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L'architettura di Vitruvio

Vitruvius Pollio
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INDICE
DELLE MATERIE CONTENUTE
NEL IX. FASCICOLO DEL FITRUFJO
LIBRO IX.
Prefazione :. Pag. 3
Capo I. Ritrovato di Platone per misurare il campo .,, 7
Capo II. Della squadra secondo l'invenzione di Pittagora
i}
9
Capo III. Come si possa riconoscere una porzione di argento mescolata con V oro ad opera finita 11
Capo IV. Delle regole gnomoniche
}
e del
mondo e dei pianeti
J}
20
Capo V. Del corso del Sole pei dodici
segni dello Zodiaco ^ 3y
Capo VI. Delle costellazioni che sono dal-
la parte settentrionale . ...
M
fio
Capo VII. Delle costellazioni delle par-
ti meridionali .......
M

Capo Vili. Delle regole degli orologi
e delle ombre detti gnomoni al tem-
po equinoziale in Roma ed in al-
cuni altri luoghi 52
DELL'
ARCHITETTURA
i. Ai famosi atleti vincitori nei giuochi Olimpici (i), Piti, Istmj Nemei (*) gli antichi Gre
(i) Osserva il Filandro che in questo esordio Vitruvio. Imita il proemio del Panegirico d' Ippocratc, e che anche
Aristotele nella sezione trentesima dei problemi ricerca il perch siensi dagli antichi statuiti tanti onori per gli atleti,
e nessuno per gli uomini che si distinguevano con le produzioni d' ingegno; e vi assegna due ragioni, che vengono
riportate dallo Stratico nei comenti a questo Libro. La prima perch si considerano degne di ammirazione e di
premio quelle sole cose che si fanno per umano potere, e non quelle che 1' umano potere trova di gi belle e
formate; ed appunto la vittoria che riporta un atleta frutto della sua forza e destrezza effettiva, dovech le sottili
scoperte dei matematici e dei filosofi non altro sono che un' esposizione di ci eh' esisteva prima delle loro
speculazioni, essendo indubitato che l'eguaglianza fra i tre angoli di un triangolo e due angoli retti avrebbe avuto
luogo anche se niuno avesse dimostrato questo teorema. La seconda ragione sta nel1' esservi pochi uomini capaci
di apprezzare le scoperte scientifiche, ed invece tutti poter decidere quali sieno gli eccel
M. VITRUVIO POLLIONE
LIBRO IX.
PREFAZIONE
ci decretarono cos grandi onori, che non solamente stando in mezzo alle adunanze con palma e corona fossero
colmati di lodi, ma eziandio ritornando vittoriosi ai propri paesi trionfanti sulle quadrighe di citt in citt fossero
trasportati alla patria, e vita durante godessero di pensioni sul pubblico erario assegnate.
2. Pensando io dunque a questo, mi maraviglio, che simili ed anco pi grandi onori non
lenti fra quelli che gareggiano nella lotta, nel corso od in altri esercizi.
Le ragioni dello Stagirita sono giustissime, ed il fatto le comprova tutto giorno; poieb in questo medesimo
secolo, detto della filosofia, ed in cui le scienze sono portate ad un punto che non avevano toccato dapprima, si
veggono raminghi g' ingegni pi riputati, ed in trionfo i mimi, cui si consacrano busti e statue, e ad impinguare i
quali si profondono immensi tesori, che meglio sarebbero impiegati a sollievo dei miserabili, ad incoraggiamento
delle arti utili, e specialmente dell' agricoltura, con che si eviterebbero tanti contagi, che poi spaventano
terribilmeute, bench niuna cura siasi posta per impedirne la propagazione.
(*) Queste quattro feste erano dai Greci celebrate in onore di Giove, di Apollo, di Palemone e di Archimoro,
come nota il Filandro; ed i vincitori erano premiati con corone di ulivo selvatico, o di pomi, o di pino o di appio,
come si ha da Archia nel primo libro degli epigrammi greci. Celebri sono le odi da Pindaro cantate in onore di quei
li che vincevano a questi giuochi, ed in particolare l' inno quinto. I giuochi poi che si celebravano in queste feste
erano di cinque sorta ( per cui i Greci dicevano Pentalli, ed i Latini Quinquerzj quelli che vincevano ), cio il salto,
il disco, il trar d' arco e la lotta, accennati da Simonide nel libro primo degli Epigrammi. Su questi giuochi si
possono consultare Pausania, Sesto Pompeo, Giovanni Battista Pio, e sopra ogni altro Eduardo Corsini, il quale
nel >747 pubblic in Firenze quattro dissertazioni per determinare 1' origine dei medesimi, il tempo in cui
seguivano, le leggi dietro le quali si dirigevano, i premj e gli onori che si decretava. no ai vincenti, ed i nomi dei pi
celebri che trionfarono.
sieno tribu tati agli scrittori che in perpetuo prestano utilit infinite a tutte le genti. E questa sarebbe stata invero pi
nobile istituzione: perch gli atleti riducono i corpi loro coli' esercizio pi forti: gli scrittori non solamente
perfezionano i propri sentimenti, ma ancora gli altrui, preparando coi libri i precetti per istruire ed agguzzare le
menti. Qual bene ha fatto agli uomini Milone Crotoniate perch fu invitto? od altri che nello stesso genere
riuscirono vincitori? se non che mentre vissero conseguirono per se medesimi gloria fra i propri concittadini. Ma i
precetti quotidiani di Pitagora, di Democrito, di Platone, d'Aristotele e di altri sapienti, con perpetua attenzione
coltivati, non solo ai propri cittadini, ma a tutte le genti producono recenti e floridi frutti; onde quelli che nella
tenera et, dall'abbondanza delle dottrine si saziano, hanno i sensi di sapienza ottimamente informati ( i ), e
istituiscono umanit di costumi, equi diritti e leggi nelle nazioni, senza di che alcuna citt non potrebbe sussistere.
3. Se dunque tanti benefizj dalla prudenza degli scrittori e privatamente e pubblicamente fu.rono preparati ai
mortali, io stimo non solo palme e corone doversi a s fatti uomini tributare, alla ben anco decretarsi trionfi, e per
pubblico giudizio fra le sedi degli Dei consecrarsi. Onde
fi) Il testo: optimos habent sapienliae sensus.
io delle loro invenzioni utili alle comodit della vita umana ne porr alcune tra le molte a foggia di esempi ; i quali
ben impressi negli uomini li faranno necessariamente confessare aver quelli il diritto di tali onori. E primieramente
fra le molte utilissime raziocinazioni di Platone ne porr una tal quale fu da lui stesso spiegata (i).
(i) Se quelli che sono spinti dall' animo loro ad occupare la propria vita negli studj vantaggiosi e dilettevoli al
genere umano avessero in mira soltanto le mercedi e gli onori sarebbero scoraggiati dal tristo esempio di tanti
secoli che precedettero 1' et nostra. Gli scrittori delle opere pi meditate e pi faticose, nelle quali stanno riposti i
veri utilissimi precetti del viver civile, sono, vivendo, non solamente inonorati e negletti, ma tenuti da meno dei
vauerelli dipinti esternamente della vernice delle dottrine; e una carta volante di un bello spirito pi apprezzata e
applaudita, che non i volumi di una mente aguzzata dalla meditazione e dall' esperienza. Ma il savio anche negletto
e spreginto per 1' unico fine della saviezza e della virt, e ritirato nell'oscurit e nel silenzio fa uso del privilegio
concessogli dalla natura anco a benefizio della razza tanto spregiatrice ed ingrata che lo circonda.
CAPO I.
Bilrovato di Platone ( i ) per misurare il campo.
4- Se vi un luogo, od un campo di quattro lati uguali, e lo si dee duplicare, perch vi
(1) Da Filandro in poi tutti g' interpreti convennero essere stati i tre primi capitoli di questo libro malamente
staccati dalla prefazione, e ci non aver fatto Vitruvio. Ed invero le scoperte in essi iudicate devono stare a guisa
d'esempio dell'eccellenza di quegl' ingegni che ne furono gl'inventori, come fece nelle altre prefazioni, perciocch
nulla hanno che fare coli'argomento trattato in questo libro. L'Orsini diffatti saggiamente le riun, come vuole la
ragione.
L' invenzion di Platone non che una conseguenza del teorema pittagorico,poich in un quadrato la diagonale
essendo ipotenusa di un triangolo isoscele rettangolo, ne segue che il suo quadrato sar doppio di quello di un
cateto. Diffatti nel triangolo ABD, fig. 1. Tav. I^si ha BD~ AB^AD', ma AB AD, dunque BDs -x AB* La
dimostrazione poi riportata da Vitruvio (che, al dir del Galiani, piuttosto pratica che geometrica) si ha
geometricamente come segue. Il quadrato ABCD, diviso in due triangoli eguali dalla diagonale, il quadrato di
questa diagonale, cio ADEF, viene dalle due diagonali BE, DF diviso in quattro triangoli eguali fra loro, ed eguali
a quelli in cui era diviso il primo quadrato. Diffatti per gli angoli retti e semirelti, che si hanno nei medesimi, si prova
facilmente che i lati BG, CD del quadrato piccolo devono essere nella direzione delle diagonali del quadrato
grande, e siccome queste diagonali si tagliano per met, ne segue che tutti quei triangoli sono eguali, e siccome il
piccolo quadrato ne contiene due, ed il grande ne contiene quattro, chiaro che il secondo avr un' area doppia
di quella del primo. Non questo per il solo metodo che serva alla duplicazione del quadrato; per esempio fra gli
altri quello di circoscrivere al quadrato proposto un circolo, ed a questo circolo un altro quadrato, per cui il
secondo risulta doppio del primo, siccome mostrammo nel Lib. IV. pag. A.
necessaria una specie di numero che non si pu trovare colle moltiplicazioni, si trova con accurate descrizioni di
linee (i). Della qual cosa questa la dimostrazione. Un luogo quadrato lungo e largo dieci piedi d un' area di
cento piedi; se dunque sar d' uopo duplicare, e fare un' area di dugento piedi, parimente di lati uguali, si cercher
quale sia per essere la grandezza del lato di quel quadrato, affinch da quello risulti un' area doppia di dugento
piedi. Ma ci non si' pu trovare col numero: perch se si stabilir di quattordici, moltiplicando si avranno piedi
cenlonovantasei, se quindici, piedi dugentoventicinque.
5. Poich dunque non si dimostra ci col numero, in quel quadrato lungo e largo dieci piedi si conduca una linea
diagonale da angolo ad angolo, la quale lo divida in due triangoli di uguale grandezza di piedi cinquanta d'area per
ciascuno, e secondo la lunghezza della linea diagonale si descriva uno spazio di quattro lati uguali: cos di quella
stessa grandezza di cinquanta piedi l'uno, che nel quadrato minore i due triangoli dalla linea diagonale furon
descritti, faranno pure i quattro nel quadrato maggiore formati. Con questo metodo la duplicazione del quadrato fu
da
(i) Imbarnzzatissimo il testo; ma noi, seguendo la legione del Pontedera e dello Scbneicter, non possiamo
errare .nel senso.
Platone con geometriche ragioni spiegata, come sta nella sotto posta figura.
CAPO n.
Della squadra secondo l'invenzione
di Pitagora.
6. Pitagora (i) ci mostr similmente l'invenzione della squadra senza lavoro di artefice, e mentre con grande
fatica i fabri stentano a ridurla a dovere, si apprende da' suoi precetti come con certe ragioni e metodi si possa
farla perfetta. Onde se si prenderanno tre regole, una delle quali sia di tre piedi, un altra di quattro ed una terza di
cinque, e queste regole saranno commesse in modo che 1' una si tocchi coli' altra per gli estremi capi figurando un
triangolo, formeranno una squadra perfetta. Che se sopra le singole lunghezze delle regole si descriveranno
altrettanti quadrati di lati eguali, il quadrato del lato di tre piedi avr piedi nove, quello di quattro, sedici, quel di
cinque, venticinque. Cos quanto numero di piedi di area daranno i due quadrati col lato
(i) Non v' alcuno che non conosca il celebre ed utilissimo teorema di questo filosofo, cio che in un triangolo
rettangolo il quadrato del lato che si oppone all' angolo retto eguaglia in superficie la somma dei due quadrati
costrutti sugli altri due lati; e che non ne abbia veduta la dimostrazione riportata da Euclide nel suo primo libro alla
proposizione 47
della lunghezza di tre piedi, e con quello di quattro, tanto ne dar quel solo eh' descritto sul lato di cinque piedi.
Poich ci ebbe dimostrato Pitagora, persuaso che dalle Muse gli fosse stata ispirata questa invenzione, dicesi che
in rendimento di grazie abbia loro sacrificato.
7. Siccome quella invenzione utile per molte cose e misure, cos spediente per collocare a giusto livello i
gradini delle scale negli edifizj. Onde se l'altezza ( 1 ) del palco dal tavolato superiore al piano di Sotto sia divisa in
tre parti, cinque di quelle faranno la inclinazione delle sca(r) Il testo dice: ab stimma coaxatione ad imum
Ubramentum, e lo Strafico nota: chiaro che ci significa dal piana del pavimento superiore a quello del
pavimento in feriore. Si deve prima a ogni altra cosa stabilire l' altezza, ,, a cui si deve ascendere per mezzo delle
scale, la quale senza dubbio viene determinata da quei due piani. Que sta deve dividersi in tre parti; indi fare
che la distanza , dal piede della scala alla direzione verticale sia di cinque di quelle parti contate orizzontalmente;
il terzo lato poi former la lunghezza della scala, ossia degli scopi ai qua li le scale si appoggiano ", Qui per
sembra che lo strafico non abbia inteso il lesto, ed a provarlo basti la seguente semplicissima spiegazione. Se s'
immagina la sezione di una scala rappresentata da un triangolo rettangolo, di cui un cateto determini 1' altezza, l'
altro la base, e 1' ipotenusa la lunghezza per la quale si deve ascendere, si dovranno questi tre lati proporzionare
nel rapporto dei numeri 3, 4, 5. Cos dunque nella fig. i. Tav. I. BC rappresenta l' altezza, AB la base, AA la
lunghezza degli scapi. Gli stessi rapporti devono reggere anche nella formazione di ciascun gradino, sicch la
pedata star all' altezza, come quattro a tre. Queste proporzioni poi si riferiscono alle scale delle case, non gi a
quelle dei tempi, per le quali Vitruvio le stabil diverse nel lib. III. Dalla stessa figura si conosce cosa siano gli scapi
delle scale, vai a dire quei tronchi, o come li chiama il Galiani, quei cordoni che spalleggiauo gli scalini, e che sono
in un certo modo i regolatori delle scalinate.
le secondo la lunghezza degli scapi. Delle tre parti poi dell' altezza tra il palco e il pian terreno se ne prendano
quattro recedendo dal perpendicolo, ed ivi si collochino i pedali inferiori degli scapi (i). Cos saranno
proporzionate le collocazioni tanto dei gradini, che delle scale. Di questa cosa sar pure qui sotto disegnata la
figura.
CAPO III.
Come si possa riconoscere una porzione di argento mescolata con l'oro ad opera finita.
8. Jb\a le molte maravigliose e varie invenzioni di Archimede, quella che son per esporre parmi manifestare un
maggiore indicibile acume. Jerone elevato alla potest reale in Siracusa, avendo pel successo prospero delle cose
deliberato di collocare in un certo tempio una corona d' oro votiva agli Dei immortali, ne appalt la fattura (2), e
pes 1' oro a sagoma (3) all'appaltatore. Costui
(1) Lo Schneider conferm l' opinione del Galiani, adottando, dietro la lettura di alcuni codici, inferiores in
luogo d' interiores.
(2) Stiamo col Filandro e col Pontedera, i quali concordano a rifiutare la lezione immani preiio, per accogliere
manupretio, che significa fattura, che si fa per un prezzo determinato.
(3) Il testo ad sacoma. Il vocabolo sacoma presso Greci ha il senso di contrappeso, ed e quel piombo che si
appende all' asta della stadera per pesare. In fine il senso a tempo present al re 1' opera fatta con fino lavoro, e il
peso della corona parve corrispondente alla sagoma. Ma poich si ebbe indizio (i) che, sottrattovi dell' oro, fosse
stato mescolato nella fattura della corona altrettanto d' argento, sdegnatosi Jerone di essere stato ingannato, n
trovando
dell' autore , che Jerone ha pesato l'oro all'appaltatore, per assicurarsi, col ripesar la corona fatta, che
l'appaltatore non gliene avesse rubato: il che prova anche coli'esperienza dei secoli dopo, quel che sono
naturalmente gli appaltatori. Noi abbiamo ritenuto la voce "coma, perch sacoma o sagoma usato anche nei
nostri vernacoli; per pi che altro in significato di forma o figura di cose meccaniche, o di modello delle
medesime. L' Orsini volgarizz: consegnando lui a peso di stadera la massa dell' oro: e ci spiega bene il
senso di Vitruvio: ma pi semplicemente ancora pu volgarizzarsi: pesi, l' oro all' appaltatore.
(i) Il latino: postquam indicium est factum. Il Galiani traduce V indicium per demenzia; l'Orsini indizio di
sospetto. Filandro e Perrault ritengono che indicium venga da index, e che questo index significhi la pietra di
paragone usata dagli orefici per riconoscere la integrit dell' oro. L'or- tiz sta col Galiani; il Newton spiega per
segni; lo Stratico sta incerto fra tutti. Noi crediamo che il termine indicium sia da prendersi nel senso dei
criminalisti, e che si conserva anche presentemente in italiano. G' indizi sono cominciamento di prova, ma non
fanno prova legale. Sotto questo aspetto ha ragione di dire il Galiani contro il Filandro, che se si avesse fatto il
saggio colla pietra di paragone, sarebbe stato inutile il ricorrere ad Archimede, il quale fu invitato a somministrare
la prova legale del furto. E ci conferma in questa interpretazione ci che soggiunge Vitruvio, cio che Jerone non
sapeva di qual maniera comprovare il furto medesimo. Ci gode 1' animo, che questo vocabolo della lingua dei
criminalisti ci porga occasione di testificare pubblicamente la nostra stima e la nostra da lungo tempo radicata
amicizia al distintissimo ingegno e alla dottrina del dottore Francesco Foramiti, gi professore di diritto civile nel
Liceo di Udine, ed ora giureconsulto in Venezia, il quale, oltre a vari scritti' stampati in materie criminali e civili di
scienza matura e profonda, tratt anche con mirabil ordine e raziocinio degl iadizj e della forza legale delle prove.
la maniera di comprovare quel furto, preg Archimede di prendersene egli stesso il pensiero. Avendosi egli allora
assunto la cura di questa cosa, and per caso in un bagno, ed ivi mentre discendea nella soglia (i) osserv che
quanto del suo corpo tuffavasi dentro, tanto d'acqua n'esci-' va, onde avendo egli per sorte trovato il modo di
spiegare quella cosa, non pot pi trattenersi, ma scosso dall' allegrezza usc d'Un salto dalla soglia, e correndo
ignudo verso casa, annunziava ad alta voce d'aver trovato quel che cercava, nel correre tratto tratto gridando
euveca eureca (2). Perci si dice, che coli' esordio di quell' invenzione egli fece due masse di peso eguale a
quello della corona, 1' una d'oro, l'altra d'argento. Ci fatto riempi di acqua fino all' orlo un ampio vaso, nel quale
immerse la massa d' argento, di modo che quanta si fu la grandezza depressa nel
(1) Noi diremmo casca, mastello, ossia il recipiente dell' acqua, in cui pu star o in piedi o sedersi o
distendersi chi si lava o si bagna. Vanno errando gli eruditi in un pelago di etimologie, dalle quali trarre la voce
latina solium, come significato di vase di legno, che si adoperava nelle celle dei bagni. Intendiamolo noi come
derivante da solurn ( suolo), che per traslato si usa in senso di fondo. Da questo solium par certamente venuta la
voce soglia italiana, perch indicante il limite del suolo su cui poggiano gli stipiti della porta. Discendere nella
soglia del bagno non in fatti che calarsi fino al fondo della stanza dov' riposto il vase a ci destinato. Il Galiani e
1' Orsini lo fanno sinonimo di labrum ( labbro ). Intorno a questo vocabolo vedi la nostra nota nel libro V. cap. z.
pag. p.
(2) UO trovato, ho trovato, cio go scoperto il modo di conoscere il furto dell' appaltatore.
vaso, altrettanto d' acqua n' uscita. Poscia estratta la massa, rifuse, misurando con un sestario (i) quel tanto
d'acqua che vi mancava, talch, siccome prima, si adeguasse all' orlo. Cosi trov come ad un dato peso di
argento corrispondesse una data misura d'acqua. Ci avendo sperimentato, depose similmente dentro un vaso
pieno una massa di oro, ed estrattala colla stessa regola aggiuntavi la misura, trov che non vi mancava tant'
acqua, ma tanto di meno, quanto di minor grandezza di corpo era la massa di oro, pari di peso a quella d'argento.
Indi riempiuto di nuovo il vaso, e depostavi nell' acqua la stessa corona, trov che maggior copia d' acqua erasi
versata per la corona che non per la massa d'oro di peso eguale: e cos argomentando da quel di pi che mancava
d' acqua per la corona che non per la massa, comprese la mescolanza dell' argento nell' oro, e il furto manifesto
(2) dell' appaltatore.
(1) La sesta parte del congio.
(a) Questo problema, e tutti quelli di simil natura, col linguaggio algebrico si risolvono nella maniera seguente.
Sia a il volume del miscuglio, b il suo peso, c sia il peso specifico di uno dei componenti, a quello dell' altro; sia x
il volume del primo, ed y il volume del secondo. Ritenendo che il volume del composto eguagli la somma dei
volumi dei componenti, si avr 1' equazione x + y a; e considerato pure il peso dell' uno siccome eguale alla
somma dei pesi degli altri, si otterr l'altra equazione- ex + dy s b;
j ,. ,. .... b ad . 6 ac . ,
dalle quali equazioni risulta x S ed r; ;cio
c d d c
il volume di una delle sostanze si eguaglia alla differenza fra il peso del miscuglio, ed il peso che avrebbe g.
Trasportisi ora la mente alle invenzioni di Archita Tarentino e di Eratostcne Cireneo ( i ).
F altra sostanza sotto un volume eguale a quello del misto, divisa per la differenza fra il peso specifico della
sostanza, di cui si cerca il volume, e quello dell' altra. Si avverta per che si suppose il peso ed il volume del
composto eguale ulta somma dei pesi e dei volumi dei componenti, per avere le suddette equazioni: la qual cosa
per non ha sempre luogo, perciocch la combinazione chimica di pi sostanze, alterando la maniera di
aggregazione delle molecole, produce una massa di maggiore o minor densit di quelle dei componenti, e quindi il
volume viene ad essere minore o maggiore della somma di quelli, similmente nella stessa combinazione talvolta si
perdono alcune particelle delle sostanze che si commischiano, e quindi la massa risultante non pu eguagliare la
somma delle due che la produssero. Sicch per poter anche in questi casi ottenere la soluzione del problema, sar
necessario conoscere il rapporto del nuovo volume, e del nuovo peso ai volumi e pesi primitivi; per cui se
supponiamo che il rapporto fra i volumi sia m, e quello fra i pesi sia n, l'equazioni sopra stabilite si cangeranno nel
, , . nbmad
le seguenti x+jrsma; cx+ay~nb; e quindi xza -r-i
nb mac c " a
?~ d~c"
(t) Celebre fu in ogni tempo il problema deliaco della duplicazione del cubo, ricordato qui da Vitruvio; il quale
pu esprimersi cos; dato il Iato di un cubo, trovare il lato di un altro cubo che sia doppio del primo; sicch detto
a il primo, deve cercarsi un valore che sia radice cuba di a a 3, il quale sar espresso per aV-i; ma siccome la
radice del due incommensurabile, ne segue che il calcolo numerico non pu soddisfare a quella ricerca. Ed
perci che si narra aver Platone impallidito alla proposta dell' Oracolo, conoscendo che le matematiche non erano
ancora giunte a quel punto di poter esaurire la domanda del Dio. Nulladimeno tutti i matematici di quel tempo, ed
anche i posteriori si occuparono di quella risoluzione. Alcuni attribuiscono a Platone, altri ad Ippocrate di Chio, 1'
aver dimostrato che ci si poteva conseguire qualora si fossero determinate due medie proporzionali continue fra il
lato del cubo dato ed il suo doppio. La ricerca per di queste due medie fu tentata per varie strade. Archita,
oome dice Vitruvio, si serv dei semicilindri, Eudosio dei flessi delle linee, ed altri altramenQuesti hanno pure
trovato colle discipline matematiche molte cose gradevoli agli uomini. E se sono essi per tutte le altre invenzioni
graditi, per le dispute di questa cosa sono massimamente ammirati perch 1' uno e l'altro intese con metodo
diverso a spiegare quel che Apollo negli Oracoli di Delo aveva ordinato, cio che si duplicasse il numero di piedi
quadrati, che aveva il suo altare, e cos ne avverrebbe che in quell' isola sarebbero liberati dal castigo del cielo.
Perci Archita colle descrizioni dei semicilindri, Eratostene colla regola del mesolabio (2) spiegarono la stessa
cosa. posteri conferiranno con Varrone intorno alla lirt* gua latina, e non meno parecchi filologi consultando molte
cose coi filosofi della Grecia penseranno di tenere con essi particolare discorso: insomma le sentenze dei sapienti
scrittori anche staccate dalle persone vieppi col tempo fiorendo, quando s' introducono nei consigli e nelle dispu-'
fazioni, hanno tutte maggiore autorit che non dei presenti. Onde io, o Cesare, munito di questi autori, usando dei
loro sensi e consigli, ho scritto questi volumi. Nei sette primi degli edifizj, ri eli' ottavo delle acque; in questo
dimostrer come le regole gnomoniche sieno state trovate dalle ombre, che dietro i raggi solari lo gnomone segna
nel mondo, e come queste si dilatino, o si contraggano.
10. Essendosi osservate si fatte cose con tan
te; ma tutti per le determinarono con metodi diffcili da applicarsi alla pratica. Eratostene invece immagin uno
stromento chiamato mesolabio. Chi volesse la dimostrazione secondo Archita, e la descrizione dello stromeuto di
Eratoste11 e potr leggere ci che riporta il Filandro nell' edizione latina del Vitruvio, fatta in Udine, al tomo IV.
par. I. pag. ig. e segg. Ora la soluzione del problema resa semplicissima col mezzo della intersezione delle curve.
Poich dovendosi avere a:x::x:y ed x :y : :y: aa, si trova ay~ x; laxzsy
2
, per cui si vede che costrutte due
parabole, l'una delle quali abbia per parametro a, e V altra aa il loro punto d' intersezione determiner le
coordinate x ed y; ovvero si pu far uso di una parabola ed un cerchio, oppure di altre curve del secondo ordine.
E con questo mezzo si trova non solo un cubo che sia doppio di un dato, ma ben anche che abbia col medesimo
un qualunque determinato rapporto.
(1) Lat. maxime sunt suspecli: Galiani si rendettero ammirabili; per traslato da auspicio ( guardare dal
basso in alto J: Barbaro sono stati sospetti. Non si pu ritenere il suspecti nel significato del Barbaro,
quantunque il solo Vitruvio ci dia l' esempio di suspectus in senso di ammirato.
(a) Mesolabio pu chiamarsi qualunque stromento atto a trovare le due medie proporzionali.
ta dilettazione delle dottrine; ed essendo noi spinti naturalmente ad amar le invenzioni* considerando di
ciascheduna cosa gli effetti; nell' osservazione in cui io sono di molte cose ammiro anche i libri di Democrito sulla
natura delle cose, ed il suo comentario che s' intitola chirotoneton ( 1 ), nel quale facea uso dell' anello per
imprimere sulla cera miniata le cose da esso sperimentate. Le invenzioni adunque di quegli uomini non solo alla
emendazione dei costumi, ma alla utilit generale son preparate: all' incontro le virt degli atleti invecchiano coi loro
corpi: perch n mentre sono vivamente fiorenti, n in avvenire non possono costoro con ammaestramenti simili
alle invenzioni dei filosofi giovare alla vita umana (2). Che se poi non si tributassero onori u ai nobili costumi, n
agli ammaestramenti degli scrittori, le loro menti da per s stesse affis
(1) Equivale a libro impresso colla mano.
(2) Alla fama degli antichi atleti corrisponde quella dei nostri attori e cantanti di scena. Immensi applausi mentre
vivono: morti non li ricorda se non chi gli ha veduti ed uditi, e cui gode l'animo per finezza d' amor proprio di
censurare il tempo presente coli' elogio di quel che pass. Il compenso dei personaggi scenici per s largo in
vita, eh' una vera giustizia il lasciarli morir tutti intieri nel sepolcro. Qual mai sublime ingegno nella filosofia e nelle
lettere pot andar, vivendo, superbo di tanti trionfi, ed esser rimunerato con tanto oro, come un personaggio di
scena? Che pi? Non si vide forse effigiato dallo stesso scarpello, e collocato nello stesso momento in un Panteon
con vicendevoli onori il simulacro di una distinta cantante vivente, e quello di uno de' maggiori poeti italiani di
recente perduto? Chi ama con vero amore la virt e la patria consideri quel che noi siamo.
ViTBvrio, Lib. x. a
sandosi in cose ancor pi alte dell' aere, pei gradi delle memorie sollevatesi al cielo, hanno la forza di far noti in
perpetuo (i) ai posteri non solo i propri pensieri, ma ben anco le proprie sembianze (2).
11. Quelli adunque che hanno le menti ammaestrate colle giocondit delle lettere non possono non avere
consecrato ne' loro petti, come d'una divinit, il simulacro di Ennio poeta: e cos coloro che assiduamente si
dilettano dei versi d'Accio, credono sempre d'aver presente non solo il valore delle parole, ma ancora la sua
sembianza. Parimente un gran numero di quelli che nasceranno dopo la nostra et stimeranno quasi di disputare
sulla natura delle cose con Lucrezio, e sull'arte rettorica con Cicerone (3). Molti de'
(1) Vegezio nel lib. II. 3. delle cose militari dice con eguale sentenza, che le cose prodotte dalla forza vivono
una sola et, ma quelle che tornano a vantaggio della repubblica durano eternamente. E Cicerone nel II. Pini,
parlando di Marco Giunio Bruto: mancava il corpo del liberatore, ma vi era presente la memoria della
libert, nella quale vedevasi V immagine di Bruto. Cos lo Strafico.
(a) Questo sdegnoso e sublime sentire degno del cuor bollente di un antico romano. Chiunque non vi
partecipa col proprio animo, rinunzi ali' uffizio di scrittore e vada a trattar quel mestiere che put procacciargli in
vita lode e denaro. I nostri tre maggiori Italiani ( non neghi Firenze all' Italia intera la partecipazione di cotanta
gloria ) Dante, Machiavelli, Galileo, quantunque privi di onori, logorati dalla povert e dalle persecuzioni, spinsero
le loro menti divine ben pi alto ( per usar la vilruviana espressione ) delle regioni dell' aria, dove dalle sedi dell'
immortalit e della gloria splendono a perpetuo vantaggio della posterit.
(3) Qui si deve osservare che Vitruvio d il nome di benefattori del genere umano ad Ennio, ad Accio, a Lucre
zio, a Cicerone, a Varrone, considerando Accio ed Ennio come padri della lingua, che coli'espressione delle
parole e delle figure dilatarono nel popolo romano i semi del vivere civile, Lucrezio come introduttore dei termini
atti a spiegare ai Latini la filosofia naturale insegnata da Democrito e da Epicuro, Cicerone come maestro dello
stile perfetto, Varrone come indagatore profondo della ragione delle parole. Si vede che Vitruvio non guardava le
lettere che dal lato dell' utilit, e che venerati da lui non eran che i primi. Altra cosa da osservarsi , che non
nomina egli qui Virgilio n Orazio, bench sieno questi i due che dettarono nobilissimi precetti alla posterit, 1' uno
colla georgica, 1' altro colla Poetica. Questo un lume pi che bastante per farci conoscere il vero punto dell' et
in cui scrisse Vitruvio gi vecchio, vale a dire dopo Lucrezio, e prima di Virgilio e di Orazio.
CAPO IV.
.. '. . > i
Delle regole gnomoniche, e del mondo
e dei pianeti.
ventate, e destano nei riguardanti grandissima meraviglia, stanteeh :l' ombra dello gnomone ( i ) equinoziale
diversifica di grandezza in Atene, in Alessandria, in Roma, non la stessa in Piacenza (2) e negli altri luoghi dell'
orbe terreno, perci secondo le mutazioni dei luoghi differiscono grandemente le descrizioni degli orologi.
i3. Perch colle grandezze delle ombre equinoziali si disegnano le forme degli analemmi (3),
(1) (Questa si assume per costante in ambedue gli emisferi nella descrizione delli gnomoni. La si osserva a
mezzogiorno, e varia con la latitudine; cio nulla sotto l equatore, eguale allo stilo a 45", e pi lunga ad una
latitudine maggiore. Slrat.
(o) cosa singolare che Yitruvio nomini questa citt, quando essa non era una metropoli, come le altre, ma
bens una colonia antica dei Romani, stabilita particolarmente per opporsi alle incursioni dei Galli. Se non fosse in
altro luogo indicata la patria di Vilrnvio, si potrebbe sospettare che fosse stata Piacenza, e che perci egli avesse
voluto distinguerla; per si pu invece congbiellurare che vi avesse dimorato in essa per lungo tempo quando era
soprintendente alle macchine belliche, ovvero che l si trovasse quando scriveva questo libro, e che abbia addotto
per esempio il luogo della sua dimora. Cos lo Strafico. A noi sembra che poco possano servire alla critica simili
indagini.
(3) Queste parole, dice il Salmasio, non possono far conchiudere con lo Scaligero, che gli orologi degli antichi
foscoi quali determinansi secondo la ragione dei luoghi e dell' ombre delli gnomoni, le descrizioni delle ore.
Analemma una regola determinata dal corso del sole, e dell' ombra crescente, scoperta dall'osservazione del
bruma (r), per la quale coi metodi archilei tonici e colle descrizioni del compasso ne fu riconosciuto l'effetto nel
mondo (2). Mondo poi la primitiva concezione delle cose tutte naturali, e del cielo conformato di stelle: volvesi
questo (3) continuamente dintorno alla terra e al mare pei cardini estremi dell' asse: perch la potest naturale
architett cos questi luo
Mro descritti dietro 1' osservazione della bruma. Primamente perch analemma non significa orologio, anzi era
affatto diverso, e serviva invece ad indicare la maniera, con la quale dovevano designarsi gli orologi. Su questo
potr vedersi dagli eruditi ci eli' espone lo stesso Salmasio nelle sue esercitazioni alla pag. j3g. Qui solo
osserveremo col Perrault e con lo Strafico, che la correzione da quello portata nel testo non basta a dilucidarne il
senso, male intendendosi che. V ombra vada crescendo dal solstizio invernale all' estivo, perch anzi accade tutto
il contrario. Ma a noi sembra che il vero senso del testo sia: l' analemma una norma stabilita dietro il corso del
sole e la lunghezza dell' ombra, cominciando l'osservazione dalla bruma, cio dal solstizio d'inverno, siccome da
un punto fisso. Il nome di analemma non escluso dalla moderna scienza astronomica, e significa una proiezione
ortografica della sfera, e serve a risolvere questo problema generale: Data la declinazione del sole, e conoscendo
una delle tre quantit, altezza, ora ed azimut, determinare le altre due.
(1) Abbiamo usato bruma come nel latino. Altri traducono solstizio d' inverno.
(2) Veggasi la Giunta II. a questo libro.
(3) Gli antichi chiamavano etere la parte di cielo pi pura, ed aria la parte nebulosa. Alcuni per suppongono
che il nome etere provenisse da due voci greche, che significano sempre corrente, ed altri da, altre due, che
vogliono dire sempre riscaldante.
ghi, collocando i cardini come centri l'uno di qua della terra e del mare alla sommit del mondo presso le stelle del
settentrione; 1' altro al di l di contri sotto la terra (i) nelle parti meridionali: ivi poi all' intorno (2) di questi cardini
form certe girelle come ai centri di un torno (3), che
(1) Il testo: alterimi trans contro sua terra, ed i cotnenlalori, fra cui il Pontedera, si affaticarono ad
immaginare correzioni a questo passo, perch la maniera di dire non tutta pura. Ma noi domanderemo qual sia
quel classico, che nelle sue opere non abbia qualche periodo da non proporsi ad esempio di purezza. Ma questa
non dev' essere tanto scrupolosamente cercata nei libri di scienza; in questi basta che il linguaggio sia esatto in
quanto al valore dei termini, onde chiara emerga la sentenza dell' autore. E ci appunto ha luogo in questo passo
di Vitruvio. Ognuno qui comprende che il polo boreale sta nella parte superiore al di l delle stelle settentrionali, e
che 1' australe situato inferiormente nelle regioni meridionali. E come si abbia a concepire questa parte superiore
ed inferiore, lo sa ogouno che conosca la posizione relativa della sfera, detta dagli astronomi obbliqua, perch tutti
quegli abitatori 'che si allontanano dall' equatore hanno il piano del loro orizzonte pi o meno inclinato al piano dell'
equatore stesso: e Vitruvio considerava la posizione della sfera celeste quale appariva in Roma, la cui latitudine
geografica di 4' 53' 54"
(a) Noi ci accordiamo nella interpretazione di questo passo col Galiani, il quale nota cosi: bastantemente
oscuro questo passo, tanto che pare, che per orbiculos ab bia forse voluto intendere de' cerchi polari, ne' quali
sono i poli dell'ellittica f vorr il Galiani dire del mondo o del 1' equatore ), e intorno a' quali per conseguenza si
raggi ra, diremo cosi, il cielo particolare dei pianeti: ma dal contesto piuttosto si ricava, che per orbiculos ha
voluto materialmente intendere di due buchi, o sieno anelli, den tro i quali girassero le due estremit del figurato
asse del mondo ".
(3) Questa immagine materiale serve oltremodo a spiegare il principio fondamentale del sistema Tolommaico,
ch'era seguito universalmente ai tempi di Vitruvio, e che supponeva essere la terra immobile nel centro dell'
universo, intorpo 3 cui si giravano tutti gli astri, i quali dovevano nella in greco si chiamano poli, pei quali il cielo
sempiternamente pervola: cos stando in mezzo la terra col mare, collocata naturalmente nel luogo del centro.
i4- Disposte queste cose dalla natura in modo, che nella parte settentrionale il centro abbia 1' altezza pi sollevata
dalla terra, e nella parte meridiana, sottoposto ai luoghi inferiori, sia dalla terra oscurato (i), si passa pure per lo
mezzo una zona trasversale a guisa di circolo inclinata a mezzogiorno, configurata di dodici segni (2),
rivoluzione diurna essere dotati di una inconcepibile velocit assoluta. Questo sistema fu interamente distrutto da
Copernico: nulladimeno si avverta, che nelle osservazioni anche odierne per determinare i fenomeni celesti, si
suole seguire la maniera Tolommaica, siccome quella che si conforma alle apparenze ed ai nostri sensi; quindi si
suppone sempre 1' osservatore nel centro della sfera celeste. Il calcolo poi sa modificare le apparenze in guisa che
corrispondano alla realt.
(1) Ci conferma quanto si disse stili' obbliquit della sfera considerata da Vitruvio, per cui dice che la terra si
oscurava nelle parti meridionali. La qual cosa mostra, come osserva lo Stralico, quanto poco fosse conosciuto
dagli antichi 1' emisfero australe. Tuttavia essi conoscevano gli antipodi, od almeno concepivano la possibilit della
loro esistenza, come si pu dedurre dalle parole di Plinio nel lib. II, cap. 64- 65.
(a) Gli antichi astronomi, per amore di brevit, determinarono alcuni gruppi di stelle per mezzo di nomi, che
dedussero dalla somiglianza che presentavano con alcuni oggetti ad essi pi famigliari. Pochi per furono questi
nomi nei primi principj, poich Giobbe, Omero ed Esiodo non parlano che di sole sette costellazioni. Questo
numero per and successivamente aumentando, ed in particolarit nei tempi pi recenti, in cui coli' ajuto dei
telescopi o col mezzo della navigazione, si pot osservare una maggior quantit di stelle. Vitruvio ne descrive
quarantotto come determinate ai suoi tempi, cio - le dodici che formano lo zodiaco, le cui apparenze con certa
disposizione di stelle in dodici eguali parti divise, si esprimono con immagini dipinte dalla natura: onde queste
rilucendo col mondo, e coli' ornamento delle altre stelle pervolando all' intorno alla terra ed al mare, eseguiscono il
loro corso a seconda della ritondezza del cielo.
i5. Tutte queste cose poi visibili ed invisibili sono legate al necessario ordine delle stagioni, e se questi segni
divagano col cielo sopra la terra, gli altri al di sotto di questa sono oscurati dalla sua ombra: per sempre sei fra
questi stanno al di sopra: perch quanto una parte dell'ultimo segno forzata nell' abbassamento della sua
circolazioue a nascondersi sotto terra, altrettanto dell' opposto segno sospinto dalla necessit della circolazione,
roteando dai luoghi occulti ed oscuri esce alla luce. Perch una stessa forza e nenessit 1' oriente e l'occidente nel
medesimo tempo produce. Essendo poi questi segni in numero di dodici, e possedendo ciascheduno una
duodecima parte del mondo, e girando essi di contiventi che stanno nell' emisfero boreale, e sedici nell'australe.
Canopo viene poi semplicemente nominato, perch non visibile in Europa. In questa descrizione segue
Democrito, com' egli stesso lo dice nel cap. 7.; dal che si. conosce la ragione, per cui omette la chioma di
Berenice. Parimente non nomina il cavallo miuore, siccome costellazione figurata dopo Democrito. Antinoo poi fu
descritto e denominato dopo che fu Vitruvio Resta quindi ancora in dubbio, se ai tempi di Augusto si conoscesse il
segno della Libra, come vogliono alcuni, stantech Vitruvio accenna soltanto ci che descrive Democrito.
Strafico.
nuo da oriente ad occidente, cos questi segni con opposto corso la Luna, le stelle di Mercurio, di Venere, lo
stesso Sole, e parimente Marte, Giove, Saturno (i), percorrendo come per ascensione di gradi, ognuno con
diversa estensione di giro da occidente ad oriente (2) nel mondo si muove.
16. La Luna (3) in ventotto giorni e un'ora
(1) Questi sono i sette pianeti conosciuti anticamente, i cui nomi furono dagli Egiziani attribuiti ai giorni della
settimana, cinque dei quali si conservano tuttora, avendosi chiamato sabbato il giorno consacrato a Saturno, e
domenica quello al Sole, per ordine dell' Imperator Costantino, secondo Niceforo, e secondo Bcda, di Papa
Silvestro, alfine di ricordare due epoche importanti nella religione di Cristo, una del vecchio e 1' altra del nuovo
Testamento. A questo passo il Filandro fa menzione di un libro di Teodoro Gaza sui mesi, tradotto dal greco da
Giovanni Perdio, in cui si parla della corrispondenza fra le distanze reciproche dei pianeti e le note musicali. Noi
abbiamo gi accennata questa teoria nella Giunta III, lib. V.
(2) I pianeti, oltre al moto comune a tutta la sfera celeste, per cui ( parlando sempre secondo il sistema di
Tolommeo, ossia secondo le apparenze) si ravvolge intorno alla terra nel tempo di ventiquattr' ore, hanno un moto
loro particolare, col quale descrivono alcune orbite pi o meno grandi intorno alla terra in tempo proporzionale
alle medesime, e che pel Sole quello di un anno Avverte il Filandro in questo proposito, che anche Plinio dice
aggirarsi i pianeti con moto proprio in, senso contrario al moto comune, cio questo aver luogo verso destra, e
quello verso sinistra; ove devesi intendere che gli antichi chiamavano sinistra la parte orientale, e destra 1'
occidentale.
(3) La rivoluzione periodica della Luna ( cio il tempo che impiega a tornare allo stesso punto celeste ) si
compie in 27S nh
t
e la rivoluzione sinodica ( cio il tempo che passa fra due congiunzioni col Sole) in igS 12h
34' 2", 85. Plinio si approssima pi che Vitruvio alle moderne osservazioui, dicendo nel lib. II. c. 9. che la
rivoluzione della Luna si compie in ventisette giorni ed un terzo di girno.
circa di pi, percorrendo il giro del cielo col ritornare allo stesso segno, da cui cominci la sua mossa, termina il
mese lunare.
17. Il Sole poi nel giro di un mese oltrepassa lo spazio di un segno, che la duodecima parte del mondo: cos in
dodici mesi percorrendo gl'intervalli de'dodici segni, quando ritorna allo stesso segno, d' onde partito, compisce
lo spazio di un anno. Ond' che quel circolo (1) che la Luna percorre tredici volte in dodici mesi, in quei
medesimi mesi una sola volta misurato dal Sole.
18. Ma le stelle di Mercurio (2) e di Venere all' intorno de' raggi del Sole coronando co' loro viaggi il Sole
stesso a guisa di centro fanno i retrocedimenti e le ritardazioni (3).
19. Parimente per le stazioni cagionate da quella circolazione si formano negli spazi de' se
ti) Se si considera la rivoluzione lunare di ventotto giorni, come stabilisce Vitruvio, si vede che a fare tredici
rivoluzioni vi vogliono. 364 giorni, ossia quasi un anno solare.
(2) Vedesi che Vitruvio riteneva aggirarsi Mercurio e Venere intorno al Sole, e unitamente a questo poi
rivolgersi intorno alla terra, nello stesso modo che ora si sa girare un pianeta primario unitamente ai suoi secondar]
intorno al Sole. Tale supposizione proveniva dall' essere quei due pianeti inferiori, cio posti fra la terra ed il Sole.
I fenomeni qui accennati dei medesimi sono relativi al cos detto passaggio dei medesimi sul disco del Sole.
(5) L' originale regrcssus et relardationes. Barb. ritorni e dimore. Gal. retrogradazioni e stazioni. Quest'
ultimo si attenne pi alle moderne denominazioni di questi fenomeni, per cui tali pianeti si dicono, in quei
determinati tempi, avere moto retrogrado o stazionario.
cni, e ci si riconosce massimamente dalla stella di Venere, perch seguendo ella il sole, dopo il tramonto di esso
apparendo nel cielo, e chiarissimamente lucendo, chiamasi Pesperugo (1); in altri tempi poi precorrendo e
nascendo avanti la luce, chiamasi Lucifer. Cos alcuna volta dimorano parecchi giorni in un segno, ed alcuna
entrano pi celeremente in un altro. Per, bench non consumino un egual numero di giorni in ciaschedun segno,
pure quanto per lo innanzi hanno ritardato, altrettanto in appresso velocemente scorrendo, compiono giustamente
il cammino. Da ci avviene, che per quanto dimorino essi in alcuni segni, tuttavia quando si liberano dalla necessit
dell'indugio, velocemente eseguiscono la giusta circolazione.
20. Parimente la stella di Mercurio (2) trasvola nel mondo in maniera, che in trecento sessanta giorni correndo
per gli spazi de' segni, perviene a quello, da cui cominci a fare la prima mossa della circolazione, onde il suo
viaggio talmente compartito, che in ciaschedun segno consuma all' incirca il numero di trenta giorni.
21. Venere poi, quando liberata dall'impedimento de'raggi del Sole, in trenta giorni (3)
(1) Si ritenuto col Galiani il nome Ialino Vesperugo, e cosi Lucifer.
(2) Secondo la lezione del Pontedera, che sanamente trae da un codice autorevolissimo item in cambio di iter.
(3) Qui osserva lo Stratico, che da Perrault si vorrebbe leggere quaranta in vece di trenta, poich
diversamente, percorre lo spazio di un segno, e quanto di meno di quaranta giorni in ciascuno segno tenuta, al
tempo della stazione restituisce quella somma di numero fermandosi in un solo segno; onde misurata tutta la
circuizione nel cielo in quattrocento ottantacinque giorni ritorna di nuovo a quel segno d'onde avea pria cominciato
il suo viaggio.
22. Marte in seicento ottantatre giorni all' incirca vagando per gli spazi delle stelle giunge a quello, da cui avea
principiato a fare il suo corso: e se in alcuni segni pi celeremente percorre, al tempo della stazione riempie un
numero eguale di giorni.
23. Giove (i) ascendendo con pi placidi gradi
non ammettendo che Venere impieghi pi che quaranta giorni a percorrere ciascun segno dello zodiaco, non
metterebbe quattrocento giorni a descrivere tutta 1' orbita, come dice poco dopo "Vitruvio, nel che si accorda
pure il Newton. Questa correzione per viene rigettata dall' Ortiz, perch Vitruvio intende di dire, che se il pianeta
di Venere non fosse impedito dai raggi del Sole, descriverebbe la sua orbita in 56o giorni; ma poich i raggi del
Sole fanno che impieghi a percorrere un dato segno un tempo doppio di quello che farebbe movendosi
liberamente, restano c'aggiungersi 125 giorni, sicch l' orbita viene percorsa in 485 giorni.
(i) Galiani, seguendo la lezione del codice Vaticano, dice che Giove impiega 56o giorni a percorrere un segno
dello zodiaco, sicch descrive 1' orbita sua in undici anni e 5l6 giorni, con che si avvicina al calcolo di Tolommeo;
che se si assume 565 giorni per ciascun segno si ricava, che a descrivere 1' orbita intera vi vorrebbero dodici anni
e ventidue giorni, ci che non si approssima al calcolo di Tolommeo, n produce il numero del testo di undici anni
e 365 giorni. Ma, dietro 1' osservazione dell' Ortiz, Vitruvio dice, che Giove sta in un segno 565 giorni in circa, i
quali per sono precisamente 564 giorni e venti ore; e che per ci 1' orbita si contro la revoluzione del mondo, in
trecento sessantacinque giorni in circa misura ciaschedun segno, e consuma anni undici e giorni trecento
sessanlatre finch ritorna a quel segno, in cui era dodici anni prima. ,
24. Saturno (1) in mesi (2) ventinove e pochi giorni, passando per lo spazio del segno in ventinove anni e giorni
centosessanta in circa, si rastituisce dov'era trent'anni prima: onde quanto meno distante dell'ultimo cielo, tanto
maggiore circonferenza della ruota percorrendo, apparisce pi tardo.
25. Quelli poi (3) che fanno il viaggio al di ,' . .'
compie nel tempo indicato dal testo. La durata poi delle rivoluzioni dei pianeti indicata da Vitruvio non
corrisponde a quella calcolata dai recenti astronomi; e perci veggasi la Giunta II. a questo libro.
(1) Era questo creduto il pianeta pi distante dal Sole fino ai tenipi di Herschcl, da cui fu scoperto Urano, il
qua
5
le dista dal Sole, in confronto di Saturno, nel rapporto di I96 : ilo. Vedi la Giunta IL
(a) Non si pu comprendere come il Galiani e 1' Orsini abbiano tradotto il latino undetriginta per trentauno;
quando un semplice calcolo basta ad accertarsi che Vitruvio intese di dire ventinove. DilYntti se impiegasse
Saturno pi che trentaun mesi a percorrere un segno, dovrebbe stare pi che trent.iun anni a descrivere l' intera
orbita; ma Vitruvio dice che quesl' ultima si compie in poco pi di ventinove anni, che corrisponde appunto a poco
pi di ventinove mesi per segno.
(3) Lo Stratico cerca di dilucidare questo paragrafo cosi. Quei pianeti poi che compiono la sua orbita fuori dell'
orbita solare, quando si trovano particolarmente col Sole in un triangolo non progrediscono, ma retrocedono, e
rimangono stazionari finch il Sole non passi da quello in un altro triangolo. La causa di ci viene da taluni
attribuita alla molta distanza dal Sole, per cui quei pianeti non essendo bastantemente illuminati, sono dall' oscurit
impediti nel Iosopra della circolazione del Sole, massimamente quando sono nel triangolo da esso occupato, allora
non progrediscono, ma retrocedendo indugiano, finch lo stesso Sole da quel triangolo faccia passaggio ad un
altro segno.
26. Alcuni credono che ci succeda per questa ragione: il Sole, dicono, allontanandosi per una certa distanza fa
s che gli astri errando per non illuminati sentieri, sieno dall' oscuro impediti: ma noi non siamo di questa opinione.
Perch lo splendore del Sole perspicibile ( 1 ) e patente senza oscurazione alcuna per tutto il mondo, come
apparisce anche a noi, quando quelle stelle fanno i loro regressi e le loro dimore.
ro progresso; ma noi ( dice Vitruvio ) non siamo di questo avviso, perciocch lo splendore del Sole, senza
oscurit, chiaro per tutto il mondo, anche allorquando osserviamo i pianeti essere retrogradi e stazionari. Laonde
se il nostro sguardo giunge fino a tale distanza, perch vorremo supporre che apparisca oscuro ai pianeti? Quindi
da ritenersi che ( essendo propriet del calore di attrarre a s ogni cosa, siccome per esso dalla terra sorgono i
frutti, e dai fonti le acque s' innalzano fino alle nubi ), il veemente calore dei raggi solari diffusi in forma triangolare
attrae i pianeti che si succedono, e faccia ritardare ed arrestarsi quelli che precedono, e non li lasci progredire, ma
li sforzi invece a retrocedere ed a fermarsi in un altro triangolo. - E cos progredisce Io Strafico a sviluppare il
testo vitruviano. Ma a noi sembra che invece doveva indicare di qual maniera ai nostri giorni si renda ragione della
retrogradazione e stazione dei pianeti dopo il gran principio newtoniano dell' attrazione universale ed i calcoli
sorprendenti di La-Place nella sua meccanica celeste. Veggasi la Giunta li.
(1) Il testo perspicibiiis et patens. Ptrspicibile da perspicibilis sar un latinismo, ma tollerabile al paro di
patente da patens e di tantissimi altri. A noi sembra che difficilmente possa trovarsi vocabolo pi espressivo.
27. Se dunque a tanti intervalli pu questo la nostra vista discernere, perch mai giudichiamo noi, che si
possano frapporre oscurit ai divini splendori degli altri? Piuttosto noi vediamo in ci la ragione; che siccome il
fervore evoca ( 1 ) ed attrae a s tutte le cose ( talch per mezzo del calore veggiamo anco i frutti sorgere ed
alzarsi da terra, e non meno i vapori dell' acqua per l' azione dell' arco suscitarsi dai fonti alle nuvole ), cos V
impeto veemente del Sole spargendo a forma di triangolo i raggi, attrae a s le seguaci stelle, e le percorrenti
frenando e ritenendo non lascia avanzare, ma sforza a retrocedere a s, ed entrare nel segno dell' altro triangolo.
28. Forse si desiderer di sapere perch il Sole nel quinto segno dal suo, piuttosto ohe dal secondo o dal terzo,
che gli son pi vicini,-generi co' suoi fervori queste ritardazioni. Io dunque esporr come ci mi sembri avvenire. I
suoi raggi si distendono nel mondo per linee, colla forma di un triangolo di lati uguali. Ci accade nel quinto segno
n pi n meno dal suo. Perci se i raggi diffusi circolarmente vagassero per tutto il mondo, n dirittamente
sporgendosi, non si delineassero in forma di triangolo, le cose pi vicine arderebbono. E ci sembra essere stato
anco da Euripide, poeta greco, osservato, il quale cos
(i) Il testo evocai.
scrive nella favola di Fetonte: Arde le pi lontane , le pi vicine cose rattempera (i). Se dunque la cosa, la
ragione e* la testimonianza di uu antico poeta lo dimostra, non istimo doversi diversamente giudicare da quello
che sopra ci abbiamo scritto di sopra. Giove poi correndo fra la circonferenza di Marte e di Saturno, fa un corso
maggiore di Marte, e minore di Saturno: parimente le altre stelle di quanto maggiore spazio sono distanti dall'
estremit del cielo, e quanto pi vicina hanno la circonferenza dalla terra, con tanto maggiore celerit sembrano
andare: e ci perch ciascheduno di essi^ facendo una circolazione minore spesso trapassa sotto a quello che gli
di sopra.
2Cj. Nella stessa maniera, che se nella ruota, di cui fanno uso i vasaj, fossero poste
-
sette formiche, ed
altrettanti canali si facessero sul piano della ruota all' intorno del centro, e sempre crescenti fino all' estremit,
ne'quali le formiche fossero costrette a fare il giro, mentre la ruota si Voi ve dalla parte contraria, sarebbe non di
meno necessario eh' esse facessero a rincontro il loro cammino, e quella pi vicina al centro andrebbe pi
velocemente, ma quella dell' estremo cerchio della ruota, ancorch cammini con eguale celerit, per la maggior
ampiezza della circonferenza,
(0 II Galiani tradusse all' opposto di quello che dice Vitruvio.
compirebbe molto pi tardi il suo corso; cosi gli astri che spingonsi contro il corso del mondo coi loro viaggi
compiscono il giro, ma dalla circolazione del cielo vengono trasportati indietro a fare il circolo quotidiano.'
30. Che delle stelle poi sienvi .alcune temperate, altre ferventi, altre ancor fredde, avviene perch ogni fuoco ha
la fiamma ai luoghi superiori ascendente. Onde il Sole ardendo co' suoi raggi fa rovente 1' etere che gli sta sopra;
ne' quali luoghi fa il corso la stella di Marte, che dall' ardore del Sole diviene essa pure fervente. Ma Saturno
perch sta vicino all' estremit del mondo, e tocca le regioni congelate del cielo, sommamente frigido: ond' che
Giove trascorrendo fra le circonferenze dell' uno e dell' altro, dalla refrigerazione e dal calore di quelli soffre nel
mezzo convenienti e temperatissimi effetti. Fin qui ho esposto ci che ho appreso dai precettori della zona dei
dodici segni, dei sette astri e della loro contraria operazione e corso, con quali ragioni e numeri passino di segni in
segni, e compiscano la loro circolazione: or parler del lume crescente e della diminuzione della Luna come dai
maggiori ci stato insegnato.
31. Beroso i partitosi dalla citt, ossia na
(i) Anche qui lo Stratico espone la teoria lunare di Brroso riferita da Vitruvio con altre parole, seoza dar
nemmeno un indizio della verit che si pot dedurre dalle osservazioni degli astronomi posteriori.
Vnnvrjo, Lib. ix. 3
zione de' Caldei diffuse anco in Asia la sua dottrina, ed insegn la Luna essere una palla met rovente, met di
colore ceruleo; e che quando nel corso del suo viaggio passb sotto 1' orbe del Sole, allora dai raggi e dall' impeto
del calore attratta, e diviene rovente per la sua propriet di lume a lume: quando poi richiamata dall' orbe del
Sole guarda al di sopra, allora quella parte che non rovente per la sua somiglianza rassembra oscura: ma se sta
perpendicolare ai raggi di lui ritiene tutto il suo lume alla faccia superiore, ed allora si chiama prima. Che se
trapassando procede alle parti orientali vien meno sudi essa l'impeto del Sole, e 1' estrema parte di sua roventezza
manda una sottilissima linea di splendor sulla terra: e da questo si chiama luna seconda. Cos dal quotidiano
rallentarsi del suo giro si numera la terza e la quarta luna. Nel settimo giorno, essendo il Sole all' occidente, e
tenendo la Luna le parti medie del cielo fra oriente e occidente, distante essa dal Sole per lo spazio di una mezza
parte di cielo, avr parimente la met della sua roventezza rivolta (i) alia terra. Essendovi poi fra il Sole e la Luna
la distanza di tutto lo spazio del mondo, il Sole nel passare all' occidente retroguardando (a) 1' orbe della Luna
nascente perch
(i) Noi ci accordiamo col Barbaro, col Perrault e con lo Strafico sul significato del verbo converti contro 1'
opinione del Guliani.'
(a) 11 lat. retrospiciens. Se aspicio si traduce guardare e riguardare, e se retrospicio si volta colle due voci
guars trova essa lungamente distante dai raggi, ci che avviene nel giorno decimoquarto, manda lo splendore
dalla piena ruota di tutto 1' orbe, ed i residui giorni colla decrescenza (i) fino al compimento del mese lunare, colle
revoluzioni (a) e col corso rivocata dal Sole ripassa sotto la ruota e i raggi di esso, e cos compisce le fasi
mestruali.
32. Or io esporr le ragioni della sua variet che Aristarco (3) Samio matematica ci lasci scritte con grande
ingegno (4) nelle sue discipline. Perch si sa che la Luna non ha un lume suo proprio, ma che a guisa di
specchio, e ch riceve lo splendore dalla percussione del Sole. Inoltre la Luna di tutti i sette astri percorre il
circolo minimo vicino alla terra. Onde in ciaschedun mese nel primo giorno, avanti di passare nascondendosi si
oscura, e cos essendo col Sole si chiama nuova; il giorno dopo che si dice seconda, oltrepassando il Sole, fa una
debole mostra della sua-estrema rotondit. Allontanata per tre giorni dal sole cresce e vieppi s'illumina: scodare
indietro, perch non si comporr ad esempio del latino un solo verbo italiano, e non si dir in senso proprio
retroguardare?
(il II latino decrescentia. In italiano vi decrescere, ed anco crescenza- Usiamo dunque anche decrescenza.
(a) Il testo versationibus. Galiani: giri intorno a s medesima.
(3) La teoria di Aristarco sulle fasi lunari quasi consona alla moderna.
(4) Il lat. vigore magno. Qui vigor sta in senso d' in.genium.
standosi poi ogni giorno pi, giunta al settimo giorno, distando dal Sol cadente circa una met di cielo, risplende
mezza, e la parte illuminata quella che guarda il Sole. Nel quartodecimo giorno poi essendo in diametro distante
dal Sole per lo spazio di tutto il mondo, si fa piena, e nasce quando il Sole all' occaso, e ci perch distando per
tutto lo spazio del mondo gli sta 'dirimpetto, e riceve in s lo splendore di tutto 1' orbe del Sole ( i ) che la
percuote. Nel giorno decimosettimo quando nasce il Sole ella presso (2) all'occidente: nel d ventiunesimo,
quando nasce il Sole, la Luna tiene all'incirca le ragioni medie del cielo, e la parte che guarda il Sole lucente, il
resto oscuro. Parimente ogni giorno avanzando il suo corso nel d vigesimottavo all' incirca passa sotto ai raggi del
Sole, e co(r) Il testo: et impelu solis totius orbis in se recipit splendorem. Il Perrault vorrebbe cangiare il latino
respicit in rejicit, poich in qualunque punto si trovi la luna riceve dal Sole in egual modo la luce, ma soltanto non
la riflette verso la terra interamente se non quando dicesi piena. Ma tale correzione viene rigettata dal Galiani,
perch le parole totius orbis si devono riferire al disco lunare e non al solare. A noi per sembra che il modo d'
intendere del Galiani sia sempre soggetto alla stessa obbiezione fatta dal Perrault, perch devesi intendere della
luce riflessa verso la terra, non gi della luce ricevuta o riflessa assolutamente, la quale sempre nella stessa
quantit. La nostra traduzione si conforma forse meglio alla comune lezione ed al senso vitruviano.
(a) Il latino pressa ad occidentem. Il Pontedera vuole che pressa significhi prossima, vicina, e che da questa
voce sia venuta la voce italiana presso, appresso. La voce latina sta per inclinata, cio che ha passato il
meridiano, e che piega all' occidente; come difatti avviene dopo diciassette, giorni dal novilunio.
s riempie le sue fasi mestruali. Ora io dir come ne' singoli mesi il Sole entrando nei segni accresca e diminuisca
gli spazi dei giorni ( 1 ) e delle ore.
CAPO V.
Del corso del Sole per dodici segni
dello Zodiaco.
33. Quando il Soleva) entra nel segno del
#
l'Ariete e ne percorre la ottava parte, fa l'equinozio di primavera:
quando si avanza alla coda del Toro ed alla costellazione delle Vergilie, dalla quale sporge la met della parte
anteriore del Toro (3) trascorre uno spazio maggiore della me
li) Gli antichi dividevano costantemente tanto il giorno che la notte in dodici parti, dette ore; per lo che si vede che
la lunghezza di quest' ore variava di giorno in giorno a seconda del moto del Sole, ed a ci tendevano tutti gli
orologi descritti da Yitruvio.
(2) In questo capo stabilisce i quattro punti principali del corso del Sole, cio gli equinozi ed i solstizi. Gli
equinozi si distinguono in equinozio di primavera ed in equinozio d'autunno; il primo ha luogo tra il giorno 20 ed il
21 di Marzo quando il Sole in Ariete, ed il secondo fra il 22 ed il 23 di Settembre quando il Sole corrisponde
alla Libra. I solstizi poi accadono al 21 di Giugno ed al 21 di Decem-. bre; il primo dicesi solstizio d' estate, ed ha
luogo quando il Sole corrisponde alla costellazione del Cancro; il seconda dello solstizio d' inverno succede
quando il Sole corrisponde alla costellazione di Capricorno.
(3) Da questa descrizione, come osserva lo Straticc, si deduce che la costellazione del Toro era figurata dagli
antichi diversamente da quello che lo presentemenU- Plinio scrive che le sette stelle chiamale Vergilie eraDo
collocate t del mondo, procedendo alla parte settentrionale. Quando entra dal Toro nei Gemini al nascere delle
Vergilie, cresce maggiormente sopra la terra ed allunga gli spazi dei giorni, indi quando dai Gemini ( i ) entra nel
Cancro, il quale occupa un brevissimo spazio di cielo, giunto all' ottava parte (2) fa il tempo del solstizio, ed andan
nella coda del Toro ( Lib. II. c. 4
2
- ) O
ra
il Toro rappresentato senza coda.
(j) Gli astronomi antichi si accordano nel dire che le Vergilie, altramente dette Pliadi, sorgono nel mattino
quando il Sole si trova nella costellazione del Toro, e non gi quando sta per entrare in quella dei Gemelli; ed i
Latini dicono avvenir ci nel giorno vigesimoterzo dopo che il Sole entrato in Toro, come si ha da Pliuio,
Columella, Varronc, e dalla tavola di Augusto, che viene seguita da Vitruvio, il quale stabilisce che gli equinozi ed i
solstizi succedono quando il Sole tocca 1' ottava delle parti, in cui erano divisi i segni di Ariete, Libra, Cancro e
Capricorno. Dietro questa osservazioue, ed altri ragionamenti, vuole il Pontedera che qui Vitruvio non abbia detto
exorientibus Vergiliis, ma bens apparentibus ovvero eminentibus Pergiliis.
(?) Columella rende ragione del perch gli antichi non segnavano i solstizj e gli equinozi all' ingresso che faceva
il Sole nei singoli segni, ma invece quando entrava iiell' ottava parte; ed perch stavano attaccati ai giorni festivi
in quei tempi istituiti, dietro 1' opinione di Eudosso, di Metone ed altri astronomi, che dicevano allora accadere gli
equinozj ed i solstizi, bench avvengano quando il Sole incomincia a percorrere quei segni, come insegn dopo di
essi Ipparco. L' ottava parte poi di un segno significava l' ottavo giorno dacch il Sole era entrato nel medesimo,
poich essendo ogni segno diviso in trenta parti o gradi, dei quali il Sole ne percorre uno per ogni giorno, ne segue
che 1' ottava parte, secondo 1' ordine della numerazione, veniva ad essere l' ottavo grado, e quindi 1' ottavo
giorno dacch il Sole era entrato, trascurando per la piccola frazione che vi dovrebb' essere, dipendente dal
numero dei giorni che formano l' anno solare, il quale supera il numero dei gradi dello Zodiaco di cinque o sei.
Plinio e Columella seguono gli astronomi precedenti ad Ipparco nello stabilire il principio do avanti giunge al capo
ed al petto del Lione, perch quelle parti sono attribuite al Cancro. Dal petto poi del Lione, e dai confini del
Cancro uscito il Sole, percorrendo le altre parti del Lione diminuisce la grandezza del giorno e della circonferenza,
e ritorna ad un corso eguale a quello de' Gemini. Allora dal Lione passando alla Vergine, e dirigendosi al seno
della sua veste, abbrevia la circonferenza, e la uguaglia alla misura di quella del Toro. Dalla Vergine poi
procedendo per lo seno, nel qual seno stanno le parti prime della Libra, va a fare nella ottava parte di essa Libra
1' equinozio autunnale, e con questo corso pareggia il giro fatto nel segno dell' Ariete. Quando poi il Sole al
tramontare delle Vergilie entra nello Scorpione, procedendo alle parti meridiane accorcia la lunghezza dei giorni.
Dallo Scorpione trapassando al Sagittario fra le cosce di quello fa ancor pi ristretto il giro diurno. Cominciando
poi dalle cosce del Sagittario, la
delle quattro stagioni quando il Sole entrava nell' ottavo grado dei segni d' Ariete, Cancro, Libra, Capricorno;
Ipparco per, come si disse, le stabiliva al principio di questi segni; Ippocrate, il medico, fissava il principio della
primavera nel giorno ventesimoquinto di Marzo, dell' estate nel ventiquattresimo di Giugno, dell'autunno nel
ventesimoquinto di Settembre, e dell' inverno nel primo di Gennajo. Sosigene invece al ventesimoquinto di
ciascuno di questi mesi. Cos lo Slratico. Devesi per osservare che nell' opinione di Sosigene vi dev' essere
errore, e che si deve ritenere invece del 25 di Gennaio il 25 di Decembro. Noi abbiamo indicato superiormente i
giorni, nei quali succedono gli cquinozj ed i solstizi dietro le osservazioni dei moderni astronomi.
qual parte attribuita al Capricorno, fino all'ottava parte, percorre un brevissimo spazio di cielo. Onde dalla
brevit diurna vennero i nomi di bruma (i) e di giorni brumali. dal Capricorno passando all'Aquario aumenta ed
uguaglia lo spazio del giorno alla lunghezza di quello del Sagittario. Dall' Aquario entrando ne' Pesci, quando soffia
Favonio, fa il corso eguale a quello dello Scorpione. Cosi il Sole vagando per quei segni in certi tempi accresce e
diminuisce gli spazi dei giorni e delle ore. Ora dir delle altre costellazioni, che a destra e a sinistra della zona dei
segni, cio dalla parte meridiana e settentrionale del mondo sono disposte e figurate di stelle (2).
CAPO VI.
Delle costellazioni che sono dalla parte
. settentrionale.
34. Il Settentrione (3), dai Greci chiamato Arcton ossia Elicen, tiene collocato dopo di s il
(1) Il Vossio desume l' etimologia di questa voce da brevis, da cui si ha brevissimus, brevimus, breumus,
brumus', bruma; ed appunto perch questo punto corrispondeva al solstizio iemale, in cui il giorno il brevissimo
dell' anno.
(a) L' originale stellis disposila Jgurataque. Il Galiani omette queste parole; e l'Orsini: disposte ed a foggia
di figure immaginate. Spiegazione troppo ricercata.
(3) Dice il Filandro che questo capitolo ed il seguente sono talmente deturpati, che non si pu emendarli
adequata niente. Egli per assicura di avere corretto tutto quello che le sue congbietturo ed i consigli degli uomini
dotti gli custode: non lungi da questo raffigurata la Vergine, sopra l'omero destro della quale si appoggia una
lucidissima stella, nominata da' nostri Provindemiatore ( i )., dai Greci protrygetoij perch ha un aspetto pi
scintillante delle altre. Parimente un' altra stella colorata (2) -vi sta dirimpetto in mezzo alle ginocchia del custode
dell' Orsa, che chiamasi Arturo (3). Ivi dalla parte del capo del settentrione attraverso dei piedi dei Gemini
figurato l'Auriga: nella sommit del corno sinistro del Toro (4) vi stanno i piedi dell'Auriga, e pa
suggerirono, rimandando i lettori che volessero notizie pi esatte sull'astronomia degli antichi alle opere di Arato,
d'Igino, di Proclo, di Tolommeo e di altri. Riferisce per che dietro l' enumerazione di Ipparco, di Tolommeo e di
Alfonso le stelle ascendevano al numero di milleduecento distinte 'in sei ordini di grandezza: di prima grandezza ne
contavano quindici, quarantacinque di seconda, dueceulotto di terza, di quarta quattrocentosettantaquattro,
di'quinta duecentododici, e sessantotto di sesta. Tutte poi erano raffigurate sotto quarantotto figure. Seguita il
Filandro ad indicare il rapporto fra la grandezza delle stelle e dei pianeti e quella della terra; ma con la inesattezza
de' suoi tempi, e supplendo colla immaginazione a ci che non si pu in alcun modo determinare. Veggasi la
Giunta II.
(i) Il Pontedera primo di tutti vide la corruzione de'testi, in alcuni dei quali era scritto providentiam, in altri
provindemiam majorem, ed in altri ancora provindemiam, majores Graeci. Colla sentenza del Pontedera si
congiunge quella dello Schneider, che lesse parimente provindemiatorem, nome appunto che dal Latini davasi a
quella stella.
(?) Abbiamo seguito la lezione dello Schneider contro gli altri che leggono: candens species ejus est colorata.
Item alia stella Egli invece.- colorata item alia stella.
(3) Questo nome significa coda dell' Orsa, ed cos chiamata una stella di prima grandezza, perch sta fra le
gambe di Boote, od Orsa maggiore, e la seguita quasi custodendola, per cui appunto dicesi anche Custode.
(4) Filandro ha corretto questo periodo dietro la leziorimente colla mano manca l' Auriga ( i ) tiene le stelle
chiamate Capretti, e la Capra: sulla spalla sinistra, al di sopra del Toro e dell' Ariete, sta il Perseo, il quale a diritta,
distendesi sotto la base delle Vergilie, a manca verso il capo dell' Ariete e colla mano destra appoggiandosi al
simulacro di Cassiopea, e tenendo la sinistra sopra la Auriga prende il capo Gorgoneo, e lo sottopone ai piedi di
Andromeda (2). Parimente i Pesci (3)
ne di molti, ed il senso di ci che voleva esporre vi. travio.
(1) Galiani dice che se invece di Aurigam si leggesse Taurum, il senso risulterebbe chiaro, perciocch la
sinistra di Perseo non cade sopra l' Auriga, ma bens tiene la testa del Gorgone sopra il Tauro. Newton per
osserva che ci sarebbe vero se si considera col Galiani il polo settentrionale come parte superiore; ma poich
Perseo posto coi piedi sopra l'Auriga, e con la testa verso occidente, cosi devesi considerare l'occidente come
parte superiore, e quindi l'Auriga come ad esso inferiore: cosi giustamente pu dirsi che Perseo tiene la testa del
Gorgone sopra l' Auriga, e la correzione del Galiani inutile. Stratico.
(1) Il testo confessato da tutti intricatissimo. Per onore di Vitruvio dee dirsi che sia qui stato sconvolto e
mutilato in modo da non lasciar luogo a giusta composizione. Giacch si tratta di un sistema astronomico
abbandonato iu forza delle osservazioni dei tempi posteriori, lascieremo di occuparci di nomi e di cose inveterate
e di poca utilit per la letteratura e per la scienza. Per noi abbiamo voluto seguire la lezione de' filologi che
sembrarono a noi i pi dotti, fra' quali lo Schneider.
(5) Galiani interpreta questo passo cos: i Pesci sono sopra Andromeda ed il suo ventre, e sopra In spina del
Cavallo. Lo stesso dicasi dell' Ortiz, il quale traduce: il Pesce aquilonare sta sopra il ventre di Andromeda, e 1' .-
lustrale sulla spina del Cavallo. AH' estremit poi del ventre del cavallo si trova una risplendentissima stella, che
serve come di confine fra questa costellazione e quella di Andromeda. nelle quali configurazioni si accordano gli
antichi coi moderni astronomi.
stanno sopra Andromeda, e sopra il ventre di lei e quello del Cavallo, le quali stelle stanno sopra la spina di quell'
altro Cavallo, del quale la lucidissima stella del ventre, separa il ventre del primo, e il capo di Andromeda. La
mano destra di Andromeda posta sopra il simulacro di Cassiopea, la sinistra sopra il Pesce aquilonare.
Pariinente l'Aquario sopra la testa del cavallo; le unghie (1) del Cavallo toccano Cassiopea (2): in mezzo alle
ginocchia dell' Aquario sta il Capricorno; in alto soprastanno l'Aquila ed il Delfino; presso a questi v' la Saetta:
dietro ad essa l'Uccello, la cui destra penna tocca la mano di Ce feo e lo scettro (3), la sinistra sporge al di sopra
fi) Il testo: equiungulae atlingunt Ajjuarii genita. Lo Stralici) dice che il testo sarebbe in contraddizione se non
si leggesse equiungulae atlingunt avis pennas; poich poco dopo dice che i piedi del Cavallo sono sotto la
coda del Cigno, come fu osservato dal Filandro e dal Perrault. Il Galvani non rigetta assolutamente questa
correzione, ma per dice che sarebbe meglio leggere auriculae in vece di unguMe, stantech le orecchie del
Cavallo sono rivolte ai ginocchi dell' Aquario, ed il verbo attingunt non significa propriamente toccare, ma
tendere ad una determinata parte. Al che aggiunge il Newton che Vittuvio dice essere i Pesci dietro al Cavallo.
Prossimo ad essi poi nella linea dello Zodiaco vi l' Aquario, e, come dice Vitruvio, alla testa del Cavallo; indi i
piedi del Cavallo sono disegnati sotto le ali del Cigno; laonde in questa posizione non possibile che le unghie del
Cavallo giungano alle ginocchia dell'Aquario. A queste correzioni del Filandro, del Perrault e delGaliani aggiunge
lo strafico quella di leggere gula invece di gcnua, e 1* Ortiz quel la di leggere umani. Noi seguimmo la lezione
dello Schneider.
(1) Galiani, e dietro a lui Newton ed Ortiz, vorrebbero leggere Aquarii invece di Cassiopea.
(3) Il Pontedcra vorrebbe leggere serpente invece di scettro.
di Cassiopea; sollo la coda dell' Uccello stanno i piedi del Cavallo (i). Indi il Sagittario, lo Scorpione, la Libra, e al
di sopra il Serpente colla punta del becco tocca la Corona: in mezzo di esso 1' Olioco (2) tiene fra le mani il
Serpente, calcando col pi sinistro in mezzo della fronte dello Scorpione. Non lungi dal capo dello Scorpione
posto il capo di quello che chiamasi l'Inginocchiato (3). Le sommit delle loro teste sono facili a riconoscersi,
perch sono formate di stelle non fosche. Il piede dell' Inginocchiato si appoggia alla tempia del capo di quel
Serpente (4) che fra le Orse ( che si chiamano settentrioni ) implicato: verso quelle piegasi un poco il Delfino (5).
Dirimpetto al becco dell' Uccello posta
(1) Dalla descrizione del Cigno fatta qui da Yitruvio conchiudono Galiani ed Orliz, che la configurazione di
questa costellazione fosse presso gli antichi affatto diversa dall' odierna, cio che l'ala sinistra si figurasse ove
segnasi ora la coda, e la coda dove ora sta 1' ala sinistra; nel qual modo soltanto V ala sinistra poteva guardare
Cassiopea, e la coda coprire 1' upghie del Cavallo.
(9) Il Serpentario.
(3) Cio Ercole, il quale viene raffigurato nell' attitudine di premere con un piede la testa del Drago. Si seguita
la emendazione dell' oro, fatta dietro un codice dell' Escuriale.
(4) Si dovrebbe leggere Drago da quanto segue.
(5) Il testo: parve per eos Jlectitur Delphinus. Galiani: si discosta un poco il Delfino. Barbaro: dove per la
bocca si piega il delfino contro il rostro dell' Uccello, in conformit del Filandro che cangia parve per eos in
equi pareri per eos L' Orsini: ben poco da' Cavalli distante piegasi il Delfino. Anche il Perrnult, seguendo il
Filandro vorrebbe leggere equi parvi per eos, perch il Delfino sta alla fronte del piccolo Cavallo. Ma siccome
Yitruvio non parla di questo Cavallo, cesi deve supporsi che ai suoi tempi non fosse la Lira. Fra le spalle del
Custode e dell'Inginocchiato accomodata la Corona. Ma nel cerchio settentionale stanno due Orse fra se
congiunte coi dossi delle scapule, coi petti al contrario, la minore delle quali da' Greci chiamasi Cinosuraj la
maggiore Etica: i loro capi sono costituiti colla guardatura al contrario ( 1 ): le code si figurano disposte, e voltate
ciascheduna verso la testa dell' altra; e cos queste code sollevandosi soprastanno all' una e all' altra testa. Per le
code di queste si sporge il Serpente: e quella stella che chiamasi Polo splende vivissimamente intorno al capo del
Settentrione maggiore (a): perch quelcostituita questa costellazione, e quindi il Gnliani opina che non si debba
alterare il testo, nulla essendovi d' altronde di assurdo nella lezione comune. Newton poi crede che invece di
Delfino si debba leggere Antinoo, perch la posizione di questa costellazione non lontana dall' Ofiulso, di cui
parla Vitruvio, tanto pi che non viene da Vitruvio stesso indicata, bench sembri che nvesse voluto farlo quando
accenn la costellazione che sta di contro al Delfino. strato
(t) L' originale e capita interse despicentia. Il Galiani ha tradotto: i loro capi guardano all' ingi; cosi il
Barbaro e 1' Orsini, da despicio, che si spiega appunto per guardare all' ingi Ma se stiasi all' etimologia del
verbo, despicio l' opposto di spedo, che significa guardare, vedere: in conseguenza l' inter se despicientia
vuol dire che le due teste sono collocate in modo che non si posson vedere, cio V una al contrario dell' altra.
(3) Qui sembra la lezione oscura e mancante; ma bisogna pensare che Vitruvio non va descrivendo le sole
costellazioni, ma ben anche parecchie stelle singolari, e eh' egli non si propose di fare il catalogo di tutte le stelle e
di tutte le costellazioni, ma di quelle sole che si vedono nel nostro emisfero a nascere ed a tramontare; quindi non
da fare le meraviglie se passa da un luogo ad un altro. Quindi, descritta questa parte del. Serpente che si stende
alle code delle Orse, prima d'indicare quel Desso dello stesso Serpenla che vicina al Dragone s' iuvolve d'
intorno al capo di quello, poscia insieme si getta, e si piega intorno al capo della Cinosura, e si allunga fin presso a'
suoi piedi: questa stella poi intona e ripiegata sollevandosi devia dalla testa dell' Orsa minore alla maggiore verso il
rostro e la tempia destra del capo. Parimente sopra la coda della minore vi sono i piedi di Cefeo, ed ivi alla
estrema cima stanno le stelle che formano un triangolo (i) di lati uguali sopra il segno dell' Ariete. Vi* sono poi
molte stelle assembrate fra V Orsa minore, e l'immagine di Cassiopea (2). Fin qui parlai di quelle costellazioni che
sono disposte in cielo tra la zona dei segni ed il settentrione. Ora ragioner di quelle che sono distribuite dalla
natura alla sinistra dell' oriente ed alle parti meridionali.
CAPO VII.
Delle Costellazioni delle parti meridionali.
Mi. -Primieramente sotto il Capricorno vi il Pesce austrino (3) che guarda la coda della Ba
te, che chiama anche Draco, passa ad accennare due lucide
stelle che stanno nelF Orsa minore.
1 (1) Il triangolo che sta sopra all'Ariete viene da taluni
riputato scaleno, da altri isoscele, il cui vertice sta ai piedi
di Andromedala) Galiani ed Ofliz vorrebbero leggere Cefeo in luogo
di Cassiopea.
(3) Lat. austrinus. Australe"
lena (i): da quello al Sagittario vi un vacuo (2). Il Turibolo sta sotto l'aguglione (3) dello Scorpione. Le parti
anteriori del Centauro (4) sono vicine alla Libra ed allo Scorpione, e tengono in mano quella figura che i periti
degli astri nominano Bestia (5). Lungo la Vergine, il Leo- ne ed il Cancro, la Serpe spiegando una tortuosa schiera
di stelle succinge la regione del Cancro, ergendo il becco al Leone, ed alla met del corpo sostenendo il Cratere,
mentre verso la mano della Vergine le distende la coda 411 cui stass il Corvo. Le stelle poi che stanno sopra le
scar pule (6) sono egualmente lucenti: nel di dentro del ventre della Serpe v' sottoposto alla coda il
(1) Chi legge Cephea e chi Ceti. Perrauh vorrebbe anche sostituirvi Centaurum.
(2) Forse, dice lo Stratico, che le stelle, le quali trovandosi nel piede destro del Sagittario, anticamente si
riferivano al Pesce australe, o fors' anche dai moderni ve ne saranno state aggiunte.
(3) Lat aculeus. Il Barbaro artiglio. Galiani pungiglione. Orsini pungolo.
(4) Due sono i Centauri, cio il Sagittario, di cui si parl, e quello che passa sotto la forma di Lupo.
(5) Si seguita la lezione del Perrault e di altri.
(6) Qui Vilruvio non parla del segno della Vergine, e te il Perrault avesse a ci posto mente non avrebbe fatto le
meraviglie perch non vi sono stelle lucide sulle scapole della Vergine. Ma qui si parla del serpente, ed ivi si
veggono stelle rispleudenti. Cosi il Galiani. Ma il Newton discordando da ayibidue dice, che Vitruvio indica le
scupole del Corvo poco prima nominato, sulle quali vi sono due stelle di eguale splendore, e tali che non si
veggono n sopra il Serpente n sopra 1' Idra. N la voce scapole poteva applicarsi al corpo del Serpente; la
qual cosa essendo stata preveduta dal Galiani, avverti che scapole si dovevano intendere per dorso. Strat.
Centauro: presso al cratere ed al Leone la Nave che chiamasi Argo, la prora della quale invisibile, ma apparisce
eminente l'albero con tutte quelle parti che stanno intorno al timone. La stessa navicella colla poppa congiunta
alla estremit della coda del Cane (i). Il Cane minuscolo (2) poi segue i Gemini rimpetto al capo della Serpe (3):
parimente il Cane maggiore segue il minore. Ma Orione sottoposto traverso premuto dall' unghia del Toro (4),
tenente nella sinistra la clava elevata verso dei Gemini (5). Sta alla sua base la Lepre (6): al Cane a picciolo
(i) Costellazione chiamata Cane maggiore. La stella poi che viene a formare la bocca, e eh' di prima
grandezza si dice canicola ed anche Sirio. Igino per la chiama propriamente canicola, daudo il nome di Sirio ad
Un'altra stella che sta sulla testa del Cane.
(?) Ma ad una notabile distanza verso i Gemelli ed il Cancro. Questo Cane ha una stella di prima grandezza
detta Procione.
(3) I Latini davano il nome di anguis al serpente acquatico, detto dai Greci idra.
(4) Tutti g' interpreti si accordano nel leggere Tauri in luogo di Centauri, che si trova nella comune lezione.
(5) Perrault invece del testo alteram ad Geminos tollens, vuol leggere eam ad Geminos tollens, intendendo
d' indicare la sinistra, perch Orione ( die' egli ) alza la clava verso i Gemelli con la mano sinistra e non con la
destra. Ma questa correzione non si accorda con la vera figura della cosiellazione, come osserva Io stesso Galiani,
il quale perci crede che si debba intendere, che Orione tenga nella mano sinistra lo scudo, e colla destra alzi la
clavf contro i Gemelli. Newton per nega la necessit di alcuna correzione purch si divida il periodo dopo il
tenens, venendo Orione raffigurato siccome sostenentcsi la veste con la sinistra, e sollevante la clava verso i
Gemelli con la destra. Strat.
(6) Qui si totalmente seguita la lezione proposta dal Pontedera.
intervallo vien dietro la Lepre. All' Ariete ed ai Pesci sottoposta la Balena, dalla cui cresta ordinatamente
disposta una leggiera striscia di stelle, detta in greco Harmedone: a grande intervallo al di dentro stringendosi il
nodo delle stelle serpeggianti ( r ) tocca la sommit della cresta della Balena. Un fiume di stelle, che somiglia in
vista all'Eridano (2) scorre prendendo il* principio del fonte dal piede sinistro dell'Orione: quell' acqua poi, che si
racconta essere versata dall' Aquario, scorre tra la testa del Pesce austrino e la coda della Balena.
36. Or io ho esposto le immagini figurate e formate delle stelle, che dalla natura e mente divina furono disegnate
nel mondo, come opin il filosofo Democrito: ma di quelle soltanto, delle quali possiamo vedere cogli occhi il
nascimento c 1' occaso; perch siccome le Orse rivolvendosi intorno il cardine dell' asse non tramontano, n si
nascondono sotterra; cos pure all'intorno del car
fi) Chi legge serpentis, chi serpentium, chi piscium. L' Orliz pensa che debba leggersi serpentium, ma che non
vada inteso per nome sostantivo, ma per attributo di stellarum. Questa spiegazione, a parere dello Slratico,
giusta. Il Pontedera avea gi preceduto 1' Ortiz nello spiegare per aggettivo la voce serpentium.
(aj Gli astronomi egiziani dicevano che questo fiume era il Milo; i Greci un piccolo rivo di tal nome nell'Attica; i
Francesi il Rodano; gli Spagnuoli il Guadalquivir, o la Guati iana, o lo Stretto d'Ercole. I Greci chiamarono
Eridano anche il Po; e forse i Latini per equivoco, come mostra il 80chart, diedero al Po il nome di Eridano, onde
far credere agli astronomi che fu trasferita iu cielo la figura di questo fiume.
F/TEvrio, Lib. JX. 4
dine meridionale, che stante l'inclinazione del mondo rimane sotto la terra, le stelle giranti e latenti non hanno uscite
orientali al di sopra: ond' che a cagione dell' impedimento della terra ci sono ignote. L' indizio di questa cosa l'
abbiamo dalla stella Canopo, la quale non conosciuta in questi paesi; ma ce ne diedero raggUa * glio i
mercatanti che furono fino alle regioni estreme dell' Egitto, ed ai paesi contermini ai confini ultimi della terra.
37. Or io ho insegnato quale sia il prospetto (1) delle stelle del cielo erranti intorno alla terra, e la disposizione
dei dodici segni alle parti settentrionale e meridionale; perch da questa revoluzione del mondo, e dal contrario
corso del Sole pei segni, e dalle ombre equinoziali delli gnomoni si trovano le descrizioni degli analemmi.
38. Le altre cose che appartengono all'astrologia, cio quali effetti producono li dodici segni, i cinque astri, il
Sole e la Luna per la regola della vita umana, deesi lasciare alla raziocinazione de' Caldei: perch propria di loro
la scienza della genetliologia (2) , affinch possano coi
(1) Secondo l' antica lezione perspectus rimessa dal Ponledera. Gli altri leggono ut sit perfectus affatto senza
senso.
(1) Era una razza d' uomini perniciosa, proveniente dai Caldei, che professava questa scienza, e la quale erasi
propagata in Egitto, nell' Arabia, nella Grecia ecc. Tiberio li escluse da Roma, ma furono poi di nuovo accettati a
patto che si astenessero dai vaticini. Quella poi era una scienza, per cui si faceva la nativit alle persone
predicendo gli e-calcoli degli astri spiegare le cose antefalte ( i ) e
1
future. Le invenzioni poi che essi lasciarono
scritte dimostrano di quale solerzia, di quale acutezza, e quanto grandi siano stati coloro, che uscirono fuori dalla
stessa nazione caldea. E primieramente Beroso fermatosi nell' isola di Coo, ivi apr scuola, poscia lo studente
Antipatro, e parimente Achinapolo, il quale spieg le ragioni della genetliologia non solo dalla nascita, ma eziandio
dal concepimento. Talete Milesio poi, Anassagora Clazomenio, Pitagora Samio, Zenofonte Colofonio, e
Democrito Abderite lasciarono i loro pensamenti sulle cose naturali, e sui principi dai quali si governa la natura, e
come sono generati tutti gli effetti. Seguendo le invenzioni di questi uomini, Eudosso, Eudemone, Callisto, Melone,
Filippo, Ipparco, Aralo ed altri dall'astrologia per mezzo delle discipline dei parapegmi (2) ritrovarono il nascere
ed il tramontare delle stelle, e le vicende delle stagioni, e le lasciarono spiegate ai posteri. E in vero le scienze di
questi filosofi de
venti della lor vita, che ci che volgarmente si dice dai nostri leggere il pianeta.
(1) Lat. antefacta. Se si usa antedetto, perch non anche antefatto?
(a) Salipasio dice eh' era questa una tavola di metallo, sulla quale stava disegnata la configurazione del cielo, ed
indicato il nascere ed il tramontare degli astri, come pure i vari tempi dell' anno. Questo nome, di origine greca,
significa una qualche cosa affissa in un determinato luogo, come sono gli editti; ed anche la connessione di pi
parti, il che si adatta all' idea degli strumenti matematici che servono da le osservazioni asuoagjnicjie. Strat.
Vono essere ammirate dagli uomini, perch furono fatte con tanta cura, che sembrano con mente divina presagire
le vicende future delle stagioni. Onde queste cose debbono lasciarsi alle loro cure ed applicazioni.
CAPO Vili.
Delle regole degli orologi e delle ombre delli gnomoni al tempo equinoziale in Roma ed in alcuni altri
luoghi.
3y. INloi per dobbiamo separare dai loro studj le regole degli orologi ( 1 ) e spiegare le brevit e lunghezze
(2) mestruali dei giorni. Perch il sole al tempo equinoziale aggirandosi in Ariefi) Veggnsi la Giurila HI. Tutti gli
astronomi antichi tanto babilonesi che di Grecia stabilirono per le loro ricerche di dividere il giorno, in cui cadeva l
equinozio, in dodici parti eguali. N si poteva al certo far altramente, finch non fosse determinato il nome e 1' uso
delle ore. Dopo di che, inventati gli orologi, siccome le ore risultavano ora pi. lunghe ora pi brevi a seconda
della stagione, gli astronomi ed i gnomonici, lasciando la stabilita distribuzione per gli usi civili, riferivano tutte le
loro operazioni alle ore equinoziali; perciocch essendo gli orologi conformati dietro il corso del Sole, mostravano
le ore per tutti i mesi, crescenti e decrescenti dietro la lunghezza delle ombre, quindi riferivano tutte le operazioni
luatcmaliche e gnomoniche all' ombra dello gnomone equinoziale. E non solo la diversit della stagione, ma ben
anche quella della posizione di un paese, fa variare la lunghezza delle ore; e perci in ogni paese per istituire un
orologio prendevano per norma 1' ombra equinoziale. Dal Salmnsio, Esercii, pag. t>4i.
(2) Il testo depalaliones. Questa voce viene dal Perrault interpretala per proporzione dell' ombra
equinoziale, ritenendo che drpalatio proveuga da palo, e significhi una cote ed in Libra delle nove parti che ha
dallo gnomone ne fa otto di ombra nella declinazione del cielo ( i ) di Roma: parimente in Atene da quat
sa verticale, la .cui ombra varia ogni giorno. Turnebo e Baldo confessano di non sapere cosa possa intendere
Vitruvio con quella voce. Il primo conglnettura che voglia dire rimovimento del palo, cio quella cosa che indica
di qual modo si abbia ad allungare o ad abbreviare la durata del giorno, il quale dipendeva dall' elevatezza o
depressione del cono che chiudeva pi o meno il foro, onde le ore risultassero pi o meno lunghe. Il Baldo invece
suppone che derivi dalla voce palar, che significa errare qua e l, quasi voglia indicare 1' ineguaglianza delle
ombre che vanno crescendo o diminuendo dall' una o dall' altra parte. Il Galiani per osserva che nel codice
vaticano si legge explanationes, la qual voce nota, e propria a questo luogo. L' Ortiz invece dice che
conoscendosi ci che vuole significare Vitruvio con quella parola, inutile il cercarne l'etimologia. Pu forse
derivare dal verbo dispalare o dispaiavi spesso usato dai Latini per indicare alcuni soldati dispersi e separati dall'
esercito; ovvero con altri dal verbo depalo, che si trova in molte antiche iscrizioni. P. certo per che Vitruvio qui
vuole indicare il crescere ed il decrescere dei giorni. Newton suppone che il nostro autore abbia voluto accennare
la disuguale e varia divergenza delle linee che segnano le ore. Fin qui lo Stratico. Il Pontedera dice che l' architetto
latino si propone di spiegare le brevit mensili dei giorni, e che perci con la voce depalaliones deve intenderemo
la lunghezza dei giorni, o la loro eguaglianza. A noi sembra che depalaliones indichi un'operazione fatta con un
qualunque stromento, detto forse palo, nello slesso modo che da livello dicesi livellazione; e questo era un
termine tecnico per indicare le operazioni che si facevano dietro l'ombra del palo o gnomone, oude fissare le linee
orarie. Nulladimeno dopo le spiegazioni di tanti oomeutatori non si pu ancora veramente accertarsi della natura
del vocabolo, e pare doversi dire tuttavia che vi errore nel testo. Ma essendovi errore si pu facilmente
correggere colla voce dilatationes, la quale non pu non essere stata usata da Vitruvio, mentre al paragrafo 47-
"P. IX. di questo libro dice: sol dilatai contrahitque dies. La critica figlia dell' intelletto e della libert, e deve
rompere i legami della pedanteria.
(i) La declinazione del cielo, o del Sole, come vuole intendere qui Vitruvio, e come spiega lo Stratico, 1' arco
di tro parti dello gnomone ne vengono tre d'ombra: in Rodi da sette, cinque: a Taranto da undici, nove: in
Alessandria da cinque, tre; e in tutti gli altri luoghi le ombre equinoziali delli gnomoni secondo la diversit dei
luoghi dalla natura si trovano diversificate.
meridiano compreso fra il Sole e lo zenit dell' osservatore. Dietro questa spiegazione chiaro che se la latitudine
egrafica dell' osservatore boreale, ed il Sole stia fra l'equatore ed il tropico del Cancro, la declinazione sar
eguale alla somma della latitudine geografica e della distanza del sole all' equatore; che se poi ritenendo la
latitudine boreale, ed il Sole stia fra 1' equatore ed il tropico del Capricorno, la declinazione eguaglier la
differenza che passa fra la latitudine geografica e la distanza dal Sole all' equatore; e finalmente se il Sole sta sotto
1' equatore, come accade nei giorni degli equinozj, la declinazione sar eguale alla latitudine geografica. Laonde 1'
ombra meridiana equinoziale di
Jtende dalla latitudine geografica del luogo; e quindi dietro e latitudini si potr facilmente determinare la lunghezza
dell' ombra meridiana equinoziale.
Devesi per distinguere questa declinazione da quella che unita all' ascensione retta serve agli astronomi per
determinare la posizione di qualunque astro rispetto all' equatore. Quest' ultima declinazione l'arco di quel
circolo massimo, che passa pel polo dell' equatore e per I' astro, compreso fra 1' astro medesimo e l' equatore;
per cui si distingue in positiva ed in negativa secondo che si conta dall' equatore verso il polo nord o verso il polo
sud; e si determina quando sia data la latitudine geografica e la distanza meridiana dall' astro allo zenit
dell'osservatore, poich eguaglia la somma di queste due quantit se I' osservatore sta fra l'astro e l'equatore,
ovvero la differenza se invece l'astro sta fra 1' equatore e 1' osservatore. Dalla qual maniera di calcolare la
declinazione di un astro si vede eh' essa zero quando 1' astro sta sotto 1' equatore.
I rapporti poi stabiliti da Vitruvio fra l'altezza dello gnomone e la lunghezza dell' ombra non sono precisamente
quelli che risulterebbero dal calcolo, ma la differenza piccolissima, e si pu ritenere, come osserva lo Stratico,
che Vitruvio 1' abbia trascurata per tener conto de' numeri intieri.
. 4- Perci in qualunque siasi luogo si *vogliano delineare orologi, ivi deve prendersi l'ombra equinoziale: e se (
come in Roma ) le parti dello gnomone saranno nove, ed otto dell'ombra, si descriva una linea nel piano (i), e nel
mezzo
(i) Ecco di qual maniera i comeotatori descrivono la figura qui indicata da Yitruvio. Si segni sul piano orizzontale
una retta TB ( lig. 5. Tav. L), ad un' estremit B, della quale s' innalzi BA perpendicolare alla TB, la qual
perpendicolare dicesi gnomone. Fatto centro nelF estremit superiore A col raggio AB si descriva un circolo, cui
si dar il nome di meridiano. Si divida la AB in nove parti eguali; indi sulla linea orizzontale, contando da B, si
segnino otto di quelle parti fino in C, di modo che BC sia 53 g AB; questa BC sar la lunghezza dell' ombra
equinoziale dello gnomone; si guidi la retta CA che indicher la direzione del raggio solare negli equinozi. Pel
centro si tiri la retta IAE, parallela alla TB, la quale divider il circolo in due semicircoli eguali, e che .dai
matematici viene detta orizzontale. Si divida poi la circonferenza in quindici parti eguali, due delle quali sieno EH
ed FG, contate dal punto F, in cui il raggio solare taglia il circolo. Pei punti G, H, cos determinati, e pel centro si
guidino le rette AGT, Alla, le quali rappresenteranno i raggi solari nei due solstizj estivo e jemale. Pei punti G ed H
si guidino le GL, ed HK. parallele al diametro NAF determinato dal raggio equinoziale; l'inferiore di queste fisser
la parte oscurata nella state, e la superiore quella nell' inverno. Si dividano per met le due corde GL ed HK, e pei
punti di divisione, e quindi pel centro, si guidi una retta, che andr a tagliare la circonlerenza nei punti P, Q, e che
sar perpendicolare al raggio equinoziale; questa viene dai matematici detta asse. Dai puniti M, o di divisione
come centri, e coi raggi ML, OK si descrivano due semicircoli, uno per la stagione estiva, l' altro per l' invernale.
Siano S, V i punti, in cui le due corde parallele tagliano la linea dell' orizzonte. Si guidi la retta GH alle estremit
dei due semicircoli, la quale sar parallela all' asse, e taglier la linea equinoziale in X; il suo nome lacotomo.
Finalmente col centro X e col raggio XII si descriva il circolo dei mesi HGC, che dicesi monaco.
Diviso poi il manaco in dodici parti eguali, si potr col suo mezzo determinare 1' ombra meridiana dello
gnomone si iflzi ima i ella ortogonale ( i ) in maniera clic stia a squadra, la quale chiamasi gnomone: e dalla linea del
piano all' estremit dello gnomone col compasso si misurino nove spazi, ed al termine della nona parte si stabilisca
il centro, nel quale siavi la lettera A: indi aperto il compasso, da quel centro alla linea del piano, dove sta la lettera
A si descriva un circolo, che chiamasi meridiano: poi delle nove parti, che sono dal piano al centro dello gnomone,
se ne prendano otto, e si segnino nella linea dove la lettera C. Questa sar l'ombra equinoziale dello gnomone.
Da quel segno poi ov' la lettera C si conduca una linea pel centro dov' la lettera A, e qui sar il raggio
equinoziale del Sole. Allora dal centro condotto il compasso alla linea del piano si segni l' equidistanza a sinistra in
E, e a destra in / liell' estreme linee della circonferenza, e si tiri
progettata dal Sole in ciascun segno dello zodiaco: poich segnati sulla linea GH, i punti i. i. 3. 4> col mezzo delle
rette che passano per quelle divisioni, essi indicheranno la distanza del Sole dalla linea equinoziale in ciascun mese;
per lo che guidate varie linee dal centro A dello gnomone per ciascuno di quei punti, e prodotte fino ad incontrare
la retta TB, sar determinata la Ifrtaghezzn dell' ombra meridiana per ciascun mese.
Si osserva poi giustamente, che la prescrizione data da Yitruvio di dividere in quindici parti la circonferenza, per
determinare con una di esse la distanza dall' equinozio al solstizio, prova che ai suoi tempi si calcolava 1'
obbliquita dell' eulittica di a4
J
. Ora per questa obbliquita viene determinata di 93 27' 43", 1
(T) L' originale, sta scritto in greco: pr* ortas, cio ad angoli retti; e da quelle voci grache i matematici hanno
formata la sola voce italiana scientifica ortogonale.
una linea pel centro in modo che sieno ugualmente divisi due semicerchi. Questa linea dai matematici si chiama
orizzonte. Di poi si prenda la decimaquinta parte di tutta la circonferenza, e si collochi il centro del compasso nel
luogo, in cui il raggio equinoziale taglia la linea della circonferenza della lettera F, e si segni a destra e a sinistra,
dove sono le lettere GH. Indi da queste, pel centro, si tirino due linee fino alla linea del piano, dove sono le lettere
TR, e qui si avranno i raggi del Sole uno invernale, e 1' altro estivo. A fronte poi di E sar la lettera I nel punto
ove la circonferenza tagliata dalla linea che passa pel centroC e rimpetto a G, H saranno le lettere K, L, e
rimpetto a C, P, A la lettera NAllora si tirino i diametri da G ad L
}
e da H a K: l'inferiore sar della parte estiva, il
superiore dell' invernale. Questi diametri dovranno partirsi per mezzo dove saranno le lettere M
}
O ed ivi si
segneranno i centri, e per que' segni e pel centro A si tiri una linea all' estrema circonferenza dove saranno le
lettere PQ. Questa linea sar ortogonale al raggio equinoziale, e la detta linea dalla lingua dei matematici chiamasi
Axon. Da questi centri condotto il compasso fino agli estremi diametri si descrivano due semicircoli, 1' uno de'
quali 1' estivo, l' altro sar l'invernale. Di poi ne' luoghi dove le linee parallele tagliano la linea detta orizzonte alla
parte destra siavi la lettera S
a
alla sinistra V, ed all'estremit del se
micerchio, ove la lettera G si tiri una parallela all' assone ( i ) fino al semicerchio sinistro dove la lettera H.
Questa linea parallela si chiama lacotomo (2): e in fine si collochi il centro del compasso nel luogo, in cui il raggio
equinoziale taglia la detta linea, dove sar la lettera X
t
e si allarghi fino a quel luogo, nel quale il raggio estivo taglia
la circonferenza, dove sar la lettera H
f
e col centro equinoziale, e coli' intervallo estivo si tiri la circonferenza del
cerchio mestruale, che chiamasi manaco (3). In tal modo si avr la figura dell' analemma.
4i. Ci dimostrato e spiegato, sia colle linee invernali, sia coli' estive, sia coli' equinoziali, od anche colle
mestruali, in aggiunta si avranno dagli analemmi le misure delle ore, e si presenteranno molte variet e generi di
orologi con queste regole artifiziose descritti. Perch di tutte quelle figure e descrizioni uno sar sempre 1' effetto,
cio che il giorno equinoziale, brumale, e parimente solstiziale sia in dodici parti eguali diviso. Queste cose non
pretermetto io qui intimorito dalla pigrizia, ma per non annoiare scrivendo troppo; solo dir di quelli che hanno
inventati i ge
(1) Il testo parallela axoni.
(a) Non si accordano i grammatici sulla derivazione di questa voce. Sembra per di origine greca, ed alcuni la
fanno provenire da lachis, pezzo di qualunque cosa, e tortino, leccare, perch viene a tagliare una parte del
meridiano.
(3) Questa voce si vuole derivante da man, mese. Scaligero dice che dalla medesima proviene almanacco.
neri e le figure degli orologi. Che ora non posso io inventare nuovi generi; n vantare per miei gli altrui. Adunque
dir da chi sono stati trovati quelli che ci sono trasmessi.
CAPO IX.
Della regola, uso ed invenzione degli orologi (1), e dei loro inventori.
42. Si narra che Beroso (2) Caldeo sia stato inventore del semicerchio scavato in un quadro, e tagliato ad
enclima (3); della scafa (4)
(1) Dice lo Stratico che oggid si chiamano propriamente orologi quegli automi che si muovono in forza di un
peso, o del moto dell' uomo che seco li trasporta. Non sappiamo per come il moto degli orologi, cosi detti da
saccoccia, sia dallo Stratico attribuito al moto dell' uomo che seco li trasporta, quando invece dipende dall'
elasticit della molla interna. Generalmente poi il nome di orologio conviene a tutto ci che serve ad indicare le
ripartizioni del tempo; e perci orologi diconsi propriamente anche li gnomoni, e le depsidre. E vero che questi si
determinano sempre con qualche aggiunto dicendoli orologi solari, orologi a sabbia, ad acqua ecc. .
(2J Sembra che lo gnomone di Beroso fosse un pliuto inclinato ed equinoziale, che questo plinto di forma
emisferica fosse incavato nella parte superiore rivolta a settentrione, e ebe dal fondo di questo emisfero sorgesse
uno stilo rappresentante colla sua punta il centro della terra, di guisa che la sua ombra cadendo nella concavit
indicasse le ore per quei luoghi che stanno fra i tropici, e non solo le ore, ma benanche le declinazioni del Sole per
ciascun mese.
(3) Abbiamo ritenuto la voce originale, stantech si ritengono anche le altre che seguono, e che procedono dalla
stessa fonte greca: e tanto pi perch enclima ha lo stesso significato di clima.
14) Vitrtivio unisce qui le due voci scafe ed emisfero, Aristarco Samio; e cos pure del disco nel piami (i):
dell'amene (2) l'astrologo Eudosso: dicono altri Apollonio. Del plintio, ossia lacunare (3) ( come quello del Circo
Flaminio ) Scopa Siracusano; del pros ta istorumena (4) Parmenione: del pros pan clima (5) Teodosio ed
Andrea: del pelecino (6) Patroclo: del cono Dionisiodoro: della faretra (7) Apollonio: e di altri generi ancora i
soprascritti, e altri molti ci la
per far conoscere che questo gnomone era sferico e concavo, non per mostrare che fosse ovale come taluni
opinarono. Marziano Capella dice che li gnomoni erano chiamati scafi. nel Diario Italico dei Letterati, anno 1746
S. '4> si trovano alcune notizie sugli orologi antichi esposte dal P. Boecovich, e particolarmente ad uno gnomone
antico scavato nella terra di Toscolano. Esso suppl al mancante stilo indicatore, e conghicttur, non senza
ragione, che fosse questo il semicircolo di Beroso. Chi volesse conoscere la forma di questo semicircolo potr
leggere la dissertazione di Jacopo Zieglcro, riportata nell' ultimo volume nell' edizione vili uviana di Polcui e
Stratico.
(1) chiaro che qui vuoisi indicare un orologio solare descritto sopra un piano orizzontale.
(a) Dice lo Stratico che ci era forse alcun che simile alla tela di ragno; ovvero a quegli, orologi che poco dopo
descrive col nome di anaporici.
(3) Galiaui osserva che diffidi cosa il rintracciare 1' etimologia dei nomi dati ad orologi, di cui non si conosce
la forma; e quindi non essere proprio di affaticarsi su tal proposito, particolarmente essendo variatissime le lezioni
dei codici.
(4) Orologio universale da potersi usare in ogni parte del mondo.
(5) Orologio che serviva per ogni clima.
(6) Orologio fatto, a foggia di accetta.
(7) Offrivano la forma di una faretra quegli orologi che essendo in un piano verticale segnano tanto verso
oriente che verso occidente.
sciarono le invenzioni, come del gonarca (i), dell'cngonato (2), dell' antiboreo (3).
4.3. Parimente, oltre questi generi, molti lasciarono scritto come si facessero i pensili da viaggio (4): nei libri dei
quali potr chiunque lo voglia trovarne 1' esposizione (5), purch sappia descrivere gli analemrni (6). Cosi pure
dagli stessi scrittori furono ricercate le regole degli orologi d'acqua, e primo di tutti fu Ctesibio (7) Ales
fi) Dal greco goni, angolo, perch questo orologio conslava di pi piani uniti ad angolo.
(2) Degli altri nomi hanno cercato i comentatori d' indovinare l' etimologia, ma di questo non hanno potuto
trovarne una nemmeno lontanissima per poterla applicare ad un orologio. Solo dicesi che potrebbe derivare dal
verbo greco engonalizin, inginocchiarsi.
(3) Orologio descritto nel piano dell' equatore, guardando al polo boreale. Orsini.
(4) Corrispondevano questi, secondo lo Stratico, a ci che ora dicesi anello astronomico. Si vede che anche
allora cercarono di conoscere la divisione del tempo anche viaggiando, al che ora si provvide in maniera pi
comoda ed esatta con gli orologi da saccoccia.
(5) 11 testo subjectiones. Traduce il Barbaro descrizioni. Il Galiani seguito dall' Orsini: pu chi vuole
applicarle a dati luoghi. Ci sembra che qui subjectio significhi una cosa posta propriamente sotto gli occhi,
perch sia subito intesa; e perci il Barbaro, secondo noi, ne colp il vero senso: se non che ci parve che
esposizione sia ancora pi espressivo di descrizione.
(6) Da qui si vede pi chiaro che analemma non altro significa presso Vitruvio che la teoria della gnomonica.
(7) Gli orologi solari servivano soltanto quando il cielo era sereno, ed anche in questa circostanza non potevano
essere giovevoli che di giorno; perci s'immaginarono gli orologi ad acqua, i quali potessero accennare l' aumento
o la diminuzione delle ore con eguale precisione dei solari. Plinio dice, eh' essendo incerte le ore quando il tempo
era nubiloso, Scipione Nasica fu il primo a dividere le ore in parti eguali, tanto di giorno che di notte, col mezzo
dell' acqua. sanclrhio, il quale scopri eziandio le cose spiritali e pneumatiche
1
(i): ed ben degno d'essere
conosciuto dagli studiosi il modo, con cui furono fatte queste invenzioni. Ctesibio era nato in Alessandria da un
padre barbiere: essendo Ctesibio per ingegno e per grande industria sopra tutti eccellente, voce che si dilettasse
di cose arlifiziose; perch volendo egli appendere nella taverna di suo padre uno specchio in maniera che quando
si abbassasse e si rialzasse, una cordicina celata dirigesse il peso, cos compose l'ordigno. Affisse un canale di
legno sotto una trave, ed ivi colloc alcune girelle: tir la cordicina pel canale fino all' angolo, dove costru alcuni
tubetti (2): in questi si studi di far discendere per la cordicina una palla di piombo. In tal guisa il peso nel correre
per le angustie de' tubetti premendo la densit dell' aere, e colla veemenza del corso scacciando per le fauci all'
aperta la quan
E Censorino: Qualche tempo dopo, Nasica Censore fece con l' acqua un orario, il quale per la consuetudine
che ,, si aveva di segnare le ore col nascere del Sole, fu da ,, principio detto solario ". Questi orologi ad acqua,
non meno che i solari, essendo le ore pi lunghe o pi brevi, si accorciavano o si allungavano; i medesimi
dividevano il giorno in dodici ore uguali come i solari, ma di pi ripartivano in ugual modo anche la notte, ci che
nei solari non poteva aver luogo. Salmasio nelle sue Esercii, pag. 63j.
(1) Collo Schueider, che legge spiritales invece di spiritus naturales. Gli stromenti pneumatici, che si
conoscono come invenzione degli antichi, e descritti da Erone Alessandrino, mostrano quanto si occupassero
perch dall' equilibrio dell' aria e coli' ajuto della pressione e del calore si potesse ottenere il moto ed alcuni
regolari fenomeni.
(2) Lat. tubulo*.
tit dell' aria dalla compressione assodata, coli' incontro e col contatto espresse un suono ben chiaro. Onde
avendo Ctesibio considerato che dal contatto dell' aere e dall' espulsione nscevano spiriti e voci, mettendo in
pratica questi principi fa il primo ad inventare le macchine idrauliche.
44- Parimente invent le automate(i) espressioni (2) di acque, macchine (3) a diritto ed a circolo, e molte altre
dilettevoli cose, fra le quali fece anche preparazioni di orologi di acqua. E primieramente stabil una cavit fatta
neh" oro, o in una gemma trapanata, perch queste cose n si logorano dalla percussione dell' acqua, n ricevono
sordidezze, per cui si possan turare. Perci l' acqua per entro questa cavit scorrendo, egualmente solleva uno
scafio (4) rovescio ( che dagli artefici chiamasi sughero o timpano ), nel quale collocatavi una regola si fanno certi
timpani ver
(1) Qui il Pontedera scaglia fiere invettive contro quelli che deturparono il testo in modo da non potersi
assolutamente correggere. Suppone per che invece della voce greca automatus debba stare 1' altra
automatopitas, cio formate a guisa di automi.
{i) Il latino aquarum expressiones. Altri traducono giuochi d' acqua. Il vocabolo italiano mette espressione in
senso traslato, perch non farne uso anche in senso proprio, secondo la etimologia del verbo esprimo, .cio
premere o spinger fuori con forza?
(3) Il latino: porrecti rotundationisque machinas. Galiani: macchine di vetti e di peritrochi. Barbaro:
macchina tratte dalla ragione del diritto e del circolar movimento. Il vero senso spiegato coi termini
scientifici : macchine capaci di produrre moto progressivo e rotatorio.
(4) Intorno a questa voce veda il lettore una nostra nota al cap. x. del lib. VIH.
salili (t) a dentelli uguali: i quali dentelli spingendosi 1' un 1' altro fanno misuratamente i loro giri e mossioni.
Parimente si mettono altre regole ed altri timpani allo stesso modo dentati, che spinti dallo stesso moto, co' loro
rivolgimenti producono effetti vari di moti, ne' quali si muovono figurine, si aggirano le mete (2), si scagliano
sassolini od uova. (3), suonano trombe, ed altri somiglianti artifizi (4); ed anco in questi, o sqpra una colonna,
ovvero sopra un pilastro si descrivono le ore, che una figurina uscendo dal
(1) Lat. versalilia; usiamo pure in italiano versatili, eh' anche voce d' uso.
(2) Opina 1' Orsini che mela significhi qui quel termine, che si poneva sopra alla mostra dell' orologio, non gi
che le mete o le piratuidettc si girassero, come hanno creduto gli interpreti, ma bens che le figurine movendosi
girassero unitamente alle mete.
(3) Lo Stratico suppone che gli orologi di tal fatta mandassero un qualche rumore alto ad annunziare l' ora, e
rigetta col Pontedera la lezione di ova invece di tona. Certo per che Vitruvio qui mostra come al volgersi delle
mete venivano gettati caladi aut tona; ora calculi corrisponde qui certamente a sassolini, i quali cadendo in
qualche recipiente di metallo potevano indicare col suono il numero delle ore, come appunto nel lib. X. cap. i4-
dice parlando del modo di misurare la strada che si percorre; e perci invece di questi sassolini vi poteva essere
un meccanismo, per cui uscisse un certo suono che servisse allo stesso effetto. Tuttavia siamo sempre in dubbio se
debba leggersi tona in luogo di ova, perch il testo dice calculi aut tona: ora non vi alcun rapporto di
conformit fra sassolini e tuoni. E poi che modo di dire sarebbe mai projicere tona? All' incontro ova pu essere
detto per similitudine, intendendo che quei sassi scagliati sieno della forma e grandezza di un uovo. 11 Galiarii per
traduce tona in senso di tuoni o romori che facciano i sassi cadendo in un vaso di rame.
(4) Il lat. parerga. Artificio che serve anche di ornamento
1* estremit di una verghetta indica per tutto il corso del giorno: 1' aggiunta poi o la levata (i) dei coni dee
perfettamente segnare le brevit o crescenze delle ore.
45. Le preclusioni per regolare le acque si formano in questa maniera. Si fanno due mete, 1' una solida, l' altra
concava, lavorate sul tornio con tal perfezione che una possa entrare e combaciare coli' altra; e col mezzo di una
medesima riga il loro o allentamento o coartazione (2) produce o veemente o leggero il corso dell' acqua che
scorre in que' vasi. Con queste regole, e con questo macchinismo (3) si compongono coli' acqua gli orologi per
l'uso invernale (4). Che se colle aggiunte e colle dettrazioni non si avranno giustamente gli accorciamenti o gli
allungamenti dei giorni, perch i coni spessissimo diventano difettosi, si dovr operare cos.
46. Nella colonnetta (5) si descrivano le ore
(1) Levare sta pure in senso di tor via. Pu dunque nello stesso significato usarsi levata.
(a) latinismo, ma ci si conceda l'uso.
(3) Ci pare che con questa voce si spieghi bene il latino machinatione.
(4) Oltre alle clcpsidre, che servivano particolarmente nella stagione invernale, in cui il cielo per la maggior
parte nubiloso, avevano gli antichi altri orologi detti notturni. La costruzione poi degli orologi era allora di molta
difficolt per la ineguaglianza delle ore in ciascun giorno, stante la divisione in dodici parti eguali. A questo per si
provvedeva con due artificii, i quali vengono descritti dal Pcrrault nei suoi conienti a Vitruvio.
(5) Questa figura, ed il metodo per fare questa delineazione vengono esposti dal Pcrrault nel modo seguente.
Sia
Vnnvrio, Lib. JX. 5
attraverso agli arialemmi, e nella stessa si segnino le linee mensuali; la colonnetta si formi versatile, di modo che
girando questa continuamente intorno alla figurina ed alla vergbetta ( della quale verghetta la uscente figurina
addita le ore ) in ciascliedun mese faccia le abbreviazioni e gli accrescimenti delle ore.
47- Si fanno anche orologi invernali di un altro genere detti anaporici (i), e si formano in questa maniera. Si
dispongono colla descrizione
svolta la superficie della colonna in un rettangolo GGHH ( fig. 4- Tav. I. ). Il lato GG, eh' eguaglier la
circonferenza della colonna, si divida in dodici parti uguali. Le linee verticali AB, CD, che corrispondono alle ore
dei giorni equinoziali, si dividano in ventiquattro parti pur uguali. Si segni il massimo numero delle ore che devono
aver luogo in un giorno nel luogo, in cui si deve stabilire la clepsidra; e sia questo ad esempio sedici, e si contino
da A sino ad R. Le linee GH, EF, corrispondenti ai giorni solstiziali, si dividano in modo che riesca ES = HI TZ.
AR, le quali parti comprenderanno sedici ore, mentre le rimanenti iG, RB, GF ne comprenderanno otto. Si
dividano poi le due ES, HI in dodici parti, uguali, come pure le due IG ed SF. Ripartita cos la superficie la si
ravvolga intorno alla colonnetta, la quale in virt della clepsidra e delle ruote dentate poste internamente si vada
innalzando con moto equabile per tutto il giorno, e ciascun giorno girando intorno all' asse, di guisa che da un
indice fisso vengano indicate le ore, le quali saranno fra s stesse eguali ogni giorno, ed ineguali se si confrontino
quelle di un giorno con quelle di un altro successivo.
(1) Voce che significa un oggetto che s' innalza, e dalla descrizione vitruviana si vede che questo nome conviene
a quella specie di orologi. Baldo suppone che siano stati cos chiamati dai segni dipinti sopra i medesimi, i quali si
vanno successivamente alzando sopra l' orizzonte. Essi per si assomigliano all' Aracne Astrolabio, in cui lo
zodiaco si rappresenta per mezzo di un circolo eccentrico dalla circonferenza della ruota che fa progredire l'
Aracne. Strafico.
dell' analemroa le ore con vergliette di metallo nella fronte partendo dal centro: la qual fronte cinta di circoli, che
finiscono gli spazi mensuali. Dietro a queste vergliette si collochi un timpano, nel quale sia descritto e dipinto il
modo e il circolo signifero (i), e la descrizione sia figurata de' dodici segni celesti, dal cui centro si formi lo spazio
di ciaschedun segno (2), uno maggiore, l'altro minore. Nella parte posteriore in mezzo al timpano va incassato un
asse versatile, intorno a cui sia ravvolta ,una molle catena di metallo, da una parte della quale penda il sughero o-
timpano sollevantesi dall'acqua, dall'altra a giusto contrappeso del timpano una sacoma di savorra. Cos quanto il
timpano si solleva dall' acqua, altrettanto calando il peso della savorra fa girare l' asse, e 1' asse il timpano; il quale
girare del, timpano fa si che in un luogo la parte maggiore del timpano, in un altro la parte mi- more colla speciale
rotazione segni a suo tempo le propriet delle ore. Perch nei. singoli segni -sono formate tante cavit quanto il
numero dei giorni di ciaschedun mese, la cui bolla (3), che negli orologi suol farsi- ad immagine del Sole, mo-stra
gli spazj delle ore, e questa trasportandosi
(1) Il tat. signifer.
(a) Galiani interpretando il senso dell' autore: con tirare dal centro le linee, le quali segnano gli spazj di
eiascun segno.
a Gal. indice.
1
d' un foro nel foro del mese susseguente va a terminare il suo corso. Onde siccome il Sole andando per gli spazi
dei segni dilata ( i ) e restringe i giorni e le ore, cos la bolla negli orologi pei punti contrari
a
^ S'
ro

l
^
e
^
centro
del
timpano, trasportandolo quotidianamente in alcuni tempi agli spazi pi larghi, in altri ai pi angusti, col finire dei
mesi finisce le immagini delle ore e dei giorni.
48. Per l'amministrazione dell'acqua (2), cio per regolarla a dovere, si dovr fare cos. Dietro la fronte dell'
orologio si collochi internamente un castello, nel quale per una fistola salga 1' acqua, e in fondo siavi una cavit, a
cui sia affisso un timpano di bronzo con un foro, pel quale dal castello in esso entri l' acqua. In questo poi sia
incluso un timpano minore coi cardini torniti, maschio e femmina, tra loro accoppiati, in modo che il minor
timpano, a guisa di epistornio (3) menando intorno strettamente e lievemente si aggiri. Il labbro poi del timpano
maggiore abbia segnati a giusti intervalli trecento sessantacinque punti; ma il girello minore abbia fissa neh" estrema
circonferenza una linguella, la cui sommit si
(1) Questa voce appoggia la nostra nota intorno alla voce dep al adone s, cap. 8. paragrafo 5i).
(2) Gli orologi ad acqua sono antichissimi, poich erano usati anche dagli Egizj, come si ha da Orapollo, lib. I.
cap. 16.
(3) Lat. epistomium: quel turacciolo di legno che tura la buca, d' onde s' empie la botte; e che in italiano si
chiama cocchiume, ed in veneziano cocon.
diriga alle stazioni dei punti. Nello stesso girello siavi un foro proporzionato in maniera, che 1' aequa per esso
scorra nel timpano, e regolarmente sia amministrata. poich nel labbro del timpano maggiore vi sono le forme
dei segni celesti, si faccia star questo immobile, ed alla sommit abbia figurato il segno del Cancro, in fondo del
suo perpendicolo quello del Capricorno, a destra del riguardante la Libra, a sinistra l'Ariete. Gli altri segni pure
sieno disegnati nei loro spazi, come si vedon nel cielo: onde quando il Sole sar in Capricorno, la linguella del
girello anco nella corrispondente parte del timpano maggiore toccando quotidianamente i singoli punti del
Capricorno, ed avendo a perpendicolo il veemente peso dell' acqua corrente, con gran velocit pel foro del girello
caccieralla nel vaso, e questo ricevendola ( perch in breve si empie ) abbrevia e restringe gli spazi minori dei
giorni e delle ore. Quando poi per la quotidiana revoluzione del timpano minore la linguella entra in Aquario, tutti i
fori allora deviano dal perpendicolo, e 1' acqua nel suo corso frenata dee fare pi tardamente il getto (i). Onde
con quanto meno veloce corso il vaso riceve 1' acqua, dilata gli spazi delle ore. Nei punti poi dell' Aquario e dei
Pesci, salendo pei gradi il foro del girello, e toccando 1' ottava
(i) Lat. salientem. Si riveda la nostra nota su questa voce al cap. vii. del Lib. VUI. paragr. 47
parte dell'Ariete l'acqua d regolarmente al getto le ore equinoziali. Dall' Ariete per gli spazi del Toro e dei Gemini
il foro o timpano co' suoi giri ai punti superiori, andando all' ottava parte del Cancro, e di l ritornando alla
maggior altezza s' estenua di forze, e cos pi tardamente scorrendo dilata colla dimora gli spazi e fa le ore
solsliziali nel segno del Cancro. Dal Cancro quando declina, e va pel Leone e per la Vergine tornando ai punti dell'
ottava parte di Libra, e gradatamente abbreviando gli spazi accorcia l' ore, e cos arrivando ai punti della Libra,
rende nuovamente 1' ore equinoziali. Per gli spazi poi dello Scorpione e del Sagittario pi proclivemente
deprimendosi il foro, e tornando col suo girare alla parte ottava del Capricorno, colla celerit del getto riconduce
alle brevit brumali delle ore. Fin qui bo spiegato quanto pi chiaramente ho potuto gli apparati e le regole degli
orologi, e come questi sieno comodi all' uso. Resta ora di ragionare delle macchine e de' loro principi ; onde
perch riesca perfetto questo corpo dell' Architettura comincier a scrivere delle medesime nel seguente volume.
GIUNTE
AL LIB. IX.
DELL' ARCHITETTURA
DI VITRUVIO
GIUNTA I.
Delle scale.
Dacch s'immagin di costruire le abitazioni a pi piani, si dovette pensare ai mezzi che dassero una facile
comunicazione fra 1' inferiore ed i superiori; e da ci ebbero origine le scale. Chiunque non sia architetto giudica
semplicissima questa parte di un edifizio; ma gli uomini d' arte, che sovente sudano per collocarla
convenientemente, s'accordano tutti nel considerarla quanto necessaria, altrettanto difficile. Gli scrittori d'
architettura cercarono di dare alcuni precetti generali per diminuire questa difficolt, ma sono tali che non sempre
possono mettersi in pratica. Laonde si conchiude, che 1' architetto prima di compilare il progetto di un edifizio
deve usare il pi accurato esame nella collocazione di una scala, per non incorrere in gravissimi errori di
convenienza o di comodit. Tuttavia cercheremo noi pure di esporre le leggi principali emanate su questo
subbietto, e sancite dai pi venerandi maestri, perch quand' anche non possano ottenere piena esecuzione in
qualche sin golo caso, servono per altro ad indicare il modo, con cui si deve procedere nella loro modificazione.
Le scale prendono varia denominazione dalle loro forme, e perci se ne hanno di spirali od a lumaca, di
circolari, eliltiche, triangolari, e di tante altre maniere, nelle quali, pi che in ogn' altra cosa, gli architetti, come dice
il Milizia, si sono scapricciati. Ma siccome pi che tutto in una scala deve cercarsi facilit di salire; cos non ha
bisogno di dimostrazione che la sua forma dev' essere rettangolare a preferenza d' ogni altra, quando per le
circostanze lo permettano; ed per questo che di una tal forma particolarmente noi palleremo.
I
Non meno che in ogni altra parte di un edificio fa d' uopo in una scala soddisfare alle condizioni generali di
comodit, solidit e bellezza.
La comodit si trova in tutte quelle scale, che sono collocate in luogo proprio per dar facile comunicazione al
resto della fabbrica, che hanno una buona proporzione tanto fra la base e 1' altezza totale, quanto fra quelle dei
singoli gradini, che non continuano con una sola branca per molta altezza, e che sono bene illuminate.
La solidit propria di quelle .che hanno un beli' artifizio nella squadratura delle pietre, diligenza nella loro
collocazione, precisione nelle commettiture, esattezza nelle volte.
La bellezza dipende dalla stessa proporzione fra le sue parti ed il complesso della fabbrica, e dagli ornati che vi
si adoperano.
Veggiamo ora di qual maniera si possa adempire n tutte queste prescrizioni.
I. La scala sar bene situata quando non sia molto distante dall' ingresso. Gli antichi situavano le scale al di fuori
dell' edilzio; indi, conoscendone forse l'incomodit, le situarono ncll' interno, ed anzi nel centro dell' edifizio ; ma
anche questa posizione non era la pi propria, particolar mente perch veniva a togliere 1' aspetto della corte e
dei giardini, e perci si convenne in seguito che la situazione pi comoda e pi conveniente della scala sia in un
dei lati del vestibolo vero che il Milizia consiglia di porla anche di fronte all'ingresso, purch non sia impedito il
libero-passaggio delle carrozze: ma noi crediamo che, oltre alla ragione suddetta, la buona distribuzione delle parti
di un edifzio qualunque, non meno che la comodit per quelli che entrano particolarmente con le carrozze,
richieggano la scala sempre laterale all' ingresso. Ci accordiamo poi con lo stesso Milizia nel fare doppio il corpo
della casa, ossia il padiglione di mezzo, per collocarvi in questo doppio la scala, ad oggetto di togliere 1'
inconveniente che potrebbe accadere, cio che la vantaggiosa situazione della scala impedisse la comunicazione
fra le parti del piano nobile. La quale avvertenza non pare di quella oscurit, di cui fu tacciata da taluno, onde gli
architetti trovino difficolt insnpra
bili a ben intenderla; n vi abbisogna assolutamente un disegno, perch basta concepire che il corpo di mezzo sia
bi- partito sopra una linea parallela alla facciata principale, per cui una parte guardi su questa facciata, e 1' altra
sulla facciata opposta, e la scala stia in questo mezzo, onde metta capo al piano nobile in guisa che si si possa
volgere all' una o all' altra di queste due parti senz' alcuno impedimento. La maggior parte degli architetti
stabilirono siccome indifferente che la scala stia nel lato destro del vestibolo, o nel sinistro; nulladimeno noi
conveniamo con quei pochi che sostengono essere pi conveniente il collocarla a destra, sembrando che la
comodit ci porti sempre a cercare a questa parte ci che pu soddisfare ai nostri bisogni. S' intende per che si
devono avere tutte queste avvertenze ogni qual volta circostanze Speciali non obblighino a deviarne, come
sarebbe il caso che l' esposizione dell' edilizio e la diversit dei suoi prospetti richiedessero di situare gli
appartamenti di societ in modo da poter godere un punto di vista che dalla parte opposta non si avrebbe. Fuori
di questo caso sempre da consigliarsi la posizione a destra, ed in modo che appena entrati si possa accorgersi
della medesima.
Ma la gran ricerca degli architetti rapporto alle scale sta nel bene proporzionarle. Tre sono le principali
avvertenze che si devono avere in questa ricerca, cio il rapporto della scala alla grandezza dell' edifizio, quello
della base della medesima alla sua altezza, e quello della base all' altezza di ciascun gradino. In quanto alla prima,
dice il Milizia che deve la scala proporzionarsi al pezzo principale dell' appartamento nobile, e stabilisce siccome
limiti, che il perimetro della scala sia eguale alla larghezza del medesimo pezzo principale, e che 1' altezza di quella
sia il doppio della larghezza di questo. In simili rapporti per vale molto meglio che ogui regola il sano giudizio dell'
architetto, il quale deve nella sua mente concepire tutte le proporzioni dell' edilzio ancora prima di calcolarle; ed
ognuno conosce 1' assurdit rimarcata dal Milizia, cio che dopo una grandiosa facciata ed un magnifico ingresso
si trovasse una meschina scaletta che conducesse ad un maestoso appartamento, ovvero che un'ampia scala si
collocasse in un edifizio di piccolissime dimensioni. Si osservi solo, che per grandezza di una scala deve intendersi
lo spazio che occupa la sua gabbia, la lunghezza dei suoi gradini, ed il vuoto che si trova fra i suoi muri; perch
bene di avvertire che in ogni genere di scale, destinate ad uso dei padroni, l' altezza dei gradini, la loro larghezza e
quella degli appoggi delle balaustrate e delle branche devono essere dovunque le stesse.
Sul rapporto poi fra la larghezza e 1' altezza di uu gradino molte sono le regole inventate dagli architetti. Vitruvio
promette di delineare la forma delle scale; ma questa and perduta con tutti gli altri suoi disegni; e solo ci rest che
il rapporto fra quelle due dimensioni in ciascun gradino debba essere lo stesso che fra la larghezza e 1' altezza di
tutta la scala, cio come 4
;
3> nulla per dicendo dei limiti, fra cui devono stare le dimensioni assolute; giacch il
fissare, come fa parlando della costruzione dei tempi, che 1' altezza dei gradini possa superare un piede, e la
larghezza giungere anche ai due, prova che doveva essere, per formare le scale dei tempi, una regola diversa da
quella eh' esigevasi negli edifizj privati, essendo evidente che quelle dimensioni non potevano dirsi comode a salire
cangiando gradino ad ogni alzata di piede. Per ammettere questa regola nelle scale delle case, bisognerebbe
supporre che gli antichi muovessero due volte il piede sullo stesso gradino, e che ad ogni seconda mossa lo
alzassero per montare sul gradino successivo. La qual cosa forse non sarebbe lontana dalla superstizione, che
taluni suppongono aver avuto luogo presso gli antichi d' incominciare e terminare la salita delle gradinate sempre
col piede destro; perch in tal guisa avrebbero anzi con questo montato ogni gradino.
Era perci ragionevole che nella deficienza di precetti antichi gli architetti posteriori andassero in traccia di un
rapporto dipendente dalla natura della cosa; e quindi cercassero di stabilire i limiti, fra i quali possa 1' uomo
muovere il passo salendo comodamente. Si perci calcolata 1' ampiezza del passo umano ordinario, e si trov
che giunge naturalmente a due piedi ( met. 0,75 } movendosi in ua piano orizzontale; esaminata poi l' ampiezza
dello stesso passo nella salita la si conobbe eguale alla met della prima; quindi si stabil la regola, seguita dalla
maggior parte degli architetti, che debbasi nella formazione di un gradino aver di mira, che la sua larghezza unita al
doppio dell' altezza costituisca sempre una somma equivalente all' ordinario passo orizzontale. Dietro questa
regola il sig. Giuseppe Soli nelle sue aggiunte al Manuale di Architettura di Giovanni Branca stabilisce che l'altezza
di un gradino debba stare fra nove e sei once di palmo romano, cio fra metri 0,16725 e metri o, IIS5; e trova che
per l'altezza di nove once il suo rapporto alla larghezza sar di 1:2, per otto once di 2:5, per once sette di 1 : 3,
per once sei di 1 : 4- U Milizia invece seguendo la stessa regola, e, come die' egli, l'esperienza, prefigge che per
una comoda salita 1' altezza del gradino non deve mai sorpassare sei pollici di piede parigino ( metri o, 1625 ), n
essere minore di quattro pollici ( metri o, 08125 ); per cui la larghezza star fra i dodici e sedici pollici, ossia fra
metri o, 325 e metri o, 40625. Non pertanto da rimproverare gran fatto al Galiani di avere nei suoi conienti a
Yitruvio assegnata ai gradini una larghezza doppia della loro altezza, prima perch dice essere tale la pratica dei
suoi tempi, e poscia perch il minimo dell' altezza fissato tanto dal Branca, quanto dal Soli e dallo slesso Milizia
sempre sudduplo della corrispondente lunghezza.
Avremmo qui taccia di negligenza se non riportassimo Ja nuova regola immaginata dal professore di architettura
in Palermo, il signor Giuseppe Venanzio Murvuglia, con la quale si cerca di stabilire un rapporto generale fra quelle
due dimensioni per tutte le specie di gradini. Ecco le sue parole:
Riflettendo sulla maggiore agevolezza delle scale, osservo che in gran parte dipende dalla ragion che passa tra
la pedata ed alzata del gradino, o sia tra la larghezza e 1' altezza del medesimo. Laonde, a mio parere, si deve
stabilire una regola generale, che determini tutte le specie possibili de' gradini fra i due estremi della comodit, cio
fra il massimo comodo e il minimo incomodo possibile. Tale il prhlcma che io mi propongo di risolvere,
sottomettendolo al giudizio del pubblico, e massime degli esperti professori.
Vitruvio per formare una scala applica la regola di Pittagora ( lib. IX. c. ?. ) adoprata per la formazione della
squadra ( dipendente dalla proposiz. 47- del lib. I. d' Euclide ), per cui descrive egli un triangolo composto di tre
linee ineguali in progressione aritmetica, che constano una di tre parti, 1' altra di quattro, e 1' ultima di cinque,
situando questo triangolo in guisa che la prima linea sia verticale, la seconda orizzontale, e la terza diagonale. I
gradiui che si disporranno a norma di questa riusciranno a suo parere proporzionati. Egli per tralascia di
determinare la quantit delle due dimensioni necessarie al gradino. Ma il Galiaui osserva con ragione che da
quanto qui scrive 1' autore si ricava dover essere la larghezza dello scalino all'altezza come 4
:
3; e soggiunge:
ma questo sar stato per le case; atteso che per i tempii ha date al lib. III. cap. 5. proporzioni diverse"; ed
assicura con franchezza che oggi regolarmente si fanno gli scalini larghi il doppio dell' altezza.
Vitruvio stima che 1' altezza del gradino non debba essere maggiore di once io, n minore di once 9 (cosi il
Galiaui traduce le parole dextans e dodrans adoperate da Vitruvio J; e la larghezza del piano del gradino non
minore di un piede e mezzo, cio once 18, n maggiore di due, cio once ?4
:

ma
Galiani afferma che questa
proporzione un poco diversa dalla nostra solida.
Io non so indurmi noli' animo come un perito architetto possa mai restar soddisfatto di queste regole insegnate
dagli ammaestramenti di Vitruvio, e dalle osservazioni del Galiani per valersene in tutte le occorrenze nella
formazione delle scale. Dappoich la proporzione assegnata ai gradini de' tempii sembra destinata pi alla maest
del prospetto, che alla comodit della scala, riguardandosi piuttosto come tante fasce a guisa di plinti, che formano
il basamento sopra di cui si eleva il grande e magnifico edifizio, che una scala fatta per comodamente salire.
Intorno poi alla regola pitagorica della squadra, potr al pi riguardarsi come la determinazione d' un caso
particolare, e non gi come una regola generale diretta alla maggiore comodit, od alla minore incomodit
possibile secondo il proposto problema da risolversi, per cui non ho tralasciato di consultare altri autori classici,
tra' quali altro non ho ritrovato che degli avvertimenti vaghi e indetcrmiuati.
Sulla necessit dunque di dare la soluzione del problema ho rivolto le mie prime riflessioni al movimento
progressivo dell' uomo di giusta statura, col quale comunemente si sa, che pi agevolmente cammina in un piano
orizzontale, che in un piano inclinato. Anzi si accresce l' incomodo avanzandosi l' inclinatione del medesimo: ove si
osserva che ]' estensione moderata del passo umano non eccede i palmi tre romani all' incirca { met. o, gjS ).
E perch alzandosi il piede per salire, si minora 1' estcnsione del passo, perci la massima larghezza dev' essere
un poco meno dei palmi tre. Ho osservato inoltre, che nel primo passo rimanendo fermo il piede sinistro, siccome
la tibia del piede destro resta quasi in linea retta col femore, descrive un arco, o sia un segmento d circolo, e che
non si eleva pi di once sei in circa ( met. o, I25 ) dal pianterreno: onde 1' estensione del passo umano pu
fissarsi quasi a palmi due e mezzo, cio once trenta ( met. o, 8iv5 ). Queste dunque sono le misure, che ho stimato
fissare per la larghezza e 1' altezza del gradino, sul cui piano dee comodamente riposare il piede posto in
movimento.
Da ci ne segue che la ragione pi comoda possibile del gradino di once 3o di pedata sopra once sei di
alzata, lo che pu facilmente confermarsi dall' esperienza. Ed ecco fissato il primo estremo.
L' altra ragione poi della pedata ed alzata dei gradini, che sieno i meno incomodi possibili, stabilendo la pedata
del gradino non minore della lunghezza del piede dell' uomo, che la misura estrema del minimo incomodo
possibile, riuovo che corrisponde a poi. i, once 3, cio once quindici (i)
(a) Non fa d' uopo avvertire, che resta iu arbitrio dell' architetto in casi di urgentissima necessit il poter
minorare la misura della pedata di once l5, salve le leggi della gravila ecc., lo che fuori del problema.
incirca ( met. >, 4<>6l5 ), a cui 1' alzata, che vi dee corrispondere, non potendo essere uguale, n minore di
quella del primo estremo, cio d' once 6, per le ragioni di sopra enunciate, deve necessariamente essere maggiore.
Quindi fissando una proporzione inversa, istituisco questa analogia: se alla pedata di once So conviene l'alzata
di once 6, alla pedata di once i5 qual l' alzata che le corrisponde? E con la regola del tre inversa moltiplico il
primo termine 3o per il secondo 6, ed ho il prodotto 180, che diviso per i.i terzo termine, il quoziente ia sar il
quarto termine, che domando.
Ed ecco cos trovato l' altro estremo del gradino meno incomodo possibile in ragione di once i5 di pedata ad
once il di alzata.
Avendo fatto poi riflessione che essendo il prodotto di 3o per 6, pedata ed alzata del maggior comodo
possibile, uguale al prodotto di 15 per n pedata ed alzata del minore possibile incomodo, cio once iSo quadrato;
conchiudo che nell' uno e ncll' altro caso le dimensioni si possono considerare come lati di rettangoli di ugual
superficie.
Dunque in tutti i gradini intermedi possibili fra i due estremi gi ritrovati, la ragione della pedata all'alzata
dev'essere in maniera, che le due dimensioni producano necessai Milieu le once 180. Ora se questo numero si
divide per qualunque numero tra le once 3o e le i5, che voglio stabilire per pedata, il quoziente sar 1' alzata che
le corrisponde. Se per si divida per un numero qualunque fra le once 6 e le io, che voglio fissar per alzata, il
quoziente sar la sua corrispondente pedata.
Con questo metodo ho ritrovato la regola generale, che si pu seguitare: e cosi resta aritmeticamente sciolto il
problema.
Affinch per si schivassero le noiose operazioni del calcolo con g' inviluppi delle frazioni necessarie che ne
risultano, come pure per renderle la pratica pi facile in ogni caso particolare, ho stimato opportuno di risolvere il
problema anche geometricamente.
Tra i diversi metodi, che avrei potuto abbracciare, tra le figure geometriche, e specialmente quella del triangolo,
^10 giudicato un mezzo pi spedito il prevalermi di quella del circolo, che si ritrova negli elementi di Euclide (
prop, 35. lib. 5. ) della seguente maniera.
Sul diametro AB ( Tav. I. fig. 5. ) di once 56 di palmo rom. descrivasi un circolo, indi dividasi detto diametro in
C, in maniera che AC sia once 5o; sar CB once 6, ora fatto centro in C col raggio CD uguale a once i5, limite
della nostra pedata di minimo incomodo, o da una parte o dall' altra, s' intersechi la circonferenza in D, e si
produca DC in G, e sar CG V alzata corrispondente di once 12.
Tutte le linee Cd intermedie fra- A e D, ovvero D' superiormente alla perpendicolare FE dimostrano le possibili
pedate fra gli estremi prescritti, le quali prodotte alla parte opposta tra B e G ovvero G' daranno inferiormente le
alzate corrispondenti Cg.
Le linee punteggiate, che si possono tirare per e tra G (S o tra G' e D, sono quelle che oltrepassano il nostro
limite della minore incomodit: allorch la pedata FG si vuole uguale all' alzata CE, la retta CF sar
perpendicolare nel punto C al diametro: e volendosi ritrovare in numeri sar la radice sorda di iSo, che equivale a
poco pi di once i3 e 4 decimi ( metri o, 363 ).
La dimostrazione manifesta dal citato teorema di Euclide, perch i rettangoli fatti dai segmenti delle corde che
s'intersecano nel punto C sono tutti fra di loro uguali. Fin qui il Marvuglia.
Questo metodo ha la bellezza matematica; ma non si sa per se corrisponda sempre all' esperienza la legge
stabilita, cio che quanto minore la pedata, tanto maggiore debba essere 1' alzata. Certo che molti sperimenti
enunciati da parecchi scrittori d' architettura e specialmente francesi, fecero conchiudere che il passo orizzontale
sempre doppio del passo verticale; e quindi non pare da spregiarsi la regola sopra enunciata, cio che la larghezza
unita al doppio dell' altezza debba produrre l'ampiezza del passo ordinario orizzontale; e quindi divisa
quest'ampiezza in ventiquattro parti, se di queste una costituir l'altezza del gradino, la sua larghezza sar di
ventidue} se due formano la Viritvrio, Lib. IX, 6
prima, venti costituiranno la seconda, e cos di seguito. Da ci si vede che giusta questa regola ad una pedata di
venti corrisponde un' alzata di due, mentre secondo il signor Marvuglia vi corrisponderebbe un' alzata di quattro.
Noi non vogliamo rifiutare il metodo di questo professore, che pu benissimo essere adottato, ma ci sembra che
la regola comune sia pi semplice, e che stia pi fra i limiti della comodit.
Questa comodit esige altres, come dicemmo, che la scala non continui con una sola branca per molta altezza.
Siccome il moto verticale per natura faticoso, cosi necessario che ad ogni qual tratto si si possa arrestare per
qualche, bench minimo, istante; ed perci che furono immaginati quei ripiani, o, come altrmente si dicono,
riposi, dai quali viene ripartita la lunghezza di una scala. Questi per non devono mai farsi lungo una stessa branca,
come consigliarono alcuni architetti, e specialmente Giuseppe Soli nelle sue giunte al Branca; ma debbono sempre
essere nel passaggio da un braccio all' altro di scala; quei riposi lungo una stessa branca devono assolutamente
riprovarsi, come pericolosi specialmente nella discesa riuscendo molte volte inaspettati. Il numero poi degli scalini,
che devono omporre un braccio di scala, sar fra il quindici ed il venti, perch un maggior numero riesce
incomodo, un numero minore fa cadere nell' inconveniente delle scale circolari. Una scala non dovrebbe condurre
che al primo piano; ma per lo pi la si fa mettere a due piani; devesi per assolutamente evitare d' innalzarla
maggiormente, essendo pi proprio il costruire scale particolari per giungere ai piani superiori, a meno che la scala
non debba avere alcuni usi particolari, in cui si richiegga l' economia, come sarebbero quelle destinate da darsi a
pigione. Dal piano terreno al primo piano la scala dev' essere formata a due sole branche n pi n meno.
Finalmente tutti i gradini di una stessa scala devono avere le medesime dimensioni.
Per ultimo a rendere comoda una scala si richiede che sia bene illuminata; e lo sar ogni qual volta la luce si
diffonda uniformemente per le branche e pei ripari della medesima; e ci non si potr conseguire quando si faccia
entrare la luce da un sol lato, perch le braccia di scala opposte alla luce restano sempre oscure. Affine di evitare
ogni inconveniente, che l'introduzione della luce potrebbe recare o alla comodit o alla bellezza esterna dell'
edifizio, sar sempre sano consiglio di situare la scala, come si disse, nel mezzo del corpo principale della
fabbrica, e d' illuminarla dall' alto per via di una lanterna; e cos la luce batter sopra ogni branca uniformemente, si
vedr tutta la scala dal primo fino all' ultimo gradino, i ripari non presenteranno alcun impedimento, compariranno
leggere, ispireranno una certa allegrezza invitando quasi a salirle, e saranno di singolare bellezza. Per tutto ci non
si raccomander mai abbastanza questa maniera di situare e d'illuminare le scale in ogni edifizio, che riebiegga
propriet e convenienza.
II. La solidit la parte pi importante d' ogni opera d'architettura, e specialmente di una scala: quindi nella loro
costruzione si deve por mente che la bellezza dev' essere relativa all' uso delle parti, nelle quali la si vuole
impiegare. Quelli che hanno da frequentare una scala devono avere una sicurezza nel salire e nel discendere, senza
per che si abbia a trascurare la grazia nelle curve che compongono le sue volte. E non v' ha parte di un edifizio
che riebiegga pi di questa 1' assodamento della teoria alla pratica, onde ottenere una solidit reale ed apparente.
In ci devono essere una stessa cosa I' arte ed il mestiere; 1' architetto, l'esecutore, l'ornatista devono concorrere
in tutto; sulla essendo in un edifizio proprio ad appagare l' osservatore quanto una scala; e nulla mostrando la
incapacit di Ma architetto che la mancanza di ci che fu indicato per la sua situazione, forma, c ruzione ed
ornamenti.
Ora le condizioni necessarie alla solidit reale ed apparente di una scala sono, come si disse, l'eleganza nelle
volte, 1' artifizio nel taglio delle pietre, la propriet delle modanature e dei riquadri, la precisione delle giunture. La
sicurezza inoltre di chi sale e scende una scala non permette che i gradini sieno di marmo levigato; anzi qualunque
ne sia la materia, la parte della pedata dovr sempre farsi alquanto scabra. Le scale di legno non saranno che
secondarie, ed anche queste, come consiglia il Milizia, si potr ano coprire di sottili lastre di pietra affine di evitare
il remore.
La solidit poi, semplicit e leggerezza della costruzione delle scale dipende in gran parte dalla qualit dei
materiali; pi proprie a ci sono le pietre micacee calcari, che si estraggono particolarmente nelle Alpi, grosse al
pi metri o, 35, lunghe fino ai tre metri, e larghe met. i.5o. Servono poi a meraviglia per costruire quelle scale vote,
le quali si veggono in tutta la loro altezza fino dal primo gradino; e si pougono in opera internando una testa degli
scalini per circa met. o, j5 nei muri della gabbia, ed all' altra testa impiombandovi la ringhiera di ferro che serve di
riparo. In questa specie di costruzione si vede che non occorrono volte, e che le scale riescono sorprendenti per
la loro leggerezza, senza che si rechi alcun danno alla solidit.
III, La bellezza delle scale risulta per la maggior parte dal porre ad effetto le prescrizioni riguardanti la comodit
e la solidit; poich il bello sempre relativo all' uso, cui 1' opera deve servire; ed in ispecialit dalla simmetria e
dall' euritmia. Gli .ornamenti non possono mai aggiungere punto alla vera bellezza; questi palesano soltanto la
ricchezza, nel modo stesso, come dicemmo pi volte, che gli abbigliamenti accrescono grazia ma non bellezza ad
una douzella. Quindi deve regnare in generale la semplicit; e la dolcezza delle branche, la lunghezza dei gradini, 1'
ampiezza della gabbia, e I' esattezza nell' esecuzione devono costituire il maggiore ornamento, onde vi sia una
sensibile progressione fra la magnificeuza di questa parte dell' edilzio, e quella degli appartamenti, ciascuno dei
quali dev' essere adornato a norma dell' uso a cui si destina.
Gli architetti pi reputati si accordano nell' escludere la pittura siccome ornamento di una scala, i muri della
quale devono conservarsi per lo pi bianchi, o di una tinta leggera, perch la luce si perda il meno che sia
possibile. Permettono solo che si possano dipingere le volte ed il ciclo della lanterna quando i muri della gabbia
sono incrostati di marmo; ma questa magnificenza propria per la sovranit. Pi convenienti per si considerano
le scolture; ed affatto si escludono gli ordini architettonici ed i balaustri, non potendo questi ornati
convenientemente adattarsi all'inclinazione della branca di una scala. Il Milizia dice che dei medesimi si potrebbero
ornare i piani orizzontali, e nelle branche usare un subasamento ornato di riquadri e di cornici rampanti che si
accordino regolarmente con gli ordini dei ripiani; ma osserva giustamente il professor Anlolini, che in questo modo
nascerebbe, per un medesimo fine e in uno stesso luogo, una sconcordanza imperdonabile, e soggiunge: quando
l' uso dei balaustri innalzati sopra agli scalini si giudica difettoso, qualunque altro parapetto che sostituir si
voglia, dee farsi sui rampanti e sui pianerottoli eguale: ma i balaustri belli si adattano benissimo anche ai ram
panli, ed in generale i buoni architetti li preferiscono ad ogni altro modo pei parapetti delle scale magnifiche, per
ch sono pi architettonici dei parapetti di ferro, e pi eleganti e leggeri dei subasamenti a quadri ".
Conchiudiamo. La verisimiglianza deve lasciare la sua impronta su tutto ci che pu produrre 1' ingegno pi
ferace; per lo che indispensabile che l' architetto presieda a tutto ci che si eseguisce in un edilzio, dovendo
supporsi eh' egli abbia cognizioni sufficienti in ogni arte sussidiaria all' arie di fabbricare.
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ffozioni principali intorno al sistema mondiale.
li astronomia considerata nel suo complesso il pi bel monumento dello spirito umano, la pi nobile prova della
sua intelligenza. Questo carattere delineato da un celebre filosofo (a) bastar dovrebbe a togliere il pregiudizio
radicato nella maggior parte degl' ingegneri, cio che 1' astronomia scieuza inutile alla loro professione;
perciocch non v' persona colta in qualsivoglia scientifica disciplina, la quale possa lodevolmente trascurar di
conoscere la misura della iutelligenza dell' uomo, ed il punto eh' egli pu raggiungere col tempo e coli' ingegno. Ma
questo motivo, che riguarda generalmente tutti, non il solo che deve spingere l' ingegnere allo studio di quella
scienza. Purch egli volga il pensiero alle applicazioni che ne furono fatte in tutti i secoli, conoscer quanto riesci
utile agli usi civili, alla geografia, alla navigazione, alla giusta ripartizione del tempo, ed ultimamente col bellissimo
sistema dei pesi e misure che rese comune a tutte le nazioni: e queste discipline appartengono certamente all'
uffizio dell' ingegnere, quando non lo si voglia affatto diverso da quello che noi definimmo fin dal principio di questi
studj.
Noi pertanto, persuasi della comune e particolare utilit, di questa scienza, tenteremo, se pur le forze non ci
abbandonano, di ridurre a brevi concetti le nozioni generali che la riguardano, e di accennarne le applicazioni
speciali che pi c' interessano.
f (1) Bailly. Hlstoire de l' astronomie ancienne et moderne.
Sarebbe per vano lo scorrere pei diversi sistemi che si succedettero a vicenda sulla distribuzione nella vlta
celeste di quegl' innumerevoli corpi che si presentano al nostro sguardo. Basti sapere che 1' uomo prima di
scoprire la verit dovette scorrere per sentieri affatto sconosciuti, e quindi cadere di errore in errore, di assurdit
in assurdit, e progredire e rctrodere e fermarsi con poco o niun compenso alle sue fatiche; dovette abbattere la
prepotenza della superstizione, la caparbiet dell' ignoranza, 1' astuzia dell'interesse; dovette infine nego fede ai
propri sensi, fuggire le sue naturali tendenze, rinunziare all'amor proprio. In questa maniera pot diradare la densa
nube, in cui era involto il sistema del mondo, e togliendo tutta la nobilt al proprio pianeta, con riconoscerlo un
punto quasi impercettibile, innalzar il suo spirito ad una inconcepibile sublimit.
Non deve quindi recar meraviglia, non diremo gi di vedere collocata la terra nel centro dell' universo ( perch
a considerarla diversamente fa d' uopo il massimo sforzo della mente umana ), ma nemmeno se, nei tempi d'
ignoranza in fatto d' astronomia, si credeva che il Sole fosse una massa di fuoco, la quale si estinguesse alla sera
per riaccendersi alla mattina susseguente, se lo si considerava di un volume alquanto maggiore di tutto il
Peloponneso, se lo si voleva pi prossimo alla terra di quello che sia la Luna, e-tante altre opinioni egualmente
fallaci. La sola successione continuata delle osservazioni, la insufficienza dei metodi a spiegare ,i fenomeni, e la
comparsa di un ingegno straordinario che sappia tutto riunire sotto un solo punto di vista, possono dissipare gli
errori, e mettere in piena luce la verit contro la forza dei pregiudizi e delle illusioni.
Adunque lungi dal tessere una storia dell' astronomia, ci che mal per noi si farebbe, n altri potrebbe forse
aggiungere cosa importante a quanto seppe raccogliere su questo proposito il chiarissimo Bailly, ci contenteremo
di accennare la verit quale fu negli ultimi tempi dimostrata, in modo che possa da ognuno essere concepita. Ed a
ci siamo indotti particolarmente dal conoscere, che la maggior parte dei giovani ingegneri (la quale anzich
oltrepassare coi proprj studj le ristrettissime lezioni che si danno in un corso ordinario, si arresta spesso alla met
della via J non distingue con prove certe se la verit stia pel sistema Tolommaico o pel. Copernicano; e ci in
causa delle due parti in cui ti divide la scienza, e che ora siamo per indicare.
L' astronomo suole, anzi deve, contemplare il cielo in due maniere affatto diverse, cio: come appare ai nostri
sensi, e come la nostra mente pu concepirlo. Nel primo caso non che osservatore, nel secondo veramente
astronomo. Ma senza essere il primo, o almeno senza prevalersi delle altrui osservazioni, non pu conseguire il
secondo nome. Perci da questo vario modo di considerare gli astri venne la scienza astronomica divisa in due
parti, cio sferica e teorica. La prima esamina il cielo tal quale si presenta ai nostri occhi; e perci non diversifica
dalle comuni osservazioni praticate in ogni tempo ed in ogni sistema, se non in quanto che i mezzi a ci necessari si
andarono sempre pi perfezionando, specialmente dal punto in cui Galileo v' introdusse 1' uso dei telescopi; quindi
ritiene sempre che una grande sfera circondi il nostro globo, e che i corpi sparsi nella immensit dei cieli
descrivano col loro moto alcuni cerchi particolari della medesima; quindi si serve ella degli stessi cerchj
anticamente immaginati, divide il cielo in determinate regioni, assegna il posto alle stelle fisse, attribuisce al sole i
due moti annuo e diurno, determina le stagioni e le retrogradazioni dei pianeti, calcola le paratassi; in una parola
espone tutto ci che accade nel cielo in successivi periodi.
L' astronomia teorica invece sviluppa la vera struttura e disposizione del cielo e dei corpi che in esso si
aggirano, e rende ragione dei fenomeni che dalla sferica furono soltanto enunciati. Ma questa pure per due diversi
uffizj, a cui si consacra, assume due diversi nomi, cio geometrica e fisica.
L' astronomia teorica geometrica spiega le diverse apparenze e fenomeni che si osservano nel moto degli astri,
insegna a calcolarne le eclissi, a spiegare le stazioni, le direzioni e le retrogradazioni dei pianeti, ad indicare di qual
maniera succedano i moti apparenti di questi e dei loro satelliti, a sviluppare la teoria delle comete, a calcolare la
diStanze reciproche dei corpi celesti, a determinare la orbite, entro alle quali si aggirano, in somma ad esporre
tutto quello che pu essere soggetto di calcolo.
La fisica invece quella che, pi sublime d' ogni altra parte, s' innalza ad esaminare le cause dei moti osservati e
calcolati nei corpi celesti, ed il perch sieno questi trattenuti nelle loro orbite, e spiega 1' azione eli' esercitano
reciprocamente gli uni sugli altri.
La prima parte dell' astronomia teorica non forse figlia puramente delle moderne cognizioni; anzi Bailly prova
con forti argomenti, che quanto ci rimase dell' astronomia pi antica in luogo di essere i primi elementi d'ella
scienza sono invece gli avanzi delle scoperte di un popolo anteriore a tutti quelli, dei quali ci resta memoria; fa
vedere che questo popolo nel render ragione dei fenomeni celesti doveva essere pervenuto ad un grado non
inferiore a quello, cui siamo giunti presentemente; e ritiene persino eli e possedesse qualche mezzo capace d'
ingrandire gli oggetti a simiglianza dei moderni telescopi. E ne sono prova specialmente quei metodi spesso esatti,
ma per lo pi seguiti ciecamente senza principi dai Caldei, dai Chinesi, dagl' Indiani e da tutti i popoli pi celebri e
pi antichi dell' Asia; e non meno i nomi e l' ordine dei sette pianeti tuttora conservati nei giorni della settimana, e
precisamente uniformi fra gli Egiziani, g' Indiani ed i Chinesi: n si pu supporre che il caso abbia fatto si che
quelle tre nazioni separatamente attribuissero ai giorni della settimana gli stessi nomi dei sette pianeti, e li
disponessero col medesimo ordine, il quale sembra affatto arbitrario, od almeno sconosciuto, non essendo quello
della distanza, n della grandezza, n dello splendore. Al che si aggiunga 1' idea che si aveva sul moto della terra,
ma che sembrava ereditata puramente per tradizione, bench si trovasse nella maggior parte di quei popoli
antichissimi, dai quali la trasse lo stesso Pittagora, che la insegnava senza renderne ragione, e solo perch la sua,
mente perspicace trovava pi proprio ad ammettere il moto che la quiete di questo pianeta.
Ma la parte fisica dell' astronomia teorica sembra tutta, degli ultimi tempi; almeno fra gli antichi non se ne
scoperse alcuna tra.cc.ia, bench iQUWuisonaj e noi delibiamo riteucre che Newton ne sia assolutamente il
creatore. - vero che Keplero, spiegando 1' aziorje della Luna sulla Terra e viceversa, e cercando di penetrare
nell' essenzialit del moto, fu il primo a dar l idea della gran teoria newtoniana; ed vero che dopo di lui Descartes
tent di spiegare le medesime cause; ma Keplero non fece che spargere un raggio di luce, ed il sistema di
Descartes non si accordava con la maggior parte dei fenomeni; e perci si dovette adottare quello che propose e
svilupp in seguito il filosofo inglese, e che fu portato al massimo dell' evidenza dal celebre LaPlace; sistema, che,
spiegando lodevolmente i fenomeni osservati, conferma a meraviglia le leggi stesse determinate dall' astronomia
geometrica.
Si giunse pertanto con quest' ultima parte, che si pu giustamente chiamare astronomia sublime, a ridurre la
scienza non a pure ipotesi, non a sole probabilit, ma a dimostrazioni esatte, quanto sono esatti i principi delle
scienze sussidiarie, cio la geometria, l' algebra, la meccanica. Che se pure vi rimanesse qualche piccolo errore,
non questo dovuto alla teoria, ma solo all' esecuzione degli stromenti necessari all' osservazione, i quali
dipendendo dalle arti meccaniche non possono mai giungere all' esattezza matematica.
Ora tale essendo 1' ordine, con cui si formata la scienza astronomica, ben certo che il metodo pi naturale
per trattarla e per isludiarla quello di seguire l'ordine slesso; cio osservare pi ima i fenomeni, e possa dedurne le
conseguenze. Nulladimeno essendo il metodo analitico in ogni scienza molto lunghi, e venendo perci spesso
abbandonato per appigliarsi al sistematico, quando peraltro sia bene comprovato, non sarebbe improprio l'
adoprarlo anche nell' insegnare l' astronomia, con islabilire le sue proposizioni generali, ed andare di mano in mano
dimostrandole, onde -{ioter cos giovare maggiormente a quelli che debbono Servirsi dei vantaggi che porta 1'
astronomia, anzich applicarsi a rintracciarne di nuovi. Ed a questo mir l'astronomo Francoeur nella prima parte
della sua Uranografa, in cui appunto egli cerca di sbarazzare movimenti reali dei corpi celesti da una folla di
apparenze pi o meno ingannatrici; e dopo di ci egli esamina le apparenze stesse, e ne trae molte conseguenze
utili alla risoluzione di non pochi problemi.' Ma lasciando scegliere il metodo d' insegnamento a chi viene per
questo destinato, noi diremo finalmente di qual modo si debba concepire la costituzione dell' universo (i).
I.
Cominciamo dal considerare ci che pi da presso ci tocca. Il Sole, astro a tutti benefico, si vede collocalo
nella immensit dei cieli, e si presenta ai nostri sensi siccome inesausta sorgente di calore e di luce, e causa
principale della vita. Trasportiamoci con la immaginazione di mezzo allo spazio fuori d' ogni pianeta. Di l vedremo
il Sole animato soltanto di un moto di rotazione da occidente verso oriente, come intorno ad un asse che lo
attraversi: del resto appare immobile nello spazio. Gli fanno per corona diversi globi sferoidici opachi, e visibili
puramente per la loro propriet di riflettere la luce eh' egli versa incessantemente sopra di essi. Sono poi quelli
animati da due moti contemporanci, l' uno di rotazione non diverso da quello del Sole, 1' altro loro proprio di
traslazione, che li obbliga a descrivere una via curvilinea d' intorno a questo. Alcuni di essi, chiamati pianeti ( fra i
quali si conta pure quello da noi abitato ) hanno il loro movimento diretto costantemente da occidente verso
oriente; e pu considerarsi come il prodotto di due forze, 1' una di centrifuga o di proiezione, quasi che a principio
del moto abbiano in direzione eccentrica a ciascuno ricevuto un unico impulso, il quale siasi ripartito su di essi
proporzionalmente alle loro masse, al loro stato iniziale, o ad altre circostanze primitive, in virt di cui essi
avrebbero percorse vie rettilinee nello spazio; l'altra centripeta residente nella massa solare, che li obbliga a deviar
continuamente dalla loro primiera direzione, e a descrivere orbite ellittiche, che stanno tutte quasi nel medesimo
piano,
(1) Il sistema seguilo da Vitruvio fu da noi contentato nelle note poste a pi di pagina del Lil>. IX. Qui poi
esponiamo il sistema planetario secondo i pi sani principi ; indi enumereremo le principali costellazioni registrate
dai moderni astronomi.
e di ciascuna delle quali il Sole occupa un foco. La legge, con cui questa forza di attrazione agisce sopra quei
globi, proporzionale direttamente alla loro massa ed inversamente al quadrato della loro distanza dal centro
comune; e perci li trattiene in quelle orbite accelerando il loro movimento quando si trovano nel perielio,
rallentandolo nell' afelio, e comunicando una velocit in ragione inversa dell' ampiezza della loro orbita.
Quella forza attraente non per soltanto raccolta nel Sole, ma bens sparsa su tutti questi pianeti
proporzionalmente alla lor massa; per cui alcuno dei medesimi regge altri corpi ( chiamati satelliti ), che si aggirano
intorno ad esso in orbite ellittiche, di cui il pianeta occupa un foco, seguendo le stesse leggi, dietro cui questo
rauovesi intorno del Sole. Da una tale composizione di forze, per cui i pianeti si attraggono a vicenda, e
trasportando seco loro i proprj satelliti sono attratti tutti dal Sole, procedono alcune alterazioni nelle singole
velocit e negli elementi delle loro orbite, per cui variano le durate delle rivoluzioni, si cangia la posizione delle
absidi, le quali girano lentamente d' intorno al foco, i nodi retrocedono continuamente, si alterano le inclinazioni,
oscillando intorno ad uno stato medio.
Infine lo stesso Sole fuoco di ellissi allungatissim percorse da altri corpi opachi che si muovono in tutti i sensi
ed in tutte le direzioni, chiamati con nome speciale comete. Queste in causa della forma particolare delle loro
orbite non sono da noi visibili, che in alcuni periodi determinati ; poich quando si trovano ad una sorprendente
distanza da noi, la luce solare che le rischiara non di tala intensit da poter rendersi sensibile ai nostri occhi per
mezzo della riflessione; lo che conviene soltanto nelle vicinanze del perielio, ove la grande prossimit del Sole fa
loro provare un' eccessiva temperatura, che le penetra ed evaporizza in modo di far ad esse assumere quei vari
aspetti, sotto ai quali ci si presentano, e che vanno perdendo di mano in mano che tornano ad allontanarsi.
Al di l di questi globi pi non appare movimento sensibile; solamente si vede nello spazio disseminato un
numero infinito di puuti pi a nieag vivamente seiuliliauti, che si
chiamano stelle. Se si ritenga adunque il cielo stellato siccome assolutamente immobile, indi si vengano segnando
le orbite dei pianeti, che variano in ampiezza, perch quei corpi sono inegualmente distanti dal Sole, si consideri in
questi i due moti rotatorio e progressivo, e finalmente si stabilisca il Sole come foco di tutte quelle ellissi animato
dal solo moto rotatorio, si avr con la massima semplicit l' idea del sistema solare, detto sistema copernicano, dal
nome di quello che seppe svilupparlo completamente. Diciamo svilupparlo, perciocch esso non affatto nuovo in
quanto ai due moti della terra. Tuttavia, come osserva il Bailly, Copernico espone le sue idee con quella sicurezza
che mostra la fiducia di un ingegno sublime, e le concepisce con quella forza di mente che fa conoscere esser
quelle sue proprie; e se anche non avessero avuto vita prima di lui, egli le avrebbe inventate, poich imprime ad
esse un carattere originale.
Questo sistema, soggiunge il citato storico-astronomo, non ha pi alcun oppositore; tuttavia fa d'uopo
conoscere > motivi, pei quali venne abbracciato, e si stabili come verit fondamentale dell' astronomia. E noi pure
crediamo di riferire gli stessi suoi argomenti. Esaminando il moto diurno, si vede che se la terra vuoisi in quiete, e
che per conseguenza il cielo si volga d' intorno ad essa nel corso di ventiquattr' ore, sar necessario che si muova
una sorprendente moltitudine di stelle, e che queste conservino tra loro le medesime distanze; e malgrado questo
moto perenne nulla sensibilmente siasi cangiato nella loro posizione reciproca dall' esistenza del mondo in poi. L'
immaginazione si spaventa all' idea della rapidit necessaria a questo movimento; qualunque sia la distanza delle
stelle da noi, per grandissima, e devesi concepire una sfera di tal raggio che si muova per lo meno con la
velocit di cinquantacinque mille miglia per ogni minuto, mentre che la Terra farebbe apparire gli stessi fenomeni
con la sola celerit di circa ventitr miglia per secondo. Gli antichi non potendo concepire s grande velocit
congiunta a tal precisione, avevano attaccate le stelle ad una sfera di cristallo che le trasportava tutte ad un tempo
sena' alterare le loro distanze reciproche. Qucst' assurdit, come pure tante altre, non aveva per oggeto che di
lasciar riposare un grano di sabbia io uu angolo dell'universo: dovech si evitano tutte, facendo muovere
quotidianamente questo grano di sabbia intorno a s stesso. Non poi inutile 1' osservare, che quelli, i quali
volessero negar questo moto, non possono provarne la non esistenza: le apparenze sono assolutamente le stesse,
sia che muovasi il cielo intorno al nostro globo, sia che il nostro globo si aggiri intorno a s stesso; per lo che la
scelta per lo meno libera fra queste due supposizioni; ma non pi tale quando deve aver luogo fra l'assurdit e
la impossibilit da una parte, e la semplicit e verosimiglianza dall' altra.
Tali sono i motivi che indussero Copernico ed i suoi seguaci ad ammettere i due moti della terra; ma i progressi
della scienza non lasciarono quel sistema entro i limiti della verosimiglianza; tutte le successive scoperte non
contribuirono che a dargli maggior evidenza; lo schiacciamento della terra, l' accorciamento del pendolo, la
velocit della luce, l' aberrazione delle stelle sono tutti effetti del doppio moto della terra. La gran prova per del
moto annuo del nostro pianeta sta nella teoria dell' attrazione universale, leo.ria eh' il legame di tutte le verit
fisiche, e che tutte le umane cognizioni in questo ramo di scienze obbligano di adottare.
Ma lasciando le molte altre prove che addur si potrebbero a favore di questa maniera di concepir 1' universo,
ormai per consenso universale dei dotti indubitata, veniamo a dire alcune particolarit dell' enunciato sistema
planetario.
i. Fissato il Sole qual centro immobile, animato soltanto da un moto di rotazione intorno al proprio asse, si cerc
di esaminarne la costituzione fisica. Ma da questo esame non risultarono che mere ipotesi. L' osservazione pot
apprendere soltanto che il suo disco in parte offuscato da diverse macchie, alcune delle quali si calcolarono
grandi circa quattro o cinque volte l' area del nostro globo. Esse non sono per fisse, ma alcune appariscono e
dispariscono regolarmente impiegando circa venlotto giorni prima di corrispondere al medesimo punto, altre
scompaiono tutto ad un tratto, altre si formano improvvisamente. Si narra che verso T anno 535 la luce del Sole
diminu sensibilmeqte pel corso di quattordici mesi, che nel 626 la met del suo disco fu oscurata per tutta la state.
Quindi La-Place suppose che sia esso, una massa infiammata sottoposta ad immense eruzioni; ed Ilei schei che sia
un corpo solido circondato da un atmosfera di nubi infiammate, che talvolta aprendosi lasciano apparire il nucleo
oscuro. Altri lo supposero in perpetua combustione, e per isciogliere l' opposizione sulla diminuzione del suo
volume, che dovrebbe in tal caso aver luogo, si calcol che attesa la immensit della massa, se anche il suo
diametro si diminuisse di due piedi per giorno, dovrebbero scorrere tremila anni prima che potesse apparire di 1''
mi- nore di quello che si presenta al giorno d' oggi; la qual diminuzione non sarebbe sensibile nemmeno cogli
stromenli pi esatti. In una parola non si pu meglio definire quest' astro che dicendolo: una massa sferica, la quale
ha una rotazione intorno ad un asse centrale inclinato al piano dell' orbita terrestre di 7 19' a3", che si compie in
giorni Q5, OH, eh' una sorgente inesausta di luce, di calore e di vita, e che in esso risiede il centro di quella forza
che anima tutti i corpi che d' intorno a lui si ravvolgono.
2. Pi presso al Sole che ogni altro pianeta si aggira Mercurio. La sua piccolezza, la sua distanza da noi, e la
sua molta prossimit al Sole, per cui spesso immerso nei raggi solari, hanno reso difficilissime le osservazioni per
determinare gli elementi del suo moto. Tuttavia si pot con- chiudere che esso un corpo opaco, perch va
soggetto a fasi simili a quelle della Luna, presentando nelle sue qua* drature sempre la parte luminosa rivolta verso
il Sole; che si ravvolge attorno ad un asse nello spazio di giorni i,oo38a; che descrive intorno al Sole un' ellisse
poco estesa, molto eccentrica, e sempre interna a quella percorsa dalla Terra, e ci in giorni 87, 96926. Ha un
diametro apparente di 7"; il suo equatore fa un grande angolo col piano della sua orbita; la variazione delle stagioni
si ritiene molto sensibile; lo si suppone circondato da un' atmosfera densissima; si calcola che l'intensit della luce e
del calore sia settupla di quello che sia sul nostro globo nella stagione d'estate; e si ritiene the le sue montagne '
umalziao anche pi di otto miglia.
3. L' orbita di Mercurio compresa dentro quella d Venere. Questo pianeta presenta gli stessi fenomeni di
Mercurio, avendo per le fasi molto pi sensibili. La sua luce pi viva di quella di ogni altro corpo celeste (
esclusi i due principali ), e tale alle volte da potersi vedere di pieno giorno, calcolandosi di una intensit eguale a
quella che manderebbero venti stelle riunite di prima grandezza. Essa visibile per tre o quattro ore alla mattina
prima che s' alzi il Sole, od alla sera dopo il suo tramonto. Il suo splendore pi vivo quando trovasi nelle
quadrature, perch pi distante dai raggi solari ed a noi pi vicina d! quando piena. La sua parte oscura
conserva un barlume, che ha fatto supporre essere la sua materia fosforescente. La sua orbita pur compresa
entro quella della Terra; ed a questa inclinata di 3 a4'. L' intensit del calore della luce doppia della nostra. Il
raggio del suo globo quasi eguale a quello della Terra, ed il volume non differisce da questa che di una nona
parte. La durata della sua rivoluzione siderale di giorni 22^1 70082; e quella della rotazione-intorno al proprio
asse di giorni o, g73i5. Dalle variazioni che presentano i corni di questo pianeta nelle sue fasi, hanno fatto
conchiudere 1' esistenza in esso di altissime montagne; tuttavia devesi riguardare siccome esagerata oltremodo I'
asserzione di quelli che le fanno ascendere al quadruplo delle pi alte che sieno sul nostro globo, se non si pot
ancora determinare con certezza quanta sia 1' elevazione di quelle della Luna, che un corpo molto pi vicino alla
Terra, e molto pi facile ad essere osservato. Non si pu calcolare nel globo di Venere alcuno schiacciamento
sensibile. Schroeter esaminando la legge con cui va diminuendo la luce riflessa da questo pianeta, ha pensato che
esso sia cinto da un' atmosfera simile alla nostra. I due pianeti di Mercurio e di Venere, che sono pi presso al
Sole che non la terra, furono chiamati pianeti inferiori; e si dissero superiori quegli altri che hanno il nostro globo
collocato tra essi ed il Sole.
4. La Terra il terzo pianeta che si conta partendo dal Sole in rapporto alla loro distanza da questo astro. Essa
ruota intorno ad un asse in un tempo siderale di giorsi 0,99727, ossia in ventiquatlr' ore comuni,. e col suo moto di
traslazione percorre un' ellisse detta eclittica, di cui il Sole occupa un foco, nello spazio di un anno, ossia in giorni
365,3.56384. Da questi due moti dipendono tutte le apparenze che noi attribuiamo al Sole; poich non
accorgendoci di questo movimento dobbiamo necessariamente riferirlo agli oggetti circostanti, nella stessa guisa
che, scorrendo in un battelletto la superficie tranquilla del mare, il nostro sguardo rivolto alla spiaggia giudica che
gli fugga d'innanzi insieme a tutti gli oggetti eh' essa sostiene. Quindi dal moto rotatorio ha luogo il fenomeno del
giorno e della notte, e dal progressivo quello delle stagioni, ritenendosi che quest' ultimo si effettui in modo che 1'
asse rimanga sempre parallelo a s stesso. Questo globo stato lo scopo delle pi accurate indagini degli .ultimi
tempi. Quindi si cominci ad esaminarne la figura. Sparirono le colonne d' Ercole, e si conobbe che la Terra non
aveva confini. Fu prima la ragione che persuase a considerarla pressoch sferica; le osservazioui poi ed i viaggi
confermarono tale opinione, e si conchiuse essere la Terra un globo isolato nello spazio e recinto d' ogni parte dal
ciclo. Ma queste osservazioni non bastarono a determinarne la figura esatta ; spettava all' astronomia di pervenirvi;
nel cielo dovevamo leggere la forma della nostra Terra. I fenomeni celesti non si osservano ad uno stesso tempo
da tutti i suoi abitanti: ecco il fondamento di questa ricerca; venne in soccorso la geometria, e la si trov
precisamente sferoidica, schiacciata ai poli ed elevata all' equatore. La differenza per dei due raggi
piccolissima, e perci comunemente la si considera non diversa da una sfera. Finalmente, fatta astrazione dalle
ineguaglianze che s'incontrano sulla sua superficie, le quali sono minime in confronto dell' intera massa (i) ( e tali
che Biot le considera relativamente molto" minori delle scabrosit presentate dalla superficie di un arancio )
Sr*trov che la curvatura della sezione che si otterrebbe facendo passare un piano pei poli e pel centro della
Terra non differiva da quella di
(ij La sommit pi elerata del nostro globo il ilecimoiniarlo fico dell' Himalaya ni Tilirt, il quale giunge a poco
pi di quattro migjjj. FiTRvno, Lib. ix. 7
un' ellisse, e perci si cred proprio di considerarla coni un' ellissoide di rivoluzione intorno all'asse minore che
passa pei poli, determinando il rapporto fra il raggio di curvatura sotto 1' equatore, e quello ai poli come x : o,
9967. Da queste osservazioni e misure si trov che il semiasse maggiore di questa ellissoide di 3444 miglia
geografiche od italiane; il semiasse minore di 5431.63; il semidiametro alla latitudine di quarantacinque gradi di
3438-48; il suo schiacciamento di 11.37; ^
a
lunghezza di un grado del meridiano rettificato di 60; e la quarta parte
del primo meridiano che passa per Parigi di 5400.72. La sua distanza dal Sole si calcola di 12048 diametri
terrestri, i quali moltiplicati per 6876, numero medio delle miglia geografiche che si comprendono in un diametro,
si avr per questa distanza calcolata in miglia circa ottantadue milioni ed ottocento mille miglia. Dice il Francoeur,
che per aver un' idea di questa smisurata distanza basta considerare che una palla di cannone da ventiquattro con
una carica di sedici libbre di polvere, percorre per ogni minuto secondo miglia o, 44
QI
ci che vale miglia i5gi
circa per ora, e 58184 per giorno; e tuttavia questo proiettile conservando quella velocit costante dovrebbe
impiegare sei anni per giungere fino al Sole.
La terra viene seguita da un satellite, detto Luna. Questa, pi vicina a noi che ogni altro corpo celeste, un
globo sferico ed opaco, che ci riflette la luce solare, da cui viene illuminato. Molte sono le prove della opacit e
sfericit della Luna, ma la pi convincente la si trae dalle sue fasi. Quando la Luna sta fra la terra ed il Sole, non
da noi visibile, perch la parte illuminata riflette la luce verso il Sole medesimo, ed allora dicesi Luna nuova, o
neomena. Allontanandosi da quella posizione, parte della faccia illuminata si volge verso la Terra, e si presenta a
noi sotto forma di Un sottilissimo arco lucido, che sparisce poco dopo il Tramontar del Sole. Di mano in mano
che per la composizione del suo moto con quello della Terra si va trasportando fuori di quella direzione, e che
perci ritarda il suo tramonto, quell' arco si va ampliando, ritenendo per sempre il convesso rivolto verso il Sole.
Dopo circa sette giorni dalla sua prima apparizione trovasi al meridiano nel momento che il Sole tramonta, ed
allora dalla Terra si vede la met della parte illuminata, cio una quarta parte del suo gloho ci riesce oscura, ed un'
altra quarta parte rischiarata, la quale proiettata apparisce sotto forma di un mezzo cerchio, ed . il primo quarto.
In seguito si va sempre pi aumentando la parte luminosa rispetto a noi, finch dopo quattordici giorni trovandosi
la Terra fra la Luna ed il Sole, la faccia rivolta a noi la stessa che quella rivolta al Sole, e perci si vede tutta la
parte illuminata, che apparisce sotto forma di un disco, e la Luna dicesi piena: essa nasce nel punto che il Sole
tramonta. Continua poi a muoversi nello stesso senso, e perci va nascondendo alla Terra parte del suo disco
illuminato, finch passa pel meridiano quando il Sole nasce, e si presenta di nuovo sotto forma di un semicerchio,
ma tale che ha la convessit rivolta olla parte opposta di quando era net primo quarto, cio verso oriente; ed
allora si ha 1' ultimo quarto.
Finalmente la fase continua a restringersi, finch torna ad apparire sotto la figura di un arco sottile che si perde
nei raggi del Sole nascente, e cessa di apparire: e si ha in quel punto di nuovo la neomenia. Dopo due giorni torna
a mostrarsi la sera verso occidente per ricominciare nello stesso modo le sue fasi. Tuttoci si rileva facilmente
dalla fig. i. Tav. II., considerando le posizioni della Luna secondo i numeri progressivi in essa marcati.
Nel novilunio la Luna nasce e tramonta col Sole; nel primo quarto nasce la Luna quando il Sole passa pel
meridiano superiore; nel plenilunio si presenta ad oriente quando il Sole sta ad occidente; nell' ultimo quarto nasce
quando il Sole tocca il meridiano inferiore. Questi fenomeni per non si corrispondono con tutta precisione, e gli
astronomi calcolano le piccole modificazioni dipendenti dall' inclinazione dell' orbita lunare all' eclittica, la quale
di 5 g'.
Si sa che quando la Luna sta fra la Terra ed il Sole essa dicesi in congiunzione con qnest' astro, e quando
invece la terra sta fra la Luna ed il Sole dicesi in opposizione. La congiunzione significa che le longitudini del Sole e
della Luna sono eguali; se onUmpoiaujuunsnlc sono eguali anche le latitudini, cio se la Terra, la Luna ed il Sole
statino sulla medesima retta, si ha l'eclissi solare: nell'opposizione invece le longitudini differiscono fra loro di 180
0
,
e se tutti e tre quei corpi si trovano pure sulla stessa linea succede l' eclissi di Luna. Ci si vede .chiaro dalla
succitata figura, quando si supponga che le posizioni 1. e 2. della Luna sieoo nello stesso piano della Terra e del
Sole.
La rivoluzione siderale di questo satellite di giorni 27, 52i58 muovendosi da occidente verso oriente con una
velocit di miglia 33.6 per ogni minuto, cio circa la ventesimanoua parte della velocit della Terra, la quale si
calcola di <jS4- Confrontando questo satellite con la Terra si calcolato che insito raggio ^ del terrestre, la
superficie ^ ed il volume . La sua rivoluzione si effettua in modo che preseuta alla Terra sempre la medesima
faccia, ci che significa eseguirsi la rotazione intorno al proprio asse nello stesso tempo, in cui si compie la
rivoluzione intorno ali* Terra; come si pu riconoscere tenendo dietro alle macchie sensibilissime che si veggono
nel suo disco. Quindi un abitante nella Luna non avrebbe che un sol giorno, ed una sola notte di egual durata, per
ogni rivoluzione.
La Luna osservata con forti telescopi presenta una massa arida; essa ricoperta di montagne, di piani e di
cavit profonde; alla sua superficie tutto solido; essa non cinta da alcuna atmosfera sensibile; quindi non vi ha
n aria, u acqua, n nubi, n pioggie, n alcuna delle meteore che si formano nella nostra atmosfera; e perci
potrebbero abitarla soltanto esseri di una costituzione affatto diversa dalla nostra. Si crede di aver osservato alcuni
accidenti simili alle eruzioni dei vulcani; e La-Place attribuisce a questi la caduta degli aeroliti, osria di quelle
*piclre che cadono talvolta dal cielo, e ci dietro il calcolo che non essendovi atmosfera, la quale diminuisca la
velocit di quei proiettili, basterebbe una forza quadrupla di quella della polvere da cannone per vincere l'
attrazione lunare e giungere nella sfera d' attrazione terrestre.
5. Marte comprende nella sua orbita le tre precedenti; esso il pi vicino a noi di tutti i pianeti superiori. Stando
in questo pianeta il diametro del Sole deve apparire circa un terzo di quello che apparisce a noi, e la sua superficie
non pi che i g. La luce ed il calore devono essere rapporto a quelli della Terra come i numeri 4
:
95 il suo volume
non giunge ad una sesta parte del nostro globo, ed circa triplo di quello di Mercurio. La sua distanza media dal
Sole corrisponde ad una volta e mezza il raggio medio dell' eclittica; la sua orbita molto eccentrica, e viene da
esso descritta in un tempo quasi doppio di quello che impiega la Terra a descrivere la sua, cio in giorni G86,
QJ(j6i, ravvolgendosi come gli altri pianeti da occidente verso oriente intorno ad un asse inclinato al piano della
sua orbita di tiro 33' in un tempo quasi eguale a quello della rotazione terrestre, cio in giorni 1,02733. La sua
distanza media da noi eguaglia la media che passa fra noi ed il Sole. Quando si accosta a quest' astro presenta fasi
come la Luna, ma non sono per della stessa figura, cio convesse da una parie e concave dall' altra, ma bens
presentano una forma ovale pi o meno allungata; ci avviene per la sua maggior distanza dal Sole, poich
chiaro che quanto pi i pianeti si allontanano da questo astro, tanto le loro fasi debbono essere meno pronunciate;
ed al crescere della distanza essi devono apparire sempre pienamente illuminati. Ed appunto Giove, Saturno ed
Urano non presentano per quella ragione alcuna fase. La luce che riflette Marte oscura e rossastra, lo che fa
supporre che sia circondato da una densa atmosfera. Vi si riscontrano pure sul suo disco alcune macchie, che
spariscono poi irregolarmente.
6. Tutti gli astronomi fino a Keplero non considerare mo dopo Marte altro pianeta che Giove; ma il
sapientissimo astronomo di Virtemberga, che in forza del suo spirito filolofico seppe riunire 1' ottica all'
astronomia, e da quest' ucione ricavare quella dell' astronomia alla fisica generale, considerando la natura come un
tutto, di cui il complesso e le singole parti hanno un' origine comune, verit feconda d'innumerevoli applicazioni;
questo sapientissimo filosofo tanto benemerito dell' astronomia, precursore dell' immortale Newton, esaminando le
distanze dei vari pianeti dal centro del Sole, trov che vi esisteva una legge determinata, mancante per di un
termino fra le di&tanze di Marte e di Gio ve: e siccome egli era dominato dal principio che in tutto il creato vi
fosse armonia, conchiuse che fra Marte e Giove doveva esistere un pianeta sconosciuto. Niuna supposizione fu
forse fatta con dati minori; tuttavia era riservato agli astronomi che comparvero due secoli dappoi il mostrare col
fatto la verit preveduta dall' ingegno di Keplero. Piazzi nel i8ot scopri un piccolo pianeta eh' egli denomin
Cerere. Esso descrive un' orbita appunto compresa fra quelle di Marte e di Giove, e la sua distanza dal centro del
Sole d il termine preciso che mancava nella serie fissata da Keplero. Ci che si pot fino ad ora determinare
intorno a questo piccolissimo pianeta si : che la sua rivoluzione compiesi in giorni 1460.2, che ha un'orbita
inclinata a quella dell' eclittica di io" 07' a5". 2, il semiasse maggiore della quale corrisponde a quello dell' eclittica
nel rapporto di uno a "2, 767245; che il suo diametro non maggiore di un grado del meridiano terrestre; che il
volume appena un quarto di quello della Luna; e che apparisco sotto la forma di una nebulosa circondata da
nebbie molto variabili.
Singolar cosa poi che nelle osservazioni praticate per riconoscere gli elementi dell' orbita di questo pianeta se
ne siano scoperti altri tre, il primo da Olbers nel 1801, denominato Pallade, la cui orbita ha con 1' eclittica un'
inclinazione di 34 37' 3o", cio la maggiore di tutte le orbite planetarie, e la sua- media distanza dal Sole di a,
76826 confrontata con quella della Terra; il secondo da Harding nel 1804, di cui l' orbita ha il semiasse maggiore
corrispondente a 2, 67035, e 1' inclinazione di i3 4' 3o", chiamato Giunone; ed il terzo dallo stesso Olbers nel
1807, dello Vesta, con un' orbita inclinata di 7
0
8' e di semiasse maggiore eguale a 2, 67035 di quello dell'
eclittica. Quello che pi sorprende in questi quattro pianeti quasi impercettibili, il cui volume ha con quello di
Mercurio lo stesso rapporto che ha questo con quello di Giove, : che tutti quattro sono compresi fra le orbite di
Marte e di Giove, e che hanno una distanza quasi uguale dal centro del Sole, sicch tutti e quattro possono
supplire al termine mancante nella serie di Keplero di pi che le loro rivoluzioni differiscono pochissimo una dall'
altra, e che le orbite s' intersecano tutle quasi sopra una stessa linea. Le quali circostanze fecero supporre ad
Olbers, dopo eh' ebbe scoperta Pallade, che* questa e Cerere fossero i frammenti di un pianeta primario,
spezzato per qualche esplosione od altra circostanza particolare; ed in forza di questa ipotesi si and esaminando
so ve ne esistessero altri, per cui si scoprirono in seguito Giunone e Vesta.
7. Giove, il pi grande di tutti i pianeti, il coi volume ha con quello della Terra il rapporto di 12S0, 9 ad uno,
abbraccia con la sua orbita tutte quelle dei pianeti sopra enunciati. La sua gran distanza dal Sole che arriva a
centoventicinquemila Ireccutosessantasettc semidiametri terrestri, e la piccolezza dei pianeti eh' egli abbraccia,
deve far s che questi siano in esso appena perspicibili, e che nelle congiunzioni, quando stanno sulla stessa linea
con Giove e col Sole, anzich produrre un' eclisse, si mostrino come punti neri proiettati sul disco solare, nello
stesso modo che vegliamo noi Mercurio. L' area poi di questo disco deve apparire la ventisettesima parte di
quella che apparisce a noi, e per ci essere la luce ed il calore ventisette volte meno intense. La sua orbita
inclinata all' eclittica poco pi di un grado, e viene da esso percorsa in giorni 4-332.5gG3i, cio quasi dodici anni,
ruotando intorno ad un asse quasi perpendicolare al piano dell' orbita nello spazio di circa dieci ore, ossicno giorni
o, 4>353; rotazione che fu calcolata per mezzo di alcune macchie che si osservano sul suo disco e di alcune fascie
vicinissime fra loro e parallele al suo equatore. Molte altre macchie irregolari si osservano in Giove, le quali ora si
allargano, ora si restringono e finalmente spariscono. L'ipotesi su queste macchie la stessa che su quelle degli
altri pianeti, cio che vi sieno nubi folte che i venti trasportino con diverse velocit in un' atmosfera agitatissima.
Giove presenta uno schiacciamento ai suoi poli molto sensibile essendo fra il suo asse maggiore ed il minore il
rapporto di uno a o, 9^87; e ci dipende dalla grandissima celerit, con cui si ravvolge intorno al suo asse, per cui
le molecole che sono sotto all' equatore provano una graudisr sima forza centrifuga.
Fra i quattro pianeti che si aggirano pi presso del Sole vedemmo che la Terra soltanto viene accompagnata da
un satellite,* e questo era il solo che si conoscesse dagli antichi. Ma la invenzione dei telescopi fece si, che
poterono osservarsi intorno a Giove quattro piccoli globi, che si aggirano in orbite determinate ubbidendo alle
stesse leggi, dietro alle quali la Luna segue la ' Terra. Bench la scoperta di questi satelliti sia stata contrastala al
Galileo da Simone Mario, pure convengono tutti che a quel grande italiano sia dovuta tutta la gloria; perch fu il
primo a pubblicare le sue osservazioni, a determinare i tempi approssimati del loro moto, ed a mostrarne 1' utilit
nella determinazione delle longitudini geografiche. Le continuate osservazioni hanno potuto, bench difficilmente,
stabilire gli elementi principali delle loro orbite, e formare delle tavole dei loro moti, per cui si dedusse quanto
segue.
Esaminando tutte le apparenze, si deve ritenere che si avvolgono in orbite pressoch circolari, vicinissime tra
loro, poco discoste dall' equatore di Giove, e pochissimo inclinate u\ piano dell' eclittica; anzi calcolandosi che il
primo stia precisamente in quel piano, il secondo devii soltanto di 6''. 4, il terzo di 5' i'\ 68, ed il quarto di a4' 33"
i5. Il fenomeno pi importante che presentano questi satelliti, e per mezzo di cui si pot pi facilmente che in altro
modo determinare la loro teoria, sono gli eclissi, i quali succedono spessissimo in causa della poca inclinazione
delle loro orbite a quella di Giove, per cui non si sollevano mai tanto da potersi disimpegnare dal cono ombroso
che lascia dietro di s il globo del pianeta. Il primo satellite si eclissa regolarmente ad ogni 28' 48'' restando
eclissato per a* i5' 44"; l' eclisse del secondo succede ad ogni 85'" 18', e dura 2'' 52
1
6"; quella del terzo dopo
sette giorni e quattr' ore durando tre ore, trentatr primi e quaranta secondi; e finalmente quella del quarto ad ogni
diciassette giorni per quattr' ore, quarantaquattro primi e cinquanta secondi. Si riconobbe che si aggirano
presentando a Giove sempre la medesima faccia, come fa la Luna verso la Terra. Finalmente la rivoluzione del
primo dura giorni 1 . 769, quella del secondo giorni 3 . 554, del terzo giorni 7 . 166, e del quar .to giorni 16,753-
ritornando poi tutti alla medesima posi
sizionc relativa ogni 4^7 giorni. E chiaro che questi quattro satelliti per le loro fasi, eclissi e posizioni relative,
devono presentare a Giove variatissimi aspetti, potendo alzarsi o tramontare contemporaneamente, a giungere al
meridiano l'uno accanto dell' altro, od uno superiore e 1' altro inferiore.
8. Saturno il pianeta pi distante dal Sole che conoscessero gli antichi, il raggio della sua orbita essendo pi
che nove raggi e mezzo dell' eclittica, dal cui piano devia con un angolo di i 3o'; esso la percorre iu veutinove
anni e mezzo circa, oppure in 10759 giorni meno qualche minuto. Come gli altri pianeti primarj ruota intorno ad un
asse da occidente ad oriente, impiegando in questa rotazione, secondo i calcoli di Herschel, circa dieci ore ed un
quarto. Il calcolo e 1' osservazione fecero conchiudere, che Saturno sia schiacciato ai poli ed elevato all' equatore
col rapporto fra i due semiassi di 10: 11. La sua lontananza dal Sole produce che quest' astro debba apparire,
veduto da Saturno, di un' area eguale ad un novantesimo di quella clic apparisce a noi, e la luce ed il calore essere
novanta volte meno intensi. Bench il suo volume sia 974 volte quello della Terra, pure in causa della sua distanza
ci riflette una luce pallida e biancastra. La sua superficie segnata da alcune fasce parallele al suo equatore simili a
quelle che si veggono sul disco di Marte e di Giove.
Ma la singolarit che presenta Saturno a differenza di ogni altro pianeta, quella di essere circondato da un
corpo opaco circolare esaminato particolarmente da Huygens, detto 1' anello di Saturno, illuminato dal Sole, largo
apparentemente di 1", ci che calcolato alla distanza da noi d approssimativamente 36oo miglia, cio poco
diverso da ut raggio terrestre, e circa un terzo del raggio di Saturno, molto sottile, e quasi piano, talmente situato
che il suo prolungamento passerebbe pel centro del pianeta, ed inclinato all' eclittica di 38 4'- Esso isolato, e
tra questo e il pianeta vi resta uno spazio vuoto, a traverso del quale si possono vedere le stelle; la distanza
dall'anello al pianeta uguale alla larghezza dell' anello medesimo. Gira questo anello intorno allo stesso asse e nel
medesimo tempo del pianeta; o. apparisce a noj s,ottp I4 forma di ua'eJUsse, che, va sempre pi restringendosi
finche scompare totalmente, e solo con fortissimi canocchiali se ne vede una traccia luminosa; le quali apparenze
dipendono dalla posizione relativa del sole, della Terra e di Saturno. Queste apparenze si rinuovano in un periodo
di circa quindici anni; in quest'anno l'anello non si vede, come non si vedr nel 1848, nel 1862, e cos di seguito.
Questo stesso anello appare come formato da due anelli concentrici che girano assieme, e separati da uno spazio
vuoto che ci si presenta sotto la forma di una linea nera e circolare; anzi Short dice di avere osservato parecchie di
queste linee, ci che farebbe supporre, dice il Francoeur, che questo corpo risultasse da diverse corone staccate.
Non basta che Saturno sia illuminato da questo anello, pi o meno, secondo la maggiore o minore latitudine
saturnale, perch esso anche seguitato da sette satelliti, sei dei quali si muovono quasi nel prolungamento del
piano dell' anello, ed il settimo vi si allontana con una inclinazione di 5. Il primo ed il secondo non possono
vedersi che col mezzo di fortissimi telescopi; con gli ordinari appena si scorgono il terzo ed il quarto; quelli per
che si possono osservare facilmente, e per lo pi durante la loro intera rivoluzione, sono il quinto ed il sesto;
finalmente il settimo, eh' uno dei pi grandi, ed il pi distante dal centro di Saturno, si osserva benissimo quando
ad occidente del pianeta, e riesce quasi invisibile allorch trovasi ad oriente. Pi difficili ad osservarsi che non
sono i satelliti di Giove, pi difficilmente si pot anche determinare gli elementi delle loro orbite; tuttavia con
assidue osservazioni si pot dedurre una .grandissima analogia, e specialmente quella della rotazione intorno ad un
asse di durata eguale a quella della rivoluzione intorno al pianeta ; per cui anzi fu conchiuso che questa sia legge
comune a tutti i satelliti.
9. A Saturno terminava, per cos dire, l'impero del nostro Sole, prima che venisse Herschel ad aumentarlo,
aggiungendovi nel 1781 un altro pianeta, che port da principio il nome dello scopritore, e che fu poi denominato
Urano. E questo il pi distante dal centro comune, calcolandosi il raggio medio della sua orbita pi che diciannove
raggi dell'eclittica, per cui abbraccia con la medesima tutte le altre orbite planetarie, descrivendola in un piano
meno inclinato di ogni altro a quello dell' eclittica. L' analogia, pi che le osservazioni, serv a stabilire la teoria del
suo movimento; e perci si ritiene, bench non vi sia nessuna prova diretta, che sia esso un corpo opaco
ravvolgentesi intorno ad un asse conformemente agli altri pianeti. Siccome non si ebbe ancora alcun dato su
questa rotazione, cos non si pot determinarne la durata. Ci che diede il calcolo approssimato si riduce a quanto
segue.
Urano impiegher circa ottantaquattr' anni a compiere ].i sua intera rivoluzione siderale; sicch devono seorrere
ancora trentatr anni prima eh' esso ritorni a quella posizione, nella quale fu per la prima volta veduto da Herschel.
Il Sole deve apparire in mano la quattrocentesima parte di quello che si osserva da noi. Il suo volume corrisponde
ad 81 . 26 di quello della Terra, e la sua massa ad 1 . 6904 della nostra.
L' analogia stessa ha portato lo scopritore del pianeta a supporre che intorno ad esso vi si aggirassero alcuni
satelliti; e difatti dopo inutili ricerche, procurando al suo telescopio una maggior quantit di luce con sopprimervi lo
specchio minore, pervenne nel 1787 a scoprirne due; poscia duo altri ne osserv nel 1790; e finalmente altri due
nel 1794. Ritiensi pertanto che Urano sia circondato da sei satelliti, i quali, dietro quanto espose Herschel ( il solo
che li abbia finora osservati ), si aggirano in orbite quasi circolari e perpendicolari al piano dell' eclittica. Le durate
delle loro rivoluzioni furono direttamente osservate dall' astronomo inglese pel secondo e pel quarto satellite; le
altre furono dedotte dalle leggi di Keplero, leggi che 1' osservazione riscontr vere in tutti gli altri satelliti non meno
che nei pianeti pnmarj. Finalmente qucll' osservatore cred di rimarcare in Urano uno schiacciamento, e di vederlo
cinto da uno o pi anelli, come pure da un' atmosfera molto densa.
10. Questi sono i soli corpi che fino ad ora si osservarono aggirarsi d' intorno al Sole con leggi uniformi e con
apparizioni regolari. Ve ne hanno per degli altri, che devono comprendersi nel numero dei pianeti, e che formano
parte del nostro sistema, i quali per la loro forma ordinaria furono chiamati comete. L' apparizione di questi corpi
essendo affatto irregolare e per tempo e per forma e per direzione, ha destato sempre lo spavento,
particolarmente nei secoli d' ignoranza, nei quali, anzich pensare che 1' unico mezzo di conoscere la natura era
quello d' interrogarla con l' osservazione e col calcolo, si attribuiva alle cause Quali tutto ci che accadeva
regolarmente, al caso quanto non presentava un ordine determinato, ed alla vendetta celeste quello eh' era
straordinario o che sembrava contrario all' ordine naturale. Si pretendeva che le comete dovessero apportare od
annunziare gravissimi disastri; per cui sotto il papa Calisto, al momento che i Turchi stavano per rovesciare l'
impero greco, essendo apparsa la cometa che porta il nome dell' astronomo Halley, furono ordinate pubbliche
preci, con le quali si scongiurava la cometa ed i Turchi. Ma le scienze, e la quasi niuna corrispondenza tra le
predizioni e gli avvenimenti, hanno finalmente sbanditi questi terrori. Ve ne introdussero peraltro di pi ragionevoli,
bench di una lontanissima probabilit, cio P urto che una cometa pu dare nel suo corso alla Terra. Quali ne
sarebbero allora gli effetti, ce li dipinge La-Place (a) con le seguenti parole.
Cangiarsi P asse ed il moto di rotazione; i mari ab baudonare la loro posizione per precipitarsi verso il nuo
vo equatore; una gran parte d' uomini e d' animali anne gali in questo diluvio universale, o distrutti dalla scossa
violenta impressa al globo terrestre; intere specie annien tate; tutti i monumenti dell' umana industria rovesciati;
ecco i disastri che ha dovuto produrre P urto di una co meta contro la Terra. Vedesi quindi come l' oceano abbia
ricoperte le pi alte montagne lasciando tracce incontcsta bili del suo soggiorno; si vede come gli animali e le
pian te del mezzogiorno abbiano potuto allignare nei climi del nord, ove si trovano le loro spoglie e le loro
impronte; finalmente si spiega la giovinezza del mondo morale, i cui monumenti non risalgono al di l di cinque
mille anni. La
(i) Sjst. du Monde. IV. 4.
specie umana ridotta ad un piccolo numero d'individui e ad uno stato il pi deplorabile, occupati unicamente
per lunghissimo tempo del modo di conservarsi, ha dovuto perdere interamente la memoria delle scienze e
delle arti; e quando i progressi della civilt ne hanno fatto sentire nuovamente i bisogni, si dovette ricominciar
tutto, come la prima volta, in cui gli uomini fossero stati posti sulla terra". Alle quali osservazioni si aggiunge il
calcolo fatto sulla cometa di Newton, cio eh' essa compie sette rivoluzioni in 4*8 anni, per cui dev
1
essersi
avvicinata alla terra 334<) anni prima di Cristo, epoca a cui si rapporta il diluvio, di Mos.
Questa specie di pianeti per non si assoggett generalmente all' esattezza dei calcoli, per la variazione della
loro figura, e per le orbite estesissime eh' essi descrivono. Le comete sono per lo pi seguite da una coda
vaporosa, attraverso della quale si possono osservare anche le stelle; talune sono cinte da una specie di atmosfera
che manda una luce torbida della barba o chioma; altre volte non presentano alcuna di queste apparenze. Si
osservarono delle fasi, e si concliiuse che sono corpi opachi composti di un nucleo uccompaguato da una striscia
vaporosa pi o meno densa, pi o meno estesa. La coda sempre diretta in senso opposto al Sole; essa non
apparisce quando la cometa lontana da quest' astro, ed ha le maggiori dimensioni quando presso al perielio.
Quindi si conchiuse che la loro prossimit al Sole faccia s che vengano dal calore di questo riscaldate ed
evaporizzatc; difatti quella del 1680 essendosi approssimata al Sole cenlotrentasei volte pi di quello che noi non
siamo, doveva provare un calore ventotto mille volte pi intenso di noi, cio un grado parecchie mille volte
maggiore di quello del ferro in fusione.
Non solo la forma, ma benanche la diversit del moto fanno distinguere le comete dai pianeti Poche sono quelle
che abbiano una direzione costante da occidente verso oriente, un' orbita poco inclinata all' eclittica, e poco
eccentrica; avendo in generale uua direzione in qualunque senso, descrivendo ellissi allungatissime, le quali, pel
motivo che la cometa non ci visibile se non quando vicina al perielio, possono considerarsi siccome parabole,
od iperbole. La difficolt di calcolare gli elementi dell' orbite di una cometa tale, che di centoventidue comete,
delle quali si cerc di dedeterminare la rivoluzione, una sola , della quale si possono predire con certezza le
riapparizioni, ed quella di Hallcy, la cui rivoluzione si calcola di circa settantacinque anni e mezzo, e che si
aspetta di rivedere nel i855. E certo per che il Sole occupa il foco di ciascuna di queste orbite.
La massa delle comete piccolissima, e tale ebe per quanto si sieno avvicinate alla Terra non hanno prodotto
alcun' alterazione. Quella del 1770, che pi d' ogni altra vi si approssimata, si calcol che fosse appena la
cinquemillesima parte del nostro globo, e forse era ancora molto pi piccola, perch pass tra Giove e i suoi
satelliti senza esercitare su di essi alcuna influenza.
Le apparizioni di questi corpi non durano pi che sei mesi; una di quelle che si mostrarono pi a lungo fu nel
181 r, la quale invece di recare danno alcuno stata anzi seguita da abbondantissimi raccolti.
Ecco tutto quello che si pu dire generalmente del nostro sistema planetario, e quanto di pi certo hanno potuto
stabilire le osservazioni e la mente d' ingegni straordinarj. Per concepire poi meglio le accennate disposizioni si
osservi la Tav. IL fig. O., in cui si vede in S il Sole come centro del sistema, ed intorno ad esso le orbite dei pianeti
e dei loro satelliti nell' ordine sopra indicato. In questa figura si veggono conservati soltanto i rapporti approssimati
fra i raggi delle singole orbite; ma la mente deve concepire che l' orbita della terra stia nel piano della tavola slessa,
e che quelle degli altri pianeti abbiano col medesimo l'inclinazione accennata, e di pi che sieno tutte ellittiche,
anzich circolari, bench non molto vi differiscano, essendo pochissimo eccentriche, e potendoci nelle pi comuni
ricerche ritenerle come tali. Per dare poi un' idea delle orbite delle comete se ne segnarono due; la prima
appartiene alla cometa di Hallcy, comparsa nel 1739, e che si conosce pi precisamente di ogn' altra; e la seconda
viene descritta dalla cometa del 1680, cio di quella che pi di tutte si . avvicinata al Sole. La fig. 5. in ultimo d
un' idea del rapporto che passa fra i semidiametri dei pianeti, cominciando dal minore che si pot determinare
precisamente, eh' quello della Luna fino al massimo, eh' quello di Giove, il quale per non che la decima
parte del raggio solare.
Ma si chieder: questo sistema assolutamente completo? Niuno vi pu rispondere. Prima di Ilcrschel non si
conosceva Urano per la sua gran lontananza; prima di Piazzi, di Olbers e di Harding non si conoscevano Cerere,
Palladc, Giunone e Vesta per la loro estrema piccolezza. E chi potrebbe accertare che fra le orbite ora conosciute
non ve ne sicno comprese delle altre, ovvero che tutte queste non sieno comprese da orbite pi vaste? Lo spazio
non ha limiti; ed i mezzi che finra abbiamo per esaminarlo possono essere sommamente imperfetti affine di
giungere a queste scoperte. vero che la legge di Keplero sulle distanze dei pianeti dal Sole, cos precisamente
verificata dalle scoperte, a lui posteriori di pi secoli, sembra renderci sicuri che non vi esistano pianeti intermedi a
quelli che finora si conoscono, e che solo questa legge potrebbe estendersi co' suoi termini sopra pianeti ancora
pi lontani dal centro comune: ma la particolarit dei quattro ultimi scoperti ad una eguale distanza media dal Sole
non potrebbe esistere anche presso, qualche altro pianeta principiale, e quegli atomi, che nuotano nello spazio,
non poter per la loro picciolezza raccogliere dal Sole tanta luce che riflessa basti a far impressione sui nostri sensi?
Tutto ci spetta alle future generazioni. E impossibile di fissar un limite dove non ve n' esiste. Ma non egualmente
impossibile alla mente umana di trasportarsi ove meglio le aggrada, e perci usciamo per poco dal nostro sistema
planetario, come prima ci siamo sollevati dal nostro pianeta.
Il
Il Sole veramente immobile nello spazio, corno lo ab biamo sino ad ora considerato? Ecco una nuova
questione, a cui pure non si pu rispondere adequatamente. Certo per che fuori del nostro sistema, deve
presentarsi non diverso da quei puMii scintillami CJJLC ai cjuawano stelle, Fisr siamo le idee sulla disposizione di
queste, e poscia diremo ci che sembra pi plausibile sulla loro natura (i).
Dopo lo spettacolo d un bel giorno, il pi sorprendente quello di una notte, che ci discopre i piani azzurri del
cielo senza nubi, nei quali sembra che 1' oro frammischi il suo splendore ai diamanti, di cui sono disseminati.
Come ricco e pomposo il manto della notte! Cos riguardala essa non ha cosa alcuna di spaventevole: anzi una
divinit, che trapassando versa uua rugiada benefica rianimatrice dei fiori, delle foglie e delle piante disseccate
dagli ardori del giorno, e mantiene Dell' atmosfera quella dolce umidit tanto necessaria alla vegetazione. Essa
quasi la misura del sonno della natura, stendendo un velo sugli uomini e sugli animali durante il loro riposo, eh' essa
circonda d' un maestoso silenzio: AH' ombra delle sue ali tutto ci che respira ulla terra, nell' aria, nelle acque si
rinfranca dalle fatiche del giorno, o gode i piaceri dall' amore. Le sue tenebre non sono quelle del caos, perch ha
la sua luce, il suo ordine, la sua armonia ammirabile, che non cede a quella del giorno. Non v' no quello
splendore abbagliante del Sole che tutto fa scomparire nei cieli, per dominar solo, e tutto ci discopre sulla terra;
poich invece la notte ci nasconde la terra, e non ci occupa che dello spettacolo dei cieli, i cui astri brillanti senza
di essa ci resterebbero sconosciuti.
Cos c' introduce un profondo filosofo (2) a contemplare il cielo, ed a leggere in esso la storia religiosa dei primi
uomini. Noi per ammirando tanta bellezza e tanta filosofia, ci limiteremo a seguare le vie pi sicure che si devono
percorrere in cielo.
Siccome era impossibile di attribuire un nome a ciascuna stella per causa del loro indeterminalo numero, cos gli
astronomi fin da tempi remotissimi pensarono di classificar-, le per gruppi, dando ai medesimi denoniiuazioni
affatto arbitrarie in quanto alla corrispondenza fra il nome e la forma del gruppo, ma non per in quanto al
significato, desumenti Qui estuiamo 1' ordine, la forma e le denominazioni delle principali costellazioni, affine di
seguire il nostro autore, modificandolo in Ab ilie fu meglio determinato dai moderni astronomi. (2) Denuis. Oiig.
des Cultes.
doli o dalla religione o dalla storia, o dalle produzioni naturali, o dalle operazioni campestri che si eseguivano,
allorch uno di quei gruppi si trovava in una determinata posizione relativa agli altri corpi celesti, e specialmente al
Sole. Questi gruppi furono poi con nome generico chiamati costellazioni od asterismi. Dato il nome ad una
costellazione, si distinsero con una lettera o con una cifra le singole stelle che la componevano. Finamente si
classificarono anche in rapporto al loro splendore, e si dissero stelle di prima, seconda, terza, quarta, quinta e
sesta grandezza, al di l della quale le stelle non sono visibili senza telescopio.
Per poter riconoscere queste costellazioni sar necessario di fissarne una ben nota, e dalla posizione relativa di
questa si potranno facilmente distinguere le altre. La posizione pi favorevole pel nostro emisfero quella di
volgersi con la faccia a settentrione. Si avr allora di fronte una stella di seconda grandezza, la quale appare
immobile e quasi collocata in quel punto, a cui si riferisce 1' estremit dell'asse di rotazione della terra; punto che
chiamasi polo, e per cui la stella medesima dicesi polare.
Il metodo accennato da Vitruvio per la classificazione di questi asterismi, seguito tuttora, e vengono distinti in
boreali, zodiacali ed australi. Eccone i loro nomi.
Costellazioni boreali.

x. L' Orsa maggiore, od il Carro. questa una delle costellazioni che non tramontano mai. risulta principalmente
di sette stelle, sei delle quali sono secondarie ed una terziaria. La sua forma e quella delle susseguenti si veggono
nella Tavola III. Ognuno pu riconoscerla.
a. L' Orsa minore, od il piccolo Carro ha la stessa forma dell' Orsa maggiore, ma collocata in senso opposto,
come vedesi nella suddetta tavola. Essa per pi presso al polo, e la stella che termina la sua coda la polare.
Questa stella che deve dirigere nelle osservazioni del cielo, si trova facilmente quando si conosca l'Orsa maggiore;
poich basta prolungare la linea che unisce le due stelle posteriori del gran carro, e si giunger alla polare. yIT sur
io, Lib. JX. 8
3. Cassiopea, od il trono. Fissato il polo, questa costellazione sta dalla parte opposta rispetto a!i' Orsa
maggiore. Facile il riconoscerla per la sua forma simile a quella di una Y.
4 Cefeo formata di tre stelle terziarie disposte ad arco, il cui centro si pu supporre nella pi brillante stella di
Cassiopea. Essa ha una posizione intermedia fra il polo e Cassiopea. La linea che serve a determinare la polare
prolungata giunge ad una estremit di quesl' arco.
5. Pegaso sta dalla parte opposta del polo rispetto all' Orsa maggiore inferiormente a Cassiopea; ed formata
di quattro stelle secondarie disposte in un quadrilatero consimile a quello formato dalle quattro ruote del gran
carro. Uno di questi due quadrilateri passa al meridiano circa dodici ore dopo dell' altro.
6. Andromeda. La diagonale di Pegaso prolungata dalla parte di Cassiopea passa per tre stelle equidistanti
disposte in forma di una curva dolce, le quali formano la ce* stcllazione di Andromeda.
7. Il Dragone facilissimo a riconoscersi per una successione di stelle che vanno a formare una curva a doppia
curvatura. La sua coda separa le due Orse; e la testa formata di quattro stelle terziarie disposte in forma di
trapezio.
8. Perseo sta a sinistra di Cassiopea. Tre stelle, una secondaria in mezzo a due terziarie, formano un arco che
volge la sua concavit verso 1' Orsa maggiore. Dalla terza, contando da Cassiopea, partono due file di stelle, una
continua 1' arco primitivo, e 1' altra si piega verso mezzogiorno, formando una curvatura inversa della prima.
9. L' Auriga formato da un pentagono irregolare, di cui le tre stelle pi brillanti formano un triangolo isoscele.
Quella di prima grandezza dicesi Capra.
10. Il triangolo boreale risulta da tre stelle poste inferiormente ad Andromeda.
In Boote. Comprende questa una stella di prima grandezza, chiamata Arturo, che sta sul prolungamento delle
due che formano estremit della coda dell' Orsa maggiore. Al nord-est di Arturo vi upa specie di pentagono;
e fra quer sto pentagono e la coda dell' Orsa vi sono diverse stelle quartane, che formano la mano superiore di
Boote.
l. La Chioma di Berenice viene rappresentata da un gruppo di piccolissime stelle molto vicine fra loro, e situate al
sud-ovest di Arturo in modo che verrebbero comprese dal concavo dell' arco formato dalla coda e da una ruota
del gran carro.
13. La Corona boreale sta ad oriente di Boote, e risulta da sei o sette stelle disposte in semicerchio rivolto con
la concavit verso la testa del Dragone. Fra queste stelle ve n' ha una secondaria, che sarebbe incontrata dal
prolungamento della diagonale che comprende la stella terziaria dell' Orsa maggiore: questa dicesi la gemma della
corona.
A. La Lira. Al sud-est del Dragone sta la Lira, detta anche Avvoltoio piombante. Essa ha una bellissima stella
primaria chiamata Wega, la quale forma con la polare e con Arturo un gran triangolo rettangolo in Wega. Rispetto
al polo opposta alla Capra, di guisa che quando una al zenit, 1' altra all' orizzonte. Comprende altre tre stelle
terziarie disposte in triangolo.
15. Il Cigno o la Croce all' oriente della Lira, e forma una gran croce nella via lattea. Questa croce ha nella
sommit verso nord una stella secondaria, le altre quattro sono terziarie.
16. L' Aquila a mezzogiorno del Cigno e della Lira. Vi sono in essa tre stelle disposte in linea obbliqua, la
media di prima grandezza, e le altre due terziarie.
jy. Jnlinoo o Ganimede sta a mezzogiorno dell' Aquila, ed un quadrilatero di quattro terziarie ( Vcggasi la Tav.
IV. ).
t8. Il Delfino precisamente/ a mezzogiorno della pi lucida del Cigno, e risulta da quattro terziarie molto vicine
formanti una specie di rombo, inferiormente alle quali ve AI' una quinta della stessa grandezza.
19. Il piccolo Cavallo verrebbe incontrato da una litica che andasse dalla Lira al Delfino. questo un trapezio
di quattro stelle di quarta grandezza.
10. L' Ofiuco ed il Serpente sono due costellazioni di. abbracciano un gran tratto di cielo. La prima-
circondata dalla seconda. Inferiormente alla Corona sta la testa del Serpente simile ad nn V obbliquo, la coda del
quale si prolunga in una fila di stelle terziarie che oltrepassa di molto 1' equatore. La testa di Ofiuco "o
Serpentario, le sue due spalle, e la testa di Ercole che gli sta sopra formano un trapezio, alla cui estremit
meridionale trovasi un gruppo di piccole stelle molto prossime tra loro. L' Ofiuco forma un trapezio con una stella
secondaria, due terziarie ed una quartana. La coda del serpente sta fra questo trapezio e quello di Antinoo.
Vcggasi la Tav. IV.
I. Ercole ossia 1' inginoccliiato forma pure un trapezio di quattro terziarie superiore all' Ofiuco, del quale la
diagonale che si dirige verso mezzogiorno prolungata va ad incontrare un' altra terziaria, che dicesi la testa di
Ercole, e che serve a compiere il trapezio dell' Ofiuco.
Costellazioni zodiacali.
i. L' Ariete. Questa formata da due stelle terziarie vicinissime poste sulla linea che va a nord-est sopra l'Auriga;
sotto alla pi occidentale ve ne ha una quartaria. E questa posta inferiormente ad Andromeda. La figura di questa
e delle seguenti costellazioni si osserva nella Tav. IV.
a. Il Toro. Presso a questa costellazione vi sono le Pieiadi e le ladi; queste ultime stanno propriamente sul dosso
del Toro. Una stella primaria alquanto rossastra forma l'occhio del Toro, detta ariche Aldebarano, e posta sopra
una linea che partendo dal polo passa fra la Capra e Perseo senza incontrare altra stella rimarcabile. La stella
inferiore del pentagono che forma 1' Auriga corrisponde al corno boreale del Toro.
3. I Gemelli. All' est del Toro stanno i Gemelli rappresentanti quasi un parallelogrammo, tre angoli del quale
vengono segnati da tre stelle vivissime di prima o seconda grandezza, formano una specie di triangolo isoscele, al
di cui vertice sta la Capra ( Tav. IV. e Tav. III. ).
4- Il Cancro. Poco visibile questa costellazione, poich risulta di quattro quartane aventi fra di esse un
gruppo di piccolissime stelle.
5. Il Lione. La linea che serve a determinare la polare prolungata in senso opposto attraversa un trapezio
formato da quattro stelle, che comprendono la costellazione del Lione. Le due che formano la base inferiore sono
di prima graudezza; di cui quella che sta verso il Cancro dicesi il cuore di Regolo, e 1' altra la coda del Lione. Il
lato che guarda verso il Cancro serve di base ad un triangolo, superiormente al quale si vede un altro trapezio pi
piccolo che ha un vertice comune col primo.
6. La vergine. Il prolungamento della maggior diagonale del quadrilatero dell' Orsa maggiore va ad incontrare
una stella di prima grandezza, detta la spica della Vergine, che compie un grande triangolo con Arturo e con la
coda del Lione. Conduceudo poi una retta dalla coda del Lione alla spica si attraversa un angolo retto formato da
cinque stelle terziarie, il cui lato inferiore segue quasi 1' andamento dell' eclittica, e prolungata giungerebbe fino al
cuore di Regolo.
7. La Libra sta all' est della Vergine. Essa comprende un quadrilatero, "a due angoli del quale si veggono due
stelle di seconda grandezza, e che si fingono raffigurare i due piatti.
8. Lo Scorpione ha la seguente figura. Si vede un arco convesso verso la Libra formato da quattro o cinque
stelle, una delle quali, detta la fronte dello Scorpione, secondaria; nel concavo di quesl' arco vi una stella
bellissima detta Antareo od anche il cuore dello Scorpione, e sta sul prolungamento della linea che va da Regolo
alla Spica; inferiormente a questa sta la coda formata da una fila di stelle terziarie e quartane disposte in una curva
che volge il convesso all' orizzonte, e che torna a ripiegarsi verso Aula reo.
9. Il Sagittario alquanto ad oriente di Antareo, e seguita la direzione dell' eclittica risultando di un trapezio
obbliquo, dinanzi al quale si vede un arco simigliatile a quello di una freccia volgente il convesso dalla parte dello
Scorpione. Poco sopra a quel trapezio se ne vede un altro piccolissimo' che forma la testa del Sagittario.
10. Il Capricorno. Questa, costellazione rispetto all'echitica dalla parte opposta del Sagittario. La testa del
Capricorno formata da due terziarie, una delle quali sta in linea retta con due secondarie e con altre due
terziarie, che appartengono all' Aquario.
11. L' Aquario. Se si guida una linea dalla Lira al Delfino si viene ad attraversare l' Aquario, nella quale
costellazioue si osserva un triangolo ottusangolo formato da tre terziarie, due delle quali stanno in linea retta con la
superiore della testa del Capricorno. Da questo triangolo parte una linea serpeggiante che si stende sino al Pesce
australe e che rappresenta l' acqua.
12. I Pesci. Risulta questa costellazione da due linee di stelle alquanto tortuose che concorrono in un punto,
detto il nodo, in cui vi una terziaria posta sul prolungamento della linea che va dal piede di Andromeda alla testa
dell'Ariete. Queste due file di stelle sono poco apparenti; partendo dal nodo una si dirige verso nord fino ad
Andromeda, 1' altra verso ovest sotto al quadrilatero di Pegaso.
Costellazioni australi (i).'
i. La Balena. Questa risulta di tre trapezi diversi di grandezza, uno dei quali sta sotto all' Ariete, 1' altro, eh' il
maggiore, sotto ai Pesci, ed il terzo pi piccolo a sinistra di quest' ultimo; finalmente alquanto inferiormente alla
sinistra del trapezio maggiore si trova una secondaria che forma la coda.
a. Il Pesce australe sta sotto all' Aquario; comprende una bella stella di prima grandezza, detta Fomalhaut,
che costituisce la bocca del Pesce.
3. Orione la pi bella fra tutte le costellazioni e per la sua estensione e pel numero delle stelle brillanti che la
compongono. Si vede in essa un gran quadrilatero, di cui una diagonale risulta di due stelle primarie, e l'altra di
due secondarie: nell' interno del quadrilatero vi sono tre secondarie molto prossime e disposte in linea obbliqua, la
qual
() Le figure di queste costellazioni si reggono alla Tav. IV.
linea prolungala giungerebbe ad Aldcbarano verso nord-ovest, ed a Sirio verso sud-est; al di sotto di queste se ne
veggono tre altre terziarie che costituiscono la spada; fra il quadrilatero ed Aldebarano si scorge una fila di piccole
stelle disposte in linea curva con la convessit verso Aldebarano, ebe forma lo scudo.
4. Il gran Cane sta al sud-est di Orione. Comprende la pi bella fra tutte le stelle, cio Sirio che forma 1'
angolo superiore orientale di un quadrilatero, la cui base iute
- riorc adiacente ad un triangolo. Tutte le stelle che concorrono a formare questa costellazione sono secondarie,
ad eccezione di Sirio eh' , come si disse, di prima grandezza e la pi risplendente di tutte.
5. Il piccolo Cane. Inferiormente al Gemelli ed all' est deli' angolo superiore del quadrilatero di Orione si trova
una stella di seconda grandezza chiamata Procione, presso alla quale vedesi una terziaria.
6. L' Eridano. questa formata da una serie di stelle terziarie e quartane disposte in linea serpeggiante, che ha
principio all' angolo inferiore occidentale del quadrilatero d' Orione, e termina sotto all' orizzonte in una bella stella
primaria distante 3i dal polo australe.
7. La Lepre. Al di sotto di Orione e ad ovest del gran Cane si trovano quattro terziarie disposte in un
quadrilatero, che formano la costellazione della Lepre. Pi inferiormente sta una stella secondaria detta la
Colomba. ,
8. L' Idra una lunga costellazione che occupa una quarta parte dell'orizzonte. La sua testa a sinistra di
Procione formata di quattro stelle di quarta grandezza al di sotto del Cancro e sul prolungamento della linea che
va dalla stella primaria superiore di Orione a Procione. Il lato occidentale del trapezio del Lione prolungato
giungerebbe al cuore dell' Idra, eh' una primaria, o secondaria come altri vogliono. Una serie poi di dieci stelle
forma la ripiegatura dell' Idra, la quale porta sul suo dosso le due seguenti costellazioni.
i). La Coppa sta presso alla piegatura dell' Idra non molto distante dal cuore, e risulta da sei quartane disposte in
semicerchio.
io. Il Corvo poco lungi della Coppa al sud-est della medesima, ed a mezzogiorno della Vergine. Esso
comprende quattro terziarie disposte in un trapezio, una delle quali sta sulla linea flessuosa dell' Idra. Sul lato
occidentale poi si trova un' altra stella pure terziaria.
n. Il Vascello ad oriente del gran Cane. Comprende tre terziarie, dopo le quali se ne veggono altre tre a sinistra
che formano l' alberatura. Il resto di questa costellazione, fra cui trovasi la pi bella stella dopo Sirio, detta
Canopo, non sorge sopra il nostro orizzonte.
13. Il Liocorno sta fra il piccolo Cane ed Orione, e comprende diverse quartane disposte in forma di un V
molto obbliquo, il cui ramo superiore si ripiega sulla linea retta che forma i piedi dei Gemelli.
i3. Il Centauro sta sotto la coda dell'Idra; appare poco sopra il nostro orizzonte. Vi si distingue una secondaria
avente a destra una terziaria, e superiormente quattro piccole stelle che formano la testa del Centauro; continua
poi questa costellazione verso sud con diverse belle stelle, fra le quali si contano due primarie; e fra le gambe del
Centauro sta la Croce meridionale risultante da quattro secondarie a noi sempre invisibili.
i4- Il Lupo trovasi al sud-ovest di Anlarco, disegnato da diverse piccole stelle. Si rappresenta questo animale
come ferito da una lancia che tiene in mauo il Centauro.
15. Il Solitario una piccola costellazione posta sotto al bacino australe della Libra, e nella quale si rimarca
una sola terziaria che fu staccata dallo Scorpione.
16. 11 Telescopio formato da due quartane situate sotto la freccia del Sagittario ed a sinistra della coda dello
Scorpione (i).
Queste sono le principali costellazioni disegnate dagli astronomi, ina non le sole: poich fra le boreali si contano
altres: la giraffa che fu formata nel 1679 da alcune stelle poco sensibili che occupano lo spazio intermedio alle
costellazioni delle due Orse, di Cassiopea, di Perseo e del
ti) Chi VOLESSE vedere pi distintamente la configurazione delle pi belle costellazioni esamini la Tar. V,
l' Auriga: la Lince fra l' Auriga e I' Orsa maggiore: il piecolo. Lione, posto sotto il gran Lione, e che uuito ai due
Levrieri e ad altre stelle disperse formava la costellazione detta un tempo Giordano; la Volpe e l'Oca tra la
Freccia ed il Cigno; lo Scudo di Sobieski all' occidente di Antinoo; la Lucertola ad oriente del Cigno, ed alcune
altre verso il polo; le quali tutte si possono diffcilmente discernere. Parimente fra le australi trovasi 1' Altare, la
Corona australe, la Gru, la Fenice, il Pavone, il Triangolo australe, il Pesce volante, l' orata, V Indiano, la
mosca australe, l' Idra maschio, il Camaleonte ecc., le quali non compariscono mai od appena sopra il nostro
orizzonte.
Ma oltre alle costellazioni determinate, quante migliaia di milioni di stelle non vi esistono sparse per l' universo,
che appena possiamo discernere coi pi forti telescopi ? E quante altre non vi saranno che ci restano affatto
sconosciute? Quella fascia irregolare e biancastra, che si scorge in una notte serena in cui nou risplenda la Luna,
che attraversa il cielo intersecando l'eclittica verso i due solstizj; che dalla Coda dello Scorpione dividesi in due
rami, uno dei quali si dirige a nord-est verso il Sagittario, l' Aquila e la Freccia, 1' altro a settentrione passando
sulla spaila orientale d' Olioco, ricongiungendosi al primo ove incontra la coda del Cigno, e progredendo poi uniti
sopra Cassiopea e Perseo, sui piedi dei Gemelli, sulla Croce del sud, ritornano alla coda dello Scorpione d' onde
avevano avuto origine; questa fascia comunemente detta la via lattea, che alcuni teologi pagani la credevano
formata dal latte di Giunone eh' Ercole lasci uscire dalla sua bocca, altri dall' abbruciamento prodotto in cielo da
Fetonte, ed altri ancora che fosse la via che conduceva il palazzo di Giove; questa fascia fu esaminata, e si
riconobbe risultare dall' ammasso di stella invisibili ad occhio nudo ed appena rese sensibili coi migliori stronfienti,
indeterminabili di numero, poich Herschel scorrendone un tratto lungo soli li''. largo 2 pot numerarne fino a
cinquantamila. E parimente quelle nubi biancastre e tenuissime che si scorgono sparse nei cieli, eh'Herschel fa
ascendere a quasi mille, e che si osservano priucipahnente sopra lo scudo di Orione, presso all' angolo inforiorc
della Lira, nella < in tu IVI di Andromeda, presso gli angoli inferiori del quadrilatero dell' Orsa maggiore, fra Auto.
noo ed Oloco, nella costellazione del Sagittario ecc. non sou esse che riunioni di stelle impercettibili, poich se ne
marcarono fino a trentasei nella nebulosa-del Cancro.
Che corpi sono adunque le stelle, ed a che servon esse? L' uomo orgoglioso per la potenza della sua mente
vorrebbe che tutto fosse creato per lui. Ma a qual pr gli torna l' esistenza di ci eh' egli non pu disceruere? La
ragione per, la sana filosofia, e le molte osservazioni indussero a ritenere le stelle quai corpi luminosi per luce
propria, non altramente che il Sole; e fu forza concimili e re che siculi come quest' astro sorgenti inesauste di luce e
di calore. Ed ecco per questa semplice idea moltiplicarsi i mondi a dismisura, e con essi la potenza e la grandezza
di chi li produsse. Tutto adunque concorre a mostrarci le stelle siccome tanti soli, ciascuno dei quali illumina,
riscalda, anima e dirige un determinato numero di pianeti, che si aggirano, forse con molti satelliti, d' intorno ad
esso. Ampliata la sfera del nostro modo di concepire cotesto universo, facil cosa 1' applicare a tutto una legge
universale Un pianeta dirige il moto de' suoi satelliti; il Sole quello di tutti i pianeti; una forza ignota, ma che deve
avere il suo centro nel Sole, e eh' ripartita proporzionalmente su tutti i corpi che lo circondano, agisce
reciprocamente su tutte quelle masse. E perch il nostro sistema intero non pu avere il suo centro di moto in
qualche altro punto dello spazio, e tutti gl' infiniti sistemi che hanno il loro centro in ciascuna stella attrarsi
reciprocamente tendendo a quel centro comune, nel quale deve resiedere quella causa primaria di tutto, che ogni
nazione denomin Dio, e che appunto con la sua potenza si trova presente sin nella pi piccola molecola della sua
materia? Qual vasta pittura del creato! Eppure un essere impercettibile sa concepirla; I' ammirazione n' la
conseguenza (i).
fi) Questa maniera di concepire l' unirerso non solo parto delli immaginmioiie degli astronomi, ma fu risvegliata
da molti fenomeni che si osservarono c da forti argomenti che si dedussero. Il moto proprio di alcune stelle, che
Tana per ciascuna in direzione cj in grandezza, la relazione di altre intorno ad un centro comune, la variazione nello
aplendore di parecchie, l' aumento costante nella vivezza di altre, la comparsa di nuove, e la loro successiva
scomparsa, e finalmente I' approssimarsi che fa il Sole con tutto il suo sistema verso d di Ercole, prova che le
stelle non cono assolutamente immobili nello spazio. Se le variazioni poi sono rare e non bastanti a decidere la
quistione assolutamente, dipende dall' immensit della reciproca distanza di questi sistemi. Certo che il nostro
sistema planetario cangia di posizione, e lo deve necessariamente, perch la rotazione del Sole intorno al proprio
asse simile a quella dei pianeti dev' essere stata prodotta da una forza d'impulsione eccentrica, dalla quale
necessariamente deve risultare un moto di traslazione eh' essa poi comunica a tutti i pianeti.
Sulle applicazioni pi importanti dell' Astronomia.
Il bisogno condusse 1' uomo all' osservazione precisa dei fenomeni celesti; e le apparenze osservate gli
tornarono di non poco-giovamento. Ma col volgere dei secoli si conobbe che 1' ordine, dietro al quale
succedevano, non era assolutamente costante, e se ne cercarono per lungo tempo le cause. Alla fine 1' umana
mente disimpegnatasi dalle appatenze s' inalz alla primaria sorgente, e discoprendo la costituzione reale dell'
universo, insegn che quanto accade sotto ai nostri sensi non che illusione (i). Tuttavia per soddisfare gli stessi
bisogni fu necessario di seguire le stesse apparenze, liberate per dagli errori che le rendevano inesatte, e che non
potevansi togliere senza conoscere le cause, da cui provenivano. Quindi fu d' uopo nelle applicazioni considerare i
fenomeni celesti quali si presentano ai nostri sensi. Si dovette ritenere che la terra sia immobile nello spazio; che il
cielo intero, su cui sembrano fissati innumerevoli punti scintillanti si aggiri d' intorno alla Terra con moto
precisamente uniforme da oriente verso occidente in ?5
A
56' 4 ">
1
calcolate in tempo medio; che il Sole, i
pianeti, le comete facciano lo stesso giro, bench siano contemporaneamente animati da un moto proprio, per cui
non conservano come le stelle una medesima distanza relativa; che questo moto proprio, del quale non si pu
avvedersi che dopo qualche giorno, e talvolta anche dopo qualche mese, sia ora pi ed ora meno celere, per le
quali variazio
tai essi sembrano talora muoversi direttamente talora in senso retrogrado, e spesso anche appariscono stazionar);
che il Sole impieghi pi tempo delle stelle fisse a compiere la sua rivoluzione diurna, in causa che si trasporta ogni
giorno di un grado verso oriente. Bisogn immaginare nel cielo diversi cerchj, alcuni costanti per grandezza e per
posizione, ed altri variabili; dei quali i pi importanti a determinarsi sono i due stabili denominati Equatore ed
Eclittica. Il primo viene tracciato dal prolungamento di un piano che si suppone passare pel centro della Terra in
direzione parallela al moto diurno degli astri; e V altro quello che sembra essere percorso dal Sole col suo moto
proprio da occidente verso oriente in 365* 6'
1
9' 11'' 58. Questi due circoli, od i piani, sui quali stanno servono
egualmente a determinare la posizione di un astro qualunque col mezzo di due coordinale, una delle quali si conta
sopra il primo od il secondo di quei due circoli, partendo da un punto di loro intersezione, e 1' altra sopra un
circolo che passa per P astro perpendicolarmente al loro piano. Ciascuno di quei due circoli situato rispetto a
due punti opposti, in guisa, che la distanza da uno di questi punti alla sua circonferenza contata sopra archi ad essi
perpendicolari sia costantemente di go. Quei punti si chiamano poli dell' equatore, e poli dell' eclittica. La
distanza fra un polo dell' equatore ed uno dell' eclittica situati nel medesimo emisfero di circa a3 18', la quale
distanza, essendo determinata dall' angolo che fanno i due piani tra loro, viene detta obbliquit dell' eclittica. 1
Le coordinate di un astro riferito all' equatore si chiamano ascensione retta e declinazione; la declinazione un
arco intercetto fra P astro contato sopra un circolo che passa pel polo dell' equatore e per 1' astro, e che chiamasi
circolo di declinazione; P ascensione retta P arco di equatore compreso fra quel punto, in cui s' interseca con l'
eclittica, detto punto degli equinozi di primavera, e P incontro del circolo di declinazione. Nello stesso modo si
determinano le coordinate rispetto all'eclittica; soltanto si cangiano i loro nomi, dicendosi latitudine l' arco
compreso fra P astro e P eclittica, e longitudine l' arco di eclittica compreso fra lo stesso punto degli equinozi e P
incontro del circolo di latitudine (i).
Devesi poi immaginare un asse che passi pel centro della sfera e per P osservatore, e che prodotto incontri da
ambe le parti il cielo stellato, indi perpendicolarmente a quest' asse guidato un piano pel centro stesso della sfera;
questo piano ed il circolo che traccerebbe col suo prolungamento dicesi orizzonte, i punti opposti dell' asse si
dicono i suoi poli, dei quali il superiore chiamasi zenit e 1' inferiore nadir. Dall' indicata determinazione di questo
piano si vede che la sua posizione varia con quella dell' osservatore. Tuttavia il piano stesso unito a quello che
passerebbe pel scio polo e per un astro qualunque, detto verticale, serve a fissare la posizione dell' astro ad ogni
istante, ossia la sua elevazione sopra l'orizzonte; le coordinate a ci necessarie si chiamano altezza ed azimut, la
prima viene espressa dall' arco di verticale compreso fra 1' astro e P orizzonte, la seconda P arco di orizzonte
compreso fra l'incontro del verticale ed il meridiano partendo dal sud, essendo il meridiano uu circolo che passa
contemporaneamente pei poli dell' equatore e per quelli dell' orizzonte (2). Queste brevi indicazioni devono
bastare a ben intendere quanto siamo per dire.
GNOMONICA.
La pi importante e ad un tempo la pi antica applicazione dell' astronomia agli usi civili fu certamente la misura
del tempo. .Questa misura si trova solo nel moto, non potendosi determinare l'intervallo fra due istanti successivi,
(1) Nella fig. 1. Tov. VI. il punto Y rappresenta il punto degli equinozi di primavera. YAP un arco di equatore, e
P il suo polo; YCZ uu arco di eclittica, ed E il suo polo; S un astro qualunque, EA la quarta parte del circolo di
declinazione, EC la quarta parte del circolo di latitudine; YA l' ascensione retta dell' astro, GA la sua declinazione;
PC la longitudine, GC la latitudine.
(a) nella fig. a. Tav. VI. ZN l' asse, BAD V orizzonte, Z lo zenit, N il nadir, P il polo nord dell' equatore, S un
astro qualunque, Io il verticale, su 1' altezza, BA 1' azimut.
che mediante alcuni spazj percorsi; ma perch la misura sia precisa chiaro che il termine di confronto dev' essere
costante, e questo non trovasi naturalmente che negli astri. Se gli astri, dice Bailly, non avessero avuto un
movimcn,, to, o che questo non fosse stato osservato nello stato di societ, noi non avremmo alcuna idea del
tempo e della ,, durata; queste cognizioni, che sarebbero di poca utilit all' uomo solitario e selvaggio, sono il
frutto della sua in dustria, ma ad un tempo la prova della sua dipendenza; l' uomo sociale ha bisogno di tutta la
natura, e perci egli tolse dall' astronomia la misura del tempo ". chiaro che l' uomo, appena che gli concesso
di far uso dei propri sensi e di giudicare degli oggetti che lo circondano, deve accorgersi del moto del Sole, e
tosto che gli fu d' uopo di misurare un intervallo fra le sue operazioni di qualsiasi natura, dovette segnar quello che
scorre da un apparire all' altro di quest' astro sull' orizzonte, intervallo che fu detta giorno; quindi i primi uomini
cominciarono a contare il tempo per giorni, di che ne assicura non solo la ragione, ma benanche il fatto che
riscontr ai nostri tempi in America, ove alcuni popoli selvaggi contavano tuttora per Soli.
Dopo il Sole, il corpo che pi colpisce i nostri sensi la Luna, e per la rapidit del suo movimento e per la
variet dei suoi aspetti che regolarmente si rinnovano nel corso di circa ventotto giorni solari; e perci molti popoli
contarono per mesi, che ripartirono poi in quattro intervalli dietro le quattro fasi lunari, ciascuno di sette giorni, che
dissero settimane. Finalmente si osserv che le stagioni si riproducevano pure in intervalli sensibilmente eguali, e
quindi si cont per stagioni o per anni.
Queste furono le principali divisioni del tempo. I primi bisogni della pi piccola divisione eh' era il giorno
obbligarono di ascendere alla pi grande che si potesse facilmente, osservare, cio all' anno; ma moltiplicatisi
questi bisogni, si dovette retrocedere, ed il giorno che sembrava il minimo intervallo che fosse necessario di
fissare, divenne troppo lungo, e si cerc di dividerlo in varie parti, la qual cosa non fu difficile a conseguirsi
tenendo dietro al moto del Sole, cl<e da un punto della, superfcie terrestre sembrava elevarsi gradatamente fin a
toccare il punto della massima altezza, per poi discendere od uno direttamente opposto a quello d' onde era surto.
Queste ripartizioni per non avevano in natura che due soli punti fissi, il nascere ed il tramontare dell' astro, poich
il punto sublime, cui perviene alla met del suo corso, non si pu ad una prima ispezione determinare. Si vide per
che essendo la luce solare ioteccttala dalla maggior parte dei corpi terrestri, questi lasciavano dietro a s un'
ombra, la quale si accorciava e si allungava a seconda dell' altezza, a cui giungeva il Sole; e quindi che si poteva
dalla lunghezza di quell' ombra determinare la varia altezza dell' astro, e ripartire uniformemente in pi intervalli il
tempo che impiegava a fare una rivoluzione diurna. Ecco la prima origine di quella scienza che fu detta
Gnomonica da gnomone, eh' era il nome di un qualunque corpo che servisse a segnare la lunghezza di quelle
ombre; g' intervalli, in cui venne diviso il giorno, si chiamarono ore, ed il piano che serviva ad indicarle si disse
orologio, cui poscia si diede l' aggiunto di solare, perch regolato dal moto del Sole a differenza delle altre
maniere che s' inventarono per ripartire il tempo. Il numero delle ore che si comprendono in un giorno affatto
arbitrario; peraltro gl' Indiani, i Siamesi, i Tartari, i Persiani, i Caldei, gli Egiziani e tutti i popoli del mondo antico
divisero il giorno in sessanta parti; divisione per che serviva, come osserva il Bailly, pi all' uso astronomico che
all' uso civile, pel quale fu il giorno variamente ripartito; Cosi gl' Indiani lo divisero in otto intervalli alla stessa
maniera che fecero poscia, i Romani.
Ma qualunque sia il numero delle parti, in cui si voglia dividere il giorno, ecco i principi fondamentali per
costruire un orologio solare seguendo la divisione attuale del giorno in ventiquattro parti eguali (i).
(1) Chi volesse dare un trattato completo della gnomonica nella sua massima generalit, cio di quella scienza
che insegna a misurare il tempo, dovrebbe premettere le definizioni dei vari tempi stabiliti dagli astronomi; e perci
indicare la diversit fra i tempi sidereo, vero e medio, ed esporre il modo di confrontarli. Ma questo appunto
apparterrebbe ad un trattato completo, che non del nostro scopo, e che pu desumersi da, qualunque trattato di
astronomia clemenlai. Laonde qui ri
concepiamo in primo luogo col Francoeur la costruzione di un orologio solare al centro della terra. Se si
conducono per l' asse terrestre dodici piani fra loro inclinati di i5, essi toglieranno il nostro globo in ventiquattro
fusi eguali. Uno di questi piani si supponga che sia il meridiano, e contando dalla parte superiore di questo verso
occidente si considerino quei piani numerati da i fino a 15, con che si giunger alla sua parte inferiore, e
continuando a numerare gli stessi piani si segnino pure dall' 1 fino al 13, contando dal meridiano inferiore, con che
si torner al superiore. In questa maniera si viene a stabilire per un determinato luogo un sistema, detto sistema dei
piani o cerchi orari ; per* che sembrando il Sole descrivere un parallelo all' equatore con moto uniforme, cio
percorrere uua circonferenza divisa in 36o, chiaro che dividendo il tempo di questa rivoluzione in a4 parti, che
si chiamano ore, quell' astro impie* gher un' ora a descrivere un arco di i5, cio a passare dall' uno all' altro di
quei piani. Quindi cominciando a con* tare dal passaggio del Sole pel meridiano superiore, quando esso si trover
sul piano segnalo 10 si dir che sono dieci ore della sera o della mattina, secondo che sar dalla parte occidentale
o dalla orientale.
Se ora s' immagina trasversalmente a quei piani condotta una qualunque superficie, che supporremo pur piana,
la quale passi pel centro della terra, questa superficie verrebbe dai piani orari tagliata secondo dodici linee, che
riterremo segnate con gli stessi numeri dei piani.
Fiualraenle supponendo che di tutto ci vi rimanga soltanto la superficie con quelle dodici linee, e 1' asse
terrestre in forma di uno stilo opaco, l' ombra di questo stilo si proietterebbe sulla superficie, e si troverebbe sulle
linee in questa tracciate alle ore indicate dalle medesime; sicch per esempio a dieci ore 1* ombra si
confonderebbe con la linea marcata numero 10. Cos si avr un orologio solare situato nel centro della terra, di cui
1' asse del globo sar lo stilo indicatore, e le linee orarie saranno le intersezioni dei piani
feriremo le cose pi importanti secondo i principi delle scienze moderne, avendo gi contentato il testo vilnniauo
a pi di pagina ai cap. 8. e 9. VlTRUriO, Lib. IX. g
orari con la suddetta superficie. E siccome le dimensioni del globo terrestre sono nulle in confronto della sua
distanza dal Sole, ne segue che trasportando quella superficie e qucll' asse in qualunque luogo della terra, per
sotto lo stesso meridiano, ed in modo che restino sempre paralleli a s stessi, si avr l' orologio solare per quel
luogo.
Ecco le conseguenze che si deducono da questa costruzione: i. Ogni orologio solare proprio per un luogo
determinato pu trasportarsi in un altro luogo sotto lo stesso meridiano, purch sia disposto in una direzione
parallela a quella che avea. a. Lo stilo indicatore parallelo all' asse terrestre, che si suppone l' asse del moto
diurno; quindi esso situato nella direzione del meridiano, ed inclinato come l'asse terrestre all'orizzonte, la quale
inclinazione eguaglia sempre la latitudine geografica ossia l'altezza di polo. Cos a Parigi sar lo stilo inclinato all'
orizzonte di 48" 5o' l4"> a Padova di 45 a4* perpendicolare sotto il Polo; orizzontale sotto l'equatore. 3. Le
linee orarie sono le sezioni della superficie dell'orologio fatta da dodici piani rispettivamente inclinati di quindici in
quindici gradi, i quali incontrano tutti lo stilo etendo dal meridiano che un piano verticale condotto per 1' asse. 4-
Se la superficie sar piana, le linee orarie saranno tante rette che concorreranno con lo stilo in uno stesso punto
della linea meridiana; e se l' orologio viene descritto sopra un muro verticale, la linea del mezzogiorno sar pure
verticale, poich il meridiano eh' altres un piano verticale taglia quel muro nella direzione della linea meridiana.
Adunque per la costruzione di un orologio solare fa d' uopo conoscere di qual modo si possa segnar la linea
meridiana, e come determinare la latitudine del luogo, in cui lo si vuole stabilire.
Parecchi sono i metodi per determinare la linea meridiana, cio la sezione di una superficie qualunque fatta per
mezzo del meridiano. Il pi semplice per quello, in cui si fa uso delle altezze corrispondenti del Sole (i); ed
fon
ti) Si pu anche servirsi della bussola, o ilei passaggio al meridiano della stella polare, o delle altezze
corrispondenti di qualunque stella; ma questi metodi o sono inesatti o difficili a praticarsi.
dato sul principio che elevandosi quesl' astro sopra 1' orizzonte sino ad avere la massima altezza sul meridiano, e
poscia abbassandosi dalla {'arte opposta per gli stessi gradi pei quali si era innalzato, esso dev' esser egualmente
diStante dal meridiano quando abbia la medesima altezza sopra 1' orizzonte, ossia quando le ombre di uno stesso
corpo, che intercetta i suoi raggi, sieno eguali. Ecco di qual maniera si procede a questa determinazione. Si
stabilisca un piano orizzontale, e su questo si descriva un circolo ABCD ( fig, 3. Tav. VI. ), nel cui centro O sia
collocato verticalmente uno stilo, o gnomone, oP di tal lunghezza, che la sua ombra possa entrare nella
circonferenza. Si osservi l'ombra che manda quello stilo sul piano quando il Sole sta dalla parte d' oriente, e la si
segua finch la sua estremit stando per entrare nel circolo tocca^ la periferia, per esempio nel punto B. Elevatosi
il Sole fino al meridiano, e volgendosi verso 1' occidente, l' ombra dello gnomone sar diretta in parte opposta ed
allungandosi successivamente torcer a toccare la circonferenza in un punto per esempio C, in cui star per uscire
dal circolo. Siccome il moto del Sole uniforme, ne segue che diviso l' arco BC per met in E, e dal punto E pel
centro guidato un diametro EF, questo rappresenter la cercata sezione, ed ogni giorno quando il Sole sar sul
meridiano, lo gnomone coprir con la sua ombra la linea OE: un piano verticale eretto sopra questa linea
rappresenter lo stesso meridiano.
Per maggior esattezza si suole descrivere diversi circoli concentrici bc, Ve', b"c'' ecc., e tali che 1' ombra dello
stilo possa entrare nel pi piccolo dei medesimi; e sopra ciascuno si ripete la medesima osservazione. certo che
se le delerminazioui delle rispettive met degli archi sono esatte, queste met devono stare tutte sopra una stessa
linea; cio le direzioni della meridiana per ciascun circolo devono tutte coincidere. utile questo metodo dei
circoli concentrici, potendosi con essi evitare le osservazioni pomeridiane, perch la curva che unisce i punti B,
b,b'...c',c, C un'iperhola, la quale tracciata che sia va a tagliare i circoli dalla parte opposta in punti che presi a
due a due con quelli segnati prima del mezzogiorno, risultano equidistanti dalla meridiana.
Invece dello stilo si suole adoperare aneli e un perpendicolo, che corrisponda precisamente sul centro del
circolo, e lungo il quale si' colloca una piccola palla, il eui centro corrisponde all' estremit indicatrice P dello
gnomone. Finalmente si pu adoperare un' asta di qualunque forma, la quale termini in un disco avente un piccolo
foro per dar passaggio ai raggi solari, che vanno a disegnare sul piano orizzontale un ovale, di cui si fissa il centro;
il foro dev'essere poi collocato verticalmente sul centro dei circoli concentrici.
Resta solo d' avvertire quelli che esigessero la massima esattezza in questa determinazione, eh' essa viene fatta
nell' ipotesi che il Sole descriva precisamente col suo moto diurno un circolo parallelo all' equatore, ci che difatti
non ha luogo in causa del suo moto proprio, per cui si allontana da questo piano ogni giorno, percorrendo un arco
di eclittica di circa un grado. La massima esattezza avrebbe luogo nel giorno dei solslizj, nel quale il moto del Sole
in declinazione zero; ma siccome il pi grande moto in declinazione neh" intervallo fra i due solstizi non porta mai
una variazione maggiore di un minuto di tempo per ora, cos si pu trascurare questo piccolo errore.
Determinata la meridiana in un piano orizzontale, nulla pi facile riesce che il segnarla sopra un muro verticale.
Si collochi dinanzi a questo muro un disco di metallo che abbia nel suo centro un foro circolare n ( fig. 4- Tav. VI.
), pel quale possano passare i raggi solari, ovvero si fissi nel muro slesso un gnomone qualunque. Quando un
orologio comune ben regolato, od una meridiana in un piano orizzontale ben costrutta, segna mezzogiorno preciso,
si osservi 1' ombra che manda sul muro un filo a piombo np, che si far pendere dal foro circolare, e si segni l'
ombra stessa Bulla superficie del muro; ovvero si marchi sul muro l'immagine del foro circolare, e dal suo centro si
conduca AB parallela al filo a piombo; o finalmente se si adopera uno stilo, dall' estremit dell' ombra di questo s'
innalzi la verticale AB. La linea cos tracciata sar la meridiana richiesta.
Premesse queste nozioni generali diremo chiamarsi orolegio solare quella superficie, sulla quale si veggono
disegnate alcune linee disposte in modo che l' ombra d' uno stilo, od un raggio solare passante per un foro
che tiene luogo dell' estremit dello stilo stesso, cade sopra quelle linee ad ore determinate. Questi orologi
pi assumono di* versi nomi dalla diversa posizione dei piani e dalla varia figura delle superficie su cui si
descrivono, e si dicono equinoziali, orizzontali, verticali, polari, diretti, declinanti, inclinanti, reclinanti,
cilindrici, sferici ecc. Noi indicheremo soltanto la costruzione dei tre primi, come i pi interessanti e i pi comuni,
premettendo le seguenti definizioni.
Centro del mondo si considera 1' estremit dello stilo, attesa la gran distanza dalla terra al Sole, per cui un
qualunque punto della sua superficie pu supporsi nel centro.
Centro dell' orologio il punto d' incontro della sua superficie con una linea condotta per 1' estremit dello
stilo parallelamente all'asse del mondo; nello slesso punto concorrono tutte le linee orarie, le quali sono le
intersezioni dei circoli orari col piano dell' orologio. Questo centro non esiste, in quegli orologi, il cui piano sia
parallelo all' asse del mondo; diconsi allora orologi senza centro.
Sostilarc la proiezione ortografica della suddetta linea sul piano dell' orologio.
verticale dell' orologio la linea condotta dall' estremit dello stilo perpendicolarmente al piano.
Piede dello gnomone il punto d' incontro di questa linea col piano.
linea equinoziale 1' intersezione del piano dell' orologio col piano dell' equatore, ed sempre normale alla
soStilare.
Orologio solare equinoziale.
Quando un piano obbliquo all' orizzonte s' inclina dalla parte del polo facendo con l' orizzonte stesso un angolo
acuto, quel piano dicesi inclinante; e se volgendosi fa un angolo ottuso dicesi reclinante. Posta poi la
reclinazione eguale al complemento della latitudine del luogo, il piano proposto si trova nel piano dell' equatore, e
1' orologio descritto sul medesimo dicesi equinoziale.
Gli orologi equinoziali si distinguono comunemente in superiori, cio rivolti verso lo zenit, ed inferiori verso il
nadir. E siccome il Sole non rischiara che una sola superficie di un piano equinoziale superiore pel nostro emisfero,
indicher le ore soltanto in primavera ed in estate, e l'inferiore in autunno ed inverno; laonde perch un orologio
equinoziale possa servire tutto l' anno, bisogna riunire il superiore e l' inferiore, cio disegnarlo su tutte due le
faccie opposte del piano. Questa specie di orologi solari deve preferirsi ad ogni altra, perch pi comoda e pi
naturale; e se non molto usi tata dipende dalla necessit di doverli far doppj. Nulladimeno deve conoscersi la
loro costruzione perch serve a meglio intendere quella delle altre specie di orologi solari, ed offre un metodo per
la loro pi facile esecuzione.
Si prenda pertanto un piano qualunque ABCD ( fig. 4Tav. VI. ) e su di esso descrivasi un circolo, nel centro o
del quale sia infisso uno stilo perpendicolare al piano che lo passi parte per parte. Si divida poi la circonferenza in
ventiquattro parti eguali; i raggi che andranno a ciascun punto di divisione saranno fra loro inclinati di quindici
gradi, e rappresenteranno le linee orarie. Due dei diametri che risulteranno da questa divisione fra loro
perpendicolari, serviranno a segnare 1' uno, per es. GH la meridiana, e I' altro EF la linea detta delle sei ore. Dalla
parto opposta del piano si delineer la medesima figura, in guisa che questi due orologi coincidano perfettamente
quando il piano sia diafano.
Fatta questa semplicissima costruzione non resta che a collocarsi il piano convenientemente; ci che chiamasi
orientare l'orologio; e consiste nel disporre lo stilo che perpendicolare al piano, parallelamente all' asse terrestre,
e nel situare la GH sul piano del meridiano. A tal effetto si formi un triangolo PQR rettangolo in P, di cui 1' angolo
il sia eguale alla latitudine del luogo, ossia all' elevazione del polo; e lo si collochi verticalmente con l'ipotenusa
diretta secondo una linea meridiana orizzontale che dev' essere di gi tracciata. Si applichi poscia il piano dell'
orologio al lato PQ, di guisa che lo stilo vada a combaciare col lato QR e la linea del mezzogiorno GH col lato
PQ (i).
Dalle date definizioni e dall' indicata costruzione si vede che il piano dell' orologio stara nel piano dell' equatore,
e che il Sole rischiarer per sei mesi la faccia superiore, e per altri sei mesi l'inferiore; e che nel passaggio che fa
dall'uno all' altro emisfero, cio nei giorni degli equinozj non segner alcuna ora n da una parte n dall' altra,
perch i suoi raggi caderauno direttamente sull' orlo del piano descrivendo esso in quei giorni l' equatore; ed
affinch l' orologio possa tornar utile anche in quei giorni, si dovr cingere il piano con una fascia ad esso
perpendicolare, che possa ricevere l' ombra.
Orologio solare orizzontale.
Si chiama orizzontale quell' orologio che viene descritto sopra un piano parallelo all' orizzonte; e siccome il
Sole pu rischiarare un piano orizzontale ogni giorno pel tempo, in cui egli sta sopra 1' orizzonte, cos questa
specie di orologi la pi comoda perch indica tutte le ore del giorno per tutto l' anno. Ecco la sua costruzione.
Si fissi la linea meridiana, la quale sia CB ( fjg. 5. Tav. VI. ), indi in un piano sollevato su questa linea
perpendicolarmente a quello dell' orologio si formi un angolo BCP eguale alla latitudine del paese, sar CP l'indice
orario quando sia disposto parallelamente all'asse terrestre. Per determinar poi le linee orarie s'innalzi da
qualunque punto della CP una perpendicolare, per esempio HB, la quale incontri io B la meridiana, e per questo
punto si conduca EB perpendicolare alla CB. Indi s' immagini nello spazio un piano che passi per lo stilo CP, e
che intersechi lungo qualunque linea il piano dell' orologio; 1' inclinazione del piano ora ira
i (>) Evvi un altro metodo di orientare qucsl' orologio indipendente dalla latitudine e dalla meridiana, facendo
oscillare il piano finch la lunghezza dell'ombra rimanga costante per tutto il giorno; ma questo non pu essere
esatto che verso i solstizi, perch la declinazione del Sole, da cui dipende la lunghezza dell' omhia, varia in uno
stesso giorno. naginato ( che sar il piano orario ) con quello del meridiano, determiner l' ora indicata dalla linea
d' intersezione; sicch se 1' ioclinazione sar di i5, 1' intersezione sar la linea di un' ora, se sar di 45 sar
quella di tre ore, e cos di seguito; che se si vogliano le linee delle mezze-ore, 1' inclinazione dei piani dovr
progredire di j 3o'. La maniera poi per determinare quella inclinazione la seguente.
Si considerino innalzate dal punto H due perpendicolari allo stilo CP, una 611 nel piano del meridiano, e 1' altra
nel piano orario che sia ad esempio HE; chiaro che 1' angolo EHB compreso da queste due perpendicolari
determiner l' inclinazione dei due piani; e siccome il meridiano perpendicolare al piano dell' orologio, cos la BE
sar perpendicolare a tutte le linee innalzate da B nel piano del meridiano; quindi la BE potr rappresentare la
tangente dell' angolo EHB quando si prenda 13H per raggio. Si vede pertanto che le tangenti dei diversi angoli
formati in H dalle perpendicolari innalzate dallo stesso punto nel meridiano e nei piani orari, si conteranno tutte
sulla linea MN partendo da B; quindi conoscendo queste tangenti si determiner con un loro estremo un punto
della linea d'intersezione del piano orario coli' orizzonte, la quale ha un altro punto comune a tutte in C, e perci si
sapr tracciare la linea oraria. Fa d' uopo pertanto prepararsi una tavola delle tangenti degli angoli di quindici in
quindici gradi ( ovvero di sette e mezzo in sette e mezzo se si vogliano le mezze ore, oppure ad ogni 3 4^ pei
quarti, e cos di seguito ), e portarle successivamente sulla linea MN, da ambe le parti della meridiana CB, per
determinare i loro estremi, i quali congiunti col punto C daranno le linee cercate.
Per evitare anche il piccolo calcolo necessario a determinare quelle tangenti, si pu ridurre la costruzione
puramente grafica con far centro in B, e con un raggio uguale a BH descrivere un circolo, dividere la sua periferia
di quindici in quindici gradi, od altramente, condurre i raggi ai punti di divisione e prolungarli fino che incontrino la
MN, da questi punti d' incontro guidare le rette al centro C dell' orologio e si avranno le linee orarie, come si vede
nella succitata figura.
Sapendosi che le tangenti degli angoli maggiori di 45 crescono rapidissimamente, ne segue che la
determinazione delle linee orarie sar comoda per le quattro ore prima e dopo mezzogiorno; ed i metodi ordinari
non serviranno a segnare la quinta e la settima. La sesta per che corrisponde ali
1
angolo retto si segner parallela
alla linea EB, e sar la AD ( che dicesi appunto la linea delle sei ore }, poich in tal caso la tangente infinita.
Per evitare questo inconveniente si suole calcolare gli angoli che le linee orarie far debbono al centro C con la
linea meridiana; questi per variano con la latitudine, e non si pu stabilire pei medesimi una tavola generale.
inutile avvertire che il piano debba essere perfettamente orizzontale, ci che potr determinarsi con una
livelletta a bolla d' aria ben rettificata ; e che le linee superiori a quelle delle sei ore non sono che il prolungamento
delle inferiori corrispondenti al medesimo numero, e che gli angoli formati dalle linee orarie colla meridiana sono
corrispondentemente eguali d' ambe le parti della medesima; e che perci basta in un orologio solare costruire un
quadrante semplicemente.
Questi orologi possono costruirsi sul luogo dove debbono essere collocati, ed allora devesi determinare la
meridiana; ma se si eseguiscono fuori del sito, bisogna saperli mettere nella posizione necessaria, e ci si ottiene
cercando che 1' indice segni un' ora precisamente nota per qualche altro mezzo, e meglio che ogni altra quella del
mezzogiorno, al che si perverr segnando una meridiana orizzontale nel luogo stesso. Questo metodo il pi
semplice; si pu per altro orientarli servendosi della declinazione del Sole al momento dell' operazione; che so si
volesse far ci nel giorno degli equinozj, basta avvertire che la declinazione del Sole essendo zero, 1' ombra dell'
estremit dello stilo descrive una linea perpendicolare alla meridiana.
Dall' osservazione poi che abbiamo fatta, cio che un orologio solare costruito in un paese pu servire per
qualunque altro, purch si conservi il parallelismo fra lo stilo e 1' asse della terra, ne segue che un orologio
orizzontale stabilito sotto una data latitudine geografica trasportato che. sia sotto un' altra latitudine non potr pi
restare orizzontale, ma dovr formare con l' orizzonte un angolo eguale alla differenza fra le due latitudini.
Orologio solare verticale.
Dal nome stesso si deduce che gli orologi di questa specie sono descritti in un piano perpendicolare all'
orizzonte, cio nel piano di un circolo verticale, il quale passa pello zenit dell'osservatore. Dalla posizione poi del
verticale che si sceglie dipende la costruzione deli' orologio. I verticali per che si fissano pi comunemente sono
quei due che guardano verso i quattro punti cardinali, cio il meridiano che ha le sue faccie 1' una rivolta ad
oriente e 1' altra ad occidente, ed il cosi detto primo verticale che riesce perpendicolare al meridiano, e che si
volge da una parte al nord e dall' altra al sud. Dal punto perci, a cui rivolta la faccia di questi due piani, su cui
descritto l' orologio, dipende la denominazione di questo, cio settentrionale, meridionale, orientale,
occidentale. Se poi si sceglie un altro verticale, che formi per conseguenza un angolo col meridiano, l' orologio
descritto sul medesimo si dice declinante.
Vi esistono metodi particolari per descrivere ciascuno di questi orologi. Noi per indicheremo quello che li
abbraccia tutti, insegnando a descrivere un orologio solare sopra qualunque superficie.
Si orienti esattamente dinanzi alla superficie proposta un orologio equinoziale od orizzontale, il quale
chiamasi ausiliario; dovendo lo stilo essere in qualunque orologio solare sempre parallelo all' asse terrestre, ne
segue che il suo prolungamento prodotto sino alla suddetta superficie servir d' indice al nuov orologio che si
vuol costruire. I piani orari passano, come si detto, per lo stilo sc guendo ciascuno di essi una delle linee
tracciate sull' orologio ausiliario; quindi conoscendo la loro posizione non resta che a segnare le linee
d'intersezione che il loro pro lungamento forma colla stabilita superficie; ed a tal effet to devesi aspettare che 1'
ombra dello stilo si trovi sopra i, una linea oraria dell' ausiliario, e tracciare 1' ombra ch'es so manda sulla
superficie di cui si tratta. Ma siccome que sto metodo riesce penoso, si fa uso di un cerino (i) acce so durante la
notte, dirigendolo in maniera che faccia pro- jettare 1' ombra rjello stilo sopra le linee dell' orologio au siliario, e
si segna la traccia dell' ombra stessa che si di,, pinge sulla superficie proposta ".
Dopo le nozioni superiormente indicate non fa d' uopo dimostrare l' esattezza di questo metodo, il quale serve
per ogni superficie curva o piana che sia. Ma siccome ordinariamente si delineano questi orologi sopra un piano,
cos si pu rendere pi semplice la costruzione, osservando che in tal caso le intersezioni dei piani orari con la
superficie sono tutte linee rette, per segnare le quali basta conoscere la posizione di due dei loro punti. Uno di
questi comune a tutte nel centro dell' orologio; 1' altro poi si determina prolungando le linee orarie dell' ausiliario
fino al piano proposto.
Chi volesse poi conoscere la parte teorica sviluppata di queste costruzioni, o gli altri metodi grafici che si
possono adoperare, e la declinazione delle altre specie di orologi solari dovr ricorrere ai trattati completi di
gnomonica, od anche ai trattati di astronomia nella parte delle applicazioni di questa scienza. I limiti che noi ci
abbiamo prefissi non permettono di estenderci maggiormente. E solo termineremo questi cenni sopra una delle pi
belle ed utili applicazioni astronomiche, osservando che gli orologi senza centro, il cui piano parallelo all' asse del
mondo, ovvero cos poco inclinato che il punto d' incontro sia ad una grandissima distanza dal luogo stabilito,
servono per quei paesi che sono molto prossimi all' equatore od ai poli; nei primi si avranno orologi orizzontali
senza centro, e nei secondi orologi verticali senza centro. Questi si possono tracciare avendo due orologi
orizzontali ausiliarii, e determinata la verticale condurre sul piano fissato due linee orizzontali regolate dai due
ausiliarii; con ci si vengono a fissare due punti di ciascuna liuea orari, e perci si potranno segnare anche Ma
fi) Se si adopera cero per candela grande di cera, perch non si adoprer il diminutivo cerino, eh' pur -voce di
uso?
za avere il punto del loro incontro quand' anche non sieno parallele.
Inoltre si osservi che seguendo le curve descritte ogni giorno dell' estremit dello stilo sulla superficie dell'
orologio, si possono fissare quelle che corrispondono ai giorni pi importanti dell' anno; e cos si veggono in alcuni
orologi segnate quelle dei segni zodiacali. Di pi siccome 1' ora indicata da un orologio solare, che misura il tempo
vero, -non si accorda perfettamente con quella che segnano gli orologi a macchina, i quali sono ordinariamente
regolati sul tempo medio; questa differenza pu indicarsi sopra un orologio solare di grandi dimensioni segnando le
linee orarie di due primi in due primi, od almeno di quattro in quattro primi; e le curve dei segni di cinque in cinque
giorni nel primo caso, e. di dieci in dieci giorni nel secondo: se gl'intervalli saranno pi piccoli tanto pi riescir
comoda 1' operazione. Indi si segneranno sopra ogni curva i punti del mezzogiorno medio per ciascun giorno dell'
anno ( il quale viene indicato, dai calcoli che offrono l' equazione del tempo ); i punti di quelle diverse curve cos
segnate, quando sieno congiunti con un tratto continuo presentano uua curva particolare che ha la forma di un 8
ristretto, e che chiamasi la curva meridiana del tempo medio. Questa curva giunge da un tropico all' altro, e
viene tagliata dalla meridiana dell' orologio in quattro punti, nelle epoche, in cui il tempo vero combina col tempo
medio; due dei quali sono per cosi prossimi che sembrano quasi combaciarsi. Ogni volta che 1' ombra dello stilo
perviene a questa curva nel ramo che corrisponde al segno attuale, dicesi mezzogiorno medio.
Finalmente diremo che vi sono alcune specie di questi orologi, i quali servono anche durante la notte, in cui si
legge 1' ora col mezzo del lume di Luna, per cui si dicono lunari, o col mezzo delle stelle, detti siderali. La Luna
anzi pu servire a segnare le ore anche sopra un orologio solare, quando si abbia una tavola che indichi per
ciascun giorno l' ora, in cui la Luna passa pel meridiano, poich baster aggiungere all' ora del passaggio della luna
pel meridiano quella che segna l' ombra da questo satellite projettata lull' orologio solare, e si avr l' ora cercata,
purch si av-> verta di sottrarre dodici ore quando la somma da un numero maggiore. Questo risultato per non
preciso in causa del moto proprio della Luna, per cui si allontana dal Sole verso oriente per due minuti primi di
tempo ad ogni ora; quindi lo si corregger in questo modo si sottri a' per ora contando da quella che segna l'
ombra fino alle dodici, se la Luna non giunta al meridiano; ovvero si aggiunga per ogni ora a' se lo ha
passato.
Questi sono i mezzi che si considerarono fino dalla pi remota antichit siccome inalterabili per la misura del
tempo. Ma non potendo gli stessi riescile di una perenne utilit in causa della diurna rotazione terrestre, e delle
vicende atmosferiche, si cerc di supplire con mezzi meccanici; e perci si videro le clepsidre a sabbia e ad
acqua, fra le quali ebbe rinomanza quella di Ctesihio, come ci narra lo stesso Vilruvio (1). Col progresso per
delle scienze e delle osservazioni si conobbero in natura alcune forze che potevano servire utilmente a misurare il
tempo con un moto uniforme; e fra queste si prescelsero la gravit e l' elasticit, per cui si ebbero a poco a poco
quegli orologi che giungono al massimo dell' esattezza e della comodit. Il discorso sulla misura del tempo
porterebbe naturalmente a dire alcun che su queste macchine; ma siccome esse appartengono ad uu altro ramo
delle matematiche che non l' astronomia, e quindi sono quasi estranee a questa giunta, e siccome verremmo in tal
guisa ad uscire di troppo dai limiti prefssi in quest' opera, cosi ci restringeremo ad alcuni brevissimi cenni.
Agli orologi solari ed alle clepsidre succedettero per la misura del tempo quelle macchine aulomate, in cui il
moto si comunica per mezzo di ruote dentate, la velociti si regola da un bilanciere, 1' impulsione proviene da un
peso, ed il tempo indicato sopra una mostra, divisa circolarmente in dodici parti eguali ( e ciascuna di queste in
altre quattro ) per mezzo di un indice sostenuto dall'asse di una ruota, la quale fa l' intero giro in dodici ore, cio fa
due rivoluzioni da un passaggio all' altro del Sole pel meridiano su
pcriorc. Gli orologi di questa specie furono per da prima modellati sulla clepsidra di Ctesibio, la quale constava
pure di varie ruote dentate e di rocchetti, posti in moto per l'azione dell' acqua; tuttavia una invenzione tanto bella
non ebbe alcun incremento per molti secoli. Si nominano solo gli orologi di Trimalcione, di Boezio e di
Gassiodoro; e quello regalato dal papa Paolo I. a Pipino nel 760, e 1' altro dal califfo Raschild verso 1' anuo 807
a Carlomagno destarono la meraviglia, e furono tosto imitati dagl'Italiani. L' uso per dei medesimi non risale oltre
al decimo secolo, nel quale si cominci a collocarli sui campanili. Tosto gli artefici intelligenti pensarono ad
aggiungervi un meccanismo perch la macchina potesse indicare le ore col suono. Dagli orologi in grande si pass
ad alcuni pi piccoli, per collo* carli nelle stanze, e da questi ad altri minori portatili senza alcun incomodo. Gli
orologi per da saccoccia furono inventati soltanto verso la met del diciassettesimo secolo, in cui si trov il
mezzo di sostituire al peso motore una spira elastica.
L' esattezza di questi automi molto superiore a quella delle clepsidre, giunse al suo massimo grado dopo il
1647, in cui si applic ai medesimi il pendolo per opera di Huygens, o come altri vogliono di Galileo; ed in grazia
della grande precisione con cui il pendolo segna le divisioni del tempo si giunse a fissare le pi piccole parti di un
giorno, per cui l' intervallo fra due passaggi successivi del Sole al meridiano fu diviso in 86400 parti, nominate
secondi, che si possono agevolmente numerare.
Siccome spesso accade nelle umane invenzioni, le quali quando incominciano a perfezionarsi vi progrediscono
di gran passi, il meccanismo degli orologi si ridusse sempre pi utile, per cui queste macchine non si limitarono
solo ad indicare con esattezza le parti, in cui si divide il tempo diurno, ma benanche il giorno del mese e della
settimana, gli anni, l' et e le fasi della Luna, il nascere ed il tramontare del Sole, gli anni bisestili ecc. Si videro gli
svegliarini, le ripetizioni, e persino gli orologi ad equazione, cio tali da indicare le differenze fra il tempo vero ed il
tempo medio; e finalmente dagli stessi principi ebbero nasciraento le sfere mobili, per cui si concepisce il moto dei
pianeti intorno al Sole, rappresentando con la massima precisione il nostro sistema mondiale.
Dal che si conosce che la costruzione degli orologi non un' arte puramente pratica, ma che esige bens molte
cognizioni scientifiche, quali sono le leggi del moto, la geometria, la meccanica, la fisica, i principi fondamentali
dell'astronomia, il calcolo, e sopra tutto un ingegno che snppia penetrare nello spirito dei principi e giustamente
applicarli.
Per costruire poi gli orologi praticamente gli artefici si dividono in varie classi, dedicandosi ciascuno alla
formazione di un pezzo particolare; e perci vi sono quelli che formano le ruote, i dentelli, i rocchetti, avvertendo
che i denti sieno di una uniforme grossezza, equidistanti fra loro, e delle determinate forme e curvature; altri danno
il compimento a questi pezzi; altri ibbricano le molle, per le quali si deve far uso del migliore acciaio, ben
temprato, d' una durezza tale che non possa perdere la sua elasticit n spezzarsi; chi fa le spirali, la cui bont
essenziale negli orologi da saccoccia, e nelle quali si deve pur usare dell' ottimo acciaio e perfettamente temprato,
onde restituisca tutta o quasi tutta la quantit di moto che riceve; chi forma i pesi per dar moto ai pendali, e le
frecce d' acciaio ; chi pulisce ci che altri ha dirozzato; e cos tutti attenti a costruire il proprio pezzo offrono
perfetto con maggior esattezza quanto pu dare 1' arte materiale. Tocca poi al conoscitore della scienza di
giudicare sulla perfezione di tali lavori, e di dirigere la riunione dei pezzi, onde si possa ottenere l'effetto ricercato.
Questa parte delle scienze matematiche una delle importanti per la civile comodit, e fu causa di bellissime
scoperte e di esattissime osservazioni, per cui dovrei)!)' essere con tanto amore studiata da chi vuole tornar utile
alla societ colle applicazioni delle scienze esatte.
CRONOLOGIA.
L' esatta rivoluzione dei corpi celesti serve oltremodo a fissare le epoche pi oscure della storia. Difatti quando
si conosce il periodo di una rivoluzione celeste, e quando la storia ci accenna un fenomeno della medesima, si pu
con precisione stabilire il tempo, a cui deve riferirsi il fatto contemporaneo a quel fenomeno. Da quest'
applicazione dell' astronomia derivarono molte scoperte curiose ed importanti; anzi si pot leggere nel cielo la
storia tutta di tempi antichissimi, le origini delle religioni, l' et dei monumenti, ed il grado a cui pervennero i primi
uomini nello studio delle scienze. Che se 1' ignoranza, il fanatismo e la superstizione non avessero alterato i segni
naturali, si potrebbe senza dubbio dire che il cielo il codice storico pi completo, come il pi antico.
Celebri sono i due zodiachi che si trovano dipinti nel soffitto dei tempi di Denderah e di Esn in Egitto
ultimamente scoperti. Il signor Fourier fu quello che diede l' interpretazione di quei dipinti spiegando il significato
delle dodici figure, e mostrando di qual maniera gli Egiziani rendevano perpetua la memoria degli eventi, e ne
stabilivano 1' epoca del loro avvenimento. Tutto mostra in quelli che si trovano nel tempio di Denderah che il Sole
era in Cancro al momento del levare eliaco di Sirio, e che il solstizio accadeva verso la terza parte circa di quella
costellazione, per cui si pot conchiudere che la retrogradazione da oggi a quel tempo in causa della precessione
degli equinozi di circa 4j e per ci che la costruzione del tempio risale a circa dodici secoli prima dell' era
cristiana. Cos pure dallo zodiaco che si vede nel maggior tempio di Esn pot dedursi che il solstizio accadeva
allora nella costellazione della Vergine, ma siccome dalle scolture non si pu ben precisare il punto di questa
costellazione occupato dal Sole, cos si stabil che prendendo un' estremit della medesima, la retrogradazione
dovuta alla precessione degli equinozi ammonta ad 8i, ci che fa considerare l' et di quel monumento di 58oo
anni per lo meno, poich prendendo l' altra estremit la si porterebbe ad 8000 anni.
Lo studio dell'astronomia ha fatto conoscere non solo l'antichit dei popoli, ma benanche le loro opinioni
filosofiche e religiose. Chi volesse vedere la spiegazione delle varie costellazioni e delle favole che vi si riferiscono
dovr leggere l'origine dei culti del celebre numi, e le sue memorie inserite negli atti dell' accademia del 1785, nel
giornale dei saggi del 1788, e quella stampata nel 1806 intorno allo zodiaco. Il sistema di questo professore
immaginato in forza di quella perspicacia, figlia sempre di un somm ingegno, la quale sa desumere dai fatti e dagl'
indizj meno calcolati le verit pi luminose ed interessanti, sostenuto da valide prove e da saggie interpretazioni,
le quali tutte si accordano mirabilmente nei risultati. Ma il completo trionfo di questo sistema si trov nelle relazioni
che ci diedero i viaggiatori in Egitto venticinque anni dopo eh' esso fu pubblicato, accompagnale da documenti
comprovanti l' opinione di Dupuis sull' origine dello zodiaco. Che se talvolta qualche interpretazione non ha tutta la
verosimiglianza, si deve attribuire alla densa oscurit, da cui ci pervennero circondati alcuni simboli, ed alle
indefinite alterazioni, a cui soggiacquero le favole che a quelli si rapportano, dui momento che si credettero
significare tuli'altra idea di quella che fu ad esse da principio attaccata.
E per indubitato che le principali finzioni sodo fondate sull' astronomia. Gli antichissimi fra gli uomini
raccomandavano al cielo di conservare la memoria delle loro imprese ed opinioni; n il loro desiderio and
pienamente fallito a fronte delle immense rivoluzioni fisiche e morali, a cui and soggetto il nostro globo. Una sola
tradizione appoggiata a fenomeni immutabili basta all' uomo d' ingegno pei* leggervi la verit. Queste ricerche
per, dice il Franco'eur, bisogna che sieno fatte in Oriente, studiando gli usi civili e religiosi, i fenomeni naturali, i
tempi consacrati all' agricoltura ecc., e da ci egli conchiude che gli Egiziani- furono gl' inventori dello zodiaco e
delle favole fondate sugli aspetti del cielo, poich ad essi soli appartiene, dovendosi considerare come opera di un
popolo ci che spetta- ad esso c VnRvrio, Lib. ix. io
non ad altri, e ci che per esso ha un significato ad un' epoca determinata senz' averlo per alcun' altra nazione a
verun' epoca. E questa circostanza particolare agli Egiziani l' inondazione periodica del Nilo, la di cui somma
importanza per la prosperit dell' Egitto fece s che si rendesse un culto a quel fiume. .
Non possiamo a meno di delineare il quadro del siste* ma zodiacale di Dupuis. Questo filosofo ammette che
nei tempi pi remoti il Sole si trovasse nella costellazione di Capricorno, allorquando accadeva il solstizio d' estate
; e perci essendo quell' astro allora nel pi alto punto del suo corso, si rassomigliava alle capre che si dilettano
delle altezze; difatti il Capricorno si rappresenta nell' attitudine del riposo che si conviene al solstizio, e la sua coda
di pesce si riferisce all' inondazione che vi susseguita, cio verso la met di Luglio. L' Aquario il simbolo della
inondazione gi avvenuta nel mese di Agosto; e siccome il Nilo !non giunge alla massima elevazione che in
Settembre, cos i Pesci indicano che le acque ricoprono tutta la superficie dell' Egitto. L' Ariete si conveniva al
mese di Ottobre, in - cui le acque ritiratesi lasciano abbondante pascolo alle greggie dopo essere state per gran
tempo racchiuse. I lavori campestri nel1' Egitto si fanno in Novembre, in cui la terra ancora molle e coperta della
belletta che vi hanno depositata le acque, e perci quest' epoca indicata dal Toro, qual animale che solo in quel
paese si presta a tal uopo. I Gemelli, simbolo della giovinezza e della fecondit, annunziano le nuove produzioni, e
1' epoca della germinazione, che in Egitto giunge in Dicembre. Il Cancro segna il solstizio d' inverno, annunziando
col suo passo lento e retrogrado il mese di Gennaio, in cui il Sole ritorna verso i segni superiori. La vegetazione
la pi attiva in Febbrajo perch il Sole riprende la sua forza, ed perci simboleggiato dal Leone, il quale
uBcendo a quel tempo dai deserti sembra ricondurre i cuori. Le messi, rappresentate dalla Vergine e dalla sua
tipica, indicano che in Egitto si raccoglie nel mese di Marzo. L' equinozio, ossia 1' eguaglianza dei giorni e delle
notti, che ha luogo al principio di Aprile, viene indicato dalla Libra. Durante il mese di Maggio si sviluppano in
quelle regioni le
malattie contagiose per gli eccessivi calori, e pei venti che spirano dall' Etiopia; sono rappresentati dallo
Scorpione. L' anno si compie in Giugno col simbolo del Sagittario che perseguita lo Scorpione, ed indica i venti
del nord precursori del solstizio e della inondazione.
Da questa esposizione si vede che il Cancro ed il Capricorno devono necessariamente indicare i solstizj,
avendo il primo un andamento pigro e retrogrado, ed il secondo rappresentando il riposo sopra una sommit
dirupata; n la Libra pu certamente rappresentare altro che 1' equinozio; e non si pu supporre che il Cancro
appartenesse allora all'estate, e la Libra all' autunno; ma si deve ritenere che il Cancro si riferisse all' inverno, la
Libra alla primavera, ed il Capricorno alla state; ed allora gli altri nove segni avendo significati naturali dei
fenomeni fisici che si succedono regolarmente fra quei punti fissi del corso annuale, comprovano vieppi la fatta
supposizione.
Al che si aggiunga col Francoeur, che gli Egiziani hanno tre stagioni, ciascuna di quattro mesi, cominciando 1'
inondazione in Luglio, i lavori in Novembre, e la mietitura in Marzo. In origine, secondo il sistema del Dupuis,
queste stagioni dovevano corrispondere al Capricorno, al Toro ed alla Vergine, e questa osservazione viene
comprovata dalle costellazioni circonvicine; poich 1' Aquila, simbolo del Sole, col suo levare eliaco al solstizio
dell'estate, accennava la elevazione di quest' astro quando era in Capricorno, il Toro era presso all' Auriga, che
armato di una sferza sembrava spronarlo al lavoro; e Boote collocato fra la Vergine e l'Orsa rappresenta un
bifolco cou una falce da mietitore, avente dietro di s il carro carico di messi, e non lungi la chioma di Berenice,
che un tempo rappresentava un covone di frumento; ma ora in causa della precessione l' Aquila, l' Auriga ed il
Bifolco giungono in Febbraio, Giugno ed Ottobre, e quindi non possono pi rappresentare le tre stagioni egiziane
(1).
(1) Crediamo di far cosa grata ai nostri lettori traducendo a questo proposito una nota del Francoeur posta in
calce alla sua TJranagrafa, pag. 391, la quale suona come segue.'
Raige, uno degli orientalisti che componevano la spedizione d'Egit
Noi non riporteremo tutti gli argomenti che i filosofi dei nostri secoli riunirono per sostenere questo sistemo, e
solo ci contenteremo di confessare che siamo della stessa opinione. vero che ci sar qui fatta una domanda sull'
utili.
lo, a noi rapito dalla morte sul fior degli anni, alle prove di gi conosciute ne aggiunse una tratta dalla lingua egizia.
F. vero che quella lingua per noi affatto morta; tuttavia se ne trovano alcune tracce nell'.aralia, nell' ebraica e
nella cofta. Ed appunto confrontando queste tre lingue pot quel dotto assicurarsi che i nomi dei dodici mesi dell'
anno erano gli Slessi che quelli delle dodici costellazioni zodiacali, nomi che <i furono trasmessi in modo autentico
dagli autori greci, c dei quali Culli conservarono 1' uso. ILI
Per una propriet delle, lingue orientali, le stesse parole si adopravano talvolta come sostantivi e come aggettivi
ad un tempo; ed il verno altres che dnlle medesimi: derivava manteneva un rapporto diretto col loro significato,
come ad esempio fra noi serpente e serpeggiare. I nomi dei segni dello zodiaco indicavano tanto i mesi, quanto
gli animali delle costellazioni e I
1
azione propria a .ciascuno. Cos dalla voce THOUR, che significava il mese e l'
animale Toro, derivava il vern ATHAR, che volea dir lavorare; FAOFI, Ariele, produsse il verbo FAFA,
chiamar le grtggie al pascolo; FARMOUTHI, Bilancia a Libra, derivava dal verbo AMAI, misurare, e cos
degli altri.;
e cosa sorprendente, aprendo il primo vocabolario arabo [Lexicon Castelli, Golii. Lacroze ), di vedere che la
traduzione materiale dei nomi dei mesi si accorda perfettamente con l'interpretazione di Dupuis, e cj, semia
alcuna eccezione, senza alterarne il senso, e solo conservaudo le traduzioni ammesse in ogni tempo. Ecco u.n
estratto, del lavoro di Raige ( Descrip. de V Egyple, Antiq. Memoirt^, tom. 1. p. l65 ).
I. EPIFI, significa il mese e l' animale Capricorno, Caper, ed inoltre due gregis, qui eccpit, qui Jlavil ventus,
specie! apparens aquae. E questo il primo animale dello zodiaco, il quale apre la marcia e guida gli altri;
,accompagnalo dai venti del nord, ed il precursore dell' inondazione^ ' il primo mese d
1
estate, e corrisponde
al nostro Luglio.
1. MESSORI, Aquarius, vas aquae, pmdatim lac suwn redtlchs, emulsit qni/lqnid esxct in ubere. E
questo il mese dell' Aquario, allora il secondo dell' estate, e perci corrispondente al nostro Agosto. Le
signifieaziom si riferiscono molto bene all' inondazione che va ognor pi crescendo; 1'aequa del Nilo che feconda
la terra paragonala al latte che nutre l' infanzia. ,, ,'
5. TOTH, Pisces, ambulatio piscis, opplevit puleunt. Nel mese dei Pesci l'abbondanza delle acque permette
a questi animali .di scortole il suolo dell' Egitto: tutti i bassi fondi sono riempiuti di acqua.' Non v' ha cosa pi
propria a designare il mese di Settembre, in cui 1' inondazione al suo massimo, ed in cui le dighe si aprono per
celebrile le feste d'Iside.
4- FAOFI, Ilaedus velox, vox qua greges increpanlur. Si perviene all' equinozio di autunno, ora nel mese di
Ottobre, ed allora in t che da ci posta provanire all' ingegnere. Al che rispondiamo essere a questo pi che ad
ogni altro necessario di conoscere la verit delle cose per le utili applicazioni ch'egli in caso di fare. Di pi queste
scoperte sono frutto di
quello dell' Ariete. Le acque del Nilo si ritirano, e 1' ariete riconduce 1 pascolo le pecorelle.
5. ATIIIR, Tuurus, aravit lerram. In Novembre la terra bastantemente assodala perch si possano eseguire i
lavori; ed per ci che quel mese fu chiamato il mese del Toro.
6. COTAK, amora JUigruntes, opprimi Veneris. Questi amanti, cui i Greci sostituirono i Gemini, Didimoi,
sono i simboli della germinazione, che in Egitto ha luogo sul finir dell' autunno.
7. TYBT, amovil, avertiL La retrogradazione del gambero o Con-, ero caratterizza il cammino del Sole in
Gennaio. Al principiar dell' interno quest' astro risale verso i segni superiori.
8. MECHIR, Leo, college, e segelis, prolulil Jrontles, nel mese di Febbraio, no tempo nel segno di Leone, la
terra egizia coperta di frutti ; ed una parte dei prodotti matura.
9. FAMENOTH, mulier Joecunda et pulchra, nuae pendii frumentum. Marzo il tempo delle messi. I
Greci ad una donna feconda sostituirono una Vergine, Partenos, dimentichi che qui la bellezza una qualit
accessoria. Le antiche sfere presentavano un neonato iu In/accio a questa donna. _ 1
10. FARMOUTHI, Libra, mentura tmporis, memurnvit. La Bilancia qui l' immagine dell' equinozio di
primavera.
11. PACHON, scorpio, venenum, acuto", scorpioni, voce coniposta di mtibia e Icrror. In Maggio il caldo
fa uscire le bestie velenose, e sviluppa i contagi simboleggiali dallo Scorpione.
za. PAYNI, sagittaria!, nvmen equi, extremitas sacculi, propnllator. Il Sagittario il nome di un cavallo; esso
chiude il cammino spingendo dinanzi a s tutti gli animali; l' emblema del seguo che compie l' anno solare, e si
riferisce benissimo alla figura che viene ad esso attribuita.
Questo estrallo della Memoria di Raige basta pendii si possano valutare le conseguenze eh' egli ne deduce. Le
epoche dei fenomeni fisici e dei lavori campestri sono immutabili; per non si accordano pi ron le costellazioni,
bench i nomi di queste indichino tuttora gli alti eli' esse rappresentavano. Concludiamo da ci
1. I dodici nomi delle costellazioni indicauo i mesi, gli animali ed i lavori che sono loro propri ;
3. Il nostro zodiaco d' origine egizia, poicKn 1' Egitto solo presenta la serie dei fenomeni eh' esso
rappresenta;
3. Questo si riferisce all'anno solare e non all'anno vago; il Capricorno lo incomincia nel solstizio d' estate, ed il
Sagittario lo termina;
4* Finalmente i nomi delle costellazioni zodiacali possono esser* slati F opera dei dotti di quel!' epoca; ma il
popolo gli ha adottati in una lingua sua propria, facendo loro significare ad un tempo e 1' aniscienze eh' egli deve
coltivare; quindi qual maggior piacere che quello di conoscere quanto gli studi da lui coltivati tornarono, e tornar
possono vantaggiosi alla comodit della sua specie non solo, ma a nobilitarla dando ad essa un' origine molto
anteriore a quella che le si attribuisce comunemente? Poich se taluno acquista venerazione talvolta per sola
antichit di casato, molto pi sar da stimarsi l' intera specie, conoscendo che altra volta essa fu ad un puuto
bastantemente elevato nella via della perfettibilit, e che per forza propria pu raggiungerlo quand' anche per
istraordinaric rivoluzioni sia costretta a retrocedere fino al principio della mossa. E tanto pi sono a lui necessarie
queste prove, in 'quanto che si collegano con altri rami scientifici di sua pertinenza, quali sono la geologia, la
geografia, e tutto ci che si rapporta alla costituzione del nostro globo. G' interrimenti dei fiumi e del mare; le
cave di marmi; i terreni volcanici, e tutte le altre osservazioni si accordano nell' assegnare alla terra un' antichit
senza limiti, la quale dev' esaere conosciuta e studiata da tutti quelli che amano di esaminare la verit dovunque si
trovi, e fra questi non ultimo dev' essere certamente l' ingegnere.
GEODESIA GEOGRAFIA.
Se vi ha applicazione delle scienze esatte che debba interessare l'ingegnere, essa certamente quella che si fece
alla geodesia. Questa parte delle matematiche, che dalla sua origine, e secondo 1' etimologia del nome, non altro
significa che ripartizione della terra, e per cui si riduceva un tempo all' arte di dividere una figura qualunque in un
determinato numero di parti, fu dai moderni considerata generalmente siccome la scienza pratica per misurare i
terreni tanto in perimetro che in superficie, dal che assume altres il nome di agrimensura. In questo senso essa non
che la geometrale e r azione tla lui simboleggiata. Non si pu quindi ammettere che queste denominasioni sieno
state inventate con Io scopo e ingannare e di attribuire alla nazione una falsa antichit. Un popolo intero non
acconsente s di leggieri cangiare i propri usi e l'indole della sua linfa t per una speculaiione si poco fondata.
GIUSTA 111. l5l
tri a pratica, e comprende tutte le operazioni geometriche e trigonometriche necessarie alla redazione di una carta
topografica, corografica o geografica; e sotto questo aspetto furono dette geodetiche quelle operazioni che
servono a determinare le misure itinerarie, ossia la distanza fra due punti qualunque della superficie terrestre, ed a
rappresentare la figura e l' area occupata da un qualsivoglia paese. Da quoti attributi si riconosce che la geodesia
forma una parte integrante della geografia, scienza antichissima per origine, ma tutta moderna per perfezione, e
tutta propria degl' ingegneri. La sua perfezione per dovuta a quelli che seppero giovarla delle osservazioni
astronomiche, per le quali acquiet semplicit nelle operazioni e precisione nei risultati (i).
L' stronomia serve a precisare direttamente la posizione di un punto qualunque. Cos fissando quali stelle
passino allo zenit di alcuni punti terrestri ad un istante determinato, ovvero quali punti terrestri abbiano al loro zenit
alcune stelle fissate per quelP istante, si perviene a conoscere la reciproca posizione di quei punti, quando sia nota
quella del
(l) Qual maggior semplicit per determinare la distanza fra due
luoghi, di cui ai conoscano le latitudini e le longitudini, di quella che offre il metodo seguente? S' immagini che APB
( fig. 6. ) rappresenti un meridiano, ed AEFB I' equatore, il cui polo sia in P, e vogliasi In distanza fra i punti C, D,
cio la lunghezza dell' arco del circolo massimo che intercettano. Saranno CE, DE le latitudini dei punti stessi, ed
EF rappresenter la differenza delle loro longitudini. Quindi nel triangolo CDP si conoscono i due lati PC, PD
complementi delle latitudini, e l'angolo compreso P misurato dall' arco EF eh' alla disiali za di 90 dt> P; e
perci dalle formolo della trigonometria sferica, chiar. mate J, e I' le latitudini, si arra eoa. CD = sen \ sen cos.y^
coa,^' cos. P,
la quale posto coL^' cos. P s col. f diviene cos.CD =:
8e
"X
co
*'a n
sen. y
foratola che calcolata logaritmicamente ci d tosto la distanza cercata. Si deve per avvertire che fatto il calcolo si
avr 1' ultimo risultato in gradi, minuti e secondi, i quali dovranno ridursi in linea retta. A ci serve il rapporto che
passa fra il grado di un circolo massimo terrestre c la misura itineraria dei diversi paesi. Il pi comodo ed il pi
esatto quello fra il grado ed il miglio italiano, detto anche miglio geografico, poich questo eguaglia un minuto
primo di arco. Le leghe francesi sono di due sorta, ili venti e di venticinque per grado; le tedesche sono miglia di
quindici al grado. Non si deve poi ommcltcre di aggiungere albi calcolata distanza la sua quinta parte, quando si
voglia tener conto delle deviazioni prodotte dalle montagne, dai fiumi, o da altri ostacoli.
le stelle. Se ti vuole sapere la latitudine geografica di un paese basta determinare la distanza dallo zenit
dell'osservatore ad un astro qualunque che si trovi sai meridiano, e la declinazione di quest' astro, cio la sua
distanza dall' equatore; poich la latitudine geografica, o 1' altezza del polo che le uguale, si avr dalla distanza
zenitale pi o meno la declinazione dell' astro, ovvero dalla declinazione meno la distanza zenitale, secondo la
reciproca posizione dell' astro e dell' osservatore rispetto all' equatore, come si vede dalla fig. io., in cui EQ
rappresenta l' equatore, S'S'' il meridiano, Z lo zenit dell' osservatore, S, S', S'' la diversa posizione di un astro
rispetto a quest' ultimo. Nel che fare per si ponga mente alla necessaria correzione della rifrazione, e se 1' astro
osservato fosse il Sole o la Luna anche a quelle di paratasse e del diametro apparente. Quando le misure sieno
precise, ed accurate le correzioni, la media fra pi osservazioni dar una lodevole esattezza.
La maggior utilit che porta 1' astronomia a questo ramo nella formazione delle carte geografiche, necessaria
ad ogni ingegnere che voglia per poco uscire dalla sfera degli agrimensori e degli architetti presi nel pi ristretto
senso; per cui noi ne faremo qualche cenno.
Carta geografica non significa che una figura piana rappresentante la superficie sviluppata della terra, o di una
sua parte, dietro le leggi della prospettiva; quindi rappresenta projettate le figure e le dimensioni, od almeno le
posizioni delle citt, dei fiumi,delle montagne ecc. Si distinguono poi le carte generali dalle speciali; le prime
rappresentano i due emisferi, e si dicono mappamondi, od un emisfero-sollanto, c prendono il nome di planisferi;
le seconde abbracciano soltanto alcune provincie od alcuni paesi particolari, od anche una parte dei medesimi.
L' esattezza di una carta geografica (ij consiste i. nel1' avere tutti i luoghi segnati nella loro posizione naturale
(i) Carte geografiche o terrestri sono precisamente quelle che rappresentano il continente: idrografiche o marine
quelle che ci danno la figura dei mari, delle isole e delle spiaggie; celesti quelle che offrono la prelezione della volta
celeste.
riguardo ai principali circoli della terra, quali sono il meridiano, 1' equatore, i paralleli ecc.; che le estensioni dei
paesi abbiano sulla carta le dimensioni proporzionali a quelle che hanno in realt sulla superficie terrestre; 5. che
con* servino la proporzione fra le reciproche distanze.
La natura della sfera per non permette che possano adempiersi tutte queste condizioni, perche la sua
superficie non si pu sviluppare in un piano come alcuni altri solidi curvi; e perci la superficie terrestre
rappresentata sopra di un piano dietro le leggi, come si disse, della prospettiva. Ma siccome queste leggi variano
con la posizione dell' osservatore, e con la maniera di progettare un corpo, cos s dovr scegliere nella
formazione di una carta quella projezione che sia pi facile e che ad un tempo alteri il meno che sia possibile la
figura, la superficie e l reciproche distanze dei luoghi. . . , '
Le proiezioni, secondo le quali suolsi rappresentare comunemente il nostro globo, sono due, cio la ortografica,
che si ha quando da tutti gli estremi della figura proposta si abbassano tante perpendicolari sul piano, su cui la si
vuole determinare; e la stereografica, eh' la projezipne di uu emisfero sopra il piano di un circolo massimo
quando 1' oecbio sia situato nel polo opposto, o lungo l' asse.
Nella ortografica si trova che la proiezione di un circolo un' ellisse, il cui semiasse maggiore il raggio del cir.
colo, ed il minore il raggio slesso moltiplicato pel coseno dell' angolo che fa il circolo proiettato col piano di
projezione (i); e cosi la proiezione ortografica di un emisiero sopra il circolo che gli serve di base non che la
superficie del circolo medesimo; per lo che la superficie dell'equatore sar la proiezione dell' emisfero boreale, il
suo centro sar la projezione del polo, il suo raggio quella della quarta parte del meridiano, ed un parallelo avr
per proiezione uu circolo concentrico all' equatore di raggio eguale al seno della distanza dal parallelo al polo. Si
vede pertanto che facilissima riesce la proiezione ortografica della sfera su qualunque piano.
I piani principali, su cui si suole projettare la sfera, sono quelli dell' equatore, del meridiano, e del coluro dei
solstizj. Quest' ultimo per serve alle carte celesti anzich alle geografiche, ed ha il vantaggio di dare prontamente
la longitudine e la latitudine di un astro quando se ne conosca l'ascensione retta ella declinazione, e viceversa. Noi
per dare un' idea di questa specie di proiezione indicheremo quella fatta sul meridiano, come la pi comune per le
carte geografiche.
Sia PEP'Q il meridiano ( fig. 7. ), EQ l' equatore; la PP' perpendicolare all' equatore ne rappresenter 1' asse,
P, P' ne saranno i poli; dividendo i quadranti del meridiano in gradi contando o" dall' equatore, e guidando le
corde da una divisione di un quadrante alla corrispondente dell' altro quadrante dalla medesima parte dell'
equatore, quelle corde rappresenteranno i paralleli corrispondenti alla latitudine indicata dai gradi del meridiano,
pei quali passano, come si vede dalla figura. Per aver poi la proiezione dei diversi meridiani corrispondenti ad una
data longitudine geografica, bisogna avvertire che questi saranno tante ellissi, il cui semiasse minore il coseno
della longitudine geografica, ovvero il seno del suo complemento; e siccome tanto il meridiano che T equatore
sono circoli massimi della stessa sfera, cosi questi seni si avranno dalla figura succitata prendendo per questi le
linee che rappresentano la met del parallelo corrispondente ad una latitudine eguale alla longitudine, cui deve
corrispondere il meridiano da projettarsi. Cosi nella figura la mezza ellisse PniP' rappresenta il meridiano che
passa pel 3o di longitudine, ed ha per semiasse minore Cm s a 5o s alla met del parallelo che passa pel 3o* di
latitudine. Dividendo con queste regole la carta di grado in grado tanto in latitudine che in longitudine, si avr una
rete di piccoli spazi, i quali rappresenteranno l' eStensionc di un grado di longitudine ad una determinata latitudine.
Ci fatto si dovr segnare sulla carta i vari punti della superficie terrestre nello spazio che corrisponde alla loro
longitudine e latitudine naturale, ci che si deve desumere dai relativi cataloghi.
Se si volesse poi segnare in quella carta 1' eclittica, ba
sterebbe prendere da E verso P un arco eguale alla sua obliquit, cio di a3 Q8', e dal suo estremo guidare un
diametro MN; questo rappresenter 1' intersezione dell' eclittica col meridiano. Per avere finalmente 1' orizzonte
corrispondente ad un dato punto terrestre, si dovr determinare lo zenit di quel punto, cio fissare 1' arco EZ che
d la sua latitudine geografica, guidare il diametro ZZ' che sar l'asse dell' orizzonte, Indi OR perpendicolare all'
asse che rappresenter l' orizzonte medesimo.
La maggior ampiezza della carta e la maggior esaltezza, con cui sar costrutta, aggiunger maggior precisione
alle ricerche che si devono istituire sulla medesima.
Delle projezioni stereografiche ' noi sceglieremo pure la pi usi tata per la costruzione dei mappamondi, cio la
equatoriale, la quale, bench pi difficile, per pi esatta, pi naturale e pi comoda delle altre. In questa si
suppone la terra divisa in due emisferi da un meridiano, che ordinariamente il primo, e si rappresentano
separatamente i due emisferi, fissando che il piano di proiezione sia quello del primo meridiano, e che 1' occhio sia
situato nel piano dell' equatore in un punto distante di 90 dal meridiano stesso. Con tale proiezione 1' equatore
sar rappresentato da una linea retta, come pure il meridiano distante 90 dal primo; gli altri meridiani poi, i
paralleli e 1' eclittica saranno archi di cerchio. Per costruire queste carte si descriva un circolo dell' ampiezza che
si vuol dare alle medesime, il quale rappresenti il primo meridiano che passa per o di longitudine, e che sar pur
quello che passa pei 180; sia PP' 1' asse dell' equatore ( fg. 8. Tav. VI. J, quindi sieno P, P' i poli; il diametro BO
perpendicolare a PP' rappresenter 1' equatore, e PP' stesso sar la projezione del meridiano che dista dal primo
di 90. Si dividano i quadranti BP, PC, DP', P'B io go per ciascuno, che rappresenteranno i gradi di latitudine, e
1' equatore in 180
0
, che saranno quelli di longitudine ( poich il diametro BD non rappresenta in fatto che la met
dell' equatore J; ci posto si guidino i paralleli pei gradi di latitudine segnati sul meridiano, il raggio di ciascuno dei
quali si eguaglier hlla tangente della distanza dal parallelo al polo, ovvero alla cotangente della latitudine; ed i
paralleli avranno il loro centro sul prolungamento della PI", cio i boreali al di sopra di P, e gli australi al disotto di
P I meridiani poi avranno il loro centro sul prolungamento di BD al di l di a od al di l di D, secondo che la loro
longitudine, per cui passano, sar minore o maggiore di go; ed i loro centri saranno distanti da C di una quantit
uguale alla tangente della longitudine. .' i . >i-
Per segnare in queste carte 1' eclittico, bisogna determinare la sua posizione rapporto al piano di proiezione. Se
per esempio le sue intersezioni con 1' equatore corrispondono perpendicolarmente al centro C, la sua proiezione
sar una retta rappresentata dal diametro che passa per C e pel punto corrispondente a a" a8' contati da B verso
P, cio dal diametro EF. Se si volesse poi segnare i suoi paralleli, ed i circoli di latitudine baster guidare una
perpendicolare alla EF, che sar 1' asse dell' eclittica, e determiner i suoi poli; indi dividere i quadranti determinati
da questi due diametri perpendicolari io go", e la EF in i8o; i primi rappresenteranno i gradi di latitudine, ed., i
secondi quelli di longitudine, e la delineazione si far con lo stesso metodo stabilito per segnare i paralleli all'
equatore ed i meridiani. Se poi le intersezioni dell' eclittica con, l'equatore corrispondessero ai puuti li, D, allora
baster sognare il punto d'intersezione del tropico del Cancro col meridiano PP' e si avranno tre punti, pei quali
deve passare il circolo rappresentante 1' eclittica, cio si potr tracciare sulla carta 1' arco corrispondente.
Fatta la costruzione di questa maniera, e stabilite le divisioni di grado in grado, si cercheranno nelle tavole le
longitudini e le latitudini dei diversi luoghi della superfcie terrestre per disegnarli nella situazione corrispondente
della carta, contando la longitudine sull' equatore dal primo meridiano sino al meridiano che passa pel luogo da
disegnarsi, e la latitudine sul meridiano stesso.
Si potrebbe rappresentare quasi tutto il globo su questa specie di carte, quando si prendesse per piano di
proiezione un circolo minore parallelo al primo meridiano, e molto prossimo all'occhio; ma siccome di tal maniera
riescirebbc la carta mollo confusa, si segue quasi sempre il metodo di rappresentare separatamente t due emisferi.
I vantaggi di questa projezione consistono nel presentare ch'essa fa pi esattamente della altre le longitudini e le
latitudini dei luoghi e la loro posizione rispetto all'equatore ed al primo meridiano; ma non conserva i gradi dell'
equatore nella proporzione naturale, divenendo maggiori Dell'avvicinarsi alle estremit del diametro BD; per lo che
alcuni spazi ineguali in natura sono rappresentali siccome eguali, e reciprocamente; ed inoltre non possono ben
determinarsi in esse le distanze dei luoghi e le loro reciproche posizioni. " -.il, . 1
Se poi si dovesse rappresentare una sola porzione della terra compresa fra determinati gradi di longitudine e di
latitudine, le carte allora nssumono il titolo di carie speciali. Se queste offrono una grande estensione, come l'
Europa
0 l' Asia, la proiezione si la secondo le regole stabilite per le carte generali; ma se si limitano a semplici piovincic o
paesi si eseguiscono con metodi pi semplici, e tali che ligurino il meno possibile la conformazione delle superficie
naturali. Molti ve ne sono di tali metodi, ma vi si distinguono 1. quello, per cui tanto i meridiani che i paralleli si
tracciano con linee rette, onde le curie si ilicouo rettilinee; 2.
0
quello di Flamsteed, col quale i paralleli si
conservano rettilinei e si dividono in gradi della lunghezza corrispondente alla loro latitudine, ed i meridiani
risultano dalle linee che passano per tutti i punti corrispondenti ili divisione di ciascun parallelo; 3. quello di de 1'
Isle, che ritiene i meridiani rettilinei convergenti ad un punto, e segna
i paralleli con archi di circolo aventi tutti il centro nel punto di concorso dei meridiani, detto il polo della, carta,
dei quali paralleli due equidistanti fra loro e dagli estremi della carta conservano il: rapporto esatto nella lunghezza
dei loro gradi con quelli in natura; 4 quello che d le carte dette a sviluppo conico modificate da Donne e
generalmente adottate, in cui si considera IR superficie di una zona sferica non molto grande si considera come
eguale a quella di un tronco di cono cipcoscrllto alla medesima. Vi si aggiunge quello di Murdoch e molti altri, che
si possono vedere nell' opera di Tobia Maycr intitolata: Indicazione per la costruzione delle carte terrestri,
marine e celesti (i).
Noi per non ci dilungheremo maggiormente su questo proposito, e solo indicheremo la costruzione delle carte
spociali rettilinee, le quali, bench pi antiche delle altre, e non di quella perfezione, cui possono giungere queste,
sono pure vantaggiose per la loro semplicit, specialmente nella formazione della mappa di una provincia o di un
regno, nelle quali estensioni gli errori, cui vanno soggette, non sono molto sensibili.
Per costruire queste carte devonsi stabilire i limiti, entro i quali hanno d' essere comprese, cio i gradi di
latitudine e di longitudine, entro cui sta la porzione di globo da delinearsi. Indi si tira sulla carta una linea che serve
a rappresentare il meridiano medio della medesima. Si fissi la lunghezza che deve corrispondere ad un grado di
meridiano, e si divida la linea stabilita in tante parti eguali a questa unit di misura quanti sono i gradi di latitudine
che deve abbracciare la carta; poi per ciascun punto di divisione si guidino tante perpendicolari alla medesima, le
quali rappresenteranno la direzione dei paralleli. Ci fatto si determini la grandezza dei gradi del primo e dell'
ultimo parallelo, che conterminano la carta dai lati nord e sud, e ci moltiplicando pel coseno della latitudine, a cui
appartiene r. unit di misura stabilita per un grado di meridiano; indi contando dal meridiano medio si porti la
lunghezza cos trovata per ciascun parallelo di qua e di l tante volte quant' la met dei gradi di longitudine che
deve contenere la carta; e dalle estremit di questi paralleli si guidino due rette che serviranno a determinare
l'ampiezza della carta da oriente e da occidente; per fine da ciascun punto di divisione del primo a ciascuno
corrispondente dell'ultimo si guidino tante linee, le quali rappresenteranno i meridiani per ogni grado di longitudine,
e divideranno la carta in tanti trapezi, entro i quali si disegneranno i paesi a norma della loro latitudine e
longitudine. La forma di queste carte si vede nella fig. 9. Tav. VI..
(1) Anwcisung ur Verft'rtigung dcr Land-see-und-Himmelscharten tic - Erlangen 1815.
Dalla stessa costruzione per si desume che i gradi dei paralleli intermedi non hanno un rapporto esatto con
quelli in natura; e si trova che il massimo errore corrisponde alla massima distanza dagli estremi. Tuttavia se anche
la carta abbraccia un' estensione da io" a i5 in latitudine, questo errore non si rende gran fatto sensibile; e perch
riesca il minimo possibile, rimanendo costante 1' estensione della carta, si seguir l' avvertenza del signor Mayer di
far corrispondere alle dimensioni naturali non i due paralleli estremi, ma bens due che stieno fra loro e fra gli
estremi della carta ad una eguale distanza.
NUTICA.
Per cause affatto sconosciute ai filosofi ed ai geognoslici, questo globo che ci produsse per la massima parte
ricoperto dalle acque, le quali intersecano e cingono per ogni dove quelle porzioni solide che noi abitiamo, e che
sembrano sporgere di mezzo a quelle, come in un mare speciale sorge un' isoletta. A questa naturale costituzione,
per quanto le osservazioni possono istruirci, si aggiunsero straordinarie rivoluzioni prodotte da forze intrinseche del
pianeta, o dall' azione di altri corpi sul medesimo, per le quali viepi si suddivise la parte solida che soprastava alle
acque.
La nostra specie, che non pu vivere che su quest' ultima, da cui ha sostegno e nutrimento, ebbe dalla natura
due tendenze affatto opposte, ma che mirano allo stesso fine, cio al pieno e tranquillo soddisfacimento dei suoi
bisogni, e sono: di riunire per ogni guisa i suoi individui finch concorrono al comune benessere, e di fare che
reciprocamente si distraggano tosto che gli uni nuocono agi' interessi degli altri. Ed per ci che si formarono, e si
formeranno sempre particolari riunioni, chiamate popoli o nazioni, le quali durano indissolute e crescono in
potenza finch sono in istato di abbattersi a vicenda; ma tosto che una di queste non trova alcuna nazione esterna
da opprimere o da respingere, si rivolge contro s stessa, e cade per massa sovrabbondante, o si scioglie per
indebolita attrazione.
Sembra peraltro che ci sia indispensabile alla nostra costituzione, non potendo percorrere la strada della
perfettibilit, per la quale tutti siamo spinti senza le molle potentissime dell' emulazione e dell' odio, la quale ci
facciano sorgere dall' inerzia, a cui per una singolare contraddizione siam trascinali.
La speranza pertanto o la certezza di ritrovare, nelle parti di questo globo abitale da altri individui, i mezzi di
soddisfare ad alcuni bisogni, indusse gli uomini a visitarsi reciprocamente, ed a cambiare fra loro i prodotti del
proprio suolo o della propria industria; dal che nacque il commercio. Ma le difficolt dei trasporti e la
interposizione fra i popoli di molte acque obbligarono la mente umana a cercare la maniera di attraversare quest'
ultime; ed ecco 1' origine della navigazione. I vantaggi che questo mezzo di comunicazione apport alle nazioni
sono cosi universalmente riconosciuti che sarebbe affatto vano il comprovarli. Basta dire che la navigazione fece
del mare un legame sociale fra tutti i popoli, diffondendo in ogni luogo la comodit e l'abbondanza; che si pratic
(ino da tempi remotissimi; eh' era fdorida presso i Fenici ed i Tirji che fu talvolta impedita e molestata dalle
vicende politiche delle nazioni; che risorse presso gli Europei fin dal secolo XV; che superando tutti gli ostacoli
della barbarie e dell' ignoranza si pervenne con essa a discoprire terre sconosciute agli antichi, o dimentico te fin
dai loro antichissimi antenati che ne furono disgiunti per tsiche rivoluzioni; e ohe sal ad un grado, il quale pu
quasi dirsi il massimo della perfezione per celerit e per sicurezza in questi ultimi tempi. Noi non ricorderemo qui
gli sforzi ed il coraggio dei portoghesi Vasco de Gama, Magellano, e Pindes Piato, n 1' ingegno straordinario del
Genovese e del Fiorentino, u le conquiste bruttate da crudelt e da rapine inconcepibili eseguite dagli spagnuoli
Cortes c Pizaro. Ci basta di mostrare come le scienze esatte, ed io ispccialit 1' astronomia, contiibuirono alla
sicurezza e perfezione della navigazione.
La navigazione nella massima generalit del termine comprende tre parti distinte, cio 1' arte di costruire
navigli, quella di caricarli, e quella di condurli sul mare. Qutst' ultima per la navigazione propriamente delta.
Non si pu eseguire una navigazione in alto mare senza conoscere i principj dell' astronomia, e senza possedere
le carte marittime, e gli stromenti necessari P
er
'
e
osservazioni astronomiche. Gli elementi della navigazione sono
quattro, dati due dei quali si pu calcolare il valore degli altri due per mezzo di apposite tavole, e sono: la
latitudine, la longitudine, il cammino percorso, ed il rombo di vento, sotto cui si naviga, dai quali elementi la sola
lunghezza del cammino si pu determinare senza il soccorso dell' astronomia.
vero che queste cognizioni non sono di stretta pertinenza dell' ingegnere terrestre, poich formano un ramo
distinto delle matematiche applicate sotto il nome di nautica; ma siccome tutto ci che sa di matematica ha con
esso un qualche legame, cos non sr^possono nemmeno dire affatto estranee ai suoi studi. Tocca poi ad esso il
consecrarsi a quella parte delle sue istituzioni che crede pi consona alla propria inclinazione od alle sue
circostanze peculiari; ma non deve ignorare alcuno dei principj fondamentali della sua professione.
Chi volesse istruirsi di tutto ci che risguarda la nautica potr ricorrere alle opere di Bezout, di Brunacci e di
altri insigni matematici. Noi non ne faremo che qualche cenno per non mancare allo scopo propostoci.
La determinazione della latitudine del vascello non presenta alcuna difficolt, e la si ottiene coi metodi ordinar]
che servono a stabilire la latitudine di un qualunque punto terrestre. Quando si abbia un esatto cronometro a
compensazione, o come altramente dicesi, un orologio nautico, il cui movimento proviene da una molla, ed
sospeso intorno ad un asse orizzontale dentro una cassetta in modo che non venga il suo moto alterato dall'
agitazione del vascello, e quando si abbia determinata 1' equazione dell' orologio, ossia il suo errore per mezzo
dell' altezza apparente di un astro ben conosciuto, si osserver il passaggio di un astro pel meridiano e si calcoler
la sua distanza meridiana dallo zenit, per mezzo della quale e della sua declinazione si avr la latitudine geografica
del naviglio.
La determinazione delle longitudini fu invece un proyiTRUFIO, Lib. IX. II
blema difficilissimo a risolversi fino agli ultimi tempi, e tatti i metodi a tal fine adoperati non giungevano ad una
lodevole esattezza. Ma i progressi dell' astronomia, e la perfezione a cui si ridussero le tavole lunari e quelle dei
satelliti di Giove, poterono al giorno d' oggi ridurre questo calcolo ad una massima approssimazione. Il metodo
ora pi comunemente adoperato appunto quello dipendente dalle distanze della Luna dal Sole o dalle stelle fisse;
poich osservata dal vascello la distanza apparente dal Sole o da una stella, dedotta la distanza vera veduta dal
centro della terra col tempo che contavasi al meridiano del vascello, e col mezzo delle tavole calcolato il tempo in
cui ebbe luogo quella distanza vera sotto un altro determinato meridiano, la differenza dei due tempi dar la
differenza delle longitudini dei due merdiaui. Ma il metouo pi spedito, e che d risultati sufficientemente esatti,
quello dipendente dagli orologi a compensazione, i quali sono cronometri cosi perfetti, che il loro moto non viene
sensibilmente alterato da qualunque variazione di temperatura. Ecco di qual maniera si adoperano questi
stromenti. ,, Quando partesi (i) da un por to conosciuto si regoli il cronometro sul tempo medio del primo
meridiano, od in generale di un meridiano qualun que che assumesi a termine di confronto. Allora questo
cronometro segner o* o' o" tutte le volte che il Sole ,, medio passer pel primo merdiano, e le altre ore del
giorno lette in quest' orologio saranno al medesimo relative. In ,, qualunque luogo venga trasportato l'orologio
col naviglio, si osservi 1' altezza del Sole o di qualunque altro astro ben determinato che trovisi nelle vicinanze
del primo ver ticale. Quindi si calcoli il tempo vero che al meridiano del bastimento si contava nel momento dell'
osservazione, e ,, convertasi in tempo medio; questo tempo confrontato con ,, quello indicato dall' orologio ridotto
in gradi a ragione di ,, i5 per ogui ora dar la longitudine cercata ". L' esattezza di questi cronometri dovuta ai
signori Berthoud, Emery, le pone, Barwisc, Arnauld ed altri celebri orologi. Il cammino poi che percorre un
vascello si misura per
(1) Santini, Elementi di Astronomia fo.
mezzo del loche, il quale un pezzo di legno lungo circa ventiquattro centimetri, per lo pi tagliato in forma di un
tronco di piramide triangolare, alla cui base minore si attacca un po' di piombo, perch possa fermarsi nel punto in
cui si getta, ma tale che vi possa galleggiare." Alla base superiore porta un anello di ferro, a cui si ferma una fune,
che ha diversi nodi ad eguali distanze, detta linea del loche, o secondo alcuni trecciuola ed anche sagola, lunga
circa tredici metri. Si getta il loche nell' acqua anteriormente al naviglio, si aspetta che cessi il movimento, indi si
conta il numero dei nodi svolti dalla trecciuola per un dato tempo, i quali segnando una determinata distanza
dall'uno all'altro daranno lo spazio percorso dalla nave in quel determinato tempo, e notando il numero delle ore,
duranti le quali la forza del vento e la sua direzione rimangono costanti, si avr la strada fatta per le ore stesse con
una semplice proporzione diretta. I naviganti hanno una tabella, detta la tabella del loche, divisa in cinque
colonne, nella quale si registrano le osservazioni di ciascun giorno. Nella prima colonna si segnano le ore di due in
due, nella seconda il rombo di vento o la direzione del vascello, nella terza il numero dei nodi svolti dalla
trecciuola, nella quarta il vento dominante, nella quinta le osservazioni sulle variazioni dell' ago magnetico.
Il loche per serve soltanto a stimare la celerit assoluta del naviglio; ma per istimare il viaggio da questo
percorso tanto in latitudine che in longitudine necessario di conoscere anche la sua direzione Cuch la posizione
e la forza del vento rimangono costanti. Questa direzione, che in tale caso resta sempre la stessa, traccia una
curva particolare detta dai nautici loxodrimia, la quale ha la propriet di tagliare tutti i successivi meridiani sotto
uno stesso angolo; per lo che, quando si conosca quest' angolo, si conosce anche la direzione medesima. L'angolo
della loxodrimia si determina con la bussola nautica, la quale non che una bussola ordinaria equilibrata in una
cassa apposita, e situata in modo che 1' agitazione della nave non turbi la direzione dell' ago. La sua circonferenza
interna si divide secondo i rombi di vento, oppure in gradi; e concentrico a questa, sopra il cristallo che cuopre 1'
ago, si colloca un altro circolo mobile intorno al suo centro, e munito di un traguardo per determinare la posizione
degli oggetti lontani rispetto al meridiano magnetico; sicch guardando la traccia delle onde rotte dal naviglio si
determina l' angolo che 1 direzione di questo fa col meridiano magnetico, e confrontando quest'angolo con quello
che il meridiano magnetico fa col meridiano terrestre, si conoscer la direzione del corso rispetto a quest' ultimo.
Qui devesi per avvertire di fare le correzioni dipendenti dalla declinazione magnetica, la quale non la stessa n
in ogni tempo, n in ogni luogo (). Vi sono poi alcune tavole Ioxodrimicbe ad uso dei navigatori, nelle quali si
trova registrato per ogni rombo di vento il viaggio percorso contando dall' equatore, e la variazione in longitudine
calcolando le variazioni in latitudine di dieci in dieci minuti.
Finalmente necessario, come dicemmo, di conoscere il rombo di vento, nel quale trovasi il naviglio. Aubin
definisce il rombo di vento per una linea segnata sul globo terrestre, o sopra una carta marittima, affine di
rappresentare uno dei trentadue venti che possono spingere un vascello. In altri termini si direbbe che questo un
circolo verticale qualunque corrispondente ad un punto determinato, ovvero 1' intersezione di questo cerchio con
1' orizzonte, per cui i diversi rombi corrispondono ai diversi punti dell'orizzonte; ed per ci che un vento
qualunque spirando da
(i) La loxoilrimia una curva simile alla spirale logaritmica, aggirandosi intorno' al polo terrestre, siccome quest'
ultima attorno al suo centro. Una parte qualunque della loxoilrimia ha sempre lo stesso rapporto colla parte
corrispondente del meridiano. L' equazione di questa da
curva = h, in cui z rappresenta F arco compreso fra il
polo ed un punto della loxodrimia, du 1' elemento infinitesimo della longitudine, per cui du . sen. z rappresenta la
parte di parallelo corrispondente, e b il rapporto costante fra quei due elementi. Per integrare
di
quest' equazione basta fare scu. z = x, per cui si avr bdu m
x
p,
a
, or
e posto x sa sar - bdu s y *
l

Ja

cui

C
'"
1)U

=

,0
6'(
r2
'J. un determinato punto, si d al rombo corrispondente a
qtid pnnto il nome stesso del vento. Il rombo pertanto viene determinato dall'angolo che fa l.i loxodrimia col
meridiano (i).
Noi non aggiungeremo altro su questo proposito se non se l' avvertenza che vi sono tre specie di navigazione,
ossia tre metodi per dirigere un naviglio, cio la navigazione piana, la circolare, e quella di Mercatore. Alla
piana servono le carte piane, nelle quali i meridiani ed i paralleli sono rappresentati per mezzo di linee fra loro
parallele. Queste sono utili nei viaggi brevi; ma presentano gravi errori quando sieno di una grande estensione.
Nella circolare si fa uso di cerchi massimi; ma ora non adottata, perch poca comoda alla pratica, bench
segni la via pi breve. La pi usitata per quella di Mercatore, nella quale si adoprano le cosi dette carte
ridotte, o carte di Mercatore (2). In queste i meridiani ed i paralleli sono rappresentali con linee rette parallele,
ma i gradi dei meridiani sono ineguali, e crescono dall' equatore ai poli nel medesimo rapporto, con cui
diminuiscono sul globo i gradi dei paralleli; per lo che conservano tra loro la proporzione che hanno sul globo.
Noi crediamo in questa Giunta di aver detto quanto basta per mostrare che lo studio dell' astronomia non
studio ozioso e di puro lusso per l' ingegnere.
(1) Chi Tolette avere cognizioni estese su questo ramo importantissimo delle matematiche applicate, potr
ricorrere agli scrittori sopra citati ; e se volesse una qualche idea fondamentale potr consultare i pochi paragrafi a
ci dedicati dal chiarissimo professore Santini nei suoi Elementi di Astronomia, Tom. IL "P. IX.
(2) Queste carte portano il nome dell' autore che fu il primo a proporle ed a costruirle. Per Mercatore non fu il
primo ad immaginarle, perch Tolommeo si aveva pensato quindici secoli prima; n quello, a cui si della la loro
perfezione, perch il signor Whrighl fu il primo ad insegnare e a dimostrare una maniera facile di costruirle
sviluppando la linea meridiana per mezzo dell' aggiunta continua delle, secanti.
Emende da farsi al Lib. IX. Vitruviano.
lin. 7 agguzzare - leggi aguzzare
24 faranno - leggi saranno
19 demcnzia - leggi denunzia
19 casca - leggi Tasca
5 del bruma - leggi della bruma
3i ellittica - leggi eclittica
4
a
''
r
' " leggi astri
3 settculionale - leggi settentrionale
> 18 Ofiulso - leggi Ofiuco
17-18 trovandosi - leggi troTayansi a 18 quadrato - leggi quadrate
7 retrodere - leggi retrocedere
> 24 l' una di centrifuga - leggi l' una centrifuga
> 20 che riscontr - leggi che si riscontr
3a della pi piccola - leggi dalla pi piccola
> 4 equinoziale superiore - leggi equinoziale, il superiore 34 condurre - leggi conducendo
a 22 AMAI - leggi AMAT
> 19-20 figurino - leggi sfigurino
36 in cui si considera la - leggi in cui la
> 39 si distraggano - leggi si distruggano
DI VITRUVIO
TRADOTTA IN ITALIANO
DA QUIRICO VIVIANI
. ILLUSTRATA. CON NOTE CRITICHE
ED AMPLIATA DI AGGIUNTE
INTORNO AD OGNI GENERE DI COSTRUZIONE ANTICA E MODERNA
CON TAVOLE IN RAME
PER OPERA DEL TRADUTTORE
E DELL'INGEGNERE ARCHITETTO
VINCENZO TUZZI
L1B. X.
UDINE
PEI FRATELLI MATTIUZZI
i83a
TIPOGRAIIA CECILE
DELLE M/iTERlE CONTENUTE
NEL X. FASCICOLO DEL VITRUVIO
LIBRO X.
Prefazione Pag. 3
Cap. I. Della macchina, della sua differenza dall' organo, e della sua origine e necessitct 9
Cap- IL Delle macchine trattorie pei sacri edifizjj e per le altre opere pub-.
Miche ,, 17
Cap. III. Dei diversi nomi delle macchine, ed in che modo si erigano . 19.
Cap. IV. Di un altra macchine simile
alla sopra descritta 21
Cap. V. Altro genere di macchina trattoria , . ,, aa
Cap. VI. Maniera ingegnosa di Ctesifonte per trasportare oggetti di grosso peso ,, 26
Cap. VII. Della scoperta di una petraja, da cui fu costrutto il tempio di Diana Efesia ,, 3 2
Cap. Vili. Del moto retto e 'circolare
delle macchine per levare i pesi . ,, 33
Cap. IX. Dei varj generi degli organi
per attignere f acqua . . . . . ,, 4
a
Cap. X. Delle ruote e dei timpani per
macinar la farina ....... Pag. 45
Cap. X//. Della macchina di Ctesibio, che solleva ad un punto altissimo
t'acqua So
Cap. XIII. Delle macchine idrauliche,
colle quali si perfezionano gli organi ,, 54 Cap. XIV. Regola per misurare il viaggio fatto in cocchio od in
nave. . 5g Cap. XV. Delle catapulte e degli scor
pioni . . . . . . . . . ,, 64
Cap. XVI. Delle baliste ,,70
Cap. XVII. Delle proporzioni delle baliste 71
Cap. XVIII. Del modo di caricare e
di tendere le catapulte e le baliste ,, 76 Cap. XIX. Delle macchine oppugnatone 77 Cap. XX. Della
testuggine pel riempi
mento de
J
fossi . .' 83
Cap. XXI Delle altre testuggini . . 85 Cap. XXII. Delle difese . .' . . . 90
GIUNTE AL LIBRO X.
Giunta I. Sui, principi fondamentali di
Meccanica 101
Giunta II. Delle macchine in generale
3
e specialmente delle macchine a va' pore 127
Giunta III. Delle macchine militari antiche e moderne j>*6
2
DELL'
ARCHITETTURA
DI
M. VITRUVIO POLLIONE
LIBRO X.
DELL'
ARCHITETTURA
DI .
M. VITRUVIO POLLIONE
LIBRO X.
PREFAZIONE
I. In Efeso, nobile ed ampia citt de' Greci
t
si dice che dai maggiori fosse stata creata anticamente una legge
portante una condizione dura s, non per altro ingiusta; perch quando un architetto assumeva la direzione di un'
opera pubblica, assicurava *( 1 ) prima quanta fosse per essere la spesa della fattura: consegnatane la stima, si
obbligavano al magistrato i suoi beni, (ino al compimento dell'opera: compita questa, se la spesa corrispondeva al
detto, egli era ornato di decreti e di onori. Parimente, se consumava solo un quarto di pi neh' opera, aggiungeva^
questo al
(i) 11 lat- policelur: cio faceva la polizza: polizia appunto, eh' la nota delle spese, a nostro parere, trae la
sua origine dal latino pelliccor.
la stima, e si compensava dal pubblico, n era tenuto ad alcuna pena: quando poi nell' opera consumavasi pi del
quarto, esigevasi da'suoi beni il danaro per terminarla.
2. Oh! avessero pur fatto gli Dei immortali che questa legge anco pel popolo romano, non solo pei pubblici, ma
pur pei privati edifizj fosse ordinata (1): perch cos gl'ignoranti non as
(1) Galiani nota a questo passo: Se Vilruvio deside rava a' suoi tempi questa santissima legge, che dovrebbe-
10 dir oggi i nostri poveri Napoletani, de' quali non v' nessuno di qualunque grado, che messosi a fabbricare,
al fin de' conti non si trovi ingannato non che per un quarto o met, ma fino al doppio e al quadruplo, se
occorre?" Ma noi soggiungeremo: e chi pu salvarsi dall' inganno? Se l'espositore di un progetto vuole ingannare,
pu fare ascendere l' importo ad una somma doppia di quella che deve costare elfeltivauicnte la costruzione; nello
stesso modo che pu far" conoscere essere stata la spesa doppia di quella che aveva calcolata E sarebbe appunto
qui da chiedersi con lo Straltco, perch la legge riferita da Vilruvio fosse stata adoltata dai soli abitanti di Efeso, e
perch se era veramente utile fu trascurata dagli antichi e dai moderni legislatori? Ma si osservi che Vilruvio
attribuisce ad imperizia quegli errori; ora se questa imperizia include la buona fede, e se 1' opera eseguita vale
realmente pi di quello che fu calcolato, non c' luogo all' inganno, e l'architelto, non essendo colpevole, non dev'
essere sottomesso ad alcuna pena. Si aggiunga poi col Newton che questi errori hanno luogo do. vuuque, ed evvi
la massima probabilit che la spesa effettiva per la costruzione di un edifizio ecceda la stima stabilita per quanta
esattezza si abbia usato nel redigerla, non essendo possibile di prevedere tutti i casi, tutti gli errori, luite le
negligenze, ove si deve impiegare un gran numero di lavoratori, u quelle alterazioni, che lo stesso ingegno del
dirigente pu stimar utili nel corso dell'opera. E questa velila era in parte conosciuta dagli stessi; Etesii quando non
attribuivano a colpa se la spesa superava la stima di una quarta parte.
Noi non vogliamo con ci assolvere g' ingannatori dalle pene che sono loro dovute, ma' beus non includere nel
sassinerebbro impunemente; ma i soli divenuti prudenti per la sottigliezza delle dottrine senza dubbio
professerebbero 1' architettura; n i padri di famiglia sarebbero indotti ad infinite profusioni di spese a segno d'
essere espulsi dai loro beni j e gli stessi architetti dal timor della pena frenati, calcolando con pi diligenza, la nota
presenterebbero delle spese; sicch i padri di famiglia con quel che avessero apparecchiato, o aggiungendo alcun
poco di pi, terminerebbero i loro edifizj. Perch coloro, che per un' opera hanno potuto apparecchiar
quattrocento, se aggiungono cento, se ne compiacciono per la speranza del perfezionamento: quelli poi, che sono
caricati
(
di una met ed ancor pi della spesa, perduta la speranza e gettata la spesa, rovinate le cose e gli animi,
sono costretti a desistere.
3. N soltanto questo difetto negli edifizj, ma eziandio nei divertimenti, che dai magistrati si danno, nel foro di
gladiatori, e nel teatro di giuochi scenici, pei quali non si concede n indugio, n aspettazione, ma la necessit
costringe a terminare entro il tempo prefisso, come sono i sedili (i) degli spettatori, le disposizioni delle ten
loro numero g' innocenti, e solo osserviamo che la frode di fare la stima minore di quello che pu importare un'
opera sta soltanto nell' indurre un padrone a farla erigere sulla fiducia di poca spesa; ci che non avrebbe fatto se
la spesa reale fosse stata da lui conosciuta. Ma pochi sono poi cosi stolti da lasciarsi ingannare fino al quadruplo
senza chidere prima un cousiglio sull' importo approssimativo.
(i) Perrault traduce anfiteatri, hepch questi non fosde, e tutto ci che secondo i costumi scenici col
sero in uso al tempo di Vilruvio, e bench in Plinio, al dir di Lipsio, si debba leggere teatro di Pompeo e non
anfiteatro, e ci solo perch questa voce serve oggi ad indicare il luogo degli spettacoli. soggiunge che presso
gli antichi vi erano tre specie di teatri, cio di legname, di pietra e di pietra e legname ad un tempo, siccome quello
di Bordeaux, il cui recinto era di muro, ed i sedili si collocavano al momento di legname. Qui Vitruvio intende
parlare di questi sedili, nominando eziandio i velarti, le quali opere erano appaltate allorquando si stabiliva di dare
gli spettacoli. Per si osservi che quei velarti in parte servivano a difendere gli spettatori dai raggi solari, e parte a
coprire le scene, distinti col nome di siparii. 11 Newton invece ritiene che per quel setlcs spectaculorum di
Vitruvio si debba intendere le tavole, od i piuiuaci i, od altre cose simili, di cui si coprivano i gradini del teatro ogni
qual volta si dovevano dare gli spettacoli, e che venivano somministrati dagli operai dietro una stima. Che per
Vitruvio voglia indicare sedili temporarj, si desume dall' aver egli nominate anche le tele, che servivano a coprire gli
spettatori, e le quali erano cenameli le temporarie. E si potrebbe col Galiani riferire ci ai teatri temporarj che si
costruivano tutti di legname, od ai gradini che si erigevano nel loro al tempo degli spettacoli; poich Vitruvio
confronta questa specie di lavoro con gli edifzj, redigendosi io entrambi i casi errouee minute di stima. Al
n,omento che fu scoperto il teatro di Ercolauo si trov che i gradini erano coperti di tavole, se si deve prestar icde
al Marchese Venuti, il quale soggiunge che quelle tavole erano collegate in forma di scale, ma aventi gradini troppo
alti per servire a quelP uso. .Lasciate le quistioni sul tempo in cui fior Vitruvio, e ritenendo che ci l'osse al tempo
di Augusto, risovvenendosi altres che Vitruvio scrisse UOQ esservi teatri marmorei in Roma, si vede che le sedi
'degli spettacoli qui nominate non possono significare altro che quei teatri lemporarj che si erigevano per una
determinata circostanza, e si coprivano con tele. 11 Newton poi non 0111rnette alcuna occasione -per mostrare
che Vitruvio viveva ai tempi di Vespasiano. Ma piuttosto quello che sembra pi diilcile a spiegarsi si che
Vitruvio abbia tratto motivo da ci di parlare siili' utilit e siili' importanza delle macchine. Sin qui lo Strafico.
Noi pure ci accordiamo nell' opinione del Galiani iu forza del senso che si deve dare a questo pa*so vilruvi.iuo,
-soggiungendo appunto il nostro autore che in simili opere macchinismo ( i ) si prepara _ al popolo per gli
spettacoli (2). In queste cose poi v d' uopo di castigata prudenza e dell' intendimento di dottissimo ingegno;
perch alcuna di esse non si perfeziona senza meccanica (3), e senza vario e solerle vigore di studj. CAP. ].
4. Essendo dunque cos queste cose passate in tradizione ed in uso, sembra non esser fuor di proposito, prima
d'intraprendere le opere^con somma cautela e diligenza il pesare le loro ragioni. Che, se non avvi legge, od alcuna
stabilita usanza che a questo possa obbligare, quantunque ogn' anno i pretori e gli edili debbano preparare le
macchine per l' esercizio dei giuochi, mi parve, o Imperatore, non fuor di materia, poich negli antecedenti volumi
ho ragionato degli edifizj, in questo, che costituisce il fine di tutto il corpo dell' opera, 1' insegnare i principi per
ordinare le macchine.
per gli spettacoli fa d' uopo diligente prudenza ed ingegno dottissimo; ci che certamente non abbisogna per
disporre semplici sedili, o per ricoprirli di piumacci od altro. A non maravigliarsi poi con lo Stratico, perch
Vitruvio dalla costruzione dei teatri momentanei tragga partito per parlare di meccanica, basta avvertire che questi
teatri erano allora una delle opere pi importanti ned' architettura civile, ed in cui si dovevano adoperare
certamente molte macchine che non abbisognavano per la costruzione degli acquidotti, delle cloache e delle
Strade.
(1) 11 testo per machinalionem. Galiani artificiosamente. Barbaro con fattura. Orsini per via di macchine.
Noi osiamo adoperare la voce macchinismo,
(1) Il testo ad spectationes. Veramente spectatio significa l'atto del guardare una cosa, non impedito da veruu
ostacolo.
(3) Il latino sine ntachinatione. Noi. abbiamo seguito il Galiaui e l' Orsini.
Della macchina, della sua differenza dall'organo, e della sua origine e necessit.
acchina una soda congiunzione di materia (i) avente grandissima forza per muovere i pesi. Si muove
artifiziosamente per giri di circoli, che i Greci chiamano crclic'en cinesin. Son
(i) Questa definizione sembra imperfetta al persa", in quanto che le macchine non solo possono farsi di legname,
ma ben anche di metallo, ed oltre a ci abbisognano per lo pi di funi. Ma ci deve intendersi nel senso pi ampio,
dice lo Stiatico, in quanto che le macchine proprie per gli edifizi sono per la maggior parte formate di legno. Noi
non vediamo il perch materia latino debbasi tradurre sempre per legno: anzi crediamo che per materia debba
intendersi ci che anche al giorno d' oggi s' intende nel linguaggio fisico. pur d' avvertirsi che i Latini fanno una
distinzione fra materies e materia, e colla prima voce intendono veramente il legno, colla seconda qualunque
oggetto materiale; ci che dimostra il Vossio ( Etymol. ) dietro l'autorit di Plinio, e dello stesso Vitruvio, il quale
nel libro II. cap. 9. dice, parlando del legno, materies caedenda. Ma qui dice non ex materie, ma ex materia. Il
difetto per della definizione vitruviana sta, secondo alcuni, nelle parole maximal ad onerum molus habens
virtutes, restrigendosi cos 1' operazione della macchina solo al muovere dei pesi: ma, soggiunge il Galiani,
all'incontro poco prima, e poco dopo egli chiama macchina anche le scalinate, o sieno i sedili fatti di legno.per
qualche spettacolo straordinario; e per rimediare ci quel conientatore credette che la vera lettura fosse stata
maxime non maxi mas; nel che fu seguito dall' Orsini che traduce principalmente al muovere de' pesi,
comprendendo cos nella definizione anche le macchine scansorie.
Oltre a ci lo Stratico vuole che le parole vitruvianc habens virtutes possano indurre il volgo a credere che la
forza per superate gli ostacoli e per muovere i pesi sia ine
/
ao LIBRO z
di tre generi: il primo scansorio (i), in greco acrobaticon: il secondo spiritale, in greco pneumaticon: il terso
traltorio, e questo da'Greci si chiama hartdeon. Scansorio (2) quando le mac
rcnte alla macchina stessa; dovech le macchine non possono esercitare altra forza che quella che viene alle
medesime applicata, ed anzi non tutta s' impiega a superare P ostacolo, ma la massima parto serve a produrre
moti inutili al fine della macchina, ma per necessari, ed altri moti inutili e non necessarj. Ma noi diremo con un
adagio comune che questo un cercane inutilmente il pelo nell'uovo. E chi mai cos rvzcH e volgare, il quale
possa credere che la virt motrice sia propria della macchina? e tale essendo, che jnrparla se il crede? Questi non
sar mai atto a trar profitlo dalle arti e dalle scienze. Noi riteniamo che la definizione di Yitruvio non sia per alcun
conto erronea, perch 1' oggetto di una macchina quello di vincere facilmente una resistenza, la quale pu essere
sempre rappresentata da un peso, come sa ognuno che abbia studiato alcun che di meccanica. .1,
(i) Il Galiani chiama le tre seguenti specie di macchine, la prima salito? la seconda spiritale, la terza trauma.
(a) Il testo dice che queste macchine souo tali, per cui sine periculo scandalur ad apparatus spectationem;
ed il Barbaro, il Perrault ed il Newton convengono nell' opinione del Turnebo, cio essere destinate le macchine
stesse ad osservar dall' alto le operazioni belliche del nimico; il Galiani per e 1' Orliz seguono il Baldo,
considerandole siccome gradinale per potersi vedere dalle medesime gli spettacoli ed i pubblici giuochi,
sostenendo che non probabile che qui
Jtarli Vitruvio di macchine militari, non indicandolo le paroe del testo, n' la voce apparalus significando il lavoro
dei miei, ma ogni specie di spettacolo. Lo Stratico dice che quesl ultima opinione non probabile, perch non
pu credersi ohe i teatri degli antichi constassero di macchine formale'con travi collegate con traversi, onde si
potesse ascendervi senza, pericolo, quando invece per mezzo di questa specie di macchine poteva salire qualche
soldato per fare le osservazioni dall' alto delle mura; tanto pi che uel cap. 19 di questo libro nomina una macchina
bellica detta ascendente, che portava gli uomini sulla sommit delle mura nemiche. Ed aggiunge che la descrizione
di Vegezio della macchina da lui chiamata tofieno, fatta per quest' uso, e quella chine sono collocate in modo, che
sopra collegati legni diritti e trasversali si possa senza pericolo salire in alto alla veduta dell' apparato. Spiritale (i),
quando dallo spirito scacciato dalle presdi Apollodoro ed Erone ( nel trattato delle macchine ) per guardare
dentro delle mura nemiche, concordano colla descrizione vilruviaun. Dal che conchiude essere pki probabile 1'
opinione del Turntbo che quella del baldo; aggiungendosi che se servir doveva per gradinata in un teatro, non
avrebbe soggiunto Vitruvio che la macchina scansuiia ha pi vanto di audacia che di artifizio: che se la costruzione
di una macchina dev' essere fatta in modo di non presentare alcun pericolo di rovina, questa non pu essere
prevenuta da alcuna audacia; la qual audacia per si richiede nel- l' uomo che viene innalzalo dalla macchina
stessa, onde non venga spaventate dall' altezza e dai pericoli che si potessero presentare alla sua immaginazione.
Chi volesse bilanciare queste ragioni dovrebbe restare indeciso per quale delle due opinioni dichiararsi;
nulladimeno noi vorremmo dichiararci per la prima. DiUatti la voce latina scansorium e la greca corrispondente
acrobaticon significano una cosa, per la quale si pu ascendere, non gi una cosa che porti in allo; inoltre il
pericolo pu aver luogo dove siavi una calca, non gi dove ha da ascendere un solo uomo od ai pi due, per
innalzare i quali una leva o poche carrucole possono bastare anzich travi stabili collegate con . traversi, e beu
concatenate, e doppiamente congiunte, e con isperoni soffolte. E quell' audacia, che forma la gloria di questa
macchina, come si pu rivolgere agli uomini che vi si affidavano per salir sulle mura, quando ra gi/ costrutta in
modo da nou presentare alcun pericolo? Audacia qui posta figuratamente per indicare I' altezza, u cui si poteva
salire con questo mezzo; la qual- cosa appunto desta meraviglia senza esigere grande artifizio, purch vi sia
assicurata la solidit con le indicate concatenazioni e sostegni
Ad ogni modo per, traducendo spectationem per veduta, ossia prospetto, e ritenendo la voce apparato,
nou si contraddice n all' una, u all' altra sentenza.
(i) Ognuno qui deve intendere macchine pneumatiche, cio tali eh' esprimano orgauicamente per mezzo dell'
aria e suoni e voci, poich spiritus presso gli antichi, e specialmente presso Vitruvio significa aria, fiato, gas, od in
una sioni si esprimono organicamente e tuoni e voci. Trattorio, quando i pesi si tirano colle macchine, e sollevati in
alto si pongono a segno.
6. La scansoria non d'arte, ma d' ardimento si gloria: si regge con catenature, con legamenti trasversali e
intrecciati, e con sostegni di erisme (i): quella poi che assume il principio dalla potenza dello spirito ottiene eleganti
effetti co' raffinamenti dell' arte (2). Ma la trattoria pie
parola sostanza aeriforme; quindi non si pu intendere col Perrault che le voci latine impulsus et plagae
significhino colpi o percosse tendenti ad estrarre un suono da tutti quegli stranienti che non sono pneumatici. A noi
pare che le macchine spiritali di Vitruvio operassero puramente per mezzo dell' aria, ma che per ottenere 1' effetto
si dovesse dar loro un impulso, per esempio col fiato, o produrre alcune aperture organicamente, cio col mezzo
dell' azione di un sol uomo, come spiega poco dopo; e ci a simiglianza di quegli stromenti detti propriamente
organi che lasciano uscire alcune voci determinate quando per mezzo di un manubrio si vanno scoprendo alcuni
piccoli fori, pei quali esce l' aria che viene somministrata da un mantice, stromenti comunissimi, e coi quali i
Tedeschi vanno dilettando il popolo pei trivii. Ecco, a nostro parere, spiegate le voci plagae ed organica",
ritenute siccome oscurissime, poich plaga significa apertura, fessura, ed organicvs indica il mezzo, con cui si
fanno le aperture stesse. Il Galiani spiega tuoni, e noi 1' abbiamo seguito.
A questo passo lo Stratico s'introduce a parlare di musica, e dice che ogni musica si distingue in vocale ed
istromentale. L' istromentale poi in pneumatica che proviene dal moto dell' aria, ed in psaltica che proviene dalla
percossa. La psaltica pure si suddivide in due specie, una si ha quando lo stromento metallico e che si batte,
ovvero quando e composto di corde che fanno oscillare; e quest' ultima finalmente pu ottenersi o con istrofnara
le corde per mezzo di un arco crinito, ovvero eccitandole senza attrito con le dita o con una canna pi dura.
(1) Cio con contrafforti, o speroni.
(a) Questo passaggio in tal modo tradotto dal Galina di attitudini molto maggiori, e di veramente magnifica
utilit; e adoperata con prudenza dimostra forze indicibili.
7. Alcune di queste si muovono meccanicamente, altre organicamente. Fra le macchine e gli organi (1) avvi la
differenza, che le macchine con molte opere, ovvero con forza maggiore sono costrette a conseguire gli effetti,
come le baliste e i preli (2) de' torcolari. Gli organi poi
ni: ma quella che intraprende assunti bizzarri a forza di vento, non ha l' intento, se non colla sottigliezza
dell' arte.
(1) Dice' l Strafico che Vitruvio svolge oscuramente questa distinzione, poich il senso esige piuttosto un
indovino che un interprete. A noi sembra invece che le parole vitruviane quasi non abbiano bisogno di conienti.
Eccone il senso coi termini Scientifici d'oggid: macchina quella, in cui 1' aumentar della potenza produce un
maggior effetto; 1' organo invece non abbisogna che di un semplice motore, il quale sia fornito piuttosto di
previdenza che di gran forza. Vitruvio porta in esempio per la prima le baliste, per la seconda gli scorpioni. Noi
diremmo dietro a questa distinzione che un mezzo qualunque per trasportar pesi sar una macchina, un' arma da
fuoco sar un organo.
Lo Strafico per soggiunge che il nome di organo si Appropria giustamente soltanto a quegli stromenti che
producono un suono. Ma noi diremo che se per suono intende una qualunque impressione prodotta dall' aria al
senso dell' udito, quasi ogni mezzo meccanico sar un organo; ma se intende che quella impressione sia ordinata
secondo qualsiasi legge, allora si allontana moltissimo dal senso del nostro autore, il quale colloca fra gli organi
anche i mezzi per attingere l' acqua.
Era piuttosto da dirsi che al giorno d' oggi per macchina s'intende qualunque mezzo che serve ad equilibrare
due forze, od a fare che 1' una preponderi siili' altra: e per organo quel mezzo che serve semplicemente a
trasmettere un' azione senza aumentare o diminuire la forza motrice.
(1) Il Galiani traduce stretto). Il Barbaro sta al latino prelum e traduce prelo. Cosi abbiamo noi fatto anche al
ap. 9. del lib. VI.; e veramente prelum non lo strettojoj coli opera d' un solo toccati giudiziosamente ottengono
il proposto intento, come le rivoluzioni ( i ) degli anisocicli (a) o degli scorpioni. Adunque s gli organi, che le
macchine sono di tale necessit di uso, che mancando queste, alcuna cosa non pu essere senza ostacolo.
8. Tutta la meccanica (3) fu generata dalla
ma una trave o una stanga adattata in modo al torchio, che maneggiandola si comprime l' uva, le olive, od altro: ha
li sua origine da premo, ed abbreviatura di premutimi.
(i) Lat. versationes. Gal. votazioni, e ci sembra bellissimo da adottarsi nel vocabolario italiano.
(a) Cosa debbasi intendere per anisocycli tuttora incerto. Il Perrault, il Galiaoi, 1' Ortiz ed il Piewton si
accordauo nel considerare quest' organo siccome una molla elastica ripiegata a spira, la quale svolgeudosi
lanciasse un ualche corpo; poich un corpo elastico ripiegato iu forma i spira o cilindrica o conica' presenta alcuni
circoli ineguali, o piuttosto alcuni segmenti che compiono ciascun giro. Ma con pace di s grandi uomini, dice lo
Sliatico, non posso convenire in questa interpretazione, volendo le parole, vitruviane in anisocyclorum
versationes indicare un moto rotatorio di circoli ineguali. Laonde si deve piuttosto considerarli siccome macchine
a ruote dentate, le quali internandosi nei denti dei timpani producono una rotazione detcrminata e costante. E ci
che soggiunge Vitruvio serve a prova di ci. Didatti dicendo, che gli uomiui, ad esempio della macchina divina, che
abbraccia il sistema planetario, procurarono maggiori comodi alla vita parte con macchine e -parte con organi,
prova che questi stromenti tutti aveva-, no un moto di rotazione. E -I' esempio dei mezzi di tessere la tela spiega
maggiormente che per organo delibasi intendere uno stromenlo che produce movimenti stabili determinati e tra
loro complicati, e che per aumentare di forza non aumenta l' effetto. Tuttavia nella traduzione pare pi prudente
partito il ritenere anisocicli, anzich molle, come lece il Galiani, e dietro ad esso 1' Orsini. Il Barbaro traduce
circoli disuguali.
(3) A giusta ragione osserva lo Stratico che quest' ultima parte del primo capitolo lotta filosofila; ma non con
egual ragione la taccia d' oscurila. A noi sembra uno di natura delle cose e istituita dalla reggitrice e maestra
rotazione del mondo. Si consideri in primoluogo, e si contempli la permanente natura del Sole, della Luna, e dei
cinque pianeti, i quali se non girassero meccanicamente, noi non avremmo in terra n luce, n maturazione di *
frutti; Avendo dunque gli antichi queste cose considerato, desunsero dalla natura delle cose gli esempi; e dalle
cose divine indotti all' imitazione, ne fecero applicazioni utili alle comodit della vita.' Onde operarono in modo che
alcune colle macchine, e colle loro circolazioni, altre cogli organi riescissero pi spedite: sicch le cose da essi
considerate proficue all'uso, per via di studi, di arti e d'istituzioni, colla loro dottrina cercarono d'aumentare. ...
9. Si ponga mente alle prime necessarie invenzioni, cio al vestito, come nelle tninistrazioni organiche delle tele,
fattasi la connessione della stame alla trama, copertine i corpi, non solamente difendami, ma vi si aggiunga eziandio
il de-, coro dell' ornamento. N avremmo tampoco abbondanza di cibo, se non fossero stati inventati i gioghi e gli
aratri pei buoi e per tutti i giumenti. E se non vi fosse 1' apparecchio delle sucule (1), dei preli e dei vetti per
torchiare, non
quei molti tratti oratorj e filosofici, di cui il nostro autore ha abbellito di quando in quando questo suo trattato. . .
(I) Il lat. sucula. In ital. il Galiani traduce perilrochj, 1'.Orsini verrocf/ij. post' ultimo la definisce; ,
f
unu
maschipotremmo godere n della nitidezza dell' olio, ne del frutto vinoso ( i ): e le trasportazioni di queste cose
non si farebbero se non fossero state inventate le macchine dei carri e delle carrette (2) per terra, e delle barche
per acqua. L' equilibrio delle stadere e delle bilance coi pesi difende con giusto costume la vita dall' ingiustizia. E
cos vi sono innumerevoli ordinamenti di macchine, delle quali non parmi necessario il disputare, essendo esse
quotidianamente alla mano, come sono le ruote, i flli (3) de'fabbri, i Cocchi, i calessi (4)>
na trattoria, formata con legno cilindrico, il quale si i ,, volgere con uno o pi velli, ossicno manovelle d* ogni
lunghezza, alla quale voltandosi si volge la fune. Si dice sucula da sue, perch nella sua mezzana parte si caccia
un piccolo legno, chiamato il porchelto, al quale si ferma il capo della fune". In alcuno dei nostri dialetti, per es.
nel trevigiano, si serbato il pretto nome latino, stactech quest' ordigno si chiama propriamente sagola.
(1) Lo Schncider corregge vitium fructum in vineum fructum; e noi l'abbiamo seguito.
(a) Il testo sarracorum, specie di carri, come si rileva da Giulio Capitolino, il quale in Antonino philosopho
dice essere stata s grande la pestilenza, che i cadaveri rano trasportati vehiculis, sarracisque. La parola
sarrca i usata dai Veneti in un senso corrispondente a quello de' Toscani tirare de' cassettoni, vale a dire
strepitare e susurrare con paroloni e bestemmie. Forsi^che sarrca si conservato come traslato del susurro
delle carrette, o meglio ancora da quel linguaggio triviale e minaccioso, di elle usano i carrettieri quando spingono
innanzi i cavalli.
(3) Ll.folles. Perth voltare sempre quel follis in mantice? Lorenzo de' Medici ebbe il buon senno d'usare in
italiano folli, e noi vogliamo imitarlo, tanto pi che follo voce in pieno uso de' veneti nostri dialetti, che senza
alcuna corruzione la conservarono per tanti secoli.
'(4) Il latino cisia. Carro a due ruote, come dice Nonio Marcello. Anche Cicerone adopera questa voce nelt'
Orazioi torni, ed altre che per la consuetudine divennero comunemente utili all' uso. Perci comi rideremo a
trattare per far note quelle, che vengono di rado alle mani.
CAP. II.
Delle macchine trattorie pei sacri edifiz],
e per le altre opere pubbliche.
io. In primo luogo ragioneremo di quelle macchine che si allestiscono per la formazione dei sacri edifizj ( i ), e delle
opere pubbliche: le quali si fanno in questa maniera. Si prendano tre travi in ragione della grandezza de' pesi:
questi alla testa congiunti eon una fibbia, ed al basso divaricati (2) con corde attaccate alle teste si drizzano, e
colle stesse corde attorno disposte si
ne in favore di Roscio Amerino, dieendo che in dieci ore di notte vol eisiis per cinquantasei miglia.
(1) Da questo passo, e da molti altri di Vitruvio si conosce che i tempi e le opere pubbliche, erano quelle che
occupavano l' ingegnere principalmente, poich le principali macchine erano ad esse consacrate. Tuttavia parlando
Vitruvio dei mezzi necessari a sollevar pesi in genere, non era ragione eh' egli dicesse essere queste macchine
devolute a quelle opere, come che in opere private non avessero potuto egualmente impiegarsi; ed io ispecialit la
capra, eh' la prima macchina descritta in questo libro, la quale comunissima per sollevare i pesi in ogni opera
anche mediocre. La capra descritta da Vitruvio la stessa che si adopera tutto giorno; si confronti la sua
descrizione con la fig. i. Xav- I. Veggasi la Giunta II.
(2) Lat. divaricata. Si usa pure italianamente per dividere, distendere.
yiTRvrio, Lib. x. 1
tengono in piedi: in cima si avvince una troclea (i), che da taluno si dice anche recamo. Nella troclea s'introducono
due rotelle che si girano dintorno a'loro assicelli (2): per la rotella superiore si fa passare la fune maestra (3),
poscia questa si cala e si conduce attorno la rotella della troclea inferiore: poi si riporta alla rotella di sotto della
troclea superiore, e si fa discendere all' inferiore, e legasi il capo della fune ad un foro di quella: l'altra parte della
fune si riconduce al disotto della macchina. Ne' quadri poi esteriori dei travi, al luogo dove sono divaricati, vi si
affiggono i chelonj (4), nei quali si spingono le teste delle sucule, per far girare pi facilmente gli assi. Queste
sucule hanno presso le teste due fori regolati in modo, che vi possano entrare i velli. Ma poi al recamo inferiore si
attaccano le forbici di ferro, i denti delle quali si accomodano in pietre forate. Quando finalmente il capo della fune
legato alla sucula, e i vetti col loro moto la girano, la fune involvendosi dintorno alla sucula si distende, e cos
solleva i pesi all' altezza ed ai luoghi richiesti dalle opere.
(1) Barbaro traduce taglia; Gal. carrucola, ed veramente questo il significato. Noi usiamo per in italiano
traclea ad esempio del Galileo.
(5) Lat. axiculos. Si vuole usare anche in italiano assicelli.
(3) Lat. funis ductarius, che gli altri traducono il menate.
(4) Lat. chelonia. Barb. orecchie o manichi. Gal. anelli. Ors. bracciuoli, la quale spiegazione basta per
comprendere la loro forma.
CAP. In.
Dei diversi nomi delle macchine, ed in che modo si erigano.
II. Quella forma di macchina che si gira con tre rotelle si chiama trispasto (i): quando poi nella troclea inferiore si
volgono due rotelle, e tre nella superiore chiamasi pentaspasto. Che se si dovessero apparecchiare macchine per
pesi maggiori, si far uso di legni pi lunghi e pi grossi: ed alla stessa maniera si accomoderanno colle afJibhiature
in cima, e coi giri delle sucule in fondo. Ci fatto, si collochino prima le funi antarie (2) rilassate; sopra le scapole
della macchi(r) Questa voce, come osserva il Filandro, provine dui greco spazo, che significa tirare, poich dal
numero delle girelle dipende la facilit d' innalzare i pesi. La figura della macchina qui descritta si ha nella Tav. I.
fg. 2.
(a) Lat. funes antarii. Secondo il Galiani e l'Orsini qui deve leggersi funes ductarii, dietro 1' autorit del
Filandro, c quel eh' pi, dicon essi, della ragione. E questa ragione viene esposta dal Galiani con le seguenti
parole: Parlan do Yilruvio in questo capitolo di una macchina siniilissi ma, per non dire la stessa della descritta
nel capitolo an tecedentc, se non che composta di legni pi grandi, ha stimato bene insegnare il modo di
sollevarla, ed quello, che ora descrive: or in ogni capila due specie di funi ,, concorrono, quelle da tirare, cio i
menali, e son dette ductarii, e quelle da reggere ritta la capria, cio i venti, e son dette retinacula: di queste,
mentre la capria giace a terra, e si vuol sollevare, dice, che si dispongano per so pra le spalle, o sia sopra i
travi, che compongono la macchina: e siccome sollevata, che , sarebbe scomodo attaci, care allora le taglie e i
menali, naturale, che di quelle
I
30 MBftO X..
a si dispongano per lungo i ritegni (i), e se non vi sar ove legarli, s' infossino pali resupini (2), ed all'intorno
calcando si assodino, per legar mi a questi le funi. Al capo superiore della macchina si rattenga la troclea da una
corda, e di l si conducano le funi ad un palo, e dintorno alla troclea legata a quel palo si guidi la fune intorno alla
rotella, e si riconduca alla stessa troclea, che al capo della macchina sta legala. All'intorno poi della rotella, dalla
sommit trapassata la fune discenda e ritorni alla sucula che sta di sotto della macchina, ed ivi si leghi. In tal modo
la sucula spinta dai vetti volgendosi alzer da se la macchina senza pericolo: e cosi disposte all' intorno le funi ed
attaccati ai pali i ritegni, la macchina, per quanto grande che sia, sar posta a luogo. Le troclee e le funi maestre si
adoperano come fu scritto di sopra.
,, abbia dovuto dire, quando scrisse ductarii funes ante la xi collocentur; cio che si situino anlicinatamente,
ma ,, lente, per non impedire l' innalzamento della macchina ''. Anche il Baldo conviene in questa lezione; ed il
Perrault per seguir la comune dovette distinguere due specie di retinacoli, cio ntarii quelli che si pongono d
1
avanti, e relinacula quei da dietro.
(1) Lat. rttinacula. Vitruvio chiama cosi quelle funi eh i marinai chiamano sarte, che servono a fermar V
albero della nave: ovvero quella macchina, colla quale alzansi i pesi per via delle taglie. Orsini.
(a) Lat. resupinati. Il Gal. e l' Ors. inclinati; e il Bar baro all' incontro diritti
CAP. IV.
Di un altra macchina simile alla sopra
descritta.
12. Ci
ihe se si dovranno mettere in opera gravi (i) di vastit e di pesi colossali (2), non saranno da affidarsi alla sucula,
ma nella stessa maniera che la sucula si ritiene dai clielonii, co* & s' includa nei medesimi un asse, che abbia un
ampio timpano in mezzo, ci che da molti chiamasi ruota, da taluni de' Greci amphireusin, da altri peritrochion.
In queste macchine poi le tro* elee si apprestano non nel medesimo, ma in ah tro modo. Le dette macchine hanno
neh' alto e nel basso doppj ordini di rotelle: perci la fune maestra si fa trapassare nel forame della troclea
inferiore in modo che le due teste della fune quando sia distesa rimangano uguali: ed ivi a seconda della troclea
inferiore ambedue le parti di detta fune si rattengono circondate e connesse da una cordicella (3), talch non
.possano scappare
(1) Il lat. onwa
t
che il Galiani e l' Orsini traducono pezzi, e noi col nome sostantivo usato nella fisica moderna,
e corrispoodente all' onera latino, diciamo gravi.
(a) II testo colossicotera. Questa macchina di maggior effetto delle precedenti. La corda che serve a condur
il peso doppia, e si avvolge intorno a due ordini di girelle? come si vede nella fig. 4- Tav. I.
(3) Il testo restitu*. Il Gal. cordella.
n da destra, ne da sinistra. Indi le teste della fune si riportano dalla parte esterna alla sommit della troclea, e fatte
discendere all'intorno delle rotelle inferiori si riconducono a basso, e si cacciano fra le rotelle dell' infima troclea
della parie interna, finche si rimettono a destra e a sinistra alla testa della troclea di sopra all'intorno delle rotelle
superiori. Trapassate poi dalla parte esterna, a destra e a sinistra del timpano, si riportano all' asse, ed ivi per
assicurarle si legano. Allora avvolticchiata all' intorno del timpano un altra fune si riporta all' argano, il quale nel
girare, rivolvendo pure il timpano e l'asse, fa si che le funi annodate all' asse ugualmente distendami, e che
dolcemente levino i pesi senza pericolo. Che se un timpano maggiore, collocato o nel mezzo o in una dell'estreme
parti, avesse invece d'argano uomini che premessero, gli effetti dell' opera potrebbero essere pi spediti'.
CAP. V.
Altro genere di macchina trattoria.
i3. Eivvi poi un altro genere assai artificioso, e di uso facile e presto, ma non pu essere messo in opera che da
periti (i). E si compone d'un
(i) Osserva lo Strafico che bisogna determinare qual sia la difficolt Dell' adoperare questa macchina, per cui, al
dir di Vitruvio, non possa essere maneggiata che da gente trave, che dirizzasi, e quadrilnteralmente (i) raffermasi
da'ritegni: sotto i ritegni si affiggono due chelonii: sopra i ehelonii (2) si lega colle funi una troclea: sotto la troclea si
pone una regola lunga circa due piedi, larga sei dita, grossa quattro. Vi si collocano troclee, che hanno per lar
molto perita; e nella sua descrizione di questa macchina vitru
viana sembra far consistere la difficolt medesima nell' inclinare la trave da una parte o dall' altra quando il peso
sia di gi sollevato; nel che fare bisogna avvertire che il peso, alzato che sia e portato fuori dalla perpendicolare,
non faccia un' oscillazione, la quale pu tornare pericolosa. Il Galiani poi oppone a questo passo la nota seguente.
Ha cre duto il Perrault, che Vitruvio intendesse qui dire, che do po sollevato alla necessaria altezza il peso,
possa andarsi a depositarlo, ovunque piaccia, a destra o sinistra con in elinare la macchina: ma egli stesso,
come uomo valente nella meccanica, giunse a comprendere, eh' troppo diffi cile, per non dire impossibile
cosa, il maneggiare io que sto stato una fune, che non regge solo la macchina, ma tutto il peso sollevato. Con
buona pace dunque di tanto uomo io credo che Vitruvio intenda di doversi, prima di cominciare ad alzare il
peso, inclinare la cima del trave ove bisogna: il testo latino in fatti dice: quoti ante quan tum velit ecc., e
questo ante non bisogna crederlo posto a caso. N credo io gi che con questa macchina potesse ,, alzarsi, e
depositarsi il peso appunto ove Serve, ma come veggiamo tutto 'giorno, e molto facile con un' altra fune tirare
ove serve il peso, mentre sta penzolone. Ognuno peraltro ben comprende, che questo qualunque vantaggio,
che si ha con questa macchina a un trave solo, non ,, si pu avere colle altre macchine a tre ". Fin qui il Galiani.
v
Chi volesse vedere questa macchina, d' altronde facilissima ad immaginarsi, potr ricorrere alla fig. 2. Tav. XI.
del Vitruvio Latina dello Slratico. Noi la ommettiamo, siccome ora di nessun uso, essendosi sostituite ad essa altre
macchine pi facili a maneggiarsi per deporre i pesi ove bisogna a qualunque altezza. Veggasi la Giunta II.
(i) Il testo quadri/ariani. Il Gal. per quattro lati. Se dicesi quadrilatero, perch non anche
quadrilnteralmente? [7) Orecchie o manichi, come sopra.
1
ghezza tre ordini di rotelle: cos pure tre funi maestre si legano nella sommit della macchina, indi si riportano alla
troclea di sotto e si fanno passare dalla parte interna per le rotelle superiori: poscia si riconducono alla troclea
superiore, e si fanno trapassare dalla parte esterna all'interna per le rotelle inferiori. Allorch saranno discese a
basso, dalla parte interna per le seconde rotelle si trasmettono all' esterna, e si riportano in alto, e trapassate per le
seconde rotelle tornano a basso: di l si riportano alla testa, finche ripassate per le rotelle superiori ritornano a pie
della macchina. Nella radice poi della macchina si colloca una terza troclea, chiamata dai Greci epagonta, dai
nostri arte/none (i). Questa troclea si lega alla radice della macchina, ed ha tre rotelle, per le quali trapassate le
funi si consegnano agli uomini, che le tirino i cos tre ordini di uomini che tirino, senza argano speditamente fanno
ascendere in alto il peso. Questo genere di macchina si chiama polispasto (2), perch per le
(r) Questa voce d' origine greca significa cosa aggiunta; ed per ci che dicesi ai-temone la vela che si
colloca nella parte posteriore della nave, di forma triangolare, quasi si voglia dire l' aggiunta- Questa vela oggi
vien detta la mezzana.
(2) Plutarco chiama polispasto quella macchina, di cui si servi Archimede per tirare la nave carica. Ma
generalmente questo nome si dava alle macchine di grandissimo effetto; poich si sa che dalla combinazione di
molte girelle risultano macchine potentissime. Ferrault dalla descrizione di Vkruvio del polispasto, e dall' essere
questa macchina ricordata da Plutarco siccome una delle sorprendenti macebi
sue molte circuizioni di rotelle porge somma facilit e prestezza. La collocazione poi d'un solo trave ha questa
utilit; che prima declinando ai lati quanto si vuole a destra e a sinistra pu esso deporre il peso. Tutte queste
macchine, che furono di sopra descritte, sono opportune non solo per questo caso, ma a caricare ed a scaricare
le navi, ed altre si pongono diritte, altre piane sopra carcliesj (i) versatili (a). Cos senza dirizzamenti di travi anche
nel piano, usando della stessa regola e disposizione di funi e di troclee, si varan le navi (3).
ne di Archimede, vuol dedurre un giudizio non molto favorevole alle invenzioni di questo antico matematico. La
qual cosa, sia detto con pace di quelP uomo d' altronde celeberrimo, affatto sciocca; poich i pi sorprendenti
arti6zj di meccanica risultano da pochi elementi, e solo nella loro combinazione, nel metterli in opera, e prevedere
gli errori, sta l' ingegno e risplende l' industria. Cosi lo Stratico.
(i) Il testo in carchesiis. Lo Stratico nota, che questa voce indica la parte superiore dell' albero della nave, o
meglio quella f>arte che volgarmente dicesi gabbia; cio un ampio vase, in cui s' interna la trave. Qui il Filandro la
spiega per quella parte della macchina, in cui questa collocata si aggira. E 1' Orsini definisce carchesium un nome
generico che si d ad ogni taglia, che si pone e si adopera per far angolo colle funi che tirano i pesi. Nel
vocabolario della Crusca v' nna definizione che rappresenta perfettamente il senso che a questa voce d il nostro
autore, ed la seguente: una carrucola che si pone al piede del sostegno delle taglie, a uso di tener basso il
canape nel muover i pesi. Il Barbaro usa parettolo con termine volgare: sopra i parettoli, die' egli-, si volta
una bocca di fuoco, per tirar in ogni verso, come si vede nelle navi e nelle galere. S la Crusca che il Galiani
e 1' Orsini dicono in italiano calcesii noi fedeli al nostro sistema carchesj
(a) Lat. versatilibus. Il benemerito Salvini us versatilit; noi, dietro tanto esempio, usiamo versatile.
(3) Non facile il voltare in italiano con termini accoaCAP. VI.
Maniera ingegnosa di Ctesifonte per trasportare oggetti di grosso peso.
14. Non sar male a proposito l'esporre un' invenzione ingegnosa di Ctesifonte (1). Volendo egli adunque
trasportare dalle petraie gli scapi delle colonne al tempio di Diana in Efeso, e per la grandezza de' pesi e per la
campestre mollezza delle vie non affidandosi ai carri, affinch non fossero ingoiate le ruote, tent di fare cos.
Connesse ed incastr quattro scapi di legno grossi ognun quattro dita (2), due frapposti traversal
cj il subductiones navium efficiunlur del testo. Gli altri traduttori spiegano: se tirano in terra le navi. Ma il
subductiones significa taoto il tirarle da terra in acqua, come dall' acqua in terra. L' italiano varare si usa nclL uno
e nel1' altro senso, come si pu vedere nel vocabolario della Crusca; e perci noi abbiamo fatto uso di questo
verbo.
(1) Altri invece di Ctesiphonlis leggono Ciersiphronis.
(7) Il testo latino dice de materia trientali, e lo strati- co nota. Resta dubbio, secondo il Newton, se delibasi
intendere di legni larghi e grossi quattro pollici, ovvero larghi un piede e grossi quattro pollici. Tutti g' interpreti
stanno per la prima opinione, e lo conferma l' uniforme lezione dei codici manoscritti, nei quali si fa parola
unicamente di stipiti trieutali. La seconda opinione si deduce dalla natura della cosa, perch i legni che sono grossi
e larghi quattro oocie non possono reggere per tanta lunghezza. Imperciocch le colonne del tempio di Diana
Efesia erano lunghe sessanta piedi, ed in tanta larghezza i legui della suddetta grossezza dovevano piegarsi ed
anche spezzarsi nel mezzo. Laonde i perni e gli anelli dovevano avere per diametro la terza parte di un piede,
alfine di resistere nell' omente ai due altri, lunghi quanto era la lunghezza degli scapi delle colonne, e nelle teste
degli scapi impiomb due perni di ferro ( 1 ) a guisa di biette (2), e infisse le armille ne' legni per cerchiare i perni:
inoltre rinforz le teste con boccole (3) d' elee. Con ci i perni rinserrati dalle
pera; e quindi dovevano occupare tutta la larghezza dei legni, o se si suppone che avessero un minor diametro la
minima parte del legno restava non perfettamente ridotta, e perci si conservava in essi la minima forza. A
conseguir l.i qual cosa si dice che per materia trientale debbano intendersi legni lunghi un piede, e grossi,quattro
once, come si pu dedurre dall' aver la voce trientale sempre questo senso in tutti i luoghi, nei quali 1' adopr
Vitruvio. Tuttavia non si sa da dove il Newton trasse l'idea di dare a questi fusti la larghezza di un piede, quando
per la lunghezza di sessanta piedi poteva egualmente succedere la loro piegatura e rottura. Ma siccome Vitruvio
non fa parola di questa larghezza, e siccome questa necessaria a determinarsi perche i legni non si pieghino pel
proprio peso in tanta lunghezza, bisogna incolpare Vitruvio di grande ommissione; oppur ritenere che si avesse
fatto uso di un altro artificio, pel quale 1 due (usti longitudinali venissero collegati, quando si voglia aver per fermo
che quelle colonne fossero tutte di un pezzo per la lunghezza indicata da Plinio, anzich formate dall' unione di due
o tre pezzi.
(t) Il testo dice chodaces; erano questi i perni di ferro conficcati nelle teste della colonna; la loro forma poi di
coda di rondine deve intendersi nella parte che si doveva impiombare nel masso, perch non potesse facilmente
smuoversi, suutech la parte che doveva girare siccome asse in una ruota non poteva essere che perfettamente
rotonda.
(2) Lat. subscudee. Nel lib. cap. 7. pag. 77. da subscudes ..libiamo tradotto biette, e notammo che
volgarmente nei nostri dialetti si dice bietta un pezzo di legno o anche di ferro sottile e piatto, che appunto fatto a
coda di rondine, come notano g' interpreti. S' intende per che a bietta sia fatta quella parte che va dentro il
masso, come sopra si disse.
(3) Dice lo Stratico che questi bastoni di elee erano formati a guisa di cosue, per mezzo di cui gli animali
facevano rotolare i fusti; e soggiunge che la mollezza delle strai armille ebbero talmente libero il giro, che quando i
buoi attaccati tiravano, gli scapi movendosi nei perni e nelle armille perpetuamente volveansi.
de campestri, per la quale Ctesifonte non volle adoprar ruote, doveva pure offrire non lieve ostacolo alla rotazione
dei fusti pel loro gran peso, e che perci gli sembra in- questo meccanismo rimanere una qualche oscurit, a meno
cbe non si ammetta che la lunghezza degli scapi da trasportarsi fosse minore della totale lunghezza della colonna;
nel qual caso per non comprende a cbe servir dovessero i bastoni di elee.
A questa nota noi crediamo di aggiungere, che se i bastoni di elee dovevano servire di timone, come pensa lo
Stratico, per applicarvi le forze animali, il loro uso era lo stesso tanto per la lunghezza di sessanta che di venti
piedi; e che se il terreno offriva una difficolt alla rotazione del fusto, era per molto piccola in confronto di quella
che avrebbe presentata alle ruote caricate dello stesso peso, e che perci il meccanismo di Ctesifoute era
utilissimo; dovendosi sempre intendere che la mollezza della strada non fosse poi tale di lasciar profondare per la
massima parte il fusto medesimo. Ma riguardo all' uso dei bastoni di elce, noi ci accordiamo col Galiani, anzich
col Perrault, seguito dallo -Stratico; ecco le sue parole: Ha creduto il Perrault che questi bacuii Uignei
significassero due timoni legati alle teste del telaio per legarvi gli animali. Per intender cosi, ,, bisogna credere che
abbia detto Vitruvio baculis iligneis capita religavit per baculos iligneos capitibus religavit. A me pare,
che non abbia qui voluto dire ci Vitruvio, ma che intenda di piccole traverse conficcate per tener forte il telaio,
e saldi gli angoli retti, prima perch pi na turale la traduzione; secondo perch ogni legno bastan,, temente
atto a servire da timone senza ricorrere a un le gno cosi duro e compatto, come 1' elee; e finalmente perch
non era necessario il dire che vi vuole il timoue per legarvi gli animali da tirare ". Ycggasi la fig. 5. Tavola I.
Tuttavolta noi non credemmo nella traduzione di trascurare la lezione dello Schneider, che cangia baculis in
buculis, perch nel nostro comune dialetto provinciale bocola un ferro od un legno di figura cilindrica vuoto, il
quale si pone internamente od esternamente a rassicurare la parte estrema dell'asse della ruota> ed il suo
significato piccola bocca.
i5. Avendo adunque cos trasportati tutti gli scapi,* ed urgendo il trasporto degli epistilii, Metagene figliuolo di
Ctesifonte applic la regola usata per la traslazione degli scapi alla condotta degli epistilii. Onde fece certe ruote di
dodici piedi all' incirca, e collo stesso metodo serr le teste degli epistilii (1) in mezzo alle ruote con perni ed
armille. Cos tirati i trienti (2) da'buoi, i perni serrati dalle armille volgeano le ruote; gli epistilii poi a guisa di assi
investiti dalle ruote, collo stesso andamento degli scapi, senza indugio arrivarono all' opera. Un esempio (3) di
(1) Male suppose lo Strafico che il Galiani intenda qui epistilio per cornice, ma bens per cornicione, e le sue
parole sono precise: probabile, anzi chiaro, che non si dovettero trasportare solamente gli architravi, ma
anche i fregi e le cornici: malamente dunque il Barbaro e il Per rault hanno tradotto epystilia per solo
architrave. Abbia mo spesso incontrata questa voce nello stesso significato ampio di cornice ". Ed alla nota al
lib. HI., da lui stesso qui richiamata, dice che epystilia preso per significare tutto l' ornato di cornicioni, che
termina il tempio. Non vale l' osservazione dello stesso Stratico, che se si volesse intendere tutta la trabeazione,
questa non poteva essere contenuta in ruote di dodici piedi, quando si sottri da questa dimensione la parte che
doveva costituire la ruota medesima. Difatti a noi sembra che il Galiani intenda chiaramente di asserire che
dovevano trasportarsi architrave, fregio e cornice, ma non gi tutti in un pezzo, bens separatamente, come si
deduce meglio dalla seguente nota { fig. 6. Tav. I. ).
(2) Il testo trientes, cio gli scapi della misura sopra indicata.
(3) Qucst' ultima parte del paragrafo i5 dovrebbe, a parere del Galiani ( e noi vi consentiamo ), formare il
termine del paragrafo 14, poich 1' esempio dei cilindri che usavausi strascinare sopra il terreno della palestra per
spianarlo, conviene piuttosto alla maniera, come furono da Metagene trasportali i fusti, che a quella di Ctcsifoule
per gli questo si avr dal modo, con cui i cilindri pianano le ambulazioni ( i ) nelle palestre. N 'ci si sarebbe
potuto fare, se prima non ci fosse stata la vicinanza: poich dalle petraje al tempio non v'ha pi di otto mille piedi:
n alcun clivo, ma perpetua campagna.
16. A nostro ricordo (2) poi essendo slata
architravi e cornici. Tuttora si adopera questo cilindro per conguagliare il terreno specialmente nei gradini.
(1) Dai latino ambulationes, da noi usato in buona coscienza, dacch nel vocabolario della Crusca si trova
ambulare, quantunque in senso diverso dal passeggiare.
(l) L' Ortiz conghiettura che questa statua di Apollo sia la stessa, di cui parla Plinio nel lib. XXXIV. cap. 8.,
dicendo: Mirone form eziandio quest'Apollo, che fu levato dal triumviro Antonio, e restituito agli Efesii da
Augusto. E in que la restituzione fu necessario di rifare la base; ci che accadde nel viaggio che intraprese Augusto
da Lesbo, o da Saino, in Asia ed in Bitinia l' anno rio ovvero ^34 di Roma. E dicendo Vitruvio che questa
circostanza era di sua memoria, prova eh' egli fiori al tempo di Augusto. Ma questa conghiettura, dice lo Stratico,
viene indebolita dal racconto stesso di Vitruvio, il quale scrive che la base di questa statua colossale era infranta
dal tempo, per cui si temeva che la statua medesima cadesse e si spezzasse; lo che significa essere stata questa a
suo luogo.
La macchina poi adoprata da Paconio non diversifica da quella di Mctagene che nel modo di tradurla; ma ha il
vantaggio di diminuire lo strofinamento, e di avere la potenza applicata alla periferia anzich all' asse, per cui pi
facilmente si possono superare gli ostacoli nella rotazione. Dall' altra parte ha poi P inconveniente accennato da
Vitruvio di non seguire una linea retta nello svolgersi della fune, e 1' altro di dover restare i bovi per tornare a
ravvolgere la fune dopo eh' era stata sciolta. Al primo di questi inconvenienti si poteva riparare con attaccare,
come osserva il Permuti, due funi alle estremit, anzich una sola nel mezzo. Al secoudo poi ci sembra pur facile la
riparazione, bench dica il Gallarli che questo solo basta per iscreditarla. Difatti si poteva dividere le funi in due
parti, di modo che quando 1' una si fosse svolta, si attaccassero due altri bovi al capo della seconda parte, e
mentre questa si svolinfranta dal tempo la base dell' Apollo colossale nel tempio, nel timore che la statua cadesse e
si stritolasse, appaltarono il taglio d' una base dalle stesse petraje. Paconio fece il contratto. Questa base era lunga
dodici piedi, larga otto, alta sei: e Paconio dalla vanit stuzzicato la trasport non come Metagene, ma col
medesimo scopo stabil di fare una macchina di altro genere. Fece adunque le ruote di circa quindici piedi, e tra
queste ruote serr le teste del sasso: indi intorno ad esso da ruota a ruota infisse circolarmente certi fusi grossi due
dita, talch un fuso non distasse pi che un piede dall' altro. Poscia all' intorno de' fusi ravvolse una fune, ed
aggiogati i buoi fece tirare la fune; la quale dispiegandosi volgeva le ruote, ma non poteva tirare a linea retta, ed
usciva ora in una ora in un' altra parte; perci era necessario l' indietreggiare. Cos Paconio spingendo innanzi e
indietro consum il denaro, talch non pot compire l'impresa.
gesse tornasse 1' altra a ravvolgersi. Perloch noi crediamo che la macchina di Paconio, corretta da questi
inconvenienti, fosse preferibile di gran lunga a quella di Melagene.
La ng. 7 della Tav. I. rappresenta la forma di questa macchina nella maniera che la immagin il Newton, cio
con le ruote non applicate all' estremit della base, ma pi prossime alla met della medesima, e ci sull'
avvertenza che essendo i fusi grossi solamente due once, non potevano per la lunghezza di dodici piedi ( eh' era
quella della base ) sostenere la pressione, n il proprio peso, senza rompersi. Ma lo Stratico osserva eh* anche
per la lunghezza di soli sei piedi avevano poca grossezza per resistere, a meno che non si supponessero di erro,
ipotesi per che non ha nessun indizio per essere ammessa.
CAP. VII.
Della scoperta di una petraja, da cui fu costrutto il tempio di Diana Efesia.
evier brevemente, e narrer come sieno state scoperte queste petraje. Eravi il pastor Pissodoro, il quale
praticava in que'luoghi. Quando dunque i cittadini di Efeso meditarono di fare uri tempio di marmo a Diana, e
deliberarono di servirsi de' marmi di Paro, di Proconesso, di Eraclea e di Taso, Pissodoro nel medesimo tempo
guidava le pecore a pascolare in quel luogo. Ivi due arieti postisi per cozzare, si sorpassarono, e dal grand' impeto
un d' essi and col corno a percuotre un sasso, da cui stacc una crosta di color candidissimo. Onde si dice, che
Pissodoro, lasciate nei monti le pecore, corse a portare la crosta in Efeso, nel punto che grandemente trattavasi di
quell' affare. Perci gli furono immediatamente decretati onori, e mutatogli il nome, invece di Pissodoro fu
chiamato Evangelo: ed oggi pure il magistrato si porta ogni mese in quel luogo, e fa sagrifizio, e non facendolo dee
pagarne la pena (i).
(i) Questo aneddoto merita attenzione, secondo il Perrault, perch mostra quanto abbiano stimato gli antichi
tutto ci che si riferiva alle arti belle, e specialmente all'architettura. Essi le riguardarono siccome oggetti di
pubblica CAP. Vili.
Del moto retto e circolare delle macchine per levare i pesi.
,8 H o dichiarato brevemente ci che riputai necessario intorno alle macchine trattorie, i moti e le forze delle
quali, essendo due cose dissimili e disparate, concorrono perci a produrre principj'di duplo effetto": l'uno diretto
(1), elici
cura, e decoravano con premii gli architetti eccellenti. Almeno dal premio accordato a quel pastore, che pei caso
scoli la cavo, possiamo dedurre quanto essi si mostrassero diligati all' industria ed alle fatiche di quelli die
primeggiavano con 1' ingegno. E quel commentatore francese trae da ci partito di mostrare che gii artisti del suo
tempo erano molto inferiori agli antichi per causa della celerit, con cui volevano condurre a compimento le loro
opere, trascurando l i diligenza, la fatica ed il tempo necessario. E porta ad csempio della pazienza e dell'
esattezza degli antichi il lempio di Diana in Efeso, nella costruzione del quale s' impiegarono quattroccnt' anni, e vi
concorsero tutte le dovizie dell' Asia; e le sole porte non si posero in opera che qualtr' unni dopo costrutte,
affinch il glutine che collegava le tavole avesse acquistata consistenza e solidit. Ma sia detto con pace di questo
dotto, se in tutte le opere magnifiche dell' antichit si avesse dovuto impiegare uu tempo proporzionale a quello
corso pel tempio di Diana, pochissime ai certo se ne avrebbero innalzate; n si ammirerebbero quei tanti
acquidotti, n quelle immense cloache, n quelle solidissime strade, di cui Roma aulica andava superba. E se i
moderni risultarono generalmente inferiori agli antichi si deve attribuirlo a tutt' altre cause. Piulladimeno anche negli
ultimi tempi si videro sorgere monumenti, che vinceranno le ingiurie del tempo, ed attesteranno ai nostri nipoti, che
l'ingegno umano sa svilupparsi ogni qual volta gli si offra la menoma circostanza. *
(i) E da notarsi preventivamente, dice il Galiani, clic tutto questo trattato di meccanica, o piuttosto teoria di
mecVnuvrio, Lib. x. 3
Greci chiamano euthiaiij, V altro circolare, che dicono cycloten; ma veramente n senza-il moto circolare i
diretti, n senza il diretto i moti circolari possono fare le levazioni dei pesi. Or io far la esposizione della cosa per
1' altrui intelligenza.
19. S' inducono gli assicelli nelle rotelle a guisa di centri, e si collocano nelle troclee, per le quali rotelle
avvolticchiata la fune con andamenti diretti e collocata nella sucula, " coi giri delle leve (1) fa che vadano in alto i
pesi; e i cardini della sucula drizzati quai centri nei chelonii, e fermate ne' fori le leve, coi capi che rotano a guisa di
torno, fanno le alzate dei pesi. Nello stesso modo, quando una leva di ferro
canica, che intraprende Yitruvjo a spiegare in questo cap.8., non spiegato n geometrica-, n fisicamente, ma
solo per applicazione, e somiglianza di esempi e di effetti gi noti. Non per da dubitarsi, se egli sapesse, o no
per gli suoi principi la matematica: ma probabile, che si sia cosi espresso per adattarsi alla intelligenza anche
degli artisti ignoranti.
A noi sembra per che il nostro autore abbia qui fatta una grande ommissione; anzi questo libro che verte
intieramente sulle macchine doveva esser preceduto da una prefazioncella che contenesse tutti i principi
fondamentali della meccanica, siccome di quella parte delle matematiche eh' la pi strettamente congiunta cogli
obblighi di un ingegnere. Devesi inoltre osservare con lo Strafico, che in tutte quelle macchine che dipendono
solamente da piani inclinati il moto puramente rettilineo, e quindi che la composizione dei due moti rettilineo e
curvilineo avr luogo nei meccanismi accennati da Vitruvio, ed in moltissimi altri, ma non in tatti.
(1) questa la leva di primo genere, in cui il fulcro, od ipomoclio sta fra la potenza e la resistenza.
apposta ad un peso che da una moltitudine di mani non pu esser mosso, se vi si sottopone subito come centro
una pressione diritta, che i Greci chiamano ypomocion., e s'insinua sotto il peso la lingua della leva, la testa di
quella premuta dalla forza di un solo uomo solleva quel peso. Ci nasce, perch la parte dinanzi della leva, eh' la
pi breve, da quella pressione, eh' il centro, sottentra al peso; e siccome a maggior distanza dal centro il suo'
capo, cos, mentre si preme per questo, facendo un movimento circolare, colle pressioni di poche mani si sforza a
stare in bilico un grave di grandissimo peso. Parimente se al peso si sottoporr la linguella di una leva (r) di ferro e
non si premer il suo. capo all'ingi, ma invece si levi in alto, la linguella, premendo sul suolo dell'-area, avr
questa in luogo del peso; l'angolo poi del peso invece della pressione: cos non tanto facilmente (2) quanto per la
pressione, ma tuttavia anche in mo
(1) Questa descrizione corrisponde alla leva di secondo genere, in cui il peso, ossia la resistenza sta fra \\
potenza ed il fulcro.
(2) Saggiamente osserva lo Strafico, che a primo aspetto .dovrebbe credersi pi facile il levare un peso, con
una leva di secondo genere anzich con una di primo; poich ritenuta la stessa lunghezza del vette la distauza del
fulcro alla potenza maggiore. Ma a questa ragione meccanica si oppone la fisica, cio che la facilit d' innalzare
un peso dipende dalla comodit dell' uomo nell' esercitare \a sua forza, per cui riesce meglio il premere che 1'
innalzare, in quanto che lo stesso peso del suo corpo un aumento della potenza.
do contrario sar eccitata la sollevazione del peso. Se adunque 1 ipomoclio si spinger pi e pi sotto il peso, e se
il suo capo avr la pressione al centro, non si potr sollevare il peso se ( come fu scritto di sopra )t 1' equilibrio
della leva non sar fatto in modo che sia pi distante il capo, che non il peso.
20. Questo si pu considerare in quelle trotine (i), che si dcon stadere: perch stando il manico presso al capo
d onde pende la lancella, dov' collocato anco il centro, e dall' altra parte dello scapo vagando il contrappeso pei
punti; quanto pi va. lontano, fosse eziandio fino all' estrealit, con un peso men grande fa equilibrio ad un
grandissimo peso (2); e ci pel bilanciamento ed equilibrio dello scapo, e per la sua distanza dal centro: cos una
minore gravit di contrappeso col momento levando una maggior
(1) Voec usala in italiano dal Galileo.
l'i) 11 Galiani nota: Hanno letto tutti pari pondera ,, ma non sarebbe maravigli:) uguagliar un peso con un al Ir
eguale. Mi paruto chiaro dunque, che qui dovesse leggersi dispari. Il senso stesso difender la mi.i "Correzio
ne, e fi riflettere, che iinmediatamcutc dopo, spiegando la stessa teoria, dice, che imbecillior acnuipuiidii
brevitas e guaglia majorem vini ponderis
,
\ Questa volta per ci sembra cie la ragione ed il senso stia per tutti
anzich per un solo, bench non sia rado il caso contrario. Vitruvio non dice che con un peso eguale 6 equilibri un
peso eguale; ma che con uno stesso peso, qual <: il marco della stadera, allontanandolo od avvicinandolo all'
ipomoclio si fa equilibrio con un peso grandissimo; ed appunto ci viene spiegato dalle parole che soggiunge,
poich 1' acquipondii corrisponde al pari pendere.
forza di peso, lo fa senza veemenza salire dal basso in alto. Medesimamente anco il pilota (i) di una gran nave da
carico, tenendo il manico del timone, detto da' Greci ojaX
t
in un momento con una mano agitandolo pel centro
colle pressioni regolate dall'arte (2), volge e rivolge la nave, quantunque di tanti smisurati pesi di merci e di
vettovaglie aggravata. Che se le sue vele (3) saranno pendenti alla met dell' altezza dell' albero, non potr la nave
avere un celere corso; ma quando le antenne saranno sollevate alla citi) Qui Vitruvio va cercando esempi di
equilibrio dal moto delle navi, cio uno dal moto del timone, e 1' altro dalla posizione delle vele, per mostrare che
il momento della potenza dipende dalla distanza fra il suo putito di applicazione ed il centro di moto. Le quali cose,
bench generalmente sieno vere, non lo sono per con accuratezza, od almeno non in modo che si possa
acquistare un' idea esatta di quei moti. Poich il volgere del timone, che il timoniere produce per. mezzo del
manico, non imprime il moto immediatamente alla nave, ma solo mediatamente, vai a dire in quanto che la
resistenza che prova la nave dall' acqua viene, distribuita inegualmente sui lati della medesima' Per lo che il volgersi
della nave dipeude dalla velocit, con la quale si muove in forza del vento o dei remi; tanto vero che se la nave
tranquilla il girar del timone non produce alcun moto nella nave stessa. Dallo Stratico.
(a) Conforme alla correzione dello ^chneider. (3) Le specie delle vele degli antichi, secondo Isidoro lib. XIX.
cap. 3. degli etimologi, erano sei, e si chiamava* no: acazio, epidromo, dolone, artemone, sipario, mendico. L'
acazio era la massima vela, e si collocava nel centro della nave; Y epidiomo era la seconda in grandezza, e si
poneva a poppa; il dolone piautalo a prora era la vela pi piccola; 1' artemone serviva pi a dirigere la nave che
ad imprimerle velocit; il siparo era di un piede, e serviva nel caso che il vento andasse nimicando; il mendico,
dice Sesto Pompeo, sembra essere stato una vela che si cgllocasse a prra.
ma (i), allora proceder con impeto pi veemente. Ci nasce, perch non presso al pedale dell' albero, che sta in
luogo di centro, ma nella sommit, a molta distanza da quello, rimosse le vele ricevono il vento. Ond' , che
siccome il vette sottoposto ad un peso, premuto per lo mezzo resiste, n si sbassa; ma quando si preme per l
estremit del capo facilmente solleva il peso, cos le vele, quando sono disposte nel mezzo, hanno minor vigore;
all' incontro quelle che sono collocate alla sommit estrema dell' albero, per essere discoste dal centro, non gi
con pi gagliardo, ma col medesimo soffio, per la pressione della cima, costringono ad avanzarsi pi
veementemente la nave.
21. Ed anco i remi (a) legati colle atro-
(i) Sembra che le antenne portate sino alla sommit dell' albero possano aumentare l' inclinazione della nave, ma
non la sua velocit, a meno rlie a quell' altezza non incoutri uua corrente d' aria pi celere. Vero per che la
maggior inclinazione della nave fa che 1' acqua presenti minor resistenza, e perci si aumenta la celerit. Cos lo
Strati co.
(Q) Riguardo all' azione dei remi, ed alla ragion meccanica per darne spiegazione, gli scrittori di meccanica
contessano che la cosa oscura; e per ci lo Stratico nota quanto segue. Che il lento debba 'per la sua azione
riferirsi al vette indubitato, ma resta qualche dubbio sui punti, nei quali stanno il centro, la potenza e la resistenza.
Aristotele stabilisce per centro lo scalino, il remigante per la potenza, l'acqua per l'ostacolo; quindi quanto pi
lunga sar la parte interna dal remigante allo scalmo, tanto maggiore conchiuse essere fazione del remo; ed in
questa opinione convennero tutti g' interpreti. Ma per conoscere l' azione del remo bisogna osservare che il
centro del moto quel punto, intorno a cui si fa la rotazione, e ' che questo punto si genera fra 1' acqua e lo
scalmb per la diversa resistenza
pe (i) agli scalmi, quando si spingono o si ritirano colle mani, avanzandosi 1' estremit delle palette dal centro alle
onde ed alla spuma del mare, con veemente impulso spingono diritta la nave, secando (2) la prora la rarit del
liquore (3).
clie vince il remo nell' acqua, sia per la immersione, sia per la velocit, con la quale si compie l' azione del
remigante. Quindi quanto pi quel puuto distante dallo scalino, tanto maggiore e .pi potente sar Y azione del
remigante
(i) 11 testo strophis relegati. Stroplta viene dal greco, e significa rivolgimento piegatura, torcitura; ci che
si applica ai vincoli ed ai legami. I nostri villici, come nota anco il Forcelliui, chiamano strope quelle bacchette di
vinco o d' altro, che appena tagliate dal ceppo si torcono e si adoperano a legare le siepi o le viti, od anco gli
strumenti rurali invece di altri legami di lino o di canape. Dal legare e chiudere specialmente le siepi Venuto
stropare per otturare, che si usa comunemente ne' nostri vernacoli. Questa voce usata dal Barbaro fu trascurata
dai vocabolaristi, quantunque italiana, e nata da legittimo latino fonte.
() Lat. secante prora. <Nel Dante Bartoliniano (Inf. c. 8.) si legge: Secando se ne va l'antica pfora, invece
di segando, usato dalla Crusca e censurato dal Tassoni, e dalla nota apposta a questo verso. Secare per tagliare
usato anco dal Petrarca: Colla -mia spada, la qual punge e seca.
(5) Questo luogo fu tradotto secondo la emendazione dello Strafico.
Alle note precedenti tratte da questo comentatore dettesi aggiungere quella del Galiani a questo punto. Essa
suona cos: Per difesa del nostro architetto contro chi. poco esaminando i suoi veri sensi, troppo facilmente si
pone a contrastarne le profonde dottrine, malamente applicando ,, la venerabile autorit di Aristotele, come han
fatto qui il Filandro e il Perrault, mi conviene in questa nota contro la legge, che mi son prescritta nella
prefazione, dilungar,, mi pi del solito.
Hanno questi voluto riprendere Vitruvio, come se a vesse malamente applicata la teoria della vette al remo
del la nave. E per assioma in fisica, che all' azione sia con tnaria ed eguale la reazione: quindi due forze situate
alle due estremit di una vette possono indifferentemente esser considerate o l' una, o V altra come forza
motrice, o
22. Quando poi i gravi di grandissimo peso si portano dai facchini ( t ) in sei ed in quattro, si equilibrano al
punto centrale delle stanghe (2), affinch cadaun operaio, diviso cos l'intero peso, con certa tal quale regola di
divisione ne porti
l' una o 1' altra come corpo movente. Ci posto, ha detto ,, qui Yitruvio, che quaut' pi lungo il tratto del remo
dallo scalmo al mare, che non il resto dallo scalmo alla mano del remigante, tanto pi velocemente si muove
la nave: i suoi critici al contrario pretendono, che meglio si moverebbe la nave, se il tratto del remo dallo
scalmo alla mano del remigante fosse pi lungo, che non dallo scal mo al mare. Con pi facilit, cio con
minor forza, ed hauno ragione, ma non pi velocemente, che quel che dice Yitruvio, vehemenli impulsu.
Supposto dunque, come suppone Yitruvio, che la quantit de' marinari sia suffi,, cicute per vincere la forza
opposta, che il peso della na ve, e la resistenza dell' acqua, nessuno di buon senso, non che meccanico, non
vede che molto maggiore spazio fa la nave, quando lungo il tratto del remo/dall' ipomoclio, o ,, sia scalino all'
acqua, che non farebbe, se questo fosse ,, corto.
Collo stesso raziocinio contrasta il Perrault 1' applica,, zioue fatta da Vitruvio della vette alla vela, e collo stes
so raziocinio potrei rispondere anche I questo punto: ma l' idea mia non gi di combattere col Perrault, la
ben s di difeudcrc come si deve un autore, che tutto il niou do ammira. Questa obbligazione parmi, che si
contragga e si debba contrarre da chi imprende a tradurlo o a comeu,, tarlo, ed necessario reprimere l'
audacia di chi troppo facilmente formasi un punto di gloria di attaccare uu au lo re gi accreditato, senza
entrare, come dovrebbe, piut tosto nel sospetto di non averlo egli ben capito ".
Al che aggiungiamo un solo periodo, cio che Vilruvio qui si serve di argomenti pi oratori che matematici;
eliclo scopo, a cui tendono i suoi esempi, conseguito se anche JIOU progredisce per l'esattezza dimostrativa; e
che le parole del Galinui contro i critici di un autore rispettato non si devono pi elidere nella massima generalit.
(l) Lai. phalcingari.
Lt. phalungarum. Nonio Marcello dice palangae e fialangarii, da cui il veitio palangare, che si trova in
Afranio per portar le palangae.
sul collo una parte uguale (i). Perch le parti' medie delle stanghe, alle quali si accomodano le cinghie dei facchini
sono determinate da chiodi, affinch non trascorrano n all'una, n all'altra parte. Quando poi trapassano il confine
del centro premono il collo di colui, al quale maggior-, mente si accostano; come accade nella stadera quando il
contrappeso della linguella si avanza verso i segni dei pesi (2). Per la stessa ragion i giumenti, quando i loro
gioghi sono divisi per mezzo dalle coregge di cuoio, tirano ugualmente i pesi; ma se le loro forze sono disuguali, ed
uno pi rohustamente preme l' altro, allora trapassato il CUOIO diventa pi lunga quella parte del giogo che aiuta
il giumento pi debole : cosi nelle stanghe, come nei gioghi, se i cuoi non sono collocati nel mezzo, ma quella parte,
per cui il cuoio si avanza dal centro, diviene pi corta e l'altra pi lunga,.allora, se per quel centro dove
(t) Secondo la lezione dello Sclmeider. Il Galiani: acciocch ciascuno operarlo porti sul collo una porzione
ugitale di un peso tutto sano, ma considerato cos in un certo modo diviso. Barbaro, acciocch ciascuno
dei bastaggi porli sul collo egual parte del peso indiviso. La nostra traduzione ( se non c' inganna il nostro
sentimento ) ci sembra la pi Facile e la pi chiara.
(a) Indicato il periodo: quemadmodum in stater nei quipondium cum examine progreditur ad fines
ponderato.. nurn. Sembra al Perrault, cho 1' examen qui siguilrthi 1' anello dell' equipondio; ma pi giudizioso a
noi pure ci che pensa il Galiauii cio che il rum examini- sia lo stesso che cum { ab ) examine, e allora il senso
chiarissimo barbara) veramente la versione del Barbaro: siccome nella stadera
il imreo, quando con l' esame ha, i termini del pesare.
trapassato il cuoio si gireranno intorno /iml>idue i capi, la parte pi lunga far un cerchio maggiore, la pi corta
minore.
23. E siccome le ruote minori hanno moti pi duri e pi difficili delle maggiori; cos le stanghe ed i gioghi, in
quelle parti ove sono minori gli intervalli dai centri ai capi, premono duramente il collo,. quelle poi che hanno gli
spazi pi- lontani dallo stesso centro, alleviano il peso ai traenti ed i portatori. Ricevendo adunque tutte le dette
cose il movimento al centro colle rette o colle circolari, cos anche i plaustri, i cocchi, i timpani, le ruote, le
chiocciole, gli scorpioni, le baliste, i preli, e le altre macchine, per le medesime ragioni pel centro diritto e per la
rotazione circolare producono il proposto effetto.
CAP. IX.
Dei varj generi degli organi per attignere V acqua.
24. Ora parler degli organi che furono inventati per attignere l'acqua, e come questi si compongano di vari
generi. Primieramente discorrer del timpano ( I ). Questo non leva l' acqua
(1) La forma di questo timpano fu delineata' dal Newton nel modo che si vede nella fig. 1. Tav. II. L'Ortiz,
seguendo 1' idea del Galiaui, ha immaginato un timpano di minor diametro attaccato al timpano principali, entro
cui colloca gli uomini, che coi piedi devono farlo girare.
tropp' alto, ma n' esaurisce (1) speditissimamente gran copia. Si fa un asse lavorato o a tornio o a cerchiello, colle
teste ferrate di lamina, avente nel mezzo attorno di s un timpano di tavole a vicenda incastrate, e si colloca sopra
due stipiti che abbiano anch' essi due lame di ferro sotto le teste dell' asse. Nella cavit di quel timpano si
frappongono otto tavole traversali toccanti l'asse e l'estrema circonferenza del timpano, le quali dividono il timpano
in ispazj eguali. D' intorno alla fronte del medesimo s' infiggono le tavole, lasciando aperture di un mezzo piede per
l'introiluzione dell'acqua. Parimente lungo l'asse si fanno i colombaj scavati ne' singoli spazi di ciascuna parte.
Quando poi questo all' usanza navale impeciato si fa girare co'piedi degli nomini; onde ingoiando l' acqua per le
aperture, che sono nelle fronti del timpano, le rigurgita pei colomba] lungo l'asse: perci sottoponendovi un vase di
legno, che abbia a s congiunto un canale, si porge gran copia d' acqua per irrigare gli orti e per temperar le
saline. 25. Ma se si dovr farla salire pi in alto (2),
(1) Non si sa perch non sia usato dagli scrittori citati dalla Crusca il bel verbo esaurire in senso di vuotare,
ca~ fare, mentre esso in bocca di tutti quelli che parlano con maggior coltura i nostri volgari. Il solo Salvini lo
adoper in senso di finire, consumare. Ed avremo noi riguardo di usarlo nel suo senso proprio?
(2) Le forme degli altri due idrofori accennati in questo paragrafo si veggono nelle fig. 2. 3., dei quali il secondo
Viene dalla sua figura detto anche rosario. Queste macchine si commuter cos la predetta regola. Si far una
ruota attorno l' asse di tale grandezza, che convenir possa all' altezza, di cui si avr d' uopo. Dintorno all' estremo
lato della ruota si affiggeranno dei modioli (i) quadrati, saldati con pece e cera. Cos la ruota si far girare dai
piedi, i modioli pieni elevati, nel ritornare nuovamente abbasso infonderanno nel castello (2) ci che seco
medesimi avranno portato in alto. Che se si dovr porgerne a'iuoghi ancora pi alti, attorta una doppia catena di
ferro all' asse della ruota, e calata gi si collocher al pi basso livello, ed avr pendenti due secchie congiali di
rame. Cos il girar della ruota involvendo la catena nel1' asse trasporter in alto le secchie, le quali elevate sopra
l'asse saranno forzate a rovesciarsi e ad infondere nel castello tutta l'acqua che avranno innalzata.
vengono tuli' ora impiegate allo slesso fine. AI rosario si pu. riferire 1' altra macchina che si torn ad usare non ha
inoli' anni; della tromba funicolare, consistente in una fune, la quale girandosi continuamente e passando per un
recipiente d' acqua, ne innalza per forza di attrazione una gran copia.
(1) Il lesto Poleni moduli. Altri modiuli e modioli. L'Orsini definisce: voce derivata dalla forma del moggio,
con ,, cui si misura il grano e le biade. U rilutto dicesi, e si fa ceva di bronzo per resistere alla forza elastica dell'
aria ". Nel vocabolario: vaso quadrato per cavar acqua da pozzi o da fiumi; secchia. Il Barbaro secchielli. 11
Galiani cassette, e forse per isbaglio fu omesso nella sua versione il pice et cera solidali del testo. IS'oi usiamo
alternativamente le voci modioli, moggiuoli, moggelti, allo stesso modo che si us dai maggiori nostri modio e
moggio.
(a) Lai. castellimi, cio ricettacolo delle acque. Gal. nella tenuta. Baib. nella conserva.
CAP. X.
Delle ruote e dei timpani per macinar
la farina.
,6. Nel,, stessa maniera qui sopra esposta si fanno anco ( i ) le ruote nei fiumi. All' intorno delle loro fronti si
affiggono certe pinne (2), le quali, quando sono percosse dall' impeto del fiume, coli'andar innanzi spingono in giro
la ruota, e cos coi inodioli (3) ricevendo l' acqua e portandola in alto senza bisogno di calcatura, spinte in giro
dall' impulso dello stesso fiume, somministrano ci eh' necessario all' uso. Nello stesso modo girano anco le
idraule, nelle quali vi sono tutte le medesime cose, eccetto che hanno in un capo dell'asse ingiunto un timpano
dentato: que
(1) In primo luogo tratta brevemente delle ruote, che si muovono in forza dell' acqua corrente, e che non
abbisognano dell' azione dagli uomini o di altri motori animali, insegnando che portano alla loro circonterenza delle
ale, nelle quali 1' acqua urtando produce la rotazione. Queste possono servire a molti usi, ma la loro costruzione
sempre la stessa, in questa costruzione per si deve por mente a molte circostanze, le quali esigono attenzione ed
industria, come sono il numero, la lunghezza e direzione delle ale, come pure la grandezza della loro parte
immersa, onde si possa conseguire da queste macchine il massimo effetto. Cosi lo Stratico. Vcggasi la Giunta II.
(a) Il testo pinnae. Il Galiani e 1' Orsini palette, e sono una specie di assicelle fitte nelle ruote dei mulini per l'
uso qui indicato da Vitruvio. In italiano non si ha pinna se non per significare 1' ala de' pesci.
(5) Gal. catini. Barb. secchielli.
sto poi collocato in coltello perpendicolarmente s' aggira con moto pari alla ruota. Lungo il timpano, un altro
maggiore parimente dentato se ne colloca in piano, dal quale contenuto Y asse, avente all' estremit del capo
una spranga di ferro che tiene a dovere la mola. Cos i denti di quel timpano eh' serrato nell' asse, spingendo i
denti del timpano piano, sforzano la mola a girare, alla qual macchina soprastando 1' infondinolo (i) somministra il
frumento alle macine, e per quella rotazione si macina la farina.
CAP. XI.
Della chiocciola che solleva gran copia di acqua, ma non molto in alto.
poi una chiocciola fatta in modo, che alza gran copia di acqua, ma non la solleva s alto quanto la ruota. Ed ecco
la regola, con cui si forma. Si prenda un trave (2), cui di
(t) Esprimente la voce latina infundibulum, talmente che in noi nacque 1' ardimento di farla italiana. pi
facile che s' intenda comunemente che infondiboo ( da infondere) ' quella cassetta sopra la macina, da cui esce
il grano, di quello che noi s' intenda dalla voce tramoggia.
(2) Lo Stratico nota a questo capitolo quanto segue. Il metodo Vitruviauo per descrivere la coclea si
comprende facilmente dal testo La lunghezza della trave deve eguagliare sedici volte la sua grossezza ( essendo il
piede anticamente diviso in sedici pollici ): cio se la trave conti in lunghezza sedici piedi, il diametro della base sia
di sedici pollici. Si divida la base in quattro od in otto parti, e dal centro si quanti piedi sar la lunghezza, di tante
dita sia la grossezza; e questo si riduca rotondo. Nelle teste tirando le linee col compasso si dividano le loro
circonferenze in quattro tetranti od in otto ottanti: le linee poi si conducano in modo, che posto il trave in un piano
a livello, le linee dell'una e dell'altra testa si corrispondano a perpendicolo: poscia da queste da un capo all' altro si
tirino altre linee con tal proporzione, che quanto sar grande la parte ottava della circonferenza del trave, d'
altrettanto .grandi spazi siano esse li
guidino i raggi a ciascun punto di divisione, i quali se la trave sar situata orizzontalmente staranno nello stesso
piano verticale dei corrispondenti nella base opposta Indi si guidino le rette dai punti di divisione di una base a
quelli corrispondenti della base opposta, le quali verranno ad ssere lati del cilindro tra Joro distanti di una quarta,
o di una ottava parte della circonferenza. Questi lati poi si dividano in tante parti, in quante fu divisa la
circonferenza delle basi, cio in quattro od in otto, e si segnino i punti di divisione. Finalmente si prenda una regola
flessibile di salcio o di vimine, e la si fissi nel punto di divisione della base segnato I., quindi la si ripieghi
obbliquamenle in modo che passi pei successivi punti, in cui sono divisi i lati del cilindro, finch vada a fermarsi nel
punto di divisione segnato S. della base opposta. E lo stesso si faccia per ciascun punto. affine poi di determinare
la inclinazione che proviene da questa conformazione, si supponga che BA ( fg. j. Tav.II. ) rappresenti l' ottava
parte della circonferenza, ed AC Tettava parte della lunghezza della trave, ritenuto che la lunghezza della trave sia
di sedici piedi, 1' ottava parte della circonfereuza dedotta dal diametro di sedici pollici sar pollici 6,9832 SS AB,
ed AC := 5a pollici, ed il rapporto fra questi due numeri sar 5, 0946 Si stabilisca ora che la linea AC sia inclinata
in modo che formi l' ipotenusa di un triangolo rettangolo, in cui sia AC he 5, cD 3, AD34, e si cerchi la
posizione della linea bc tale, che convergendo con la orizzontale AD, T acqua vi s' innalzi pel girar della coclea.
Veggasi la Giunta. U.
ree distanti fra loro in lunghezza: e cos gli spazj diventeranno eguali in tondo ed in lungo. Onde nel luogo, in cui
saranno descritte le linee che guardan per lungo, si faranno intersecazioni, c queste intersecazioni si segneranno
con punti. fatte accuratamente queste cose, si prenda una regoletta di salcio o di vitice (i) sottilmente tagliata, ed
ntala con pece liquida si affigga nel primo punto d' intersecazione: poi si traduca obhliquamente per le
consecutive intersecazioni delle lunghezze e delle circonferenze; e- cos per ordine procedendo, passandola ed
avvolgendola per ciasebedun punto si collochi nelle singole intersecazioni, finche pervenga e si affigga a quella
medesima linea ( recedendo dal primo all' ottavo punto ), a cui la sua prima parte attaccata. nello stesso modo
quanto progredir - obbliquamente per lo spazio e per gli otto punti, tanto proceder in lunghezza verso l' ottavo
punto. Medesimamente per tutto lo spazio della lunghezza e della rotondit, affisse obbliquamente le regolettc alle
singole intersecazioni, faranno lungo le otto divisioni della larghezza tanti canali tortuosi, a giusta e naturale
imitazion della chiocciola. Dietro questo vestigio si affiggeranno altre regolette, 1' una sopra 1' altra, unto di pece
liquida, e se
(i) Anche qui ci prenderemo uua licenza traendo vitice dal lat. vitex, mentre ne' vocaliolarj si legge velrice.
Questa pianta la comunemente detta Agno casto, e trae un tal no.ne dalla castit delle sacerdotesse di Cerere,
sulle di cui foglie si coricavano. Agnon m greco significa casto.
ne ammonticchieranno tante, finch la somma grossezza sia uguale all' ottava parte della lunghezza. A queste poi si
metteranno attorno e si affiggeranno parecchie tavole per coprire quelle giravolte: e quelle tavole s' impeceranno
copiosamente, e si colleglleranno con lame di ferro, affinch per la forza dell' acqua non si dissolvano. Le teste del
trave si assicureranno con chiodi di ferro e con lamine, e nelle medesime s'infiggerannp ( i ) stili parimente di ferro.
A destra poi e a sinistra della chiocciola si collocheranno nelle teste i travi, aventi d' ambe le parti confitti i lor
traversali. In questi s'interneranno de' fori contornati di ferro, ne'quali s'introdurranno gli stili, e cos la chiocciola
calcata dagli uomini girer.
28. L'innalzamento poi della medesima star alla sua inclinazione in quella corrispondenza che ha il triangolo
rettangolo descritto da Pitagora: cio, sia divisa la lunghezza in cinque parti; e per tre di quelle sia innalzato il capo
della chiocciola, e cos dal perpendicolo alle narici di stto sar il suo spazio di quattro parti. La maniera poi, con
cui ci dovr farsi, sar descritta con una figura in fondo del libro. Or io, quanto pi evidentemente ho potuto, ho
dimostrato, perch a tutti sia noto, di quale materia si facciano gli organi per attignere V acqua, e con quali regole
si perfezionino, e con quali co
fi) I vocabolari italiani hanno infisso, e non hanno infiggere?
ViTRvrio, Lib. x. 4
se, ricevendo essi 1* impulso apportino col movimento vantaggi infiniti.
CAP. XII.
Della macchina di Ctesibio, che solleva ad un punto altissimo l' acqua.
di Ctesibio levi l' acqua a grandissima altezza. Questa si fa di rame (i), e nelle sue radici si fanno due modioli
gemelli aventi due fistole ( in figura di forcelle) (2) ugualmente coerenti, che
(1) Lo Stratico ripete la descrizione vitruviana, riferendola alla fig. 5. Tar. II. nel modo seguente. Viene questa
formata di rame, alla cui estremit inferiore vi sono due uguali recipienti A, A poco distanti fra loro, dai quali
partono due tubi B, B a foggia di forcelle, che mettono in egual modo ad un catino C, in cui stanno le valvole
diligentemente attaccate He aperture superiori dei tubi, le quali otturando i tubi stessi non lasciano uscire ci che
vi fu introdotto per la pressione dell' aria. Questo catino sostiene un coperchio a forma d'.imbuto rovescio, che
viene al catino stesso collegato, onde la piena dell'acqua non lo sollevi. Dal fondo del eatino poi sorge il tubo E,
che dicesi tromba, ben adattato al coperchio. I recipienti A hanno le animelle fra le aperture inferiori dei tubi B.
Nella parte superiore dei due recipienti s' introducono due emboli maschi ben torniti ed unti, collegati coi regoli G
ai vetti H. Questi emboli s'innalzano e si abbassano alternativamente, per cui V acqua sottoposta, rarefacendosi
Paria che trovasi nei recipienti, sferza le animelle dei tubi B, e pei medesimi venendo l' aria di nuovo compressa, s'
introduce nel catino C, il cui volume sempre pi aumentandosi sale nella tromba, e s' innalza ad una singolare
altezza.
La teoria poi di questa macchina la stessa che quella delle trombe aspiranti e prementi. Veggasi la succitata
giunta.
(2) Lat. furcitlae. Gli autori rustici latini c Yitruvio solconcorrono in mezzo a un catino, nel quale si fanno gli
assi, -collocati con leggera connessione alle nari superiori delle fistole: 1 quali preotturando (i) i fori delle nari
impediscono l' uscita di ci che col soffio fu intruso dentro il catino. Sopra il catino adattata una penola (2) a
guisa d'infondibolo inverso, la quale per una fibbia con un conio (3) trapassato contenuta e connessa al catino,
affinch la violenza del gonfiamento dell' acqua non la sforzi ad elevarsi. Al di sopra si drizza in alto e si salda una
fistola, detta tromba. I modioli poi fra le nari delle fistole hanno interposti gli assi sopra que' fori (4) che sono nei
fondi. Superiormente poi ne' modioli ser
tanto fanno uso di questa voce, la quale fu conservata quasi senza alterazione dai popoli pi rozzi dei nostri paesi.
(1) Il testo praeobturando. Abbiamo usato preotturare non registrato dalla Crusca, ma necessario per
ispiegare la mente dell' autore, il quale vuole significare che si otturi anticipatamente: ed abbiamo seguito l' esempio
del preoccupare, preordinare ecc.
(i) Il testo penula. Si tradotto penola col Barbaro, per tenersi al vero significato della voce latina.
Gl'interpreti dicono che in senso proprio penula significa un mantello grosso e spesso per difendersi dalla pioggia
e dal freddo. Nel nostro caso un traslato da mantello, e si usa in senso di coperchio. Non ci piace la voce
cappa usata dal Galiaoi.
(3) Galiani: si dee legare e congiungere al catino con una cavicchia tenuta con zeppa.
(4) Quelli che qui Vilruvio chiama axes sono alcune valvole piane, i cui lati convengono a guisa di cono, le quali
ben lavorate al torno chiudono esattamente le aperture, a cui si applicano. Se ne fanno di coniche e di articolate.
L' esecuzione delle varie parti che compongono questa macchina dev' essere della massima esattezza, onde si
possa conseguire l' effetto.
rati con regole e vetti si convolgono gli emboli (i) maschi, Politi al tornio e fregati con olio; i quali di qua di l con
moto frequente premendo l'aria che ivi insieme con l'acqua, a forza di gonfiare colle pressioni spingono ed
estrudono per le narici delle fistole l'acqua nel catino, da cui la penola ricevendo l'aria lo preme per la fistola in
alto. Cos in un luogo basso collocato un castello somministra 1' acqua per le saglien
ti (2)
3o. N si dice, che questa sola maniera di Ctesibio sia stata inventata; ma ben altre molte e di var) generi; le
quali con quel liquore sforzato dalle pressioni dell' aria fanno nascere effetti simiglianti a quelli della natura: cos
sono le merle, che col moto producono voci, e gli engibati (3), che muovono figurine beventi, ed altre cose che col
diletto blandiscono i sensi degli occhi e delle orecchie: dalle quali ho trascelto quelle che reputai le pi utili e le pi
necessarie: e siccome degli orologi nel precedente libro, in que
(i) Il testo emboli masculi. L' embolo, voce derivante dal greco, un conio o qualunque altra cosa che s'
introduce in un foro.
(a) Il lesto ad saliendum aqua subminislratur. Gal. si solleva l' acqua per le fontane. Barb. acqua si
somministra alle saline.
(3) Alcuni interpreti intendono qui per engibata quelle immaginette, che per via d' acqua o dell' elasticit dell'
aria si vanno movendo. Il Baldo legge angibata, che significa fase, perch Erone dercrive un vase con alcune
statuette di marmo. La voce engibata significa una cosa che si avvicina. sto dell' espressioni (i) delle acque ho
ragionato. Delle altre cose che non sono di necessit, ma di delizioso piacere, i desiderosi potranno ricercarne le
finezze nei commentar] dello stesso Ctesibio (2).
(1) Anco i medici, citati dalla Crusca, usano espressione significante l' atto dello spremere, e noi 1' usiamo
come Io abbiamo usato altre volte.
(2) Lo Schneider (. torn. 5. pag. 385. ) fa un dottissimo confronto fra la macchina di Ctesibio dercrtta da
Vitruvio, ed il sifone descrtto da Erone, per cui deduce che quest' ultimo apprese dal maestro a costruire" tale
macchina, modificandola semplicemente per adattarla all' estinzione degl' in ccndj. Ennio Quirino Visconti scopr
una macchina di Ctesibio fra le mine di Castronovo, la cui descrizione fu riportata nel Giornale della letteratura
italiana, stampato in Mantova nel 1795, nel cui tomo V. p. 3o3. art. XVf. si trova la Dissertazione ititolata :.
Descrizione di un' antica tromba idraulica, ultimamente scoperta presso Castronovo, ora la Chiaruccia,
nel littorale di Civit-vecchia, ed illustrata da E. Q. Risconti coli' annessa figura. Eccone la descrizione
quale si trova nelle opere del Visconti, pubblicate dal Dottor Labus coi tipi Stella, Milano 1879. Il bronzo inle
gerrimo che si presenta, compone tutta questa macchina, ,, tal quale appunto Vitruvio 1' ha descritta, eccetto la
di versila di piccolissime circostanze non essenziali, come sa rebbe la varia figura del recipiente medio, che qui
ha for ma di tubo, e nella descrizione vitruviana ha quella di urla scodella. Non accade poi dilungarsi a
mostrare, come gli stantuffi, o emboli cavi, E, N ( Tav. III. IV. ) quan do sono elevati costringano per la forza
del vuoto 1' acqua a salire nei tubi o ba riletti perpendicolari H, H, aprendo le linguette, o valvole O, O, che
sono mobili sul loro gan gherello, o cerniera, nel fondo di ciascuno; come gli stes si stantuffi abbassali forzino le
valvole stesse a richiuder si, e le altre due, che sono nel tubo orizzontale /, ad a prirsi, e ad intromettervi l'acqua
respinta; come fnalmen te l' azione ripetuta di questi emboli spinger l' acqua sia nel tubo di piombo L ( Tav.
III, ), M ( Ta-v. IV. ), che propriamente dicesi tromba, la quale poi vcrseralla in una conserva superiore.
Quel che pi merita considerazione quella quinta valvola ia M, situata all' imboccatura del tubo di piombo
CAP. XIII.
Pelle macchine idrauliche, colle quali
si perfezionano gli organi.
on pretermetter, quanto pi brevemente e pi da vicino per me si potr, di toccare e di dimostrar collo scritto i
prncipj delle macchine idrauliche (i). Composta una base di legno,
che da Vitruvio non descritta. Essa certamente non ,, necessaria: lo sarebbe solo nel caso quando
mancassero le due linguette del tubo / orizzontale; onde sospettasi che vi sia stata aggiunta per maggior cautela,
acci la macchi na seguitasse ancora a servire, quando una o anche tutte e due le dette valvole del tubo / per
qualche accidente non agissero esattamente.
,, notabile intanto non solo 1' estrema conservazione, ma pur anco la pulizia ed eleganza del lavoro di questo
,, bronzo. I tubi, e particolarmente gli emboli, vi sono con dotti, come vuole Vitruvio, a tutta perfezione; e gli
anelli che aggettano esteriormente, oltre 1' ornato che arrecano, guardano la saldatura e fortificano lo
strumento. Questo doveva essere fisso in un' armatura di materiale, entro cui eran murate le alette K, K de'
due bariletti o niodioli H. Il tutto doveva rimanere fermo sul livello di qualche foi ma d' acqua, la cui corrente
girando una ruota, obbliga va per mezzo di velli ( a cui forse apparteneva il manu,, brio A, B ) J due emboli B, iV
sospesi per le loro ode F, G ad una continua alternativa d' elevazione e di ab bassamento, cio ad un'azione
spontanea e non interrotta".
(i) Vitruvio alla fine di questo capitolo accenna la difficolt di poter esporre chiaramente la descrizione di una
se da chi sia pratiqo della medesima, o che la vegga effettivamente messa in opera. Tutti g' interpreti del nostro
autore o confessarono di non poter dare una figura chiara di questa macchina, o non vi corrisposero
menomamente. Il (Jaliaui d'iste che l' unica maniera per dare ad intendere si colloca su quella un' arca fabbricata
di rame. Sopra la base si erigono a destra e a sinistra alcune regole connesse a forma scalare (1), fra le quali s'
includono i moggiuoli di rame con fondelli (2) movibili, lavorati sottilmente a torno, aventi fissi nel mezzo certi
anconi (3) di ferro per mezzo di verticole (4) congiunti alle leve, ed involti di pelli lanate. Parimente nel piano di
sopra vi sieno alcuni fori di circa tre dita, vicino ai quali, collocati sulle verticole, i Delfni di bronzo con catene
pendenti dalla bocca, tengano
l' organo di Vitruvio si la somiglianza e 11 paragone co' moderni. Ma se questa somiglianza e paragone si
potesse islituire in modo plausibile si otterrebbe lo scopo egualmente. Il confronto per fra l' arca antica e la
moderna cassa del vento; fra il caput machinae, o canon di quei tempi ed il bancone d' oggid; fra la tabula
summa e la coperta; fra le pinnae ed i tasti, non sufficiente a dare un' idea della cosa. Il Newton per si
ingegnato dietro le opere antiche, e specialmente delle cose pneumatiche di Erone, di dare una sufficiente
spiegazione con una figura Siccome per questa macchina pei nostri giorni non di alcun uso, cosi quelli che
volessero erudirsene potranno ricorrere alla traduzione del Vitruvio fatta da William Newton, ovvero all'edizione
latina coi conienti dello Stralico, in cui interamente riportata.
(i) Il testo scalari forma. Non si ha in italiano I'addiettivo scalare, cio a guisa di scala. Sia per a noi
permesso 1' usarlo non diremo per autorit, ma per ragione del latino.
(a) Il testo fundibulis.
(3) Ancon significa ci eh' piegato ad angolo. Galiani traduce spranghe, Barb. braccia.
(4) Il testo verticulis cum vectibus conjunctos. Il Gal. attaccati a damiera alle leve. Barb. da verticulis
traduce
Jusajuoli. Noi abbiamo usato verticole, perch viene dal verbo verto, da cui pur provenne vertigo, significante
quel rigiramento che si dice in italiano vertigine. Le verticole sono quei legami di ferro o di legno, coi quali si
commette una macchina con 1' altra in modo che si possa piegare.
i cembali, al di sotto de' fori de' tnoggetti calati. Entro l' arca, dove si serba l'acqua, avvi una specie d'infondibolo
riversato, al quale sottoposti due tasselli (i) alti circa tre dita livellano lo spazio da basso fra le labbra inferiori del
pigneo (2) ed il fondo dell' arca. Sopra il suo collo poi evvi un' arcella (3) di buona commessura, che sostiene il
capo della macchina., che in greco chiamasi canon musicos: nella cui lunghezza, se tetracordo, si fanno quattro
canali, se essacordo sei, se ottacordo otto (4). In ciaschedun canale vi sono inclusi altrettanti epistomj (5) con
manu
(i) Lat. taxillos. Si perfettamente conservata questa voce anche nei nostri vernacoli.
(a) Il Gal. dell'imbuto, e cosi l'Orsini: il Barb. del forno. Il Baldo fa derivare la voce pnigeo dal verbo greco
pnigo ( sufTbco ), e dice che con tal nome si possono giustamente chiamare quelle piccole piramidi, con le quali si
estinguono le lucerne perch non mandino cattivo odore.
(3) Lat. arcula. Non si vuole neppur qui ommettere la voce arcella nel nostro dialetto trivigiano comunissima,
sopra tutto nella parte pi rozza del popolo, e significante picciola arca o cassetta.
(4) Dice il Galiaiii non essere vciisimile che gli antichi facessero organi con quattro tuoni solamente, o con sei, o
al pi con otto; ma essere naturale che vi avessero tutti i loro diciotto tuoni, e perci non doversi qui per
tetracordo, essacordo ecc., intender altro che di un quadruplicato e sestuplicato numero degli stessi diciotto tuoni,
non altrimenti che veggiamo farsi ne' simili organi moderni con ci che si chiama registro; tanto pi che questi
canali sono per lungo.
(5) L' epistomium propriamente un turacciolo, come osservammo altrove. In questo caso per , come dice
il Galiani, quel bischero, il quale entra e combacia perfettamente in un cannoncino, a cui va attaccato il canale che
porta acqua od aria: il bischero bucato alla dirittura del canale, onde permette il passaggio, quando il suo buco
sta dirimpetto a quello del canale, ed al contrario lo impedisce brj di ferro, che quando si girano, aprono le nari
dell'arcella ai canali (i).Dai canali poi il cannone tiene disposti a traverso i fori, corrispondenti tra loro nelle nari che
sono nella tavola superiore, che in greco chiamasi pinax. La tarala e i cannoni sono tramezzati da regole forate
allo stesso modo, e fregate coli' olio per farle pi facilmente scorrere innanzi e indietro ad otturare quei buchi, e si
chiamano plintidi (2), le quali, andando e tornando, altri otturano, altri aprono di quei trafori. Queste regole hanno
certi corali (3) di ferro fissi e congiunti alle pinne (4)
quando girandolo per lo manico se gli fa voltare la parte non bucata. Se ne veggono frequentemente nelle fontane,
ove si chiamano chiavi.
(1) Gal. col girar dei medesimi s' apre la comunicazione fra la cassa e i canali.
(2) Non pleuritides, ma plinthides dee leggersi co' migliori testi, e significa piccoli mattoni. Nota il Poutedeia
che plinihis una specie di macchina, cos nominata dai Greci.
(3) G' interpreti suppongono che con questa voce si voglia qui significare alcun che di elastico. Galiani dice:
per ragione di etimologia deve corrispondere perfettamente a'nostri salterelli di cembalo; e soggiunge: salterelli,
come nei nostri cembali a corde, certo non erano, ma a un di presso congegnati in modo, che tirassero fuori, o
respingessero il regoletto del tuono, a cui erano addetti. Il Barbaro all' incontro traduce cerchielli. Si osservi che il
testo dice choragia fixa, e il fixa sembra valere non solamente attaccati, ma fermi, e allora non regge pi il
confronto del Galiani. Siccome poi choragia anco nel lib. V. voce denotante apparecchio al coro od al cauto,
cos pu avere anche qui un non tanto dissimile significato, e rappresentare qualche cosa che serva come le
intonazioni dell' organo, allo stesso modo che coristi da noi si chiamano quegli stranienti d' acciajo, che percossi
segnano 1' intonazione della voce del cantore o. del suono dell' istromeulo.
(4) Cio tasti.
il tasto delle quali pinne produce il moto pur delle regole. Sopra la tavola vi sono i fori, che dann pei canali 1'
uscita al fiato. Alle regole sono agglutinati (i) gli anelli, ne'quali s'includono le linguellc di tutti gli organi (2). Dai
moggiuoli procedono le canne continuamente congiunte a cervici di legno, e vanno ad arrivare alle nari che sono
nell' arcella, ove sono collocati gli assi (3) lavorati a torno; i quali, quando l'arcella riceve l'anima (4), otturando i
buchi non permettono al fiato di tornar fuori. Cosi quando & alzano i verti, gli anconi (5) mandano a basso i fondi
dei moggetti, e i Delfini che sono attaccati alle verticole, calando le bocche dei cembali riempiono gli spazi dei
moggetti: e gli anconi con veemente frequenza di spinte sollevando i fondi dentro i moggetti, e otturando i fori
superiori coi cembali, ne avviene che 1' aria ivi rinchiusa, dalla forza delle pressioni cacciata dentro le canne, per
le quali concorre nel pigneo (6), e per le cervici di questo nell' arca: coli' accele
(1) Non registrato nel vocabolario italiano. Lat. agglutinati.
(1) La nostra versione consona al testo. Gal. a' quali corrispondono le bocche di tutte le canne.
(3) Lat. axes. Tutti i traduttori animelle.
(4) Lat. ammani. Gli antichi anohe in senso proprio diceano anima all' aria, al vento, al fiato: e noi usiamo la
stessa voce in senso traslato.
(5) Gli altri manichi.
(6) Il testo comune in lignea. E ragionevole di leggere col Turnebo e col Baldo in pnigea, poich altramente
lignea un aggettivo sospeso, e non vi senso nel periodo. rato movimento poi delle leve, 1' aria frequentemente
compressa sbocca nelle aperture degli epistomj, e riempie di fiato (i) i canali. Perci, quando le pinne toccate dalle
mani cacciano innanzi e ritirano continuamente le regole, alternamente otturando ed aprendo i fori, secondo le arti
musicali eccitano le voci sonanti con moltiplici variet di modulazioni. Or io ho fatto ogni possibile sforzo per
dilucidare per iscritto una cosa oscura: ma questa non cosa facile, n presta ad intendersi se non da coloro, che
sono in questi generi esercitati. Che se alcuno poco intender dagli scritti, quando conoscer la cosa in s stessa,
senza dubbio trover il tutto diligente mente e sottilmente ordinato.
CAP. XIV.
Regola per misurare il viaggio fatto in cocchio od in nave.
32. Si trasferisca ora il pensiero ad una invenzione non inutile a scriversi, ma con grande maestria dai maggiori
proposta, per cui sedendo in cocchio per via, o navigando in mare possiamo sapere quante miglia di viaggio
abbiam fatto. Si faccia dunque cosi, Le ruote (2) che saranno
(1) Lat. anima.
(a) Le parole di tuttp questo capitolo sono chiarissime, ed il meccanismo facile a concepirsi seni' altra
spiegazione. nel cocchio sieno larghe per diametro di quattro piedi (i), afGncb ove la ruota abbia in s un segno
determinato, e nel suolo della strada da quello cominci avanzandosi a fare il giro, giungendo al detto segno abbia
compita la giusta misura di dodici piedi e mezzo di spazio. Dopo questa preparazione, nella parte interna del
moggiuo
Tuttavia chi volesse vedere rappresentata la cosa con figura potr ricorrere al Newton, che ne disegn una dietro
le indicazioni del nostro autore, ovvero all' edizione latina dello Straticu, in cui riportata. Anche al giorno d' oggi
si sogliono costruire carrozze sulla forma di quella descritta di Vitruvio; ma sono poco usitate in causa dei pubblici
provvedimenti itinerari, pei quali le distanze da luogo a luogo sono precisamente stabilite, ed anzi lungo le principali
strade si veggono notate di tratto in tratto sopra apposite tabelle o pilastri. Il metodo peraltro onde determinare la
lunghezza del viaggio in una carrozza esatto ; ma uon lo ugualmente quello con la nave, poich non si pu
ritenere che un giro di ruota corrisponda ad un tratto eguale alla circonferenza sviluppata lungo le acque, in causa
del movimento irregolare della nave, e del tumulto delle acque. Ed per ci che i moderni determinano questo
viaggio con altro mezzo, cio con quello strornento che chiamano loche, e di cui parlammo nella Giunta III. al lib.
IX.
(i) Alcuni ritengono che il diametro della ruota fosse di soli piedi quattro, e la sua circonferenza di piedi dodici e
mezzo, perch questi due numeri si approssimano molto al noto rapporto fra il diametro e la circonferenza, eh' di
jjJ^ giusta il quale il diametro 4 d una circonferenza di 12,566 molto prossima a dodici e mezzo. O l' uno o l'altro
dei numeri del testo devono esser erronei, poich un diametro di piedi quattro ed un sesto darebbe una
circonferenza di piedi i5,o6g. Che debba poi ritenersi la prima lezione, viene confermato dal rapporto fra i giri
della prima ruota e quelli della seconda, cio di 400 ad 1; e siccome un giro della seconda deve corrispondere ad
un miglio, il quale di 5ooo piedi, si vede che moltiplicando il 4" P
er

12
5 si ottiene precisamente cinquemila,
doveche moltiplicando, per i3,o<) se ne avrebbe 5327.
lo della rota s' inchiuda stabilmente un timpano, che abbia un dentello sporgente al di fuori della fronte della sua
ritondezza. Al di sopra poi, nella cassa ( i ) del cocchio siavi un cassettino fortemente attaccato, con entro un
timpano versatile collocato in coltello, e serrato in un picciolo asse. Nella fronte di questo timpano si facciano
quattrocento dentelli egualmente distribuiti, corrispondenti al dentello del timpano inferiore. Poscia allato del
timpano superiore si attacchi un nuovo dentello prominente dagli altri. Sopra poi siavi un altro timpano in piano,
alla stessa maniera dentato, e chiuso in un altro cassettino co' denti che corrispondano al dentello fisso allato del
secondo timpano: in questo timpano si facciano tanti fori, quanto pu riescire il numero delle miglia del viaggio
giornaliero che suol fare il cocchio: pi o meno, ci non impedisce l' effetto. In tutti questi fori si pongano de'calcoli
tondi, e nella teca (2) (ossia cassettino ) del timpano facciasi un foro avente un canaletto per dove i calcoli che
furono posti in quel timpano, giunti che sieno a quel luogo, possano ad uno ad uno cadere nella cassa del cocchio
entro un vase di rame, che ivi sar sottoposto.
(1) Lat. capta. Il Filandro lo spiega pel luogo ove siedono coloro che vanno sul cocchio. quella che noi
chiamiamo volgarmente cassa del legno. Barb. nel cassero della carretta. Gal. nel ventre del cocchio. Ors.
nel sedile.
(a) Il testo theca sive loculamentum. Il Gal. cassa, ossia fodera. Non vediamo perch non debba usarsi teca
nello scritto, se s comunemente usasi nel discorso.
Cosi quando la ruota avanzandosi trarr seco il timpano inferiore, e il dentello di questo nei singoli giri col suo
impulso costringer a passare innanzi i dentelli del timpano superiore, far s che mentre l'inferiore girer
quattrocento volte, il superiore ne girer una sola; e il dentello che sta fisso al suo piano, avr spinto innanzi un
solo dentello del timpano piano. Quando adunque in quattrocento giri del timpano inferiore, il superiore ne far un
solo, il progresso sar di cinquemila piedi di spazio, ovvero di mille passi: e perci sonando nel cadere i calcoli,
avviseranno del termine di ogni miglio. Il numero poi de'calcoli raccolto nel fondo indicher il numero delle miglia
nel viaggio di un giorno.
33. Parimente nelle navigazioni, con pochi mutamenti, si usa la stessa regola. Perch si fa trapassare pei lati
delle pareti un asse, avente le teste prominenti ftior della nave, nelle quali s'includono le ruote del diametro di
quattro piedi (i), che hanno intorno alle fronti affisse le pinne toccanti 1' acqua. Nel mezzo della nave sta un asse,
che ha il timpano con dentello sporgente dalla ua ritondezza. A quel luogo si colloca un cassettino che abbia in s
rinserrato un timpano di quattrocento denti eguali, corrispondenti al dentello del timpano incluso nell' asse: e
questo pure abbia affisso nel fianco un altro dente che
(i) Non si segue la lezione quattrnum et sextantis, per la ragione suddetta.
sporga dalla circonferenza. Al di sopra dell'altro eassettino con quello confitto siavi rinchiuso un timpano in piano
similmente dentato, ne' denti del quale concorra il dentello affisso al lato del timpano in coltello, sicch urtando ne'
denti del timpano in piano, ad ogni revoluzione spingendo in giro ciaschedun dente, faccia girare il predetto
timpano. Nel medesimo timpano in piano si facciano fori, ne' quali sieno posti calcoli tondi: nella teca di questo
timpano ( cio nel cassettino ) si scavi un foro, avente un canaletto, per dove il calcolo liberato dall' impedimento,
cadendo in un vase di rame, significhi un suono (i). Cos quando la nave avr avuto l' impulso o dai remi, o dal
soffio del vento, le pinne delle ruote toccando 1' acqua contraria, retrospinte con grande veemenza faranno girare
le ruote. Queste poi convolgendosi, seco trarranno l'asse, e 1' asse il tinti(1) Il Pancirolli conghicttura che l'
invenzione dei' moderni orologi derivasse da questo meccanismo. Diffatli 1' uliione delle ruote, ed il moto sono
simili. Gli antichi noi ebbero orologi che indicassero col suono il numero delle ore, particolarmente per la loro
ineguaglianza, essendo costantemente diviso tanto il giorno quanto la notte in dodici parti. Tuttavia si pu supporre
che avessero pensato ad ottener ci in qualche modo, se si pone mente ai sassolini cadenti nei catini ricordati da
Vitruvio nel cap. 9. lib. la" ed alla clepsidra notturna di Platone, aceennata da Ateneo. Esjhinardo racconta che
Carlo Magno regal al Re dei Persiani una clepsidra, Bella quale alcune pallottole di metallo cadevano in recipienti
pur di metallo, annunciando col loro suono il numero delle ore. Le ore per si segnavano in modo diverso dal
nostro, poich si osserva che quelle pallottole erano dodici, e che per segnar dodici ore erano neeessarj <j8 colpi.
Strat.
pano, il dente del quale girando, ad ogni giro spingendo ciascheduni dente del secondo timpano, former regolate
circolazioni. Onde quando le pinne avranno fatto fare quattrocento giri alle ruote, il timpano piano avr girato una
volta sola per impulso del dente affisso al lato di quel timpano che sta in coltello. Adunque ogni volta che la
circolazione del timpano in piano porter i calcoli al buco mandandoli fuori pel canaletto, indicher per tal modo
col suono e col numero le miglia della navigazione.
Panni di aver compiutamente trattato del modo, con cui debbono esser fatte le cose, che sono da prepararsi ad
utilit e diletto ne' tempi pacifici e senza timore.
CAP. XV.
Delle catapulte e degli scorpioni.
A. Ora esporr le regole di quelle cose (i) che furono inventate per difesa dal pericolo, e per necessit di
salvezza; cio degli scorpioni,
(1) Molto si sono esercitati, e con poco frutto, tutti gl'interpreti di Vitruvio, e gli scrittori delle cose militari
antiche,
Fer diciferare questo capitolo, ed i seguenti, nei quali, aloscurit naturale di tali descrizioni senza figure, si aggiunge
quella di una scrittura affatto sconosciuta Perci noi pensavamo di ommetlere ogni contento u questa parte.
Nulladimeno, per comodo degli eruditi, credemmo di raccogliere nella Giunta' III. a questo libro ci che lo
Stratico diffuse in lunghissime note a pi di pagina della sua edizione.
delle catapulte, delle baliste, e con quali simmetrie si debbano apparecchiare, e primieramente delle catapulte (i) e
degli scorpioni. Dedotta adunque ogni loro proporzione dalla lunghezza della saetta, che quest' organo deve tirare,
si faccia eguale alla sua nona parte la grandezza dei fori nei capitelli, pei quali si stendono i nervi torti, che
debbono contenere le braccia delle catapulte. L' altezza poi e la larghezza dei fori del capitello si formino cos. Le
tavole che sono all'alto e al basso del capitello, e che diconsi paralleli, si facciano della grossezza di un foro, e
della larghezza di uno e del suo dodrante (2): nell'estre
(1) Da questo cap. e dai due seguenti si deduce, che le catapulte e gli scorpioni servivano a scagliare saette, e
le baliste a scagliare pietre. Vegezio nel lib. IV. delle cose militari scrive, che con le baliste non solo si scagliavano
pietre, ma ben anche dardi. Nel lib. I. della guerra civile di Giulio Cesare si legge, che dalle catapulte si partivano
sassi. E parimente Valerio Massimo nel lib. I, Cicerone nel lib. II. delle Quistioni Toscolane, ed altri citati dal
Nonio, dicono che con le baliste si scagliavano selci. Ma, come osserva il Galiani, bench presso alcuni autori si
trovino confusamente Dominale le catapulte, gli scorpioni e le baliste, facendo indifferentemente o all'una, o
all'altra gettar sassi o saette, nel nostro autore per, come uomo della professione, si trovano distinti gli scorpioni e
le catapulte dalle baliste: queste per gettar sassi, que' due per le saette; a sola differenza che gli scorpioni non
erano se non piccole catapulte, come si ha anche da Vegezio nel cap. 22. lib. IV., in cui dice, che si chiamavano
scorpioni quelli che al suo tempo dicevansi manuhaliste, e ci dall' apportar la morte che facevano per mezzo di
piccoli e sottili dardi.
(?) Dodrante, secondo g' interpreti della latinit, la nona parte dell' asse. La versione dev' essere dunque d'
un foro e della sua nona parte. Cos intese il Barbaro, ma non tradusse esattamente, dicendo per uno et nove
parti. Il Galiani per, e dietro ad esso l'Orsini traducono uno e un ottavo. ViTRvrio, Io. x. 5
mia un foro e mezzo. Le parastade ( i ) a destra e a sinistra, oltre i cardini (2), sieno alle quattro fori (3), grosse
cinque; i cardini tre quarti d' un foro. Dal foro alla parastada di mezzo parimente tre quarti: la larghezza della
parastada di mezzo un foro e un terzo (4): la grossezza un foro. L' intervallo dove si colloca la saetta nel mezzo
della parastada, un quarto del foro. I quattro angoli che sono attorno i lati e alle fronti si conficchino con lame di
ferro o con istili di rame e con chiodi. La lunghezza del canaletto, che in greco chiamasi syrinx, sia di fori
diciannove: quella delle regolette, che alcuni dicono hoccole (5), e che si affiggono a destra e sinistra del canale, di
fori pur diciannove. L'altezza e la larghezza, d'un foro solo: e vi si attaccano due regole, nelle quali s' introduce uno
scudicciuolo (6), avente la lunghezza di tre fori, la lar
(1) Pilastri.
(2) Nota lo Slratico esser questi cardini porzioni delle tavole inserte. Gal. incastri. Ors. arpioni.
(3) Tutti i segai e sigle distinti per punti, per numeri e per lettere si omettono nella versione italiana, e si
trasportano dietro la spiegazione degli interpreti pi sicuri. Nel la Giunta III. si trover esposto quanto basta per la
fedelt che si deve all' autore.
(4) Cos il Pontedera. Il Gal. un quarto.
(5) Di sopra abbiamo parlato della voce boccola, usata ne'nostri dialetti; ma ivi essa raffigura un oggetto
diverso da quello che qui indicato. Anche qui per significa piccola bocca, cio quella forma che rappresentano
le due righe poste a guisa di labbra a destra e a sinistra del canale.
(6) Molti leggooo sucula, e il Gal. traduce subbio (pezzo di legno cilindrico ), a cui va dietro V Orsini. Il Barb.
molinello. Noi seguitiamo quelli che ieggouo sentala, che si
ghezza d' un mezzo foro. La grossezza della boccola, che si affigge, suol chiamarsi Camillo (r)', ossia ( come
dicono alcuni ) cassettino, infisso sopra cardini a scuricella (2), ed d'un foro: l'altezza, di mezzo foro: la lunghezza
della boccola, di nove fori (3): la grossezza dello scudicciuolo (4), di nove fori. La lunghezza dell' epitosside (5)
un mezzo foro (6); la grossezza un quarto. La lunghezza del chelonio (7), detto anche manucla, di tre fori; la
larghezza e la grossezza mezzo foro ed un quarto. La lunghezza del fondo del canale di fori sedici; la grossezza, di
nove parti; la lunghezza, d' un mezzo e d' un quarto. La colonnetta e la base sul suolo fori otto; la larghezza del
plinto (8), su cui
gnifca piccolo scudo, ossia un pezzetto di materia della forma di uno scudo.
(1) Il testo comune camillum, alcuni altri catillum, cio catino, volendo esprimere un oggetto di forma
concava.
(2) Il lat. securiclats cardinlbus. II Galiaoi cassa incastrata a coda di rondine; cui va dietro I' Orsini. Il
Barb. con i cardini a sottosquadra. Il Filandro, da noi seguito, intende che 1' estreme parti di questi cardini
somiglino la cure della ronca dei viguajuoli.
(3) Dietro il Gesariano. Gal. di otto fori e mezzo. Barb. e Perrault di nove fori.
(4) Lat. scutula, e il Gal. traduce rullo; l' Ors. cilindro; Barb. scutula. Il rullo del Gatiani sta nel senso, in cui
si adopra tutt' oggi per indicare uno di quei legni che si dispongono per terra per farvi scorrere sopra i pesi.
(5) Epiloxis. La cavit che faceasi per la lunghezza della regola, dove collocavasi la saetta. Cos spiegano
questa! Voce il Turnebo, il Baldo, il Barbaro ed altri.
(6) Gal. tre quarti.! . .
(7) Altri legge cheto, ma noi leggiamo chelohii col Bardo, del quale chelonio ( ossia manico ) vedi sopra.
(8) Cio parte inferiore della base. Barb. zoceo.
si pianta la colonnetta, tre quarti di foro; la grossezza un sesto e un dodicesimo; la lunghezza della colonnetta fino
al cardine fori dodici e nove parti ( i ); la larghezza un mezzo e un quarto; la grossezza un terzo e un quarto. Ha
essa tre capreoli (2), la lunghezza de' quali di nove fori ; la larghezza di un mezzo foro e nove parti (3); la
grossezza di un sesto (4): la lunghezza del cardine, di nove parti. La lunghezza del capo della colonnetta di un
foro e tre quarti (5). La larghezza deJTantefissa (6) di un mezzo e di un quarto di met di foro; la grossezza, di'
uno. La minor colonna di dietro, chiamata in greco anlibasS) di otto fori; la larghezza, di un foro e mezzo; la
grossezza di un sesto e d' un dodicesimo. Il basamento (7) di fori dodici, e della medesima larghezza e grossezza
di quella minor colonna. Sopra la detta minor colonna v il chelonio ovvero piumaccio di fori due e mezzo, largo
uno e tre quarti. I carchesj delle sucule (8) sono di due fori e mezzo: la grossezza pur di due fori e mezzo; la
larghezza di uno e mcz
4
(1) Gai. Jori dodici.
(a) Dei capreoli V. lib. IV.
(3) Gal. ed altri di mezzo buco.
(4) Altri d' un ottavo, ed altri di un ouarto:
(5) Cos interpreta il Gal. le lettere I. S. K. Barb. un foro e mezzo.
(6) Lat. antefixa. Il Gal. ne fece una bella voce italiana. (-) Lat. subjeclio, che il Galiani tradusse egregiamente
basamento.
(8) Di queste voci si parlato gi sopra. Gal. i calcesi del peritrochio. Ors. < tracheli del verrocchio.
20. La lunghezza dei traversali coi cardini, fori dieci; la lunghezza uno e mezzo; la grossezza pure di dieci: la
lunghezza del braccio un foro e mezzo; la grossezza della radice un dodicesimo e un sesto (i): la sommit un terzo
e un sesto: la curvatura otto fori. Queste cose si preparano con proporzioni, con aggiunte, con detrazioni. Perch,
se i capitelli si faranno pi alti della loro larghezza ( ci che si dice anatoni ) se ne torr dalle braccia; affinch
quanto pi molle il tuono per l' altezza del capitello, la brevit del braccio faccia pi veementemente il colpo. Se
meno alto sar il capitello ( ci che si dice catatono ), stante lo sforzo, si formeranno alquanto pi lunghe le
braccia, acciocch pi facilmente si tendano. Perch, siccome con una leva, quando sia della lunghezza di quattro
piedi, si alza un peso da quattro uomini, e se sia di otto s'innalza da due, medesimamente quanto pi lunghe sono
le braccia tanto pi mollemente, e quanto pi brevi con maggior durezza si tendono (a).
(i) Altri un ottavo.
17) Ved. La Giunta HI.
r
CAP. xvi
Delle baliste.
gij jfjo dimostrato di quali membri e proporzioni si compongono le costruzioni delle catapulte: quelle poi delle
baliste sono varie e differenti, quantunque dirette ad un solo e medesimo effetto. Perch altre si caricano con vetti
e sucule, altre con polispasti (i), altre con argani, altre ancora coli' uso de' timpani. Ma tuttavia non si perfeziona
alcuna balista, se non in proporzione della . grandezza del peso del sasso
;
che da quell' organo si deve tirare.
Onde i loro principi non sono egualmente intesi da tutti, ma solo da coloro che per le regole dell' aritmetica
conoscono i numeri e le moltiplicazioni. Perch si fanno nei capitelli i fori, per gli spazi de' quali si tirano le funi di
capello massimamente di donna, o di nervo, che si prendono dalla ragione della gravit proporzionata alla
grandezza del peso della pietra che dee essere vibrata dalla balista, come si fa nelle catapulte dalle lunghezze delle
saette. Ma perch anche coloro, che ignorano i principi della geometria e dell' aritmetica possano prontamente
operare, e non pendere irresoluti in cimento di guerra, esporr s quelle cose che,
(1) Macchina di molte taglie.
operando io stesso, conobbi sicure, e s quelle che in parte appresi dalle definiaioni dei precettori: il che insegner
spiegando che secondo la ragione che stanno i pesi alle misure dei Greci, cos le nostre corrispondono ai nostri
pesi.
CAP. XVII.
Delle proporzioni delle baliste.
36. Se una balista dovr tirare un sasso di due libbre, avr nel suo capitello il foro di cinque dita; 8e del peso di
quattro libbre, di sei dita; se di otto libbre, di sette dita (1); se di dieci libbre, di otto dita; se di venti libbre, di dieci
dita; se di quaranta libbre, di dodici dita e un mezzo e un sedicesimo; se di sessanta libbre, di tredici dita ed un'
ottava parte di dito; se di ottanta libbre, di quindici dita; se di centoventi libbre, d' un piede e mezzo e d' un dito e
mezzo; se di centosessanta libbre, di piedi due; se di centottanta libbre, di piedi due e cinque dita; se di ducento
libbre, di piedi due e sei dita; se di ducento dieci libbre, di due piedi e sette dita; se di ducento cinquanta libbre, di
undici piedi e mezzo. Quando dunque sar stabiliti] Col Barbaro; ma qui tijtli convengono, che il testo errato e
mancante; n alcun codice di quelli da noi esaminati ci porge schiarimento alcuno.
1
ta (i) la grandezza del foro, si descriva uno scuilicciuolo, che in greco si chiama peritretos, la lunghezza del quale
sia di due fori, d' un duodecimo e d' un sesto; la larghezza di due fori e della sesta parte di un foro: la descritta
linea dividasi per lo mezzo; e divisa che sia, si restringano le parti estreme della sua forma, affinch abbia una
configurazione obbliqua; una sesta parte per lunghezza e per larghezza; al luogo della sua piegatura una quarta
parte. Nel luogo poi, in cui trovasi la curvatura, laddove si stendono le punte degli angoli, e si voltano i fori, e si fa
la restrizione della larghezza, ritornino indentro una sesta parte. Il foro perci sia pi. oblungo tanto, quanta la
grossezza dell'epizige (2). Quando sar formato, si poliscano (3) all' intorno le estremit, affinch la curvatura
venga mollemente a voltarsi. La grossezza di quel foro sia d'un mezzo, e d' un sedicesimo. 1 moggiuoli si
costruiscano di due fori e un quarto; la larghezza, di un foro e mezzo e d' un quarto; la grossezza,
(1) Giovanni Buteonc credette di aver trovato colle regole geometriche ed aritmetiche le varie proporzioni de'
bochi; ma sono cos aliene dallo stile di Vitruvio le sue correzioni, e cos poco importanti per la intelligenza della
costruzione della macchina, che non ho stimato farne uso. Vedi nel Laczio a questo capitolo. Cosi il Galiani.
(a) Secondo il Baldo un assicello o un piccolo conio che volge attorno i nervi e li tende.
(3) Gli altri testi hanno circuiti dividatur, ut extremum ecc. Noi seguitiamo lo Schneider, che trasse dal
Turnebo: circumlevigcntur extrema, come pi consono a ci che segue: ut curvaturam habtat molliter
circumactarn.
senza ci che s' introduce nel foro, <T un foro e mezzo: la larghezza poi all'estremit, d' an foro ed un sedicesimo.
La lunghezza delle parastade, di fori cinque e mezzo, e d' un sedicesimo; la curvatura, una met di foro; la
grossezza, un terzo e un nono. Alla met poi si aggiunge tanto di larghezza, quanta se n' fatta presso al foro nella
descrizione: la larghezza e grossezza fori cinque; l'altezza una quarta parte. La lunghezza della regola della mensa
sia di otto fori; la larghezza e la grossezza, d' un mezzo foro. La lunghezza del cardine, di due fori e un sesto (i): la
grossezza di un foro: la curvatura del regolo, d' un sedicesimo e tre quarti di sedicesimo. La larghezza e la
grossezza della regola esterna sieno altrettanto: la lunghezza che dar la stessa piegatura della figura e la larghezza
della parastada e la sua curvatura, di un sedicesimo. Le regole superiori sieno eguali alle inferiori. I traversali della
mensa due terzi ed un sedicesimo di foro. La lunghezza dello scapo del climaciclo (2) tredici fori; la grossezza tre
sedicesimi; l'intervallo di mezzo abbia la larghezza di un quarto di foro, la grossezza di un ottavo, e di un quarto di
ottavo. La parte superiore del climaciclo, presso alle braccia e congiunta alla mensa, per tutta la lunghezza dividesi
in cinque parti, da.
(1) Altri un quarto.
(1) Il testo climaciclos. Il Baldo, il Pontedera ed altri climacidos. Significa piccioli scala.
delle quali sieno date a quel membro, che dai Greci chiamasi chelon ( i ); la sua larghezza sia d'un sedicesimo; la
grossezza, d'un quarto (2); la lunghezza, di tre fori e mezzo e un ottavo; le prominenze del chelone d' un mezzo
foro; il plintigonato (3) d'un duodecimo d'un sicilico: ci poi che sta all' assone, e che chiamasi fronte traversale,
sia di tre fori; la larghezza delle regole interne d un sedicesimo di foro; la grossezza di un duodecimo e d'un
sedicesimo (4): il finimento (5) del chelone, cio la copertura, s'includa nella scuricella per un quarto di foro. La
larghezza dello scapo del climaciclo (6) sia di cinque sesti; la grossezza, di dodici e d' un sedicesimo (7). La
grossezza del quadrato, che sta ai climacicli, di cinque sedicesimi (8); nell' estre
(1) Alcuni leggono chelonii, ed intendono questa voce come nel cap. i. di questo libro. Ma il scuso mostra che
qui dev' esserne diverso il significato. L significano anelli, o, come dice il Barbaro, manichi; qui per una
parte della base, come la intende il Baldo.
(a) Altri di un sedicesimo.
(3) Il testo del Poleni: plintigonalos; e concorda col Filandro e col\Galiani: altri leggono plentigonaios, e i pi
pterigomatos. Significa cosa alata, ovvero sorta d'ala, alla qual foggia fatta questa parte della balista indicata
dall' autore.
(4) Altri d' un quarto.
(5) Molti interpreti si affaticano intorno alla voce del testo replum, della quale confessano di non conoscere il
significato. Il Galiani traduce fascia. A noi sembra non essere tanto oscuro il senso di quella voce, che certo dee
derivare dal lat. replere, e eh' spiegata abbastanza dall' autore stesso coli' aggiungere quod est operimentum.
(6) Gal. le erte del climaciclo.
(7) Altri d' un quarto.
(ti) Altri dodicesimi. .
mila d'un sedicesimo. Il diametro poi dell' asse rotondo sar eguale al chele (1). Alle clavicole siavi una met meno
di un sedicesimo. La lunghezza dell' anteridio (2), di un duodecimo e di tre quarti; la larghezza in fondo d'un
sedicesimo; la grossezza in alto d' un quarto e d'un sedicesimo. La base, che si chiama escara^ avr una
lunghezza di fori (3); 1' antibase di fori quattro; la larghezza e la grossezza d' entrambe, d' un quarto di foro (4).
Alla met e un quarto dell' altezza si congiunga una colonna della lunghezza e larghezza d'un foro e mezzo; l'altezza
di questa colonna non ha proporzione di foro, ma si regola secondo il bisogno. La lunghezza del braccio sar di
sei fori, la grossezza alla
radice (5) nell'estremit d'un dodicesimo di
foro. Fin qui ho esposto le simmetrie che stimai pi spedite intorno alle catapulte ed alle baliste j ora non
pretermetter, per quanto potr comprendere cogli scritti, d'insegnare in che maniera queste si carichino colle
tensioni delle corde intorte di capelli o di nervi (6).
(a) Secondo alcuni nel testo dovrebbe leggersi non chelis, ma chelonii. In quale ambage mai vanno errando gli
interpreti di questo capitolo vitruviano? Qual nullit di fatica.'
(a) Il testo anteridiou. Alcuni anteridum. Significa gli speroni della balista.
(3) Nel testo non trovasi alcun segno di numero.
(4) Il Gal. non nota alcun segno di numero.
(5) Manca nei testi il seguo del numero.
(6) Di capello principalmente femminile, come spiega nel seguente capitolo. Non gi perch non si potessero
fare anche di altra materia; poich si legge in Yegeaio, lib. IV. CAP. XVIII.
Del modo di caricare e di tendere le catapulte e le baliste.
37. Si prendano travi quanto si possa pi lunghi: sopra vi si affiggano i chelonii (1), nei quali s' includan le
sucule: a mezzo degli spazi con tagli ed incisioni si facciano certe forme; nelle quali incisioni si spingano i capitelli
delle catapulte, e si serrino bene con coni, affinch nelle tensioni restino immobili. Poscia s'includano nei capitelli
moggiuoli di bronzo, e in questi si collochino que' conietti (2), che i Greci chiamano epischidas. Indi pei fori dei
capitelli s'intromettano i capi delle corde, e si facciano trapassare dall' altra parte: poi si avvincano alle sucule,
intorno alle quali si ravvolgano colle stanghe, affinch per mezzo di queste le corde tirate, quando si toccano colle
mani, abbiano d' ambe le parti un' eguale rispondenza di suono. Allora poi si serrino con conj ne' fori, affinch non
si possan mollare. Alla stessa maniera dall' altra parte per mezzo di vetti si distendano colle sucule, finch rendano
il suono eguale (3). Per tal modo pel ser
cap. g., che Giulio Capitolino, non avendo copia sufficiente
di nervi e di funi, si servi di capegli femminili.
(1) Barb. naspi. Gal. gli occhi
(3) Non ci sembra improprio anche in italiano conietti. 7) non si chiudono i fori nei capitelli, pei quali
si^tenramento de' conj giusta il suono, colle musicali ascoltazioni si caricano le catapulte.
CAP. XIX.
Delle macchine oppugnatone.
33. H o detto tutto ci che ho potuto di queste cose: ora mi resta parlare delle cose spettanti all'oppugnazione
(i), con quali macchine i capitani possano essere vincitori, e le citt difese: e prima di tutto raccontasi che cos sia
stato inventato l' ariete (a) per le oppugnazioni. I Car
dono le funi torte con nervi o capegli, se prima non rendano un suono eguale, il quale dipende dall' eguaglianza
della tensione. Che se le braccia non saranno omotooe, ossia teso egualmente, e perci non esatta la vibrazione,
le funi non daranno certamente un egual suono. Ed questo uno dei motivi, che accenn Vitruvio al cap. i. lib. I ,
della necessit che ha 1' ingegnere di conoscere la musica. A questa cognizione per fu ai nostri giorni sostituita
quella del moto dei proietti, dedotto dai principi della fisica generale per dirigere un corpo ad un punto
determinato.
(r) Le macchine sono di espugnazione, quando con le medesime si va ad attaccare il nemico, delle quali tratta
Vitruvio in questo capitolo e nei due susseguenti. Diconsi poi di resistenza o di difesa quando servono ad opporsi
alle macchinazioni avversarie; e Vitruvio ne fa parola nel capitolo ultimo.
(i) Plinio nel lib. VII. cap. 56., al riferir del Filandro, attribuisce 1' invenzione dell' ariete, siccome macchina
murale, ad Epeo presso Troja. Quale poi fosse, pu desumersi dal lib. III. di Giuseppe intorno alla guerra
Giudaica. Egli dice essere questo un immenso trave simile all' albero di un naviglio, la cui estremit armata di ferro
si conforma a somiglianza di un ariete, da cui trae il nome, El il medesimo attaccato nel mezzo con funi ad un' altra
trave a foggia di una stadera soffrila da ogni parte da pali. Spinto poi dalla taginesi piantarono gli accampamenti
per battere Cadi; ed avendo sulle prime preso il castello tentarono di demolirlo. Ma mancando loro i ferramenti
per demolire, presero un trave, e sostenendolo colle mani, e colla testa di quello percuotendo continuamente la
cima del muro, disfacevano gli ordini superiori di pietre, e cos a grado a grado 1' un dietro V altro dissiparono
tutti gli ordini della fortificazione. Dopo, un certo fabbro di Tiro, di nome Pefasmeno, indotto da questa maniera
d'invenzione, piantato un albero, ne sospese a questo un altro a traverso, a foggia di bilancia, e tirando e
spingendo, con veementi percosse smantell la muraglia de' Gaditani. Ma poi Cetra Calcedonese fu il primo a far
la base di legno con ruote al di sotto; e sopra connesse con travicelli dritti e con giogbi certe forcelle (i) al
parte posteriore da gran numero di genti va ad urlare nelle mura con la punta ferrata. Si pu vederne la
descrizione anche in Ammiano lib. XXIII, in Vegezio lib IV., ed in Roberto Valturio nel lib. X. delle cose militari.
La figura dell' ariete si vede in Roma nell' arco di Lucio Settimio Severo, e nella colonna di Trajano.
(l) Il testo varas. Senza perdersi nella oscura etimologia di questa voce, baster 1' indicare, che secondo
Varrone ed altri antichi interpreti delle voci latine, per varas s' in-< tende il pi delle volte furcillas, ossia forcelle,
le quali si formano in diverse maniere, una delle quali, qui indicata da Vitruvio, si fa col piantare due pali od alberi
diritti a poca distanza uno dall' altro, e legando poi trasveisalmente in alto un altro palo od albero, in modo per
che le due parti Superiori dei primi sopravanzino d' un tratto il trasversale, lo che rappresenta una forcella fatta a
guisa di giogo; e Siccome il legno trasversale presso gli antichi er quello che costituiva il cos detto jugurn ossia
giogo, preso nei varj sensi, perei disse Vitruvio compegit arreclariis et jugis varaSy le quali sospese i' ariete, e
le coperse di cuoio di buoi, affinch coloro che fossero collocati nella macchina per battere il muro stessero pi
sicuri. E perch questa macchina era di tardo moto, cominci a chiamarla testuggine arietaria (i).
39. Fatti allora i primi passi. in questo genere di macchina, in appresso, quando Filippo, figliuolo di Aminta,
oppugnava Bizanzio, Polido tessalo la perfezion con parecchie e pi spedite maniere. Da questo ricevettero
istruzione Diade e Cherea, che militarono con Alessandro. Diade infatti dimostr ne' suoi scritti di aver inventate le
cio form con travi diritti e con gioghi forcelle, ossia con travi diritti e con altri legati a traverso form
ecc. Da ci si vede come facilissimamente a queste forcelle poste in faccia 1' una dell' altra si potesse sospendere
l' ariete. Il Barb. tradusse: fabbric con travi dritti, con chiavi e traversi uno steccato. Il Gal. compose con
pali dritti e traversi una capanna. Noi nou possiamo aderire alla loro spiegazione. Queste forcelle volgarmente
si chiamano Cavalletti.
(1) Vegezio, lib. IV- cap. A., scrive che questo nome le fu dato dalla vera simigliauza con la testuggine,
allungandosi e contraendosi la trave siccome quest' animale fa della testa. Ateneo nel trattato delle macchine
rapporta che l' inventore fu Gera Cartaginese. Alcuni pensarono che Vilruvio avesse desunta la dottrina sulle
macchine di Ateneo, o che Ateneo la traesse da Vitruvio. Ma siccome il nostro autore confessa di aver ritratto
tutto ci eh' egli scrive sulle macchine da Diade, e siccome questo citato anche da Ateneo, si pu ritenere che a
in hi due abbiano tratte le loro descrizioni dalla medesima fonte.
Eravi poi un' altra specie di testuggine, che i soldati formavano coi loro scudi, per difendersi dai dardi, e che
viene indicata da Cesare nel lib. VII. della guerra Gallica, dicendo: altri scagliano dardi, altri formatasi una
testuggine vi si coprono; ed il nome di questa proviene, secondo 'ione, dalla stabilit e dalla comodit di coprirsi.
torri ambulatone (i), che portava intorno nell'esercito anco disfatte, ed oltre a ci la trivella, la macchina salitoria
(a), colla quale si pu fare facilmente (3) il passaggio al muro; ed anco il corvo demolitore (4), che alcuni
chiamano grue.
(i) Il Gal. hi gi fatta italiana la voce ambulatorio del testo. Queste torri sono descritte da Vegezio nel lib. IV.
cap. XVII. e seg. Sono pure ricordate da Ircio nel suo libro della guerra Alessandrina, e da Giulio Cesare in quelli
della guerra Gallica e della guerra civile Erano queste composte di travi e tavole alla maniera di un edificio; e con
esse si superavano non solo le mura della citt assalita, ma ben anche le stesse torri che la difendevano.
(a) Abbiamo in italiano salitore e salitojo: ci sia permesso anche l' aggettivo salilorio e salitoria.
Crede il Filandro che fosse questa una macchina, che per mezzo di un artifizio nascosto si andasse innalzando,
e che giunta alla necessaria altezza la si fermasse per mezzo di funi. Potevasi anche fare scorrere un tavolato alla
foggia che nel torchio s' innalza e si abbassa lo streltojo. Pare che questa macchina corrisponda a quella che
Vegezio nel cap. ai. del lib. IV. chiama Tollenoiie, e che si costruiva cos. Si fissava in terra un' altissima trave, alla
cui sommit si congiungeva trasversalmente un' altra trave pi lunga che la met della prima, e ci a guisa di una
stadera, vai a dire che se un' estremit di questa trasversale s' innalzava, 1' altra si abbassava. Ad un estremo di
questa si componeva con tavolati una macchina, sopra di cui potevano stare alquanti uomini armati, i quali
mettevano sulle mura della citt col1' alterno alzarsi ed abbassarsi dei due estremi.
(3) Il Iat. plano pede. Noi 1' interpretiamo per un avverbio che significhi facilmente, del che abbiamo dato
ragione nella nota n. i. pag. A. lib. I.
(4) Potrebbe sospettarsi che questa macchina servisse ad abbrancare le macchinazioni avversarie e trasportarle
dentro delle mura; come si narra aver fatto Callia architetto in Rodi; ed allora dovrebbe assomigliarsi a quella che
Giulio Polluce chiama con voce greca geranon, ossia gru, con cui nel teatro si rapivano i corpi, e della quale si
serv V Aurora per rapire il corpo di Mennooe. Ma siccome Vitruvio d a questa macchina l' aggiunto di
demolitore, il Filandro pens invece che fosse quella descritta da Polibio nel primo liParimente servissi di un ariete
soltorotato (i), di cui lasci scritte le norme. Disse che la minima torre non doveasi fare men alta di sessanta cubiti,
e larga di diciassette; la contrattura poi della sommit un quinto della parte bassa: le erte (2) al piede della torre, di
tre quarti; alla sommit, d'un mezzo piede. Disse pure doversi fare quella torre di dieci palchi con fnestrati (3) da
tutte le parti. La massima torre poi alta cubiti centoventi, larga ventitr cubiti e mezzo, contratta in alto la quinta
parte: 1' erte in basso d' un piede, in alto d' un mezzo piede. La grandezza di questa torre ei la faceva di venti
palchi, con una sponda di tre cubiti per ciascheduno: e la copriva di cuoio crudo per difenderla da ogni colpo. La
preparazione della testuggine arietaria componevasi allo stesso modo. Avea questa l'intervallo
bro nel modo seguente. Constava di una colonna di legno lunga quattro braccia e larga tre palmi, alla cui sommit
si adattava,una ruota. A questa vi si univano delle tavole a forma di scale larghe quattro piedi, e lunghe sei braccia;
e nel tavolato si formava un foro oblungo che cominciava a cingere la colonna all' altezza di due braccia della
scala. Era poi assiepata d' ogni parte sino all' altezza del ginocchio. Neil' estremit del legno vi era un ferro
acutissimo fatto a somiglianza di un martello e collegata col mezzo di un anelr lo. Si scagliava contro la nave
nemica, e pel peso del ferro e per la forza del legno si conficcava nella medesima. Se era rivolta verso la prora
discendevano per le scale alcuni soldati a due a due; i due primi portavano gli scudi per difendere quelli che lor
venivano dietro. Se poi la nave presentava il fianco, discendevano tutti di fronte sulla medesima.
(1) Lat. subrotalo, e 1' abbiamo fatto italiano,
(a) Cosi il Barb. benissimo dai lat. arredarti*.
(3) Lat. fenestratis.
ViTsvrio, Lib. x. 6
di trenta cubiti; 1' altezza, oltre il fastigio, di sedici; 1' altezza poi del fastigio dallo strato ( i ) alla sommit, di sette
cubiti. Sporgeva poi ancora pi in alto pel mezzo del fastigio del tetto una torricella, larga non meno di dodici
cubiti, e sollevavasi al di sopra per l' altezza di quattro tavolati, nel pi alto de' quali si collocavano gli scorpioni e
le catapulte, e negl' inferiori adunavasi grande quantit d' acqua per estinguere qualunque furia di fuoco che vi si
appiccasse. In questa si adattava la macchina arietaria, detta in greco crodoce, in cui collocavasi un cilindro (2)
tornito, sopra il quale poggiava l' ariete, che col far andare e tornare le funi, produceva grandissimi effetti: e questo
pure, come le torri, coprivasi di cuoio crudo.
4o. Intorno alla trivella svolse le seguenti regole ne' suoi scritti. Faceva la detta macchina a somiglianza della
testuggine, avente in mezzo un canale posto nell* erte (3) ( come suol farsi nelle catapulte e nelle baliste ), della
lunghezza di cinquanta cubiti, dell' altezza di uno, in cui si collocava traversalmente una sucula. la testa poi, a
destra e a sinistra, due troclee, per mezzo delle quali moveasi un trave colla fronte ferrata, che
() Lat. a strato. S' intende letto, o tavolato, su cui posa il fastigio, ossia colmo.
(9) Lat. torus, e significa un albero o cilindro, la cui estremit inferiore lavorata nel torno potesse facilmente
girare.
(5) Lat. orthostatis.
era dentro il canale: quelli poi che stavano rinchiusi sotto lo stesso canale, sicori incessantemente rendevano pi
celeri e pi veementi i suoi moti. Sopra il trave poi, che ivi era, si giravano archi per coprire il canale e per
sostenere il cuoio crudo, del quale era involta la macchina.
4.1. Del corvo (i) nulla stim di scrivere, perch consider quella macchina di niun valore: dell'accessoria (2),
che in greco dicesi epibathra, e delle macchine marine, per le quali si pu aver 1' adito nelle navi, ho bene
osservato, eh' egli ha promesso soltanto di scrivere, e che non ha svolte le loro regole. Io ho esposto tutto ci che
Diade scrisse delle macchine, e dei loro apparati: ora esporr quello, che io appresi dai precettori, e che mi par
vantaggioso;
CAP. XX.
Della testuggine pel riempimento de' fossi.
42. La testuggine che si apparecchia pel riempimento de' fossi, e colla quale pure si pu aver accesso alle
mura, dovr essere fatta cos. La base, detta da' Greci eschara, si componga quadrafi) Apollodoro, Erone, ed
altri antichi ci lasciarono la descrizione di questa macchina; e Polibio racconta che fu inventata dai Romani nella
prima battaglia navale contro i Cartaginesi, col cui mezzo afferravano le navi nemiche, e' conseguivano pi
facilmente la vittoria. (3) Lat. de acceseti.
ta, di venticinque piedi per ogni suo lato: con quattro traversali: e questi sieno contenuti da due altri grossi per un
dodicesimo (i), larghi per una met. I traversali abbiano fra loro la distanza d'un piede e mezzo, e nei singoli
intervalli di quelli si sottopongano di quegli arboscelli, cbe in greco si chiamano amaxopodes
}
entro ai quali si
aggirano gli assi delle ruote serrati da lame di ferro. Questi arboscelli sieno ridotti in modo, che abbiano cardini e
fori, per dove i vetti trapassati facilitino i loro giri; sicch, secondo il bisogno, o all'innanzi o all'indietro, o al lato
destro o al sinistro, ossia obbliquamente ad angolo con questi arboscelli girando possano progredire. Sopra la
base poi si mettali due travi sportati d' ambe le parti sei piedi, intorno agli sporti de' quali si affiggano altri due travi
sportati sette piedi dinanzi alle fronti, grossi e larghi come quelli che nella base sono descritti. Sopra questa
tessitura si erigano imposte accoppiate, alte pi dei cardini nove piedi, grosse un piede e un palmo per ogni verso,
aventi fra loro g' intervalli di mezzo piede. Queste al di sopra si rinchiudano da travi scambievolmente incastrate.
Sulle travi sien collocati i capreoli (2) coi cardini l'un nell'altro rinchiusi, spinti all' altezza di nove piedi. Sopra i
(1) Gal. alti un dodicesimo.
(i) Opina il Gal. che nel latino invece di capreoli deliba essere scritto cantherii, che si dicono puntoni o
anche cavalli. Di ijuesli si veggano le note al cap. 2. lib. IY.
capreoli si ponga un trave quadrato, nel quale vadano ad unirsi i capreoli. Questi poi si contengano dai laterali (i)
affissi all' intorno, e si coprano con tavole massimamente di palma; se no, di ogn' altra specie di legno; che pu
egregiamente valere, dal pino e dall' alno in fuori, perch questi sono fragili, e facilmente prendono fuoco. All'
intorno dei tavolati si ponga" graticci di verghe sottili spessissimamente tessute, e la macchina tutta intorno s'
investa di cuoi pi che si pu freschi e crudi cuciti in doppio, e imbottiti di alga o di paglie macerate in aceto: cos
da questi saranno repulsati i colpi delle baite, e l' empito degl' incendj.
CAP. XXI.
Delle altre testuggini.
43. E: ancora un' altro genere di testuggine, che ha tutte le cose sopra descritte, fuorch i capreoli: ma intorno
ha un pluteo e le pinne (2) di tavole, e superiormente le gronde inclinate, al di sopra contenute da tavole e cuoj
(1) Gli architetti moderni li chiamano paradossi, e sono gli stessi che i tempiali, cio travi che si ponevano nel
tetto a traverso sopra i canterii. Perci appunto il Galiani e 1' Orsini tradussero paradossi. Noi per laterarii
intendiamo travi che stanno allato dei capreoli.
(1) Lat. pluleum et pinnas. Tutti traducono: un parco petto ed merli.
fermamente inchiodati: si tiri poi sopra una mano di argilla impastata con capelli, di tanta grossezza, che il fuoco
non possa nuocere a questa macchina. Le dette macchine possono essere di otto ruote, se vi fosse bisogno, e se
alla natura del luogo convenisse tale preparazione. Le testuggini poi, che si apparecchiano per iscavare, si
chiamano in greco origes. Hanno queste tutte le altre cose sopra descritte: se non che la loro fronte si fa come gli
angoli dei triangoli, affinch quando si tirano gli strati in esse dal muro non ricevano i colpi sopra fronti spianate,
ma cascando dai lati, difendano dal pericolo gli scavatori che sono al di dentro.
44- ^
on

m
i sembra fuor di luogo il parlare del modo, con cui -fece una testuggine Agetore Bizantino. La
lunghezza dunque della sua base era di piedi sessanta (i), la larghezza di diciotto; l'erte (2) sopra la contestura (*)
erano quat
(1) Ateneo ed Erone che descrissero questa macchina, dicono che la sua lunghezza era di quarantadue cubiti, e
la larghezza di ventotto. Ora siccome il piede grteo era mezzo pollice minor del romano, si trova che quarantadue
cubiti corrispondono a piedi sessanta, e cinque pollici romani. Riguardo alla larghezza per da credersi un errore
nel testo vitruviaoo, e che si dehha ritenere pi esatta la misura dei ventotto cubiti data da Ateneo e da Erone.
Slrat.
(a) Questi travi diritti, come osserva lo Strafico, sono descritti oscuramente anche da Erone e da Ateneo, come
pure molte altre parti di questa testuggine. Dopo di essi si fa parola dell' ariete, ma uon si sa se questo fosse
congiunto alla testuggine, od in qual parte e di qual modo fosse collocato. Generalmente per,e. per lo pi, si
poneva entro la stessa, affinch gli uomini, che lo facevano agire, fossero tro, di due travi accoppiati, alto
ciascheduno trntasei piedi, grosso un piede ed un palmo, largo un piede e mezzo. La sua base aveva otto ruote,
sulle quali giravasi: e la loro altezza era di sei piedi e tre quarti: la grossezza di tre piedi, fabbricate di triplice
materia e con alterne suscudi ( 1 ) 1' una all' altra commesse, e collegate con lame di ferro tirate a freddo. Queste
poi entro arboscelli, ossia amaxopodi
}
facevano i loro giri. Parimente sopra il piano de' transtri (2) che era sopra
la base, stavano le imposte (3) di piedi dicoperti dalla stessa testuggine. Ma, soggiunge lo Strafico, ci non poteva
aver luogo; primamente perch le travi che sostenevano l'ariete erano molto pi alte del tetto della testuggine; ed in
secondo luogo, se fosse stato cosi disposto, non poteva andare ad urtar le mura alla menzionata altezza, perch le
dimensioni della testuggine non lo permettevano. Tuttavia, se anche non vi nella descrizione di Erone ci
indicato, si pu averne un'idea dalla figura alla medesima congiunta, in cui l' ariete appeso sotto al tetto della
testuggine.
(*) Non si saprebbe meglio spiegare il latino compactionem. Usandosi testura e contesto in italiano, ci parve
di poter introdurre pur contestura. Barb. colligazione. Gal. telare U Orsini r intelaratufa.
(i) Lat. subscudibus. Abbiamo gi pi volte parlato di questo vocabolo. Solamente noteremo, che qui ci
piacque d' introdurre nell' italiano la voce suscude.
(a) Lat. transtra? e sono qui intesi i travi che slendonsi in piano da un muro all' altro.
(3) Ateneo dice, che queste imposte erano lunghe dodici cubiti, grosse dieci dita, e distanti fra loro sette palmi;
per lo che la descrizione vitruviana non differisce da questa se non se neli' aggiungere alla lunghezza la nota :, la
quale essendo varia nei diversi codici, bisogna riportarsi a ci che dice pi esattamente Ateneo. Essendo per
questi due autori concordi sulle altre dimensioni si deve conchiudere che gli antichi col segno S : ovvero : S
volessero indicare tre quarti di un tutto, con 1' altro S uua meta, e ciotto e tre quarti (i), lunghe pure tre quarti,
grosse un duodecimo ed un sedicesimo, e distanti fra loro uno e tre quarti: sopra queste una cinta di travi
all'intorno chiudeva tutta la contestura, i quali travi erano larghi un piede ed un quarto, grossi tre quarti: sopra si
alzavano i capreoli alti dodici piedi: sopra i capreoli un trave congiungeva le commessure. Oltre a ci i laterarj
attaccati a traverso, sopra i quali un tavolato a cerchio copriva le parti inferiori. Avea pure un tavolato nel mezzo
sopra travicelli, dove collocavansi gli scorpioni, e le catapulte: e s'alzavan due erte accoppiate, di piedi
trentacinque, grosse un piede e mezzo, larghe due, congiunte nelle fronti da un trave traversale cardinato (2), e da
un altro mezzano fra i due scapi, pur cardinato, e legato con lame di ferro: sopra ci erano collocati alternamente
parecchi legni trapassati fra gli scapi ed il traversale, fortemente serrati
con :1 un quarto. E si deve rigettare l'altra opinione, che con le lettere F. Z. si volesse indicare j-
2
ovvero i di
piede, cio un mezzo pollice, poich quella grossezza delle imposte sarebbe stata troppo piccola; laddove Ateneo
la fa di dieci dita, ossia di sette pollici e mezzo.
Le note poi C: non sembrano, secondo lo Strati
co indicare numeri, ma bens la separazione dei periodi. Il Perrault per attribuisce alle medesime il valore della
frazione .
(1) Gal. un quarto.
(2) Lat. cardinato, cio incastrato a guisa di cardine. Barb. con cardini o incastri. Ors. incastrati con
arpioni. Noi ritenemmo in italiano la voce del testo come pi espressiva.
da chelonii ed anconi (i). In quella materia v'erano due assicella lavorati a tomo, ai quali erano legate le funi che
teneano l' ariete. Sulla testa di quelli, che contcneano 1' ariete, eravi un pluteo (2) guernito a somiglianza di
torrieella (3), affinch senza pericolo due soldati standovi dentro, potessero al sicuro esplorare e riferire i tentativi
degl' inimici. Il suo ariete aveva una lunghezza di cento sei piedi, la larghezza a basso di un piede e un palmo, la
grossezza di un piede: la contrattura in testa d' un piede in larghezza, di un mezzo piede ed un ottavo in grossezza.
Questo ariete poi avea un rostro di ferro duro, simile a quello che sogliono avere le navi lunghe, e cominciando
dallo stesso rostro erano fitte nella materia quattro lame di ferro di circa quindici piedi (4)- Dal capo poi al piede
del trave erano tese quattro funi grosse otto dita, accomodate come quelle, dalle quali da poppa a prora tenuto
l'albero della nave; ed i traversi di esso trave erano legati con funi ritorte, aventi fra lo
fi) Lat. cheloniis et anconibus. Di questi abbiamo pi volte parlato. Gal. manichi ed angoli. Ors. tasselli e
staffe. Barb. orecchie e manichi.
(?) Cio un poggiuolo.
A Questo veramente il senso del testo similitudine turriculae ornatum. Non era un parapetto fatto { o
formaio ) a foggia d' una torretta, come tradussero il Galiani e 1' Orsini, ma fatto secondo la sua propria forma
di poggiuolo, e guernito poi come si guernisce una torrieella.
(4) Ha ragione il Perrault di dire che v' qui di soverchio uel testo o il quatuor o il ali, ed ha pi ragione il
Galiani di dire, che in tanta confusione ed oscurit di case e di parole compatibile ognuno.
ro la distanza di un palmo e un piede (i). Al di sopra tutto 1' ariete era investito di cuoio crudo; ed ai capi pendenti
di quelle funi erano attaccate quattro catene di ferro anch' esse involte di cuoio crudo. Parimente il suo sporto fuor
delle tavole avea un' arca (2) compatta (3) ed affssa alle funi maggiori stirate, per l' asperit delle quali senza
sdrucciolar di piedi si potea facilmente giungere al muro. E questa macchina si moveva in sei modi, cio innanzi,
indietro, a destra, a sinistra, e non meno drizzala solleva vasi in alto, e inclinata calavasi a basso. Questa macchina
poi drizzavasi all' altezza di cento piedi all' incirca per disfare un muro: parimente scorrendo di fianco a destra e a
sinistra andava a toccare non meno che a cento piedi. Avea il peso di quattromila talenti che fa quattrocento
ottantamila libbre, talch a governarla ci volean cento uomini.
CAP. XXII.
Delle difese,
45. Intorno agli scorpioni, alle catapulte, alle baliste, ed anco alle testuggini ed alle torri ho
(1) Qui abbiamo seguita, come pi chiara, la lezione dello Schneider. s
v
(2) Il Pontedera in cambio di arcarti vorrebbe leggere aream.
(3) voce tanto d'uso nel discorso, che si pu adottare senza scrupolo anche nella scrittura, e fu anzi adottata
dagli scrittori delle scienze fisiche.
spiegato quelle cose, che mi parvero idonee, e dissi quali fossero i loro inventori, e come debbano esser costrutte.
Delle scale poi e dei carchesii (i), e delle altre macchine, le ragioni delle quali sono meno importanti, non reputai
necessario lo scrivere: perch i soldati da per s le sogliono fare; n le stesse in tutti i luoghi, n fatte alla medesima
forma possono essere vantaggiose (2). Perch v' ha differenza da munizione a munizione, e diversa la fortezza
delle nazioni. Onde le macchine debbono costruirsi in una forma contro gli audaci ed i temerari, in altra contro i
solerti, ed in altra contro i paurosi. Pertanto se alcuno vorr por mente a queste prescrizioni, scegliendo dalla loro
variet, e paragonandole insieme, non avr bisogno dell' altrui soccorso, ma potr operare senza esitazione tutto
quanto sar necessario secondo le regole e secondo i luoghi.
46. Delle macchine di difesa non giova scrivere; ch g' inimici non conformano ai nostri scritti le loro difese, ma
le loro fortificazioni sul fatto colla solerte celerit dei consigli senza macchine spessissimo si sovvertono. Ci si
racconta aver fatto anco i Rodiotti. Diognelo era un ar
(1) Altri calcesi, cio taglie che si adoperano per far angolo alle funi che tirano i pesi.
(s) Il primo capitano di due secoli, Napoleone, facca insegnare la tattica nei collegi militari; ma le Alpi, i campi, i
fiumi, le rocche, e le tante diversit dei siti e delle nazioni fecero i suoi soldati.
chitetto di Rodi; a cui ogn' anno si dava dal pubblico una stabilita mercede per onore dell' arte. A quel tempo
essendo venuto a Rodi un certo architetto da Arado, di nome Cnllia, fece un acroasi (i), ove propose l'esempio d'
un muro, sopra il quale adatt una macchina in un carchesio versatile, con cui afferr un' elepoli (2) che si
accostava alla citt, e la trasse dentro le mura. Alla vista di questo esempio maravigliati i Rodiotti tolsero a
Diognetoi ci che gli era stato annualmente assegnato, e quell'onore trasferirono a Callia. Intanto il re Demetrio,
che per la pertinacia dell'animo soprannominato fu Poliorcete (3), pre
fi) Acroasis una voce greca, il cui significato sareb-Le . si procur un' udienza.
(2) Questa macchina serviva a distruggere le citt, come indica il suo nome composto dalle voci greche elo
distruggo, e polis citt. La sua costruzione viene indicata da Amraiano, lib. XXIII., nel seguente modo Si forma
un' immensa testuggine, consolidata con assi lunghissimi, e connessi con chiodi di ferro; indi la si copre con pelli
bovine e con recente tessitura di virgulti, e la si asperge superiormente di limo per salvarla dalle fiamme. Si
cingono poi le sue fronti con punte acutissime trisulcate ed aggravate con pesi di ferro alla stessa guisa che i pittori
e gli statuari ci rappresentano i fulmini, sicch qualunque cosa venga urtata da quelle punte sollevate, si franga.
Questa robusta mole accomodata sopra ruote e diretta con funi da gran numero di soldati, internamente posti, si
spingeva a tutta forza verso la parte pi debole del muro, e se dall' alto i difensori non valevano a respingerla,
sconnesse le pareti faceva una grandissima breccia.
(3) Questo nome significa espugnatore di citt dalle voci polis citt, ed orceo rovino. Questo cognome
appartiene a Demetrio, figlio del re Antigono come si ha da Plutarco nella sua vita, e da Ammiano, lib. XXIII.
Bisogna ridere, dice il Filandro, leggendo nella filologia di Railaello Velaterrano che poliorcete sia una macchina
indicata da Vitruvio.
parando la guerra contro Rodi, men seco Epimaco nobile architetto ateniese. Costui dunque costru un' elepoli di
enorme spesa con somma industria e fatica, che avea cento venticinque piedi d' altezza, di larghezza sessanta: e la
fortific con cilici e con cuoi crudi (i) in s fatto modo, che potesse sopportare il colpo d' una pietra di libbre
trecento e sessanta tirata dalla balista. La macchina era del peso di trecento sessanta libbre. Quando ^dunque
Callia fu pregato dai Rodiotti di costruire una macchina contro di quell' elepoli, e di tirarla, come avea promesso,
dentro le mura, disse di non potere.
47- Non tutte perci le cose possono trattarsi cogli stessi principj, ma alcune tanto dietro piccioli, quanto dietro
grandi esemplari ottengono similmente 1' effetto; altre non possono aver esemplari, ma si formano da per se
stesse; alcune poi, che si vedono verisimili negli esemplari, quando cominciano a mettersi in atto, mancano, come
in ci lo possiamo osservare. Si fora colla trivella un buco di mezzo dito, di un dito, d' un dito e mezzo: se colla
stessa proporzione si volesse farne uno di un palmo non avrebbe l' effetto: d' un mezzo piede poi, o maggiore, non
si dee pure
(1) Servio fra gli altri nel lib. III. delle georgiche scrive, che si coprivano con questi cilicii i tavolati delle torri,
onde le faci che si scagliavano non vi appiccassero il fuoco. Varrone nel lib. II. delle cose rustiche ne fa derivare il
nome dai popoli della Cilicia, presso i quali furono per la prima volta adoperati.
pensarlo. Cos appunto ci che ne' piccoli esem.* plari sembra potersi eseguire, non pu farsi allo stesso modo
ne' grandi (i).
48. Per la medesima ragione adunque ingannati i llodiotti aveano fatto una vergognosa ingiustizia a Diogneto.
Onde da poi che videro (2) il nemico pertinacemente molesto, e preparata la macchina per superare le mura,
spaventati dal pericolo di servit e nuli' altro aspettandosi fuorch la devastazione della citt, prostraronsi a
Diogneto deprecando: deh! soccorri la patria (3). In sulle prime rispose: no: ma poich le verginette innocenti, e i
giovincelli in compagnia de' sacerdoti lo vennero a supplicare, allora rispose: s: ma con patto che se io prender
la macchina, debba esser mia. Ci stabilito, in quella parte verso cui vedea accostarsi la macchina trafor il muro,
e comand che tutti in pubblico ed in privato quanto aveano d'acqua, di sterco, di fango da quella finestra
diffondessero pei canali dinanzi al muro. Profusa ivi dunque nella notte gran copia d' acqua, di fango, di sterco,
accostandosi nella dimane l'elepoli, prima d'approssimarsi al muro
(1) Abbiamo qui seguito la correzione intesa prima dal Pontedera, e poi dallo Scbneider.
(2) Qui pure si seguita la correzione che fece specialmente lo Scbneider del testo turpemente guastato.
(3) Tanto negli antichi animi potea il timore di servit. Neil' estremit della patria si umiliavano dinanzi al prode
imprudentemente ingiuriato, e si prostravano tutti riuniti intorno alla sua virt; e la patria era salva. Oli quale
diversit di tempi!
spinta nell' umida voragine si profond, senza poter pi andare n innanzi n indietro (i). Perci Demetrio,
vedendo di essere stato ingannato dal saper di Diogneto, part colla flotta. Allora i Rodiotti per l'acume di
Diogneto dalla guerra salvati, gli rendettero pubbliche grazie, e lo fregiarono di tutti gli onori e de' maggiori
ornamenti. Diogneto poi tradusse l'elepoli nella citt, e la colloc in pubblico e inscrisse: Diogneto della preda fa
dono al popolo. Cos nella difesa non solamente le macchine, ma sopra ogni cosa si devono adoperare i consigli.
4g- Parimente a Ohio, allorch g' inimici preparavano sulle navi le macchine delle sambuche (2), nottetempo i
Chii gettarono lerra, arena, pietre nel mare dinanzi al muro. Onde colo
li) Flavio Vegezio Renato narra la cosa in altro modo. Ecco le sue parole riferite dal Filandro. Allorquando si
assediava la citt di Rodi, e che una torre mobile si apparecchiava, con la quale si sarebbero sormontate le mura e
le torri della citt stessa, i meccanici inventarono ingegnosamente il seguente rimedio. Di nottetempo sotto alle
fondamenta delle mura si scav un cuniculo, e dalla parte, a cui nel giorno susseguente doveva approssimarsi la
torre, si scav la terra internamente senza che alcuno dei nemici se ne avvedesse, sicch quando la mole fu spinta
sulle sue ruote, giunta al luogo, sotto a cui si aveva scavato, pel solo suo peso si approfond, e non pot giungere
sino alle mura, u retrocedere. Cosi si salv la citt, e la macchina fu abbandonata. Questo rimedio vale quando la
citt fosse attaccata dalla parte di terra, dovech quello accennato da Vitruvio serve quando lo sia per mare.
(2) Sesto Pompeo Feslo dice che questa macchina, con la quale si espugnavano le citt, aveva un tal nome
perch' le funi si tendevano allo stesso modo che nell' organo detto parimente sambuca.
ro volendo nella dimane accostarsi, le navi s' arrestarono sopra 1' arginamento ( 1 ) eh' era sott' acqua, senza
potere n appressarsi al muro, ne tornare indietro; sicch ivi traforate dalle saette (2) furono dalle fiamme bruciate.
5o. Cos pure, mentre si assediava Apollonia, e g' inimici scavando sotterranei speravano di penetrare senza
sospetto dentro le mura, essendo ci stato riferito agli Apolloniesi dagli esploratori (3); perturbati dal timore di
questo annunzio, privi di consigli, perdettero il coraggio, perch non poteano sapere n il tempo, n il luogo certo,
dove potessero g' inimici far la sortita. Allora Trifone Alessandrino, ohe ivi era architetto, design parecchi
sotterranei dentro del muro, e scavando la terra progrediva al di fuori del muro solamente per un tirar di saetta; ed
in tutti vi sospese de' vasi di rame. In una di queste fosse, che era di fronte ai sotterranei degl' inimici, i vasi sospesi
cominciarono ad echeggiare ai colpi dei ferramenti; onde da ci intese da qual punto gli
(1) Lat. aggerationem.
(?) Il testo malleoli*; e Nonio Marcello dice che questi erano certi manipoli fatti di erba, detta dai Latini
spartum, ed impeciati, i quali accesi si scagliavano contro le mura, o contro le testuggini. Vegezio invece li chiama
saette, le quali dove si attaccavano, per essere ardenti, tutto abbruciavano.
(3) Lat. speculaloribus. Il senso proprio speculatori; ma ora si usa soltanto in senso traslato di acuti
osservatori delle utilit commerciali: se tanta l' avversione generale per la voce in metafora, che sarebbe se
questa durasse nel suo vero senso?
avversari scavando le fosse tentavano di penetrare 'al di dentro. Cos conosciutane la drittura (i) prepar caldaje
d' acqua bollente e di pece, di sterco umano e d' arena infocata, da gettarsi dall' alto sulla testa degl' inimici: di poi
nottetempo aperse gran numero di buchi, e da quelli repente versando, estinse tutti i nemici, eli' erano in quel
lavoro occupati.
5i. Parimente, mentre si oppugnava Marsiglia e si faceano oltre trenta spelonche, i Marsigliesi insospettiti
abbassarono con uno scavo pi profondo la fossa che v'era dinanzi al muro: cosicch tutte le spelonche
comunicavano colla fossa. Ne' luoghi poi ove non potea farsi la fossa, fecero dentro al muro, di fronte al luogo a
cui drigevansi le spelonche, un baratro d' immensa lunghezza ed ampiezza a foggia d' una piscina, e lo riempirono
coli' acqua de' pozzi e del porto. Onde nel punto che le nari dello speco si aprirono, la veemenza dell' acqua
versata sovvert tutti i sostegni (2), e coloro che erano dentro, dalla gran copia dell'acqua e dalla ruina dello speco
rimasero soffocati; ed anco quando si formava contro di essi un argine verso il muro, ed ivi gli alberi recisi in varie
collocazioni con grande lavoro ammucchiavansi, tirando colle baliste verghe di ferro roventi, fecero andar in
fiamme tutti) Il lat. imitatione cognita. 11 PoDtedera spiega: la drittura della mina.
(5) Lat. supplantavit.
ViTBvrio, Lib. x. >j
(j' CAPO Xlll. L1B. X.
la la fortificazione. Quando poi la testuggine arielaria s' accost a battere il muro, calarono un laccio e stretto con
quello l' ariete, e per mezzo di un timpano aggirando gli argani, lo tennero sospeso per la testa in modo che g'
impedirono di toccare il muro. Finalmente con saette roventi e con colpi di baliste dissiparono tutta la macchina.
Cos queste citt vittoriose, non per le macchine, ma contro la ragione delle macchine, per l'acume degli architetti
furono liberate.
Or io in questo ultimo volume ho finito di esporre tutte le regole che ho saputo intorno a quelle macchine, che in
tempo di guerra e di pace ho creduto utilissime. Negli antecedenti nove ho gi trattato dei singoli generi e parti,
affinch l'intero corpo contenesse spiegati in dieci libri tutti i membri dell' Architettura.
GIUNTE
AL LIB. X.
DELL' ARCHITETTURA
DI VITRUVIO
GIUNTA I.
sui principi fondamentali di Meccanica.
I. In tutte le scienze fa d' uopo prender la mossa dall'esaminare i fatti fondamentali; quindi astraendo
riconoscere i rapporti vicendevoli fra i medesimi, e le leggi universali, a cui van sottoposti; e finalmente
retrocedendo applicar queste leggi ai singoli fatti. Quest' applicazione dev' essere lo scopo d' ogni speculativa
disquisizione, senza di cbc riescircbbe un puerile trastullo. Restringendosi pel alle scienze che diconsi esatte, il
massimo vantaggio derivato dai loro inconcussi principi fu a pro della Meccanica, e precipuamente di quella parte
che si distingue col nome di pratica, il di cui scopo l' applicazione immediata agli usi sociali delle leggi dell'
equilibrio e del moto dei corpi stabilite dalla Meccanica razionale.
Ecco il ministero principale dell' ingegnere; senza ch'egli possegga le cognizioni necessarie a quest' applicazione,
mal gli si compete quel nome. S' egli sapr combinare elegantemente i modini di un ordine architettonico, si dir
che bene studi nel!' arte d' immaginare un bello edifizio, ma non che si trovi capace di solidamente erigerlo. N
questo uno dei pi importanti vantaggi che apporta la meccanica; poich consistono essi in principalit nell'
impiegare economicamente le forze motrici della natura pel maggiore incremento delle arti e dei mestieri. Ed
questo il perch, dopo avere trascorsi i campi della speculazione, si debba esaminare come meglio soddisfacciano
ai bisogni sociali quelle verit che furono astrattamente dimostrate, e come per mezzo di queste si possano
scegliere i metodi pi convenienti ad ottenere gli effetti che si vogliono conseguire.
A grave danno per dell' incremento delle umane cognizioni, g' ingegni sublimi che sapevano abbracciare tutte
le essenziali propriet dei corpi ed i singoli rapporti che le collegano, geometricamente dimostrandoli, sdegnavano
di ricondursi a quegl' iniziamenti, da cui erano partiti, paghi delle loro scoperte quaod' anche non producessero
che qualche accidentale vantaggio. Si sa che Archimede applicava le sue cognizioni soltanto perch tornavano a
pr della patria; ma si sarebbe creduto disonorato se avesse lasciato un codice, in cui fossero state registrate le
sue pratiche operazioni, ignaro certamente che la fama doveva suonar di lui pi alto per le sue invenzioni della
coclea e della bilancia idrostatica, di quello che per le sue sottili ricerche sulla geometria dei solidi, e sui conici.
Cosi Nonio ebbe pi celebrit pel suo metodo delle piccole suddivisioni negli strumenti, di quello che pel suo
molto sapere geometrico. I mezzi con cui si perfeziouaoo le arti sono ali, dice Bailly, che si attaccano allo spirito
umano. Ma fatalmente l' esempio di Archimede fu seguito dagl' ingegni pi distinti che comparvero sino ai nostri
giorni.
Noi non andremo indagando quali sieno state le cause che ritardarono il passaggio indispensabile dalla
meccanica razionale alla pratica. Solo diremo che la seconda non pu sussistere senza la prima, e che la prima
affatto inutile senza la seconda. Al qual proposito per non possiamo passar sotto silenzio 1' opposizione che tutto
giorno vien fatta, cio che la pratica non ha bisogno alcuno della razionale, dicendosi: che le pi grandi scoperte
meccaniche sono dovute al caso; che i pi celebri meccanici non ebbero cognizioni teoriche, e si portano in
esempio Ferracina, Zabaglia, Rcnuequin ed altri; e che famosi -matematici non corrisposero menomamente alla
loro celebrit quando vollero applicare i loro principj. Alla quale opposizione crediamo di dare la pi convincente
risposta riportando le parole del celebre Borguis sullo stesso subbictto. Non si pu negare, dic'egli, che il caso si
compiaccia talvolta di svelare importanti fenomeni ed utili applicazioni sfuggite alle laboriose investigazioni dei
dotti; ma bisogna per ci che le cause produttive sieno della massima semplicit, e che indipendenti da. agni
proporzione fisica e determinata, non esigano alcuna preparazione preliminare. Cos il fortuito miscuglio di alcune
sostanze diede esistenza ad importanti chimiche combinazioni; cos due lenti situate senza premeditazione
parallelamente a qualche distanza, e dirette verso un punto lontano, risvegliarono l' idea dei canocchiali. Ogni volta
che manca questa semplicit, ogni volta che alcune cause necessarie complicate esigeranno il concorso di molte
circostanze combinate secondo leggi stabili, assurdo il supporre che il caso vi possa influire. E la mania di quelli
che pretendono di ottenere senza cognizioni ci che esige l'applicazione delle teorie pi sottili ed esatte, non
meno ridicola di quella di un ignorante villano che volesse comporre un poema epico.
Che se taluni famosi meccanici si dicono sprovveduti di cognizioni teoriche, fa d'uopoben determinare ci che
significhi teoria. Essa non altro che la riunione regolare, e la concatenazione metodica di tutti i fatti relativi ad un
effetto qualunque naturale od artifiziale. Questi fatti sono somministrati dalla sperienza; e la teoria pu acquistarsi
con lo studio, o con la sperienza medesima, quando sia diretta da uno spirito giusto e penetrante. Per lo che tante
saranno le teorie quanti sono gli effetti naturali od artifiziali; e la conoscenza di una non suppone necessariamente
quella di un' altra, bench molte abbiano grande affinit, e quasi una specie di figliazione comune. Senza dubbio
Zabaglia, Ferracina,Rennequin erano forniti di cognizioni molto limitate, che non si estendevano al di l della
meccanica pratica, e che abbracciavano un solo ramo particolare. Essi non tentarono mai di oltrepassare questi
stretti limiti, ma conoscevano profondamente la teoria completa, esatta e solida di quel ramo, a cui si erano
unicamente consacrati: teoria che non acquistarono con lo studio, avendo la sola sperienza svelato loro tutti i fatti
relativi pi importanti, tutte le particolarit pi utili; ed avendo la penetrazione dello spirito, la giustezza del giudizio
disposti questi fatti nel loro intelletto secondo le reciproche dipendenze. La poca estensione delle loro cognizioni
con ribu forse a dar loro maggiore profondit: ma sar permesso di credere che una somma pi considerabile di
cognizio ni non sarebbe loro stata inutile, e l avrebbe anzi posti in caso di rendere maggiori servigi alle scienze ed
alle arti (i).
La sventura poi di alcuni celebri matematici, che andarono errati nelle appIicacioDi, non fa prova sulla inutilit
delle scienze esatte, ma bens sulla insufficienza di quelle scienze per dirigere da s sole le operazioni pratiche,
dovendo le medesime essere accompagnate dalle cognizioni sperimentali; per cui riunendo intimamente le une alle
altre, si pu soltanto sperare risultati utili e soddisfacenti.
Dopo di che il citato Borguis conchiude, che niuno pu pretendere di dare perfezione od incremento alla
scienza, senza acquistare le cognizioni necessarie, per mezzo dello studio o di una pratica illuminata e non
puramente abituale. E soggiunge: se voi siete animati da una teudenza straordinaria verso la meccanica, se l'
ingegno v' infiamma, se la natura vi fece un dono s raro, accordato solo ad alcuni esseri privilegiati, sappiate che
1' ingegno un germe preziosissimo, ma eh' esige una diligente coltura per essere frutti- fero; sappiale che se si
confida ad un terreno incollo rester probabilmente soffocato dalle erbe maligne e parassite, e che, se dotato di un
vigore straordinario giunge a sviluppar
li) Antonio cauto tratt diffusamente questo subbietto in una sua memoria letta all'Istituto di Scienze, Lettere ed
Arti in Padova ne' giorno 16. Mano 1819. che porta il titolo: Quali mezzi d'istruzione possono avere certi
uomini, i quali senza alcuna apparente coltura, immaginano ed eseguiscono nuove ed ingegnose
macchine. In questa memoria dopo aver parlato della vanit di un istinto od ispirazione naturale in tali argomenti,
mostra che queste invenzioni debbono esser il frutto di lle osservazioni, degli sperimenti e di profonde meditazioni
sulle forze della natura, e sulle macchine esistenti, e quindi che i gabinetti, le officine, gli arsenali possono tener
luogo di altrettante utili scuole. Indi rettificando gli errori dei biografi, che sempre tendono al maraviglioso in favore
dell' uomo che lodano, mostra la semplice via seguita da quei pratici rinomati che nulla conoscevano di teoria; e
trattenendosi in ispecialit sopra il Bassanese Ferracina mostra un fondato dubbio sulla intensione attribuitagli della
tanto celebrata macchina idraulica della casa Beicgno, consistente nella combinazione di due elici di Archimede;
combinazione che il Collallo osserv in molte raccolte di macchine, e particolarmente fra quelle del Rameli e del
Bochlero, i cui disegni potevano essere facilmente veduti dal Ferracina, che doveva essere avidissimo di cercare
tutto ci che riguardava la meccanica.
si, i suoi frutti aspri e selvaggi non avranno mai quella bellezza ammirabile, n quel sapore squisito che si ottiene
unicamente per mezzo della coltura, e eh' la ricompensa riserbata all' abilit ed alla pazienza dell' attento
coltivatore.
Riportammo con compiacenza queste opinioni del pi celebre trattatista meccanico dei nostri giorni, perch
affatto consone al nostro modo di vedere sulla necessit di studiare i principi teorici per ben riescire nelle pratiche
operazioni, come cercammo di mostrare in tutti questi nostri studj vitrovimi. E solo aggiungiamo una prova di fatto.
Si contano alcuni pratici che fecero qualche sorprendente operazione: si contano alcuni teorici che male riescirono
nella pratica: breve il novero dall' una e dall' altra parte. Invece numerosissime sono le opere meravigliose che si
eressero nei tempi antichi e nei moderni: e queste furono prodotte da ingegni straordiuarj, i quali riunivano le
cognizioni teoriche alle pratiche. E perch non si fa un confronto fra queste e quelle produzioni? In ogni opera s
dell' uomo che della natura vi sono alcune anomalie, che si ammirano o si dispregiano, ma non si assumono a
regola generale, la quale deve dedursi dalla maggiore uniformit negli effetti. D' altronde ritenendo, siccome lo ,
che i celebri pratici abbiano formata nella loro mente una teoria desunta dalla sperienza e dall' esame dei singoli
fatti, chiaro che maggior fatica e maggior tempo dovrassi impiegare a raccogliere da s soli le leggi fondamentali,
di quello che seguendo le stabilite da coloro che ci precedettero. Se ognuno dovesse seguire la sola sperienza, le
cognizioni umane nou progredirebbero oltre a quel punto, a cui potesse farle pervenire un ingegno straordinario.
II. In questa giunta per noi esporremo un epitome delle proposizioni fondamentali relative alla meccanica
razionale, divisa nelle sue quattro parti dipendentemente dallo stato e dalla natura dei corpi eh' essa considera, e
che sono Statica, Dinamica, Idrostatica, ed Idrodinamica. Nella giunta susseguente parleremo della parte della
meccanica che si riferisce particolarmente alle macchine, e per la quale sono necessarie queste leggi fondamentali.
All' epitome indicato premetteremo le leggi fondamenta, li dedotte dal principio delle velocita virtuali (i), e che
sono: i. La legge generale dell'equilibrio delle macchine, nella quale si suppouc che due forze applicate a due
punti legati fra loro dai corpi, flessibili o rigidi, di cui formata la macchina, sicuo in equilibrio. La pi piccola
modificazione in una di quelle forze rompe l'equilibrio, e ciascuno dei due punti di applicazione descrive nel primo
istante un elemento di curva. Se la direzione delle forze quella stessa delle linee descritte dai punti di
applicazione, le forze stesse sono in ragion inversa delle velocita virtuali; se poi quella direzione forma un
determinato angolo con quelle linee, le forze stanuo inversamente delle proiezioni dei piccoli spazj descritti dai
punti di applicazione. 5. Il principio conosciuto sotto il nome di Conservazione del moto del centro di gravit,
per cui l'azione reciproca fra i corpi che costituiscono un sistema libero, non altera menomamente il moto del suo
centro di gravit; la qual verit non che un corollario della proposizione generale che il centro di gravit di un
si(tema libero, il quale non racchiude alcun punto fisso, si muove nello spazio come se le masse di tutti i corpi, che
lo compongono, vi fossero riunite e tutte le forze motrici applicate immediatamente a questo punto di riunione,
mantenendosi parallele alle loro primitive direzioni e costanti nella loro intensit. 13' onde ne segue che un punto
non pu cangiare il suo moto senza il concorso di cause estrinseche, e movendosi solo per velocit preconcepite o
per impulsi momentanei, il suo moto sar uniforme e rettilineo. 3". Il principio che dietsi della Conservazione delle
aree, il quale ha luogo quando si considerano diversi corpi collegati fra loro in qualunque maniera, e sottoposti ad
una vicendevole attrazione, i quali senza essere animati da alcun' altra forza acceleratrice, e seuza che vi sia fra
loro alcun punto fsso, si muovono intorno ad un punto qualunque. In tal caso si dimostra, che li dui punto, intorno
a cui si muovono, si
() Per velocit virtuale di una forza ' intende il minimo spazio die il suo punto di applicazione descrive per un
moto minimo secondo la dilezione della frza medesima Suil' estesa applicazione di ipesto principio si vegga la
meccanica analitica del sig. la Grange.
conducono i raggi vettori, che accompagnino i corpi nel loro moto, la somma delle proiezioni delle aree descritte
attorno il centro, sopra un piano che passi pel centro stesso, moltiplicata ciascuna per la massa a cui appartiene,
proporzionale al tempo impiegato a descriverle. Da cui ne segue, che anche le aree descritte da un corpo
sollecitato da una forza centrale intorno al centro, saranno proporzionali ai tempi. 4' Il principio della
conservazione delle forze vive. Ecco in che cosa consiste. Si consideri un sistema di corpi in moto, i quali sieno
soggetti ad una reciproca attrazione, o ad altre attrazioni dirette verso centri fissi: sieno i punti di questo sistema
collegati fra loro o ad altri punti fissi comunque; e sieno tutti questi corpi, o soltanto una parte dei medesimi,
obbligati a descrivere determinate curve o superficie. In un tale sistema la variazione della forza viva totale del
sistema (i) cangiando di posizione, non dipeude dalle cui ve descritte; e sar costante se Don vi sono forze
accelerataci, ovvero se anche vi esistono forze accelera-. trici, la forza viva del sistema torner ad essere la stessa,
quando i corpi dopo un tempo qualunque sieno tornati alla stessa relativa posizione. Da questo principio si deduce
che un corpo isolato, spinto da un impulso primitivo e non sollecitato da forze acceleratrici, ha un mcjo uniforme
indipendente dalla curva ch'esso percorre. Se invece poi di un sol corpo si considera un sistema composto di
punti materiali liberi, la diminuzione della forza viva totale in un tempo finito, avvenuta in causa del reciproco
legame di quei punti, una quantit infinitamente piccola, e perci anche la forza viva totale si ritiene costante
quando non hanno luogo forze acceleratrici. Bisogua per avvertire che questo principio non ha luogo quando il
moto succede in un mezzo resistente, o quando i corpi sono soggetti all' attrito; perch in tal caso la forza viva
totale va continuamente diminuendo, e termina coli'estinguersi; di pi necessario che il moto sia soggetto alla
legge di continuit, perch un cangiamento ini
fi) Forza viva d'un corpo il prodotto della sua massa pel quadralo della sua velocit. Forza viva totale del
sistema la nomina della forze vive dei corpi che lo compongono.
I
provviso produce una perdita di forza viva, la quale pel riprodursi di questi cangiamenti pu anche divenire zero.
Questa diminuzione di foiza viva ha luogo nell' urto dei corpi duri; non per negli elastici, quando 1' elasticit sia
perfetta, perch ogni particella si restituisce al punto di prima, e quindi la forza viva si riproduce interamente.
EPITOME
DELLE PRINCIPALI PROPOSIZIONI DI MECCANICA.
STATICA.
III. Oggetto di questa parte della meccanica l'equilibrio dei corpi solidi sottoposti all' azione di pi forze. Per
forza s'intende la facolt che ha uu corpo di muoversi o di muovere gli altri. Due forze sono eguali se applicate in
senso contrario ad uno stesso punto, od alle estremit di una stessa retta non Cangiano lo stato del corpo. Un
numero n di forze eguali applicate nella stessa direzione costituiscono una forza unica n volte maggiore di ciascuna
di esse. Due forze applicate ad angolo ad uno stesso punto, e rappresentate da rette determinate prese sulle loro
direzioni, possono essere sostituite da una sola- forza rappresentata dalla diagonale del parallelogrammo costrutto
intorno a quelle rette. Le due prime diconsi componenti; l'ultima risultante. Date tre forze parallele, una delle
quali sia risultante delle altre, due qualunque delle medesime stanno in ragione inversa delle perpendicolari
abbassate sulle loro direzioni da qualunque punto preso sulla direzione della terza. Da queste proposizioni generali
dipende tutta la teorica della composizione e risoluzione delle forze. Le condizioni di equilibrio dipendono poi dalla
ricerca della risultante di tutte le forze, perch basta opporre alla stessa un' altra forza eguale e contraria. La
determinazione di queste condizioni riguarda od un corpo solo, od una macchina semplice, poich facile ne 1'
applicazione ad un sistema di corpi, o ad una macchina composta.
Tra le forze che sollecitano un corpo si deve annoverare la gravit. Se il corpo solido vi esiste in esso un
punto, fissato il quale resta il corpo in equilibrio qualunque sia la sua posizione, punto che dicesi centro di gravit.
Generalmente il centro di gravit di un corpo qualunque si determina con ricerca geometrica allo stesso modo
che si assegna il centro di un qualunque numero di forze parallele, poich la gravit agisce sopra ciascuna
molecola con direzioni parallele. Particolarmente poi si determina in alcuni corpi regolari nel modo seguente.
i. Il centro di gravit di una linea geometrica pesante, alla sua met.
2. Di un triangolo, ai due terzi della retta condotta da un angolo alla met del lato opposto, contando dall'
angolo stesso.
3. o Di un trapezio si ricava dalla formola | . -^p essendo a, b le due basi, e c la linea che unisce le due met
delle stesse.
4." Di una piramide ai tre quarti della retta, che va da un angolo al centro di gravit della faccia opposta,
contando dall' angolo.
5. o Di un arco circolare si trova sul raggio che lo divide per met, calcolando la sua distanza dal centro del
circolo, la quale quarta proporzionale dopo il raggio, 1' arco, e la corda che lo sottende.
6. o Di un arco cicloidale, al terzo del diametro del circolo generatore che lo divide per met, contando dalla
sommit della curva.
7.
0
La distanza dal centro di gravit di un settore circolare al centro del circolo quarta proporzionale dopo 1'
arco, la sua corda e i due terzi del raggio, contata sul raggio che lo divide per met.
8. Di un segmento di circolo sta sul raggio che lo divide per mezzo, e la sua distanza dal centro del circolo la
duodecima parte del rapporto che passa fra il cubo della corda e l' area del segmento.
<)." Di una calotta sferica, alla met della freccia.
So." Di un emisfero ai tre ottavi del raggio, contando dalla base.
Di una semi-ellissoide ai tre ottavi del terzo semidiametro principale, contando dalla base.
19." Di un segmento di paraboloide ai % dell' ascissa partendo dal vertice.
t3. Di un segmento di iperboloide sta fra i ed i 5 dell' ascissa (i).
'Considerando poi qualunque numero di forze applicate ad un punto od elemento materiale libero, vi sar
equilibrio quando la risultante di tutte le forze che lo sollecitano sia nulla, ed essendo equilibrio, se quelle forze
sono rappresentate da rette, il punto sollecitato sar il centro di gravit dei punti estremi delle rette medesime,
considerandoli siccome gravati da pesi eguali.
Nel considerare per l' azione delle forze non si ha riguardo soltanto al punto di applicazione, ma ben anche alla
sua distanza da un asse, intorno al quale le forze tendono a far girare il sistema. Questa maniera di considerare le
forze serve principalmente a determinare le condizioni di equilibrio nelle macchine. I meccanici per brevit di
espressione hanno convenuto di chiamar momento di unaforza il prodotto della quantit che la rappresenta per
la distanza dalla sua direzione all' asse stabilito, detto asse di rotazione. Provenne da ci il teorema generale:
Quando pi forze agiscono sopra un sistema di corpi, tendenti ad aggirarlo in pi sensi, se la somma dei
momenti di quelle che tendono a farlo girare in un senso si eguaglia alla somma dei mo- menti di quelle che
tendono a farlo girare in senso contrario, vi sar equilibrio; e viceversa". Dal quale si deduce la comodit di poter
cambiare direzione e grandezza alle forze, quando per stieno in piani perpendicolari all'asse di rotazione, e
quando si conservino le stesse somme dei momenti.
Applicando il principio dei momenti all' equilibrio delle macchine semplici, si dedussero i seguenti rapporti fra la
potenza e la resistenza.
i. nella leva stanno in ragione inversa delle due perpendicolari abbassate dal punto d' appoggio sulle loro
direzioni.
(l) La forinola generale per questo segmento X = .
12 a + 4*
essendo X la distaci cercata, x 1' ascissa, a il semiasse di rivoluzione. 2. Nella carrucola fissa devono essere
eguali.
3. Nella mobile devono stare come il raggio della carrucola alla sottesa dell' arco abbracciato dalla lune.
4." Neil' asse nella ruota come il raggio del cilindro a quello della ruota o della manivella.
5. Nel piano inclinato come 1' altezza alla base del medesimo.
6. Nella vite come il passo della vite alla circonferenza che la potenza tende a far descrivere al suo punto di
applicazione.
j. Nel cuneo sta la potenza applicata normalmente sulla sua testa, alla pressione eh' essa esercita
perpendicolarmente a ciascun lato del cuneo, come l'ampiezza della testa alla lunghezza del lato.
Dalla combinazione di queste macchine risulta tutta quella prodigiosa quantit di macchine composte, di cui
particolarmente in questi ulti mi anui vanno ricche le arti e i mestieri.
DINMICA.
IV. La Dinamica, con poca propriet di espressione, quella parte della meccanica che tratta del moto dei
corpi.
L' elemento fondamentale del moto lo spazio. Il tempo, o, in altri termini, l'intervallo fra due istanti successivi,
non si ha che mediante alcuni spaz] percorsi (i). Lo spazio ed il tempo, questi due infiniti, dice Baiily, che
racchiudono tutti gli esseri creati, misurano il moto, la velocit e la forza. L' ordiue e la disposizione di questi
esseri, quando si considera il loro insieme, costituiscono lo spazio o l'eMensione. Il moto trasporta il corpo da un
punto all' altro dello spazio. Il tempo non che la successione degli esseri, o meglio, il rapporto fra i moti di diversi
corpi. La velocit si misura dallo spazio precorso in una unit di tempo-, ovvero essa il rapporto fra 1' elemento
dello spazio e quello del tempo. Un corpo dicesi pi veloce di un altro, quando
percorre un medesimo spazio in minor tempo, od un maggiore spazio nel medesimo tempo.
Quel fondamento della potenza, quella causa del moto, quella specie di vita che in un corpo succede allo stato
di morte all' inerzia, quel segreto della natura per cui si form e si regge l' universo e che non ci sar forse mai
disvelato, la forza, non pu essere misurata che pei suoi effetti, i quali sono elastri compressi, pesi sollevati, corpi
urtati e messi in molo, spazi percorsi. Il principal termine di confronto la velocit che imprime ad un corpo
detcrmiuato. La forza dicesi motrice quando imprime istantaneamente una velocit infinitesima a qualsiasi massa;
acceleratrice quando la imprime ad una unit di massa; quindi la seconda non che l' elemento della prima, cio
la motrice eguaglia l' acceleratrice moltiplicata per la massa. L' intensit dell' acceleratrice poi non che il rapporto
fra 1' elemento della velocit e quello del tempo; ossia fra 1' elemento dello spazio ed il quadrato dell' elemento
del tempo (i).
Se la forza acceleratrice abbandona il corpo dopo dato il primo impulso, il moto si dice uniforme, poich,
prescindendo da ogni" ostacolo o da altre forze che lo turbino, in tempi eguali percorre spazi eguali. Se invece di
abbandonarlo agisce sopra di esso continuamente, il moto dicesi vario. Se la frza che agisce sempre la stessa,
si chiama uniformemente variato. Nel moto uniforme, essendo la velocit costante, gli spazi percorsi sono
proporzionali ai tempi impiegati a percorrerli. Nel moto vario le velocit variano coi tempi; e gli spazi come i
quadrati dei tempi, o come i quadrati delle velocit (2).
Forza acceleratrice in natura la gravit; essa co
(tante in un medesimo punto della superficie terrestre; tutti 1 corpi, indipendentemente dalla loro massa, sono
sottoposti alla sua azione, che incessantemente li attrae verso il centro della terra, a cui si dirigono effettivamente
se sono liberi, o vi tendono quando qualche ostacolo vi si frappone. A misurare la intensit di questa forza serve il
doppio spazio eh' essa fa percorrere ad un corpo libero in un minuto secondo; questo spazio osservato a Parigi
di metri 4,9044, quindi la misura della gravit che suole indicarsi per g, sar 9,8088. Questo valore varia con la
latitudine; sicch se si rappresenta con g la gravit ai 45" di latitudine, e con g' quella ad una latitudine qualunque
f, si trova con la sperienza essere g' r: g ( 1 - 0,002837. cos. ) (1). L'aumento della gravit dall' equatore al polo
di circa ~- del suo valor medio.
L' azione della gravit, come si disse, si esercita egualmente sopra ogni corpo, qualunque sia la sua massa, che
in confronto di quella della terra trascurabile; perloch si deve ritenere che agisca su tutte le molecole di un
corpo, il quale si considera siccome l'unione di punti materiali, a cui sieno applicate altrettante forze uguali e
parallele, dirette nello stesso senso, la risultante delle quali chiamasi peso del corpo (1).
In virt di questa forza un grave percorre nelle successive unit di tempo degli spazj che formano la
progressione dei numeri impari naturali. Volendo perci lanciare un corpo ad una determinata altezza, sar
necessario d' imprimergli una velocit eguale a quella che avrebbe acquistata discendendo dalla medesima altezza
La gravit pure la forza che anima i corpi discendenti per piani inclinati, ma
(1) Se la latitudine maggiore di 45, il cos. sar una quantit negativa, e perci la gravit sar maggiore di g,
per cui al polo estendo cos. E- 1 ai ha g' = g ( 1 + 0,003837 ); in vece all' equatore ove co. J = 1 si ha g J. g ( i-
o,ooa857 ).
(3) Esprimendo con m la massa di un corpo, con v il volume ossia lo spazio che occupa, con d la densit ossia
il rapporto fra la massa ed il volume, con g la gravit e con p il peso; le relazioni che passano fra queste quantit
sono comprese nelle due forinole aeguenli ro 3 vd; p 3 mg.
ViTBvrio, Lib. x. 8
1 effetto non corrisponde assolutamente a tutta la sua intensit in causa della resistenza del piano; per vi esistono
alcuni rapporti determinati fra gli elementi del moto. Cio: la velocit che il grave acquista dopo aver percorsa la
lunghezza di un piano inclinato uguale a quella che avrebbe acquistata discendendo liberamente per 1' altezza del
piano medesimo; quindi se diversi piani inclinati hanno un' altezza uguale, la velocit acquistata alla loro estremit
inferiore sar la stessa in ciascuno di essi: nel medesimo tempo che percorre l' altezza percorrerebbe una porzione
di lunghezza determinata dalla perpendicolare abbassala su questa dall'estremit inferiore dell'altezza; quindi le
corde di un circolo che hanno origine all' estremit del diametro verticale sono tutte percorse nel medesimo tempo
da punti materiali che partono dalla sommit senza velocit iniziale: lo spazio poi descritto lungo il piano ha coli'
altezza verticale coriispondente il rapporto del raggio al coseno dell' angolo che fa il piano stesso coli' orizzonte.
Effetto della gravit sono pure le oscillazioni del pendolo, fenomeno osservato da Galileo, e le cui leggi furono
dallo stesso determinate. La durata delle oscillazioni cresce con la lunghezza del pendolo, e diminuisce coli'
aumentare della gravit (i). Il pendolo, che il celebre Huygens seppe applicare alla misura del tempo, serv a
mostrare non solo che la gravit varia con la latitudine, come dicemmo, ma ben anche colla elevazione sopra il
livello del mare; come prov Bouguer (2).
Le altre forze naturali che direttamente si riferiscono alla meccanica sono: l' elasticit dei corpi solidi e degli
aeriformi, 1' urto dei fluidi, e le forze animali. La forza elastica di una lama incurvata si misura dietro l'ipotesi che
sia proporzionale alla quantit, di cui 1' elaslro venne rimosso dal
(1) Detta T la durata di una oscillazione, A la lunghezza del pendolo, g la gravit, T il rapporto costante fra la
circonferenza ed il diametro di un circolo si ha T = <r e prego per questa durata 1"
8
ti ha a =s o
m
, 99385 ove sia g = 9TM, 80S8. (a) Fig. de la Terre.
la sua posizione; e perci la si stabilisce in ragion inversa del raggio di curvatura, senza per sapersi fin dove sia
e-
1
satta questa supposizione. Dell' elasticit poi dei corpi aeriformi, e delle forze animali parleremo nella giunta II.
Sul1' urto dei fluidi indicheremo le varie ipotesi nella seguente parte.
Oltre alle forze attive si devono poi considerare le cos dette forze passive o resistenti, le quali servono ad
impedire il moto; e sono la tenacit dei solidi, la resistenza dei fluidi, la rigidezza delle funi, e 1' attrito.
Considerando i solidi omogenei si trov che la loro resistenza assoluta, ossia quella che presentano quando la
forza agisce normalmente alla sezione, sta in ragione delle sezioni perpendicolari alla forza distraente. Molte furono
le sperienze sui vari materiali. Si conobbe che fra i metalli il pi tenace 1' oro, a cui seguono gli altri nell' ordine
seguente, ferro, argento ed ottone, rame, stagno, piombo, e ci nel rapporto dei seguenti numeri ino; looo; 820;
665; no; 65. Il termine assoluto di confronto pu essere la resistenza del ferro, del quale ogni centimetro quadrato
pu sostenere, secondo le sperienze di Rumford, 447 chilogrammi, quando sia ben lavorato. Cos diversi macigni
sostengono sopra egual superficie chilogrammi i3,36; ed i mattoni 18,7. Se si considera poi la resistenza relativa,
cio quella che ha luogo quando si tenta di spezzare il solido, considerando questo di forma parallelepipeda, si
trov in ragion composta delle larghezze, dei quadrati delle altezze, e dell' inversa delle lunghezze; di guisa che in
tal caso 1' assoluta sta alla respettiva, come la lunghezza alla met dell' altezza (1).
Della resistenza dei fluidi si dir nella parte susseguente: della resistenza e rigidezza delle funi nella Giunta li.
Dell'attrito accenneremo, che se ne considerano tre specie diverse, e sono: quello di un corpo che striscia sopra
un
(1) Su questo proposito si potranno consultare le opere di Galileo, di Musschenbroek, di Doliamel, di Leibnitz,
di Mariano Fontana; le Memorie dell'Accademia di Parigi 17/10; 17/11; quelle dell'Accad. di Berlino 757; i
nuovi atti di Pietroburgo ecc.
piano, quello di un cilindro che vi rotola, e quello di un asse in una ruota. Nella prima specie, poste uguali tutte le
altre circostanze, l' attrito proporzionale alla pressione. Il coefficiente per che determina questo rapporto varia
colla natura delle superficie; nei legni circa la met; fra metalli un quarto; fra legni e metalli un quinto; fra mattoni
otto decimi; nelle terre sciolte cinquantotto centesimi; nelle terre forti settantatr ceutesimi. Ma diverse circostanze
particolari servono ad alterare questi valori. L'attrito di seconda specie varia inversamente del diametro della
sezione del corpo rotante; la sperienza mostr eh' molto piccolo in confronto del precedente; fra due legni si
trov il coefficiente che slava tra un centesimo e sei millesimi. Quello di terza specie prossimamente
proporzionale alla pressione; ma il coefficiente minore di quello della prima specie: fra un asse di ferro ed un
cerchio di rame si trov di uu settimo; fra due legni di un dodicesimo (i).
IDROSTATICA.
VI. E questa la parie dell' idraulica che tratta dell' e- quilibrio dei fluidi Tutti i corpi risultano di molecole
materiali pi o meno fra loro aderenti; si dicono fluidi quelli, nei quali questa aderenza debolissima e cede al
menomo sforzo; questi ultimi per formano due classi molto bene distinte fra loro, dei liquidi e degli elastici. I
primi non variano sensibilmente in densit sotto le pi forti pressioni, per cui si consideravano assolutamente
incompressibili, e piccolissima la stessa variazione anche per la temperatura ascendendo nell' acqua ad - ^
a
per
ogni grado del termometro centigrado, e nel mercurio ad la densit poi dei secondi caugia considerabilmeute al
cangiar di pressione e di temperatura; l'aria pura ed asciutta si dilata di per ogni grado centigrado di temperatura.
fi) Pegli sjKrimenli sulle diverse specie di attrito sono da consultarsi; Coulomb Meni, presente'es l' Accad.
Tom. X.; XiuienesA Trono e pratica delle resisterne de'solidi ne'loro attriti. Pisa 1782; Bulfinger, Comm.
Petrop. Tom. II; Perronct, Mm. de i'Accad. 1769; iijsut Mechan. ecc.
Autori gravissimi appoggiarono sino ad ora l' idrostati* ca sopra tre principi fondamentali, e sono: i. Le
particelle di, un liquido sottoposte ad una maggior pressione spingono quelle che ne soffrono una minore, e
ciascuna molecola sempre premuta con una forza eguale al peso della colonna di fluido che le soprast
verticalmente. 9. Tutto ci che viene premuto da un fluido, lo secondo la verticale che passa pel suo centro di
gravit. 5. I fluidi premono egualmente in tutti i sensi, o, ci eh' lo stesso, applicando una pressione qualunque
ad un punto della superficie di un liquido, questa si trasmette egualmente a tutti gli altri punti del liquido stesso (i).
Questi principi, o per meglio dire queste propriet dei fluidi, si deducono dalla spcrienza. E particolarmente dalla
terza si fa dipendere 1' essenziale differenza tra i fluidi ed i solidi. Noi per seguiamo V opinione adottata dal prof.
Venturoli (a), cio che non debba assumersi a fondamento dell' idrostatica alcuna di quelle propriet, n alcun'
altra ipotesi, consistendo il vero carattere dei fluidi nell' essere le particelle elementari sciolte e sconnesse, e
potendosi pervenire con questa sola considerazione direttamente all' equazione dell' equilibrio; tanto pi che la
facolt di trasmettere la pressione per ogni verso non si pu dire propriamente caratteristica dei fluidi,
propagandosi questa egualmente tanto nei fluidi che nei solidi, con la sola differenza che le singole particelle dei
solidi impedite dalla tenacit non ponno ubbidire alla pressiou prevalente; dovech le fluide essendo libere a
muoversi per ogni lato, cedono prontamente portandosi a quella parte dove il contrasto delle pressioni pi
debole. Ecco per i principali teoremi che se ne dedussero.
i. Quando un fluido equilibrato, dicesi superficie di livello quella, in cui la pressione nulla e costante, e perch
non si rompa l' equilibrio la direzione della forza sollecitante deve coincidere con la normale alla superficie di
livello.
(i) Chi volesse vedere lo sviluppo di questa ipolesi provala dalla sperieuza, potr ricorrere ci trattato di
meccanica del sig. Poisson nella; parte idrostatica, tom. IL
(a) Eleni. A' Idraulica, cap. 3.
a. La pressione di un fluido sopra una superficie eguaglia il peso di una colonna dello stesso fluido avente per base
quella superficie e per altezza la sua profondit sotto il piano di livello. Se invece sar un piano grave, 1' altezza di
quella colonna corrisponder alla distanza del centro di gravit del piano alla superficie di livello.
3. Un liquido omogeneo si compone allo stesso livello liei due rami di un sifone.
4> Un liquido eterogeneo non pu essere in equilibrio e la superficie di separazione degli strati di diversa
densit non sono orizzontali; n l' equilibrio stesso pu mantenersi se gli strati pi densi non sono i pi bassi. E se
questi liquidi si equilibrano in un sifone, le altezze dei loro livelli stanno in ragione reciproca delle loro densit.
5. In un piano premuto da un fluido vi esiste un punto, pel quale si suppone passare la risultante di tutte le
pressioni esercitate sopra ciascun suo elemento; quel punto dicesi centro di pressione (a). E se il piano un
parallelogrammo che rada col lembo superare il livello dell' acqua, il centro di pressione ai due terzi dell' asse
coutati dalla sommit; in un triangolo colla base all'ingi ai tre quarti, e colla base superiormente alla met.
6. Immerso un solido in un fluido, la pressione di questo sulla superficie del primo eguaglia il peso della massa
fluida scacciata dal solido. Ed egualmente la pressione totale del fluido sulle pareti di un vase che lo contiene,
equivale al peso del fluido stesso; da cui ue segue che un solido immerso nel fluido perde tanta parte del suo peso
quanto il peso della massa fluida spostata; e che per essere quel solido in equilibrio deve il suo peso eguagliare
quello della massa fluida spostata non solo, ma che inoltre i centri di gravit del solido e del fluido spostato cadano
nella stessa
(l) La forinola generale per determinare questo centro
n
~ ^
/ (h + x) vilx
ote D rappresenta la distanza del centro cercato al livello del fluido, h la dista oza del lembo superiore del piano a]
livello stesso, x 1' ascissa coniata sul!' asse intorno a cui il piano si suppone sinioietl'ico, ed j l' ordinata a quest
1
asse.
verticale. Da questo principio sperimentale si deduce il metodo per determinare la gravit specifica dei corpi tanto
solidi, che fluidi, prendendo per unit di confronto l'acqua distillata.
7. Tra i fluidi elastici omogenei e di uniforme temperatura si considera 1' atmosfera; e siccome la pressione di
questa si misura dal peso di una colouna di mercurio che fa con la stessa equilibrio, cos si trov che alla superficie
del mare ed alla temperatura zero la pressione media dell'atmosfera misurata da una colonna di mercurio alta
metri 0,76. Da qui ebbe origine la livellazione barometrica pi spedita, ma meno esatta della livellazione ordinaria
dipendente da misure trigonometriche; la diversit per trascurabile a segno, che questa livellazione si considera
siccome una delle pi utili applicazioni dell' idrostatica.
IDRODINAMICA.
VII. Torricelli verso il i643. fu il primo ad osservare il moto d'un fluido che esce da un piccolissimo orifzio
circolare orizzontale. Vide che I' altezza del getto verticale giungeva quasi a quella del livello del fluido, e
conchiuse che fatta astrazione dagli attriti e dalla resistenza dell'aria, la velocit dell'acqua all'orifizio eguagliava
quella che avrebbe acquistata discendendo dall'altezza determinata dal piano orizzontale dell'orifzio e dal livello
dell'acqua. Questo fu il primo fondamento dell'Idrodinamica. !a quale fu poscia arricchita di molte sperienze da
Daniel Bsrnoulli, da Venturi, da Bossut, da Rrunacci, da Mariolte, da Prony e da tanti altri celebri idraulici dei
nostri giorni. Ma tanta e tale la difficolt delle sperienze medesime che finora non si potuto formare di esse un
corpo di scienza, ma soltanto stab.lire alcune proposizioni relative ai singoli casi, e contentarsi nella maggior parte
di un' approssimazione anzich conseguire l'esattezza propria del calcolo. Tuttavia molte fra le preposizioni sono
fondamentali, e servono di guida alle sperienze che si vanno tuttavia eseguendo (1). Noi indicheremo qui le
(1) Si stabilirono a priori due equazioni, 1'una della della contimuti, e F altra delle Jone sollecitanti, le quali
comni'ndouo la teoria pi importanti conclusioni che si dedussero dalle falle sperienze.
i. Considerando il moto lineare dei fluidi si troy che in un istante determinato la velocit inversameote propor- .
zionale all'area della Sezione.
i. Bench il moto iniziale dell' acqua effluente da un vaso, che si mantiene costantemente pieno, sia uniformemente
accelerato, pure diminuendo rapidissimamente l'accelerazione si pu ritenere in pratica senza errore sensibile che
fin dal1' efflusso la velocit sia costante.
3. La velocit permanente dell'efflusso da un vaso per una piccola luce dovuta all'altezza verticale dell'acqua
sopra il centro della luce medesima; e per ci si applicano al moto di quest'acqua le stesse leggi dei projetti, cio:
il getto descrive uua parabola, il cui parametro il quadruplo dell'altezza del livello del recipiente sopra il centro
della luce (i).
4- Considerando la pressione in una sezione di un'acqua corrente, se la sezione molto larga in confronto della
luce per cui si vuota il vaso, la pressione rappresentata dall'altezza dell'acqua sopra il centro della sezione, come
se l'acqua fosse stagnante; se poi la sezione angusta, ed almeno comparabile all'area della luce, la pressione
rappresentata dall'altezza suddetta diminuita dall'altezza dovuta alla velocit con cui 1' acqua corre per questa
sezione.
5. Fra i fenomeni pi importanti nel moto dei fluidi si contano quelli del gorgo e della vena contratta. Il gorgo
una conoide che si forma presso al foro, per cui si vuota il vaso, alta circ i tre raggi del foro, la cui base
superiore Ir. sezione del vaso, e l'inferiore l'area del foro. La vena contratta pure una conoide, che si forma al
di fuori della luce, quando questa sia aperta in una lastra sottile, e che si
dell' Idrodinamica, ma queste non possono valere nella massima generalit, perch non si sanno generalmente
integrare. Soltanto in alcuni casi nei quali si riducono pi semplici, servono alle speciali ricerche.
(l) Ritenendo fin dal principio del moto che la velocit sia costante, la forinola eh' esprime la portata, ossia la
quantit di fluido eh' esce in un detcrminato tempo Q = ft JS
M
g
j
dove Q la portata, / l' irea Iella luce, ( il
tempo, a 1' altezza verticale del vaio, e la gravit.
pu considerare come una continuazione del gorgo; la sezione che si considera quella fatta sul punto del
massimo restringimento, il quale dista dal foro poco meno di un raggio del foro stesso. Per questi due fenomeni si
deve considerate un vaso prismatico che si vuota siccome terminato da un tubo convergente, che risulta dal gorgo
e dalla vena contratta, la cui forma sconosciuta, la lunghezza circa quattro raggi del foro, la base superiore la
sezione del vaso, e la inferiore corrisponde in medio ai sei decimi dell' area del foro. Siccome l'accelerazione del
moto termina alla sezione della vena contratta, cos, quando questa ha luogo, la velocit del fluido precisamente
dovuta all'altezza della sua superficie sopra il centro della sezione suddetta. Questa verit non ha dimostrazione
diretta, ma solo fu confermata da replicate sperienze; dalle quali pur si deduce che la posizione e la misura della
contrazione non varia pel variar della direzione del getto, dell'altezza del recipiente, e dell'ampiezza del foro purch
quest'ultima sia sempre molto piccola in confronto di quella del vaso (i).
6. Quando la luce molto ampia, per cui le profondit dei suoi vari punti sotto il livello differiscono
cousiderabilmenle, devonsi considerare tutti gli elementi della luce come luce di altrettanti tubi, che versano il fluido
con velocit dovuta alla rispettiva altezza; e la portata totale sar la somma delle portate parziali. Allora si
determina l'altezza media del fluido sopra la luce, cio quell'altezza che se fosse comune a tutti gli elementi della
luce darebbe la stessa portata che danno questi collocati a diverse altezze. Quest' altezza media una funzione
delle coordinate del piano della luce della sua area, e dell'altezza del piano di livello sopra l'origine delle ascisse:
varia quindi colla figura della luce. Ma la sua espressione semplicissima per alcune figure e circostanze
(l) Quando si voglia conoscere la porta", nel caso che abbia luogo la contrazione, la Corniola esposta nella nota
precedente divicnn Q 3 o, 6 n V"i% ( a + a' ), dove il coefficiente numerico 0,6 il rapporto fra l' area del foro e
quello della sezione della vena, ed a' V altezza del centro del foro sopra il centro della stessa sezione. Siccome
per a' trascurarle in confronto di , cosi ai pub ritenace Q = o,6ft^^7.
determinate. Per esempio, se la luce collocata a livello del fluido, e la sua forma parallelogramraica o
triangolare, l'altezza media ba un rapporto semplicissimo colla sola altezza della luce, e se circolare col raggio (i).
Quando per vi sia ogni poco di battente sopra la luce, l'altezza media differisce cos poco dall'altezza del livello
sopra il centro di gravit della luce, che nella pratica si pu ritenere quest'ultima senza errore sensibile. /
7. Per determinare la portata di uno stramazzo r', scaricatore a fior d' acqua, basta sostituire 1' altezza media
all' altezza data nella formola suespressa (1). E in questo caso variando soltanto le altezze dell' acqua, si trova che
per uno stesso scaricatore i quadrati delle portate stanno come i cubi delle altezze; sempre inteso che il recipiente
si mantenga costantemente pieno, o sia tanto vasto che non si abbassi sensibilmente la superficie di livello durante
1' efflusso.
8. La teoria idraulica applica le leggi del moto dei fluidi in generale al moto pei tubi, che ricevono l'acqua da un
recipiente mantenuto sempre pieno, e la cui ampiezza abbia un grandissimo rapporto con 1' ampiezza del tubo. E
si dedussero riguardo alla velocit ed alla pressione le stesse conseguenze che derivarono dal considerarsi 1'
efflusso da vasi costantemente pieni per un piccolo loro.
9. Fu per osservato da Daniel Bcrnqulli che la pressione pu divenir negativa per la particolare struttura del
tubo; e si trov che se il tubo cilindrico o conico convergente, ma con 1' asse orizzontale (qualunque sia la sua
lunghezza ), la pressione all' origine del tubo non diverr mai negativa; ma se in questa posizione conico
divergente la sua lunghezza, perch non dia una pressione negativa, deve avere un rapporto con le due sezioni
superiore ed inferiore
del tubo (i): se poi l'asse non orizzontale, il tubo cilindrico non potr avere un' altezza verticale maggiore di metri
io,395; il convergente pu sorpassarla, il divergente non pud raggiungerla (2).
10. Un altro caso pu accadere nel moto per tubi, cio che la pressione rimanendo positiva divenga per
minore della pressione atmosferica; ed allora si ba il fenomeno denominato dal Venturi comunicazione laterale
del moto, e consiste in ci, che aprendo un foro, ove quella pressione minore, invece di uscire acqua vi s'
introduce 1' aria esterna che si frammischia al liquido e rompe la continuit del getto. Dietro il quale fenomeno si
determin, che se un tubo cilindrico, o conico divergente, inclinato all' iugi la pressione sar sempre minore dell'
atmosferica; ma non lo sempre in uno convergente: e se l'asse orizzontale, nel tubo cilindrico, fra quelle due
pressioni, si avr il rapporto costante di eguaglianza, nel convergente sar maggiore quella del liquido, nel
divergente minore.
11. Si consider inoltre lo sbocco di un liquido per un tubo aggiunto al vaso, da cui lo si trae, e si vide che
questo tubo addizionale alterava la velocit e la portata. Si trov che se il tubo addizionale conformato in modo
da seguire la naturale contrazione della vena, la velocit dell' efflusso sempre dovuta all' altezza del livello sopra
lo sbocco; ma se non seconda quella contrazione 1' altezza dovuta alla velocit diversa ; e particolarmente se il
tubo breve e cilindrico corrisponde ai due terzi dell' altezza del recipiente. La portata poi, quando si consideri il
tubo situato orizzontalmente, ed adattato ad una luce cavata interiormente a foggia della vena contratta, sta a
quella che si avrebbe dalla nuda luce come la sezione della nuda luce sta alla sezione infima del tubo; per cui se il
tubo cilindrico la portata
m
2
a .
(1) Dorr essere "> dove m la sezione superiore,
f 2 A+a
/ 1' inferiore, a F altezza verticale del recipiente, A la pressione atmosferica.
(2) Si considera che il fluido sia acqua, la quale non pu innalzarsi naturalmente ad un'altezza maggiore di metri
io,5g5, perch una tale colonna d' acqua equilibra la pressione dell' atmosfera.
non si altera, se divergente si aumenta, se convergente si diminuisce. Se poi il tubo adattato ad una luce
praticata in una sottile parete, allora il tubo cilindrico orizzontale accresce la portata della nuda luce nel rapporto
prossimo dei numeri io: ci. E considerando una medesima luce praticata iu una lastra sottile, munita di tuba
.cilindrico, scavata a seconda della contrazione, dar diverse portate che staranno come io: i3: iti.
il. Se il fluido deve scorrere per lunghi tubi, bisogna mettere a calcolo 1' attrito e la tenacit, bench piccola, delle
molecole fra loro, e con le pareti del tubo. La determinazione di questa resistenza una delle meno esatte fra le
ricerche idrauliche, e non si danno che forinole ipotetiche, le quali non molto si accordauo con la sperienza. Quello
che si pu dire si , che cresce secondo qualche rapporto al crescer della velocit, e al diminuire della sezione del
tubo.
i3. Se i tubi sono ricurvi la resistenza delle svolte si assume proporzionale al quadrato della velocit ed al quadralo
del seno dell' augolo d' incidenza; non per sempre la sperienza vi corrisponde. Le osservazioni per di Bossut,
Venturi, du Boat portarono a conchiuderc che i serpeggiamenti verticali rallentano il moto pi che gli orizzontali,
che le svolte angolati oppongono pi resistenza delle curvilinee, come pure le irregolari pi che le regolari.
i4- Le deduzioni ricavate dalle sperieuze dal moto dei fluidi pei tubi si applicarono al corso equabile dei fiumi, e si
trov coli' esperienza che l' analogia regge benissimo almeno in piccoli corsi. Se vi corrisponda poi anche negli
ampi letti non si hanno ancora sufficienti prove. Chi volesse conoscere la relazione nei casi particolari potr
consultare la Tavola data da Prony nelle sue ricerche sulla teoria delle acque correnti (i). Riguardo poi ai canali
naturali od arlifi
(i) La Corniola generale da la da Prony per trovare la velocit media nel caso equabile dei fiumi U 53 - 0,07
+' o, oo5 + 5a 53^_^
B
in e-ui U la cercala velocit, A l' area di una sezione, B il suo perimetro, Q l'inclinazione per ogni metro.
ziali si osserva che le velocit non stanno semplicemente nel rapporto dell' inclinazione del letto, ma bens
aumentano grandemente col volume dell' acqua. La velocit poi in uno stesso alveo varia dalla superficie al fondo.
Fatto un confronto fra la velocit superficiale nel filone, quella alla met dell' altezza, e quella presso il fondo, si
dedusse che nei casi pratici queste tre velocit stanno fra loro come i numeri 5, 4, 5, cio la velocit media della
sezione una media aritmetica fra le altre due.
i5. Una parte importante dell' idrodinamica razionale per le operazioni dell'ingegnere quella della resistenza dei
fluidi, ma pochi dati ci offrono tanto la teoria, che la sperieuza. Alcuni idrometri fecero diverse ipotesi, fra le quali
la pi adottata quella del Newton; altri ricavarono alcune forinole dietro le osservazioni. La teora newtoniana
mostra che la resistenza diretta di un fluido contro un solido proporzionale all' area percossa ed al quadrato della
velocit; e se 1' urto obbliquo sta in ragion composta dell' area, del quadrato della velocit, e del quadrato del
seno dell' angolo d' incidenza
Come dicemmo da principio di questo epitome, non fu nostra intenzione di dare un trattato di meccanica, ma di
raccogliere le verit pi importanti di questa scienza, e di esporle siccome dimostrate, a solo motivo che g'
ingegneri possano richiamarle d' un sol tratto alla mente. Se questa
fatica non sar spregiata dai nostri lettori, avremo incoraggiamento a compierne una pi importante dello stesso
genere, ma con maggior precisione che non si pu avere in una semplice giunta ad un testo che si comenta.
GIUNTA IL
Delle macchine in generale, e specialmente
delle macchine a vapore.
I. Macchina una soda congiunzione di materia avente grandissima forza per muovere i pesi (i): ecco la
definizione vitruviana. Un sistema di corpi fissi o mobili, legati fra loro in modo che il moto impresso ad uno si
trasmetta agli altri corpi dello stesso sistema, dicesi generalmente macchina; ovvero: macchina tutto ci che
modifica l'azione di un motore, in guisa che si ottenga risparmio di tempo od aumento di forza: ecco le definizioni
moderne. E si potrebbe anche dire essere la macchina (a) un mezzo, pel quale una potenza giunge a vincere una
resistenza con alcuni vantaggi; definizione non diversa da quella di Vitruvio eh' pur esatta, bench combattuta da
molti; e ci solo perch s'intese sempre la parola latina onerum nello stretto senso di pesi, quando si doveva por
mente che anche i moderni meccanici chiamano peso una qualunque resistenza.
Parlando delle macchine diremo che queste assumono diverse denominazioni dagli usi a cui si prestano, e
perci chiamatisi macchine architettoniche, idrauliche, militari, teatrali ec. secondo che servono specialmente agli
edifizj, alle acque, alla guerra, agli spettacoli; che le macchine sono innumerevoli, bench possano ridursi a quattro
elementari che diconsi semplici, cio la leva, il piano inclinato, il cuneo, e la macchina funicolare; che sarebbe
impossibile il descriver
(1) Machina est conlinens ex materia conjunciio mnxirnas ad onerum motus htibens virtutes. Ltb. X.
cap. 1.
(a) Macchina deriva dalla ce greca mediane, che significa anche iwemione od arte.
le tutte, e che per ci si dovette considerarle sotto un punto di vista generale, e formarne alcune classi. A ci
mirarono molti celebri trattatisti; e specialmente fu Monge il primo a darne un' idea, proponendo un corso di studi
in cui si apprendessero gli elementi delle macchine, idea che poi non pot mandare ad effetto, perch distolto da
altre occupazioni, ma che fu afferrata dal non meno celebre Hacliclte (i), il quale classific le macchine in dieci
serie risultanti dalla combinazione dei quattro moti ch'egli denomina: circolare continuo, rettilineo continuo,
circdlare alternativo, rettilineo alternativo; e produsse quel suo bellissimo trattato elementare delle macchine
ad uso della scuola politecnica [?). Tuttavolta sembr che questa prima opera non abbracciasse il soggetto in tutta
la sua estensione, n avesse tutto quell'ordine che esso richiedeva. Comparve per un trattato, il quale pare che
non lasci desiderar cosa alcuna, a fronte delle molteplici difficolt, da cui era circondato questo ramo dalle umane
cognizioni. L' autore del medesimo (3), il Borgnis, mostr di appartenere al numero dei veri ingegni, disponendo
secondo la reciproca dipendenza elementi che parevano affatto separati, e formando uu corpo di dottrina
melodico e regolare. E per ci fare fu necessario decomporre le macchine tutte nelle loro parli primordiali; ed
imitare
(1) Traile lementaires des r machine* par M. Haclieltc ancien pro/esseur etc. Paris 1819.
(2) Anche il nostro (Jollalto si occupava contemporaneamente di un' opera di iiuil natura, eh' egli meditava di
pubblicare col titolo: Descrizione, maneggio ed uso dei principali stromenti di matematica, applicai/ili nlle
scienze ed alle arti, con molti nuovi ed interessanti problemi di pratica; ma le persecuzioni degli uomini e
della fortuna, ordinario rrta^giu ilegP ingegni italiani, lo ridussero a morte sul fior degli anni, togliendo all' Italia la
gloria di a-.ex prodotto anche in questo genere un' opera che l' ingegno del Collalto poteva certamente porre a
livello delle produzioni straniere.
(3) Traiti compiei de MrcJumique applique aux ari*, contenant V ezpusition mtliodique dea tliorie*
et de* experiences les plus utile* pour diriger le chox, V inventiun, la constriiclion et C emploi de tonte*
les e'speca de machine*; par M. I. A. Borgnis. Vati* i3iS. Non deve poi ignorarsi da un ingegnere l' opera di
Nichelami, intitolata Il Meccanico inglese, ossia Descrizione ragionata di tutte le macchine ecc., la cui
traduzione dall' ii.'glose in francese fu impressa a Parigi nel 1829.
cosi, come dice egli stesso, l'anatomico, il quale per conoscere a fondo la struttura e le funzioni vitali dei corpi
animali, li decompone in tutte le loro parti organiche, per analizzarle esattamente, esaminarle separatamente, e
riconoscere le forme, la disposizione, la maniera d'essere di ciascuna delle medesime; onde confrontandole in
seguito discopre l'artifizio ammirabile delle loro diverse combinazioni.
La classificazione del Borgnis segue la varia maniera con cui si applica o si trasmette l'azione di un motore alla
resistenza che si vuol vincere od a qualunque effetto che si voglia produrre. ecco un'idea di questa classificazione,
desunta dal medesimo autore, lo pensai, die'egli, che tener si dovesse la stessa via dell'anatomico riguardo ville
macchine, le quali per la maggior parte sono troppo complicate, onde si possa, senza il soccorso della
decomposizione, formarsene un'idea giusta, netta, distinta e sopra tutto durevole. Ma non basta, per giungere a
ci, il deeomporne alcune separa IH mente, bisogua sottometterle all'analisi tutte simultaneamente; la qual analisi
simultanea, per quinto a primo aspetto possa sembrare impraticabile, pure per poco che vi si rifletta la si riconosce
non solo possibile ma benanche facile. Difatti chiaro che gli elementi, i quali producono gli stessi effetti parziali
devono rassomigliarsi nelle diverse macchine; cos una paletta mossa dal vento sar sempre la stessa qualunque
sia l'uso, a cui essa venga destinata; e le ruote dentate avranno sempre le medesime forme e la medesima
disposizione quando tendono ad uno stesso effetto,, bench in macchine essenzialmente differenti.
Procedette il Borgnis all'analisi degli elementi meccanici, osservando dapprima che ogni macchina esige
essenzialmente un motore. Egli divise in classi questi motori, che sono gli animali, l' acqua nel suo stato naturale, il
vapore dell'acqua bollente, il vento, l'elasticit, i pesi, ed alcuni altri; indi suddivise le classi in generi, i geoeri in
ispecie, le specie in variet. Per esempio la classe dei motori animati comprende due generi, l'uomo e gli altri
animali; ciascun genere riunisce diverse specie dipendenti dalla maniera di applicare l'azione alle macchine facendo
agire il peso semplicemente, o la sola forza muscolare, o la combinazione di ambedue; yiTRvno, Lib. x. 9
le variet poi dipendono da alcune differenze meno sensibili proprie della maniera di agire di ciascuna specie. Con
questo metodo applicato a ciascuna classe di motori ottenne la classificazione completa degli effetti che possono
produrre.
Osservando poi la macchina, chiam organi le varie parti che la compongono, e li divise in sei ordini. Il primo
abbraccia gli organi ricevitori, e sono quelli a cui vieue immediatamente applicata 1' azione motrice. Il secondo
contiene gli organi comunicatori, i quali servono a trasmettere l' azione ad un punto distante dal motore; e
siccome questi organi possono trasmettere quell' azione ad una distanza determinata, od a qualunque distanza,
cosi vengono distinti in due classi, le quali poi si suddividono in generi, in ispecie, in variet, per causa di un' altra
funzione che devono compiere, eh' di cangiare talvolta la qualit del moto, perch quello che il motore imprime
al ricevitore non sempre della stessa natura di quello eh' esige 1' azione finale dell macchina. Il terzo ordine fu
formato dietro l' osservazione che il motore non ha per ordinario il grado di velocit n di forza richiesto dall'
azione finale della macchina, per cui sono necessari alcuni organi che servono a modificare questi due elementi del
moto, e che vengono detti modificator, distribuiti in sei classi. II* quarto ordine comprende i sostegni, i quali
servono a disporre le parti in guisa che i loro moti Siena interamente liberi, senza per che cessino d'avere fra loro
quella comunicazione che esige la natura della macchina; e ci perch spesso fa d' uopo che in una medesima
macchina si effettuino contemporaneamente diversi moti in senso contrario. Il quinto ordine racchiude i regolatori
distinti in tre classi, che sono moderatori, direttori, correttori: i moderatori tendono a ridurre il moto uniforme; i
direttori regolano il moto rapporto al tempo, alla velocit, ed all' estensione, dirigendo le sue interruzioni,
rinnovazioni e variazioni periodiche; i correttori prevengono e diminuiscono gli effetti delle forze passive "e
resistenti. Il sesto ordine riguarda quelle parti organiche che agiscono immediatamente sulla resistenza, la qual
azione avviene per locomozione, o per pressione, o per percussione, o per attrito, o per separazione.
Questo l' aspetto, sotto cui il Borgnis esamin e clas, sific tutte le macchine, delle quali poi nell' opera
succitata d un completo sviluppo in tutte le loro ramificazioni. La qual cosa non possiamo seguire in una semplice
giunta, e secondo il piano da noi assunto. Indicammo i principi delle macchine pi semplici, nella giunta
precedente; la loro combinazione costituisce tutta la innumerevole famiglia delle composte, famiglia che andr
sempre pi aumentandosi per opera di quegli ingegni feraci che sapranno trovare combinazioni pi utili nei singoli
casi. Laonde esporremo qui la pura descrizione di qualche macchina propria per le costruzioni; e ci estenderemo
alquanto nel parlare delle macchine a vapore, siccome di quelle che sono ancora quasi affatto straniere alla nostra
Italia.
IL Per poter per calcolare 1' effetto di una qualunque macchina indispensabile di conoscere la forza del
motore. Nella giunta precedente indicammo le ipotesi pi adottate sulla forza prodotta dall' urto dell' acqua nello
stato naturale, e del vento, e su quella di una lama elastica, e ci riserbammo di parlare in questa della forza dei
motori animati, e del vapore. Ecco quanto possiamo dire su questo proposito.
De la Hire (1), Lambert (2) ed altri tentarono di desumere la misura della forza degli animali dall' analisi della
loro macchina e dalla disposizione di questa nei diversi atteggiamenti; ma tante e tali sono le anomalie, che non si
pot stabilire una certezza teorica, e tutti quelli che vollero applicarne il calcolo alla pratica dovettero assumere i
termini medi offerti dalla sperienza, nello stabilire i quali si dovette por mente alla diversa costituzione
dell'individuo, all' abitudine del medesimo, alla diversa direzione del lavoro, alla sua durata, ed alla velocit dell'
animale contemporanea aV azione.
Gli animali che pi si usano nella meccanica sono l'uomo ed il cavallo, e su questi cadde il maggior numero delle
sperienze, che si eseguirono in due maniere essenzialmen
te diverse, cio considerando la forza quasi momentanea, che si chiam forza assoluta, e quella che pu durare
per alcune ore della for za permanente.
La forza assoluta dell' uomo si misura con uno stromento chiamato il dinamometro di Bcgnier (i) per mezzo del
quale si deduce: i. che stringendo un corpo con un pugno la forza media equivale ad un peso di cinquanta
chilogrammi; a". che il peso sollevato verticalmente pu ascendere in media a centotrenta chilogrammi; 3. che la
forza per tirare un peso orizzontale in quell' attitudine, in cui stanno ordinariamente quegli uomini che tirano
carrette, non oltrepassa in, media il peso di cinquaula chilogrammi. L' esperienza poi mostr che il massimo peso a
cui pu reggere un uomo di tempra mediocre, stando fermo, ascende a centocinquanta chilogrammi; e che la
variet da un individuo all'altro sensibilissima nei due primi moti suindicati, ma piccolissima nel terzo, poich gli
uomiui pi robusti non sono in caso di tirare orizzontalmente un peso maggiore di sessanta chilogrammi.
La forza permanente poi si calcola giustamente dietro 1' osservazione piuttosto che dietro la sperienza. Questa
forza fu da taluni e & pressa dal prodotto mht, essendo m la massa che si muove, h lo spazio che le si fa
percorrere, e t il tempo che dura il moto; ma questa misura per non tale che si possano variare comunque i
suddetti fattori, purch il prodotto sia costante, come suppose Daniello Bernoulli (1), e dietro ad esso DeSaguliers
(3). Per poter variare questi fattori necessario di conoscere il loro valore nella massima azione, ed allora la
variazione potrebb' essere conforme all' ipotesi di Bernoulli senza oltrepassare i limiti della forza naturale e dello
sforzo di cui 1' uomo capace. Le osservazioni fatte da Coulomb, da Navier, e da- qualche altro su questo
proposito sono le pi esatte (4)- I risultati principali
(a) La descruione ili questo slromento si trova nel Journal Polylech. cop. V; ed anche nel suddetto trattalo di
Hachctle. (I) Prix de Urad., Tom. VII. (ii) Court de PJIYS.
(4) Leggasi la memoria di Coulomb INSERI la nelle memorie dell'Istituto dell'anno 1779, intitolata: JRe'sulat
des plusieurs ezpricn* Sono compresi nel seguente quadro, in cui si considerano le varie maniere di agire dell'
uomo, e 1' effetto medio che ne risulta, esprimendosi le relative azioni giornaliere in dinamodi, o, come altri
dicono, in unit dinamiche, intendendosi per dinamodio il peso di un metro cubo di acqua innalzata all' altezza di
un metro.
Quadro degli effetti utili prodotti dall' azione giornaliera dell' uomo.
Numero dei
Dinamod/
salendo per un pendio di quattordici centimetri per metro in sette ore e mezzo con un carico da sette ad otto
chilogrammi - -- --- -2 25
Camminando in un paese montuoso senza carico- - i^o Portando un carico per una scala, compreso il
peso del corpo -, - - n3 Spingendo o tirando orizzontalmente come negli
argani ---------------- 207
Facendo girare una carrucola per innalzare un
montone, calcolando tre ore di lavoro effettivo" - j5
Nello stesso caso contando sei ore di lavora - - - 4&
Simile con lavoro giornaliero di pi mesi - - - - 4
Simile estraendo acqua da un pozzo ----- JJ
Agendo sulla ruota di una gru ------- 89
Facendo girare la manovella di un verricello - - - 116
Tirando un battello colle corde - -- -- -- no
Agendo sopra una ruota a cavicchie all' altezza
del centro --- - - 25g
Colle carriuole compreso il tempo per ritornar vuoto 35
Questi risultati molto diversi fra loro per la diversit dell' azione mostrano che mal credeva Daniello Bernoulli,
che 1' effetto della frza permanente dell' uomo nel lavoro gior
ces destincs determincr la quantil tT action que 'Ics hommes peuvcnl foarnir par leur travati
jnurnalier, navoni Ics dijfrcntes manieres dont ils cmpluenl leurs Jbrces. Cos pure l' opera di Gueniveau:
Entui sur la science des Mutilinet.
naliero avesse una misura quasi costante, e che poco variasse da un individuo all' altro, o da uno ad un altro
genere di lavoro. E si ricava inoltre che il massimo effetto utile in 24 ore ( cio in otto ore di lavoro effettivo e
sedici di riposo ) si ha quando l'azione applicata ad una ruota a cavicchie ed all' altezza del centro, come fu
determinato da Navier e da Coriolis, il che corrisponde a dioamodj 0,009 per ogni minuto secondo.
Alcuni volLro anche stabilire un rapporto tra la forza e la velocita, ma non si ebbero che ipotesi affatto gratuite,
a verificar le quali, od almeno a determinare alcun che di certo sarebbero necessarie le sperieuze e le osservazioni
che finora interamente ci mancano.
Il cavitilo il solo animale dopo l' uomo, di cui siasi sperimentata la potenza dinamica per applicarla alle
macchine, siccome quello che per la sua intelligenza meglio si presta di ogni altro; ma i risultati si trovarono pi
incerti di quelli che riguardano l' uomo. Tuttavia si ritiene che la forza assoluta del cavallo nel tirare orizzontalmente
sia, secondo gli sperimenti di Regnier, settupla di quella dell' uomo; e che il medio effetto prodotto dalla sua forza
permanente in una giornata di otto ore di lavoro effettivo possa calcolarsi di 1166 dinamodj, che corrispondono a
dinamodi o,o4o5 per ogni minuto secondo. In quegli stabilimenti per, in cui si assume la forza del cavallo per
unit dinamica, si considera che un cavallo sia capace di muovere una massa di centoquaranta libbre con la
velocit di duecento piedi per ogni minuto, il che equivale a 4'49 chilogrammi innalzati ad un metro, per cui la forza
di questo, cavallo in un lavoro continuo di ventiquattro Ore si fa ascendere a 5974 dinamodj, cio dinamodj
0,0691 per ogni minuto secondo.
Hachette nomina il bove fra i principali motori, ma lo destina ai semplici lavori campestri, e non fa parola di
alcuna sperienza sulla sua forza. Gli altri trattatisti fanno lo stesso. Eppure quesl' animale per la regolarit del suo
moto, e per la quantit della sua forza dovrebbe tornar utile pelle operazioni meccaniche a fronte della sua tardit.
Delle macchine pi usitate nelle costruzioni.
III, Le macchine pi usitate nelle costruzioni SODO: il tornio, la girella, l'argano, la capra, il castello, e la gru. In
tutte queste macchine si fa uso di l'uni formate con fili di lino o di canape, e fra loro variamente intreccia te. I nodi
coi quali si uniscono le funi portano diversi nomi proprj del le singole provincie, come il nodo del tessitore, del
batelliere, l'intrecciato ec. Per determinare la resistenza delle funi si calcola il numero dei fili di cui composta, ludi
il peso che pu sostenere ciascun filo; e siccome la grossezza di ciascun filo si stabilisce ordinariamente di due
millimetri, ne segue che conoscendo la grossezza della corda si dedurr facilmente il numero di quei fili, il qua'l
numero moltiplicato per la resistenza di uno dei medesimi dar la resistenza totale della fune. Le sperienze di
Roudelet mostrano che la resistenza di un filo di due millimetri sta in ragione inversa dell
a
grossezza della corda a
cui appartiene, per cui trov che questa resistenza si calcola di chilogrammi 7,8 nelle corde che hanno un diametro
non maggiore di ventisette millimetri, di chilogrammi 7,2 quaudo il diametro sia fra i ventisette ed i
cinqantaquattro, e di soli sette chilogrammi in quelle di un diametro che sta fra i cinquantaquattro e gli oltantauno.
Le corde poi presentano un ostacolo nel loro maneggio conosciuto sotto il nome di rigidezza delle funi, per
cui non essendo perfettamente flessibili resistono ad avvolgersi intorno ai corpi. Il grado di questa resistenza
dipeude dalla uatura della fune e dat grado di attorcimento, dal diametro del cilindro al quale si avvolge, e dal
peso eh' attaccato alle sue estremit. L'esperienza ripoitata da Hachetle su questo proposito -la seguente.
Il diametro del cilindro intorno a cui si avvolgeva la corda era di millimetri, due lati della fune erano ver
ticali ed abbracciavano una semicirconferenza del cilindro, un'estremit della lune era fissa, ed all'altra era
applicato il peso che doveva piegare la lane; il peso vari secondo la legge che segue.
Nella pratica poi si proporziona il diametro del cilindro a quello della corda dietro l'ipotesi che le rigidezze
stiano nella ragion diretta dei quadrati dei diametri delle corde (il, e nell'inversa dei diametri dei cilindri; per cui non
vi sar alterazione nella rigidezza di due funi che si avvolgono intorno a due cilindri quando i diametri di questi
stiano come i quadrati dei diametri di quelle (3).
Si eseguirono altres alcune esperienze sull' attrito delle funi avvolte ad un cilindro, e si trov che fissando il
numero dei giri in una progressione aritmetica, il cui rapporto costante sia l'unit, i pesi necessarj a vincere l'attrito
(ormavano una progressione geometrica col rapporto approssimato di ( i,54) >.
Riguardo poi alle macchine succitate osserviamo che il tornio, detto altramente l'asse nella ruota, uo cilindro
che passa pel centro di una ruota, e collocato orizzontalmente sopra due perni, come si vede nella fig. 1. Tav. V., e
serve o
(1) Alcuni stabiliscono invece che la variazione sia come una determinata potenza del raggio Iella fune, la quale
sia maggiore dell' unit, ma diversa nelle diverse qualit delle funi. Questo esponente si calcola 1,7 nelle funi nuove
e nelle impeciale, ed 1,4 nelle funi molto
usate.
(t) Cio detti D, D' i diamentri di due cilindri, d <T quelli di da d-
2
Due corde dovr essere -a .
ad innalzar 'pisi, od a muovere colle sue pinne una ruola dentai, la quale va a muoverne una seconda e cos fino a
quella che sostiene il peso Q, come nella fig. 9.
La troclea o girella una ruota scavata alla sua circonferenza in forma di gola, attraversata nel suo centro da
una chiavarda C fissa nelle braccia parallele di un bozzello CD; come si vede di fronte ed in profilo nelle fig. 5. 4-
Le condizioni d" equilibrio in questa e nella precedente macchina furono accentiate nella Giunta I. lib. X. Qui solo
aggiungeremo esser noto'pei la sperieoza, fonie riferisce Rondelct (i), che il maggior vantaggio di una carrucola si
ha quando r''.. il suo diametro sia quintuplo della sua grossezza; ?. il diametro della cavicchia sia la duodecima
parte di quello della ruota; 3. la distanza fra le due braccia del bozzello sia un sesto maggiore della grossezza. A
seconda dell' uso poi cui si destina questa macchina, si varia anche la sua forma; cos talvolta si scava la gola in
modo che le parti laterali vadano restringendosi in forma di cono, e che il fondo abbia un'ampiezza minore del
diametro della corda; ed inoltre la parte interna di questa gola si fa dautt'llata in guisa che un lato dell'angolo
rientrante di ciascun dente sia diretto secondo l'asse di rotazione: questa forma particolare serve ad aumentare
l'attrito, ci eh' molto necessario in. alcuni casi. Cos pure talvolta invece di funi s,i adnprano catene, ed allora il
fondo della gola munito di chiodi eh' entrano negli anelli della catena; ovvero ciascun anello di questa porta un
dente che s' interna in ptocoli fori praticati nella gola della troclea; ovvero, nei denti scavati nella gola s'interna un
punteruolo attaccato con una estremit al bozzello, ma in modo che possa ruotare, il quale non permette alla
girella di muoversi che in no solo senso.
La girella utilissima in un gran numero di macchine composte, e specialmente la combinazione di pi troclee
serve a facilitare il trasporto o 1' innalzamento dei pesi. Di molte forme sono queste combinazioni; le pi comuni
sono quelle denominate taglie, una delle quali si vede nella fig. 5. L' argano non che il tornio posto
verticalmente, e
(A) L' art de bcUir.
serve a strascinar pesi in senso orizzontale; in questo poi si mette a profitto quella specie di attrito delle funi
avvolte ad un cilindro, di cui parlammo superiormente. Una fra le diverse specie di argani quella rappresentata
dalla figura 6. Tav. V. L' albero (l) di quest' argano di ferro ed assicurato in una base solida XYZZ'; la parte
internata nella base cilindrica, la parte superiore ha la forma di cono rifondato alla sommit. L' argano ABCD
mobile intorno a quest' asse, e consta di tre pezzi di legno riuniti alla foggia degli spigoli di una volta, che sarebbe
internamente terminata da una superficie poco diversa da quella dell' albero. Una delle due commettiture, di
ciascuno di questi pezzi, dirette verso la linea di mezzo dell' albero, porta un' intagliatura maschio, e 1' altra una
femmina. Sopra la testa dell' argano vi sono due aperture, come quelle in F, situate una sopra l' altra, e per le quali
passano due stanghe, a cui si applicano le forze motrici. Che se si volessero applicare molti uomiui invece di
praticare quei due fori, si forma una specie di piatto circolare, con un foro quadrato nel mezzo, per cui s' interna la
testa dell' argano, e quel piatto ha tante intagliature femmine quante sono le stanghe che vi si vogliono applicare.
La superficie esterna dell' argano, alla quale si avvolge la fune, di forma conica, alTuch la fune non isrorra
sopra s stessa.
Vi sono poi degli argani doppj, i quali constano di due cilindri alquanto fra loro distanti, e su cui la fune si
avvolge alternativamente. Ovvero anche il cilindro unico che costituisce un argano terminato nella parte
superiore da una lanterna che ingrana in una ruota dentata fissa in un albero tagliato a vite. Ed altre forme ancora si
possono dare a questa macchina secondo i casi speciali, a cui si vuole applicare.
La capra una riunione di tre travi in forma triangolare, come si vede nella fig. i. Tav. 1. Al vertice di questo
triangolo si appende una troclea; la corda che la attraversa attaccata da un' estremit al peso che si vuol
innalzare, e coli' altra si avvolge ad uu tornio, il cui asse parallelo al
(i) HucheUe. Traile lcm. des Mach.
la base del triangolo, e i di cui perni girano sopra fulcri infissi nei lati di questo triangolo. Questa macchina si
mantiene nella posizione necessaria per mezzo 'di funi attaccate a punti fissi. Il tornio si fa girare con mezzo di due
staughe che lo attraversano o di una ruota a cavicchie. La capra, che Hachette attribuisce a Rc'gemortes, serve ad
innalzare, od abbassare un peso da un' altezza qualunque, la, quale si pu diminuire quanto piace. In questa la
troclea a due gole, il tornio a due cilindri di diverso diametro fra loro congiunti, ed il peso attaccato al bozzello
di una troclea mobile. Nella gola di questa seconda troclea si fa passare una fune, le cui estremit vanno a passare
sulle due gole della prima troclea, indi si avvolgono sul.tornio in modo che un' estremit si ravvolge al cilindro di
maggior diametro, e 1* altra a quello di diametro minore, ma in senso opposto; sicch ad ogni giro del tornio la
quantit, di cui s' innalza o si abbassa il peso, eguaglia la differenza dei diametri dei due cilindri, differenza che si
pu diminuire a piacere.
Il castello una macchina, la quale serve a battere le palafitte. La forma di una di queste macchine si vede nella
TaV. VI., .ed quella che viene proposta da Garnier per battere i cofani nella perforazione dei pozzi artesiani, e
che fu da noi promessa nella Giuda I. Lib. VIII, PI pezzo di legno ab, detto monaco, ha ordinariamente la
lunghezza da metri 7,i47
a
metri 8,796. Alla sua sommit si adattano due altri pezzi di legno, uuo dei quali
rappresentato da m, c che servono a sostenere i perni dell' asse d' una ruota nqrs, la quale ha ordinariamente un
diametro di metri 1,37, ed sostenuta come si vede nelle figure 1. 3., figure che mostrano altres in prospetto ed
in piano le due girelle n' unite ai pezzi trasversali g'h', o'k', come pure i quattro piccoli piumacci segnati m', che
servono ad impedire 1' uscita alla corda che passa per la gola della ruota. Il pezzo f ( fig.. 1. ) rappresenta un
cofano col suo berretto P", sopra cui cade il montone a'b'. Al legno q'q' si attaccano alcune corde dette sarte, le
quali vengono tese fissando in terra un piuolo, ad una certa distanza dalla macchina, ed a cui attaccata l'altra est
rem et della fune; r',d' sono piccoli pezzi di Legno che servono a collegare il monaco al falcone p o'; e finalmente
ut' rappresenta il sostegno di uno dei perni del tornio, a cui si avvolge la fune. La fig. 2., come si disse,
rappresenta il piano della ruota e delle piccole girelle. La fig. .3. mostra il montone a'b', essendo x, y le branche,
ed o'p' il falcone. La fig. 4- fa vedere come il montone si congiunga al falcone, rappresentando ab il monaco; o'p'
il falcone: r'r piccoli pezzi di legno che si applicano sulle facce opposte del monaco e del falcone ( come si vede
anche in r' fig. i.), e che sono attaccati per mezzo di caviglie segnate con linee punteggiate. Nella fig. 5 si vede
ancor meglio questa congiunzione, rappresentando i pezzi suaccennati colle medesime lettere, e vedendosi i due
pezzetti di legno vv, che s' internano al di sopra delle branche allorch sono internate nelle aperture vsy'c praticate
nel montone.
La gru serve ad innalzar pesi trasportandoli a piccola distanza dal punto da cui si sono innalzati; e questa
corrisponde alla macchina descritta da Vitruvio nel cap. V. La sua forma delineata nella fig. 7. Tav. V. Le sue
parti principali sono: il pezzo AB, che dicesi volata, il monaco verticale CD, la base EF, la ruota HK, ed il tornio
che attraversa la ruota in L. La parte mobile ABCL) dicesi becco della gru, il quale gira unitamente al monaco, a
cui attaccata, intorno ad un asse verticale CD. La lunghezza della volata (t) dipende dallo sforzo a cui pu
reggere il monaco, nel che si deve osservare che aumentando questa lunghezza, devono aumentare anche le
dimensioni dei pezzi che formano il becco, e quindi il loro peso deve aggiungersi a quello che si deve sollevare.
Dalle osservazioni del signor Rondclet risulta, che per dare a questa macchina la massima solidit necessario i.
J
che la parte del monaco compresa fra il perno inferiore, ed il punto in cui s'incontra con la volata, si eguagli per lo
meno alla met della velata flessa; 1." che la distanza fra gli assi di rotazione della ruota e del monaco corrisponda
ai due terzi della volata; 3 che il diametro della ruota sia dodecuplo di quello del tornio; 4- che la grandezza
della base sia due terzi della volata;
(1) Hucheuc, opera succitata.
Le gru fatte costruire-da questo ingegnere per la erezione del Panteon in Parigi hanno sei metri di volata, e
possono innalzare delle pietre di tre ed anche di quattro mille chilogrammi. Anche il signor Albert in un porto di
Parigi fece costruire una gru che pu innalzare egual peso e che ba una volata media di undici metri, essendo sei
metri la distanza fra l' asse del monaco e 1' estremit della volata. Questo poi introdusse una modificazione
importante nella ruota: circondandola all' altezza dell' asse di rotazione di un solaio a piccola distanza della sua
esterna periferia, per mezzo del quale gli uomini che agiscono sulla ruota mettono a profitto tanto il loro peso
quanto la loro forza muscolare.
Delle macchine a vapore.
IV. L' elevazione delle acque, l'irrigazione dei campi, l'estrazione dei minerali, i trasporti per terra, i lavori dell'
agricollura, i pi importanti meccanismi applicati alle arti ed ai mestieri, e soprattutto la navigazione, attestano
bastantemente quanto l'azione del vapore sia da preferirsi ad ogni altro motore, cos per l'effetto dinamico, come
per l'economia nel maggior numero dei casi. Una forza motrice di tanta importanza, anzi la pi potente che vi sia in
natura, come diceva Bnccone parlando del calorico, doveva certamente occupare gli uomini pi dotti nelle scienze
e nelle arti per determinarne i pnncipj e dedurne le conseguenze pi interessanti. Le accademie ed i governi v'
intervennero in queste ricerche, le prime colle dottrine, i secondi col danaro, e vi si unirono in tanta impresa i due
emisferi. Si giunse cosi a stabilire le leggi dietro alle quali va crescendo la forza del vapore al crescere della
temperatura, ed a fissare le regole per costruire le macchine necessarie ad impiegare questa forza, di guisa che si
potrebbe riguardare questa parte della meccanica siccome giunta alla ' sua perfezione, se si potesse fissare un
limite all'umano ingegno nell'approfittarsi di tutto ci che la natura pose a sua disposizione.
Dopo le fatte scoperte era naturale che gli scrittori dovevano raccoglierne in un codice i principi, affine d' istruir
re facilmente cos quelli che ne volessero approfittare, applicandole ai vari usi, come gli altri che bramassero di
progredire nelle ricerche. Se ne videro perci alcune indicazioni nei vari trattati (i), comparvero alcune storie (a)
ebe, incominciando dal tempo in cui il vapore si consider come una potenza meccanica, ne indicarono i progressi
riguardo alle varie maniere di renderla attiva e le applicazioni agli usi pi importanti della vita; e si pubblicarono
pure alcuni trattati teorici (3). Bisogna per confessare che questi ultimi riunirono pi o meno le diverse scoperte,
e le molte modificazioni che si apportarono particolarmente dal principiar del secolo decorso fino ad oggi nei
macchinismi (4) proprj a far agire colla massima utilit e sicurezza questa forza sorpren
(i) Neil' Architettura idraulica di. Belidor; nel Trattato Ircorico e sperimentale d'idrodinamica di Bossut; nel
Trattato delle macchine di Hacliette; ed in altre opere, come pure in parecchi giornali scientifici.
(a) Fra le altre si devono accennare: 1." Traile historique et praiique des machines vapeur, par M. de
Montgry. a. A descriptiVt History oj the ste'tm erigine, by R. Stuart. London l8a4- La prima sezione del
Trattato di Trtdgold. /f. La notizia storica inserita dal signor Arago neh" Annuarie da bureau des longitudcs
pour lanate 1829. siili' origine e le applicazioni della macchina a vapore. 5. Histoire des machines vapeur
depila leur origine jusqii a nos jourt. Pur HI. HaclicUe. Paris i85o.
(3) Si possono citare:* i. Manuel de V ingnieur mcanicien conslructeur des machines vapeur, par
Oliver Evans, de Philadelphie, traduzione dall' inglese. Parigi i8a5. 3. An historical and descriptive account
0/ the steam engine. By Clutrles Frederick Partington, Lundon 1822. 3. L'opera del sig. Farey, intitolata: A
Trealise on the steam engine. London 1827. 4- Traiti des machines il vapeur et de leur application etc,
traduit de V angluis de Th. Tredgold etc. Paris et Bruxelles 1828; opera in 4- di pag. Miti con un atlante di 24
tavole.
(4) Crediamo di usare questa voce per la ragioue addotta dal S. Hachelte nella sua storia succitata con le
seguenti parole. Le ricer1* che sulla forma da farsi ai pezzi che compongono le macchine, e sulla
combinazione dei medesimi, appartengono piuttosto al dominio della geometria, che a quello della meccanica
propriamente detta : questa parte della meccanica pratica meriterebbe un nome particolare; io nel l introduzione
1' ho chiamato meccanismo, ma questo termine essendo gi impiegato in un altro senso, sarebbe proprio di
sostituirvi il soli sUntivo meccanismo, che ha per aggettivo il termine usato macelli rtsta Macchinista per
nome sostantivo tanto in italiano quanto in francese'.
dente; ma non si prese ancora la materia sodo quell'aspetto filosofico, cui si assoggettarono per la massima parte
le umane cognizioni, e per cui si possa concepire facilmente i rapporti puramente vantaggiosi Noi uon possiamo
che esporre questo nostro desiderio, ben lungi dal pensare a tanta impresa, per eseguir la quale, quand'anche ci
sentissimo l'eroico coraggio, ci mancherebbero per tutti i mezzi necessarj.
Ma per solvere la nostra promessa non faremo qui che indicare alcune proposizioni generali; indi esporremo la
descrizione di una macchina con le pi recenti modificazioni.
V. Per macchina a vapore s'intende quella in cui la forza motrice il vapore d' un liquido, macchina che per
lungo tempo si disse macchina a fuoco, .perch in realt l'agente il fuoco, o per meglio dire il calorico.
Non sono per le macchine a fuoco di affatto moderna invenzione. I sacerdoti egiziani, dice il Signor Mellet (1),
le conobbero, e mentre fioriva il regime teocratico divennero fra le loro mani stromenti maraviglisi, proprj ad
estendere e consolidare un impero fondato sulle credenze divine; cosi si facevano aprire le porte del santuario con
accendere le faci dell'altare, cosi per mezzo del calorico s'innalzava l'acqua o 1' oglio nelle lampade sacre, cos il
fuoco od i raggi solari dilatando l'aria, facevano gridare o parlare le statue, e producevano altri miracoli di simil
genere (a). Tuttavia non si ha alcun documento che questi mezzi fossero applicati a qualche utile invenzione; e per
quanto Aristotele, Seneca, ed. Antemio esaltino la potenza del fuoco e dei vapori,- questa conoscenza rimase
sterile affatto: ed certo che un'invenzione, la quale non abbia un rapporto coi bisogni dello stato sociale come
una pianta esotica che spuntasse sotto un clima non proprio alla sua natura, la quale sarebbe destinata a perire
senza produr alcun frutto.
Lasciando per ad altri lo stabilire il vero punto in cui ebbe origine la macchina a vapore, n cercando se si
debba per ci prender la mossa dal trattato su li' aria di Erone
(1) Prefazione alla traduzione dell' opera di Tredgold.
(3) Molte application! fatte dagli amichi della potenza del fuoco sono riportate dal signor di Montgery
ncl'tuddttlo trattato storico e pra lieo delle macelline a vapore.
alessandrino, o se i primi fondamenti sicno stati gettati in Italia,in Francia, in Inghilterra od in Gei mania, diremo:
che le macchine, di cui si tratta, formano uni classe distinta dalle altre per-la natura particolare della potenza che
viene ad esse applicata, cio -I' espansione dei {ludi aeriformi che si aumenta all'aumentarsi della temperatura.
Qualunque fluido pu prestarsi a tale effetto, ma dalle fatte sperienze si concluse che debbasi preferire il vapore
ottenuto dall'acqua, non solo per la somma facilit di avere di questo liquido in gran copia, ma ben anche pel
prodotto dinamico eh' forse maggiore di quello che si avrebbe da qualunque altro.
Oinmetteremo parimente di mostrare come abbiano contribuito all'incremento-ed alla perfezione di queste
macchine le scienze, e specialmente la fisica, la meccanica, e la geometria per determinare le propriet del motore,
la fu, ma dei mezzi per ottenere il massimo effetto, ed i varj moti per la trasmissione della potenza alla resistenza; e
solo faremo conoscere di qual maniera si sviluppi la potenza meccanici del Vapore per produrre un effetto utile,
per lo che riporteremo ci ch'espone il Signor Tredgold nel principio della quarta sezione del suo trattato.
Si consideri un vaso cilindrico AB. (Tav. VII. fig. I.) posto verticalmente e contenente acqua fino ad una
detcrminata altezza Si appoggi sull'acqua uno stantuffo equilibrato con un peso che equivalga al peso dello
stantuffo uni to all' attrito. Ci posto si riscaldi la base AC; convertendosi l'acqua in un vapore di un'elasticit
alquanto superiore alla pressione atmosferica, lo stantuffo si audr innalzando finch l' acqua siasi tutta
vaporizzata. Si osservi che questo vapore, la cui forza elastica quasi eguale alla pressione atmosferica, non
produce alcuna potenza dinamica, ma semplicemente un moto, non altro facendo ch'equilibrare la colonna d'aria
atmosferica e scacciarla dalla capacita del cilindro fino ad una data altezza.
Ma se in questo stato di cose, il vapore fosse repentinamente condensato, chiaro che lo stantofo s irebbe
premuto da una forza eguale alla pressione dell' atmosfera, e discenderebbe percorrendo un'altezza eguale .1
quella di cui si era sollevato durante la formazione del vapore.
Dal che ne risulta che la forza del vapore di un'e. laslicil eguale alla pressione atmosferica, quando sia
istantaneamente condensato, sta in ragion diretta dello spazio eh' esso occupa Sicch moltiplicando l' area della
basjs del cilindro, espressa 111 centimetri qu idrati, per la pressione atmosferica espressa in chilogrammi sopra
ciascun centimetro qtiadialo, e per 1' altezza in metri, il prodotto ( prescindendo dall' attrito ) esprimer ci che il
vapore pu innalzare ad un metro di altezza, cio il DUO effetto dinamico.
Lo spazio occupato dal vapore, la cui forza elastica emaglia la pressione atmosferica, pu aumentarsi cou
elevare la temperatura ad, un grado superiore a quello dell' acqua bollente; ma siccome una quantit di calorico,
quasi eguale a quella eh' necessaria per l'aumento di volume, viene assorbita, ne segue che 1' aumento dell'
elfetto non sar proporzionale alla quantit del combustibile.
Se poi il vapore fosse condensato lentamente, come sarebbe applicando un refrigerante esterno, 1' effetto si
diminuirebbe di molto, perch la forza movente si eguaglerebbe solo ad ogni istante alla dilTeienza tra la forza
elastica del vapore e la pressione atmosferica. La condeusazioue lascia bens un vapore di una certa elasticit, ma
siccome agisce nel medesimo spazio, iu cui agisce la forza del vapore, essa uon produce alcuna sensibile
alterazione nella legge di proporzionalit fra la forza motrice e lo spazio occupato dal vapore. .
Se poi si considera nello stesso apparata che lo stantuffo sia caricato di un peso, il vapore non potr innalzarlo
che ad una altezza minore di quella di prima, poich dovendo in tal caso opporsi ad una resistenza eguale alla
pressione atmosferica aumentata dal peso, di cui caricato lo stantuffo, lo spazio eh' esso andr ad occupare sar
in ragion inversa delle pressioni che si esercitano in questi due differenti casi, ritenuto che la temperatura sia la
stessa. Cosi se il peso dello stantuffo equivalesse a due volte la pressione atmoslenca, il vapore dovrebbe opporsi
ad una pressione tripla di prima, e perci lo stantuffo non s' innalzerebbe che ad un teizo dell' altezza, a cui era
giunto nell'altro cayiTRvrjo, Lib. x. 10
so. Sia per che 1' elasticit del vapore svolgentesi eguagli o superi la pressione atmosferica, la potenza che si
produce per la sua formazione e condensazione sar sempre la stessa quando non varii la temperatura, e la sua
misura sar proporzionale alla frza elastica del vapore moltiplicata per lo Spazio che questo occupa.
Ma se quando lo stantuffo carico sollevato, si aprisse un' animella che lasciasse uscire il vapore, l' effetto
dinamico sarebbe soltanto eguale alla forza del peso elevato che cadesse dall' altezza, a cui era giunto; e la forza
che sarebbe risultata dalla condensazione si perderebbe, peidita che ha per misura la pressione atmosferica
moltiplicata per l'altezza, a cui era giunto lo slautulfo; la qual cosa ha luogo nella maggior parte delle macchine
dette di alta pressione. E poi chiaro che quanto pi la forza elastica del vapore cousicierabile, lauto minore la
perdita proveniente dalla non coudeusazioue; ma bisogna osservare che questa perdita si aumenta per la
circostanza che una parte del peso dello stantuffo impiegata a spingere il vapore, il quale non pu fuggire con la
necessaria velocit, a meno che l' apertura dell' animella non eguagli la sezione trasversale del cilindro. Quindi la
potenza effettiva sta in ragion diretta dello spazio occupato dal vapore, moltiplicato per 1' eccesso della forza
elastica di questo sopra la pressione atmosferica.
Suppongasi ora che lo stantuffo carico siasi ionalzato, in virt della conversione in vapore di una data quantit d'
acqua, fino ad un' altezza corrispndente al peso ed alia temperatura; se allora si toglie il peso eh' sullo stantuffo,
questo s' iiinalzel per la dilatazione del vapore, finch la forza elastica di questo eguagli quasi la pressione
atmosferica, e la oofideosazioue in tal caso produrrebbe lo stesso effetto che se il vapore si fosse da principio
sviluppato con questa lssticil. Quindi I' elfetto del peso totalmente addizionale, ed il risultato combinato di
un'alta pressione con la condensazione prodotto dal medesimo vapore. La potenza effettiva del vapore
impiegato in questa maniera si misura dallaiftomnia del prodotto dello spazio che occupa per 1'cccessotdclla sua
forza elastica stilla pressione atmosferica, e del prodotto dello spazio che occupa quando la sua elasticit eguaglia
la pressione atmosferica per questa stessa pressione. Quindi con questa combinazione la potenza dinamica del
Vapora ad uu' alta pressione quasi doppia.
Questo per non il mezzo pi vantaggioso d' impiegare il vapore; perch invece di togliere tutto il peso, di cui
caricato lo stantuffo, se ne pu togliere soltanto una parte, ed allora il vapore si dilater fino ad un' altezza
proporzionale alla parte levata. Giunto lo stantuffo a quell' altezza si lever un'altra parte del peso, e cos
successiva-' mente finch la forza elastica del vapore si eguagli alla pressione atmosferica; ed in tal modo l' effetto
risulter maggiore che nella precedente combinazione.
Questo metodo di trar partito dalla dilatazione del vapore si attribuisce a Woolf. Hornblower e Watt ne
immaginarono un altro che si applica nel caso seguente.
S' immagini che lo stantuffo siasi innalzato senza peso, come nel primo caso, per la riduzione d' una certa
quantit d' acqua in vapore di una forza elastica eguale alla pressione atmosferica. Quando sar pervenuto a quell'
altezza, si aggiunga un peso, equivalente alla met della pressione atmosferica, all' altra estremit della corda che si
avvolge alla troclea, come si vede nella succitata figura; allora non essendo pi il vapore equilibrato, lo stantuffo s'
innalzer finch l' elasticit del vapore si eguagli alla met della pressione atmosferica, cio finch lo stantuffo abbia
raggiunta un' altezza doppia della prima. Se ora ad uno stesso istante si condensa il vapore e si leva il peso
aggiunto, la forza per discendere diminuita della forza aggiunta per produr l' ascesa, risulter di una met maggiore
di quella che si otterrebbe condensando semplicemente il vapore di un' elasticit eguale alla pressione atmosferica.
Questo rapporto sar ancora maggiore se si diminuisce gradatamente la forza elastica del vapore con aggiungere il
peso addizionale non tut-to in una volta, ma a poco a poco.
Era invalsa l' opinione che non si potesse far uso del vapore se la sua forza elastica non fosse per lo meno
egua-* le alla pressione atmosferica; ma questa condizione non indispensabile, poich molte macchine agiscono
con un vapore di elasticit minore, e ne facile la dimostrazione. Suppongasi che la -met della pressione
atmosferica sopra lo stantuffo sia equilibrata da un peso attaccato all' altra parte della troclea; l'azione del calorico
determiner lo sviluppo di un vapore, la cui forza elastica sar la met della pressione atmosferica, e lo stantuffo s'
innalzer ad un' altezza doppia di quella, a cui 1' avrebbe portato un vapore capace di equilibrare quella
pressione; per conseguenza allorch il vapore sar condensato, la forza della discesa sar eguale alla met della
pressione atmosferica moltiplicata per una doppia altezza. Quindi 1' effetto del vapore quello stesso di prima.
Qnesto principio di molta importanza per rego lare le macchine atmosferiche.
Queste indicazioni saranno sufficienti per dare un' idea della maniera, con cui agisce il vapore nelle macchine,
ed inviando quelli che ne bramassero di pi estese all'opera di Tredgold succitata, aggiungeremo solo che ritenuta
la forza del vapore in un cilindro eguale alla media piessionc dell' atmosfera, si pu calcolare 1' effetto dinamico
del vapore prodotto da una data quantit d' acqua. Noi indicheremo questa misura pel solo caso che la macchina
agisca per condensazione senza azione espansiva, onde non chiamare pegli altri casi varie forinole che avrebbero
d' uopo di lunghe dilucidazioni. Per aver ci si consideri che la pressione media dell' atmosfera si calcola eguale al
peso di io3 r chilogrammi per ogni decimetro quadrato, e che il volume del vapore per equilibrare questa
pressione alla temperatura dell' ebollizione corrisponde a I-IO volte il volume dell' acqua, che lo ha prodotto.
Quindi se si suppone che il vapore sia stalo prodotto da un centimetro cubo d' acqua, la potenza sar 1710 X
io34, cio la forza elastica per lo spazio, e questo prodotto esprimer un numero di chilogrammi innalzati all'
altezza di un decimetro; quindi il peso elevato all'allez1710 X io3
za di un metro, sar '-sr 17670 chilogrammi; il
qual numero moltiplicato per P area della base del cilindro,
nr 5.i4i6
il cui diametro 1, cio per -l- si avr 13S7S
chilogrammi innalzati ad un metro, numero ch'esprimer l'effetto dinamico di un decimetro cilindrico d' acqua
convertita in vapore; fatta astrazione per dall' attrito e dalla resistenza del vapore non condensato. ,
VI. Prima di dare un esempio di una di queste macchine diremo ch'esse si dividono in due grau classi. La prima
classe delle macchine senza condensazione, dette macchine ad alta pressione, che si suddivide in due specie,
una di quelle a pressione costante, 1' altra delle macchine in cui il vapore agisce per espansione. La seconda
classe comprende le macchine a condensazione, le quali sono od a semplice effetto o a doppio effetto.
Le marchine senza condensazione sono messe in azione dal vapore generato sotto una grandissima pressione, e
la loro forza motrice dipende dall' eccesso di questa pressione sopra quella dell' atmosfera, eccesso che si calcola
ordinariamente da due a tre chilogrammi per ogni centimetro circolare. La parte attiva di questa macchina consiste
in uno stantuffo, ed un cilindro con aperture munite di chiavi o di animelle, tanto alla sommit che al fondo, per dar
passaggio al vapore. Lo stantuffo si adatta esattamente alle partii del cilindro, e viene mosso da un' estremit all'
altra per la pressione del vapore; esso attaccato ad un fusto, il quale mette in moto una manivella o qualche altro
pezzo attaccato alla macchina. Per concepire come agisca si supponga che il vapore nella caldaia abbia una forza
di due chilogrammi per ogni centimetro circolare, che lo stantuffo sia al fondo del cilindro, che il passaggio dalla
caldaia al fondo, e quello dal di fuori alla sommit, siano aperti, e gli altri chiusi: il vapore s' introduce sotto allo
stantuffo e investendolo con una pressione di due chilogrammi per ogni centimetro circolare della sua area lo fa
innalzare. Quando lo stantuffo giunto alla sommit, si aprono le altre due animelle, ed allora il vapore eh' esce
dalla caldaia va a premere lo stantuffo dall' alto al basso, e quello che si era introdotto nel cilindro si perde nelP
atmosfera. L' ispezione della lg. a. Tav. VII. relativa ad una macchina senza condensazione a pressione costante
basta a far comprendere quanto si detto. In questa figura C rappresenta il cilindro, e P lo stantuffo innalzato e
prossimo a ricadere. Perch vi sia la minor perdita possibile di calorico si usa di collocare il cilindro in parte
dentro la caldaia fino alla linea DB. In A vi una chiave a quattro aperture, per cui entra ed esce il vapore, la
quale posta fuori della caldaia, ma molto prossima alla medesima; in V vi un' animella incavata per repolare l'
entrata del vapore che si trova in S, il quale poi esce pel tubo E. Il moto della chiave regolato in modo che
termini quando lo stantuffo alla sua massima elevazione. Nello stato, in cui si vede la figura, il vapore che si trova
in S si estende pel condotto Vt, e va a premere superiormente lo stantuffo, il quale per ci discendendo scaccia il
vapore che riempie il cilindro, il quale scorrendo nello spazio ba si porta al tubo E per disperdersi nell' atmosfera.
Il condotto E poi circondato di acqua in W, la quale serve ad alimentare la caldaia, e che in quel sito viene
riscaldata dal vapore perch non alteri di molto la temperatura nella caldaia stessa, ed essa poi condensa in parte
il vapore medesimo per facilitarne l' uscita. La maniera con cui si comunica il moto alla chiave ed alla valvola varia
a seconda della natura dell' azione, cui destinata la macchina.
A questa descrizione aggiungeremo solo, che la lunghezza della corsa dello stantuffo nou dev' essere mai
inferiore al doppio del suo diametro, perch in tal caso si dimostra che una data quantit di vapore in contatto
con la minor estensione possibile di superficie, ci che si deve procurar sempre, onde avere la minor perdita
possibile di vapore per mezzo della condensazione. Di pi la velocit calcolata in metri deve eguagliare
cinquantasette volte la radice quadrata della lunghezza della corsa, contata pure in metri. L'area delle aperture, per
le quali passa il vapore, deve stare a quella del ciliudro, come la velocit trovata nel modo suddetto sta al numero
fii. Di tutte queste regole inutile il riferire qui 1' esatta dimostrazione.
Oliviero Evans fu il primo, coni' egli stesso lo prova nell' opera succitata, a trar profitto nelle macchine di questa
classe della forza espansiva del vapore, metodo che secondo i suoi calcoli decupla la forza della macchina. La
sola modificazione per necessaria alla macchina senza condensazione perch si possa trar profitto dell'
espansione, sta nella disposizione per aprirne e chiuderne il passaggio. Il vapore deve provenire dalla caldaia solo
durante una parte del corso dello stantuffo, ed allora deve intercettarsi questa comunicazione, lasciando per
sempre aperte le valvole necessarie all' uscita del vapore. Quando chiuso il passaggio del vapore dalla caldaia,
quello che si trova nel cilindro agisce per espansione, e la potenza che ne risulta tutta da aggingersi a quella
ottenuta nelle macchine della specie precedente; e da ci proviene l'economia di questo nuovo siStema.
Hornlilower modific la costruzione delle macchine a forza espausiva costruendo due cilindri, uno dei quali
contiene il vapore non dilatato, e 1 altro quello che agisce per espansione. r .
VII. Il carattere distintivo che Trcdgold stabilisce fra le macchine della classe precedente e quelle a
coudeusazioue dipende dalla particolarit che nelle ultime il vapore si Colli densa fino allo stato liquido. La forza
motrice equivale a un di presso alla forza del vapore nella caldaja, ed agisce per la differenza di volume che passa
fra lo stato liquido e lo stato vaporoso. Due generi costituiscono questa classe, e sono: macchine a semplice
effetto, e macchine a doppio effetto.
Le parti essenziali di una macchina del primo genere sono: un cdindio che ha un' apertura nella parte superiure,
per la quale entra il vapore, ed una inferiormente, per cui lo trasmette ad un altro cilindro detto il condensatore, il
quale comunica per la parte inferiore con uua tromba d' aria. Tanto il condensatore che la tromba sono immersi in
un recipiente d' acqua fredda, un getto della quale pu zampillare entro al condensatore. La pi utile inuditicaziooe
portata a questa macchina fu quella di Watt, il quale immagin di fai e il condensatore separato.
La macchina del secondo genere, cio a doppio effetto, dille l isce dalla precedente nell' essere costituita in
modo che tanto la caldaia, quanto il condensatore comunichino col cilindro cos superiormente come
interiormente; la qual disposizione la s che la forza del vapore imprime allo stantuffo ambedue i moti di ascesa e di
discesa. Questa macchina consuma una quantit doppia di vapore, e produce un dop
1
pio effetto nel medesimo tempo. Essa pure dovuta a Watt.
Noi non ci dilungheremo nelle particolarit di queste macchine, e ci restringeremo ad esporre la descrizione di
quella che viene denominata
Macchina a semplice effetto di Boullon e Watt.
La fig. 3. Tav. VII. rappresenta lo spaccato del cilindro C, del condensatore B, e della tromba ad aria A. Il
vapore passa dalla caldaia nel cilindro pel tuho S, e per la cassetta con valvula O, e va a premere sullo stantuffo P
(di cui B. rappresenta l'asta ) che sta per discendere: il vapore che si trova sotto al cilindro passa pel condotto V
nel ceudensatore, dove ridotto allo stalo liquido dal getto d' ai qua che zampilla internamente e che proviene
dalla chiave d'iniezione /. Lo stantuffo P della tromba ad aria discende in un miscuglio d' aria e di vapore entrato
nella tromba dui ante la precedente salita. Quando lo stantuffo P ba terminata la sua discesa, si muove l' asta OD
chiudendo le valvole a, c ed aprendo la valvola b. Allora il tubo FE mette in comunicazione la parte superiore del
cilindro con 1.1 inferiore. Si vede che, quando lo stantuffo giunto alla parte inferiore del suo giuoco, tolta la
comunicazione fra il cilindro ed il condensatore. Il contrappeso poi che dev'essere attaccato all'estremit opposta
del bilanciere (Tav. Vili.) de' essere tale di poter sollevare lo staulufTb vincendo l'attrito ed obbligando il vapore
che si trova sopra allo stesso di passare al di sotto. Allorch risalito fino alla sommit si apre la comunicazione
fra la caldaja e la parte del cilindro superiore allo stantuffo, e I' altra fra la parte inferiore ed il condeusatore; il
getto d' acqua condensa quasi tutto il vapore che sta nel condensatore e nella parte inferiore de! cilindro; la
pressione del vapore al di sopra, eh' eguaglia quella del vapore nella caldaja, supera di gran lunga la pressione
inferiore, quiudi lo stantuffo che sta fra due forze molto ineguali capace di sollevare un peso che sia attaccato all'
.lira estremit del bilanciere. Finalmente il moto dell' asta OD torna a stabilire le comunicazioni di prima, ed il
giuoco si ricomincia successivamente (i). La tromba ad aria, di cui lo stantuffo pur mosso dal bilanciere, e che di
un numero di colpi eguale a quelli che d il maggiore stantuffo, serve a vuotare il condensatore dell'acqua e
dell'aria ad essa frammista che vi s' introduce; ci che ha luogo per mezzo delle due animelle GQ. Serve inoltre la
valvula in H a purgare il condensatore dall'aria; K un bacino in cui si versa 1' acqua e l' aria sollevate dalla
tromba A, di cui una pirte viene portata da una piccola tromba premente al tubo alimentatore, ed il restante si
versa per un altro tubo. Il condensatore e la tromba sono poi immersi in una vasca conlinuameute alimentata d'
acqua pel tubo N.
Per comprendere poi l'insieme si consideri la Tnv. VIII, che d il prospetto di una macchina di questo genere
destinata ad innalzar aequa. La caldaja a incamiciata con muratura, ed il vapore si porta per mezzo del tubo b al
cilindro c, ch' sodamente assicurato all' impalcatura con grosse cavicchie d,d; la sua base superiore chiusa da
un coperchio e, attraverso del quale vi passa in una cassetta stoppata l'asta k dello stantuffo. Il bilanciere Jg
oscilla sopra un asse che lo attraversa in h e ch' sostenuto dalla sottoposta impalcatura e dal'muro II. L'asta della
pompa j, che porta un contrappeso attaccata all'estremit g del bilanciere, al quale legata per mezzo di un
parallelogrammo allo stesso modo che legata quella dello stantuffo k, come si vede in tfP f" P". Qui osserva
Trcdgold che la costruzione di questo parallelogrammo, tale che possa mantenere rettilineo il moto dello stantuffo
in tutto il giuoco, quella di disporre le due sbarre fi'", l'f' io modo che la loro posizione risulti verticale tanto al
principio che al fine del giuoco. La vasca m contiene il condensatore, la tromba ad aria n, ed il recipiente d'acqua
calda o. L'acqua fredda viene somministrata dalla tromba p, e la quantit superflua si versa nel cerbatojo q. Tutta
la parte esterna viene cos mantenuta alla pi bassa temperatura possibile.
In J ed in r vi sono due valvule a vapore, ed in t quel
fi) Il modo di far agire le animelle con mi sol moto, non appartiene a Watt, come riferisce Tredgolil.
la di condensazione; le quali tutte sono messe in azione dall'asta v, attaccata al bilanciere presso all'estremit
messa ia moto dall' asta dello stantuffo: quest' asta munita di uncini mobili che vanno ad urlare nelle leve, che
girando istorilo ai propri assi agiscono sulle valvule stesse per aprirle o chiuderle nei momenti opportuni dell'
ascesa o della discesa del bilanciere.
lu u trovasi la tromba destinata ad elevar l' acqua calda dal recipiente o e farla passare pel tubo w all' altro
recipiente x, situato alla sommit del tubo alimentatore della caldaia, al cui oggetto destinata. Quest' ultimo tubo
munito di una valvula mossa da un vette, che per mezzo di un filo metallico passato attraverso di una nocciuola
stoppata y, comunica con un galleggiante nella caldaja, il quale abbassandosi fa aprir la valvula, e lascia entrare la
quantit d' acqua necessaria. Di pi quel tubo dev' essere ricurvo nella parte inferiore per impedire al vapore di
sollevarsi nel medesimo, ed ove si unisce alla parete superiore della caldaja deve collocarsi perfettamente
verticale. L' azione poi di questo apparecchio la seguente. Quando una parte dell'acqua evaporata nella
caldaja il galleggiante discende con la superficie dell' acqua e fa innalzare la valvola conica che sta nel fondo del
recipiente alimentatole, il quale essendo Sempre ripieno per l affluenza dell' acqua calda proveniente da o, versa
tant' acqua che basti a fai rialzare la superficie e con essa il galleggiante finch questo non agisca pi sulla valvula,
la quale allora si chiude pel proprio pe o, fiueb non torni il bisogno che quest' operazione si. rinnovi. La quantit
poi sovrabboudante di acqua che conduce la tromba u si versa per uno scaricatore.
Affine di prevenire ogni urto vi sodamente attaccato ad ogni estremit del bilanciere un pezzo fortissimo di
legno, come si vede in I, a Ciascuno di questi pezzi urla contro due molle situate ai lati del bilanciere sopra due
travicelli longitudinali che ne sostengono gli assi e che sono attaccati all'impalcatura che Soppoi ta il bilanciere. Per
impedir poi il rumore che farebbero nella percossa, sono le molle coperte di sughero dalla parte a cui ricevono il
colpo; e quando 1' urto troppo forte esse fauuo suonare un campa
nello, che avverte il macchinista del bisogno che ha la macchimi di essere regolata.
Questa la descrizione della macchina di Watt a semplice effetto. Il nostro scopo di offrire semplicemente un'
idea di questo nuovo genere di macchine; per ci omettiamo di riportare le pi minute particolarit, come pure* i
rapporti fra le dimensioni delle varie parti che le compongono; tanto pi che molte fra le regole preposte dallo
stesso Tredgold sono riguardate puramente ipotetiche, come accenna il suo traduttore francese Meilet (i).
Vili. Crediamo per di far cosa grata ai nostri lettori riportando la descrizione di una nuova macchina non
ricordata da Treilgold, bench le sperienze fossero state cominciate fin dall' anno :8s3; ed la seguente.
Descrizione di una nuova macchina a vapore senza caldaia di Alessandro Scott.
Nel 1823 s'immagin e si esegu il modello di una macchina a vapore senza caldaia, con la quale si fecero
alcune sperienze presenti due abili meccanici ( i fratelli Halliday, che hanno una piccola fonderia presso
Haddiogton); i quali furono invitati per essere testimoni della rapidit con cui si formava il vapore per mezzo di
questa macchina. Essi trovarono il sistema semplicissimo e senza pericolo, e le sperienze cosi soddisfacenti, che
attivarono secondo lo stesso una macchina ad alta pressione d' una forza bastante pei lavori del loro stabilimento.
Il principio quello d' introdurre acqua ad una temperatura qualunque senza che si alteri quella dell' acqua gi
riscaldata, come accade in tutte queste macchine ad ogni colpo della tromba annientatrice. Per costruire questa
specie di generatore si formarono due dischi con alcuni sporti che si corrispondono in ambedue, uno dei quali
tutto liscio, e sull' altro vi si praticata una scannellatura spirale continua dal centro fino a poca distanza dall' orlo.
La loro
(1) Nella nota (a) all'articolo 353.
forma quella delle fig. i. a. Tav. IX. Hanno un diametro di 21 pollici ( 533 millimetri ) non compresi gli sporti; la
grossezza di quello a spirale di pollici i 3/4 (44 millim.), e quella dell'altro di pollici i i/4 (3a millim.); la parte
sporgente di ciascuno ha la medesima grossezza; la scannellatura profonda mezzo pollice, come pure larga nella
parte inferiore, avendo l' apertura superiore di j/8 di pollice ( il millim. ). I listelli Ira le linee dell'incavatura spirale
hanno inversamente mezzo pollice di larghezza alla sommit, e -J& di pollice alla base. Questi dischi sono di getto,
ed hanno la superficie assolutamente piana. Nel mezzo dei listelli poi vi un piccolo incavo che ha il
corrispondente sull' a Itro disco. I due dischi sono congiunti con saldatura di ferro ben preparata, una parte della
quale ottura gl' incavi corrispondenti di ambidue. Le parti sporgenti a, b, e, d, e,f,g, h ( fig. i. a. ) sono riunite con
viti di 5/8 di pollice ( 16 millim. ) quadrate di ottimo ferro, indicate dai piccoli fori quadrati che si veggono nelle
dette figure. Ciascuno di questi sporti, eccetto quello segnato li sono grossi pollici i i/4 ( Se, millim. ), per cui vi
resta uno spazio di mezzo pollice ( il millim. ) fra le parti sporgenti dei due dischi, onde si possano collegare pi
solidamente. Questi due dischi cosi riuniti non formano che la met del generatore; 1' altra met consimile in ogni
rapporto si colloca perpendicolarmente sotto la prima; e queste due parti sono riunite per mezzo di un solido
sostegno di getto alto la pollici ( 3o5 millim. ) di pollici 4 iP
1
( millim. ) di diametro, con un' incavatura interna di
pollici i \f\ ( 3a millim. ), e con due orecchie fortemente attaccate con quattro viti alle due met del generatore; il
quale sostegno passa pel centro dei dischi, ed ha la forma che si vede nella fig. 5.
La fig. 4 rappresenta lo spaccato del generatore secondo la fatta descrizione situato sopir un fornello. Il
generatore sostenuto nel fornello da parecchi beccatelli di getto, della forma rappresentata dalla fig. 5, fermati
nella parete del fornello medesimo per ricevere gli sporti di esso generatore che vanno ad appoggiarvisi. In P vi
il fuoco; A il cinerario, e una parte del cammino, a una porzione del tubo che mette in comunicazione la tromba
premente col generatore, per cui s' introduce l'acqua, la quale circola per le spirali dalla circonferenza al centro
nella met inferiore del generatore, sale per 1' interno del sostegno di mezzo; circola poi dal centro alla
circonferenza della parte superiore, ed esce pel tubo s che conduce al cilindro della macchina. Il tubo T serve a
dar passaggio a quella quantit di vapore che sfuggendo dal cilindro s' introduce nel cammino. Questo generatore
impiegato per una macchina ad alta pressione di piccole dimensioni, che rassomiglia alquanto alla macchina
portatile di Mandslay. Tutto questo sistema sembra essere degno di molta considerazione per la sua solidit ed
eleganza (1).
IX. Riguardo alle applicazioni delle macchine a vapore basta dire, che possono tornar utili ad ogni
macchinismo, io, cui sia necessario d' impiegare una considerabile forza motrice, e per ci s' introdussero,
specialmente dagl' Inglesi, io. Ogni Stabilimento di lavori meccanici. Quindi nelle fabbriche di ferro sono applicate
ai mantici, ai martelli di fucina, ai cilindri riduttori, agli strettoj, alle macchine per ridurre quel metallo in verghe, e a
molti altri usi. Cos nelle filande, particolarmente a cotone, furono impiegate con grandissimo vantaggio (2). Nelle
cartiere si hanno tutti gli utili propri delle macchine a vapore, non essendo diversa la spesa per istabilire queste in
confronto delle comuni (5). Furono pure introdotte nei lavori agricoli; cosi la trebbiatura, la svoltatura (4) e la
macinatura dei grani, lo sminuzzamento delle paglie, la triturazione delle ossa per concime, eia preparazione pel
nutrimento dei bestiami, sono lavori che possono essere eseguiti da una sola macchina a vapore: ma il maggior
vantaggio che pu tornare ai campi per mezzo di queste macchine consiste nell' asciugamento delle paludi ove 1
pae
(1) Questa descrizione fu tratta dalla sezione tecnologica del giornale di Ferussac, Fase, di Aprile i83i, il quale
la desunte dal giornale delle scienze di Edimburgo, Gennaio i83o.
(2) Su quest' applicazione si pu consultare il Compendium 0/ Medianici di Brunlon.
(3) Si vegga 1' opera di Fenwick intitolata Essnys; terza edizione.
(4) Se in questo senso vi il verbo sventare pu introdursi anche il nome corrispondente.
si sono pantanosi, e nel! irrigazione dove regna grande sic citi; ma vi abbisognano ancora molti studj e molte cure
per parte degli agronomi, affine di rendere utile quest' ultimo ramo dei lavori campestri. Non si manc di
procurare, che anche i trasporti per terra si facessero per mezzo di macchine a vapore, ma questa 1'
applicazione che torn meno proficua d' ogni altra, in causa specialmente della particolare conformazione delle
strade che si esige perch la loro azione sia pronta e vantaggiosa; al che si prestano per utilmente le strade di
ferro (i).
Dove per le macchine a vapore riuscirono di singolarissimo vantaggio, fu nell' innalzamento delle acque da
molta profondit, e nella navigazione. L' innalzamento delle acque di una indispensabile necessit per vuotare le
miniere, oggetto della massima importanza nell' Inghilterra, e per somministrare acqua sufficiente a quei paesi che
sono distanti da sorgenti e da fiumi e molto sollevati sopra il loro livello. Celebre la quistione proposta nel secolo
di Luigi XIV., tendente a trovar mezzo di sollevar sei mille metri cubi di acqua ogni giorno all' altezza verticale di
ccntosessantadue metri; ed celebre la macchina allora costrutta dal pratico Rennequiu (2) affine di sollevare le
acque della Senna pei bisogni dei castelli di Marly e di Versailles. Questa macchina per and sempre diminuendo
il suo effetto, finch nel 1818. fu soppressa come inservibile, e ad essa vi fu sostituita un' altra composta di sedici
trombe, otto delle quali sono mosse da ruote idrauliche e le altre otto da una macchina a vapore. Questa sola
macchina pu innalzare 1600. metri cubi d'acqua ogni giorno; essa a doppio effetto ed a vapore ordinario
secondo il sistema di Watt (3}. Celebri sono pure le macchine stabilite nella provincia di Cornovn
(1) Veggasi il supplemento a Vitruvio che seguir questo X. fascicolo.
(a) Il vero nome di questo meccanico era Swolm Kenkin.
(5) Nessun' opera, dice Hachelle, destinala all'elevazione delle acque pu essere paragonata n per la
grandezza, n per la bellezza e lusso di esecuzione, a questo monumento costrutto sotto la direzione del Baione
Mounier e secondo il progetto dei signori Cecile c Martin, il primo architetto, ed il secondo artista meccanico.
glia, in Inghilterra, per le miniere che vi abbondano specialmente di rame e di stagno.
Per conoscere di qual importanza sia l'applicazione del vapore al moto dei navigli, basta, dice Tredgold,
considerare quanto si vada propagando questa maniera di navigazione su tutti i punti del nostro globo ove
prospera il commercio; e soggiuuge che se l'uso tuttora alquanto ristretto bisogna attribuirlo allo stato non
ancora perfezionato di questo nuovo sistema. Il Tredgold dedic a quest'applicazione un'intera sezione della sua
opera, nella quale va esaminando la forma dei navigli considerati rapporto alla stabilit, alla capacit, alla velocit
ed alla forza; i generi dei navigli propr) ai diversi usi; la resistenza ed i modi d'-impulsione; la natura delle macchine
che convengono ai navigli e la forza delle loro parti; la specie del combustibile e la maniera di servirsene per
ottenere il massimo effetto possibile. non proprio dei limiti di quest'opera l'andare sviluppando questi principi.
Chi volesse conoscerli pienamente potr ricorrere all'opera succitata di Tredgold, e specialmente alla traduzione
francese nella quale il signor Mellet in alcune giudiziose note va indicando diversi errori del lesto dipendenti
Specialmente da ipotesi non molto concordi coli' esperienza; e potr altres consultare l'opera dello stesso Mellet
su questo proposito (t).
Noi per chiuderemo questa giunta considerando che il vapore pu somministrare una forza potentissima, e
superiore a tutti gli agenti che si conoscono in natura, e che perci si debba preferire a qualunque altro motore ed
in qualsiasi circostanza, ogni qual volta sia necessario di.produrre un effetto considerabile riunito in HO sol punto.
Ma non bisogna peraltro lasciarsi illudere in tutti i casi, e seguire la mana di taluno, che vorrebbe applicare il
vapore ad ogni meccanismo. L'Ingegnere Lippelh va analizzando questo subbietto in una sua memoria (2), e
mostra la necessit, quan
ti) Esiai tur Ics bnleaux vapeur. Paris Satt. Si pu valere altres 1' opera del Buthanam intitolata Ori
propelling vessels by steum.
(a) Memoria letta all' 1. R, Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova nell'anno i83a. ed intitolala; A,
qualora si abbisogna do si deve far uso di un motore meccanico, di esaminare se le circostanze loculi ofliispro
opportunit di valersi d'altri agenti, come delle acque, del vento e delle forze animali, col mezzo dei quali si
potesse ottenere il medesimo effetto utile con minore dispendio di quello chesiavrtbbe colle macchine a vapore.
Ognuno conosce In ragionevolezza di questa ricerca; eppure la macchina di Watt stabilita a Chaillot, stando alla
relazione di Hacbelte, d un effetto utile che si otterrebbe con braccia d' uomini e con un dispendio quasi uguale.
E se ci accadde oltramonte, ove si trovano tutti gli elementi favorevoli alla istituzione di queste macchine, cio
quantit di combustibile proprio, e povert di ogni altro mezzo, tanto meglio potr accadere, dove gli elementi
stessi Stanno in ragione mversa Laonde conchiuderemo col succitato Iappelli che per prescegliere il vapore ad
ogni altra potenza meccanica bisogna che abbia luogo una delle seguenti circostanze: i. che vi sia un deteiminato
luogo, dove il valor primitivo dei cavalli, la mano d' opera di chi ne ha cura, ed il prezzo del loro nutrimento
ecceda di tanto il valore del carbou fossile da couclnudeie che tutto il vantaggio sta per le macchine a vapore; e
ci ha luogo appunto nell Inghilterra; 1. che abbisogni una forza superiore, a quella di <|Uattro cavalli tendente ad
un elicilo che non si possa utilmente ripartire; 3''. che l'angustia del sito non pei metta di collocare il numero
sufficiente di cavalli, come accade nei navigli. Premesse queste indagini, soggiunge l'autore dell'indicata memoria,
potr l'Ingegnere con Ir iiiqniliit d'animo mettere studio e solerzia nel prescegliere questo o quel congegno per
avere il pi adattato a quel motore, di cui vorr far uso, ed ai iisultamenii the si propone di otleuere. Che se, egli
soggiunge, la nostra rigenerazione nelle arti meccaniche e nei mestieri, non trova alimento nelle rapide ed
abbondantissime acque che discendono dalle Alpi e dall'Apeuniuo, se niun profitto si vuol trai re dai venti che pur
tanto servono al baiavo industre, se le nostre maremme non sembrano som
di una determinata forza, sia necessario, prima di adottare il vapore, di esaminare se si potesse ottenere
con minor dispendio lo stesso d fetlu utile da forze animali.
ministrar quanto basti al nutrimento di
numerosissimi ani- mali, e se la navigazione, in quelle parti dell'lulia ove se ne conserva tuttora un' irnagine, esige
per estendersi assolutamele l'uso delle macchine a vapore; unzuh restarci avvolti nel lacero mantello dell' accidia,
dai buchi del quale siccome da quello del cinico traspare l'orgoglio, ricoediamoci che la nostra trista fortuna
dovrebbe dirsi turpe infingardaggine ed ignoranza, poich la natura tutto ci diede e feconde miniere di metalli, e
carbon fossile per fonderli, e robuste braccia e acuto ingegno per eseguire qualunque meccanismo.
162
GIUNTA III.
VELLS MACCHISI MILITASI AMICHI E MODERNE.
I
Delle macchine militari accennate da Vitruvio.
V itruvio consacra l' estrema parte dell'opera (i) alla descrizione delle macchine militari dei tempi suoi. Noi
omettemmo ogni contento relativo a pi di pagina, e ci riserbammo di parlare in questa Giunta, non gi perch la
cosa in s stessa sia di grande utilit, ma solo per non lasciare scoperta una parte del testo che imprendemmo ad
illustrare.
L'oscurit accompagn continuamente l'opera vitruviana, specialmente per la perdita, dei disegni relativi, ma si
mostra pi profonda che mai in quest' ultime descrizioni, per cui il Filandro con la sua particolar maniera di
scrivere animatissimi d il seguente giudizio apposto in calce al cap. XV. succitato.
Qui nuovamente l'ingiuria del tempo, o piuttosto la negligenza degli uomini apport un' atroce piaga a Yitruvio.
Non bastava che l' utilissima opera di tanto autore fosse Stracciata e deturpata dove parla delle posizioni delle
stelle, che si doveva eziandio indegnamente sformare anche nella parte, io cui tratta delle macchine belliche.
Tuttavia le ingiurie fatte al trattato degli astri si potevano sopportare, poich molti altri autori offrivano le cognizioni
relative; ma insopportabili sono quelle recate a quest'ultima parte, perch non vi esiste alcun monumento che ne
apra, per cos dire, la via, e perch il nostro autore nella medesima cosi maculato, e dir quasi da cancri
deturpato, che lo stesso Esca- lapio, bench tanto celebre presso gli antichi poeti, non saprebbe sanarlo. Molto io
studiai ed affaticai su questo pro
ti) Dal cap. XV. Libi X. sino al fine.
posito, ed impiegai tutta la potenza del mio ingegno per recarvi qualche ammenda, confrontando gli argomenti
dell'autore con alcuui vestigi di monumenti, e con gli altri scrittori, ma a nulla potei riuscire; e forse un ingegno pi
perspicace, che non il mio, potr conseguire ci eh' io non potei.
La costruzione delle macchine belliche degli antichi fu ignorata per lungo tempo, poich 1' invenzione delia
polvere d' archibugio, e le potentissime macchine che si costruirono per la .medesima, fecero obbliarc interamente
tutti i macchinismi dagli antichi adoprati per guerreggiare; a seguo che non vi rimase alcun esempio, n alcun
trattato che 'ne raccogliesse la descrizione. Valturo, Lipsio, Baldo, Buteone ed alcuni moderni, come il Folard ed
il Guischard, e vani interpreti di Vitruvio esposero le loro indagini, ma con poca riuscita. N dagli scritti di Vitruvio
si pu trarre una nozione di quelle macchine, poioh le sue debbono dirsi racconti anzich descrizioni, non
mostrando n la forma, n l' uso, n il sito delle parli, e solo indicandone il nome e le proporzioni, ritenendo che
fosse inutile il parlarne maggiormente siccome di cose a tutti notissime in quei tempi. Ma i nomi ed i termini da
esso adoperati ora non s'intendono, c le stesse proporzioni sono esposta con segni tanto incerti e per s stessi e
per le alterazioni a cui li assoggett 1' imperizia degli ammanuensi, variando nei diversi codici, n accordandosi
con quelli che si riscontrano presso altri scrittori, per cui non si pu menomamente fidarsi.
Daniel Barbaro nella sua versione di Vitruvio scrisse, che abbisognava 1' ajuto divino per intendere tali cose,
perch non vi giovano n i libri di Vitruvio, n alcuna figura delineata, n antiche reliquie. Giocondo produsse la
figura della balista tratta da Ateneo, ma confess di non concepire n questa, n la descrizione di Vitruvio, eh' egli
produceva; Perrault dice che la descrizione vitruviana di queste macchine non pu essere intesa da chi che sia, n
possono giovare quelle di Ateneo, di Vegezio e di altri antichi scrittori, n potersi illustrare con le figure della
colonna Trajana, n con quelle contenute nel libro intitolato notizie dell' impe* ro, n eoa le altre che du Choul
trasse da un marmo anlf> co, u finalmente col modello osservato da Lipsio nell' arsenale di Brusselles. La qual
cosa per non pu recar meraviglia, quando si osservi che diffcilmente possono descriversi macchine senza
figure, e di pi che le descrizioni di Yitruvio sono incomplete e por sua colpa e per colpa del tempo. La figura per
della catapulta offerta dal Perrault corrisponde si poco al testo, che deve considerarsi siccome parto della sua
immaginazione piuttosto che siccome la macchina proposta da Vitruvio. Galiaui non avendo alcuna speranza di
rediulegrare il testo otnmise ogni spiegazione.
Newton per raccogliendo tutto ci che gli fu possibile dai libri antichi, e applicandosi con sano studio speciale,
pot formare alcune descrizioni ordinate, ed offrire le relative figure. Chi volesse riscontrare le une e le altre potr
ricorrere alla sua traduzione inglese di Vitruvio, ovvero all' edizione latina dello Stratico, nella quale questo
comentatore con lunghissime note le rifuse interamente.
Noi per desumeremo solo quanto pu servire a meglio sviluppare le descrizioni delle macchine stesse per non
aumentare inutilmente il volume, tanto pi che il testo fu da noi corretto dietro le interpretazioni meno improbabili
anzich lasciarlo pieno zeppo di inesplicabili sigle.
Le macchine militari degli antichi si distinguevano in eiititone ed in polintone. Con le prime si scagliavano dardi
e saette, con le seconde sassi. Alle uue appartengono lo scorpione e la catapulta; alle altre la balista. Cos intende-
vansi tali nomi guneialmeute ai tempi di Vitruvio; posteriormente per si confusero fra loro.
Lo scorpione era la pi piccola e la meno efficace delle altre; e si chiamava cos per una qualche rassomiglianza
con l' animale di tal nome. Era questa macchina lormata di un arco d' acciajo o di qualche legno elastico; una
corda di nervo o d' intestini passava da una estremit all' altra dell'arco ben tesa; alla met dell' arco travi attaccata
una regola di legno duro scavata superiormente a forma di canale pi largo in fondo che all' apertura; questa
regola si applicava ad una tavola pi larga ( la quale era incavala dalla parte opposta all' arco per poterla
appoggiare al petto J, e si copriva con uu' altra regola, la quale aveva una promi ttenza eli e combaciava col
canale della prima, in modo che vi potesse scorrere. Anche questa seconda regola era superiormente scavata a
guisa di canale, ma semicircolare, in cui si collocava la freccia. L' estremit dell' arco erano incurvate all' ins in
modo, che la corda potesse scorrere sopra la seconda regola senza alcun impedimento. S' infletteva I* arco
finch la corda venisse alf estremit posteriore della seconda regola, ove si fermava con un puntello, e si
appoggiava ad essa la corda della freccia per ci apposita ni cu te incavata; levato il puntello, la corda spingeva la
freccia con una forza eguale a quella della elasticit dell' arco. Tutta questa macchina cos approntata era sollevata
in alto dal sagittario, il quale 1' appoggiava al ventre e mirava il punto che voleva colpire prima di liberare la corda.
Siccome il ventre era il punto d' appoggio, fu anche chiamata gaslrafele.
La catapulta serviva allo stesso uso dello scorpioue, ma la sua forza spingente era molto maggiore. Per
apportare poi un notabile incremento alla potenza, la macchina sopra indicata avrebbe dovuto aumentare di molto
la sua mole, e risultare cos non atta a maneggiarsi; per lo che si dovette variare la sua costruzione precipuamente
in quella parte dalla quale dipendeva la potenza, cio nell' arco. Ma se la potenza dell' arco e delle sue braccia
aumentava, era pur necessario che vi aumentassero le forze che agivano sull' arco stesso; quindi alla forza assoluta
dell' uomo si dovette sostituire un qualche meccanismo, dal quale dipendeva la diversit della costruzione. Queste
diversit erano le seguenti. Invece dell' arco adoperato nello scorpione, si form una macchina rettangolare, la
quale constava di quattro pezzi di legno uguali, posti verticalmente ed a convenienti distanze fra loro, e collegati
superiormente ed inferiormente da due altri orizzontali, connessi con lamine di ferro. Dei quattro verticali, i due
angolari si dicevano paraste, e i due intermedj mesoste. Gli orizzontali poi dicevansi tavole. Il complesso di
questi legni cos riuniti chiamavasi capitello. In ciascuna delle due tavole si praticavano due fori, corrispondentisi
verticalmente, nello spazio che stava fra le paraste e le mesoste. A questi fori si applicavano delle forti verghe di
ferro. Una corda intessuta di tendini o d' intestini d' anima li, passava dalla verga superiore all' inferiore tante volte
alternativamente, quante bastava perch si riempissero i fori in guisa che non potesse pi passarne un sol capo.
Alla met dell' altezza di questa corda, fra i capi che si erano alternati sulle verghe si attraversava una spranga d'
acciaio o di legno elastico, detto braccio, e poi si facevano girare le verghe di ferro finch le corde fossero
costrette a torcersi il pi che si potesse, per cui la spranga andava a premere con molta forza, contro la prossima
parasta, nella quale eravi uu incavo semicircolare atto a riceverla. Ci aveva luogo tanto a destra che a sinistra del
capitello. Dall' intorcimento di quelle corde nasceva una grandissima forza elastica, per cui le due braccia di questa
macchina corrispondevano alle braccia indicate nello scorpione, ma le superavano in forza di gran lunga. La
colonna che formavano le funi contorte si diceva emitono. AH' estremit esterna poi di ciascun braccio vi era un
foro, pel quale passava una fune che si fermava con un' estremit ad un braccio e con l'altra all'altro braccio, e
talmente tesa che potesse tenere le braccia stesse alquanto staccate dalle paraste. Tutto ci che si fino ad ora
indicato della catapulta doveva sostituirsi semplicemente all' arco dello scorpione. Il rimanente della macchina era
formato nello stesso modo. Se poi questa macchina riescivi di tale grandezza che non si avesse potuto facilmente
maneggiarla e dirigerla ai punti cui si voleva, la si collocava sopra una base in modo costrutta che si potesse
conseguire tutti i necessari movimenti. Questa base constava di un fulcro o colonnetta alta due piedi e tre pollici (
784 millim. circa ) solfolta da tre legni situati sul terreno ed attaccati alla sua estremit inferiore e da tre braccia
che con un' est remi la appoggiavano a quei tre legni e con 1' altra all' estremit superiore della colonna. Questa
estremit superiore poi si conformava in un asse cilindrico, il quale penetrava in un bossolo, su cui si appoggiava la
macchina; il bossolo e la macchina stessa erano attraversati da un asse di ferro orizzontale, intorno al quale la
macchina aveva uu moto Verticale; unitamente al bossolo poi girava nel senso orizzontale. Le catapulte erano di
varie dimensioni; fra le pi usitate per si annoverano la trispitamale e la tricubitale, cosi dette dalla lunghezza
dell' asta che potevano lanciare, cio- di tre spanne, e di tre cubiti. Le proporzioni poi della loro parti date da
Vitrnvio sono corrotte, n si pu prestar loro una piena fede. Erone per dice che tutti i rapporti si debbano
determinare con la sperienza. Filone ne accenna alcuni, ma con grande discrepanza da quelli di Vilruvio. S
accordano peraltro nel dire che tutti quei rapporti debbano ipendere dall' ampiezza dei fori praticati nelle tavole
orizfentali, servendo questi di modulo siccome il diametro deismo scapo serve a determinare le varie parti di una
colon* ni e che il diametro dei fori medesimi debba eguagliarsi alU nona parte della lunghezza della lancia che si
vorrai cacare. Le sigle, che per esprimere questi rapporti furo* 00 s'oprate da Vitrnvio in questo capitolo e nei
successivi*, ed al quali noi abbiamo nel testo sostituite le pi probabili in>
r
pretazioni, si veggono esposte nella
seguente tabella.
gli altri prendono questi due ultimi sgni come
divisioni dei periodi.
La balista era consimile alla catapulta e differiva soltanto uelP avere il medio intervallo del cartello molto pi
ampio, perch serviva a scagliare grandi sassi. Erone assiti me per questo intervallo il doppio della lunghezza delle
braccia; per. lo che si costruivano separatamente le due parti che contenevano le corde, indi si collegavano con
due lunghi legni orizzontali, detti come prima tavole, le quali anzich rettangolari si facevano di forma romboidale.
Costrutto poi il capitello, lo si collocava sopra un LiVolato orizzontale formato di varj travi equidistanti collocaci
nel senso della lunghezza del capitello, congiunti con al tri travi trasversali, e coperti ,con tavole. Questo tavolati
corrispondeva alla cos detta tavola nello scorpione. Sopr| di questo se ne collocava un altro similmente ! costrutto
cori rispondente alla regola dello scorpione, e tale che sporgevi d' ambe le parti dal primo tavolato. Questo
secondo sosteneva i sassi da scagliarsi, ed era collegato al capitello; tutto il rimanente era disposto come nella
catapulta. Si doveva poi disporre le parti di questa macchina in modo, che li corda, la quale univa le due braccia
del capitello, nello stendersi andasse a colpire il sasso verso il suo centro; e per ch il colpo fosse pi preciso la
corda dell' arco non si testi Beva cilindrica, ma parallelepiptda, avente alla sua met uflj nello, nel quale s'
internava 1' uncino che la teneva ripiel gata. Queste macchine dovevano essere formule del legni} pi duro e forte
che fosse possibile, combinando per tutti quella leggerezza che fosse compatibile cpn la solidit, onde facilmente
si potessero tradurre da un luogo all'altro. E per questo si costruivano tutte le parti separatamente; ad eccezione
delle due che contenevano gli emitoni, composte di Una parasta e di una mesosta, le quali erano tutte di 114
pezzo. La balista era poi sostenuta da una base, accennata lauto da Vitruvio che da Erode, ma non descritta;
sembra peraltro che non differisse da quella che reggeva la catae pulla, come si pu dedurre dai' termini adoperali
da Vitruvio per accennare alcune parli.''
Dopo avere indicate queste' macchine Vitruvio raccoglie nel capitolo XVII. le principali regole della balista,
relative alle macchine stesse. Stabilisce in primo luogo che la 'grandezza dei sassi da scagliarsi debba essere
proporzionale ai diametri dei fori praticati nel capitello; e la legge di questa, proporzionalit si vede nella seguente
tabella, nella quale lo Stratico aggiunse anche i rapporti accennati da Boteone e da Filone.
II metodo poi indicato da Brone per proporzionare l'ampiezza del foro al peso delle pietre questo.- si
moltiplichi
(il La mina era un peso amico, che corrispoiuleu a cento once nell'Attica, ed a centosessanta in Alessandria.
Secondo lo Sualioo, Erone, di' era Alessandrino, adoper <|uest' ultima, e Vitruvio che seguita i precetti greci r
abbia pure adottata.
(a) I diametri sono espressi in pollici.
per cento il numero eh' esprime il peso della pietra, si eslragga la radice cubica del prodotto, ed al risultato si
aggiunga la sua decima parte. Buteone invece stabilisce, che data l' ampiezza del foro per una pietra di qualunque
peso, si avr 1' ampiezza necessaria ad un altro peso determinalo prendendovi due medie proporzionali.
Vitruvio, alle indicazioni delle p re fa le macchine fa seguire l' esposizione del modo, con cui si dovevano
contorcere le Corde, nelle quali consisteva la principal potenza della macchina; e dice che dovevano torcersi in
modo, che toccate rendessero un suono eguale. Al che Perrault ed altri osservarono non essere cosa tanto facile
che un fascio di corde della grossezza di otto pollici tessute con capelli potesse mandare un suono sensibile. Ma
soggiunge lo Stratico che questa difficolt proveniva dalla falsa idea che si erano formata di tale macchina; non
dovendo supporsi che il suono si traesse dal fascio intero, ma da ciascuna corda che lo doveva comporre; e ci
era necessario perch potessero i due fasci essere egualmente tesi, onde non fosse un braccio stirato pi che V
altro, lo che avrebbe prodotto un cattivo effetto, venendo il progetto scagliato dalla forza di un sol braccio, e
perci in direzione obbliqua.
Queste corde si formavano con tendini animali, fra cui si preferivano quelli delle gambe di cervo, e del collo di
bue; ma ad ogni altra cosa si preferivano i capelli di femmina, perch si giudicavano pi forti.
Gli antichi per ebbero catapulte e baliste di forma alquanto diversa dalla sopra indicala. Filone dice di avere
fatto in tali macchine molti cangiamenti e di averle perfezionate. La catapulta trovata da Lipsio nell' arsenale di
Brusselles era simile alle precedenti, ma aveva alcune modificazioni secondo Filone. Le descrizioni che ci diedero
Yegezio 'e Marcellino, che vissero molti anni dopo Vitruvio, mostrano che in quell' intervallo di tempo le macchine
belliche avevano cangiato forma e denominazione; trovandosi presso di loro chiamate baliste quelle macchine che
scagliavano dardi e saette, ed onagro (a) quella che serviva a lanciar
(1) Asino selvatico.
pietre dal nome di quesl' animale, del quale si raccontava che scagliasse pietre contro i cacciatori che lo
inseguivano.
La potenza di queste macchine molto esaltata dagli antichi. Ateneo riferisce che una catapulta lunga un piede
era atta a scagliare un dardo alla distanza di mezzo miglio; e dicesi che alcune scagliassero le frecce al di l del
Danubio. Le baliste gettavano travi grandissime, e lande lunghe ben dodici cubiti, e pietre gravi per
trecentosessaota pesi romani (i). L Polibio fa menzione di pietre scagliate dalle baliste, le quali impedivano l'
ingresso nel porto alle navi nemiche.
Giuseppe accenna pure diversi esempi della loro potenza, cio che si atterravano colle medesime e piramidi e
torri, e si rovesciavano le intere file di soldati; e la esalta a segno di eguagliarla a quella degli stromenti bellici dei
nostri giorni, ci eh' appena credibile, al dir dello Stratico.
Dopo di aver parlato di queste macchine il nostro autore accenna quelle che servivano all' assalto delle fortezze.
Ci che dice sulle medesime chiaro quanto basta, aggiungendovi quelle poche note che abbiamo apposto in
calce ai singoli capitoli.
Quindi lasciando queste erudizioni inutili pei nostri giorni, accenneremo alcune cose relative alle macchine
moderne.

IL
Delle macchine militari moderne.
Parlando di una macchina non si pu a meno di accennare la forza motrice della medesima, siccome la causa
primaria dell' effetto che ne risulta; quindi volendo indicare le macchine militari d' oggid fa d' uopo dire alcun che
sulla polvere chiamala d' archibugio, poich dalla violenta elasticit della medesima, accesa che sia in uno spazio
ristretto, dipende la potenza di tutte le macchine medesime destinate cosi all' attacco dell' inimico, come alla difesa
di s stessi.
(1) Un pno romano equivaleva a novantasei mine.
Nessun conosce precisamente il tempo n l'autore di questa scoperta, e il sig. Alleni, (1) ci dice soltanto che
s'incominci a farne uso nella guerra al principiar del secolo XIV.
La polvere d'archibugio un perfetto miscuglio di salnitro, di zolfo e di carbone. Il rapporto fra questi fattori
varia secondo l'uso a cui viene destinato il prodotto (1). Carnet (5) riferisce che dietro molti sperimenti la
proporzione riguardata siccome la migliore di settantasei parti di salnitro, nove di zolfo, e quindici di carbone,
per ogni cento parti di polvere. Soggiunge poi che il carbone pi proprio per questa polvere quello di legno
bianco non resinoso, come il pioppo, il salcio, il nocciuolo ed altri. Al legno si preferisce in molti luoghi la lisca del
lino e della canape, e con grande vantaggio dietro molte sprrienze. Per formar poi quest'esatto miscuglio erano
necessarj mulini e macchine complicate prima che il sig. Carny immaginasse un metodo facile, praticabile in
qualunque luogo senza bisogno di mantenere grandi magazzini di polvere, spesso causa di funesti accidenti.
Consiste questo metodo nel polverizzare separatamente le tre sostanze componenti, iudi porle nelle prescritte
proporzioni in botti munite di piccole striscie rilevate nella parete interna; vi s'introducono altres alquante palle di
rame; si fauno girare le botti con manubri, per cui le striscie
(1) flisloire du Corps royal du Gi'nic. i8o5.
;}) Hachette nel suo trattato delle macchine dice che nelle fahbriohe della Francia queste sostanze sono
proporzionate nella maniera seguente per un peso di mille parti.
e le palle percuotendo continuamente le materie ne fanno in poche ore un miscuglio perfetto. Dopo di che per
ridur la polvere in granelli, si umetta alquanto il miscuglio e lo si riduce per mezzo della pressione in sottili strati
consistenti; i quali si riducono poi a piccole particelle che si fauno passare per lo staccio, onde separarne i granelli
a seconda della loro grossezza. Anzi le sperienze eseguite dal generale Aboville in compagnia del Cavalier Borda e
del sig. Pelletier mostrarono giusta l'osservazione di taluni, che un semplice miscuglio delle indicate sostanze ben
triturate fatto all'istante aveva quasi egual forza della polvere battuta.e granita. E si mostr pure con altre sperienze
che il salnitro ed il carbone senza zolfo producono una buonissima polvere.
Il peso poi della polvere ordinaria di circa novanta grammi per ogni decilitro; ed il suo peso specifico, ridotta
che sia in polverino ed ammassata, i, 66. S'infiamma con detonazione a 294. del termometro centigrado,
temperatura che determina la combustione dello zolfo.
Per costruire poi le macchine per mezzo delle quali si inette in attivit questo motore era necessario di
conoscere la forza elastica dei fluidi aeriformi che nel!' accensione della polvere si svolgono all' improvviso in gran
copia. Si conobbe che questa forza dipendeva solo dalla densit, poich la temperatura costante: ma il rapporto
con cui cresce la forza non lo stesso di quello con cui cresce la densit, come credeva Robins (i) poich le
sperienze di Rumford (?) provano che l'elasticit cresce in una proporzione molto maggiore della densit. Le
stesse sperienze dimostrano falsa la proposizione sesta dello stesso Robins, cio che il massimo grado di forza
corrispondente al massimo grado di densit eguagliasse la pressione di mille atmosfere, poich si trov che alla
densit due la forza era come cento, ed alla densit diciotto come 85/(7, esprimendo con questi numeri l'altezza di
una colonna di mercurio insistente sulla sezione della bocca del tubo. Quest' ultimo risultato esprime una forza di
(l) Principe* <f arUlltrie, tradotti in francese da Lombari, e cementali da Eulero. Dijon 1783.
(a) Vedi le transazioni filosofiche del 1797.
gran lunga maggiore della massima calcolata da Robins, bench la densit non sia la massima (i).
Oltre alla determinazione della forza elastica dei gas che si sviluppano nell' accensione della polvere era
necessario di conoscere la durata della sua infiammazione. Molte sperienze furono fatte, e si pot conoscere
soltanto che vi un qualche rapporto col peso della polvere sotto un egual volume, cosi due qualit di polvere che
sotto lo stesso volume avessero i loro pesi come i numeri 90: 100, il rapporto fra le durate dell' infiammazione
come 63: too. Di pi che l'accensione pi rapida se la polvere chiusa di quello che all'aria libera; ma non per
tale che nelle armi da fuoco si possa riguardare siccome istantanea, poich si trov che il tempo impiegato dalla
polvere per infiammarsi completamente sufficiente per produrre differenze calcolabili negli effetti. Le sperienze
relative si possono vedere nelle opere del cav. d' Arcy (1) e del signor de Villantroys (3).
Dalla circostanza, per cui la polvere non si accende istantaneamente, e per cui quella parte che prima si accese
allontana 1' obice, ed il rimanente si accende in uno spazio meno angusto; unita all'altra che l'obice stesso non
chiude mai perfettamente l' apertura di un pezzo di artiglieria, ne segue che uon si spezzi il tubo; ci che
avverrebbe facilmente se la polvere agisse colla massima forza, di cui capace.
Non avendosi pertanto determinato con precisione n la forza elastica della polvere convertita in gas, n la
durata della sua infiammazione, non si pot calcolare 1' effetto dinamico assoluto, n l' effetto utile che si riduce a
quello che produce 1' obice lanciato per l' esplosione. Si dovette quindi appagarsi dei risultati, sempre alcun poco
incerti, della sperieuza. I primi tentativi per determinare la velocit iniziale d' un progetto furono fatti dal
sunominato Robins con felici successi. Huttou replic le sperienze pi in grande dal
(1) fillantroys in una nota alla sua traduzione d" Huttou, calcola che la forza elastica del fluido sviluppato dalla
polvere sia per lo meno da venti a trenta mille volte quella dell' aria atmosferica.
(a) Essai d' une thorie d' Artillcric. Paria 1760.
(3) Obteryations tur un nowcl ouvrage (C grullerie, 1818
IJ83 fino al 1791, e vi trov molta conformit nei risultati, viemaggiormente confermati da quelle che continu il
signor Gregory fino al 1817. Questi risultati dedotti dalle sperienZc sopia un motore* il quale, come osserva
Hachelte, form epoca nella storia dell' incivilimenlo, debbono interessare il maggior numero degl' ingegneri, e
quindi non possono trasaudarsi quando si voglia indicare le principali applicazioni della meccanica. Noi per
inviando quelli che bramassero di conoscere i metodi delle spenenze al suddetto trattato delle macchine di
Hachelte, nel quale vengono interamente riportati (1), non faremo qui che semplicemente accennarli come segue.
1. La celerit di una palla proporzionale alla radice quadrata del suo peso, finch la carica uun oltrepassi la
mela del peso medesimo. Aumentando la carica diminuisce il rapporto della velocit, perch cresce il rapporto fra
lo spazio occupato e la luughezza totale del cannoue; ci che non avrebbe luogo se questa lunghezza potesse
crescere iudetiuitivamrnte.
2." La velocit della palla aumenta con la carica fino ad un certa termine particolare per ciaschedun pezzo,
oltrepassato al quale se aumenta la carica diminuisce gradatamente la velocit fino al punto in cui tutta l'anima del
cannone sia ripiena di polvere. La carica coriispoadeute alla massima velocit tanto maggiore quanto pi luogo
il pezzo, ma nou cresce per proporzioualruenle alla lunghezza medesima. La porzione di anima ripiena di polvere
per questo , massimo, relativamente alla lunghezza totale, minore nei pezzi lunghi che nei corti, trovandosi ad un
di
presso che la lunghezza della parte ripiena sta in ragion inversa della radice quadrata di quella della parte vuota.
3. La velocit aumenta con la lunghezza del cannone, ma non per nello stesso rapporto; e si trov che le
velocit hanno un rapporto alquanto minore di quello che passa fra le radici quadrate delle lunghezze dell' anima,
ed alquanto maggiore di quello che ha luogo fra le radici cubiche delle medesime.
v'. Per uno stesso pezzo, e sotto uno stesso angolo di projezione, le portate aumentano in un rapporto molto
minore di quello delle velocit, avvicinandosi quasi a quello delle loro radici quadrate.
5. Nelle stesse circostanze le durate delle proiezioni stanno a un di presso come le portate.
6. Non si trov differenza nella velocit e nella portata pel variar del peso del cannone o del grado di forza nel
battere la carica, od appiccando il fuoco a diversi punti della carica.
go. Un piccolo incremento nell'arra (1) della palla produce una gran perdita nella velocit. Con Varia comune, che
suol essere 1/30 del calibro si perde per lo meno da t/3 ad 1/4 di carica; e se la palla ancor pi piccola, come
tal volta accade, se ne perde anche la met.
8. Variando le cariche si trova che le velocit stanno come le radici quadrate dei pesi della polvere.
po. Le velocit non variano sensibilmente sia che il cannone possa oscillare liberamente sul suo asse di
sospensione, ovvero che sia attaccato al suo carretto, o sia che questo possa o non possa rinculare.
io. L' effetto dinamico utile di un grarama di polvere da guerra di buona qualit si calcola di 35,83. ritenendo 1'
unit dinamica quella di un chilogramma innalzato ad un metro. Varia per quest' effetto non solo con la forma e
colle dimensioni della bocca da fuoco, e con la qualit della
(1) Aria o Vento della palla neh" artiglieria significa la differenza fra il calibro del pezzo, ossia il suo diametro
interno, e quello della palla, differenza stabilita perch questa ti entri e si esca facilmente senza produrre grande
attrito nell' anima del cannone, lo che ritarderebbe il moto della palla, e consumerebbe il metallo del pezzo troppo
presto -, est anche perch la palla possa entrarvi anche rovente
Vnzvrio, Lib. x. 13
polvere, ma beo anche col peso della carica. Quindi da varie sperienze si dedusse una forza Media di 26, a5.
chilogrammi innalzati ad un metro (1).
Venendo ora a parlare dei mezzi, pei quali si mette in attivit questo potentissimo motore, i cui sorprendenti
effetti non differiscono da quelli del vapore ( se non si voglia dire che il primo arrec all' uman genere molto
maggiori danni, di quello che il secondo non abbia apportato vantaggi), si osservi che generalmente la forma di
questi mezzi o macchine si riduce ad un recipiente pi o meno allungato a guisa di tubo, con un'apertura pi o
meno grande per la quale s' introduce la polvere ed il proietto che si vuole lanciare; questo recipiente chiuso
dalla parte opposta, ed ha solo nella parte superiore un piccolo foro, detto focone, per cui si applica il fuoco alla
polvere, la quale infiammandosi, e quasi istantaneamente evaporandosi spinge con grandissima forza, dovuta all'
elastica dei gaz che sviluppa, tutto ci che le sta dinanzi, comunicandogli una determinata velocit di proiezione, la
quale combinata alla gravit che agisce ontinuamente su tutti i corpi, fa descrivere al projetto una traiettoria, la
quale si trov essere una curva parabolica, alquanto alterata per l'intervento della forza passiva che oppone la
resistenza dell' aria.
Le diverse dimensioni per date a questi pezzi fecero s che loro si applicassero diversi nomi, e perci negli
antichi trattati di artiglieria si trovano indicati la colubrina, il sacro, 1' aspide, il passavolante, il dragone, il mortajo,
il falcone, il falconetto, il pellicano, lo smeriglione, e tanti altri uom bizzarri immaginati per sorprendere alla stessa
maniera che i masnadieri di quei secoli si chiamavano taglia-teste, spacca-monti ecc. (1). Quando per si
volesse denominare genericamente questi pezzi, si p*
(1) Veggasi la tavola sulle velocit minali in fine di questa Giunta. fa} Cbi volesse vedere i nomi ed il calibro di
uu gran numero di pezzi d'artigliera antica pc': consultare le Mmoires d
1
Artillerie d* Suviery de S. Remy, e
cos pure I' operetta di Alessandro Capo Bianco Vicentino, intitolata: Corona e palma militare di artiglieria,
stani-pata in Venezia nel i5o,8, nella quale tratta delle forme, degli usi del maneggio dei varj pezzi tanto di terra
che di mare.
Irebbe chiamarli cannoni dalla parola canna o tubo eh' la parte principale di tutti. I primi cannoni furono di una
grandezza smisurata, credendosi allora che 1' effetto stasse in proporzione del loro volume. Si narra che i Turchi
ne avessero di quelli che portavano palle del peso di trecento libbre; ed anzi che all' assedio di Costantinopoli ne
avessero di quelli che portavano palle di milleduecento libbre; se ci vero ognuno pu immaginarsi il volume di
queste macchine quanto enormi altrettanto inutili. Questi pezzi per si denominavano anche col numero eh'
esprimeva il peso delle palle che portavano, e perci si disse cannone da trenta, sacro da venti, ecc. la qual
denominazione si conserv tuli' oggi esclusivamente.
Il marchese de Valiere fu il primo che, conoscendo l'inutilit dell' enorme lunghezza dei pezzi d'artiglieria, ne fece
un miglioramento, lo che diede luogo in Francia ad un'ordinanza del 1732, per la quale si ridussero tutti i calibri a
cinque specie soltanto cio da 2^, 16, la, 8, 4;
c
'
ie
furono poi nel 1766. distinti in pezzi d'assedio, e di fortezza
merc le innovazioni introdotte nel servizio dell'artiglieria dal marchese di Gribeauval; che si ridussero poi ad una
maggior semplicit nell' anno undecimo della Repubblica francese, essendo stati adottati semplicemente quelli di
24, 12, 6, in quanto per alle fazioni di terra, poich in mare fanno d'uopo di pezzi maggiori, e per ci tuttora se
ne adoprano di 36, 24, 18, 12 8, 6, 4- Questi pezzi sono detti regolari, ed i nomi di quelli impiegati pi
comunemente sono: cannone, raortajo, obizzo e petriera. Vi si aggiungono per gl'irregolari, i quali secondo
Carnot, possono riuscir utilissimi in una fortezza assediata in causa della loro leggerezza, per cui possono essere
trasportati facilmente anche a mano e collocati sull' istante ove maggiore il bisogno. Fra questi pezzi irregolari
Carnot distingue i cannoni alla Rostaing di una libbra di palla; le spigole o petriere da nave di tre libbre, che si
caricano per la culatta; e i passatempi inventati dal maresciallo de Saxc che lanciano una palla di ventiquattr' once
alla distanza di quasi tremila metri.
Il cannone trae il suo nome dalla voce italiana canna, poich in Italia, dice un autor francese, fu la culla delle
arti, a cui si devono quasi tutte le moderne scoperte. Non si conosce precisamente l' epoca in cui fu inventato il
cannone e solo si pretende che gli Spagnuoli ne facessero uso nel i343. alla battaglia di Algezir; divenne comune
per nel quindicesimo secolo, in cui nacque per conseguenza una totale rivolta nell'arte militare, specialmente
nell'assalto e nella difesa delle fortezze. Quest' arma terribilissima riusci per meno distruggitrice di quelle che la
precedettero, bench abbia messe le nazioni in grado di opporsi con felice successo alle invasioni nemiche, per cui
l'Europa non fu pi coperta da quelle immense orde di barbari che la devastarono continuamente, ed in ispeciblil
nei primi secoli dell'era cristiana.
Le parti principali di un cannone sono il rosone (1) col suo bottone; la culatta che forma il fondo posteriore del
tubo, il primo rinforzo; il secondo rinforzo; la volata; il collare, eh' la parte pi rastremata fra il cercine e
l'astragalo, e che forma con questi l'estremit anteriore; gli orecchioni con le loro basi, che sono quelle parti
rotonde situate verso la met, e che servono ad appuntare il cannone restando sopra gli stessi siccome in
equilibrio, i manichi, l'anima, eh' la cavit, entro alla quale si mette la (polvere e la palla; la bocca, cio l' apertura
del tubo al suo principio; il focone, ossia quel piccolo foro praticato presso la culatta, a cui si appressa la miccia
per appiccar il fuoco alla polvere; le modanature che servono d' abbellimento; e finalmente la bietta che serve a
rialzare e che si adopera solamente nei pezzi da battaglia. Il seguente quadro offre le principali dimensioni dei vari
pezzi di cannone usati durante il governo italico.
(i) Quota parte, che forma 1' estremit posteriore della macchina, detta dai francesi cul-dclampe, perch ha
la forma del fondo di uua lampada da chiesa.
I pezzi del calibro da 12. fino a quello da 4- si distinguono in lunghi e corti; i primi si adoprano nelle fortezze, i
secondi nelle battaglie campali.
In tutti i pezzi lunghi dal calibro di i\. fino a quello di 4. la lunghezza della culatta, quella del pezzo vicino al
.focone, ed alla maggior entasi del cercine, come pure la lunghezza e il diametro degli orecchioni, si eguagliano
sempre al diametro della palla, cio sono un po' minori del diametro dell'anima del cannone.
L' aria della palla si stabil tanto pel cannono quanto per ogni altro pezzo di artiglieria di millimetri due ed un
quarto all' incirca; ed il diametro del focone di millimetri 5,6a.
L' asse degli orecchioni situato un po' inferiormente a quello del pezzo. L' anima nel suo fondo ritondata per
un' Ottava parte del calibro.
Il peso dei pezzi di cannone a seconda del loro calibro si vede nella seguente tabella.
Dalla sovrapposta tabella si deduce che in una media prossima il peso dei pezzi d'assedio e di fortezza
corrisponde a 260. volte quello della loro palla; ed il rapporto Ira il peso dei pezzi da campagna e quello della
loro palla di i5o. soltanto; ritenendosi che il peso della palla di ferro fuso corrisponde a un di presso alla sua
denominazione, ma che aumenta alcun poco se invece sono di ferro battuto.
La carica ordinaria d'un cannone, cio il peso della polvere che vi s'introduce, quando si tira a palla di circa
un terzo del peso di questa; se il tiro a cartoccio si aumenta la suddetta carica di un quarto di libbra; se poi si tira
a rimbalzo (1) la carica molto variabile, poich ad esempio nel pezzo da 24- pu essere da tre libbre fino a
meno di una, e negli altri pezzi a proporzione del cValibio.
Riguardo al tiro di cannone da avvertirsi che special
mente nelle fortezze marittime e lungo le spiagge si d'oprai no spesso palle roventi. L'arroventamelo si effettua uei
fornelli a riverbero inventati dal generale Meunier, dai quali si ottiene economia di tempo e di spesa. questo
fornello un massiccio in muratura di mattoni formante un vuoto a volta, in cui si dispongono le palle in pi file
inclinate peich si possano facilmente far uscire quando sieno arroventate. La fiamma che circola sotto questa
volta fra le palle pr dotta da un fuoco di legna collocate sopra una graticola adiacente, al di sotto della quale vi
un cinerario. Le palle si dilatano poco pi di un millimetro, per cui possono tuttavia entrar nel cannone in grazia
dell' aria della palla. Per evitar poi tutti gli accidenti si adoprano cartocci di polvere molto grossi e sani, a cui si
sovrappone uuo stopaccio di fieno secco, indi un altro di fieno bagnato in modo che riempia l'anima esattamente,
e lo stesso si pratica dopo aver posta la palla; oppure invece di questi stopacci si adopera della terra grassa.
Si usano pure palle incendiarie, le quali sono formate di una carcassa di ferro riempita e circondata di materie
sommamente combustili che si accendono al momento dello scoppio della polvere nel cannone, ed appiccano il
fuoco alle masse combustibili contro le quali vanno ad urtare (i).
Finalmente si usano palle forate simili a piccoli obizzi senza fondo, le quali scoppiano dovunque vadano a
cadere, facendo l'effetto di piccoli fornelli da mina, ma sono pericolose molto anche a chi le tira.
A queste indicazioni sulla forma di un cannone aggiungeremo la spiegazione della frase inchiodare un cannone.
Essa significa cacciare a forza un chiodo nel focone perch non possa pi servire, ci che si pratica dal nemico
quando non sia a tempo di trasportare i pezzi lasciati sul campo dopo una fazione. Si adopra a tal oggetto
ordinariamente un chiodo d' acciaio quadrato che s'introduce a colpi di martello rompendogli poi la testa perch
non possa pi estrar
li) Oggi si usano i cos detti razzi alla Congrue, ma i vuol fare un muter sulla loro costruzione, e per ci noi non
tenteremo di srelarlo.
Bi, e ribadendogli la punta col bastone (i). Per ischiodarc un cannone s'introduce una carica di polvere con palla,
stoppacci misti a polvere per dargli fuoco dalla parte della bocca, ci che spesso ha luogo quando sia stato
inchiodato nella maniera suindicata. Che se si voglia con pi sicurezza mettere un cannone in istalo che non possa
pi servire ai caccer a tutta forza fino al fondo una palla involta nel feltro.
Questa macchina poi per essere messa in azione ha bisogno di una carretta, che la sostenga, e sopra la quale
possa muoversi in senso verticale. Le carrette da cannone, bench tutte simili, hanno qualche diversit secondo la
diversit dei pezzi, e perci si distinguono quelle d'assedio, quelle da difesa, quelle da battaglia, quelle di spiaggia,
quelle da mortaio ecc. Per esempio la carretta per un pezzo di cannone da battaglia consta di due (lasche (s), di
tre calastrelli (3); uno dei quali serve per la volata (4), il secondo di sostegno, ed il terzo di lunetta di due ruote, e
di un suolo attaccato 1 calastrello di volata con una cerniera, oltre alle ferrature necessarie. Ciascuna ruota
composta di un MOZZO (5), in cui si distingue il maggiore ed il minor capo e la pancia, di sei quarti (6), di dodici
raggi, in ciascuno dei quali si distingue il corpo, la zampa eh' entra nel mozzo, ed il fuso ch'entra nel quarto, e di sei
caviglie di unione.
In quelle carrette poi che servono per gli altri pezzi vi ei aggiungono all' uopo delle viti, delle chiocciole, degli
assi, ed altre parti accessorie che si trovano descritte nei trattati di artiglieria.
(i) Il bastone in artiglieria un bastone ordinario munito ad un.* tremila di un grosso bottone piatto.
(a) Le fiasche sono due pezzi di legname che costituiscono le parli laterali della carretta.
(3) I calastrelli sono pezzi di legno, o traversi che collegano fra loro le fiasche per formare un sol tutto.
(4) Dicesi volata la parte del cannone compresa fra gli orecchioni e la bocca.
(5) Mozzo quella parte della ruota, in cui s' infiggono i raggi, elie viene attraversato dall' asse.
(6) I quarti sono quei pezzi di legno incurvali che formano la circonferenza della ruota.
Lo scopo per principale della carretta di sostenere il pezzo in modo che possa prendere diverse inclinazioni
all' orizzonte, dalle quali dipende come ognuno sa, la portata del pezzo, ossia la distanza a cui slancia il projctlo.
Questa dipende dalla natura del moto composto a cui va soggetto 1' obice appena uscito dalla bocca, cio a
quello impresso dalla forza elastica e che dicesi di proiezione, il quale uniforme, ed a quello che g' imprime
continuamente la gravit e eh' uniformemente accelerato in senso contrario al primo, dalla quale composizione
risulta che il proietto descrive una parabola, il cui parametro il quadruplo dell' altezza a cui giungerebbe il
proietto medesimo se ubbidisse unicamente alla forza di projezione. Carnot offre diverse tavole per la portata dei
vari pezzi, delle quali noi riporteremo qui la seguente relativa ad un cannone da 24. caricato con nove libbre di
polvere, da noi ridotta a misure metriche.
Noi abbiamo data una descrizione alquanto estesa del pezzo detto propriamente cannone, poich tutti gli altri
pezzi si riferiscono al medesimo non differendo nella disposiziona generale, ma solo nelle parti e nelle dimensioni.
Cosi il mortaio non che un cannone pi corto dell' ordinario, e che serve a slanciar bombe, e che uno dei primi
pezzi che si sieno adoperati nelP artiglieria, essendosi con questo strumento slanciate le prime bombe nel 1588.
Ha questo nel suo fondo una concavit particolare che dicesi camera, e che serve alla pi completa iufiammazione
della polvere. Si danno anche ai mortaj diversi nomi desunti dal diametro della loro anima contato iu pollici, e si
noverano da 12, da 10. a gran portata, da 10. a piccola portata, e da 8. Il morlajo da la. ha le seguenti dimensioni
riferite da Carnot, e che noi traduciamo in misure metriche, prendendo per unit il millimetro. Diametro dell' anima
3a5; profondit dell' anima una volta e mezzo il suo diametro; diametro della camera cilindrica cogli angoli in
fondo ritondati 126; profondit della camera 149; aria della bomba 3; lunghezza degli orecchioni 162; diametro
degli orecchioni 216. Il peso del mortaio di 3i5o. libbre, quello della bomba 147, la carica della bomba piena di
17, la carica sufficiente per fare scoppiare la bomba di 5, la carica a camera piena senza bomba di tre libbre e
sette once, e con la bomba di tre libbre e due once.
Gli altri mortai hanno piccole diversit nelle quantit sopraesposte. Vi sono poi i mortai detti alla Corner, che
hanno la camera a cono troncato colla base maggiore verso la bomba; la loro portata pi grande, ma
consumano pi polvere.
Gli obizzi sono una specie di mortai che si tirano orizzontalmente come il mortaio ordinario, ma che hanno un
suolo con ruote a somiglianza del cannone. Furono inventati dagF Inglesi e dagli Olandesi. Se ue contano di tre
sorta dal numero dei pollici del loro diametro, cio da 8. da 6. e da 5. poi. 7. lin. 2. punt. L' obiito da 8. ha il
diametro interno di millimetri 223; l'aria del projetto di 2; la profondit dell'anima tripla del suo diametro; il
diametro della camera di 81. millimetri; la sua profondit di 189 con gli angoli ritondati al fondo; la lunghezza degli
orecchioni di 108; il loro diametro di 119. Il peso del pezzo di 1096. libbre, quello del proietto di 43; la carica
del progetto pieno di 65. once, quella bastante per. larlo scoppiare di 16 e quella a camera piena di 18. Le
dimensioni e le altre quantit ora accennate variano poco nelle altre specie di questa macchina.
Le petriere non si usano pi che in mare, e Saint Reme dice che fin dal suo tempo si erano fuse tutte quelle che
si trovavano negli arsenali. Alcuni per pretendono che potessero tuttora riescire di qualche utilit. questo pezzo
un piccolo mortaio con cui si scagliano pietre, chiodi, ferra, ture ecc. Se ne distinguono due specie, una delle quali
si carica come il mortaio ordinario mettendovi in esso un paniere ripieno di pietre e di ciottoli invece della bomba;
l'altra poi si apre generalmente dalla parte del fondo; la camera pu essere levata, e la si carica da quella parte,
anzich per la bocca come le altre armi da fuoco. Questo pezzo produce gravi danni e disordini con la grandine di
pietre che scaglia. Talvolta alle pietre si frammischiano piccole bombe e granate. Il suo effetto pieno quando la
distanza dallo scopo non supera i i5o. passi. Il diametro interno di questo pezzo di 46- millimetri; la profondit
dell' anima una volta e mezzo il suo diametro; la camera terminata da un emisfero di 38 millimetri di raggio. Il
diametro del monticello su cui si colloca di 4
0(
millimetri, e la sua grossezza di 45; il diametro e V altezza del
paniere sono di 55i. La massa delle pietre da proiettarsi da ottanta a cento libbre; il monacello pesa cinque
libbre ed un quarto, e tre il paniere. La volata ha la grossezza di 4
1
millimetri. La carica da una a tre libbre.
Tutti g' indicati pezzi formano la cos detta artiglieria. Di queste armi se ne adoprano anche a cavallo. Questi
artiglieria per, detta anche artiglieria volante, non adopra che cannoni da 8 corti, ed obizzi.
Il metallo adoperato nella costruzione dei pezzi di artiglieria il bronzo, formato da une lega di 100 parti di
rame ed 11 di stagno. A questo proposito Caruot riporta le seguenti parole del generale de la Martillire. E da
presu mersi che lo zinco adoprato nelle fusioni invece dello sta gno, od anche con lo stagno stesso, formasse
uua lega col rame pi dura e pi compatta dell' ordinaria, essendo pi duro dello stagno, ed avendo col rame
una maggiore a(linit; di pi essendo meno fusibile dello stagno, sarebbe ,, meno atto di quest' ultimo, in un
servizio forzato, a ri durre per mezzo del calorico il pezzo al grado di mollez za e di flessibilit, per cui si incurva
in tali circostanze. Questa lega, secondo le mie conghietture, sarebbe per tali cause pi propria alla costruzioae
delle bocche da fuoco ". Molti pezzi d' artiglieria si fanno anche di ferro fuso, ma per essere pesanti e fragili non si
adoperano cbe sulle spiaggie e nella marina; si migliorano per facendo subire al metallo una seconda fusione, ed
il suddetto generale pensa che molto migliori riescirebbero legando il ferro con lo zinco. Le petriere per che
portano piccole cariche di polvere possono per economia farsi di ferro fuso, come propose il signor de Vauban.
Alla suddetta classe di macchine vi appartengono pure le armi a fuoco portatili, e sono queste le granate, il
fucile ordinario, il moschetto, e la pistola.
La granata una piccola palla scavata nel suo interno, della forma di un melograno, che si riempie di polvere e
si slancia colla mano. L' ordinaria ha il diametro di circa 81 millimetri, ed il peso di tre libbre; ve ne sono per di
minori. Hanno per solito dalla parte opposta alla luce un calzare, cio una doppia grossezza, perch abbiano a
cadere da questa parte. Quando i soldati sieno esercitati nel proiettare le granate possono slanciarle sino alla
distanza di ventotlo o trenta metri. Ve ne ha di un' altra specie, dette granate da bastione, perch nelle difese si
fanno rotolare dai bastioni nei fossi; e le quali pesano 8, li, 16 e 18 libbre.
Carnot trova quest' arma utilissima particolarmente nella difesa delle fortezze, bench da molti se ne faccia
poco conto sotto il pretesto della loro quasi niuna utilit. Ma questo celebre generale nelF opera succitata
dimostra con forti ragioni il contrario. Anzi di sua invenzione una macchina portatile e facile a maneggiarsi, con la
quale si pu lanciare il proietto da 200 a 380 metri, e della quale egli d la seguente descrizione. Fu questa
eseguita dopo molte prove dal signor Regnier, della forma di un piccolo mortaio del diametro di 85 millimetri.
Riceve una granata ordinaria di 81 millimetri, ovvero una palla da quattro libbre; e pesa venticinque libbre. Esso
aderente al suo suolo, col quale forma un angolo di 45; ed assettato in una cassa di frassino che termina in un
manico. Al suo suolo adattata una piastra da fucile di munizione per mezzo di un uncinetto e di una vite internata
nella grossezza del metallo. Il griletto nascosto nel legno e corrisponde con un filo di ferro ad un altro griletto
esterno situato all' altra estremit della cassa ricoperto da un guardamacchie, a cui si applica il dito per dar fuoco
alla batteria. La parte inferiore della cassa che corrisponde al mortaio armata da tre forti chiodi a vite, fatti a
punta di diamante temperata in acciaio ; il loro attrito sopra il sostegno rende quasi nullo l'effetto della rinculata,
per cui diviene molto minore di quella che ha luogo nei fucili ordinari da munizione. La lunghezza totale, compresa
la cassa, di metri 1,082, e la camera cilindrica contiene soltanto la quantit di polvere eh' entra in un cartoccio
da fucile da munizione. Lo si carica con la polvere di un cartoccio ordinario, indi sopra si colloca il projetto; nello
scodellino si mette la met di un altro cartoccio: Se il proietto una granata, la sua portata doppia di quella che
avrebbe se si adoprasse invece una palla da quattro. Un soldato pu facilmente con quest' arma eseguire un tiro
per minuto, e pu servirsene tutto un giorno senza alcuno dcgl' incomodi che reca il fucile ordinario. Il tiro si
effettua per un merlo meglio che in qualunque altra maniera: ed cosi risolto il problema di lanciare una granata a
coperto e molto pi lungi di quello che si possa con la mano, senza aver bisogno dell' apparecchio e della
manovra difficile di un grosso mortaio. Quindi, conchiude il citato autore, facile di conoscere di qual servizio
possa tornar questa macchina nella difesa delle fortezze, quando si sa che la granata il mezzo pi proprio ed
efficace per impedire che il nemico effettui alcuna fortificazione o riparo.
Il fucile ordinario, secondo le modificazioni fatte nell'anno 9. della repubblica francese, ha una canna lunga metri
1,137. del calibro di 17. millimetri, il quale per alla bocca maggiore giungendo ai 22; la sua guarnitura di
ferro, lo scodellino di rame, la bacchetta d'accajo. AH' estremit superiore vi si aggiunge una baionetta lunga 46.
millimetri contando dalla sua coda. La canna termina in una coda attaccata con vite ad una cassa, la cui parte
posteriore detta calcio si va dilatando, e l'anteriore si assottiglia conformandosi in una concavit nella quale si
assetta la canna per pi della met. La lunghezza totale dello stromeuto senza la baionetta di metri i,4
2
9
Il moschetto non che un fucile pi piccolo, il quale serve ai cacciatori, agli ussari ed ai cavalleggeri. La sua
bajonetta per maggiore di quella del fucile d' infantera, essendo lunga 4^7- millimetri.
La pistola pi corta di tutte le altre armi da fuoco, ma della stessa conformazione, e si porla ordinariamente
dai cavalleggeri all'arcione della sella od anche alla cintura.
Si esamini riguardo a quest' armi portabili la tavola seguente.
Chiuderemo questa giunta col riportare due altre tavole che si trovano uell' opera di Carnot, da noi ridotte a
misure metriche, una delle quali mostra la portata media di tutte le armi a fuoco sopraccitate, e l'altra d la misura
della velocit iniziale del projetto slanciato da un pezzo di artiglieria secondo le sperieoze del sig. Lombard con
diverse cariche di polvere.
DI VITRUVIO
TRADOTTA IN ITALIANO
DA QUIRICO VIVIANI
ILLUSTRATA CON NOTE CRITICHE
ED AMPLIATA DI AGGIUNTE
INTORNO AD OGNI GENERE DI COSTRUZIONE
ANTICA B MODERNA
CON TAVOLE IN Italo
PER OPERA DEL TRADUTTORE
E DELL'INGEGNERE ARCHITETTO
VINCENZO TUZZI
UDINE
i833
PEI FRATELLI MATTITJZZI
DIZIONARIO VITRUVIANO
OSSIA
INDICE DELLE COSE
CONTENUTE NELL'OPERA
PEL
V1TRUVIO ITALIANO
A

ABATON, luogo a cui intercluso l'fcccesso, e la vista. Libro II. Pg- 53. Nola i. 1 Rodiani con un Abatoh
rinchiusero il Trofeo da Artemisia eretto per la loro sconfitta. ivi 54
ABACO. Modonatura. Sia lungo e largo come l'imo scapo, pi I/I8 dello stesso per le colonne alte meno di
piedi venticinque. III, 5g. un diametro ed tfg per quelle di maggior altezza. 63 e N. 2.
ABETE, eSAPINO. ( Pinus abies, in veneziano albeo. Pinus picea, pezzo) cresce sino ni i5o. piedi, e si
mantiene fino ai ooo. anni; coltivato ed usato molto nei paesi veneti; l'ottimo quello allevato in luogo esposto al
sole sulla roccia. II. 6o. N. i.
ACANTO. La specie che s'imita nel capitello corintio l' acanthus mollis di Linneo, detto branca ursina, ed
acanto spinoso, il solo che si usa nella medicina. Gli antichi se ne servivano per tingere in giallo. IV. i3. N. t.
ACCIO, poeta. IX. 18.
ACERO. Di tre specie. Ricercato dai tornitori per le belle macchie e la docilit del legno. IL Giuuta IX.
ACHINAPOLO. IX. 5i.
ACQUA. Migliore sar quella che non contenga prirtcipj eterogenei; la .pi pura non la preferibile per gli usi
della vita umana; la corrente da preferirsi alla distillata. I. 69. N. 1. Composta di ossigeno ed idrogeno combinati
fra loro nel rapporto di uno a due. II G. IL g5. N. 1. Ove gli abitanti presentano una salute florida si couchiuda
essere 1' acqua pura e salubre; quando tale non fa macchia nei vasi metallici, bollita non fa deposizioni, n la sua
fonte s'imbratta di musco, di giunchi ec. VIII, 60. e 61. L'acqua la sostanza pi interessante nella natura, il san*
gue degli animali, il sugo nei vegetabili, e gli altri liquidi ch'entrano nella loro composizione, altro non sono che
acqua, la quale tiene in dissoluzione od in sospensione alcuni principi, ivi. G. I. 81. e N. 1. Metodo di scoprire e
raccogliere 1' acque. Fig. 4- Tav. 1. ivi 82.
Acqua dolce. Sorgente nel mare come a Spezia, nella baia di Xagna.
Acque dolci, ed Acque Minerali. Le dolci che passano per le roccie sono le pi pure. i54- Quelle che scorrono
per terreni secondari dai minerali che in essi trovano, acquistano qualit medicinali, ivi i55. Sono preferibili le
acque dei fiumi maggiori a quelle dei piccioli, ivi. Quella dei laghi sono bastantemente buone. i56. Le acque dei
pozzi dovrebbero lasciarsi al contatto dell'atmosfera, ed agitarsi. Le acque torbide di melma, e palustri non
potabili, riescono utilissime all'agricoltura; in caso di necessit col filtro, e con l'azione del carbone, o mischiandole
con qualche acido si (anno anche tali acque servire agli usi della vita. 157. i58. Ottima la chiar.i, inodora, che si
riscalda, e si raffredda facilmente, che discioglie bene il sapone, estrae l'aroma io, ed il sapore dei vegetabili, ed
altera poco il gusto del vino. Vili. G-. IV. 159. Alcune acque si depurano col solo riposo, altre abbisognano di
filtro. i5g.
Acque minerali, ivi 1C1. Si distinguono in acque solforate od epatiche, acque ferruginose o marziali, acque
gazose od acidule, ed acque saline, ivi 162. i65. La medicina le ha adottate, e ne ha anche formate di artificiali.
164. i65.
Acque artificiali, o giuochi d' acqua: servono ai giardini sirumettrici. VI. G. IH. 137. Avvertenze per iscoprire
l'acqua sotterranea. viii. lo. e seguenti. Acqua piovana pi salubre dell' altra. Vili. 16. L'acqua ferve e bolle non di
sua natura ma scorrendo in luogo ardente. Vili a5. Acque di Penne o Penna nell'Abruzzo; nel 1827. se ne scopri
un antico serbatoio del sapore della soluzione di nitro, giovevole nelle flogosi croniche, ed in varie malattie. Vili. 3r.
N. 3. Acqua spumante come in Atene buona soltanto per lavare. Vili. a3. Acqua calda in Frigia che dopo un auno
si consolida. VII. G. I. 84
ACKOLITON. Avente l'estremit di marmo. Tale era la statua nel tempio di Marte in Alicarnasso, e quella di
Calpurnia moglie di Tito. Demofoonte fece le statue di Giunone e di Venere di legno con la testa e l' estremit di
marmo. IL 5o. N. 1.
ACQUEDOTTI i. per canali struttili, a." per canne di piombo, 3." per tubi di terra, ed anche per tubi di legno.
Vili. 64. N. 1. Se per canali si costruiscano a volti difesi dal sole, ed abbiano un declivio non meno di ifi p. o/o.
Presso alla citt si faccia un castello con un triplico immissario. Fig. 3. Tav. I. Lib. VIII. 65. Nota 1. Ogni tratto di
120. piedi si facciano i pozzi per dare sfogo all'aria. 67 e N. 3. Se con canne di piombo, il primo castello si
costruisca all'origine, e il secondo presso la citt, ivi 68. 6g. Tabella delle larghezze delle lastre, diametro dei tubi,
e peso di dette canne ivi 69. N. I. P
r
le canne di piombo, a forza di costruzioni bisogna ridurre il livello, e quando
l'acqua giunge al fondo trovi le sostruzioni non troppo alte; quivi sar il ventre, nel quale si faranno gli sfatatoj. ivi
70. Meno costosa e pi salubre riesce la condotta dell'acqua per tubi di cotto. fa dal capo parta l'acqua
dolcemente; nel resto si si regola come per le canne di piombo, A. e N. r. Acquedotto fatto costruire dai
Cartaginesi. Vili. G. I. 82. Acquedotti romani, ivi G. IL 137. Acquedotti moderni pi rimarcabili del Boug a
Versailles, di Caserta di Ferdinando III. presso Livorno, ivi 139. Avvertenze per costruire un Acquedotto, ivi. Se il
suolo fosse diroccia si scavi l'alveo in esso, ivi 1^1. Ove occorre il canale sollevato, lo s'innalzi sopra arcate. 142.
Se si deve sormontare un monte non molto alto, servono i tubi. i43. Talvolta meglio perforarlo. i44- A prevenire
ogni inconveniente dei tubi sin oggi usati, il Sig. Ignazio Cattarassi in Udine invent un macchinismo da forarli in
pietra. i45. Fig, 3. Tav. IX. Della macchina per forare questi tubi.
ACROASI, un' udienza procurata. X. 92.
ACROTERJ, (voce greca che significa sommit). Gli angolari siano alti come l'altezza media del timpano. I
mezzani un ottavo pi degli angolari. III. 72. N. 1. Promontori sporgenti. V. 87.
AGATARCO, architetto. V. G. V. 144. VII. 12.
AGESISTRATO, forse lo stesso che Agasistrato ricordato da Ateneo. VII. 19. 2. 1. Tratt delle macchine. 20.
ALABANDO nella Caria, patria di Ermogcne; i suoi abitanti erano stupidissimi fra i rozzi della Caria. III, 21. c.
a. *t.
alabastro, un deposito calcare: di raro bianco. L'Orientale ha le tinte distinte, riceve un bel pulimento; il pi
bello proviene dall'Egitto. A Malta se ne trova di color di mele quasi trasparente. L'onice di Siena dei pi
ricercati. L'Alabastro rannoso, od ulibastrite proviene dal gesso. Il territorio di Volterra in Toscana ne offre di
bello semi-diafano. II. G. VII. 156.
ALBARIUM. Bianco di Calcina. V. 77. 2. x.
albero, il cui tronco consta di sei parti: epidermide, tessuto cellulare, corteccia, alburno, legno, e midolla L. II,
59. N. 1. Qualit dissimili degli alberi. 60. composto di carbonio, idrogene, ossigene, e un p di azoto. IL G.
IX, 107. I settentrionali pi forti e pi duri dei meridionali; gli alberi dell'est e dell'ovest tengono un grado medio.
169. Segni per conoscere l'et degli alberi. Taglio degli stessi. 170. Indicii per conoscere quando sono vicini a
perire. 172. La maggior perfezione riposta nella et mezzana. IL G. IX. 173. Indicii per conoscere lo stato di
sanit. Difetti di nd albero. 174.
ALEPPO. Lib. IL G. VII. 149.
ALESSI, greco poeta comico; loda la legge di A tene, che non obbligava i figli ad alimentare i padri se questi
non li avevano istruiti nelle arti. VI. 4
ALESSANDRIA, eretta da Oinocrate. H. 6. Celebre colonna di granito di Pompeo. IL G. VII i53.
ALNO od ontano, volgarmente olnaro (Betula alnus Lio.). Dura eternamente sott'acqua. Ravenna aveva le
palificate di questo genere. Il ponte di Rialto a Venezia, ed alcuni di Londra sono piantati sopra palizzate di alno. Il
67. e N. 1.
ALTARI. Guardino all'oriente; sieno sempre pi bassi dei simulacri, che saranno nel tempio; pi o meno elevati
secondo la natura delle divinit, a cui saranno eretti. 1\ 88.
ALTINO, citt all'imboccatura del Site; poggiava sulle palificate, ed era ridotta salubre. I 80. N. 1.
ALVEO, o fossa scavata nel pavimento con sedile di nn gradino superiore alto un piede, e di un altro gradino
inferiore nel fondo, per entrare nel bagno. V. 79. Nota.
AMBRA, in greco electron, e da questo eleltrecit. II. G. It 92. N. 1.
AMERICA I popoli di questo emisfero aveano eretti muri di enorme grossezza con massi irregolari strofinati,
come le costruzioni primitive della Grecia. II. 39. N. 1. La sua scoperta ha rischiarati molti punti nella storia del
genere umano. II. G. I. 79. Offre marmi di diversi colori. II. G. VII. i5o.
AMMONE, celebre per l'oracolo di Amun. Belzoni riconobbe questo tempio nell'odierno El CaSr. Vili. 35.
Mota I.
AMPH1RENSIN, specie di ruota larga, sopra cui si avvolge la contro fune delle macchine, da' Greci detta
anche Peritroclioo, da noi timpano. X. ai.
ANALEMMA, una regola determinata dal corso del sole, e dall'ombra crescente. IX. 21.
ANASSAGORA, Clazomenio. V. G. V. 144. IX. Si.
ANDROMEDA, costellazioue di tre stelle, con curva dolce: viene formata dalla diagonale di l'egaseo. IX. G.
II. 114
ANDRONICO CIRESTE fabbric in Atene una torre di marmo ottangolare detta dei Venti. I. 95.
ANDRONITIDI, luoghi delle case greche ove convenivano i soli uomini. VI. 59.
ANEMONI. (Actinae) si attaccano al guscio della conchiglia; tagliati danno la sanie purpurea. VII. G. IV. \5i.
N 4
ANFITEATRO Flavio, di Verona, e di Pola. Introduzione A. Lib. IL G. Vili. i63. Nota.
ANIFOC1ELI. Non certa per anco la precisa spiegazione di questa voce, ma indica un moto rotatorio di
circoli ineguali, X. 14 N. 2.
ANNULARIA. Preparazione di creta bianca atta a render lucida la cute. VII. 77. N. 4
ante. Erte, nel dialetto friulano An.Hl. I. 60. N. 1. Gli antili dei tempi abbiano il diametro eguale a quello delle
Colonne. IV. 49'
ANTECUNTES, luoghi risuonanti, dove la voce al contatto di un solido ripercossa ritrocede ripetendo i suoni
e raddoppiandosi le ultime cadenze. V. 5g. e 60.
ANl'EMIO. Aristotile e Seneca esaltarono la potenza del fuoco, e dei vapori, ma sino ai nostri tempi rimase
sterile questa conoscenza X. G. II. i/fi.
ANTER1DE, barbacane, sperone, o contrafforte. VI. 65.
ANTERIDION: gli speroni della Balista. X. 75.
ANTIBORhO, orologio descritto nel piano dell' equatore guardante al polo boreale. IX. 61. N. 3.
ANTIPATRO, filosofo. IX. 5i.
ANTISTATE, Callescro, Antimachide, e Torino architetti piantarono i fondamenti del tempio, che Pisistrato
edificava a Giove Olimpico in Atene. VII. ai.
ANZIO, citt. suo Teatro descritto da Bianchini. V. G. V. i35.
APATURIO. Alabandeo presso i Tralliensi mise sulla scena, in luogo di colonne, figure umane. VII. 58. Egli
cangi la scena secondo il senso del vero. 60.
APELIOTE. Terzo vento dell'Est scolpito sulla torre di Atene; conduce una pioggia dolce, e favorisce la
vegetazione. Nel lembo del suo mantello, eh' ei sostiene si veggono frutti, un favo, e qualche spica di frumento. I.
da N. 1.
A PELLE ritrasse Alessandro. I, 5i. N. t.
APENNINO, verso l'Adriatico; manca affatto di arene. IL 33. Sua descrizione. II. 64. La parte settentrionale
ombrosa ed opaca; ivi crescono gli alberi smisuratamente, ma di poco vigore, e di poca durata. densi e forti
riescono poi quelli nella regione aprica: perci gli abeti inferiori, che si trasportano dai luoghi aprici sono pi utili
dei superiori, che si traggono da luoghi ombrosi. IL "]S.
APODITERIO, nelle terme luogo da spogliarsi. V. G. VII. 177.
APOF1GE, significa opera ripetuta in altro luogo. Lista, deriva dall'imo scapo della colonna. IV 76.
APOLLO Vaticano, sue proporzioni. III 7. N. 4
APOLLONIO Pergeo, insigne matematico di Panfilia: restano di lui alcuni scritti intorno ai Conici. I. 55. N. 4'
invent la faretra, cio l' orologio che ne aveva la forma. la, 60. e N. 7.
APOLLONIA, ora detta Piergo, poco popolata, 35. miglia circa al sud di Dura zzo. Ne' suoi d'intorni vi ud
ioute che vomita pece. viii. M.
APOTECHE, cantine da contenere, e da vendere il
vino. VI. 47-
N
- 4
APOTESI, appartiene all'imoscapo, dinota allontanamento, rimedio; quella curva cio che dal vivo della
colonna mette al labbro del listello, od astragalo con cui ne termina superiormeute il fusto. IV. i5. N. 2.
APPIO CLAUDIO, fece che la via Appia traversasse le Pontine. 1. 82. N. 1.
AQUARIO. In questa costellazione si osserva un triangolo ottusangolo l'ormato da tre terziarie, due delle, quali
stanno in linea retta con la superiore della testa del Capricorno. IX. G- II. 118
AQUILA e DELFINO, costellazioni presso la Saetta, dietro la quale v' la costellazione uccello IX. N. 3.
sono a mezzogiorno del Cigno, e della Lira. Il Delfino precisamente a mezzo giorno della pi lucida stella del
Cigno. IX. G. IL
AQUILEJA: aveva grandi canali, era floridissima, e di salubrit somma. I. 81. e N. 1.
AQUITANIA, Guascona. Si edificava con assicelle di rovere, e strami. IL n.
ARABIA de'Numidi: ha vasti laghi che gettano molto bitume; corrisponde ad Algeri. VIII: 07. N. 3.
arato, spieg il crescere ed il tramontare delle stelle, e le vicende delle stagioni. IX. 5i.
ARBUSTI, s'impiegano dagl'ingegneri per la formazione delle fascine. I salici de' vinchi rossi, e de' vinchi gialli
sono da preferirsi agli altri, indi la specie salii wminalis. II G. IX. 188.
ARCHIMEDE, gran matematico; la coclea per innalzar l'acqua, e l'organo idraulico sono a lui attribuiti. 1 45N.
2. 55. alcune sue opere giunsero sino a noi. VII. 19. N. 1.
ARCHITA: primo tratt co' principi scientifici la meccanica. I. 55. N. 3. Fu di Taranto, filosofo e meccanico,
scrisse delle macchine, e fece una colomba di legno che poteva volare. VII. 19. N. t. e IX. i5.
ARCHITETTURA, scienza. I.37. Civile, Militare, Idraulica e Navale, ivi N. I. Di che si componga. I. 56. Sue
tre parti edificazione gnomonica, e meccanica. I. 66. Se sia come la pittura, la scultura, la poesia, e la musica
un'arte imitatrice della natura. H. G. I. 84- Come arte bella appartiene al solo punto pi elevata della societ civile,
ivi. 85. La sua bellezza non tanto deriva dalle proporzioni vere e reali, quanto dalle apparenti, il provvedere alle
quali spetta unicamente all'ingegno. VI. ?o. N. 1.
ARCHITRAVE. Quel membro, che posa immediatamente sopra i capitelli delle colonne. Per le colonne che
s'innalzano dai 12. ai i5. piedi sar alto un semidiametro, per quelle dai quindici ai venti, 2/O. dell'altezza della
colonna, per le altre dai 20. ai 25. piedi, 2/i5. della loro altezza e cos in progresso. III, 65. N. 1. La sua larghezza
inferiore sia uguale al sommo scapo, la superiore come quella dell'imo scapo della colonna. III, 66. N. 1. Mei
tempio sull'Ilisso l'altezza dell'architrave eguaglia il diametro dell' imo scapo. Tav. XXX. In quello di fiacco a Teo,
non giunge ai tre quarti, bench i singoli membri siano di maggiori dimensioni. Tav. XXIX. In. G. IV. i3o. Quasi
tutti i monumenti antichi hanno l'architrave diviso in tre fasce. Secondo il Milizia l'architrave dovrebbe avere una
sola fascia nell' ordine Dorico, due nel Jonico, e tre net Corintio. III. G. IV. I3I. L'architrave dorico sia alto un
modulo compresa la fascia, e le goccie; la fascia sia il settimo d'un modulo: la lunghezza delle goccie sotto la fascia
si estenda per 1/6. di modulo. IV. M. La larghezza di questo architrave corrisponda all' ipotrachclio superiore
della colonna. Si. Il suo sporto corrisponda all' imo scapo della colonna, ivi N. t.
ARDEA, capitale dei Rutuli nel Lazio, distante 20. miglia da Roma, della quale era pi antica. Oggi vi resta un
solo castello sulle spiagge del Tirreno. XIII. 29. N. 1
ARENA, ghiaia e sabbia; la prima si forma dalle pietre rotolate dai torrenti; l'altra un ammasso di molecole
quarzose. I. G. IL 128. Sabbie prodotte immediatamente dalla natura. 129. IN. 1. Sabbia nera, bianca, rossa,
carbuncolo. L'ottima quella che sfregata colle mani cigola. IL a^l marina a causa della salseggine dissolvesi uegl'
intonachi. 2 5. Le fossili mantengono gl'intonachi, e sostengono le volte, ivi. Veggasi la G. IV. Lib. IL
AREOPAGO, in AtL-ne coperto di creta. IL i3.
AREOST1LO, intercolunnio spazioso. III- 27. N. 3. abbisogna di architrave di legno, perch a causa
dell'ampiezza quelli di pietra non reggerebbero. riesce pesante e goffo. 3i. La colonna sar alta otto moduli. 38.
In. Si. W. 2. Tav. i5. Fig. 4.
AREZZO, antichissima citt degli Etruschi: conservava un muro di mattoni antico, li. 49- e N. I.
ARGANO: il tornio verticale, e serve a strascinar pesi orizzontalmente, e si pu dargli varie forme. Ve ne son'
di doppj con due cilindri it a loro distanti, e sui quali la -une si avvolge alternativamente. X. G. H. i38.
ARGELIO, scrisse delle simmetrie corintie, e del tempio Jonico di Esculapio in Traili. VII- i5.
ARGENTO VIVO, deriva dalia gleba detta Antrace disseccata nella fornace. VII. 66. L'argento vivo sostiene
una pesante pietra a galla, ed uno scrupolo d'oro vi cade nel fondo E utile per molte cose, nelle indorature, nello
spartimento dell'oro ec. 69.
ARGO, si chiama la costellazione la Nave presso al Cratere ed al Leone. IX. 48.
ARIA, nessuno pens che fosse l'unico principio delle cose. II. G. II. 88. N. 4. Sotto la denominazione aria gli
antichi abbracciavano quelle sostanze che ora chiamiamo aeriformi, delle quali finora se ne annoverano cinque:
05sigene, azoto, idrogene, cloro, e flnore. II. G. Jl. 94. N. 3.
ariete, costellazione formata da due stelle terziarie vicinissime sulla linea che va a nord-est sopra l'Auriga. Tav.
IV. Lib. IX. G. 11. 116
ariete, macchina militare antica, la quale spingeva un trave ferrato per battere le mura; aveva una base con
ruote, ed era coperta di cuojo. X. 79
ARISTARCO, grammatico. I. 5i.
ARISTARCO, di Sauio, matematico. I. 55. Invent la Scafa e il disco nel piano degli orologi solari. IX. 60.
ARISTIDE, di Mileto, scrisse delle cose di Persia, d'Italia, e di Sicilia. viii. 58. N. r.
ARISTIPPO , naufrago sul Lido dei Rodiensi, osservando delineate alcune figure geometriche, esclam verso i
compagni: speriamo bene, io veggo vestigi di uomini. VI. 5. Ebbe lode da Acrone perche dopo il naufragio vestiva
dimessamente, ivi N. 1. Ricercato dai compagni quali notizie ci voleva che recassero a casa sua, ordin loro di
dire che ai figliuoli necessario apparecchiare quelle suppellettili e quei viatici che possono con essi nuotar nel
naufragio, ivi. 4- ~
ARISTOMENE Tasio pittore: non ottenne fama bench la meritasse. III. 4
ARISTOSSENO, musico. I. 5i. scolare di Aristotile, ivi. N. 5. Il pi antico scrittore di musica, che si conosca,
originario di Taranto; visse ai tempi di Alessandro, scrisse di ogni scienza e disciplina fino a 453. volumi. V. 29. e
N. 1.
ARISTOTELE. Lib. IV. cap. 6. attribuisce alla vita oziosa e sedentaria il mal sentire delle donne pregnanti. 11.
58. N. 1. Nella sezione i5. dei Problemi parla della perfezione dei numeri. III. 12. N. 1.
ARISTOFANE, poeta comico. VI. 4.
ARISTOFANE, grande letterato. VII. 8. a tempi di Tolomeo.
ARMI da fuoco. Tabella della loro portata media. X. G. III, 191.
ARMONICA, una lettera musicale oscura c difficile. V. a.
arsenali di due sorta: o sul lido da costruirvi, e calafatarvi le navi, od inferiormente al livello dell'acqua per
ricevere le navi da racconciare V. 88. N. i. Sieno volti a settentrione per preservarli dalle bestiole nocive: e si
facciano di pietra per timore degl' incendj, e della grandezza da accogliere le navi maggiori. po
ARTEMISIA, soggioga con uno stratagemma li Rodiani, e ne erige il trofeo; conduce statue di bronzo, l'una
della citt di Rodi, l'altra della sua persona in atto di stimatizzare la prima. II. 53.
ARTI tardi inventate. IL G. I. 87. Arti belle tendono a conservare e ad imprimere la nozione dell'ordine, della
simmetria, della proporzione. V. G. III. iii. hanno comuni i confini, e con vicendevole legame tendono allo stesso
oggetto della dilettazione. Mcdiaute la vista, l'udito, l'intelletto, l'invenzione, l'abitudine, e l'esercizio vengono le
opere delle stesse tratte dalla massa del bello. 112. Alcune sono imitatrici siccome la pittura, la scultura, il
giardinaggio; ed altre creatrici siccome l' achitettura, la musica, la poesia, ivi. Queste opere non si possono
giustamente conoscere e stimare senza particolare istituzione, studio, e pratica. n3. Presso le colte nazioni le Arti
belle fiorirono sempre contemporaneamente. 114.
ARTURO, significa coda dell' Orsa, una stella di
prima grandezza fra le gambe di Boote od Orsa maggiore. 5. 4" 3
ASCENSIONE RETTA di un astro riferito all'equatore, l'arco di equatore compreso da quel punto, in cui
s'interseca con l'ecclittica e rincontro del circolo di declinazione. IX. G. HI. ia5.
ASCONIO. V. 42. N. 1.
ASIA, ricca di marmi. II. G. VII. 149
ASSE, ASSI ( legno segato per lo lungo dell'albero, di grossezza di tre dita al pi ) si pongono nei letti. IV. 17.
ASSER, panconcelli, sopra i Cantieri da sostenere le tegole; coi loro sporti coprono le pareti. IV. 18. N. 4
assi delle volute non eccedano in grossezza l'occhio delle stesse. HI. 63.
ASTABORA, fiume chiamato anche Coron; nasce nell'Abissinia presso la citta di Auxume o Chaxumo. VH1.
a3. N. 2.
ASTRACAN, erroneamente si attribuisce a quel paese il Luinachello di-Castracani. IL G. VII. 148.
ASTRAGALO, voce greca, significa nodo, membro della Modanatnra Scozia, della quale ne l'ottava parte.
III, 57. E un bastoncino, ossia il bastone diminuito nella sua altezza. Ili. G. HI. 102. N. 1. Membratura minuta
semicircolare convessa propria della base del capitello, e della porta jonica. IV. 5. nella Nota.
ASTRI, loro movimento. I. SO. N. t.
ASTROLOGI e musici: simpatia delle stelle, e delle sinfonie. I 54
ASTROLOGIA. L' Architetto deve conoscere i movimenti celesti. I 38.
ASTRONOMIA, la pi nobile prova dell' umana intelligenza. Studio utile a ciascheduno, indispensabile
all'architetto IX. G. II. 86. Molti errori, assurdit, e molte superstizioni dovette questo studio superare, per
raggiunger la verit, ivi. 87. Fa d'uopo contemplare il cielo in due maniere affatto diverse; come appare ai nostri
sensi, e come la nostra mente pu concepirlo, ivi 88. Astronomia teorica, ed astronomia fisica, ivi 98. Lo studio di
questa scienza fa conoscere l'antichit de' popoli, le loro opinioni filosofiche, e religiose. IX. G. HI. "S. serve a
precisare la posizione di un punto qualunque, ivi tSt. necessaria nella formazione delle carte geografiche, ivi i5a.
ATLANTAS. Cos i Greci appellano quelle figure virili che sostengono modiglioni e cornici; dai Latini si dicono
Telamoni. VI. 61.
ATLANTE, fu il primo ad insegnare con solerzia il corso degli astri, e le leggi delle rivoluzioni celesti; perci
viene raffigurato qual soslenitor del mondo. VI. tit.
atlantici, monti; hanno marmi simili a quelli della Spagna. H. G. VII. x5o.
ATLETI, riceveano dai Greci grandi onori. IX. perch la vittoria era frutto della loro forza e destrezza effettiva,
ivi. N. 1.
ATRAMENTO. Nero fumo. VII. 71. Anche dalla feccia del vino cotta in fornace si cava un bel nero. P.
Naturale si traeva da una terra negra, o dal liquore della seppia, ivi. G. HI. 126. Artefatto, col nero di in mo, e di
carbone, o con la feccia di vino, o con l'avorio calcinato. 127.
ATRIO. Proviene questo nome dai Toscani adriatici, dai quali si prese il modello. Si fa di' tre generi. VI. 27. e
N 1. Nel primo la larghezza 3/5. della lunghezza: nel secondo 2/3; nel terzo se la larghezza il lato di un
quadrato la diagonale sar la lunghezza. L'altezza si sollevi sino sotto le travi per un quarto meno della lunghezza; il
resto si lasci ai lacunari. 28. La lunghezza poi delle ali si proporziona a quella dell' intero atrio. So Vedi Giunta I.
ATTICO, un muro basso distinto in piccioli pilastri, o tagliato in fasce per collocarvi bassi rilievi, iscrizioni,
balaustri; destinato nella sommit delle fabbriche a coprire il tetto. IV. G. V. i85.
ATT1GURGA. Vedi Base.
AULEO. Tela come il 'nostro sipario, dipinta o tessuta con fatti storici o religiosi; sembra che venisse tirata dall'
alto al basso per coprire la scena, mentre si mutavano le decorazioni. V. G. V. l44
ATJRIGA, costellazione verso il capo del settentrione attraverso i piedi dei Gemini, la quale colla mano manca
tiene li capretti, e la capra. IX. sia. formata da un pentagono irregolare, le cui tre stelle pi brillanti formano un
triangolo isoscele, ivi G. II. 114.
AZOTO: insipido, inodoro, contrario alla respirazione, ed alla combustione. IL G. II. 92. N. 2.
AZZURRO. Inventato in Alessandria. Si pesta l' arena finissima col fior di nitro, si aggiunge lunatura di rame
ciprio; maneggiando si converte la mistura in palle, che si seccano e poscia in un orcio di terra, si pongono nella
fornace, e la forza del fuoco li riduce di color ceruleo. VII, 72. Azzurro vestono, era la parte pi sottile del
Ceruleo egiziano, ivi G. III, ili. Indico, veniva dalle Indie bello e preparata ivi. Armenia, era un color metallico di
un azzurro leggero, ivi. Il falso si faceva tingendo la terra d' Eretria col succo di yiole secche bollite ivi.
B
BAGNI. Da erigersi in un luogo opposto al settentrione ed all'aquilone. Le celle calde eie tiepide ricevano il
lume da sud-ovest, od almeno da mezzogiorno. V. 71. Li vasi di rame per l'acqua fredda, tiepida e calda, collocati
in modo, che dal primo scorra l' acqua nel secondo indi nel terzo. 70. Le testuggini degli alvei erano scaldate dal
fornello comune. A. Le sospensioni delle celle aveano nu declivio verso il fornello, ivi. Al di sopra vi era un ordine
di pilastrelli alti due piedi. 76. Concainerazioni. 77. Larghezza 2/3. della lunghezza, ommessa la scola del labbro, o
dell' alveo. V. 78. L'alveo di sei piedi, due occupati dal gradino, e dallo scanno. 80. Nel mezzo di questo sravi un
foro, da cui pendeva uno Scudo per regolare la temperatura del 'Sudatojo. 82. Vitruvio assegna i bagni freddi e
caldi ai lati dell' Efebeo, ma sembra che stessero dietro al medesimo. V. G. VI. iti. Gli Ldiftzj disegnati da Palladio
non erano ad uso delle terme. 172. 173. Si narra che Agrippa nella sua edilit fece erigere 160. Bagni. In Roma vi
esistevano 16. terme, 3o. bagni pubblici e 970. privati. V. G. VII. i65. Contraddizioni dei descrittori dei Bagni ivi
168. e 1^3. Bagni guardano l'occidente invernale. VI. 43 L'ora dei Bagni era fra l'ottava, e la nona, ivi N. t.
BALAUSTRO. Colonette di varie forme; l'etimologa viene dal fiore del melograno, mentre gli antichi da due di
questi fiori l'uno opposto all'altro Detrassero il primo disegno.
BALBECK. HI. 74. N. 3.
BALEAKI, due isole del Mediterraneo: Maiorca che ha un circuito di i5o. miglia, Minorca che ne ha appena
5o. Vili. 55. N. 3. Avevano acque utili al canto. 56. N. t.
BALENA, costellazione sotto quelle dell'Ariete, e dei Pesci, dalla cresta della quale parte una striscia di stelle
detta in greco Harmedone. IX. 49- Risulta di tre trapezi di diversa grandezza, uno sotto l'Ariete, il maggiore sotto
i Pesci, il pi piccolo a sinistra di quest' ultimo: una stella secondaria ne forma la coda. IX. G. II 118.
BALISTA, antica macchina militare da scagliare pietre, e gravi pesi, dietro a' quali era proporzionata X. 71. Le
corde dovevano esser tese in guisa, che dassero un suono eguale, ivi 76 Era consimile alla catapulta. X. G. III.
168. Tabella per le proporzioni delle pietre con i diametri dei fori, ivi 170.
BASALTE, per lo pi un miscuglio di varie pietre. Composto di silice, allumina, calce, magnesia, ossido di
ferro, soda, ossido di manganese, acido muriatico, ed acqua.
Il colore un bruno tendente al nero, talvolta al verdognolo, al rossiccio, ed al bigio. sonoro, tenace, duro,
suscettibile d'un bel pulimento. Agisce sull' ago della bussola; fusibile. H. G. VII. 157.
BASE ATTICURGA, dev'esser lunga e larga un diametro e mezzo della colonna. III, 54- Base Jonica alta un
diametro e mezzo, larga un diametro e tre ottavi. 56. Quest' ultima non corrisponde alle leggi dell' armonia. Tav.
XXIX. HI. G. IV- 123. Base Jonici dei Greci regolare, ma non leggiadra, ivi 123. La base corintia come nel
Panteon si osserv essere troppo confusa, troppo delicata, e soggetta a rompersi.
BASILICA di Fano col timpano semicircolare. III. 71. N. 1. Le Basiliche congiunte ai Fori dovevano esser
fatte nel sito pi caldo, e larghe non meno della terza parte, n pi della met della loro lunghezza. Alle estremit
talvolta vi erano le Calcidiche. V. n La voce Basilica significa casa reale. Nella Basilica si univano i magistrati ed i
mercatanti. Somministrarono il modello alle prime chiese cristiane. y. 11.N. 1. Simmetrie della Basilica di Fano.
15. e 17. Tav. I. Fig. a. La Basilica era un foro coperto. V. G. f. IOI. Basilica di Pompei, ivi Tav. IV. Fig. a.
bastone superiore nella base atticurga 3/ia di diametro; l'inferiore a/ao. III, 55. Se Jonico il superiore 3/ai di
diametro. III. 5j.
BEDA Bizantino, Scultore di merito ma non di fama. III. 4.
BEROSO Caldeo, insegn essere la Luna una palla meta rovente, met di color ceruleo. IX. 54- Apri scuola
nell'isola di Coo. IX. 5i. Inventore del semicerchio scavato in quadro, e tagliato ad enclima pegli orologi solari, ivi
5g.
BETULA ( Betula alba ) albero grande, specialmente nei paesi settentrionali. IL G IX. i85.
BIANCO anulare, serviva per le carnagioni; si falsava con creta, e con quel vetro di cui si facevano a Roma
anelli pel popolo. VII. G. III. 137.
BIETTE, voce veneta. Pezzi di legno sottile e piatto. IV. 77. N. 1.
BLEYBERG in Carinlia, miniere di piombo. IL G. VIL !48.
BOEMIA, ha molte variet di diaspro. IL G. VII i55.
BONIFAZIO Vili, primo fra i Papi, che nel "A. fece ripigliare i lavori delle Pontine. I. 8a. N. 1.
BOOTE. Comprende Arturo stella di prima grandezza sul prolungamento della coda dell' Orsa maggiore. IX.
G. II. 114.
BOREA, i. vento della torre di Atene. Vecchio che guarda lo spettatore di faccia; porta una conca marina. I.
9
5. N. 1.
BORISTENE, ora Dnieper; viene dalla Russia in Lituania, bagna Smolensko ed altre citt, indi riceve la Be-
resina ed altri fiumi, attraversa la Volinia inferiore, si scarica nel mare nero, ed il principale fiume della Polonia.
Vili. ao. Nota.
BOSCHI, primi ricoveri del genere umano. raccomandazione agli architetti di penetrare in essi per conoscere i
materiali migliori per le loro opere. II. G IX. 189.
BOSSO [Buxus semper virens). Se quest'albero diventasse alto e grosso sarebbe pregiatissimo per
l'Architettura; lo per gl'intarsiatori, e intagliatori. IL G. IX. 186.
BRECCIE. Breccia, indica rottura; si nominano cosi que' marmi che sono 1' aggregato di particelle pietrose II.
G. VII. i4a. Si hanno dai terreni primitivi, e da quelli di nuova formazione; pi numerose per sono in quelli di
transizione. Breccic antiche, e moderne fra le antiche. Il seme santo, a breccia vergine, molto rara, Breccia
arlecTJTSVTJO JyDice a
china, o traccagnina; si trova nei Pirenei. i43. Fior di per' lieo, rara assai. Porta santa affricana, non comune.
Occhio di pavone. Violetta antica. i44- Fra le moderne: Breccia verde di Siena. Violetta, le sue tre variet
dipendono) dalla grandezza delle macchie e dal color verde, o rosso del cemento. Corallina di Savarezza - d' Aix
di Provenza, svisata da taluni col nome di Breccia d'Aleppo--di Villette sulle sponde dell'Isero di Menli--di S.
Romain di Dourlais d" Agata, la pi distinta fra le Breccie. In Sassonia ve ne sono rocce alte da 80. a 100.
piedi. i45Breccie dure provenienti dal petro selce, vulcaniche, quella della Selce di Kennes ha un fondo rosso
purpureo con macchie gialle, e rossiccie alcune variet di Breccie calcari. 146. Broccatello di Moulins, di
Boulogne, e di Siena. 147.
BKIASSE, Scultore; fece i lavori del Mausoleo a settentrione. VII. 17. Per Rodi aveva lavorati cinque colossi;
per Gnido un Bacco. Pausania ricorda di Briasse un Esculapio e una statua di Seleuco; Columella lo riunisce a Li-
sippo, a Prassilele, ed a Policleto. ivi N. 3.
G
CALLIA, Architetto da Ando. X. 92.
calde. IL 27 e N. 1. Combinazione di un metallo particolare con l'ossigene. Appartiene a tutte le epoche, e si
trova in tutti i terreni. IL G. V. m. sue variet 112. ad un forte grado di calore si calcina perdendo circa la met del
suo peso. Esposta all'atmosfera ritorna carbonato di calce. 112.; calce grassa facile a calcinarsi ed a spegnersi;
non cos la calce magra. 114.., le pietre di recente estratte, od inaffiate si calcinano pi. presto, ivi.; attenzioni nel
disporle nella fornace, ivi... il carbon fossile preferibile alla legna. n5; maniera di far la calce di Buffon; modi di
spegnere la calce, attenzioni nel conservarla. 117. Per l'imbiancatura dev' essere bene macerata molto prima di
adoperarla. VII. 35.
CALCIDICHE. Costruzione aggiunta alle Basiliche per impiegare la eccedente lunghezza dello spazio. Mon
ben chiaro a che servissero. Sembra peraltro che fossero luoghi di convegno consimili ai nostri caff. V. 11. N. 1.
CALENTO, citt nella Spagna ulteriore. II. 23.
CALLIMACO, Architetto Int. 19."
CALLISTO, scrisse del corso degli astri, e delle stagioni. IX. 5i.
CALORE .discompone le cose I. 73.
CAMERE, e librerie debbono guardare ad oriente.
VI. 4.
CAMPANIA, provincia nel regno di Napoli; produceva il Falerno, Vino cclebratissimo eh' era squisito nel suo
anno i5. Vili. 4i. e N. 6.
CANCRO, costellazione poco visibile essendo di 4> quartane aventi fra loro un gruppo di piccolissime stelle.
IX. G. II, 116.
CANE, gran Cane e piccolo Cane, costellazioni, la prima al sud-est di Orione formata di stelle secondarie,
com prendendo per la pi bella di tutte, cio Sirio. Inferiormente ai Gemelli all'est dell'angolo superiore del
quadrilatero di Orione v' una stella di seconda grandezza detta Procione, presso cui una terziaria formante il
Cane piccolo. IX. G. II. 119.
canne della Siria, e dell'Arabia. VIII. (a. Dall'Indie abbiamo diversi calami aromatici. 1". L'odorato si usa in
farmacia ed in profumeria. 2. Il calamo vero di Sumatra e di Java. 5". L'andoprogo nardus di Linneo, che
proviene dalle isole di Ceylan, di Java, delle Molliche,.ed alcune altre, ivi. N. I.
CANNONE, dalle diverse dimensioni ricevette diversi nomi. X. G. HI. 178. I primi furono di grandezza
smisurata. Ora si distinguono in cannoni da calibro, da assedio, da fortezza, da campagna, ivi 179. Le sue parti
principali Sono il rosone, la culatta, il primo rinforzo, il secondo rinforzo, la volata, il collaro, gli orecchioni, i
manichi, l'anima, la bocca, il focone, le modonature, e la bietta, ivi 180. Quadro delle sue proporzioni. 181.
Tabella del loro peso secondo il calibro, ivi 182. Tavola della proiezione, e della portata del cannone, ivi 185.
CANOPO, stella conosciuta ai tempi di Vitruvio per le sole relazioni dei viaggiatori all'estreme parti dell'Egitto.
IX 5o.
CANTIERI. Puntoni; ritenuto dal latino Cantileni, termine veneto usato in pi sensi. Fanno parte del tetto. IV.
18. N. 3.
CANTINETTE del tetto, prendono lume da settentrione. I. 73.
CAPITELLO jonico, il quale nelle due volute presenta la figura di un piumaccio. III. M. e N. 2. Capitello
Ionico Tav. XXXIII. Fg. 1. Tre metodi da eseguirlo. III, G. IV. 125 IV. 5. N. 1. Corintio; la sua altezza varia;
preferibile il vitruviano. ivi N. 2. Origine del capitello Corintio. IV. i3. Simmetria, e regole per questo Capitello.
i4- i5. e Note.--Capitello dorico. 33. N. 2. Capitello toscano. IV. 76. Tav. VII, Fig. 3. Il Corintio supera ogni
alno. un vaso circolare coperto da un abaco incavato: nei quattro lati a pie del vaso nascono due ordini di foglie,
che si spiegano con mediocre oggetto, e dal loro seno escono alcuni caulicoli o steli, che t'orinano delle piccole
volute negli angoli dell' ubaco, e nei quattro mezzi dei lati. IV. G. II. 108.
CAPANNE. Meschine fabbriche poco elevate dal suolo, coperte di paglia, umide, malsane. un orrore che la
gente pi benemerita di J societ spesso non abbia migliore ricovero. VL G. IH. no.
, CAPPADQC1A, fra Mazaca e Tuana, ba un ampio lago che intonaca di pietra gli oggetti immersivi. Vili. 07
CAPRA, macchina di tre travi, in testi congiunti, al basso divaricati, che munita di carrucole Serve a levar pesi.
X. 17. G. II. 109.
CAPRICORNO, dalla parte opposta del Sagittario. La sua testa formata da due stelle terziarie. IX. G. IL
118.
GAPRIUOLI, due legui in forma di forcella, diconsi anche cavaletti, in volgare trivigiano Capra; occorrono
nella costruzione dei tetti. IV. 18. N. 2.
CAPSAR10, custode delle vestimenti nelle terme. V. G. VII. 177.
CAPUA, nella cattedrale v' un'urna di Breccia universale magnifica. IL G. VII. i5.
CARBUNCOLO, materia pii\ molle del tufo, e pi solida della terra; bruciata dal fuoco vulcanico, ottima per le
fabbriche marittime. IL 34- inferiore alla pozzolana pei lavori sotto acqua, ma eccellente in ogni altra fabbrica. L'
arena vulcanica di Toscana ed altrove di Carbuncolo di Vitruvio. IL G. VI. "f.
CARCERE presso il foro. V. aa.
CAlUDA, greco architetto, tratt delle macchine. VII 20.
CARIATIDI, ricordano le matrone di Caria condotte Schiave dai Greci. 1. .j5.
CAUIOLO, e carolo corrisponde al latino caries meglio della voce tarlo. II. 6a. N. i.
CARPINE, legno duro pesante. ottimo pei fusi e denti da ruota di molino, mazzapicchj te. Non trovandosene
pezzi grossi inutile per le grandi fabbriche; i Greci ne laccano gioghi, che chiamavano ziga, ed il legno perci
xigian. II. 68. e N. 3.
CARRETTE da cannone, si distinguono giusta la specie del pezzo a cui servono. X. G. III. INCARTA
Geografica, una figura piana rappresentante la superficie sviluppata della terra. IX. G. HI. i5a. Diconi
geografiche quelle pel continente; idrografiche quelle pei unii, isole e per le spiagge; celesti poi gotto quello-che
offrono la proiezione della volta celeste, ivi Nota i. La maggior ampiezza, e la maggior esattezza accresceranno la
precisione, ivi 155.
CARTAGINE, nelle sue vicinanze, secondo Vitruvio, era un Fonte sopra a cui sopprntinotava un olio dell'
odore di cedro, del quale ungevansi le pecore. viii. 35.
CASE moderne. Nel primo piano sia una capace sala per la musica, e per il ballo; sar bene se curvilinea,
meglio se circolare; con alcuni luoghi per isibgo e per quan'o pu abbisognare agli accorrenti. VI. G. Il 109. l'er le
comodit della famiglia, bisogna calcolar gl'individui, che la compongono; anticamere, gabinetti, guardarobe,
piccioli passaggi di comodit. Andr bene separare le stanze degli uomini da quelle delle donne, no. Quelle dei
foraslieri sieno presso all' ingresso ed alle leale, in. Le case pei commercianti senza lusso, ma comode e solide con
magazzini per le mercanzie, se queste non mandano odore, ivi. Adattinsi ai mestieri, e piccoli traffici le botteghe ed
oficine. 111. Si avverta che ogni piano segua la medesima orizzontale in tutta la sua esteosioue. ivi.
CASA di campagna. VI. G. III. 114. Nella fronte principale 1' abitato maggiore; verso la corte con diverso
aspetto tutte le altre necessarie comodit. Ampio ingresso dalla strada; ai lati dell' abitazione sieno due braccia
meno alte, che fiancheggino una vasta corte, fatte a volta. Una di queste serva per accogliere le messi, pigiare le
uve, riporre gli strumenti rurali, ivi 115. In Levante e nel Napolitano si conservano i grani in pozzi appositi, Tav.
Vili, e per le fortezze anco come la fig. 3. Tav. VII. ivi 116. L'altro braccio si destini per gli animali campestri.
Abbiano i loro custodi sane abitazioni. Si costruiscano a volta le stalle e si espongano ad oriente con molte
aperture. Abbiano un piano rilevato onde meglio conservar le ugne dei bestiami, ed allontanarne il sudiciume.
Sopra le spalle si collocano i fenili chiusi, ma con grandi porte, e di conveniente altezza. 117. Le cantine sieno
fresche, ariose, asciutte, fatte a volta col suolo ben battuto ed inclinate Verso un determinato punto, lunghe molto
pi che larghe; tra le file delle botti si lascino degli spazj. ivi 118. Le Aie per battere il grano sieno vaste e qualcuna
coperta" IVI. Le colombaje per l'economia sono da escludersi, da desiderarsi per la bellezza, ivi 119. Un porticato
semplice circondi la corte principale. Sienvi altre corti minori, Si cerchi di condurvi presso un' acqua corrente pegli
animali, ivi. Non vi manchi l' orto, n alcuna di quelle bellezze che vi si possono adattare, ivi.
CASE rustiche, sieno saluberime- Si conformilo a m>>
sura de' campi, e delle messi. Le corti ampie giusta il numero de' bestiami. Nel luogo pi caldo delle corti si
collochi la cucina; congiunti abbia i bovili, i presepi de' quali guardino all'oriente. Si. 5o. Le poste bovine si devono
fare lunghe dai io. ai i5. piedi. 5i. Gli ovili e i caprili oflrino un'Aja di piedi 4-
a
piedi 6. per ciasebedua animale, ivi.
I granai posti in alto guardino settentrione, ivi. Gli equili si piaptino iu luoghi caldi, ma non rivolti al focolare. 54- I
magazzini, i fenili, i ferrai, i pistrini si facciano discosti dall'abitato. 55. Tali edificii siano luminosi, ivi. Pianta della
Casa Greca fig. a. Tav. I. del Lib. V. e G. II. IOI. Casa romana, sua Pianta. Tav. VII. Lib. VI. G. II. 106.
CASINI DI CAMPAGNA. Si fabbricano con le regole delle case di citt. Il lusso sia moderato, conservando
per la convenienza; vi brilli la leggiadria delle forme. VI. G. m. lo.
CASIO, regione in Africa, celebre pel sepolcro eretto da Adriano a Pompeo e pel tempio di Giove. Gli Arabi
lo chiamano el Ras. Vili. 35. e N. 2.
CASSIOPEA od il trono. Questa costellazione fissato
11 .polo opposta all'Orsa maggiore conia forma di un y.
ix. G. n. 114.
CASTAGNO, due specie castanea sylveslris, e Cast.- nea saliva cio minore; utile all' architettura purch
non resti esposto alternativamente all'asciutto, ed all'umido. Preferibile, perch pi sodo, quello della prima specie,
quello di mezza et, e quello cresciuto in folto bosco. Dura mirabilmente nelle palificate, ne' luoghi acquosi, e nelle
cantine.-II. G. IX. 186.
CASTAGNO D'INDIA (.Ksculusbyppocastanum) albero venutoci dall'Asia settentrionale. Nulla serve agli
edifici,
0
molto nelle officine degl' intagliatori. IL G. IX. 186.
CASTELLO, una macchina la quale serve a battere le palafitte; si vede nella Tav. A. Lib. X. G. II. i3o.
CASTRACANI, citt nella 6iria, offre il lumachello del suo nome II. G. VII. i48.
CATACECAUMENI. II. 3i.
CATAPULTA, macchina mili tare antica da scagliare saette. X. 64- Si Proporzione dalla lunghezza della saetta,
ivi 65. Trispitamale si diceva quando la lunghezza dell' asta era di tre spanne, e se questa era di tre cubiti la
Catapulta si diceva tricubitale. X. G. III. 166.
CATECUNTES, luoghi dissonanti, dove la prima voce respinta da qualche corpo solido retrocede ad
opprimere la voce seguente. V. 5y.
CATENE, legname col quale si assoda il tetto. IV- i8.
CAVALLO, il solo animale dopo l' uomo, di cui siasi sperimentata la potenza dinamica, che si ritiene settupla
di quella dell' uomo. X. G. IL ]34
CAVDIO. Cavum JEdium. Luogo coperto, che dalle anteriori mette alle parti pi interne del casamento. Di
cinque generi: i. Toscano quando i travi che nei quattro lati 1 coprono inclinano col piovere nel mezzo, a".
Corintio, se ai fulcri sono sostituite colonne. 3". Tetrastilo nllorci le colonne sono quattro. 4- Displuviato se i tetti
terminando all'estremit dei muri mandano l'acqua nei canali scavati nei muri stessi. So. Testoggiuato, allorquando
il potico sia fatto a volta. VI. 23. N. i. Toscano Tav. i. fig. i VI. G. I. 78 - Corintio Tav. IL ivi So. Tetrastilo Tav.
III. ivi. Displuviato Tav. IV. ivi 82. Testudinato Tav. V. ivi 85.
cavetto, deriva dalla curva dell'ovolo rovesciata. HI. ut. III, 102., e dalla combinazione di questo con l'ovolo si
fecero le gole dritte, e le rovescie, ivi. Regola per eseguirlo, 108. Vedi fig. 4. Tav. XXV.
CECIA 2. vento della Torre di Atene. Greco, del noti-est, nebuloso, umido, freddo. Vecchio Severo, che da
un scudo circolare rovescia la grandine. I. 95. IV. 1.
CEDER-CREEK, fiume della Virginia, il quale s'inabissa scto la volta naturale chiamata Roch-bridge. Vili. 46.
N. I.
CEDRO, raro fra noi, di grato odore, grana fina, c elor vago. Quantunque tenero difficilmente marcisce.
CcJerrimi sono quelli del Libano adoperati da Salomone JEI tempio di Gerusalemme. Sulle coste della Virginia
sono jrandissimi. II. 70. N. 1. Di cedro era il simulacro di Diala nel tempio di Efeso, e dal cedro si ha l'olio, che
preerva gli oggetti unti con esso dai tarli e dalle tignole. H. 71.
CEFEO. Costellazione di tre stelle terziarie disposte d arco: ha una posizione, intermedia fra il polo e
Cassioma. JX. G. IL 114.
CEF1SO, fiume, nasce nella Doride, Val Livadia, presD la citt di Lilea; ricevuto il Mela bagna Elatea citt ella
Focide, indi entra nella Beozia e si getta nel lago !opaide (Stivo) e sotterraneamente va a sboccar nell' Euipo-
(Stretto di Negroponle). Un altro fiume Ccfiso quelJ che scorre per Atene, e si getta nel golfo Saronico. IH. 4ti.
N. 1. .
CELLA, grandissima a Cerere Eleusina, ed a prose... ]na senza colonne esteriori fabbricala da Ittmu VII. 22.
llone vi pian l le colonne nella faccia anteriore. :'3. Vedi 'Jkv. VII. del Lib. VI. fig. 5. Cella di Mario perfezionata
d C. Muzio, la si desiderava di marmo perch stata sarobe fra le prime e le somme opere. A. .
CELLE MINORI dei tempi antichi, corrispondono alle cappelle delle chiese cristiane, come sarebbe quella di
S. Antonio di Padova. IV. 72. N. i.
CELLARIO. Vili. 35. N. 3.
CENERI vulcaniche, si avvicinano all'attivit della pozzolana. II. G. VI. 126.
CENTAURO, costellazione sotto la coda dell'Idra; appare poco sopra il nostro orizzonte. IX. G. II. no.
CERERE, pianeta scoperto nel 1801. da Pinzi; descrive un' orbita compresa fra quelle di Marte, e di iiove. La
sua rivoluzione si fa in giorni 1460, 2. Il suo diandro non maggiore di un grado del meridiano terrestre, 1 suo
volume appena un quarto di quello della Luna; d apparisce in forma nebulosa circondata da nebbie molo
variabili. IX. G. IL ioa.
CERRO {quercus cerrus L.) che cresce nei noghi montuosi e petrosi dell' Europa australe. II. 65. N. a
CEROSTROTI,ornamenti, ora intarsiature. IV. 68. Tota.
CERULEO degli antichi, era una sabbia tinta con certe erbe provenienti dall'Egitto, dalla Scizia, e da Cipro.
VII. G. III. 134.
cerussa. Si adagiano sarmenti nelle botti, sopravi fi sparge dell'aceto, e si mettono delle masse di piomba
otturate ermeticamente le botti, dopo un certo temposi trova la cerussa. VII. ti cotta poi nella fornace divena
Sandaraca, minio.- ivi 74. Bianco di cerussa, di pioml>, o biacca sono carbonati di piombo. VII. G. III. u5.
L'Astria e 1' Olanda ne fanno un grande commercio. Preferitile a tutti quello preparato a Clichy presso Parigi,
ii' 116. Cerussa nativa il piombo bianco terroso. Gli anli chi lo avevano da Smirne; e dall'Asia traevano la
Ceruss. porporata ch'era la pi stimata di tutte, ivi
CESARE AUGUSTO. Pref 33. I. 55. manda ad eie cuzione la via appia. I. 82. N. 1.
CETRA Calcedonese fece la base con ruote all' Ariete e lo coperse di cuoio che difendeva coloro che
movevam questa macchina per ci chiamata testuggine aretaria. X 78. e 79.
CHELONI, orecchie, manichi, braccatoli delle trav delle macchine. X. 18. e 23.
CHIO, oggi Scio, isola montuosa del mar Egeo, fei tile di Vino squisito. IV. 8. Nota g, ha una fonte che berne
s'impazzisce. VIII. Sa.
CHIOCCIOLA, che eleva gran copia di acqua. E inventata da Archimede. X. 46. e Note.
CHIOMA DI BERENICE, un gruppo di picciol siine stelle al sud-ovest di Arturo. la, G. II. sci.
CfflONE, scultore Corintio, di merito e non di fama. li. 4.
CHIONIDE, Poeta comico. VI. 4.
CHI ROTO NETON, equivale a libro impresso con la mano; cos chiamavasi il comentario di Democrito. IX.
17. N. 1.
CIEfU, lago nella Tracia. Col lavarsi in esso si muore. Vili. 48.
CYPERUS LONGUS di Linneo del genere triandria monogyuia, la cui radice ha un odore di violetta. Vili 42.
Nota 2.
CIGNO, o la Croce, costellazione all' oriente della Lira; forma una gran croce nella via lattea. IX. G. H. nS.
CIMASA, formata da listello, e dall'Ovolo. III. 60. N. 3. La cimasa dell'architrave sar 1/7. della sua altezza
d avr altrettanto di sporto. ml. te. La cimasa delle porte sia 1/6. dello stipite, e lo sporto eguale alla sua
grossezza. IV. 60.
CIMITERI. Non discuteremo se avessero ragione gli Albani, i Sabei, i Trogloditi, alcuni Indiani, ed altri popoli
antichi e moderai di riguardare i corpi umani dopo morte non altrimenti che ogni altra materia. Certo che la
massima parte delle nazioni, e le pi colte, usarono di rispettarne le reliquie conservandole con maggiore o minore
sontuosit. Perci in quest'articolo accenneremo alcune cose generali sulle forme dei sepolcri.
Gli Egiziani fecero i sepolcri pi smisurati, poich si sa che le loro imponenti piramidi servivano di sepolcro ni
re. I Greci anche in ci spiegarono quel carattere di dolcezza che spira in tutte le loro produzioni: facevano cio
tumuli che segnavano con una pietra, o con piantarvi un- albero e seminarvi fiori; e con usanza, ehe ora si direbbe
romantica, andavano presso ai medesimi cantando le lodi del morto, e facendo sagrifizj, e recando le primizie dei
loro frutti. I Romani, abbruciati i corpi dei loro morti ne conservavano le ceneri in apposite urne, che custodivano
nelle loro abitazioni, e che portavano con s religiosamente anche nei loro viaggi.
Fra quei popoli per che si segnava come solenne monumento la tomba di un estinto, si dispieg anche in ci il
fasto dei grandi, sdegnando questi di eguagliarsi alla plebe anche l dove non pu essere assolutamente distin- .
zione di serie. Della pi remota antichit basta accennare il monumento di Mausolo. (Vedi Mausoleo). N si pu
tacere di quello che Porsenna fabbrico per se stesso, il quale era un ediflzio di pietre riquadrata con una base alta
5o. piedi, che sosteneva cinque piramidi larghe inle
riormente ^5. piedi, ed entro a cui eravi un intricatissimo labirinto. Ma parlando dei nostri tempi, dacch fu
adottata la massima di Platone, che l'uomo debba essere tale che n vivo n morto sia molesto al consorzio degli
uomini, alquanto lungi dall' abitato si recinse un luogo apposito con mura, che si disse cimitero, per depositarvi i
morti entro a fosse scavate nel terreno. Questa maniera di sepolture a noi sembra la pi giudiziosa e vorremmo
che fosse rimasta entro i termini della sua primitiva istituzione; perch dev' essere carattere principale di questi
edifizj l'eguaglianza assoluta; e si avrebbe dovuto in qualche modo seguire la legge di Pittaco, che proibiva di
collocare sul tumulo altra cosa che tre colonnette non pi alte di un cubito. Tuttavolta anche in questo luogo si
volle edificare, e si videro alzarsi arcate, e colonne e tempi, ed appartate sepolture pei ricchi, lasciando alla plebe
l'interno del recinto.
Crediamo di limitarci su quest'articolo a dare la descrizione del cimitero che immagin ed esegu il distinto
architetto udinese Sig. Valentino Presani in modo da non invidiare per la maest e per le convenienze dell'arte
alcun altro monumento di tal genere fra quelli che si trovano nell'Italia O.
Cinque grandi cancelli formano l'ingresso del Camposanto di Udine. Esso di forma quadrata della dimensione
di i34 metri per ogni lato, ed circondato da portici atti a contenere memorie e monumenti d'illustri defunti. L'area
interna divisa in quattro rettangoli che servono per le lumulizioni ordinarie, e questi sono separati da due stradoni
in croce che s'intersecano nel centro, e da altri che si stendono al piede del fabbricato. Nella parte opposta
all'ingresso si aggiunta all'area una figura mistilinea, e ci per rompere la monotonia del quadrato, e per rendere
pi maestoso quel lato che deesi considerare come il principale, la mezzo a questo posto il grande Oratorio con
sagrestia ed altri luoghi adiacenti. L'Oratorio oltre l'ingie.so principale ne ha due nella parte posteriore per poiervisi
introdurre anche pel di fuori del recinto del Cimitero. Dietro all'Oratorio trovasi l'abitazione pel custode di esso,
ed altro luogo pel capo dei becchini con alcune stanza per conservare gli attrezzi ne
(*) Questa descrizione fu gi pubblicata in una Nola del Disrorso preliminare all'Architettura di Vitruvio
commentata ed illustrata da Gio. Poleni e da Simone Stratico. Udine i8a5.
cessar) per le tumulazioni, il carro mortuario, ed i cavalli destinati al trasporto degli estinti; e finalmente la casa del
cappellano, con celle per operazioni anatomiche, e per vegliare i cadaveri al caso di dubbia morte. Lateralmente
alla Chiesa vi sono due spazi, uno dei quali destinato ai cadaveri dei non cattolici, e l'altro a coloro che hanno
perduti i diritti del corpo sociale. Tutto l'esterno di questo edificio circondato da viali piantati di cipressi o tassi,
le quali piante, oltre di essere confacenti al carattere che si ricerca, formano un bel contrasto tra il verde
nereggiante delle loro foglie, ed il colore della fabbrica.
Nella decorazione di questo edifizio si usata generalmente la maniera dorica come la pi robusta e maestosa.
Su tutti i lati rettilinei s'innalzano arcate con bugne e cunei semplici e ricorrenti anche nella parte esterna.
Nelle mediet laterali vi si aggiunsero colonne dell'ordine stesso, addossate ai piedritti degli archi, e nei due
quadranti che uniscono le arcate al pronao della Chiesa furono poste altre colonne isolate dello stesso ordine,
percorrendo sempre le primarie linee orizzontali delle basi, capitelli, e sovrapposta trabeazione.
L'aspetto della Chiesa ornato colf ordine jonico, affinch trionfar possa questa parte dominante sopra il
rimanente dell'edilizio per grandezza, per forma, e per la sua decorazione. Tra g' intercolunuj ionici del pronao ed i
dorici della parte armata, si creduto bene di lasciare un interpilastro chiuso:
i. Per oggetto di solidit, essendo necessario un pieno iu questo punto onde possa resistere allo sbancamento
degli architravi dorici, che sono formati con parecchi cunei per la difficolt di trovare tanti massi di pietra resistenti
che arrivino da asse ad asse dei sottoposti sostegni.
2". Per lasciare un riposo fra una forma e l'altra degli intercelunnj.
3. Per evitare il confronto immediato di due generi di colonne varie in carattere ed in grandezza, paragone che
disdirebbe certamente senza un riposo intermedio, perch le colonne dell' ordine principale sopraffarebbero quelle
dell' ordine secondario, e viceversa queste farebbero comparire oltremodo gigantesche le prime.
Gli ultimi pilastri ionici, nel punto ove si uniscono coi dorici, sporgono tanto quanto la cornice di questi, per non
incorrere nel madornale difetto, che si ravvisa nelle imposte delle arcate del grandioso tempio di S. Pietro in
Roma, ed in tanti edifici della pi grande magnificenza. Nel pieno degl'interpilastri vi ricorrono con fascio le linee
principali della trabeazione dorica, vi continuano nell' interno del pronao e vanno a ripigliare il sopraornato della
porta principale della Chiesa. Tale continuazione di linee fu praticata per riprendere l'ordine dorico che si rinnova
ueli'inte.uo del pronao, per dare un legamento ed un limite alla parte superiore della porta principale della Chiesa,
e per unire i due corpi principale e secondario, ia modo che mostrino una qualche dipendenza fra loro. Senza
questa continuazione di linee si direbbe, che i due ordini sono appoggiati uno all'altro, e non mai legati assieme,
non essendo parte dell' uno che con ragione s'immedesimi ueli' altro.
Da tutto ci si pu vedere chiaramente, che nell'interno del Camposanto tutte le parti, tanto principali che
secondarie, conservano una perfetta affiniti e legamento fra loro, ci che stabilisce 1' unit; che le parti pi distinte
diversificano dulie inferiori senza distruggere l'intero legamento, ci che forma la variet; e che finalmente si
combinata una progressione crescente, passando dalle arcate semplici alle decorate, da queste agi' intercolunnj
che portano un carattere pi nobile, e finalmente all' ordine principale che trionfa sopra il rimanente.
Sembrerebbe forse pi conveniente al soggetto l'aver usato dell' ordine dorico senza base, ma ci lu evitato per
non cadere in anacronismi. Il dorico senza base si presenta bens con aspetto pi grave e robusto; ma a questo
non convengono certamente le arcate. Il dorico senza base appartiene allo stile greco, e le arcate al romano. I
Greci non usarono arcate, ed i Romani non fecero quest' unione che nel teatro di Marcello, quando non si
volessero portare in esempio monumenti di poca considerazione. La soppressione delle basi avrebbe cagionato
l'altro inconveniente di troncare alcune linee nella parte inferiore dell'edilzio, e non si avrebbe il legamento fra la
base o zoccolo del piedritto degli archi e la base della colonna dorica, fra la dorica e la jonico, e fra questa e le
altre pi rli ricorrenti.
Nell'interno della Chiesa si cercato di conservare tutta la semplicit nella decorazione L'ordine e le linee
principali corrispondono coli'esterno. Nella cornice si sono ommessi parecchi membri per non introdurvi ci che
conviene soltanto alle parti esterne: questa si diminuita in altezza, si ingrandito il fregio che si potr istoriare con
bassi rilievi convenienti al soggetto, e tutta la trabeazione fu considerata una grande imposta della volta. I luoghi
inerenti alla Chiesa sono tutti legati col corpo principale, e la sua decorazione esterna combina col carattere di
tutto l'edifizio.
Sopra i vestiboli, che danno ingresso alla Chiss ucila parte posteriore, si SODO immaginati due campanili di
forma ettagona, e tenuti di un carattere tozzo, niente dovendo essere in questo fabbricato che non conservi una
conveniente gravit.
L'esterno della fabbrica richiama la interna .costruzione, e porta e conserva una pura semplicit.
Nei quattro rettangoli sono disposte le sepolture ordinarie, sempre con qualche regolarit, scavando una fossa
lungo un lato, e ricoprendola di mano in mano che si depongono i morti; indi se ne scava una seconda parallela
alla prima, e cos successivamente. Ai lati di questi rettangoli avvi una serie di piccole pietre numerate, distanti da
una parte quanto la lunghezza di una fossa, e dall' altra quanto la sua larghezza. In questo modo supponendo
tirate le linee da pietra a pietra tutte parallele fra loro ed ai lati, si forma una graticola, e si pu riconoscere il punto
dove fu deposto ciascun cadavere.
Sotto il portico che circonda il Camposanto sono destinate le sepolture per famiglie particolari. Nella parte
curva vicino alla Chiesa vi sono tante tombe quanti sono gl'intercolunnj, e nelle parti rettilinee ve n' una nello
spazio di ogni arcata, ed un'altra corrispondente ai pilastri. Con questa distribuzione i sepolcri sono divisi in tre
classi, che importano spese diverse per comodo dei vari ceti delle persone, o delle differenti facolt degli abitanti.
Qualora vi fossero delle cospicue famiglie per cui abbisognasse una distinzione maggiore, si possono nelle me
diet laterali aggiungere alcune sepolcrali cappelle da ornarsi con qualsivoglia magnificenza.
Le sepolture private sono tutte sotterra circondate di muri, coperte di una volta, e chiuse con una lapide di
pietra per impedire l'esalazione dei miasmi vaporosi, o gas, che si sviluppano dalla decomposizione delle parti
animali.
Nell'interno del porticato, e presso il muro opposto agi'intercolunnj ed agli archi si van collocando i monumenti,
ed i mausolei destinati a conservare e perpetuare, anche dopo la morte degli uomini benemeriti, il rispetto che a
loro si deve. Queste decorazioni convengono del pari a scultura intieramente rilevata, ed a basso rilievo. possono
avervi luogo le opere di pittura, e l'architettura pu applicarsi ugualmente con buon effetto. I monumenti tutti
devono portare l'impronta confacente all'uso a cui son destinati, ed uno stile analogo a quello del fabbricato. Si
escludono le opere di stile egizio, gotico, o di qualunque altro che non abbia relazione coli' edifizio. Disdirebbe
infatti in un monuraemo di architettura romana le decerazioni di stile gotico o cinese. Le parti ed il tutto devono
tendere allo stesso fine. Nelle faccie dei pilastrini, che nell' interno del portico sono addossati ai piedritti degli
archi, sono incavati dei riquadri per inserirvi le iscrizioni lapidine.
I principi, gli uomini di stato, i benefattori della societ possono meritarsi una distinzione ancora pi
ragguardevole, e per questi si possono innalzare magnifici mausolei nelle cappelle sepolcrali poste nelle mediet
dei lati, o nelle parti che fiancheggiano 1' Oratorio. Non si ergeranno per queste opere per adulazione, o per
fasto, ma per omaggio agli uomini illustri, affinch i posteri imparino ad emularli uell' amore della virt e della
patria.
CINGOLI dei piumacci, sporgano sino che tocchino il medesimo circolo che lambisce l'estremit della cimasa.
III. 69.
cipresso, il pi comune il cupressus semper virens; legno di grana fina, che resiste alle ingiurie del tempo; non
si adopera nell' interno delle fabbriche a causa del suo odore acuto. II. 69. e N. 1.
C1RIEGIO (Prunus Cerasus). Legno di bellissimo colore rosso. I tornitori lo desiderano, li. G. IX. 187.
CLAZOMENE, citt della Caria sulle spiagge dell'Arcipelago. Patria di Anassagora. IV. 9. a JS. 3 Vili. 4^.
. CLIADE, forse lo stesso che Dade, tratt delle macchine. VII. ig.
CLIMA, regione fra due paralleli all' equatore, o fra uno di questi e l'equator medesimo diversit di
temperatura. I. 48. N. a.
CLIMACICLO, piccola scala che facea parte ellt Balista. X. 73. N. a.
CULTORI, citt dell'Arcadia oggi Gardicbi; ne'suoi contorni ha una spelonca con ceri' acqua che fa diventare
astemio chi ne beve. Viii. Sa. e M. 4
CLORO, di un color giallo-verde, di un odore dispiacevole, nocivo alla respirazione, non contrario alla
combustione, e viene adoprato come profumo nelle malattie contagiose. Il. G. II. 94. N. 3.
CLOSO, inventore del pavimento per g' Invernacoli detto Aiarola. Rappresentava le immondezze che si
gettano dalla mensa. VII. 5o. N. 6.
COCCINIGLIA viene dall'America; secondo Lavoisier supera in bellezza la porpora antica. VII. G. III. tio.
COCODRILLO, un genere particolare di rettili fra le lucertole. Il suo corpo ricoperto di scaglie, come
piccoli scudi; ha le due zampe posteriori palmate, una coda compressa e lunga, una lingua corta. Se ne contano
ora fino a dodici specie. Voraci, feroci, fortissimi. Dagli anlichi Egiziani erano temuti, e venerati. Vili. G. IL 127.
Abbondano nella Florida e nell'altre parti dell'America pi che iell' Egitto ed al Senegal, Mescendo per meno
robusti, e meno pericolosi. Vedi iig. 2. Tav. Vili. Lab. VIII. G. II. t3o.
COELON, o azzurro celeste, si fabbricava a Pozzuoli. VII. G. 111. lai.
COFANI, tubi di legno che s' internano nei pozzi forati onde sostenere la sabbia. Vili. G. I. 110. Nota 1. ai
quadrati sono preferibili i circolari. Si formano con tavole di olmo campestre, da' Veneti detto mestego, dai
Francesi torlillard. ivi 116. Tabella dei loro varii diametri, ivi 118.
COLCHI, nazione del Ponto; formavano le abitazioni in mezzo ad alberi perpetui. IL It. e N. 4
COLLIQUIE. Canale lungo il tetto, ove due parti del medesimo tetto si uniscono ad angolo. VI. ?3. N. 1. G. I.
78.
COLOFONE, citt della Caria fra Smirne ed Efeso detta anche Altobosco e Belvedere. IV. 8. e N. 8.
COLONNA. La jouica sia alta otto moduli e mezzo. III. 36. Le angolari si faranno pi grosse una
ciuquantesima parte del loro diametro. /j3. Le angolari, e quelle che partendo da esse stanno nei fianchi abbiano
perpendicolare la parte interna riguardante i muri ma rastremata la parte esterna. III. 58. Le colonne corintie dai
capitelli in fuori hanno le simmetrie delle joniche. IV. 5. nell" ordine dorico avr la grossezza di due moduli;
l'altezza col ca pitello di 14. ma i greci ne davano appena i3. e le pi belle, come nel tempio di Teseo, e nel
Partenone non hanno che undici moduli di altezza. IV. 3a. e N. 1. Le colonne doriche sieno rigate da venti
canaletti; modo di spinellarle. 4^; modo di togliere all'occhio la minor grossezza delle une alle altre colonne. 48.
Nel tempio Toscano le colonne saranno 7 diametri, e cos la sua. altezza sar la terza parte della larghezza del
tempio; rastremate di i/4- di diametro; la base alla mezzo diametro; il plinto ed il toro con l'opofige di eguale
grossezza. IV. 75. 76. Il fusto delle colonne corintie si us sempre scanalato, ma non bisogna eccedere nelle
scanalature i limiti prescritti da Vitruvio. IV. G. IL 108. Le simmetrie delle colonne devono variare a seconda della
gravit dei tempj, e della sveltezza dei pollici. V. 67. Neil' interno delle case devono essere pi svelte che nei tempi
VI. G. IL 101.
COLORI diligentemente tirati sopra l' intonaco a fresco non ismarriscono. VII. 44- Si alterano dalla calcina*
tutti i colori preparati di sostanze vegetabili ed animali, ed alcuni anche di minerali, ivi N. t. I colori degli antichi
erano vivissimi, come si vede negli avanzi di Pompei, d'Ercolauo, e nel tempio scoperto a Brescia. VII. G. III- ni.
Si distinguevano in floridi, ed in austeri; ciascheduna di queste, due classi comprendeva i naturali e gli artificiali, ivi
112.
COLUME, trave nella sommit del tetto. IV. 18. Nota.
comandino, interprete di Euclide, e di Larisseo. VU. >3. N. i.
COMETE. Sono per lo pi seguite da una coda vaporosa; talune sono cinte da una specie di atmosfera, altre
non presentano alcuna di queste apparenze. Sono corpi opachi. La coda sempre diretta in senso opposto al
Sole, n apparisce quando da lui distante. Si muovono in ogni verso descrivendo ellissi allungatissime. ivi log. Le
orbite loro sono di calcolo difficilissimo, e di 122. comete, delle quali si cerc descrivere la rivoluzione, quella sola
di Halley si giunse a stabilirla di circa j5. anni, e si sospetta di rivederla nel i835. La loro massa piccolissima. La
cometa del 1770. che pi d'ogni altra si approssimata alla terra appena la cinquemillesima parie del nostro
globo. Tav. IL fig. 3. IX. G. IL 110.
COMPLUVIUM. Piovere insieme. Coperto o grondaja che riceve le acque piovane dei coperti, e giondaje
superiori o circostanti. VI. G. I. 77.
COMPOSITO. Non veramente maniera particolare di architettura, ma risulta dalla soppraposizione della
parte superiore del capitello ionico alla inferiore del corintio, il quale per ci riunisce l' improbabilit dei piumacci
dell'uno e delle foglie dell'altro senza nulla guadagnare dalla parte del bello. IV. G. V. i34
COMPOSIZIONE degli edifizj dipende dalla simmetria. III 7.
CONCENTI, dalla voce greca sinfonie, ora detti consonanze. L'umana natura ne pu modalare sei: i".
Diatessaron, quando la voce si posa in una determiuazione dei suoni, ed inflettendoci si cangia, e giunge alla quarta
terminazione, 2. diapente alla quinta, 3. diapason all' ottava, 4- diapason con diatcssaron all' ottava e mezzo,
5*. diapason con diapente alla nona e mezzo, 6. disdiapason alla decimaquinta. V. 36. Mancavano cosi gli antichi
di notare la terza e la sesta, perch il loro primo suono era lo stesso che il nostro secondo, ivi nella Nota.
CONCLAVE; stanza oblunga da chiudersi con chiave. VI. 3
7
..
CONVERSAZIONI figlie del decimo secolo. VI. G. H. 109.
COPPA, costellazione presso la piegatura dell' Idra terso il cuore, e risulta da sei quartiere in semicerchio. IX.
G. IL 119.
CORA, citt in Italia; ha un tempio antico. III. 5i. nella Nota.
m
CORAGI, vengono presi per luoghi ove potessero i cori ordinarsi, ma il senso vitruviano qui porta che fossero
persone della truppa attrice, le quali in tempo di pioggia avevano bisogno dei portici del Teatro per mettersi in
ordine. V. 61. N. a.
CORINTIO (ordine di architettura ). Formato dall'ordine Dorico, e Jouico col solo cambiamento del capitello.
IV; 6. e N 9.; imita la verginale gracilit. 12. I Greci dall'abbozzo de' capitelli egizii possono aver tratto il corintio,
il quale presso loro non giunse alla leggiadria del capitello corintio dei Romani, ivi G. II. io5. Le colonne corintie
del tempio di Minerva Alea fatte da Scopa, e quelle del gran tempio di Giove Olimpico fatte da Cossuzio non
pervennero a noi. ivi. I Greci avevano edifizj propriamente corintii, ma essi non si (^soggettarono a regole
generali, come fecero i Romani, i quali portarono questa maniera al massimo della bellezza. Meritano distinzione i
tempi della Sibilla a Tivoli, della Pace, di Antonino e Faustina, di Giove Statore, di Giove Tonante, di Marte
Ultore, ed il foro di Nerva; 'reggiamo pur bellissimi il Panteon, il tempio di Vesta, il terzo ordine del Colosseo, il
portico di Ottavia, e diversi archi trionfali. 107. Le colonne di questi monumenti sono alte dai nove agli undici
diametri. Molte variet si osservano nei capitelli; il pi vago sembra esser quello di Giove Tonante. Tav. XVI. ivi
108. Vitruvio assegna alle parti superiori al capitello di quest' ordine le stesse proporzioni del Jonico. I moderni le
dilattarono; danno i/2L dell' altezza della colonna al cornicione, in cut profondono gli ornati. Palladio meglio di
ogni altro espresse la eleganza e la grazia dell'ordine corintio. Tav. XVII. IV. G. 109. e N. 1.
CORNELIO CELSO. V. 80. Nota; parla del soglio, e dell' alveo dei bagni.
CORNICI. Nelle stanze si sottopongono alle vlte, e devono essere gracili, e sottili. In esse non si mescoli
gesso. \ II. 3g. mi sieno di marmo cernito. 4- 2. Semplici per metterle ove si fa fuoco, e si tengono molti lumi,
nelle altre stanze si scolpiscano. 4
r
CORNIOLO ( Cornulns rnascula ) durissimo, ma cresce poco. Sarebbe utile di fare di esso i graticci per le
pareli. 11. G. IX. 187.
COHOBATK. stromentn antico da livellare. Fig. 5. Tav. I. Lib. Vili. 6a. Nota 1.
J'rrnvrjo ISDICE 3
COROGRAFIA, descrizione particolarizzata di una citta, di un paese. vin 19. N. a.
CORONA: sporto che cinge nella parte superiore I. Btibolato. III. St. N. a. Corona, parte superiore della
trabeazione; colla sua cimasa senza la gola dritta, sia quanto la fascia mezzana dell'architrave. III. P. e N. 1. Il suo
sporto col dentello sia eguale all' altezza, eh' dal fregio all'estrema cimasa della corona. III. P.
CORONA BOREALE, costellazione ad oriente di Boote; risulta da sei o sette stelle disposte in semicerchio
con la concavit verso la testa del Dragone IX. G. II. 11. 5.
CORSICA, ha del porfido somigliante il verde antico* li. G. VII. i52. Suo granito una delle pi belle e singolari
roccie. II G. i53. Suo granito grafico. A.
CORVO DEMOLITORE, o gru, macchina militare che si scagliava contro le navi. X. 8. Nola. 4
CORVO, costellazione al sud-est, e poco lungi dalla Coppa, ed a mezzogiorno della Vergine, di quattro
terziarie disposte in un trapezio. IX. G. H. iao.
COSSUZIO romano per commissione del re Antico architett la cella, mise le colonne intorno al diptero, e
distribu gli architravi, e gli altri ornamenti nel tempio Olimpico. VII. al.
COSTELLAZIONI. Di sole sette parlano Giobbe, Omero, ed Esiodo; Vitruvio ne descrive 4"- cio la. nel
zodiaco, 20. nell'emisfero boreale, e 18. nell'australe. la. a3. G. II. Nota 1.
COTTO, re, dal quale furono dette Cozi le alpi che appartenevano al suo regno. VII. 4- Nota 1.
CTESIBIO; di lui non ci pervennero opere, bens molte testimonianze I. 45- N. 1. Ha trattato delle macchine.
VII. ig. e ne invent molle.
CTESIFONTE e Metagene suo figlio, descrissero il tempio Jonico di Diana in Efeso. VII. i4- Maniera di
Ctesifonte per condurre al detto tempio le colonne. X. 27. 28. Metodo di Metagene per trasportarvi gli epistili- ivi
29.
CUNEI, degli ordini dei gradi per la circonferenza dei teatri, cio convergenti al centro. V. 44
CUNEO, una delle quattro macchine elementari. X. G. II. 127.
CUPOLA, ha due parti principali, una cilindrica che dicesi tamburo, 1' altra sferica eh' la vlta. Per lo pi
nella sommit si lascia un'apertura dalla quale*comincia la lanterna, che serve a dar luce al sottoposto luogo. Si
fanno doppie cio una dentro dell'altra con qualche intervallo fra la convessit dell' inferiore, e la concavit della
superiore affinch sieno graziose tanlo all' estemo quanto JJ di'interno. S'impiegarono le cupole specialmente nei
tempi, e si moltiplicarono coli'allontanarsi che fece l'Architettura dal puro stile greco e romano. A vederle in
distanza destano un qualche piacere, ma mostreranno l' ardire dell'architetto non mai il carattere di una parte
essenziale della fabbrica. VII. G. IL 97. Le pi celebri sono quelle del Panteon, di S. Pietro In Vaticano, opera di
Michelangelo, quella del Duomo di Firenze architettata dal Brunellcsco. Fig. I. e 2. della Tav. 11. ivi g8. ;iy.
CURIA. Era un tempio ove per comando di Romolo si adunava il popolo, onde con lui avesse cura della
repubblica. Vitruvio la vuole vicina al Foro; sue simmetrie. Se quadrata, la sua altezza dev' essere una met
maggiore della lunghezza, se oblunga, sommate larghezza e lunghezza, la met della somma da darsi all'altezza
fino alla soffitta. V. 11. N. 3. Si contornino a met dell' altezza le pareti con cornici, ivi
CYANON. Minerale prezioso comunemente Lapis-lazuli, Lazulite. Il suo colore varia dal pi bello azzurro al
pi carico; translucido all'estremit; ha in esso frammiste diverse sostanze eterogenee, tra cui i grani di pirite o di
ferro solforato, che gli antichi presero per oro. Esposto al sole, e portato poi all' oscurit manda una luce
losforica. Si trova particolarmente nella gran Bukaria, ed anche in Persia, in Natlia, e nella China. Con esso si fa
il colore detto oltremare, molto risplendente, che diffcilmente si pu degradarlo con gli altri colori, co' quali non si
contempera. VII. G. III. 119. Modo di ridurlo a colore, ivi ili. Auche la pi remota antichit aveva incisioni fatta
sul lazulite. ivi. Lo si conosceva, ed adoperava prima del diamante, ivi iat<
D
DAD'O, o tronco, parte dello stibolato fra la corona, e la base. IH. 5i. N. 1. Piccoli dadi talvolta applicati
sopra i Capitelli tolgono allo scemamente* di proporzione negli architravi a cagione appunto dell' oggetto dei
capitelli) e si possono .riguardare come quelle membra superiori, che Vilruvio voleva che corrispondessero alle
aggiunte fatte negli stibolati. Ili G. V. 14*.
DECORO o convenienza. Prescrive a ciascun genere di edifizio il suo carattere distinto, e relativo all'uso. I. 50.
N. r. t 60.
DECLINAZIONE di uri astro, un ared intercetto
fra 1' astro e l'equatore contato sopra un circolo che passi pel polo dell' equatore, e per 1 astro. IX. G. Ili n5.
DEL1QUIE, canali o luoghi attinenti al displuvio. YI. G. I. 78.
DELO, i cui monumenti avevano le colonne liscie. IT. G. I. gS. Tempio d'Apollo, dorico (Tav. VIII. fig. x) 96,
DEMOCRITO' Abderite filosofo, ebbe gli atomi qual principio delle cose II. 16.- V. G. V. i44- Lasci i di lui
pensamenti sulle cose naturali. IX. 5l.
DEMOFILO,scrittore di precetti sulle simmetrie. VH.19.
denti a forma di lega che si applicano al muro della sostruzione verso il terreno. VI. 67.
DENTELLATURA, membro architettonico fra l'architrave e la corona - Sar alta quanto la fascia niezzaua
dell'architrave. III. 69. N. 1.
DENTELLI, ritenuti quai segni dell' ordine Jonico. IH. G. IV. I3I. usati molto dai Greci. Tuttavia sarebbe
conveniente ommetterli specialmente se apportano confusione 3a.; traggono l'imitazione dagli sporti degli asser
IV 24. non si mettono sotto i modiglioni perch non possono stare gli asseri sotto i cantieri. 25.; e neppure nei
frontespiA, ove si faranno semplici gocciolatoi, atlesoch i cantieri e gli asser non possono essere prominenti, ma
nei frontespizj inclinano verso le gronde. 26.
DESERTI: il maggiore quello di Sahara nella Barbarla; quello della Libia circoscritto dal Nilo; nella Persia vi
sono quelli di Adjemin, Derman, e Mekan; il Nedsjed cominciando dopo l'istmo di Suez occupa quasi tutto
l'intorno dell'Arabia; e ve ne sono molti altri La superficie di questi deserti, secondo Humboldt, conta circa iiaooo.
miglia geografiche quadrate. VIII. G. 1. 82. N. I.
DIADE, scrisse delle torri ambulatone, della trivella, della macchiua salitoria. X. ^Q.
DIASPRO, appartiene ai quarzi; opaco, infusibile, ed estrae scintille dall' acciaio. Il diaspro propriamente
detto per lo pi di un color rosso o verde;.ve n'ha per di giallo, di bigio, di bruno, poche volte bianco ed
azzurro, rarissime nero. Rosso, detto orientale ed antico; pulito ha un bel lucido.--Nero, si trova ira Sicilia.--A
fettuccie nella Siberia, rosso e verde. Diaspro sanguigno dell'oriente II. 154--- Diaspro egizio-castagno, fulvo,
bruno chiaro con linee eh'imitano il muschio, alberi, roccie Diaspro, porcellana, azzurro, o bigio perlino.
Diaspro scisle d'ordinario nero, e bigio, ma talvolta bruno rossiccio, color di carne, ed anche rosso ciriegia. La
pietra di Lidia una variet di questo diaspro, ivi 155.
DIASTILO, genere di costruzione nel quale l'intercolunnio di due diametri, e tre quarti. In grandi dimensioni
recherebbe il difetto, che l'architrave di pietra non potrebbe reggere. III, 3i. e N. 1.; la sua colonna alta otto
moduli e mezzo. HI. 38. Esempio nella Tav. 18.
DIAULON significa circo. Vitruvio diuota quello spazio ove i corrieri giunti alla met dello stadio volgendosi
ritornano ove presero la mossa. V. 83. N. i. DIGEARCO Messenio. V. ig. Nota i. DIESI, significa separazione
od abbassamento; qui s' intende proporzione musicale; in senso generale esattezza dei tuoni. V. 28. N. 3.
DIFILO greco architetto, scrisse delle macchine. VII. 20. DINAMICA, parte della meccanica che tratta del
motodei corpi. X. G. I. in.
DINAMODIO, dinota il peso di un metro cubo di acqua innalzata all'altezza di un metro. X. G. H. )33.
Quadro degli effetti utili prodotti dall' azione giornaliera dell' uomo calcolati per Uinaraodj. ivi.
DINAMOMETRO di R egnier, serve a misurare la forza assoluta degli animali. X. G. IL i32.
DINOCRATE architetto macedone, propone ad Alessandro di conformare il monte Ato in figura virile. II. 5.;
eresse invece Alessandria. 6.
DIOGNETO, architetto di Rodi, che aveva dal pub* LJico un'annua mercede per onore dell'arte. X 92.
DION1SIODORO, invent il cono pegli orologi solari. IX. 60.
DIPLINTHII, e triplinlhii, cio di due o tre mattoni. II. 21. N. 1.
DIPTEROS, significa ala. III.
a
5. ,
DIRRACCHIO, detta anche Epidammo, ora Dnrazzo. citt celeberrima della Macedonia sulla spiaggia
occidentale del mar Jonio; si trova ne' suoi dintorni un fonte cher vomita pece. VIII. 36. e Nota 2.
DISEGNO, indispensabile all'architetto. I. 38. Arte d'imitare colle linee le forme e contorni degli oggetti, fi 3g.
N. 1. Cpn la voce disegno si abbraccia la ragione per cui consiste la forma della cosa. il fondamento dell'arti
belle che si occupano della riduzione della materia; ed in quelle che trattano di cose immateriali viene ad essere il
regolatore. V. G. III. n3.
DISPLUV1DM. Coperto o grondaia ebe porta altrove le acque piovane. VI. G. I. 77.
DISPOSIZIONE, regolare e conveniente adattamento' delle parti. I. 56. N. 1. Deposizione dei materiali in un*
iabbrica necessaria quanto h bont degli stessi. Attenzioni per otleuerja. Il Q, viii. 16$. seguenti.
DISTRUITI/TOM", sigoirica economia: buon uso di tutti i mezzi che ha 1'archi te ilo. I. 56. N. i. 64-
Dev'essere relativa alla natura degli edifizi. I. 67.
DODRANTE, la nona parte dell'asse. X. 65. N. a.
DORICO (Ordine di architettura) prima del Jonico, e del Corintio; antichissimo derivato dal tempio di Giunone
fabbricato da Doro in Argo. IV. 7.; la sua colonua di sei diametri col capitello. Vitruvio deduce tal proporzione da
quella del piede con l'altezza dell'uomo. IV. 10. e N. 1. sua descrizione. Tav. III, fig. r.-IV. 38. N. I.J maniera tutta
greca. IV. G. I. g4- Si pu distinguere in cinque stati, tre greci, uno romano, ed uno moderno, ivi. I Romani ne
aumentarono la sveltezza sino a fare nel teatro di Marcello le colonne alte quasi 8. diametri compreso il capitello.
Tav. XI. fig. I. ivi 100. Peraltro il Dorico di tua natura deve esprimere robustezza, ivi >oi.
DORON, palmo. IL ai.
DRAGONE, una successione di stelle che formano . una doppia curvatura. La sua coda separa le due Orse.
JX. G. IL 114.
E
EBRIDI, isole, contengono dei diaspri. IL G. VII. i55.
ECHIA, distinzione dei suoni. I. 47
ECHINO, ovolo quand' considerato solo. III. 62. N. 3.
ECO, succede preciso e chiaro quando ad una voce o ad un suono s'oppone una superficie solida e piana,
posta ad angolo retto; ed incerto o confuso allorch alla voce si oppone un corpo di vari lati o circolare. Ci non
avviene, che all' aria aperta. V. G. IV. 128.
ECHEI, vasi metallici, e loro celle nei teatri anticLi. Opinioni sui medesimi. V. G. IV. 129.
ECCLESIASTERION ( significa luogo ove s' interviene per sentir a discorrere). Scena del teatro minore. VII.
58.
ECLITICA, quel circolo che appare essere percorso dal Sole col suo moto proprio da occidente verso
oriente in 365. g. 6. 9' n
,!
, 58. IX. G. III.
ED1FICJ caratterizzano le nazioni, e servono alla storia. I. 5. Ipctri da erigersi al cielo, al Sole, alla Luna. I.
63.; primitivi, capanne di virgulti, glebe, canne, fiondi te. IL 10. N. 2. e 3. 11. N. 1. Gotici arabeschi da imitarsi
per la eccellenza della loro costruzione, quanto da biasimarsi per la bizzaria della decorazione. IL G. Vili. i65.;
attenzioni necessarie per ottenere la solidit degli ediftcj. IL G. V1IL 168. Gli edificj saranno ben dispolli se. si
osserver in quali regioni, ed in quali climi debbano costruirsi. VI. 9. Sotto il settentrione si facciano tcstugginati,
assai ristretti, niente aperti, e rivolti alle parti calde. 10. Inversamente nelle regioni meridiane. 11. Parimenti nelle
altre regioni si trovino i temperamenti che vi confacciano, ivi. Edifici greci non avevano Atri. Dalla porta si entrava
in sentieri spaziosi, di l nel Peristilio, il quale da tre parti aveva il portico. VI. 5"]. Nella quarta parte verso
mezzogiorno fra due ante si lasciava grande spazio, due terzi del quale eranvi grandi Oeci per le madri di famiglia e
loro Janifcj. Nei porticati i t ri ci in i e le Stanze pei famigliari. Questa parte detta Cineconitis era per le donne.
58. Quella per gli nomini con peristili assai larghi, vestiboli egregi, porte dignitose, pinacoteche, biblioteche, ampi
Oeci quadrati dicevasi andronitide. 5g. A destra ed a sinistra formavansi delle casette con tutte le comodit per
gli ospiti, ivi.
EFFETTO ( effectus ) parola d'arte buon aspetto, bella comparsa. II. 10. N. t.
EFESO, citt tra Smirne e Mileto, da' Turchi detta Tigena. IV. 8. N. 1.
EGESIA, scrisse delle cose rustiche. VIII. 58. N. 1.
EGITTO, ha delle cave di marmi ora abbandonate. IL G. VII. i5o.; d i pi bei porfidi. i5i. - Regione in ogni
tempo celebre. I moderni la vogliono superiore alla Grecia. Oggi gli abitanti indigeni si chiamano kobthi. Si divide
in Egitto proprio, Libia egizia, ed Arabia Egizia. Vili. 35. N. 3.
ELEMENTI. Vedi Principj.
ELLA, scultore Ateniese di merito ma non di fama.
IH 4.
ELIANO, chiama dittero il portico all'uscita della palestra. V. 85. N 1.
ELIO Sparziano. V. II. N. I.
ELLIO Gallo, spiega vestibolo per luogo aperto dinnanzi la porta della Casa. VI. G. I. 92.
EL1UTRAPEZA in Etiopia, ha non molto lunge un lago di acque oleose Vili. 35. N. 4
EMBATE, ingresso. I. 60. N. 2.
embolo, dal greco un conio o qualunque altra cosa che s'introduce in 1111 foro. X. 2. e N. 2.
EMISFERO, cio forma sferica, tetto a cupola. V. 81. N. 3.
EMPLECTON, maniera di murare a riempitura, cio a cassa. II. 45- e N. !.; usando di questa maniera si
dovrebbe di tratto in tratto legar le fronti con buone pietre da taglio, o con ramponi di ferro, ivi.
ENCLIMA significa lo stesso di clima. IX. 59. Nota 5.
ENG1BATA significa una cosa che si avvicina. Erano macchine idrauliche in cui si movevano delle figurine. X.
5a. e N. 3.
ENGONALO sorta d'orologio, del quale non si Be prehbe immaginare la forma, ancorch se ne facesse
derivar la voce da engonatizin, inginocchiarsi. JX. 61. N. z.
ENNIO, Poeta. IX.
1
8.
ENTASI, gonfiezza della colonna. III. 44 N. 1. Nelle; colonne greche non si riscontra sensibile. Ili G. IV. 1 a:..
EOL1PILA, ossia porta di Eolo, globo di vetro, o di metallo che termina in uno strettissimo Collo. I. g3. N. 1.
El'I li ati I li\, era un'antica macchina militare. X. 85\
EPICA11MO riteneva l'aere, il fuoco, l'acqua e 1* terra per principi delle cose. Vili. 5.
EPICURO. II. 16. VII. 5.
EPIDAURO. Presso questa citt eravi un teatro, ali costruzione del quale vi presiedette Policleto, ed al quale
in quanto all'arte, ed alla convenienza e bellezza delle parli nessuno pu contrastare la palma. V. 56. N. 2.
EPISCENIO, terzo ordine sopra la scena. V. 5o. N. t.
EPISTOMIO, turacciolo di legno, qual' il cocchiume . della botte. IX. 68. e N. 3.
EPIZIGE, assicello o piccolo conio nelle Baliste che volge attorno i nervi e le tende. X. 72. Nota 2.
EQUATORE. Piano che si suppone passare pel centro della terra in direzione parallela al moto diurno degli
astri. IX. G. IH i
2
5.
EQUICOLI, popoli del Lazio; aveano un'acqua che produceva il gozzo. Vili. Sa.
ERACLITO Efesio, chiamato Scotinos per 1'osculili degli scritti, ritenne esser il fuoco principio delle cose. II.
16. G. n. 88 e Vili. 3.
erario, da congmngersi al Foro; luogo ove si conservava l'oro della Repubblica; in Roma era nel tempio di
Saturno. - Si dice Fisco quando serve pel principe; e moneta il luogo in cui si coniano le monete. V. 22. e N. 3.
ERATOSTENE Cireneo; scrisse dell'Architettura. L 55. N. 5. Suo calcolo sul giro dell'orbe della terra. I. 102.
Modo da lui usato per detto calcolo, ivi N. 2. Invent il Mesolabio, stromento da trovar le due medie
proporzionali. IX. 16. e Nota.
ercole di Glicoae, ossia Farnesiano, sue proporzioni. III. 7. N. 4.
ERETRIA. Portico che dava ingresso al foro nuovo di Atene. D' online dorico troppo ingentilito. IV. G. L gg.
EKIDANO, costellazione formata da una serie di stelle terziarie e quartane in linea serpeggiante, che principia
all'angolo inferiore occidentale del quadrilatero d'Orione, e termina sotto all' orizzonte in una bella stella primaria.
IX. G. H. 119.
ERISITTONE figlio di Cecrope. IV. G. I. 94.
ERISME, speroni contrafforti. VI, 65- X. 12. Nota 1.
ER1TRA, citta della Caria fra Clazomene e Teo, celebre per la Sibilla Eritrea. IV. 9. N. 1.
ERMOGENE Alabandeo Architetto; edific il tempio di Diana in Magnesia. III. ai.; inventore della forma
pseudodiptera e delle simmetrie notate da Vitruvio. ivi 56. Avenr do apparecchiati i marmi per un tempio dorico a
Bacco, colla stessa materia lo fece Jonico perch quest' ordine offre le simmetrie pi agevoli e pi eleganti. IV. 27.
Aveva scritto del suo tempio di Diana. VII. i5.
ERMOLAO, VI. 44. N. 1.
ERODE Attico, fece coprire un teatro di cedro. V. G. V. i5a.
ERONE Alessandrino, fece un trattato sulT aria, X, G. II, i43.
ERFILO, dispone la cognizione dei polsi secondo i numeri musici. I. 53. N. 1.
ERDGO. Oggi verderame; preparazione di ossido di rame con l'acido acetico mediante racimoli di uva con la
vinaccia alternati con lamine di rame, su cui dopo qualche giorno si sparge della nuova vinaccia; ed anche con
aceto e lamine di rame. VII. G. HI. 121.; verderame si usa specialmente pel nero dei cappellaj, e nella pittura ad
olio. 133.
ESAGGERARE, dal latino exaggerare, in veneziano inarzerare: aggiungere o accrescere lo stato naturale delle
cose. IL i3 e N. i.
ESASTILO, di sei colonne. III. 54
ESSEDRE, doveano esser di grande ampiezza. Nelle case private erano camere di conversazione, di udienza,
di studj. VI. 38. Nota t.
ESCHARA, base della testuggine. X. 83.
ESSEURE, doveano essere di grande ampiezza. Nelle case private erano camere di conversazione, di udienza,
di studj. VI. 38. Nota 1.
ESCHILO insegnava la tragedia in Atene. Fu il primo a portar sulla scena macchine, sepolcri, are, spettri, furie.
VII. Nota 1.
ETERE, da due voci greche equivalenti a sempre crescente, o sempre riscaldante. IX. 21. Nota 3.
EDCRATE, Poeta comico. VI. 4
EDDEMONE lasci discipline sul corso delle stelle, e sulle stagioni. la, 5i.
EODOSSO, dall' astrologia ritrov il corso delle stelle, e le vicende delle stagioni. IX. St.; per gli orologi solari
invent 1' aracue, un certo che simile alla tela del ragno, ivi 60. e Nota 2.
EUFRANORE, architetto che scrisse delle simmetrie. VII. ,
9
.
EUFRATE, fiume che scende dai monti dell' Armenia maggiore, divide l' Armeni* in due parti, separa la Soria.
e l'Arabia dalla Mesopotamia, e si unisce al Tigri. VHL 20. Piota.
ELJGRAFIO, ricorda che tutti i Romani solevano sacrificare quotidianamente nel loro atrio o vestibolo. VI. G.
I. 80.
EURECA, HO TROVATO: esclamazione di Archimede scoprendo la frode dell'appaltatore, il quale sottratto
dell' oro aveva sostituito egual peso d'argento nella corona fatta fabbricare dal re Jcrone.
EURIPIDE riteneva essere l'aria, e la terra i prncipi di tutte le cose. V1U. 4- Si era dedicato alla filosofia, ma
si volse alla poesia spaventato dalle persecuzioni del maestro Anassagora, e compose g. tragedie, delle quali Sole
19. giunsero a noi. ivi nella Nota.
EURIPO, canale artefatto. V. 87. N r.
EURITMIA: bella proporzione delle parti. I. 56. Nola 1. -- 60.
EURO, 4- vento della torre di Atene. Del sud-est, che porta ad Atene un tempo oscuro con molta pioggia.
Vecchio pensieroso e molto avviluppato nel suo mantello. I.
9
5. N. ,.
EUSTILO, colonnato grazioso. IH. 34- N. 1. 3.-37. li. i---3g. N. 1. Esempio. Tav. 19- 20.
EUTITONE: erano macchine degli antichi da scagliar dardi. X. G. III. J64.
F
FABBRICA, arte di ben eseguire un edifizio. I.07. Nota. Fabbriche cementizie, costruzioni di malta e pietre o
mattoni ridotti in pezzi. Il A.
e
^. S.
FAGGIO ( fagus sylv.itica), in veneziano fugher. Si usa nei mobili e per remi da navigazione, ma poco nei
lavori di architettura. H. 65. N. 3.
FAIJS' ACACIA (Rabnia pseudo acacia). Albero della Virginia; giallo, venato, lucente, duro. Serve bene ai
tornitori, e se lo si preservasse dallo squarciarsi sarebbe 8Sutile all'architettura. JI. G. IX. i85.
FARACE EFESIO, scultore non celebre bench di merito. III. 4
FASCINE, loro uso. IL G. IX. 188.
fasi, fiume che nasce dai monti Caucaso!, e lenta- mente passando per la Colchide, oggi Georgia, va nel mar
nero. VIII. lo. Nota.
FASTIGIO, membro della fabbrica che sostiene il tetto. Varier la sua altezza a seconda dei climi, cio del
bisogno di maggiore o minor declivio nei tetti. HI. G. IV. i3?,
FAVONIO, vento di primavera, spira quando il sole dall' Acquario entra nei Pesci. IX. ^o.
femmine, quando son gravide non tenute per sane pel motivo che menano una vita oziosa, e sedentaria. II, 58.
e N. 1.
FERENTO, citta della Toscana cinque miglia distante da Viterbo; pare che in que' dintorni fossero le Petraje
Aniziunc; suoi monumenti antichi che si conservavano come di recente fatti. II. 3?. N. 1.
FILEO descrisse il tempio Jonico di Minerva in Pricne. VII. 14.
FIDIA, scultore celebre. III. 4
FILIPPO antico filosofo, scrisse degli astri, e delle Stagioni. IX. i5.
FILOLAO, matematico Tarentino. I. 55.
FILOSOFIA, nobilita l'animo ed arrichisce la mente dell' architetto. I. 44'
FIRO architetto greco, scrisse delle macchine. VII. 30.
FITEO e Satiro scrissero del Mausoleo. VII. J5.
FIUMI, per lo pi scaturiscono a settentrione. VIII. 19. 25. Il fiume delle Amazzoni dalle Cordilliere
attraversandone il paese dall'ovest all'est corre pi di 3ooo. miglia geografiche fino all' Oceano atlantico, in cui si
getta con larghissimo sbocco. Vili. 23. Nota. Fiumi e Fonti che dispongono le pecore alla concezione, e che
influiscono sul colore delle pecore, e degli armenti. VIII, 47
FLUORE, sostanza bruna, che forma la base dell' acido fluorico. H. G. IL N. 2.
FOCEA, citt della Caria all'imboccatura dell' Ermo. Secondo Erodoto e Strabone fu abbandonata dai suoi
abitanti, che si portarono a fondare Marsiglia. IV. 9. Nota 2.
FOLGORE, una scarica di fluido elettrico da una nube, che ne abbonda. Il. G. II. 92.
FONDAMENTA di regole pi larghe delle pareti. I. 84. sieno sul fondo. I. G. II, 124. precauzioni per fondare
sopra terreni di alluvioni, ivi 129.; per garantirle nelle torbe mi eseguirle nell'acqua, ivi I3I.; si erigano a scarpa. I.
G. II. iSa.j *la loro sodezza di nuovo raccomandata. III, 45; operazioni per ottenerla. 46.
FONTI GALDI, percli sotterra dall' allume o dal bitume o dal solfo si eccita il fuoco, dai quali scaturisce
acqua di ottimo sapore. VIII. bi. e seguenti.
FONTI FREDDI di odore e sapore non buono, i quali passando per luoghi ardenti indi scorrendo lungo tratto
si raffreddano. Vili. 28.; contuttoch freddi sembrano bollire, ivi 29. Fonti solforici ristorano le debolezze dei nervi,
gli alluminosi refici.mo le membra estenuate dalla paralisi o da altri morbi. I bituminosi purgano. 1 nitrosi giovano
nei tumori. 3i. 32. 1 Fonti delle miniere metalli, he per
lo pi sono malsani. ivi. Fonte che ubbriaca in Patagonia. VIII. 52. e N. 1. Fonti che ingenerano egregie voci
come a Tarso in Magnesia, ivi 54 e N. 2.
FORO, si far vicino al porto nelle citt marittime, e nel mezzo della citt se mediterranee. I 108 I Greci li
facevano quadrati. V. 7. I Romani distribuivano pi larghi g' iotercolunnj. Sue proporzioni. 8. 9. Il foro non era la
piazza di oggid. Vi erano bens alcune piazze cos appellate, ma colf aggiunto dell'uso loro, come foro dei pesci,
dei grani. V. G. I. 97. Foro degli Elei descritto da Pausania. 98. 99. Fra i lri greci che avevano portici si
contavano quelli di Fare, di Argo, dei Trezeni, di Sparta, di Gnido, di Priene. ivi. Diversit tra i fori greci e
gl'italiani; questi erano oblunghi, ed avevano spazio molto pi esteso, servivano per sino ai commercianti di borsa,
ioo. Vedasi Tav. IV. fig. 1. un esempio di un foro antico eh' quello di Pompei. 102.
FORO di Giulio, oggi detta* Frejus nella Gallia Narbonese. V. i3 Nota.
FORTEZZE, sieno curvilinee. I. 85., loro origine. L G. II. i34; sistema degli arnioni nell'erigerle. L G. Ili, i35;
nuovo sistema, ivi 146.
FRASSINO, legno duro, forte, elastico; pietre il color rosso a segno da potersi sostituire al mogano: del fusto
si fanno stanghe da carrozze; e li nodi, il collare e la radici vengono ricercate per le intarsiature; va soggetto ai tarli.
It. 63. N. 2.
FREGIO, o Zoforo, membro architettonica tra l'architrave, e la cornice. III, 67. N. 2; in tutti i tempi greci
il fregio poco meno alto dell'architrave. Fregio liscio del tempio di Bacco a Teo, fregio formato di bassorilievi del
piccolo tempio sull' Ilisso 111. G. IV. i3i.
FRIGI, escavavano de' tumuli naturali per abitarvi; li. 12. e N. 1.' c
FTONGHI. Suoni. AristoSseno li definisce cos: il> fton> go una voce melliflua, che ha una costante cadenza.
V. 32. N. 2.; in ciascun genere sono diciotto:-otto peipetut o permanenti, gli altri dieci sono vaganti allorch eomur
mente si modulano. Li permanenti si chiamano: i". proslarabanomeoo, cio aggiunto; 3". ipate-ipato, primo dei
primi; 3 ipate-meso, primo dei mezzani; 4- mese, mezzano; 5. nete-sinemmeno, ultimo dei congiunti; 6".
paramene, presso il mezzano; r'. nete-diezengmeno, ultimo dei disgunti; 8". nete-iperboleo ultimo degli eccellenti.
V. 33. e Nota a. I mobili: So. peripate-ipato, vicino al primo dei primi; V'. licano-ipato, indice dei primi; 3.
peripate-meso, Ticino al primo dei mezzi; 4- licano-meso, indice dei mezzi; 5. trite-sinemmeno, terzo dei
congiunti; 6. paranetesinemmeno, presso l'ultimo dei congiunti; P. trite-diezengmeno, terzo dei disgiunti; 8*.
paranete-diezengmeno, presso l'ultimo dei disgiunti; go trite-iperboleo, terzo degli eccellenti; io. jaranete-
iperboleo, presso all' ultimo degli eccellenti. V. 04.
e
Nota 1.
FUCILE ordinario, ba una canna lunga met. 1. 137.' X. G. III. 189. I pi piccoli si chiamano moschetti, usati
dai cacciatori, dagli ussari, e dai cavalleggieri. ivi 190. Tavola del loro calibro, e della loro lunghezza, ivi.
FUOCO, secondo Vitruvio prima occasione alla umana societ. II- 9. Riflessioni sopra il fuoco, dietro le quali
si scorge erroneo il pensamento di- Vitruvio. II, G. 1. 83. Gli antichi chiamavano fuoco quel principio che ci desti
le sensazioni del caldo, e della visione; indi si distinse il calorico dal principio lumico, considerati siccome due fluidi
di varia natura sottilissimi, elastici, imponderabili. IL G. H. 91. alla classe degl' imponderabili appartiene anche il
magnetismo, e 1' elettricit, ivi 93.
FUSS1ZI0, architetto, il primo "che scrisse tra i romani cose dell' arte. VII. 20.
FUSTI delle colonne di maniera jonica usati dai Greci, e secondo Vitruvio alti 8. diametri e mezzo. I moderni li
formarono di nove diametri, e talvolta pi. Scamozzi ve ne assegn 8. 3/2f- Li Greci scannellavano queste
colonne. Tav. XXXI. 123. Si eseguiscono le scanuallaturo nei fusti dopo posti in opera. 124.
G
GANGE, fiume che nasce dal Caucaso, divide l'India, riceve i fiumi Randa, Perielio, Lemena, Tzietza ed altri,
sbocca nel golfo di Bengala. viii. 19- N. 3.
GEMELLI, all'est del Toro rappresentanti un parallelogrammo, tre angoli del quale vengono segnati da tre stelle
vivissime. (Tav. IV. e Tav. III. J IX. G. H. liti.
GEMINO. V- 43.
GENETLIOLOGIA, scienza de' vaticini, ora direte besi leggere il pianeta. IX. 5o. e N. a.
GEODESIA, misurazione dei campi. I. 66. N. 2. Id questo senso viene ad essere la geometria pratica; parte
integrante della Geografia. IX. G. HI. i5l.
GEOMETRIA, sussidia molto l'architettura. I. 5g. . GESSO, o pietra da intonachi, il solfato di calce 6
Selenite, combinazione di ealce, acido solforico ed acqua nella proporzione dei Numeri z. 46. 22, di tre specie.
i Solfato di calce calcarifero, o gesso comune. H. G V. nS. a". solfato di calce cristallizzate, volgarmente
scagliola. M. Calce anidro-solfata, od anidrite, comunemente gesso alabastrino* ivi ng. 120.; in architettura si fa
uso di gesso; precauzione nel cuocerlo; non si ha da cuocere l'alabastrino per sua natura privo d' acqua, ma non si
lasci esposto perch assorbendo l' acqua si altererebbe formando la Variet solfato di calce epigenio. II. G. V.
120.
GHIAJA, in veneto ghiara, i friulani diconoglerie pi prossimi al latino glarea. II. 25. N. 3.
GIARDINI. Loro divisioni. VI G. HI. 121. Simmetrici ed a paesaggio. I primi sono parti dell' iiumnginazione^ i
secondi copie della natura. VI. G. HI. 124. Gli irregolari si chiamano inglesi e cinesi, Semplicit di quelli di
Alcinoo. I Romani li usavano simmetrici, ivi. Descrizione della parte terribile di un giardino cinese, ivi Nota 1. Vera
origine dei giardini irregolari. VI. G. HI. 127.; la di cui arte consiste in riunire sopra un' area mediocre tutte le
bellezze pi gradite, che la natura ha disseminate, in modo che sembri combinazione naturale. 129 L' acqua forma
l'anima del giardino. Bisogna secondare la natura del luogo, ivi., le qualit del terreno. i5o; del clima, e delle
piante. i3l. La sclta di fabbriche bene adattate accresce il pittorico, e l'interesse del passeggio. i3g. Nel giardino
simmetrico poi l'abitazione forma l'oggetto principale, ivi. Una casa gotica, una caga rustica, una casa campestre,
un molino e simili accidenti giudiziosamente! disposti produrranno sempre grand'effetto. 1 io. Sar anche
1
proprio
d'incontrare le ruin di un edifizio indole gli avanzi di un convento gotico, ivi. Una Pagoda Cinese, un tempio
Egizio, con palmeti e banani, ed altre piante di quei paesi. 14
1
Cosi gli obelischi, le piccole piramidi, qualche
statua isolata, padiglioni, rotonde, lanterne et. l4?.
GINECONITIS, luoghi delle donne dal greco gine donna. VI. 58. Nota G.
GINEPRO tjuniperus communi*), ne' nostri boschi appena cresce tanto da farne pali, che sono buonissimi, il
70. N. 2.
giorni brumali, di bruma, dalla voce breve, quando il Sole io Capricorno, IX. 4- Bugi' Indiani, Siamesi,
Tartari, Persiani, Caldei, ed Egizj, si divideva il giorno iu 60. parti; in sole otto lo dividevano i Romani. IX. G. HI.
128.
GIOVE, il pi grande di tutti i pianeti > il suo volume ha con quello della terra il rapporto di 11S0. 9 ad Uno.
La sua distanza dal Sole arriva a n536^. semidiametri terrestri. La sua orbita inclinata all' eclitica poco pi d'un
grado, e viene da esso percorsa in dodici anni circa; la sua rotazione di quasi dieci ore. Presenta uno
schiacciamento ai suoi poli molto sensibile. IX. G. II. io3 Ha quattro satelliti, ivi io. io5.
GIRAFFA, costellazione boreale di alcune stelle, poco sensibile. IX. G. IL 120.
GIROMAGNY, vallata le cui montagne danno Breccia dure. II. G. VII. i46.
GIULIO CESARE nell'assedio di Burges cinse 1'accampamento di torri che distavano 80. piedi fra loro. l>
66. N. 1.
GIUOCHI Olimpici, Inti, Istmj, Nemei, in onore di Giove, di Apollo, di l'alemone, e di Archimoro. IX. 3.
Mola.
GIURISPRUDENZA, l'architetto deve conoscerla. 1.M.
GIVET, suo marmo rosso, lumachello. II. G. VII. i4gN
gnomone, ago degli orologi a sole, la cui ombra che indica l'ora, varia con la latitudine, nulla sotto P equatore,
eguale allo stilo a 45. e pi lunga ad una latitudine maggiore. IX. ao. e Nota i. Norma Vitruviann per questi
orologi. IX. 55. e per la figura relativa, ivi Nota I.
GNOMONICA, arte degli orologi solari. I. 66. N. u Vedi Orologio solare.
GOCCIE, ornamenti dell'ordine dorico; si distribui- scano a perpendicolo dei trglifi. IV. Z"]. 4?
GOCCIOLATOJO, parte della'cornice che sta sotto la gola rovescia. IV. 36. 37.
GOLA-DRITTA: questa ed il cavetto servono a dar/ finimento, ed a coprire gli altri membri architettonici. III.
G. HI. 102.; regola da eseguirla. Tav. XXV. fig. 7. 8. ivi 109.
GOLA-ROVESCIA, tranne la posizione di due centri, si descrive come la gola-dritta. Tav. XXV. fig. 9. ivi log.
GONARCA, orologio di pi piani uniti ad angolo. IX. 61. Nota t
GOTICA, maniera singolare di architettura che non manca delle sue bellezze. Le colonne sono esili mai
rastremate, di altezza arbitraria, percorrenti senza interruzione a disegnare il sesto della vlta; le une dirette a
sostenere in fatto o in apparenza poco peso, le altre veri fulcri. Le prime sono o cilindriche, o poligone, o fingenti
due o tre esili tronchi attortigliati. Per basi hanno larghi zoccoli, o plinti, ed un toro lavorato a fiori, o che finge la
zampa d'un animale o altro capriccio. Cosi pure il capitello per lo pi massiccio rappresenta qualche ammasso di
fogliami, frutti, fiori o altra tal cosa. Le altre che isolate realmente sostengono peso, si allontanano meno dalla
maniera romana. La loro base non ha forma certa. Il capitello singolare per le dimensioni e pei lavori. Bene
spesso vi manca 1' architrave, il fregio, la cornice, mentre gli archi immediatamente s'impostano sopra della
colonna; il sesto di questi per lo pi acuto. Tali fabbriche sono assodate da molti controfforti nel mentre che per
le immense finestre e pel gran numero delle piccole, per le merlature, intagli, trafori, di allontana ogni apparenza di
massiccio. IV. G. V. w. Le vlte gittate con molto ardire sono leggiere. 139. Palazzo ducale di Venezia. so. L'
architettura gotica anteriore cominci, sul cadere del secolo ottavo, ed ebbe fine verso la met del decimoterzo.
La moderna o posteriore, che ha l'uso costante del sesto acuto, non termin prima del secolo XVI; ma in Italia
trov minor accoglienza. i43. i44- Prese tal nome non perch i Goti ne sieno stati g' inventori, ma perch i
popoli del mezzod chiamavano gotico tutto ci che aveva origine dalle nazioni settentrionali. t47
GOZZO, difetto comune degli abitanti delle nostre Alpi settentrionali, e se ne attribuisce la cagione a quelle
acque. Vili. 5a. Nota 3.
GRADI, nella fronte dei Tempi si facciano di numero dispari. III. 49-; n pi di dieci, n meno di nove dita la
loro grossezza; il loro piano n meno di un piede e mezzo, n pi di due piedi. M. 5o. I gradini greci aiei tempj
erano ancora pi alti, ivi N. 1.
GRADINI, dove si sta a sedere negli spettacoli non sieno meno alti di un palmo ed un piede, n pi di un piede
e sei dita, larghi non pi di due piedi e mezzo, n meno di due piedi. V. 4^.
GRANATA, una piccola palla vuota che si riempie di polvere e si slancia con mano, o si fa rotolare dai
bastioni. X. G. III. 188.
GRANITO, una roccia composta di feldispato, quarzo, e mica confusamente cristallizzati; sembra essere la
roccia pi antica, formando la parte interna del Globo. Il vero granito rarissimo. Quello di Egitto, o granito
orientale, risulta di quarzo bianco quasi diafano, e di grandi cristalli irregolari di feldispato rosso, e di un p di mica
nericcia. Si traeva da montagne 48o. miglia circa al Niid del Cairo; nei Vosgcs se ne trova che la cede di poco all'
egizio verde antico, composto di quarzo verde, e di cristalli. Granito d' Ingria, rossiccio durissimo, e riceve
un bellissimo pulimento. Granito di Corsica, seminalo di piccioli globi formati da diversi strati concentrici.
i53- Granito grafico. I suoi elementi sono distinti gli uni dagli altri. La Corsica, la Svezia, e la Siberia ne
somministrano. J54
GRATICCI, tessuti di canne, tuttora usati, pericolosi regi' incendj. IL 56.
GRU. Macchina che serve ad innalzar pesi trasportandoli a piccola distanza dal punto da cui si sono innalzati.
Fig. 7. Tav. V. Le sue parti principali sono: la volata; il monaco verticale; la base; la ruota col tornio che V
attraversa, ed il becco. X. G. II. 140.
GRUMI, usato anche nei dialetti veneti per cose raccolte in mucchio piuttosto grande. Vili. ag. Nota 3.
GUHR Voce tedesca indicante le minutissime particelle terreo-metalliche che si riguardano come generatrici dei
metalli. VII. G. m. 117. N. 1.
H
HALURGUS, purpureo nereggiante. VII. G. IV. i45. l'iota 2.
HARPAGINETULI STRIATI. Arricciamenti di volute, e di fogliami. Per ischerno a Venezia si dice a quello che
li usa negli ornati pittore da insalata, barocco. VII. 52. Nota 1
HIMALAGA, al Tibet montagna il cui i4. pico la Sommit pi elevata del nostro globo, che giunge a poco
pi di 4- miglia. IX. G II. Nota 1. pag. 97.
HORREUM, il nostro granaio in generale, e granarum ove si conservavano i grani per seminare. Vi. 47Nota
3.
I
Indostan, ha bei marmi. II. G VII. iSo.
IPOTRACHELIO Veramente vuol dire collo; e per traslato la parte superiore della colonna. Norme per
diminuirlo. III. 43.
ICNEUMONE, voce greca che significa animale intento alla sua preda. Gli Egizi lo chiamano nems. una
delle otto specie che forma il genere di mammiferi, carnivori digitigradi. Assomiglia al martora, si distingua per
flTSVriO IltBICM 4
altro per una borsa presso 1' ano, per l'acutezza del muso, e per la lunghezza della coda, cb' quanto quella del.
corpo; il suo colore fulvo castagno, il muso e le zampe di un nero e Castagno cupo. Il suo cibo ordinario sono i
ratti, ogni specie di rettili, le uova e gli uccelli. Siccome distrugge una quantit grande di uova di cocodrilii veniva
adorato dagli antichi Egiziani. timido, circospetto; pure si arriva a domesticarlo. Vili. G. II. 125. e seguenti. Vedi
fig. I. Tav. Vili.
ICNOGRAFIA, pianta. I. 58. N. i.
IDRA, costellazione lunga che occupa la quarta parte dell' orizzonte. La sua testa a sinistra di Procione, e
sotto del Cancro. Il suo cuore una primaria. IX. G. II. i ig.
IDRODINAMICA, tratta del moto dei fluidi. X. G. I.
IDROGENE, non ha sapore n odore; il pi leggero di tutti i gas, inetto alla respirazione, ed alla
combustione, e brucia al contatto del gas ossigeno. IL G. II,
9
4. N. a.
IDROSTATICA, parte dell'idraulica che tratta dell'equilibrio dei fluidi. X. G. I. ti6.
JERAPOLI in Frigia, dai Turchi detta Seidescheher, 12. miglia da Tripoli: presso di essa vi l'antro Plutonio,
che si credeva la bocca d' Averno; manda aliti pestiferi, e getta acque calde che si convertono in tufo saldissimo.
VIII. 38. Nota a.; col si trovarono gli avanzi dell'antica palestra, di cui la lig 4- Tav. VII. Lib. V. ivi.
IMBONIMENTO, vocabolo veneto, in italiano murare a cassa, ingrossare con minutaglie. IL 4>- N. I.
IMERA, fiume della Sicilia: si divide in due, quel ramo che va verso l' Etna riesce dolce, 1' altro salato perch
corre pel terreno dal quale si cava il sale. Vili. 54
IMPAGI, membri orizzontali delle porte. IV. 67. Nota. La sua larghezza sia una terza parte del riquadro; e la
sua cimasa una terza parte dell' impage stessa. P.
INCENSO, il thus olibanum, sostanza resinosa di un odore aromatico gratissimo; proviene da un albero
delle Indie VIII. 4a. N. 5.
INCERTO, muro formato con pietre irregolari poste le une sovra le altre, e riempiuto nell'interno con
minutaglie. IL 39 N. a.
INCHIODARE un cannone, significa cacciar a forza un chiodo nel focone perch nou possa pi servire. X. G.
HI. i83.
INDACO. Si traeva dalla spumi di certi arboscelli dell' India, ed anche da quella dei vasi, nei quali si faceva
bollire la tintura per la porpora. VH. 70. e N. 5. Era dagli antichi imitato colla creta selinusia, o coli' anuaria, o col
vetro detto yalon. 77. Sostanza di colore bleil che serve ai timori ed ai pittori a guazzo, proveniente
1
da una pianta
detta indigofera simile alla Galega. Vili D. III- 117. indigena del Madagascar, del Mala bar, e dell'Isola di Francia.
Nell'Egitto, nell'Arabia, e sulle coste della Barbarla cresce la specie glauca; nell'Indie la hirsuU e la trita le quali
pure servono a formar 1' indaco. 118. Cos la specie anil nelle colonie d'America ed alle Antille la quale forma
col il miglior ramo di coltivazicF ne. ivi.
INDO, fiume. Nasce nella Cassimera verso la Tartaria, si scarica nel golfo di Bengala fra il regno di Guzarat e i
confini della Persia. Vili. 19 Nota 3.
INGINOCCHIATO, cio Ercole, costellazione raffigurata in atto di premere col piede la testa del drago; ossia
di quel Serpente eh' fra l'Orse, verso le quali si piega il Delfino. IX. 44-
e
nota 3. Forma un trapezio di quattro
terziarie superiore all' Oiiuco. ivi G. II. 116.
1NTEUPELLAZIONE. Interrompimenlo con discorsi importuni. VI. 59 Nota 1.
INTERPENSIVI. Fulcri alle travi su quali nppog* giano gli stillicidi. VI. 23. Nola 1.
INTONACHI sui graticci. Dopo incretata la parete si affigga una seconda serie di canne, e si dia creta di
nuovo, e si prosegua con l'arenato e col marmorino. Vedi Pareti. VII. 47- f
er
l' intonaco si pestano i minuzzoli di
marmo) si cribrano, e si adopra prima la parte pi grossa, e poi la pi minuta; indi si leviga con diligenza. VII- 61.
INTONACATORI greci, facevano da buon numero d' uomini sbattere con istangbe di legno nel mortaio la
calce mescolata all' arena. VII. 46.
IONE, figlio di Xuto, e di Creusa, da Vitruvio credulo inventore dell'ordine Jonico. HI. G. IV. u4
JONICO, ordine: gli antichi lo impiegavano giudiziosamente nei tempi delle divinit simboleggianti virt
temperate, iti. G. IV. di quattro classi, cio: dell'Asia minore, greco, romano, e moderno. 118.i molti edifici di
quest' ordine in Homa antica, ivi. Esempio del jonico romano. Tav. XXXI. 119 ; perfezionato dai moderni, fra
quali si distinse lo Scamozzi. Tav. XXX. Fig. X. ivi no.; la sua colonna prima di otto, in seguito di nove diametri
compresa base e capitello. Proporzione tratta secondo Vitruvio dalla gracilit femminile, come dagli ornamenti
femminili ne dedussero gli ornati del capitello, li cavaletti del fusto. IV. 11. e 12.
JOPPE, ora Jaffa nella Siria, citt antediluviana, l. pit antica del mondo; ha dei laghi i quali gettano molto
bitume. Vili. 37. e Nota 3.
Il-ANI ora Bog, fiume che nasce nella Podolia e s* scarica nel mar nero al sud del Boriitene- Vili ao. Nota. Un
altro fiume di questo nome nel Ponto. Vili. 5g. N 3.
D'ARCO, scrisse degli astri, e delle stagioni. IX. 5i.
1PPOCRATE di Coo, conserva ancora il primo seggio fra i medici. I. 5. N. 4
1;TOiJAVIO, fece l'aggiunta alla citt di Atene verso il Pireo, e diresse la nuova citt dei Rodiani. I. 10\. N. 1.
IPPODROMO. Luogo dove si esercitano i cavalli. V.
1
99
IPPOPOTAMO, veniva dall'egiziana antichit venerato; quasi grande come uu Rinoceronte, a cui non cede
per forza u per armi naturali. In lingua greca suona cavallo di fiume, ma rassomiglia al Cinghiale. Vili. G li- i3t.
Forma un genere particolare di mammiferi ungulati, pachidermi a dita pari. frugivoro, stupido come i miei;
appartiene all'Africa, vive sulle sponde dei fiumi; vi- viparo. Anche appena nati hanno una forza singolare, e
tendono a gettarsi nell'acqua. Nuotano con grande celerit, ma camminano gravemente. Giungono sino alla
lunghezza di i5. piedi, ed ai 7. di altezza Fig 3- Tav Vili. Di natura timido, ma irritato diventa furioso, e si batte
fino all'ultimo sangue, ivi. m... l'esplosione delle armi da fuoco li allontanarono dal basso Egitto, e perci ora
sembrano confinati nei deserti dell' alto Egitto, nell' Etiopia, a Mozambico, sulle coste d'Angola, al Capo di Buona
Speranza, e negl'iuterni deserti dell'Africa, ivi i3j.
IPOCAUSI, il luogo ove si accende il fuoco per riscaldare. Ipocausto 1' insieme della stanza riscaldata Y.
^2. N. a.
ipogei, o concamerazioni. Sotterranei a vlta come le cantine. VI 6a. Abbisognano di fondamenta pi grosse
delle mura da erigersi sopra Le pareti i pilastri e le colonne vadino a perpendicolo delle strutture inferiori, ivi.
Attenzioni per ben solidarle. VI 63 e seguenti.
ISGINO. Non si sa cosa precisamente fosse scnonsi una sostanza colorante; chi la vuole purpurea, chi gialla,
altri cerulea, altri rossa. Galiani la crede il verzino. Ortis la vuole bacche di un ligustro all' esterno negre, entro
rosse. VII. 76. Nota 1.
ISMUC, castello nell' Africa, la cui terra mortifera ai serpenti anche trasportandola altrove. Ora non si
conosce. Vili 54. Nota 4.
ISODOMA, costruzione dei Greci, in cui tutti i corsi" delle pietre sono di eguale grossezza. II, 4- Nola.
ITALIA, contiene masse di Basalte d'drgid Vulcanica. II. G. VII. 15^. In Italia in grazia del clima
contemperato nascono genti pei membri del corpo, e per la vigoria degli animi valorosissime. VI ij
ITTINO, e Carpione aveano descritte le simmetrie del tempio Dorico di Minerva sulla rocca di Atene. VII; *4-
Ittiuo oltre il Partenone eresse un tempio ad Apollo lipicurio sul monte Colilo presso Figalia; visse ai tempi di
Pericle, ivi nota x.
K
KALCANTON, nero di vitriolo per tingere il legno. VII. G. III. ia
7
.
L
LABIRINTO, ora poco in uso. Vi. G. Ili i33. Qualora si voglia ollocarlo nel giardino, bisogna avvertire di
facilitarne l' uscita. i34
LABBKO, o Soglio. Fase mobile di metallo, di legno, o di marmo che si collocava sul pavimento, ove si taceva
il bagno, V. 79. Nota.
LACONICO. Stufa, cosi detta perch l'Usavano gli Spartani. Comunicava col sudatorio, e Col bagno caldo
,V. 79. Nota.
LACOTOMO, linea che taglia ttna parte del mere diano negli orologi solari) proviene dal greco lachis pezzo di
qualunque cosa, e lomno secare. IX. 58 Nota a.
LAGHI e fiumi salati. VII 35. Laghi e fonti bilarninosi perch erompono da miniere di bitume. VIII. 37* Laghi
che investono gli oggetti di una crosta pietrosa. VIII 38. Nota 1.
LAGO di Mefi in Egitto, opera degli uomini. VI. G. III, i36.
LALICMIO, luogo del ginnasio ove si recitavano
1
discorsi estemporanei, ed ogni sorta di scritti. V. G. V*. i65/
LAMPINI, riescono a scapito della teatrale illusione. V. G. V. J54- Idea di coprire la Sala con una vlta Pi
vabolica intonacata a mormorino da riflettere la luce di un numero di lumi collocati nel foco di quella paraboloi-'
de, chiudendo la base con una tela a colori trasparenti, per cui passar dovesse la luce riflessa, ivi l54- it.
LAMPO, la comparsa della luce per la isiantune ^esplosione del folgore. II. G. IL 9.
LAODICEA, citt. V. G. V. i4o.
LAPILLI, il tufo di Vitruvio, ed il Tarras, del quale si costruirono le dighe Olandesi; sono della natura della
pozzolana. IL G. VI. IQ6.
LAPIS - LAZDLI, Pietra dura di un azzurro carico con qualche vena o punta di giallo lucente. Opaca, di
tessitura compatta, a grani fini, e talvolta lamellare L'orientale pi pregiato dell'europeo. IL G. VII. i56. Viene
contraffatta in modo che l'arte in ci ha superata la natura. i5r.
LARICE (Pinus lari*), albero grandissimo, grosso ed alquanto pingue; ha le vene distese .e dure; riesce
mirabilmente per le travamenti, pei coperti, per le porte, e finestre; ha un rosso melato, e resiste ai tarli, ed alla
vecchiaia, cosi nell'aria, come nell'acqua. Abbonda nelle montagne venete, nel Ttentino, nella Valcamonica, ed
anche oltramontc. II. 71. V 1. Il suo nome deriva da Larigno castello fahhricato di quel legno. Il. 73.
LARISSEO, ci lasci l'idea della linea del taglio nella prospettiva. VII. i3. N. I.
LASERPIZIO, pianta pentandria diginia delle ombrellifere, propria del mezzod d'Europa, della Siria,
dell'Armenia, della Media, della Libia; ne comprende pi di 3o. specie, usavasi in medicina. Vili. 44- N. E.
LATITUDINE geografica, la distanza dal zenit all'equatore. IX. G. III. 160. e seguenti. Latitudine di un astro
la distanza dall'astro all'ccclitica contata sul circolo che passa pei poli dell'ecclitica e per l'astro stesso, ivi 116.
LAZULITE, lapis-lazuli. VediCyanon. VII. G.1II. 119.
LEBENO, citt sulle spiagge del golfo Jonio a5. miglia distante da Teo, i5 da Smirne, e 2j. da Colutone, oggi
Lrbeditzj - Cbisar. IV. 9. N. 4.
LEGGE, la cui ragione emanazione celeste. I. G. I.
n3.
LEGNAMI, da tagliarsi dal principio di Autunno sino al primo solfiare di Favonio, cio ai primi di Febbrajo. li.
57. e N. a; precauzione nel tagliarli, ivi 5g; la materia fibrosa del legno risulta carbonica. 5i. 53; acida. 4* 78;
acquosa. 5. 69. II. G. IX. 167. -- la sua propriet igroscopica dipende pi che d'altro dalle sue parti saline. IL G.
IX. 168; influenza del clima sui legni. 169: diligenze necessarie all' architetto per iscegliere, ed adoperare i legnami
nelle fabbriche. IL G. IX. 170; loro squadratura. ljS. Modo d'incurvarli. 177. Diligenze ed attenzioni per la loro
conservazione. 178. I resinosi vanno meno soggetti alle intemperie. 179; esposti alternativamente all' aria. ed
all'aequa periscono. Il. G. IX. 179. -- Preparativi per preservare i legnami. 180. -- Vantaggi nel bollire i legni. II.
G. IX. 181 Imbevuto di olio o di grasso ed esposto ad un calore moderato, il legno s'indura a segno di tagliare e
forare come il ferro. 183. Forza dei legni. 184.
LEONIDE, diede precetti di simmetrie. VII. 19.
LEOCARl Scultore, che lavor nella parte occidentale del Mausoleo. VII 17.
LEPRE, costellazione formata da quattro terziarie in quadrilatero, sotto cui sta una stella secondaria detta la
colomba. IX. G. II. 119.
LESBO, isola dell'Arcipelago, la di cui capitale Mitilene. Vili. 4i. Nota a.
LEVA, una delle quattro macchine elementari. X. G. II. 127.
LIBICO, Garbino. 6. vento della torre di Atene. Del sud ovest. Uomo robusto che tiene fra le mani l'apluBtro
di un vascello, spingendolo dinanzi a se. I. g5. N. 1.
LIBRA, costellazione all'est della Vergine, comprende un quadrilatero. IX. G. II. 117.
LINCESTO, oggi Lincea, paese della Macedonia, ha un fonte di acque acide le quali, secondo Ovidio,
producono l'effetto del vino. Vili. 49-
N
- 3.
lingua, precedette sempre le arti eziandio le pi necessarie. II. G. I. 87.
LIOCORNO, costellazione fra il piccolo Cane, ed Orione di diverse quartane in forma di un V. obbliquo. IX.
G. II. lao.
LIONE, costellazione compresa da un trapezio di quattro stelle, attraversato dalla linea che serve a determinare
la polare prolungata in senso opposto. IX. G. II. 117.
LIPARI, fiume della Sicilia le cui acque sono untuose. Vili. G. I. 86.
LIRA, detta anche Avvoltojo piombante, costellazione al sud-est del Dragone. Ha una bellissima stella primaria,
chiamata VVega, la quale forma con la polare e con Arturo un gran triangolo rettangolo in VVega. IX. G. II. Ji5.
lisi, volgarmente gola rovescia. III. 5r. N. a.
LIS1CRATE, suo monumento coragico, cio destinato a giuochi scenici; volgarmente la lanterna di Demostene,
posto all'estremit dell Acropoli; corintio di bellissima ese-' dizione; sei pezzi di marmo bianco sopra un
basamento formano un muro cilindrico, dal quale le colonne sporgono un p pi della met del diametro. I capitelli
sono ricchi con le volute, e molto svelti per l'aggiunta di un giro di fronde nella parte inferiore. La cornice
formata di pi pezzi d marmo fermati dalla cupola eli' di un sol pezzo e delicatamente scolpita con foglie d'
alloro, volute ed orDati. Anche il rosone della sommit presenta uua combinazione di foglie graziosi:*sima. Vedi
Tar. XV. Lib. IV. G. II. ioti. N. i.
LISIPPO, Scultore celebre. III. 4
LISTELLO, separa le altre modinature; unito all' aStragallo le adorna; combinato con le scozie toglie ueiU basi
la confusione di pi membri curvi l'uno sull' altro III. G. Ili io3. un rettangolo. Fig. 3. Tav. XXV.
LIVELLO. Gli antichi intendevano una linea piana. una linea conformata dietro la figura della terra. \ HI63.
Nota i.
LIZZA, trincea, campo chiuso da giostrare. V. G. VII.
*79
LOGION. Palco scenico dei Greci meno largo di quello dei Romani. Cos detto perch gli Attori ivi facevano
uso della parola. V. 58. e Nota i. Nel teatro romano era Ito 5. piedi, nel greco fra i dieci e i dodici. V. G. V. so.
LOKE, pezzo di legno attaccato ad uua fune per misurare la strada che fa un naviglio. IX. G. 111. 160. e
seguenti.
LOMENTO! o cenere d* azzurro, era un turchino chiarissimo. VII. G. III. sai. Lomtntum trihtm era la parte
pi grossolana, ivi.
LOXODRIMIA, curva che descrive un vascello nel suo viaggo. IX G. III. 160. e seguenti.
LUCIGNOLO, o stoppino della lucerna, in veneziano pavero, e rozzamente pavr e pavir. Vili. i3. Nota 5.
LUCIO Mummio distrutto il teatro di Corinto, trasport a Roma i vasi di bronzo V. 4
a
LUMACHELLI: pietre calcari di un tessuto compatto; contengono numerosi frammenti di conchiglie, e di
coiaVlt fossili; ricevono un bellissimo pulimento. Appartengono ai terreni secondar] antichi. -- I principali sono:
quello di Carini ia, ossia opalisanle, bigio bruno. IL G VII. 147 ~ di Castracani, citt della Siria, - di China,
fondo verde - bigio con le conchiglie giallo-pallide,-- di Timor giallo - bruno con macchie bianche, - Funebre
antico, nero di Svizzera, bruno--bigio con ammoniti bianche,--Caos bigio cinereo con numerosi frammenti grandi
e piccoli d'un bigio-turchiniccio; lo si trova presso Verona, Bigio di Sicilia. 148. Bigio, ha un foudo bigio
cinereo, o giallognolo con moltissime linee nericcie, - di Saiut-Amour nelJura, ha molte variet, bello, e forma un
oggetto di speculazione, di Mons, o piccolo granito ha il l'ondo nero con minutissimi frammenti di coralli, di
entrochitidi bianchiccie e di madrepore, di S. Maria del Giudice in Toscana e di un rosso simile ai mattoni, e
contiene corna bianche di montone, e molti altri. i49
LUNA, in 28. giorni ed un
1
ora circa, secondo Vitruvio, fa la sua rivoluzione periodica; ma veramente a tornare
nello stesso punto celeste impiega 27. giorni 7. ore 43' 4''t 7*5 e !
SUH
rivoluzione sinodica cio il tempo cbe
passa fra due congiunzioni col Sole in giorni 39. ia.' 34-' 3.' 85 Lib. IX. 25. e nota 3. Scriveva Aristarco Saniio
matematico, che la Luna non ha uu suo lume proprio, ma lo riceve dal Sole, ed una teoria lasci sulle fasi lunari
quasi consona alla moderna ivi 35. Segue la terra, ed pi d'ogni altro corpo celeste vicina a noi. uu globo
sferico opaco, che ci riflette la luce solare IX. G. II98. Fig. I. Tav. II. La rivoluzione siderale di questo satellite di
giorni 27, 32i58. movendosi da occidente verso oriente con una velocit di miglia 33. 6. per ogni minuto, cio con
circa la ventinovesima parte della velocit della terra, la quale si calcola di 984. Osservala la Luna con forti
telescopi presenta una massa arida, ricoperta di montagne, di piani, e di cavit profonde; tutto solido senza
atmosfera sensibile. La Place attribuisce ai vulcani della Luna, gli acrotil, ossia quelle pietre che talvolta cadono
dal cielo. IX G. IL 100.
LUPO, costellazione al sud-ovest di Antareo di diverse piccole stelle; si rappresenta ferito dalla lancia del
Centauro. IX. G. IL 120.
LUTEO, erba che unita al ceruleo d un colore verdissimo VII. 77. Il guado, specie di reseda, la da lisca
cannabina, la ginestra dei tintori, e la guaderella sono proLabilmente le piante dagli antichi chiamate luteum, lutea,
luteola e lutum. VII- G, III. 134.
M
macchina, soda congiunzione di materia per muovere i pesi, mediante giri di circoli, da' Greci chiamati cyclicen
cinesin. X. 9. Sono di tre generi: Scansorie in greco acrobatico* nelle quali si sale per vedere l'appa* rato. ivi 10.
ed 11. Spiritali pneumalicor quando dall' aria compressa si esprimono tuoni, e voci, ivi 12. Trattorie,
barulcon quando innalzano pesi, ivi 12. vedi Trispasto e JPentaspasio 1. Per mettere in opera pesi colossali
avevano una macchina a doppi ordini di rotelle nell' alto, e nel basso, dalle quali una fune andava avvoltichiata al
timpano, un' altra riportata all' argano col di cui rivolgerei distcudevasi le funi ugualmente, e dolcemente senza
pericolo si levavano i pesi, ivi si. 22 Altra macchina usavano gli antichi ad una sola trave raffermata da ritegni,
corredata di varie troclee per lo che dicevasi polipaio. 23. 34- e 35.
MACCHINA di Ctesibio che solleva moltissimo l'acqua; la sua teoria la stessa di quella delle trombe
aspiranti e prementi. X. 5o. e nota i. Ctesibio invent molte macchine. X. 53. una idraulica di esso fu scoperta
benissimo conservata fra le ruine di Castronovo, e descritta da Ennio Quirino Visconti, ivi Nota 2.
MACCHINA per misurare il viaggio in cocchio od in nave. X S. e M.
MACCHINA funiculare, una delle quattro elementari. X. G. IL 137.
MACCHINA, deriva dalla voce greca mediane, che lignifica anche invenzione od arte. X. G. H. 137. nota 1.
MACCHINA a vapore, in cui il motore il vapor d'un liquido. Si diceva macchina a fuoco. X. G. li. La prima
classe delle macchine senza condensazione; la seconda a condensazione, e queste e quelle si suddividono
ancora, ivi i4g. Macchina a semplice effetto di Boulton e VVatt. Fig. 3. Tav. VII. ivi i5s. Nuova macchina senza
caldaia di Scott. -- ivi i55. Possono tornar utili ad ogni macchinismo a cui abbisogni una considerevole forza
motrice, ivi i56; la loro applicazione ai navigli va mirabilmente propagandosi. i5g.
MACCHINE idrauliche degli antichi per gli organi. X. 54
MACCHINE degli antichi teatri per rappresentare molti oggetti ed imitare lampi, tuoni, folgori, far apparire
ombre, furie, dei. V. G. V. i45.
MACCHINISMO, parola da adottarsi dietro Macchinista, voce usata. X. G. IL 143. N. 4.
MACROBIO nel sogno di Scipione parla della perfezione dei numeri. III, 13. N. 1.
MADONNA dell'Arco. Vi uno strato profondo per 320. piedi di materie eruttate dal Vesuvio. II 3*. N. t.
MALTA, d un alabastro del color del miele assai fino e quasi trasparente. II. G. VII i56.
MANACO, cerchio mestruale negli orologi solari; deriva da man mese. I 58. e Nota 3.
MANTINEA, citt. V. G. V. i4o.
marmi: la maggior parte risultano da un miscugli* di pietre dure; alcuni sono composti di carbonato di calci assai
puro, ed in tutti gli altri questa sostanza la predominante. Sono dunque i marmi carbonati di calce 0* lidissimi.
II. G. VII. i3o. Da marmaros, bianco, ne viene il nome. Fatuo effervescenza negli acidi, si possono incidere con
una punta di ferro, e percossi dall' acciaio non espellono scintille. Loro classificazioni. i3i. Marmi propriamente
detti: carbonati di calce che non contengono avanzi di corpi organizzati; antichi le cui cave sono esauste; morfemi,
che attualmente si estraggono. i32. Fra gli antichi il Pario dall' isola di Paros, generalmente bianco. Il cippotino
Altro cipollino statuario detto Pentelico dal monte di questo nome nell'Attica. i33. 11 grechetto bianco come neve.
Il marmo di Luni all'est del golfo di Genova, d'un bianco vivo. Il marmo bianco del monte Imetto. -- Il bigio
antico. Il turchino antico. -- Azzurro antico. - Il piccolo antico di grani finissimi. i34- Il verde antico,
appartiene ai porfidi.--Il verde-porro antico. Il verde-sanguigno antico. Il palomhino, raramente si trova in
pezzi alquanto grossi; sembra essere questo l'anello fra i marmi, e le altre sostanze calcari compatte. Il nero
antico, prediletto di Lucullo. Rosso antico, uno dei pi belli, e pi cari che avessero gli antichi. i35. Giallo
antico, rossiccio, paglia e dorato; il roseo il pi pregiato. -- Il serpentino appartiene ai porfidi. Il bianco e nero,
di tutti il pi caro. Altri da noi ignorati. i36. Marmi moderni. Marmo bianco. Distinto quello di Carrara; un altro
ma inferiore il cosi detto marmo di Rovigo. A Bajona ed a Lubia nei Pirenei se ne trova. La Spagna, la Grecia,
hanno intere colline di marmo bianco. La Scozia ne somministra uno bianco- siccome neve. In Alemagna si trova il
marmo bianco di Hildesheira. Marmo giallo di Siena. Marmo verde di Firenze serpentiuoso di un verde
slavatissimo, e quasi bianco. i33. -- Il verde di Prato, serpentinoso, duro, verde macchietato di verde scuro. -- Il
verde di Carrara, d'un color verde-mare con vene bianche. -- Il verde di Genova. Il verde di . Suza.
Marmo verde di S. Bertrand macchiato di rosso, e di bianco. Il verde di Granata. Marmo rosso di Verona
appartiene ai Lumacchelli. -- Marmo rosso di Givet nelle Ardenne, Lumachello Rosso di Linguadocca-
Marmo siciliano. I suoi colori vivissimi bianchi, rossi, verdi, e bigi imitano quelli del diaspro. i3g. Il Mandolato
Veronese. -- Marmo di Bergamo verde macchiato di bigio e di nero; di Mergozco bianco con vene nericcie.
Marmo nero di Como, di Saint Firmin, di Thcux e di Spa. Quelli di Sambre-et - Meuse si usano nei
monumenti funebri; all'aria perdono il pulimento; strofinati mandano odor fetente. Bardiglio, che si estrae
presso Carrara bigio turchino con vene bianche olivastre. Il Co. fanello. - Il porter nero macchiato di un
giallo d' oro screziato di bianco. - Cipollino moderno, s trova nelle Alpi, nel Delfinato, e nella Corsica. Un
bellissimo detto della tegola si cava nel monte Bianco. 140 Borbouese, tricolore rosso, giallo ed azzurro--del
Pousin bigio-cinereo, somiglia il diaspro con zone bigie nericcie, e vene bianche. - Il Griulte, Marasca di Francia,
e d Italia. - Marmo Napoleone, bigio, brecci-forme con molte vene, pm celebre, che bello. Campan comune
tu Fraucia - 11 ti..... quera che si estrae presso Valenza. Quello d'Auglesey" in Inghilterra verde, nero
macchiato, rosso e bianco (li Tireo in Iscozia, marmo bellissimo di due variet, Marmi d'Asia. 149- d'Africa e
d'America. i5o. Marmi bianchi colorandoli perdono di solidit. Marmi artificiali.
MARTE, Pianeta. IX. 28. comprende nella sua orbita quelle di Mercurio, di Venere, e della Terra; il suo
volume non giunge alla sesta parte di quello del nostro gtelo. La sua orbita molto eccentrica, e viene descritta in
giorni 686, 97962. La sua rotazione di giorni 1, 02Ha le sue fasi, ma presentano una forma ovale per la sua
maggior distanza dal Sole. La luce che riflette rossastra per cui si suppone circondato da una densa atmosfera.
IX. G H. 101
MARSIGLIA, tetti coperti di terra, e di paglie. IL i5.
MASSACIUSSLT, Provincia d'America che offre. II. G. VII. i5o
_ MASS1LVA, citt della Spagna ulteriore, i cui mattoni galleggiavano. II, 23.
MATTONI, crudi e cotti. II, 17. N, 1. Da formarsi in primavera o d'autunno, ivi 20; gli Uticensi adoperavano
mattoni fatti cinque anni prima, ivi 21; ldios lunghi UH piede e mezzo, larghi uno; pentadoron di cinque palmi.
tetradoron di quattro, questi per le private, quelli per le fabbriche pubbliche. II. 2. 22; mezzi mattoni
corrispondenti alla met dei pentadori, e telradori. II 22. e N. 1. galleggianti. 23; ora non ne abbiamo, ivi IN 1;
triangolari si veggono negli avanzi degli antichi ceti li ai . ivi; preferibili sempre alle pietre. II. 46. IN. 2 In Roma
non si potevano erigere le abitazioni private di mattoni. IL 54- Si espongono i mattoni all'intemperie per
conoscerne la qualit. IL S5; l'argilla pi pura e pi pastosa la migliore per formarli. II. G. III. 98 Diligenza da
usarsi nei! approntare l'argilla e nel cuocere i mattoni; segnale della loro cottura. 100. e seguenti; da impiegarsi
nelle fabbriche pi nobili, ed ovunque abbisogna maggior fermezza li G. VIII 160; muri di una, e due teste di
quadrello 161; di tre teste, concaiejtazioui; ossi ano chiavi. 162. Ma turni ai
once per costruire i pilastrini nell' Ipocausi. V. j5. di once sei ivi N. i.
MAUSOLEO, nella piazza di Alicarnasso, monumento magnifico, una delle sette meraviglie. IL 5o. N. i. Da
questo i Romani chiamarono mausolei tutti i sepolcri. I due lati a settentrione ed a mezzogiorno erano j3. piedi per
ciascheduno; l'intero perimetro era di 4
1
'- piedi. 11 porticato che il circondava alzavasi per 25. cubiti e constava
di 36. colonne; le scolture del lato orientale erano di Scopa, quelle da settentrione di firiasse, a mezzogiorno aveva
lavorato Timoteo, e ad occidente Leocare. Sopra il colonnato si eresse un tronco di Piramide di altezza eguale a
quella inferiore con a4 gradini, sul quale si colloc una quadriga di marmo, opera di Pizio. L' altezza totale
giungeva a i5o. piedi. VII. i5. Nota 3. Veggansi le fig. %. j. della Tav. VII. Lib. VI.
MAZACA, detta anche Cesarea, citt nella Cappadocia, alle falde dell'Argeo verso 1' Armenia, Vili. 3-j. Nota
4
MECCANICA, ricavata pei bisogni sociali dalla rotazione del mondo e dalla natura delle cose. X. i5. Vedi G.
II. Lib. X.
MEDULLI, nazione delle Alpi, ove una specie d'acqua che produce il gozzo. VIII, 5a.
MEDICINA, occorre che l'Architetto ne abbia qualche nozione. I. 38. 48.
MEGALOPOLI, citt il cui Foro conteneva il portico Filippeo, l'Aristandeo e quello degli Archi vi. V. G. I. 99.
MELAMPO, scrisse delle simmetrie. VII. 19
MELANTE, cio negro: vi sono molti fiumi cosi detti; quello di Vitruvio sorge dal monte Parnaso, termina nel
Cefiso della Beozia, navigabile e produce inondazioni simili a quelle del Nilo. Vili 4
t
- Nota a.
MELINO, sostanza minerale bianca, inferiore al bellissimo Paretonio; si aveva dall'isola Melo una delle Cicladi.
Sino al tempo di Plinio vi si sostituiva il fittizio di piombo ed aceto, o di terra da tintori bollita. VII. N. N. 1.
MEL1TE, citt della Caria, eh' era presso l'Bolide. Anche un fiume presso cui esisteva una spelonca ov' fama
che Omero componesse i suoi versi. IV. 9. N. 5.
MELO, ( Pjrus malus ). legno bruno-rossiccio, forte ma poco regolare; atto ad ogni genere d'intagli. IL G.
IX. 187.
melone, scrisse sul corso degli Astri, e sulle sta* gioni. IX. 5i.
MEONIA, (orse parte della Lidia, Provincia dell'Asia. Vili. O. e Nota 4.
MERAVIGLIE (le sette), i ma il tempio di Diana in Efeso, a.da il mausoleo fa il colosso del Sole di uionza a
Rodi, 4
,ta
s'
alua
di Giove olimpico, opera di Fidia in avorio ed in oro, 5.ta il palazzo di Ciro fabbricato da
Melinone, che colleg le pietre con oro, 6.la le mura di Babilonia di mattoni, ferro, e bitume, e 7.ma le piramidi
d'Egitto. Igino fa ascender le meraviglie a quattordici.
VH. 18- N. 1.
MERCURIO, metallo chiamato argento vivo. serva a molti usi in societ VII. G. III, ia5. Da esso si ottiene il
cinabro, ed il minio artificiali. Si amalgama cogli altri metalli, serve ai doratori ec. VII. G. III. 136.
MERCURIO, Pianeta: in 366. giorni corre gli spari dei 1% segni zodiacali accelerando uell' uno quanto
nell'altro ritarda. IX. VJ. Si ba potuto concludere esser un corpo opaco soggetto a fasi come la Luna. Egli si
aggira pi d'ogni altro Pianeta presso il Sole cosicch spesso immerso nei raggi solari. Si calcola che 1' intensit
della luce e del calore sia settupla di quella sul nostro globo nella state, IX. G. II. o5. La sua orbita compresa
dentro quella di Venere, ivi 96.
METALLI, ascendono ora al numero di quarantadue. Fochi sono quelli che si trovino puri in natura, cio allo
Stato di regolo. Comunemente souo in istato di ossidazione, il. G. H. 96. N. 3 il pi tenace 1' oro, gli altri
seguono con quest' ordine, ferro, argento ed ottone, rame, stagno, piombo, e ci nel rapporto dei numeri tuo.
1000. 820. 665. 110 65. X. G. I. 115.
METROOORO Frigio, scrisse di Geografia. Vi sono degli altri filosofi di questo nome, come il maestro
d'/ppocrate che tratt delle radici per gli usi medici, Metrocloro scrittore di Architettura ec. Vili 58. Nota 1.
MEZAULE. Sentieri nel mezzo a due Aule. VL 60. G. 11. 101.
MIAGRO Foceo scultore, cui manc la celebrit e non il merito. III. 4
MICONE, fu tra primi ad adoperare il Silc attico. ,VII. G. III. 113.
MILETO, citt della Caria, sei miglia distante dall' imboccatura del Meandro, altramente Melasso. Lib. IV. 8. e
N. 2.
MILETO o Melito, piccola citt della Calabria ulteriore. IV. 8. e N. 2.
M1LONE Crotouiate, atleta invitto. IX. 5.
MINIATURA, deriva dal minio, che in essa si adoperava. Pittura in piccolo, esige eleganza ed esattezza r.cl
disegno; i colori si stemperano ncll' acqua di gomma. VIL G. III. i3G.
MISTO. Ora una preparazione di piombo. Il Vitruviano corrisponde a ci che oggi si chiama cinabro nativo.
Fu scoperto da Calila ateniese 349.
nn
' prima di Cristo nelle miniere d'argento. VII. 66. N. i. Quando le glebe
sooo aride si pestano nei mortai di ferro, indi si macioauo c con lavazioni e cotture diviene Minio, conserva il suo
colore entro gli appartamenti, ma all' aperto si altera. 68.
MIO, citt di Caria, ove esistono le rovine di un tempio Dorico. III. 16. nella Nota. MIRA, citta. V. G. V. i$2.
mirra, Gomma resinosa di un Albero africano al sud dello stretto Babel-Maudel; si adopera in medicina, ed in
molte preparazioni farmaceutiche, come nella teriaca, nella confezione di giacinto ec. Vili. 43. N. i.
MIKONE, Scultore. I. 5a. Sua celebrit, HI. 4
;
MlUi\TA, citt ai confini della Caria presso l'imboccatura del Meandro, sommersa dalle acque, od a causa
delle acque abbandonata. IV. 8. N. 3.
MISURE. Nelle Tabelle di riduzione in fine di questo Iudice si trovano registrate le unit principali, a cui si
possono riferire tutte le altre che qui denomineremo unitamente al loro rapporto con quelle unit. {vedi Tabella I.)
Misure ahliche.
Misure lineari riferite al piede
orientali. Dito i/6, condflus /S, palmo minore 1/4, palestra o palmo maggiore 5/i6, coenostoiue 1/2, Ijchai be,
piliiama 'in, pygma 1. 1/8, pygon o patinipiede 1. i/4, cubito piccolo 1. i/5, cubito medio o litico 1. 1/2, cubito
reale di Babilonia, o cubito nero degli Arabi 1. 11/16, cubito grande asiatico, o cubito achemico 2, passo semplice
2. 1/2, passo geometrico 5, esapeda od Orgya 6, decapeda od acesna 10, dodecapeda 12.
Egizj. Servivano a questi le stesse divisioni degli Orientali, e con gli stessi valori, poich il loro piede egua-'
gliava I' asiatico. Si avverta per che il cubito del Cairo, detto anche derak, devakli, o nilometro, era lo stesso che
il cubito achemico: si chiamava altres cubito di Meki-19 dal nome di una colonna, su cui segnata una scala
divisa in parti uguali, ciascuna delle quali corrisponde a questo cubito, e che servono a misurare le inondazioni del
Nilo.
Ebrei. Lo stesso piede diriso in diti, palmi, e con gli stessi multipli serviva anche agli Ebrei. Questi per
chiamavano zcreth il piede, esban il dito, tophac il palmo minore, Ammali o cubito latro il cubito grande asiatico, e
kaneh o carni di Ezechiello il dodecapeda. Aggiunge
vi"?--) poi il palino sacro ch'era la sesta parte del cubito nero.
Greci. Anche i Greci avevano gli stessi rapporti degli Orientali fra le varie misure lineari ed il piede, ma diversi
erano i valori assoluti perch il loro piede era diverso. Essi chiamavano poi benia diplomi il passo geometrico, e
benia aploun la sua met.
Romani. Usavano questi l'esapeda, il passo geometrico, il passo semplice, il cubito, lo spilhama, il palmo, ed il
dito con gli stessi rapporti al loro piede delle altre nazioni; avevano per di pi il palmipiede che valeva piedi i. \f[
l'oncia dia il sicilico i/^S. lo scrupolo 1/288. Misure itinerarie.
Orientali. Fra quegli vi era 1' esapeda asiatica di passi geouie ria 1. i/5- lo Scheno Persiano di due corde
asiatiche, il P Cbrese di dieci ly chioesi; il Can, o Dieta Chinese di dieci PI.. la Parasauga dei Persiani di due
coss indiani; il Gau Indiano di due Parasangbe; la dieta Indiana di dieci Parasangbe; il Miglio asiatico o Persiano di
1200. passi geometrici; lo stadio medio Asiatico, o Persiano, o nautico, detto anche Toxuma di tao. passi
geometrici.
Egitj Oltre alle misure itinerarie registrate nella Tabella in bue contavano gli MA >1 Diaulos di brune di due
stadi Egiziani, lo Scheno del Delta di ;Huo passi geometrici, Io Scheno della Tebaide di cinque miglia egiziane,
10 Scheno del medio felino di dieci migiia.
Ebrei. Avevano questi la canna di Ezechiello di sei eubiti sacri ossia dodici piedi asiatici, oltre alle mi>ure
indicate nella Tabella. 11 loro stadio grande poi non era che lo stadio Egiziano, e lo stadio medio corrispondeva
allo stadio persiano.
Greci. L'Esapeda olimpica era di sei piedi olimpici; l'Ecatompeda di cento; lo Stadio Delfico o Pitio era la
decima parte del miglio italico, e la Dieta o viaggio di un giorno di duecento stadj olimpici.
Romani. Lo stadio romano eguagliava l'Olimpico,
11 miglio era l'italico, la dieta era di venticinque miglia.
Misure agrarie e superficiali.
Gli Orientali e gli Egizj oltre alle misure registrate nella Tavola I. avevano i quadrati di varie misure lineari,
come del piede geometrico, del cubito grande ec.
Gli Ebrei poi avevano alcuni summultipli del Belli con il quale corrispondeva ad un'area, in cui si poteva
seminare un coros di frumento, cio litri trecento ventuno mezzo. Questi summultipli erano il Bctti-Lctech i/a del
Beth-Cor; il Beth-Epln di del Beth-Letecb; il Betb -Seali i/3 del Beth-Epln; Il Beth-Hin I/J. dei Beth-Seah; il Beth-
Cap i/3. del Belh-Hin; il Beth-Log 1/4. del BelhCop.
Romani. I multipli del iugero romano erano 1' Haeredium di due jugeri, la Centuria di duecento, il Saltus di
ottocento I summultipii poi si dicevano Actus quadrala: 1/2 del jugero;. Clima ifii lincia i/a; Siliqua I/J4; si- cilicus
1/48; Sextula 1/72; Actus simplex 1/120; Scripulum i/i58; Versus finalmente era una superficie di diecimila piedi
romani quadrati.
Misure di capacit. Presso tutti i popoli antichi dicevasi metreta il piede geometrico cubico.
^ Gli Ebrei avevano poi i summultipii della metreta, cio il Seah Satum i/>; il Ciphvnus 3/8; il Hin i/4; il Goiner
voi; il Cab 1/20; il Cliaemx 1/2/1; il Log ij\S; il Hemma 1/96; l'Ovo dei Rabbini 1/288; il Cysthas 1/676. I multipli
erano 1' F.phab, o Bot di una metreta e mezzo; il Corus di quindici; il Micu di veuti; il Corus dell'Arca di
quarantacinque.
Greci. Summultipii della metreta: Amphora 1/2; Chaenix '/36; Xestei 1/72; Cotyle i/i44> Hemicotylion 1/188;
Oxybapbon 1/576; jathus i/864; Concha 1/1728; Mystron j/5^56: diesine ij^-io; Cochliarion i/864o.
Romani. Summultipii della metreta: Urna 1/2; Modini j/5; Sexlarius castreosis 1/24,' Scxtarius 1/5.8; Colylus
od Hemin '/pt; Quarlarius 1/192; Acetabulum i/384; Cyathus 1/370; Concha i/n52; Ligula o Cochlear
i/i3o4Multipli: Oeineiisum 1 i/5; Culeus 20. metrete.
misure moderne. Le misure moderne lineari sono per la massima parte denominate piede e braccio. La
lunghezza per assoluta di queste due misure variano non solo con le nazioni, ma con le provincie, con le citt, e
con gli stessi villaggi. Noi per raccogliemmo nella Tavola II le principali, ornniettendo quelle dei piccoli paesi o di
quelli che hanno un commercio poco pi esteso del loro territorio.
MISSISSIP1. fiume che nasce nel Canada, bagna dal nord al sud gli Stati Uniti, ed ingrossato dall' Ullincse e
dall' Ojo dopo un corso di 1800. miglia geografiche si getta nel gcillo del Messico. Vili. 23. Nota.
MITILENE, citt elegantemente fabbricata ma esposta inconsideraiamcute alle molestie dei venti. I. 90.
MOO ANAl'URA O Sagoma, trae l'origine dal raffinamento del primo ordine semplice, col quale dalle
capanne si passo ,alle prime costruzioni di pietra. HI. G. III.
VtIRUriO llSDICE 5
101 le principali sono: i. listello o niello; a", ovolo; ti", cavetto o guscio; 4
toro

0
bastone; 5
a
. scozia; 6.
goladritta; J. gola-rovescia 102. N. i. In tre maniere si delineano le Modanature, a quadranti di cerchio; a
quadranti di ellisse; e per mezzo di vertici, di triangoli equilateri, cio di archi che sieuo tj'g della circonferenza.
io5. Steno sempre ornate con parsimonia, intelligenza, e convenevolezza. IOG.
MODIGLIONI ( iautiili, e mensole) derivano dalle teste dei Cantieri o Puiltooi, che sostengono
immediatamente il tetto. IV. 6. ai. i Latini eos chiamavano tutti i
bri architettonici sporgeuli, e che sostenevano il gocciolatojo. I Veneti li dicono modioui e modeoni, i Friulani
modeons. ivi N. 2.
MODULAZIONI, di tre generi. Il primo da Greci chiamato armonia quello concepito dall'arte, il cui canto
riesce grave ed egregio. Il secondo detto cromatico colla sottile solerzia e frequenza delle misure genera un pi
soave diletto. Il diatonico poi, essendo naturale, riesce pi facile per la distanza degl intervalli. V. 3i.
MODULO, misura architettonica che corrisponde al diametro delle colonne; si ottiene dividendo ia undici parti
e mezzo, eccettuatine i margini e gli sporti delle basi, la facciata dell' edifizio se tetraslila; se poi esastila si
divide in 18. parti; e se ottastila in parti e mezzo. III. 34 e Note. IV. 3i. Nota 1.
MONETE. Nelle Tabelle I. e II. di riduzione ia fiat dell'Indice sono registrate le monete principali degli antichi
col loro rapporto al franco, nel determinar il qual* si ritenne che il rame, l'argento e l'oro non monetati e puri
stassero come 1: 200. 2000. presso i vari popoli antichi, e che presso i Romani soltanto fossero come 1: 4620. Il
confronto generale poi un chilogrammo a' ar
Sento non monetato e puro, a cui si attribuisce il valore i franchi 222,222. Aggiungeremo qui alcune altre monete
che hanno rapporti determinati con quelle registrate nelle suddette Tabelle. . *
Ebrei. Avevano il mezzo siclo; l'obolo fenicio ch'era 1/20. del siclo fenicio o talento numismatico; la drammi
fenica i/4- del siclo fenicio; la didramma fenicia 1/2. siclo fenicio; la corona 1/2. siclo d'argento del Pentateuco.
Greci. Avevano questi lo Stater tetradrachmus argenteus, o Noctua, o Nurnmus atticus argenteus, che valeva
quattro dramme attiche; lo Stater aureus Cyzicenus di 28. dramme, la Mina attica di 100. dramme.
Romani. L' asse prima della legge Papiri tra di rame e pesava una libbra romana antica, il qual paso fa stabilito
sotto Servio Tullio. Eravi poi il semisss cio asse; il trieus Vs. il quadrans up; il sentans 1/6; l' unica 1/12; il
dipondio che valeva due assi; il sesterzio di due assi e mezzo; il quadrussis di quattro assi; la sembella moneta
d'argento che valeva i/ asse; e la libclla pur d'argento di un asse. Dopo la detta legge r asse fu ridotto al peso di
mezz'oncia, ed in proporzione i summulti pli di rame. Vi aggiunsero per il Min ut uni 1/8. del nuovo asse, il
Vittoriatu d'argento di 8. assi, l'aureo consolare d'oro che valeva 4oo. assi, oltre alle altre monete registrate nella
Tabella I.
Riguardo alle monete moderne si credono bastanti quelle registrate nella Tabella III. Solo avvertiremo che nel
sistema metrico tutte le monete d'oro e d'argento contengono un decimo di lega e nove decimi di metallo puro.
Presso le varie nazioni poi diverso il peso delle monete non solo, ma anche diversa la quantit di lega. Il
rapporto fra il peso totale di una moneta e quello del metallo fino ch'entra nella medesima dicesi Titolo della
moneta. L' unit di confronto per le monete moderne il franco, il cui peso legale di cinque grammi. Il peso
legale del pezzo d'oro da venti franchi di grammi 6,45i6i., e quello di un pezzo di rame da un centesimo di
grammi due. Gli altri pezzi sono in proporzione.
MONTI, abbondano di acque pi del piano, e pi salutari. VIII. i5. e Nota f.
MONTONE, quel zocco ferrato, che si lascia cadere per battere le palafitte. Tav. VI. fig. 3 X. II. i5g.
MONUMENTO di Lisicrate. III. 72. N. 1.
MORO (Morus). Il moro giovane bianco, il vecchio giallo: leggiero e sfilacciato. Generalmente si fanno
botti da vino; nel Trevigiano non di rado s'impiega nelle fabbriche campestri. II. G. IX. A.
MORTAJO, un Cannone pi corto dell' ordinario, e serve a slanciar bombe Per altro nel suo fondo vi una
concavit particolare che serve a render pi completa l'infiammazione della polvere. Gli si danno diversi nomi dal
dia metro della loro anima. I Mortaj alla Gomer hanno la camera a cono troncato colla base maggiore verso la
bomba; la loro portata pi grande, ma consumano pi polvere. X. G. III, 186.
MOTO retto, da' Greci chiamato Euthian, e circolare cycloten delle macchine per levar i pesi, viene da Vitruvio
spiegato per esempi. X. 33. e seguenti.
murale, ( travicello quadrangolare J si pone nei tetti. IV. '7- e Nota .
MURI SEMILATERT, con ordini alternati di mattoni
interi, e di mezzi mattoni. Il a, e N. i. Comuni, cio' di maniera comune usata dai Romani con riempitura di
minutaglie. Il. 4&> I muri della cella ne' tempi si facciano a rata porzione della grandezza IV. 49- ^
e
questi muri si
costruissero di pietre quadrate sieno quadri piccolissimi ed eguali, ivi 5o. le spremiture della calce danno a questi
muri l'aspetto pi vago..5o.
MUSICA, 1 Architetto deve intendersene. I. 38. 4& Strano volere una perfetta corrispondenza fra le parti
della musica e quelle dell'Architettura. V. G III ic<4> La conoscenza di musica occorre nell'Aicllitctto soltanto per
conformarvi alcune opere d'Ingegnere, i teatri, gli echoi, ec. io5. I generi di musica degli antichi .mio le scale dei
moderai. 117. N. 1 sono tre: lo Diaton co perch procede per tuoni, de quali ne copioso, Sua Tavola 118.
Cromntico cio variato, colorato, da croma colore. Sua Tavola 119 Enarmonico, cio abbondante d'intervalli
minimi. Sua Tavola 130.
N
NADIR, polo inferiore dell'asse dell'orizzonte. IX. G. III. lati.
NATURA, si deve consultare per cavarne la scienza delle cose. IL 16 N. 1.
NAVIGAZIONE, comprende l'arte di costruire i navigli, quella di caricarli, e quella di condurli sul mare. Quesl'
ultima per la navigazione propriamente detta. IX. G. III. 160 Vi sono tre metodi per dirigere un naviglio, cio la
navigazione piana, a cui servono le carte piane nelle quali i meridiani ed i paralleli sono linee fra loro parallele;
circolare in cpi si fa uso di cerchi massimi: la pi usitata quella di Mercatore, nella carta del quale i meridiani ed i
paralleli sono linee rette parallele; i gradi per conservano tra loro la proporzione, che hanno Sul globo, ivi ib5.
NrisaAIU Architetto, dett precetti di simmetrie. VII. ifcT.
NETTUNIO, fonte di ac^ue mortifere presso Terracina, che la otturato. VIII. 47
NIliOMACO, pittore bravo ma non celebre. III. 4
Nll O, secondo Vitruvio scende dal monte Atlante nella Mauritania col nome Diri, procede da settentrione ad
occidente sino al lago Eptabolo, ove si chiama Nigir, poi trascorre sodo monti deserti e scaturisce ne' luoghi lui
ri.liunali e va a sboccare nella palude Coloc, indi giungo alla cataratta, e da quella precipitandosi verso setteutrionc
perviene tra 1 bleiautide e Siene nei campi Tebaici in Egitto, ed ivi appellasi >ilo \ 111 a3. e i\ Ora si conosce
formarsi il Nilo da tre iiumi, i' uno occidculale detto il bianco Bahr el Abiad che nasce nella couvullc di Gebel el
kumri; l'altro cu e il medio detto l'azzurro Bahr el Asrek; e l'orientale detto Atbara o Takarze. Dal con- fluente
Astapo, scorre il ti ilo verso settentrione lino ad Aukheyie, passa fra 1 monti Berkel e Bellal, fa un angolo fra Korli
e Dongola vecchio, e cou un corso tortuoso sempre da mezzogiorno a settentrione piega ad oriente fino a Dakke,
e forma molte cataratte. Si volge di nuovo verso setleuirioiic, a 8'. 6". la una cataratta che si chiama
la prima, a 3o". a', ai", si divide e forma il Delta, e sbocca lilialmente con due foci principali di Raschid o Rosetta,
e di Dannata, e con molte secondarie. Fra le sue qualit ha quella utilissima di fecondare l'Egitto. Vili. 22 Nola.
N1NFODORO, Architetto greco che tratt delle macchine. VII. 20.
NOCli, per la qualit del legno si noti la specie detta juglans regia Quello che produce i frutti piccoli pi duro.
prestato assai dai tornitori ed intagliatori. IL G. IX. iKt.
JNOMACKI, tratto di terra in Arcadia, dai monti del quale distilla l'acqua delta Stigos idor che spezza i vasi argentei,
ferrei, e di rame. Vili. .j.
NOTO, 5". vento della torre di Atene. Del sud. Giovane che vuota un vase I 95. V i.
M/MERI, loro perfezione; dai Greci e da Vilruvio stabilita nel dieci. III, 12. dai matematici nel sei. i3.
o
OASS; alcuni piccoli tratti di paese in mezzo ai deserti dell Africa ravvivati da qualche sorgente, e che
presentano indizi di prospera vegetazione. Vili. G. I. 81.
OBIZiZI, sono una specie di morta), ma hanno il suolo con ruote come il cannone. X. G. 111. 186.
OCRA voce greca, in latino bile. Terra gialla che si trova nelle miniere di rame, di piombo, e d'argento; c una
combinazione del ferro coli ossigeno. Abbruciata acquista un color rossiccio. Tre sorte di Sile, attico, marmoreo, e
Sirio. VII. 62 N. a. 63. e N. 1. Le sostanze indicate con questo nome dai nostri mineralogi non corri. spoadoao a
quelle degli antichi. Anch'essi per ne ave; vano di pi qualit: gialla, gialla attica, marmorea, ocra d' Acaja, o terra
d'ombra, ed ocra lucida che veniva dalla Galli. VII. G. IIL Il3.
ODEON, significa luogo da canto. Serviva a' musicali esercizi, ed alle declamazioni poetiche. L' Odeo di Atene
eretto da Erode Attico sorpassava ogni altro in grandezza e magnificenza; indi il pi ricco era quello dei Palrensi.
V. 62 Nota 3. L' Odeo aveva nel mezzo della scena una parte del pulpito pi elevata, e distinta dal proscenio pel
suonatore di Uauto che dirigeva le voci nel canto e i passi nel ballo, pel direttore dello spettacolo, e pel poeta che
declamava le sue opere prima di esporle sulle scene. V. G. V. i/tf.
ODORATO, senso ancora lunge da quella perfezione cui destinato dalla natura. IL G. IX. 178. Pensiero
approvato dal celebre Brocchi. 179.
OECIO; significa luogo ove si convive. Sala. VI. 3y. Se quadrato 1' altezze esser dovevano una met pi
lunghe delle larghezze. Gli Oeci corinlj, tetrastili ed egizj devono essere simmetrizzati coti le norme dei triclini, ma
pi spaziosi per le interposizioni delle colonne. 38. e seguenti, li Oecio alla greca chiaraavasi ciziceno da Cizio
magnifica Cit( dei Milesi; volto a settentrione ed a verzuie con le porte e le finestre valvate. Lungo e largo da
collocarvi due triclinj l'uno dirimpetto all' altro con lo spazio da girare. L'altezza una met maggiore della larghezza.
4
1
OFIUCO ed il Serpente sono due costellazioni che abbracciano un gran tratto di cielo. IX. &5- G. IL ni Tav.
IV.
OLMO, uno dei pi grandi alberi di Europa, duro, compatto, resistente, eccellente per la costruzione de' carri,
e degli attrezzi rurali; immune dai tarli. II. 68. H. 1.
OMBRA equinoziale in ogni paese, serviva di regola agli orologi degli antichi, i quali dovevano segnare dodici
ore in ciascun giorno dell'anno pi o meno lunghe a seconda delle stagioni. IX. 5a. seguenti, e Note.
OMOTONI unisoni. L 47. N. 1.
ONAGRO cio Asino selvatico: ai tempi di Marcellino e Vegczio, che vissero molti anni dopo Vitruvio, si
chiamavano cos le macchine da lanciar pietre. X G. HI. 171.
ORDINE, od Ordinazione, concepimento di tutte le parti dell'edilzio. I. 56 N. 1.
ore dei Romani. I. 99. N. a.
ORGANO, differisce da Macchina perch ottiene con un solo movente l'effetto, quando questa a conseguirlo
abbisgna di molte opere e di forza maggiore. X. i3.
QKlQiNE, costellazione di sotto al Toro; alla sua base
Ma la lepre. IX. 48- 1'"' piede siuistro dell' Orione prendo come puncipio un fiume di stelle, ivi 49- Ogni nazione
questo fiume attribu il nome del proprio fiume maggiore, ivi Nota 3. E la pi bella delle costellazioni In essa un
gran quadrilatero, di cui una diagonale di due Stelle primarie, l'altra di due secondarie; nell'interno ve ne sono tre
secondarie molto prossime iu linea obbliqu3. IX. G. 11. n8.
ORNATO, comprende tutto ci che si pu introdurre o levare nelle opere architettoniche senza alterar
l'essenza loro servendo alla grazia o maest. IV. G. HI tia. I Greci dalla schietta e bella natura, e non dai geroglifici
egiziani cavarono i loro ornati, de' quali saviamente, e con sobriet hanno sempre usato. 119. I Romani bens li
appresero dalla Grecia, nia'nell' arricchirne le fogge non sempre seguirono la ragionevolezza. G'Italiani
specialmente del cinquecento cadettero nelle minuzie, indi precipitarono nel capriccioso, e nel bizzarro. 121. Se
noi baderemo alla natura degli oggetti coi lumi delle scienze, e comparativamente alla diversit dei nostri costumi,
come i Greci, potremo arricchire la nostra architettura di cose significative, e di bellezze interessanti. rea.
OROLOGIO solare, deve avere lo stilo indicatore parallelo all' asse terrestre; quindi per costruirlo bisogna
segnare la linea meridiana, e determinare la latitudine del luogo. IX G. III. i3o. Dicesi equinoziale, quando il piano
proposto si trova nel piano dell'equatore. IX G. Ili i33. e si divide in superiore ed inferiore; quello rivolto verso il
zenit indicher le ore in primavera ed iq estate, e quello verso il nadir le indicher in autunno ed inverno. Fig. 4Tav.
VI. ivi i34- L'orizzontale quello che sta sopra un piano parallelo all' orizzonte; riesce il pi comodo segnando
tutte le ore per tutto l'anno. Fig. 5 Tav. VI IX. G III, i35. Verticale sar quando sia descritto in un piano
perpendicolare all'orizzonte; dalla parte a cui rivolto acquista la denominazione di settentrionale, mei Unitale ec.
IX. o III. i38. Lunare o siderale quello in cui si legge l'ora col mezzo del lume della Luna e delle stelle. IX. G.
III, 140.
OROLOGI, macchine automate, in cui il moto si comunica da ruote dentate, la velo t si regola da un
bilanciere, l'impulsione da un peso; furotio modellati olla clepsidra di Ctesibio; il loro uso non risale oltre il X.
secolo. Dai grandi si pass ad al, uni pi piccoli per porli nelle stanze, e da questi a quelli da saccoccia, ne' quali il
motore una spira elastica, ma la loro invenzione rimonta soltanto verso la met del secolo XVII. IX. G. III. r4a.
Orologi pensili da viaggio corrispondono all'odierna anello astronomico. IX. 61. Nola 4.
OROLOGI d' acqua luvealati da Ctesibio. IX. 61. regole per formarli onde segnino le ore lunghe o corte a
seconda delle stagioni, come le avevano i Romani. IX. t.~>. e seguenti.
ORPIMENTO, (in greco arsenicon). Si scava nel Ponto. L arsenico, sostanza metallica semplice, unito allo
zolfo l'orina l'orpimento di color aureo, lerreo, e rosso. VII. 65. Nota 1. l'arsenico solforato giallo. Si trae da
molti luoghi, in generale dai terreni stratificali E molto usato nelle arti. Unito alla potassa dissolve l'indaco nelle
telerie. Viene ricercato per dipingere specialmente i lavori in legno. Ve n' di nativo, e di artificiale. VII. G. 111.
ia5.
ORSE, sono due nel cerchio settentrionale, congiunte fra loro coi dossi; 1'una dai Greci si chiamava Cinosura,
l'altra eh' la maggiore Elice. IX. 45 la quale non tramonta mai, risulta priucipalinenle di sette stelle, sei secondarie
ed una terziaria, ed il carro, ivi G n n5; la minore o piccolo carro in senso opposto e pi presso al polo, anzi la
stella che termina la sua coda la polare; la quale deve dirigere nelle osservazioni del cielo. IX. G. II. n3.
ORTOGRAFIA: facciata, fronte dei fabbricati. I. 55. e N. 2.
OSSIGENO, insipido, inodoro, invisibile; combinandosi con alcuni corpi produce gli ossidi, e con altri gli acidi;
indispensabile alla combustione ed alla respirazione. IL G. 11. 94. N. 2.
OSTREUM, conchiglia di Caria, che dava la porpora. VII. G. IV i5a. N. 1.
OSTRO. Traevasi dalla stessa conchiglia, della quale si componeva la porpora. Cangia di colore a seconda
della linea percorsa dal Sole nereggiante a settentrione, livida a nord-ovest, all'oriente ed all'occidente violacea,
nelle regioni meridionali rossa. VII. Si fendono le conchiglie all'intorno, e ridotta nel moitajo la sanie purpurea che
ne stilla, pestandola si prepara; indi si cosperge di mele. VH. veniva conservata anche nell'olio, ivi Nota 1.
OTTASTILO, di otto colonne. III, 34
OTTICA, necessaria all' Architetto. I. 38. Scienza della luce I. 4- corrisponde con la geometria. I. 54 N. 1.
alcune orme di apparenze ottiche. III. 4- Nota.
OVOLO, prima modinatura nata scantonando uno spigolo, e togliendogli quindi di nuovo i due cantivivi
risultanti; cos appunto a faccette erano i primi ovoli degli antichi. III. G. III. 102. nei pi celebrati monumenti della
Grecia e di Roma l'ovolo, e la gola rovescia sono impiegati a sorreggere l'abaco, la corona, i modiglioni, i dentili,
ivi. Regola d'eseguir l'ovolo. 108. Vedi fig. 3. e io. Tav. XXV.
P
PACCONIQ. Suo metodo per tradurre la base dell'Apollo colossale. falli nella sua intrapresa. Come si
potrebbe modificare la sua macchina. X. 5o. Nota 2.
PALLADE, Pianeta scoperto da Olbers nel 1801. La sua media distanza dal Sole di 2,76826. confrontata
con quella della terra. IX. G. II. 102.
PALCHETTI, piccole loggie die a pi ordini dall'alto al basso gir ino attorno la platea dei teatri moderni
offrendo sopra breve arca grandi comodit. V. G. V. i52. i55. Attribuire non si pu ad essi gl'inconvenienti che
accadono, i quali saranno del tutto evitati ogni volta che attori biavi, e valenti cantanti a se attraggono l'attenzione
tutta degli spettatori. 154
PALCO, travatura o solajo. IL 54- N. I. PALESTRA, luogo ove i Greci educavano gli adolescenti negli
esercizj del corpo, e dello spirito. Le palestre avevano i perislilj quadrati oppure oblunghi aventi due Stadi di
circuito da passeggiare. V. 82 e N. I. Tre di questi portici erano semplici, il quarto doppio e volto a mezzogiorno
In quelli si trovavano sale spaziose con sedili pei filosofi e dilrllanti degli studi; nel mezzo del portico doppio vi era
l'Efebeo, sala per l'esercizio dei puberi, 83. A destra il coriceo per le fanciulle; appresso il connisterio. Dal
connisterio nella voltata del portico si passava al lavacro freddo. Alla sinistra dell' Efebeo eravi l'eleotesio, indi il
frigidario; da questo nella voltata del portico si procedeva al proprigeo 84. Al di dentro del frigidario eravi il
sudatorio Neil esterno ergevansi tre porticati: uno all' uscita della palestra, due stadiali a destra e a sinistra; quello
a seUenlnon~~doppio e larghissimo, l'altro semplice. Questo portico era da' Greci chiamato xistus ( cio pulito
dal pulirsi che tacevano gli atleti prima di esporsi J. 85. Fra 1 sisli si dovevano piantare file d'alberi, selve o
plataneti 86 Dietro al si$to vi era lo stadio, ivi Da Pausa* ni si considera la Palestra come parte del Ginnasio. In
ut-Ila si esercitavano le forze corporee, in questo quelle elli mente V. G. VI. i58. Palestra immaginata dal Canina
secondo Vitruvio. Tav. VII. fig I. ivi i5g Palestra di Efeso. Tav. VII. fig. 2. ivi. Palestra in Alessandria della Troade
fig- 3. ivi. Antica Palestra in Jerapoli nell'Asia minore fig 4 la quale si discosta dalla deposizione delle altre due
160.
t alle da cannone I pezzi d'assedio corrispondono a a6o. volte, e quelli da campagna a i5o. volte soltanto al
peso di esse, ed un terzo di questo peso la carica ordinaria della polvere. X. G. HI. 182.
PALLE incendiarie, sono di ferro riempite e circondate da materie combustibili; palle forate che scoppiano
dovunque cadono, ma sono pericolose anche a chi le scaglia. X. G. III, i85.
PALI, sei mesi prima di tagliarli tari utile privarli della corteccia. III. G. I. 90. N. a; nelle costruzioni che star
devouo sopra il terreno occorrono di maggior grossezza. 91; quelli da seppellirsi nel terreno, basta che resistano
al mazzapicchio. 93; giover armare la loro punta, e la testa di ferro, poi si usino pali di tre grandezze, la maggiore
che giunga sino al sodo, una mezzana, ed una pi piccola. 111. G. I. 93; si conficcano verticalmente, talvolta poi
ne' terreni poco consistenti sar meglio inclinarli verso il centro. p nei terreni uliginosi e compatti indispensabile
internare i pali colla testa. 97; qualora dopo venticinque o trenta colpi i pali non si approfondassero pi di 5.
millimetri, si dicono a rifiuto di mazzapicchio. 90.
PALIZZATE di quercia nel Tamigi fatte al tempo di Giulio Cesare, ultimamente scoperte, si conservarono
perch abbrustolite in punta ed invcrnicciate di catrame- li. G. IX. 181. Infitti i pali occorrenti si taglino gli avanzi
ad uno stesso livello, riempiendone gli intervalli con frantami di pietra viva soprapponendovi uno strato di carbone.
III. G. I. 99; si potr anche formare un piano di tavole ben unite ed inchiodate sulle teste dei pali. Nelle fabbriche
maggiori formasi anche il zatterone, avvertendo di erigerne le fondamenta pi addentro del margine della palafitta.
100.
PALUDI, da evitarsi per le abitazioni. I. 71; sono per altro salubri presso il mare; guardino a settentrione, ivi
79. Pontine insalubri. I. 83; tentativi, opere, e progetti di varie epoche per asciugarle, ivi N. 1.
PANTEON, era il vestibolo della casa Palatina. V. G. VII. 170. La qual casa non era ad uso di bagni, ma di
palazzo reale, ivi 174. Sembra non antica la Cappella di mezzo. 175. La stessa posizione del Panteon esclude
l'idea, che fosse il vestibolo di quelle terme. 176.
PAPPO. V. 33. N. a.
PAHADROMIDAS. Portici da passeggiare. VI. 6r.
PARAPEGMI, tavole di metallo sulle quali era figu-
rato il cielo, indicato il nascere ed il tramontare degli astri, ed i varj tempi dell' anno. IX. 5i. e Nota 2.
PARASCENIO. Luogo coperto dietro la scena degli antichi teatri, ove si addestravano i Cori, e si
conservavano le macchine. V. G. V. 146.
PARASTADA, pilastro. X. 66. N. . PARASTATA, deriva dal greco star in piedi, prestar ajuto, fare spalla. V.
Come spalliera. VI. 58.
PARETI. Mentre si asciuga l'intonaco greggio si re goti di ogni verso il piano per l'arenato o prima malta. Vii.
4
1
- Neil' atto dello asciugarsi si dia una seconda, ed anco una terza mano. Formate non men di tre croste si
facciano le spinazioni di fior di marmo. Seccandosi la prima si tiri una nuova crosta leggiera di marmo, e questa
bene battuta, se ne soprapponga un' altra ancor pi sottile. 43- Per difenderle elafi' umidit a piepiano dal fondo
del pavimento per 1' altezza di tre piedi si adoperi il cotto. VII. 47- Se 1* umido prevalesse si fabbrichi un' altra
parete sottile quanto occorre distante fra di esse; si tiri un canale inferiore al livello dell'appartamento, che sbocchi
all' aperto; sino ad una certa altezza si lascino alcuni spiracoli, indi s'investa la parete e si pulisca coli'intonaco. 48.
Ove il luogo non permette la seconda parete mediante pilastri di mattoncelli di tegole, si facciano gli sbocchi
(
all'
aperto. 49
PARETONIO. Sostanza minerale bia nca, pingue: si traeva dal regno di Barca in Africa. VII. 64- N. i. Plinio lo
crede una schiuma marina e limacciosa consolidata. Era di una estrema bianchezza, e serviva per g' intonachi, e
per preparare i quadri degli antichi. Si suppone anche che fosse una terra magnesiaca. VII. G. IH. 116 Paretonio,
citt popolata detta anche Ammonia, oggid Baradun, sul mare, distante 162, miglia dall' Oasi di Aminone. Vili.
54- Nota 5
PARMENIONE invent il Presta istorumena, cio l'orologio universale, da potersi usare in ogni parte del
mondo. IX. 60. e Nota 4- *
PARTENONE, Tempio dorico maestoso IV G. I. g. eretto da Callicrate ed Ittimo sotto la direzione di Fidia al
tempo di Pericle; sussistette intero sino al 1687. ivi 96. Sorge sull' Acropoli tutto di marmo bianchissimo sopra un
perimetro rettangolare, il cui lato maggiore metri 66, 348, ed il minore metri 3o,oi3. si ascende per tre gradini,
che formano il basamento, dal quale s'innalzano 46colonne doriche canalate formanti un peristilio ottastilo nel
pronao, e nel portico, presentante 1 due lati di 17. colonne comprese le augulori, alte metri 12, 797, e della
circonferenza di metri 2,235. i due frontoni delle facciate]
ad il fregio che gira intorno alla cella sono adorni di Utile sculture. Anche sotto il portico vi un fregio di uu
mirabile bassorilievo. La cella all'esterno lunga mtiii 4fi, i43. larga metri 30,4.15 Il pronao, il cui suliitto viene
sorretto da sei colonne scannellale, e lungo metri 13,407. Tav. IX. e X. ivi 96.
PATER EA, Citt. V. G. V. 142.
PATROCLO, invent il Pelecino cio un orologio a foggia di accetta. IX. 60. Nota 6.
PAVIMENTO. Si difenda il tavolato cou paglia o luce dai guasti della calce; indi si tiri al di sopra uno strato di
sassi. VII. 28. Fatto lo strato di ruderi vi si mescoli calce; si livelli e si batta. 29. Poscia sopra si stenda il nucleo di
tre parti di cotto, ed una di calce. Il pavimento non avr meno di sei dita di grossezza. 3u; si uguagli. 5i. Spigato di
Tivoli; scelti i mattoni bene levigali 31 meli.110 in taglio; fregalo e pulito il pavimento si cribri il marmo, vi si tiri
sopra una lorica di calce ed arena. M. Allo scoperto esige maggior esattezza, ivi. Ogn' anno prima dell'inverno se
lo imbeva di feccie d'olio. 53. Finalmente si fabbrichino i pavimenti o di tessere grandi, di mattoni a spica. 34.
Pavimento ad uso de' greci invernaceli. Si scava per circa due piedi, e calcato ben bene il suolo vi 'si stende il
rudere, o il cotto inclinato sicch metta in uu Canale. VII. 5i. Indi sopra uno strato di carboni calcati, si stende un
misto di sabbione, di calce, e di foraggia, della grossezza di mezzo piede; spumatane la superficie, apparir di un
bel nero; dissecca subito i liquidi che si spandono, e non rende freddo. VII. 52.
PED1AN0. V. 8. N. 2.
PEGASO, costellazione dalla parte opposta del polo rispetto all'Orsa maggiore inferiormente a Cassiopea; e di
quattro stelle secondarie disposte iu un quadrilatero. IX. G. IL 114.
PEK.1N, citt, distanti della quale circa 4o. miglia si trovano cave di marmo bianco. IL G. Vii. i5o.
PENOLA in senso di coperchio. X. 5i.
PEiNTALTO. V. G. VI. i63.
PENTASPASTO. Vedi Tnspasto.
PEPE: Piper di Linneo, diandrici irigynia, che comprende l5o. specie: le pi interessanti Sono, il piptr
aromaticum, il piper longum, ed il piper cubeha. Proviene dall'Indie orientali e particolarmente dalle Isole di
Java, di Sumatra, e dal Malabar. Facilita la digestione, ed eccita l'appetito. Il longum messo in fusione nell'acqua
serve fil' Indiani per le debolezze di stomaco. YU1. fi. ti sta.
PERGAMO, la sua biblioteca contava 500,000. volumi; e quella dei re egizi 700,000. VII. 5. Nota 1.
PErtlTTI: macchine per le decorazioni teatrali. Erano a guisa di prismi posti perpendicolarmente, che col loro
volgersi su d ogni l'accia presentavano una scena diversa. V 54 N. 1.
PEHiCUNTES, luoghi circonsonanti, nei quali la voce costretta a circoli vagare si spegne ncll incerto significato
delle parole. V. 5g e 60. .
PERIDKOM/VUI: tra i due portici sudati delle Palestre. V. G. VI. 163.
PERISTILIO. Luogo cinto di colonne come il chiostro. V. 82. Luogo ampio ed interno al di l del tablino, cinto
di colonne, e queste alte quanto larghi i portici; gli intercolunnj distanti Ira loro n men di tre, n pi di quattro
grossezze di colonna. VI. 34- INota 3.
PEIIO, {Pyrus communis) albero comune in Europa. Giunge a considerabile altezza e grossezza. legno
forte, utile negli edificj. b%o venato, riceve il lucido, e la tinta nera a segno da rassomigliare all' ebano. II. G. IX.
187.
PERSEO. IX. 4
2
' Costellazione a sinistra di Cassiopea; una secondaria in mezzo a due stelle terziarie l'ormano
un arco verso l'Orsa maggiore; una fila di stelle continua il primo arco, un'altra forma un arco inverso. IX. G. II. u4
PESCE austrino; costellazione sotto il Capricorno. IX. 46. Comprende una bella stella di prima grandezza. IX.
G. II. 118.
'PESCI. Hanno respirazione lenta, perci meno calorico degli altri animati- I. j5. M. 1.
PESCI. IX 43 Risulta questa costellazione da due linee di stelle alquanto tortuose. IX. G. IL 118.
PESI Per le uotl principali si vegga la Tabella I. di riduzione in fine dell' indice. Le altre unit poi si
desumeranno da quanto segue:
orientali ed Ebrei. 1 summultipli della libbra presso queste nazioni erano: Tctrastater 1/6. di libbra; oncia i/ia;
sol 1/20; tetradramma i/?4> didranima i/4&l dramma 1/96; Scrupolo 1/92; danaro J/?4> obolo tj^o; grauo
ij%o8. Vi era poi la dramma fenicia che valeva tre scrupoli, e la tetradramma o siclo fenicio che ne valeva
dodici.
Greci I Greci dividevano pure la libbra in onde, ciascuna delle quali era 1/12 della libbra. Avevano poi il
tetradramma che ne era 1/18; il didrauuna i/3rj; la di anima attica 1/72; la dramma comune i_/cj6; lo scrupolo
attico 1/288; il grauo attico i/b'912 N
Romani. I suuimulupli della libbra romana. erano
molti. Cominciavano prima dalle undici oncie sino ad un' oncia essendone comprese dodici di queste nella libbra. I
nomi di questi erano Deuux di il. oncie; Decunx di io; Dodrans di 9; Bessis di 8: Seplunx di r; Scumsis di 6>
Quincunx di 5; Triens di 4> O
ua
drans di 3; Sextaos di a; ed Uncia. Vi era poi la siliqua di libbra; it sici
lico i/48> la sextula 1/7ai il denaro consolare 1/S4, il denaro imperatorio, e la dramma i/yti; ii villoriato 1/8;
lo scrupolo 1/288; il grano i/6gia.
In quanto ai Pesi moderni si consultino le Tabelle IL e III. in cui sono registrati i pi importanti.
PESTO o possiamo, antichissima citt della Lucania.
Il suo tempio di Nettuno "La le colonne rastremate un p pi d'un terzo- III, G. 1. 81. Le sue mura erano ti ua
singolarissimo artifizio, formate di pietre stragrandi, squadrate, liscie, disposte e connesse alla maniera dei 1 osca
ni. *V. G. II. io3. Gli avanzi di Pesto mostrano die non era di greca derivazione. 106.
PETASMENO, fabbro di Tiro;,invent l'Ariete da abbattere le mura. X. 78.
PETRAJE. Nei contorni di Roma, tra la via Latina, Flaminia, e Cassia, si trovano le Pallieusi, forse Gabbiensi, li
Fidenati, le Albane, in oggi dette Peperine. II. 34 ~>5. e note. Le Tiburtiue, le Aiuiteroiue, le burattine resistuuo
alle ingiurie dei pesi, e delle stagioni, ivi 36. Le Aniziane nulla soffrono dai gelicidi n dall'azione del fuoco: ma in
oggi non si sa determinare ove siano. 36. 37. Note 3 1. I fonditori di metallo componevano le loro forme colle
pietre aniziane. II. 38.
PETRIERA, un piccolo mortaio da slanciar pietre invece di bombe, ma non si usano pi che in mare. IX. G.
III. 187. a . .
PIACENZA:- si conghicttura che Vitruvio abbia dimoralo in essa per lungo tempo. IX. ao. e Nota a.
PIANETI: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, e Saturno sono i sette anticamente conosciuti, i nomi
dei quali vennero dagli Egiziani attribuiti ai giorni della settimana, essendosene due soli mutati in Sabato, e
Domenica da Papa Silvestro. IX. 25. Nota 1. Fra i Pianeti si conta pure quello da noi abitato; si muovono da
occidente verso oriente pel prodotto di due forze, una centrifuga, e 1' altra centripeta. IX. G. II. 91. La forza
attraente anche propria di tutti i pianeti proporzionalmente alla loro massa, per cui si attraggono a vicenda, e
trasportando seco loro i proprj satelliti sono attratti tutti dal Sole. IX. G IL 92.
PICNOSTILO, tempio, o edilzio di spesse colonne. III, 37. e N. 1. difettoso qualora le colonne non fieno alle
13. o i5. piedi. 3o. N 1. l altezza della sua colonna di dieci moduli. 3g. Esempio nella Tav. XVI.
piede romano, si divideva in quattro palmi, e questi m quattro dita corrispondenti a tre pollici; sicch il piede si
divideva in sedici dita, ovvero in dodici pollici. ,V. gli. N. 1. Vedi le Tabelle dei Pesi e Misure in fine.
PIEPIANO, voce comunissima dal planopede di Vi travio. VII a5. Nota 2.
PIE Hi E, da taluni divise in cinque specie: tafi, pietre calcari, gipsee, selciose, ed arenarie. IL G. VII. 128;
considerati I caratteri pi generali si distinguono in pietre molli, pietre dure, e marmi Pietre molli come sono i tufi
da esilarai nella state, e metterle in opera dopo due anni acci esposte all'aria s'induriscano. Pietre dure sono
ruvide al tatto, segnano il vetro bianco, e per lo pi percosse dall'acciaio scintillano; couviene impiegarle appena
escavale perch riescono di men dilli ci le lavoro, fia queste le pi ai boiidanli sono il quarzo, e la selce. Non si
conosce la natura delle pietre, ma dall'esperienza si devono
{iretrire le dure alle molli. 129. iudicj per distinguerne e qualit, Precauzione NEL porle in opera. i3o. Vedi
Marmi.
PiKTPOBURGO, ne' suoi contorni si trova gran quantit di granito 11. G. Vili. l53.
PIETRO, architetto del tempio di Minerva in Priene. I. Si.
PINACOTECHE, Testone de' piomarj, cio ricamatori e tessitori a disegni, e le officine dei pittori: si volgano a
stuellinone per la costanza del lume. VI. 4^-
pino, utile nelle fabbriche anche pi dell' Abete; nelle opere ali aria ama l'asciutto, dura senza fine sotto l'acqua,
ma marcisce ne' luoghi alternativamente umidi, ed asciutti: segni per distinguere il migliore. La specie Pinut
Urobus dell'America settentrionale somministra i migli, r: ilben ed antenne da bastimenti. IL 69 N 2 Pini del noni
dell Europa migliori di quelli del sud. H. G. IX. 169.
PIOPPO, bianco e nero, cresce ne' luoghi umidi; di tre specie: il nero conosciuto anche per pioppo d'Italia il
madore. II 66 N. 1.
PliiAYUDE di Ceope nell'Egitto. HI. G. I. 85.
PllltCIO o Tirecio, pittore oltremodo distinto di vivande e cose simili, cognominato tifarograib, cio dipintore di
cose sporche. VI. M. N.- 3.
PI HI IN ti, contengono del porfido simile al verde antico 11 G. VII. i52.
PISA, la sua Cattedrale adorna di colonne di porfido rosso e verde. H. G. VII. i5a.
P ISSO DORO pastore, avendo per caso scoperta la petraja, di cui si coslrussc d tempio di Diana Efesia,
ottenne il nome di Evangelo, onori, ed annui sagnlizj. X 3.
PISTOLA, la pi corta delle armi da fuoco, m* della conformazione del fucile X. G. IH- 190. _
PITAGORA Samio, coltiv la musica. I 45 N. 3; Rrmonia dei corpi celesti. I. 53. N. 2 Aveva per principio
delle cose l'aria, il fuoco, l'acqua e la terra. Vili. 5. IX. M.
PITTURA storica o naturale. VII. 52. N. 1. Pitture
froche negli appartamenti. VII. 53. Pitture fantastiche, ivi 4. La pittura serve non solo a dilettazione, ma ben anche
a scuola dei costumi. I Romani profusero in questo genere di decorazione. Le sue leggi devono sempre essere
nobilt nel soggetto, e verit nella espressione. VII. G. IH. J3I. Pittura encaustica: La prima maniera si faceva con.
cera variamente colorata e ridotta duttile a freddo; nella seconda s'incideva il soggetto, introducendovi poscia i
colori; nella terza si adoperavano'cere fuse al fuoco e ineschiate con olio, stendendole a caldo con un pennello, nel
qual modo i colori resistevano alle intemperie, e per sino alle acque del mare. i32. Pittura a fresco la pi antica, la
pi durevole, la pi spedita, la pi degna di ornare i grandi edilizi ; si eseguisce dipingendo sugli intonachi ancor
freschi, ed esige la massima celerit. i33. e Nota r. Gli antichi non ignoravano per la pittura l'uso del latte, ma pare
che non conoscessero quello dell'olio, il quale monta al 1090. Teofilo monaco del secolo XII. parla della maniera
di dipingere ad olio, ivi i35. Si dipinge a tempera cou i colori stemprati nell' acqua di colla, o di gomma, ed a
guazzo con i colori bene macinati prima di stemprarli nelP acqua di gomma, ivi. A pastello si dipinge senza
adoperare liquidi, con cilindretti preparati di colore. riti. Pitture a mosaico fatte con pietre colorate naturali od
artificiali, erano conosciute antichissimamenle. i37 I Romani le usarono solo nei pavimenti, ivi. A niello si
tratteggiano incidendo i disegni, e si riempie l'incisione di diversa materia, ivi i38. Tessere i panni a figure detti in
arazzo antica oltremodo. Quest'arte e perduta, come quella di dipingere in vetro, ivi. La pittura detta in
lumeggiare si fa sulle stampe con colori sciolti nella gomma- i3g
PITTURE delle pareti nelle case de' Greci erano di uno stile puro, e rappresentavano oggetti veri. VI. G. II.
xo3.
plastica. Arte di far figure di terra per via dell' aggiuugere. I. 52. N. 5.
PIATA, fiume eh' esce dalle Cordilliere, traversa il Paraguai dal nord-ovest al sud-est, e ricevuti i fiumi di
Paraguai, e di Uragai si porta nel]' Oceano atlantico. VJlI. 33. Nota.
PLATANO, orientale, ed occidentale. Il suo legno pienissimo, compatto, molto duro e pesante, adattato ad
ogni genere di lavoro: da raccomandarsene la coltivazione. II G. IX. 186.
PLATONE, sua ritrovato per misurare il campo. IX. 7. 8 N.-i.
PLINTO, la parte inferiore della base. III. 29. N. r.
PLUTEI, parapetti al margine delle precinzioni nei teatri od antiteatri per riparare gli spettatori tanto dal cadere,
che dai salti delle fiere, e dagli urti delle bighe e quadrighe. V. 5o; malamente da alcuni scambiati con i pulpiti, ivi
N. 3
PO, il massimo tra i fiumi d'Italia. Ha tre sorgenti dal monte Viso, anticamente Vesulo nelle Alpi Cozzie presso
Saluzzo S'ingrossa coi fiumi Ticino, Trebbia, Adda, Faro, Oglio, Mincio, ed altri molti; nel Ferrarese si divide in
Po grande, e Po minore o morto, indi suddividendosi in altri rami ancora, mette nell'Adriatico. Vili. 31. Nota.
POGGIUOLO; intorno ai tehipj si ordini in modo, ebe con le sue parti corrisponda al piedestallo delle colonne.
III. 5i. Dai Latini si chiamavano mtteniana da Mento il quale nel vendere la casa che aveva nel Foro si riserv
l'uso delle colonne, e vi fece sporgere un solaio da dove egli e i posteri poterono osservare i gladiatori. V. 8 N. 2.
polare, stella che splende vivissimamente intorno al capo del Settentrione maggiore. IX. 45. e G. II.
POLI; Vitruvio li immagina come girelle ai centri di un torno, pei quali il Cirio pervola, giusta il sistema
Tolommaicn allora seguito. IX. 22. Nota 3.
HOLICLETE Atrumiteno, pittore: non fu celebre bench bravo. III. 4
POLICLETO Scultore. I. 52. Sua celebrit. III. 4.
POLA, tratt delle macchine. VII 20.
POLIGC^OTO, fu de' primi a servirsi del Sile attico. VII. G III. n3
POL1NTONE, si dicevano le macchine degli antichi da slanciare pietre X G. II. 164.
POLIOCEHTK, espugnatore di citt. X. 92. N. 3.
POLVERE d'archibugio; un miscuglio di salnitro, zolfo e cai bone. Tabella secondo Hachette della
proporzione di questi componenti. X. G. III. iy3. e nota 2, ViTBVno 1M> ICE 6
POMICE o pugna Pompejana, pietra cosi concott dai Vulcani Vesuvio, ed Etna. IL M.
ponti. Delle avvertenze generali per la collocazione di un ponte parl brevemente ed accuratamente Leon
Battista Alberti Lib IV. cap. 6. cos (*): Il ponte certamente e parte priocipalissima della strada; ma non sar
ogni luogo comodo a larvi ponti. Perciocch oltre che non coaveniente lasciarlo fitto in un'estremit d'un
rinchiuso cantone per comodit di pochi, ma bisogna che sia nel mezzo del paese pei bisogni dello universale,
certamente Si deve situare in sito facilissimo da finirlo con non grandissima spesa, e da sperare che abbia quasi ad
essere eterno. Debbesi adunque eleggere un guado che non sia de' pia prolndi, n de' pi scoscesi; debbonsi
fuggire i ritrosi delle acque, gli avvolgimenti, le voragini e cose simili che ne' cattivi fiumi si trovano. Debbonsi
ancora principalmente schifare i gomiti delle ripe e gli avvolgimenti delle acque si per molte cagioni ( essendo le
ripe certamente in questo luogo molto sottoposte al rovinare la s ancora perch i legnami, i tronconi e gli alberi
che dalla campagna levati son portati gi dalla piena, non possono passare per essi gomiti a diritto e con cammino
espedito, ma si attraversano e si avviluppano impedendosi 1' uno I' altro, ed accostatisi alle pile fanno una
grandissima massa, onde riturate le vie, gli archi de' ponti vanno sotto di maniera che tale edilzio pel pondo delle
impetuosissime acque si guasta e si rovina ".
Volendo parlare come si dovrebbe di questa specie di costruzioni sarebbe necessario un lungo trattato non
proprio di quest'articolo. Ma chi bramasse di conoscere mite le varie forme di ponti fino ad ora costrutti potr
ricorrere alla celebrata opera di Vicbiking
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o avremmo voluto dare una qualche idea in ispecialit dei ponti detti di ferro, o ponti sospesi; ma
anche questa forma particolare diede origine a lunghe opere, fra le quali si deve accennare la Memoria di Navier;
e tali devono essere per {sviluppare tutti i principi relativi. Sennonch , ammesse le condizioni di equilibrio, ritenuti
gli effetti della variazione di temperatura, stabilite le leggi delle ossidazioni e delle vibrazioni longitudinali,
richiamate le equazioni delle curve relative, ed assunte altre circostanze siccome dipendenti dalle leggi generali
della meccanica e della fisica, si potrebbe ridurre il trattato sul
la costruzione di questa specie di ponti a piccola mole, ed a maggiore comodit degl'ingegneri. Tuttavia non pu
qui aver luogo nemmeno questa riduzione; e perci baster accennare alcuni vantaggi die siffatti ponti hauno sopra
gli altri, per cui dalla line del secolo decorso si moltiplicarono dovunque prodigiosamente. L'esperienza dimostr
eh' essi hanno tutta la bramata solidit purch le catene siano della necessaria consistenza, cio formate di un ferro
ben lavorato e senza diretti, e proporzionale all'uso cui devono servire; cose clic si possono determinare a priori. Il
dubbio che insorse sulla loro durata svanisce quando si osservi in primo luogo che il ferro preparato nelle dovute
maniere dura per lunghissimo tempo, e poi che per la forma della costruzione si rimedia facilmente ai-danni che vi
avvenissero, potendo allungare od accorciare le catene, cangiarvi uno o pi anelli, e fare con poca spesa e niuna
difficolt tutte quelle riparazioni che nelle altre forme di ponti riescono difficilissime e di grave dispendio. La spesa
minore che s'incontra, la facilit nel costruirli, la loro leggerezza, la disposizione a cangiar figura per qualsiasi
accidente e riprendere tosto la figura primitiva senza alterazione alcuna nella consistenza, il poter estendere le
catene a qualunque distanza quando sia dato innalzare a sufficienza i sostegni delle loro estremit, il breve tempo
necessario a metterli in opera; tutto ci far s che i ponti sospesi debbano generalmente preferirsi a quelli di
qualsiasi altra maniera. E non solo questa Specie la pi economica, ma la sola che si possa adottare per la
comunicazione fra due montagne che racchiudano una profondissima vallata La sagacit per dell' ingegnere deve
sempre predisporre ogni cosa per la massima economia, potendovi essere qualche caso speciale in cui sia da
preferirsi qualche altra maniera di ponti, bench questo caso sia raro.
PORFIDO, minerale durissimo, in cui sono disseminate in gran copia piccole parti di cristallo angolose, e
granuliformi d' un colore diverso di quello del tondo. IL G. vii. Ho. I pi belli si traevano dall'Egitto. Porfido
rosso antico, di una pasta petrosilicea rossa, bruna o violacea, -- Verde antico, e serpentino; la sua massa un M.
dispato, unito ad amfbolite; presenta molte variet. La Corsica, i Pirenei, la Svezia ne hanno simile all'antico.
Occhio di pernice; ha una pasta grano" d un bigio bruno punteggiata di parti feldispaliche bigiccie, e contiene
molte lamine di mica. i5a.
PORPORA, rossa, e bianca; purpurea rosa, ed inclinante al eruleo, Vii. j5. K. i. Vedi Ostfo -- Porporiaso
si faceva con creta e porpora, ivi. I colori purpurei ri formavano anche con creta, robbia, ed isgino. ivi -6. Dal
vaccinio bollito e pesto nel niorl.i]o mescolandosi del latte gli antichi ricavavano una porpora elegante ivi 77. Il
pregio principale della porpora era di variar il colore, ed i drappi acquistavano una straordinaria lucentezza, in cui
il colore mostravasi a seconda della rifrazione della luce, ivi G. III. no I naturalisti danno questo nome ai testacei
univalvi; il loro colore bruno, bianco, o giallo eoo le loro gradazioni. Adanson dice che gli antichi la traevano dal
Kaian fra gli Strombi Cuvier e Rondelet concbiudono che la cavassero dal Mttrex brandaris. ivi ili. Porpora,
famoso colore degli antichi; resta dubbioso determinare qual fosse, ivi G. IV. 1^1. Secondo le regioni assrgna
anche Aristotile I diversi colori alla conchiglia della porpora, ivi 142. Polluce, e Plinio indicano porpora di varie
tinte, ivi. Le lingue antiche chiamavano purpurei, oggetti differentissirui di natura, e di colore. i43. L antico libro da
Simone Porzio pubblicato in Firenze nel stabilisce purpureo essere il rosso pel suo aspetto sopra tutti vivace. i45.
Porpora fittizia di pi colori. 146. L'aotica aveva un fulgore molto pi vivo della porpora moderna. i4<). Era di
grande dispendio. i5o. Codice dei bassi tempi che tratta della porpora I5I. Indagini per ricuperare la porpora degli
antichi ivi. La Conchiglia di Caria somministrava la porpora per le pareti. i5a.
PORTE: di tre generi, dorico, jonico, ed attico 0corintio Porta dorica. La sommit della corona sopra lo stipile
superiore sia a perfetto livello colla sommit delle colonne, che sono net pronao IV 54; rapporto della luce della
porta con l'altezza del tempio dal pavimento li u. cunarj. 56. N. 4- Restringimento delle porte: 57. f 5-Sopra la
cimasa dell'architrave si collochi il sopraflronte grosso come l'architrave, con la cimasa dorica, e l'astragalo lesbio
63; per ultimo la cornice piana colla cimasa, il cui sporto eguagli l'altezza dell'architrave. 63. Porta fonica. -La
luce come la dorica. L'altezza si divida io due parti e mezzo; di una parte si faccia la larghezza inferiore della luce
La grossezza delle erte, abbia la decimaquarta parte dell'altezza in fronte. Il sopraffronte come il dorico. IV. 65 Le
cartelle o mensole pendano a livello dell'estremit inferiore dell'architrave, ad eccezione delle fogitGli Torte di
legno -- Si congiungano in modo, che i cardinali sieno /ia di tutta l'altezza. IV. 66. e N. 2. Divise le altezze in 5.
parti, due si assegnino aM'impig di sopra, tre a quella di sotto 67. Porto bifore valvate e quadrifore. 68. uella
Nota. nelle valvate le alteazo rW> le medesime, ma per largo si aggiunga la larghezza di una porta: se
quadripartite si aumenti l'altezza. 70. Porle attiche, come le doriche. Inoltre negli stipiti sotto le cimase si
descrivono all'intorno le fasce, che saranno larghe 2/7. degli stipiti (toltane la cimasa). Queste porte si fanno val-
vate con le aperture al di fuori. Porte dei Tribuni di Roma sempre aperte. VI. G. II. to4- Nelle case romane si
aprivano all' indentro, ivi. Tuttavia per un' eccezione a titolo d'onore fu, concesso a Lucio Valerio Pubblicola, ed a
suo fratello di avere le porte che si aprissero pei" di fuori, ivi. Aveano dei mallei per picchiare, ivi io5.
PORTI naturali, od artificiali. Dove vi sieno curvature e recessi formati dalla natura riescono utilissimi. sie- no
all'intorno degli arsenali nel piano elevato ed inclinato al mare ove si costruiscono e si calafatano le navi; ed
inferiormente al livello dell' acqua per ricevere le navi da racconciare. V. 88. e N. 1. Per costruire un Porto
artificiale si piantano delle arche fatte di travi, validamente chiuse e collegate a forti pali; si vuotano e purgano dal
fango, poscia si riempiono di cemento per due parti di pozzolana e per una di calcina 90. Se l'impeto delle maree
impedisce questo modo, si fabbrica un letto di rottami, ed arena con la met esterna in declivio; al contatto
dell'acqua e dei fianchi s'innalzano dei margini un piede e mezzo a livello del piano; con arena si pareggia il pendio
al piano del letto; sopra vi si costruisce una pila dell'occorrente grandezza; allorch bene asciugata si taglia il
margine acci i flutti asportino l'arena, e cadendo la pila nell'acqua presenta ivi il necessario appoggio. 91. Dove
non si ha pozzolana, fra le arche s'immerga della creta entro sporte di alga, e si calchi sicch riesca una massa
durissima. Si asciughi e si purghi il luogo designato; si scavino le fondamenta pi grosse del muro da erigersi, e si
empiano di muriccic con cemento di calce ed arena. Ove occorresse si consolidi il fondo con pali di alno, olivo, o
di rovere abbrustoliti, e riempiasi di carboni. Sopra si tiri il muro di pietre quadrate con giunture pi larghe che sia
possibile. S imbonisca l'interno del muro con rottami, e sopra vi si potr edificare anche una torre, ga.
PORTICI, da costruirsi ampi e comodi dietro le scene. V. 61. Portici Pompejani, i cui avanzisi veggono tuttora
verso il campo di Flora in Roma; Eumenici in Atene. V. 60. intorno ai teatri nella larghezza devono essere doppi;
abbiano le colonne esteriori, gli architravi, gli altri ornamenti dorici. 64- 65. Le colonne di mezzo sieno di genere
ionico o corintio, un quinto pi alte delle est** Ami 66. Proporzione dei colonnati nei portici. (ile Gli"
86 t w n i e E >
spazi che rimarranno a cielo .-coperto fra i portici si debbono ornar con verzure. 69. Per rendere asciutti questi
passeggi si facciano cloache l'onde struttili, con tubi che ricevano le acque; e si riempino que' luoghi di
carbonecoprendoli poi di sabbione si appianino. 70. I portici ergevano anzich venire cinti dalla Palestra. V. G.
VI. 160. In quella di Efeso corrispondono ai due Sladj Vitruviani. ivi. Il Portico doppio nelle Palestre di Efeso, di
Alessandria nella Troade, ed in Jerapoli pare che fosse nella parte davanti, e non secondo Vitruvio. ivi. Portici
stadiali, perch in essi si facevano gli esercizi, non perch fossero funghi uno stadio. V. G. V. 162. Portico
Persiano I. Ifi. Corintio di Settimio, le cui colonne alte 3j. piedi hanno la rastremazione nel rapporto di 1: 4- *~
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Hl
POSI DOMO, ricorda i mattoni galleggianti di Calcato e Massilva. II. a3. N. 1. Stoico, tu amico di Pompeo,
di cui si hanno molti scritti Vili. 58. e N. 1.
POSTSCENIO, parte del Ti mele sotto la scena, ove stavano i Suonatori in vicinanza dei Coristi. V. G V. 141.
POTEREO, fiume fra Gnoso e Gortina: ammalarono di milza gli animali che pascolavano presso Gnosu, e non
quelli della parte di Gortina, in grazia dell' erba Aspleuon. I.^g; Scolopendria. Pianta capillare, pettorale
raddolcenti. ivi N. 1.
POZZI; nello scavarli si badi *di non esporre quelli che v'entrano ad essere soffocati dalle interne esalazioni,
alle quali si facciano a destra, ed a sinistra degli estoni Vili. Vi. eseguita l'escavazione e trovata l acqua si *0 cerchi
il pozzo di muro onde non si otturino le vene iri Ove non si rinvenga acqua, la s raccolga dai tetti euoghi
superiori; allora si misturi il cemento con tiramenti di idee, con calce potentissima ed arena pura ed aspri, e si
calchi bene alle pareti della fossa sino al livello all'altezza; si vuoti il terreno che restasse in mezzo, e dello stesso
cemento si calchi bene pure il pavimento. Se questi luoghi saranno doppi e triplici, trasmutandosi l'acqua ne
diverr- pi salubre; dove non depositasse bene il la go sar necessario mettervi sale, e purificarla. 77.
POZZI forati, sono antichissimi; vennero indicatili , Seneca nelle questioni naturali. VIII G. I. 85. Cosi oocbe
Fozio tra i frammenti delle Istorie di Olimpiodoro. in' He esistono m-U' Artois, dal che si dicono artesiani, nel
Modenese, nella Bassa Austria, nel Piemonte, in Toscana. 88 ed 89. Un pozzo foralo un'uscita artifiziale in
effetto, qual fosse da natura preparata; il successo dipende che il paese sia composto da strati impermeabili
separali da strati permeabili, cosicch la minor probabilit sta pei
I terreni compatti, ivi g3. Ut-gole per forare i pozzi, e stromenti necessarj 107. e Fig
POZZOLANA, da Vitruvio detta Bajana, e Cumana. II. ig. N. 1; sua origine dai fuochi vulcanici, ivi 3o; il
prodotto di terre e pietre argillose e calcari cotte nell'interno del vulcano. Si trova nel centro dei Monticelli
vulcanici, ed in tutte le Provincie che furono vulcanizzate. II. G. VI. ia3; suo colore, ed analisi. Produce cemento
della massima solidit. S'impiega particolarmente nelle costruzioni idrauliche. ia4; modo di adoperarla nei vari casi.
ia5; ragione del pronto indurarsi, ivi. Artificiale: terrazza di Olanda, cenere di Tournay; la migliore sarebbe quella di
argilla cotta e ridotta in polvere. 126. 127. .
POZZUOLI, i Piloni di Caligola sono ivi ancora saldissimi e resistono alle onde li. G. HI. io3.
PRASITELE, celebre scultore greco. VII. 17.
PRATI, esigono-molta cura e studio di Botanica per la loro formazione; quasi niuiia per la loro conservazione.
vi. G. ni ,35.
PRECINZIONI, ripiani che nei teatri si trovavano dopo un determinato numero di gradini. V. a5. N. 2.
PRAELUM Prelo, abbreviatura di premulum da premo; trave o stanga nel torchio con cui si comprime. Lib.
X. C. Nota 3. -%
PREOTTURARE, per otturare anticipatamente. X. 3r.
PRIENEi citt della Caria; la stessa che Palazia. IV. *. N. 5.
PRINCIPI dei corpi, composti di calore, di umore, di terra e di aria. I. 74. '
ja
chimica ora n' obbliga a ritenere
indefinito il numero dei principi elementari ivi N. r. Alli quattro pi comunemente dagli antichi fissati col metodo
filosofico d' oggi giorno si pu dare il carattere di quattro classi, cio delle sostanze imponderate, gazose, liquide,
e solide. TI, G. II. go.
PROBIT', virt necessaria all'Architetto, e raecomandazionc per la stessa in ogni occasione de' lavori. IL G.
IX iSg.
profilo, in architettura l'unione delle varie modinature coi membri essenziali; difficilissimo; richiede una lunga
pratica; il profilo mostra sovra tutto il vero gusto dell'Architetto. Avvertenze per ben profilare. III. G. III. io5 La
rozzezza, e la leggiadria dei profili segnano particolarmente 1' et dei monumenti IV. G. I. g5
PRONAO, spazio fra le colonne e la porta del tempio. IV
7
5.
PROPILEO. Vestibolo dinnanzi al tempio, ed alla regia.
PROSPETTIVA. VII .3. e Nota i; era conosciuta dai Greci e dai Romani. VII. G. I. 8a. Lineare offre le regole
per la diminuzione degli oggetti delineati nella proposta distanza: aerea, d le regole per la degradazione del
colorito negli oggetti medesimi. VII. G. I. 83. Indispensabile alle arti del disegno ivi.
PROSTAS. Spalliera di casamento. VF. 58.
PRO l'HlKA, chiamano i Greci i vestiboli davanti alle porte, ed i Latini con questo nome intendono quelle cose,
che io greco diconsi diathira, cio antiporte. VI. ti,
PROVINDEMIATOKE, stella dai Greci detu Protrygeton perch pi scintillanti, delle alto"; si appoggia
90pra l'omero destro della Vergine. IX 4
1
PSEUDISODOMA, struttura greca, in cui gli ordini dei corsi sono disuguali, come si vede negli avanzi delia
Stoa o Portico in Atene. IL 44- Nota I.
PSEUI>OUI
J
.BANE. Casini di campagna, luoghi di delizia. Raccomanda Vitruvio per queste'eguali
considerazioni che nella costruzione delle case di citt. VI. 8. nota 3 e 4P
PUBBLIO SETTIMIO aveva lasciati due libri sull* Architettura. VII. ai.
PULPITO nel teatro, qual il nostro palco scenico, alto 5. piedi. V. 44
PDNICEOS, il color purpureo, perch si attribuisce l'invenzione ai Fenicj. VJL G. IV. ilfi. N. i.
Q
QUADRA, parte inferiore della base. III. 5t. S. f, comunemente listello o filetto che separa gli altri membri, dai
Greci detti trochilon; sar la sesta parte del membro, cui appartiene, ma nell'ordine Jonico la settima. III. 55. e N.
i.
QUADRATARJ degli antichi, sapevano tagliare esattamente le pietre. IL G. Vili- i63.
QUADRATO, muro detto anche squadrato, perch le pietre che lo formano sono tagliate esattamente, e si
coljegano anche neh" interno con uncini di ferro o di piombo. IL 45.
QUADRO degli effetti dinamici dell'uomo. X. i35.
QUERCIA, nelle fabbriche sotterranee non ha fine; l'Ischio utile negli edifizi, ma si guasta nell'acqua. II. 64. 65.
Molte sono le specie di quercia; le principali sono: la elee leccio ( quercus ilex; ciie conserva le foglie sempre
verdi, e la quercia bianca che in autunno le perde (quercia lati/olia); nella costruzione di ratti e robusti e dilic) la
quercia da preferirsi ad ogni altro legno. li. 63. V. 3.
QUOSSEYR, valle dal Nilo al Mar rosso; somministra la celebre breccia detta d'Egitto, ed anche universale.
IL G. VII. i5o.
R
RAFFINATEZZA soverchia, condannata da Vitruvio; quello stile manierato, sopracaricato, volgarmente
barocco. V. 16. N. 2.
RANE: la ruggine verdastra che si forma nei vasi di rame venefica. VII. G III. 121. La sua limatura serve a
tingere in verde. La soluzione di rame con l'aminoaiaca d un bellissimo colore azzurro. 122.
RAMNUNTO, antico borgo nell'Attica, in cui gli avanzi del Tempio di Temide nel recinto di quello di Nemesi.
IH. 16. nella Nota.
RASTREMAZIONE, od affusotura delle colonne; regola per ottenerla nei vari casi, 111. G. I. 80; in quattro
forme: ima. conica dalla base ali sommit; 2da. cilindrica sino alla terza parte della colonna, indi conica sino al
sommoscapo; 3za. di due coni uniti fra loro con le basi maggiori, 1 uno avente la terza parte della colonna, 1'
altro gli altri due terzi; 4ta. quando il contorno non consta di linee rette, ma di curve che vadino restringendosi
dall'imo al sommo scapo. III. G. I. 87.
RAVENNA, citt salubre per la sua vicinanza al mare. I. 81; il sepolcro di Teodorico formato di porfido. IL G.
VII. i5o.
RAZZE, raggi delle ruote da carro. V. 3i. N. 2.
RAZZI aliti Congrve. X. G. III. i83. Nota.
REGOLARIT' misurata, frutto di molti secoli, mostra l'esattezza, non la sublimit dell'ingegno. TI, G. III.
127.
RENO, fiume che scorre sempre tra la Francia, e la Germania; sorge dalle Alpi Rezie, riceve molti fiumi, e si
getta nel mar di Alemagna. Vili. 21. Nota.
REPLO od orlo; nelle porte sar largo due terzi dell'impage. IV, 67. nella Nota.
RETICOLATO. Muro formato con pietre piramidali a base quadrata; l'interno si riempiva con rottami. IL 3IJ.
Nota 1.
R1COCHET (battere a), cio tirare di volata in guisa, che le palle vanno a cadere dietro al parapetto, dove
facendo diversi balli nuocono agli assediati; s pu dire
a rimbalzo. I. G. III. >45 N. 2.
RISEGA, assottigliamento di piano in piano dei muri. IL G. VIII i64.
RITMO, comune a' musici, ed a' medici per l' andamento dei piedi agli uni, e per la battuta delle vene agli nitri.
I. 53.
roano, cio rovente, dicono i villici veneti al colore di fiamma dell' uva alla met della maturezza. "VIL G 111.
a N. i.
ROCCIA, massa minerale bastevolmente estesa. I. Orli. 127.
RODANO, fiume rapidissimo che ha la sorgente nel monte S. Gottardo poco distante da quello del Reno e del
Ticino; separa la Savoja dalla Francia; circa cinque leghe dopo Genova si perde fra terra, e risorge presso il
castello di Michaille; presso ad Arie* si divide in due rami, l' occidentale si suddivide in altri due, e si precipitano
tutti nel Mediterraneo. Vili. 21. Nota.
ROMA, possed colonne, statue, ed urne di porfido. II. G. VII. 15r. 11 suo suolo sofferse molte alterazioni. V.
G. VII 170.
ROMANI, sino all'anno 170. della sua fondazione avevano i tempj senza alcun simbolo di divinit. IV. 53. N 1.
RUBIA, pianta che si coltivava nei sobborghi di Roma; molto usata dai tintori in lana, e dai conciatori di pelli. I
Greci la chiamavano Eritrodano, ed la rubia tincloria di Linneo. VII. G. 3. 123.
RUBRICHE, terre rosse. Le ottime si avevano dal Ponto, da Sinope, dall' Egitto, dalla Spagna, dalle Baleari,
ed anco da Lemno. Si usavano nelle pitture monocromate, cio di un solo colore, ch'ora si dice chiaroscuro. VII.
63. e N. 2. ocra rossa; argilla ocrosa, rossa come la terra di Lemno. VII G HI. n5.
RUDERAZIONE. In dialetto veneto rovinaccio, nel friulano rudinaz: rottami delle rovine degli edifici. V. 92. N.
1; formata di calce, arena, rimasugli di fabbriche col nucleo di mattoni pesti. VII. 25 e Nota 1.
RUOTE da macinare; all'intorno delle loro fronti h*nno certe pinne, che percosse dall'impeto dell'onde
spingono in giro la ruota, all' asse della quale si congiunse un timpano dentato, che s'aggira perpendicolarmente.
U altro maggiore pur dentato se ne colloca in piano, dal quale contenuto l'asse avente all'estremit del capo una
spranga di ferro, che tiene a dovere la ruota; e questa per tale comunicazione di movimento gira, e riceve dal
soprastante infoudibulo il grano, e lo macina. X. 45. .j.
RUSSIA, offre molte variet di diaspro, il G. VII. i55. RUSTICO, non si pu dire ordine di architettura, non
essendone che un rozzo principio; tuttavolta pu convenire alle porte delle citt e delle fortezze, nelle prigioni, negli
arsenali, nelle ville, e pi ancora nelle fabbrichi sulle spiagge del mare. 1Y. G. V. i35.
's
SABBIA, ammasso di particelle silicee, o quarzosa, ruvide al tatto, insolubili, scintillanti alle percosse
dell'acciaro, vetrificabili. II G. IV. 107. Sabbia terrestre, e marina; questa difficilmente si depura dalla selseggine;
la prima si ottiene dalle cave, o dai fiumi; la migliore sar quella escavata dai fiumi, o torrenti dove le acque
scorrono con maggior celerit, ivi 109. no.
SABBIONE, maschio di Vitruvio da supporsi del genere delle argille. H. ao; il sabbione maschio del Rusconi,
che si trova nei colli trevigiani, mostra essere quella creta cinericcia detta volgarmente leza. ivi Nota.
SACOMA, presso i Greci era il contrappeso, che si appende all'asta della stadera. IX. n. Nota 3.
SAGITTARIO, costellazione alquanto all'oriente di Antareo; risulta di un trapezio obbliquo, sopra il quale un
altro trapezio piccolissimo forma la testa del Sagittario. la, G. II. n
7
.
V
SAGUNTO, citt. V. G. V. i35.
SALAPIA, antica citt della Puglia; per oggetto di sa. Iute pubblica fu da M. Ostilio trapiantata vicino al mare.
I. 83.
SALCIO, di tessitura debole; i botanici ne hanno descritte ben cento specie. II. 66. N. 2.
SALMACIDE, fonte in Alicamasso, chiarissimo, di egregio sapore, al quale per falsa opinione si attribuiva la
propriet di suscitare gli appetiti venerei. Il 5i.
SALUBRIT' del sito per fondare gli edifizj. I. 69. e N. 1.
SAMBUCA, istromento triangolare dei Greci. VI. t3.
SAMO Isola del mar Icario, detta anche Partenia e Ciparissa, patria del Poeta Callimaco, e celebre pel culto a
Giunone.
SANDARACA. Vi era una miniera ottima nel Ponto presso il fiume Ipani. Tra i confini della Magnesia e di
lfeso si trovava preparata e molto sottile. 11 uo colore dal giallo passa al rosso secondo il grado
dell'abbruciammo. Tu, 65. c N. a. La ai trovava nativa a Tale isola del Mar Rosso, nelle miniere d' oro e
d'argento; era l' arsenico solforalo della variet rossa; il suo colore era di fuoco. La si contraffaceva con la
cerussa calcinata. VII. G. III. ir6.
SAN DICE, si otteneva abbrustolandola sandarac* naturale assieme alla rubia, e si aveva uno colore bruno.
L'erba che dava il rancio del sandicc era forse il zaffrone carthamus tinctorius. VII. G. III. 126.
SANGUISUGHE, forse utili a far la porpora. VII. G. IV. i5o. N. i.
SAN LORENZO, fiume che sorge dal lago Ontario, dal sud-ovest scorre al nord-est, attraversa il Canada
bagnandone Quebec capitale, e si scarica nell'Oceano atlantico. Vili. a3. Nota.
SAR, pesce dei Fenici, utilissimo alla porpora. VIL G. IV. r5o. N. 1.
SARNACO, lasci precetti sulle simmetrie. VII. 19
SASSONIA, presenta delle masse di basalto di origine acquea. IL G. VII. 157; lo usano per fare i pestato)
che servono a polverizzare il quarzo, ivi.
SATURNO, fa il suo giro in 29. anni e 160. giorni circa. IX. 29; il Pianeta pi distante dal Sole che
conoscessero gli antichi. La sua rotazione si fa in dieci ore ed un quarto circa. E schiacciato ai poli ed elevato
all'equatore. Bench il suo volume sia 974. volte quello della terra, pure in causa della sua distanza ci riflette una
luce pallida e biancastra. La sua superficie segnata da alcune fasce parallele al suo equatore simili a quelle che si
veggono sul disco di Marte e di Giove. Il suo anello lo distingue da ogni altro Pianeta. IX. G. IL io5. Le
apparenze di questo anello vanno restringendosi finch scompariscono, e si rinnovano in un periodo di circa i5.
anni. In quest'anno i832. non si vede, come non si vedr negai anni 1848. 1862. e cosi in seguito. Saturno
seguitato da sette satelliti, de' quali si veggono alcuni pi, alcuni meno, ed hanno la rotazione e rivoluzione loro
particolare ivi 106.
SCALE; quanto sembra facile altrettanto difficile questa parte di edilzio. Dalla forma, le scale presero vari
nomi; ma, ove non osti il sito, sar da preferirsi sempre la forma rettangolare. IX. G. 1. 73. Abbisognano le scale
di comodit per comunicazione facile col resto della fabbrica, e per buona proporzione fra la base e la loro
altezza, la quale non continui troppo con una sola branca, e vi sia un bel lume di solidit, clic si ottiene con la
squadratura delle pietre, con la diligenza nel collocarle, eoa la precisione nelle commettiture, e coli' esattezza nelle
va. te*, di bellezza, la quale dipende dalla proporzione fra le sue parti, ed il complesso del fabbricato, ivi 74- Il
sito pi opportuno il mezzo della fabbrica, e si consiglia di prescegliere il lato destro, ivi ^5. Vitruvio stabilisce il
rapporto di 4
:
3. tanto fra le due dimensioni dei gradini, quanto fra la larghezza ed altezza di tutta la scala; ma vi si
presenta l'inconveniente di dover movere due volte il piede sullo stesso gradino, ivi 76. Esaminata l'altezza del
passo umano saliente, e trovata eguale alla met del passo orizzontale, si stabil la regola, che la larghezza lini ta al
doppio dell' altezza costituisca sempre nel gradino una somma equivalente all'ordinario passo orizzontale, eh' di
metri o. j5. IX. G. 1. 79. Quindici o venti scalini comporranno il braccio meno incomodo di una scala. Per
giungere ai piani superiori si costruiscono scale particolari, ivi 82. Modo d'illuminare la scala 83. Gli ornamenti
nulla aggiungono alla vera bellezza di una scala, cosicch la pittura e da escludersi; i marmi incrostati sono di
sovrana magnificenza; le Scolture si considerano le pi convenienti. 84- In esse ed in tutto deve la verisimiglianz.i
lasciare la sua impronta, ivi 85.
SCALMO; legno tondo, al quale i marinai legano i remi. Interscalmo, spazio fra due scalmi consecutivi. I60.
N. 3.
SCAMILLI impari. Non si sa precisamente che cosa fossero. III. G. V. i33. Varie opinioni, ivi. Selva
argoment esser quadrelli o lastre ineguali da costituire un piano inclinato. i36. Palladio nel Lib. IV. cap. 38.
sospetta che fossero zoccoli, che a guisa di gradini sopra lo stilobato eguagliassero il piano del portico. Forse
erano tre o cinque pianuzzi degradanti, i quali segnavano la separazione del vero stilobato che sorreggeva la
colonna dalla parte del poggiuolo chiudente inferiormente l'intercolunnio. i44
SCANNELLATURE. Vedi Stri*.
SCAPO ( gambo dell' erbe ), fusto della colonna; imoscapo la parte inferiore verso la base, sommoscapo la
parte superiore verso il -capitello della colonna. III. 39. e N. 1. In proporzione degli spazi s'ingrossino gli scapi.
III. 4
scena: tanto lo stabile prospetto del teatro ornato di colonne, quanto le tele dipinte con le decorazioni
occorrenti alle varie rappresentazioni. V. 5i. N. 1. Come decorazione di tre generi: tragico, comico, e satirico. V.
55. 56. Decorazioni versatili che si girano intorno a se stesse; dattili, che si tirano in alto. Pare che gli antichi nelle
scene mai rappresentassero l'interno delle case.
y. G. v. ,44.
SCENOGRAFIA, i 58. N. 3.
SCIATHERAS in greco, cio gnomone indagator dell'ombra. I. 99.
SCIENZA ENCICLICA, cio universale. I. 5t. N a.
SC1HONE Maestro; 8. vento della torre di Atene. Del nord-ovest il pi asciutto che spiri in Atene, freddo
estremamente nell' inverno, impetuoso e dannoso molto nella state. Viene espresso in aria languente con un vaso
da fuoco, dal quale sta per ispargere carboni ardenti, e cenere. I pi N. 1.
SCOLA. Nei bagni era uno spazio intorno al soglio, o l'alveo per le persone che attendavano di entrar nel
bagno, e conversavano con quelle nel bagno. Anche luogo ove s'imparano le scienze, o dove si ragunano alcuni
corpi, o collegi. V. 80. e Nota.
SCOPA Siracusano, nel mausoleo lce le sculture al lato orientale: VII. 17. Invent il pliulio ossia lacunare pegli
orologi solari. IX. 60.
SCOP1NA di Siracusa. I. 55. forse Scopa, il quale invent uno speciale artificio nella gnomonica, ivi N. 6.
SCORPIONE, costellazione in lgura d'arco convesso verso la Libbra formato da quattro o cinque stelle. IX.
G. IL 117.
scorpioni, macchine antiche militari da scagliare saette. X. 65; erano le pi piccole e le meno efficaci delle altre,
e si chiamavano cos per una qualche somiglianza con lo scorpione. X. G. III. 164. Si chiamavano a nelle
Castrafete perch si appoggiavano al ventre, ivi i65.
SCOZIA, Modanatura nella base atlicurga. III. 55; nella base jonica due sono le scozie, ciascheduna co suoi
astragali e listelli a/ai. del diametro della colonna. HI 5j, Modo di eseguirsi e sua fig. 6. Tav. XXV III. G. 111.
109.
scrollare, in veneziano sgorlar. II. i5. N. 1.
SCULTORI e Pittori, se oltre il merito non hanno fortuna, non conseguiscono celebrit. III. 4
SECT1LIA, pezzi piccoli di pietra pei pavimenti a terrazzo od a mosaico. VII. 3o. 4
SEGESTE IV. G. I. 91.
SELINDSIA, creta color del latte, che si scioglie facilmente nell'acqua, e serviva alla preparazione dell'indaco.
VII. 77. N. 4.
SERVIT'. Loro derivazione. I. G. I. 116; urbane arti rustiche 119.
SETTENTRIONE, dai Greci chiamato Anton ed anche Elicen. IX. 4o- e Nota 3.
SFERISTERIO. Luogo di forma rotonda per gli esercizj e giuochi con diverse specie di palle. V. G. VII. 177
SIBERIA, offre del granito gralico e del diaspro a
fettuccie. TI. G. VII. i54- ricca di diaspri specialmente
primitivi ivi.
SICILIA. Somministra lumachello bigio. IL G. VII. 48. Granito grafico. i54i molti diaspri e pi variati che
altrove. i55.
SICILIA, isola dell'Italia di forma triangolare; ha seicento miglia di circuito; Palermo n' la capitale: divisa in tre
valli; in quella di Demona il Vulcano Etna. VHL 4i. N. 5.
SIFONI, loro teoria applicabile alla scaturigine dell* eque. Tav. IL Lib. Vili. g3. N. i.
SIGLE, usate da Viiruvio per esprimere le proporzioni delle macchine; tabella delle loro interpretazioni. X. G.
III 167.
SIGN1NO, cemento di calce e polvere di mattoni cotti; cos detto dalla citt Segni; corrisponde all'odierna
calcistiuzzo TI. 26. N. 1.
SILANIONE, dett precetti di simmetre. VII. 19.
SILI*), artefatto con viole bollite, spremute in un mar. tajo e triturate con creta eretria. VII. 77. Davano questo
nome i Latini all'ocra dei Greci, e significa terra gialla. Se ne trovava di rossa in Ce, ch'era la migliore di tutte, ed
in Cappadocia, la quale portata in Sinope acquistava il nome di quest'ultima citt ch'era nel Ponto. Il Site era un
fango od una belletta che si trovava nelle miniere d'oro, e d'argento. VII. G. III. n5.
SILENO Architetto, aveva pubblicato un volume sulle simmetrie doriche. VII. i3. N. a.
S1MMETIUA, proporzione delle parti rispetto ni tutto. I. 56. N. 1. 60. Corrispondenza fra le parti del
corpo umano. IH. 10. N. 4
SINAI, monte; ha un marmo della specie dendrite.IL G. VII 49.
S1NECUNTES, luoghi consonanti, ne' quali la TOC* ajuUta dal fondo ascende crescendo ed entra nel!'
orecchia con cliMiissiuia distinzione di parole. V. 59 e 66.
S1NOPE, citt nel Ponto, e perch ivi si trafficava nonnnavasi cosi una terra di tre specie, una rossa, l'altra
biancastra o rosso pallido, e la terza di un colore intermedio: la si aveva dati Egitto, dall'isole Baleari, dall'Africa,
ma la pi bella era quella di Lenino, e della Cappadocia. VII. G. HI. n4 Quella delle miniere di ferro ia Egitto e
d'Africa era la pi utile ai tintori, ivi sci.
SIN'OPLE; i mineralogi chiamano cos un quarzo favolino, rubiginoso, ematoidc massiccio, d'un bel rosso. Si
trova nelle miniere e si converte in una terra ressa. VII.
G. ni: 115.
S1STIL0, ed i fi zio con colonne alquanto allargate, cio due diametri d'intercolunnio. III. 37. e N. 2. Difetto m
questo genere di edifizi se le colonne non giungono in altezza ai dodici o quindici piedi. 3o. N. I; la sua le Aoun*
sar di nove moduli e mezzo. III. 5o. Esempio nella Tavola 17.
SISTO V. s'interessa per asciugare le paludi Pontine
I. 8a. N. 1.
SOBBOLIRE, i Veneti sobboggir; quel fermentare che induce la putrefazione. IV 77. N. a.
SOCRATE, dichiarato sapientissimo dall'oracolo di Selfo; avrebbe desiderato che i cuori degli uomini avessero
dinnanzi una finestra. III. 3.
SOLE, a seconda della latitudine geografica influisce sulle propriet delle piante e degli ammali. VIII, 45; in un
mese percorre lo spazio di un seguo del zodiaco. IX a6. Il sole co' suoi raggi fa rovente l'etere che gli sta sopra,
ivi 33. Equinozi e Solstizj secondo gli antichi. IX. 3^; secoudo i moderni, ivi Nota a. Erano dai Romani segnati
neh" 8. grado della rispettiva costellazione a causa delle feste che cadevano in que' tempi, ivi 38. Nota 2.
Secondo il moderno sistema il Sole animato soltanto di un moto di rotazione da occidente verso oriente; del
resto si ritiene che sia immobile nello spazio. Gli fanno corona diversi globi opachi, visibili purameute pel riflesso
della sua luce, i quali sono animati dal moto di rotazione, che li obbliga a descrivere una via curvilinea intorno a
questo. G. II. 91. 11 sole fuori del nostro sistema phaeuho deve presentarsi non diverso di quei punti sdnuiJaau,
che si chiamano stelle, ivi 111.
SOLI, castello della Gliela; ha il fiume Lipari untuso Vili. 35.
SOMMA conviene con Vitruvio del quadrato che si ha dalla figura dell'uomo. III. 11. N. a
SOLITARIO, piccola costellazione sotto il bacino australe della Libbra. IX. G. IL lao.
SOLOME, sanc la legge che un figlio non fosse obbligato di alimentare il suo genitore quando questi non gli
avesse fatta apprendere un'arte. VI. 5. Nota 1.
SOPRAPPOSIZfONE degli ordini in architettura, deriva dal bisogno di moltiplicare le abitazioni sopra la
medesima area V. G. II. io3. I Greci di ci non ue lasciarono esempio se si eccetui l'interno dei tempi ipetri. 10&.
Quando indispensabile soprappvrre gli ordini, convien togliere agl'interiori la cornice. Dal tornino scapo delle
colonne inferiori si regoli l'uno-s<:apo di quelle di sopra, e stiano tutte nella stessa verticale. La loro rastremazione
si proporzioni alla delicatezza loro. Avvertasi anche che g' intercolunnii inferiori sieno proporzionati ai superiori. i
consiglia in questi casi di lare il primo piano ad arcate evitando le inconvenienze della soprapposizione. V. G. II-
109. % no.
SORBO, (Pirus sorbus). Cresce assai tardo, ma il legno riesce durissimo, ed atto a formare le viti degli
strettoj, macchine e lavori di tornio. IL G. IX. 187.
SORGENTI dei fonti, s'innalzano per l'angustia delle vene. Vili, ag. Vedi G. I. Lib. Vili.
SOSTRDZilONl: somma cura per prevenire i danni che porta la terra aumentando, per le acque, di peso e di
volume. VI. 65. Contrafforti, ivi 66. Tanto distanti fra loro quanto l'altezza della sostruzione, ed abbiano la
medesima grossezza di questa; si restringano poi gradatamente fino che alla sommit abbiano la grossezza dell'
opera. 67. Verso il terreno si costruisca al muro certi denti a sega della grossezza del muro, che si discostino
quanta l'altezza della sostruzione, ivi.
SPAGNA, aveva le abitazioni di assicelle di rovere e strami. IL n. Offre molte variet di diaspro. IL G. VII,
i55.
SPECULAZIONE, scienza di ben concepire un edilzio. I. N. 1. M.
SPEDALI. Su questa specie di costruzione crediamo di trascrivere tutto ci che Leon Battista Alberti espone
nel cap. 8. del suo Lib. V. si perch le avvertenze generali sono pienamente indicate, si perch accenna che simili
edificti non solo sono destinati per g' infermi, ma benanche per gli mendici. Ecco le sue parole: Il luogo per gli
spedali, dove abbiasi ad esercitare 1' officio della piet verso i poveri e eli abbandonati, dev' essere vario, e
collocato con grandissima diligenza, in altro luogo dovendosi alloggiare i poveri abbandonati,' ed in altro
ricreare e risanare gl'infermi. E fra questi ancora biso goa aver cura che alcuni pochi e disutili, non nuocano ai
pi, che possono tornar utili. Sono stati alcuni Prin,, cipi in Italia, che non hanno voluto che nelle loro citt
vadano accattando certi poveri storpi e stracciati, e pe r era fatto loro comandamento che non fossero rimasti
nella citt senza esercitare una qualche arte pi che tre giorni; non essendo alcuno tanto storpiato che non
possa in qualche cosa giovare agli altri uomini con la ,, sua fatica, poich i ciechi stessi giovano, se non ad al tro,
a girare il filatoio pei funajuoli. Ma coloro che e rano oppressi da infermit pi grave erano dal Magi strato degli
ammalati distribuiti per ordine, e dati in cura agli spedahnghi. Ed in questo modo non chiedeViTRvrio Indice 7
,, vano indarno aiuto ai pietosi, n la citt restava ofieu 11 dalla loro puzzolente malattia. In Toscana per amor
quella antica venerazione della santit e della verissima religione, della quale sempre port il vanto, si vedono ,,
spedali meravigliosi e fatti con incredibile spesa, nei quali a qualsivoglia cittadino, o forestiero, non manca cosa
alcuna che conosca appartenersi alla sua sanit. Ma essendo g' infermi di varie sorti, come sono quelli che con
le loro malattie ammorbano i sani, e quelli che sono facili a guarirsi, vorrei che gli edifici di costoro ,1 fossero
distinti. Gli antichi dedicavano ad Esculapio, ad M Apollo, alla Salute, loro Dei, simili edifici, con le arti e santit
dei quali pensavano che g' infermi ricuperai sero e mantenessero la loro sanit: ma li edificavano in ti luogo
sanissimo, dove spirassero venti saluberrimi, e T u fosse copia d'acque pinealissime, acciocch g'infermi o
condotti in siffatti luoghi non tanto per l'aiuto degli Dei, o, quanto per la benignit di tali luoghi, risanassero pi
presto. Perci da desiderarsi che i luoghi dove si abil biano a tenere gli ammalati, o pubblicamente o privata
mente sicno sanissimi, ed a questo effetto sono forse 1 ti proposito i luoghi asciutti e sassosi, continuamente
aneg1, giati, non abbruciati dal sole ma temperatamente iJlumi,1 nati, conciossiach gli umidi sieno fomenti di
putredine. Gl'infermi poi d infermit contagiose non solo debbono ii tenersi fuori della citt, ma lungi ancora dalle
strade maen su e: gli altri potranno tenersi in citt, ma le stanze per questi sieno distribuite in modo, che separati
sisma jl a. fermi, di cui si spera la guarigione, da quelli che itti yono piuttosto guardarsi che medicarsi, come i
pazzi f i cronici. distinte sieno pure le donne dagli uom ammalati da quelli che li governano, i direttori dai W
vitori, e tutto sia secondo il bisogno adattato"
Non si pu abbastanza lodare le premure di ileiTM saggi governi per estirpare le malattie contagiose e cutanee,
promuovendo bagni pubblici e privati, erigendo ospitali, moltiplicando le condotte mediche, istituendo sorvegli"'
1
'
sul commercio meritricio e& Bench ci non sia del ministero dell' architetto, pure l'uomo sensibile non pu a
meno di farne menzione; e noi dobbiamo a queste cure la distruzione della lebbra si comune nei secoli decorsi,
Yesitpazione della peste in. Europa, e tanti altri vantaggi di cui non godono i sucidi abitanti di alcune parti della
Polonia e dell' Ukrania tormentati dalla plicca, n alcuni popoli barbari corrosi dalle ulceri, dalle pustole, dai cancri
Riguardo agli spedali meritano nelle nostre prove Singolare menzione quelli di Milano e di Padova tanto jper la
saggia distribuzione dei luoghi, come per la eleganza della loro architettura.
spira (dal greco,' cosa che giri circolarmente), la base della colonna, ossieno i membri che la compone no. V.
Tav. XV. Fig. 6.
SPIRITUS, per spirazione. Vili. 5. Nota t.
t
SPORTO, o cornice da garantire le mura di mattoni dallo stillicidio. II. 55; quello delle basi atticurghe sia di un
quarto del diametro della colonna. 111. 53; nelle basi ioniche va di diametro. HI. 58. ( della cimasa sorpassi il
listello dell'abaco una grandezza dell'occhio. 62.
SQUADRA di Pitagora, si forma di tre regole, una lunga tre piedi, l'altra quattro, la terza cinque, commesse in
modo che 1'una si tocchi coli'altra per gli estremi ca* pi, figurando un triangolo. IX. 9. Utile per molte cose, e
misure, ivi 10.
STABILIRE, termine d'arte; il perfezionamento ossia pulimento delle mura. IL 46 N. 1.
STAD1ATO. Luogo capace per gli eserciti di ginnastica. Portico doppio. V. 85. e N. 1.
stadio. Presso i Greci era di Joo. passi geometrici; il passo conteneva sei piedi. Presso i Romani si estendeva a
passi no, ma avevano il passo di piedi cinque. V. 82. Vedi le Tabelle dei Pesi e Misure in fine.
STATICA, parte della meccanica concernnte l'equi librio dei corpi solidi sottoposti oli' azione di pi forze. X.
G. I. 108.
STATUE, ed Iscrizioni dei maggiori: i Romani le Collocavano negli atrii o nei tablini. VI. G. HI. 106.
STELLE, pel loro numero indeterminato fin da' tempi remotissimi, gli astronomi pensarono classificarle peti
gruppi. IX, G. II. ti2, e questi gruppi furono generica mente chiamati costellazioni od asterismi. Si distinsero con
una lettera, od una cifra le singole stelle che componevano la costellazione, e si classificarono stelle di I. 2. 3. 4 5.
e 6. grandezza. La posizione pi favorevole pel nostro emisfero onde distinguerle di volgersi a settentrione, ivi
n3. Vi sono miglila di milioni di stelle; la via lattea un ammasso di stelle invisibili ad occhio nudo; e cos sono
quelle nubi biancastre e tenuissiuie, che si scorgono sparse nei cieli, dette nubilose. IX. G. II. lai. La ragione, la
sana filosofia, e le molte osservazioni inducono a ritenere le stelle quai corpi luminosi per luce propria come il sole,
ciascheduna delle quali illumina, riscalda, e come esso anima e dirige un numero di pianeti, ivi IM 1
STEREOBATI, parte delle fondamenta che apparisca Sopra il suolo; sostruzione, basamento* III. ^5. IH 3
STILOBATI, precisamente la base delle colonne; piedistallo. HI. 45. N. a
STIPITI, erte: sono le due pietre che formano 1 lati verticali dell'apertura della porta; il superiore posto oor~
zontalroente dicesi l'architrave della porta medesima. IV. 54- N. a. Vedi Ante. - Gli stipiti si restringono in alto
1/14. della loro grossezza; la grossezza dell'architrave sia pari a quella degli stipiti al di sopra. 5g
STRADE romane: erano alcune urbane od interne, come la Via Sacra, le due Vie Nuove, la Via Lata, la Betta,
la Fumicata, la Suburbana, la Piscinaria, la Trionfale, la Elia; le altre, quelle che principiando in citt si stendevano
per Io impero, come la Flaminia, la Prenestina, la Tiburtina, la Labicana, la Gabina, l'Appia, l' Ardeatina, l' Aurelio;
le terze tutte esterne, come la Claudia, le due Emilie, la Cassia, l' Amerina, la Campana, la Valeria, la Numida, la
Latina, la Cornelia, la Vitella, la Octiensc, la Portuense, la Laurentina. VIII. MI. N. a.
STRAPPA - TRIVELLE, pei pezzi forati si riducono a quattro: il grande. Vili. "4- % 5. Tav. VI; il piccolo, ivi
115; lo spirale, ivi fig. 9
STRATOMCEO, altri Strategeo di Smirne, luogo dell'armi, dove si riponevano le spoglie de' vinti, e dove
convenivano i soldati. V. 63. N. a.
STRAVENTO. Pioggia ventosa. V. 83. N. 3.
STRIE, o canalature delle colonne, devono essere si formano in tre maniere: appena indicate, quando lasciano
un semplice angolo saliente; ed allorch si alternano con pianuzzi. III. 75. e N. 1. Strigium, altri slriglium il testo;
i contadini trevigiani chiamano Streglia o Stria quell'istrumento di ferro dentato, con cui nettano i buoi ed i cavalli.
Da stria forse venne strica, e striscia. N. a. Lib. W. 49> non sono prova certa di minor antichit, ivi G. L y5.
Regole per eseguirle. G. III. "O. III.
STROPHA, viene dal greco e significa rivolgimento, piegatura, torcitura. I nostri villici chiamano strope i vinchi
attortigliati per legare le siepi e le viti; e dicesi stropare per legare e chiudere le siepi, e si usa anche per otturare.
X. 3g. N. 1.
STUFE naturali, scavate presso Baja e Cu ma. Jf. 5r. Stufa dell'Intieri, o del Duhamel per conservare i grani.
VI. G IH. 106.
8
SDCULA, da sue, porchetto: cosi chiamato un picciolo legno, al quale si ferma il capo della fune nelle
macchine a manovelle. X. i5. Nota 1.
SUSA, quando fu presa si trov- un peso di 5ooo, talenti di porpora preparata da centonovanta ani. VII. 7 5.
N. I. Era la dominante del regno di Persia: ha un Jbnticello, che fa perdere i denfc a que' che vi beono. Vili 55'.
posta sul fiume Tiritiri anticamente detto Euleo. Chiamasi ora Suster o Sustra. ivi Nota 2.
SVEZIA, ha porfido simile al verde antico. IL G. VII.
1
SVIZZERA, suo lumachellp. IL G. VH. i48.
T
tablino. Archivio domestico situato dopo l'Atrio del quale ne segue le proporzioni simmetriche col rapporto
alla sua sempre minore estensione. VI. 5a. La sua altezza sin alla trave doveva esser un ottavo della sua larghezza.
33. \
talete Mdesio, pens l'acqua essere il principio delle cose. II. li. G. II. 88. VIII, 3.
TAJNAJ, fiume di Russia ora Don, scaturisce da un lago della provincia Rezan. Oser segna i confini fra 1'
Asia, e l'Europa, e sbocca nella palude Meolide. YHL a. Mota.
TAORMINA, citt. V. G. V. i4o.
TAKCHESIO, non voleva che si facessero tempi di manira dorica. Architetto conosciuto per quest' unico
passo di Yitruvio. IV. 27. Pi. i.
tarso, ad un tempo celebre citt di Cilicia ora Terazza; in rovina; ha il nume Cidno ora Carasa, l'acqua del quale
leva il dolore ai podagrosi. Vili. 33. N. 4;
TAVOLA dei pesi specifici di alcuni legni. IL G. IX, 191. Tavola dei colori, di cui si servivano gli antichi pittori.
VII. G. III. 127. Tavole diverse. X. i36. 168. 170. i;3. (81. 182. i85. 190. 191. 192.
TEANO nella Campania, ossia terra di lavoro, aveva delle acque acide, le cui bibite sciolgono i calcoli. VH-
4*) Ewi anche Teano Apulo posta nella Puglia, ivi Nota 5.
TEAfRO, dalla voce greca siguificante vedere. Teatro Marcello. Il Teatro esige un luogo saluberrimo. V. 24.
Non rivolto a mezzogiorno. a5. Le precinzioni sicno proporziouate all'altezza del teatro; l'altezza poi dtllo
medesime non ecceda la larghezza. 26. Vi abbisogna un buon numero d'ingressi spaziosi, dritti, senza voltate,
distinti 1 superiori dagl' inferiori, ivi. Osservare che la voce circoli quanto si possa chiarissima. 27. Il pulpito non
sia pi alto di cinque piedi. V. 43. Il tetto del portico sia perfetta mente equilibrato all' altezza della scena, ivi.
Dell' orchestra, ch'i tra i gradi inferiori si prenda una sesta parte
di diametro e nei corni, e da ogn'intorno dell'ingresso.; perpendicolare della sua misura si taglino le sedi inferiori.
48. Varie proporzioni del teatro antico. 49. La lungheia della scena dev'essere doppia del diametro dell'orclesln, I
teatri antichi servivano anche alle riunioni del popolo; ivi si facevano le concioni tutte dei Greci; si macchionaDa lo
guerre civili; si ascoltavano gli ambasciatori, t pafino s'infliggevano i supplizi. V. G. V. i3i. I teatri Greci;, erano
rumori dei Romani, l' orchestra poi doveva occupare spazio maggiore in quelli per l'uso dei balli, doveccL presso
i Romani nell' orchestra non vi sedevano che i Senatori. V. G. V. i38. I Greci cercavano di appoggiarti loro teatri
al dorso di qualche monte; i Romani li costruivano quasi sempre isolati, cinti da portici, e con ambuli* cri interni
sotto le gradinate, sulle quali sedevano gli spettatori. i3g: la Gradinata nei teatri veniva dal basso all'aita divisa in
cunei delle scale, le quali dovevano corde dere agli angoli dei quadrati inscritti nel perimetro re rale. Gli ordini dei
sedili nei teatri greci erano tre; P., magistrati e per le persone distinte; a", per le varie classi del popolo; a
0
, per le
donne. In alcuni teatri questi ordini erano due, e talvolta un sola. Per ogni sedile erano cavati due scalini. V. G. V.
140. Teatro di Efeso. m \\i. Teatro moderno, ivi i4fj e Nota x. Il teatro della Scali architettato dal Piermarini ha la
curva geometrica. i5a Quello della Fenice in Venezia fatto dal Selva ha inequabile curvatura nel fornice che lo
copre. V. G- V. 130. Teatri moderni a differenza degli antichi offrono una perfetta illusione. i5i. Per essere coperti,
e perebf li decorrenza nei nostri non generale come negli anticni, non possono, n devono essere vasti come
quelli i5i.-L'eSterno dei nostri teatri abbisogna di essere meglio adatta- to, specialmente per 1* uso delle carrozze,
onde prtwurt gl'inconvenienti. i55. Icnografia del teatro della Scala nella Tavola IX.- i56.
TEBE karnak, ivi sussiste un tronco di colonna tempio, che nelle scanalature e nelle proporzioni si avvicina
alle colonne della Grecia. III. G. III. no
TEBE d' Egitto. IV. G. I or.
TECTOR1UM. Marmorino, stucco. V. 77. &
TEGOLE ed embrici: esigono la massima diliger nella loro formazione. H. G. III, io5.
TELESCOPIO, costellazione formata da due qoartij* Sotto la freccia del Sagittario, a sinistra della cod* am
Scorpione. IX, G. II. 120.
TELION, cos i Greci chiamavano il numero per* che stabilirono essere il dieci. HI. 13. e nota J<
TELMISSO, citt. V. G. V. 142.
TEMPIALI, leguami dei tetti. IV. 18. -, TEMPJ. Partenone, di Giove Olimpico, del Panteon, e di Tebe: i nostri
sono ben lungo da potersi comparare a quelli. Int. 25; que' grandiosi di Colonia, di Strasburgo, Chartres, Reims, e
di Siviglia nel confronto sono come a l'iole selve a paragon del florido giardino d'Italia, ivi 26. Convenienza dei
Tempj. ivi 28. Eretto di Minerva Portale. e Pandrosio. 1. N. 1. 4'! di Teseo in Atene, uno dei pi bei monumenti e
dei meglio conservati di questa citt: 1. 58. N. 3. Dorici si facciano a Minerva; ad Ercole ( nelle citt che non
hanno ginnasi, n antiteatri) al Circo; a Marte nella Campagna; a Venere nel Porto. I. 108; Tempio di Temide a
Ramnunto. II. 39. N. 1; in Alien masso, di Marte, di Venere, e di Mercurio. IL SO, e 5i. Tempio di Scrapide fra
le mine di Tebe. IL G. VII. i58. Tempio di Efeso. IL G. IX. 18;. Tempio in Aufis. Vedi Tav. 2. fig. 1. HI. 16.
Prostilo. 17. Arnfprostilo. 18. Tempio sull'Ilisso. Tav. 6. e 7. III. 18. N. *. Tav. 7. 8 Periptero. Esempio nel
tempio di Teseo, III. 19. Tempio di Minerva a Prene. Tav. 10. Pseudodiptero, ai. Diptero -Tay. 3. A. 6. Pianta
del Tempio di Diana Efesia. 21. e Mota 2. Ipclro 23. Vedi fig. 7. Tav. 2. Di Minerva Poliade a Prienet Tav, 10. a,
10. b. Cinque specie di Tempi. III. 26. Vedi Picnostilo, Sistilo, Diastilo, Areostilo, Eustilo. Tempio di Minerva
Poliade a Priene ha la sommit dell' architrave che senza la cimasa corrisponde all' estremit dell' imo scapo. m
66. N. 1. Tempio della Fortuna virile da Papa Giovanni VIII, convertito nella Chiesa di S. M. Egiziaca. JII. G. IV.
119. Le istituzioni ecclesiastiche prescrivevano di rivolgere i Tempj ad oriente, come S. Paolo in Londra, l'
Escuriale in Madrid, quelli di S. Antonio e S. Giustina in Padova; altri peraltro sono all' opposto come in Roma i
Tempj di S. Pietro, di S. Giovanni Laterano, di S. Maria Translcvere. Quello di Salomone era colla facciata rivolta
ad oriente. 52. N. 1. Tempj Toscani. IV. 72. N. %. Tempi rotondi. IV. 79. Tempio perittero rotondo, come quello
di Vesta a Roma. Tav. XIII. 82. N. 2. Tempio di Minerva in Sunio. Tav. XIV. fig. 1. 85. 86. e Nota 1. Tempio di
Luqsor in Egitto. IV. G. 1. 92. Tempio di Diana in Efeso. VII. 22. Tempio jonico ad Apollo Diebimeo in Mileto
edificato da Peonio Efesio, e da Dafni Milesio, del quale ora si contano in piedi due sole colonne. Vedi fig. 4. Tav.
VII, del Lib. VI. -- ivi e Nota s. Tempio a Giove Olimpico in Atene intrapreso da Cossuzio con ampio apparato.
23. -- Tempii dell' Onore, e della Virt eretti da G. Muzio. VII- A.
TEMPO, trasse la sua divisione dal movimento degli astri, a causa dei bisogni della societ, col moltiplicar dei
quali venne la divisione facendosi non solo per giorni, per stagioni, ma per secoli, per ore e minuti. IX. G. III. 117.
TENT1RA, avea tempi prima che i Greci classificassero gli ordini dell'architettura. IV. G. I. 91.
TEO, citt dell'Asia, ha un tempio di Bacco del genere esastilo. III. 36; detta anche Tejo, patria di te, e della
poetessa Erinna. IV. 8. N. 7.
TEOCIOE architetto, scrisse precetti di VII. 18.
TEODORO, descrisse il tempio dorico di Samo. VII. 14.
TEODORO Focco, aveva descritta la cupola di Delfo. VII. A.
TEODOSIO ed Andrea, inventarono il Pros par dima cio 1' Orologio per ogni clima. IX. 6. N. 5.
TERRA, bruciata nella Campania, diventa cenere ottima per gli edifizj terrestri. IL 33; terra considerata digli
antichi siccome elemento significava il principio solido della natura. IL G. II, p; ora si d il nome terra a dieci
diverse sostanze, le cui basi furono dette metalli, e si dividono in due classi, terre propriamente dette, e terre
alcaline, ivi 96. N. a.'
terra, le propriet da Vitruvio attribuitele alla produzione dei frutti vogliono indicare tutte le commistioni di
sostanze eterogenee, che vi si possono combinare, io. Eloia. Da queste propriet dipendono le qualit e sapori
diversi delle terrestri produzioni. VIII 42.
terra, il terzo pianeta partendo dal Sole secondo il sistema copernicano. IX. G. II. 96. Ruota intomo ad un
asse in un tempo siderale di ogni o, 99735. ossa a 24- ore comuni; e col suo moto di traslazione percorre
un'olisse (di cui il Sole occupa un foco) in giorni 565. 256384- Da questi due moti dipendono le apparenze che
noi attribuiamo al Sole. Dal rotatorio viene il giorno, e la notte; dal progressivo il variar delle stagioni. IX G. 1J97.
Si calcola la sua distanza dal Sole 82,800,000. miglia ivi 98.
TEKRACINA, detta anche Anxur, antica capitale dei Volsci all' imboccatura dell' Utente sulle spiagge del mar
di Toscana. Vili. 41. N. 7.
TERRAZZO, quand' crepato non si adoperi lastrico nuovo, ma vi si metta olio di noce con cenere, se la
fessura non considerevole, nettandola bene, e cogliendo un tempo asciutto; se la fessura grande, nel predetto
olio si mischia un poco di verde di grigi e se larga tre quattro pollici si usi della buona malta con limatura di
ferro. VII. 3n Mota 3.
terreni, si dividono in sei classi. I. G. IL ia5. N. i; rapporto alla costruzione in quattro classi principali: Roccia.
Argilla. Arena Torba ivi 127. Terreni primordiali ammettono difficilmente le infiltrazioni delle acque; queste poi
abbondano nei terreni lotermedj sovrapposti i primordiali. Vili. G. I. 98. Li terziari sono degli altri pi propri, e
dette infiltrazioni, ivi 100. Quelli di alluvione composti di sabbia, di ghiaja, e di ciottoli ricevono bens le acque, le
quali scorrono facilmente fra i medesimi, ma non possono sorgere zampillanti da essi. 101. I pirogeniti o vulcanici
hanno rare sorgenti, e per lo pi saline e minerali causate evidentemente dall' azione del fuoco. 103.
TERZIARIO, cio il triplice piovere dei tempii toscani verso i fianchi, e verso il portico. IV. 78. Nota 3.
TESSERE, (presso i Latini dadi o figure cubiche); presso Vitruvio pietre grandicelle pei pavimenti. VII. 3I.J
TESTUGGINE (forma del tetto o coperchio di un Tate), constava di due archi che nel centro si tagliavano a
croce. V. 81. N. 3.
TESTUGGINE, pel riempimento de' fossi, era quadrata di 25. piedi per ogni lato. X. 83. Le testuggini per
iscavare si chiamavano origes, erano difese anche dai lati, ivi 86. Agetore Bizantino fece una testuggine 60. piedi
lunga, e 18. larga. iVi.
TETRACORDO. Istrumento musicale di quattro corde. Nei tre generi delle modulazioni le disposizioni dei
tetracordi sono dissimili. V. 3i. e 3a. I tetracordi secondo Vitruvio sono cinque: ipate, gravissimo; ineson,
mezzano; sinemmenon, terzo, congiunto; diezengraenon, disgiunto; iperboleon, acutissimo, ivi A. 35.
TETRANTE, quarto di cerchio. III, 61. N. 2.
TEVERE, fiume che sorge da Falterona nell' Appenino presso Firenze, bagna diverse citt, riceve molti fiumi,
passa per Roma, e si scarica nel Tirreno presso Ostia. viii. a- Nota.
THEODOTION, terra verde cos denominata dai Greci; proveniva da Smirne. VII. G. III, 137.
TIGLIO, arriva all'altezza di ottanta e cento piedi; si matura dai cento ai centocinquanta anni; ne pu durare
quattrocento; all'asciutto si conserva, nell' umido marcisce. II. 66. N. 3.
tigri, (significa rapido) fiume che ha origine nel monte Ara rat in Armenia, scorre fra 1' Assiria, e la
Mesapotamia, sbocca nel golfo Persico. Vili. 20- Nota.
T1MAV0, fiume che scaturisce maestoso di sotto dei*
mede, non molto lungi da Trieste, e col brevissimo CON di non intero un miglio si perde nell'Adriatico. Ylll jj, Nota
3.
TIMELE, questo nome proviene dai sagrifizj che facevano i Greci prima dello spettacolo. Era una parte e
teatro alcun poco elevata dal piano dell'orchestra, m: potevano stare gli attori che non acivano in scena, V
a. v. i/,o.
TIMEO Locrese, scrisse sulla storia e sulle proprie mediche delle piante. viii. 58. N. j.
TIMOR, isola; suo lumachello. If. G. VII- i4& TIMOTEO, scultore che lavor la parte a mezzojw no del
Mausoleo. VII. i5. N. 3. ivi 18.
TIMPANO, ruota da levar l'acqua non tropp'alu, ma in copia. X. ^i. Ove occorra farla salire pi in al* si fa la
ruota di grandezza che convenga all'uopo, es affggono dintorno all'estremo lato della stessa dei musi quadrati ed
incatramati, che sorgendo portano TacitaiK alto, e ritornando al basso la versano nel castello. Se pi bisogna recar
l'acqua ancor pi in alto si avvoltemi DOPPIA catena all'asse della ruota, che abbia due secco, cosicch nel
girare della ruota ascenda l'una con l'icqu e scenda l'altra ad attingerla. X. 45.
timpano, parte principale del frontispizio. Ili y Nota . r f . r
TIVOLI, le colonne di quel tempio della Sibilla, tot dei pi rinomati fra le antichit romane, sono atimle con
molta grazia, ma con rapporti diversi da queiir" praticati. IIJ. G. I. 87.
TONSTR1NE, luogo da sbarbarsi, e d'accoller\i capigliatura. V. G. VII. 178.
TORBA, risulta dalla decornposbii'onc dei vegetili. 1 G. II, 129.
r
tornio, un cilindro che passa pel centro di no ruota, e collocato orizzontalmente sopra due perni: * ve ad
innalzar pesi, od a muovere colle sue pinne
m
ruota dentata. Fig. 1. Tav V. del Lib. X. G. H.
TORO o bastone. III." 55. e 5?. G. HI.
>(
* fig. 5. Tav. XXV. . ,
TORO, costellazione presso cui sono le PM
1
' Jadi. Una stella primaria alquanto rossastra forma i'occm del
Toro detta Aldebarano. IX. G. II. u6.
tf
TORRE di Andronico Cirrestre in Atene. I. o> ! le porte della quale hanno le colonne corintie senza M, e coi
capitelli dell' altezza prescritta da Viiruvio B *
tW
1
voluto, di una maniera semplice e buona. IV. G. II. 106. Nella seconda cornice interna si veggono modiglioni.
TV. 6. . .
TORRI, sieno rotonde, o poligone e non quadrate, J. 87. J.
f
g5. e N. I. Torri da collocarsi dall' una e dall' altra
parte nei porti non molto vasti onde passarvi delle catene da chiuderli. V, 85. N. 3.
TQRRiCHIQ, avea un tempio antico. IV. G. I. g3. distante circa trenta miglia da Atene; le colonne del tempio
sono liscie, alte cinque diametri, rp. (Vedi Tay. Vili, lig. 1.) ,
TOSCANO, ordine di architettura; le sue colonne saranno alte sette diametri, e la terza parte della larghezza
del tempio. Le loro basi si facciano alte mezzo diametro ed abbiano un plinto rotondo, e al di sopra un toro col1'
apolige. IV. 76. I modiglioni spargeranno un mezzo modulo. 78. Dal sola bisogno i toscani trovarono la prima
maniera di fabbricare somigliante alla dorica, presso i quali divenne adulta senza dimenticare la semplicit
originaria. IV. G. IV. i3o. Manca ogni monumento antico di quest' ordine. l3j.
TRAPANI in Sicilia. IL G. VII. I4Q.
TRAVATURE. Si eviti la resistenza sotto di esse di qualche muro intermedio. VII. 2Q. Si escludano quelle di
quercia. 27. Tutti i legnami sieno di una specie sqla, diritti, forti, ed asciutti. I travi vallino da muro a muro per la
larghezza della stanza. Quanta la loro larghezza, tanta sia la distanza fra loro; le teste si alternino coi piedi dei travi,
i quali non si devono lasciar in contatto della calcina. Varie altre avvertenze, ivi Nota 3.
travi, son quelli che si pongono sopra le colonne, 4 pilastri, e gli antili. IV. 17. Li travi che si pongono sopra le
colonne si accoppino con biette, e traversi, che stiano distanti tra loro due, dita, onde noi; sobbollano. IV. 77
TREZENE, ora Trezina, citt della Messeuia le cui acque causano malattie ai piedi, perlocch i suoi abitanti
bevevano di quella di Cibdele. Vi erano diverse altre citt di questo nome. VIII. 33. Nota, a
TRIANGOLO boreale, formato da tre stelle inferiormente ad Andromeda. IX<.G- IL i*4- <
tribunale, basamento dei tempj rotondi e senza cella. IV. 79. N, 1. Nei teatri, luogo destinato ai pretori, e
magistrati presidi dei giocli V< sa. e Nota.
TRICL1NO, sito da mangiare: cos detto perch constava di tre letti inclinati invece di sedie, collocati a tre lati
della stanza. La sua lunghezza, era due volte la laighetta; e la media di queste due dimensioni formava la
sua altezza. VI. 36. e Nota i. Triclinj d'inverno guardavano l'occidente invernale. VL fa Quelli di primavera ed
autunno erano esposti coi lumi ad oriente. 43- Gli estivi a settentrione. 44- Questi erano diversi da quelli per
l'inverno. VI- G. n. io5. Vi erano anche i quadricliaj, i pentaclinj, e persino i decaclinj. VI. G. Il io5.
TRIESTE, citt esposta agi' impeti di Borea, perch senza la necessaria precauzione costrutta. I. 90. N. a.
TRIFONE Alessandrino architetto, mediante sotterranei incontr quelli pei quali i nemici tentavano entrare in
Apollonia. X. gt.
TRIGLIFI. IV. 3o. si pongono negli angoli, e sopra i tetranli delle colonne. IV. a3; si devono collocare colle
metope alti un modulo e mezzo, larghi uno nella fronte; compartiti in modo che nelle colonne angolari, e in quelle di
mezzo stieno sopra i tetranli, e negl' intercolunnj ve ne fieno due; in quelle di mezzo tre. Regola per iscanalarli. IV.
34. I loro capitelli debbono essere un sesto di Modulo. 35; la loro positura, e le mezza scanalature ai loro lati
mostrano, piuttostoch altro, derivare da pilastrini, che servivano a sollevare il letto, e dar nei loro intervalli adito
alla luce IV. G. IH. n5.
TRISPASTO, peutaspasto, macchine della specie della capra; nella prima si adattano tre, nella seconda cinque
rotelle, e sono di travi pi o meno lunghi e grossi giusta i maggiori o minori pesi che si avranno a maneggiare. X.
sg. Qualora i pesi fossero colossali, invece del porchette 5'inchiuda nei chetoni un asse; si raddoppino gli ordini
delle rotelle; la fune maestra si trapassa nella troclea inferiore, talch non possa scappare; ed intorno del timpano
avvolticchiata un'altra fune si riporta all'argano, il quale, girando, rivolge pure il timpano; e l'asse fa si che le
annodatevi funi si distendano tutte ugualmente, e che levino dolcemente i pesi ivi ai. e 22.
TRIVELLA da forare i pozzi; risulta da un numero indeterminato di sbarre di ferro lunghe 4- metri circa, e
grosse metri o,o34- in quadro, che 1' una s'inforca all' altra, fermate nella connessione da viti. Vili. G. I. 107. La
prima si appende al canape di una Capra, a capo dell'ultima si congiunge quell'ordigno che abbisogna, giusta i
Strati che s incontrano da forare; l'asta composta delle indicate sbarre attraversa una staffa pur di ferro, e si fa
girare mediante una manovella. Veggasi le Tav. III. IV. V- VI. ivi 108. e seguenti.
TRIVELLA, antica macchina militare, a somiglianz della testuggine operava con. u trave ferrato. X. 8a.
TROCHILO, quell'altezza che comprende la scozia col suo astragalo, e listelli. III. 57. N. 1.
TROCLEA. Carrucola di legno o di metallo, mediante cui si alzano, o si calano i pesi; consiste in due rotelle, o
pi, per le quali scorrono le funi; Ricamo, Tagli, Girella, Puleggio, sono simili cose. X. 19. La girella utilissima in
un gran numero di macchine, e ve ne ha di molte forme. X. G. IL 137.
%U\NA o Tiana, citt della Cappadocia settanta miglia circa lungi da Mazaca. Vili- 37. Nota 5.
TDFO, proviene da fuochi vulcanici. 11. 3a.
TUONO, il fragore prodotto dall'aria, la quale precipita ad occupare il vuoto, che dalla scarica del fulmine si
produce. IL G. II. 92.
TURIBOLO, costellazione eh' sotto l'aguglione dello Scorpione. la, 47
uccelli, loro respirazione rapidissima, e loro conformazione per ricevere, ed espellere a piacer l'aria. I.
7
5. N. 1.
ULIVO, i cui travicelli abbrustolati resistono ai tempi. 1. 85.
UMBILICO, centro del corpo umano; se da questo punto si giri il compasso toccando i piedi e le mani distese,
si La un circolo; e del pari si trova un quadrato tirando le linee per la cima del capo, de' piedi, e dalla punta delle
dita a mani stese. III. 11.
UNCINI di ferro, da collegar le mura, in veneziano arpesi. II. /J3. Nota ?.
URANO, pianeta scoperto da Herschel nel 1781. il pi distante di quelli che si conoscono dal centro solare.
La sua orbita abbraccia tutte le altre orbite planetarie. IX G. IL 106. Sino ad ora pi per analogia, che per sicuro
calcolo si stabilisce compiersi la sua rivoluzione siderale in 84. anni circa. Il suo volume corrisponde ad 81,16. di
quello| della terra; e la sua massa ad 1,6904. della nostra. Sino ad ora si scoprirono di esso sei satelliti; e si cred
da Herschel rimarcare in Urano uno schiacciamento, e di vederlo cinto da uno o pi anelli, come pure da
un'atmosfera molto densa, ivi 107.
URBS, Roma per eccellenza cosi chiamata. V. G. VII. 69.
USTA. Gleba di ottimo Sile: roventata nel fuoco si lingue con aceto, e diviene di color purpureo. V1L 70. V
VACCINI L'H, pianta ricordata da Vitruvio, da Virgilio, e da Plinio, il quale la colloca fra le allignanti nei luoghi
amidi, VII. G. III. 135 Somministrava un colore purpureo per le vesti degli schiavi. 124.
VALLI, non sono da abitarsi. I. 69. N. t. #
VAPORI e nebbie, nascono dalla terra pei calori, Venti, ed acque molte che in essa sono. Vili. 17
VARRONE e Murena, per ornamento della loro edilit trasportarono nel comizio alcune pitture segate a
Lacedemone da certe pareti di mattone. II 49
vascello, costellazione ad oriente del gran Cane; comprende tre terziarie, ed altre tre a sinistra ne formano) 1'
alberatura. IX. G. IL 120.
VELARJj tende provvisorie dei teatri antichi. V. G. V.
VELE delle navi degli antichi. Acazio, la massima, nel centro; Epidromo, la seconda, a poppa; Dolone, la pi
piccola, piantata a prora; Anemone, che serviva per dirigere la nave; Siparo, che serviva quando il vento andava
mancando; Mendico che sembra ai collocasse a prora. X. 07. e INota 3.
VELINA, fiume eh' l'odierno Francolise nel regno di Napoli; le sue acque sono acide, e bevendole sciolgono i
calcoli. Vili. 4g.
VENERE dei Medici, sue proporzioni. In. 7. N. 4*
VENERE Pianeta; quando appare dopo il Sole chiamasi Vesperugo, quando lo precede Lucifero. IX. 27.
Venere presenta gli stessi fenomeni di Mercurio; la sua luce pi viva di quella di ogni corpo celeste dopo il Sole
e la Luna. La sua parte oscura conserva un barlume da supporre la sua materia fosforescente. Il raggio del suo
globo quasi eguale a quello della terra, la sua rivoluzione di giorni 224,70082; la rotazione intorno al proprio
asse di giorni 0.97318. Nessuno schiacciamento si calcola nel suo globo, e Scbroeter pensa che sia cinto da
un'atmosfera simile alla nostra. IX G. 11. 96.
VENEZIA; l'umidit della sua atmosfera procura la longevit degli abitanti I. 69. N. E, La chiesa di S. Marco
possiede molte colonne di porfido rosso, e verde. IL G. VH. Sa.
VENTI, sieno stornati dai capi delle vie. I. 90; loro causa, ivi g3; distinzione dei venti. 92. N. 1. Loro nomi, e
loro simboli effigiati Bella torre di Atene. 1. g5. N. 1.. Maniera di segnarli. 99. Venti secondari che soffiano intorno
ai principali. 1. io3; aure mattutine, ivi. venti di settentrione secchi, meridionali umidissimi. Vili. 18.
VERGILIE, altrimente stelle Pleiadi; mette Vitruvio che spuntino all'entrare del Sole nei Gemelli: ma sorgono nel
mattino quando il Sole si trova nel Toro. IX. 58. e N. 1.
VERGINE, costellazione; una stella di prima grandezza detta la sua spica, e compie Un grande triangolo con
Arturo, e colla coda del Lione. IX. G. IL 117.
VERNICE di zolfo e sego, per preservare i legni dai tarli. V. 93. N. 2.
VESTA, architetto citato da Milizia. IV. 59. Nota.
VESTA, pianeta scoperto da Olbers nel 1807.
vestibolo, luogo ampio dinanzi alla porta d'in* gresso, che metteva nell' atrioi VL ^5. e Nota 5; presso gli
antichi era rotondo. VI. G. 1. A.
VINI. Erano celebri: il protiro di Lesbo, il cataceCaumenite nella Meonia, il melito nella Lidia, il mamertino in
Sicilia , il falerno in Terracina, il cecubo in Fondi.
vili. 4
vista, ed udito, si distinguono sopra gli altri sensi perch le impressioni sopra di essi esercitate, bench materiali,
si fondono colle idee eccitate nella mente. V. G. Ili. I2.
VITICE, specie di frutice detto agnocasto, atto a lavori d'intagliature e simili. II. 66. N. 4
VITRUVIO, nacque a Formia. I. Int. I; suoi scritti. 6; Senza de' quali mal si procederebbe all'esame dei
monumenti. 7; comparato ad Omero, ivi 21; destinato alle Macchine militari. Pref. 34- 1.
VOCE, un soffio scorrente per infiniti giri circolari, e per le vibrazioni dell'aria sensibile all'udito. V. 27. Gli
architetti colle indagini della propagazione della voce perfezioneranno le gradazioni dei teatri. 28. La voce a
seconda delle diverse mutazioni or diventa acuta, ora grave; e si dirige in due modi, nell' uno producendo effetti
continuati, distinti nell' altro. 29. Diversi generi di voce, ivi Nota 2. La natura divise nella voce g' intervalli de' toni,
de' semitoni, e dei tetracordi, ivi 32. Voce nei diversi generi di nazioni ha vane e dissimili qualit a seconda dei
climi. VL i3. sottile ed acuta nei confini meridionali e progressivamente lenta e grave progredendo verso
settentrione. A.
VOLTA, copertura o parte di un edilizio, costrutta con pietre, con mattoni, o con cementi; la superficie estcrna
o convessa chiamasi estradosso; la interna o concava intradosso. Comunemente di cinque forme: i". a botte
quando s'innalza sopra due muri paralleli con pietre, e riceve varie modificazioni e denominazioni diverse. VII. G.
II. g4; P. a vela, per la somiglianza ad una vela gonfia, attaccata con le sue quattro estremit ai quattro angoli, che
si vuole ricopine. ig5. li 3". a schifo perch nel suo concavo ha la forma di uno schifo, ivi 96; (a. a crociera che si
compone di quattro parti, ma lascia quattro finestre una per ciascuna facciata, ivi; 5. a tribuna che comprende
l'intera superlicie che viene generata da una curva ravvolgentesi intorno ad un asse. Si usa per lo pi il circolo e le
elissi. Vien detta anche cupola. Ma per cupola s'intende quando sia sostenuta da quattro piloni altissimi. 96.
Regole di considerare, e calcolare le cupole, gli archi, le vlte. 99. e seg.
VOLTE, negli appartamenti. In serie lineare distanti tra loro due piedi al pi si distribuiscano i travicelli di
cipresso, od altro legno che non si guasti, esclusa la quercia in forma circolare, e formate di egual legno; le catene
si adattino con ispessi chiodi al loro sito. VII. 3y. Vi si attacchino canne greche schiacciate con vinchi di ginestra di
Spagna. Sopra la vlta si estenda un composto d'arena e calce. Se le canne greche scarseggiano si usi delle
cannelle palustri. 38. La prima sia una mano di malta, la seconda di arena; finalmente con una mano di creta, o di
marmo si faccia la politura. 3g.
VOLTERRA in Toscana, somministra un bello alabastro rannoso. II. G. VIL i56.
volute, regole per descriverle. III. 61; sieno tagliate in modo che abbiano la dodicesima parte dell'altezza. III.
63. Le volute greche risultano di due giri e mezzo, ed anche di tre, che vanno restringendosi a misura che si
avvicinano al centro. 111. G. IV. 124. Tav. XXX. Vilruvio vuole che si diminuisca il raggio dell'occhio, ma non il
raggio dal quadrante di una quantit eguale al raggio dell'occhio. 111. G. IV. 129. Voluta palladiana consta di tre
giri. Descrizione della voluta presa dal Goldmann. ivi. -- Gli antichi costruirono le volute nella direzione diagonale
dell'abaco. Tav. XXXI Nel tempio della Concordia da ogni lato le volute presentano lo stesso aspetto. Tav.
XXXII. fig. a. ivi pag. i3o.
VOSGES, catena di monti. In essi si trova Granito che la cede di poco all' egizio. IL G. VII. i53.
vulcani, molti andarono estinti. I pi celebri che tuttora fervono sono, 1' Etna in Sicilia, il Vesuvio presso
ISapoli, e l' Ecla in Islanda. IL G. VI. 122. A certi intervalli vomitano materie argillose pi delle altre, una parte in
il tato p ulve ralente (ceneri vulcaniche), e l'altra parte in piccole masse simile a mattone pesto (comunemente
pozzolana}.
X
XANTO, fiume dell? Troade, cantato da Omero; sorge dal monte Ida, passa presso le rovine di Troia, e mette
Bell'Ellesponto. Vili. 46. N. 4.
'XENIA. Pitture di polli, ova, erbaggi, frutta, e simili cose, di cui i Greci regalavano, i loro ospiti. VI. 5g.
- Z
ZACINTO, ora Zante: ha una fonte che produce molta pece Vili. 36.
ZAMA, oggi Zamora in Africa: celebre per la vittoria di Scipione sopra Annibale. Vili. 54- e N. Q.
ZEFIRO, Ponente; 7". vento della torre di Atene. Dell'ovest. Nella State soffocante, ma dolce in Primavera, e
propizio alla vegetazione. Amabile giovanetto- che graziosamente sdrucciola; tutto nudo a riserva del mantello cbe
gli cade ondeggiando, in un lembo del quale porta dei fiori. I. Sta N. 1.
ZENIT, polo superiore dell'orizzonte, ossia estremit superiore dell'asse che s'immagina passare pel centro
della sfera e per l'osservatore. IX. G. m. 126.
ZENOFILO Pittagoreo. V- 29. Nota 1.
ZENONE. VII. 5.
zodiaco. Zona traversale inclinata a mezzogiorno, configurata di dodici segni celesti. IX 23. Celebri sono li due
dipinti nel soffitto dei tempj di Denderah e di Esn in Egitto. Dall' uno si rileva che quando fu dipinto il solstizio
accadeva allorch il Sole era verso la terza parte del Cancro; nell'altro che ci. succedeva allorch il Sole era in
Vergine; il che porterebbe una remota et dai 58oo. agli 8000 anni la. o III. l44
ZOILO di Macedonia, detto Omeromastice pei suoi scritti contro la Iliade, e l'Odissea. VII. 10. condannato
da Filadelfo qual parricida per le sue accuse contro Ome ro padre dei Poeti, ivi .11.
INDICE BIBLIOGRAFICO
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