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LINEAMENTI DI NEUROPSICOLOGIA CLINICA

Capitolo 1

La neuropsicologia è la disciplina che studia i rapporti tra cervello e funzioni cognitive, contribuendo alla
progressione delle conoscenze delle neuroscienze. Essa si avvale di metodi clinici e strumentali,
coniugandosi con le nuove tecnologie e proponendo modelli interpretativi del funzionamento della
mente/cervello.
Oltre a quella clinica, la neuropsicologia presenta diverse angolature, tutte irrinunciabili in quanto
costituiscono un unico corpo dottrinario e un’unica materia di insegnamento.

Capitolo 2
LE ALTERAZIONI DELLE ABILITA’ COGNITIVE DOPO UNA LESIONE CEREBRALE

LA NEUROPSICOLOGIA CLINICA
Il concetto di base della neuropsicologia è che i normali processi cognitivi sono correlati con il
funzionamento di specifici sistemi cerebrali. I danni a tali sistemi possono generare disturbi che si
manifestano con una serie di alterazioni osservabili dal comportamento e valutabili con test. La ricerca
neuropsicologia tenta di rispondere alla domanda generale “come funziona il cervello?”
La neuropsicologia clinica:
- studia specificamente le conseguenze cognitive dei danni cerebrali provocati da eventi patologici di
diversa natura (ictus, traumi cranici …) allo scopo sia di contribuire all’elaborazione di teorie
sull’organizzazione delle funzioni cognitive, sia di comprenderne le basi neuro-funzionali.
- Si occupa di allestire strumenti di valutazione (test, questionari …) utili per esaminare i diversi deficit,
raggiungere una diagnosi clinica e tracciare il profilo cognitivo dei pazienti, al fine di pianificare la
riabilitazione neuropsicologica.

I metodi di ricerca in neuropsicologia clinica sono due:


1) Lo studio di casi singoli o di piccoli gruppi omogenei di pazienti
2) Lo studio di grandi gruppi di pazienti

Lo studio di casi singoli è stato il primo strumento di indagine scientifica delle relazioni tra mente e
cervello. Già nel ‘800 venivano esaminate post-mortem le lesioni cerebrali presenti in pazienti con
specifici disturbi comportamentali.
I primi studi riguardo le correlazioni anatomo-cliniche in pazienti cerebrolesi erano dedicati a
comprendere le basi neurali del linguaggio:
- Broca dimostrò che le abilità linguistiche sono fondamentalmente localizzate nell’emisfero sinistro
e che il giro frontale inferiore sinistro (denominato area di Broca) è critico per la produzione del
linguaggio articolato
- Wernicke osservando pazienti con disturbi del linguaggio e lesioni nel giro temporale superiore
sinistro (denominato area di Wernicke) avanzò la prima teoria sull’organizzazione cerebrale del
linguaggio.

METODI DI INDAGINE DEL CERVELLO


 Metodi neuroradiologici:
metodi non invasivi, come la tomografia computerizzata (TC) o la risonanza magnetica (RM), che
consentono il rilievo della morfologia del cervello e la definizione di sede, estensione e natura delle
lesioni.
Oltre a questi si associa la risonanza magnetica a tensore di diffusione che permette di studiare le fibre
bianche che connettono tra loro le strutture cerebrali.
La correlazione tra sede anatomica del danno e funzione deficitaria non è così diretta. Una certa
patologia danneggia zone del cervello con estensione e localizzazione molto variabili. In alcuni casi la
sede della lesione determina un certo disturbo cognitivo in maniera indiretta: l’effetto cognitivo
osservato può non essere dovuto alla funzione specifica della sede lesionata, ma a quella di un’area
funzionalmente connessa con quella anatomicamente danneggiata (es. una lesione talamica sinistra può
provocare un disturbo del linguaggio che in realtà dipende da un ridotto funzionamento della zona
parieto-temporale sinistra, connessa con il talamo).
Si può correlare un deficit cognitivo con un danno anatomico quando questi altri effetti sono
definitivamente scomparsi (circa 20 giorni dopo la lesione acuta)

 Metodi neuro-funzionali:
metodi che permettono di indagare sia nei pazienti che nei soggetti normali, quali aree del cervello sono
attive durante l’esecuzione di un certo compito.
I primi metodi di neuroimmagine funzionale (PET e SPECT) applicavano un principio scintigrafico per
misurare il flusso del sangue nelle aree cerebrali.
Lo sviluppo della risonanza magnetica funzionale (RMF) ha permesso di ottenere informazioni
funzionanti molto dettagliate senza l’impiego di sostanza estranee.
Un’altra metodica recente è la magnetoencefalografia che registra e misura i segnali elettromagnetici
provenienti dal cervello.
Grazie a questi soggetti si è inteso verificare, nei soggetti sani e nei pazienti, le ipotesi sulle correlazioni
anatomo-funzionali.
Rimane ancora problematico spiegare il motivo per il quale non sempre una lesione cerebrale in una
determinata sede causa lo stesso effetto cognitivo. Sono infatti molto presenti i cosiddetti “casi
negativi” pazienti con lesioni in specifiche aree cerebrali che però non mostrano i deficit cognitivi che
ci si potrebbe attendere.
Per cercare di ovviare a questi inconvenienti si è affermato l’approccio basato sull’analisi dei deficit
cognitivi in gruppi di pazienti il più possibile omogenei per sede della lesione. Con questo approccio si è
potuto confermare che:
- I disturbi del linguaggio sono molto più probabili e frequenti in pazienti con lesioni cerebrali situate
nell’emisfero sinistro
- I disturbi dell’esplorazione spaziale sono più gravi e frequenti dopo lesioni all’emisfero destro.
Questa visione probabilistica, però, non può prevedere gli effetti di una lesione cerebrale sulle abilità
cognitive di un paziente.

LA NEUROPSICOLOGIA COGNITIVA
La neuropsicologia cognitiva ha proposto numerosi modelli per interpretare i deficit cognitivi dei pazienti e
per comprendere come sia articolata l’architettura dei processi cognitivi. La prospettiva adottata si basa sul
presupposto “modulista” che le funzioni del cervello siano organizzate in una serie di processi indipendenti
(moduli) che interagiscono tra loro secondo una precisa gerarchia. I dati fondamentali per comprendere
l’architettura cognitiva in questa ottica modulare consistono nelle dissociazioni cognitive.

Le dissociazioni cognitive, singole o doppie, possono essere scoperte analizzando i deficit cognitivi in
singoli soggetti portatori di patologie cerebrali:
- Dissociazione semplice: si riferisce alla situazione in cui un paziente presenta un deficit selettivo in uno
specifico compito, ma rimane in grado di eseguire un altro compito come i soggetti normali. Es: dopo un
ictus un paziente può diventare incapace di leggere parole nuove, senza senso, mentre è in grado di
leggere correttamente parole che conosce. In questo caso di verifica una dissociazione tra la lettura di
non-parole (danneggiata) e la lettura di parole (conservata).

- Dissociazione doppia: Tuttavia tali osservazioni potrebbero essere spiegate solo dalla diversa difficoltà
del compito: i pazienti potrebbero fallire un compito difficile, ma completare un compito facile 
l’osservazione che due pazienti portatori di lesioni cerebrali diverse, manifestano deficit complementari
in due compiti esclude che la dissociazione possa essere spiegata dalla diversa difficoltà.
Es. se dopo aver osservato pazienti che leggono bene parole conosciute e male le non-parole, si
osservano pazienti con i deficit opposti, e cioè che leggono male le parole conosciute e bene le non-
parole, ciò costituisce una doppia dissociazione nei processi di lettura.
Tali dissociazioni suggeriscono che effettivamente esistono moduli indipendenti per la lettura delle
parole conosciute e di non-parole
La neuropsicologia cognitiva parte dell’assunto fondamentale che le funzioni cognitive sono organizzate
secondo un’architettura composta da più componenti funzionalmente (e anatomicamente) separate; poiché si
assume che una lesione cerebrale non scomponi tale architettura, ma ne inattiva alcuni moduli.
Capitolo 3
IL METODO IN NEUROPSICOLOGIA CLINICA

LA VALUTAZIONE NEUROPSICOLOGICA
La valutazione neuropsicologica si realizza attraverso 4 fasi:
1) Definizione del problema:
il paziente stesso, o i suoi accompagnatori, devono indicare il motivo per cui è stato richiesto
l’intervento. Questa informazione è necessaria per poter iniziare l’inquadramento del paziente.

2) Anamnesi cognitivo-comportamentale:
l’esaminatore deve appurare quando è iniziato il disturbo e come si è evoluto nel tempo. Definire
l’evoluzione dei disturbi significa eseguire una ricostruzione anamnestica, che fornisce elementi cruciali
per comprenderne la causa. Per la raccolta dell’anamnesi è necessario il colloquio con il paziente, ma
anche la collaborazione di un suo familiare.
È importante acquisire informazioni sia circa le abilità cognitive (linguaggio, memoria …), sia circa
l’umore, il comportamento, presenza di allucinazioni e dell’appetito.
A quest’anamnesi si deve associare la raccolta delle informazioni cliniche neurologiche e delle
documentazioni neuroradiologiche per la definizione del tipo di patologia, nonché della sede e
dell’estensione del danno cerebrale.

3) Colloquio clinico:
il colloquio deve essere mirato all’esplorazione delle varie aree cognitive, dando priorità a quelle più
critiche (identificate durante l’anamnesi). Tale esplorazione inizia con l’osservazione dello stato di
coscienza del paziente e della capacità di interagire con l’ambiente. L’esaminatore deve
- indagare l’orientamento temporale (ora, data), l’orientamento spaziale (dove), e l’orientamento
personale (notizie familiari)
- indagare se il paziente ha notato difficoltà nella vita quotidiana, se ha difficoltà a ricordare. Si
ottengono così elementi circa le abilità di sostenere una conversazione e quindi le abilità di
comprensione e produzione del linguaggio.
- Valuta il contenuto del pensiero, la coerenza del comportamento, se vi sono espressioni ostili e il
tono dell’umore
- Valuta l’attività motoria, come cammina e le posture del paziente
Al termine l’esaminatore deve annotare se il paziente ha collaborato con continuità, se ha mostrato
tendenza a distrarsi e se ha coscienza dei propri disturbi.

4) Valutazione neuropsicologica formalizzata:


attraverso una serie di test è possibile stabilire se le abilità di memoria, di linguaggio, di pensiero di una
persona sono adeguate alla sua età e per il suo livello di istruzione oppure se quella persona presenta uno
o più disturbi cognitivi. Dopo aver individuato l’area o le aree deficitarie quindi l’analisi si focalizza
sulla valutazione formalizzata mediante prove specifiche.
L’esame neuropsicologico deve tenere conto che è possibile incorrere in errori di valutazione:
- falsi positivi: considerare come patologiche prestazioni che invece rientrano nella norma)
- falsi negativi: considerare normali prestazioni già patologiche
bisogna ridurre al minimo le cause di errore ed evitare fonti esterne di variabilità, esaminando il
paziente da solo, in un ambiente tranquillo.
Inoltre, bisogna utilizzare procedure standardizzate, cioè che dispongono di materiali e istruzioni
uniformi e tarate. Grazie alla taratura ottenuta su campioni di soggetti italiani normali, gran parte delle
prove disponibili dispone di fattori di correzione per età, scolarità e sesso.

Sommando i fattori ai punteggi grezzi ottenuti dai pazienti si ottengono punteggi


corretti che possono essere convertiti in punteggi equivalenti. I punteggi equivalenti
variano tra 0 e 4 ed esprimono, al netto di età, scolarità e sesso, se la prestazione del
paziente ad una prova è:
- sicuramente al di sotto della norma (punteggio pari 0)
- ai limiti della norma (punteggio pari a 1)
- in quale porzione si situa rispetto alla norma (punteggi da 2 a 4)
Capitolo 4
I DISTURBI DELLA MEMORIA: LE AMNESIE

OSSERVAZIONE CLINICA DELLE AMNESIE


L’amnesia è un disturbo selettivo della memoria caratterizzato dall’incapacità a rievocare le esperienze
passate e/o ad acquisire nuove informazioni. Tale deficit è indipendente dai disturbi intellettivi, linguistici o
percettivi, ma nei casi più gravi è estremamente invalidante.
I primi studi sulla sindrome amnesica sono stati effettuati sul paziente H.M

Tale paziente era affetto da gravi disturbi mnesici sviluppati a seguito di un


intervento chirurgico per il trattamento di una sindrome epilettica non sensibile ai
farmaci. L’intervento consisteva nelle resezione bilaterale delle porzioni mediali
del lobo temporale, con rimozione dei due terzi anteriori dell’ippocampo e delle
strutture circostanti. Dopo tale intervento il paziente presentava problemi ad
orientarsi in ospedale o in casa sua, a riferire che lavoro facesse, dove si trovasse

La maggior parte dei pazienti con disturbi di memoria mostra un quadro di amnesia globale, con deficit
grave della capacità di rievocare le esperienze passate (amnesia retrograda), che di acquisire nuove
informazioni (amnesia anterograda). Quando il disturbo di memoria insorge a causa di un evento acuto (es.
intervento chirurgico o trauma cranico):
- l’amnesia retrograda può essere fatta corrispondere alla difficoltà di rievocare ricordi riguardanti il
periodo prima dell’evento neurologico
- l’amnesia anterograda può essere riferita all’incapacità di ricordare gli eventi successivi all’esordio della
malattia
Solo in pochi pazienti si osserva un deficit non globale, ma selettivo della memoria retrograda o anterograda.

- Per quanto riguarda la memoria retrograda, numerosi studi hanno segnalato che vengono perduti più
facilmente i ricordi degli eventi più recenti, mentre quelli che si riferiscono ai periodi più remoti
vengono conservati. L’esistenza di tale “gradiente temporale” non è stata, però, confermata dagli studi
sistematici, i quali hanno investigato i ricordi relativi agli eventi verificatisi lungo il corso di diversi
decenni: il deficit di memoria, infatti, secondo questi studi, coinvolge anche la capacità di ricordare
eventi o fatti pubblici (es. attentato alle torri gemelle), ma soprattutto la capacità di rievocare fatti della
propria vita, ovvero ricordi autobiografici.

In quest’ambito è possibile distinguere i ricordi che si riferiscono a episodi specifici,


collocati in un luogo e in un momento (es. ieri cos’hai fatto?) e i ricordi che possono essere
definiti come conoscenze personali generali (che lavoro fai?). questi due tipi di ricordi nella
pratica clinica possono essere dissociati. Ad esempio, il paziente può ricordare quali lavori
ha svolto nel corso della vita, ma essere incapace di ricordare eventi specifici soprattutto
recenti.

- Molti dei pazienti amnesici presentano una totale mancanza di coscienza della malattia, “anosognosia”.
Questo fenomeno può essere un ostacolo per qualunque intervento riabilitativo, oltre ad indurre
atteggiamenti e manifestazioni comportamentali di negativismo e ostilità nei confronti dei familiari e
degli esaminatori.

- Un altro fenomeno è la tendenza a fornire risposte del tutto inventate e fantasiose alle domande su
episodi e conoscenze a cui il paziente non sa dare risposte corrette. Questa tendenza, senta deliberata
intenzione, si definisce confabulazione. Anche le persone normali possono produrre confabulazioni, ma
con frequenza molto minore; inoltre i soggetti normali in genere ritrattano i loro racconti, mentre nei
pazienti amnesici la confabulazione rappresenta una credenza indiscutibile, che non può essere incrinata
da nessun controllo o verifica. In alcuni pazienti tale tendenza è particolarmente florida, incontrollata e
fantasiosa, e avviene senza sollecitazione da parte dell’esaminatore, in questi casi si parla di
confabulazione spontanea.

DISSOCIAZIONI FUNZIONALI NELLE SINDROMI AMNESICHE


Il quadro clinico dell’amnesia globale include un profondo deficit della rievocazione di eventi passati e una
grave incapacità nell’acquisire nuove informazioni. Tuttavia, anche i pazienti con gravi sindromi amnesiche
possono dimostrare abilità residue di memoria in diverse condizioni sperimentali:
- Fenomeno dell’apprendimento inconsapevole:
riprendendo l’esempio del paziente H.M, egli nonostante i suoi gravi deficit mnesici, diventò sempre più
veloce nel disegnare senza guardare la propria mano direttamente, ma osservando solo i suoi movimenti
riflessi in uno specchio. Molti altri studi hanno dimostrato che gli amnesici falliscono in tutti i compiti
che richiedono un richiamo cosciente del materiale da apprendere, ma sono in grado di effettuare compiti
dove si richiede la dimostrazione (implicita) dell’apprendimento. I pazienti amnesici, quindi, riescono ad
imparare “come”, senza apprendere “cosa” o “quando”. Si è dimostrato, quindi, che l’apprendimento si
può verificare senza il parallelo sviluppo di una conoscenza cosciente (esplicita) di quello che si è
appreso.

I termini esplicito e implicito si riferiscono a due diverse modalità di rievocazione di


specifici episodi di cui si è fatta esperienza in passato.
- Si parla di memoria esplicita quando gli eventi vengono portati alla mente secondo
un piano intenzionale e cosciente
- Si parla di memoria implicita quando la rievocazione avviene in modo automatico,
non intenzionale e non cosciente
Nelle sindromi amnesiche, la dissociazione semplice tra memoria anterograda esplicita
deficitaria, e memoria implicita conservata, rappresenta l’esistenza di sistemi di
memoria indipendenti, ognuno dotato di caratteristiche proprie e deputato a specifiche
funzioni

- Risparmio della memoria a breve termine:


altre abilità che possono essere risparmiati sono quelle che consentono di tenere a mente limitate quantità
di materiale per brevi periodi di tempo (alcuni secondi). Un paziente con grave amnesia globale riesce a
ricordare un numero di telefono per tutto il tempo necessario a comporlo, se però il paziente viene
distratto, o deve richiamare lo stesso numero in occasioni successive, si evidenziano gli usuali deficit di
apprendimento. I pazienti mnesici, quindi, hanno conservata la capacità di mantenere limitate quantità di
materiale sia verbale che visuo-spaziale in una forma di memoria immediata, ma non sono in grado di
immagazzinare questo stesso materiale per periodi più lunghi.

In quadro clinico, quindi, è caratterizzato da una dissociazione semplice tra


apprendimento deficitario e memoria immediata (o a breve termine) conservata.

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER I DISTURBI DI MEMORIA


Le prove utilizzate nella pratica clinica possono essere distinte in 3 gruppi: prove di memoria immediata,
prove di apprendimento di nuovo materiale e prove di richiamo di conoscenze ed episodi appresi in
precedenza. A queste prove si affiancano alcune batterie generali, che intendono ottenere una misura globale
dell’efficienza mnesica.
1) Prove per la memoria a breve termine:
Sono accomunate dal fatto che esse prevedono una sola presentazione del materiale da ricordare e la sua
riproduzione immediata, senza differimento del tempo. Presentando sequenze di stimoli di lunghezza
crescente si ottiene una misura (span) della quantità di materiale che un soggetto riesce a mantenere a
mente per la riproduzione immediata
- Per valutare la memoria verbale immediata si possono utilizzare due prove: span per cifre e span per
parole bisillabiche in cui il soggetto deve riprodurre sequenze crescenti di cifre o di parole nell’esatto
ordine in cui esse sono state presentate (in genere i soggetti normali riescono a riprodurre
correttamente serie composte da 4 fino a 7 stimoli)
- Per valutare la memoria immediata con materia non verbale si utilizza una tavoletta di legno su cui
sono irregolarmente disposti 9 cubetti (test di corsi), l’esaminatore tocca sequenze composte da un
numero crescente di cubetti e il soggetto deve riprodurle (in genere i soggetti normali riescono a
riprodurre serie composte da 4 fino a 7 cubetti)

2) Prove di apprendimento:
Sono prove per la memoria a lungo termine anterograda. Sono contraddistinte da somministrazioni
ripetute di stimoli in quantità superiori allo span di memoria immediata; in questo modo si misura
l’efficienza dei meccanismi che sono preposti all’immagazzinamento di nuovi stimoli nella memoria a
lungo termine, la quale per definizione ha una capacità illimitata.
- Per valutare l’apprendimento di materiale verbale viene letta ripetutamente una lista di parole che il
soggetto man mano dovrà imparare.
- Per valutare l’apprendimento di materiale non verbale esistono due prove: la prima consiste nella
presentazione ripetuta di un percorso di 9 cubetti, la seconda consiste nella copia differita della
figura complessa di Rey utilizzata nello studio delle abilità di disegno

3) Prove di richiamo delle conoscenze acquisite in precedenza:


Sono prove per la memoria a lungo termine retrograda. I compiti per l’esame possono riguardare eventi
pubblici oppure ricordi personali episodici. Esistono due prove che possono fornire elementi di
riferimento per la valutazione della memoria episodica autobiografica:
- Questionario con 15 domande suddivise per fasce d’età
- Test che chiede di rievocare ricordi personali correlati a parole stimolo

4) Batterie globali:
La batteria più diffusa è la Wechsler Memory Scale che comprende 7 sub-test: informazioni personali e
di attualità, orientamento, controllo mentale, memoria di prosa, span per cifre, riproduzione visiva,
apprendimento di coppie di parole.
Una batteria che invece indaga prestazioni di memoria molto simili a quelle richieste nella vita di tutti i
giorni è il test di memoria comportamentale di Rivermead

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE AMNESIE


Il quadro tipico dell’amnesia è caratterizzato da difficoltà nel ricordare eventi della propria vita passata, o
fatti pubblici, avvenuti prima dell’insorgenza della malattia, da deficit alle prove di apprendimento di
materiale sia verbale che spaziale e da risparmio alle prove di memoria immediata sia verbale che spaziale.
Questi rilievi sono comuni alle sindromi amnesiche di diversa natura e origine, le quali, però, possono essere
caratterizzate da altri elementi distintivi sul piano clinico e comportamentale.
I pazienti con amnesia retrograda e anterograda riguardo gli episodi autobiografici non hanno difficoltà a
parlare, scrivere o riconoscere gli oggetti e hanno minore difficoltà a rievocare conoscenze generali
riguardanti il mondo, definiti ricordi semantici.

Con quest’espressione si intende materiale di natura differente: i significati delle parole, le immagini del
mondo esterno, le conoscenze riguardanti l’attività professionale. Si può diagnosticare un disturbo di
memoria semantica se un paziente presenta un deficit delle conoscenze generali che si manifesta
parallelamente in diversi compiti nel quale è richiesto l’utilizzo di queste conoscenze. Un paziente con un
deficit di memoria semantica mostra:
- Deficit nel riconoscere visivamente gli oggetti (agnosia)
- Deficit nel nominare gli oggetti (anomia)
- Deficit nell’associare tra loro oggetti correlati

Alcuni pazienti manifestano amnesia semantica selettiva: hanno perso solo parte delle conoscenze
semantiche e presentano dissociazioni molto particolari.
- Effetto categoria-specifico: deficit selettivi per categorie particolari, come la
conoscenza di parti corporee, lettere dell’alfabeto
- La dissociazione più frequente è quella tra conoscenze riguardanti oggetti e conoscenze
riguardanti gli esseri animati (not living/living)
- La dissociazione più rara è quella inversa, ovvero pazienti con maggiori difficoltà a
riconoscere oggetti e artefatti, piuttosto che gli oggetti animati

EZIOLOGIA DELLE SINDROMI AMNESICHE


Le sindromi amnesiche possono essere causate da diversi eventi neurologici: ictus, tumori, interventi
chirurgici, infezioni cerebrali (herpes virus, HIV), intossicazioni croniche (consumo di alcool, o
stupefacenti), processi degenerativi (demenze) e molto frequentemente traumi cranici.
Queste diverse patologie possono ledere una o più strutture cerebrali coinvolte nel normale funzionamento
dei processi di memoria: porzioni mediali dei lobi temporali, strutture diencefaliche, regioni orbitali dei lobi
frontali. Queste strutture, incuse nel sistema limbico, sono connesse tra loro e costituiscono una fitta e
complessa rete funzionale.
Papez individuo nel sistema limbico degli animali, un circuito cortico-sottocorticale che costituiva la base
anatomica delle emozioni, ma che oggi è considerato cruciale per il normale funzionamento dei processi
della memoria. Tale circuito è costituito in questo modo: l’ippocampo si connette ai corpi mammillari.
Questi si connettono al talamo anteriore, il quale proietta al giro del cingolo. Il giro del cingolo è connesso di
nuovo con l’ippocampo a chiusura del circuito. Le strutture coinvolte nei processi di memoria, a loro volta
connesse alle diverse parti del circuito di Papez sono: amigdala, giro paraippocampale, polo temporale e le
aree corticali frontali orbitali. Le lesioni di una o più di queste strutture possono determinare quadri clinici di
amnesia.

SINDROMI AMNESICHE PIU’ FREQUENTI


- Sindrome di Korsakoff, è considerata la sindrome più nota. È causa da abuso cronico di alcool che
determina un danno ai nuclei dorso-mediali del talamo e dei corpi mammillari. È caratterizzata da grave
e persistente amnesia anterograda, lieve o moderata amnesia retrograda per episodi autobiografici,
tendenza alla confabulazione, memoria a breve termine preservata a capacità logico-astrattive nella
norma

- Amnesia legata a lesione dei lobi frontali: si riscontrano deficit di memoria anterograda e retrograda,
frequenti confabulazioni, perseverazioni, anosognosia, disturbi di personalità e sindrome disesecutiva.

- Amnesia dovuta a lesioni della parte mediale del lobo temporale (incluse le strutture ippocampali): le
lesioni bilaterali realizzano grave amnesia anterograda, con alterazione della capacità di apprendere
materiale verbale e spaziale. Le lesioni unilaterali sono caratterizzate, invece, da deficit di memoria
selettivi: se la lesione è a sinistra è alterato l’apprendimento di materiale verbale, se la lesione è a destra
è alterato l’apprendimento di materiale visuo-spaziale ed emozionale

- Amnesia dovuta a herpes virus: induce disturbi di memoria semantica, con possibili dissociazioni
categoriali.

- Amnesia conseguente a demenza: sindrome amnesica più frequente nei soggetti di età adulta, in
particolare la malattia di Alzheimer.

- Amnesia conseguente a trauma cranico: sindrome amnesica più frequente nell’età giovanile. Tale
sindrome amnesica si realizza in forma transitoria o permanente ed è caratterizzata da una completa
incapacità di recuperare il ricordo del trauma, associata ad una più o meno grave amnesia retrograda e ad
amnesia anterograda di gravità variabile. il quadro è completato da disturbi comportamentali, associati
ad anosognosia e confabulazioni

- Amnesia funzionale , non conseguente a lesioni cerebrali. Essa è anche definita amnesia dissociativa o
psicogena ed è caratterizzata da una forma di amnesia retrograda che riguarda esclusivamente gli episodi
autobiografici di un particolare periodo della vita del paziente. I pazienti possono presentare disturbi di
personalità e sviluppare la sindrome amnesica in relazione a traumi cranici realmente subiti, m che non
hanno provocato danni cerebrali

MODELLO MULTI-COMPONENZIALE DELLA MEMORIA


La memoria è considerata una funzione multi-componenziale. Secondo Tulving la memoria è un insieme di
processi cognitivi deputati alle funzioni di immagazzinamento e richiamo delle informazioni
precedentemente acquisite. Nei modelli attuali la prima distinzione riguarda due grandi sistemi indipendenti
la memoria a breve termine e la memoria a lungo termine:
Memoria a breve termine (MBT): è un sistema capace di mantenere, per alcuni secondi, un numero limitato
di informazioni provenienti da diverse fonti sensoriali. Esistono
magazzini separati per ogni modalità (verbale, tattile …) ed è prevista
anche l’esistenza di un sistema di controllo necessario alla gestione del
flusso di informazioni e coinvolto nella risoluzione dei problemi.
L’insieme del sistema MBT viene concepito come una memoria di
lavoro (WM).
I pazienti con deficit selettivi della MBT e con risparmio delle capacità
di apprendimento rappresentano il quadro complementare rispetto ai
pazienti amnesici, e forniscono la dimostrazione di una doppia
dissociazione tra MBT e MLT

Memoria a lungo termine (MLT): magazzino di capacità illimitata in cui risiedono permanentemente tutte le
informazioni acquisite, che possono essere sottoposte a processi di
attivazione ed elaborazione. Si distingue quindi dalla MBT per la durata
del periodo di ritenzione delle informazioni acquisite (pochi secondi-
periodo illimitato) e per la capacità di immagazzinamento (limitata-
illimitata).
Il modello multi-componenziale divide a sua volta la MLT in due sistemi:

Memoria dichiarativa: Memoria non dichiarativa:


memoria il cui contenuto, una volta affiorato questi sistemi fanno riferimento ad un insieme di
alla mente, può essere dichiarato, ossia abilità mnesiche non coscienti, la cui esistenza può
espresso verbalmente. Comprende a sua volta essere rilevata solo attraverso il comportamento
altri due sistemi: manifesto del soggetto. Comprende due sistemi:
1) La memoria semantica 1) Memoria procedurale: deputato
2) La memoria episodica all’apprendimento implicito di abilità motorie,
La memoria dichiarativa è selettivamente percettive e cognitive
compromessa nei pazienti amnesici, i quali non 2) Sistema percettivo rappresentazionale: deputato
possono avere accesso ai ricordi all’apprendimento di abilità percettive che
precedentemente acquisiti, né accumulare opera ad un livello pre-semantico e importante
nuove conoscenze nell’identificazione di parole e oggetti

Capitolo 5
LE SINDROMI FRONTALI

OSSERVAZIONE CLINICA DEL PAZIENTE FRONTALE


Una lesione bilaterale delle aree anteriori dei lobi frontali (aree prefrontali) può provocare drammatici
cambiamenti nel comportamento, senza grossi disturbi percettivi, motori o linguistici. Tali lesioni alterano in
maniera complessa il vissuto emotivo, la capacità di mantenere relazioni adeguate, le abilità di programmare
le proprie attività. Vi sono due principali aspetti della sindrome: i disturbi del comportamento e delle
emozioni e i disturbi delle funzioni cognitive.

DISTURBI DEL COMPORTAMENTO E DELLE EMOZIONI


Il primo paziente descritto è Phineas Gage, un soggetto che riportò la lesione bilaterale delle aree prefrontali
in un grave incidente sul lavoro. Egli prima dell’incidente era descritto come una persona affidabile e seria,
ma dopo la lesione, pur non presentando gravi conseguenze motorie e linguistiche, diventò irritabile, violento
e instabile. Gage è un caso paradigmatico di paziente affetto da quadro clinico detto sindrome frontale,
costituito da un insieme di modifiche nella sfera affettiva e nella condotta sociale.
Il paziente frontale è caratterizzato da una serie di tratti distintivi e di deficit cognitivi che a volte possono
minare il comportamento nella vita quotidiana e nello svolgimento di tutte le prove neuropsicologiche. Tali
pazienti sono caratterizzati da diversi aspetti:
- Sindrome disinibita:
presentano un comportamento inadeguato. Il paziente frontale spesso ha un atteggiamento fatuo e
giocoso, ricorre compulsivamente a giochi di parole, con frequenti allusioni a tematiche sessuali. La
condotta appare inadeguata al contesto. Presenta una facile irritabilità, che può sfociare in manifestazioni
aggressive verbali o fisiche.
- Sindrome apatica:
altri pazienti, all’opposto dei precedenti, possono presentare una scarsa reattività all’ambiente, sono
inerti, fino a delineare gravi quadri di apatia (perdita di motivazione), abulia (perdita di iniziativa) e
ipocinesia (riduzione dell’iniziativa motoria). Essi non parlano spontaneamente, si muovono e
gesticolano poco. Il volto tende ad essere inespressivo, amimico e il comportamento indica indifferenza.
Sia la sindrome apatica che quella disinibita sono espressione di incapacità a controllare le emozioni, per
cui queste risultano o troppo (disinibizione) o troppo poco (apatia) vissute o manifestate.

- Sociopatia acquisita:
Consiste in una grave alterazione nella regolazione delle emozioni e può associarsi a comportamenti
socialmente inaccettabili. I pazienti possono mostrare atteggiamenti di insensibilità nei confronti degli
altri, o vere e proprie aggressioni. Mostrano tendenza a non rispettare le norme sociali ed etiche della
comunità in cui essi vivono. Possono presentare vagabondaggio, fuga, o la tendenza a denudarsi anche in
luoghi pubblici.

- Comportamenti compulsivi:
I pazienti sviluppano un atteggiamento puerile e capriccioso o veri e propri comportamenti compulsivi,
come eccessivo consumo di cibo o alcool. In alcuni casi i pazienti accumulano oggetti particolari, senza
valore.

- Fenomeni di dipendenza ambientale:


tendenza ad utilizzare in maniera incoercibile gli oggetti che, sono sul tavolo dell’esaminatore, o ad
imitare i gesti dei presenti. Si configura così una sindrome caratterizzata da comportamenti di
utilizzazione (il paziente scrive o scarabocchia con la penna lasciata sul tavolo …) o imitazione (il
paziente esegue i movimenti e i gesti effettuati dall’esaminatore ). Questi pazienti possono presentare
anche il fenomeno dell’ecolalia, cioè la ripetizione coatta di domande, parole o frasi.

DISTURBI DELLE FUNZIONI COGNITIVE


Non coinvolgono singole abilità cognitive percettive, motorie o linguistiche, ma riguardano il modo in cui
tali abilità sono sfruttate dal paziente per mantenere un comportamento appropriato ai diversi contesti
personali e sociali. Tali deficit sono:
- Deficit dell’attenzione:
i pazienti mostrano una facile distraibilità, l’attenzione si lascia facilmente catturare da stimoli
irrilevanti, sia esterni (rumore) che interni (pensieri). I disturbi dell’attenzione provocano:
a) Deficit di vigilanza: i pazienti sono incostanti nell’individuare gli stimoli rilevanti
b) Deficit di attenzione sostenuta: i pazienti non riescono a rimanere concentrati su un compito fino al
suo completamento
c) Deficit di attenzione selettiva: i pazienti non riescono a distinguere tra stimoli rilevanti e distraenti
d) Deficit di attenzione divisa: i pazienti non sono in grado di compiere più compiti
contemporaneamente

- Deficit delle abilità mnesiche:


appaiono subito evidenti le difficoltà dei pazienti a riferire correttamente eventi della propria passata
esperienza. I pazienti presentano spesso confabulazioni anche fantastiche, con resoconti incredibili. Tali
pazienti mostrano un peculiare tipo di amnesia: falliscono soprattutto nelle prove in cui è necessario
ordinare cronologicamente gli eventi o giudicare se certi stimoli sono stati presentati con maggiore o
minore frequenza. Essi presentano difficoltà a rievocare i ricordi con strategie efficienti ed ordinate
confondendo gli eventi passati e combinandoli in maniera arbitraria o illogica

- Deficit della flessibilità cognitiva:


il paziente frontale sembra incapace di elaborare nuove strategie per adattarsi alle specifiche richieste
dell’ambiente. Il paziente appare rigido e ripetitivo in quanto tende ad adottare le strategie e i
comportamenti che gli sono più abituali e semplici.

- Perseverazioni e violazioni di leggi:


con il termine perseverazione si intende la ripetuta produzione di una certa risposta già data in
precedenza, ma non più adeguata allo stimolo attuale. Inoltre, tali pazienti tendono a violare le regole
imposte dall’esaminatore per risolvere un certo compito, senza riuscire ad imparare dai propri errori e
senza considerare le correzioni

- Deficit di pianificazione:
i pazienti frontali hanno difficoltà a programmare le proprie azioni in una sequenza finalizzata e coerente
per raggiungere lo scopo prefisso. Il paziente appare imprevidente e precipitoso, in quanto non riesce a
elaborare soluzioni articolate e a pianificare le tappe successive del suo operato.

- Deficit delle abilità logico astrattive:


tali pazienti mostrano incapacità di sviluppare ragionamenti per trovare soluzioni partendo da
informazioni concrete, cioè un’attitudine alla concretezza. I pazienti sono incapaci di costruire ipotesi
per interpretare la realtà: non riescono a raggruppare stimoli diversi in categorie o a spiegare il senso di
proverbi o la morale di una storia.

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER LE SINDROMI FRONTALI


Le prove neuropsicologiche si possono raggruppare in 4 gruppi, allo scopo di sottolineare gli aspetti specifici
da esaminare nell’ambito della valutazione della sindrome disesecutiva.

1) Valutazione delle abilità di ragionamento e astrazione


È richiesto al soggetto di elaborare diverse interpretazioni astratte o diverse categorizzazioni di uno
stesso materiale concreto, e anche di modificare le loro interpretazioni su richiesta dell’esaminatore.

- Test WCST: si danno al soggetto 64 carte su cui è raffigurato un numero variabile (da 1 a 4) di elementi
semplici (cerchio, quadrato, stella, triangolo), di colore diverso (rosso, verde, giallo, blu). Il soggetto
deve dividere le carte, una alla volta, secondo i criteri che di volta involta vengono imposti
dall’esaminatore. L’esaminatore però non dice esplicitamente il criterio da seguire, ma riferisce solo se
l’assegnazione di una carta è giusta o sbagliata. Questo test richiede al soggetto non solo di effettuare
una categorizzazione coerente degli stimoli, ma anche di modificare via via i criteri di divisione. 
pazienti con lesione frontale facilmente falliscono.

- Test di Weigl: nel quale un soggetto deve dividere in gruppi omogenei 12 pezzi di legno di colore,
forma, dimensione e spessore diverso. In questo caso però è più semplice in quanto l’esaminatore
fornisce istruzioni più esplicite.

- Test sui giudizi aritmetici: richiede ai pazienti di effettuare stime cognitive per risolvere semplici
problemi del tipo “10 +15 fa più o meo 500?”

- Test delle stime cognitive: costituito da 21 domande che richiedono al soggetto di elaborare le proprie
conoscenze generali del mondo “quanto è alto un semaforo?”  soggetti con lesioni frontali tendono a
produrre risposte bizzarre e assurde
- Test dei giudizi verbali astratti: composto da prove utili a rilevare deficit di ragionamento e astrazione
legati a lesioni frontali: identificazione di differenze di coppie di parole, spiegazione di proverbi

2) Valutazione delle abilità di pianificazione e risoluzione di problemi


È richiesto ai soggetti di operare secondo determinate regole, pianificando le mosse in funzione di quelle
da eseguire in seguito. Queste prove esaminano più specificatamente la capacità di adeguarsi a un
contesto inusuale, comprendendone le specifiche richieste, e la capacità di pianificare le proprie azioni.

- Test di Torri di Hanoi: il soggetto ha a disposizione una serie di dischetti di dimensioni crescenti impilati
in un piolo e deve trasferirli su un altro piolo nel minor numero di mosse, spostando un dischetto alla
volta e senza impilare un dischetto su un altro di dimensioni minori i pazienti frontali violano le
regole, e impiegano molto più tempo a concludere il compito

- Porteus maze test: i soggetti devono trovare una via di uscita in disegni di labirinti di diversa
complessità. Queste prove servono per mettere in luce i disturbi di pianificazione

3) Valutazione dell’attenzione e della sensibilità all’interferenza


Queste prove valutano la distraibilità e la sensibilità dei pazienti frontali agli effetti di interferenza.

- Test di Stroop: viene richiesto di denominare il colore dell’inchiostro con cui sono scritti i nomi di
colore. Per eseguire il compito correttamente il soggetto deve inibire la lettura automatica delle parole e
prestare attenzione solo al colore dell’inchiostro

- Trail making test: è composto da due parti. Nella prima si chiede ai soggetti di unire in sequenza con una
penna dei cerchi contenenti numeri da 1 a 24, nella seconda, quella soggetta a interferenza, i cerchi
contengono numeri o lettere e i soggetti devono unirli alternando i numeri e le lettere in maniera ordinata
(es. 1, a, 2, b ...)

4) Valutazione di abilità di produzione secondo le regole


Valuta la capacità di produrre risposte secondo regole imposte dall’esaminatore.

- Test di fluenza fonemica: consiste nel produrre parole che iniziano per F, A, S e nel minuto concesso per
ogni lettera i pazienti frontali dimostrano una produzione molto più povera rispetto ai soggetti normali,
commettendo anche perseverazioni e violazioni di regole

- Test di fluenza semantica per categorie: il soggetto deve produrre parole appartenenti a una cerca
categoria (animali, frutta). I pazienti frontali mostrano minore difficoltà, probabilmente perché la
strategia di ricerca lessicale è più semplice rispetto alla precedente.

Di recente è stata tarata una breve batteria (FAB) di prove per valutare nell’insieme le capacità di controllo
cognitivo e motorio. Questa è costituita da sei prove: somiglianze, fluenza fonemica, programmazione
motoria, istruzioni conflittuali, controllo inibitorio e dipendenza ambientale. La somministrazione dura circa
10 minuti e il punteggio è ben correlato con le principali prove che esplorano le funzioni esecutive.
Oltre alle prove che indagano gli aspetti cognitivi è opportuno eseguire una valutazione dei disturbi del
comportamento:
- NPI: sviluppato per valutare 12 tipo di alterazioni comportamentali, quali deliri, allucinazioni, euforia o
apatia e consente una valutazione quantitativa di ogni componente comportamentale.
- Frontal Behavioural inventory di Kertesz: scala sviluppata specificatamente per i pazienti con malattie
degenerative.

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEI PAZIENTI FRONTALI


La diagnosi si fonda sulla valutazione quantitativa delle prestazioni alle diverse prove neuropsicologiche,
sull’analisi qualitativa del tipo di errori e sull’osservazione del paziente nella vita quotidiana e durante le
sedute di valutazione cognitiva. Nessuna delle prove frontali è però estremamente specifica e sensibile.
Le funzioni frontali sono abilità complesse ed evolute che per la loro natura sfuggono ad una semplice
sistematizzazione. In questo senso si definiscono:
- Funzioni esecutive: le capacità di organizzazione e pianificazione del comportamento
- Sindrome disesecutiva: il quadro sintomatologico che deriva dall’alterazione di tali abilità

Le funzioni esecutive consistono nella:


- Capacità di elaborare interpretazioni astratte di stimoli e modificarle in caso di necessità
- Capacità di pianificare le azioni, prevedendone i possibili sviluppi
- Capacità di prestare attenzione a stimoli rilevanti e di inibire comportamenti automatici
- Capacità di organizzare e ordinare le proprie esperienze e conoscenze secondo criteri nuovi
- Capacità di mantenere risposte emotive e comportamenti adeguati al contesto

EZIOLOGIA DEI DISTURBI FRONTALI


La variabilità nell’espressione clinica deriva dall’ampiezza della zona lesa, ma anche dalla presenza di
un’asimmetria nella lesione o dal coinvolgimento prevalente delle aree laterali o di quelle più mediali.
Le aree infero-mediali sono coinvolte soprattutto nel controllo della motivazione, dell’emozione e
dell’iniziativa, mentre quelle più laterali controllano la pianificazione di azioni sequenziali e l’elaborazione
di strategie.
Una qualunque patologia del cervello che danneggia i circuiti fronto-sottocorticali determina il quadro
neuropsicologico e comportamentale frontale:
- Nei soggetti giovani i disturbi frontali sono frequenti dopo traumi cranici gravi, in cui vengono
danneggiate le aree corticali più anteriori del cervello, a causa dell’impatto e del contraccolpo.
- Un quadro frontale può determinarsi dopo patologie vascolari come ictus ischemici o emorragici, o a
seguito di tumori cerebrali che colpiscono le aree anteriori
- Nei pazienti adulti o anziani i circuiti frontali sono maggiormente colpiti nel corso delle malattia
degenerative del cervello, che determinano atrofia progressiva delle aree prefrontali

MODELLO INTERPRETATIVO DELLE FUNZIONI FRONTALI


Una delle teorie più utilizzate è proposta da Norman e Shallice. Tale teoria prevede l’esistenza di due tipi di
meccanismi di controllo del comportamento:

contention schedulers: Supervisory attention system:


meccanismi automatici di risposta a stimoli o sistema cosciente che coordina le operazioni dei
situazioni ambientali e stati dell’organismo contention schedulers e ne stabilisce le priorità

Capitolo 6
I DISTURBI DELLO SPAZIO EXTRACORPOREO: L’EMINEGLIGENZA

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DELLO SPAZIO EXTRACORPOREO


La sindrome definita eminegligenza spaziale o negligenza spaziale unilaterale (neglect), consiste in un
disturbo caratterizzato dalla difficoltà del paziente ad esplorare, prestare attenzione, percepire e agire nello
spazio extracorporeo opposto all’emisfero cerebrale leso. Alcuni pazienti hanno difficoltà anche ad elaborare
immagini mentali dal lato opposto alla lesione cerebrale (eminegligenza immaginativa).
L’eminegligenza spaziale si riscontra molto più frequentemente nei pazienti con danno dell’emisfero destro.
Un paziente affetto da eminegligenza dovuta ad un danno dell’emisfero destro:
- Tende a tenere il capo e gli occhi volti verso destra
- Se lo si chiama da sinistra non risponde e non si riesce a catturare la sua attenzione verso quel lato
- Non si può stabilire alcun rapporto con il paziente se ci si pone a sinistra.
- Spesso il paziente non si mostra angosciato per la sua condizione, anzi dimostra di ignorare quanto gli è
accaduto
- Dopo qualche giorno, o nei casi meno gravi, il paziente mantiene il capo e gli occhi dritti, maneggia
senza difficoltà gli oggetti alla sua destra, ma manifesta problemi quando deve cercare un oggetto sulla
sua sinistra
- Quando il paziente è in grado di camminare da solo, tende ad urtare con il lato sinistro contro spigoli,
senza adottare strategie per evitare le collusioni
- Si può evidenziare il fenomeno dell’allochiria o trasposizione spaziale: quando lo si chiama da sinistra il
paziente cerca il suo interlocutore a destra, risponde correttamente alla domanda posta, ma continua a
cercare sulla destra, spesso irritandosi di non trovare l’interlocutore. Il paziente percepisce correttamente
lo stimolo presente nel campo spaziale ignorato, ma lo attribuisce al campo spaziale per cui è attento

L’eminegligenza sinistra (cioè da lesione emisferica destra) si associa spesso a:


- Emiplegia: paralisi completa
- Emiparesi: paralisi incompleta
- Emianestesia: disturbi sensoriali alla metà sinistra del corpo
- Emianopsia laterale sinistra: cecità per la metà di sinistra del campo visivo

Fenomeno dell’estinzione: si osserva mettendo contemporaneamente due oggetti davanti al paziente, in


posizione simmetrica uno a destra e l’altro a sinistra. Il paziente dichiarerà di
percepire solo lo stimolo posto dal lato ipsilaterale alla lesione cerebrale ed
ignorerà quello nel lato controlaterale, pur essendo in grado di identificare gli
stimoli sia a destra sia a sinistra quando essi sono presentati uno alla volta. Lo
stimolo controlaterale all’emisfero danneggiato viene trascurato, “estinto”.
L’estinzione è un fenomeno molto frequente, ma non obbligatorio, e può
riguardare diverse modalità sensoriali (tattive, visiva, acustica)

La sindrome di Balint-Holmes: sindrome caratterizzata da una sorta di restrizione globale, quasi concentrica
e senza asimmetrie, della capacità di esplorazione dello spazio. I pazienti
con questa sindrome mostrano una complessa serie di disturbi che hanno
un grave impatto sulla loro vita. Tale sindrome si instaura per una lesione
in sede parieto-occipitale bilaterale e può realizzarsi in forme incomplete.
Questa sindrome ha diverse manifestazioni:

Simultaneoagnosia: Aprassia dello sguardo: Atassia ottica:


il paziente è in grado di elaborare incapacità di dirigere incapacità di eseguire movimenti
un solo oggetto alla volta. Se gli intenzionalmente gli occhi verso degli arti sotto la guida dello
si presenta una penna egli riesce una determinata mira. Lo sguardo sguardo. Il paziente non è in
ad identificarla, ma se accanto vaga in maniera erratica fino a grado di dirigere la mano verso
alla penna si pone una pipa, il quando non incontra lo stimolo un oggetto che ha identificato ed
paziente continuerà a percepire presentato, a quel punto riesce esegue una serie di tentativi
solo la penna. solo con molta difficoltà a approssimativi per raggiungerlo.
spostare gli occhi dall’oggetto
fissato verso un altro stimolo

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER L’EMINEGLIGENZA


L’ uso di prove standardizzate è finalizzato soprattutto a verificare se un determinando paziente presenta un
grado di asimmetria molto maggiore dei soggetti normali.

 Prove di cancellazione (barrage)


Sono accomunate dalla richiesta di cancellare tutti gli stimoli disposti su un foglio. Le prove si
differenziano per il tipo di stimolo, per la densità degli stimoli presentati o per la presenza di distrattori
(stimoli da non cancellare). Nel somministrare le prove di cancellazione bisogna avere cura di
somministrare il foglio centralmente rispetto al piano sagittale mediano del paziente.
- Test di Albert: sono presentati 21 segmenti da cancellare, disposti irregolarmente su un foglio di
carta. I soggetti normali non commettono alcun errore, quindi anche due omissioni possono essere
considerate indice di prestazione patologica.

- Cancellazione di H: 104 stimoli molto fitti i quali sono presentati tra altre lettere che fungono da
distrattori, da non barrare. I soggetti normali omettono di barrare fino a 4 lettere, quindi un numero
superiore a 5 o più è considerato patologico

- Cancellazione di stelle: i soggetti devono barrare solo le stelle piccole, distinguendole da altre stelle
più grandi e da lettere. Tutti gli stimoli sono irregolarmente disposti su un foglio e questa prova è
considerata tra quelle più sensibili nell’identificare l’eminegligenza

 Prove di lettura
In queste prove i soggetti devono eseguire un’esplorazione sequenziale di un determinato insieme di
stimoli. Per leggere le frasi infatti bisogna spostare l’attenzione verso sinistra fino al raggiungere il punto
di inizio del testo.

- Prova costituita da 6 frasi di una lunghezza crescente, caratterizzate dal fatto che la parte finale
costituisce di per sé una frase significativa. In questa prova si osserva la tendenza dei soggetti ad
omettere parti di frasi. L’omissione della parte iniziale di una sola frase può essere considerata
patologica.

- Test di Caplan: i soggetti devono leggere un brano disposto su più righe, l’inizio di ognuna della
quali non è allineato al margine sinistro come di norma. Tra gli errori possibili vi sono omissioni di
alcune lettere e la sostituzione di lettere.

 Prove di bisezione
Si chiede ai soggetti di indicare il punto di mezzo di un singolo segmento. I pazienti con eminegligenza
sinistra tendono a commettere un errore sistematico, spostando il punto di mezzo soggettivo verso destra.
Recenti studi evidenziano, però, che le prove di bisezione sono poco sensibili nell’individuare pazienti
affetti da eminegligenza.

 Compiti di disegno
Compito che consiste nella copia di disegni. In questo modo si potrà evidenziare la tendenza dei pazienti
con eminegligenza ad omettere le parti di sinistra del modello da copiare.
Vi sono prove di disegno spontaneo che forniscono un mezzo per valutare la presenza di eminegligenza
rappresentazionale. Con le prove di disegno su copia e di disegno spontaneo si può mettere in evidenza
allochiria  fenomeno per cui i pazienti tendono, ad esempio, a disporre sulla metà destra del quadrante
dell’orologio anche le ore dalle 6 alle 12, che dovrebbero occupare la metà sinistra.

 Compiti immaginativi
Prova della presenza di eminegligenza rappresentazionale. Si chiede al paziente di fornire una
descrizione verbale di un ambiente osservato da più punti di vista. Questo evidenzia come
l’eminegligenza può anche rilevarsi in un compito puramente immaginativo e non solo nelle prove
percettive.
- Test della piazza del duomo di Milano: gli autori con questo test, chiesero a due pazienti di descrivere
la piazza del duomo di Milano da due punti di vista opposti, prima con le spalle al Duomo, poi con il
duomo di fronte. I pazienti mostrarono una selettiva incapacità nel descrivere i luoghi che cadevano
nella paste di sinistra della loro ricostruzione immaginativa della piazza da un determinato punto di
vista, ma, adottando la prospettiva opposta, non riuscivano più a descrivere i luoghi descritti in
precedenza.

 Prove ecologiche
Batterie di prove che valutano il comportamento dei pazienti attraverso la simulazione di attività comuni.
- BIT: composta da sei prove convenzionali (tre di cancellazione, prove di disegno spontaneo e su
copia, prova di bisezione di linee) e da nove prove comportamentali o ecologiche (descrivere figure,
leggere un menù)

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO
L’eminegligenza spaziale può manifestarsi coinvolgendo diverse modalità sensoriali (visiva, acustica,
tattile), le abilità motorie e le capacità immaginative.
Il fallimento alle prove di esplorazione dello spazio extracorporeo può essere dovuto a meccanismi diversi.
In alcuni casi è stato dimostrato che il disturbo è dovuto a deficit nella programmazione motoria verso
l’emispazio ignorato, definito ipocinesia direzionale. In questi casi il paziente ha difficoltà ad oltrepassare la
linea mediana nell’eseguire l’azione richiesta per una specifica prova, egli è incapace di muovere il braccio
verso sinistra, ma non dimostra un deficit dell’esplorazione percettiva dello spazio controlaterale alla lesione
cerebrale  questo tipo di eminegligenza si definisce pre-motoria, in quanto riguarda una fase di
programmazione motoria) e per lo più si riscontra in pazienti con danno frontale.

I pazienti con deficit di questo tipo si differenziano da quelli che presentano un’incapacità ad elaborare gli
stimoli percepiti nella parte sinistra dello spazio (eminegligenza percettiva). Vi sono prove che permettono di
distinguere questi due tipi di deficit, prove che permettono di esaminare separatamente la capacità di
eseguire i movimenti verso sinistra e la capacità di esplorare percettivamente la metà sinistra dello spazio
extracorporeo.

Un paradigma consiste in una variazione del compito di bisezione di linee, che non
richiede di effettuare manualmente una bisezione, ma di indicare la parte più corta
di segmenti già bisezionati: il paziente che indica sistematicamente la parte di
sinistra come la più corta è affetto probabilmente da deficit percettivo, mentre chi
indica sistematicamente la parte di destra è affetto probabilmente da deficit pre-
motorio

Il neglect può complire selettivamente non solo il dominio percettivo o motorio, ma anche il dominio
immaginativo  molti pazienti eminegligenti manifestano il disturbo anche nella descrizione di immagini
mentali (eminegligenza immaginativa), in maniera del tutto analoga a quanto avviene nell’elaborazione di
stimoli presentati visivamente. (es. test piazza del duomo di Milano)

DISSOCIAZIONI DELL’EMINEGLIGENZA
 Dissociazione spazio vicino e lontano
Questa dissociazione riguarda la distanza tra soggetto e stimoli. Alcuni pazienti mostrano
difficoltà solo quando gli stimoli sono posti a breve distanza, cioè una distanza tale da poter
essere raggiunti dall’estensione del braccio: spazio peripersonale (tali pazienti per esempio
mostrano eminegligenza nel contare oggetti posti sul tavolo davanti a loro), però non
evidenziano difficoltò quando devono svolgere compiti con stimoli posti a maggiore distanza:
spazio extrapersonale (mostrano eminegligenza nel descrivere l’ambiente in cui si trovano)

 Dissociazione tra sistemi di riferimento spaziale


Possibilità che l’eminegligenza si manifesti in relazione a diversi sistemi di riferimento spaziale:
nella copia di due margherite affiancate, la maggior parte dei pazienti copierà la figura
omettendo la margherita posta a sinistra e disegnando correttamente l’altra. Alcuni pazienti
invece copieranno entrambe le margherite omettendo sistematicamente i petali sulla parte sinistra
di ciascun fiore

In questo caso l’eminegligenza è relativa in questo caso l’eminegligenza è relativa ad un


alla destra e sinistra delle singole figure ed è sistema di riferimento incentrato sul soggetto,
correlata con un sistema di riferimento per cui la destra e la sinistra corrispondono
incentrato sull’oggetto (sistema di alle porzioni destra e sinistra del campo visivo
riferimento allocentrico) (sistema di riferimento egocentrico)
MODELLI INTERPRETATIVI DELL’EMINEGLIGENZA SPAZIALE

Modello attenzionale-intenzionale: Fondato sull’idea che l’eminegligenza nasce come conseguenza di


un fallimento sia nel prestare attenzione sia nell’iniziare un
movimento in funzione di coordinate spaziali. Entrambi gli emisferi
controllano gli spostamenti dell’attenzione spaziale, ma con una
specifica asimmetria funzionale:
- L’emisfero destro è in grado di controllare sia lo spazio
controlaterale che quello ipsilaterale
- L’emisfero sinistro controlla solo lo spazio controlaterale
L’eminegligenza deriverebbe da una riduzione funzionale
dell’emisfero danneggiato dalla lesione cerebrale: in caso di lesione
destra le abilità di esplorazione spaziale vengono alterate, a causa
dell’incapacità dell’emisfero sinistro di disporre l’attenzione sullo
spazio ipsilaterale

Modello vettoriale: Tiene conto della natura direzionale del disturbo comportamentale.
Nei soggetti normali esisterebbero due vettori attenzionali: uno che
spinge l’attenzione verso destra (dipendente dall’emisfero sinistro),
l’altro che spinge l’attenzione verso sinistra (dipendente
dall’emisfero destro). Una lesione cerebrale sbilancerebbe
l’equilibrio tra i due vettori: la lesione dell’emisfero destro
permetterebbe al potente vettore di quello di sinistra di dominare il
comportamento e generare un patologico orientamento verso destra.

Modello pre-motorio: l’attenzione spaziale è una funzione mediata da molti circuiti


neurali distinti che hanno lo scopo di programmare e preparare
diversi tipi di azione in risposta a stimoli diversi. L’eminegligenza è
un disturbo pre-motorio, cioè un disturbo della programmazione dei
movimenti diretti verso uno specifico scopo.

Modello rappresentazionale: un danno emisferico può distruggere o alterare la rappresentazione


dello spazio controlaterale alla lesione cerebrale. Il comportamento
dei pazienti sarebbe dunque conseguenza della difficoltà a
rappresentarsi in mondo esterno che viene ignorato.

Capitolo 7
I DISTURI DELLO SPAZIO CORPOREO: EMISOMATOAGNOSIA E SOMATOTOPOAGNOSIA

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DELLA CONSAPEVOLEZZA CORPOREA


I pazienti con eminegligenza spaziale possono presentare disturbi, oltre che in relazione all’esplorazione
dello spazio extracorporeo, anche nell’ambito della loro stessa persona. Si possono osservare, quindi, anche
manifestazioni correlate ad alterazioni dello spazio corporeo: si parla di eminegligenza personale o corporea
o emisomatoagnosia (mancato riconoscimento della propria metà corporea)
Tali pazienti possono ignorare la parte sinistra del loro corpo in tutte le comuni attività: si lavano solo la
parte destra, si truccano solo la parte destra, si vestono soltanto dalla parte destra. Quando il disturbo è grave
il paziente ignora del tutto la sua metà corporea sinistra, quando gli si chiede di toccarsi le parti corporee di
sinistra con la mano destra si nota la sua esitazione e perplessità: la mano destra si ferma sulla linea mediana
del corpo ed il paziente è incapace di compire un’azione che invece esegue perfettamente sulla parte destra.
Se l’esaminatore gli tocca la mano sinistra, il paziente spesso cerca la fonte dello stimolo sulla destra
(allochiria), in maniera simile a quanto avviene per l’eminegligenza per lo spazio extracorporeo.
Il paziente con emisomatoagnosia presenta:

- Senso di estraneità per l’emisoma:


il paziente rivela una sensazione che lo inquieta. Riferisce che la mano o il braccio di sinistra non siano i
suoi e che la metà del corpo non gli appartiene. Il paziente manifesta una sensazione di estraneità per
l’emisoma di sinistra, che rileva solo alla persona a cui si rivolge per aiuto o quando gli si pone una
domanda diretta

- Somatoparafrenia:
il paziente presenta un disturbo del pensiero. Formula delle vere e proprie idee deliranti sulla metà
corporea che ignora: protesta ad alta voce, convinto che qualcuno gli ha posto accanto un braccio non
suo. Questo delirio può spingere il paziente a rivolgersi al suo arto di sinistra come se si trattasse di una
persona estranea, o a sviluppare reazioni emotive negative/aggressive nei confronti dei propri arti plegici

- Eminegligenza motoria:
il paziente, mentre interagisce con l’ambiente, tende a lasciare il braccio sinistro abbandonato lungo il
corpo e a trascinare l’arto inferiore durante la marcia, tuttavia quando gli si chiede di muovere gli arti,
egli riesce. Questo fenomeno consiste nella tendenza a trascurare l’uso spontaneo degli arti di sinistra in
assenza di deficit motori

- Anosognosia:
l’emisomatoagnosia molte volte si associa ad una reale paralisi di metà corporea, cioè l’emisoma sinistro
è completamente o quasi paralizzato. Quando queste due condizioni cliniche coesistono, i pazienti
tendono ad ignorare non solo la parte colpita, ma anche il loro stato di malattia, ritenendo di non aver
nessun disturbo.

- Anosodiaforia:
il paziente è in grado di riconoscere il proprio stato di malattia, ma ha nei confronti di questa condizione
drammatica, un atteggiamento di indifferenza o di emotività inadeguata alla situazione contestuale.

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER I DISTURBI DI CONSAPEVOLEZZA CORPOREA


- Chiedere al paziente di toccarsi con la mano destra parti dell’emisoma di sinistra. Quando l’esaminatore
chiede “si tocchi con la mano destra il braccio sinistro” si può assistere a due tipi di comportamento:
1) Il paziente esita, ferma la mano destra sul torace, incapace di trovare la parte corporea di cui non ha
consapevolezza
2) Il paziente riesce a toccarsi il braccio ma è lento, ci pensa bene e ha delle evidenti esitazioni prima
di riuscirci

- Chiedendo a un paziente di battere le mani


1) Il paziente con neglect ed emiplegia sinistra può muovere la mano destra ripetutamente e fermarsi a
mezz’aria, rimanendo convinto di aver battuto le mani
2) Il paziente con emiplegia sinistra ma senza neglect batte la sua mano destra sulla sinistra che invece
giace immobile sul suo fianco

- L’esaminatore, alla sinistra del paziente, pone il proprio arto sinistro al di sotto di quello omologo del
paziente e poi gli chiede di prendere con la mano destra la propria mano sinistra. In questa prova il
paziente con emisomatoagnosia potrà stringere la mano dell’esaminatore ritenendola propria

- Prova formalizzata che consiste nel chiedere al paziente di pettinarsi e finger di radersi (o di truccarsi).
Ai pazienti sono concessi 30 secondi per ciascun compito e l’esaminatore conta il numero di colpi di
pettine o di rasoio dati a destra e a sinistra. La taratura mostra che pazienti cerebrolesi destri hanno una
maggiore probabilità di evidenziare un comportamento asimmetrico, e si sono confermate dissociazioni
tra eminegligenza spaziale e personale
INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELL’EMISOMATOAGNOSIA
Il quadro clinico comportamentale descritto è spesso correlato con lesioni emisferiche destre, ma si può
rilevare anche dopo lesioni sinistre.
- Si riscontra emisomatoagnosia soprattutto nelle prime fasi dopo una lesione cerebrale acuta (ictus). Tale
quadro si può anche manifestare progressivamente per effetto di una lesione tumorale in sede parietale di
destra.
- Le manifestazioni cliniche possono subire delle fluttuazioni: in certe circostanze il paziente, quando è
più attendo, riesce a rispondere con accuratezza alle richieste dell’esaminatore, ma può poi manifestare il
suo problema durante una seduta di fisioterapia.
- Abbastanza frequentemente l’eminegligenza personale si associa ad emianestesia, ovvero una perdita
completa della sensibilità dell’emisoma controlaterale alla sede lesionale. L’emianestesia implica che il
paziente non è in grado di percepire stimoli tattivi, come una puntura di spillo. Essa però non è
sufficiente a spiegare l’emisomatoagnosia, in quanto è possibile osservare paziente con emianestesia
senza problemi di consapevolezza corporea e viceversa
- Sono da tenere distinti dall’emisomatoagnosia i fenomeni allucinatori come la percezione di movimento
dell’arto plegico o la presenza di arti sovrannumerari.

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DELLA LOCALIZZAZIONE MOTORIA


Un disturbo che riguarda specificatamente la capacità di identificare e localizzare parti del proprio corpo su
richiesta dell’esaminatore viene definito autotopoagnosia (mancato riconoscimento di parti del proprio
corpo).
Differentemente dai pazienti affetti da emisomatoagnosia, i pazienti con autotopoagnosia non hanno disturbi
della consapevolezza corporea. Essi:
- Hanno chiari confini dell’estensione del proprio corpo e lo esplorano senza difficoltà e senza asimmetrie
- Non manifestano disturbi comportamentali evidenti, e il rilievo che fa svelare la loro difficoltà è spesso
solo occasionale
- Se viene chiesto di toccarsi una specifica parte del corpo, a destra o sinistra, durante l’esame clinico,
mostrano difficoltà insospettate o commettono errori eclatanti e ripetuti. Questo disturbo si verifica sia
per le parti destre che sinistre del corpo (non c’è lateralizzazione come nell’emisomatoagnosia) e gli
errori sono commessi sia con la mano destra che con la mano sinistra

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER L’AUTOTOPOAGNOSIA


Una batteria per l’esplorazione dei diversi aspetti della capacità di indicare le parti corporee comprende più
compiti: bisogna valutare il ruolo delle componenti semantiche e lessicali verbali e verificare se un difetto di
localizzazione corporea è selettivo o dipende da disturbi cognitivi di altra natura. Una batteria prevede sia
test verbali che non verbali:
- Test verbali: indicazione di parti del corpo denominate dall’esaminatore su di sé, indicazione di parti del
corpo su una figura schematica, individuazione di parti del corpo denominate dall’esaminatore su figure
scomposte

- Test non verbali: indicazioni su di sé di parti del corpo corrispondenti a quella toccata dall’esaminatore,
indicazione su di sé di parti del copro corrispondenti a quelle toccate dall’esaminatore su una figura
schematica.
Il soggetto quindi viene esaminato prima su se stesso e poi su una figura schematica, inoltre si può chiedere
al soggetto di toccare parti del corpo dell’esaminatore.

Gli errori che possono compiere i pazienti sono di diverso tipo:


- Errori non correlati: il paziente indica una parte del corpo completamente diversa da quella richiesta (es.
testa invece che mano)
- Errori di contiguità: il paziente indica una parte del corpo vicina a quella richiesta (es. mento invece che
guancia)
- Errori funzionali: il paziente indica una parte del corpo simile per funzione a quella richiesta (es.
ginocchio invece che gomito)
Se il paziente non ha disturbi specifici nel dominare le parti corporee, se dimostra una sufficiente
competenza semantica, se non ha problemi di programmazione motoria, ma sbaglia o è troppo lento
nell’indicare le parti del corpo, si può concludere che egli sia affetto da un disturbo specifico della
localizzazione corpora.

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEI DISTURBI DELLA LOCALIZZAZIONE CORPOREA


Il fallimento sistematico ad indicare le parti corporee su sé stessi è definito autotopoagnosia. Quando il
disturbo è rilevato sull’esaminatore o su una silhouette si definisce somatotopoagnosia.
Differentemente dall’emisomatoagnosia, questo disturbo perdura nel tempo e non tende a scomparire per
effetto del recupero spontaneo. Nell’ambito dei disturbi della localizzazione corporea esistono deficit che
riguardano aspetti molto specifici:
- Disorientamento destra-sinistra:
difficoltà specifica ad individuare la destra e la sinistra del proprio corpo. Il paziente, pur avendo
acquisito in precedenza una nozione chiara del concetto di destra e sinistra, dopo una lesione cerebrale
diventa incapace di orientarsi rispetto a tali categorie.

- Agnosia digitale:
incapacità di identificare le dita della propria mano. Questi pazienti avranno difficoltà non solo ad
indicare su di sé o a muovere le dita denominate dall’esaminatore, ma avranno difficoltà anche ad
indicare su una figura schematica di una mano quale dito è stato denominato o toccato dall’esaminatore.

Questi due deficit possono essere associati nell’ambito di una sindrome più complessa: la sindrome di
Gerstmann. Caratterizzata anche da agrafia e acalculia. Tale sindrome si realizza quando una lesione
cerebrale colpisce il giro angolare di sinistra, un’area alla confluenza tra lobo parietale e lobo temporale.

Un inquadramento teorico dei disturbi della consapevolezza e della localizzazione corporea deve partire dalla
considerazione che la rappresentazione dello spazio corporeo si organizza sulla base delle informazioni
sensoriali provenienti dal corpo. L’elaborazione finale di queste informazioni è una rappresentazione unitaria
del corpo, come entità con confini precisi. All’interno di questo spazio sono identificate delle parti
localizzabili attraverso dei sistemi di mappe spaziali locali e a queste parti si assegnano dei nomi e dei
significati. La rappresentazione del corpo è quindi un sistema complesso in cui sono incluse:
- Conoscenze spaziali (estensione del corpo, localizzazione delle parti)
- Conoscenze strutturali (com’è fatto il corpo e le sue parti)
- Conoscenze lessicali (nomi delle parti del corpo)
- Conoscenze semantiche (conoscenze enciclopediche)

Nella neurologia classica questo insieme di rappresentazione è definito schema corporeo. Vi sono 3
principali tipi di rappresentazione corporea:

Semantica: Posturale on-line: Strutturale:


comprende conoscenze generali sistema di riferimento dinamiche assicura una descrizione visuo-
relative alle parti corporee e alle che fornisce informazioni spaziale strutturale del proprio
loro funzioni continuamente aggiornate circa la corpo e del corpo in genere
posizione del corpo nello spazio

Sulla base di quanto detto l’emisomatoagnosia può essere considerata un difetto della rappresentazione
dell’estensione corporea (limitata alla parte ipsilaterale). In questi pazienti vi è un conflitto tra la conoscenza
concettuale che il corpo deve avere una destra ed una sinistra con la disponibilità delle informazioni, limitate
in estensione cerebrale.
Nei pazienti con disturbo della localizzazione, invece, la conoscenza concettuale relativa all’estensione del
corpo e le informazioni disponibili sono ben chiare e congruenti, ma sono difettosi i processi che consentono
di percorrere le mappe spaziali corporee

Capitolo 8
I DISTURBI VISUO-SPAZIALI: APRASSIA COSTRUTTIVA E DISORIENTAMENTO
TOPOGRAFICO

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DELLO SPAZIO E DEL DISEGNO


Dopo una lesione cerebrale un paziente può incontrare difficoltà nell’esercitare un’attività manuale connessa
al proprio lavoro, nell’orientarsi nelle strade e così via. Queste difficoltà si manifestano nel percepire e
nell’agire in funzione di coordinate spaziali o di categorie spaziali e possono essere definiti disturbi spaziali.
I principali disturbi della cognizione spaziale sono i disturbi del disegno e i disturbi dell’orientamento
topografico. I disturbi delle abilità di disegno sono frequenti dopo lesioni cerebrali e nel corso di patologie
degenerative del cervello. L’incapacità di disegnare è il segno più evidente di una generale difficoltà a
costruire strutture complesse, ponendo nei corretti rapporti spaziali reciproci i singoli elementi che e
compongono: aprassia costruttiva

Il termine aprassia costruttiva è stato ideato per identificare un disturbo delle attività di costruzione,
composizione e disegno, in cui la forma spaziale del prodotto non è adeguata, in assenza di aprassia
dei singoli movimenti. Corrisponde ad un disturbo della capacità di progettare la composizione di una
struttura a partire da elementi semplici, in assenza di grossi disturbi percettivi o motori elementari.
Rappresenta una categoria molto eterogenea, in cui sono potenzialmente riconoscibili quadri
comportamentali diversi tra loro

Questa eterogeneità è fornita dalla varietà di tipo di errore commessi dai pazienti:
- Distorsioni spaziali: errori in cui gli elementi vengono riprodotti in una disposizione spaziale che non
corrisponde a quella del modello
- Semplificazioni: le figure riprodotte rispettano la configurazione generale del modello, ma presentano un
numero minore di elementi
- Rotazioni: il modello nel suo insieme viene riprodotto correttamente, ma con diverso orientamento
rispetto all’originale
- Perseverazioni: singole parti del modello, o tutto il modello, vengono replicati una o più volte durante la
copia
- Omissioni: parti del modello vengono trascurate durante la riproduzione
- Trasposizioni spaziali: elementi di una figura vengono riprodotti in una metà dello spazio opposta a
quella originale (allochiria)

Un particolare comportamento che si può osservare nei compiti di copia di disegni, e di costruzione bi e tri-
dimensionale, anche quando il paziente non mostra marcata aprassia costruttiva, è la tendenza ad accollare la
copia al modello (produrre la copia utilizzando parti del modello). Questo fenomeno, definito closing-in, è
presente nei bambini normali ad età prescolare e in cerebrolesi focali, ma soprattutto in pazienti con danni
cerebrali diffusi (soprattutto Alzheimer).
Indipendentemente dalla valutazione del prodotto grafico finale, l’analisi delle procedure di disegno permette
di rilevare alterazioni anche in soggetti non affetti da un evidente disturbo costruttivo. Nella copia di figure
complesse, i pazienti cerebrolesi tendono a adottare l’approccio pezzo-a-pezzo

Disegnano un pezzo della figura per volta e procedono per contiguità, senza pianificare il disegno. I
soggetti normali invece partono da strutture più importanti per facilitarsi il compito. Tale procedura
può essere considerata il risultato dell’adattamento dei pazienti alla difficoltà della prova.

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER L’ESAME DEL DISEGNO


La valutazione deve essere integrata dallo studio della percezione visuo-spaziale, cioè della capacità di
eseguire un’analisi delle relazioni spaziali di uno stimolo rispetto all’osservatore e ad altri stimoli circostanti.
 Valutazione delle competenze visuo-spaziali
Tra le prove di percezione spaziale sono inclusi sia compiti molto semplici, sia compiti che richiedono
l’integrazione di più parametri spaziali ed il coinvolgimento di altre funzioni cognitive:
- Test di giudizio di orientamento di linee: è una prova visuo-spaziale che richiede al soggetto di
individuare le rette con inclinazione uguale a quella delle rette-stimolo
- La TERADIC comprende alcune prove per la percezione spaziale: giudizio dimensionale di rette,
giudizio di orientamento di rette, giudizio di grandezza di angoli, giudizio di posizione di punti.
Inoltre, comprende prove per valutare il pensiero spaziale: rotazioni mentali, identificazione di figure
complesse, identificazione di figure nascoste e costruzione mentale.

 Valutazione delle competenze visuo-costruttive


Tale valutazione deve comprendere la somministrazione di compiti e stimoli diversi.
- Disegno spontaneo: la prova più immediata è chiedere il disegno di una figura qualunque (es. figura
umana)

- Copia di disegni: prova più utilizzata per la diagnosi di aprassia costruttiva. Consiste nella copia di
disegni geometrici di complessità crescente

- Figura complessa di Rey: prevede sia un compito di copia immediata che uno di richiamo differito.
Per la valutazione ci si può riferire alla classificazione in 7 tipi proposta da Rey

- Test di Benton: il paziente deve riprodurre una serie di figure bidimensionali utilizzando alcuni
bastoncini

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEI DISTURBI DEL DISEGNO


I disturbi visuo-spaziali sono legati a lesioni di una rete neuroanatomica preposta all’elaborazione delle
caratteristiche spaziali degli stimoli visivi: le informazioni percepite visivamente vengono elaborate dalle
aree della corteccia occipitale dorsolaterale e poi dal lobulo parietale superiore per l’analisi dello loro
caratteristiche spaziali. Questo circuito dorsale dell’elaborazione visiva, deputato ad analizzare dove è uno
stimolo, è distinto anatomicamente e funzionalmente dal circuito ventrale, deputato all’analisi del cosa è uno
stimolo, cioè alle funzioni del riconoscimento visivo. I quadri clinici più evidenti di aprassia costruttiva si
manifestano dopo lesioni parietali e frontali, soprattutto nell’emisfero destro.

 Tappe per la riproduzione di una figura:


1) Lo stimolo da copiare deve essere percepito: gravi disturbi visivi, come cecità corticale o agnosia
visiva percettiva, rendono impossibile riprodurre le caratteristiche dello stimolo
2) Lo stimolo deve essere esplorato nella sua totalità: l’eminegligenza spaziale può condurre a diversi
errori: limitare l’esplorazione dello stimolo dando luogo ad omissioni, oppure alterare l’elaborazione
dello spazio generando distorsioni o trasposizioni spaziali
3) Lo stimolo deve essere riconosciuto: l’agnosia visiva porta i soggetti al ricorso ad una strategia di
copia linea-per-linea
4) Lo stimolo deve essere analizzato nelle sue caratteristiche spaziali: questo può essere compromesso in
pazienti con la sindrome di Balint, eminegligenza o lesioni frontali
5) Il processo di riproduzione deve essere pianificato: questi processi possono essere danneggiati da
lesioni che danno luogo a forme pure di aprassia costruttiva
6) La riproduzione deve essere eseguita

La complessità della rete neurale implicata nella programmazione e nell’esecuzione grafica del disegno
spiega la grande complessità a delineare un modello teorico coerente, capace di interpretare e sistematizzare i
processi cognitivi del disegno. Anche l’interpretazione degli errori commessi dai pazienti presenta aspetti
complessi. Un esempio è la molteplicità i ipotesi interpretative per il fenomeno del closing-in:
- Alcuni lo considerano il frutto di un’inefficienza dei processi di controllo che consente il manifestarsi di
un comportamento elementare di attrazione verso lo stimolo. Lo considerano come la ricomparsa di un
riflesso primitivo che spinge la mano ad avvicinarsi allo stimolo verso cui è diretta l’attenzione visiva.
Questo fenomeno è attribuito ad un deficit di natura attenzionale, potenzialmente reversibile se
l’esaminatore chiede di ripetere la prova o indica il punto di inizio
- Secondo un’altra interpretazione questo fenomeno è legato ai disturbi dell’elaborazione e della
rappresentazione spaziali. È associato a disturbi costruttivi evidenti ed è più difficilmente reversibile.
Potrebbe rappresentare una strategia di adattamento per risolvere i problemi costruttivi complessi in
presenza di un disturbo dell’elaborazione visuo-spaziale o della memoria di lavoro visuo-spaziale
OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DELL’ORIENTAMENTO TOPOGRAFICO
Alcuni pazienti non riescono a compiere tragitti abituali o non riescono a muoversi all’interno di una stanza,
e quindi presentano un deficit di disorientamento topografico. Tali disturbi sono frequenti in presenza di
deficit generali della memoria o di un generale decadimento delle funzioni cognitive; esso è uno dei disturbi
di esordio più frequenti nella malattia di Alzheimer.

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER L’ORIENTAMENTO TOPOGRAGRICO


La corretta valutazione deve comprendere prove per le abilità cognitive che concorrono alla realizzazione ed
al mantenimento del corretto orientamento topografico.
- Prove che richiedono ai pazienti di seguire un certo percorso sulla base di informazioni fornite da una
mappa, oppure di apprendere un percorso attraverso successivi tentativi. Il primo tipo di prova esplora la
capacità di mantenere l’orientamento nonostante i successivi mutamenti di posizione rispetto al punto di
partenza e di arrivo

- Prova di lettura di mappe: consiste nel fornire al paziente una mappa di un percorso disegnato sul
pavimento di una stanza; il paziente deve seguire il percorso da un punto all’altro tenendo costante
l’orientamento della mappa che ha in mano

- Test delle mappe stradali: si esegue su una mappa stradale schematica su cui è disegnato un percorso. In
questo caso non si chiede al paziente di eseguire fisicamente il percorso, ma di immaginare di trovarsi
lungo il percorso e di decidere ad ogni incrocio se svoltare a destra o a sinistra

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEL DISORIENTAMENTO TOPOGRAFICO


Esistono due principali quadri di disorientamento topografico:
1)Agnosia topografica: i pazienti presentano una caratteristica difficoltà a riconoscere edifici ed altri luoghi
familiari che normalmente servono da riferimento per l’orientamento e che invece
risultano estranei
2)Amnesia topografica: i pazienti, pur riconoscendo i luoghi familiari, hanno difficoltà a ricostruire
mentalmente le relazioni spaziali e non riescono a ricordare i percorsi ben noti o a
descrivere il percorso da compiere.

Un modello che identifica le diverse abilità cognitive necessarie per l’orientamento topografico è stato
proposto da Byrne, ed è il cosiddetto modello cognitivo dell’orientamento spaziale

Include le seguenti componenti: una bussola, una mappa, un sistema in grado di aggiornare continuamente la
posizione del soggetto nella mappa e rispetto al bersaglio.
Secondo l’autore esistono due tipi di rappresentazioni topografiche dei percorsi:
1) Quelle a rete che sfruttano n insieme di punti di riferimento ben conosciuti (nodi), uniti da semplici tratti
di unione (corde). Per seguire una mappa a rete il soggetto deve poter riconoscere i punti di riferimento e
potersi muovere da uno all’altro
2) Quelle a vettore che codificano le relazioni spaziali globali, tenendo conto di parametri quali direzione,
localizzazione e distanza. Per poter seguire una mappa a vettore è necessario saper aggiornare
continuamente il proprio orientamento rispetto ai luoghi.

Capitolo 9
I DISTURBI DEL LINGUAGGIO: LE AFASIE

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DEL LINGUAGGIO


L’afasia consiste in un deficit profondo delle capacità di comprendere, elaborare e produrre messaggi
linguistici. Le prime osservazioni cliniche risalgono ad un secolo fa, quando è stato dimostrato che le diverse
competenze linguistiche possono essere danneggiate da lesioni cerebrali dell’emisfero di sinistra, definito
dominante per il linguaggio, e soprattutto di alcune aree frontali, parietali e temporali.
L’osservazione si fonda sull’analisi delle diverse prestazioni linguistiche nelle modalità orale e scritta,
entrambe sempre coinvolge dal disturbo: i pazienti afasici mostrano difficoltà sia nell’esprimersi oralmente,
sia nel comprendere i messaggi verbali uditi, sia nell’elaborare un linguaggio scritto.

- Deficit della comprensione verbale:


Tutti i pazienti afasici presentano un variabile deficit di comprensione dei messaggi verbali. Nei casi più
gravi il paziente non è in grado di comprendere nemmeno le singole parole concrete (es. bicchiere), nei
casi più lievi il deficit si manifesta nell’incapacità di eseguire ordini più o meno complessi (es. chiuda gli
occhi). Il deficit della comprensione riguarda la sfera linguistica e non necessariamente implica
un’incapacità a formulare pensieri o a comprendere messaggi non verbali. Solo i pazienti più gravi
appaiono chiusi in sé stessi.

- Deficit dell’espressione verbale:


la caratteristica più evidente dell’afasia consiste nell’alterazione del linguaggio spontaneo. Già
chiedendo le generalità o facendo qualunque domanda si mettono in evidenza le difficoltà ad esprimersi.
Le difficoltà del dominio verbale riguardano sia la modalità orare che quella scritta, mentre le capacità di
comunicare attraverso messaggi non verbali, quali gesti o espressioni, non sono di norma danneggiate.

Differenza tra afasia fluente ed afasia non fluente

Gli afasici fluenti si esprimono con sequenze Gli afasici non fluenti producono parole isolate o
abbastanza lunghe di parole che non sempre frasi molto semplici, spesso accompagnate da
sono in relazione tra loro e che non rispettano le incertezze ed errori nel realizzare l’articolazione
normali strutture sintattiche. Essi possono dei suoni. La tendenza a produrre strutture
produrre poche parole appropriate, ma sintattiche poco articolate dà luogo ad uno stile
frammentate ed espressioni di uso comune, ma espressivo molto schematico e da poche forme
prive di nesso, tanto che l’eloquio risulta verbali, spesso flesse, con omissioni di articoli o
incomprensibile. Gli afasici fluenti non si pronomi. L’eloquio risulta monotono, con una
rendono conto dei propri errori e parlano in marcata alterazione dell’intonazione e lunghe
maniera fluida, con pause e variazioni di pause.
intonazione (prosodia conservata)

La gravità del quadro clinico e l’efficacia comunicativa, comunque, non dipendono dalla fluenza: esistono
sia afasici fluenti che afasici non fluenti che non sono in grado di comprendere alcun messaggio verbale o di
farsi comprendere dagli altri, così come esistono afasici fluenti e non fluenti con difficoltà comunicative
modeste. Tutti gli afasici si riscontra una dissociazione automatico/volontario

Tutti possono riuscite a produrre alcune parole o anche brevi frasi correttamente,
quando il contesto attiva la risposta in via automatica; la stessa parola può, invece,
essere impossibile da produrre in altre occasioni, in mancanza di facilitazione.

La gran parte dei pazienti afasici commette diversi errori a causa delle difficoltà di produrre risposte verbali
corrette, anche se non vi è nessuna difficoltà nel riconoscere gli oggetti. Tali errori sono:
- Anomie: il paziente non produce alcuna risposta verbale, anche se è in grado di dimostrare di riconoscere
l’oggetto, magari mimandone l’utilizzo
- Circonlocuzione: risposta in cui il paziente cerca di esprimere il significato di un oggetto con una
perifrasi (es. tavolo-per mangiare)
- Parafasia semantica: risposta semanticamente correlata allo stimolo (es. mano-guanto)
- Parafasia fonemica: errore in cui un fonema è sostituito, omesso, aggiunto o trasposto con un altro (es.
cane-cate, tavolo-taolo)
- Parafasia fonetica: la parola prodotta contiene distorsioni nell’articolazione dei fonemi
- Neologismo: la risposta consiste in una parola senza senso (es. mare-tecca)

DEFICIT AFASICI IN UNA PROSPETTIVA NEUROLINGUISTICA


La prospettiva neurolinguistica distingue le competenze linguistiche in base al livello di elaborazione.
- Le competenze fonologiche riguardano lo studio dei suoni della lingua
- Le competenze semantico-lessicali riguardano le conoscenze relative alle parole e al loro significato
- Le competenze sintattico-grammaticali riguardano le regole che governano la combinazione delle
parole per formale le frasi
Per comprendere il quadro clinico non è tanto importante classificare l’afasia con un’etichetta
diagnostica, ma è fondamentale verificare se le singole competenze sono danneggiate o risparmiate
indipendentemente dall’insieme del quadro clinico.

 Deficit fonologico:
il livello fonologico si occupa dei singoli suoni elementari (fonemi), in cui possono essere scomposte
le parole. In questo ambito è possibile distinguere due livelli:
1) La fonetica: caratteristiche acustiche e percettive dei suoni
2) La fonemica: analisi dei suoni di lingua e le regole delle combinazioni dei suoni all’interno delle
parole

Per quanto riguarda il livello fonetico, gli L’analisi delle caratteristiche fonemiche
afasici, soprattutto quelli non fluenti, rileva che gli errori di sostituzione,
tendono a produrre suoni distorti, con omissione o inserzione di fonemi all’interno
alterazioni dei tempi e delle caratteristiche delle parole sono più frequenti per le parole
di pronuncia. La compromissione del livello più lunghe, indipendentemente dalla loro
fonetico in alcuni pazienti non fluenti è frequenza d’uso o dal loro significati.
talmente grave da configurare un quadro di Le parafasie fonemiche sono commesse
disintegrazione fonetica, ovvero di profonda quasi esclusivamente dai pazienti con afasia
alterazione dei programmi di produzione fluente.
articolata.
Le parafasie fonetiche sono commesse
principalmente dai soggetti afasici non
fluenti
 Deficit lessicale-semantico:
- sia gli afasici fluenti che quelli non fluenti manifestano gravi difficoltà nel ricercare e nel
selezionare, all’interno del proprio lessico mentale, le parole corrispondenti ai concetti da esprimere.
- Questi deficit provocano lunghe pause nell’eloquio dei pazienti (latenze anomiche) o danno luogo a
sostituzione di parole con altre (parafasie verbali), talora semanticamente correlate (parafasie
semantiche). I pazienti provano ad esprimere il concetto con un giro di parole più o meno
comprensibile (circonlocuzioni efficaci o non efficaci), ma spesso rinunciano a produrre qualunque
risposta (anomie).
- I pazienti hanno maggiore difficoltà a produrre parole astratte, rispetto alle parole concrete (effetto
della correttezza) ed a produrre verbi, aggettivi e funtori grammaticali rispetto ai sostantivi (effetto
della classe grammaticale)
- I disturbi semantico-lessicali sono molto evidenti anche sul versante della comprensione uditiva:
quando devono indicare, tra le altre, la figura che corrisponde alla parola udita, gli afasici possono
mostrare notevoli difficoltà

 Deficit sintattico-grammaticale
Le competenze sintattiche regolano sia la formulazione della frase, cioè il corretto ordinamento delle
parole, sia la selezione delle parole e dei suoni che hanno una funzione grammaticale. Tra questi ultimi si
distinguono:
- I morfemi grammaticali liberi: costituiti da parole a sé stanti che esprimono una relazione grammaticale
(articoli, preposizioni…)
- I morfemi grammaticali legati a radici: che corrispondono a particelle che veicolano informazioni circa
genere e numero di sostantivi e aggettivi (bell-a, can-i)

 Agrammatismo e paragrammatismo:
- Agrammatismo: consiste nell’omissione sistematica dei morfemi grammaticali liberi e si
accompagna anche ad errori nella selezione dei morfemi grammaticali legati, con violazione delle
regole della concordanza (es. cane corrono) e con errori nella flessione dei verbi (es. aprire invece di
aprono). In questi pazienti è possibile osservare anche una netta semplificazione delle strutture
sintattiche, con frasi brevi e scarne. Tale disturbo è più frequente nei pazienti non fluenti
- Paragrammatismo: utilizzo in maniera inappropriata dei morfemi grammaticali liberi sostituendoli
tra loro. Tale disturbo è più frequente nei pazienti fluenti.
LE PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER L’ESAME DEL LINGUAGGIO
Alcune batterie sono state ideate con lo scopo di classificare i pazienti nell’ambito delle sindromi afasiche
previste dai modelli classici, altre si propongono di descrivere il comportamento clinico e documentarne le
modifiche nel tempo. Tutte le batterie esplorano un’ampia gamma di abilità linguistiche, ma differiscono per
gli stimoli utilizzati, per l’attribuzione dei punteggi e per la presenza di dati di riferimento su pazienti afasici
e su soggetti normali.
- Test dei gettoni: prevede l’uso di 20 gettoni di cinque colori diversi, tondi e quadrati, piccoli e grandi e
richiede al soggetto di eseguire 36 ordini presentati oralmente, distinti in sei azioni, dalla più semplice
(tocchi un cerchio) alla più complessa (tocchi il cerchio bianco piccolo e il quadrato verde grande),
l’ultima sezione valuta la comprensione sintattica (tocchi il cerchio oppure il quadrato). I punteggi
patologici indicano la presenza di un disturbo afasico, mentre un punteggio normale esclude tale
diagnosi.

- Batteria per l’esame del linguaggio sviluppata in itali: include tutti i compiti utilizzati tradizionalmente:
eloquio spontaneo (descrizione di attività), denominazione di figure di oggetti e azioni, capacità di
produrre serie automatiche (giorni della settimana), ripetizione e lettura ad alta voce di lettere o frasi,
comprensione per via uditiva e visiva di parole e frasi, scrittura spontanea. Tale batteria ha scarse
proprietà psicometriche in quanto le prove sono semplici, essa mira a valutare le prestazioni di un
paziente in cui la diagnosi di afasia è già evidente su un piano clinico.

- AAT: include la raccolta di linguaggio spontaneo, denominazione di 4 categorie di stimoli, ripetizione di


diversi tipi di stimolo di crescente complessità, comprensione uditiva e visiva di parole e frasi,
comprensione di ordini complessi, valutazione del linguaggio scritto

- BADA: si approfondiscono in maniera sistematica le competenze fonologiche, semantico-lessicali,


sintattiche e di memoria verbale. Per tale batteria è necessario: utilizzare prove specifiche per analizzare
le singole competenze, verificare il possibile effetto di una serie di variabili sulla prestazione, eseguire la
valutazione qualitativa degli errori. La prima sezione della batteria valuta le competenze fonologiche
attraverso prove di ripetizione, lettura e scrittura sotto dettato di neologismi, la seconda sezione
comprende prove di lettura e scrittura sotto dettato e copia ritardata di parole. La terza sezione esamina le
competenze grammaticali attraverso giudizi specifici e comprensione di frasi.

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE AFASIE


Il primo dei criteri per la classificazione di disturbi linguistici è rappresentato dalle caratteristiche
dell’eloquio spontaneo, che consente di distinguere tra:
- Afasie fluenti: eloquio produttivo con prosodie e intonazione conservate. Tali afasie sono
prevalentemente associate a danni delle regioni posteriori, temporo-parietali dell’emisfero sinistro.
- Afasie non fluenti: eloquio rallentato, frasi brevi e prosodia monotona e alterata. Tali afasie sono
prevalentemente associate a lesioni anteriori che coinvolgono le aree frontali dell’emisfero sinistro.

Il secondo criterio di classificazione è rappresentato dalla presenza di un deficit al compito di ripetizione.


1) Afasie caratterizzate da un deficit delle abilità di ripetizione:

Afasia globale: Quadro caratterizzato da gravi deficit in tutte le abilità linguistiche.


- L’eloquio spontaneo non è fluente, ridotto a espressione stereotipiche
- La denominazione di oggetti è gravemente deficitaria
- Ripetizione di stimoli verbali ridotta o quasi assente
- Comprensione verbale scarsa
- Linguaggio scritto fortemente compromesso
- Associata a lesioni sia alle regioni anteriori che in quelle posteriori
dell’emisfero sinistro

Afasia di Broca: - Parole isolate o frasi brevi, prodotte con lentezza (eloquio non fluente)
- Intonazione monotona e frammentaria (disprosodia)
- Strutture sintattiche poco articolate e stile telegrafico
- Comprensione meno compromessa dell’eloquio
- Linguaggio scritto deficitario
- Associata a lesioni anteriori nella porzione del giro frontale inferiore,
denominata area di broca.

Afasia di Wernicke: - Eloquio fluente e prosodico, con errori fonemici, lessicali e sintattici
- Pazienti logorroici, frasi lunghe con parole non in relazione
- Frequenti parole stereotipiche
- Nei casi più gravi la produzione è incomprensibile
- Anosognosia, il paziente non si rende conto degli errori
- Comprensione verbale gravemente compromessa
- Competenze del linguaggio scritto deficitarie
- Associata a lesioni delle aree posteriori sinistre, in particolare la parte
postero-superiore del giro temporale superiore, denominata area di Wernicke

Afasia di - Afasia fluente di raro riscontro


conduzione: - Prevalente deficit della ripetizione

2) Afasie caratterizzate da un relativo risparmio della ripetizione:

Afasia transcorticale mista: - Grave deficit della comprensione, dell’eloquio e della scrittura
- Presenza di alcuni residui di linguaggio verbale che consistono
nel risparmio della ripetizione e in alcune forme di linguaggio
automatico (a differenza dell’afasia globale)
- Associata a lesioni dell’emisfero sinistro che risparmierebbero
però alcune aree temporali e frontali e le loro reciproche
connessioni

Afasia transcorticale motoria: - Netta discrepanza tra l’eloquio spontaneo non fluente, molto
povero e ripetizione ben conservata con tendenza all’ecolalia
- Le capacità di comprensione sono relativamente conservate
- Deficit nel linguaggio scritto

Afasia transcorticale sensoriale: - Afasia fluente, in cui comprensione, denominazione e


competenze scritte sono gravemente deficitarie
- Ripetizione relativamente conservata
- Il paziente tende a ripetere in maniera automatica le parole che gli
vengono rivolte (ecolalia)

Afasia anomica: - Afasia fluente con difficoltà nella ricerca di parole


- Risparmio della ripetizione
- Eloquio spontaneo ben strutturato con pause lunghe
- Comprensione verbale e linguaggio scritto meno compromesse

DIAGNOSI DIFFERENZIALE CON DISTURBI NON AFASICI


Dal punto di vista clinico è importante tenere distinte le afasie da altre condizioni in cui non si osserva un
deficit profondo delle abilità linguistiche
- Sordità verbale pura: grave deficit della compromissione linguistica nella modalità uditiva e della
capacità di ripetizione, ma senza paralleli disturbi della produzione verbale o dell’elaborazione del
linguaggio scritto. Questa non è un vero e proprio disturbo del linguaggio, ma un deficit selettivo del
riconoscimento di una categoria di stimoli, cioè le parole

- Anartria: grave disturbo della produzione orale, ma con totale risparmio delle abilità di comprensione e
di elaborazione del linguaggio scritto. Il deficit è ristretto alla programmazione articolatoria. Il paziente
sa quali fonemi produrre, ma non riesce ad eseguire correttamente i movimenti articolatori che
consentono la chiara e fluente produzione dei suoni linguistici desiderati.

- Disartria: deficit della produzione verbale in tutti i compiti in cui è richiesta una risposta orale, con
difficoltà nell’articolazione dei fonemi, senza dissociazione tra risposte automatiche e volontarie e senza
deficit di comprensione. Tale condizione è dovuta ad una paralisi, una debolezza o incoordinazione dei
muscoli della bocca o della faringe.

MODELLI INTERPRETATIVI DELLE AFASIE


Secondo il modello interpretativo tradizionale dei disturbi afasici di Lichtheim il linguaggio si realizza grazie
all’interazione i più aree cerebrali, ognuna responsabile di una specifica elaborazione linguistica. Secondo
tale modello alcune regioni del lobo temporale di sinistra sono coinvolte nella comprensione del linguaggio
udito, mentre alcune aree del lobo frontale di sinistra sono responsabili della produzione verbale. Entrambi
sono connessi con un centro nervoso superiore, responsabile dell’ideazione e dell’elaborazione concettuale
del linguaggio e comunicano tra loro attraverso una via diretta (fascicolo arcuato)  secondo tale modello
ogni sindrome afasica derivava da una lesione selettiva ad uno delle sue componenti.

Tuttavia, la moderna ricerca neurolinguistica ha dimostrato che le sindromi afasiche tradizionali non
individuano gruppi di pazienti con quadri linguistici omogenei. Per interpretare tali quadri disomogenei
bisogna fare riferimento a modelli più complessi.  modelli semantico-lessicale

Secondo tali modelli vi sono 3 componenti separate, deputate a contenere:


- le conoscenze relative ai suoni delle parole che il soggetto conosce (lessico
fonologico di ingresso)
- i concetti e le conoscenze circa le parole (sistema semantico)
- le conoscenze circa le sequenze di fonemi che compongono le parole
conosciute (lessico fonologico di uscita)

Capitolo 10
I DISTURBI DEL LINGUAGGIO SCRITTO E DEL CALCOLO: ALESSIA, AGRAFIA E
ACALCULIA

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DI LETTURA


I disturbi acquisiti della lettura, definiti alessie o dislessie, consistono nella difficoltà a leggere da parte di un
soggetto che ha normalmente acquisito tale abilità linguistica prima del danno cerebrale. Tali disturbi
possono rilevarsi come deficit selettivo, ma per lo più si accompagnano ad altri disturbi cognitivi.
I pazienti affetti da una difficoltà acquisita nella lettura possono presentare diverse tipologie di errori:

- Errori visivi:
caratterizzati da una somiglianza visiva tra lo stimolo e la risposta del paziente. L’errore consiste nella
sostituzione, nell’omissione, nell’aggiunta o nell’inversione di una sola lettera (es. cane-cave). Tali tipo
di errori sono il tipo più frequente e sono commessi da tutti i pazienti con disturbi acquisiti della lettura
- Errori morfologici e derivazionali:
gli errori morfologici colpiscono la parte della parola che fornisce informazioni circa genere o numero, o
circa il tempo, nel caso dei verbi, mentre la radice lessicale è letta correttamente (andare-andato)
negli errori derivazionali la radice è comune a stimolo – risposta, ma in questo caso viene letta in
maniera errata la parte di parola che fornisce informazioni circa la funzione grammaticale o il referente
semantico (amore- amore). Questi due tipi sono accomunati per il fatto che la radice lessicale dello
stimolo è letta bene e perché si riscontrano entrambi i tipi di errori nello stesso paziente.

- Errori semantici:
le risposte hanno una relazione semantica con lo stimolo. Nei casi più tipici non c’è alcuna somiglianza
visiva tra stimolo e risposta (bere-mangiare). In questo tipo di errori si possono osservare relazioni
semantiche di diverso tipo tra stimolo e risposta: errori superordinati (leone-animale), errori coordinati
(cane-gatto), errori subordinati (cammello-gobba) o associazioni contestuali (carte-gioco)

- Sostituzione di parole-funtore:
le parole funtore, cioè le congiunzioni, gli avverbi, hanno uno scarso contenuto semantico ed esprimono
solo una relazione grammaticale (quindi-poi)

- Regolarizzazioni:
consistono nella regolarizzazione di parole irregolari: la risposta non contiene errori formali di lettura,
ma non rispetta le normali consuetudini della lingua

- Lessicalizzazioni:
errore che riguarda la lettura di sequenze di lettere che non hanno significato, le non-parole.
In questo caso sono possibili due tipi di errori: 1) errori visivi, del tutto analoghi a quello che possono
essere commessi con le parole 2) lessicalizzazioni: produzione di parole al posto di non-parole (brato-
prato)

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER LE ABILITA’ DI LETTURA


Le prove di lettura raramente hanno un valore propriamente psicometrico, in quando non vengono
somministrate in genere per verificare se le abilità di lettura di un certo soggetto siano normali.
L’esame di lettura ad alta voce con lo scopo di studiare sia l’effetto della lunghezza dello stimolo sia l’effetto
delle variabili linguistiche: stato lessicale (parola-non parola), frequenza d’uso, classe grammaticale (verbi,
aggettivi …), concretezza/astrattezza, regolarità. Occorre somministrare più liste di stimoli al fine di
controllare tutte le variabili che possono influenzare la prestazione. Ci sono due fonti principali di liste di
stimolo: libro di Sartori sulla lettura e la batteria per l’analisi dei disturbi afasici. L’esame di lettura deve
essere completato da compiti che prevedono la lettura senza produzione ad alta voce della risposta. In questo
modo è possibile verificare le abilità di elaborazione delle sequenze di grafemi in maniera indipendente da
difetti della prodizione orale. In genere, questi compiti prevedono una risposta si/no o una risposta con
indicazione. Tali prove complementari permettono di verificare l’elaborazione visiva delle lettere, il
riconoscimento delle parole e la comprensione delle parole. Tali prove complementari sono:

 Prove per verificare l’elaborazione visiva delle singole lettere:


- in alcune prove il paziente deve individuare una lettera dell’alfabeto tra altri simboli grafici
- in altre si chiede al paziente di decidere se due lettere scritte in caratteri diversi hanno lo stesso valore
fonologico
- in altre si deve decidere se due non parole scritte in caratteri diversi hanno o non hanno lo stesso suono

 Prove per verificare il corretto riconoscimento delle parole


- per verificare questo si può adottare un paradigma di decisione lessicale, in cui si somministra al
paziente una lista di parole e non-parole e per ogni stimolo viene chiesto se si stratta di una parola
esistente o meno
- test di comprensione di omofoni. Si chiede al soggetto di indicare quale di due sintagmi dal suono
uguale presentati visivamente corrisponde a una definizione presentata uditivamente. Si valuta la
capacità di riconoscere visivamente una parola discriminandola da un’altra dall’identico suono.

 prove per verificare le capacità di comprensione della lettura


- chiedere al paziente di indicare, fra altri distrattore, la figura che corrisponde alla parola scritta
- decisione semantica, in cui il soggetto legge una lista di parole e deve decidere se ognuna di esse
corrisponde a un essere vivente
- associazioni contestuali: si chiede al soggetto di indicare quale di due parole ha una relazione semantica
con lo stimolo

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEI DISTURBI DI LETTURA


Le prime classificazioni cliniche distinguevano i disturbi di lettura in funzione dei deficit cognitivi associati:
1) Alessia afasica: disturbi di lettura in corso di sindrome afasica frequentemente associati a lesioni delle
aree parietali e temporali dell’emisfero sinistro.
2) Alessia con agrafia: disturbi di lettura associati a disturbi di scrittura, ma senza altri disturbi linguistici,
indice di lesioni parietali sinistre e talora associata ad altri segni della sindrome di Gerstmann
3) Alessia pura: disturbi selettivi della lettura legati a lesioni del lobo occipitale di sinistra
4) Alessia da eminegligenza: caratterizzata da disturbi di lettura con deficit dell’esplorazione visiva e con
lesioni dell’emisfero destro

Questa classificazione mantiene il suo valore clinico e orientativo, ma non tiene conto del fatto che i pazienti
si differenziano per la quantità e il tipo di errori commessi nella lettura ad alta voce e nelle prove
complementari.
L’analisi quantitativa e qualitativa delle abilità di lettura ha dimostrato che alcuni pazienti dislessici
commettono la stessa quantità e lo stesso tipo di errori per tutti gli stimoli, mentre in altri pazienti il numero e
il tipo di errori dipendono dal tipo di stimolo somministrato.

In questo primo caso, dislessie periferiche, il deficit In questo secondo caso, dislessie centrali, si può
cognitivo può essere legato ai primi stadi immaginare che il deficit intervenga nel corso
dell’elaborazione dell’informazione visiva dell’elaborazione linguistica della sequenza di
lettere da leggere

CLASSIFICAZIONE COGNITIVA: DISLESSIE PERIFERICHE E CENTRALI


 Classificazione delle dislessie periferiche:
la lettura dei pazienti con dislessia periferica è influenzata solo da variabili legate alla conformazione
fisica (lunghezza), ma non alle caratteristiche linguistiche dello stimolo. Tra queste dislessie sono incluse
3 sindromi:

1) Dislessia da I pazienti commettono errori visivi (omissioni o sostituzioni di lettere)


eminegligenza spaziale: secondo una caratteristica disposizione spaziale. Questi pazienti
tendono ad ignorare o ad alterare la parte iniziale (eminegligenza
sinistra) o la parte finale (eminegligenza destra) degli stimoli

2) Dislessia attenzionale: Disturbo in cui i pazienti possono essere in grado di leggere


correttamente lettere o parole se presentate da sole, ma non
riescono a leggerle se presentate insieme ad altre. Gli errori
commessi sono di tipo visivo, tali pazienti hanno mostrato la
tendenza ad invertire tra loro le lettere

3) Dislessia lettera-per- Sindrome caratterizzata da un elevato numero di errori visivi e da una


lettera: lettura lenta, faticosa e monotona. I pazienti è come se leggessero una
lettera alla volta. Quanto è più lungo lo stimolo, tanto più il paziente
impiega a leggerlo, in pratica i pazienti dimostrano un netto effetto
della lunghezza sia sui tempi di lettura che sul numero degli errori,
mentre la loro accuratezza non è influenzata dalle variabili
linguistiche: leggono allo stesso modo parole e non-parole. Questa
tipologia di dislessia corrisponde alla sindrome clinica di alessia pura

 Classificazione delle dislessie centrali:


le dislessie centrali implicano un deficit dell’elaborazione linguistica dello stimolo. I pazienti presentano
una prestazione di lettura influenzata dalle variabili linguistiche. Tale dislessia comprende 4 sindromi:

1) Dislessia superficiale: I pazienti presentano una specifica difficoltà nel leggere le parole
irregolari e commettono errori di regolarizzazione. Si comportano come
se fossero incapaci di riconoscere a prima vista le parole e leggessero
ogni stimolo applicando correttamente le regole di traduzione grafema-
fonema. I dislessici superficiali falliscono tipicamente al compito di
comprensione di omofoni. Tutte le lettere sono lette correttamente e gli
unici errori consistono nell’errata accentuazione. Le non-parole sono
lette senza errori, quindi in maniera più corretta delle parole irregolari.
Tale tipologia di dislessia è correlata a lesioni parieto-temporali sinistre

2) Dislessia fonologica: Caratterizzata da errori morfologici e derivazionali e dalla sostituzione


di funtori grammaticali. La lettura di parole presenta un modico numero
di errori, mentre commettono un numero di errori molto elevati nella
lettura delle non-parole: errori visivi e lessicalizzazioni. I pazienti
leggono in maniera corretta tra il 70 e il 90% delle parole, ma solo il 10-
20% delle non-parole. È in genere correlata a lesioni parieto-temporali
sinistre.

3) Dislessia profonda: Il sintomo cardine è la presenza di errori semantici nella lettura di


parole. I pazienti commettono errori visivi, morfologici e derivazionali,
sostituiscono i funtori grammaticali e la loro lettura è influenzata dalle
stesse variabili linguistiche. Tali pazienti presentano un’assoluta
incapacità di leggere le non-parole. È correlata a lesioni parieto-
temporali sinistre

4) Dislessia diretta: definita anche iperlessia. Non è un disturbo di lettura, ma della


comprensione della lettura. I pochi pazienti descritti in letteratura
riescono a leggere senza errori parole regolari e irregolari e anche le
non-parole. Essi tuttavia, non comprendo quello che leggono e falliscono
nelle prove di comprensioni.

I quadri sintomatologici delle dislessie centrali sono correlati tra loro: mentre la dislessia fonologia e quella
profonda sono caratterizzate dal risparmio della capacità di leggere stimoli conosciuti, con deficit della
lettura di stimoli non familiari, la dislessia superficiale presenta la dissociazione opposta, dopo il
riconoscimento degli stimoli familiari è deficitario.  questa doppia dissociazione ha fornito una conferma
ai modelli cognitivi. Lo studio dei pazienti dislessici ha confermato la validità dei modelli che proponevano
l’esistenza di una doppia via di lettura:
1) Via globale: fondata sul riconoscimento globale e immediato degli stimoli familiari
2) Via fonologica: fondata sulla traduzione automatica dei grafemi in fonemi
L’esistenza di queste due vie rappresenta una legge del funzionamento del cervello e sostiene che le due vie
possono essere lese indipendentemente l’una dall’altra: la dislessia superficiale può essere interpretata come
un danno della via globale di lettura, la dislessia fonologica e quella profonda sono provocate da un danno
nella via fonologica.
Inoltre, è stata postulata l’esistenza di una terza via: via di lettura lessicale diretta, per intraprendere il
comportamento dei pazienti con iperlessia. Si parla quindi di un modello a tre vie.

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DI SCRITTURA


Le agrafie o le disgrafie sono disturbi acquisiti della scrittura. Essi sono obbligatoriamente presenti, insieme
ai disturbi della lettura, nei pazienti afasici, ma possono essere presenti anche nei pazienti non afasici.
In analogia con i disturbi di lettura, anche per la diagnosi delle disgrafie acquisite si utilizzano soprattutto
prove di scrittura di singoli stimoli, sia di parole che non-parole, da produrre uno alla volta, ma errori dello
stesso tipo possono si possono riscontrare anche nella scrittura di frasi o brani.
Classificazione degli errori di scrittura:
gran parte dei tipo di errore di scrittura si sovrappongono a quelli identificati nella lettura: errori morfologici
e derivazionali, errori semantici, sostituzione di parole-funtore, regolarizzazioni.
- Errori grafemici:
omissione, inversione, delezione o sostituzione di uno o più grafemi; l’errore grafemico non rispetta le
leggi ortografiche della lingua e dà luogo a risposte illeggibili (fratello-frtello)

- Errori di formazione delle lettere ed errori allografici:


gli errori di formazione delle lettere consistono nella produzione di lettere alterate o simboli grafici non
leggibili. Si parla, invece, di errori allografici quando i pazienti confondono tra loro versioni diverse
dello stesso grafema e inseriscono nella stessa risposta lettere maiuscole e minuscole, o in corsivo e in
stampatello.

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER LE ABILITA’ DI SCRITTURA


- Prove in cui si utilizzano liste bilanciate per verificare l’accuratezza della scrittura e il tipo di errore in
funzione delle variabili: lunghezza, stato lessicale, frequenza d’uso, classe grammaticale,
concretezza/astrattezza, regolarità ortografica.

- Prove per verificare difficoltà nello scrivere in corsivo o in stampatello, e verificare se il paziente sappia
quali lettere utilizzare per scrivere un certo stimolo senza richiedere una risposta scritta. A questo scopo,
il modo più classico è chiedere al soggetto di denominare ad alta voce singole lettere di una parola
(spelling)

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEI DISTURBI DI SCRITTURA


In passato si distinguevano i disturbi di scrittura a seconda dei disturbi cognitivi ad essi associati:
1) Agrafia afasica: osservata nel contesto di un disturbo più complesso del linguaggio e legata spesso a
lesioni nell’ambito delle aree del linguaggio, fronto-parieto-temporali sinistre
2) Agrafia visuo-spaziale: associata a deficit dell’esplorazione visiva da lesioni parieto-temporali destre
3) Agrafia motoria: associata a disturbi più generali dell’esecuzione dei movimenti
4) Agrafia associata ad alessia: legata a lesioni parietali sinistre
5) Agrafia pura: non associata ad altri deficit cognitivi, descritta in seguito a lesioni frontali o parietali
sinistre
6) Agrafia aprassica: incapacità da parte del paziente a tracciare correttamente le lettere, in assenza di altri
disturbi o della programmazione dei movimenti
CLASSIFICAZIONE COGNITIVA: DISGRAFIE PERIFERICHE E CENTRALI
In tempi più recenti si è affermato l’approccio cognitivo, caratterizzato dall’analisi dettagliata di errori di
scrittura e delle prestazioni ai compiti complementari. Si possono distinguere disgrafie periferiche e disgrafie
centrali.
 Disgrafie periferiche:
i pazienti mostrano alterazioni della risposta scritta, ma eseguono bene i compiti di spelling o di
composizione di lettere mobili. Sanno come dovrebbero scrivere lo stimolo, ma hanno un disturbo nella
programmazione o nella realizzazione dei movimenti grafici. Vi sono diverse forme di disgrafie
periferiche distinte in funzione del tipo di errore prodotto: errori grafemici ed errori nella formazione di
lettere.

 Disgrafie centrali:
la regola per distinguere le disgrafie centrali e periferiche implica che i pazienti con disgrafia centrale
compiano lo stesso tipo e numero di errori indipendentemente dalla modalità di produzione della
risposta. In questi casi la parte motoria della scrittura non genera in se nessun disturbo particolare,
mentre risulta deficitario il modo in cui viene elaborata la risposta. Le disgrafie centrali comprendono 4
sindromi:

1)Disgrafia fonologica: quadro parallelo alla dislessia fonologica, caratterizzato da errori morfologici e
derivazionali, da sostituzione di funtori grammaticali e da lessicalizzazioni nella
scrittura di non-parole. Si osserva una dissociazione tra scritture di parole,
conservata, e scrittura di non-parole, deficitaria.

2)Disgrafia profonda: presenza di errori semantici in compiti di scrittura e presenza di caratteristiche


parallele a quelle della dislessia profonda. Gli errori semantici vengono prodotti
sia nel compito di denominazione scritta di figure che in dettato
3)Disgrafia lessicale: definita anche superficiale. Caratterizzata da errori di regolarizzazione e da un
quadro parallelo di dislessia superficiale. Tale forma non è mai stata descritta in
pazienti italiani con lesioni cerebrali focali, ma sono stati descritti casi in pazienti
con demenza

4)Dislessia da deficit del buffer grafemico: non ha paralleli con i disturbi di lettura e individua pazienti
che commettono errori esclusivamente grafemici con tutti i
tipi di stimolo e in tutti i compiti di scrittura: scrittura
spontanea, dettato, copia. In tutti questi compiti i pazienti
commettono errori grafemici, quali delezioni, inserzioni,
trasposizioni e sostituzioni di uno o più grafemi

MODELLO COGNITIVO
Modello in grado di interpretare i diversi quadri grafici appena descritti. Come il modello della lettura
prevede due vie:
1) Via lessicale
2) Via sub-lessicale
Attraverso queste due è possibile ottenere la corretta sequenza di grafemi. Tuttavia, è necessaria una
specifica componente per dare conto all’ultimo tipo di disgrafia. Questa componente è probabilmente un
sistema di memoria a breve termine, buffer grafemico, il quale mantiene attive e ordinate le rappresentazioni
grafemiche, per tutto il tempo che occorre a scriverle. Un deficit in questa componente dovrebbe dare luogo
agli errori osservati nei pazienti con l’ultimo tipo di disgrafia acquisita: omissioni, inversioni, confusioni o
inserzioni di grafemi che non rispettano le regole ortografiche. Il buffer è l’ultima componente cognitiva
“centrale”.

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DI CALCOLO


I disturbi della capacità di elaborare i numeri e di eseguire calcoli si definiscono acalculia.
Una classificazione degli errori possibili nell’elaborazione dei numeri parte dall’osservazione che esistono
diversi modi per esprimere le quantità numeriche: si possono utilizzare cifre arabe “3”, o tradurre la stessa
quantità in parole “tre”. Questi due codici possono essere presentati attraverso la modalità visiva e utilizzati
per la produzione scritta, mentre le parole corrispondenti alle cifre possono essere anche presentati attraverso
la modalità uditiva e prodotte oralmente. I pazienti possono commettere diversi errori nel passare da un
codice all’altro (compiti di transcodifica). I diversi tipi di errori di calcolo sono:

- Confusione delle unità lessicali numeriche: errori nell’elaborazione delle singole cifre, con la possibile
produzione di una cifra al posto di un’altra.

- Violazione delle regole sintattiche: errori nell’elaborazione di numeri composti da più cifre, pur
producendo correttamente le singole cifre che compongono un numero, il paziente può sbagliare nel
mettere in rapporto le cifre tra loro, assegnando loro il posto sbagliato all’interno del numero (30025 al
posto di 225)

- Errori che consistono nell’interpretare male i segni aritmetici e quindi effettuare un calcolo invece che un
altro oppure si possono presentare errori nell’applicazione di procedure di calcolo

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER LE ABILITA’ DI CALCOLO


- Batterie tradizionali prevedono non solo l’esame delle capacità di eseguire le quattro operazioni, ma
anche l’esami di abilità cognitive connesse alle computazioni numeriche. Benton proponeva di eseguire i
seguenti test: giudizio di grandezza su coppie di numeri, conteggio avanti e indietro fino a 20, giudizio
su numerosità di insiemi di punti, lettura ripetizione e scrittura sotto dettato e su copia di numeri,
operazioni aritmetiche orali e scritte, prove di ragionamento aritmetico, memoria per cifre e calcoli.
- Batterie nuove con lo scopo di ottenere un’analisi più dettagliata delle diverse abilità. Una batteria di
questo tipo comprende: 1) prove con stimoli non numerici 2) giudizi di grandezza su stimoli numerici
presentati per via visiva e per via uditiva, 3) prove di transcodificazione, riconoscimento uditivo e visivo
di segni aritmetici, 4) prove di calcolo scritto e orale.
Questa batteria, rispetto alle precedenti, indaga in maniera più sistematica i diversi aspetti
dell’elaborazione numerica e di calcolo, utilizzando un ampio numero di stimoli e valutando entrambi i
tipi di codice numerico.

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEI DISTURBI DI CALCOLO


La classificazione clinica distingue tre forme di disturbi acquisiti del calcolo in base ai meccanismi che ne
erano ritenuti responsabili:
1)Alessia e agrafia per numeri: forma di acalculia associata a disturbi di lettura e scrittura dei numeri. I
pazienti sono incapaci di eseguire calcoli perché non riescono a scrivere o a
leggere correttamente le cifre che compongono i numeri da elaborare. Tale
forma si riscontra in pazienti con lesioni dell’emisfero di sinistra e in
particolare con lesioni del loro parietale

2)Acalculia spaziale: i pazienti non riescono ad allineare correttamente le cifre nel tentativo di eseguire le
comuni operazioni aritmetiche. Hanno meno difficoltà nell’eseguire facili calcoli a
mente piuttosto che per iscritto, dimostrando così una relativa conservazione delle
procedure di calcolo. Le lesioni sono localizzate nel lobo parietale destro

3)Anaritmetria: specifica incapacità a mettere in atto le corrette procedure di calcolo, non secondaria ad altri
disturbi cognitivi. Non commettono errori nel leggere o scrivere i numeri o nell’allineare le
cifre, non hanno difficoltà nel contare in avanti o all’indietro, né difficoltà nel comprendere
l’ordine di grandezza dei numeri. Le lesioni cerebrali sono localizzate nel lobo parietale
sinistro

In tempi recenti l’analisi cognitiva degli errori commessi dai diversi pazienti ha cercato di definire
l’architettura dei processi mentali coinvolti nell’elaborazione dei numeri
 Deficit della transcodifica dei numeri:
pazienti con selettivi deficit ai compiti di produzione dei numeri (es. lettura ad alta voce) in presenza di
relativo risparmio della prestazione a prove di comprensione di numeri.
- C’è una dissociazione tra l’abilità di produrre numeri in codice verbale e la capacità di produrre
numeri arabi.
- Dissociazione tra deficit lessicali (errori su singole cifre) e deficit semantici (errori nel rapporto tra
cifre nei numeri complessi)

 Deficit del calcolo:


- Deficit selettivi nell’interpretazione dei segni aritmetici
- Deficit selettivi nella conoscenza dei fatti aritmetici, operazioni e problemi elementari che possono
essere risolti senza ricorrere ad un vero calcolo
- Deficit selettivi nell’applicazione delle procedure di calcolo

MODELLO COGNITIVO DELL’ELABORAZIONE DEI NUMERI E DEL CALCOLO


Il modello cognitivo dell’elaborazione dei numeri e del calcolo prevede due sistemi indipendenti per la
comprensione e la produzione dei numeri. È prevista l’esistenza di componenti separate per il codice verbale
e per quello arabo.
I sistemi di comprensione e produzione interagiscono con una componente centrale semantica che contiene
le rappresentazioni astratte delle quantità numeriche, le quali guidano sia la selezione delle specifiche unità
lessicali numeriche sia la specificazione dei loro rapporti sintattici nella struttura di numeri complessi.
Attraverso l’attivazione delle rappresentazioni semantiche delle qualità numeriche è possibile effettuare le
operazioni di calcolo, le quali sono sostenute da una componente cognitiva separata e indipendente.
Questo modello prevede che l’elaborazione numerica e il calcolo siano basati sul funzionamento di moduli
indipendenti. Le doppie dissociazioni riscontrate hanno fornito l’evidenza neuropsicologica che molte delle
componenti previste dal modello possono effettivamente essere lese in maniera selettiva dalle lesioni
cerebrali
Capitolo 11
I DISTURBI DELLA PROGRAMMAZIONE DEI GESTI: LE APRASSIE

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DELLA PROGRAMMAZIONE DEI GESTI


Una lesione corticale può compromettere specificatamente la capacità di programmare i gesti, in assenza di
disturbi percettivi elementari, disturbi della forza o della coordinazione motoria. Si determina così un quadro
di aprassia, cioè l’incapacità ad eseguire gesti, causato da un disturbo specifico della programmazione
motoria.
Tali pazienti mostrano:
- Difficoltà nello scegliere e nell’eseguire nel giusto ordine i singoli atti motori che compongono un gesto
o una sequenza motoria più complessa.
- Dissociazione automatico/volontario: il paziente esegue senza difficoltà i gesti richiesti dal contesto, ma
diventa incapace di produrli su richiesta verbale o su imitazione
- I pazienti appaiono lenti e meno accurati

I pazienti possono presentare quadri clinici differenti:


Aprassia ideativa: consiste in un disturbo della programmazione dei gesti da eseguire o della loro sequenza.
Il paziente sembra aver perso la rappresentazione mentale del gesto e di fronte alle
difficoltà può dichiarare di aver dimenticato come si fa. L’aprassia ideativa si manifesta
nell’utilizzo di oggetti, soprattutto quando più oggetti devono essere impiegati in sequenze
per produrre azioni complesse finalizzate (es. accendere una candela con un fiammifero)
Tale aprassia si presenta anche null’utilizzo di un singolo oggetto: il paziente, pur
riconoscendolo e denominandolo, non sa evocare i gesti corretti (es. porta la pipa alla bocca
dalla parte sbagliata)
Tale aprassia si osserva in pazienti con lesioni posteriori dell’emisfero dominante, in
particolare dopo lesioni del lobo parietale. Inoltre, si può osservare anche in pazienti con
Alzheimer.

Aprassia ideomotoria: consiste in un disturbo dell’imitazione dei gesti. Il paziente non sa trasformare la
rappresentazione mentale di un gesto in una sequenza corretta di atti motori. Il
paziente sa cosa dovrebbe fare, ma dimostra un’incapacità a realizzare le azioni
correttamente. Nell’eseguire i gesti i pazienti si mostrano perplessi, si guardano le
mani, provano con lentezza alcuni movimenti, ma in genere assumono posture errate
senza riuscire ad accorgersi. Essi non mostrano difficoltà ad eseguire spontaneamente
gli stessi gesti, che però appaiono impossibili nella situazione di test.
Le lesioni che danno origine a questa tipologia colpiscono le regioni parietali e frontali
dell’emisfero sinistro

Aprassia dell’abbigliamento: i pazienti possono presentare errori nella scelta degli indumenti da indossare,
cioè possono invertire la normale sequenza (es camicia sopra la giacca) oppure
avere difficoltà nell’indossare correttamente un indumento. Tale aprassia può
essere legata a disturbi della capacità di programmare le sequenze di gesti o a
disturbi nella consapevolezza della posizione dei segmenti del proprio corpo
Tale disturbo è associato a lesioni del lobo parietale di destra, ma si può
riscontrare anche durante il decorso di Alzheimer

Aprassia della marcia: disturbi di programmazione motoria limitata al cammino. Tali pazienti presentano una
singolare tendenza ad inciampare in sé stessi o dimostrano, nei casi più gravi, notevole
impaccio e incertezza nel camminare. Appaiono lenti e goffi e a volte rinunciano a
spostarsi da soli. Quando il paziente cerca di camminare non è in grado di posizionare
correttamente i vari segmenti corporei.
Questo disturbo spessi si realizza per danno bilaterale dei lobi frontali.

Aprassia bucco-facciale: disturbo della programmazione dei muscoli della bocca e del volto, in assenza di
paresi dei singoli movimenti. Questo disturbo è caratterizzato da una dissociazione
tra comportamento automatico e volontario: i pazienti riescono a mangiare,
masticare, ma presentano difficoltà ad eseguire gli stessi movimenti su comando o
imitazione. Eseguono atti imprecisi, cercano di riprodurre il gesto con tentativi o
emettendo dei suoni, senza riuscire a riprodurre l’azione voluta.
Tale disturbo è correlato a lesioni del lobo frontale di sinistra e sono associati a
disturbi dell’articolazione del linguaggio ed altri disturbi afasici

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER LE APRASSIE


Fatta eccezione per l’aprassia dell’abbigliamento e l’aprassia della marcia, le quali sono riconosciute dalle
loro manifestazioni cliniche e per le quali non si dispone di metodi di valutazione standardizzati, le altre
forme di aprassia danno scarsi segni di sé nella vita di tutti i giorni. Il problema della valutazione consiste nel
fatto che i pazienti aprassici, sono affetti anche da disturbi del linguaggio: chiedere al paziente di eseguire
determinati gesti attraverso consegne verbali può dare luogo a errori dovuti a deficit della comprensione.

- Prove di utilizzo di oggetti:


compiti per evidenziare l’aprassia ideativa sono quelli a cui si richiede al soggetto di mostrare l’uso di un
oggetto. Si richiede sia l’utilizzo di singoli oggetti, sia l’uso di oggetti multipli per realizzare cinque
azioni complesse (es. riempire un bicchiere d’acqua, accendere una candela). Gli autori hanno
evidenziato una serie di possibili errori in pazienti con aprassia ideativa: perplessità sul come utilizzare
gli oggetti, omissione di azioni, uso erroneo di singoli oggetti, errori di localizzazione

- Prove di imitazione di gesti:


prove per verificare la presenza di aprassia ideomotoria in cui si chiede al soggetto di imitare un gesto
eseguito dall’esaminatore. La prova più conosciuta comprende 24 gesti, bilanciati per presenza di
significato, per il distretto corporeo e per il tipo di movimento richiesto.
In tempo recenti sono state sviluppate batterie che non indagano solo la produzione di diversi tipi di
gesti, in diversi compiti, ma anche il riconoscimento e l’identificazione di gesti e pantomime.

- Prove per l’imitazione dei movimenti del volto:


per la valutazione dell’aprassia bucco-facciale, quindi per valutare la programmazione dei movimenti del
volto, della bocca e della faringe, la prova consiste nel richiedere l’esecuzione di 10 gesti (sbadigliare,
mostrare la lingua), su imitazione di quelli prodotti dall’esaminatore

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELL’APRASSIA


La diagnosi clinica delle varie forme di aprassia deve essere fondata sulla presenza di disturbi della
programmazione o dell’esecuzione dei gesti.
Il primo modello interpretativo elaborato da Liepmann mostrava la possibile dissociazione tra aprassia
ideomotoria e aprassia ideativa .

È stata interpretata come la conseguenza di un È stata attribuita ad una disconnessione tra i centri
deficit specifico della capacità di associare il che governano l’elaborazione dei programmi
corretto schema motorio ad ogni oggetto motori e quelli responsabili dell’esecuzione dei
movimenti

Nel corso degli anni è stato possibile precisare meglio alcuni aspetti del modello di Liepmann:
si riconosce che un’area cruciale per le abilità aprassiche ideomotorie è localizzata nel lobulo parietale
inferiore di sinistra. Il programma elaborato dal lobulo viene poi trasmesso alle regioni frontali dell’emisfero
sinistro, responsabili dell’esecuzione dei movimenti dell’arto superiore destro, e da qui al lobo frontale
destro, attraverso fibre del corpo calloso, per la programmazione dei movimenti dell’arto superiore sinistro.

Tale ipotesi è stata confermata dall’esistenza di una forma di aprassia ideomotoria che consegue a
lesioni del corpo calloso: quando viene leso questo fascio di fibre che connette i due emisferi, i
pazienti presentano disturbi aprassici unilaterali a carico della sola mano sinistra (aprassia
callosale). Questo fenomeno si realizza perché le aree dell’emisfero sinistro responsabili della
programmazione motoria, a causa della lesione callosale, non riescono più a comunicare con le
aree motorie controlaterali di destra, e queste ultime, da sole, non sono in grado di assicurare una
corretta esecuzione di una sequenza coordinata di atti motori.

Inoltre, lesioni frontali mediali a carico dell’area supplementare motoria, associate a lesioni del corpo
calloso, possono determinare la comparsa di attività motoria complessa involontaria alla mano controlaterale
 sindrome della mano anarchica: una mano agisce in maniera assolutamente incontrollabile dal paziente,
come se fosse animata da una volontà propria.

MODELLO COGNITIVO DELL’ELEBORAZIONE DEI GESTI


La gran parte dei modelli proposti per i gesti postula l’esistenza di due diverse vie di elaborazione:
1) Non lessicale: coinvolta nell’imitazione dei gesti non conosciuti, attraverso la diretta trasformazione dei
movimenti osservati in pattern motori
2) Lessicale: coinvolta nel riconoscimento, nella comprensione e nella produzione di gesti conosciuti. La
via lessicale implica l’attivazione di rappresentazione dei movimenti conosciuti, depositati in lessici di
azione di ingresso e di uscita.
- Il lessico di ingresso permette la comprensione dei gesti osservati, mediata dal sistema semantico che
contiene l’insieme delle conoscenze relative alla struttura e alla funzione degli oggetti e al significato
dei gesti.
- Il lessico di uscita permette il richiamo dei programmi motori già acquisiti per la successiva corretta ed
efficiente esecuzione

Capitolo 12
I DISTURBI DEL RICONOSCIMENTO: LE AGNOSIE

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI DEL RICONOSCIMENTO


Si definiscono disturbi del riconoscimento, agnosie, le condizioni in cui un paziente non riesce a riconoscere
un oggetto tramite un canale sensoriale, in assenza di deficit delle abilità percettive elementari e di altri
disturbi cognitivi. Le agnosie più studiate coinvolgono la modalità visiva, ma sono stati studiati disturbi
anche per le altre modalità. Inoltre, nell’ambito di ciascuna modalità esistono agnosie per diversi tipi di
stimoli.
- Il paziente non riconosce oggetti o altre classi di stimoli attraverso un canale sensoriale, ma deve essere
in grado di riconoscerli attraverso altre modalità sensoriali: un paziente con agnosia visiva non riconosce
un martello, ma si rende conto dell’oggetto se lo prende in mano
- Un’altra caratteristica è l’integrità del canale sensoriale implicato nel disturbo di riconoscimento: in caso
di agnosia tattile il paziente esegue bene prove sensoriali elementari e sa distinguere il dolore della
puntura di uno spillo dallo sfioramento di una piuma
- Una terza caratteristica è l’assenza di deficit rilevanti delle abilità intellettive generali o delle abilità
linguistiche

LE AGNOSIE VISIVE
I disturbi del riconoscimento nella modalità visiva sono le agnosie più studiate (i pazienti possono
confondere il cappello con un guanto, un coltello con un cacciavite).
- Lesioni delle aree visive primarie menomano la visione di una parte del campo visivo secondo una logica
imposta dalle connessioni anatomiche del cervello. La lesione del polo occipitale di destra determina una
perdita della visione nella metà sinistra del campo visivo e viceversa. La riduzione del campo visivo può:
a) Essere totale: emianopsia
b) Riguardare solo il quadrante superiore o inferiore: quadrantopsia

- Lesioni bilaterali delle aree visive primarie in sede occipitale, o lesioni complete delle fibre nervose che
provengono dai lobi occipitali provocano, invece, la perdita di tutto il campo visivo e quindi della
visione: cecità corticale. Questi pazienti:
a) Si comportano come ciechi e non riescono nemmeno a distinguere la presenza della luce
b) Alcuni negano di essere ciechi: anosognosia
c) Alcuni negando di essere ciechi forniscono descrizioni totalmente inventate di quello che hanno
intorno: tendenza alla confabulazione
Questo complesso quadro clinico è denominato sindrome di Anton-Babinsky

Benché tutti i pazienti con agnosia visiva sono accomunati dal deficit del riconoscimento nella modalità
visiva, alcuni mostrano un disturbo dell’elaborazione visiva, essi dichiarano di non vedere con chiarezza
forme e possono provare ad identificare gli oggetti da qualche dettaglio, dando la netta sensazione di cercare
di indovinare; altri, invece, presentano un comportamento diverso in quanto sembrano avere conservata al
capacità di elaborare le informazioni visive, riescono ad identificare le forme degli oggetti e a copiare i
disegni, ma non riescono poi a riconoscere di che oggetto si tratta. Si possono, quindi, individuare due forme
di agnosia visiva:
1)Agnosia percettiva: caratterizzata dall’incapacità di identificare forme visive strutturate
2)Agnosia associativa: i pazienti identificano le forme ma non riconoscono gli oggetti perché non riescono
ad associare le forme percepite con un oggetto di cui hanno memoria

DEFICIT DELLE AGNOSIE VISIVE


Deficit caratterizzati da difficoltà per specifiche categorie di stimoli quali volti, lettere o colori.

 Deficit selettivi del riconoscimento delle lettere:


i quadri di agnosia per le lettere (alessia senza grafia) sono descritti nell’ambito dei disturbi che
riguardano il linguaggio scritto. Essi vanno distinti dalle anomie per le lettere, cioè l’incapacità di
denominare le lettere pur essendo in grado di riconoscerle e tradurle nei suoni corrispondenti

 Deficit selettivi del riconoscimento dei colori:


i deficit del riconoscimento dei colori hanno una rilevanza clinica minore. Consistono:
- Acromatopsia: in una difficoltà nel percepire i colori che appaiono indistinguibili solo come variazioni
di toni grigi o come tonalità non ben definite
- Anomia per i colori: difficoltà a denominare i colori
- Amnesia per i colori: difficoltà ad associare correttamente oggetti e colori

 Deficit selettivi del riconoscimento visivo dei volti:


tale deficit definito prosopagnosia riguarda solamente la modalità visiva. I pazienti non sono in grado di
riconoscere più i volti delle persone care, a volte perdono anche la sensazione di familiarità per i visi
conosciti, ma individuano le persone note dalla voce o da quale accessorio caratteristico. La
prosopagnosia può presentarsi in due forme:
1)Appercettiva: disturbo dell’elaborazione delle forme dei volti. I pazienti riferiscono di avere
l’impressione, ad esempio, che tutti i volti siano allungati o deformati.
2)Amnestica: l’elaborazione dell’informazione visiva dei volti è conservata, ma i pazienti non riescono
ad attribuire l’identità corretta a ciascun volto percepito

Queste condizioni vanno distinte dall’anomia per i nomi propri, in cui il paziente riconosce il volto ma non
riesce a selezionare il nome della persona a cui si riferisce.
Va sottolineato, inoltre, che tutti i disturbi agnosici fin qui descritti compaiono sistematicamente nei pazienti
con malattia di Alzheimer
PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER LE AGNOSIE VISIVE
Nella pratica clinica si sospetta la presenza di un deficit del riconoscimento visivo quando ad esempio un
soggetto fa errori in una prova di denominazione di oggetti reali e di figure di oggetti se la prestazione non è
imputabile ad un disturbo afasico.
 La valutazione delle abilità percettive elementari:
deve comprendere l’esame sia dell’acuità visiva, cioè della capacità degli occhi di formare immagini
dettagliate e precide degli stimoli visivi, sia del campo visivo, cioè della capacità dei lobi occipitali di
elaborare in maniera appropriata le informazioni visive provenienti da almeno alcune porzioni
dell’ambiente circostante.
- Prove di discriminazione di forme semplici: richiede di discriminare due segmenti in base alla
lunghezza
- Prove di individuazione della forma: i soggetti devono decidere se è presenta una x in pattern astratti
di numeri

 Valutazione dei diversi stadi dell’elaborazione visiva


- Test delle figure sovrapposte (incluso nel BORB): impiega stimoli costituiti da disegni di oggetti in
bianco e nero sovrapposti. Il soggetto deve identificare i diversi oggetti sovrapposti su ogni stimolo
denominandoli, tracciandone i contorni o scegliendoli tra altri distrattori
- Test includi nel VOSP: richiedono di leggere lettere incomplete o denominare disegni incompleti di
oggetti. Queste prove intendono rendere maggiormente evidenti le difficoltà nel percepire le forme
mediante l’elaborazione di stimoli degradati
- Un’altra prova che valuta la capacità di riconoscere forme familiari consiste nella decisione di realtà
degli oggetti: si impiegano sia disegni di oggetti e animali reali, sia figure chimeriche inesistenti e il
soggetto deve decidere se ogni stimolo esiste oppure no

 Prove di riconoscimento degli oggetti:


- il soggetto deve descrivere verbalmente l’oggetto o fare una serie di domande circa le conoscenze
semantiche su di esso. Oppure si chiede di mimarne l’uso, escludendo qualunque risposta verbale.
- Un’altra prova consiste nel chiedere di accoppiare tra loro, distinguendole tra le altre, le figure di
oggetti dallo stesso uso, ma dalle caratteristiche visive diverse
- Prova di categorizzazione semantica: richiede di associare tra loro, dividendole tra le altre, figure che
appartengono allo stesso campo semantico
- Compito di associazione tra una pantomima eseguita dall’esaminatore che mima l’uso di un oggetto e
l’oggetto corrispondente

 Valutazione della prosopagnosia


Per valutare la prosopagnosia bisogna fare una valutazione più generale delle abilità percettive visive
elementari e poi prove per la prosopagnosia per gli oggetti. La valutazione specifica deve esplorare
l’elaborazione appercettiva di caratteristiche dei volti, indipendentemente dal riconoscimento.
- Prova di identificazione di volti sconosciuti: richiede di associare due fotografie perese da prospettive
diverse di una stessa persona, distinguendole tra foto di altre persone
- Prova di stima dell’età: richiede di ordinare serie di foto di sconosciuti in base alla loro età
- Prove associative: richiedono l’identificazione esplicita e la discriminazione di personaggi famosi da
sconosciuti

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE AGNOSIE VISIVE


I cardini della diagnosi clinica di agnosia visiva consistono nell’esclusione di deficit percettivi e nella
dimostrazione che il paziente riesce a riconoscere gli stimoli attraverso altre modalità sensoriali. I pazienti
che falliscono in prove di discriminazione di forme semplici hanno un deficit grave dell’elaborazione visiva
e non possono essere considerati veri e propri agnosici (agnosia appercettiva) ; i pazienti che invece
eseguono bene questi test preliminari possono comportarsi in maniera diverse alle prove neuropsicologiche,
evidenziando un deficit nel processo di elaborazione visiva (agnosia associativa)

Il modello interpretativo tradizionale propone di definire:


- agnosici appercettivi coloro che falliscono alle prove di identificazione delle forme e suggerisce che
questo deficit è situato a livello di categorizzazione percettiva degli stimoli visivi che avviene nel lobo
occipitale di destra
- gli agnosici associativi, invece, eseguono correttamente i compiti appercettivi, ma sbagliano alle prove di
riconoscimento degli oggetti. Questo deficit è a livello della categorizzazione semantica, che si realizza
nel lobo occipitale di sinistra
Questa classificazione è molto utile dal punto di vista clinico e dà conto all’associazione tra agnosie
appercettive e lesioni corticali posteriori destre da un lato, e tra agnosie associative e lesioni corticali
posteriori sinistre dall’altro.

MODELLO COGNITIVO DEI DISTURBI AGNOSICI


1) Agnosia per le forme: Caratterizzata dall’incapacità di elaborare le informazioni circa le
forme, per cui i pazienti non riescono a copiare una figura o a seguire
con il dito il suo contorno.

2) Agnosia integrativa: I pazienti riescono a elaborare la forma globale e alcuni dettagli, ma


non sono in grado di integrare queste informazioni in una struttura
complessa.

3) Agnosia trasformazionale: I pazienti eseguono bene le prove precedenti, ma commettono errori


nel riconoscimento di oggetti mostrati da una prospettiva insolita, ad
esempio dall’alto

4) Agnosia da deficit di accesso Corrisponde ad un deficit del riconoscimento, in presenza di


al sistema semantico: conservate capacità di identificare forme familiari e di conservate
conoscenze semantiche

5) Agnosia semantica Consiste nell’associazione di un deficit del riconoscimento e di un


deficit delle conoscenze semantiche

Afasia ottica: alcuni pazienti non sono in grado di denominare gli stimoli presentati per via visiva, ma
riescono a descrivere o a mimare l’uso dell’oggetto, eseguono correttamente il compito di
categorizzazione semantica di oggetti e sono in grado di indicare con precisione, tra altri
distrattori, l’oggetto che corrisponde al nome pronunciato dall’esaminatore; inoltre sono in
grado di denominare gli oggetti quando possono manipolarli. L’afasia ottica, dunque, non è una
sindrome agnosica, in quanto non è deficitario il riconoscimento, ma solo la denominazione
degli stimoli presentati attraverso la modalità visiva. Si tratta, piuttosto, di un disturbo anomico
specifico per la modalità visiva (anomia visiva), conseguente a lesioni occipito-temporali
sinistre.

MODELLO INTERPRETATIVO DELLA PROSOPAGNOSIA


Per quanto riguarda la difficoltà di riconoscere i volti, si identificano due sindromi: prosopagnosia
appercettiva e prosopagnosia amnesica. Secondo il modello cognitivo, i volti percepiti sia familiari che non,
sono innanzitutto oggetto di una codifica strutturale, mediante la quale si costruisce una rappresentazione
astratta dei volti. Se la rappresentazione costruita viene confrontata con l’unità di riconoscimento dei volti,
che è un sistema di memoria specializzato per le rappresentazioni dei volti conosciuti. Attraverso
l’attivazione di queste rappresentazioni si può accedere ai nodi di identità personale, in cui sono conservare
informazioni semantiche ed episodiche relative alla persona conosciuta. Dal nodo di identità si attiva il nome
della persona stessa.
Questo modello consente di reinterpretare le forme cliniche di prosopagnosia.
- Prosopagnosia appercettiva: se è impedita la corretta elaborazione della codificazione strutturale, si
delinea il quadro di prosopagnosia appercettiva. Un paziente affetto da questo deficit non sarà in grado di
codificare nuovi volti ed avrà difficoltà persino nel semplice confronto percettivo tra due volti
- Prosopagnosia amnesica: la difficoltà ad accedere alle unità di riconoscimento dei volti non permette di
far corrispondere una rappresentazione strutturale con le rappresentazioni conservate nella memoria
visiva remota. Si realizza così il quadro della prosopagnosia amnesica, in cui il paziente potrà elaborare
le caratteristiche percettive dei volti e confrontarli tra loro, ma non può riconoscere le persone familiari.
- Se è presente difficoltà ad accedere ai nodi di identità, il paziente di fatto perde le conoscenze relative
alle persone note. In questo caso il disturbo non è limitato ai volti, ma dal mancato riconoscimento delle
persone.

I disturbi agnosici visivi sono legati a lesioni delle are occipitali inferomediali o delle aree temporali
inferiori, che fanno parte del circuito visivo ventrale, deputata all’analisi di cosa è uno stimolo, cioè al
riconoscimento visivo. Una specializzazione emisferica di questa rete determina deficit di riconoscimento dei
volti quasi esclusivamente in caso di lesioni occipito-temporali destre, mentre le forme più gravi possono
essere dovute a danni bilaterali dei lobi occipitali.

LE AGNOSIE UDITIVE
I deficit del riconoscimento nella modalità uditiva si definiscono agnosie uditive. Le agnosie uditive relative
al riconoscimento delle parole rientrano nei deficit della comprensione uditiva, descritti tra i disturbi afasici.
Altri disturbi sono invece rari, come l’agnosia musicale, in cui i soggetti dichiarano di non riconoscere più
melodie o arie musicali.
Per diagnosticare un’agnosia uditiva è indispensabile accertare la presenza di abilità percettive conservate.
Le rare lesioni bilaterali delle aree acustiche nei lobi temporali possono causare sia la perdita della capacità
di discriminazione percettiva (sordità corticale), sia i disturbi del riconoscimento.
Per la diagnosi specifica del disturbo agnosico uditivo è necessario munirsi di registrazioni di suoni, rumori e
arie musicali da far ascoltare e riconoscere al paziente.

AGNOSIE TATTILI
I disturbi del riconoscimento nella modalità tattile sono definiti stereoagnosia.
- Il paziente non è in grado di riconoscere gli oggetti al tatto, in assenza di disturbi percettivi elementari
- Il paziente è in grado di riferire correttamente se viene punto con uno spillo o sfiorato con una piuma e di
distinguere il tocco ti due punte ravvicinate, ma non sa riferire la forma o le dimensioni di un oggetto
posto nella mano.
- In rari casi vi è un deficit selettivo della capacità di denominare gli oggetti esplorati con il tatto, definito
anomia tattile, in presenza di una capacità di descriverne l’uso
Pochi dati disponibili sembrano indicare che lesioni bilaterali delle aree sensoriali dei lobi parietali possono
dar luogo a diversi quadri clinici legati a un disturbo dei vari livelli dell’elaborazione delle informazioni
sensoriali primarie.

Capitolo 13
IL DECLINO COGNITIVO GLOBALE: LE DEMENZE

OSSERVAZIONE CLINICA DELLE DEMENZE


La demenza è definibile come un deterioramento cognitivo, cioè un declino rispetto alle prestazioni
precedenti l’inizio noto o presunto di malattia. È un deterioramento cognitivo globale e cronico, globale in
quanto coinvolge tutte le funzioni cognitive, cronico, poiché si prolunga ininterrottamente nel tempo.
Il termine demenza deriva dal latino per indicare una persona privata del proprio intelletto, sottolinea che il
punto nodale della descrizione clinica di questa sindrome è che le prestazioni cognitive richieste
dall’ambiente esterno, normali fino ad un certo punto della vita, iniziano a presentare dei fallimenti. Tali
fallimenti riguardano diverse sfere cognitive: la memoria in misura elevata, le capacità di risolvere i
problemi, di fare calcoli, di attuare procedure, di comprendere e produrre messaggi verbali.
I pazienti con demenza: dimenticano nomi di oggetti, appuntamenti, fatti recenti, presentando un’amnesia
anterograda e inoltre la frequenza dei fallimenti è progressiva, cioè aumenta sempre più nel tempo. Spesso i
caregivers possono non accorgersi subito delle variazioni o attribuire i fallimenti all’invecchiamento, in altri
casi i caregivers si accorgono prima del paziente stesso .

DIAGNOSI DI DEMENZA
Tutti i criteri-guida proposti sottolineano che per la diagnosi di demenza sono necessari:
- Un quadro di perdita persistente della memoria e di altre abilità cognitive
- L’abbandono delle consuete attività lavorative o quotidiane
- La conservazione di un normale livello di coscienza (il paziente deve essere sveglio e reagire agli stimoli
ambientali)
La malattia, nella sua progressione, può coinvolgere ogni funzione cognitiva, ma induce anche disturbi nella
sfera comportamentale e nella sfera psicopatologica. I quadri clinici si differenziano per la modalità di
esordio e per la progressione delle alterazioni cognitive e comportamentali.
La definizione di perdita cognitiva globale e cronica si adatto solo alla demenza, altri disturbi simili non
presentano tali caratteristiche.

 Diagnosi differenziale con le altre sindromi


- Insufficienza mentale-oligofrenia:
È un disturbo cognitivo globale e cronico, ma non corrisponde ad una perdita, bensì ad una mancata
acquisizione

- Stato confusionale:
può essere definito come una perdita cognitiva globale, non cronica ma acuta. È una condizione
transitoria caratterizzata da: ridotto livello di coscienza, incapacità di mantenere l’attenzione su uno
stimolo esterno, disorientamento spaziale temporale e personale, pensiero disorganizzato e
linguaggio frammentario e caotico. Lo stato confusionale può verificarsi in seguito ad affezioni
cerebrali acute, quali ictus, traumi cranici, o a causa di malattie somatiche, intensi eventi stressanti,
abuso di farmaci o stupefacenti.

- Deficit cognitivi da disturbi focali:


sono i disturbi descritti precedentemente. Rappresentano una perdita cognitiva cronica ma non
globale (ad esempio i pazienti afasici hanno funzioni spaziali relativamente conservate).

 Diagnosi differenziale con la depressione


Molti soggetti anziani sono affetti da depressione del tono dell’umore e sono vittime di disturbi di
memoria eclatanti. Tali disturbi mnesici riguardano, però, soprattutto la memoria di eventi poco
significativi della vita quotidiana (es. si dimentica dove si è parcheggiata l’auto). Tali soggetti
descrivono con molto dettaglio gli episodi relativi alle loro dimenticanze e questo elemento aiuta ad
escludere che si tratti di inizio di demenza, in quanto una caratteristica frequente del paziente amnesico è
che non sa riferire ciò che ha dimenticato.

DISTINZIONE DI DIVERSI TIPI DI DEMENZA


La demenza, nella maggior parte dei casi, è progressiva e irreversibile:
- Progressiva: in quanto sostenuta da processi degenerativi del cervello che coinvolgono sempre più aree
cerebrali
- Irreversibile: perché nella maggior parte dei casi il processo non si può arrestare o far regredire

Tuttavia, vi sono rare forma di demenza non progressiva e rare forme di demenza reversibile

Forme di demenza non progressiva: Forme di demenza reversibile:


è compromessa parte o gran parte della corteccia sono legate a fattori metabolici (es. disturbi della
cerebrale senza però che si inneschi un meccanismo tiroide, insufficienza funzionale dei reni), ad
di progressiva distruzione. Ad esempio, la demenza intossicazione da sostanze (es. alcuni sedativi che
post-traumatica è dovuta alla distruzione di ampie hanno effetto sul sistema nervoso centrale), o a
aree di corteccia cerebrale per cui il paziente che ne carenze nutrizionali (es. carenza di vitamina B)
è affetto può presentare deficit in diversi domini
cognitivi, senza che tuttavia si realizzi un
peggioramento progressivo

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER LA DEMENZA


Il cardine della diagnosi di demenza consiste nel riconoscere la presenza di un declino intellettivo
clinicamente evidente. La valutazione neuropsicologica può essere condotta attraverso due approcci:
strumenti orientativi e test per le singole abilità cognitive.
 Valutazione del funzionamento cognitivo globale
Gli strumenti orientativi aiutano ad investigare in maniera sommaria le funzioni cognitive e forniscono
un’indicazione di massima circa le principali attività cognitive. Sono utilizzati per un primo approccio in
caso di sospetta demenza, ma non possono sostituire la valutazione sistematica delle abilità cognitive che
si effettua con i test appropriati. Tra i vari strumenti orientativi:
-MMSE: mini-mental state examination. È composto da 11 brevi prove, molte prove verbali e alcune non
verbali, e richiede circa 10 minuti per la somministrazione
-MODA: milan overall dementia assessment. Esplora una serie di abilità cognitive mediante forme
abbreviate di prove neuropsicologiche. Non si fonda sulle competenze verbali come il MMSE
e fornisce un punteggio complessivo che dovrebbe permettere di identificare i soggetti
dementi con elevati gradi di sensibilità e specificità

 Valutazione neuropsicologica approfondita


L’uso degli strumenti orientativi non consente di porre diagnosi di demenza, essi devono essere utilizzati
per individuare i soggetti con sospetto deterioramento cognitivo da sottoporre a prove neuropsicologiche
specifiche e formalizzate. In caso di sospetta demenza, quindi, si devono somministrare prove per:
- Orientamento spazio-temporale
- Memoria a breve termine, verbale e visuo-spaziale
- Apprendimento verbale e spaziale
- Abilità costruttive (disegno)
- Linguaggio (comprensione di parole, denominazione, scrittura e lettura)
- Fluenza verbale (sia fonologica che semantica)
- Attenzione
- Soluzione di problemi e pensiero logico-astrattivo
Per queste prove è possibile far riferimento sia alle prove contenute nella batteria di Spinnler e Tognoni,
sia a quella che fanno parte della MDB (mental deterioration battery)

Batteria di Spinnler e Tognoni: MDB:


È stata concepita come un insieme di strumenti È stata concepita per diagnosticare la presenza di
neuropsicologici formalizzati per lo studio di un declino cognitivo diffuso. Somministrando tutti i
ampio ventaglio di abilità cognitive, in modo da sette test inclusi nella batteria, la presenza di due
quantificare le prestazioni dei soggetti adulti in o più punteggi patologici permette di evidenziare
relazione all’età e alla scolarità. Non fornisce un con sufficiente sensibilità e specificità i pazienti
indice globale delle prestazioni e non è stata affetti da deterioramento cognitivo diffuso.
ideata per essere somministrata per intero al
singolo paziente con sospetta demenza. Uno
studio però ha dimostrato che somministrando
almeno 6 prove, i soggetti normali hanno una
probabilità molto bassa di ottenere tre o più
punteggi patologici, questa soglia può quindi
essere utilizzata per individuare i pazienti affetti
da demenza.

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE DEMENZE


La perdita cognitiva globale, caratteristica della demenza, si realizza con il tempo. Nelle prime fasi della
malattia non tutte le funzioni cognitive sono compromesse e, inizialmente, è colpita solo la memoria. Per
porre la diagnosi di demenza in fase precoce, bisogna verificare che almeno due funzioni cognitive, tra cui la
memoria, siano deficitarie e che i deficit cognitivi abbiano un impatto sensibile sulle capacità di svolgere le
comuni attività sociali e lavorative. Non è possibile porre diagnosi di demenza se solo la memoria o un’altra
area cognitiva sono alterate: le condizioni caratterizzate da un’alterazioni progressiva di un’unica funzione
cognitiva non sono classificabili come demenze, ma come deficit focali progressivi.
L’inquadramento diagnostico in caso di demenza si deve avvalere della collaborazione dello specialista
neurologo o geriatra, i quali eseguono l’esame clinico e valutano le indagini diagnostiche strumentali.
Esistono demenze:
- Trattabili: e spesso reversibili, perché dovute a malattie del cervello suscettibili di una cura specifica (es.
infezioni cerebrali, tumori …)
- Non trattabili: senza un andamento progressivo, come alcuni esiti di traumi cranici. In questo gruppo di
demenze si possono includere quelle forme che fanno seguito a ripetuti traumatismi multipli (demenza
dei pugili) e quelle che sorgono a causa di un danno diffuso del cervello (da arresto cardiaco o
intossicazione)

Il carattere distintivo della maggioranza delle sindromi demenziali è la loro tendenza al progressivo
peggioramento. La demenza è causa nella maggior parte dei casi da un processo degenerativo primario, cioè
da una degenerazione delle cellule della corteccia cerebrale per alterazione intrinseca della cellula stessa, non
secondaria ad altra causa. Le demenze degenerative primarie comprendono:
- La malattia di Alzheimer: forma di demenza progressiva che colpisce gradualmente l’intera corteccia
cerebrale.
- Demenza fronto-temporale: forma di demenza in cui vi è un’atrofia progressiva a carico dei lobi frontali
e dei segmenti anteriori dei lobi temporali
- Malattia a corpi di Lewy: forma di demenza con alterazione delle cellule nervose che compromette
progressivamente tutto il cervello
- Demenze a esordio focale
- Demenza in pazienti con morbo di Parkinson: malattia degenerativa che colpisce i gangli della base

MALATTIA DI ALZHEIMER
Questa demenza degenerativa primaria è caratterizzata da un andamento lentamente progressivo. La certezza
diagnostica si può raggiungere solo con l’osservazione delle caratteristiche lesioni nella corteccia cerebrale
dopo il decesso dei pazienti, per cui in pratica, si parla di malattia di Alzheimer “probabile”. La malattia
presenta decorso e caratteristiche abbastanza riconoscibili. I sintomi di esordio sono di tipo cognitivo, e ad
essi si aggiungono nel tempo disturbi psicopatologici e del comportamento, mentre i sintomi di tipo
neurologico compaiono solo nelle ultime fasi.
1) Fase iniziale della malattia:
- I pazienti o i familiari iniziano a notare difficoltà nella memoria di tutti i giorni. Il paziente dimentica
oggetti, luoghi e fatti recenti. A questo si associa la difficoltà nella denominazione di persone prima
poco note, poi note ed infine la difficoltà nella denominazione di oggetti (anomie).
- Il paziente tende facilmente a perdere il filo del discorso e presenta difficoltà ad elaborare le strutture
sintattiche più articolate.
- Possono presentarsi episodi sporadici e di breve durata di disorientamento topografico: il paziente si
perde per strade note.
- I disturbi del comportamento, in questa fase, sono molto scarsi. Quando i pazienti si rendono conto dei
loro fallimenti tendono a chiudersi in se stessi ed evitare le situazioni sociali in cui sono messi alla
prova. In questa fase il paziente conserva coscienza dei propri disturbi, egli percepisce che qualcosa
non va, anche se non si rende conto della natura dei deficit.
- Dal punto di vista psicopatologico spesso i pazienti vanno incontro ad una depressione reattiva.

2) Fase intermedia della malattia:


in questa fase i disturbi si accentuano ed altri si aggiungono a quelli già presenti.
- Per quanto riguarda la memoria il paziente ha estreme difficoltà a ricordare gli eventi recenti, anche se
significativi sul paino emozionale, e comincia a disorientarsi nel tempo
- Il disorientamento topografico è costantemente presente e si realizza in un disorientamento spaziale: il
paziente non è in grado di definire dove si trova.
- Sul piano linguistico le anomie aumentano e riguardano anche oggetti di uso frequente. Il discorso
diventa frammentario, la comunicazione incoerente e le competenze fonologiche deficitarie.
- Perdita delle nozioni precedentemente acquisite: il paziente mostra difficoltà nell’eseguire procedure
abituali (es. apparecchiare…)
- Compaiono disturbi dell’attenzione: il paziente non riesce a completare un compito per la facile
distraibilità
- Si manifesta prosopagnosia anche per i familiari e difficoltà nel riconoscimento delle identità delle
persone.
- Iniziano i disturbi del comportamento: il paziente può diventare silenzioso, apatico, tende a chiudersi
in se stesso, è poco reattivo. Tende ad angosciare il suo caregiver per ottenere aiuto.
- Non è più presente coscienza di malattia: il paziente sente un generico bisogno di aiuto, si lega al
caregivers, ma non è in grado di dire cosa non va.
- I pazienti possono mostrare aggressività sia verbale che motoria.
- I pazienti iniziano ad interagire con la televisione e con la propria persona allo specchio. Ciò è
indicativo di un’alienazione della propria immagine
- Dal punto di vista psicopatologico possono comparire manifestazioni allucinatorie prevalentemente
visive, soprattutto serali e a contenuto complesso
- Possono presentarsi due tipologie di deliri: la sindrome di Capgras o “del sosia” e l’amnesia
reduplicativa
Sindrome del sosia: Amnesia reduplicativa:
sindrome psicopatologica che può presentarsi in un altro delirio relativamente frequente, anche se
questa fase della malattia. Il paziente sostiene è tipico dei pazienti con danni frontali. Il
che il proprio caregiver non sia quella persona paziente riconosce di essere in un ambulatorio,
ma un suo sosia “mio marito non è mio marito, ma afferma che esiste contemporaneamente
anche se gli assomiglia”. Questa sindrome si anche un altro ambulatorio uguale, in un'altra
ritiene essere dovuta ad un’alterata città, e che lui stesso è presente in quel
identificazione emotiva del familiare, verso cui momento, ma si trova anche in un altro luogo.
si sviluppa ostilità. La sindrome di Capgras è tra
i più importanti deliri da alterato
riconoscimento.

3) Fase avanzata della malattia:


- I disturbi della memoria diventano gravissimi
- il paziente ha difficoltà marcate nella comunicazione e non riesce ad esprimere contenuti attraverso il
linguaggio
- ha difficoltà estreme in tutte le procedure: aprassia ideomotoria
- sono presenti incapacità a riconoscere gli oggetti e le persone (agnosia) e difficoltà di comprensione
e comunicazione (afasia).
- È frequente l’afasia transcorticale sensoriale, con eloquio fluente, ma incomprensibile
- Si realizza la triade afasia, agnosia e aprassia, associata alla completa amnesia
- Dal punto di vista comportamentale compare la deambulazione compulsiva: il paziente cammina
avanti e indietro, senza fermarsi
- Compare stereotipia, soprattutto di tipo motorio: i pazienti attuano dei comportamenti motori
afinalistici e continui
- In alcuni casi i pazienti possono presentare comportamenti di affaccendamento afinalistico: es fanno
e disfanno continuamente il letto
- Disturbi del sonno diventano marcati. Spesso vi è insonnia abituale o inversione del ritmo veglia-
sonno
- Alcuni pazienti possono presentare aggressività, tendenza alla fuga oppure inerzia (rimangono
immobili)
- Si verificano disturbi del comportamento alimentare: bulimia (soprattutto per cibi dolci) o anoressia,
che conduce rapidamente alla fase terminale della malattia. Un disturbo molto grave del
comportamento alimentare è la sindrome di Kluver-Bucy

Il paziente mangia in maniera smodata e porta tutto alla bocca, anche


cose non commestibili (iperfagia), come le posate alla fine del pasto.
Si può associare ipersessualità, con comportamenti di tipo sessuale,
non solo nei confronti del proprio partner, ma anche di altri soggetti.

4) Fase terminale della malattia:


Anche 10 anni dopo l’inizio della malattia, compaiono i segni neurologici.
- Il paziente comincia ad avere difficoltà nella deambulazione, difficoltà nella percezione visiva,
l’aggressività si smorza, la comunicazione è impossibile e l’alimentazione autonoma è impossibile.
- Tali disturbi peggiorano finché il paziente è incapace di muoversi, assume nel letto una posizione
fetale, deve essere alimentato per via parenterale e presenta gravi alterazioni anche delle funzioni
vegetali, fine al decesso

Correlazioni anatomo-cliniche:
la progressione dei sintomi neuropsicologici e psicopatologici di questi pazienti è spiegata dal
coinvolgimento dell’interno cervello nel processo degenerativo.
- La malattia colpisce inizialmente le aree temporo-parietali, in particolare le sezioni posteriori del lobo
parietale e la faccia mediale del lobo temporale, dove ha sede l’ippocampo (struttura evidentemente più
colpita). Le lesioni temporo-parietali danno ragione da un lato dei disturbi del calcolo, delle anomie,
delle difficoltà nella comprensione verbale, dall’altro ai disturbi del disorientamento topografico.
- Successivamente la malattia si estende alle regioni frontali e temporali anteriori, il che spiega l’insorgere
dei disturbi comportamentali.
- Infine, è colpito il lobo occipitale e questo dà ragione dei disturbi del riconoscimento visivo e delle
allucinazioni. Nelle fasi più avanzate sono coinvolte anche le aree motorie primarie e il paziente presenta
chiari disturbi neurologici
- In ultimo la malattia coinvolge le strutture del tronco encefalico, determinando la comparsa dei deficit
delle funzioni neurovegetative.

DEMENZA FRONTO-TEMPORALE
La demenza fronto-temporale è una sindrome degenerativa distinguibile dalla malattia di Alzheimer per una
diversa evoluzione dei sintomi.
 Disturbi comportamentali:
- I pazienti con questa sindrome presentano disturbi del comportamento già in fase iniziale. la malattia
determina precocemente modifiche della personalità per cui i pazienti diventano impulsivi, irritabili,
con comportamenti compulsivi ed azioni rituali. Si possono associare atteggiamenti motori e posturali
forzati e manierismi. In alcuni casi i pazienti producono stereotipie, comportamenti motori iterativi,
afinalistici
- I pazienti non sono consapevoli dei loro disturbi, presentano anosognosia e rifiutano l’idea stessa di
essere malati.
- La maggior parte sviluppa apatia, cioè perdita della capacità di provare emozioni e abulia, cioè
mancanza di iniziativa. Tale perdita di iniziativa riguarda anche il comportamento motorio (restano
immobili) e la comunicazione
- Si manifesta spesso tendenza al vagabondaggio e alla fuga. I pazienti diventano aggressivi e la loro
aggressività va peggiorando con il decorso della malattia. Tendono ad essere disinibiti, anche dal
punto di vista sessuale e manifestano atteggiamenti socialmente inadeguati.

 Disturbi psicopatologici:
-I disturbi psicopatologici (depressione, disturbo bipolare…) sono molto precoci e si possono
presentare anche prima dei disturbi comportamentali.

 Disturbi cognitivi:
- I disturbi cognitivi si manifestano dopo alcuni anni dall’esordio, per questo motivo la malattia
inizialmente può essere identificata come disturbi psichiatrico. I disturbi cognitivi più caratteristici
sono:
a) Sindrome disesecutiva: che si manifesta con facile distraibilità e una difficoltà nel programmare
abituali attività
b) Disturbo del linguaggio, caratterizzato da perdita precoce dell’iniziativa verbale e della capacità di
pianificare il discorso. Nelle fasi più avanzate il disturbo del linguaggio si associa ad ecolalia e al
mutismo selettivo.
c) Aprassia ideomotoria (tarda nell’Alzheimer) in questi pazienti è precoce
d) I deficit della memoria episodica non raggiungono mai la gravità di quelli presentati
nell’Alzheimer

 Disturbi neurologici:
- Acinesia: tendono a muoversi poco e sembrano affetti dal morbo di Parkinson, in ragione della perdita
anche di iniziativa motoria
- Incontinenza urinaria, tardiva nella malattia di Alzheimer, è spesso precoce in questi pazienti

DEMENZA CON CORPI DI LEWY


La demenza con corpo di Lewy è la forma di demenza degenerativa più frequente dopo l’Alzheimer. È
caratterizzata dal fatto che i pazienti presentano contemporaneamente disturbi cognitivi e disturbi
comportamentali. Anche in questo caso la certezza diagnostica si raggiunge solo con il riscontro diretto delle
lesioni all’esame autoptico.
 Disturbi comportamentali:
- I disturbi comportamentali sono simili a quelli della demenza frontale, ma si succedono con rapidità e
sono associati a disturbi psicotici come allucinazioni e deliri
- C’è un’estrema fluttuazione sintomatologica: i caregivers presentano i pazienti un giorno normali e il
giorno dopo con gravi disturbi comportamentali
 Disturbi cognitivi:
- I disturbi cognitivi sono simili all’Alzheimer, ma prevalgono l’amnesia (sia autobiografica che
semantica), i disturbi visuo-spaziali, l’agnosia visiva e il disorientamento topografico.

Questi pazienti presentano quasi contemporaneamente disturbi cognitivi, comportamentali, psicopatologici e


neurologici, con una progressione estremamente rapida.
La sintomatologia, nelle fasi iniziali, è fortemente connotata da una fluttuazione giornaliera, o settimanale,
abbastanza caratteristica. Inoltre, tale malattia si caratterizza per la presenza di allucinazioni visive
complesse e prominenti disturbi visuo-spaziali.

DEMENZA NEL CORSO DELLA MALATTIA DI PARKINSON


La malattia di Parkinson è un disturbo degenerativo del cervello che colpisce i gangli della base. Compare
nei soggetti adulti ed ha un andamento lentamente progressivo nel tempo.
- L’esordio è caratterizzato dalla comparsa di impaccio nella deambulazione, difficoltà ad iniziare i
movimenti, rigidità posturale e tremore
- Molti pazienti sviluppano depressione del tono dell’umore e perdita di iniziativa (apatia).
- La maggior parte di questi pazienti manifesta disturbi cognitivi di tipo disesecutivo, ma circa il 30-40%
va incontro a demenza conclamata. Il passaggio ad un declino cognitivo è segnato dalla comparsa di
allucinazioni visive.
- La demenza è caratterizzata da una sindrome disesecutiva associata a disturbi della memoria per gli
eventi recenti e turbe nel comportamento.
Capitolo 14
IL DISTURBO COGNITIVO LIEVE

OSSERVAZIONE CLINICA DEL DISTURBO COGNITIVO LIEVE


Nell’ultimo decennio è stata posta l’attenzione ai pazienti che manifestano un declino delle funzioni
cognitive ai limiti tra l’invecchiamento normale e le prime fasi di demenza. Questa sindrome è definita
disturbo cognitivo lieve e rappresenta uno stato di moderata compromissione cognitiva in assenza di un
chiaro impatto sulla vita quotidiana, cioè in assenza di alterazione della vita sociale e lavorativa. In alcuni
pazienti rappresenta la fase di esordio della demenza, in altri non vi è progressione dei disturbi. La sindrome
del disturbo cognitivo lieve (DCL) è caratterizzata da un deterioramento della memoria con risparmio di altri
domini cognitivi.
Il quadro clinico più frequente consiste in un disturbo soggettivo di memoria:
- I soggetti dichiarano che la loro memoria è meno efficiente rispetto al passato
- I soggetti dichiarano di non ricordare con facilità i nomi dei familiari, dove hanno riposto gli oggetti di
uso quotidiano, dichiarano di avere difficoltà ad acquisire le informazioni nuove e riferiscono una
fluttuazione delle prestazioni mnesiche
- In altri casi i soggetti si dichiarano distratti, con difficoltà di concentrazione. Riferiscono di perdere il
filo del discorso e difficoltà a orientarsi per strade poco note.

Indipendentemente dal tipo di disturbo la diagnosi di DCL deve rispettare i seguenti criteri:
1) Deve esserci un disturbo soggettivo riferito dal paziente e confermato dai familiari
2) La valutazione neuropsicologica deve evidenziare un reale malfunzionamento delle abilità cognitive
oggetto del disturbo soggettivo
3) Deve esserci l’assenza di un declino cognitivo tale da delineare un quadro clinico di demenza

Nel caso tipico di un disturbo soggettivo di memoria, i pazienti sono in grado di produrre e comprendere il
linguaggio e non manifestano difficoltà di pianificazione, deficit dell’attenzione o disturbi visuo-spaziali.
Questo quadro clinico, dunque, non determina un evidente e invalidante impatto sulle capacità di affrontare
le comuni attività della vita quotidiana.
La diagnosi di DCL quando la persona lamenta disturbi soggettivi ma non mostra alcun deficit nelle prove
neuropsicologiche. Un disturbo cognitivo soggettivo, in assenza di deficit, può essere presente in soggetti
ansiosi o depressi, preoccupati di essere affetti da qualche disturbo, ma non manifestano alcuna reale
alterazione delle abilità cognitive.

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER IL DISTURBO COGNITIVO LIEVE


La valutazione neuropsicologica deve da un lato individuare gli specifici domini cognitivi compromessi,
dall’altro escludere la presenza di un deterioramento cognitivo diffuso.
- MAC-Q: Questionario clinico di autovalutazione della memoria che valuta in due scale separate la
presenza e la frequenza di problemi mnemonici, ed include alcuni quesiti per quantificare il grado di
preoccupazione riguardo la propria memoria
- Batteria che comprende una serie di prove standardizzate per misurare le abilità di memoria, di
linguaggio, l’aprassia, la capacità di ragionamento, le abilità visuo-spaziali e l’attenzione

Il processo diagnostico consiste nel valutare accuratamente le difficoltà dichiarate dal paziente e nel definire
se esse possono rappresentare un iniziale declino cognitivo globale e cronico. L’analisi delle prestazioni
fornite dal paziente alle prove neuropsicologiche consente di individuare quale o quali processi cognitivi
risultano compromessi e dunque di riconoscere la forma clinica di DCL

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEL DISTURBO COGNITIVO LIEVE


Una classificazione distingue 4 forme cliniche del disturbo cognitivo lieve:
1)DCL di tipo amnesico il paziente manifesta un deficit selettivo alle prove di memoria a
singolo dominio: lungo termine

2)DCL di tipo non amnesico singolo il funzionamento mnesico appare preservato, ma il paziente
dominio: manifesta per esempio disturbi delle abilità visuo-spaziali o delle
funzioni esecutive, cioè disturbi in un singolo dominio cognitivo
differente dalla memoria

3)DCL di tipo amnesico con il deficit di memoria è associato ad alterazioni di almeno un'altra
compromissione di domini multipli: funzione cognitiva come, ad esempio, la capacità di denominare
gli oggetti o costruire una semplice frase.
4)DCL di tipo non amnesico con tale diagnosi può essere assunta quando il soggetto manifesta una
compromissione di domini multipli: compromissione di più abilità cognitive, in assenza di disfunzioni
della memoria

FATTORI DI RISCHIO ED EVOLUZIONE CLINICA


 I fattori che possono predisporre un soggetto al DCL sono diversi e si differenziano secondo la
particolare forma clinica che caratterizza il profilo del paziente. Alcuni studi mostrano che il maggior
fattore di rischio per il disturbo cognitivo lieve amnesico è l’età avanzata, mentre le forme non
amnesiche sembrano essere correlate con un basso livello di scolarità (inferiore ai 12 anni).
Inoltre, ulteriori studi, hanno evidenziato che i fattori di rischio vascolare (danni ischemici, lesioni della
sostanza bianca) hanno una maggiore prevalenza nei pazienti affetti da DCL non amnesico con
compromissione di un singolo dominio, rispetto ai pazienti con DCL di tipo non amnesico

 Per quanto riguarda l’evoluzione clinica, questo disturbo sembra connotato da un’elevata probabilità,
entro uno o due anni, di sfociare in una forma di demenza. Il DCL di tipo amnesico-singolo dominio e il
DCL dominio amnesico-domini multipli tendono ad evolvere verso la demenza di Alzheimer;
diversamente, i quadri di DCL non amnesico sembrano precorrere forme di demenza degenerativa di tipo
non-Alzheimer:
- Un declino isolato delle funzioni esecutive potrebbe evolvere verso la demenza fronto-temporale
- Le alterazioni delle abilità linguistiche verso la variante temporale della demenza fronto-temporale
- I disturbi visuo-spaziali verso la demenza con corpi di Lewy

Capitolo 15
I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO

OSSERVAZIONE CLINICA DEI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO


I disturbi specifici dell’apprendimento vengono valutati in bambini i quali, in apparente assenza di anomali
dello sviluppo psico-motorio, giungono all’osservazione clinica su indicazione degli insegnanti o dei
familiari preoccupati dallo scarso rendimento a scuola. I criteri diagnostici riguardano un gruppo eterogeneo
di disordini che si manifestano con selettive e significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di
un’abilità. Tali deficit sono dovuti ad una disfunzione del sistema nervoso centrale. Essi possono essere
presenti lungo l’intero arco di vita e coesistere con problemi di comportamento e di interazione sociale. La
diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento non può essere posta in presenza di ritardo mentale o gravi
condizioni di svantaggio familiare e socio-ambientale.
Il criterio principale per la diagnosi è quello della discrepanza tra un’abilità cognitiva che è compromessa
rispetto all’età cronologico e il funzionamento intellettivo generale, che invece risulta risparmiato.

DISTURBI DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA


La dislessia si manifesta con la tendenza a leggere in modo lento, faticoso e con un elevato numero di errori.
Un aspetto comune alle varie forme di dislessia evolutiva è il forte rallentamento delle prestazioni di lettura.
Errori di lettura:
- Errori visivi: sostituzioni, omissioni, aggiunte o inversioni di una o più lettere all’interno della parola
- Errori morfologici: alterazioni della parte variabile della parola che indica il genere, il numero il tempo
dei verbi
- Errori derivazionali: alterazioni della funzione grammaticale o il referente semantico della parola
- Errori semantici: errori prodotti che mantengono una relazione semantica con lo stimolo
- Lessicalizzazioni: trasformazione di sequenze di lettere prive di significato (non-parole)
- Regolarizzazioni: regolarizzazione di parole con accentazione irregolare
- Disambiguazione degli omofoni: difficoltà in prove che non prevedono la lettura ad alta voce, ma
richiedono ad esempio di decidere se una parola come “erba” è scritta nel modo giusto o sbagliato
Di frequente i bambini con disturbi di lettura presentano anche difficoltà di scrittura (disgrafia e
disortografia), commettendo errori analoghi nei due domini
Nell’adulto con il termine disgrafia si intende l’insieme dei disturbi della scrittura, accomunando i deficit dei
meccanismi cognitivi centrali e quelli periferici di elaborazione della risposta scritta. Al contrario, nel
bambino:
Disortografia: fa riferimento ad una compromissione dei processi centrali di elaborazione della
corrispondenza tra forma fonologica e rappresentazione grafemica della parola
Disgrafia: deficit dei meccanismi periferici della scrittura, responsabili della programmazione e della
realizzazione dei movimenti grafici Nel caso della disgrafia evolutiva il bambino produce lettere
con forma, orientamento e dimensione alterati, realizzate con tratto discontinuo e con una velocità
rallentata. Tale deficit periferico della scrittura non si configura come un disturbo specifico
dell’apprendimento e si presenta nel contesto di disturbi neuropsicologici evolutivi che
coinvolgono il controllo motorio, come la disprassia evolutiva

DISTURBI DEL CALCOLO


I disturbi dell’elaborazione numerica e del calcolo (discalculia evolutiva) sono la forma principale di disagio
cognitivo mostrato dai bambini. Errori nelle discalculie:
- errore che riguarda il recupero di fatti aritmetici dalla memoria a lungo termine. Questo si verifica
quando il bambino sostituisce operazioni diverse
- errori che riguardano un difetto di recupero e mantenimento di regole proceduali
- errori che riguardano la difficoltà nell’applicazione delle procedure
- errore che riguarda la difficoltà ad organizzare spazialmente l’operazione oppure nel fallire nel corretto
riconoscimento dei segni di operazione

DISTURBI VISUO-SPAZIALI
I bambini manifestano un’evidente discrepanza tra il funzionamento delle abilità non verbali, che risulta
compromesso e quello delle capacità verbali, in quale invece è risparmiato.
- Nel disegno si mostra l’incapacità di individuare i corretti rapporti tra le parti di una figura oppure di
coglierne i dettagli
- Nelle scienze si mostra una scarsa abilità a capire le relazioni causa-effetto tra eventi
- In geografia emerge la difficoltà di costruire rappresentazioni mentali dello spazio, con difficoltà a
leggere le mappe e le relazioni spaziali
- In aritmetica vi sono errori spaziali o rigidità nell’uso delle strategie
Questi bambini mostrano distraibilità e alterazioni comportamentali. Da un lato hanno difficoltà a
concentrarsi sulle richieste mostrando agitazione motoria, dall’altro hanno un linguaggio orale molto evoluto
rispetto all’età. Nonostante il soggetto tende ad essere logorroico, gli aspetti non verbali sono appiattiti,
l’eloquio è monotono e privo di intonazione, mentre la gestualità è assente. Tale quadro clinico corrisponde
alla sindrome non verbale

I soggetti affetti da questo disturbo presentano tre gruppi di deficit:


1) Deficit della coordinazione motoria e della percezione tattile, più evidente nella parte sinistra del
corpo
2) Disturbi dell’elaborazione visuo-spaziale, rilevabili attraverso compiti visuo-percettivi, di disegno e
di memoria a breve termine
3) Difficoltà nella risoluzione di problemi, soprattutto quando il soggetto deve adattarsi in situazioni
nuove e complesse
Il quadro è completato da specifiche alterazioni degli aspetti comunicativi e pragmatici del linguaggio e
da disturbi della regolazione comportamentale.

PROVE NEUROPSICOLOGICHE PER I DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO


Il clinico deve utilizzare test standardizzati per indagare sia il funzionamento cognitivo generale che l’abilità
specifica potenzialmente compromessa. Per deficit di una specifica abilità si intende che il punteggio
ottenuto dal soggetto ai test deve essere inferiore a 2 deviazioni standard oppure al 5° percentile rispetto ai
dati del campione normativo di riferimento; al contrario la prestazione nelle prove che misurano il
funzionamento intellettivo generale deve risultare entro i imiti della norma e non essere inferiore a 1
deviazione standard rispetto alla media.

 Prove di lettura e scrittura


- Batteria MT: consente di misurare la velocità e la correttezza della lettura attraverso brani diversi per
ogni classe scolastica. Ogni bambino legge due brani, il primo prevede una lettura ad alta voce entro
un limite di tempo allo scopo di misurare sia la velocità che l’accuratezza; il secondo è letto in silenzio
e il bambino deve rispondere a domande a scelta multipla per valutare la capacità di comprensione

- Batteria per la dislessia e la disortografia evolutiva: esplora le capacità sia di lettura che di scrittura
attraverso una serie di prove per le diverse componenti cognitive, ma senza indagare la comprensione
del testo. Le prove in questa batteria valutano l’efficienza dei processi di trasformazione da grafema a
fonema, la decisione lessicale, la lettura di non-parole e di parole irregolari. Le ultime tre prove
valutano la scrittura attraverso il dettato di parole, non-parole e frasi

- Batteria di Tressoldi e Cornoldi: valuta la correttezza ortografica. Include compiti di dettato di brani e
di frasi con parole omofone, prove di scrittura spontanea e di velocità di scrittura

 Prove di calcolo
- Prove Emme+: prevede vari sub-test che esplorano il calcolo aritmetico, la logica, la geometria, la
statistica e la soluzione di problemi. Tali prove consentono di ottenere una misura del livello di
abilità, ma non danno informazioni sui deficit alla base del disturbo di apprendimento

- Batteria delle abilità matematiche e la batteria ABCA: entrambi consentono di ottenere un profilo
delle abilità coinvolte nel calcolo aritmetico, ma la ABCA consente di formulare una diagnosi più
approfondita grazie al riferimento esplicito ad un modello neuropsicologico. Essa valuta
l’accuratezza e la velocità in prove di denominazione ed uso di simboli, ordinamento di numeri,
inserimento di simboli di maggiore, minore e confronto.

 Prove per le abilità visuo-spaziali


- Figura di Rey e il VMI: quest’ultimo prevede la copia di una serie di disegni geometrici di
complessità crescente che coinvolgono in diversa misura le abilità percettive, rappresentazionali e di
pianificazione.

- Batteria BVS-Corsi: presenta test di primo livello e test di secondo livello. I test di primo livello,
utili nello screening iniziale, comprendono lo span di cifre ed il test di corsi e valutano
rispettivamente la memoria a breve termine verbale e visuo-spaziale. Qualora vi sia una
dissociazione tra le due prove si fa un approfondimento con i test di secondo livello. Questi sono
divisi in compiti attivi e passivi con elaborazione di materiale visivo e spaziale:
a) La componente attiva-visiva è indagata attraverso il test dei puzzle immaginativi in cui al soggetto
viene presentata una figura scomposta e gli viene chiesto di ricomporla senza spostare i pezzi,
ma solo indicandoli
b) La componente attiva-spaziale è esplorata attraverso 2 prove: la prima è il test delle matrici
simultanee in cui il soggetto deve ricordare la posizione di celle annerite all’interno di una
matrice la seconda è il test dei percorsi su matrici in cui il soggetto deve indicare la posizione
finale di un percorso verbalmente descritto dall’esaminatore.
c) La componente passiva-visiva è esplorata attraverso 3 prove che richiedono di memorizzare degli
stimoli visivi presentati sullo schermo di un computer e dopo un intervallo di tempo, di decidere
se gli elementi sono uguali o diversi
d) La componente passiva-spaziale è indagata mediante due gruppi di prove quelle con formato
simultaneo e quelle con formato sequenziale. Le prime richiedono di memorizzare una
componente spaziale e dopo di decidere se gli stimolo di una seconda configurazione sono nella
stessa posizione di quella precedente, le seconde sono identiche alle precedenti ma gli stimoli
sono presentati uno alla volta in successione

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO


Nel caso dei disturbi specifici dell’apprendimento una fase importante del processo diagnostico è quella in
cui il clinico esclude la presenza di danni sensoriali, deficit neurologici o disturbi emotivi gravi che possano
spiegare le difficoltà di apprendimento del bambino. Successivamente si procede alla somministrazione di
prove formalizzate che consentono di verificare se i deficit individuati corrispondono ad una condizione di
rilevanza clinica. Una volta stabilito che il bambino è affetto da un disordine neuropsicologico preciso si
procede all’analisi delle caratteristiche qualitative del disturbo mediante test di approfondimento.

 Inquadramento dei disturbi di lettura e scrittura


1) Dislessie secondo i modelli cognitivi:
- Un’alterazione del funzionamento della via fonologica si associa ad un quadro evolutivo di dislessia
fonologica
- Una compromissione della via di lettura lessicale è l’origine della dislessia superficiale
- Un deficit nell’elaborazione semantica in combinazione con un danno fonologico è all’origine della
dislessia profonda
- Una lettura per via lessicale senza accesso al sistema semantico è responsabile dell’iperlessia
Tra queste 4 forme di dislessia quella più rara è la dislessia profonda.
Molta attenzione è stata posta alle forme più comuni, quella fonologica e quella superficiale:

in soggetti di lingua inglese è maggiormente presente la dislessia fonologica,


mentre in bambini italiani prevale la dislessia superficiale. Queste differenze sono
riconducibili alle regole di conversione grafema-fonema che sono complesse nelle
lingue opache come l’inglese, mente sono più semplici nelle lingue trasparenti
come l’italiano.

2) Dislessie secondo un modello neurofisiologico:


la dislessia evolutiva, secondo questo filone, non è dovuta al malfunzionamento dei meccanismi di
elaborazione centrale della lettura, come previsto nel modello a due vie, ma a deficit attentivi o
percettivi di elaborazione periferica dello stimolo. Tali studi hanno dimostrato in bambini con dislessia
un deficit del sistema visivo magnocellulare (sistema M)  questo sistema si connette al lobulo
parietale superiore e contribuisce all’analisi del movimento e all’elaborazione spaziale del controllo
dell’azione e durante la lettura, controllerebbe i movimenti oculari verso la parola stimolo. Il difettoso
funzionamento di questo sistema M è associato ad un’incapacità a leggere non-parole (dislessia
fonologica), piuttosto che parole irregolari (dislessia superficiale). Un deficit del sistema M
interferirebbe anche con la segmentazione fonemica e quindi con il normale sviluppo dei processi di
analisi fonologica.

3) Dislessie secondo l’ipotesi fonologica:


l’ipotesi fonologica condivide, con l’ipotesi del sistema M, l’idea che il deficit fonologico è il
meccanismo responsabile delle difficoltà di lettura, ma nega che il danno primario sia rappresentato
da un deficit percettivo/attenzionale. L’ipotesi fonologica riconduce il complesso quadro della
dislessia evolutiva al danno primario di un sistema specificamente preposto all’elaborazione
fonologica, localizzato in corrispondenza delle regione temporo-parietali di sinistra, causato da
alterazioni di natura genetica.

 Inquadramento dei disturbi del calcolo


Il modello cognitivo del calcolo ha individuato 3 principali forme di discalculia evolutiva:
1) Dislessia per le cifre: deficit di identificazione e recupero delle singole cifre durante i compiti di
lettura e scrittura dei numeri in codice arabo o verbale, con un risparmio dell’elaborazione sintattica
2) Discalculia procedurale: difficoltà nell’utilizzo delle procedure di calcolo, senza difficoltà di
elaborazione numerica, ne alterazioni della conoscenza dei fatti aritmetici
3) Discalculia per i fatti aritmetici: deficit selettivo nell’acquisizione dei fatti numerici in cui sia
l’elaborazione dei numeri, sia la conoscenza delle procedure di calcolo sono risparmiate.

L’associazione tra quadri di discalculia differenti ed il funzionamento di diverse regioni parietali è stata
proposta sulla base dei risultati di studi che distinguono all’interno del lobo parietale circuiti separati
deputati a processi diversi.

 Inquadramento dei disturbi visuo-spaziali


- Secondo Rourke c’è una relazione causa-effetto tra i tre gruppi di deficit che caratterizzano la
sindrome non verbale:
a) percezione tattile e coordinazione motoria
b) elaborazione visuo-spaziale
c) risoluzione di problemi
secondo cui quelli del primo gruppo generano quelli del secondo gruppo che, a loro volta, causano
quelli del terzo. Questi criteri però non descrivono in modo efficace il profilo cognitivo dei bambini
affetti da questo disturbo

- Cornoldi e colleghi hanno identificato tre criteri in base ai quali definire la sindrome non verbale, con
attenzione al funzionamento cognitivo. Questi criteri sono:
a) Discrepanza tra competenze verbali e non verbali dimostrata da una differenza di almeno 15 punti
tra il QI di performance e il QI verbale
b) Compromissione negli apprendimenti scolastici che richiedono l’elaborazione di materiale non
verbale
c) Assenza di ritardo mentale o di altri fattori di esclusione per i disturbi dell’apprendimento

La sindrome non verbale è stata considerata come il modello neuropsicologico del disturbo di Asperger,
ovvero una forma di autismo caratterizzata da:
a) Scarsa capacità di comprensione degli stati mentali ed emotivi altrui
b) Problemi di interazione sociale con difficoltà nelle relazioni e isolamento
c) Modalità di comunicazione inappropriate con voce monotona e gestualità assente
d) Intenso coinvolgimento in un numero circoscritto di interessi
e) Goffaggine e scarsa coordinazione motoria
Come per la sindrome non verbale anche il disturbo di Asperger è caratterizzato da un QI totale nella norma,
ma con un QI di performance inferiore di 10-15 punti rispetto al QI verbale.

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