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L’Educazione Razionale Emotiva

L’Educazione Razionale Emotiva è una procedura psicoeducativa introdotta in Italia dallo


psicologo Mario Di Pietro, che si basa sulla Terapia Razionale-Emotiva dello psicoterapeuta Alber
Ellis, che negli anni Cinquanta pose le basi per la prospettiva cognitivo comportamentale grazie ai
suoi studi su questa metodologia definita come Rational-Therapy, modificata poi in RET (Rational-
Emotive Therapy) e successivamente in REBT (Rational Emotive Behavior Therapy).
Grazie a Di Pietro in Italia questa è diventata una procedura che mira a favorire una crescita
affettiva armonica nel bambino, mettendolo in grado di realizzare appieno le proprie potenzialità e
il proprio benessere.
La RET si basa sul fatto che le emozioni non derivano da ciò che accade, ma dal modo in cui
interpretiamo e valutiamo ciò che ci accade. Questo assunto è stato sintetizzato da Ellis nel modello
A-B-C (Antecedent/ Belief/ Consequent) che l’autore utilizza per rappresentare l’episodio emotivo.
Il punto A è l’evento che può realizzarsi, la situazione, e potrebbe essere esterno ‘La maestra non si
è accorta che ho fatto tutti gli esercizi correttamente’, interno ‘Chissà se la maestra vuole più bene a
me o al mio compagno di banco’, o sia esterno che interno ‘A scuola ho incontrato un vecchio
compagno di classe (esterno), che desideravo tanto rivedere (interno)’.
Se i nostri pensieri, punto B, sono realistici e oggettivi riguardo all’evento attivante, la reazione
emotiva sarà adeguata, al contrario se i pensieri saranno distorti, con valutazioni esagerate che
implicano ‘pensieri irrazionali’ provocando eccessiva sofferenza emotiva, ne conseguirà al punto C
– coincidente con la nostra reazione emotivo-comportamentale – una reazione emotiva disturbata.
La RET considera i ‘pensieri razionali’ come considerazioni oggettive e realistiche che aiutano a
raggiungere i propri scopi e desideri e provocano reazioni emotive adeguate alla situazione; mentre
i ‘pensieri irrazionali’ sono considerazioni esagerate che non aiutano il raggiungimento dello scopo
e provocano reazioni emotive troppo durature o intense.
Di Pietro evidenzia l’importanza del dialogo interiore, cioè di tutti quei commenti interni che
facciamo quando viviamo una situazione, che non sia stata provocata da una condizione biochimica
dell’organismo o da riflessi condizionati, e che provocano un’emozione.
Vengono indicati cinque principali categorie di pensieri irrazionali:

 le doverizzazioni (quando si pensa che le cose debbano assolutamente andare così, che gli
altri debbano comportarsi in un determinato modo e io debba assolutamente avere quello
che voglio; dove l’errore consiste nel ritenere una cosa un’esigenza assoluta quando
dovrebbe essere soltanto obiettivamente preferibile);
 le espressioni di insopportabilità (consistono in pensieri del tipo ‘Non lo sopporto’ e
rappresentano forme di esagerazione per cui una caratteristica di un’altra persona viene
ingigantita e determina un atteggiamento di rabbia o esitamento);
 le valutazioni globali su se stessi e gi altri (si fanno quando si giudica una persona nella sua
globalità partendo da uno o pochi comportamenti osservati, come quando ad esempio si
definisce una persona ‘stupida’ solo perché ha fatto un gesto stupido, etichettandola come
tale; questi pensieri riferiti agli altri creano atteggiamenti di rifiuto e ostilità, mentre rivolti
verso se stessi determinano disistima e sconforto);
 i pensieri catastrofizzanti (consistono nel considerare il verificarsi di un evento come
qualcosa di ‘terribile’ e anticipano in maniera esageratamente negativa eventi futuri
provocando reazioni di ansia, quando in realtà sarebbero solo situazioni spiacevoli o
fastidiose);
 l’indispensabilità o i bisogni assoluti (come le doverizzazioni, attribuiscono un’eccezione di
assolutezza a degli eventi che sarebbero solo preferibili, con il rischio di generare ansia,
depressione e ostilità).

Di Pietro dimostra così che il pensiero irrazionale tende a provocare reazioni emotive estreme,
che ostacolano il raggiungimento del proprio obiettivo, e il modo più efficace per liberarsene è
quello di ‘attaccarli’ mettendoli in discussione, cosa che spesso si fa in maniera naturale e
inconsapevole. Per assicurarsi l’efficacia della messa in discussione vengono proposti tre
accorgimenti:

1. ricordarsi di attaccare i pensieri e non le emozioni, in modo da trasformare


l’emozione attraverso la trasformazione dei pensieri, senza però reprimere
l’emozione;
2. utilizzare argomenti realistici al posto di false risposte consolatorie;
3. utilizzare strategie per affrontare tutti gli elementi irrazionali presenti in un pensiero.

Secondo Ellis gli individui hanno una predisposizione innata a commettere errori cognitivi e di
pensiero, mentre per altri autori la società, le influenze culturali e il modello di istruzione plasmano
il nostro modo di pensare in maniera irrazionale.
A questo proposito Di Pietro ha sottolineato degli stili educativi che possono risultare disfunzionali,
proprio perché faciliterebbero l’acquisizione di pensieri irrazionali:
 lo stile iperansioso, che si sviluppa per esempio nell’ambito familiare, dove si sottopone il
bambino a continue attenzioni e preoccupazioni riguardanti la sua sicurezza fisica,
utilizzando spesso frasi del tipo ‘Non correre, potresti farti male’. ‘Non accarezzare il cane,
potrebbe morderti’, che trasmettono e radicano nel bambino l’idea che i pericoli sono
ovunque, producendo ripercussioni negative e provocando stati di ansia traducendosi in uno
stile di questo tipo da adulti;
 lo stile iperprotettivo: si differenzia dal precedente per un eccessiva attenzione alla sfera
emotiva del bambino, dove i genitori cercano di evitare frustrazioni al bambino,
impedendogli così di imparare a tollerarla e determinando spesso la tendenza ad eccessi di
egocentrismo e una conseguente insicurezza dovuta ad una mancanza di esperienza e
adattabilità alle diverse situazioni;
 lo stile ipercritico: caratterizzato dalla tendenza ad evidenziare e ingigantire i difetti e gli
errori commessi dal bambino. Da parte dei genitori vi è una sorta di severità per quanto
riguarda gli sbagli commessi e non viene bilanciata da un altrettanto riconoscimento
gratificante quando si comporta in maniera adeguata. Questi comportamenti generano paure
eccessive, provocano un abbassamento dell’ autostima del bambino e conseguenti
comportamenti di isolamento sociale e di evitamento.
 Lo stile perfezionistico: è tipico nei bambini con genitori che ritengono sbagliato tutto
quello che non è perfetto al cento per cento ed esigono dai figli prestazioni elevate senza
tenere conto della difficoltà delle prove. Questo atteggiamento si basa sulla convinzione che
bisogna riuscire bene in tutte le cose se si vuole avere successo e crea nel bambino un
atteggiamento perfezionistico. Quando i genitori di questo tipo rimproverano o gratificano il
bambino senza aver stabilito delle regole chiare in precedenza, seguendo a volte il proprio
umore, ostacolano la creazione di punti di riferimento stabili nel bambino che avrà notevoli
difficoltà in futuro nel riconoscere se un comportamento è appropriato oppure no.

Di Pietro presenta un caso per esplicitare il modello A-B-C di Ellis in cui il protagonista è un
bambino che ha difficoltà nel rapporto con i compagni, per cui fa loro dispetti quando non si sente
preso in considerazione. Questo atteggiamento viene identificato come la reazione emotivo-
comportamentale del bambino e l’indifferenza dei compagni come l’evento attivante.
Il primo pensiero irrazionale del bambino consiste nell’aspettarsi che gli altri bambini siano sempre
disponibili a scherzare con lui, di conseguenza il pensare che se così non è significa che chi non
scherza ce l’ha con lui determinando il secondo pensiero irrazionale, e cioè che essere rifiutati è una
cosa tremenda.
Secondo la RET le nostre reazioni emotive sono causate soprattutto dal nostro modo di pensare, per
cui cambiando il nostro modo di pensare riusciremo anche a cambiare il modo in cui ci sentiamo.
Partendo da questo presupposto è importante nel caso appena citato far capire al bambino che non
sempre gli altri bambini sono disponibili a scherzare con noi e che non significa che per questo
siano arrabbiati con noi e che se anche può sembrare spiacevole è una cosa da prendere in
considerazione, ma non definitiva, per cui assumendo questo nuovo modo di pensare, la condizione
emotiva e il comportamento del bambino possono subire un notevole cambiamento.

Fonti:

E.R.E. http://www.educazione-emotiva.eu/index.php
Di Pietro M. (1992), L’educazione razionale-emotiva. Per la prevenzione e il superamento del
disagio psicologico dei bambini, Erickson, Trento
Ellis A. (1989), Ragione ed emozioni in psicoterapia, Astrolabio, Roma

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