” delle ultime 3
ore di sonno per cui ne viene fuori una teoria detta “teoria del sonno nucleare e del sonno
opzionale”
Sonno nucleare= sonno fondamentale (le prime 4-5 ore in cui io consumo tutto il mio
bisogno di sonno).
Sonno opzionale= dopo le 4-5 ore in cui ho già recuperato tutto ciò che dovevo recuperare,
si tratta di sonno opzionale, il quale si è sviluppato nel corso dell’evoluzione perché le
33
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
specie avevano bisogno di occupare le ore di buio (in quanto sono pericolose per gli animali
per i predatori); questa teoria ha molti detrattori: vedremo più avanti che nel corso della
seconda parte della notte c’è molto REM, sogniamo moltissimo e c’è molta attività psichica;
dire, per cui che noi abbiamo bisogno soltanto delle prime 4-5 ore di sonno sarebbe come
dire che noi non abbiamo bisogno del sonno REM.
Vi faccio notare, infine, che la linea dell’accumulo (buildup during waking) è
molto più lenta della linea della dissipazione (decay during sleep) e questo è il
motivo per cui noi stiamo svegli 16 ore e dormiamo 8 ore: se, al contrario,
l’accumolo e la dissipazione avessero la stessa velocità noi staremmo svegli
16 ore e dormiremmo 16 ore, invece dormiamo di meno perché
fondamentalmente dopo 4-5 ore, tutto quello che avevamo accumulato lo
abbiamo già consumato).
Per ripetere quindi, con l’argomento dell’omeostasi abbiamo messo l’accento sul fenomeno, fotografato
ancora meglio in questa slide, che vede declinare l’attività ad
onde lente durante il sonno: questo declino (che secondo il
modello di Daan avviene in 4 ore) viene approssimato da una
funzione esponenziale che viene chiamata “processo S”
(processo omeostatico), il quale è pressocchè equivalente al
declino della conformità del sonno.
Questa slide più o meno ci dice la stessa cosa, ci fa vedere che mano mano
che passano i cicli e quindi mano mano che noi andiamo avanti nel corso
del sonno la ripidità della curva diminuisce perché evidentemente all’inizio
il bisogno di andare verso molte onde lente è immediato mentre verso la
fine non ce ne è più bisogno perché già è avvenuta la massima parte della
dissipazione.
34
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
questo passaggio, succede che c’è un problema di temperatura nel cervello; nonostante la
temperatura corporea stia salendo, la temperatura del cervello è ancora bassa per cui è come se
noi avessimo bisogno di un riscaldamento cerebrale e, quest’ultimo avviene in un lasso di tempo
che varia da persona a persona.
2. Sonno polifasico= per come è costituito il modello a 2 processi prevede esclusivamente un sonno
monofasico (un solo episodio di sonno di 8 ore nel corso delle 24 ore) ma è stato dimostrato che i
bambini e gli anziani dormono in maniera polifasica (più episodi di sonno nel corso delle 24 ore);
3. Differenze individuali nella regolazione del sonno= oltre al fatto che bambini e anziani abbiano un
ciclo sonno-veglia polifasico e che i dormitori normali dormano dalle 6 alle 9 ore circa, il modello a
due processi non considera i casi dei:
Brevi dormitori= coloro che dormono da 6 ore in giù avvertendo il fenomeno come non
patologico e continuano a dormire con la stessa durata di sonno anche se lasciati liberi di
dormire (perché è quella la tendenza biologica che hanno);
Lunghi dormitori= coloro che dormono abitualmente più di 8 ore e mezza/ 9 ore di sonno
senza che questa cosa la considerino come un evento fastidioso;
l’insonne dorme poco ma è uno che trascorre anche molto tempo a letto
perché cerca di dormire: quindi, per esempio, sta dalle 11 di sera alle 8 di
mattina nel letto ma dorme solo 4 ore svegliandosi con un’efficienza di sonno bassissima;
36
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Il breve dormitore che dorme poco (colonnine nere= tempo trascorso a letto) va a letto alle 2 di
notte e si sveglia alle 7 e mezza di mattina ma quando si alza ha un’efficienza di sonno totalmente
immodificata.
ESISTONO DIFFERENZE CIRCADIANE NEI FATTORI DI REGOLAZIONE DI SONNO FRA BREVI E LUNGHI
DORMITORI?
Quando noi vogliamo vedere i modi in cui funzionano i meccanismi del sonno fra i brevi e i lunghi dormitori,
ovviamente, facciamo riferimento ai due processi del modello di regolazione, e vediamo che ci sono
differenze circadiane e omeostatiche (queste le vedremo domani).
-DIFFERENZE CIRCADIANE (processo C)= secondo un’ipotesi fatta da un ricercatore americano che si chiama
Daniel Aeschbach, nell’analisi dei processi circadiani, vi è la presenza di una notte biologica breve (che dura
di meno) nei brevi dormitori e la presenza di una notte biologica lunga (che dura di più) nei lunghi
dormitori. Per “notte biologica” s’intende che il nostro organismo (o il nostro sistema nervoso) ci avvisa e ci
segnala la presenza del buio nell’ambiente (della notte) con la comparsa di 4 fenomeni (fattori) biologici:
1. Produzione di alti livelli di melatonina= quando noi iniziamo a produrre melatonina vuol dire che
fuori c’è il buio perché c’è un’inibizione da parte della luce solare sulla melatonina plasmatica.
Quello che vedete in questo grafico sono due cose: che il livello di melatonina è lo stesso fin quando
la curva dei lunghi dormitori (pallino bianco) non diventa più
ripida, sale più velocemente, diventa maggiore e soprattutto
più larga (questa larghezza della curva di melatonina è più o
meno corrispondente al tempo abituale passato a dormire) per
poi scendendere più lentamente rispetto alla curva dei brevi
dormitori (pallino nero). I lunghi dormitori, per cui, producono
più melatonina rispetto ai brevi dormitori;
2. Bassa temperatura corporea= la temperatura che sta scendendo;
quello che vedete è che l’ampiezza della curva della temperatura
che scende è maggiore nei lunghi dormitori (pallino bianco) e il
tempo in cui si realizza il passaggio dal picco massimo al picco
minimo è più largo rispetto alla curva dei brevi dormitori (pallino
nero).
3. Aumento di cortisolo= il cortisolo scende e poi verso la fine della notte biologica comincia a salire per
raggiungere un livello abbastanza elevato che è volto a preparare al risveglio; se
vediamo l’andamento del cortisolo notiamo che esso sale più velocemente nel
breve dormitore (1° figura) e più lentamente nel lungo dormitore (2° figura)
mentre dal punto di vista dell’ampiezza non vi è un enorme differenza.
37
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Va bene, fermiamoci, poi domani vi spiego le differenze omeostatiche tra i lunghi e i brevi dormitori.
38
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
6° LEZIONE
Ieri abbiamo fatto un iniziale introduzione delle ricerche che si sono chieste se ci fossero, rispetto ai 2
processi che regolano il sonno (quello circadiano e quello omeostatico) delle differenze della circadianità o
della omeostaticità; abbiamo quindi notato le diverse differenze tra i:
Dormitori normali= dormono in media 7 ore
Long sleepers= soggetti che se lasciati liberi di dormire a piacimento tendono a dormire in modo
rilevante (8-10 ore di sonno)
Short sleepers= soggetti che se lasciati liberi di dormire a piacimento tendono a dormire molto poco
rispetto alla media della popolazione (5 ore di sonno); in particolare, ieri abbiamo visto che gli short
sleepers hanno quella che si chiama “notte biologica breve”: gli eventi che sono legati al periodo di
buio interno e che segnano la notte interna ( ovvero, alti livelli di melatonina, bassa temperatura
corporea, aumento di cortisolo e aumento della sonnolenza) occupano meno tempo, quindi le curve
salgono più tardi e discendono più velocemente.
DIFFERENZE OMEOSTATICHE
Voi, quindi, non avete solo delle differenze di tipo circadiano nei brevi e nei lunghi dormitori ma anche delle
differenze di tipo omeostatico da esplorare. Allora quando noi diciamo che ci possono essere differenze
omeostatiche noi possiamo avere due tipi di differenze:
39
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Cinetica (differenza nel movimento). Noi potremmo pensare che il processo S in un soggetto è più
veloce o più lento: per esempio un’ipotesi dice che gli short sleepers hanno un processo S più
veloce (hanno bisogno di dormire meno tempo) rispetto ai long sleepers;
Comportamentale. L’addormentamento e il risveglio, per gli short sleepers e i long sleepers,
avvengano a livelli di S differenti.
Se io devo andare a lavorare di notte e ogni giorno vado a letto alle 9 di mattina svegliandomi alle 13, la curva del
cortisolo piano piano si sposta in modo tale che il picco massimo di cortisolo dalle 7 si sposta più avanti, fino ad
arrivare dopo alcuni giorni a risincronizzarsi con l’evento che deve provare un corpo sveglio.
Quando voi avete il jet lag (malessere e desincronizzazione tra i ritmi interni ed esterni), per esempio andate negli
Stati Uniti mettendo le lancette dell’orologio 6 ore prima: io che parto alle 12:00 arrivo, per il mio orologio biologico
interno, che sono le 00 in America, quindi mi aspetterei il buio; li però sono le 18:00 del pomeriggio ed è ancora
giorno. Per sincronizzarmi con il luce/buio del posto in cui sono andato, non andrò a dormire, aspetterò che si
facciano le 00:00 americane (che corrispondono alle 5/6 del mattino dell’Italia= in quell’orario io avrò temperatura
bassa, propensione al sonno alta, siete stati svegli anche di più, il processo S è pure salito, voi avete tutte le
condizioni per addormentarvi). Non abbiamo risolto tutto, però, perché invece di addormentarci con la curva della
temperatura scesa, noi ci addormentiamo con il minimo o in salita, quindi dopo 4/5 ore S si dissipa, facciamo un
sacco di sonno ad onde lente perchè siamo stanchi, si incrocia la temperatura che sta salendo e alle 5 di mattino…vi
svegliate. Bene, che fate? Restate al buio aspettando l’alba e poi vi esponete al sole. In questo modo iniziate a
risincronizzarvi. Quindi il nostro sistema è molto flessibile e ha dei tempi di risincronizzazione. Quindi quando voi
desincronizzate risincronizzate del giro di 3 giorni,4 giorni, 5 giorni.
Il problema è quando i cicli sono sono “rapidly not dating” cioè cicli a lavorazione rapida, che sono classicamente
quelli dei lavoratori delle aziende che fanno mattina, pomeriggio, notte, smonto, riposo…un macello perché uno
non c’ha il tempo di risincronizzare. Cioè, viene continuamente cambiata la finestra di sonno-veglia. Quindi è un
tipo di meccanismo che è molto faticoso da sostenere dai lavoratori, che poi si abituano, quindi fanno comunque
dei processi di adattamento . Mediamente tutti i lavoratori che hanno questo tipo di orari, hanno una qualità del
sonno abbastanza scarsa
40
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Sottoponendo i soggetti ad una privazione di sonno (di 42 ore nel breve dormitore e di 38 ore nel lungo
dormitore) vediamo come sarà il movimento di S in salita e in discesa; questo lo vediamo facendo fare ai
soggetti episodi di sonno di recupero (chiamati R) dopo la privazione.
davvero molto sonnolenti il tracciato diventa trifasico: theta; alfa (in bus cioè
RELATIVE POWER DENSITY
treni di alfa, che sono tipici della sonnolenza estrema) e beta (è una SHORT
SLEEPERS
0 10 20 30 40 0 10
AWAKE (h) ASLEEP (h)
41
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Vi è una buona corrispondenza (nei brevi e nei lunghi dormitori) tra la dissipazione del Processo S e
l’attività ad onde lente (in particolare le onde delta);
La cinetica di accumulo e di dissipazione del processo S (della pressione omeostatica) è uguale sia nei
brevi dormitori che nei lunghi dormitori);
I livelli di pressione omeostatica sono maggiori nei brevi
dormitori rispetto ai lunghi dormitori
Quindi, se noi adesso dobbiamo individuare un percorso, in partenza esiste una predisposizione individuale
che si manifesta soprattutto circadianamente con dei fenomeni guidati dal nucleo sovra-chiasmatico. Su
questo si stabilisce un abitudine di sonno che guida poi l’andamento di un processo S la cui cinetica è
uguale nello short e nel long.
CONCLUSIONI
42
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
43
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Le privazioni parziali di sonno possono essere di diversa durata, esistono privazioni parziali di sonno a:
breve termine: privazioni di 1-2 notti;
lungo termine o cumulativa: sopra i 60 giorni; a quasi tutti noi è capitato di avere dei periodi che
invece di dormire 7-8 ore per notte abbiamo dormito per 4-5 ore, per cui, quello che accade nella
vita di tutti i giorni, è la privazione parziale di sonno a lungo termine che viene chiamata anche
“cumulativa” perché si accumula notte dopo notte (gli effetti di tante privazioni).
Quindi noi abbiamo la:
Privazione Parziale di Sonno acuta: restrizione improvvisa da 8 a 4 ore di sonno per notte;
Privazione Parziale di Sonno cumulativa: restrizione moderata (6-5-4 ore) per più notti
consecutive;
Privazione Parziale di Sonno cumulativa-progressiva: da 8 a 7 a 6 a 5 a 4 ore nel corso di notti
successive. Sono disegni molto interessanti.
44
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
FRAMMENTAZIONE= significa provocare dei risvegli a intervalli prestabiliti. Perché viene fatta una cosa
del genere? Perché ci sono realmente delle persone che hanno un tipo di sonno frammentato per
l’ambiente; ad esempio, se prendete quelli che dormono vicino alle stazioni, essi hanno un sonno
inizialmente frammentato ma poi si abituano a determinate stimolazioni (arousal) e non si svegliano
più; Tale tecnica non riguarda i cicli;
DISORGANIZZAZIONE= come sappiamo, il sonno è altamente organizzato in cicli, disorganizzare
significa svegliare il soggetto per “interrompere i cicli in modo casuale” in modo tale da avere una
differenza rispetto alla frammentazione.
DISLOCAZIONE= prendo un episodio di sonno (detto “episonno”) , per esempio collocato tra le 22 e le
8 del mattino e lo sposto alle 8 del mattino. A tal proposito c’è un paradigma che è
contemporaneamente di dislocazione e di privazione parziale di sonno che si chiama “paradigma
sonno precoce e sonno tardivo” che consiste nel prendere dei soggetti e invece di farli dormire 8 ore
di fila, li faccio dormire 4 ore:
il primo gruppo dalle 00:00 alle 4:00= con l’obiettivo di fargli avere nella prima parte del
sonno, sonno ad onde lente;
il secondo gruppo dalle 4.00 alle 8:00= con l’obiettivo di fargli avere nella seconda parte del
sonno, sonno REM. Il problema è però che il soggetto in questo modo farà molto sonno REM
se intanto S è salito; questa cosa, si risolve facendolo dormire il pomeriggio dalle 16:00 alle
18:00-19:00, in modo che a quell’ora i soggetti non hanno una pressione di S alta come
dovrebbe essere alle 4:00 di notte.
TECNICHE INDIRETTE= FACCIO MANIPOLAZIONI AMBIENTALI CHE MI PROVOCANO UN CAMBIAMENTO NEL SONNO
FREE RUNNING “libero corso”= consiste nel prendere il soggetto, metterlo in una stanza buia per 32
giorni togliendogli il marcatempo e vedo che il sonno si disloca perché ho tolto le indicazioni luce-
buio, per cui il soggetto cambierà abitudini.
45
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
CONSTANT ROUTINE= è una situazione simile al libero corso: posizione sul divanetto, illuminazione
meno di 10 lux, alimentazione costante, dopo un po’ vedete che il sonno cambia.
ESTENSIONE= l’allungare le zone di buio. Se noi normalmente siamo al buio 8 ore, abbiamo un ciclo di
luce pari a 16 ore e un ciclo di buio pari ad 8 ore; con l’estensione noi andiamo a creare un ciclo di
luce pari a 10 ore e un ciclo di buio pari a 14 ore. Cioè, alle 18:00 del pomeriggio prendiamo il
soggetto, lo mettiamo in una stanza buia con soltanto il letto e notiamo a questo punto che una
persona che normalmente va a dormire dalle 23:00 a 00:00 in tali condizioni si addormenta alle 21:00
e si risveglierà più o meno alle 2:00 siccome intorno sarà buio intorno alle 4:00 si addormenta di
nuovo, quindi il sonno diventa bifasico (episodio/pausa/altro episodio) alla fine il soggetto si risveglia
alle 8:00 del mattino e viene portato alla luce, per quell’ora ha totalizzato 14 ore di buio e di solito
dentro queste 14 ore di buio ha totalizzato almeno 9 ore di sonno. Quindi abbiamo ottenuto
l’allungamento, l ‘estensione del sonno.
46
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Dopo 264 ore, questo ragazzo va a dormire e sul tracciato elettroencefalografico si riscontra una quantità
superiore al normale di onde lente (stadio 3-4), il 50% del sonno REM, solo una piccola parte di stadio 1 e 2
(lo stadio 2 sembra che non serve a nulla).
47
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
7° LEZIONE
FATTORI DA CONSIDERARE PER IL COMPLETAMENTO DEL MODELLO A DUE PROCESSI.
Alcuni fenomeni non vengono spiegati con il modello a due processi di Borbely, tra cui le caratteristiche
della veglia. Borbely nel suo modello prende in considerazione solo la durata della veglia, o meglio la
quantità, cioè più tempo si sta svegli più si ha la propensione ad andare a dormire, perché si accumula S e
quindi deve essere dissipato durante il sonno. Però vi è un’altra caratteristica della veglia importante, che è
la qualità (ad esempio la veglia di una persona che è stata a poltrire tutto il tempo, è diversa dalla veglia di
un’altra persona che ha svolto attività fisica, è andata a seguire un seminario, ha guidato per 3-4 ore, ecc.).
Quindi non è solamente importante la durata della veglia, ma anche la sua qualità, in termini di intensità, e
anche questa avrà un peso sul sonno successivo. Quali caratteristiche della veglia intervengono nella
regolazione del sonno?
Quantità: determina l’accumulo di S, che poi si deve dissipare;
Qualità: intensità dell’attività cerebrale in veglia (tipo e quantità
di attività fisica e/o cognitiva) influenza significativamente il sonno successivo. Questo concetto è
stato studiato da Feinberg (colui che ancor prima di Borbely ha ipotizzato il processo S).
“La veglia non è semplicemente uno stato indifferenziato che riempie l’intervallo di tempo tra gli episodi di
sonno.”
Feinberg però, oltre a questo, misura anche l’attività cerebrale in veglia e nota che quando noi ci sforziamo
sia a livello fisico, che cognitivo, le caratteristiche del sonno successivo sono diverse. Lui lega questo
concetto sempre all’omeostasi, ovvero quando noi ci sforziamo si accumula sempre il processo S, per cui la
funzione ristorativa del sonno che ci riporta ai livelli base di S dipende anche dal livello di attività cognitiva
durante la veglia precedente. Quindi il modello di Feinberg ci indica che non solo la durata della veglia, ma
anche il suo contenuto determinano le caratteristiche del sonno successivo. Questo concetto è molto
48
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
importante perché spiega che vi sono delle relazioni tra sonno e funzioni cognitive, in particolare tra sonno
e apprendimento/memoria. Il ruolo che le attività cognitive in veglia hanno sul sonno dipende dalla
relazione fondamentale tra sonno e apprendimento mnestico di materiale appreso prima del sonno.
SLEEP EFFECT
Si nota che le persone che durante il periodo di ritenzione avevano dormito ricordavano meglio le lettere
senza senso, rispetto alle persone che invece erano rimaste sveglie. Questo fenomeno venne definito SLEEP
EFFECT. Da tale primo esperimento, datato 1924, si svilupparono molti studi rivolti a vedere come si
articolava questo Sleep Effect. Quindi se vi è un effetto positivo del sonno sul richiamo di informazioni
acquisite prima del sonno, allora probabilmente c’è una relazione tra sonno e apprendimento, in cui il
sonno migliora la memoria, ma probabilmente anche la memoria ha degli effetti sul sonno, perché per far sì
che le informazioni acquisite prima del sonno vengano rinforzate durante esso, ovvero vi è uno sleep effect,
allora significa che durante il sonno accade qualcosa, perché questo consolidamento mnestico ha bisogno
di alcune cose che si verificano durante il sonno. I due psicologi Jenkins e Dallenbach furono i primi a
scoprire lo sleep effect, ma loro credevano che era un effetto dovuto solamente alla riduzione delle
interferenze durante il sonno; in realtà oggi sappiamo che il sonno ha proprio un ruolo attivo per i processi
di consolidamento mnestico.
49
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
liste di parole da memorizzare come fecero Jenkins e Dallenbach, un gioco, ecc.) ossia viene fatto fare un
training pre-addormentamento e poi si vanno a vedere gli effetti sul sonno. Tale paradigma sperimentale
viene definito paradigma di modifica del sonno post-apprendimento, e con questo si ipotizza che gli effetti
che si hanno sul sonno siano responsabili del consolidamento mnestico; per cui l’obiettivo di questi studi
era scoprire i meccanismi alla base dello sleep effect. Inizialmente gli studiosi si concentrarono soprattutto
su variabili del sonno di natura quantitativa (ad esempio il tempo totale di sonno) e su variabili strutturali
(aumento di sonno REM o sonno NREM). Solamente da studi recenti ci si è focalizzati su variabili di natura
qualitativa, che prendono in considerazione il fatto che il sonno sia un processo, e queste sono:
Continuità: n. di risvegli comportamentali e arousals
Stabilità: n. di stage transition (passaggi di stato) e di periodi di incertezza funzionale
Organizzazione: n. e durata dei cicli di sonno
IL PROCESSO L (Learning)
Ecco che si è andati oltre il Modello a due processi, ipotizzando l’esistenza di un processo L (Learning), il
quale anche esso sembra influenzare il sonno successivo. Gli studi sul sonno post-apprendimento hanno
dimostrato che un’intensa stimolazione cognitiva prima di andare a letto produce dei cambiamenti nel
sonno, non solo in termini di quantità, ma anche di qualità. È come se il sonno, dopo l’apprendimento,
risultasse + compatto, con meno risvegli, arousals e con + cicli.
Poiché l’apprendimento nel corso della veglia influenza le caratteristiche del sonno successivo, Conte e
Ficca (2012) hanno suggerito di riconsiderare i classici modelli di regolazione del sonno esistenti, tenendo
conto di un ulteriore fattore accanto ai classici “S” e “C”: il processo “L” (Learning). Quindi il sonno non solo
è influenzato dal fatto che durante la veglia si accumula qualcosa che poi deve essere dissipato (S) e dal
nostro orologio biologico che ci dice a che ora andare a dormire e a che ora svegliarci perché è
geneticamente programmato (C), ma anche da cosa facciamo durante la veglia (L).
Teoria circadiana: il sonno è il risultato di un meccanismo interno di regolazione del tempo; questa
teoria ci spiega perché andiamo a dormire e ci svegliamo ad una determinata ora
Teoria del consolidamento mnestico: il sonno è uno stato comportamentale che ha un ruolo attivo
per la memoria.
Altri fattori non spiegati dal Modello a due processi sono le differenze individuali, l’inerzia del sonno (uno
stato di torpore cognitivo al mattino, ed è stato considerato un modello di regolazione per la sonnolenza e
la vigilanza) e l’assunzione di sostanze e farmaci.
La ricerca sugli effetti che il sonno ha sulle funzioni cognitive deve prendere in considerazione diversi
fattori:
Fattori legati alla funzione= esistono diversi tipi di funzioni cognitive da prendere in
considerazione e vedere come queste siano legate al sonno (vigilanza, performance
psicomotoria, funzioni cognitive elevate, sensazione soggettiva di stare bene)
Fattori legati ai soggetti= bisogna tener conto del tipo di popolazione (uomini, donne, bambini,
adolescenti, adulti, anziani, allodole, gufi, breve e lungo dormitore).
Fattori legati al contesto= esistono diversi tipi di contesti: sperimentale (deprivazione o
estensione di sonno), naturalistico (stile di vita, lavoratori turnisti. Infatti i fattori sociali hanno
un peso rilevante sulla modificazione del nostro orologio biologico interno), clinico (patologie
del sonno)
Fattori legati al tempo= si studia il cambiamento nella durata di sonno, in particolare la
differenza tra deprivazione di sonno occasionale e deprivazione costante di sonno.
51
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
52
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
ATTENZIONE: riguarda funzioni cognitive che possiamo definire semplici. La Schmidt distingue:
Alertness= sensazione soggettiva di sentirsi in allerta.
Arousals=superficializzazione del sonno, riguarda un’attivazione elettrofisiologica. Un’altra
differenza è tra sleepiness e fatica.
Fatica= sensazione soggettiva di minore abilità nel fare un compito.
Sleepiness (sonnolenza)-> desiderio di andare a dormire, si esprime attraverso dei self-
report.
sustained attention o vigilance (vigilanza)= capacità di mantenere l’attenzione e di
sostenerla per un certo lasso di tempo, per tutto il tempo che mi serve per portare a
termine un compito.
MEMORIA
FUNZIONI ESECUTIVE
53
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
54
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
55
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Resoconto: fino agli anni ’90 la ricerca ha costantemente trovato degli effetti chiari negativi sulla vigilanza
dopo una sola notte di deprivazione di sonno di 4 ore, però molti studi hanno mostrato che ci sono alcuni
effetti anche dopo notti di 5 o 6 ore di sonno. La durata del sonno sembra essere il fattore cruciale, molto
meno rilevante è il contributo dei vari singoli stadi, in particolare sonno REM e sonno a onde lente.
Tuttavia, anche la continuità del sonno sembra avere un ruolo, infatti gli effetti negativi sono stati trovati
negli studi sperimentali di frammentazione del sonno (Bonnet), anche senza risvegli comportamentali o
cambiamenti nell’ammontare del sonno a onde lente. Bonnet con i suoi studi sulla frammentazione del
sonno rilevò che anche delle semplici superficializzazioni del sonno hanno un impatto sulle funzioni
cognitive. Più controversi sono i dati relativi agli effetti di una singola notte di totale deprivazione di sonno
sulla performance psicomotoria; secondo Pilcher e Huffcut le conseguenza cognitive sono comunque
modeste. Mentre l’alterazione delle funzioni cognitive quando il debito di sonno si accumula per giorni o
settimane è molto più rilevante. Cambiamenti adattivi sono ipotizzati di restringere la capacità operativa
del cervello e persiste per diversi giorni dopo che la durata del sonno è tornata ai livelli basali e quindi è
come se ritardasse il recupero (Belenky).
FUNZIONI ESECUTIVE
Le funzioni esecutive sono più complesse e includono l’attenzione esecutiva, la memoria di lavoro, il
pensiero divergente, e riguardano abilità di pianificare, coordinare l’azione rispetto alle alternative,
monitorare e riaggiornare i nostri piani di azione se necessario, sopprimere materiale distraente
focalizzando l’attenzione su info rilevanti (processo chiamato “inibizione”). Perciò oltre alla vigilanza e ad
altre abilità più semplici, le funzioni cognitive complesse permettono all’individuo di fronteggiare con
responsabilità, così come per la difficoltà per stimoli non familiari, compiti attraverso processi di decision
making e di risoluzione dei problemi. È stato dimostrato che un debito di sonno provoca un aumento di
adenosina che riduce l’attività colinergica dei lobi prefrontali e quindi provoca loro delle disfunzioni. Da
alcuni l’adenosina è stata chiamata “processo S”, proprio perché è qualcosa che si accumula durante la
veglia e poi si va a dissipare con il sonno. Il suo aumento va a intaccare il funzionamento dei lobi prefrontali
e questa cosa è stata dimostrata da studi di PET (studi di neuroimaging) in cui si vede che dopo una singola
notte di deprivazione di sonno si riduce significativamente l’attività metabolica dei lobi prefrontali. Anche
dal punto di vista comportamentale sono stati condotti studi in cui si andavano a somministrare dei compiti
in seguito a manipolazioni sperimentali sul sonno (es. veglia
prolungata):
56
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
evitare gli stimoli distraenti, capacità di inibire una risposta che è automatica (es. premere un
pulsante quando appare lo stimolo bersaglio) di fronte a un stimolo distraente. Per studiare la
risposta di inibizione si utilizza un paradigma chiamato “Go-noGo”, vengono presentati due set di
stimoli, uno dei quali è chiamato Go (es. quando appare il quadrato o la stella grande devi premere
il pulsante) e l’altro noGo (es. quando appare il pentagono piccolo o la croce non devi premere
niente). Il paradigma viene costruito in modo tale che la risposta venga automatizzata, per cui
all’inizio vengono presentati soltanto stimoli Go e a un certo punto viene presentato uno stimolo
noGo, per cui il soggetto deve cercare di inibire una risposta diventata automatizzata (premere il
pulsante). L’inibizione di risposta funziona grazie all’attività dei lobi
prefrontali. Lo studio è stato condotto da Drummond e
collaboratori, i quali andarono a vedere prima la risposta semplice
al compito Go-noGo, definita “hit rate”(premere il pulsante allo
stimolo Go), e poi i falsi positivi (tutte quelle volte in cui il sogg.
Premeva il tasto agli stimoli noGo). Si è visto che il tasso della
risposta semplice peggiorava significativamente dopo 55 ore di
deprivazione di sonno. Per quanto riguarda i falsi positivi (funzione
cognitiva complessa) il peggioramento accadeva molto prima, già dopo 23 ore di deprivazione di
sonno il numero di falsi positivi aumentava in maniera significativa (sul grafico quando la linea
scende, ovvero che i falsi positivi diminuiscono, significa che vi è stato un recupero di sonno).
57
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
STUDIO DI KILLGORE E COLLABORATORI CHE VA A INDAGARE GLI EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE DI SONNO
SUI PROCESSI DECISIONALI (DECISION MAKING). In questo studio si è utilizzato la Iowa Gambling Task
(gambling sta per gioco d’azzardo) e il compito funziona in questo modo: si danno dei mazzi di carte
al sogg, il quale deve fare delle puntate come al Casinò, un tipo di mazzo di carte permette al sogg
di vincere molti soldi ma molto meno frequentemente e l’altro tipo di mazzo invece permette di
vincere molto spesso ma quote più basse. Di norma i sogg dovrebbero cercare di trovare il mazzo
che permette loro di vincere poco ma spesso. In questo compito i sogg non sanno quale sia il mazzo
che consente loro di vincere più volte, ma lo apprendono man mano che vengono dati loro più
mazzi di carte e quindi la performance migliora. I ricercatori hanno distinto 3 tipi campioni di
persone: 1. Persone che hanno dormito normalmente (condizione baseline, nessuna manipolazione
del sonno) 2. Persone che sono state deprivate di sonno 3. Persone che presentano delle lesioni
nella corteccia ventromediale, ovvero corteccia prefrontale, che è indispensabile per le funzioni
esecutive.
Campione 1= miglioramento della performance man mano che ai sogg vengono dati più mazzi di
carte.
Campione 2=miglioramento iniziale della performance, ma
dopo 50 ore di deprivazione di sonno quest’ultima va a
calare. Queste persone apprendono la regola, ma dopo un
tot. Di deprivazione di sonno non riescono più a metterla in
atto attraverso la funzione di decision making.
Campione 3=parte da livelli molto + bassi di performance,
perché il processo decisionale è già alterato. Anche qui
vediamo che c’è un piccolo miglioramento, ma poi vi è un peggioramento
La cosa interessante è che notiamo un andamento simile, sviluppato però su valori diversi, tra coloro i quali
presentano lesioni alla corteccia prefrontale e coloro i quali sono stati deprivati di sonno.
58
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
azioni prima di attuarle. I sogg che erano stati deprivati di una notte di sonno hanno avuto
performance peggiori rispetto al gruppo di controllo quando hanno svolto il Six Elements Task; 4
dei sogg del gruppo sperimentale hanno infranto almeno una delle regole, mentre il gruppo di
controllo no; addirittura 2 dei sogg del gruppo sperimentale hanno avuto dei punteggi ancora
peggiori rispetto agli altri.
Resoconto: i paradigmi di deprivazione del sonno hanno mostrato un effetto negativo del debito di sonno
su un numero di funzioni neurocognitive complesse che includono l’inibizione della risposta prepotente,
processi decisionali e di pianificazione. Alcuni livelli di deterioramento cognitivo riguardanti specifiche
funzioni di attenzione ed esecuzione possono essere trovati anche in sogg che sono in allerta oppure che
sembrano performare bene, per esempio può succedere che dopo una notte di deprivazione di sonno viene
somministrato il PVT ai sogg e la performance fondamentalmente non peggiora, ma se viene fatto fare un
compito come quello Go-noGo si può notare che la performance dei sogg peggiora anche solo dopo una
notte di deprivazione di sonno. Tuttavia vi sono alcuni dati contrastanti: alcuni hanno visto che dopo 36 ore
di deprivazione di sonno non ci sono effetti sul test di Stroop, non vi sono effetti sull’inibizione, oppure sulla
generazione casuale di numeri e lettere. Molto interessante è misurare la vigilanza e la performance + volte
durante il giorno per controllare gli effetti delle variabili circadiane, dell’inerzia del sonno e della riduzione
nel tempo della vigilanza dovuta a fattori di natura omeostatica. Un’altra cosa importante è tenere distinti il
dominio soggettivo da quello oggettivo.
Un altro problema importante presente in letteratura riguarda l’etereogeneità delle batterie di test che si
utilizzano. Bisognerebbe tener conto vari aspetti dei compiti: la difficoltà, il fatto che il compito è nuovo, la
validità ecologica, il fatto che il compito si può ripetere, l’affidabilità e il tempo sul compito. Tenere conto di
tutti questi aspetti insieme è impossibile, perché bisognerebbe costruire una batteria completa che per
testarla su un sogg ci vorrebbe una giornata.
Infine vi è un focus sulle differenze individuali: vi sono soggetti con un’alta capacità di andare a dormire,
attitudine ad addormentarsi facilmente, che si esprime con una latenza di addormentamento breve (high
59
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
sleep ability) e che non è dovuta a fattori circadiani, omeostatici e ambientali. Ad esempio se a queste
persone viene fatto fare il Multiple Sleep Latency Test, per cui viene detto loro di addormentarsi il prima
possibile, si addormenteranno subito ma ciò non significa che sono sonnolenti come ci aspetteremmo, anzi
se vengono somministrati loro altri compiti risulterà che non lo sono, bensì semplicemente hanno un’alta
abilità ad addormentarsi. Ferrara e De Gennaro ci dicono che dobbiamo tener conto di queste differenze
individuali nel momento in cui vogliamo andare a vedere gli effetti del sonno sulle funzioni cognitive, in
particolare dobbiamo rispondere a questa domanda “di quanto sonno abbiamo bisogno?” per cui
suggeriscono di creare delle sonnotipologie, che tengano conto del sesso, dell’età, della posizione sul
continuum serotino-mattutino, per cercare di capire di quanto sonno abbiamo bisogno, ad esempio per
dire che tu hai bisogno di 8 ore di sonno devo tener conto di tutte le tue caratteristiche.
60
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
8° LEZIONE
EFFETTI DEL SONNO SUI PROCESSI MENSTICI
Quando noi diciamo effetti del sonno sui processi mnestici intendiamo dire se il sonno ha un effetto sui
processi di apprendimento, se c’è una relazione che lega il sonno con i processi di memoria. Questa cosa
equivale a fare in realtà 3 domande di ricerca che sono distinte.
Prima di tutto dobbiamo capire se il sonno ha effetti sull’acquisizione del materiale. Perché per fare la
distinzione che stiamo facendo voi dovete ricordarvi che la memoria non è una cosa che avviene ora in un
determinato momento, in un modello multiforme. La memoria è composta da varie fasi sono
schematicamente:
- una fase di acquisizione in cui io assimilo e prendo delle informazioni e le registro come traccia mnestica.
- dopo di ché quell’informazione che ho acquisito va riveduta che è come dire: se io prendo un appunto
quando scrivo sto acquisendo, poi quel fogliettino lo metto in un cassetto. Quell’operazione si chiama
ritenzione, cioè faccio in modo che il fogliettino non vengo perso. La ritenzione può essere più o meno
efficace, infatti si avranno informazioni disponibili in memoria ed altre che andranno perse e diciamo
costituiscono quell’aspetto che viene definito oblio, cioè voi avete del materiale perduto e del materiale
dimenticato che è quello che cade in oblio e non è quello di cui non abbiamo traccia nel nostro sistema
nervoso .
- la terza fase è il recupero , è il momento in cui quell’informazione che io ho appreso ,quel comportamento
viene liberato dal cassettino e quando abbiamo bisogno di un qualche cosa che sia adattivo lo recuperiamo
in memoria.
1)Quando io parlo degli effetti sull’acquisizione io sto dicendo: il sonno fa qualche cosa rispetto
all’acquisizione e alla presentazione di stimoli? Se io vi do un informazione quando dormite succede
qualcosa? Questa è la domanda la seconda domanda è 2)quali sono gli effetti del sonno sulla ritenzione e
sull’elaborazione del materiale appreso prima del sonno? Perché ho scritto anche elaborazione? Perché
esiste un modo di ritenere che è legato alla possibilità che il materiale che noi abbiamo acquisito mentre
eravamo svegli , affinché l’informazione sia adattiva il cervello la riprocessa durante il sonno. Questa è una
cosa che si sa oggi, prima si erano fatte delle ipotesi di tipo differenti di cui ne parleremo dopo.
a.)Da un lato c’è la possibilità che io vada vi registri la lezione e ve la faccia ascoltare mentre dormite, b.)
mentre l’altra, più interessante, è che io vi faccia sentire la lezione prima di andare a letto e capiamo due
cose: a.)se al vostro risveglio questa lezione sarà stata ritenuta elaborata meglio rispetto a quando viene
appresa in veglia, b.) e capiamo se il fatto che il cervello sta lavorando a dei processi di memorizzazione
determina dei cambiamenti nella struttura del sonno. perché il rapporto è biunivoco: così come noi
61
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
possiamo pensare che il sonno modifichi il processo di memoria dobbiamo pensare che la memoria e gli
apprendimenti abbiano degli effetti sul sonno.
La terza domanda è questa: 3) se io dormo bene o male qual è l’effetto dei cambiamenti nel sonno sul
modo in cui io apprendo nel giorno successivo? Ieri abbiamo dato una mezza risposta a questa domanda:
Nel momento in cui il nostro sonno è ridotto, accorciato, poco efficiente, poco organizzato, cosa succede al
soggetto quando gli faccio fare una prova di risk making oppure di pianificazione. Manca un piccolissimo
pezzetto per rispondere alla domanda : se voi acquisite l’informazione dopo che vi siete svegliati, qual è
l’effetto del sonno precedente? Cioè adesso voi state acquisendo e immaginiamo che dopo il vostro
processo di consolidamenti e riduzione cambia a seconda se siete ancora svegli o se siete andati a dormire.
Facciamo la domanda all’incontrario: immaginiamo che adesso voi vi siate appena svegliato ed abbiate
fatto dopo la lezione precedente un nap, appena svegli io vi dico delle cose. Il sonno precedente ha un
effetto sul modo in cui acquisite? Questo è il pezzettino che ci manca e risponderemo molto velocemente a
questo con un esperimento che ha chiarito completamente la faccenda un esperimento di due autori
australiani che si chiamano Lovatt e Warr, lo vedrete tra poco.
★Adesso andiamo ad affrontare specificatamente la prima domanda. Per il momento la risposta al quesito
ma se noi siamo dormendo e mi danno delle informazioni, esse le imparo meglio o peggio che cosa
succede? È una domanda che ha una risposta precisa. Qual è la risposta?
il primo esperimento che ha provato a chiarire questa cosa è di due autori che si chiamano Simon ed
Emmons, che presentavano del materiale verbale. All’inizio di questa storia il materia era presentato più o
meno nello stesso modo e cioè come o sillabe senza significato o con triplette di lettere secondo il
modello di Ebbinghaus (quello dell’oblio). Quindi per vedere il modo in cui il materiale nel tempo venisse
perso usava delle triplette di lettere senza senso. Per molto tempo il materiale è sempre stato verbale.
Quando avviene questo tipo di somministrazione noi sappiamo che c’è un problema legato alla riduzione
sensoriale. Probabilmente se noi abbiamo minori afferenze rispondiamo in maniera ridotta. Tant’è vero che
quando Livingstone e Hubel vanno a studiare l’entrata degli impulsi visivi che cosa vedono? Vedono che gli
impulsi viaggiano abbastanza normalmente fino ai corpi genicolati. Dal talamo in poi l’impulso si ferma.
Soprattutto a sonno ad onte lente la trasmissione dei nuclei genicolati alla corteccia è completamente
ridotta. In più quando andate a vedere le componenti tardive dei potenziali evocati di solito questo viaggio
è accompagnato da componenti tardive nei potenziali evocati. Quando io mando l’impulso il sistema
nervoso risponde con componenti precoci nella periferia, più va in periferie più le componenti di risposta
sono tardive. Già i sonno REM le componenti tardive dei potenziali evocati sono abolite. Quindi questo vi
dice che anche nella fase del sonno in cui siamo più attivi c’è una diminuzione delle afferenze sensoriali.
Questi è stato dimostrato da Llinas e Parè.
62
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
A conferma di queste ipotesi una teoria di Koulack e Goodenough che si chiama teoria dell’
attivazione/recupero (da non confondere con la teoria sulla generazione del sonno che studieremo che si
chiama teoria dell’attivazione sintesi).
“La codifica di una traccia dipende dalla presenza di un minimo livello di attivazione (= arousal), non
disponibile durante il sonno”
ora questo livello di attivazione minimo non è disponibile durante il sonno a meno che noi non vediamo
nel soggetto che sta dormendo dei brevi treni di alfa che però se ci pensate non sono nient’altro che
l’intrusione di pezzetti di veglia . cioè la persona sta dormendo ed ha un attivazione. Nel corso
dell’attivazione noi vediamo elettrofisiologicamente delle sequenze di alfa che ci permette di fare una
siglatura di stato di veglia del soggetto ma anche laddove compare lo stadio ! dove c’è theta e un poco di
alfa quell’alfa consente di memorizzare alcune cose. È quello che succede quando noi facciamo dei risvegli
dopo sonni particolarmente interessanti, che ci hanno attivati emotivamente. Noi facciamo un piccolo
risveglio poi ci riaddormentiamo. Quel piccolo risveglio ci garantisce un livello di arousal minimo nel
sonno. E la mattina ci risvegliamo e ci ricordiamo il sonno le persone che dicono: non ricordo mai i sogni.
Visto che tutti sogniamo ci dice indirettamente una cosa sulla qualità del sonno : perché sono soggetti che
non si svegliano e ricordano a fatica i sogni del risveglio finale. Se invece incontriamo quelli che si ricordano
i sogni potremo sospettare una cattiva qualità del sonno perché si svegliano in continuazione.
Nel sonno Rem di maggiore attivazione cambia qualcosa rispetto al NREM? In realtà non moltissimo,
cambia soltanto qualcosa se noi introduciamo la classificazione fondamentale dei sistemi di memoria.
Classificazione dei sistemi di memoria secondo Squire (1984):
Memoria dichiarativa: insieme di nozioni, idee ed eventi che possono essere richiamati in maniera
cosciente (o “esplicita”) sotto forma di proposizioni verbali e/o immagini mentali
Memoria procedurale: è implicita, ed espressa da modifiche del comportamento. Include abilità motorie e
percettive, ma anche risposte elementari come l’abitudine e il condizionamento
★Domanda successiva: ricordare di più grazie al sonno? Qui la scoperta inizia nel 1924. Inizia sulla spinta
della primissima psicologia della memoria. Loro avevano un idea secondo la quale l’oblio dipendesse dal
meccanismo dell’interferenza . qualcuno ricorderà che esistono due interferenze:
- interferenze retroattiva: studi sonno e memoria parte 1, quando andrai a studiare sonno e memoria parte
63
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
2 confonderai con delle nozioni imparate nella parte 1 - interferenza proattiva: quando imparo una cosa,
essa va a disturbare le cose che sono imparate dopo. Cioè se io conosco bene un testo di una canzone per
imparare un altro testo questo è difficile perché le cose che ho acquisito prima vanno interferire con le cose
nuove
l’interferenza dipende dalla quantità d’informazioni (più impari più hai interferenza). All’epoca quando gli
psicologi della memoria volevano dimostrare le ipotesi dell’interferenza: quando noi dormiamo visto che
le informazioni sono di meno il sonno farà meno interferenza retroattivo su quello che ho imparato prima
di andare a dormire. Quindi quando mi sveglio, io ricorderò meglio per il motivo della riduzione
dell’interferenze. Il modello e questo modello qua:
64
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Il materiale è una serie di sillabe alla Ebbinghaus e vengono testa varie durare del sonno. Questo è
assolutamente geniale perché chiarisce fin dal 1924 cose che colleghi credevano di aver scoperto nel 2000.
Che cosa fanno? Il soggetto dorme, acquisisce il materiale da sveglio, poi passa un periodo che si chiama
periodo di ritenzione. Questo può essere trascorso in una condizione in sonno, e in una condizione di veglia.
E noi ci aspettiamo che nella condizione di sonno si dormi meglio. Questa cosa fu fatta per 8 ore, 4 ore, 2
ore, 1 ora. In tutte le condizioni otteniamo che il richiamo del materiale è migliore quando il periodo di
ritenzione è trascorso in sonno rispetto alla veglia. Questo fenomeno viene chiamato sleep effect (effetto
65
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
sonno). Lo sleep effect viene replicato tantissime volte, utilizzando anche compiti diversi.
Se chiedo al soggetto di ricordare alle 8 del mattino no è la stessa cosa che chiederglielo alle 20. Siccome
non veniva fuori l’effetto sonno, come faccio a sapere se l’effetto sono non ci sta proprio oppure è
annullato dal fatto che quando dovrebbe esserci io lo sto testando in un momento della giornata che non è
indicato.
66
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
In base ai numerosi esperimenti fatti dal ’24 in poi, possiamo dire che l’effetto sonno esiste. Cioè è molto
robusta l’ipotesi che esista l’effetto sonno.
Nel ’77, Benson e Feinberg (Feinberg è quello che ha fatto l’esperimento sonno basale/ privazione di sonno
ad onde lente). Devono capire se realmente l’effetto sonno visto nel 24 dipende dal meccanismo delle
interferenze (ok c’è l’effetto sonno, ma siamo davvero di cui che dipenda da questa diminuzione delle
interferenze?) fanno questo esperimento in cui mettono: 8 ore di veglia (A), 8 ore di sonno (D). Fanno le
condizioni B e C che hanno 4 ore di sonno e 4 ore di veglia entrambe. Come quantità la condizione B e C
hanno interferenze uguali. B e C hanno 4 ore di alta interferenza che sono di veglia, e 4 ore di sonno di
bassa interferenza. Allora se io assumo l’ipotesi di Jenkins e Dallenbach (i due punteggi devono essere
uguali) io mi aspetto di confermare l’ipotesi delle interferenze trovando B e C uguali. Alla fine non è così,
vengono due condizioni differenti. Nella condizione B voi avete l’acquisizione, poi il soggetto se ne va a
dormire, si sveglia, sta sveglia e alle 20 gli chiediamo il richiamo. Nella condizione C acquisisce, sta sveglio
poi alle 16 se ne va dormire e si sveglia alle 20. Non c’è un problema circadiano. In realtà quello che
vediamo è che nella condizione B l’effetto sonno. Naturalmente sono entrambe peggiori della condizione D
dove il soggetto dorme nelle 8 ore, ma avendo 4 ore di sonno il sonno è più positivo se viene messo
67
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
immediatamente dopo l’acquisizione. Hanno dimostrato che l’ipotesi dell’interferenza dell’effetto sonno
no è sufficiente. Dobbiamo avere un'altra spiegazione per quest’effetto sonno e dicono questo: quando noi
dormiamo succede qualche cosa nel sonno che favorisce la scrittura dell’annuncio. Allora quando noi
andiamo subito a dormire questo qualche cosa consolida ciò che abbiamo appena acquisito, quando poi ci
svegliamo le interferenze della veglia agiscono sulla parte già consolidata. Quindi noi abbiamo delle
interferenze che rompono le scatole ma il materiale che possiamo disturbare è già piuttosto. Guadagno 100
euro, se io vado subito a dormire a dormire e metto da parte i 100 euro, c’è un meccanismo nel sonno in
cui c’è qualcuno che prende i 100 € e me li mette sul conto in banca, quando poi mi sveglio e c’go l’attacco
maniacale che li voglio spendere spendo qualche cosa ma sono più lento perché i 100€ sono stati messi da
parte. se invece non vado a dormire e i 100€ e li vado a spendere tutti quando poi vado a dormire in realtà
non ci sono più e quindi ovviamente io faccio interferenza su un materiale che io ho già perso. Questa cosa
ci fa fare un ipotesi detta ipotesi del consolidamento. Nel sonno succede qualcosa che mi fa scolpire
meglio la traccia mnestica. Va detto anche che oggi ricercatore: ma il sonno ha una funzione passiva, come
dicevano Jenkins e Dallenbach, una funzione permissiva cioè che consente essendo la cornice fisiologica
protettiva che altri fattori favoriscano il consolidamento, o attiva cioè è il sonno che consolida la traccia?
Quasi tutti pensano che sia un processo attivo c che non solo è consentito dal sonno ma è operato dal
sonno stesso sulle tracce.
68
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Cerca di capire se io mi sveglio e acquisisco dopo aver dormito se quella cosa ha un effetto così come il
sonno ha un effetto dopo.
69
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Le ricerche si focalizzano sul ruolo del sonno REM nello sleep effect. Tra l’altro, ci sono i dati
oggettivamente importanti al di là dell’attivazione corticale e neurovegetativa, e c’è il fatto che i bambini
piccoli hanno un sacco di sonno REM ed alcuni animali hanno un elevato sonno REM nei primi periodi dello
sviluppo. In più c’è un legame tra il sonno REM e l’encefalizzazione: cioè apparentemente gli animali che
hanno più sonno REM hanno un grado più alto di encefalizzazione.
Poi c’è un terzo paradigma che è la possibilità di ottenere una manipolazione del sonno cioè di avere la
variabile che cambia secondo un paradigma di psicologia fisiologica quindi cambiare il sonno per vedere
come cambia la prestazione di memoria senza andare a interferire troppo sul sonno, perché se io faccio la
privazione del sonno REM è stressante, quindi stiamo manipolando il sonno in maniera un po’ invasiva e
quindi rischiamo di avere degli effetti che non sono legati alla funzione REM.
70
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Invece c’è un paradigma che è un pop’ più naturalistico che consiste in questo: metto a confronto due tipi
di sonno: early sleep (sonno precoce). Visto che si sviluppa nella prima parte della notte è un sonno con
molto sonno ad onde lente, e il late sleep (sonno tardivo) sonno pieno di sonno REM.
PRIMO APPROCCIO: STUDIO SUGLI ANIMALI il motivo per cu è stato fatto l’esperimento: quando si va a
vedere usando questi paradigmi si va a verificare l’ipotesi di partenza vera il sonno che conta per
l’apprendimento è quello REM. Purtroppo il risultanti sono tutt’altro che premianti. All’inizio sembra che le
cose vadano bene perché all’inizio si testano gli animali. Negli esperimenti sugli animali quasi tutti gli studi
mostrano che negli studi post-apprendimento c’è un incremento del sonno REM all’interno di periodi
specifici che si chiamano REM windows (finestra di REM). Che cosa significa? Significa che più o meno ha
una latenza prevedibile, cioè che dipende dalla specie di animali, ci sono dei pezzi di Rem in cui aumenta la
sua densità, e gli sperimentatori dicono che questa è la manifestazione data dall’apprendimento sul sonno
REM.
Ora fate caso a una cosa, c’è anche un incremento nelle onde PGO e in più ci sono degli esperimento che
invece di fare dei compiti un po’ artificiosi (come il labirinto radiale), fanno una cosa più ecologica:
sottopongono i ratti in un ambiente arricchito invece di avere la solita gabbiette riempiono un ambiente di
stimoli sensoriali di vario genere. Che cosa succede? Che quel tipo di aumentata informazione chiede un
apprendimento, un lavoro del sistema nervoso centrale che deve incorporare più stimoli. E poi vado a
vedere quello che succede. E quel che viene fuori è che aumenta il REM.
i problemi sono che a lavorare su queste cose sono sempre gli stessi e che a fronte di questi esperimenti ci
sono alcuni che dicono: va bene però per avere la prova del 9 andiamo a vedere che cosa succede al sonno
non rem. Perché ovviamente la teoria diventa più esaustiva nel momento in cui il REM cambia e il NREM no
e invece:
71
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
(questo è uno studio fondamentale che ha dimostrato la presenza nell’uomo del sonno locale
nell’uomo succede similmente a come accade nei delfini: vi faccio fare un compito motorio di tipo di
aggiustamento di traiettoria con il mouse. Voi dovete seguire sullo schermo un movimento di una
pallina che all’inizio è circolare e quindi è facile da apprendere. Poi dopo un po’ questa pallina inizia ad
avere delle deviazioni prevedibili. Quello che imparate a fare è un aggiustamento , cioè mentre la inseguire
sapere già dov’è che dovete deviare per uscire a seguire la pallina. Questo compito sollecita la corteccia
motoria frontale/posteriore/parietale. Che cosa succede? Succede andate a vedere con l’EEG ad alta
risoluzione il sonno ad onde lente lo andate a trovare solo nella corteccia motoria. La cosa interessante è
anche un'altra: questo effetto non è legato solo all’affaticamento, voi proteste dite: vabbè l’effetto S che
cosa centra? Ci dice che se aumenta la durata della veglia aumenta il sonno ad onde lente, ma la cosa non
dipende dalla durata della veglia ma è legato ad un compito d’interessa di una zona quindi non è
importartene solo la quantità della veglia ma anche la qualità , quello che sta succedendo nella veglia.
quindi voi stimolate la corteccia motoria primaria, e quando dormire fa sonno più profondo delle altre zone
cerebrali. Questo si chiama sonno locale ed è un fenomeno che mostra evidentemente un legame dei
processi di apprendimento con il sonno onde lente no con il sonno REM.
Ancora, se noi facciamo dei compiti di tipo motorio negli animali dopo andiamo a misurare i fusi del sonno
e troviamo un aumento un aumento di fusi del sonno. I fusi del sonno stanno nello stadio 2. Quindi se noi
avevamo fatto un ipotesi legame apprendimento/sonno REM come minimo dobbiamo metterlo in
discussione perché ci stanno altrettanti studi che vedono un legame tra apprendimento e stadio 2.
PRIMO APPROCCIO: STUDIO SUGLI UMANI Se però oltre gli studi sugli animali andiamo a vedere gli studi
sull’uomo è ancora peggio: cioè noi abbiamo una letteratura spaccata a metà in cui una parte dei risultati
mostra l’apprendimento nel REM, una parte nei fusi, una parte nel sonno ad onde lente. Abbiamo
nell’uomo lo stesso tipo di risultato molto disgregato per cui non possiamo ancora dire qual è la
componente del sonno davvero importante.
72
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
73
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Risposta molto incerta sulla questione: nel sonno quello che conta è effettivamente è il sonno REM?
il tentativo di uscire da questa palude è quello di chiamare in causa la distinzione tra memoria dichiarativa e
procedurale.
E quindi viene formulata un ipotesi si detta one-to-one oppure dual process (processo duale)
perché one-to-one? Perché viene postulato che il REM dona benefici alla memoria procedurale e il sonno
NREM dona benefici alla memoria dichiarativa
Uno può dire ma perché viene fatta questa ipotesi campata in aria? Ci sarà un razionale per prevedere che
il legame sarà questo? Ciò è stato provato in un grande esperimento pubblicato su science che fu fatta da
un ricercatore israeliano Karni nel 1991. In questo esperimento viene utilizzato un compito procedurale
che si chiama ”discriminazione visiva del tessuto”. È un tessuto di stimolo molto simile in cui io vi faccio
vedere tutta una serie di trattini orizzontali e vi dico di guardare il centro del tessuto che è questa T
inclinata. Che cambia come tipologia di stimolo (a volte è una L inclinata) quello che deve fare il soggetto è
riconoscere il più velocemente possibile degli stimoli simili che sono presentati in maniera diversa. Potete
notare delle barrette inclinate (★) e l’obiettivo è che il soggetto divenga più veloce nel riconoscerli. Quindi
fanno una discriminazione di tipo visivo e il compito è il compito procedurale percettivo (procedurale
74
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
perché è una competenza) che cosa fa Karni? Fa due privazioni: una di sonno REM e una privazione di
sonno NREM rispetto a ua condizione in cui vede cosa succede con sonno normale cioè se c’è un effetto di
sonno. L’effetto sonno c’è. Questo significa che la mattina rispetto alla condizione di veglia il soggetto fa
più velocemente il compito se dorme. Tuttavia, se noi gli toglioamo il sonno REM il miglioramento non c’è.
Ma la cosa più interessante è che la privazione a sonno ad onde lente non compromette il miglioramento .
quindi:
-La performance ad un compito di discriminazione visiva migliora dopo una notte di sonno indisturbato;
-La privazione selettiva di sonno REM impedisce tale miglioramento durante un analogo intervallo di
ritenzione, mentre…
-…la privazione di Sonno a Onde Lente (SWS) non compromette il miglioramento.
Per attestare completamente ciò voi dovere testare contemporaneamente un compito procedurale e un
compito dichiarativo. Quale può essere un compito dichiarativo? Questo:
il richiamo può avvenire in due modi: o io dico bene sedia-montagna, lascio il foglio bianco e voi dovete
ricordare sedia-montagna, oppure esce sullo schermo del computer sedia e voi dovete dire montagna in
un tempo massimo.
75
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Che cosa fanno questi due autori Plihal e Born (Born ha mostrato i picchi di cortisolo variabili a seconda se
avvisi il soggetto di quando si è svegliato). Fanno il modello del one –to-one in cui usa il paradigma sonno
precoce-sonno tardivo. Ricordatevi quel paradigma che vi ho detto se io faccio dormire 3-4 ore e la notte
ho un sonno pieno di sonno ad onde lente se io faccio dormire la seconda parte della notte c’ho un sonno
pieno di REM. Guardate i risultati quando io vado a fare due test: uno di lista di parole, e un altro
procedurale che non è l’assegnazione visiva del tessuto utilizzata da Karni ma è un compito di disegno allo
specchio. Diventate sempre più bravi apprendendo.vi faccio fare questo compito, vi mando a letto. in un
cado vi vado a letto dalle 0 alle 4, in un altro cado dalle 4 alle 8. Vedete cosa succede: nel caso della lista di
parole accoppiate il compito dichiarativo, nel late sleep non succede niente, cioè nella seconda parte della
notte piena di REM non succede niente. Dov’è che noi vediamo il beneficio del sonno rispetto alla veglia?
Lo vediamo nell’ early sleep quando c’è il sonno ad onde lente. Cosa succede invece per il compito
procedurale? (Io disegno davanti allo specchio) esattamente il contrario: nulla della prima parte della notte
beneficio del gruppo sonno rispetto al gruppo veglia nella seconda parte della notte, dove c’è il sonno
REM.
E quindi il legame, l’ipotesi one-to-one così sembra molto solida. L’ipotesi che subito è stata messa in
discussione
76
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
CRITICHE AL MODELLO
77
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Walker mostra che l’apprendimento di tipo procedurale motorio, che secondo il modello di Plihal e Born
dovrebbe trarre beneficio dal sonno REM, invece non è vero perché se aggiungete la componente motoria
spiccata. Quindi procedurale non è più la discriminazione del tessuto ma fate fare un compito motorio, il
beneficio non è più del sonno REM ma dello stadio 2 che non è NREM, e quindi nuovamente quel modello
non serve più. alla fine uno dice: la divisione è un po’ forzata, e allora dovrebbe andarsi a vedere la
letteratura precedente. E quello che vede è questo:
brevi testi materiale dichiarativo ,dovrebbe peggiorare dopo la privazione del sonno REM. Poi va a
prendere delle storie: materiale dichiarativo: peggiora dopo la privazione del sonno REM
78
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
9° LEZIONE
Allora ripetiamo molto rapidamente cosa abbiamo fatto nella scorsa lezione.
Noi abbiamo sicuramente visto in dettaglio
l’ipotesi “dual-process” o “one to one” che lega
idealmente l’effetto sonno per i compiti di
memoria dichiarativa al sonno NREM e per i
compiti di memoria procedurale al sonno REM.
Abbiamo visto l’esperimento in cui si manda il
soggetto a letto nelle prime 4 ore della notte o nelle seconde 4 ore della notte per
avere rispettivamente un sonno ricco di onde lente nel primo caso o di REM nel
secondo caso.
Abbiamo visto che usando un compito della lista delle parole accoppiate o di
disegno allo specchio, quest’ultimo mostra un beneficio rispetto alla veglia
quando il sonno è “late”, mentre la lista delle parole accoppiate quando il sonno è
“early”; quindi abbiamo confermato, in questo paradigma, l’ipotesi quantitativa.
Poi però siamo andati a vedere che questo modello che sembra così solido, di
fatto, lascia adito ad alcune critiche:
1. una riguarda la difficoltà di interpretare i risultati della letteratura
precedente, i quali non mostrano un legame REM-dichiarativo
2. l’altra riguarda il tipo di compito: fare una distinzione così secca tra
dichiarativa e procedurale ci può essere poco
utile rispetto ai fini dell’apprendimento della
vita di tutti i giorni, ma soprattutto l’idea della
parcellizzazione dei compiti fa si che noi ogni
volta che prendiamo un compito con
caratteristiche specifiche e magari entriamo in
79
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
uno stato di sonno il legame ipotizzato dal “one to one” non è più
predittivo.
Abbiamo fatto degli esempi, questo è un richiamo di materiale dichiarativo che
voi vi aspettate sia migliorato dal sonno precoce e che invece, in realtà, non
mostra un miglioramento quando nel compito viene inserito un materiale di tipo
emotigeno, in quel caso, apparentemente, il sonno REM ha un effetto
esattamente uguale al sonno NREM.
L’esempio speculare è quello dell’attività motoria,
nell’uomo, ma anche nell’animale: fare training
intensivo su un’attività procedurale-motoria, non
determina un aumento del sonno REM (così come
prevede il modello “one to one”) ma determina un
aumento dello stadio 2 e in modo particolare della componente che è costituita
dai fusi del sonno. Anche questo, quindi, non è più predetto e ci sono, quindi,
tanti esempi che fanno si che il modello sia scarsamente predittivo e di
conseguenza scarsamente utilizzabile.
Questo era uno schema che faceva
vedere come il modello principale si
complica in questo modo: in particolare
vedete che il sonno NREM va bene per la
memoria dichiarativa mentre il sonno
REM va bene per la memoria
procedurale ma anche il sonno NREM va bene per la memoria procedurale..
insomma questo è uno schema complicato e che ci fa chiedere “non è che
dovremmo cambiare il modello?”
Il modello successivo nasce dalla domanda “E’ realmente plausibile che ci sia
soltanto l’interazione tra un sistema di memoria e uno stato di sonno che escluda
80
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
completamente l’altro stato?” oppure dobbiamo pensare che, in realtà, “le due
componenti o stati differenti del sonno (REM e NREM) siano cooperativi
(interagiscono affinchè venga determinato l’effetto sonno)?”
81
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
82
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Siccome questa cosa si realizza più di una volta perché le sequenze NREM-REM
sono più di una nell’episodio di sonno, si parla di dialogo ippocampo corteccia e
più precisamente l’ippocampo e la parte mediale del lobo della corteccia
parlano tra di loro.
83
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Andando a vedere la differenza della struttura del sonno tra i ratti intelligenti e
i ratti stupidi, Giuditta riscontra che quelli che imparano di più sono quelli che
hanno un maggior numero di sequenze di sonno che si chiama “sonno
transizionale” (fisiologicamente simile al sonno ambiguo del bambino) ovvero
un sonno con delle caratteristiche un po’ a metà tra il sonno sincronizzato
(NREM) e il sonno paradosso (REM) e caratterizzato da epoche di sonno con
caratteristiche di sonno non ben definite. I ratti che imparavano bene erano
quelli che avevano la maggior quantità di sequenza “SS-TS-PS”, ovvero di
“Sonno Sincro (sonno NREM) -Sonno Transizionale-Sonno Paradosso (sonno
REM) ”; quelli che invece avevano meno sequenze erano quelli che imparavano
di meno.
84
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
85
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Quello che vedete nel grafico è il risultato di Correlation of learning with sleep
0,80
r-value
0,40
0,00
punto più è alta la correlazione e maggiore è il legame tra la variabile che è stata
presa in considerazione e il punteggio di memoria. Dopo di che p<0.01 e p<0.05
sono i livelli di significatività, quindi tutto quello che sta sotto a p<0.05 non è
significativo; mentre al di sopra di p<0.05 vi sono i risultati significativi: in questo
caso i risultati significativi li vedete sopra a tutto contrassegnati dalle lineette; in
particolare, siccome la linea viola è la linea del sonno REM il punteggio di memoria
al mattino è correlato positivamente con la quantità del sonno REM nelle ultime due
ore della notte, ovvero nell’ultimo quartile (nella fase finale) della notte; l’altra
correlazione positiva la ritroviamo nel sonno ad onde lente (linea rossa) nel primo
quartile della notte.
Il risultato di questo studio correlazionale è che noi vediamo un legame
statisticamente significativo fra il punteggio di memoria inteso come “quanto il
punteggio al mattino è migliorato rispetto a quello che abbiamo fatto la sera”; due
elementi sonno NREM o sonno ad onde lente nella prima parte (o primo quartile)
dell’episodio di sonno e sonno REM nell’ultimo quartile dell’episodio di sonno;
quindi secondo i risultati di questo esperimento servono entrambi (sia sonno NREM
che REM) e quindi al compito di discriminazione visiva, la performance mnestica al
risveglio è correlata sia con la quantità di sonno a onde lente (SWS) nel primo quarto
della notte che con la quantità di sonno REM nell’ultimo quarto.
86
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
87
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
sonno perché il sonno non è che c’ha un blocco di una cosa in due ore, un
blocco di un’altra cosa in altre due ore e così via… ma il sonno ha dei cicli di
natura altamente organizzata che Stickgold trascura.
88
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
89
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
(per esempio che cosa succede nel nucleo a livello di sintesi dei geni, come vengono
sintetizzate le proteine i cui amminoacidi sono codificati dal DNA e dall’RNA).
Allora, quello che hanno studiato questi autori, come per esempio Barondes, Bliss e
Collinridge, è che il completamento dei cicli di sonno favorisce i processi biologici
fondamentali del “potenziamento a lungo termine” come la sintesi proteica); tale
“potenziamento a lungo termine” è la base neurofisiologica della memorizzazione a
lungo termine e consiste nel cambiamento di sinapsi al fine di far divenire
consolidate alcune informazioni.
consolidiamo meglio se una cosa la ripetiamo più volte, così quel tipo di
stimolazione è una cosa ad alta frequenza che funziona allo stesso modo a
livello elettrofisiologico. Affinchè questo capiti c’è bisogno di un elevato livello
di attivazione cerebrale, e voi ce l’avete in sonno REM e, come dicono Koulack
e Goodenaugh nella famosa “teoria di attivazione” (la quale dice che io posso
recuperare delle informazioni di memoria a patto che quando le ho acquisite
avessi un certo tipo di attivazione), il sonno REM è contraddistinto da elevati
livelli di aurosal, che sono essenziali per i processi di apprendimento.
Dall’altro lato, quando noi dobbiamo potenziare a lungo termine c’è bisogno
di elevati livelli di sintesi proteica, che consentono che sulle membrane post-
sinaptiche vengano messi fuori dei recettori noti come “recettori AMPA” e
molti studi hanno mostrato l’importanza della componente NREM (più
specificamente dello SWS, ovvero del sonno a onde lente) per processi
biologici fondamentali come la sintesi proteica; questo è stupefacente perché
abbiamo detto che il sonno ad onde lente non è lo stato in sonno
dell’anabolismo, cioè è il momento in cui noi prendiamo delle sostanze
semplici e le mettiamo insieme a dare delle sostanze complesse, per esempio
il glucosio diventa glicogeno, gli amminoacidi diventano proteine…..
Quindi il ciclo di sonno NREM-REM, inteso come una “successione ininterrotta dei
due stati” (in cui, in particolare, ho prima un momento di sintesi proteica e poi un
momento di attivazione, sintesi proteica e poi ancora attivazione) rappresenta una
cornice fisiologica ideale per il potenziale a lungo termine (PLT).
EVIDENZE NELL’UOMO
Il passo successivo è quello di immaginare un impianto sperimentale che dimostri un
legame tra i cicli di sonno e la performance di memoria al mattino (dopo aver
dormito la sera). Ci sono, quindi, alcuni tentativi, che in realtà sono pochissimi.
Questo tipo di modello teorico che è l’aggiornamento nell’uomo dell’ipotesi di
91
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Giuditta nei ratti (vi ricordate l’ipotesi di Giuditta? SS {sonno sincro o NREM} - TS {sonno
92
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
di Rey). In realtà Goder (il ricercatore che si occupò di tale studio) non andava ad
osservare specificamente i cicli di sonno ma voleva vedere le correlazioni tra la
memoria dichiarativa visuo-spaziale (ovvero la memoria dichiarativa richiamata
sottoforma di disegno mediante il test che si chiama “Figura di Rey”) e vedere i
rapporti con tutte le variabili del sonno: l’unica variabile che uscì significativa
furono i cicli di sonno, da cui un avvicinamento del modello di Goder al modello
dell’ipotesi sequenziale dell’uomo.
Adesso vi faccio vedere i risultati dei due esperimenti nostri per poi trarre delle
conclusioni su questo modello.
In questa slide “correlazioni tra misure del sonno e richiamo di parole in pazienti
anziani” avete sull’asse delle ordinate (y) il valore
della correlazione (come nell’esperimento di
Stickgold): quindi, più è alta la colonna e
maggiore è la correlazione. Dopo la
somministrazione del test la sera e il richiamo
delle parole al mattino andiamo a vedere quali
sono le prime variabili positivamente correlate tra loro nel punteggio di memoria al
mattino:
I cicli NREM-REM
𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑡𝑎𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑐𝑖𝑐𝑙𝑖
Il
𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑛𝑜
93
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
episodi di sonno che siano paragonabili per tutto andando a fare un intervento di
frammentazione in momenti particolari. E come si fa? Supponiamo che io volessi
interrompere il sonno senza cambiare i cicli, cioè consentendo al soggetto di fare i
cicli io dov’è che lo devo svegliare? se io aspetto che finisce il sonno REM il soggetto
mi fa due minuti di stadio 2 e io lo sveglio; ma c’è un problema, siccome noi non
sappiamo quanto dura il sonno REM il rischio è che se io sveglio un soggetto il cui
sonno REM dura in media 10 minuti oppure se io sveglio un soggetto il cui sonno
REM tendenzialmente dura 25 minuti, ottengo un effetto, di cui però non so se esso
dipenda dai cicli o dalla differente quantità di REM. Quindi io devo avere la stessa
quantità di REM; per cui devo aspettare che va in REM, fargli fare la stessa quantità
di REM e poi svegliarlo; e quanto sonno REM facciamo fare ad ogni soggetto?
Almeno 10 minuti, il primo tentativo è svegliare i soggetti nella condizione che
chiamiamo C+.
94
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
95
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
facendo sonno REM fuori ciclo in quanto a quel punto non aspetta più che ci
sia tutto il ciclo. Tutto questo è vero per certi versi ma per altri non funziona.
3. La differenza statisticamente significativa è quella della performance di
memoria delle liste delle parole accoppiate (per la memoria dichiarativa).
Viene somministrato il compito delle liste delle parole accoppiate perché è un
compito facile a fronte della complessità della manipolazione sperimentale.
4. I punteggi sono significativamente peggiori dopo la notte con la
disorganizzazione dei cicli; inoltre risulta mancata differenza tra la continuità
totale del sonno e la frammentazione; quest’ultimo risultato, dopo 16 anni,
secondo me, non è vero e dovete fin da ora metterlo in discussione. Nel 2004,
dopo un po’ di dibattito vario tra le varie ipotesi in quel momento in corso,
cominciammo a lavorare su un modello, che è quello dei sonni pomeridiani.
SONNELLINI POMERIDIANI
Come spesso capita quando si fa un’attività continuativa in un percorso
sperimentale, il motivo per cui ci si orienta su una strada piuttosto che su un’altra è
sempre un po’ per l’adesione agli obiettivi che uno si è preposto: dal 2004 – 2005, io
ho fatto 15 anni di notti in laboratorio, e questo è risultato difficoltoso, soprattutto
tenere il laboratorio dell’università aperto anche
di notte; con il tempo e con le difficoltà abbiamo
deciso di studiare il sonno relativo ai “sonnellini
pomeridiani”, invece di studiare il sonno dei
soggetti che dormivano di notte.
In realtà, il sonnellino pomeridiano può essere un
modello molto utile. Questa slide è una descrizione sintetica dell’architettura del
“NAP” o anche “sonnellino pomeridiano”. I NAP hanno questo tipo di
caratteristiche:
96
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Innanzitutto, se voi prendete 100 nap, più o meno la metà (il 50%), riesce ad
avere una fase REM, quindi è sufficientemente lungo e sufficientemente
articolato da consentire che compaia del sonno lì.
In quei sonnellini in cui c’è sonno REM, però, se voi vedete quanto ce n’è, la
quantità totale di sonno REM è molto poca, molto limitata per motivi
omeostatici (dipende dal fatto che il sonno diurno è preceduto dalla salita di S
limitata e si situa in un momento circadiano in cui la temperatura è
relativamente alta): per tutti questi motivi, anche i soggetti che di giorno si
addormentano, di sonno a onde lente ne fanno abbastanza poco; in altre
parole, nei mini episodi di sonno (NAP) c’è poco sonno REM e poco sonno a
onde lente, la maggior parte del sonno è fatto nello stadio 1 e nello stadio 2.
Sara Mednick (la quale adesso ha un suo gruppo di Ricerca, all’epoca lavorava con
Robert Stickgold), per prima, affronta la questione di quanto il NAP possa dare un
effetto positivo alla memorizzazione, facendo un esperimento con l’intento di
mettere in relazione il NAP (quindi l’episodio di sonno pomeridiano) e la
performance a un test di discriminazione visiva.
In particolare, la Mednick fa fare degli episodi di
sonno modificando (manipolando) la loro durata;
quindi lei fa fare NAP lunghi 60 minuti (colonnina
grigia) e NAP lunghi 90 minuti (colonnina bianca) e
dopodiché sveglia i soggetti. Cosa viene fuori?
Nel caso della condizione di veglia (colonnina nera) vi è un peggioramento
della prestazione. Il soggetto ha fatto il test, poi si è svegliato, ha rifatto il test
e questo è andato peggio (la colonnina nera scende al di sotto dello 0);
Se il soggetto fa dei sonnellini costituiti da sonno a onde lente ma senza REM,
a prescindere se il sonno duri 60 o 90 minuti, la performance si mantiene su
livelli basali. Quindi, voi non vedete un miglioramento, vedete un effetto
97
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
98
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Questo è lo stato dell’arte fino al 2005. Quindi, accanto a questi due messaggi, noi
ne possiamo aggiungere adesso un terzo, che è questo: la ricerca sta considerando
con molta attenzione gli aspetti di tipo architetturale, organizzativo
(compartecipazione di sonno NREM e REM, cicli di sonno) e va aggiunto che negli
ultimi 10 anni sono venuti fuori aspetti di continuità del sonno e di stabilità del
sonno.
100
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
101
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
102
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
10° LEZIONE
Review: da quando è stato scoperto l’effetto sonno sono stati condotti molti studi, a partire
dall’esperimento di Jenkins e Dallebanch, che tentavano di capire meglio l’effetto sonno, sia in generale sia
per capire quali elementi del sonno rendevano possibile questo effetto sonno. Inizialmente si aprì una
diatriba tra chi diceva che era coinvolto il sonno REM e chi invece il sonno N-REM, poi man mano sono state
formulate ipotesi più specifiche, chi diceva che l’elemento fondamentale era il sonno a onde lente, chi
invece lo stadio 2, poi addirittura chi sosteneva fossero i fusi del sonno (sleep spindles) anziché lo stadio 2
vero e proprio. Insomma ognuno diceva la sua per quanto riguarda gli elementi responsabili di questo
effetto. Dopo l’esperimento di Plihal e Born, i quali associarono il consolidamento della memoria
dichiarativa al sonno N-REM e il consolidamento della memoria procedurale al sonno REM (Modello a due
processi), un altro autore, Wagner, attraverso un nuovo studio confermò l’ipotesi formulata da Plihal e
Born ma aggiunse che il consolidamento della memoria dichiarativa a contenuto emotivo era reso possibile
grazie al sonno REM; da questo momento il Modello a due processi degenerò, poiché diversi autori
iniziarono ad ipotizzare che vi sono molti tipi di memoria associati a molti elementi specifici del sonno,
causando così una vera e propria frammentazione dei modelli di spiegazione sul rapporto tra sonno e
memoria. Questo panorama frammentato appena descritto è stato il motore della review: dopo Plihal e
Born, Stickgold con i suoi Modelli “sequenziali” fu il primo ad intuire che per produrre un effetto sonno
sono importanti sia il sonno REM che il sonno N-REM, anche se lui li riteneva ancora un po' come una
“somma”, cioè sono importanti entrambi gli stati di sonno ma sommati assieme. Successivamente ciò
venne confermato grazie ad alcuni esperimenti di Giuditta sui ratti: notò che i ratti, i quali dovevano correre
lungo dei labirinti, consolidavano meglio la memoria spaziale quando trascorrevano maggior tempo nel
sonno “transizionale” (sonno situato a metà tra fase REM e fase NREM). In base a questi risultati Ficca e
Salzarulo hanno formulato l’ipotesi dei cicli: non è importante la quantità di sonno REM o N-REM per il
consolidamento mnestico, ma il completamento dell’intero ciclo di sonno; fino a quel momento nessuno
103
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
dei vari autori aveva preso in considerazione come fattore fondamentale il ciclo. Nel 2000 Ficca dimostrò
l’ipotesi dei cicli di sonno attraverso l’esperimento di disorganizzazione del sonno, in cui, dopo aver fatto
imparare una lista di parole ai soggetti, in un caso frammentò il sonno dei soggetti mantenendo il
completamento dei cicli e nell’altro caso invece lo frammentò interrompendo i vari cicli; la condizione in cui
i soggetti ricordarono meglio la lista di parole fu quella in cui vi era stato il completamento dei cicli di
sonno. La review così si apre presentando due approcci teorici di spiegazione dell’effetto sonno:
- Da un lato vi sono i modelli “compito-dipendenti” (task dependent). Modelli che derivano dal
modello a due processi di Plihal e Born e che via via hanno frammentato sia i tipi di memoria che le
componenti del sonno.
- Dall’altro lato vi sono i modelli “sequenziali”. Questi modelli a partire da Stickgold ritengono
importanti sia il sonno REM che sonno N-REM per tutti i tipi di compiti, quindi per il
consolidamento mnestico riguardo tutti i tipi di memoria (Ambrosini, Giuditta, Salzarulo, Ficca).
Importanza dell’interazioni di tutte le componenti del sonnotutti i tipi di memoria.
Per cui lo scopo della review è quello di fare un po' il punto della situazione e di dare una sorta di
compasso: “svantaggi dei modelli psicologici su sonno e memoria, un compasso in uno scenario cresciuto
troppo” (ricco in senso negativo). Nella review vi sono i seguenti punti:
- Introduzione: esiste un modello psicologico unitario che spiega l’effetto sonno? La risposta è no.
Esistono queste due grandi famiglie: modelli sequenziali, modelli task-dependent.
- Rivalutazione del concetto di “consolidamento mnestico”
- Fattori psicologici che entrano in gioco nelle varie fasi del processo di apprendimento
- Rivalutazione degli elementi del sonno cruciali per l’effetto sonno. (questo pezzo è da saltare)
1. Modelli task-dependent: scarse capacità predittive (perché vi sono risultati discordanti), flaws
(limiti) metodologici del paradigma sperimentale “early sleep-late sleep” (il late sleep non è un
sonno naturale perché i sogg. In questa condizione vanno a dormire dalle 4 alle 8 di mattina, quindi
è un limite ecologico).
2. Modelli sequenziali: difficoltà nel manipolare il sonno (in uno studio della dott.ssa Conte invece
viene utilizzato un paradigma opposto, ovvero di manipolazione della memoria, in cui veniva
somministrato un training pre-addormentamento ai sogg. Per poi andare a vedere gli effetti sul
sonno, quindi l’effetto sonno viene inferito e non dimostrato in maniera diretta), non totale uscita
dal modello “dicotomico” tra memoria procedurale e memoria dichiarativa nella scelta dei compiti;
Ficca nonostante sostenesse che i cicli fossero importanti per tutti i tipi di memoria (quindi sia
104
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
procedurale che dichiarativa) ha utilizzato cmq la lista di parole, che è un compito dichiarativo, nei
modelli sequenziali però bisognerebbe utilizzare compiti misti, in cui sono presenti diverse
componenti della memoria, ma ciò è molto difficile.
La memoria è un processo RICOSTRUTTIVO non riproduttivo, quindi molti elementi che richiamiamo alla
memoria non è detto che siano veri, tranne per quanto riguarda la memoria a breve termine che però
riguarda pochi secondi. “Il consolidamento mnestico non è solo il processo per cui viene formata una
traccia sulle cellule nervose, ma include anche un processo di associazione e di organizzazione delle nuove
tracce con quelle vecchie” (Burnham).
Il problema che si riscontra negli studi su sonno e memoria è che vengono utilizzati compiti “puri” in un
certo dominio cognitivo, compiti che però non vengono riscontrati durante la vita reale, nella quale la
memoria è un processo molto complesso di ricostruzione e modellamento delle tracce mnestiche e quindi
tutti questi compiti utilizzati nei paradigmi sperimentali sono poco ecologici; inoltre questi compiti ci
traggono in inganno, perché tutti prima pensavano che il sonno aiutasse il consolidamento mnestico,
ovvero il rafforzamento di tracce mnestiche che rimangono così come sono, ma in realtà il sonno aiuta a
trasformare e a integrare l’apprendimento avvenuto precedentemente nelle reti di memoria esistenti nel
cervello. Il termine “consolidation” è tuttora usato, ma rimanda più a un’idea di memoria riproduttiva
anziché ricostruttiva. A supporto di questa idea vi sono recenti studi, condotti precisamente nel 2013
(Conte e Ficca): “è difficile credere che le funzioni del sonno per la memoria siano limitate al mero
rafforzamento di memorie grezze. Più plausibilmente l’azione del sonno sul materiale acquisito durante la
veglia include un certo numero di cambiamenti qualitativi finalizzati a massimizzare l’utilità
dell’apprendimento per il comportamento futuro.” La memoria è ricostruttiva anziché riproduttiva perché il
nostro cervello non ha la stessa capienza di un computer, per cui non può mantenere in memoria tutti gli
stimoli che noi percepiamo, quindi bisogna fare una selezione e utilizzare parsimonia ed economia,
ricordando ciò che ci è utile. Lo stesso ragionamento lo si riscontra nel sistema visivo: la macula cieca
rappresenta un punto in cui non vediamo perché è un’area sprovvista di fotorecettori, per cui il nostro
cervello, attraverso un processo di ricostruzione, completa il campo visivo; questo processo è detto “top-
down”, cioè non proviene dall’esterno bensì dall’interno. Abbiamo una serie di processi top-down anche
mnestici, quindi a seconda di cosa ci aspettiamo di ricordare, noi completiamo il ricordo.
In merito vi sono alcune prove sperimentali. Un paradigma utilizzato è quello del DIRECTED-FORGETTING
(forgetting intenzionale, ovvero dire al soggetto di imparare una cosa e poi dimenticarla intenzionalmente):
è stato dimostrato che il forgetting intenzionale è diverso dall’oblio passivo ed è sostenuto dall’attivazione
di strutture neurali differenti da quelle all’opera nel ricordo intenzionale. Sono stati condotti solo 3 studi sul
105
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
sonno come facilitatore della dimenticanza che però hanno avuto risultati contrastanti. Perché è
importante la dimenticanza? Noi abbiamo anche bisogno di dimenticare per poter essere efficienti.
1.Astrazione del gist (gist=succo del discorso): paradigma sperimentale DRM= DEESE-ROEDIGER-
McDERMOTT 3 psicologi della memoria che somministrarono ai sogg. Una lista di parole associate ad una
parola chiave che non c’era. Es.: porta, vetro, pannello, davanzale, tenda, aprire, casa, riferite alla parola
critica che è “finestra”. Nel momento in cui i sogg. Dovevano ripetere la lista di parole attraverso il richiamo
libero, puntualmente dicevano anche la parola “finestra”, anche se questa non era presente nella lista
precedentemente somministrata. Questa è una dimostrazione sperimentale della falsa memoria. I soggetti
dicevano la parola “finestra” proprio perché il succo del discorso era rappresentato da tale parola.
Diekelmann ha utilizzato questo stesso paradigma con il sonno, dimostrando che in realtà il sonno facilita la
produzione di false memorie, ciò non è ritenuta una cosa negativa, anzi, ricordarsi il “succo del discorso”
anziché tutte le parole è più utile e parsimonioso. Payne invece ha fatto imparare ai sogg. Delle scene in cui
c’erano un background (sfondo) e un elemento saliente e in alcuni casi l’elemento saliente era a contenuto
emozionale negativo; è stato dimostrato che il sonno (rispetto al periodo di ritenzione trascorso in veglia)
facilitava il ricordo di questi elementi negativi piuttosto che del loro sfondo (da un punto di vista
evoluzionistico ed adattivo è importante ricordare tutto ciò che è negativo, non a caso le 5 emozioni di base
son quasi tutte negative, proprio perché queste ci aiutano a proteggerci da ciò che è nocivo o che ci
potrebbe danneggiare).
2.Estrazione di relazioni astratte tra nuovi elementi: su questo argomento vi sono diversi studi. Ad esempio
Ellenbogen faceva imparare ai propri soggetti delle relazioni tra elementi (B è maggior di A, e C è maggiore
di B -> A<B<C) e dopo aver trascorso del tempo in sonno anziché in veglia, nel momento del test i soggetti
riuscivano a fare meglio delle inferenze gerarchiche sugli elementi presentati prima del sonno (ad esempio
in base a quello che è stato detto precedentemente, i soggetti riuscivano a inferire che se B è maggiore di
A, e C è maggiore di B, allora C è maggiore di A). Altri studi di questo tipo sono stati condotti da:
- Cai con il Remote Associates Test RAT: “Esami, velocità, scuola, televisioni” -> “MEDIA” il test
funziona in maniera molto simile all’ultimo gioco dell’Eredità, in cui il soggetto deve inferire la
parola chiave che accomuna tutte le altre parole presentate. Inferire una relazione tra vari elementi
significa fare un tipo di riorganizzazione delle memorie.
- Lau con le associazioni transitive tra elementi: A con C, B con CA con C. (simile allo studio di
Ellenbogen)
- Lau altro studio con dei bambini piccoli sull’apprendimento di relazioni tra “radicali” di ideogrammi
cinesi e lemmi inglesi in uno studio linguistico.
106
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Insomma in ognuno di questi studi è stato dimostrato che si otteneva un migliore effetto (ovvero inferenze
di relazioni tra nuovi elementi) dopo aver trascorso del tempo in sonno anziché in veglia.
3.Estrazione di regole e schemi “impliciti”: paradigma sperimentale autori come Wagner hanno utilizzato
con il sonno il Number Reduction Task, in cui ai soggetti vengono dette un paio di regole e in base a queste
devono ridurre una stringa di numeri ad una stringa più breve; oltre alle due regole esplicite vi è una terza
regola implicita, che se i soggetti capiscono, permette di compiere l’operazione in maniera molto più
rapida. È stato dimostrato che i soggetti, dopo aver trascorso del tempo in sonno, erano più bravi a inferire
questa terza regola implicita. Più specificamente: dopo il sonno, indipendentemente dall’ora del giorno a
cui era collocata la prova, il doppio dei soggetti avevano compreso la regola implicita il doppio delle volte
rispetto a dopo la veglia.
4.Integrazione di nuovo materiale in precedenti “reti” di conoscenza: anche questo è stato dimostrato
essere facilitato dal sonno rispetto al corrispondente intervallo in veglia. In particolare Dumay e Gaskell
come paradigma sperimentale hanno utilizzato una competizione lessicale: facevano imparare a dei
bambini delle parole nuove rispetto a un linguaggio vecchio e poi questi soggetti venivano sottoposti a una
prova di competizione di parole con un effetto priming (riconoscimento uditivo di parole), se le parole
precedenti simili interferivano con le parole nuove allora significava che queste erano state integrate.
Tutte queste prove sperimentali citate finora hanno dimostrato dal punto di vista psicologico come i vari
processi di riorganizzazione della memoria sono facilitati dal sonno. Un altro supporto di ciò è dato da
un’ipotesi neurobiologica il modello dell’ “INFORMATION OVERLAP TO ABSTRACT” (Lewis e Durrant,
2011): due autori italiani Tononi e Cirelli (2003) hanno ipotizzato il “downscaling sinaptico”, ovvero che
durante il sonno a onde lente avviene una potatura sinaptica, in altre parole che le sinapsi poco utilizzate
vengono a decadere, ciò serve a mantenere il cervello “pulito” da roba inutile. Lewis e Durrant riprendono
l’ipotesi di Tononi e Cirelli e ipotizzano che durante il sonno a onde lente si riattivano simultaneamente più
volte le sinapsi delle aree in sovrapposizione tra loro (sinapsi overlap) e associate a memorie diverse, per
cui scaricando maggiormente rispetto ad altre aree, queste vengono potenziate o “rafforzate” e quindi
quando accade il downscaling sinaptico hanno minore probabilità di decadere. In altre parole i ricordi ben
integrati nel tessuto delle altre memorie vengono conservate meglio rispetto a dettagli isolati che
fondamentalmente sono poco utili. Vi sono alcune caratteristiche del sonno a onde lente che sono a favore
dell’idea che questo processo appena descritto avvenga proprio durante tale fase del sonno: -maggior
grado di isolamento sensoriale, -il “replay” dall’ippocampo alla corteccia della memoria sembra avvenire
durante il sonno a onde lente, -riduzione dei livelli di acetilcolina corticali che consentirebbero il transfer
ippocampo-corticale di informazioni, -downscaling sinaptico.
107
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Nella review, dopo questo paragrafo, chiaramente non si giunge a una conclusione, semplicemente si è
cercato di mettere insieme tutti i vari elementi, ipotesi, studi, idee e teorie in maniera critica. Vi è una sorta
di dicotomia tra chi sostiene l’importanza del sonno REM e chi invece il sonno N-REM (ad esempio Lewis e
Durrant sostengono la crucialità del sonno a onde lente) per il processo di riorganizzazione della memoria:
- Yordanova et al.: l’estrazione delle regole implicite del Number Reduction Task è avvenuta +
frequentemente nei soggetti dopo l’ “early sleep” anziché “late sleep” (quindi maggiore importanza
al sonno a onde lente)
- Durrant et al.: correlazione significativa tra il sonno a onde lente e una misura di individuazione di
regole nascoste
- Drago et al.: correlazioni positive tra N-REM e misure di flessibilità, pensiero divergente e creatività.
Mentre correlazioni negative tra REM e originalità.
- Walker et al.: è più facile risolvere gli anagrammi quando i soggetti si svegliano dal sonno REM
- Cai et al.: il sonno REM aumenta l’integrazione di info non associate in misura maggiore rispetto al
sonno a onde lente.
Ultimo pezzo della seconda parte della review: E’ interessante notare come la questione della
riorganizzazione della memoria sonno-dipendente sottosta in letteratura alla stessa concettualizzazione
dicotomica che riguarda il consolidamento semplice. Di nuovo, i risultati si dividono tra quelli a supporto
per il sonno a onde lente e quelli che suggeriscono il REM come stato cruciale del sonno. In più questa
dicotomia concettuale è parallelata dalla dicotomia anatomica con interpretazioni opposte dei risultati nei
due casi: i supporter del sonno a onde lente evidenziano un coinvolgimento dell’ippocampo nel mettere in
relazioni elementi diversi della memoria e situati nel loro contesto appropriato (è interessante notare che
l’ippocampo è infatti più attivo durante il sonno N-REM), al contrario i supporter del REM basano il loro
modello sull’indipendenza dall’ippocampo, proponendo che il processamento neocorticale associato al
REM sia più flessibile rispetto a quello ippocampo-dipendente.
Al di là di tutti i risultati, non si parla più di consolidamento mnestico e basta, ma esistono diversi processi
mnestici, processi sia ricostruttivi che di stabilizzazione delle tracce mnestiche e potenziamento della
performance (come afferma Stickgold). Nella terza parte della review sono stati presi in rassegna i fattori
che possono influenzare l’apprendimento e quindi il processamento in sonno della memoria, perché alcuni
studi hanno mostrato che l’effetto sonno è diverso a seconda della difficoltà del compito, della
108
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
consapevolezza, della motivazione (Fisher e Born ad esempio condussero uno studio in cui davano o meno
un incentivo monetario per il re-test post-sonno, e coloro i quali avevano ricevuto l’incentivo si ricordavano
meglio); quindi esistono diversi fattori psicologici che modulano l’effetto sonno.
Studio della Dott.ssa Conte: Il sonno si modifica in funzione delle caratteristiche della veglia precedente.
Questo studio è consistito in una manipolazione della memoria per poi vedere i suoi effetti sul sonno
successivo. Attraverso questo studio si è attivata una riflessione sul fatto che se molti tra gli studi sul sonno
nel corso del tempo hanno mostrato che facendo fare dei compiti prima di andare a dormire si modificano
le caratteristiche del sonno, evidentemente il sonno non si modifica solo in base alla durata della veglia
precedente come affermò Borbely, ma anche in base alla qualità della veglia come aggiunse Feinberg.
Quindi due fattori fondamentali modulano le caratteristiche del sonno successivo:
- DURATA della veglia è uno dei fattori cruciali nella regolazione del sonno determinando il
cosiddetto “processo S”, di tipo omeostatico (Borbely).
- INTENSITA’ della veglia il tipo e la quantità di attività fisica e/o cognitiva influenza
significativamente il sonno successivo (Feinberg).
“La veglia non è semplicemente uno stato indifferenziato che riempie l’intervallo di tempo fra gli episodi di
sonno.”
Alla fine della review e in relazione a quanto detto poco prima, Ficca propone l’ipotesi dell’esistenza di un
“processo L”, in analogia al processo C e processo S che appartengono al modello di Borbely e processo W
che spiega l’inerzia del sonno. L’idea di base è che a seconda di quanto apprendimento vi è in veglia, si avrà
un sonno diverso, inoltre in teoria apprendimento e qualità del sonno sono direttamente proporzionali,
cioè più imparo e più dormirò meglio, anche se ciò è molto difficile dimostrarlo sperimentalmente, perché è
altrettanto difficile manipolare sperimentalmente l’apprendimento, in quanto durante il corso della
giornata tutti apprendiamo qualcosa, è impossibile non apprendere nulla (ad es. anche mentre guardo la
televisione sto apprendendo qualcosa).
Nello studio della Dott.ssa Conte (condotto su un campione di persone anziane) il paradigma sperimentale
utilizzato è stato il seguente:
- Abitudine fase in cui gli anziani si abituavano a dormire con gli elettrodi posti sul capo
- CONDIZIONE 1 baseline (no training)
- CONDIZIONE 2 training di memoria dichiarativa (venivano somministrate liste di coppie di parole
da imparare)
109
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
16 9
14 8
12 7
6
10
5
8
4
6 3
4 2
2 1
0 0
Baseline Training Baseline Training
AROUSALS RISVEGLI
Prima dello studio vero e proprio, sono stati condotti studi pilota in cui le misurazioni venivano fatte con
l’actigrafo, successivamente nello studio è stato utilizzato il poligrafo per la registrazione dei parametri.
Sono stati riscontrati risultati simili in entrambi i casi, in particolar modo durante il sonno della condizione
n. 2 diminuivano significativamente gli arousals e i risvegli comportamentali, inoltre è stata notata una
riduzione delle misure di stabilità del sonno a questo punto l’ipotesi dei cicli di Ficca e Salzarulo si è
ampliata, ciò significa che per ottenere un buon consolidamento mnestico, oltre al completamento dei cicli,
più in generale è importante la continuità (pochi risvegli e pochi arousals) e stabilità (poche transizioni di
stato, raro nel sonno degli anziani) del sonno. *la condizione in cui i soggetti anziani hanno frequenti
passaggi di stato durante il sonno (sonno disorganizzato), è stata definita da Salzarulo come “incertezza
funzionale”(incapacità del Sistema Nervoso Centrale di mantenere una condizione stabile, *periodo di
incertezza funzionale=una successione di almeno 3 periodi di stadi differenti, ognuno + breve di 4 epoche).
Ipotesi dei cicli: ciò che è importante per un buon consolidamento mnestico è proprio la qualità globale
dell’episodio di sonno, che è espressa non solo dai cicli, ma anche dalla continuità e stabilità. (3 parametri
fondamentali).
Nello studio è stato preso in considerazione un campione di anziani proprio per evidenziare meglio questo
effetto di “riorganizzazione del sonno”, dato che il sonno degli anziani normalmente è più disorganizzato.
Per cui confrontando la condizione 1 con la condizione 2, si è potuto notare più facilmente l’effetto causato
dalla condizione di training. Il modello del processo L in questo caso potrebbe spiegare che probabilmente
l’anziano ha un sonno disorganizzato non solo a causa di disturbi medici, ma anche a causa del fatto che
durante la veglia apprende molto di meno e ha una stimolazione cognitiva molto minore rispetto al resto
della popolazione, proprio perché l’anziano in media ha uno stile di vita diverso e di “isolamento sociale”.
Per cui dato che durante la veglia non apprende chissà cosa, il suo sonno successivo non ha bisogno di
riorganizzarsi e ricompattarsi per poter facilitare il processo mnestico.
110
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Nello studio gli anziani dopo il training presentavano un aumento della qualità del sonno, in termini di
continuità, stabilita e maggior numero di cicli.
1. Sintesi: bisognerebbe essere molto attenti alle istruzioni date nella fase di acquisizione, ad esempio
se informare il soggetto se ci sarà un re-test dopo il periodo di ritenzione, se offrire degli incentivi
(monetari o meno), calibrare la difficoltà del compito e la quantità di richieste attentive che
servono a fare il task (compito). *tutti questi fattori possono influenzare l’apprendimento. Ogni
studio dovrebbe includere una valutazione della percezione del soggetto sull’intenzionalità e sulla
consapevolezza dell’apprendimento e della difficoltà del compito, e poi soprattutto i parametri
utilizzati negli studi sul sonno e sulla memoria dovrebbero essere integrati con quelle variabili che
esprimono la stabilità, continuità e organizzazione del sonno.
2. Proposte per futuri sviluppi di ricerca: sarebbe utile esplorare delle forme di apprendimento più
articolate della vita quotidiana, come la memoria prospettica o utilizzare compiti misti (sia
procedurali che dichiarativi), proprio perché un compito “puro” nella vita di tutti i giorni non esiste.
Studi dose e risposta servono per chiarire la questione di quanto sonno serve alla memoria. Come
dimostrato da tutti gli studi “post-training sleep studies” (in cui si manipola la memoria per vedere
gli effetti sul sonno) la quantità e la qualità dell’attività cognitiva durante la veglia hanno un
impatto chiaro sulle caratteristiche del sonno. In questo caso dovrebbe essere studiata la possibilità
dell’esistenza di questo processo L per eventualmente includere un modello più aggiornato di
regolazione del sonno.
111
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
11° LEZIONE
SOGNO IN UNA DIMENSIONE STORICO-CULTURALE
Il sogno come era considerato secoli fa, millenni fa? Gli antichi greci, ma anche nelle culture
indigene vedevano il sonno come una realtà parallela: succede che quando noi domiamo secondo
loro abbiamo la possibilità di stare in questa realtà parallela, di ricevere messaggi.
Noi i sonni li facciamo o li abbiamo? Col corso del tempo ci si è sempre più avvicinati all’idea che il
sogno lo facciamo.
Possiamo adottare una prospettiva differente e cioè che quello che succede nel sogno è il riflesso
di quello che accade nella vita e nella vita. È una riflessione della esperienza quotidiana. In questa
senso è chiaro che noi possiamo pensare che il sogno sia un artefatto di quello che succede
durante la notte e vedrete che poi sempre di più, andando a capire la cornice fisiologica si
avviciniamo sempre più all’idea che il sogno è un prodotto primario o secondario della corteccia
cerebrale .
L’approccio più antico e tradizionale per la comprensione del sogno è considerarlo come una
comunicazione da parte di agenti esterni: divinità, angeli, spiriti. Questo è molto presente
nell’epica classica
112
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
La figura di Esaco, il
tramite che porta
distinzione tra il
significato e il
significante del sogno,
richiama gli sciamani,
la psicoanalisi.
Oppure:
113
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Dopo di chè ad un certo punto c’è la rivoluzione psicoanalitica. Che cosa ci dice la
psianalisi? Freud ci dice che il sogno è una via referenziale attraverso il quale noi possiamo
accedere ai contenuti dell’inconscio. Quindi il sogno nella psicoanalisi assume il ruolo
cruciale per la comprensione dell’inidividuo. Nel sogno vengono fisiologicamente elaborati
dei conflitti inconsci in modo mascherato. C’è una trasofrmazione dei contenuti e lo
psicoanalista interpreta. Il sogno è il materiale primario delle libere associazioni che è la
tecnica classica della psicoanalisi .
Togliendo Freud, vediamo come è affrontato il sogno in posti diversi. È inevitabile che
questo porti a una lettura di tipo antropollogico. Ad esempio gli studi di Galinier che ha
studiato gli Otomi, un popolo primitivo messicano (Gli Otomi delle foreste messicane
ritengono che l’entrata in sonno e nel sogno consente il fenomeno detto kwhani, ossia una
sorta di illuminazione al confine tra due universi spazio-temporali), oppure gli studi di
Kuiken che studiava gli Indiani (Gli indiani nordamericani al risveglio si sentono più vigili e
riportano un numero maggiore di resoconti di sogno rispetto alle popolazioni
nordamericane di controllo. Il motivo è che loro sono fortemente interessati al sogno,
perché il sogno è una manifestazione della realtà parallela a cui facevamo riferimento
prima), oppure Chatwin con gli Aborigeni Australiani [Gli aborigeni australiani
attribuiscono al sogno un valore fondamentale in senso cosmogonico e profetico
(possibilità di far accadere gli eventi attraverso la narrazione del sogno). Nelle “le vie dei
canti” racconta della concezione del mondo e della sua prigine secondo gli aborigeni. Per
loro tutto ha origine dal cosidetto “dreamtime” (tempo dei sogni), un tempo in cui
esistevano solo le divinità che costruiscono il mondo (il panoramana geografico è la diretta
traduzione della divinità) loro raccontano i sogni non allo sciamano ma a tutta alla
comunità].
Quando noi pensiamo che il sogno non è ricevuto ma prodotto internamente cambia anche
la rappresentazione artistica.]
Se vogliamo svincolarci da una visione del sogno strettamente storico, dobbiamo definire il
sogno. Che cos’è il sogno?un pensiero non guidato dal controllo della realtà che avviene in
un momento incui c’è un distacco dalla realtà esterna (questo è quello che è uscito dai
ragazzi in aula)
114
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
“il sonno è l’esperienza mentale sel sonno, o un processo mentale. Un attività mentale
con caratteristiche percettive particolari con svolgimento sequenziale, eventuali
moementi di bizzarria, frequente vissuto di partecipazione personale, accompagnata da
alienità rispetto all’hic et nunc del dormiente,inefficienza dell’esame di realtà e perdita
del controllo totale del pensiero”. (Bosinelli)
Quindi ora la definizione del sogno cambia perché da esperienza mentale diventa: un
resoconto di un esperienza di sonno considerata reale c’è l’allucinazione onirica
quantificata dopo il risveglio come mentale, una volta che sia stato ripristinato il corretto
uso dell’esame di realtà.
Così lo posso studiare il sogno perché l’oggetto di studio è il resoconto di sogno (Dream
report).
Gli animali sognano? Si può ipotizzare ciò, anche con i bambini. Il problema è che io non
posso darlo per scontato solo osservando un comportamneto. Se io dico che inietto una
sostanza che inibisce i motoneuroni io non posso dire che sta sognando ma mi deto
limitare ad. Quando io dico immagino come mia prospettiva teroia che ogni volta cambia il
comporamento c’è un esperienza mentale corrispondente (l’erezione dell’uomo la mattina:
non posso dire che sta facendo per forza un sogno erotico perché sappiamo che l’erezione
115
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
non è sempre legata a questo). Questo tipo di prospettiva che unisce l’evento fisioologico
ocn quello mentale si chiama isomorfismo mente-corpo ed è unaprospwettiva teroia che
alcuni autori hanno usato soprattutto negli anni 70. Questo è stato sconfessato: un conto è
l’esperienza mentale, un conto è il fenomeno fisiologico che spesso è concomitante, e un
conto è il racconto dell’esperienza mentale.
Quindi Shaffer dice che noi dobbiamo usare qualche manifestazione usabile nel pubblico,
esternamente dell’esperienza mentale che è interno come il sogno. Quindi il resoconto. Il
problema che il resoconto contiene il sogno più la deformazione che avviene dalla
traduzione mentale più i pezzi di ricordi (quando ricordo già sto deformando).
Sono stati fatti degli studi alla fine dell’800 prodotti con una modalità che siama analisi-
metodo introspettivo. Il soggetto che fa la ricerca è lo stesso che sogna.
116
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Nel resoconto di sogno ci sono spesso presenti delle attività quotidiane. Ci sono delle
attività che fatichiamo a considerare parte del sogno, perché sono di uso comune.
Miti sfatati:
Un sogno lo possiamo più far vedere che raccontarlo. Quindi ci sono questi ricercatori belgi
che sono Schwartz e Maquet (maquet lo abbiamo incontrato in sogno e memoria – ci sono
delle attivizaioni cerebrali in sonno NREM e che questi attivazioni corrispondo alle
attivazioni di quando stiamo imparando). Loro dicono che poiché i sogni sono
principalmente visivi, e presentano frequentemente elementi bizzarri, le descrizioni
pittoriche come i disegni posso offrire informazioni supplementari di grande valore. Nel
loro esperimento il soggetto disegna una foresta.ogni albero sta su una passerella che
mostra al di sotto dei funghi. Hanno fatto una categorizzazione del contenuto onirico. (Ci
sono dei sogni esperienze visive molto spiccate, sogni con grande attivazione emotiva,
sogni più banali da attività quiotidiane).
Il sogno viene spesso con la musica. Chi ama la musica, chi suona uno strumento e chi
ascolta molta musica, spesso sogna la musica. (a chi non è capitato di svegliarsi con un
117
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
motivetto sentito il giorno pria senza l’intenzione di apprenderlo) Chi compone, mentre
dorme compone delle righe musicali.
OBIETTIVO: conferire scientificità allo studio del sogno applicando le metodiche della
psicologia sperimentale basate sull’operazionalizzazione che hanno come scopo passare
da un piano trascendente e immateriale ad un piano fisico,misurabile e quantificabile .
Dal momento che noi vogliamo studiare dei fenomeni quantificati spesso si è pensato che
lo studio dei sonno equivalesse allo studio delle condizioni fisiologiche nelle quali il sogno
viene prodotto. E questo avete già capito prima quando abbiamo criticato il concetto di
isomorfismo è una visione erronea.
Nel 1911 questo autore francese che si chiama PASHID classifica la possibilità di studiare i
sogni in 4 metodi:
-introspettivo
-oggettico
-eclettico
-questionari ed interviste
il suo punto di riferimento è Alfred Maury che ha per tutta la vita studiato attraverso
l’analisi introspettiva. Analisi dei sogni basata sul metodo soggettivo/introspettivo:
capacità soggettiva di cogliere, riportare e valutare la propria produzione onirica ≠
psicoanalisi (è diversa dalla psicoanalisi perché in quest’ultima l’interpretazione onirica è
affidata allo psicologo, non al soggetto stesso). Per Maury i sogni sono un fenomeno che
accompagna le impressioni sensoriali assorbite prima e durante il sonno: Nel sonno vuole
trovare le tracce sensoriali percepite durante la veglia.
ESEMPIO: il sogno della ghigliottina. Il sogno dell’incudine. Lui durante il sogno sente di
essere preso a mrtellate (sente il suono ma non avverte solore) percepisce solo una
sensazione di liquefazione del cranio. Nota che nella piazza si è messo un fabbro che
118
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
martellava spesso e che nella sua stanza faceva molto caldo. Quindi arriva alla conclusione
che ha unito questi due fattori nel sonno.
I sogni sono un fenomeno episodico legato ad alcune parti del sonno secondo Maury delle
fasi di addormentamento, del risveglio, immagini, o le fasi influenzate da stimoli interni ed
esterni .lo stimolo interno quale può essere? Il dolore, una tensione vescicale.
Quando parla del metodo oggettivo BASHID dice: noi abbiamo la possibilità di legare lo
studio del sogno a delle variabili che hanno a che vedere col sonno. Questo è davvero
rivoluzionario all’inizio del 900. E lui dice: noi dobbiamo controllare la profondità del
sonno. Come faccio a sapere s eil sonno è o non è profondo? Vedo se il soggetto si muove
poco, la frequenza del cuore, del respiro, le espressioni del corpo e perché secondo lui la
profondità del sonno influenza lanatura del sonno. Questa è un intuizione brillantissima.
Quibndi fa una classificazione in
-veri sogni ( quelli che avvengono nel sonno profondo): qui troviamo delle immagini
sensoriali ma anche l’emozione che permette di distinguere le immagini della veglia
-mezzi sonni ( quelli più vicini al risveglio).
119
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
12° LEZIONE
Oggi facciamo una lezione che riguarda la sonnolenza, la vigilanza e la performance; per prima cosa ci tocca
definire (o operazionalizzare) questi concetti e capire come li andiamo a misurare, come si sviluppano nel
corso della giornata e via discorrendo…
arousal (livello oggettivo)= indica da un lato un’attivazione dal punto di vista strettamente
elettrofisiologico, dall’altro un’attivazione dal punto di vista psico-fisiologico: una persona che ha
un certo livello di arousal è in grado di mantenere l’attenzione e di sostenerla per un certo lasso di
tempo;
alertness (livello soggettivo)= indica la sensazione di essere in allerta e pronti a rispondere agli
stimoli esterni.
1) Osservazione naturalistica
2) Scale soggettive Vediamo queste tecniche in dettaglio:
3) Misure fisiologiche ed elettrofisiologiche
4) Test di prestazione
121
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Quindi, l’MSLT e il RTSW sono test che ci danno delle indicazioni predittive ma mediante cui potremmo
trovare problemi, per cui l’ideale sarebbe utilizzarli entrambi e vedere relativamente cosa succede.
122
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
4. TEST DI PRESTAZIONE (PERFORMANCE TESTS)= tra i test di performance ne vengono riportati 3 che sono
ampiamente utilizzati in letteratura:
Wilkinson Auditory Task= è un test in cui alla persona si fa sentire uno stimolo acustico e
quest’ultima deve premere un tasto nel momento in cui questo segnale varia di intensità; durante
ciò si misura il tempo di reazione (cioè quanto tempo impiega la persona a capire che lo stimolo è
differente). Siccome questo test è molto lungo perché dura circa 40 minuti, dobbiamo considerare
il cosiddetto “time on pass”, cioè il fatto che non necessariamente se il compito è più lungo mi da
più informazioni ed è più esaustivo: può succedere, infatti, che la persona in questi 40 minuti si
annoia e non rispettando la consegna noi la definiamo “sonnolenta” quando in realtà non lo è.
Critical Flicker Fusion= In questo caso lo stimolo è visivo ed è intermittente: la persona deve
premere il pulsante e rispondere quando tale stimolo diventa fisso e continuo;
Test psico-motori complessi= indagano per lo più le funzioni cognitive superiori come la guida
simulata, il volo, eccetera.
123
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
non ci sono differenze significative nelle prestazioni di questi compiti tra i due gruppi.
Quando Broman chiede alle persone come pensano di aver svolto il compito si riscontrano differenze
significative: si vede che, nonostante non ci siano
differenze di prestazioni tra i due gruppi, l’autovalutazione
di come è andato il compito nei soggetti insonni (colonnina
scura) è più bassa.
Broman ipotizza che, probabilmente, alla base della bassa e peggiore autovalutazione della performance
riferita dai soggetti insonni, ci siano degli aspetti di personalità sottesi: somministrando loro una scala sul
perfezionismo si riscontra che in tutte le sottoscale gli insonni ottengono punteggi più elevati rispetto al
gruppo di controllo; per cui, fondamentalmente, gli insonni dicono di essere andati male quando in realtà
non è così, e ciò è dovuto a dei loro particolari aspetti della
personalità: le persone insonni hanno sicuramente
un’iperattivazione psico-fisiologica che non gli permette di
scivolare con tranquillità nel sonno.
HIGH SLEEPABILITY
La capacità di addormentarsi facilmente, espressa da una breve latenza di sonno (si misura nel “Multiple
Sleep Latency Test) e la vigilanza sono dipendenti da tutta una serie di fattori che possono spiegare delle
variazioni nel corso della giornata:
Fattori omeostatici= la durata della veglia precedente, l’architettura del sonno o la sua qualità;
Fattori circadiani= ci sono oscillazioni parallele con quelle della temperatura, oscillazioni ormonali e
neurotrasmettitoriali
Fattori ambientali o comportamentali= grado di stimolazione (se io sto facendo un’attività noiosa
sarà molto più probabile che sia più sonnolento rispetto a quando sto giocando a pallone), la
postura (se mi metto a letto è più probabile che mi addormento rispetto a quando sono in piedi) ,il
rumore, la luce, l’attività fisica, l’alimentazione e l’assunzione di farmaci;
124
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
125
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
possiamo vedere il livello di allerta, segnalate nel grafico dalle diverse onde circadiane che si verificano nel
corso della giornata e che sono poste in maniera differente sulla base di quanto tempo io sto vigile (di
quanto tempo io resto sveglio). Per esempio:
se io sto sveglio 0 ore= per predire il mio livello di vigilanza alle 06:00 del mattino (che è il picco
minimo della temperatura) vado ad incrociare il livello di predizione dell’allerta che si trova nel
cerchietto blu, quindi sono vigile anche se sono meno vigile rispetto a se dovessi misurare il livello
di allerta alle ore 18:00 (dove c’è il picco massimo della temperatura corporea).
Broughton e Aguirre (1976)= ci parlano di una “sonnolenza da pressione selettiva per il sonno
REM”. Se io prendo una popolazione clinica, come i narcolettici oppure le persone aventi l’apnea
ostruttiva del sonno, vedo che questi soggetti scivolano direttamente nel sonno REM, ovvero, per
delle loro particolari caratteristiche, hanno una pressione selettiva per quel tipo di sonno. La stessa
cosa si verifica nelle persone che assumono sostanze che sopprimono il REM (come alcol,
antidepressivi…) quindi, la sonnolenza eccessiva di questi soggetti dipende dal fatto che loro non
fanno il REM e quindi questo tipo di deprivazione comporta una pressione selettiva per quel tipo di
sonno piuttosto che per altri tipi.
Se io sono sonnolento, di quale sonno ho bisogno? Non ho bisogno del sonno NREM ma di sonno a
onde lente; In questi soggetti, invece, accade un’altra cosa, c’è un tipo di pressione selettiva per il
sonno profondo, e scivolano direttamente in sonno REM.
126
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Nei soggetti anziani accade che la curva appare appiattita (stabile) per tutta la giornata: in questi soggetti vi
è non solo un appiattimento della frequenza dell’ammiccamento oculare, ma un appiattimento proprio
dell’attività dopaminergica (quest’ultimo funziona di meno perché ci sono dei processi degenerativi in atto
anche se non sono di tipo patologici) e questo si verifica perché gli anziani accumulano meno S.
Cristina Civetta ha condotto uno studio in cui ha individuato quali sono le variabili sperimentali che hanno
permesso di vedere le variazioni mattutine della performance soggettive e personali; la cosa importante è
che lei ci dice che il processo S e il processo C influenzano una serie di variabili nel corso della giornata e tra
queste anche la performance a compiti semplici, a compiti complessi... per capire se la performance ha un
proprio andamento nel corso della giornata, io devo fare in modo che il battito dell’orologio biologico segua
il suo reale battito, dobbiamo quindi standardizzare la variabile, renderla controllata, oppure
disinfluenzarla.
Protocollo di disincronizzazione forzata. Noi sappiamo che, in condizioni normali, il nostro ritmo
sonno-veglia si sincronizza con il ritmo ciclo luce-buio; quando io vado a disincronizzare questi due
ritmi (metto la persona in laboratorio per settimane e le sottopongo ad un ciclo attività–riposo che
è più lungo o più corto rispetto a quello delle 24 ore: per esempio, gli faccio fare un ciclo di attività–
127
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
riposo di 19 ore o di 28 ore caratterizzato da intervalli irregolari: mangia a intervalli irregolari e cos’
via) impazzisce l’orologio biologico interno della persona ed inizia a funzionare “free random”, cioè
l’ipotalamo, non capendo a che ora si trova, inizia a funzionare come funziona realmente. Tale
esperimento, quindi, ci permette di isolare la variabile circadiana dall’influenza della variabile
omeostatica permettendoci di vedere come si scandisce la cosa a livello personale.
Protocollo di Constant Claudine. In questo caso la persona viene in laboratorio e viene sottoposta
a una deprivazione di sonno facendola stare sveglia per 24 ore, durante le quali vengono rese
costanti tutte quelle variabili che possono influenzare l’orologio biologico interno (facciamo
mangiare la persona sempre allo stesso orario, la facciamo mettere in una postura differente sulla
base di quello che deve fare, la metto in una certa condizione di illuminazione). Con tale protocollo,
insomma, si parte dal presupposto che, in condizioni normali, queste variabili interne o variabili
esterne (ciclo luce-buio, l’alimentazione, la motivazione, l’attività che faccio…) danno
un’indicazione all’orologio biologico interno per cui gli dicono di battere in un certo modo e
battono sulle 24 ore.
Protocolli basati sulla cronotipologia. I cronotipi sono quelle popolazioni che decidono di collocare
l’episodio di sonno e le proprie attività (ovvero il proprio ritmo sonno-veglia o il loro ciclo attività-
riposo) in un momento della giornata piuttosto che in un altro. In particolare, abbiamo tre tipi di
cronotipologie:
Mattutini= coloro che tendono a collocare le attività soprattutto nelle prima parte della
giornata, quindi quando io gli dico “Quando pensi di funzionare meglio?” loro rispondono
“la mattina perché mi sento in forma, riesco sempre a fare tutto bene, eccetera”; i
mattutini, per esempio, anticipano l’orario di andare a letto, anticipano l’orario di risveglio
Intermedi= coloro che tendono a collocare le attività secondo picchi e orari normali;
Serotini= coloro che tendono a collocare le attività soprattutto di sera e dicono “la sera
funziono molto meglio mentre la mattina mi sento stanco”; i serotini, per esempio,
ritardano l’orario in cui vanno a letto e, di conseguenza, ritardano il loro orario del risveglio.
Con questo tipo di protocollo, non vi è una manipolazione del ritmo attività-riposo, ma si va a
misurare la performance dei soggetti nell’orario per loro ottimale (per esempio: si dovrebbe
riscontrare che la persona mattutina, se svolge un compito di mattina funziona meglio, mentre se lo
svolge la sera va peggio).
Da tale studio si è evinto che se io faccio fare un compito, la performance varia nel corso della giornata sulla
base dell’andamento della temperatura corporea (CBT).
128
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
129
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
130
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
13° LEZIONE
TECNICA DEI RISVEGLI PROVOCATI
E’ una tecnica di cui si avverte l’esigenza nel momento in cui si scopre il sonno REM anche per
quando riguarda lo studio del sonno , il sonno REM costituisce ovviamente uno spartiacque. Nel
’53 si inizia a capire il tipo di sonno in cui c’è attivazione cerebrale, tutta una serie di cose che
rendono il sonno Rem una cornice particolarmente interessante dei processi mentali. Quindi è
inevitabile anche lo studio del sogno. A quel punto l‘idea è di andare a svegliare le persone nel
momento in cui sono in un determinato stato di sonno e chiedere il resoconto del sogno al
risveglio per evidenziare eventualmente delle differenze tra il caso in cui ci svegliamo nel sonno
REM e nel caso in cui ci svegliamo nel sonno NREM. Un idea già un po’ presente era che potessero
emergere le caratteristiche qualitative di tipo differente.
Questo è un disegno classico in cui appunto c’è una notte dio adattamento con una
strumentazione di polisonnografia e nelle notti sperimentali i disegni provocati
intervengono o svegliando in sonno REM o svegliando in sonno NREM. E questo è un
disegno abbastanza recente in cui la consegna che noi usiamo è: che cosa stava passando
immediatamente prima di svegliarsi?. Quindi la consegna individuata come quella giusta
era quella di Foulkes.
TECNICHE DI ANALISI
Come esistono tecniche di analisi quantitative (significa quanti sogni ci sono, quante volte
il soggetto se le ricorda e quanto sono lunghi), esistono anche tecniche di analisi
qualitative che vogliono andare ad esplorare il contenuto del sogno.
132
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Quindi e un esempio
Accanto a questa scala ce ne sta un'altra, la dreamlike fantasy scale (scala ordinale con 8
possibili scelte da nessun contenuto a contenuto percettivo allucinatorio, bizzarro, ecc.).
Quindi quanta fantasia c’è nel sogno? Dove per fantasia s’intende per l’appunto tutta
quella parte poco realistica evidentemente molto differente da quello che noi
sperimentiamo di solito nella realtà con i nostri sensi . E’ chiaro che il massimo della
133
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
2)Poi ci sono delle scale dette scale psicolinguistiche che hanno come scopo soprattutto
quello di evidenziare la lunghezza dei resoconti di sonno. Perché capire bene che se io
voglio capire quanto è lungo un sogno, la lunghezza del sogno mi dice una serie di cose, mi
dice qualcosa sul meccanismo di generazione del sogno e cioè quanto un soggetto produce
sogni ma non solo. La lunghezza del sogno quindi il sogno ricordatevelo è sempre il
resoconto del processo di generazione del sogno e di recupero del sogno, ossia di come lo
ricordo. Quindi avere un sogno molto lungo mi dice che il soggetto riproduce e il soggetto li
ricorda. Il peso con cui li produca di più o lo ricorda di più ci sfugge sempre per definizione.
Tuttavia quando noi andiamo a vedere la lunghezza che è un aspetto informativo noi
usiamo il word count cioè il conteggio delle parole perché poi tutti parliamo in modo
diverso: ci sono quelli che quando raccontano una cosa usano poche parole per dare gli
stessi elementi di concetto gli stessi elementi di contenuto in un soggetto che racconta la
stessa cosa con 100 parole in più. Il word count o la lunghezza, quanti righi di foglio A4
riempio ci serve poco. Abbiamo bisogno di scale psicolinguistiche che analizzano degli
elementi centrali della narrazione che si chiamano elementi di contenuto.
Uno di questi autori che ha ricavato una scala di questo tipo è Antobus che fa un conteggio
di parole appartenenti a diverse scale linguistiche, e quindi va a vedere nomi concreti,
modificatori dei nomi, verbi di azione, preposizioni spaziali. E all’interno di questa analisi di
unità di parole di diverse classi linguistiche va a cercare specificatamente delle parole che
hanno a che vedere con l’immaginazione visiva da un lato e con la partecipazione
emotiva dall’altro
Un'altra tecnica ancora utilizzata è quella di Salzarulo e Cipolli di analisi delle cosiddette
fasi Kernel. Che cosa sono?
134
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Foulkes e Schmidt hanno fatto l ‘analisi dell’ UT, cioè delle unità temporali
Tecnica di analisi basata sulla ricerca delle U.T. e della sequenza degli elementi del
resoconto, per determinare differenze nei meccanismi coinvolti nella produzione dei
“due tipi di sogno” (cioè il dreamlike e il toughtlike).
allora qual è la tecnica? Ricordiamola:1) Cosa ti passava per la mente prima che ti
svegliassi? (resoconto libero)
seconda parte del resoconto guidato: 2)considerando tutte le cose che mi hai raccontato,
dimmi l’ordine nel quale tu pensi di averle vissute.
Il tentativo è quello di andare ad analizzare il resoconto di sonno con delle categorie
principali andando a valutare:
-le attività, cosa fa il soggetto mentre sta sognando
-gli ambienti
-i personaggi
E rispetto all’analisi qualitativa si va a vedere:
-plausibilità,
-continuità,
-discontinuità,
-presenza personaggi
-ecc..
135
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
C’è un sistema di siglatura della bizzarria dei sogni che è stato messo a punto da Williams.
Dov’è la bizzarria? Cioè quali sono gli elementi, il posto del sogno in cui s’individua la
bizzarria
-trama: Cioè ci sono cose poco plausibile che riguardano i personaggi, le azioni, i posti,
l’oggetto.
-il pensiero di chi sta sognando o dei personaggi che appaiono del sonno
-le sensazioni
Naturalmente quando individuiamo il luogo della bizzarria possiamo vedere in che modo è
bizzarro, -cioè bizzarro perché è discontinui e quindi ci sono i salti temporali
-oppure se c’è un’incongruenza delle caratteristiche non si mettono bene insieme non si
abbinano bene
-oppure la vaghezza.
Questa tabella la trovate nel libro (pag 47). Sul libro voi avete il riassunto di un cambiamento netto
dei risultati dal 57 momento in cui Kleitmain fa la sua indagine, la prima indagini coi risvegli
provocati dopo la scoperte del sonno REM e i risultati che vengono fuori a Fulkes e a Cavallaro e
qual è il cambiamento che vedete? Quello che vedete è che più o meno il dato sulla frequenza del
sonno REM è costante, quello che cambia è che Dement e Kleitman col sonno NREM avevano una
percentuale bassissima, mentre Foulkes 87% perché? Perché ha cambiato la consegna. E perché
l’ha cambiata? Perché lui ha fatto un ipotesi: quando lui vede questo 7% dice ma se noi al soggetto
gli chiediamo che cosa stavi sognando? Lui ci racconta soltanto qualcosa che considera per
136
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
definizione un sogno, cioè qualche cose che abbia delle caratteristiche dreamlike. Lui perciò lui
introduce questo concetto. Allora chiediamo al soggetto cosa stai sognando e lui ci racconta quella
osa. Ma se lui sta pensando cioè sta mentalizzando il sonno qualche cosa che non ha quelle
caratteristiche , quindi attività molto più piano, molto meno livida, magari senza un plot
caratterizzato, senza una vera a propria storia me la racconta? No, perché quella è la parte
toughtlike e per tenere conto anche di questa parte io non devo chiedere che cosa stavi sognando
ma devo fare riferimento al pensiero e quindi gli chiedo: cosa ti passava per la mente prima che ti
svegliassi? E quindi a quel punto cambiando la consegna io ottengo questo aumento nella
frequenza dei resoconti di sogno da sonno NREM. Tanto è vero quello che noi oggi sappiamo è che
abbiamo esperienze mentali in entrambe le fasi, quindi comunque quando andrò a svegliare il
soggetto avrà sempre un elevate frequenza.
Ad un certo punto Foulkes dice che quello che cambia sono le caratteristiche. Allora la mentazione
del sogno avviene in tutti gli stadi del sonno persino nella veglia rilassata.
Molinari e Folks fanno uno studio che ci permette di aprire una piccola parentesi. Quando noi
facciamo dei resoconto dopo il risveglio da REM fasico ottengo dei rapporti di esperienze vivide
maggiori che nei sogni da REM tonico. Che è un po’ un osservazione legata alla vecchia idea che
quando ci sono movimenti oculari hanno a che vedere con i processi della visione. E questa cosa
sarebbe un po’ confermata dal fatto che i movimenti oculari in sonno sono precedute delle famose
onde PGO (onde ponto-genico-
occipitali) che son impulsi nervosi
raccolti dalle aree della via visiva.
L’idea è: questi stanno facendo
REM fasico perché stanno
vedendo il sogno. Abbiamo detto
che basta la semplice
considerazione sull’esistenza dei
PGO e dei movimenti oculari nei
ciechi dalla nascita per sconfessare questa idea. Però la cosa che mi interessa molto è la
prospettiva isomorfistica. Adesso vediamo in sequenza alcuni contributi che avevano questa idea
che partiva dall’assunzione di poter derivare delle cose sulle caratteristiche dell’attività
psicologica, psichica nel sonno partendo dalla fisiologi, dall’esplorare i cambiamenti della
fisiologia del sonno e dicendo: se in sonno REM cambiano dei fenomeni ed abbiamo la frequenza
137
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
respiratoria che aumenta, la frequenza cardiaca che aumenta , il sangue ai genitali ,i movimenti
oculari, allora noi possiamo concludere che lì ci sarà un attività psichica particolare, che il sogno
sarà particolare in questi aspetti della fisiologia.
(il professore si concerta solo su Snider (quello della fenomenologia del sonno)). Quindi sarebbe
un associazione diretta tra quello che accade sul soggetto che sta dormendo con sonno REM e
l’attività mentale in sono.
138
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
lui dice è molto più complicato ricordare il sonno se l’esperienza avviene in un momento in cui
l’attività EEG è contrassegnata da fusi e da sonno ad onde lente.
Relazioni tra gli elementi fasici registrati nella corteccia striata con tecniche di superficie durante il
sonno nell’uomo e si mostra comune degli spike, presenti in alcune zone della corteccia, a sinistra
non sono accompagnate da un attività oculare contemporanea. Prendono delle scariche molto
attive nella corteccia in alcune zone (corteccia occipitale –quella visiva-, corteccia striata) cioè
aree che hanno a che vedere potenzialmente col fenomeno della visione e tuttavia si attivano
senza che ci siano dei movimenti oculari corrispondenti.
Questo è un tentativo critico di mettere in discussione questo legame tra gli eventi fisiologici e le
attività in sogno.
Allora abbiamo più volte detto che studiare i resoconti di sogno equivale a studiare come questi
vengano ricordati, e quindi interrogarsi su quali siano gli elementi che favoriscono o meno il fatto
richiamare quel materiale del sogno una volta che ci siamo svegliati. Quando analizziamo il
fenomeno constatiamo innanzitutto che ci sono delle differenze individuali, ossia che noi possiamo
genericamente distinguere la popolazione generale tra:
-good recallers quelli che ricordano bene;
-poar recallers (o bad recallers) quelli che ricordano male.
La distribuzione è abbastanza equa. È interessante notare che c’è un rapporto tra la tendenza
ricordare o meno i sogni e la qualità del sonno perché voi dovete pensare alla teoria che abbiamo
chiamato in causa molte volte, evidentemente centrale per la comprensione di molti fenomeni che
hanno a che vedere con la memoria e l’apprendimento, col sognare, che è la teoria dell’attivazione
di Koulack e Goodenough che ci dicono la possibilità di consolidare, di acquisire e ricordare del
materiale durante il sonno è legato a una certa quantità di attivazione , cioè una quota minima di
attivazione disponibile. Più banalmente, questo significa che noi i sogni ce li ricordiamo nel
momento in cui ci svegliamo, perché io c’ho del materiale come se io vedo film, se io vogli
139
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
ricordarmi il film devo finché la traccia mnestica si consoli, ho bisogno del momento di
acquisizione di una certa punta di attivazione. Quindi questo significa che ricordano bene e spesso
i sogni in molti casi quali che dormono un po’ peggio, e quelli in cui l’attività mentale è legata a
delle attivazioni significative tali che poi questa attività mentale possa essere ricordata. Poi ci sono
degli aspetti che non dipendono solo dalla qualità del sonno e quindi dalla presenza di arousal, ma
anche da fattori psicologici del soggetto. I fattori che possono influenzare il ricordo sono:
se io mi sveglio da sonno profondo e mi trovo in una posizione di forte inerzia lì quella mia
condizione di torpore cognitivo legato al risveglio di quello stato mi blocca il recupero. Quindi
mentre prima dicevamo “la buona qualità del sonno probabilmente blocca l’acquisizione del
materiale onirico prodotto” nel caso dell’inerzia di sonno sarà: “è l’inerzia di sonno a bloccare il
recupero”.
se un sogno è saliente, contiene del materiale importante che ha delle attinenze con degli aspetti
significativi con la nostra vita e con la nostra persona probabilmente il ricordo sarà favorito.
lo abbiamo detto no? Quando abbiamo parlato degli indiani del nordamericani fortemente
motivati alla lettura e all’interpretazione del sogno, oppure gli otomi che entrano nella dimensione
le persone sono differenti tra loro nella tipologia di attività onirica in funzione delle loro
caratteristiche di personalità. È un argomento su cui c’è veramente molto poco, è una cosa che
aveva qualche studio negli anni passati (anni ’70), ma sono dati veramente molto limitati.
Attualmente stiamo cercando di esplorare delle dimensioni codificate dentro anche teorie della
personalità differenti tratti.
E quindi l’idea è questa: da un lato andare ad esplorare le differenze inter individuali con le quali
siamo fatti sul piano della personalità. Ancora, l’altra cosa che potrebbe essere interessante e su
cui anche su questo si sa pochissimo è il modo in cui eventualmente ci possa essere un
cambiamento dell’attività mentale in sonno del sogno nel corso del ciclo di vita, quindi se
sogniamo in un cero modo quando siamo ragazzini, continuiamo a sognare il quel modo da
140
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
adolescenti, adulti, anziani? Che è una cosa abbastanza diversa dal fare delle indagini sul sogno di
confronti tra differenti tipi di età (l’analisi coorti – prendere i un gruppo di adolescenti, uno di
adulti e uno di anziani e studiarli trasversalmente è diversa da quella longitudinale in cui si analizza
una sola persona in tutto l’arco della sua vita), per quello ci sono pochi studi in questo, gli studi
longitudinali sono molto difficili e dispendiosi.
Questi sono gli studi degli anni 70 di cui abbiamo parlato prima. Sono tutti di Cohen
E buffo questo paradigma perchè noi non sappiamo mai fino a che punto il resoconto è un fedele
testimone di ciò che è stato prodotto, o se semplicemente le istruzioni motivanti non aumenta la
volontà di fornire un lungo resoconto e quindi di riprodurre una sorta di confabulazione
Questo è abbastanza banale. Se voi volete avere una frequenza di resoconti alta, dovete
investigare e chiedere un resoconto subito dopo il risveglio, altrimenti o il sogno tende a svanire
di per se o è soggetto all’azione di disturbo del materiale inerente e non otterremo nulla
questo è una sorta di applicazione al ricordo di sonno della legge di Jex e Dowson [RAGA NON SO
COME SI SCRIVANO STI DUE CHE NON LI HO TROVATI] (mette in relazione i livelli ei attivazione che
poi può diventare ansia se l’attivazione diventa iperattivazione) e la performance e fa vedere una
cosa precisa: per un po’ la salita dei livelli di attivazione si accompagna alla salita dei livelli di
performance cioè più sono attivato e meglio funziono. A un certo punto, superata una certa soglia
per ulteriori salite ei livelli di attivazione cade la performance.
141
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
quando voi avete questo tipo di relazione attivazione-performance, potete immaginare lo stesso
tipo di relazione attivazione-ricordo di sogno. Se siete molto motivati e molto attivati e quindi
avete posto molta attenzione al materiale del sogno al risveglio ve lo ricordate meglio. Se questa
attivazione diventa troppo elevata e ci sono dei livelli di ansia forte e di iperattivazione al mattino
questa cosa non avviene.
142
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
a 4 anni sono molto limitate le capacità, questo perché il problema è proprio la distinzione del
sogno come esperienza mentale aliena rispetto all’esperienza mentale della veglia. Il bambino di 4
anni non sa definire neanche a se stesso cosa sia il sogno .
143
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
studio fatto da De Padova nel 2005: gli anziani sognano ma fanno dei resoconti più striminziti. Col
resoconto guidato si ottenevano dei resoconti sostanzialmente non dissimili da quelli dei giovani.
144
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
14° LEZIONE
Aspetti neurofisiologici. (difficilmente vengono chiesti all’esame)
1. il sonno è legato soltanto al fatto che ci sono delle deafferentazioni (eliminazione degli impulsi dei
nervi afferenti) sensoriali, o al fatto che vengono meno dei processi di induzione della veglia?
Insomma il sonno è un processo attivo o passivo? In più se vi è l’idea di sonno come processo
passivo (ovvero un processo che si ottiene solamente perché viene tolto qualcosa), questo è dato
dall’eliminazione delle afferenze sensoriali o dei processi di induzione della veglia? Quindi a sua
volta la veglia è un processo attivo, cioè è indotta da qualcosa, ci sono delle formazioni che
mantengono la veglia? In questo caso quindi il sonno è dato dal fatto che vengono disattivate delle
aree responsabili della veglia. Al giorno d’oggi si sa che il sonno invece è un processo ATTIVO, cioè
viene indotto dall’attivazione di alcune aree cerebrali, nelle quali popolazioni cellulari scaricano
dando formazione allo stato di sonno. E così come è vero che il sonno è un processo attivo, anche la
veglia lo è; quindi nel sonno e nella veglia vi sono formazioni e strutture diverse che si attivano e
inducono questi due stati diversi. All’inizio però si pensava che il sonno fosse un processo passivo e
che quindi le persone si addormentassero solo perché mancava qualcosa, ovvero la veglia (idea
della fisiologia classica, ai tempi di Galeno e Ippocrate). A quei tempi si credeva che durante il
sonno il cervello si spegnesse, quindi non si aveva proprio l’idea dell’esistenza dei processi mentali
in sonno; quest’interruzione determinava il passaggio ad uno stato differente di coscienza, che era
caratterizzato da mancanza di sensorialità, mancanza di movimento, di ideazione, ecc. A un certo
punto Aristotele immaginò che il sonno fosse il risultato di vapori caldi emessi dalla respirazione,
ovvero il processo di respirazione provocava un riscaldamento del cervello e questo a sua volta
determinava il suo spegnimento. Anche se al giorno d’oggi questa interpretazione appare alquanto
buffa, ha cmq delle intuizioni, ad esempio il fatto che nel processo di sonno sia coinvolta la
temperatura (anche se oggi sappiamo che il cervello che dorme è un “cervello più freddo”, mentre
il cervello che sta sveglio è un “cervello più caldo”). Altra intuizione è l’esistenza di un processo di
attivazione del sonno, cioè qualcosa che accade fisiologicamente e provoca uno stato particolare
dal punto di vista sia fisiologico che di coscienza. Negli anni ’20-’30 (stesso periodo in cui
comparvero le grandi rivoluzioni della registrazione elettrofisiologica, con la nascita dell’EEG) ci
furono diverse ricerche sul sonno come processo passivo da deafferentazione sensoriale, per cui
vennero fatti dei tagli nel sistema nervoso a diversi livelli, poiché ci si aspettava che con
l’eliminazione delle afferenze sensoriali automaticamente compariva lo stato di sonno. Ma con tagli
145
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
a diversi livelli del sistema nervoso vi furono diversi risultati. Il primo preparato si chiama
Encephale isolé (encefalo isolato) questo taglio è molto basso, stacca le afferentazioni midollari,
quindi un taglio al livello del midollo comporta che al di sotto di questo non vi sono comportamenti
(sono bloccate anche le uscite motorie), per cui tutto ciò che riguarda gambe e addome è silente.
Se si va a vedere invece l’attività del cervello rimasto “isolato”, vi sono segni elettroencefalografici
di alternanza tra la veglia, il sonno a onde lente e il sonno REM. Insomma quando il sistema nervoso
viene tagliato a questo livello, il cervello continua ad avere attività di sonno. Il secondo preparato è
definito Cerveau isolé il taglio viene fatto più alto, specificamente al livello dei collicoli superiori
del mesencefalo. In questo modo viene tagliato tutto il tronco encefalico, lasciando il cerveau (la
corteccia) completamente isolata dal mesencefalo. A questo punto accade che il corpo a volte
mostra la stessa atonia muscolare del sonno REM, ma la cosa più interessante è che il cervello cade
in uno stato di sonno a onde lente totale. Mentre nel primo taglio venivano eliminate soltanto le
afferenze della parte bassa del corpo (nervi spinali), con questo taglio invece vengono eliminate
anche le afferenze dei nervi cranici. In conclusione il cerveau isolé sembrò confermare l’ipotesi
secondo cui il sonno è un processo passivo da deafferentazione sensoriale.
In sintesi, la domanda che si poneva è: il sonno è indotto da una sostanza presente nel sangue, nel liquido
cerebrospinale o nel sistema nervoso centrale? Ed è un processo PASSIVO[da deafferentazione sensoriale o
da mancanza di attività delle strutture che inducono la veglia] (Bremer ’30) o ATTIVO (Moruzzi ’50-’60)?
Bremer, autore dell’Encephale isolé un proencefalo disconnesso da parte caudale del tronco encefalico
(senza afferenze sensoriali) continuerà a mostrare alternanza ciclica sonno-veglia? La risposta, come
abbiamo già visto, è sì. Nel Cerveau isolé invece è stata fatta una sezione mesencefalica all’altezza dei
collicoli superiori del gatto e il risultato è stato proencefalo isolato che mostra un EEG di sonno a onde
lente con elevato voltaggio e una miosi pupillare (questa ci indica un interessamento neurovegetativo
derivato dal fatto appunto che sono state tagliate tutte le afferenze sensoriali).
CONCLUSIONI (fino a questo punto): nel cerveau isolé dorme perché le afferenze sensoriali residue non
sono in grado di tenerlo sveglio, mentre il preparato encephale isolé lasciando intatte le afferenze sensoriali
dei nervi cranici (ad es. vestibolo cocleare e il trigemino) permette una normale ciclicità sonno-veglia. A
ulteriore riprova, sezionando i nervi cranici sensoriali del tronco encefalico di un encephale isolé, questo
manifestava sonno continuo come il cerveau isolé.
Moruzzi (uno dei più grandi neurofisiologi italiani) e Magoun provano a fare delle lesioni del tronco
encefalico ma parziali (non complete come nel caso di Bremer), e vedono che:
Come interpretano ciò? Il problema è che non bisogna andare ad indagare solamente sulle afferenze
sensoriali, ma anche qualcosa che induce la veglia. Per cui si otterrà una situazione in cui vi è stupore
comportamentale e delta permanente se si tagliano le formazioni ascendenti che inducono la veglia. A
questo punto formulano l’ipotesi che la formazione che induce la veglia sia una formazione mesencefalica,
definita sistema reticolare ascendente (SRA) o formazione reticolare ascendente. Successivamente
qualcuno sostituisce la parola “ascendente” con “attivante”, perché in realtà il sistema è composto da una
serie di fibre che partono dal mesencefalo e si diffondono nella corteccia, ma oltre ad essere ascendenti,
attivano anche la veglia.
Ciò è coerente con questi tipi di taglio, perché la formazione reticolare è situata proprio al centro del
mesencefalo, quindi se si fa un taglio laterale si lascia intatta la parte mediana, se invece viene tagliata la
parte mediana si ha stupore comportamentale + delta permanente; la cosa più interessante è che se si fa
un taglio nella parte mediana, ma più basso rispetto a quello del cerveau isolé, nonostante i nervi cranici
rimangano intatti, non si avrà più il ciclo sonno-veglia (al contrario dell’encephale isolé in cui il ciclo
rimane).
Negli anni ’50 si arrivò a credere che il sonno sia PASSIVO per DEAFFERENTAZIONE FUNZIONALE
SENSORIALE e inoltre che sia regolato dal SISTEMA RETICOLARE ATTIVATANTE ASCENDENTE (ovvero la sua
disattivazione porta al sonno). Quindi si pensava che il sonno fosse il risultato dell’assenza di qualcosa, che
invece durante la veglia si mantiene attivo.
Un’altra questione che interessò Moruzzi negli anni ’50 fu: ma il sistema reticolare è ASPECIFICO?
Molto interessante furono i seguenti risultati: in seguito a lesioni del tronco encefalico di pochi millimetri
più caudali (più basse) rispetto a quelle di Bremer, i gatti non dormivano più. Ciò significa che il sistema
reticolare si differenzia per parte alta e parte bassa, per cui nella zona più alta vi sono neuroni responsabili
della veglia (sistema reticolare attivante ascendente) e se si fa un taglio a questo livello il gatto cade in un
sonno a onde lente continuo, mentre nella zona più caudale vi sono neuroni responsabili del sonno e quindi
se si fa un taglio il gatto non dorme più. Oltre alle lesioni cerebrali, per verificare quanto appena descritto,
si possono fare delle iniezioni selettive di anestetico, bloccando periodicamente una parte del sistema
nervoso; allo stesso modo se si inietta l’anestetico nella parte rostrale (alta) del ponte e del tronco, allora si
avrà insorgenza di sonno nel gatto sveglio, quindi significa che viene bloccata l’induzione della veglia. Se
147
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
invece viene fatta un’anestesia solo nella parte caudale, accade il contrario: l’animale che era
precedentemente addormentato, si sveglia e compare un EEG desincronizzato; ciò significa che viene
bloccata l’induzione del sonno.
ZONA CAUDALE DEL TRONCO ENCEFALICO CONTIENE NEURONI NECESSARI A INDURRE IL SONNO
DELTA (sonno sincrono con onde ampie e lente, ovvero sonno a onde lente).
Questi neuroni sono serotoninergici, anni dopo si è capito che la loro trasmissione è di tipo serotoninergico.
E dove sono localizzati questi neuroni? In un’area chiamata nuclei del rafe, in cui si ipotizza ci siano queste
cellule serotoninergiche che inducono lo stato di sonno e che sono poste sulla linea mediana del bulbo,
parte più bassa del tronco encefalico.
Quali sono le evidenze a favore? se si inietta una sostanza (la 5-HT, che è un precursore della serotonina)
si induce sonno, mentre se si distrugge l’80-90% delle cellule del rafe si provoca insonnia completa nel
gatto (che dura 3-4 giorni); successivamente ricompare il sonno a onde lente ma non il REM. Le lesioni
limitate permettono maggior recupero ma il REM non ricompare finché il sonno a onde lente non raggiunge
una durata di almeno 3 ore e mezzo al giorno. Due cose sono interessanti: 1. Che l’insonnia è soltanto
temporanea, dopo di che il gatto ricade in sonno a onde lente; 2. Che il REM sembra dipendere dal sonno a
onde lente, perché se non c’è il sonno a onde lente non c’è nemmeno il REM e che ricompare solamente se
il sonno a onde lente totalizza una certa quota, per cui anche a livello di sperimentazione animale, il sonno
a onde lente sembra essere più importante.
La cosa fondamentale è che il motivo per cui ricompaiono gli stadi di sonno è legato al fatto che
evidentemente questi nuclei che inducono il sonno non sono gli unici. Altro sistema implicato è il NUCLEO
DEL TRATTO SOLITARIO (che è un altro sistema bulbare): se viene attivato insorge SONNO, se viene leso
non provoca insonnia (perché ci sono i nuclei del rafe che inducono sonno, quindi sappiamo che il nucleo
del tratto solitario dà un contributo supplementare nell’attivazione del sonno). Probabilmente agisce sul
sonno controllando la formazione reticolare (la quale se è attivata provoca risveglio).
Altre aree ipotalamiche e del proencefalo basale necessarie a indurre sonno normale sono:
- AREA PREOTTICA
148
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Un’applicazione di 5-HT nell’area preottica produce gli stessi effetti di un’applicazione di 5-HT nel nucleo
del tratto solitario o nei nuclei del rafe induzione di sonno a onde lente. Se invece viene distrutta nel
ratto si ha INSONNIA.
Per quanto riguarda il sonno REM, si pensa che le aree che permettono insorgenza del sonno a onde lente
non siano le stesse di quelle implicate nell’insorgenza di sonno REM e che in realtà i due tipi di strutture
abbiano un’attività con dei sistemi neurotrasmettitoriali differenti che si antagonizzano. Questo
antagonismo avviene tra cellule serotoninergiche (quelle del nucleo del tratto solitario e dei nuclei del rafe)
che vengono chiamate cellule REM-OFF, ovvero quelle che “spengono” il REM, tanto è vero che quando si
vanno a stimolare quelle formazioni vengono inibiti gli eventi fasici del REM; per cui quando sono attive
contemporaneamente le cellule del rafe o del tratto solitario inducono sonno delta e bloccano il sonno
REM. A un certo punto compare una riduzione della frequenza di scarica di queste cellule serotoninergiche
e quando la loro attività si abbassa, si innalza disinibita l’attività di cellule colinergiche (cellule che
funzionano con l’acetilcolina). Queste cellule vengono chiamate REM-ON. Il meccanismo appena descritto è
stato scoperto e proposto da Jouvet (neurofisiologo francese) in transizione sonno a onde lente-REM la
maggior parte dei neuroni del rafe smette di scaricare prima che insorgano le PGO e resta silente durante i
periodi del REM; quindi le cellule REM-OFF abbassano la loro attività per lasciare il campo alle cellule REM-
ON. Quindi altra popolazione del tronco encefalico con un ruolo nell’induzione e mantenimento del sonno
REM è quella dei neuroni colinergici(neuroni REM-ON) o Ach(acetilcolina)-sensibili. Infatti se si iniettano
sostanze agoniste del sistema colinergico nel tegmento pontino del gatto allora si presenteranno lunghi e
intensi periodi di sonno REM.
Evidentemente esiste una reciprocità tra acetilcolina e amine, implicate rispettivamente in sonno REM e
sonno a onde lente. Due popolazioni di neuroni, reciprocamente connesse, che scaricano o risultano inibite
durante il REM e il sonno a onde lente:
- Cellule colinergiche (CELLULE REM ON) del tegmento pontino (tetto del ponte) scaricano ad alta
frequenza e fasicamente durante il REM
- Cellule monoaminergiche [o serotoninergiche] (CELLULE REM OFF) dei nuclei del rafe presentano
una scarica ridotta in REM
149
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Esistono alcuni equivoci nelle ricerche sul sogno. I due più grandi equivoci sono:
1. Equivoco secondo cui si pensa che ogni volta che sogniamo vi sono alcune cose che succedono sul
corpo che ci dicono che il soggetto sta sognando o come sta sognando.
2. Equivoco secondo cui si pensa che si sogna soltanto durante il sonno REM. Oggi sappiamo che si
sogna durante tutto l’episodio di sonno, ma quando usciamo dal sonno REM pronunciamo dei
racconti riguardo il sogno che sono diversi per ragioni legate alla produzione del sogno e al tipo di
recupero e ricordo.
Allora come diceva Salzarulo, dobbiamo uscire dall’equazione REM-sogno e dobbiamo considerare ad
esempio che i MOR (movimenti oculari rapidi) sono presenti dalla nascita anche nei ciechi, nei gatti a cui è
stata asportata la corteccia (decorticati) e nei neonati; per cui i movimenti oculari rapidi non per forza
hanno a che vedere con la scena visiva del sogno. La cosa interessante è che se vengono soppresse le PGO
durante il REM nei gatti attraverso la PCPA (che è un inibitore degli eventi fasici del REM), si osserva che le
PGO vengono trasferite nella veglia. Ciò comporta che il gatto inizia ad avere disturbi comportamentali di
agitazione psicomotoria analoga all’agitazione psicomotoria nelle condizioni psicotiche. Le onde PGO sono
tipiche del gatto, nell’uomo la loro presenza non è stata dimostrata. Però resta il fatto che alcuni autori
ipotizzano che il sogno sia il fenomeno equivalente al fenomeno di delirio, che però accade durante il
sonno, evidentemente perché durante di esso ci è permesso di delirare e di avere allucinazioni; quando
siamo svegli invece il meccanismo deve essere inibito. A questo punto si è arrivati a credere che il delirio
non è altro che un’irruzione di sogno durante la veglia. Questa ipotesi è stata molto dibattuta, in quanto
alcuni autori hanno detto che ad esempio molti psicotici non soffrono di allucinazioni ma presentano solo la
sintomatologia negativa (qualcosa che dovrebbe essere ma non c’è), alcuni ancora hanno detto che i sogni
di alcuni schizofrenici ad esempio non contengono elementi allucinatori e deliranti.
L’approccio cognitivo ha cercato di spiegare come viene prodotto il sogno, quali sono i meccanismi alla base
e soprattutto qual è il motore del sogno. Un nuovo modello cognitivo della produzione del sogno è quello
di Foulkes (1982, poi rivisto nel 1985): nella produzione del sogno vi è un unico generatore, se si sveglia una
persona dal sonno REM o dal sonno NREM, questa racconterà lo stesso un sogno, ma che ha delle
caratteristiche differenti. L’idea è che quindi vi è un’attività mentale in entrambi i tipi di sonno e di sogno,
ma che ci siano delle caratteristiche differenti che possano spiegarlo. Foulkes quindi fondamentalmente
dice che il sogno viene prodotto sia in sonno REM che in sonno NREM, proprio perché il motore alla base di
esso è unico. Inoltre la produzione di sogno deriva da questi 3 processi:
150
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
1. Attivazione diffusa dei sistemi di memoria che fa emergere elementi mnestici (immagini e
impressioni). La selezione di questi elementi non si sa ancora in base a cosa viene fatta, se vengono
selezionati elementi salienti, se invece la selezione è casuale, e così via.
2. Inizia una sorta di montaggio (pianificazione inconscia) che mette insieme tutti gli elementi
mnestici così da dare una struttura e coerenza al materiale.
3. Organizzazione conscia che interpreta e integra i dati in una storia chiamata “sogno”.
La differenza che spiega perché quando un sogg. Si sveglia dal REM ha un tipo di resoconto differente
rispetto a quando il sogg. Si sveglia dal NREM è l’accessibilità alle fonti di memoria. Sarebbero la maggiore o
minore disponibilità delle fonti di memoria e la più o meno alta capacità di organizzarle in strutture coerenti
a determinare differenze nell’esperienza mentale dei due tipi di sonno.
SONNO REM maggiore attività corticale, più alta capacita di organizzazione e maggiore accessibilità alla
memoria.
SONNO NREM bassa attività corticale, minore capacità di organizzazione e accessibilità alla memoria.
Più tardi viene formulata la teoria del doppio generatore di Hobson e McCarley, che si basa sull’ipotesi
dell’attivazione-sintesi secondo quest’ipotesi il sogno è casuale, vi sono degli impulsi nervosi che
durante il sonno iniziano a bombardare il tronco encefalico (attivazione del TE si autoattiva il sistema
mente-cervello), dopo di che la corteccia, il proencefalo e le aree sottocorticali che presiedono alla
memoria, tentano di dare un senso a questi impulsi casuali, di costruire una sorta di “trama”. Quindi gli
elementi del sogno vengono attivati in maniera casuale ed è la corteccia che cerca di dare
un’organizzazione e un senso a tale materiale (sintesi).
blocco delle uscite motorie (più forte nel sonno REM perché caratterizzato da atonia muscolare, rispetto al
sonno NREM), il sistema mente-cervello internamente attivato viene scollegato dagli ingressi motori e deve
anche inibire la risposta motoria in modo tale che i comandi motori non vengano eseguiti. Per far sì che
vengano annullati gli atti motori, vi è un’inibizione dei neuroni motori, midollo spinale e tronco cerebrale;
quindi dall’alto arriva quest’inibizione che blocca i neuroni e il midollo per impedire che durante il sonno ci
muoviamo e ci svegliamo. Tale blocco delle uscite motorie impedisce il risveglio a causa della stimolazione
sensoriale che tali movimenti inevitabilmente rimanderebbero alla corteccia.
RIEPILOGO: mente-cervello attivata che elabora l’informazione, escludendo i dati sensoriali provenienti
dall’esterno, ma lavorando solo su ciò che scaturisce dall’interno (blocco degli ingressi sensoriali); inoltre
non agisce sulla scorta dell’info generata internamente (blocco delle uscite motorie). La mente lavoro solo
su stimoli interni grazie ad una generazione interna dei segnali. Un esempio sono le ONDE PGO=
manifestazione di un segnale informativo generato internamente con origine nel tronco cerebrale. Dopo
che il sistema mente-cervello viene attivato, vi è una sintesi, che come dice Hobson avviene in maniera
differente in base a come siamo fatti noi; cioè la nostra mente organizza e struttura tutto il materiale
costruendo una “trama”, in base ai nostri tratti di personalità, alle nostre esperienze passate e alle
informazioni immagazzinate nella nostra memoria.
STUDIO DI NEUROIMAGING: Maquet condusse uno studio utilizzando la PET per vedere quali aree del
cervello si attivano di più e quali di meno sia durante il sonno a onde lente sia durante il sonno REM,
rispetto alla veglia.
- Sonno a onde lente: aree attivate di più rispetto alla veglia ?, Maquet non le descrisse perché
probabilmente, anche se vi sono aree attivate durate il sonno a onde lente, in realtà non sono
attivate di più rispetto alla veglia. Oggi sappiamo, grazie a studi più recenti, che le aree attive
durante il sonno a onde lente sono le aree mediotemporali (ad esempio l’ippocampo, importante
per la memoria dichiarativa). Aree meno attivate rispetto alla veglia ponte, mesencefalo, talamo
(quindi aree più basse), la corteccia prefrontale, gangli della base, ipotalamo, proencefalo basale,
corteccia cingolata anteriore
- Sonno REM: aree attivate di più rispetto alla veglia aree legate all’affettività come la corteccia
cingolata e l’amigdala, ciò spiega anche perché il sogno proveniente dal sonno REM sia più carico
dal punto di vista emotivo. Inoltre ponte, nuclei talamici, aree temporali-occipitali. Aree meno
attivate rispetto alla veglia corteccia prefrontale dorso-laterale, corteccia parietale, corteccia
cingolata posteriore.
Schwartz e Maquet hanno osservato che alcune caratteristiche del processo onirico sono condivise da
sindromi neurologiche, ovvero hanno cercato di trovare dei correlati neurologici nel sogno. Si sono
152
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
focalizzati fondamentalmente sugli aspetti della bizzarria e hanno visto che vi sono alcuni pazienti
neurologici che presentano determinate caratteristiche in veglia che provengono da determinati tipi di
lesioni cerebrali; tali caratteristiche sono presenti, seppur in maniera diversa, nelle persone normali che
stanno sognando. (esempio di pazienti osservati pazienti con sindrome di Fregoli= confusione di volti, il
paziente riconosce persone che in realtà lui non conosce; pazienti con acromatopsia= incapacità di
percepire qualunque colore). La cosa interessante è il fatto che le persone che in sogno presentano
determinate caratteristiche analoghe alle caratteristiche dei pazienti neurologici, è spiegato dall’attivazione
di determinate aree cerebrali durante il processo onirico. Ad esempio nell’acromatopsia vi è una maggiore
attivazione delle aree occipitali (giro fusiforme), che spiega perché il soggetto sogna in bianco e nero, e la
stessa attivazione delle aree occipitali la si osserva nei pazienti neurologici che presentano acromatopsia.
Per cui Maquet e Schwartz concludono che le caratteristiche del sogno possono essere mappate secondo
una specifica distribuzione delle aree cerebrali attivate, ciò significa che se utilizziamo la PET su una
persona che sta dormendo e vediamo che si attivano determinate aree cerebrali, ci possiamo aspettare dei
resoconti onirici con caratteristiche qualitativamente differenti rispetto ad un’altra persona alla quale
invece si erano attivate altre aree. Ovviamente possiamo utilizzare questo modello “predittivo” delle
caratteristiche del sogno solo se vi è una segregazione delle aree cerebrali attivate.
153
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
15° LEZIONE
Noi nella nostra prima lezione abbiamo detto che dobbiamo dedicare l’attenzione un po’ a tutti gli aspetti
legati al tempo, quindi anche allo sviluppo, intendendo la maturazione e i cambiamenti che avvengono con
l’età, naturalmente sempre rispetto al ritmo sonno - veglia, quindi all’organizzazione dell’attività mentale,
del modo in cui noi funzioniamo in relazione all’alternanza fra sonno e veglia; oggi, quindi, analizziamo le
variazioni con l’età. Quando diciamo “variazioni con l’età”, sostanzialmente dobbiamo fare riferimento a
due fasce estreme di età che sono il bambino piccolo e l’anziano (perché dai 2 anni fino ai 40 succede
poco).
154
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
155
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
156
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
movimenti oculari (come il sonno NREM dell’adulto). Inoltre, il tracciato EEG, nei primi due mesi di
vita del bimbo risulta molto confuso e viene chiamato “tracè alternant” (cioè “tracciato
alternante”); il quale è caratterizzato da momenti di onde lente e momenti di onde lente seguite da
un improvviso abbassamento dell’ampiezza e della frequenza (nel tracciato EEG dell’adulto
vediamo invece le onde lente, nel sonno dello stadio 2 vediamo delle figure caratteristiche che
chiamiamo fusi del sonno e complessi k… cosa che nel bimbo non compare);
SONNO ATTIVO= Nel sonno attivo ci sono dei movimenti oculari, ci sono i movimenti del corpo, c’è
l’atonia muscolare del mento, già compaiono nel bambino piccolo i classici elementi basici e tonici
del REM, c’è anche una difficoltà nella regolazione del respiro e del battito cardiaco (come il sonno
REM dell’adulto); la differenza con gli adulti è che qualche volta il bambino piccolissimo dorme con
gli occhi aperti, per cui questo parametro non può essere considerato come una caratteristica della
veglia;
SONNO AMBIGUO (o SONNO TRANSIZIONALE, INDEFINITO)= è un sonno che presenta caratteristiche
miscelate sia del sonno a onde lente (sonno calmo) sia del sonno REM (sonno attivo), del sonno
attivo, anzi voi vedete un po’ le caratteristiche di tutte e due che sono miscelate. Il sonno ambiguo
è interessante, da un punto di vista funzionale perché ci potremmo chiedere “è il cervello che non
riesce a tenere stabile né il sonno attivo né il sonno calmo?” oppure “il sonno ambiguo ha tali
caratteristiche perché è simile al sonno transizionale degli animali studiati da Giuditta {i topi che
imparavano meglio avevano la sequenza “SS-TS-PS” [ovvero di “SonnoSincro(sonno NREM) -SonnoTransizionale-
157
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
158
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Rem.
1. PASSAGGIO DALLA POLIFASICITA’ ALLA MONOFASICITA’= il bambino appena nato è polifasico e continua ad
essere polifasico per un certo periodo di tempo, fin quando non si realizza un processo che viene chiamato
“Sleep Consolidation” ovvero il consolidamento degli episodi di sonno che vanno a compattarsi nel periodo
notturno e quindi ci danno poi un passaggio alla polifasicità del ritmo sonno-veglia [il termine in grassetto non
va confuso con “Sleep Dependent Memory Consolidation” che riguarda il consolidamento in memoria di cui abbiamo
parlato lungamente nel sonno a onde lente].
159
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
bambino non esiste, perché non c’è un carico di S durante la veglia, per cui si può dire che la reazione
omeostatica è praticamente assente (da 5 mesi in poi compaiono dei fenomeni che fanno aumentare il
processo S).
2. LIEVE DIMINUZIONE DELLA DURATA DI SONNO NELLE 24 ORE= La seconda principale modifica del sonno nel
corso del primo sviluppo è che con l’aumentare dell’età, c’è una lieve diminuzione della durata totale di
sonno nelle 24 ore: il neonato dorme inizialmente 22-20 ore, poi 14-15 ore, a 3-6 mesi a 12-13 ore, quindi
complessivamente nelle 24 ore, man mano che cresce dorme
un po’ di meno.
Questa è la rappresentazione di una retta di regressione che
indica il fenomeno della riduzione delle ore di sonno nel
tempo: praticamente, questo grafico è ottenuto dal risultato
di un’analisi in cui sono stati presi tanti studi, sono stati messi
insieme e si è ottenuto tale risultato.
3. DIMINUZIONE DELLA DURATA DEL SONNO DIURNO E AUMENTO DELLA DURATA DEL SONNO NOTTURNO= La terza
principale modifica del sonno nel corso del primo sviluppo in realtà ve l’ho già spiegata è quella della “Sleep
Consolidation” ovvero la riduzione naturale del sonno diurno e il progressivo collocamento del sonno nella
fascia di buio: quindi il sistema diventa più sincronizzato con secondo l’alternanza di luce-buio ambientale.
Uno dei suggerimenti che spesso si danno alle mamme che dicono “il mio bimbo non dorme mai di notte” è
quello di cercare di aumentare l’esposizione del bambino alla luce del giorno e fargli fare una passeggiate in
passeggino durante il giorno cercando di sincronizzarlo con i ritmi luce-buio, con i ritmi giorno-notte della
famiglia. Gli studi di Daniel Wolff (ricercatore tedesco) hanno dimostrato che il bambino si sincronizza ai
ritmi biologici di sonno-veglia dei genitori ma anche i genitori si sincronizzano al ritmo sonno-veglia del
bambino.
Il grafico mostra l’andamento speculare dell’episodio
di sonno nella notte (losanghe nere) e il tempo di
sonno nel giorno (losanghe bianche); ovviamente le
due cose vanno in maniera assolutamente speculare:
alla salita di tempo di sonno notturno corrisponde la
discesa del tempo di sonno diurno.
160
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
diventano più frequenti episodi di veglia superiori ad un’ora; infine aumenta la durata degli episodi di
sonno più lungo che si colloca nel periodo notturno.
RISVEGLI NOTTURNI
La capacità di sostenere un episodio di sonno nel corso della notte per periodi sempre più lunghi è parallela
alla diminuzione dei risvegli notturni. Questo sembra un concetto ovvio, ma in realtà non lo è se pensiamo
alla configurazione dei risvegli: se vogliamo vedere il profilo dei risvegli, la prima cosa che dovremmo fare è
vedere i “risvegli spontanei” nel bambino pre-termine (però è una cosa estremamente complicata,
estremamente complicata e specialistica e quindi li potete saltare);
Vi chiedo solo una cosa: “secondo voi quando è che i bambini che stanno nel grembo della mamma sono più
attivi?” quando la mamma dorme, infatti, ecograficamente, per qualche stranissima ragione che non è
spiegata, il massimo livello di attività corporea nell’utero è massima alle 3 del mattino (forse il bimbo è più
attivo quando la temperatura della madre cala, più o meno verso le 3 di notte).
Ora, avendo definito i vari tipi di veglia, una cosa che possiamo vedere è che con la “waking active” (ovvero,
la veglia di necessità) il bambino sta sveglio solo per mangiare, tale linea, però si riduce e si azzera quasi
completamente già all’ottava settimana; qui
inizia ad aumentare il livello di “alert inactive”
(veglia un po’ inerte) che rimane
preponderante fino alla settima-ottava
settimana e poi scende anche questa; dalla
settima-ottava settimana aumenta la
proporzione di “alert active” in cui il bambino
vuole stare sveglio anche per le altre cose e
comincia ad esplorare con lo sguardo, riceve gli stimoli in maniera più significativa dell’ambiente e quindi è
un po’ più sveglio.
161
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Questa è la riduzione dei risvegli notturni nel primo anno di vita, che è il risultato
di tutti gli studi che l’hanno esplorata: quello che si vede è più o meno sempre la
stessa cosa, cioè una tendenza alla discesa, quindi un abbassamento di un valore
che è necessariamente più alto nei primi mesi e nel corso dell’anno si riduce.
ormai abbiamo imparato che la riduzione dell’ coincidono, quali l’omeostasi (latenza del
sonno REM), la dissipazione del processo S e
omeostasi è l’andamento del sonno a onde ente);
la curva ascendente della temperatura.
Però ci possiamo chiedere se c’è una circadianità, e
quindi il processo C: rispetto a questo, devo dire che, gli studi non sono moltissimi perchè lavorare
con una popolazione di bambini molto giovane è difficile; però, si è evinto che nel bambino vi è una
differenza interindividuale sulla circadianità: ci sono dei bambini in cui compare una circadianità
della temperatura sin dalle prime settimane e ci sono bambini invece in cui questa circadianità è
162
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
completamente assente; poichè non c’è una prevedibilità della curva della temperatura, molti
autori sostengono che il fatto che non ci sia tale circadianità sarebbe la causa dei risvegli molto
frequenti dei bambini, e il fatto che nel corso del tempo tali risvegli diminuiscono è perché
progressivamente si sta avendo lo sviluppo di questa ritmicità circadiana della temperatura.
Le frequenti transizioni sonno-veglia durante i primi mesi di vita (dai 4- 5 mesi in poi) possono essere solo
parzialmente spiegate da fattori omeostatici: questa è un’ipotesi
molto complessa fatta da Fagioli nel 2002. Nei bambini dai 4-5
mesi in poi, quando la durata della veglia si allunga, voi iniziate a
vedere degli sketch di regolazione omeostatica in cui comincia ad
essere chiaramente fotografata l’andamento del sonno a onde
lente.
Ora, una cosa che ci interessa è appunto la maturazione del tracciato EEG
che a un certo punto inizia a presentare le caratteristiche che noi
abbiamo visto nel soggetto adulto. Quando compaiono queste cose?
I fusi intorno al 2° mese;
le onde lente più classiche intorno al 4°-5° mese.
Ecco, una cosa che vi volevo dire: al punto 5 di questa slide c’è la
“distribuzione alternata del quite sleep” o meglio “la distribuzione
alternata del sonno a onde lente del quiet sleep”: in pratica, voi avete un
163
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
curioso fenomeno per cui il sonno a onde lente non c’è in tutti i cicli: c’è un ciclo si (in cui si accumula una
certa quantità di pressione, spinta S, e compare il sonno a onde lente) e un ciclo no (in cui non essendoci
abbastanza pressione vi è il sonno calmo ma non c’è il sonno a onde lente) e questo potrebbe essere
interpretato come l’espressione precoce di omeostasi.
IL SECONDO MESE
Nel secondo mese cambia un po’ la veglia perché il bambino diventa
sempre più capace di percepire patterns complessi, quindi diventa
più abile da un punto di vista senso-motorio (acquisendo la
percezione, il controllo motorio, postura..), migliora la coordinazione
visuo-motoria e compaiono, come detto, le ritmicità circadiane. Vi è
poi la comparsa dell’alert activity, compaiono i fusi del sonno,
l’organizzazione dell’attività oculare diventa simile a quella
dell’adulto, scompare il “tracè alternant”, c’è una maggiore
differenziazione della frequenza cardiaca tra “sonno calmo” e “sonno
attivo”, di nuovo il sonno diventa prevalente nel periodo notturno
rispetto a quello diurno e l’addormentamento finalmente passa dall’addormentamento in sonno attivo
all’addormentamento in sonno calmo.
ALL’ETA’ DI UN ANNO
All’età di un anno il sonno notturno è costituito da 1-2 episodi
caratterizzati da poche e brevi interruzioni, le variabili fisiologiche hanno
assunto caratteristiche molto simili a quelle dell’ adulto, il sonno a onde
lente è prevalente nella prima parte della notte e le attività oculari
diventano organizzate in salve. Stiamo dicendo più o meno sempre la
stessa cosa.
164
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA
Dobbiamo dire, infine, pochissime cose dell’ infanzia e dell’ adolescenza:
nell’infanzia (6-16 anni) si riduce solo un po’ lo stadio 4,
aumenta lo stadio 2 e vi è una lieve riduzione della la durata di
sonno nelle 24 ore;
in età preadolescenziale scompare la prima fase di sonno REM,
cioè quel fenomeno che noi abbiamo chiamato “skipped REM”
(ovvero “REM saltate”): praticamente per poco andiamo nel
sonno a onde lente, poi invece di passare al sonno REM c’è un risveglio e successivamente si passa
direttamente in stadio 2 (in pratica inizia il secondo ciclo senza che il primo ciclo sia stato
completato).
165
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
dormano di meno non è vero, ma bisogna considerare che queste persone normalmente fanno pisolini
diurni
In questo schema la latenza è più o meno uguale in tutti gli studi tranne nell’ultimo studio (svolto da
noi, su soggetti di età compresa tra i 77-98 anni, in una casa di riposo nelle vicinanze di Firenze) in cui
ci sono 62 minuti ovvero un’ora di latenza di sonno.
Poi si vede una riduzione dell’efficienza: in particolare, nello studio correlazionale di Giuliana Mazzoni
è emerso un valore pari al 76% di efficienza che è pochino (cioè significa che un quarto del tempo
trascorso a letto è un tempo trascorso da svegli).
C’è sicuramente un dato molto significativo nella veglia dopo l’addormentamento o WASO.
Vediamo i risvegli: il problema degli anziani non è tanto che si svegliano di più, ma che quando si
svegliano fanno più fatica a riaddormentarsi per cui quello che si chiama tecnicamente lo “sleep re-
onset” (ovvero, il “riaddormentamento dopo il risveglio”) è particolarmente complicato.
Quando andate a vedere la proporzione degli stadi noterete che gli anziani non vanno più in sonno a
onde lente.
166
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
slide ci riporta “la riduzione del sonno REM”: nell’anziano, in particolare, vi è una riduzione dello
“slow-wave sleep” che comporta un cambiamento nella distribuzione del sonno REM nel corso
della notte (nel giovane, invece, il sonno REM sta tutto quanto nello “Slow-Wave Sleep”, quindi
compare dopo la 3°-4° ora di sonno e poi piano piano si allunga e voi avete un ultimo ciclo e sonno
REM): elettrofisiologicamente, nei tracciati degli anziani voi vedete delle lunghe epoche di sonno in
cui ci sono onde lente ma di ampiezza molto bassa (sono ampie 30-40 microonde) e quindi, non
riconoscendole, le classificate come onde non lente; a questo punto Webb e Dreblow nel 1982,
propongono di togliere il criterio dell’ampiezza delle onde (secondo cui per siglare lo stadio 2 e lo stadio
4 le onde devono avere una frequenza da 0 a 5 hertz e l’ampiezza deve superare i 75 microonde) e, facendo
così, viene fuori che le proporzioni di sonno a onde lente nell’anziano sono esattamente le stesse
del giovane
LIVELLI DI GH E CORTISOLO
Le cose non cambiano in maniera drastica a 70 anni: le cose a
volte cambiano molto prima; per cui, per ogni parametro
dell’anziano, relativo al sonno e al sonno-veglia, che troviamo
diverso dal giovane, dobbiamo immaginare una traiettoria life-
span, cioè la traiettoria che fotografa il ciclo di vita. Se noi
prendiamo uno dei classici parametri fisiologici legati al sonno,
che è la secrezione di GH plasmatico (risultato di una serie di
episodi di “Slowly Sleep Wave Effect”) vediamo che la quantità di
GH diminuisce a 25 anni, ciò significa che sarebbe un po’ assurdo dire che il cambiamento del GH è un
cambiamento dell’invecchiamento.
167
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Se vediamo il livello di sonno, esso ha un andamento differente caratterizzato dall’ aumento del cortisolo
plasmatico nelle varie epoche della vita, ed è costituito, sostanzialmente da una funzione lineare: in
particolare in tutte le età, se noi vediamo i livelli di cortisolo plasmatico totale nelle 24 ore, ci accorgiamo
che si verifica una condizione, chiamata “acrofase del mattino”, in cui i valori del cortisolo raggiungono un
picco massimo al mattino; nell’anziano, invece, oltre ad innalzarsi dell’acrofase del mattino, si innalza anche
il livello di cortisolo al nadir serale (cioè negli anziani abbiamo il cortisolo dove dovrebbe esserci il minimo)
e questo significa che l’ampiezza del ritmo circadiano cala e si riduce.
168
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
soggettiva negli anziani, nonostante essi abbiano un sonno frammentato, si lamentano poco e sostengono
di dormire bene per il 60% dei casi (sono pochi quelli che dicono di dormire realmente male); il motivo per
cui la percezione di qualità soggettiva è migliore nell’anziano rispetto al giovane, è che il primo (anziano) è
abituato a dormire in modo frammentato, mentre per il secondo (giovane) un episodio di sonno
frammentato è qualche cosa di inconsueto.
TEMPO MEDIO DI RIADDORMENTAMENTO
Questo è però il problema del riaddormentamento: il numero di
risvegli dell’anziano è intermedio tra quello del bambino piccolo e
quello del giovane, mentre la durata del riaddormentamento
nell’anziano è nettamente superiore sia al tempo che impiegano i
bambini che al tempo che impiegano i giovani per riaddormentarsi.
169
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Un altro dato abbastanza significativo è che l’anziano si sveglia più facilmente perchè ha meno fusi del
sonno (i fusi del sonno vengono considerati sistemi di stabilizzazione del sonno: hanno la funzione di
difenderci dalle interferenze esterne e interne durante il sonno e sono l’espressione di un’attività cerebrale
rimpiegata all’interno); a tal proposito c’è uno studio molto bello di un collega cinese che si chiama Dang
Wu che fa vedere come l’esposizione ai rumori sveglia di più i soggetti anziani che hanno meno spindles,
ovvero meno fusi del sonno.
INCERTEZZA FUNZIONALE
Per l’anziano abbiamo detto che:
i risvegli spontanei sono più frequenti e di maggiore durata;
i cicli di sonno sono abbreviati e incompleti;
ci sono delle modificazioni organizzative degli stati di sonno;
Tutto questo definisce la cosiddetta “incertezza funzionale”, ovvero l’incapacità di sostenere stabilmente gli
stati di veglia e gli stati del sonno. Quando poi avete fatto il “processo L” con la dottoressa Conte vi avrà
sicuramente parlato di quegli studi sugli anziani in cui c’erano quelle variabili di passaggi di stato, di periodi
di incertezza funzionale (per esempio: intensifichiamo l’attività cognitiva, c’è il cambiamento dei parametri
170
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
del livello di stabilità e di organizzazione), ecco, mi piacerebbe che voi conosceste queste variabili perchè
completano un po’ questo discorso.
171
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
16° LEZIONE
Cronotipologie.
Per spiegare la regolazione del sonno facciamo riferimento al modello di regolazione a due processi di
Borbely, però vi sono delle cose che rendono complicato il modello, tenendo conto del fatto che esistono
delle variazioni interindividuali; queste sono legate a:
- Età nei bambini e negli anziani i meccanismi di regolazione del sonno subiscono modifiche
- Fattori sociali e lavorativi esistono contesti in cui i ritmi sonno-veglia cambiano profondamente
- Tratti di personalità
- Fattori genetici
- Tipologie circadiane
gufo simbolo della tipologia serotina o serale (coloro che preferiscono stare svegli e svolgere le proprie
attività la sera), allodola simbolo della tipologia mattutina (coloro che preferiscono stare svegli e
svolgere le loro attività al mattino). Il 66% della popolazione rappresenta la tipologia intermedia, quasi 7
individui su 10 in realtà non hanno una marcata preferenza né per le ore serali né per le ore mattutine;
mentre sulle code della distribuzione Gaussiana troviamo gli estremamente mattinieri e estremamente
serotini, rispettivamente 15% e 19%. Solitamente dall’adolescenza in poi vi è una preponderanza di
serotini, quindi la tipologia circadiana è fortemente modulata dal fattore età.
Mattutino soggetto che si sveglia presto al mattino, più attivo e disponibile nella prima metà della
giornata, va a letto presto la sera.
Serotino soggetto che stenta ad alzarsi al mattino, più attivo nella seconda parte della giornata e rimane
sveglio fino a tarda notte.
172
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
il livello di vigilanza soggettiva subito dopo il risveglio e prima di andare a letto. La classificazione degli
individui è composta da:
- Assolutamente mattutino;
- Moderatamente mattutino;
- Intermedio;
- Moderatamente serotino;
- Assolutamente serotino.
Quali sono le variazioni fisiologiche alla base della mattutinità e serotinità? Chiaramente ci aspettiamo
variazioni in termini di temperatura, di livelli di cortisolo e di secrezione della melatonina.
Se il picco minimo e massimo della temperatura corporea nel soggetto intermedio è posto intorno alle 5 del
mattino e alle 5 del pomeriggio, i picchi sono spostati nei mattutini ad esempio intorno alle 3 di notte e 3 di
pomeriggio, viceversa nei serotini intorno alle 7-8 di mattina e sera.
Esistono delle associazioni tra mattutinità e serotinità e alcune caratteristiche psicologiche. Tali
caratteristiche psicologiche sono state individuate usando un certo tipo di concezione della personalità,
secondo cui esistono dei tratti della personalità (teoria dei tratti). Attraverso un’analisi fattoriale alcune
delle grandi caratteristiche della personalità umana vengono condensate e racchiuse in fattori maggiori. Ad
esempio Eysenk (uno dei più grandi teorici della personalità umana) inizialmente individuò due grandi
fattori, il Nevroticismo e Introversione/Estroversione, mentre più tardi individuò un terzo fattore che è lo
Psicoticismo. Quindi più o meno possiamo caratterizzare gli individui attraverso la grandezza di queste tre
dimensioni specifiche.
Si è visto che i mattutini sono tendenzialmente più introversi e allo stesso modo che vi è un’associazione
tra la mattutinità e il nevroticismo (il contrario della stabilità emotiva). Inoltre vi è un andamento
dell’umore nel corso della giornata un po' particolare (dalle ore 9.00 alle 16.00 l’umore è migliore, poi dalle
16 in poi vi è un peggioramento dell’umore).
Per quanto riguarda i serotini specularmente vi è una marcata tendenza verso l’estroversione ed è più
presente il fattore dello psicoticismo (questo fattore riassume alcune caratteristiche che sono amplificate
nelle situazioni di psicosi, ad es. la difficoltà ad essere empatici, difficoltà relazionali, freddezza emotiva,
tendenza all’aggressività; tutte queste caratteristiche non confluiscono per forza nella psicopatologia).
173
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
L’andamento dell’umore è diverso rispetto a quello dei mattutini, poiché è progressivamente migliore
durante il corso della giornata. È interessante osservare che quando si parla di disturbi affettivi, ad esempio
nella depressione l’umore solitamente migliora durante il corso della giornata, quindi c’è un umore
estremamente basso durante le prime ore del mattino e invece va meglio nelle ore serali; questo è un
modo a volte per fare una diagnosi tra la depressione legata a cause psicologiche o psicofisiologiche e una
depressione con una componente somatica molto forte, legata soprattutto all’astenia (esaurimento
psicofisico), presente in alcune malattie endocrinologiche; in questo ultimo caso si ha un umore molto
migliore al mattino, poi man mano che le attività vanno avanti e il soggetto si stanca, la sera l’umore
peggiora sensibilmente.
*grafico sull’umore soggettivo differenza nelle ore del mattino fra i morning types e evening types
(mattutini e serotini), gli evening types fino a mezzogiorno sono posti nettamente + in basso, poi salgono
piano piano andando verso i livelli dell’umore dei morning types, questi incrociano intorno alle 4 del
pomeriggio, poi dalle 4 del pomeriggio l’umore peggiora per i morning types e migliora per gli evening
types.
Nella regolazione del ciclo sonno-veglia i mattutini sembrano sostanzialmente più rigidi, cioè il serotino
sopporta meglio i cambiamenti imposti dalle pressioni, abitudini e obblighi sociali e quindi si mostra più
flessibile ai cambiamenti del ciclo.
*grafico sull’andamento della melatonina nella saliva dei tipi mattutini e tipi serotini. La produzione serale
di melatonina nei serotini è più bassa, questo spiega perché il sonno non viene favorito. Questo è
all’interno di un paradigma di costant routine, esattamente come vediamo le differenze nella produzione di
melatonina tra brevi e lunghi dormitori, analogamente nei mattutini e serotini abbiamo bisogno di isolarli
dal ciclo luce-buio per vedere qual è la tendenza endogena alla produzione di melatonina.
Altre differenze interindividuali si riscontrano con l’età: l’appartenenza di un soggetto ad una determinata
tipologia circadiana varia in funzione dell’età, fino ai 12 anni di età circa i bambini sarebbero praticamente
tutti mattutini, intorno ai 13 anni si ha una stabilizzazione sulla dimensione serotina; dai 20 anni fino a circa
50 anni la distribuzione è quella descritta precedentemente (66%, 15%, 19%) [chiaramente questo è
fortemente condizionato dai ritmi sociali, mentre le attività degli studenti e degli anziani sono più o meno
analoghe in tutti, nella fascia della maturità lavorativa invece molto dipende dal tipo di lavoro che uno
svolge], successivamente oltre i 50 anni si ha uno spostamento verso la preferenza mattutina.
174
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
Le prime manipolazioni di sonno consistevano sostanzialmente in privazioni tolgo il sonno per vedere
qual è la sua funzione. Facendo la classificazione delle privazioni, distinguiamo:
- Privazioni totali tenere sveglio il soggetto. Nelle ricerche su animali, si confrontano animali privati
di sonno con animali stressati ma non privati di sonno, questo per assicurarsi che l’effetto che si
riscontra nei primi sia dovuto esclusivamente alla privazione di sonno e non al fatto che l’animale
sia stressato.
- Privazioni selettive togliere alcune fasi del sonno, specificamente il sonno REM oppure
provocando risvegli nel momento in cui il soggetto arrivi in sonno REM; o ancora il sonno a onde
lente attraverso delle superficializzazioni ottenute con delle stimolazioni (nell’uomo solitamente
sono stimolazioni acustiche) sotto soglia di risveglio.
I primi studi che sono stati fatti di privazione erano tutti quanti di privazione di sonno estrema, cioè mentre
negli ultimi anni l’idea è di capire un po' meglio cosa succede nel contesto ecologico (ovvero non tanto cosa
succede se non dormiamo totalmente, ma cosa succede se per una settimana dormiamo 5 ore a notte,
quindi quando vi è un debito di sonno progressivo *come ad esempio viene illustrato nell’esperimento di
Beleny su rapporto tra sonno e funzioni cognitive modello di privazione parziale cronica e cumulativa),
all’inizio si facevano privazioni di sonno estreme, come ad esempio nel modello di Randy Gardner con 264
ore consecutive di deprivazione di sonno (=11 notti). Quando facciamo questo tipo di privazione e vogliamo
vedere gli effetti sull’uomo o sull’animale, quello che facciamo è distinguere gli effetti fisiologici nel corso
della privazione e gli effetti fisiologici sul sonno di recupero. Per quanto riguarda i primi effetti nello studio
di Randy Gardner vi erano manifestazioni fisiologiche piuttosto ridotte (produzione di cortisolo tutto
sommato normale, temperatura tutto sommato normale, ritmi circadiani mantenuti, normale pressione
sanguigna, ECG nella norma, EEG nella norma a parte l’eccessiva sonnolenza), quindi in realtà l’effetto di
privazione di sonno è un effetto che si esplica quasi tutto sulla corteccia cerebrale, per cui vi è
naturalmente un deterioramento significativo delle funzioni psichiche. Per quanto riguarda gli effetti sulle
notti di recupero, troviamo un cambiamento quasi tutto a carico del sonno a onde lente, che satura i primi
cicli e fa in modo che venga dissipato più rapidamente il processo S che si è accumulato parecchio; in sintesi
quello che notiamo è un sonno in cui il tempo tot di sonno non aumenta moltissimo, il REM non aumenta
moltissimo, ma prevalentemente ciò che si recupera molto è il sonno a onde lente. In conclusione gli effetti
sul sonno di recupero sono: effetti negativi limitati al cervello e al comportamento, diminuzione della
temperatura corporea ma con contromisure per ridurre la dispersione di calore, ritmo circadiano della
sonnolenza molto evidente, prolungato periodo di sonno nel recupero con maggiore quantità di sonno a
onde lente e un po' di sonno REM in più. Nelle successive notti di recupero solo alcuni tipi specifici di sonno
175
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
venivano recuperati, in particolare la maggior parte di sonno ad onde lente e circa la metà di sonno REM;
questa cosa è stata fatta su + soggetti con risultati analoghi.
Jim Horne conia una teoria secondo la quale esiste un sonno nucleare e un sonno opzionale:
- Sonno nucleare: costituito dalle prima 4-5 ore di sonno perché sono le ore di sonno che
contengono il sonno a onde lente in più. Quando c’è una privazione di sonno siamo obbligati a
saturare quella parte del sonno con sonno a onde lente, che è appunto definito sonno nucleare.
- Sonno opzionale: è tutto ciò che viene dopo. Serve a favorire alcune funzioni evoluzionistiche,
come ad esempio riempire le ore di buio prima del sorgere del sole, oppure possiamo pensare a
tutto ciò che il REM rappresenta in termini di attività mentale.
Coloro che sono contrari a questa teoria dicono che sebbene nel sonno che Jim Horne chiama opzionale sia
finito il recupero e la dissipazione del processo S, vengono svolte cmq altre funzioni biologiche molto
importanti e questo è dimostrato dal fatto che se io privo di sonno opzionale a lungo (cioè in maniera
cronica) i soggetti, si noterà un calo delle prestazioni cognitive, sia riguardante le funzioni semplici che più
complesse. Quindi questa teoria del sonno nucleare e sonno opzionale è stata molto discussa.
Potenziali evocati.
Il sistema nervoso durante il sonno ha delle caratteristiche di risposta agli stimoli ambientali differenti. Già
nella definizione di sonno si dice che è appunto uno stato caratterizzato da una ridotta reattività
all’ambiente. I potenziali evocati sono una tecnica che misura la reattività all’ambiente, andando a evocare
una specifica risposta EEG che implica il modo in cui il cervello risponde agli stimoli esterni. Le modificazioni
dipendono dal tipo di stimolo e dallo stato di coscienza (veglia, sonno REM, sonno NREM, stato di coma). Le
risposte possono essere comportamenti osservabili a occhio nudo (se io sveglio una persona questa è
semplicemente una risposta evocata, ma è una risposta comportamentale che può essere osservata a
occhio nudo), risvegli e arousals sono esempi di comportamenti osservabili a occhio nudo; quando non c’è
passaggio di stato, attraverso l’elettroencefalogramma si possono raccogliere delle variazioni (o risposte) di
debole intensità che appunto si chiamano potenziali evocati. Quando io emetto uno stimolo (supponiamo
uditivo), questo viene elaborato da un individuo su diversi livelli del sistema nervoso e man mano che lo
stimolo procede verso le parti alte del sistema nervoso la risposta è più elaborata, quindi nel momento in
cui lo stimolo va al livello del timpano e degli ossicini dell’orecchio medio (dove ci sono dei recettori
nervosi), lì c’è una prima fase dell’elaborazione dello stimolo che si chiama percezione, ma poi lo stimolo va
nelle sedi in cui può essere discriminato e addirittura riconosciuto, analizzato nel suo significato,
176
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
mettendolo insieme a diversi elementi che abbiamo in memoria e che conosciamo già e ad altri stimoli che
vengono raccolti in quel momento. Quindi normalmente ogni stimolo viaggia, andando a interessare alcuni
recettori periferici, poi viaggia lungo dei nervi (che sono nella parte + bassa dell’organismo i nervi spinali,
mentre nella parte + alta i nervi cranici), infine va nelle formazioni via via più alte, quindi prima il tronco
encefalico, poi il talamo, i gangli della base, la corteccia primaria (ad es. uno stimolo visivo interessa il lobo
occipitale, che è la cosiddetta area 17), successivamente va in aree secondarie della corteccia e nelle aree
associative (dove c’è il massimo dell’elaborazione e dell’integrazione con tutti gli altri stimoli che
provengono dall’ambiente, quindi le aree associative mettono insieme tutti gli stimoli per poi fare una
sintesi e pianificare la risposta comportamentale). Allora quando un individuo percepisce un qualsiasi
stimoli si hanno delle risposte evocate a livello di tutte queste stazione del sistema nervoso e più la risposta
è periferica tanto più la risposta è veloce, mentre le risposte evocate da aree più alte sono più lente perché
lo stimolo deve fare un viaggio più lungo. Quali sono le varie stazioni dove avvengono le varie risposte
evocate? E come si chiamano queste ultime? Inoltre nel sonno e nella veglia come sono modificate queste?
Le prime risposte si chiamano BAEP (Brainstem Auditory Evoked Potentials), quindi “potenziale evocato
uditivo”, sono esempi di potenziali evocati uditivi, perché ad esempio quelli visivi sono chiamati BVEP
(Brainstem Visual Evoked Potentials). In ogni caso parlando delle BAEP, la latenza è molto bassa, ovvero di
10 millisecondi, proprio perché si trovano nella prima “stazione” (Braintem=tronco encefalico). In sonno i
BAEP sono uguali alla veglia, perché anche se dormiamo la distanza è piccola, quindi l’impulso ce la fa
tranquillamente a raggiungere la stazione del tronco encefalico anche se stiamo dormendo.
I cambiamenti iniziano ad esserci nelle cortecce primarie, laddove vengono prodotti i CAEP (Cortical
Auditory Evoked Potentials), potenziali evocati uditivi corticali. Quindi siamo al livello della corteccia
sensoriale primaria, la latenza di questi stimoli è 35-50 millisecondi. Mentre nel sonno REM non vi è una
sostanziale modificazione perché durante questo stato vi è ancora un livello di conduzione abbastanza
efficace, nel sonno NREM i CAEP sono modificati; quindi il NREM, soprattutto il sonno a onde lente, è uno
stato di ridotta connettività funzionale (connettività funzionale= modo in cui le aree cerebrali comunicano
fra loro. “funzionale” perché le funzioni cognitive non dipendono tanto dall’attivazione di specifiche singole
aree cerebrali come si pensava nella neuropsicologia classica, ma dalla connessione di diverse aree
cerebrali). A fronte di ciò durante il sonno NREM i CAEP sono ridotti o addirittura quasi eliminati.
Poi ci sono due componenti che, nonostante facciano parte della corteccia sensoriale primaria, sono un po'
più tardive. Queste si chiamano N100 e P200 (il numero indica la latenza in millisecondi, ed N sta per
negativo, mentre P positivo). Durante l’addormentamento N100 si riduce, quindi durante il sonno è ridotto.
P200 è una delle pochissime componenti che rappresenta un’eccezione alla legge dei potenziali evocati
177
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
ridotti durante il sonno, quindi curiosamente mostra un aumento dell’ampiezza durante il sonno e questa
modifica stranamente permane anche nel corso del sonno a onde lente.
Queste appena descritte sono risposte a stimoli semplici, risposte precoci, quindi fondamentalmente al
livello del tronco encefalico e della corteccia sensoriale primaria accade una sorta di “percezione”, cioè c’è
una cosa o non c’è una cosa. Possiamo chiedere al sistema nervoso di fare dell’elaborazioni più complesse:
per esempio discriminare tanti stimoli, come accade nel PARADIGMA ODDBALL chiedere al soggetto di
discriminare uno stimolo leggermente diverso dagli altri, “oddball” significa “pallina diversa”, ad esempio
faccio vedere tanti cerchi neri e a un certo punto faccio vedere un cerchio bianco. Quel cerchio bianco non
solo viene percepito per la sua presenza, ma esiste una stazione nel sistema nervoso un po' più alta che
dice “questo stimolo è diverso”, quindi grazie alla quale discriminiamo tale stimolo rispetto agli altri. Nel
paradigma oddball si attiva una componente in conseguenza al fatto che il sistema nervoso sta
riconoscendo uno stimolo diverso in una serie di stimoli identici; tale componente si chiama P300, quindi
una componente più tardiva, latenza di 300 millisecondi, è uguale nel sonno REM rispetto alla veglia,
mentre è assente nel sonno NREM (sia stadio 2 che sonno a onde lente).
Possiamo utilizzare un paradigma linguistica per fare una cosa simile a quella nel paradigma oddball, quindi
possiamo mettere in una sequenza di parole identiche un nome diverso, quindi spostare su un registro
verbale ciò che veniva osservato nel paradigma oddball con stimoli visivi o acustici. In questo paradigma
linguistico si vede la stessa componente P300 e un’altra componente ancora chiamata P450, positiva a 450
millisecondi di latenza. Nella veglia accade che la P300 è più ampia quando gli stimoli sono + frequenti (cioè
quando i nomi sono di maggior frequenza d’uso, ovvero c’è maggior familiarità con tali parole) e quando
sono + salienti; la P450 invece cambia in base alla frequenza ma non in base alla salienza, è come se la
salienza venisse elaborata prima, cioè è al livello delle stazioni della P300 che viene elaborata la salienza di
uno stimolo; una volta stabilito se uno stimolo è saliente o meno allora a quel punto ci si pone il problema
di quanto è familiare e in questo caso il potenziale evocato viene prodotto a un livello un po' più alto.
Quello che accade nel sonno REM è che curiosamente la P300 è assente, mentre c’è una P450 che come
nella veglia è sensibile alla probabilità di occorrenza ma non alla salienza; questo viene spiegato dal fatto
che nel sonno REM non viene valutata molto la familiarità degli stimoli, in quanto vengono accettate le cose
bizzarre, ecco perché la frequenza degli stimoli non viene + elaborata a livello di P300 ma al livello di P450
(quindi in maniera + tardiva). Nello stadio 2 la P300 continua ad essere assente, mentre la P450 diviene
sensibile alla salienza ma non alla probabilità di occorrenza. Nel sonno a onde lente sono assenti entrambe
le componenti perché in questo stadio oramai ci troviamo a livelli troppo alti di elaborazione e la
connettività funzionale è molto ridotta; in generale il sonno a onde lente un po' tutte le funzioni alte non le
consente.
178
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
La stagionalità.
La tendenza alla sofferenza stagionale è stata studiata da un gruppo americano di Norman Rosenthal negli
anni ’70-’80. È stato proposto da loro un questionario, chiamato SPAQ (Seasonal Pattern Assessment
Questionnaire) di valutazione del pattern stagionale; è un questionario che indaga il benessere psicofisico e
le principali funzioni psicofisiologiche a seconda delle stagioni, vi sono numerosi item (per esempio come
dorme il soggetto? Come mangia e quanto mangia? Vi sono variazioni del peso corporeo? Vi sono variazioni
nella tendenza a determinati cibi rispetto ad altri? Come si sente il soggetto in determinati mesi?) e 12
colonne che rappresentano ciascuna ogni mese dell’anno. Alla fine si ottiene un punteggio che si chiama
global seasonality score (punteggio globale della stagionalità), più è alto il punteggio e più il soggetto è
sensibile alle stagioni e mostra un profilo di sofferenza con il cambiamento delle stagioni. Il punteggio
compreso tra 10 e 12 mostra una sub-sofferenza stagionale, una sorta di segnale “sotterraneo” alla
sofferenza stagionale, mentre al di sopra del punteggio 12 si diagnosticano quelli che vengono conosciuti
come “disturbi affettivi stagionali” (seasonal affective disorder SAD). Quindi a un livello più basso
troviamo le sub-SAD, mentre a un livello più alto le SAD.
- SAD invernali (la+ frequente), la maggior parte delle persone incorre in modificazioni dell’umore e
dello stato psicofisico intorno alla fine dell’autunno, quindi verso ottobre-novembre vi è uno shift
(spostamento) dell’umore che resta significativamente peggiore fino all’apparizione della
primavera.
Mentre le SAD invernali sembrano essere legati a variabili biologiche (cioè sicuramente sono direttamente
legate al fotoperiodo, tanto è vero che sono trattate con delle lampade, ovvero con somministrazione di
luce), delle SAD estive invece non si sa se siano collegate direttamente a cambiamenti di tipo biologico *per
esempio il Prof. Condusse una ricerca per vedere la distribuzione dei disturbi affettivi stagionali in alcune
città attraverso la somministrazione di questionari (Capri, Trieste e una città vicino New York che ha la
latitudine molto simile a quella di Napoli). Quello che risultò e che a Capri vi era una prevalenza di disturbo
affettivo estivo nettamente più alta e non vi era nessuna ragione legata al fotoperiodo che distingueva la
prevalenza nella città di Capri da quella della città vicino NY; l’unica variabile che si ipotizzava avesse un
peso su ciò era l’aumento delle attività turistiche a Capri durante il periodo estivo, quindi che in realtà
questa sensibilità stagionale fosse legata + a un differente ritmo lavorativo, un’abitudine socio-lavorativa
differente e non all’aspetto strettamente biologico.
Questo dubbio legame fra il fotoperiodo e il disturbo affettivo stagionale spiega anche risultati inaspettati
in alcune ricerche epidemiologiche condotte nel circolo polare artico; quello che ci si aspetterebbe è un
cambiamento della prevalenza dei disturbi affettivi stagionali e invece non è risultato così. Da un lato ci
sono quelli che dicono che probabilmente questo è il prodotto di un adattamento genetico, per cui
l’elaborazione del segnale luminoso è differente in quei soggetti che vivono in quelle zone. Altri invece
sostengono che bisogna mettere in discussione il legame con il fotoperiodo e la stessa autonomia
diagnostica di questi disturbi.
I disturbi affettivi stagionali sono stati inseriti nel DSM (4-5) e hanno una loro specificità perché sono
considerate delle depressioni atipiche. Le depressioni tipiche hanno una tipica presentazione dal punto di
vista neurovegetativo, cioè il depresso solitamente dorme poco e cala di peso a causa della riduzione di
appetito. Le depressioni stagionali invece hanno un profilo opposto, cioè hanno tra i loro sintomi
l’ipersonnia e l’aumento del peso corporeo legato a una sorta di avidità al consumo di zuccheri e carboidrati
(sintomi neurovegetativi atipici).
180
SERVIZIO TESI, SBOBINATURE E RIASSUNTI
• Email: cinziazollo@outlook.it
181