Sei sulla pagina 1di 5

Ghiandola pineale

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


Jump to navigation
Jump to search
Ghiandola pineale
Pineal gland.png
Posizione della ghiandola pineale, visibile in rosso
Gray719.png
La ghiandola pineale è visibile immediatamente sopra ai collicoli (colorati)
Anatomia del Gray (EN) Pagina 1277
Sistema sistema endocrino
Arteria corioidea posteriore (cerebrale posteriore)
Nervo nervi conari
Sviluppo embriologico neuroectoderma diencefalico
Identificatori
MeSH Pineal+gland
D010870
TA A11.2.00.001
FMA 62033
ID NeuroLex birnlex_1184
Modifica dati su Wikidata · Manuale

La ghiandola pineale, o epìfisi, è una ghiandola endocrina del cervello dei


vertebrati.

Essa sporge all'estremità posteriore del terzo ventricolo e appartiene


all'epitalamo. È collegata mediante alcuni fasci nervosi pari e simmetrici
(peduncoli epifisari) alle circostanti parti nervose. Le sue cellule, dette
pinealociti, producono la melatonina che regola il ritmo circadiano sonno-
veglia[1], reagendo alla poca luce e influisce sull'attività delle ovaie. Si
ipotizza che l'alterazione dell'attività della ghiandola pineale (indotta da talune
sostanze) possa avere un ruolo nello sviluppo della dipendenza da droghe.

La ghiandola è nota fin dall'era antica e si caratterizza per la sua calcificazione


in età matura. Le sue dimensioni sono di circa un centimetro di lunghezza per mezzo
di larghezza, e il suo peso si aggira intorno al mezzo grammo[2].

L'influenza di tale ghiandola sul ritmo circadiano ha trovato conferma


nell'osservazione della reazione dell'organismo dopo un volo transcontinentale:
l'organismo stesso necessita di un certo tempo per adeguarsi al nuovo ritmo luce-
buio nel corso delle 24 ore (fenomeno definito jet lag o discronia circadiana) e la
durata del periodo di adattamento è sensibilmente ridotta a seguito di assunzione
orale di melatonina[3].
Indice

1 Fisiologia
1.1 Embriologia
1.2 Istologia
1.3 Vascolarizzazione
1.4 Innervazione
1.5 Secrezione della melatonina
2 Storia degli studi sulla ghiandola pineale
2.1 Antichità
2.2 Medioevo
2.3 Rinascimento
2.4 Epoca moderna
2.4.1 Visione cartesiana
2.4.2 Sviluppi scientifici
2.4.3 Teosofia
2.5 Antroposofia
2.6 Rosacroce
2.7 Metafisica
3 Riviste specializzate
4 Note
5 Bibliografia
5.1 Bibliografia scientifica
5.2 Bibliografia umanistica e metafisica
6 Altri progetti
7 Collegamenti esterni

Fisiologia
Embriologia

L'epifisi si origina dall'ectoderma. Dal punto di vista filogenetico essa origina


altresì da cellule fotorecettoriali sensibili alla luce e capaci di generare un
impulso elettrico. Gli antenati dei mammiferi hanno sviluppato nel corso
dell'evoluzione un intricato sistema nervoso che permettesse agli impulsi
provenienti dai recettori retinici oculari di raggiungere l'epifisi, per cui questo
vero e proprio occhio pineale è andato perduto, mantenendo solo la struttura
neuroendocrina interna.[4].
Istologia
Pinealocita di una ghiandola pineale con calcificazioni
Immagine a ingrandimento intermedio di una ghiandola pineale

Il parenchima epifisario è organizzato in strutture cordonali. Al suo interno vi


sono due tipi di cellule: quelle parenchimali o pinealociti e quelle
interstiziali[5], come da schema sottostante:
Tipo di cellule Descrizione
Cellule parenchimali Anche dette pinealociti, sono deputate alla sintesi di
melatonina. Sono di origine neuroepiteliale e presentano aspetto epitelialoide. Il
metodo di impregnazione argentea mette in evidenza la basofilia del citoplasma e
l'aspetto dendritico (con sottili e lunghi prolungamenti che terminano in
prossimità dei capillari). Inoltre i pinealociti producono una matrice proteica che
va incontro a calcificazione. Infatti anche dopo la pubertà sono presenti
concrezioni calcaree denominate acervuli[5].
Cellule interstiziali Esse costituiscono l'aliquota stromale. Sono elementi
gliali modificati, anch'essi di origine neuroepiteliale. Sono presenti fagociti,
immersi tra le cellule interstiziali e in prossimità dei capillari che irrorano
l'epifisi. Questi svolgono il ruolo di APC[5].
Vascolarizzazione

L'epifisi appartiene alla famiglia degli organi circumventricolari (pertanto


risulta sprovvista di barriera ematoencefalica). Ciononostante la ghiandola pineale
è un organo altamente vascolarizzato. In particolare, il sangue arterioso giunge
tramite le arterie coroidee posteriori, mentre quello venoso affluisce nelle vene
cervicali interne[1].
Innervazione
Innervazione dell'epifisi di un mammifero.
SCG = ganglio cervicale superiore; SCN = nucleo soprachiasmatico; MFB = fascio
prosencefalico mediale; RHT = fascio retinoipotalamico

L'epifisi riceve informazioni fotosensoriali provenienti dall'occhio da canali


neuronali indiretti. La luce percepita dalle cellule gangliari retiniche viene
trasformata in impulso elettrico e trasferita al nucleo soprachiasmatico (SCN)
tramite il fascio retinoipotalamico (RTH)[1].

In seguito, l'impulso passa all'ipotalamo laterale; da qui al tronco cerebrale


tramite il fascio prosencefalico mediale e alla colonna intermediolaterale della
porzione cervicale del midollo spinale[1].

A questo punto l'impulso giunge al ganglio cervicale superiore e da qui nel


tentorio del cervelletto. Infine attraverso i nervi epifisari giunge
all'epifisi[1].
Secrezione della melatonina
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Melatonina.

La melatonina è una sostanza prodotta dai pinealociti a partire dal


neurotrasmettitore serotonina (5-idrossi-triptamina) per N-acetilazione e ossi-
metilazione, in virtù del fatto che tali cellule contengono l'enzima idrossi-
indolo-ossi metil transferasi (HIOMT), enzima marker dell'epifisi[5].

La ghiandola pineale si trova a stretto contatto con il liquido cefalorachidiano.


Per spiegare la presenza degli ormoni pineali nel plasma e nelle urine è stata
ipotizzata una secrezione pineale anche a livello vascolare. La sede principale di
azione della melatonina è nel cervello, ma può agire direttamente anche sulla
ghiandola ipofisaria e su altri organi periferici. Anche i livelli liquorali,
ematici e urinari della melatonina variano in relazione alla luminosità ambientale
con picchi nelle ore in cui quest'ultima è scarsa[6].
Storia degli studi sulla ghiandola pineale
Antichità
Galeno (Vignéron, litografia)

La prima descrizione e le prime speculazioni sulla ghiandola pineale si trovano nei


voluminosi scritti di Galeno, che trattò la ghiandola pineale nel suo De usu
partium. In esso Galeno spiega che la ghiandola deve il suo nome alla sua
somiglianza, per forma e dimensioni, a un pinolo. La chiamò ghiandola a causa del
suo aspetto ed equiparò la sua funzione a quella delle altre ghiandole del corpo,
che nella sua concezione servivano principalmente come sostegno ai vasi sanguigni.
Galeno si oppose fermamente a una concezione all'epoca diffusa secondo la quale la
ghiandola pineale regola il flusso di spirito, sostanza vaporosa di cui si riteneva
fossero pieni i ventricoli cerebrali. Galeno rifiutò questa idea innanzitutto
perché la ghiandola pineale è attaccata all'esterno del cervello e non può muoversi
autonomamente e, quindi, non avrebbe potuto orientare il flusso di spirito nei
ventricoli dell'encefalo. Egli, infatti, sostenne che il verme cerebellare (posto
nella parte mediana del cervelletto) fosse più qualificato a svolgere tale
funzione[7].

Più tardi le teorie di Galeno furono riprese per espanderle o talora modificarle.
Nemesio di Emesa, per esempio, le ampliò aggiungendovi l'idea della localizzazione
ventricolare, secondo la quale a ogni parte del cervello corrisponde una diversa
facoltà: al ventricolo anteriore l'immaginazione, al ventricolo mediano la ragione
e a quello posteriore la memoria. Tale teoria rimase in voga fino alla metà del XVI
secolo[8].
Medioevo

In un trattato chiamato Sulla differenza tra spirito e anima Qusta ibn Luqa combinò
le teorie di Nemesio e la concezione di Galeno riguardante la regolazione dello
spirito attraverso il verme cerebellare. A tal proposito applicò la sua teoria per
giustificare il flusso di coscienza: secondo le sue ipotesi, coloro che volevano
ricordare guardavano in alto in modo che questa appendice vermiforme aprisse il
passaggio e permettesse il fluire della memoria. Coloro che volevano pensare, al
contrario, guardavano in basso in modo che si chiudesse il passaggio e lo spirito
della ragione non fosse corrotto da quello della memoria. Il trattato di Qusta
influenzò molto la scolastica europea medioevale[9].
Mondino dei Liuzzi, Anathomia, 1541

In molti testi medioevali, tra i quali quelli di Mondino dei Liuzzi, a tale
appendice vermiforme fu dato il termine pinea, comportando una certa ambiguità, in
quanto esso poteva riferirsi sia al verme cerebellare sia alla ghiandola
pineale[10].
Rinascimento

All'inizio del XVI secolo l'anatomia fece progressi e una prima lettura più
scientifica della ghiandola pineale fu resa pubblica: Niccolò Massa scoprì che i
ventricoli cerebrali non sono riempiti di spirito ma di fluido (il liquido
cerebrospinale). Andrea Vesalio, inoltre, respinse tutte le teorie riguardanti la
localizzazione ventricolare e quelle secondo le quali la ghiandola pineale o il
verme cerebellare regolano il flusso di spirito, dissolvendo l'ambiguità creatasi
nel Medioevo[11][12].
Epoca moderna
Ritratto di René Descartes di Frans Hals
Visione cartesiana

«Articolo 32

Come si vede che questa ghiandola è la principale sede dell'anima.

Mi sono convinto che l'anima non può avere in tutto il corpo altra localizzazione
all'infuori di questa ghiandola, in cui esercita immediatamente le sue funzioni,
perché ho osservato che tutte le altre parti del nostro cervello sono doppie, a
quel modo stesso che abbiamo due occhi, due mani, due orecchi, come, infine, sono
doppi tutti gli organi dei nostri sensi esterni. Ora, poiché abbiamo d'una cosa, in
un certo momento, un solo e semplice pensiero, bisogna di necessità che ci sia
qualche luogo in cui le due immagini provenienti dai due occhi, o altre duplici
impressioni provenienti dallo stesso oggetto attraverso gli organi duplici degli
altri sensi, si possano unificare prima di giungere all'anima, in modo che non le
siano rappresentati due oggetti invece di uno: e si può agevolmente concepire che
queste immagini, o altre impressioni, si riuniscano in questa ghiandola per mezzo
degli spiriti che riempiono le cavità del cervello; non c'è infatti nessun altro
luogo del corpo dove esse possano esser così riunite, se la riunione non è avvenuta
in questa ghiandola»
([13])

Cartesio era molto interessato all'anatomia e alla fisiologia umana. Egli tratta
largamente della ghiandola pineale, in particolar modo nel trattato De homine e nel
suo ultimo libro Le passioni dell'anima.[14]
Relazione tra la percezione e la ghiandola pineale secondo Cartesio

Il punto di vista del "De homine” è puramente meccanicistico: in esso infatti


Cartesio vede il corpo come nient'altro che una macchina le cui funzioni sono
riducibili ai principi fisici della meccanica classica. Non a caso, le teorie
cartesiane saranno tra le principali ispiratrici della dottrina medica
Iatromeccanica. All'interno di questa macchina la ghiandola pineale gioca un ruolo
centrale, poiché coinvolta nella percezione, immaginazione, memoria e nella
causalità dei movimenti corporei.[15]
Cartesio, diagramma del cervello e del sistema nervoso

Molte delle supposizioni anatomiche e fisiologiche base di Cartesio erano


totalmente sbagliate, non solo per la nostra epoca, ma anche alla luce di ciò che
era già noto al suo tempo. Innanzitutto Cartesio pensava che la ghiandola pineale
fosse sospesa in mezzo ai ventricoli, mentre non lo è, come già sottolineato da
Galeno; pensava che fosse piena di “spiriti animali”, trasportati da piccole
arterie, mentre già Galeno confermava che a circondare la ghiandola vi fossero più
vene che arterie; descrisse questi spiriti animali come un vento molto fine, o come
una fiamma pura e vivace che gonfia i ventricoli[15], ma Massa aveva scoperto un
secolo prima che i ventricoli sono pieni di liquido e non di spirito[11].
Le passioni dell'anima potrebbe essere visto come una continuazione del trattato
Sull'uomo: molti dei temi discussi in esso riguardanti la ghiandola pineale
ricorrono. Cartesio approfondisce maggiormente il concetto di anima e corpo, e il
ruolo della ghiandola pineale acquista una maggiore importanza dal momento in cui
essa è la sede principale dell'anima, nella quale la "res extensa" si unisce alla
"res cogitans".[16]
Sviluppi scientifici

Negli studi scientifici sulla ghiandola pineale, vi furono piccoli progressi fino
alla seconda metà del diciannovesimo secolo. Nel 1828, Magendie poté avanzare
ancora la teoria che Galeno aveva liquidato. Suggerì che fosse una valvola
designata ad aprire e chiudere l'acquedotto cerebrale.[17] Verso la fine del
diciannovesimo secolo, comunque, la situazione cominciò a cambiare. Innanzitutto,
diversi scienziati lanciarono indipendentemente l'ipotesi che la ghiandola pineale
fosse una reliquia filogenica, un vestigio di un terzo occhio dorsale. Una versione
modificata di questa teoria è ancora accettata. Inoltre, gli scienziati iniziarono
a supporre che la ghiandola pineale fosse una ghiandola endocrina. Questa teoria fu
completamente accettata nel ventesimo secolo: infatti, grazie agli sviluppi
scientifici e biochimici, attualmente si ha una conoscenza abbastanza completa
delle funzioni svolte dall'epifisi e dai suoi secreti.[18]
Teosofia
L'Ajna chakra o "occhio di Shiva", in una rappresentazione indiana del XVIII secolo

L'epifisi possiede un ruolo esaltato nel campo filosofico e delle dottrine


esoteriche. Verso la fine del diciannovesimo secolo, Helena Petrovna Blavatsky, la
fondatrice della teosofia, identificò il “terzo occhio” scoperto dagli anatomisti
comparativi del suo tempo con l'”occhio di Shiva” della tradizione induista,
concludendo che il corpo pineale dell'uomo moderno è una traccia atrofizzata di
questo “organo della visione spirituale”.[19]
Antroposofia

Rudolf Steiner diceva nelle sue conferenze che in epoca lemuriana la ghiandola
pineale nell'uomo di allora serviva alla percezione degli stimoli del caldo e del
freddo.[20]
Rosacroce

Secondo gli insegnamenti rosacrociani la ghiandola pineale è associata a uno dei


centri psichici dell'uomo. Attraverso opportune metodologie, è possibile stimolare
tale centro psichico e far risvegliare alcune facoltà latenti, proprie dell'uomo ma
che si sono atrofizzate a causa del loro inutilizzo.[21]
Metafisica

La ghiandola pineale torna ad assumere un ruolo centrale nella filosofia di Georges


Bataille, che utilizza il concetto di "occhio pineale" come riferimento a un punto
cieco nella razionalità occidentale, un organo di delirio e di eccesso.[18][22]
Riviste specializzate

Potrebbero piacerti anche