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LA STORIA E I METODI
Levoluzione della psicologia clinica
1. Le origini
Chi, dove e quando: Lightner Witmer, direttore del laboratorio di psicologia dellUniversit
di Pennsylvania e fondatore della prima psychological clinic per bambini con problemi di
adattamento(1896).
Che cosa pu essere considerato come punto di partenza: il mutamento radicale della
disciplina accademica della psicologia, essa stessa da poco emancipata dalla filosofia, e
limpulso dato agli psicologi perch entrassero nel mondo dei problemi segn linizio della
psicologia clinica.
1876: Willian James stabilisce ad Harvard una sede della demostration experiments,
che precede addirittura la fondazione del primo laboratorio ufficiale per la ricerca
sperimentale in psicologia, da parte di Wilhelm, a Lipsia nel 1879.
1883: Stanley Hall apre un secondo laboratorio di psicologia alla Johns Hopkins
University.
Nel 1869 hanno inizio in Inghilterra gli studi di Francis Galton ai quali,
indipendentemente dai loro risultati, pu essere ascritto un quadruplice merito: aver
focalizzato lattenzione sullindividuo e sulle differenze fra gli individui; aver introdotto il
concetto di misura quantitativa di queste differenze; aver accreditato limportanza
dellanalisi statistica dei dati psicologici; aver impiegato le misure psicologiche per lo
studio e la classificazione degli individui.
Nel 1890, James McKeen Cattel introduce il termine mental test e nel 1894 sviluppa
una batteria di reattivi che viene utilizzata per valutare le abilit mentali delle matricole
della Columbia University (consulenza ingloriosa).
Pinel: inizia a fare le prime distinzioni tra le varie patologie. Fu il primo a dire che non
tutte le patologie hanno cause organiche. Nascita della relazione con il paziente, scioglie
i pazzi dalle catene. Suggerisce di concentrare lattenzione su la distinzione fra i vari
tipi di alterazione mentale, la storia esatta dei sintomi precursori, il decorso e lesito
dellattacco, se intermittente,laccurata definizione di quelle circostanze che rendono
necessari certi rimedi e di quelle che li rendono invece superflui.
Benjamin Rush: il Pinel americano, pubblica nel 1812 il suo trattato, medical inquiries
and diseases of the mind, che il primo testo americano di psichiatria e che rimane
lunico per i successivi settantanni.
Stati Uniti: continuano ad essere aperti ospedali psichiatrici e nel 1844 nascono
lAmerican Psychiatric Association(APA) e lAmerican Journal of Insanity (attuale
Psychiatry).
In Europa Kraepelin propone un sistema di classificazione delle malattie mentali che
viene utilizzato anche in America.
Fino alla fine del diciottesimo secolo negli asylums la visita del medico era compiuta
una volta allanno e, nelle istituzioni private, addirittura una volta ogni dieci anni veniva
effettuata la visita e veniva prescritto il trattamento.
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Nello stesso anno di Pinet (1792), in Inghilterra, Tuke crea un proprio ricovero nel
quale incomincia ad accogliere pazienti in alternativa agli istituti pubblici. Ricovero che
in alcuni anni si trasforma in un vero e proprio stabilimento per la cura dei malati di
mente famoso con il nome di York Retreat. Qui vengono banditi glinterventi psichiatrici
tradizionali e viene praticata un trattamento(moral treatment) affine a quello di Pinet
Periodo di grande speranza e ottimismo circa i recenti successo nel trattamento dei
pazienti psichiatrici ma questo clima favorevole dura poco pi di 50 anni. Infatti a
partire dalla met del 1800 gli ospedali psichiatrici ritornano ad essere stabilimenti
costruiti in aree remote, spesso sovraffollati, sporchi, inadatti a qualsiasi trattamento
che non sia la semplice repressione delle manifestazioni pi disturbanti della malattia.
Dorothea Dix: per risolvere questa nuova situazione di disagio si pone a capo di un vero
e proprio movimento per lumanizzazione del trattamento ai criminali, ai malati psichici
e ai deboli mentali. Alla fine della sua attivit, che si sviluppa lungo quarantanni fino
allinizio del ventesimo secolo, risultato ricostruiti o rimodernati, su suo suggerimenti,
molti ospedali psichiatrici.
2. Levoluzione della psicologia clinica
a. Dal 1896 agli anni 40
Witmer, il suo lavoro ha per oggetto i problemi educativi e in primo luogo quelli
relativi al ritardo mentale. Healy, antagonista di Witmer entra in rapporto con un
grande numero di agencies e di istituzioni, ci gli permette di inglobare alcuni
importanti contributi che arrivano dallEuropa; mentre Witmer e i suoi collaboratori
continuano a muoversi esclusivamente nellambito scolastico.
1916: Terman pubblica la Stanford Revision della scala Binet Simon e introduce il
concetto di Quoziente di Intelligenza. Il suo lavoro ha successo tanto che per molti
anni, negli Stati Uniti, il compito pi importante assegnato agli psicologi clinici fu la
somministrazione del test Stanford-Binet. Lincremento delluso dei test psicologici
favorito anche dal fatto che, in quegli anni, vengono aperte diverse cliniche nelle
quali unequipe composta da psichiatri, psicologi clinici e assistenti sociali si occupa
della valutazione e del trattamento di bambini adolescenti con anomali del
comportamento, soprattutto di tipo delinquenziale. Labilit nella somministrazione
e nellinterpretazione delle varie versioni delle scale Binet fu considerata per molti
anni come sinonimo di psicologia clinica
Accanto a questo movimento si sviluppa anche il movimento per ligiene mentale
con lo scopo di incrementare la quantit e la qualit dei trattamenti per i pazienti
ospedalizzati, ma soprattutto di stimolare la societ a compiere ogni sforzo per
prevenire lo sviluppo dei disturbi di carattere psichiatrico (Beers 1908).
Allo scoppio della prima guerra mondiale, la psicologia clinica, tra le discipline alle
quali si pu far ricorso per rispondere ai bisogni che questo eccezionale evento
socio-politico sta determinando. Nel 1917, le autorit militari degli Stati Uniti
chiedono quindi aiuto agli psicologi. Il compito che essi devono svolgere mettere a
punto alcuni strumenti efficienti per la valutazione e la classificazione dei soldati.
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Nel 1921 nasce la Psychological Corporation che raccoglie circa duecento psicologi
con lo scopo primario di offrire consulenza al mondo degli affari e allindustria.
1921: Hermann Rorschach ha messo a punto il test proiettivo che porta il suo nome.
1924: viene fondata la American Orthopsychiatric Association, due anni dopo viene
cambiato lo statuto per permettere lammissione anche agli psicologi.
1935: lAPA dichiara la psicologia una scienza applicata.
Anni 40: immigrazione di psicoanalisti europei in America, in seguito al progressivo
espandersi del Nazifascismo nel vecchio continente.
Molti psicologi clinici si preparano a esercitare professionalmente la psicoanalisi,
anche se coloro che non sono laureati in medicina devono scontrarsi per la prima
volta con un problema che rester irrisolto per molti anni: la preferenza accordata
alla formazione medica come prerequisito per effettuare il training psicoanalitico.
b. Il secondo conflitto mondiale e il dopoguerra
Gli psicologi furono spinti dalle necessit dalle necessit di guerra a familiarizzare con
tutte quelle attivit di valutazione, di intervento terapeutico, di consultazione, di
administration che, ancora oggi, costituiscono, a grandi linee, le partizioni della
psicologia clinica. La Veterans Administration apre dei corsi per formare psicologi clinici
e nel 1946 nasce la National Mental Health Act. per supportare la ricerca e
laddestramento in psicologia clinica.
c. Gli anni 50 e 60
Negli anni 50 la psicologia clinica continua nel proprio consolidamento e iniziano una
serie di problematiche, in parte risolte, relative allo stato giuridico del ruolo
professionale dello psicologo.
Gli anni 60 sono caratterizzati dalla nascita e dalla proliferazione, in tutto il mondo
occidentale, dei movimenti per la salute mentale e per la psichiatri di comunit
(alternativa allospedalizzazione).
d. Gli anni 70 e i primi anni 80
Gli anni 70 rappresentano, per la psicologia clinica, il declino del favore accordato alle
tecniche di valutazione e un grande sviluppo di interesse per lattivit psicoterapeutica.
Questa imprevedibile proliferazione dei professionisti della psicoterapia pone il
problema di un pi efficace controllo sulla professione (soprattutto da parte di dai i
rimborsi per i trattamenti). Negli USA il governo, quindi, riduce progressivamente le
sovvenzioni ai programmi per la salute mentale e vengono avvantaggiati i trattamenti
che si ritengono pi rapidi e risolutivi; vivace ritorno di interesse per le terapie
farmacologiche e aumento del potere degli psichiatri di orientamento biologico.
1973: lAmerican Psychiatric Association relega i professionisti della mente non medici
in ruoli subordinati alla supervisione e al controllo di uno psichiatra.
1975: lAmerican Psychiatric Association definisce il trattamento delle malattie mentali
come psicoterapia medica, che deve essere esercitata da un terapeuta con
formazione in medicina psichiatrica.
e. Dalla met degli anni 80 a oggi
A partire da met degli anni 80 si inizia a parlare delle differenze, tra i diversi stati,
della formazione in psicologia. In Italia la legge 18 febbraio 1989 n.56 regolamenta la
professione e istituisce lOrdine degli psicologi. La legge inoltre regolamenta lesercizio
dellattivit psicoterapeutica. Con lavvento delle lauree triennali, nel 2001, nasce,
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Il processo diagnostico
1. Analisi del bisogno: il paziente ha davvero bisogno di uno psicologo o deve andare da
qualche altra figura professionale? Perch i trattamenti precedenti non hanno
funzionato? il giusto tipo di trattamento per quel tipo di disturbo?
2. Funzionamento del paziente: diagnosi funzionale
3. Indicazione: in base al funzionamento del paziente si deve indicare il tipo di
trattamento(psicologico/farmaceutico).
Il processo diagnostico un procedimento a pi step:
Invio o autoinvio
Incontri diagnostici:
Colloqui: colloquio psicologico
Visita psichiatrica: colloquio psichiatrico
Anamnesi: colloquio anamnestico
Psicodiagnosi testistica: colloquio pretest test
Osservazione: osservazione del paziente e della famiglia
Sintesi dei dati: fatta del clinico unendo tutti i dati raccolti
Restituzione della diagnosi e indicazioni/controindicazioni al trattamento e/o
intervento: colloquio di restituzione
Trattamento e/o intervento
Attuazione del trattamento e/o intervento
Conclusione del trattamento e/o intervento
Follow-up
Il modello di raccolta dinformazioni secondo A. S. Horner
1. Attaccamento
2. Coesione del s
3. Relazioni oggettuali: capacit di relazionarsi con gli oggetti (ORT per verificarlo)
4. Differenzazione: capacit del paziente di distinguersi dallaltro e dagli oggetti;
riconoscere con chiarezza la propria identit
5. Falso s: costruzione di unidentit che non corrisponde a quella del paziente, ma
che viene costruita per comodit nelle relazioni
6. S grandioso: narcisista in versione megalomane; il soggetto non tiene conto dei
propri limiti
7. Oggetto idealizzato: facilit ad idealizzare gli oggetti esterni, usano meccanismi
primitivi come la scissione
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8. Super io
9. Complesso di Edipo: capacit del paziente di elaborare la corretta distanza dal
caregiver (colui che da cura) primario, includendo anche il secondario. Essere, poi,
capaci di integrare anche gli oggetti progressivamente pi lontani
10. Funzioni sintetiche
11. Meccanismi di difesa: si dividono in primitivi (negazione, proiezione, diniego,
idealizzazione, svalutazione, scissione, identificazione proiettiva) e maturi; rigidi e
flessibili; pervasivi e adattivi
12. Funzioni autonome
13. Regolazione e controllo delle pulsioni istintuali
14. Rapporto con la realt: capacit di vedere le cose esterno in modo condiviso dagli
altri
15. Processi
di
pensiero:
logico,
consequenziale,
rapporto
causa-effetto,
memoria,eccverificare che non ci siano disturbi del pensiero.
La diagnosi funzionale del paziente
Diagnosi dei punti di forza e debolezza del paziente. importante concentrarsi sui
punti di forza.
Diagnosi del funzionamento del paziente nelle situazioni x. Si deve fare la diagnosi di
tutte le situazioni in cui il paziente diventa persona malata.
Diagnosi del funzionamento del paziente nelle situazioni di aiuto. Verificare come si
presenta il paziente nel momento in cui chiede aiuto, non sempre c alleanza.
Diagnosi degli elementi difensivi che sono di ostacolo allalleanza terapeutica. I pazienti
che hanno avuto una pessima alleanza terapeutica vengono rassicurati con lalleanze
diagnostica perch in questultima non vengono richiesti cambiamenti.
Il modello cognitivo Beutler
Modello di diagnosi funzionale, in quali circostanze succede cosa?: IF/WHEN X THEN
Sistemi diagnostici nosografici-descrittivi
1. Evoluzione storica dei sistemi nosografici-descrittivi
a. Da E. Kraepelin alla fine della prima guerra mondiale
La fine del XIX secolo e linizio del XX sono caratterizzati dalla comparsa del sistema
classificatorio kraepeliano. La classificazione di Kraepelin assume unimportanza
particolare in quanto, da questo momento in poi la malattia mentale entra nella
medicina: Kraepelin crede in una eziologia organica del disturbo, pur sostenendo la
necessit di unattenta analisi del comportamento del paziente in modo da capirne il
quadro clinico. solo attraverso lidentificazione di alcuni sintomi che si perviene alla
diagnosi dei disturbi del soggetto. Questa tipologia di classificazione risulta, per, poco
flessibile e solo parzialmente adeguato alla realt clinica dei pazienti, si avverte,
quindi, la necessit di individuare nuovi approcci. In linea generale i clinici, in questo
periodo, hanno opinioni diametralmente opposte riguardo alla classificazione in
generale e quella di Kraepelin nello specifico. Questo dovuto allevoluzione di scuole
di pensiero diverse, che definiscono in modo differente il disturbo psichico.
b. Dalla prima alla seconda guerra mondiale
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Con la prima guerra mondiale, il lavoro degli psicologi clinici non pi circoscritto
allarea evolutiva e al ritardo mentale, ma si rivolge soprattutto ai pazienti adulti, in
prevalenza reduci. Inizia un lento e progressivo processo di demedicalizzazione del
disturbo psichico che durer fino alla comparsa del movimento dei neo-kraepeliniani
negli anni 70. La messa in discussione del modello organogenetico di disturbo psichico
indice di un importante cambiamento nella concezione dei disturbi, che da
monocausale diventa pluricausale. Quando si ritiene che un disturbo sia multicausato,
ladeguatezza della classificazione e la scelta del modello classificatorio assumono
grande rilevanza, in quanto permettono di ricercare spiegazioni causali e di fare
predizioni in relazione alla prognosi. In questo periodo linteresse per la classificazione
ad appannaggio soprattutto degli psichiatri, che vedono la classificazione come uno
strumento per legittimare lingresso della psichiatria nella medicina ufficiale.
Negli Usa, nel 1933, nasce lo standard classified nomenclature of disease nella
speranza di ovviare allesistenza di troppi sistemi di classificazione ma non riscontra
molti consensi.
In Europa viene presa in considerazione la proposta di ununica nomenclatura delle
cause di decesso applicabile in tutte le nazioni; questa costituir la base per
lICD(International Classification of Diseases).
c. La seconda guerra mondiale e la ricerca di una classificazione
internazionale
Nel 11948 il WHO (Organizzazione Mondiale della Sanit) pubblica lICD-6 che per la
prima volta include la classificazione dei disturbi psichici, anche se lassenza di malattie
quali la demenza, i disturbi delladattamento e i molti disturbi di personalit sar
oggetto di diverse critiche. Il sistema di classificazione dell APA del 1932, costituito
soprattutto per classificare pazienti cronici, risulta inadeguato per molti veterani della
seconda guerra mondiale, affetti da diverse forme di disturbi non contemplati. La
mancanza di una denominazione adeguata diventa il principale ostacolo alla
classificazione, per cui gli organismi pi direttamente impegnati con le nuove patologie
sviluppano nomenclature alternative. Questa impossibilit di classificare i disturbi di
personalit e le reazioni transitorie allo stress, uniti alla mancanza di uniformit
favorisce la creazione, da parte dellAPA, di un nuovo sistema di classificazione che
andr a revisionare lo standard classified nomenclature of disease e ad affiancare
lICD-6: il DSM-I. Il DSM-I nasce nel 1952 e si propone di essere di facile applicazione e
di rispecchiare il pensiero psichiatrico americano contemporaneo. Anche a livello
internazionale si avverte questa necessit e nel 1968, come risultato di un lavoro
commissionato dal WHO, nasce lICD-8. Lo stesso anno, e cercando un criterio di
uniformit con lICD-8, nasce il DSM-II; attraverso questo strumento gli psichiatri
americani fruiscono, per la prima volta nella loro storia, di categorie diagnostiche che
appartengono a una classificazione internazionale delle malattie.
d. La necessit di un paradigma scientifico
Tra il 1950 e il 1970 si registrano cambiamenti importanti: la scoperta di nuovi farmaci,
il rinnovo della legislazione per il trattamento basilare, la nascita di strutture intermedie
e la comparsa di nuove forme di psicoterapia. Questi mutamenti incidono sulla
fisionomia dei sistemi diagnostici e di conseguenza in base al singolo progetto di ricerca
si ricorrer ad un determinato sistema diagnostico. Nel far ci, infine, viene data
unenfasi sempre maggiore alla validit e allattendibilit dei sistemi stessi.
e. I criteri di Feighner e i Research Diagnostic Criteria
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comportamenti, vissuti e relazioni del paziente) entro gli schemi della/e teoria/e, bens
quella di creare le condizioni perch dai fatti emerga la teoria che li spiega nel modo
pi chiaro e utile pragmaticamente.
1. Segni e sintomi
Nellottica di un sistema interpretativo-esplicativo, lattenzione ai sintomi o ai
comportamenti sintomatici necessaria, ma non sufficiente. Come abbiamo detto, la
caratteristica dei sistemi nosografici-descrittivi di essere orientato al sintomo
comportamentale; in un sistema interpretativo-esplicativo questo solo il punto di
partenza, perch la potenza del sistema si esprime proprio nel leggere dietro il
materiale osservativo per costruire uninterpretazione eziologica. Di conseguenza, ci
implica la lettura anche di quei comportamenti del paziente e del suo intorno che
possono non avere valore di sintomo e/o persino non essere presenti, bens
richiedere un processo di inferenza a partire da dati osservativi e relazionale, che
rimandano ad altri dati non pi, o non ancora, evidenti. Possiamo dare a questi dati
che provengono da unosservazione allargata e che non hanno importanza sintomatica
il nome di segni.
2. possibile unintegrazione fra i modelli nosografico-descrittivo e interpretativo-esplicativo?
Per molti anni il DSM stato criticato per la mancanza di assi relativi ai meccanismi di
difesa, al contesto familiare e alle indicazioni al trattamento. Oggi, dopo la
pubblicazione del DSM-IV, che include, come abbiamo visto, la Scala del
Funzionamento Difensivo, la Scala di Valutazione Globale del Funzionamento
Relazionale e la Scala di Valutazione del Funzionamento Sociale e Lavorativo, la
situazione parzialmente cambiata, in quanto, al di l del loro effettivo valore
diagnostico, questi strumenti rappresentano il tentativo i espandere il sistema
multiassiale in direzioni tradizionalmente estranee alla psicopatologia descrittiva. Allo
stato attuale possiamo solo stare a vede se le future edizioni del DSM accoglieranno la
proposta di questi nuovi assi.
3. Verso un sistema interpretativo-esplicativo clinicamente fondato
La costruzione di un sistema interpretativo-esplicativo integrato del comportamento
umano normale e patologico presuppone la possibilit che le teorie biologiche,
psicologiche e sociali del disturbo mentale riconoscano ciascuna la parzialit del proprio
punto di vista e, al tempo stesso, lutilit dei punti di vista diversi dal proprio, in uno
sforzo di collaborazione anzich di concorrenza. Di fronte al disturbo di un paziente,
opportuno che confliggano nella mente del clinico la spiegazione biologica e quella
psicologica, linterpretazione sistemica e quella cognitiva e cos via. Ciascuna di esse
vince o perde o si completa con gli apporti delle altre, man mano che gli elementi
clinici raccolti nel lavoro diagnostico danno sostanza a una diagnosi funzionale del
disturbo del paziente. Nella realt del lavoro quotidiano, il problema che si pone al
clinico, talvolta con drammatica evidenza, la scelta della chiave interpretativa, e
terapeutica, pi utile al paziente. Se diamo per scontata la concorrenza di molti fattori
etiologici, comprendiamo che la maggiori garanzie di intervento corretto si hanno
quando possibile stabilire una gerarchia fra i fattori che inducono il disturbo e
affrontare ciascuno di essi nel modo adeguato. Il conflitto, nella mente del clinico,
durante il lavoro diagnostico, fra le diverse spiegazioni possibili allora il motore del
ragionamento che porta a stabilire una diagnosi e a instaurare una o pi terapie.
PDM
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3.
Che nella psiche si poteva sempre rinvenire una tendenza alla riorganizzazione
delle carenze in chiave di maggior economia per il soggetto, essendo scopo
essenziale della terapia ritrovare e stimolare tale tendenza
Nasce qui lidea di setting, inteso non tanto come insieme di condizioni materiali idonee
alla terapia, quanto come struttura di prerequisiti mentali e metodologici presenti al
terapeuta per poter svolgere la sua attivit in modo controllabile e per poter instaurare
una relazione con il paziente.
2. Interpretazione dei sogni e libere associazioni
Il sogno , per Freud, la via regia verso linconscio; ma la via per arrivare
allinterpretazione del sogno furono le libere associazioni. Esse costituirono la svolta
verso la psicoanalisi in quanto pratica consolidata. Durante il sonno la censura messa
in atto dalla coscienza si affievolisce e cos l'inconscio, coi suoi desideri rimossi, preme
con pi intensit e genera tensioni; il sogno, presentando all'immaginazione come
realizzati i desideri inconsci, rende possibile la liberazione di queste tensioni: in questo
senso, il sogno viene concepito da Freud come l' ' appagamento di un desiderio '. Ma
questa realizzazione si attua in forma allucinatoria, tramite mascheramenti e
deformazioni, effettuate dalla censura della coscienza stessa, che, sebbene affievolita,
pu ancora dire la sua: il fine di queste deformazioni di rendere accettabili alla
coscienza i contenuti rimossi e di permettere quindi il sonno. In ci consiste il lavoro
onirico . Il sogno ha un contenuto manifesto , quale appare al sognatore che racconta il
proprio sogno: esso pu risultare incoerente o anche prendere la forma di una storia
dotata di una certa coerenza, ma il racconto dei propri sogni fatto dai sognatori
sempre un'elaborazione secondaria, ovvero un rimaneggiamento che porta a renderli,
in linea di massima, comprensibili. Il vero significato del sogno non quindi in questo
livello, ma sta nel contenuto latente che stato trasformato dal lavoro del sogno,
dando luogo al contenuto manifesto. Il contenuto latente va allora ricostruito
ripercorrendo all'indietro il lavoro svolto dal sogno: e proprio in questo consiste l'
interpretazione dei sogni, che risale dal sogno come risultato finito agli elementi per i
quali stato composto secondo regole e meccanismi specifici. Il sogno infatti non un
fenomeno arbitrario e casuale, che esula totalmente dalla logica, bens il risultato di
un lavoro dell'inconscio, che lavora secondo una propria logica, diversa da quella della
vita conscia che noi conosciamo. Dobbiamo per dire che il paziente che interpreta,
il terapeuta lo mette solo in condizione di farlo aiutandolo. Il sogno: 1. Resti diurni
provenienti dal giorno stesso o da giorni precedenti 2. Tracce mnestiche arcaiche: i
resti diurni richiamano vecchi ricordi e memorie (belli o brtutti) che si trovano
nellinconscio 3. La censura che provoca la trasformazione 4. Libere associazioni.
Va sottolineata loriginalit freudiana nel saper collegale la teoria dellisteria e la teoria
del sogno. Il ponte tra questi due ambiti dato dalla visione che Freud ha della
memoria e dei processi-decorsi associativi. Freud vedeva la memoria come un
complesso di sistemi mnestici, paragonabili ad archivi ordinati secondo criteri diversi,
cronologici, associativi, di accessibilit alla coscienza. Uno stesso elemento psichico
pu comparire in diversi sistemi e variamente associarsi ad altri; ma il legame
associativo che cos si crea di carattere emotivo/affettivo ed questa novit della
teoria associazionista freudiana.
Di conseguenza si pu pensare che nella terapia i decorsi associativi, se lasciati liberi,
conducano automaticamente ai complessi inconsci che tormentano il paziente. Freud le
chiama libere associazioni a motivo della prescrizione, data al paziente, di lasciare
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i.
ii.
iii.
iv.
v.
valori) e segue le logiche del "processo secondario", che tramite processi logici e
razionali permette un corretto adattamento alla realt esterna.
b. La seconda topica: Il modello strutturale: Es, Io e Super-Io
Con "L'Io e l'Es" (1923) Freud present il cosiddetto modello strutturale della mente.
Quest'ultima venne divisa in tre istanze con funzionalit diverse: l'Es, l'Io e il Super-Io.
L'Es una struttura totalmente inconscia, sede delle pulsioni sessuali e aggressive, e
grossomodo prende il posto dell'inconscio nel modello topografico. Il suo scopo
principale quello di soddisfare i bisogni sessuali e aggressivi innati, cio le pulsioni.
Il Super-Io una struttura quasi del tutto inconscia, rappresentante psichica delle
figure genitoriali. Tale rappresentazione non corrisponde al genitore reale, ma ad una
sua immagine interiorizzata pi severa ed autoritaria. Il Super-Io avr quindi il compito
di impedire che l'Es soddisfi liberamente le proprie pulsioni, utilizzando allo scopo il
senso di colpa, un meccanismo generante angoscia.
L'Io, in larga parte inconscio, ci che pi si avvicina alla concezione di S. la
struttura organizzatrice della personalit e il suo compito principale quello di fare da
mediatore tra le richieste dell'Es e le esigenze della realt. Inizialmente dovr quindi
trovare un compromesso tra la necessit di scarica delle pulsioni e le restrizioni della
realt e della societ; successivamente, con lo sviluppo del Super-Io, la mediazione
avverr tra le pulsioni e le ingiunzioni di quest'ultimo. Per assolvere a questi compiti
l'Io ha a disposizione dei meccanismi di difesa e la capacit di gestire la realt
attraverso funzioni quali percezione, attenzione, memoria, problem solving e,
naturalmente, la coscienza. Le basi dell'Io vengono a crearsi tramite processi di
identificazione con gli oggetti del desiderio dell'Es: quando tale desiderio viene
frustrato, l'assimilazione dell'oggetto (per mezzo dell'identificazione) andr a costituire
la base l'Io.
Questo diverso modo di vedere porta con s una serie di conseguenze, prima fra tutte
il recupero e lampliamento del concetto di difesa (Anna Freud). Tuttavia nello stesso
periodo Freud aveva anche formulato la sua controversa teoria delle pulsioni di vita e
di morte, che fu tra i motivi della successiva differenzazione tra i modelli diversi
nellambito della psicoanalisi, che pure continuava a ispirarsi al suo impianto teoricoclinico.
Negli anni compresi tra il 40 e il 60 nacquero diversi problemi comuni a tutto il
movimento psicoanalitico quali il tema della creazione e del funzionamento dellIo e
lestensione della tecnica analitica, oltre le nevrosi classiche, ai disturbi narcisistici.
Queste e altre furono le cause di differenti contrapposizioni nella storia della
psicoanalisi.
Uno degli aspetti codificati dallintero panorama psicoanalitico la formazione
dellanalista: la psicoanalisi non trasmissibile n solo come una tecnica, n come un
sapere costituito, essendo suo nucleo centrale il contatto e la comprensione
dellinconscio personale, che pu avvenire in modo orientato solo nella situazione
analitica. Si conviene dunque che lo psicoanalista dovesse essere in precedenza
analizzato in proprio; a ci dovevano aggiungersi altre competenze, ma il momento
centrale restava proprio quello analitico; qui nacque la strutturazione di una modalit
formativa particolare, differente dal tradizionale rapporto maestro/allievo.
c. Sviluppi della psicoanalisi freudiana in Europa e negli stati Uniti
Alla fine degli anni 20 nel mondo psicoanalitico si stavano tentando nove vie di
applicazione della psicoanalisi: quella fu lepoca delle tecniche attive(Ferenczi), della
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come una situazione che , sempre e comunque, in ogni suo aspetto, di coppia.
Questo, unito ad altre situazioni conseguenti ad esso, permette di raggiungere con
qualsiasi paziente, nuclei o aree arcaiche dello psichismo.
Leowald anni 40-80: parla delle funzioni degli oggetti nel determinare le
funzioni e lo sviluppo. Esso teorizza che il bambino allinizio una cosa sola con
gli oggetti; poi progressivamente emergono gli oggetti e il s dal materiale di
unesperienza densa ed affettivamente carica. Le distinzioni sono un punto di
arrivo del percorso di crescita, non un punto di partenza.
Mitchell: intersoggetivista, la mente umana individuale un ossimoro.
Ossimoro: parole contrarie che vengono accostate, es.: ghiaccio bollente. La
mente umana e il concetto di individualit sono contraddittori, questo perch
non esiste una mente individuale. La nostra mente si costruisce quando siamo
in interazione reciproca con gli oggetti; non esiste il s se non in relazione con
un altro; bisogna sempre collegare la mente dellindividuo alle sue esperienze.
Intersoggetivismo: gli oggetti e il s hanno bisogno uno dellaltro; il s object
seeking.
Aron: noi siamo il prodotto di innumerevoli interazioni (da quelle fondamentali a
quelle pi superficiali), quindi il s differente in relazione ai vari oggetti con
cui viene a contatto: non esiste unidentit ma i s sono multipli. Se c
eccessiva distanza tra le nostre identit c malattia, ma anche se le nostre
identit sono troppo rigide e non sono funzionali alle diverse situazioni.
xiii. Questa visione comporta ricadute sulla pratica:
Meccanismi di difesa: lidentificazione proiettiva non una risposta alla perdita
o alla deprivazione, una cosa inevitabile e non una difesa. Questo proprio
perch il s e gli oggetti allinizio sono una cosa unica e quindi il soggetto si
identifica, per esempio, nella mamma, perch non posso fare altro, lunica
cosa che il bambino ha a disposizione. Lidentificazione una cosa naturale; il
s deve andare alla ricerca delloggetto, quindi il s del bambino va alla ricerca
delloggetto, per questo si identifica con i genitori, non per difendersi ma per
natura. Questo comporta difficolt nelloccuparsi dellidentificazione: essa non
viene vista come meccanismo di difesa ma come una possibile identificazione
con oggetti che non sono adeguati.
Transfert: anche lanalista ha un transfert nei confronti del paziente che non
solo dipendente dalle proiezioni del paziente (no controtransfert). Non si pi,
quindi, un rapporto asimmetrico, lincontro tra due soggettivit che cocostruiscono insieme,ognuno mette nella relazione le proprie capacit e
potenzialit, quindi cambia anche il concetto di neutralit analitica, lanalista
interagisce per forza. Si parla inoltre di enactment, termine che definisce
luso dellanalista da parte del paziente e delle reazioni che questo fenomeno
induce nellanalista stesso.
Interpretazione: il setting deve rispondere a ci che percepiamo che possa
essere utile al paziente; il setting diventa pi flessibile e variabile. Ci si chiede
allora che tipo di interpretazione si pu dare al paziente in base a lui e non
considerando la tipologia di terapia che stiamo facendo (espressiva o
supportiva)? Ogni tipo di setting va bene se adattato al paziente, non si
rinuncia allortodossia della tecnica, ma si evita al paziente di entrare in
relazioni che sono a lui sconosciute; il terapeuta la madre del paziente.
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xiv.
xv. La psicoterapia psicoanalitica
1. Psicoterapia espressiva vs psicoterapia supportiva
xvi. Le psicoterapie psicodinamiche spaziano dalla psicoanalisi vera e propria alle
psicoterapie supportive, lungo un continuum in cui si collocano, se pur mantenendo la
stessa teorizzazione di funzionamento, molte altre modalit di terapia che sono meno
impegnative a livello di numero di sedute, quantitativo di associazioni libere e grado di
interpretazione.
a. Psicoterapia espressiva: presuppone notevoli risorse da parte del paziente ed
finalizzata alla comprensione di s attraverso le associazioni del paziente e le
interpretazioni del terapeuta.
b. Psicoterapia supportiva: finalizzata al mantenimento e al rafforzamento delle
difese e del livello di funzionamento esistenti. In questa terapia il processo
terapeutico consiste soprattutto nella costruzione della struttura e si cerca di non
attuare dei cambiamenti (es.: linterpretazione sar limitata a difese
disfunzionanti ma non per sostituirle completamente come nel caso delle
psicoterapie espressive). Non il supporto in se stesso a produrre un mutamento
ma lesperienza che esso provoca.
xvii. La scelta tra un tipo o laltro di psicoterapia si fa sulla base del funzionamento, pi o
meno primitivo, del paziente e non sulla gravit dei sintomi.
2. Concetti chiave
a. FUNZIONAMENTO MENTALE INCONSCIO: la teoria del funzionamento della
mente basata sulla differenza tra conscio e inconscio. Lavorando sul piano
terapeutico si deve dare importanza a questa parte inconscia. La vita mentale
perlopi inconscia.
b. PROSPETTIVA EVOLUTIVA: il funzionamento mentale si costruisce dalla nascita.
La psicoanalisi ripercorre la storia evolutiva del soggetto e le varie tappe di
questa. Le esperienze infantili, unitamente a fattori genetici, fanno di un
adulto quello che .
c. TRANSFERT: insieme di sentimenti che il paziente sviluppa nei confronti del
terapeuta. una normale proiezione che pu essere positiva (transfert positivo),
con connotazioni di stima, affetto per il terapeuta, oppure avere una valenza
negativa (transfert negativo) quando le emozioni che vengono messe in gioco dal
transfert sono per lo pi di competitivit, invidia, gelosia, aggressivit. Il
transfert del paziente verso il terapeuta una fonte primaria di
comprensione.
d. CONTROTRANSFERT: reazione del terapeuta alle proiezioni transferali del
paziente. molto importante non confonderlo con leffetto della psicopatologia
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del paziente sul clinico. Pu scattare anche al primo contatto, senza aver ancora
sviluppato nessun tipo di relazione. Gli effetti possono essere la paura e
laggressivit, ma possono anche portare dipendenza e idealizzazione. Il
controtransfert del terapeuta fornisce una valida comprensione di ci
che il paziente induce negli altri.
e. RESISTENZA: difficolt che il paziente oppone a chiunque voglia modificare il suo
funzionamento, le sue relazioni, eccquesto avviene in tutte le relazioni e nella
relazione psicodinamica diventa una zona dintervento. I meccanismi di difesa
sono a servizio della resistenza e facilitano, cio, il non cambiamento. La
resistenza del paziente al processo terapeutico il focus pi importante
della terapia.
f. DETERMINISMO PSICHICO: come nella natura che ci circonda anche nella mente
nulla avvenga per caso, ogni evento psichico determinato dagli eventi che lo
hanno preceduto. Sintomi e comportamenti assolvono a molteplici funzioni
e sono determinati da complessi e da forze spesso inconsce.
g. PECULIARIT DELLA SOGGETTIVIT INDIVIDUALE: approccio centrato pi sulle
differenze che sulluguaglianze. Ogni soggetto deve raggiungere le proprie mete
ed obbiettivi, non uniformarsi a modelli esterni. Il terapeuta psicodinamico
assiste il paziente nel suo sforzo di raggiungere un sentimento di
autenticit e di unicit.
3. I fattori terapeutici specifici
a. LINTERPRETAZIONE: elemento che connota tutti i trattamenti psicodinamici.
Linterpretazione ha la funzione di aiutare il paziente a vedere dei significati (per
lui inconsci) fondamentali, nascosti dietro al materiale che lui racconta.
Linterpretazione pu essere sui contenuti emotivi e cognitivi del paziente che lo
aiutano ad essere consapevole del proprio funzionamento.
b. LA RELAZIONE PAZIENTE-PSICOTERAPEUTA: i cambiamenti nella teoria
della clinica hanno portato a leggere le componenti della relazione pazienteterapeuta in modo sempre pi articolato e a ridurre limportanza
precedentemente attribuita alla relazione transferale, che diventa semplicemente
una delle relazioni possibili.
1. Il transfert: vedi sopra. Il transfert anche uno degli elementi
discriminanti tra psicoterapie e psicoanalisi e tra psicoterapia espressiva e
psicoterapia supportiva: in un trattamento psicoanalitico, il transfert
analizzato quanto pi possibili; in un trattamento psicoterapeutico, il
transfert , sia pure in misura diversa a seconda dei casi e delle situazioni,
deliberatamente non analizzato.
2. Il controtransfert: vedi sopra.
3. Lalleanza: il miglioramento del paziente, nelle diverse terapie, sembra
infatti molto facilitato da una relazione terapeutica caratterizzata da
fiducia, calore, accettazione. Esiste, tra gli autori, una sorta di accordo
generale nel riconoscere lindispensabilit del concetto di alleanza.
xviii. pi facile che ci sia alleanza diagnostica piuttosto che alleanza terapeutica. Con la
diagnosi noi informiamo il paziente del suo funzionamento, mentre con la terapia noi
gli chiediamo un cambiamento.
4. Tecniche terapeutiche per indurre il cambiamento
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xxvii.
xxviii.
xxix.
xxx.
xxxi.
xxxii.
xxxiii.
xxxiv.
xxxv.
xxxvi.
xxxvii.
xxxviii.
xxxix.
xl.
xli.
xlii.
Fobica
4.
Approccio relazionale
Nella pratica, in una terapia familiare sistemica, vengono convocate tutte le persone della
famiglia o comunque tutti quelli coinvolti nelle relazioni con il paziente designato. Le sedute
sono poco frequenti e lidea che nella seduta si diano informazioni e feedback che poi si
inseriscono come innovazioni nel contesto famigliare che si ristruttura. Ad assistere alla
seduta non c un solo terapeuta ma accanto alla famiglia generalmente sono due. Dietro
allo specchio unidirezionale ci sono altri componenti dellequipe che ogni tanto, durante la
seduta, restituiscono informazioni sulle relazioni tra terapeuti e famiglia, facendo, se ce ne
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sia il caso, cambiare comportamento ai terapeuti. Alla famiglie possono essere dati dei
compiti: delle prescrizioni che sono delle azioni che hanno a che fare con la modalit di
funzionamento disfunzionale. Alcuni esempi di terapia:
1.
Una figlia manifesta un disagio per dare voce a quello che percepisce
come un malessere della madre. In questo caso si pu dare la prescrizione ai genitori di
uscire la sera, cos si rompe il meccanismo per cui tutta la famiglia assorbita dalla figlia
e la coppia ritrova il suo spazio per risolvere le sue problematiche.
2.
Si possono dare prescrizioni paradossali, quindi valorizzare il sintomo
come sistema di allarme, cos si scardina il meccanismo. In questo caso il terapeuta dice
che va bene che la mamma beva e si ubriachi, in questo modo i figli non devono pi
occuparsi di lei e possono occuparsi delle loro problematiche.
La terapia sistemica ha diverse grosse lacune:
1.
Non sempre possibile avere lintera famiglia in terapia. Non tutti sono
disponibili.
2.
Poco supporto da paziente e famiglia.
3.
Molto dispendioso per via del numero di terapeuti.
4.
Spesso c intolleranza alla prescrizione che viene vissuta come
unintrusione eccessiva.
5.
I sistemici rifiutano la diagnosi sul singolo soggetto. La patologia del
sistema.
6.
I sistemici sono refrattari a fare ricerca sullefficacia.
7.
Uninclinazione a una sorta di moralismo antigenitori dei terapeuti
8.
La presunta brevit del modello che non tiene conto dei tempi di
cambiamento e riabilitazione dei pazienti lunghi.
9.
La rigidit di un modello di terapia congiunta rivolta sempre e
comunque a tutta la famiglia va a scapito della flessibilit della tecnica terapeutica e
dellofferta formulata al paziente. In alcuni casi opportuno o necessario trattare
separatamente i vari membri.
Rimane, comunque, il pregio di aver riconosciuto limportanza della cibernetica di secondo
ordine. In questo modo viene cancellata la rigidit dei ruoli, non esiste pi paziente e
terapeuta.
Cibernetica: letteralmente larte di guidare le navi, pi comunemente larte del governo ma
oggi ha anche dei significati allargati. Secondo queste regole in un sistema esistono
degleffettori che sono collegati ad organi di senso che guidano il loro funzionamento. Gli
effettori, per, influiscono a loro volta sugli organi di senso formando cos una relazione
circolare. Questo il funzionamento generale dei sistemi. Gli effettori possono agire
allinterno o allesterno del sistema (grattarsi o tirare un pugno).
Secondo una prima teorizzazione sistemica anche il sistema famigliare agisce sulla base
delle regole cibernetiche (cibernetica di primo ordine). Con una nuova teorizzazione si tiene
conto anche dei soggetti osservanti e intervenienti (i terapeuti) e si cerca di capire che
influenza ha il sistema sui soggetti e viceversa. Nasce quindi la cibernetica di secondo ordine
che comprende linterazione reciproca tra il sistema (famiglia) e losservatore (terapeuta).
Secondo questa teoria il sistema ha sempre uninfluenza sul terapeuta e viceversa, poich
per definizione non esiste possibilit di osservazione oggettiva per via deglinevitabili
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feedback che egli riceve. Anche solo osservare la famiglia la fa modificare; la conseguenza
che il terapeuta osserva un sistema modificato e peraltro modificato in modo non oggettivo.
Per risolvere questo problema viene messo una parte dellequipe dietro allo specchio
unidirezionale con lo scopo di dare aiutare i terapeuti, va per considerato che neanche
loro potranno essere oggettivi poich rientrano nellinfluenza e nella circolarit, un gioco che
pare infinito. Rimane comunque lobiettivo finale di trovare degli spazi per aggiustare tutti
su un livello di funzionamento migliore.
Il trattamento terapeutica con i pazienti difficili
Vengono definiti pazienti difficili tutti quei pazienti che presentano disturbi nellalleanza
oppure la cui diagnosi indica comorbidit tra disturbi di asse I con disturbi di asse II (disturbi
di personalit, sempre difficili da trattare).
Con questa tipologia di pazienti il primo passo da fare riuscire a coinvolgerli nel percorso
diagnostico. Generalmente il percorso diagnostico ben tollerato poich essendo solamente
un percorso conoscitivo non richiede un cambiamento nel paziente.
Il pensiero psicoanalitico nel trattamento dei pazienti difficili
Secondo questo pensiero per affrontare i pazienti difficili necessario partire
dallosservazione del s del paziente e cercare di capire come questo organizza le sue
relazioni oggettuali per confermare e sostenere la visione di s e per approcciarsi con il
mondo. Una volta ottenuto queste conoscenze il setting dellanalisi deve cambiare
adattandosi al paziente. Il riferimento teorico psicoanalitico, latteggiamento e la teoria della
mente della psicoanalisi permettono la conoscenza anche degli stati gravi ma questo pu
avvenire solo adattando la tecnica alle caratteristiche di questi pazienti. La tecnica deve
essere flessibile:
Vanno infine fatte alcune considerazioni fatte per tutte le tipologie di trattamento per i
pazienti difficili:
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