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Non esistono domande specifiche per valutare il pattern affettivo di una persona ma è un area
facilmente valutabile perché assumiamo che gli affetti sono contagiosi per cui, attraverso
un'attenta analisi di Trasfert e Controtransfert, sarà importante notare le nostre Reazioni
Emotive alla persona che abbiamo di fronte, infatti spesso la valutazione del proprio affetto
consente al terapeuta importanti inferenze diagnostiche (ad es. utile anche per capire se la
persona sa di quei sentimenti che però tiene difensivamente lontani oppure se non è capace di
rappresentare le proprie esperienze interne, nel primo caso si avvertirà irritazione e impazienza,
nel secondo caso confusione, per cui nel primo caso il terapeuta prova un affetto che preme per
la scarica, nel secondo invece prova una sensazione diffusa che non ha nome) È più raro che l
affetto emerga dalle parole della persona e quindi fondamentali sono le comunicazioni non
verbali. Una distinzione importante in questo senso è tra (Racker, 1968): - Controtransfert
Concordante (provo quello che il paziente provava da bambino); - Controtransfert
Complementare (provo quello che provava il caregiver del paziente). Va però ricordato che,
anche se l universalità dei nostri affetti centrali ci permette di risuonare con una gran parte di
affetti, noi tutti abbiamo dei limiti, per cui c è sempre la possibilità di fraintendere qualcosa
semplicemente perché è fuori dalla nostra esperienza soggettiva. Vi sono alcune Psicopatologie
caratterizzate principalmente dall'anormalità degli Affetti e tra questo possiamo notare: -
depressioni e manie; - angoscia e disturbo di panico; - fobie; - disturbi schizofrenici ed
ossessivo-compulsivi. Nonostante la psicofarmacologia abbia fatto passi da gigante nel settore
del disturbo degli affetti, rimane fondamentale una psicoterapia che svolga alcune importanti
Funzioni: - motivazione dei pazienti a prendere le terapie; - padroneggiare in modo migliore la
propria vita; - parlare dei sentimenti relativi alla necessità di prendere pillole; - parlare della loro
sofferenza. Va infine ricordato che, se è stato dimostrato che la chimica del cervello influenza
l'esperienza emotiva, è vero anche il contrario. Vi sono alcune Domande Centrali per la
Valutazione degli Affetti: - Il Paziente Riesce a Distinguere gli Affetti dalle Azioni?: bisogna
lavorare diversamente con i pazienti che riescono a separare gli affetti dalle azioni e con quelli
che invece non ci riescono, in quanto quest'ultimi devono comprendere che l espressione
fantastica di sentimenti forti può essere un sostituto del comportamento (liberando l'affetto
senza conseguenze pratiche gravi); - Il Paziente può Rappresentare la Propria Esperienza
Emotiva in Parole?: i pazienti Alessitimici (non in grado di comunicare gli affetti) tendono ad
agire i propri sentimenti ammalandosi, in quanto privi di etichette simboliche interiori.
Inizialmente è quindi utile soffermarsi non sui sentimenti che generano quel malessere, in
quanto sono sconosciuti, e focalizzarsi sui sentimenti che invece genera quella specifica
malattia per far sentire il paziente legittimato nella sua sofferenza, ponendo comunque un focus
sul tema affettivo a cui magari il paziente può non essere abituato; - In che Modo il Paziente
Usa gli Affetti a Scopo Difensivo?: alcuni affetti possono difendere il paziente da altri elementi
affettivi inconsci e di cui non si ha la gestione. E' utile valutarli attentamente (non secondo il
proprio modello ma secondo quello del paziente) in quanto hanno molta rilevanza nel
trattamento (ad es. i soggetti abusanti non hanno problemi nella gestione della rabbia ma la loro
violenza è usata come difesa da sentimenti di abbandono, vergogna, umiliazione e colpa); - La
Sofferenza del Paziente è più Legata alla Colpa o alla Vergogna?: Tutti provano entrambi questi
sentimenti, ma differiscono per il prevalere dell uno o dell altro nella personalità. Per di più
qualsiasi problema particolare può essere un indicatore tanto di colpa che di vergogna. La
Colpa implica il senso di un potere malevolo, un sentimento di profonda distruttività e malvagità
personale. La Vergogna implica un senso di vulnerabilità
impotente, il rischio cronico di essere esposti alle critiche e al disprezzo altrui. Le loro differenze
qualitative implicano una diversità sostanziale tra gli interventi efficaci per i sensi di colpa e
quelli efficaci per la vergogna (ad es. perfezionismo patologico caratterizzato da colpa o da
vergogna). Nelle storie di vita di molti pazienti i Caregiver possono aver: - trascurato i loro
sentimenti; - nominato i sentimenti per sottolineare la loro negatività (stai male solo per te
stesso); - punito per i loro sentimenti (ora ti do un buon motivo per piangere); - fatto attribuzioni
non adeguate rispetto ai sentimenti (non se geloso ma la ami). L'Interesse del Terapeuta per
l'area Affettiva ha quindi alcune funzioni: - Trascuratezza compensata con la disponibilità ad
accogliere l'effettività; - Nominare gli affetti senza giudicarli limita la negatività; - Incoraggiare i
sentimenti in un logo protetto mitiga la punizione; - Nominare in modo adeguato gli affetti mitiga
le attribuzioni inadeguate (questo è il punto più difficile, non è facile essere accurati perché le
nostre esperienze individuali pongono limiti alla nostra empatia). Tutto questo è necessario
perché l accuratezza nell etichettamento delle emozioni favorisce la Maturazione Affettiva e
Sociale. Infatti i nostri pazienti spesso sono molto indietro in questo processo perché i cargiver
non li hanno aiutati in tal senso. Il terapeuta favorisce, nominando gli affetti, lo sviluppo nel
paziente di un senso di padronanza su certi arousal diversi e complessi. Bisogna ad ogni modo
saper distinguere quando nominando gli affetti si sta facendo una scoperta di sentimenti che già
esistevano e venivano tenuti lontani dalla coscienza o se la tale risposta emotiva manca
proprio. In questo secondo caso si può orientare la persona in modo diverso rispetto la propria
esperienza. Ecco perché, anche se si sono convinti di non influenzare pedagogicamente la vita
delle persone, gli analisti svolgono soprattutto attraverso gli affetti proprio questa funzione, che
permette agli affetti di divenire Fattori Motivanti. Esempio di queste considerazioni è il Lutto,
elemento che permea tutto l'esperienza di analisi basata sulla necessità che il paziente accetti
che i problemi non sono una sua colpa, ma che solo lui (e non l'oggetto buono onnipotente
rappresentato dal terapeuta) può farci qualcosa (Stark, 1994). VII - VALUTARE LE
IDENTIFICAZIONI Conoscere le Identificazione e le Controidentificazioni dei pazienti è
fondamentale per orientare il trattamento in quanto non esiste un comportamento ed un
atteggiamento che non sia influenzato da identificazioni o da controidentificazioni e la natura di
queste ultime può variare ampiamente, per cui per ottenere un effetto terapeutico ottimale i
clinici devono conoscere i significati identificatori degli atteggiamenti e dei comportamenti dei
loro pazienti. Per operare tale Valutazione è necessario: - in un primo colloquio si chiedere
informazioni sui genitori del paziente o sui cargiver primari (ad es. sono vivi?, se no da quando
sono morti?, se vivi quanti anni hanno?, che lavoro fanno?, che personalità hanno?, che genitori
sono?); - si può chiedere a chi il paziente somigli e da che punto di vista; - chiedere anche quali
influenze significative ha avuto durante lo sviluppo. Visto che a volte le persone sono del tutto
inconsapevoli della loro somiglianza con un oggetto d amore, in un colloquio clinico è utile
Valutare il Tono Globale del Transfert (a volte le sue manifestazioni sono sottili, altre volte più
sorprendenti e crude). Freud ha descritto due tipi di Processi Identificatori: - Identificazione
Anaclitica: coinvolge un oggetto d amore precoce e non conflittuale; - Identificazione con l
Aggressore: si verifica in situazioni dolorose o traumatiche e opera come difesa contro la paura
e il senso di impotenza. Essa è più automatica e meno volontaria. L identificazione con il
genitore dello stesso sesso per mezzo del quale si conclude la fase edipica è
fondamentalmente un identificazione con l aggressore, sebbene l aggressività non appartenga
al genitore ma sia la conseguenza delle proiezioni del bambino. Alcune identificazioni sembrano
un modo di inghiottire per intero la persona presa dentro di sé. In altri casi l identificazione
colpisce per il carattere più sfumato e soggettivamente più volontario in
quanto la persona assume alcune caratteristiche dell oggetto ma ne rifiuta altre. Shafer (1968)
ha descritto il progredire dei bambini da un tipo di assimilazione globale attraverso stadi di
riflessione e discriminazione via via maggiore, fino a un processo maturo di identificazione nel
quale l oggetto è concepito come altro complesso e differenziato, delle cui qualità il bambino si
appropria in modo selettivo e volontario. Il processo di identificazione sembra uniforme nelle
varie famiglie e diverse culture, il contenuto varia invece significativamente e può essere sia
benigno, sia profondamente problematico. Da un punto di vista intersoggettivo il Processo
Identificatorio è Bidirezionale: il bambino assume le caratteristiche di sua madre, questa cambia
il suo comportamento per adattarsi al suo particolare bambino, e quest ultimo reinteriorizza la
madre che ha modificato il suo comportamento e così via. Questa danza intersoggettiva ci fa
capire come non sia possibile pensare che un oggetto interiorizzato sia l equivalente di una
persona vivente. Quindi una parte importante di qualsiasi formulazione diagnostica è la
valutazione di quanto i processi identificatori del cliente siano primitivi o maturi. In linea
generale, descrizioni degli altri globali e olistiche che sottolineano la loro completa bontà o
irrimediabile cattiveria sono caratteristiche degli individui borderline o psicotici, mentre gli
individui nevrotici e quelli sani forniscono resoconti equilibrati e multidimensionali delle altre
persone. Informazioni di questo tipo sono importanti poiché consentono ai terapeuti di scegliere
se condurre una terapia di tipo espressivo, supportivo o teso alla conoscenza. Le Implicazioni
Cliniche della Comprensione delle Identificazioni sono: - i dati sulle interiorizzazioni segnalano
come si possa entrare in contatto con il paziente e come mostrare la propria differenza con gli
oggetti patogeni interni (ad es. al paziente con oggetti interni centrati su se stessi serve un
terapeuta con sensibilità altruistica); - i dati forniscono anticipazioni su quali manifestazioni di
transfert appariranno con ogni probabilità durante il trattamento; - comprendere ogni carattere
che vive nella mente di un paziente aiuta ad escogitare strategie utili di aiuto al paziente e per
avere una posizione di influenza; - capire le presenze primitive e unidimensionali nel paziente
perché l apprezzamento della complessità e delle contraddizioni presenti in se stessi e negli altri
è aspetti centrale della maturità psichica. Per questo bisogna aiutare il paziente a
complessificare queste descrizioni per giungere all accettazione della complessità (sottolineare
anche il positivo di oggetti odiati e viceversa il negativo di oggetti eccessivamente idealizzati).
Le Controidentificazioni (pazienti determinati a essere l esatto opposto di un genitore distruttivo)
sono fenomeni comuni nella pratica clinica. Uno dei problemi è però che esse tendono a essere
totali e intransigenti. Ci sono quindi pazienti che non possono prendere in considerazione l idea
di modificare il proprio comportamento in una direzione positiva perché l oggetto con cui sono
controidentificati agiva a volte in quel modo. In questi casi possono essere necessarie due
diverse strategie: - un osservazione relativamente gentile può liberare un paziente dall
atteggiamento automatico di una controidentificazione; - fare interpretazioni più penetranti per
rendere il paziente conscio della controidentificazione. Spesso,comunque, non è possibile fare
progressi fino a quando queste azioni non appaiono nel transfert. E' altresì possibile trarre
vantaggio da una controidentificazione per aiutare una persona a cambiare in una direzione
desiderata. Nel caso di pazienti appartenenti a Culture Razze ed Etnie Diverse è importante che
il terapeuta raccolga tutte le informazioni disponibili utili per poter lavorare insieme e che, se
non ha familiarità con le implicazioni psicologiche dell appartenenza a un particolare
background etnico, razziale, o culturale, deve semplicemente fare domande al paziente per
essere istruito sui valori e gli assunti del suo gruppo di appartenenza (questo tra l'altro è molto
gradito dai pazienti sia per il senso d'interesse che sentono da parte del terapeuta, sia perché li
posiziona in un ruolo di "esperti" rispetto ai curanti). Quindi quando tra un terapeuta e un
paziente che hanno un background differente ci sono dei
fraintendimenti, il primo non deve saltare immediatamente alle conclusioni, ma deve invitare il
paziente a parlare delle sue esperienze, delle sue aspettative e dei suoi assunti. Un area in cui
è necessario stare molto attenti è quella dei casi in cui i pazienti portano un regalino al
terapeuta (per regola esso deve essere sempre rifiutato) in quanto culture differiscono nelle
funzioni e i significati che attribuiscono ai regali e rispetto ai modi in cui è corretto riceverli.
Esistono casi specifici in cui rifiutare un regalo fatto da una persona che si identifica fortemente
con uno dei suoi caregiver, e appartiene a una subcultura in cui fare regali è una pratica attesa
(sia nei rapporti personali che professionali) significa favorire una crisi terapeutica. Quindi i
terapeuti che lavorano con persone di etnia, religione, razza, classe, cultura e orientamento
sessuale molto diverso dal loro hanno del lavoro extra da svolgere per capire tanto le
identificazioni quanto i loro pregiudizi e gli assunti silenziosi che guidano il loro comportamento.
VIII - VALUTARE I PATTERN RELAZIONALI Il concetto di Pattern Relazionali concerne il modo
in cui si esprimono i rapporti della persona con i suoi principali oggetti d amore. Spesso non è
necessario fare domande in merito perché i problemi interpersonali ricorrenti sono spesso tra le
principali ragioni per cui si richiede la terapia, ma se il problema è un disturbo non direttamente
connesso al tema interpersonale allora il terapeuta deve inferire i conflitti relazionali centrali dai
dati del transfert e dalle informazioni storiche che il paziente offre, e possono rivelarsi utili a
volte anche delle domande (ad es. come descriverebbe le sue relazioni importanti?). L'interesse
dei ricercatori per questo tema ha permesso di individuare dei Temi Relazionali (o relazioni
oggettuali interiorizzate) ripetitivi e costanti nei soggetti, siano essi adattivi o no. All'interno del
Transfert i Pattern Relazionali devono essere indagati seguendo due direzioni: - descrizione del
pattern che viene messo in atto; - origini, significati, motivazioni e rinforzi ricevuti dalla persona
per lo specifico pattern. La tendenza del paziente ad affrontare in un certo modo i rapporti è
visibile già nel primo colloquio e dovrà essere considerata come uno dei fattori della
formulazione completa di un caso. Anche qui, oltre le informazioni fornite dal cliente, bisogna
che il terapeuta utilizzi la propria soggettività per comprendere il probabile significato della
forma relazionale che il paziente sta mettendo in atto. Si da infatti molta importanza nel training
alla analisi personale del terapeuta proprio per rendere il terapeuta consapevole dei propri
pattern in modo da distinguere tra quello che il paziente sta inducendo (bisogna sempre
ricordarsi che il Transfert è co-costruito, come definito da Orange) e ciò che è proprio. Infatti il
fatto che in presenza di qualcuno di provi qualcosa non significa necessariamente che il
paziente sta mettendo in noi quei sentimenti (ad es. sessualizzazione nelle relazioni
terapeuta-paziente), ma non si può neanche pensare che tutto ciò che avviene in noi sia
esclusivamente frutto delle nostre spinte emotive. Sapere che il terapeuta con la sua
soggettività può dire molte cose del proprio paziente, non esclude che il terapeuta deve restare
aperto a molte possibilità esplicative. Nonostante nella psicoanalisi tutto il processo sia basato
sullo sviluppo di una Nevrosi di Transfert, la quale incoraggia l'emergere di pattern relazionali
problematici in tutta la loro intensità emotiva e con tutti i loro dettagli, vi sono pazienti che
necessitano di diversi trattamenti, in cui il problema dei pattern è più difficile da far emergere
(ammesso che non sia manifesto). Elemento fondamentale, messo in luce negli ultimi anni dalla
Psicologia del Sé e dagli Intersoggettivisti (Kohut, 1977; Ornstein, 1985; Wolf, 1988) con la loro
concezione di Deficit, è l'assenza di Alcuni Pattern nel Paziente. Bisogna in questo senso
ricordare che quello che è mancato nell infanzia spesso è importante tanto quanto quello che è
stato presente (ad es. non focalizzarsi solo sugli errori delle madri ma anche sulle mancanze
date dai padri assenti). Si richiede allora al terapeuta un salto empatico nelle aree di vuoto e di
mancanza che il paziente per definizione non può verbalizzare (in quanto non conosce) e, una
volta individuati, bisogna cercare di capire come poter reintrodurre ciò che è mancato nel
trattamento in modo emotivamente saliente così che il paziente possa elaborare il lutto relativo
a ciò che non ha avuto acquisendo inoltre capacità che prima non poteva nemmeno
immaginare.
È importante stabilirlo perché quest aspetto costituisce uno degli aspetti terapeutici della
relazione che si instaurerà successivamente. Non sempre tutto è discernibile nel transfert,
specialmente in un primo colloquio. La raccolta di una buona Anamnesi quindi, sulla storia della
famiglia, della vita sociale, sessuale e lavorativa, può illuminare i temi che diventeranno centrali
per il trattamento. Temi che suggeriranno quello che alla fine sarà terapeutico per un certo
paziente, e che hanno bisogno di essere compresi immediatamente per consolidare l'alleanza
terapeutica che farà tornare il paziente ad ogni nuova seduta. E' particolarmente importante
ottenere anche una descrizione di eventuali altre terapie che il paziente ha seguito, soprattutto
se non hanno avuto un esito positivo, per due motivi principali: - evitare alcuni degli errori fatti
dai professionisti precedenti e un - predire al cliente il fatto che lo stesso pattern può facilmente
presentarsi anche nella nuova terapia e premunirci contro esso. Questa comunicazione salva
sia il paziente che il terapeuta da pretese irrealistiche, e trasmette il messaggio per cui, quando
le persone sono deluse, possono tirare fuori da quella esperienza qualcosa di diverso dalla
disperazione. I Pattern Sessuali, in quanto contengono temi relazionari in forma condensata e
affettivamente molto carica, danno molte informazioni circa gli aspetti (problematici e non)
relazionali del paziente. Bisogna fare un'ultima distinzione rispetto alle Terapia a Breve o a
Lungo Termine: - Terapie a Lungo Termine: ci si può aspettare che i temi relazionali
emergeranno spontaneamente nel corso del tempo; - Terapie a Breve Termine: la capacità del
professionista di focalizzare la propria attenzione sul pattern relazionale conflittuale più
importante è cruciale per fare un buon uso del tempo limitato che si ha a disposizione. Una
delle motivazioni al cambiamento attiva nelle terapie a lungo termine è quindi il fatto che il
paziente alla fine diventa consapevole, dispiaciuto e anche un po annoiato dal sentire che
descrive sempre le stesse interazioni. Dopo un po diventa più facile provare qualcosa di nuovo
che tornare dal terapeuta e confessare di aver nuovamente messo in atto lo stesso vecchio
pattern. Nelle terapie a breve termine questo beneficio motivazionale può verificarsi solo se il
terapeuta ha identificato correttamente un pattern, lo ha nominato e ha creato un ambiente
sicuro in cui può essere discusso più e più volte. Così, prima si riesce a cogliere e mettere in
parole una dinamica relazionale, più velocemente si può aiutare una persona a sostituirla con
un modo più sano di relazionarsi con gli altri. IX - VALUTARE L'AUTOSTIMA L'Autostima (o
Narcisismo) è un elemento fondamentale nella psicoterapia in quanto permette di spiegare una
serie di comportamenti (positivi o negativi) che i soggetti hanno, relazionandoli con il loro
bisogno di autoriconoscimento e coerenza con le loro credenze. Essa può essere desunta con
domande che valutano il livello proiettivo (ad es. "cosa ammira nelle persona?) o direttamente
(ad es. quali sono le cose che la rendono soddisfatta/insoddisfatta di sé?). Importante è non
avere un atteggiamento che premia e loda azioni banali, in quanto questo è visto come un
inganno (evitare quindi da dare feedback solo positivi). Il punto in cui la Teoria Psicoanalitica
Classica incontra il problema dell Autostima è nel concetto di Super-Io, in cui essa è intesa
come rappresentazione che ciascuno ha di se, rappresentazione che viene connessa al
funzionamento dell ideale dell io che inizialmente sarà l unico a porsi di fronte all io e in seguito
si configurerà come super-io che contempla dentro di sé l ideale dell Io (l Io è la proiezione della
superficie corporea mentre l Ideale dell Io è l idealizzazione di questa rappresentazione). Alla
fine della fase della fase edipica il bambino risolve i suoi desideri sessuali e aggressivi
problematici identificandosi con il genitore con cui si sente maggiormente in competizione.
Questo significa interiorizzare il sistema di valori di quella persona e far dipendere la propria
autostima da un comportamento conforme agli standard stabiliti dai propri genitori. Ci sono
pazienti, ad esempio i borderline, che mancano di un senso morale integrato, e oscillano tra
sentimenti completamente buoni o completamente cattivi. Si presume che questi pazienti si
comportamenti così a causa della combinazione del loro temperamento con un insieme di
esperienze infantili fatte con caregiver che hanno reso la problematica la risoluzione della fase
edipica per mezzo dell identificazione (gli oggetti d amore devono essere infatti sufficientemente
idealizzabili). Le influenze della Psicoterapia Esistenziale, Umanistica, del Sé e
Intersoggettivista (Rogers, Maslow, Frankl e May), combinate con il lavoro di Kohut (1971) sul
Narcisismo e con le ricerche empiriche contemporanee sull infanzia, hanno dato vita a un
movimento teso a ridefinire la teoria evolutiva freudiana e la tecnica clinica in modo che
rispettino il ruolo centrale attribuito al Sé. Il senso della propria identità personale, i mezzi
utilizzati per confermarla, la capacità di acquisire un senso di coesione del sé, e le strategie
utilizzate per mantenere e ristabilire la propria autostima sono diventate le categorie analitiche
dominanti. I sintomi e le sindromi sono state ripensate cercando di chiarire non come facilitino il
padroneggiamento dell angoscia, ma come sostengano i sentimenti critici di continuità e valore
del Sé. In questo senso anche la tecnica psicoanalitica ha subito revisioni. Gli intersoggettivisti
e gli psicologi del Sé hanno dato più importanza alla soggettività e alla sintonizzazione empatica
che all oggettività interpretativa del terapeuta. Quindi se il terapeuta non è sensibile alle
richieste narcisistiche del paziente, o questo abbandonerà la terapia, o comunque l alleanza
terapeutica sarà continuamente compromessa. Di conseguenza attività del terapeuta come
accettare piccoli doni e offrire sostegno e lodi, grazie alle formulazioni di Kohut, sono diventate
non parametri o deviazioni dalla tecnica, ma espressioni importanti del rispetto e della
comprensione e preserva l autostima del paziente. Le Implicazioni Cliniche della Valutazione
dell'autostima riguardano principalmente alcuni settori: - capire se il sistema di valori è
abbastanza simile al nostro o se almeno è comprensibile; - preservare nel paziente un livello di
autostima sufficiente a proseguire il trattamento; - aiutare il paziente a cambiare le basi della
sua autostima. Questi elementi creano Problematiche Specifiche: - I requisiti dell autostima di
questa persona mi consentono di lavorare con lei in modo efficace?: è importante capire se il
sistema di valori di una persona è abbastanza simile al nostro, in quanto lavorare con una
persona il cui narcisismo è basato su assunti radicalmente diversi dai propri è molto
problematico. Il terapeuta rischia di non essere empatico con un paziente che sente troppo
diverso da sé e la stessa capacità del paziente di identificarsi e fare un uso terapeutico del
clinico è compromessa perché ci sono disparità significative tra le richieste dell autostima del
terapeuta e quella del paziente. Una regola di vecchia data (ancora attuale) è quella per cui un
buon terapeuta deve fare un analisi personale che gli consenta di entrare in contatto con gli
aspetti nascosti della propria personalità e della struttura della propria autostima, con il
vantaggio che il range di pazienti che è possibile aiutare aumenta ogni volta che raggiunge un
nuovo insight; - Come posso dare ai miei pazienti informazioni utili senza ferire la loro
autostima?: è necessario trovare il modo di intervenire preservando l autostima del paziente.
Ogni interpretazione psicoterapeutica è una Ferita Narcisistica e il lavoro del terapeuta è far sì
che questa ferita sia minima. La tecnica analitica classica implica che, ogni volta che sia
possibile, dovrebbe essere il paziente a raggiungere autonomamente gli insight, che derivano
dalle sue libere associazioni, dai suoi sogni e dalle sue reazioni di transfert, e l attività dell
analista dovrebbe essere limitata al superamento delle resistenze che tengono lontane dalla
coscienza alcune conoscenze relative a se stessi. Con questa tecnica l aumento del narcisismo
che si verifica ogni volta che il paziente raggiunge da solo una nuova comprensione che lo
riguarda compensa la ferita narcisistica connessa al riconoscimento del fatto che queste cose
prima non le sapeva. Gli psicologi del sé si spingono anche più avanti nella protezione dell
autostima del paziente, sottolineando la natura bi-personale di ogni interazione e affermano che
quando l analista riconosce di partecipare e contribuire a quello che succede tra lui e il paziente
e si sente responsabile per il contributo che egli stesso porta agli stati emotivi problematici che
si presentano in terapia, il paziente si vergogna di meno per quello che accade e la sua
autostima sarà preservata. Quindi un modo per comunicare idee potenzialmente dolorose a una
persona con vulnerabilità
narcisistica è fare interventi che non facciano sentire il paziente solo criticato, ma anche
accettato e ammirato nelle componenti importanti per la sua autostima (questi commenti
devono però essere genuini, altrimenti vengono presi come falsi e manipolatori); - Come si può
modificare il pattern disadattivo dell autostima di questa persona?: riguarda il difficile problema
di come aiutare il paziente a modificare il modo di valutare se stessi quando le basi della loro
autostima sono chiaramente irrealistiche e disadattive. Questo perché molto spesso i motivi che
spingono le persone verso la terapia è proprio che non si è riusciti ad abbandonare una certa
fonte di autostima anche se le circostanze della vita l abbiano ormai resa inaccessibile, spesso
infatti sono semplicemente gli accidenti della vita che distruggono le nostre strategie che ci
consentono di provare un positivo rispetto. Questo mostra come sia pericoloso far dipendere la
propria autostima solo da un fattore per questo un obiettivo del lavoro terapeutico è proprio
quello di espandere i criteri di autostima dei propri pazienti, soprattutto se sono rigidi. Non è
però un lavoro semplice, in quanto mettere in discussione gli standard interiori di una persona
significa criticare i suoi oggetti d amore interiori, quelli di cui ha assimilato le idee, la cui
separazione da questi significa un prezzo in senso di alienazione e pericolo. Quindi per
suggerire ad una persona modo diversi di orientarsi bisogna passare innanzitutto per una
comprensione profonda degli sforzi del paziente per orgoglio ed evitare la vergogna servendosi
di metodi ben consolidati (ad es. mi sembra che per lei sia molto importante tenere tutto sotto
controllo), comunicando la propria comprensione ma anche l implicito per cui è possibile stare
bene anche senza tenere tutto sottocontrollo. In questo modo il paziente viene incoraggiato
affinché cominci a considerare alieno rispetto al proprio superio quello che prima era in sintonia
con lo stesso; - Come è possibile aiutarlo a creare una base ragionevole per la sua autostima?:
se i pazienti sono cresciuti senza che si creasse un organizzatore interno che li orienti verso atti
che li rendano orgogliosi di sé legittimamente, dobbiamo aiutarli ad articolare e definire i loro
valori. Inoltre gli analisti hanno notato da decenni che è più facile ammorbidire un superio troppo
rigido che non rafforzarne uno troppo debole; - Come posso orientare l autostima di questa
persona per ridurne la sua eterodistruttività?: è il caso del paziente con patologia narcisistica
grave, del paziente psicopatico e di quello dipendente, che alimentano la loro autostima a
scapito della sofferenza altrui. In questo caso l obiettivo è non solo facilitare l acquisizione del
controllo sui comportamenti problematici, ma anche produrre un cambiamento delle strutture
interne di regolazione dell autostima nel tentativo di ri-orientare quell individuo verso sentimenti
prosociali. Il terapeuta però non deve sentimentalizzare il comportamento pro-sociale e deve
cercare di empatizzare con il cinismo del paziente, mantenendo il focus su questioni concrete,
come la capacità di controllarsi e il rischio di apparire deboli o stupidi. E, naturalmente, l
orgoglio provato dal terapeuta per un comportamento etico alla fine sarà recepito dal paziente,
specialmente se questo atteggiamento rimane imperturbabile al cospetto di comportamenti
opposti messi in atto dal paziente. L Autostima come argomento è importante anche perché
molti Disturbi di Personalità sono descrivibili in base alle fonti di autostima che la persona in
questione ha: - Psicopatico: diviene pieno di sé quando si eccita e sente di aver potere; -
Narcisista: aumenta la propria autostima grazie all ammirazione delle persone; - Schizoide:
aspira a una validità creativa; - Depresso: desidera di essere accettato e avere intimità con gli
altri; - Ossessivo-Compulsivo: cerca il controllo. X - VALUTARE LE CREDENZE PATOGENE
Partendo dalla Teoria di Freud (1911) che sosteneva l'esistenza di un Processo Primario di
Pensiero, quindi l'esistenza di una serie di idee prelogiche, egocentriche e pulsionali a livello
inconscio nell'individuo, le Credenze Patogene, successivamente studiate dall'orientamento
chiamato "Control-Master Theory" (Sampson e Weiss, 1993), sono inconsce e da intendersi
come profezie che si autoavverano (o, nella terminologia psicoanalitica, identificazioni
proiettive). Se una persona è stata
hanno influenza negativa sulla loro vita, possono differenziare la realtà del presente da quella
del passato e quindi vedere se quelle credenze sono ancora pertinenti; - se sanno perché
hanno quella credenza si sentono meno folli ad avere idee illogiche; - i pazienti che
comprendono quanto terrore infantile sia contenuto nelle proprie credenze patogene riusciranno
a tollerare maggiormente l angoscia che dovranno affrontare quando cercheranno di agire sulla
base di assunti diversi. In base alle credenze patogene vi sono alcuni Test per il Terapeuta da
parte del paziente, e che sono solitamente di due tipi (Sampson e Weiss): - Test di Transfert: il
paziente mette alla prova il terapeuta per vedere se si comporterà come l oggetto precoce che
ha gettato le basi delle sue credenze patogene; - Test Connessi alla Trasformazione di
Passività in Attività: il paziente tratta il terapeuta come si è sentito trattato da bambino e lo
osserva con attenzione per vedere come si comporta e se riesce a gestire la situazione senza
ricorrere alle proprie stesse convinzioni per far fronte a quel tipo di trattamento. Bisogna
superare i test ma questo non basta, perché dobbiamo aiutare a mostrare al paziente quali
sono le convinzioni per cui quei test si sono generati, come hanno avuto origine e come ora
operano nel senso opposto. Un terapeuta farà molto, anche in un lavoro a breve termine, se
non si limiterà a sconfermare le credenze del paziente ma commenterà anche il motivo per cui
esistono ed il loro probabile significato infantile. Se ciò non avviene esse rinizieranno ad
esistere dopo il trattamento. Esistono infine casi in cui qualsiasi azioni porterà a far fallire il test.
In questo caso è necessario interpretare verbalmente il problema al paziente che potrà
condividere con noi i dubbi, non subendo frustrazioni eccessive per il suo desiderio (ad es. un
abbraccio chiesto da una paziente borderline significa accettazione ma anche incapacità a
mantenere i limiti da parte del terapeuta. Unica via di uscita è verbalizzare alla paziente il
problema che si pone all'analista). COMMENTI CONCLUSIVI La formulazione di un caso è
molto diversa dalla nosologia. Essa implica che si colga il senso della vita interiore di una
persona e che si avanzi a tentoni nei diversi aspetti del suo mondo privato cercando di capire
cosa significhi vivere nella sua pelle. Bisogna evitare domande dirette proprio perché per
consentire alla psicologia del paziente di avere impatto sulla nostra è necessario tollerare un
certo grado di disorganizzazione ed ambiguità. A tale scopo è importante conservarsi un po di
tempo alla fine del primo colloquio per osservare le proprie reazioni emotive al tale paziente Per
raggiungere un certo grado di empatia è importante comprendere qualsiasi somiglianza
esistente tra noi e il paziente, perché è meglio una identificazione eccessiva (che può essere
corretta e non implica scostanza e umiliazione) che troppo debole. E poi bisogna tenere
presente sempre che due persone con diagnosi simili hanno comunque mondi interni
completamente diversi per cui diversi saranno i trattamenti. Sono infine utili alcuni Consigli: -
non si può conoscere la psicologia di una persona dopo un primo colloquio, anche se dopo un
ora con un paziente ho possibile farsene una idea generale sui punti prima menzionati; - se una
certa tecnica abbiamo appreso e capiamo che con quel paziente non funzionerà dobbiamo
scartarla, in quanto una pratica clinica generalmente utile se usata su una persona sbagliata per
essa genera più danni che benefici; - è importante far parte di gruppi di supervisione e
presentare in essi la formulazione dei casi perché in un setting gruppale è possibile che qualcun
altro noti elementi alla formulazione del caso che il professionista curante può non aver notato; -
bisogna far capire al paziente che la nostra curiosità è maggiormente volta alla sua persona per
intero piuttosto che al nostro bisogno di veder confermate le nostre formulazioni. La capacità di
dire verità anche spiacevoli, le quali diventano poi strumenti terapeutici, è una delle migliori
caratteristiche della psicoanalisi.