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Diego Silvio Novo

ATLANTIDE IN SARDEGNA?
Appunti, ipotesi e suggerimenti per una ricerca storica sul mito di Atlantide

edizione per Internet a cura di:

Dicembre 2004

ATLANTIDE IN SARDEGNA?
Diego Silvio Novo per Edicolaweb

ATLANTIDE IN SARDEGNA - Diego Silvio Novo

plausibile collocare l'isola di Atlantide nel Mediterraneo invece che nell'Oceano Atlantico? Come e cosa potrebbero aver fatto scomparire l'isola e la sua mitica civilt? Il Diluvio, la fine di Atlantide, l'era glaciale e l'Et dell'Oro mitologica potrebbero essere eventi e circostanze collegabili? Queste alcune delle domande a cui tenter di fornire un'ipotetica risposta. Diego Silvio Novo

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5 Introduzione
La mitica isola di Atlantide, sommersa dalle acque 9000 anni prima che venisse raccontata da Platone (427-347 a.C.), nel Crizia e nel Timeo, stata di volta in volta collocata un po' ovunque. Il mare indicato da Platone, per bocca del vecchio sacerdote egizio di Sais che riferisce la leggenda a Solone (630-560 a.C.), amico di Dropite, bisnonno di Crizia, l'Oceano Atlantico, cos definito dal nome dell'isola stessa. In effetti potrebbe essere l'isola a prendere il nome dall'Oceano, ma la sensazione che il nome Atlantide sia nato prima rimane molto forte. Su questa collocazione, non dovrebbero esserci dei dubbi. Platone, per rendere pi sicura la localizzazione, ci dice che l'isola si trovava di fronte alle Colonne d'Ercole. Quindi non dovrebbero esserci dei dubbi circa la sua antica posizione nell'Oceano Atlantico, di fronte allo stretto di Gibilterra. Eppure forse possibile che le cose non stessero proprio cos. Con questa dissertazione sul mito atlantideo, non cercher di travisare le parole di Platone, ma se mai di darne un'interpretazione diversa e verificare la rispondenza con quanto supposto dal giornalista di Repubblica Sergio Frau. Per completezza, cercher di valutare i pro e i contro della collocazione di Atlantide anche in altri siti storici, e su di essi cercher di fare delle ipotesi plausibili. Questi sono ormai diventati molti nel corso di anni di speculazioni pi o meno feconde: Santorini, isola effettivamente distrutta da un cataclisma assieme alla sua civilt (di cui parler anche in merito alla Sardegna); le isole Azzorre e le Canarie che appartengono ad una vasta regione sottomarina vulcanica (le Canarie erano anche abitate da misteriosi nativi di pelle chiara, i Guanci, pur essendo prossime all'Africa); il Mar dei Carabi e le civilt precolombiane (gli Aztechi nei loro miti provenivano da Aztlan); il Pacifico con la leggenda di Mu e lo strano caso dell'isola di Pasqua; l'Antartide, ritenuta recentemente idonea ad ospitare una civilt in un'epoca in cui era parzialmente sgombra dai ghiacci. L'elenco potrebbe essere quasi completo (Lemuria appartiene ad un'altra epoca del mondo), anche se questo tende ad allungarsi con il passar del tempo poich sempre nuove ipotesi pi o meno logiche vengono formulate. Pi avanti analizzer solo alcune di queste possibili localizzazioni, rapportandole con quella coincidente con la Sardegna. Oltre allo studio della localizzazione dell'isola mitica tenter anche di formulare ipotesi che potrebbero essere spunti da approfondire, per giustificare i miti dell'Et dell'Oro, dei diluvi, in rapporto alle glaciazioni preistoriche.

La tesi
Ogni collocazione su menzionata appare affascinante, misteriosa ed esotica. Invece affermare che Atlantide potrebbe essere stata in tempi arcaici la Sardegna, pu apparire un po' riduttivo, quasi una forma di rivendicazione nazionalistica o di campanilismo protostorico. Sembra una forzatura eccessiva, collocare sull'isola di misteriosi pastori costruttori di nuraghi, una civilt il cui splendore si immagina pi simile a quello dell'Egitto, o della Mesopotamia, o delle civilt precolombiane, o addirittura superiore alla nostra attuale. Ma l'immagine della Sardegna antica che ci portiamo dietro, un'immagine giusta? Gli abitanti dell'isola in mezzo al Mediterraneo sono sempre stati popoli chiusi nelle loro tradizioni, con una cultura limitata alla pastorizia, sempre timorosi e succubi degli invasori provenienti dal mare? Cercher con questa analisi, grazie anche soprattutto ai documenti interessanti sparsi per la rete da altri autori, di rendere della Sardegna protostorica ed antica un'immagine ben diversa da quella che solitamente siamo abituati a considerare. La tesi di Sergio Frau, sicuramente gi conosciuta da molti, che vorrebbe far coincidere Atlantide con la Sardegna, molto articolata, e si basa innanzi tutto sullo studio dei miti classici e sull'evoluzione della terminologia geografica nel corso dei millenni dell'antichit. Non mi possibile in poche righe riassumere le argomentazioni e le profonde analisi di Frau (che peraltro non sono in grado di confutare), tenter comunque di sintetizzare le sue affermazioni e poi di arricchire tale tesi con nuove idee, non presentate da Frau. La sua tesi pressappoco la seguente: 1. I Greci arcaici, prima di Platone, chiamavano Mediterraneo solo la parte orientale di questo mare. Per ragioni commerciali, a loro era vietato navigare nell'attuale Mediterraneo occidentale

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(cio compreso tra Italia, Francia, Spagna, Marocco, Algeria e Tunisia) che era dominio fenicio. Per i greci arcaici tale mare (Okeanos) era quasi incognito. 2. Pertanto le Colonne d'Ercole erano da posizionare, in quei tempi, come immaginario confine delle terre conosciute, o nel Canale di Sicilia, o nello stretto di Messina. Platone ai suoi tempi, non sarebbe stato al corrente di questo cambio di denominazione, e forse nemmeno il vecchio sacerdote egiziano che ne raccontava a Solone. Quando ho letto questa ipotesi per la prima volta, l'ho ritenuta poco valida, in quanto le Colonne d'Ercole non potevano essere contemporaneamente in due punti. Poi nel caso del Canale di Sicilia (tra Sicilia e Tunisia) non si pu neppure parlare di un vero canale di comunicazione, semmai di un restringimento del Mediterraneo, che forse in tempi cos antichi non era neppure percepito cos come siamo abituati a vederlo oggi sulle carte geografiche. Ma poi, leggendo un testo che poco pi di una guida turistica, mi sono imbattuto in un'ipotesi riguardante la provenienza delle popolazioni che andarono ad abitare il delta del Nilo. Si ipotizzava che tali genti provenissero da nord, dalla Sicilia e dall'Italia addirittura, quando fra il 5.000 ed 8.000 a.C. il livello del mare pi basso consentiva pi facilmente il passaggio tra continente europeo ed Africa. Con tale affermazione si voleva giustificare probabilmente l'appartenenza di quelle genti ad una razza non autoctona dell'Africa continentale. La teoria del livello del mare pi basso in quelle epoche, credo presentata anche da Frau, ma che sul momento avevo sottovalutato, rimette completamente in discussione e riveste di nuova dignit l'ipotesi di Atlantide=Sardegna e Canale di Sicilia=Colonne d'Ercole. Facendo nuove ricerche ho notato che tale particolare non era sfuggito a molti altri appassionati della materia: si pu quindi ritenere che in linea di massima non sia un'idea da scartare e valga la pena approfondirla. Si ritiene che il probabile abbassamento del livello del mare sia dovuto al fatto che si era alla fine dell'Era glaciale e quindi una buona parte dell'acqua dell'idrosfera terrestre doveva essere ghiacciata ai poli. A causa della glaciazione perci il mare doveva avere un livello pi basso di 130 m ma forse anche di 200 m (vedere capitolo "Et dell'oro"). A prima vista sembrano pochi, ma osservando meglio le carte geografiche riportanti la profondit dei fondali, ci si rende subito conto che le terre emerse erano molto pi estese in certi punti.

Italia nel periodo neolitico


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Uno di questi proprio il Canale di Sicilia, che era molto meno largo poich la Tunisia attuale continuava per diversi chilometri verso la Sicilia (se il mare fosse stato pi basso di 200 m, all'Africa si sarebbero aggiunti almeno 40.000 Km2 di terraferma in pi nel Golfo di Gabes), ed inoltre la Sicilia sarebbe giunta a lambire l'isola di Pantelleria che doveva avere un'estensione 2 o 3 volte l'attuale. Pi a sud-est anche Malta doveva essere unita alla Sicilia. Inoltre l'abbassamento marino risolve anche il problema dello stretto di Messina, in quanto con il mare pi basso di 150-200 m, tale canale diventa un istmo. Rimane un solo passaggio al quale assegnare la funzione di Colonne d'Ercole, un braccio di mare stimabile in circa 50 Km, ma che forse poteva essere pi stretto se consideriamo che un improvviso innalzamento del livello marino avrebbe potuto provocare l'erosione delle pareti di quella stretta vallata marina: l'attuale Canale di Sicilia. Per quanto riguarda la fine dell'era glaciale i geologi la collocano attorno all'8.000 a.C., per questa potrebbe essere finita in modo brusco con un evento disastroso che si pu collocare tra il 9.500 a.C. (probabile scomparsa di Atlantide secondo Platone, cio stimando il periodo in cui Solone ud il racconto) e il 9.000 a.C. circa (epoca di grandi estinzioni di animali mastodontici), per comodit pi avanti sceglier la data del 9.500 a.C. quasi inutile aggiungere che tale evento

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disastroso potrebbe essere lo stesso Diluvio raccontato dalla Bibbia e dalla mitologia di altre civilt antiche (per es. Greci, Sumeri e Cinesi). In quell'epoca il limite dei ghiacci polari, affermano gli specialisti, doveva trovarsi all'altezza dell'attuale Inghilterra. Anche le Alpi godevano di un clima pi rigido e probabilmente enormi ghiacciai scendevano fino ai limiti della pianura Padana, che forse era una tundra desolata ospitante betulle nane e conifere, ora flora tipica di ambienti artici. Per quanto riguarda la Sardegna, questa doveva essere pi estesa, ed era unita alla Corsica, formando un'unica isola molto grande, la pi grande del Mediterraneo (la Sicilia non era pi un'isola). Il suo clima era molto pi umido, un po' pi freddo, ma comunque temperato e mitigato dal mare. Probabilmente era coperta da foreste di essenze che attualmente crescono rigogliose alle latitudini fra il 45 e il 50 parallelo.

Le coste dell'era glaciale


Ma come possibile oggi avere un'idea della linea di costa dell'epoca? Ho scoperto che abbastanza semplice. I continenti attuali sono bordati da una piattaforma continentale che praticamente alla stessa profondit sottomarina su tutto il globo (circa 200 m al massimo). molto strano che i continenti di tutto il mondo abbiano in comune questa caratteristica. Ma i dubbi vengono subito fugati quando si cerca di capire la genesi di tale territorio sottomarino. Se da un lato viene definito come il naturale declivio della parte emersa dei continenti, una analisi pi approfondita dimostra che tale piattaforma, se non tutta almeno in parte, doveva trovarsi all'asciutto in epoche remote (circa 10.000 anni fa e pi). Fisicamente la piattaforma continentale ha una pendenza costante fino a 200 m circa sotto il livello del mare, poi scende quasi bruscamente a 1000 m metri e via via di nuovo pi dolcemente fino alle profondit maggiori degli oceani.

Piattaforma continentale
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Geologicamente la piattaforma risulta formata da depositi fra cui anche sedimenti fluviali, alluvionali e morenici, chiaramente non dovuti all'azione del mare. In molti casi possibile osservare sul fondo marino la prosecuzione delle valli fluviali (per es. la Senna nel Canale della Manica) e sono addirittura riscontrabili presenze di torbiere sottomarine (Mare del Nord). La torba un combustibile fossile di pessima qualit, pieno d'acqua e formatosi in epoca quaternaria (da 2 milioni di anni fa ad oggi) dalla copertura con detriti alluvionali di vegetazione lacustre che cresceva presumibilmente in zone paludose, ma sicuramente non sommerse da decine di metri di acqua salata. Non fa invece fede il ritrovamento di riserve petrolifere sulla piattaforma continentale, che furono originate da microrganismi marini coperti di sedimenti, ma in un'epoca posteriore. Tali depositi si trovano oggi anche sulla terra ferma, come risaputo, ad una profondit variabile di 15-20 Km e risalgono ad un'epoca compresa tra 600 e 300 milioni di anni fa. La torba si trova in giacimenti pi superficiali ad una profondit che non supera i 3 m. Le piattaforme continentali hanno un'estensione molto variabile, in alcuni casi sono appena accennate e scendono subito a dirupo, soprattutto se la costa superiore scoscesa; in altri casi hanno estensioni enormi, anche di centinaia di chilometri. Per esempio in Europa:

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La piattaforma sotto l'Adriatico arriva fino all'attuale Albania. Se tale terra fosse emersa la pianura Padana aumenterebbe la sua estensione di almeno il doppio e di conseguenza il Po potrebbe gareggiare per portata con il Nilo. La piattaforma che sorregge la Gran Bretagna e l'Irlanda, verso sud supera la Bretagna francese e si conclude nel Golfo di Biscaglia a nord della Spagna. Inoltre se l'oceano si abbassasse di 200 m l'intero canale della Manica si prosciugherebbe, n la Gran Bretagna, n l'Irlanda sarebbero pi delle isole. A tal proposito sintomatica la leggenda della Cornovaglia (la penisola che si protende proprio verso la piattaforma sud) che narra di una terra perduta oltre ed attorno alle isole Scilly a cui di recente stato assegnato dai poeti il nome di Lyonesse, la terra natia del Tristano di Re Art. Tale leggenda parla di un'inondazione, un diluvio improvviso, che solo un uomo al galoppo sul suo cavallo pot evitare. Tale leggenda ha un corrispettivo con un'altra della Bretagna francese che parla della citt di Ker-Is sommersa nell'attuale baia di Douarnenez. Anche il mar Baltico scomparirebbe nel caso di abbassamento del livello marino. In queste regioni scandinave, anzi, rintracciabile un'altra prova del fatto che l'oceano nelle ere glaciali era pi basso. Infatti i fiordi, ora invasi dal mare, sono stati scavati da enormi ghiacciai allo stesso modo delle valli alpine. Se ci fosse stato il mare alla quota attuale, il ghiaccio si sarebbe sfaldato a contatto con l'acqua, come avviene attualmente sulla costa ovest dell'Alaska, perdendo tutta la sua forza d'erosione.

Europa nel periodo neolitico


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Per quanto riguarda la Sardegna, la sua piattaforma continentale comune a quella della Corsica e ci fa presumere che in epoca glaciale formassero un'unica isola Sardo-corsa. Inoltre, le aree ora sommerse avrebbero potuto raddoppiare o quasi le superfici pianeggianti attuali, permettendo il sostentamento di una fauna e una flora rigogliose. Tali pianure sarebbero state percorse da fiumi pi generosi degli attuali a causa del clima diverso e al fatto che i monti si elevavano 150-200 metri in pi sul livello marino.

Sardegna nel periodo paleolitico


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Bench l'ipotesi Sardegna=Atlantide sia intrigante, sempre supponendo che il sacerdote egizio, Solone, e poi il bisnonno ed il nonno di Crizia abbiano fatto confusione tra la denominazione arcaica e quella a loro (e a noi) nota dell'oceano Atlantico, permangono comunque dei dubbi quando si rilegge il Crizia ed il Timeo.

Gli Atlantidei (Crizia e Timeo)


Ecco come viene descritta Atlantide da Platone. La citt principale era probabilmente elevata su "un monte, di modeste dimensioni da ogni lato" e protetta da fortificazioni circolari. Essa era collocata "Vicino al mare, ma nella parte centrale

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dell'intera isola" in "una pianura, che si dice fosse di tutte la pi bella e garanzia di prosperit, vicino poi alla pianura, ma al centro di essa, a una distanza di circa cinquanta stadi" (9 Km circa) c'era il monte dove venne edificata la citt fortificata da Poseidone per la sua sposa Clito, la progenitrice mitica degli Atlantidei: "Ben fortificata la collina nella quale viveva, la fece scoscesa tutt'intorno, formando cinte di mare e di terra, alternativamente, pi piccole e pi grandi, l'una intorno all'altra, due di terra, tre di mare, come se lavorasse al tornio, a partire dal centro dell'isola, dovunque a uguale distanza, in modo che l'isola fosse inaccessibile agli uomini". Quando venne fondata la citt, Platone afferma che non esisteva ancora la navigazione. Quando la potenza dell'isola aument, vennero costruiti dei ponti per superare i canali circolari. Il palazzo reale, come l'acropoli di una citt antica, venne eretto nella parte centrale "fin da principio in questa stessa residenza del Dio e degli antenati, ricevendolo in eredit l'uno dall'altro, e aggiungendo ornamenti a ornamenti cercavano sempre di superare, per quanto potevano, il predecessore, finch realizzarono una dimora straordinaria a vedersi per la grandiosit e la bellezza dei lavori." Platone fornisce anche una descrizione della citt, con relative misure: Il porto canale principale che collegava la citt circolare al mare doveva avere una larghezza di 90 m, una profondit di 30 m ed una lunghezza di circa 9 Km (50 stadi). Si tratta di un'opera veramente grandiosa per l'epoca, di cui si stenta a credere potesse essere completamente artificiale; I canali circolari dell'isola avevano sponde cos alte da permettere il transito di una trireme sotto un tetto appositamente costruito fra i canali radiali di collegamento tra un cerchio e l'altro; Il canale circolare pi esterno era largo circa 530 m (3 stadi); La "cinta di terra a ridosso" era anch'essa larga circa 530 m; Il secondo canale era largo 2 stadi, quindi circa 350 m; La "cinta di terra" successiva era larga di nuovo 350 m; "di uno stadio era invece la cinta di mare che correva intorno all'isola stessa, nel mezzo" vale a dire circa 177 m; "L'isola, nella quale si trovava la dimora dei re, aveva un diametro di cinque stadi" vale a dire circa 885 m a cui si accedeva tramite un ponte largo ben 30 m; Ogni anello era protetto da mura possenti e torri a protezione di ponti e varchi. La cinta muraria pi esterna era rivestita da bronzo. Poi quella mediana da un intonaco di stagno fuso. Quella interna era rivestita da un metallo sconosciuto: l'oricalco. Sull'isola centrale vi era il santuario dedicato a Clito e Poseidone, i progenitori degli Atlantidei. Tale zona doveva per rimanere inaccessibile per rispetto alla sacralit del luogo. Al tempio provenivano le offerte delle 10 regioni amministrative di Atlantide. Questo era di dimensioni non dissimili dai pi grandi templi dell'antichit: in pianta circa 90 x 170 m (il tempio di Artemide ad Efeso, una delle sette meraviglie dell'antichit, era di 73 x 141 m) ma Platone afferma nel contempo che "aveva nella figura un che di barbarico" . Probabilmente l'architettura atlantidea non era cos sviluppata come quella greca o, come penso io, si trattava di architettura megalitica. Descrive comunque un tempio finemente decorato con oro ed avorio, contenente oltre alle statue delle divinit anche quelle di tutti i re che la governarono. Sull'isola centrale sgorgavano delle sorgenti. Secondo Platone una di acqua fredda e una di acqua calda. Probabilmente si trattava di acque termali, infatti Platone ci informa che venivano usate per i bagni d'inverno, sia per il re e separatamente per uomini e animali. Tale caratteristica fa sospettare che Atlantide fosse un'isola di natura prettamente vulcanica, anche se di questo Platone non ne accenna. Anzi, menziona sempre soltanto dei vaghi monti. Inoltre l'acqua "che sgorgava da qui la portavano fino al bosco sacro di Poseidone, alberi d'ogni sorta, che avevano, grazie alla virt della terra, bellezza ed altezza straordinarie, e facevano scorrere l'acqua fino ai cerchi esterni attraverso canalizzazioni costruite lungo i ponti. E qui erano stati costruiti molti templi, in onore di

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molte divinit, molti giardini e molti ginnasi, alcuni per gli uomini, altri per i cavalli, a parte, in ognuna delle due isole circolari." Gli Atlantidei avevano gi domato i primi cavalli: "al centro dell'isola maggiore, per s si erano riservati un ippodromo, largo uno stadio (177 m) e tanto lungo da permettere ai cavalli di percorrere per la gara l'intera circonferenza" (2,78 Km). Ci significherebbe che l'addomesticamento di questo animale da far risalire ad almeno sette-otto millenni prima di quel che si ritiene attualmente (Mesopotamia II millennio a.C.) Riassumendo, la citt murata aveva quindi un diametro di circa 4,75 Km e una superficie di 17,70 Km2 totali, di cui per solo 5,85 Km2 abitabili. Per l'epoca di Platone era una citt di dimensioni monumentali di tutto rispetto. Per comparazione la Roma imperiale (mura Aureliane) pur avendo un'estensione di poco inferiore aveva sicuramente una superficie abitata maggiore (circa 10 Km2). Ma pi avanti Platone afferma che la citt si ampliava oltre gli anelli "aulici" con una cinta muraria distante 8,85 Km circa dal primo anello e "Tutta questa estensione era coperta di numerose e fitte abitazioni", in tal modo la parte abitata della citt raggiungeva la superficie record di 383 Km2 pari a quella di una moderna citt (per es. Contea di Londra 300 Km2 oppure due volte Milano - 181 Km2).

Il centro di Atlante: la laguna circolare


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La citt di Atlante nel suo complesso


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La forma circolare della citt atlantidea adagiata sui canali potrebbe suggerire la sua edificazione all'interno di un cratere di un antico vulcano spento, il cui bordo era di poco pi elevato del livello marino dell'epoca. Del resto Platone afferma che la citt non era di fondazione umana, ma venne realizzata dal dio Poseidone, che potrebbe anche essere un modo implicito per dire che gli abitanti della citt trovarono il territorio gi preparato dalla natura. Quindi se cos fosse, la natura dell'isola potrebbe essere stata di tipo vulcanico e questo spiegherebbe anche la descrizione lussureggiante e fertile dell'isola, nonch la presenza di acque termali sull'acropoli. Una tale situazione, a ben vedere deporrebbe pi a favore di una collocazione sulla Dorsale Medio-Atlantica di Atlantide, che non nel Mediterraneo occidentale. Anche se nel Tirreno esistono alcuni coni vulcanici sommersi, naturale prosecuzione della "linea di fuoco" rappresentata da Etna, Vulcano e Vesuvio. Tali vulcani potrebbero anche essere stati responsabili dei maremoti che colpirono l'isola sarda in epoche storiche, di cui verr detto pi avanti. A esser precisi, per, una caldera vulcanica non mai perfettamente circolare, anche se non si pu escludere a priori. Pu darsi che il vecchio sacerdote egizio avesse semplificato un po' il discorso, nel senso che la citt era s rotonda ma non un cerchio perfetto. Oppure potremmo supporre che si trovasse all'interno di un cratere da impatto meteoritico, del tipo con materiale accumulato nel centro a formare un piccolo monticello. Questo tipo di cratere si pu osservare anche sulla Luna e su Marte. Il suo tipico profilo potrebbe coincidere con quanto ci ha tramandato Platone sulla capitale di Atlantide: un cerchio perfetto, con un monte centrale che divenne l'acropoli. Questa struttura se invasa dall'acqua del mare, formerebbe una laguna circolare

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con isola centrale. Se il fondo del cratere fosse irregolare ed ondulato, si avrebbero isolotti anulari ed equidistanti dal centro. Tale laguna, modificata dall'opera dell'uomo, potrebbe trasformarsi in una spettacolare e perfetta "Venezia tonda".

Sezione del cratere


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Quindi se volessimo rintracciare la capitale di Atlantide, per aiutare la fortuna, potremmo cominciare a cercare fra antichi crateri sommersi posizionati sulla piattaforma continentale. Nel caso della Sardegna, essa non pare avere attivit vulcanica recente, ma conoscendo quanto accade nella vicina Sicilia e nel mar Tirreno non dovrebbe stupire l'esistenza di un vecchio vulcano ora sommerso lungo la costa sarda. In pieno Tirreno si ergono solitari sul fondale il monte Vavilov e Marsili, ex vulcani sottomarini, che vanno ad aggiungersi a quelli emersi: Etna, Vesuvio e Vulcano. Nel golfo di Cagliari, le strutture sommerse che non superano i 200 m di profondit, rivelano un paio di vaghe forme semicircolare. Queste baie sommerse potrebbero essere delle ottime candidate per ospitare una citt arcaica ed il suo porto. Platone ci informa poi che il primo re di cui si ha memoria di quell'isola fu Atlante, governante l'omonima citt capitale. Ma l'isola era probabilmente divisa in tempi arcaici in due parti. Infatti si afferma che il gemello di Atlante governava "l'estremit dell'isola verso le Colonne di Eracle, di fronte alla regione oggi chiamata Gadirica dal nome di quella localit, in greco era Eumelo, mentre nella lingua del luogo Gadiro, il nome che avrebbe appunto fornito la denominazione a questa regione". Tale discorso sul nome del secondo re, fa presumere che Atlantide si trovasse effettivamente di fronte a Gibilterra, e pi esattamente di fronte alla Gadir fenicia, oggi Cadice in Spagna. Ma su questo nome si possono fare infinite elucubrazioni (vedere capitolo "Gadirica"). Nel periodo di massimo splendore l'isola era forse divisa in 10 amministrazioni, che si presume prendessero il nome dai mitici re generati due a due da Poseidone e Clito: Atlante, Gadiro, Amfere, Egemone, Mnesea, Autoctone, Elasippo, Mestore, Azae, Diaprepe. I nomi sembrano greci, ma come si giustifica Platone nella sua opera, cos come il vecchio sacerdote li aveva tradotti in egizio, altrettanto fece Solone riportandoli in greco. L'economia dell'isola, nel periodo di massimo splendore, doveva essere di tipo mercantileimperiale, simile a quella del ben pi recente Impero Britannico fra '700 e '800. Gli Atlantidei "essi stessi e i loro discendenti, per molte generazioni abitarono qui, esercitando il comando su molte altre isole di quel mare, ed inoltre, come si disse anche prima, governando regioni al di qua, fino all'Egitto e alla Tirrenia" . Questa affermazione depone a favore della posizione di Atlantide nel Mediterraneo occidentale, infatti parlando delle "regioni di qua" (est) si salta subito all'Italia ed all'Egitto, trascurando tutte le estese terre tra Italia e Atlantico (Spagna, Francia e nord Africa). Questo pu voler dire che o Atlantide era nel Mediterraneo occidentale o che i Greci ignoravano la posizione ed estensione delle terre poste oltre l'Italia. La capitale rotonda era collegata al mare dal canale gi accennato e provvista di ben tre porti, dove si svolgevano i principali commerci di Atlantide infatti "il canale e il porto maggiore pullulavano di imbarcazioni e di mercanti che giungevano da ogni parte e che, per il gran numero, riversavano giorno e notte voci e tumulto e fragore d'ogni genere" .

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Platone riferisce che "molte risorse, grazie al loro predominio, provenivano loro dall'esterno, ma la maggior parte le offriva l'isola stessa per le necessit della vita: in primo luogo tutti i metalli, allo stato solido o fuso, che vengono estratti dalle miniere, sia quello del quale oggi si conosce solo il nome - a quel tempo invece la sostanza era pi di un nome, l'oricalco, estratto dalla terra in molti luoghi dell'isola, ed era il pi prezioso, a parte l'oro, tra i metalli che esistevano allora" . Tale metallo rimane sconosciuto, ma presumibile che fosse una lega tenuta segreta dai fabbri di Atlantide, facendo credere all'esterno si trattasse di un metallo misterioso. I costruttori dei nuraghi erano abili nel lavorare il bronzo. Ma dato che questa lega citata nel racconto, era probabile che l'oricalco fosse un altro tipo di lega. Platone riferisce che i suoi riflessi erano simili al fuoco. In seguito (periodo ellenistico e romano) una lega di bronzo con tale nome stata effettivamente utilizzata, il suo nome presumibilmente significa "oro di monte". Attualmente una lega con questo nome una variante di bronzo contenente zinco. Se tale misterioso metallo era all'epoca atlantidea una lega con zinco, ma una questione del tutto ipotetica in quanto non provabile e Platone non aiuta a chiarire la cosa, ci depone per una localizzazione di Atlantide nel Mediterraneo occidentale. Attualmente, o comunque in tempi recenti, sono esistite miniere di zinco nell'Iglesiente (S. Giovanni e Iglesias) e nell'attuale Grossetano (quindi nell'antica Tirrenia, a portata di trireme atlantidee). L'estrazione e purificazione dello zinco attualmente un procedimento complesso, una civilt che fosse stata in grado di applicare tecnologie del genere, era sicuramente di alto livello tecnologico. Se qualcuno si chiedesse per quale motivo una civilt come quella degli Atlantidei non conoscessero il ferro, la risposta potrebbe anche non essere cos scontata come si pu pensare in un primo momento. Pare infatti che il ferro fosse conosciuto in antichit ben prima della sua "scoperta" e del suo uso che ha contraddistinto un epoca. Il ferro probabilmente agli inizi era ritenuto un metallo di "seconda scelta" e venne utilizzato quando divenne sempre pi difficile reperire lo stagno per formare la lega di bronzo. Perci l'uso del ferro si pu ritenere un ripiego in un periodo di impoverimento delle risorse naturali. Il clima di Atlantide doveva essere sufficientemente umido, come ipotizzato in precedenza, poich Platone la descrive coperta di foreste. I foraggi erano cos abbondanti da permettere il sostentamento di elefanti selvatici. Platone descrive anche il resto dell'isola: "In primo luogo tutto quanto il territorio si diceva che fosse alto e a picco sul mare, mentre tutt'intorno alla citt vi era una pianura, che abbracciava la citt ed era essa stessa circondata da monti che discendevano fino al mare, piana e uniforme, tutta allungata, lunga tremila stadi (530 Km) sui due lati e al centro duemila stadi (355 Km) dal mare fin gi. Questa parte dell'intera isola era rivolta a mezzogiorno e al riparo dai venti del nord. I monti che la circondavano erano rinomati a quel tempo, in numero, grandezza e bellezza superiori ai monti che esistono oggi, per i molti villaggi ricchi di abitanti che vi si trovano e d'altra parte per i fiumi, i laghi, i prati, capaci di nutrire ogni sorta di animali domestici e selvaggi, per le foreste numerose e varie, inesauribili per l'insieme dei lavori e per ciascuno in particolare" . Di questa parte del Crizia si devono fare alcune importanti osservazioni confrontandola con quanto riportano oggi le carte geografiche di Sardegna e Corsica. Il territorio Sardo, considerando anche la piattaforma continentale ora sommersa, risulta pi scosceso sulla costa est, mentre a sud ed a ovest, pur essendoci delle zone montane sembra digradare in una breve (20-30 Km) ma dolce pianura. L'isola corsa, risulterebbe unita attraverso una stretta pianura (50 Km) con la Sardegna, ma per il resto le sue coste est, nord e ovest rimarrebbero scoscese. L'unica pianura di una certa estensione, effettivamente affacciata a mezzogiorno la piana del Campidano. Con l'aggiunta delle parti costiere attualmente sommerse potrebbe quasi raddoppiare la sua estensione, ma di sicuro il rettangolo che formerebbe (150 x 30 Km) non raggiungerebbe le misure tramandate da Platone. Anche se questi si fosse sbagliato e avesse voluto tramandare le misure dell'intera isola Sardocorsa invece della sola pianura, si ancora ben lontani: lunghezza 425 Km e larghezza 150 Km circa. Le misure di Platone sembrano perci suggerire, se sono quelle vere, una collocazione in un'altra posizione di Atlantide.

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Per esempio, sulla Dorsa Medio-Atlantica, se lo zoccolo sottomarino (-200 m) dell'arcipelago delle Azzorre (e forse qualcosa di pi) fosse emerso si potrebbe sfruttare una terra ferma di almeno 200-300 Km di lunghezza. Ma bisogna raggiungere la profondit di almeno 1500-2000 m per ottenere un'isola di tutto rispetto: 1000 Km x 500 Km circa. A meno che non ci siano stati enormi movimenti tettonici in questa parte di fondale oceanico, non sembra un'ipotesi plausibile. Altre localizzazioni, invece, come l'Antartide, permetterebbero di rintracciare superfici di quel genere. Platone continua la sua descrizione dell'isola dicendoci che era grande quanto la "Libia e l'Asia messe assieme" intendendo per con questa frase la denominazione geografica dell'epoca. Presumibilmente si riferiva alla fascia costiera del nord Africa e a quella del Medio Oriente attuale, che sommati sono molto pi estese della Sardegna pi Corsica. Della pianura di Atlantide, fornisce ulteriori misure della sua estensione, quando ne descrive la suddivisione in lotti di 10 stadi per 10 (3,15 Km2) per un numero totale di 60.000 lotti (189.000 Km2) tutti a disposizione della sola capitale. Tale suddivisione era di carattere militareamministrativo in quanto ogni lotto doveva fornire un comandante e un certo numero di guerrieri in modo da formare un esercito di questa entit totale: 10.000 carri da combattimento; 120.000 cavalli e cavalieri; 60.000 bighe senza sedile con due cavalli; 120.000 opliti (fanteria pesante); 120.000 arcieri; 120.000 frombolieri; 180.000 soldati con armamento leggero; 180.000 soldati con giavellotto; 240.000 marinai; 1.200 navi da guerra.

In tutto la sola capitale era in grado di muovere un esercito di pi di un milione di uomini. Poi fornivano uomini ed armamenti anche le altre nove province dell'isola. Che questo conteggio sia realistico o meno, mette in evidenza il fatto che Atlantide fosse una macchina da guerra e che il suo modello era quello imperial-militare, simile a quello di tante altre civilt umane. Ed inoltre rivela che l'isola aveva grandi risorse economiche poich poteva contare su una produzione agricola imponente. L'organizzazione amministrativa descritta da Platone, assomiglia vagamente a quella degli imperi precolombiani. Ognuna delle nove province aveva un suo re, ma solo quello della capitale contava. Probabilmente, come avveniva nell'America dei Maya o degli Aztechi, i re delle citt satelliti erano imposti come vassalli dal centro dell'impero. Comunque questi governanti si riunivano periodicamente ed attraverso una complessa cerimonia rinnovavano un patto di federazione scritto su una stele posta sull'acropoli della capitale. Quindi gli Atlantidei avevano una forma di scrittura, ma Platone non ci spiega quale fosse l'alfabeto o a quale lingua conosciuta assomigliasse. Ritornando alle misure di Atlante e a quelle di tutta l'isola, la loro conversione in metri produce senz'altro nel lettore stupore per le dimensioni esagerate di opere artificiali e terre. vero che i miti vanno presi cos come sono, ma un minimo di speculazione andrebbe fatta, anche se potrebbe sempre rimanerci il dubbio di fondo che le intenzioni di Platone fossero quelle di indicare le misure di una citt ideale per le sue elucubrazioni e non qualcosa di realmente esistito. Leggendo per il Timeo ed il Crizia il racconto di Atlantide appare quasi come qualcosa di estraneo al resto dei dialoghi che ha un contenuto puramente filosofico: sembrerebbe che Platone avesse voluto inserire un racconto spettacolare per richiamare l'attenzione del lettore verso un testo che tutt'altro, una specie di stratagemma editoriale per attirare pubblico. Quindi se supponiamo che non avesse avuto intenzione di prenderci in giro, allora come gi segnalato, si deve anche valutare la modalit gi accennata di traduzione: Platone afferma infatti di aver grecizzato i nomi dei re dell'isola. Si potrebbe quindi supporre che questa forma di traduzione attuata per favorire il lettore greco abbia interessato anche altre parti del racconto. E se Solone/Platone avesse tradotto anche le unit di misura in greco senza eseguire le conversioni in modo preciso? A questo punto dovremmo chiederci se anche il sacerdote egizio le

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avesse tradotte in unit di misura egizie da quelle atlantidee, e quindi non conoscendo queste ultime saremmo nell'impossibilit di valutare il grado di precisione delle conversioni fra unit di misura di Atlantide, egizie e greche. Ma se ammettessimo che, a causa del modo in cui la storia di Atlantide stata tramandata (Crizia l'ha appresa a dieci anni da suo nonno, che l'ha appresa dal bisnonno di Crizia, che l'ha appresa da Solone, che l'ha appresa da un sacerdote egizio) qualcosa sia stato falsato o dimenticato, allora potremmo anche presumere che il sacerdote egizio avesse le idee chiare, ma non fosse riuscito a far comprendere a Solone le misure effettive. O che Solone non fosse riuscito a tramandare agli antenati di Crizia le misure giuste, poi adattate al mondo ellenico. I Greci erano abituati a ragionare in "piedi" (0,296 m), "pletri" (= 100 piedi = 29,6 m) e "stadi" (= 600 piedi = 6 pletri = 177,6 m), mentre gli egizi avevano come unit base il "cubito" (misura che sembra pi antica quindi di quelle greche). Gli egizi usavano il cubito corto, uguale a quello ebraico/mesopotamico (= 0,44 m) ed il cubito reale (= 0,523 m). Erodoto ci fornisce un sistema di conversione tra cubito corto e piedi attici, informandoci che uno stadio formato da 6 pletri e 100 orge: stadio = 177,6 m = 100 orge; 1 orgia = 1,77 m e quindi che 1 orgia poteva essere divisa in 6 piedi (0,296 cm) o in 4 cubiti (0,444 m) e questo sistema era evidentemente utilizzato per effettuare le conversioni tra unit metriche ellenistiche ed egizie. Ritornando al cubito reale egizio, questo aveva dei multipli: Khet (canna) = 100 cubiti (= 52,3 m); Iteru (fiume) = 5.000 cubiti (= 2,61 Km) o 20.000 cubiti (= 10,46 Km) se usato in cartografia. Per le superfici si usava il sethat = khet quadrato. Le misure egizie, rendono subito evidente che le due pi semplici da visualizzare sono il cubito e il khet, mentre l'iteru, per la sua doppia valenza un'unit di misura ambigua e si prestava facilmente a confusione. Quindi se si immagina che il vecchio sacerdote egizio abbia riportato le misure nella sua lingua, possiamo pensare che abbia utilizzato quelle a lui pi famigliari: cubito e khet. Se utilizzassimo il khet al posto dello stadio, allora avremmo una citt di Atlante pi a misura d'uomo antico: il porto canale lungo 50 khet pari a 2.615 m. Per larghezza e profondit il rapporto proposto da Platone di 3:1, se fosse profondo 10 cubiti e largo 30 avremo un canale di circa 15,00 m x 5,00 m di profondit; il primo canale ad anello avrebbe una larghezza di 157 m; il primo anello di terra avrebbe ancora una larghezza di 157 m; il secondo canale ad anello avrebbe una larghezza di 105 m; il secondo anello di terra avrebbe ancora una larghezza di 105 m; il terzo canale ad anello avrebbe una larghezza di 52 m; l'isola centrale con l'acropoli avrebbe un diametro di 260 m; Il diametro totale della citt lagunare sarebbe di circa 1,41 Km, la superficie totale di 1,56 Km2 di cui abitabili 0,66 Km2. Con l'aggiunta delle mura poste a 50 khet (2,62 Km) dall'ultimo canale, il diametro della citt diverrebbe di 6,61 Km e la superficie abitata di 33,83 Km2, che una dimensione pi che ragguardevole per una citt antica (3 volte la Roma imperiale).

Con una configurazione del genere, anche la pianura di Atlante assumerebbe dimensioni pi ridotte di 3000 x 2000 khet, pari a 156 Km x 105 Km, che la renderebbero pi simile al Campidano sardo almeno per la lunghezza (considerando anche la piattaforma continentale in caso di abbassamento del livello del mare). I lotti amministrativi della pianura avrebbero una dimensione di

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2 520 x 520 m circa e quindi un'area di 270.400 m pari a circa 27 ettari che rappresenta una azienda agricola di prim'ordine ancora oggi. Naturalmente si tratta di speculazioni che snaturano il racconto di Atlantide. Non possibile in alcun modo valutare l'attendibilit delle misure di Platone, a meno che un giorno vengano ritrovati i resti di questa citt. Ad ogni modo le misure tramandate da Platone in piedi e stadi lasciano perplessi: propongono una citt di dimensioni tali che sarebbe difficile da gestire anche oggi, figuriamoci con le tecnologie che il testo platoniano ci fa intravedere. I problemi non si presenterebbero tanto nella citt lagunare servita da imbarcazioni, quanto piuttosto nell'ampliamento di 377 Km2 sulla pianura dove una popolazione numerosa avrebbe dovuto spostarsi ed approvvigionarsi di merci. Il sistema di trasporto interno doveva essere ben organizzato ma anche molto complesso per l'epoca, se solo lo rapportiamo con quello di una citt attuale come Londra avente un'estensione simile.

Gadirica
Sulla fama di questa regione o localit, c' da chiedersi se questa fosse nota al tempo di Atlantide, o al tempo del vecchio sacerdote di Sais, o al tempo di Platone (427-347 a.C.). In ogni caso si pu supporre una certa persistenza del nome nel tempo. Oltre alla Gadir fenicia in Spagna, il cui significato pare sia quello di "fortezza" e citata anche da Giulio Cesare nelle sue "Guerre Civili" come Gades (forse un altro modo di pronunciare tale nome), ci sono nel Mediterraneo altre localit con radice "gad". Gad, innanzi tutto, era una divinit semitica, comune al pantheon di vari popoli (per esempio i Camiti) fra cui anche i Fenici. Probabilmente era una divinit molto antica, ma non era certo fra le principali fenice. Fu sia divinit maschile che successivamente femminile. I Greci la assimilarono alla loro dea della fortuna Tyche, in quanto "gad" in ebraico significava fortuna. In una rappresentazione a noi nota di tale divinit, rinvenuta a Palmira (nel deserto siriano) raffigurata seduta fra due leoni. Gad anche una delle 12 trib di Israele che lasciarono l'Egitto con Mos. Gadara invece il nome di due citt della Palestina antica, una facente parte della "decapoli", citate in documenti fra il I sec. a.C. ed il I sec. d.C. Una delle due, che fu assegnata da Augusto ad Erode togliendola al controllo siriano, era famosa per le sorgenti di acqua calda. Essa era edificata in prossimit del territorio assegnato alla trib di Gad. Tornando alla geografia odierna, nel Canale di Sicilia e dintorni troviamo altre testimonianze simili. Sull'isola vulcanica di Pantelleria (Kossyra per i cartaginesi, con radice "ir" all'interno come Gad-irica) troviamo la localit ed il golfo di Gadir (come l'antico nome fenicio di Cadice), il cui nome sembrerebbe derivare dall'arabo e significa "sorgente di acqua calda". Infatti in quella localit esiste una sorgente termale ancora oggi. La lingua araba una lingua semitica che assieme all'aramaico ed all'ebraico deriverebbe da una comune lingua "aramea". Dall'analisi degli alfabeti antichi, pare che quello arabo ed ebraico derivino dal fenicio che nella sua configurazione matura era composto da 22 caratteri tutti consonanti (caratteristica comune ad arabo ed ebraico). Le vocali furono aggiunte dai Greci classici e poi adottate dai Latini. Curiosamente questi ultimi preferirono utilizzare un alfabeto straniero, piuttosto che quello autoctone Etrusco, che invece denota una maggior somiglianza e parentela con il primo alfabeto fenicio. Ritornando ai Fenici, secondo Erodoto essi provenivano dal "Mare Eritreo" quindi molto probabile che la loro etnia fosse la stessa degli arabi attuali, e parole e concetti usati dai fenici nell'antichit, siano rimasti immutati presso i popoli della penisola araba fino ai giorni nostri. Se questa premessa fosse vera parole con radice " gad" in arabo conserverebbero l'antico significato in fenicio, anche se questo avesse subito un'evoluzione successiva presso questo antico popolo. Sulla costa africana, proprio sulla piattaforma che se prosciugata diverrebbe la sponda sud delle Colonne d'Ercole arcaiche (a nord ci sarebbe Pantelleria), troviamo la citt ed il golfo di Gabes

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(Piccola Sirte). La citt tunisina sorge sull'antica Tacape romana, ma prende il nome dal fiume Oued Gabes. Il suo nome ha quindi a che fare con l'acqua. Tale nome appare diverso da Gadiro, ma colpisce per la somiglianza con il modo di pronunciare la citt di Cadice dei latini: Gades. Il che fa presumere che ci sia un significato comune fra i due termini (anche se potrebbe essere un coincidenza fortuita). In Sicilia, provincia di Agrigento, nell'entroterra della costa sud-ovest troviamo il monte denominato Pizzo Gadinica, non molto lontano dalle colonne d'Ercole presunte nel Canale di Sicilia. Le isole Egadi, in provincia di Trapani, rivolte verso la Sardegna, potrebbero contenere nel nome la radice "gad" bench il loro nome abbia subito diverse varianti nei secoli. Il fatto che il nome inizi con una vocale, potrebbe essere il retaggio di un articolo, come molte parole derivate dall'arabo (ad es. Alambra, Alchimia ecc.), quindi riferirsi ad una parola simile ad e-gadi(r). Sono interessanti anche i nomi di: Gadamesh, oasi in pieno Sahara (750 Km dalla costa nord africana) detta la "perla del deserto", posta tra Tunisia ed Algeria lungo una pista che si inoltra nel deserto. Un'oasi, come si sa, una sorgente. Agades o Agadez, in Niger, anch'essa situata nei pressi del Sahara meridionale in una depressione e quindi avente a che fare con una sorgente o la presenza di acqua. Interessante anche il fatto che alla Gadir fenicia in Spagna, si contrapponga la moderna Agadir in Marocco (che ripropone ancora l'ipotesi dell'aggiunta di un articolo: a-Gadir) sulla costa atlantica, posta sulla foce del fiume Uadi Sous. Entrambe ci portano lontano dalla Sardegna, ma fanno sospettare che di regioni e localit Gadir(o/ica) fosse pieno il mare dominato dai Fenici e dai popoli che li precedettero nella loro egemonia. Alla luce di questo breve elenco, ma gi significativo, si possono fare alcune ipotesi: il termine Gadiro ha a che fare con il significato di "fortezza"; con la divinit Gad; con la presenza di acque sorgive o termali; oppure i tre significati in qualche modo si sono fusi con il passare del tempo.

Se i nomi con radice "gad" si riferiscono alla divinit semitica, probabilmente non furono i Fenici ad assegnarli, poich i loro dei maggiori erano altri. La loro divinit protettrice delle acque era la dea Ishtar o Ashtar, di derivazione Sumerica, adottata anche dagli Ittiti e successivamente dai Greci come Astarte. Ma se fossero stati loro a costruire le colonie fortificate, si ritornerebbe all'idea che i Fenici fossero gli unici dominatori dell'Okeanos, il Mediterraneo occidentale. Trovo molto pi significativo il fatto che il termine " gad" sia associato spesso alle sorgenti o comunque all'acqua dolce. Infatti, per un popolo di navigatori, sarebbe stato pi importante avere delle localit di approdo dove trovare acqua dolce, piuttosto che il tempio di Gad. In questo senso la Gadirica potrebbe essere stata una regione con intense attivit sorgive, forse termali. Ma ad assegnare i nomi con radice "gad" potrebbero essere stati popoli antecedenti i Fenici, come per esempio i temibili "popoli del mare" che infestarono il Mediterraneo tra il 1700 a.C. e il 1200 a.C. Purtroppo di loro non si conosce molto, per cui rimane un'ipotesi senza prove. Ma in tal caso avremmo avuto tutto il tempo necessario per far confondere e riunire i vari significati riscontrati nel termine Gadiro: gli insediamenti erano creati la dove c'era disponibilit di acqua potabile presso sorgenti e fiumi; i colonizzatori costruivano ivi il tempio dedicato alla loro divinit preferita non distante delle sorgenti; i templi erano probabilmente le costruzioni pi importanti e robuste, tanto che con il passar del tempo vennero occasionalmente impiegati come fortificazioni per difendersi dagli assedi nemici, cos la "casa di Gad" fin con il significare anche "fortezza". Probabilmente il culto alla fine scomparve, soppiantato da nuovi dei, ma il significato di "fortezza" rimase ad indicare l'insediamento murato.

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Non da escludere che la divinit Gad sia nata, in questi periodi non documentati, come protettrice delle sorgenti. Allora potremmo avere un collegamento fra i termini sorgente e fortuna: le due cose potrebbero non autoescludersi, visto che trovare una sorgente poteva essere per quei popoli un evento fortunato. Tesi che potrebbe essere tutt'altro che strampalata, una prova potrebbe giungere dalle rovine del tempio della Fortuna Primigenia di Palestrina (Lazio). Tale divinit pare avesse questo appellativo poich gi molto antica all'epoca della costruzione del santuario. sintomatico il fatto che siano state trovate tombe con suppellettili Sumere nelle necropoli vicine al tempio. Il santuario era realizzato secondo il sistema a terrazzamenti adottato per le prime costruzioni dei Latini, quindi tipicamente italico. Ma le terrazze, le rampe e le scalinate erano percorse da ruscelli, pozzi e cascatelle artificiali che fanno presumere come la presenza e l'insistenza di acqua nel santuario non fosse un elemento decorativo, ma piuttosto un elemento appartenente al culto stesso della dea. Potrebbe non essere sbagliato quindi assegnare alla dea fortuna anche la protezione delle fonti. Il culto, persosi in altri luoghi del Mediterraneo, potrebbe essere rimasto nel Lazio antico per la conservazione di tradizioni molto pi tarde, o perch in tale localit vi era una colonia di popoli provenienti da fuori (Sumeri?). Va comunque anche valutata un'altra possibilit sulla radice "gad": secondo un autore (Rosario Vieni), in realt la parola "Gadirica" non sarebbe affatto in lingua del luogo come afferma Platone, ma sarebbe un termine in greco arcaico (dorico) che suonava come "Gadeiron" e dal significato simile a "catena di isole/terre rocciose". In questo caso non ci sarebbe nessun riferimento alle sorgenti ed alle divinit, ma piuttosto ad una conformazione della costa. Il termine con cui viene indicata questa regione in greco, Eumelo (Eumelon), pare significhi invece "ricchezza/moltitudine di pecore" e quindi sembra rimandarci ad una caratteristica della fauna locale. La citt di Cadice non pare avere nella sua storia un ricordo particolarmente importante di un tale allevamento, ma visto che posizionata sulla costa andalusa, una terra con una vegetazione non particolarmente beneficiata dalle precipitazioni, potrebbe essere stata in passato sede di notevoli allevamenti di pecore. Infatti questo animale si adatta meglio dei bovini ai suoli difficili. Ma questo vero anche la costa sud della Sicilia e la costa nord dell'Africa. Esiste un'altra possibilit riguardo al termine Eumelo. Infatti Eumelo Falevo, secondo una leggenda (ed un'iscrizione nella chiesa di S. Eligio a Napoli), fu importante condottiero dell'isola di Eubea, re di Fera in Tessaglia (a nord dell'isola), padre di Partenope e fondatore dell'omonima colonia greca in Campania, attualmente incorporata nel territorio di Napoli. In realt gli storici fanno risalire la fondazione di Partenope al VII sec. a.C. per opera di coloni greci della vicina Cuma. Cuma a sua volta fu fondata dai greci provenienti da Calcide capoluogo dell'isola di Eubea nell'VIII sec. a.C. Ma significativo il fatto che proprio questa citt, nel VII sec. a.C., alleata con Corinto e Samo, fosse in guerra contro Eretria, Mileto, Egina e Megara. Quando una polis greca era sottoposta a una certa pressione demografica, o quando si era in un periodo di povert e carestia era abitudine dei giovani principi abbandonare la citt d'origine e andare a fondare una nuova colonia con il proprio clan al seguito. Eumelo potrebbe essere quindi uno di questi antichi principi greci che abbandon la sua citt natale (o ospitante) Calcide, in un periodo di carestia e guerre, per fondare una nuova colonia in Campania. Probabilmente non giunse sulle coste italiane a caso, ma ben conoscendo la rotta seguita dai colonizzatori di Cuma un secolo prima. Secondo la leggenda la citt assunse il nome di Partenope, in onore di sua figlia che a seguito di una pena d'amore si suicid giunta in Campania. Quindi, ricapitolando e miscelando leggenda e storia si potrebbe avere la seguente sequenza temporale della fondazione di Napoli: VIII sec. a.C. fondazione di Cuma ad opera di cittadini di Calcide dall'isola Eubea; VII sec. a.C. fondazione di Partenope ad opera del condottiero Eumelo proveniente da Eubea in un periodo sfavorevole per questa terra, con l'aiuto determinante dei Cumani; V sec. a.C. fondazione dell'insediamento denominato Neapolis.

Solone e il vecchio sacerdote di Sais potrebbero aver conservato ricordi relativamente freschi degli avvenimenti legati ad Eumelo e nominare la zona di influenza di questo sovrano con lo stesso

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nome, invece di quello della citt di Partenope. Inoltre la costa partenopea era ed tuttora, interessata da fenomeni di tipo termale e vulcanico, e questo aspetto sembrerebbe confermare e dare maggior risalto a uno dei possibili significati di Gadiro/Gadirica. In questo caso, comunque si renderebbe ancor pi evidente l'ignoranza dei Greci e degli abitanti del Mediterraneo orientale al riguardo della geografia delle sponde occidentali di tale mare. Infatti se si da credito a tale ipotesi, Solone e il vecchio sacerdote egizio per prima cosa non avrebbero scorto la differenza tra le coste della Campania e quelle della Sicilia nord-occidentali prossime alle colonne d'Ercole arcaiche (attuale Canale di Sicilia); per seconda cosa la confusione tra attuale oceano Atlantico e Mediterraneo occidentale si deve far risalire ad un'epoca quasi contemporanea a Solone e il suo interlocutore egizio. Ed in effetti queste sono argomentazioni che rendono l'ipotesi al riguardo di Eumelo Falevo alquanto fumosa bench affascinante.

I Greci, avversari degli Atlantidei (Crizia e Timeo)


La terra attorno ad Atene novemila anni prima di Platone produceva frutti in quantit oltre che in qualit. Il clima di questa regione era diverso. Platone cos spiega il motivo per cui la terra di allora era pi fertile: "La parte di terra che in questi anni e in tanti accidenti si staccata dalle alture non accumulava sedimenti di terra di una certa consistenza, come in altri luoghi e, scivolando gi in un processo continuo tutt'intorno, scompariva nella profondit del mare; dunque, come avviene nelle piccole isole, a confronto con ci che c'era a quel tempo, le parti che oggi restano sono come ossa di un corpo che stato colpito da una malattia, perch la terra intorno, ci che di essa era grasso e molle, scivolata via, ed rimasto soltanto, della regione, l'esile corpo" . Quindi aggiunge, sulla conformazione del suolo di 11.500 anni fa: "A quel tempo invece, quando era integra, aveva per monti colline elevate e ricche di terra grassa, le pianure oggi dette di Felleo, e sui monti aveva vasti boschi, dei quali sussistono testimonianze visibili ancora oggi." Il clima della Grecia di 11.500 anni fa era molto pi umido, infatti Platone afferma che: "Inoltre ogni anno godeva dell'acqua che veniva da Zeus, e non la perdeva, come avviene ai nostri giorni, quando scompare defluendo via dalla terra spoglia fino al mare; poich ne aveva in abbondanza la accoglieva nel suo seno, la teneva in serbo nella terra argillosa e impermeabile, lasciando poi cadere l'acqua dall'alto dalle alture fino alle cavit, offriva dappertutto abbondante flusso di sorgenti e di fiumi, e i santuari che ancora oggi rimangono presso le sorgenti che esistevano un tempo sono una testimonianza del fatto che i racconti odierni su di essa corrispondono a verit." La terra "era tenuta in bell'ordine, da veri agricoltori, che facevano proprio questo mestiere, amanti del bello e dotati di buone qualit, disponevano di terra eccellente, acqua in notevole abbondanza e, su quella terra, godevano di stagioni decisamente temperate". La stessa citt di Atene dovette subire danni ingenti nell'epoca dell'immane disastro planetario, se Platone ricorda che: "La parte dell'acropoli non era allora come oggi. Ci fu infatti una sola notte di pioggia, in cui piovve pi di quanto la terra potesse sopportare, che l'ha liquefatta tutt'intorno e resa oggi terribilmente spoglia, e nello stesso tempo vi furono terremoti e una straordinaria alluvione, la terza prima della catastrofe di Deucalione" (il No greco). Per quanto riguarda la potenza dei Greci arcaici, il vecchio sacerdote di Sais afferma: "Prima dell'immane rovina causata dalle acque, la citt degli Ateniesi era la migliore in guerra e, soprattutto, sotto ogni punto di vista, era governata da ottime leggi: ad essa si attribuiscono le imprese pi belle e le costituzioni migliori fra quelle di cui noi abbiamo accolto la tradizione sotto il cielo".

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Parole che furono certamente di grande consolazione per i contemporanei di Platone a cui evidentemente doveva anche vendere un prodotto con tecniche che oggi chiameremo di marketing.

La fine di Atlantide (Timeo)


La fine di Atlantide potrebbe anche essere la fine di varie civilt appartenenti ad ere diverse e distrutte da disastri ciclici, o quella di varie civilt contemporaneamente esistite sulla superficie del globo terrestre all'epoca del Diluvio. Le parole del vecchio sacerdote egizio si prestano a molte interpretazioni e comunque prove di cataclismi nel Mediterraneo se ne hanno anche in epoca storica, anche se ancora poco documentate. Il vecchio sacerdote di Sais riferisce: "Molte sono e in molti modi sono avvenute e avverranno le perdite degli uomini, le pi grandi per mezzo del fuoco e dell'acqua, per moltissime altre ragioni altre minori. Quella storia che presso di voi si racconta, vale a dire che un giorno Fetonte, figlio del Sole, dopo aver aggiogato il carro del padre, poich non era capace di guidarlo lungo la strada del padre, incendi tutto quel che c'era sulla terra, e lui stesso fu ucciso colpito da un fulmine, viene raccontata sotto forma di mito, ma in realt si tratta della deviazione dei corpi celesti che girano intorno alla terra e che determina in lunghi intervalli di tempo la distruzione, mediante una grande quantit di fuoco, di tutto ci che sulla terra." La prima frase sembra far presagire una serie di grandi disastri storici, ma quello riferito ad Atlantide potrebbe essere legato indissolubilmente alla caduta del corpo celeste detto "Fetonte". Il mito di Fetonte ripreso anche in quello degli Argonauti che attraversando la zona in cui giaceva il suo corpo furono investiti dall'olezzo delle carni in putrefazione. Questa particola di mitologia mi porta a considerare l'etimologia delle parole italiane "fetido", "fetente", "fetore" ecc. Si tratta di parole derivanti dal latino che indicano appunto di qualcosa che puzza, e "Fetonte", ma pi in particolare gli effetti della sua caduta, dovettero odorare maledettamente per diversi secoli, se rimasero a marcire sotto le coste ettari ed ettari di organismi viventi vegetali ed animali a seguito dell'aumento del livello marino di 130-200 m. Tale parole potrebbe essere nata dal ricordo degli eventi poco piacevoli subiti dai sopravvissuti all'inondazione? Il mito di Fetonte pu essere inteso in vari modi, ma il fatto che ci si riferisca ad un meteorite abbastanza evidente, lo stesso Platone a chiarircelo. Per possiamo interpretare quest'evento citato nel Timeo in modi diversi: un mito nato dall'osservazione della caduta di meteoriti nella notte dei tempi che non ha nulla a che fare con il Diluvio che distrusse Atlantide; oppure come il racconto della caduta di un grande corpo celeste che devast la Terra sollevando enormi maree, forse facendo sciogliere i ghiacci perenni con innalzamento del livello marino, l'estinzione di alcune specie (vedere pi avanti i Mammut) e probabilmente provoc anche un riposizionamento dell'asse terrestre. In questo caso per parlare di catastrofi cicliche non ha molto senso, poich questo corpo avendo impattato per "puro caso" con la Terra, non sarebbe pi un pericolo in avvenire. oppure il mito di Fetonte nasconde un avvenimento ciclico come quello del passaggio delle comete, cio l'attraversamento della Terra di uno sciame meteorico a periodi regolari. Quindi sulla Terra sarebbero caduti pi meteoriti, come del resto si afferma nel Timeo, che descrive un disastro "che determina in lunghi intervalli di tempo la distruzione, mediante una grande quantit di fuoco" . Secondo uno studio molto recente il numero di comete non ancora identificate nel sistema solare sarebbero addirittura 400 volte quelle conosciute.

Alcuni considerano possibile anche l'eventualit che il sistema solare sia stato investito dai residui dell'esplosione di una supernova. Le supernova storicamente avvistate ed accertate in questo secolo (poich possono trasformarsi in stelle di neutroni, pulsar o buchi neri) si trovavano a distanze siderali considerevoli (minima di 3000 anni luce per la supernova del 1006 d.C.) tali da rendere impossibile la contemporaneit dell'avvistamento e la caduta di meteoriti provenienti da queste.

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Le meteoriti non possono raggiungere la velocit della luce (300.000 Km/sec), le pi veloci raggiungono l'atmosfera terrestre ad una velocit dell'ordine dei 70 Km/sec. (252.000 Km/h!). Per fare un paragone, se esplodesse una supernova alla distanza di Proxima Centauri (la stella a noi pi vicina, 4,3 anni luce), mentre l'evento verrebbe registrato dopo 4 anni dagli osservatori, un suo frammento raggiungerebbe la Terra in 18.500 anni circa. La supernova Keplero recentemente studiata ed esplosa circa 400 anni fa, ha attualmente formato una nube di gas e polveri con un diametro di 14 anni luce (132.000 miliardi di Km circa), il che equivale a dire che tale materia ha viaggiato ad una velocit media di 37,8 milioni di Km/h! In tal caso i residui di una supernova esplosa alla distanza di Proxima Centauri ci raggiungerebbero in 122 anni! Ma a quella velocit probabilmente il sistema solare verrebbe spazzato via e noi non potremmo oggi fare ipotesi sulla scomparsa di Atlantide. La prova della eventuale caduta di uno sciame meteorico, a mio avviso, andrebbe pi facilmente cercata in cielo che sulla Terra. Per esempio osservando i crateri lunari e quelli marziani potrebbe essere possibile stabilire se in certe epoche c' stato o meno un aumento del numero di impatti significativi, poich questi astri privi o quasi di atmosfera e acqua non sono in grado di nascondere i segni del tempo. Purtroppo non pare semplice reperire un catalogo astronomico con la suddivisione dei crateri lunari e marziani in base alla loro et. Tale carenza credo sia imputabile anche ad una mancanza di studi in questo campo. Se "Fetonte" stato la causa prima degli eventi che portarono alla distruzione di Atlantide, la conseguenza della sua caduta fu una serie di disastri naturali: "Dopo che in seguito, per, avvennero terribili terremoti e diluvi, trascorsi un solo giorno e una sola notte tremendi, tutto il vostro esercito sprofond insieme nella terra - dice il vecchio sacerdote riferendosi agli Ateniesi - e allo stesso modo l'isola di Atlantide scomparve sprofondando nel mare". Quindi l'isola sarebbe sprofondata. Anche questo passo, considerando che in epoca glaciale il livello marino era pi basso, potrebbe essere interpretato in modo diverso. Quindi non l'isola, ma il mare si sarebbe potuto elevare, ma con un'onda molto alta che avrebbe raggiunto un'altezza ben maggiore dell'isola stessa. Il mare sarebbe poi ritornato nel suo bacino naturale, strappando durante il ritiro delle acque brandelli di territorio fertile, come del resto riferisce Platone per quanto riguarda Atene arcaica. Il mare si ritir come riferito dai miti del Diluvio diffusi in molte civilt, ma non allo stesso livello precedente, lasciando gran parte della terra pianeggiante in prossimit delle coste sommersa e distruggendo una civilt s evoluta, ma concentrata unicamente nella fascia costiera pianeggiante dei mari. Il disastro, come appare dal testo platoniano, lasci il mare di Atlantide impraticabile per molto tempo. Ancora al tempo del sacerdote egizio di Sais, si credeva che "perci anche adesso quella parte di mare impraticabile e inesplorata, poich lo impedisce l'enorme deposito di fango che vi sul fondo formato dall'isola quando si adagi sul fondale". La melma di Fetonte che doveva rendere grandi tratti delle nuove coste assai "fetidi"... Quanto potrebbe essere stata grande l'ondata che sommerse l'isola di Atlantide? Se rimaniamo in Sardegna possiamo trovare la prova di un immenso maremoto avvenuto nel 1200 a.C. provocato da un sisma che potrebbe essere conseguenza di un'esplosione vulcanica sottomarina nel Tirreno (Monti Vavilov o Marsili?). Tale maremoto avrebbe provocato l'inondazione dell'intero Campidano (la pianura meridionale sarda) e i segni di tale evento sono riscontrabili sulle rovine dei nuraghi in gran parte crollati verso sud-est, provocando forse la scomparsa della loro civilt (vedere il capitolo "Una possibile ricostruzione storica"). In particolare il complesso dei nuraghi di Barumini stato praticamente coperto da detriti alluvionali, della torre pi alta di 20 m almeno 7 erano interrati. Inoltre dal ritrovamento di arnesi per lo scavo, dalla successiva fasciatura delle murature e rifacimento in altra posizione dell'ingresso a una quota di 7 metri rispetto al precedente se ne deduce che tale complesso dovette essere restaurato, ma non raggiunse pi l'imponenza dell'epoca precedente l'inondazione.

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Ora, se consideriamo che Barumini si trova a circa 60 Km dalla costa est e ad una quota di circa 200 m s.l.m. l'onda che l'invest dovette avere dimensioni veramente bibliche. Qualcuno sospetta che il ricordo di tale distruzione permanga del Timeo sotto forma di mito a cui sono state aggiunte invenzioni mirabolanti, come colossali citt circolari, che invece erano dei nuraghi, e pianure immense che invece era il Campidano, e flotte invincibili, che invece erano gli eserciti di popoli del Mediterraneo vissuti in epoche storiche. Ma se invece questo disastro di Barumini fosse uno dei tanti "secondari" avvenuti nel Mediterraneo, magari in qualche modo collegato o quasi contemporaneo a quello di Santorini, ma comunque non quello legato alla caduta di "Fetente", allora dobbiamo immaginare nel 9.500 a.C. circa una catastrofe ancora pi incredibile, dove un'onda di 200 metri d'altezza al paragone non che uno schizzo in una tinozza. Per avere un'idea delle dimensioni dell'inondazione che sommerse Atlantide ci si pu affidare alla mitologia del Diluvio, prendendo ad esempio i racconti dell'area mediterranea: il No della Bibbia si aren con l'arca sul monte Ararat, la cui quota attuale di 5.165 m s.l.m. il Deucalione greco si areno sul monte Parnaso in Grecia la cui quota di 2.450 m s.l.m. ma che non era completamente ricoperto dalle acque. Nella saga di Ghilgames, l'immortale mesopotamico Ut-napishtim non viene detto su quale monte si arena, ma le catene montuose attorno al Tigri e all'Eufrate raggiungono i 4.000 m s.l.m.

In ogni caso un innalzamento dei mari di proporzioni medie cos gigantesche potrebbe sommergere qualsiasi montagna sia della Sardegna che della Corsica. La dimensione dell'onda che potrebbe aver investito la terra ferma, dipende dalla distanza a cui si trovava dal luogo di impatto della meteorite (se ne la causa prima, pi avanti avanzer un'altra teoria) e dalla conformazione dei continenti che possono averla rallentata, per cui potrebbe essere stata diversa da localit a localit. Un'onda del genere avrebbe una forza di pressione enorme, sotto 2000 m d'acqua c' una pressione pari a 200 Kg per cm2 a cui deve sommarsi la pressione generata dalla corrente che spingeva l'onda da una terra all'altra. Per avere un'idea di questa velocit, possiamo riferirci al mito della terra di Lyonesse, dove l'eroe che si salv dall'inondazione sfuggendo all'onda, corse via su un cavallo bianco al galoppo. Un cavallo pu raggiungere la velocit di 70 Km/h e pi. Praticamente un'onda del genere avrebbe schiacciato qualsiasi manufatto umano, anche quelli pi resistenti in pietra. Ma tale onda di marea potrebbe anche essere stata provocata da un movimento improvviso della Terra che modificava brutalmente l'assetto del suo asse di rotazione, pi che dallo scioglimento istantaneo dei ghiacci polari o dalla caduta in mare di "Fetonte". Forse la Terra sobbalz a causa dell'impatto con grandi meteoriti, spostandosi sul suo asse. Ma alcuni di questi avrebbero potuto anche colpire le calotte polari facendo volatilizzare enormi quantit di ghiaccio che sarebbero ricadute come pioggia successivamente e per diversi giorni, senza peraltro essere responsabili diretti della formazione di onde alte migliaia di metri. Se un pianeta brutalmente scosso da un evento esterno pu succedere, soprattutto se tale movimento brusco, che le parti liquide ed aere ruotino sulla sua superficie con velocit diverse dalla parte rocciosa. Per esempio questo fenomeno avviene normalmente in certe situazioni anche non in presenza di eventi catastrofici: le nubi esterne di Venere ruotano attorno al pianeta in pochi giorni (3,9), ma il pianeta roccioso ruota su se stesso in circa otto mesi terrestri. Non si deve nemmeno dimenticare che gli strati esterni della Terra (Mantello e Crosta), "galleggiano" su un nucleo liquido di metallo fuso. La Terra un meccanismo delicato che ruota su un perno sottilissimo probabilmente sufficiente un "piccolo colpetto" per generare enormi cataclismi. Credo quindi che il Diluvio si possa attribuire pi verosimilmente a gigantesche ondate di marea generate da un cambio di direzione e velocit di rotazione del pianeta. Per quanto possa esser piovuto, sulla Terra non c' una riserva idrica sufficiente per far raggiungere agli oceani la quota del monte Ararat.

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Si potrebbe quindi ipotizzare che i bacini del mare fossero stati sbatacchiati dall'impatto con "Fetonte" (inteso come un generico agente disturbante esterno), e le masse d'acqua degli oceani fossero sobbalzate sulle terre emerse, per poi ritornare pi o meno nella loro posizione precedente. L'impatto potrebbe aver modificato l'inclinazione dell'asse terrestre e forse anche la velocit di rotazione della Terra sulla sua orbita e su se stessa. Se le regioni polari vennero spostate brutalmente pi a sud (vedere simulazione nel capitolo "Et dell'Oro"), le masse d'acqua dell'oceano potrebbero essere balzate velocemente verso nord: questo spiegherebbe perch certe terre vennero colpite dal Diluvio e altre no. Infatti in questo caso: l'Oceano Atlantico avrebbe invaso con un'alluvione alla velocit di un "cavallo al galoppo" le terre a sud della Gran Bretagna (terra di Lyonesse e isole Scilly sulla piattaforma continentale); Per capire a quale velocit potrebbero essere avanzate le acque basti pensare che un punto del globo posto all'equatore ruota attorno all'asse terrestre alla velocit di 1667 Km/h circa, mentre uno al 45 parallelo ruota a 1170 Km/h circa. Se immaginiamo che un corpo meteorico abbia colpito il globo in direzione sud-est producendo uno spostamento da 3000 a 6000 Km in "un solo giorno e una sola notte tremendi" (quindi in 24 h) , significa che un punto preso lungo tale direttrice si spostato alla velocit tra 125 e 250 Km/h verso sud-est; se ci avvenne, in altri punti della Terra questa velocit fu inferiore ma comunque potrebbe essersi generata una notevole differenza tra la velocit di spostamento dei fondali marini e quella delle masse d'acqua sovrastanti, tale da formare una gigantesca onda di marea in direzione opposta. Sia l'isola Sardo-corsa che l'Atena arcaica sarebbero state battute e sconvolte dalle acque del Mediterraneo; Anche il Mar Nero sarebbe stato invaso rapidamente da un'onda di marea giunta dal Mediterraneo, facendo scomparire i villaggi costruiti lungo le valli che vi si affacciavano, e solo recentemente riscoperti sotto 90 m d'acqua; Il Diluvio non avrebbe risparmiato nemmeno la Mesopotamia dei Sumeri o loro predecessori, in quanto questa terra piana si affaccia a sud sull'Oceano Indiano; L'Egitto, e in generale la costa nord dell'Africa, avrebbero visto dapprima le acque ritirarsi verso nord. Invece del Diluvio avrebbero subito in seguito un'onda di ritorno quando le acque fossero ritornate nel loro bacino naturale. Ma probabilmente l'Egitto, in linea di massima, sarebbe stato risparmiato dal Diluvio come sostenuto dal vecchio sacerdote di Sais, non avendo grandi mari a sud (solo il mar Rosso a est, che probabilmente doveva anche essere molto pi corto dell'attuale).

A questo proposito, trovo illuminante una leggenda Cinese riferita al mostro Kung Kung, da non confondere con il gorilla gigante della moderna arte cinematografica. Questo mostro cinese pare molto pi simile al carro di "Fetonte" che precipita: "In tempi remoti Kung Kung lott con Chuan Hsu per l'Impero. Incollerito, egli percosse la Montagna che non ruota, i pilastri del cielo si ruppero, i legami con la Terra si spezzarono, il cielo si inclin a nord-ovest; cos il sole, la luna, le stelle e i pianeti si spostarono, e la terra si svuot a sud-est." Tentare di dare un significato coerente alla mitologia antica sempre difficile. Esistono molti altri racconti di diluvi e distruzioni cosmiche in ogni antica civilt spesso nascosti in racconti di lotte tra dei, ma in questo caso la traduzione del mito di Kung Kung mi parsa cos esplicita da non aver necessit di stravaganti spiegazioni: In pratica il "mostro" percosse una montagna (la Terra che non ruota, infatti era il cielo che ruotava per gli osservatori antichi), provoc una crisi tra i legami di cielo e terra (tra cui il principale l'asse di rotazione, in altre mitologie definito come "albero della vita", mentre i pilastri del cielo sono spesso da intendersi come cloruri equinoziali), la terra spostandosi verso sud-est fece muovere il cielo verso nord-ovest. Di conseguenza, la terra a sud-est si svuot, cio o fu bombardata dal

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"mostro", o i mari balzarono a nord-ovest. Se questo mito riflette qualcosa di reale, ci informa anche della direzione di caduta di "Fetonte" che era all'incirca verso sud-est.

Ipotesi della Terra prima del Diluvio e spostamento delle terre emerse provocato dalla caduta di Fetonte
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Ma dove potrebbe aver impattato "Fetonte"? La superficie terrestre non presenta oggi dei segni evidenti di un impatto cos catastrofico avvenuto 11.500 anni fa. Questo non esclude che un corpo celeste abbastanza grande da influenzare l'orbita terrestre possa essere passato molto vicino al nostro pianeta e aver provocato un improvviso cambiamento di inclinazione del suo asse. "Fetonte" potrebbe essere un corpo celeste del sistema solare con un'orbita molto irregolare che ad intervalli di tempo lunghissimi (vari millenni), transita nelle vicinanze della Terra, interferendo con l'orbita del nostro pianeta e provocando eventi distruttivi di varia natura. Questo corpo, potrebbe essere il mesopotamico "Nibiru", il decimo pianeta. Potrebbe anche essere accompagnato nella sua orbita da uno sciame di meteore, alcune delle quali sarebbero cadute prima o durante il Diluvio, come ci viene tramandato dal vecchio sacerdote di Sais. Inoltre non sempre i meteoriti lasciano al suolo dei segni duraturi nel tempo del loro impatto. Per esempio il corpo celeste che cadde in Siberia nella Tunguska nel 1908 esplose in atmosfera provocando l'abbattimento degli alberi della sottostante foresta per 2000 Km2, ma lasci al suolo solo pochi e piccoli crateri provocati dai frantumi della meteora. Se poi "Fetonte" fosse caduto sui ghiacci della calotta polare o nell'oceano, probabilmente non avrebbe lasciato nessun segno sulla crosta terrestre. Pi oltre continuer comunque, per semplicit, a parlare di caduta di "Fetonte" riferendomi in generale ad un evento cosmico catastrofico non meglio identificato, bench le ipotesi su questo oggetto possono essere varie. Nel Timeo non si parla di esplosioni vulcaniche che invece potrebbero avvalorare la tesi dello sprofondamento effettivo dell'isola. Un'isola vulcanica pu effettivamente sprofondare in un giorno e una notte, ma se l'isola grande quanto la "Libia e l'Asia messe assieme" molto difficile credere che ci possa essere avvenuto a causa dell'azione vulcanica o dell'erosione di una grande onda di marea. Il vecchio sacerdote prosegue affermando che a proposito dell'Egitto: "In questa regione n in quel tempo n mai l'acqua scorre dalle alture ai campi arati, ma, al contrario, scaturisce per natura tutta dalla terra. Di qui e per queste ragioni si dice che siano state conservate le pi antiche tradizioni, ma in realt in tutti i luoghi in cui il freddo eccessivo o il calore soffocante non lo impedisca, sempre esiste, ora di pi ora di meno, la stirpe degli uomini. E tutte quante le cose che sono accadute presso di voi o qui o in altro luogo di cui abbiamo sentito notizia, se ve ne sia qualcuna che sia onorevole, o grande, o che si sia distinta per qualche altra ragione, sono state scritte qui nei templi e vengono conservate". A parte la strana idea che in Egitto le acque non scendano dai monti (forse dovuta al fatto che in passato esistevano molte pi regioni paludose e lagunari in zone ora desertiche), dal resto si deduce che gli egizi non furono toccati o quasi dalla catastrofe. Forse vi furono conservate le pi antiche tradizioni, in quanto l'Egitto fu una delle regioni dove si rifugiarono i primi superstiti. In effetti Erodoto nelle sue storie afferma che il primo re dell'Egitto fu "Mina", e a quell'epoca il territorio percorso dal Nilo era completamente paludoso. Inoltre afferma che:

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"Dall'epoca del primo re fino a questo sacerdote di Efesto, ultimo regnante, si erano avvicendate 341 generazioni umane e che in tale lungo arco di tempo altrettanti erano stati i sommi sacerdoti e i re. Ora, siccome tre generazioni compongono un secolo, 300 corrispondono a 10.000 anni; le 41 restanti (oltre le 300), corrispondono a 1340 anni;" quindi all'epoca di Erodoto (485-425 a.C.) l'Egitto era gi vecchio di 11.340 anni! Ci vorrebbe dire che la civilt dell'antico Egitto risalirebbe al 13.500 a.C. circa, ben oltre il 4.000 a.C. oggi accettato dall'archeologia, ma una data che ci avvicina a quella del probabile disastro del Diluvio. Se la civilt atlantidea scomparve intorno al 9.500 a.C. si pu ritenere che gli egizi assistettero a tale evento e accolsero anche dei superstiti. Se invece i sacerdoti egizi che parlarono con Erodoto furono un po' larghi di manica nel computo del tempo, allora potremmo pensare ad una continuit tra civilt atlantidea ed egiziana. Ma non voglio approfittare del mistero emanato dall'antico Egitto con i suoi rituali e monumenti per rendere pi affascinante l'argomento come viene fatto molto spesso. In effetti, se proprio si dovesse cercare una civilt antica in continuit con quella atlantidea, forse sarebbe meglio rivolgere l'attenzione ai Sumeri, che fra l'altro hanno tramandato il ricordo del Diluvio. Poi il vecchio sacerdote di Sais nel testo platoniano avverte della ciclicit di questi cataclismi: "Ma non appena presso di voi e presso altri popoli viene inventato l'uso della scrittura e di tutto ci che serve per la citt, ecco che di nuovo, nel solito spazio di anni, come una malattia giunge il terribile diluvio dal cielo" Tale affermazione sembra confermare quanto, secondo alcuni autori catastrofisti, scaturisce da miti e scritture sacre, secondo cui il conteggio delle ere precessionali serviva a calcolare ed avvertire gli uomini del futuro dell'arrivo della nuova catastrofe. Per il vecchio sacerdote egizio i Greci di Solone erano una civilt troppo giovane: "Perch in primo luogo voi ricordate un solo diluvio della terra, mentre in precedenza ve ne sono stati molti". Questa affermazione, secondo il mio parere, sembra confermare l'ipotesi moderna di continui passaggi da climi temperati a climi glaciali avvenuti nel periodo precedente e successivo il 9.000 a.C. con conseguenti disastrose alluvioni, che hanno di fatto impedito alla civilt umana di progredire in modo continuo. A tal proposito ritengo, che seppur la teoria evoluzionistica di Darwin sia giusta e suffragata da numerose prove in ambito naturalistico, non si possa trasporre in modo perfetto all'evoluzione umana. Probabilmente la nostra storia non ha seguito una linea evolutiva costante ed ininterrotta. Infatti se la Terra fu sconvolta da eventi disastrosi ad intervalli ciclici, l'evoluzione delle specie umana venne spesso interrotta bruscamente e si dovette ricominciare da capo. Del resto questo avvenuto molte volte in natura (estinzione dei grandi animali preistorici dai dinosauri ai mastodonti), non si comprende perch invece non debba essere accaduto lo stesso alla storia dell'umanit.

I sopravvissuti (Crizia e Timeo)


Dice il vecchio sacerdote egizio che quando giunge il terribile Diluvio: "Di voi lascia coloro che sono inesperti di lettere e di arti, sicch diventate di nuovo dal principio come giovani, non sapendo nulla n di ci che accadde qui, n di ci che accadde presso di voi, e che avvenne in tempi antichi." Per Crizia i sopravvissuti: "Trovandosi, essi e i loro figli per molte generazioni, sprovvisti dei beni di necessit, rivolgendo la mente a ci di cui mancavano, e a questo dedicando inoltre i loro discorsi, non si curavano dei fatti avvenuti nei tempi precedenti e anticamente. Il racconto e la ricerca degli avvenimenti antichi

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infatti entrano nelle citt insieme con il tempo libero, quando si comincia a vedere qualcuno gi rifornito dei beni necessari per vivere, prima no." Qui Platone parla dei Greci sopravvissuti alla catastrofe del Diluvio che distrusse Atlantide in termini realistici. Egli ci informa in definitiva che il mondo atlantideo non era tutto civilizzato uniformemente, ma come del resto avveniva nell'antichit storica, si trattava di una civilt costiera. Distrutte ed inondate le coste, rimanevano nell'entroterra solo rozzi ed ignoranti abitanti, "montanari ed illetterati", e quelli sopravvissuti dovevano innanzi tutto pensare a riempirsi la pancia per sopravvivere, solo successivamente pensarono di ricostruire la civilt. Solo dopo millenni, sembra di capire, ci si preoccup di recuperare i vecchi racconti e la cultura andata perduta. Questa situazione evidenziata soprattutto nel Timeo quando il vecchio sacerdote egizio tacita il greco Solone che pensava di avere grandi conoscenze storiche: "Solone, voi Greci siete sempre bambini, e non esiste un Greco vecchio Siete tutti giovani nelle anime: infatti in esse non avete alcuna antica opinione che provenga da una primitiva tradizione e neppure alcun insegnamento che sia canuto per l'et. Quando invece gli di, purificando la terra con l'acqua, la sommergono, i bifolchi e i pastori che sono sui monti si salvano, mentre coloro che abitano nelle vostre citt vengono trasportati dai fiumi nel mare. ma voi lo ignorate perch i superstiti per molte generazioni morirono muti per non conoscere le lettere". Quindi, quando pensiamo ad Atlantide non ci troviamo forse di fronte ad una civilt super tecnologica com' la nostra attuale, ma ad una di tipo antico. Gli abitanti dell'entroterra rimanevano ignoranti e bifolchi, diversamente dagli abitanti delle zone costiere. Ecco quale potrebbe essere la ragione dell'oblio e del mistero che hanno sempre circondato i miti di Atlantide e del Diluvio. Anche se, ritrovamenti archeologici e tradizioni mitologiche antiche sembrano smentire ci che cerca di tramandare Platone, e paiono invece raccontarci della presenza sulla Terra, in un periodo ante Diluviano, di civilt dotate addirittura di cognizioni tecniche superiori alle nostre. il caso del dissotterramento della citt indiana Mohenjo-Daro (dal significato di "luogo della morte") tra le cui rovine sono state ritrovate tracce di radioattivit e di metalli fusi da una potente energia che hanno fatto addirittura pensare ad una esplosione nucleare. Oppure il caso del testo mitologico sanscrito del Vymaanika-Shastra (Scienza dell'Areonautica) che racconta delle tecniche di pilotaggio delle macchine volanti Vimana. Nel caso poi di certi monoliti in pietra pesanti centinaia di tonnellate, come per esempio quelli delle fondamenta del tempio di Baalbek, non si comprende come possano essere stati spostati, visto che sarebbe quasi impossibile farlo anche oggi. Per non parlare di quelle ceramiche precolombiane che paiono riprodurre modellini di aviogetti moderni con ali a delta. E l'elenco di stranezze archeologiche potrebbe continuare... In tutti questi casi ci troveremmo di fronte ad una civilt completamente stravagante rispetto a quelle conosciute nei periodi storici documentati: una civilt con tradizioni antiquate, come per esempio quelle legate alla lavorazione della pietra, ma dotata di alcune conoscenze avanzatissime che permettevano loro di realizzare macchine volanti da guerra dotate di ordigni che sarebbero devastanti ancora oggi. Una civilt piuttosto difficile da comprendere per noi oggi, una via di mezzo tra i Flintstone e Star Trek...

Altre localizzazioni
Se si cercasse a tutti i costi di posizionare Atlantide nell'Oceano Atlantico, proprio di fronte allo stretto di Gibilterra, si dovrebbero superare molte difficolt tecniche per sostenere la presenza di terra emersa in quella zona in epoche antiche. pur vero che l'arcipelago delle Azzorre e quello delle Canarie potrebbero essere i resti del continente perduto, ma la teoria della deriva dei continenti non lascia spazio alla presenza di altre terre. Infatti facendo combaciare le piattaforme continentali di Africa, Europa e Americhe non rimane un ettaro libero. Se si presume che Atlantide fosse la parte pi elevata della grande catena montuosa chiamata Dorsale Medio Atlantica, si deve assumere che:

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o il livello del mare era molto pi basso, almeno 1000 m in meno, ma tale eventualit pare eccessiva; o la dorsale in quell'epoca era molto pi elevata e si presume fuoriuscisse dall'oceano formando un grande arcipelago. Non certo un'isola grande quanto la "Libia e l'Asia messe assieme" . Geologicamente non impossibile, soprattutto in quell'area dominata dal vulcanesimo, che isole emergano e si inabissino in un giorno e una notte. oppure si pu immaginare che l'isola fosse il frutto di un evento del tutto fortuito, come l'abbassamento del livello marino a causa dell'era glaciale (-200 m) e l'innalzamento contemporaneo della dorsale. In questo caso, l'isola di Atlantide era un non-continente, un ambiente geologicamente giovane ma anche tremendamente fragile. Le sue pianure erano sicuramente molto fertili, questo indubbio, ma i suoi monti dovevano essere pericolosi vulcani. Se rimaniamo a quanto riporta Platone, la fine di Atlantide pu essere imputata alla caduta del meteorite "Fetonte". Tale evento cosmico avrebbe liberato un'energia enorme, soprattutto se avvenuto nei pressi dell'isola, ed avrebbe potuto provocare: un'impressionante escalation vulcanica che potrebbe aver minato le fragili fondamenta dell'isola atlantica; una gigantesca onda di marea che avrebbe sommerso le coste atlantiche e di mezzo mondo; il sollevamento di una gigantesca nube di vapore che avrebbe provocato interminabili piogge in tutto il mondo; un surriscaldamento improvviso del globo e il conseguente scioglimento dei ghiacci polari, provocando il passaggio ad un'altra era temperata.

Fondale marino tra penisola Iberica e arcipelago della Azzorre


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Sarebbe ben pi semplice trovare posto ad un'Atlantide caraibica, essendo questo mare molto spesso poco profondo. Le isole pi grandi di questo mare, riunite assieme a causa dell'abbassamento del livello marino, formerebbero terre emerse pi grandi circondate dal Golfo del Messico. In particolare aumenterebbe di estensione l'isola di Cuba verso sud, per esempio a sud dell'Avana si avrebbe una pianura di un centinaio di chilometri con l'abbassamento del livello del mare di 200 m circa. Alcune isole dell'arcipelago delle Bahama formerebbero un'unica grande isola di 300 x 200 Km. Ma anche la Florida e lo Yucatan raddoppierebbero la loro estensione. Nel Golfo del Messico esiste gi l'impronta di un cratere da impatto, ma questo pare molto pi antico e responsabile della scomparsa dei dinosauri. Ma non si pu escludere che un altro evento disastroso abbia colpito la zona in tempi successivi. A favore di una possibile collocazione nei Caraibi ci sarebbero le poco chiare origini delle civilt precolombiane. Queste paiono nascere con cognizioni astronomiche mature, con capacit architettoniche ed artistiche notevoli gi fin dall'inizio, cio presumibilmente dall'epoca dei misteriosi Olmechi le cui origini controverse risalirebbero al primo millennio a.C. Inoltre non vanno tralasciate le leggende, da quelle sul diluvio a quelle degli Aztechi che facevano provenire i loro antenati da Aztlan (dal significato di luogo circondato dalle acque). Bench la datazione delle loro migrazioni non coincidano con il presunto disastro di Atlantide, il loro potrebbe essere un ricordo atavico tramandato di generazione in generazione. Se invece si deve dare retta alle leggende degli Incas, che ricordano un mitico eroe di carnagione chiara e barba rossiccia proveniente da sud, chiamato Quetzalcoatl, allora possiamo rivolgere la nostra attenzione anche al continente antartico. Quetzalcoatl avrebbe portato la civilt agli amerindi insegnando loro l'agricoltura, l'allevamento, l'artigianato e le buone maniere (un po' come fece Thot con gli egizi).

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Anche in Antartide non ci sono problemi a trovare le superfici di suolo indicate da Platone, bench per immaginarle libere dai ghiacci e abitabili si deve considerare una serie di situazioni astronomiche diverse dalle attuali. Infatti si deve ipotizzare, che prima della caduta di "Fetonte", l'asse di rotazione terrestre avesse un'inclinazione differente, con i poli posizionati a migliaia di chilometri da quelli attuali. Si pu anche immaginare che l'asse di rotazione terrestre non avesse nessuna o quasi nessuna inclinazione rispetto al piano dell'eclittica. Se il polo sud fosse stato spostato verso l'India o l'Oceania e il polo nord verso il Canada o l'Atlantico di una ventina o trentina di gradi, probabilmente la parte di costa antartica prossima alla Terra del Fuoco, sarebbe stata priva di ghiacci. Sembra infatti che il ghiaccio di quella parte di continente sia pi recente. Il clima sarebbe potuto essere pi temperato in quella regione a causa di qualche corrente simile a quella del golfo odierna. L'equatore sarebbe passato sull'oceano Atlantico pressappoco all'altezza dell'attuale Rio de Janeiro, quindi la parte meridionale di questo mare sarebbe stata molto pi calda di oggi. Il golfo del Messico essendo meno profondo e collocato ad un'altra latitudine, non avrebbe prodotto una corrente calda in grado di sciogliere i ghiacci che si sarebbero spinti fino a coprire l'intera Scozia (molto pi vicina al polo, latitudine di circa 70 corrispondenti all'attuale Capo Nord norvegese). Il mare e l'aria sono dei fluidi influenzati dalle radiazioni solari, per cui al variare di queste (latitudine diversa) possono variare notevolmente le correnti marine e le perturbazioni. La Terra di Graham (in Antartide, prossima alla Terra del Fuoco) si sarebbe trovata in una zona temperata, attorno al 45-50 parallelo sud, l'attuale polo sud si sarebbe trovato sulla linea del 7580 parallelo sud attuali, cio al limite dei ghiacci polari odierni. La civilt antartica sarebbe stata quindi anche una civilt atlantica, ma nello stesso tempo avrebbe circumnavigato tutto il globo dalla sua posizione strategica rivolta su pi oceani. Il clima di tale latitudine sud (45 -50) sarebbe per stato pi mite, solo se si considerasse la Terra lontana da un'epoca glaciale? Probabilmente no, e lo spiegher nel prossimo capitolo, proponendo una simulazione con asse terrestre privo d'inclinazione. Ritengo superfluo trattare la collocazione di Atlantide nel Pacifico, in quanto far confondere a Platone Mediterraneo occidentale con Atlantico una cosa, ma Atlantico con Pacifico mi pare eccessivo.

Et dell'Oro
Al di la della possibile collocazione di Atlantide in Antardite o altri luoghi, l'asse terrestre avrebbe potuto avere un'inclinazione diversa comunque, prima della caduta di "Fetonte"; un'ipotesi che si concilierebbe anche con la tesi di Atlantide=Sardegna. Questa si pu formulare in base ad alcuni indizi, ed a mia sorpresa, anche per le implicazioni climatico-astronomiche che ne deriverebbero. Gli indizi non sono prove, ma l'ipotesi appare tutt'altro che remota. In realt le ipotesi sono pi d'una: la prima prevede solo lo scivolamento dei poli. La seconda anche la mancanza di inclinazione dell'asse terrestre prima del Diluvio. Se infatti l'asse della Terra avesse avuto un'inclinazione differente, in modo che fosse nulla o quasi nulla rispetto al piano dell'eclittica, il mondo non avrebbe conosciuto le stagioni come sono attualmente. In un certo senso si potrebbe parlare di un'Et dell'Oro essendo il clima cos condizionato unicamente dalla latitudine. Alle latitudini temperate si sarebbe vissuti in un'eterna primavera, un vero eden, dove la vegetazione fioriva e fruttificava senza sosta, fornendo il nutrimento a vaste mandrie di animali selvatici (elefanti, mammut e altri grandi erbivori scomparsi) e quindi anche all'uomo che non avrebbe avuto problemi di cibo o carestia. Platone infatti, nella descrizione di Atene arcaica, e della pianura di Atlantide, afferma che il clima era migliore e pi adatto all'agricoltura di quello del suo tempo. Una umanit del genere, molto pi serena di quella successiva al Diluvio alle prese con i rigori invernali e il caldo estivo, avrebbe potuto coltivare senza problemi le scienze e le tecnologie non dovendosi preoccupare principalmente del suo sostentamento. Ma nello stesso tempo, un clima immutabile avrebbe permesso alle trib distanti dalla civilt costiera di prosperare serenamente cacciando i grandi animali delle praterie e raccogliendo i frutti

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costantemente prodotti dalla natura. Quindi un'Et dell'Oro non escluderebbe il fiorire di una grande civilt costiera e cosmopolita, con il perdurare di sistemi di vita pi tradizionali tipici del neolitico preistorico legati alla caccia e raccolta, in regioni continentali non a contatto con le citt costiere. A sostegno della differenza del clima nel periodo precedente il 9.500 a.C. ci sono anche i non ancora risolti dubbi sui ritrovamento dei grandi animali estinti in quest'epoca. Il rappresentante pi illustre senz'altro il mammut. Questi animali dalla lunga pelliccia (30 cm) parenti dell'elefante africano ed indiano odierni, vivevano in un clima sicuramente freddo, ma non tanto quanto quello delle localit dove sono stati rinvenuti i primi esemplari. Proprio trattando del luogo di ritrovamento degli esemplari meglio conservati, la Siberia, c' subito da valutare il modo in cui questi animali sono morti, cio di un congelamento quasi istantaneo. Alcuni esemplari congelati avevano ancora un boccone di fieno in bocca. Dai resti ritrovati nello stomaco si desunto che i bestioni si nutrivano delle stesse erbe presenti oggi in zona, ma per qualche motivo il clima doveva essere pi temperato, altrimenti il territorio non avrebbe sostenuto mandrie che dovevano essere numerose. Si pensi che nelle sole isole Ljachov nell'oceano Artico, dove l'omonimo commerciante d'avorio ebbe il permesso dagli Zar di estrarre zanne di mammut, a tutt'oggi sono stati rinvenuti i resti di circa 20.000 esemplari! I tasti di pianoforte di mezzo mondo sono in realt fossili di mammut. Subito si pensato che questi animali compissero delle lunghe migrazioni stagionali verso sud alla ricerca di pascoli migliori. Ma come potevano migrare i mammut che vivevano su un'isola in mezzo all'oceano? Allora si deve presumere che il livello del mare fosse molto pi basso in quell'epoca, e che le isole fossero solo promontori sul mare. Ma affermare che il livello marino era pi basso vuol dire anche sostenere che all'epoca molta acqua del mare era accumulata ai poli sotto forma di ghiaccio, ma se ci vero allora anche quelle zone erano coperte di ghiaccio Quindi cosa ci facevano 20.000 mammut (solo quelli ritrovati) in una regione coperta dai ghiacci dell'era glaciale se li non potevano sopravvivere? Si erano persi, come le balene di oggi che si arenano sulle spiagge perdendo la rotta? chiaro che il caso dei mammut delle isole Ljachov sintomatico di una scarsa conoscenza delle condizioni ambientali dell'epoca. Cercare una giustificazione ai ritrovamenti, complicato se non si valutano anche profondi cambiamenti astronomici. Sarebbe invece molto pi semplice pensare che il polo nord, prima del disastro di "Fetonte", fosse spostato pi a occidente e pi a sud. Se lo spostiamo a sud di 20-30 circa di latitudine verso il Canada ed eliminiamo l'inclinazione sull'eclittica, rendendo la differenza stagionale trascurabile, otteniamo l'allontanamento della Siberia attuale dal circolo polare artico ed inoltre una regione con una stagione pressoch unica tutto l'anno, dove l'erba sarebbe cresciuta regolarmente e di continuo e avrebbe fornito il sostentamento dei grossi animali senza imporgli grandi migrazioni. Ma i resti di mammut e di elefanti non sono stati ritrovati solo in Siberia, ma un po' ovunque in tutto il mondo. Per esempio in Italia centrale (Lazio), in Francia del sud, in Sicilia, in Sardegna. Platone ci ricorda che su Atlantide pascolavano grandi mandrie di elefanti, anche per tale motivo si sempre pensato che quell'isola dovesse essere vicina all'Africa. Ebbene, anche in Sardegna sulla costa ovest a S. Giovanni in Sinis sono stati rinvenuti resti di elefanti di una specie endemica denominata Mammuthus lamarmorae (notizie apprese dagli atti del convegno "La terra degli elefanti" tenutosi a Roma nel 2001), come gi erano stati ritrovati in Sicilia e altre localit italiane. Ma a parte questa notizia interessante ed inerente la Sardegna, i ritrovamenti di resti di mammut che pi incuriosiscono, sono quelli dei giacimenti messicani. Penso si possano considerare dei ritrovamento fuori posto, quasi degli OOPArts: cosa ci facevano degli animali in pelliccia in un clima torrido come quello messicano? Si erano persi anche questi? O dobbiamo ritenere il mammut un animale adatto a tutti i climi e tutte le stagioni? Nel caso del Messico, la prima valutazione evidente, che li il clima dovesse essere pi rigido dell'attuale, all'epoca della scomparsa di quei mastodonti. Attualmente Citt del Messico si trova ad una latitudine nord di circa 20. Spostando il polo nord, come su detto, la sua posizione potrebbe essere compresa tra 40 e 50 di Lat. Nord, in una posizione pi consona per quegli animali.

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Inoltre sono significative le modalit di ritrovamento delle ossa di questi animali: si trovano in grossi giacimenti che all'inizio si riteneva fossero delle specie di "cimiteri degli elefanti" ma che successivamente si compreso essere ammassati cos da un'alluvione improvvisa. Gli animali rinvenuti sono di taglia ed et differenti, ed inoltre fra le ossa di mammut si ritrovano anche quelle di altri animali, probabilmente tutti trascinati assieme dalle acque. Pare che questi animali si siano estinti a causa di una sciagura improvvisa, esattamente come quelli siberiani furono congelati quasi all'istante. Tra le ossa di mammut sono state spesso rinvenute quelle di elefanti preistorici coevi, forse a testimonianza del fatto che il Messico era ad una latitudine di confine fra l'habitat dei mammut e quello degli elefanti. Se l'estinzione improvvisa degli animali preistorici potrebbe essere una prova di una sciagura improvvisa provocata forse dalla caduta di un meteorite che ha sconvolto il clima, i mari e la terra, un'altra prova indiretta potrebbe essere ricercata nella cultura mitologica antica. Senza voler entrare nel merito dei vari miti appartenuti a tutte le culture della Terra, un cataclisma del genere potrebbe spiegare la ragione dell'ossessione quasi maniacale che gli antichi popoli avevano per la misura del tempo. Se consideriamo che in un modo a noi ancora ignoto alcuni popoli erano giunti persino ad individuare il movimento impercettibile della precessione degli equinozi (Von Deched, De Santillana), e il cambiamento della stella polare nel corso dei millenni, incorporando queste conoscenze nella mitologia, significa che culture neolitiche (definite primitive dall'archeologia attuale) dedicarono molto energie nel corso di secoli e secoli ad osservare e catalogare i movimenti celesti. La ragione potrebbe essere trovata nella modifica del tempo astronomico terrestre dopo la sciagura del Diluvio. Se immaginiamo una Terra con un asse di rotazione quasi privo di inclinazione, allora ci troveremo su un pianeta senza stagioni, e quindi senza riferimenti temporali legati all'anno, se si eccettua lo spostamento della volta stellata. In pratica per degli uomini vissuti su un tale pianeta, il passare degli anni sarebbe un avvenimento secondario rispetto ad altri movimenti astronomici pi evidenti come il giorno o come le fasi lunari. Infatti se l'asse di rotazione poco inclinato, l'ombra proiettata dagli oggetti illuminati dal sole varier di pochissimo durante l'anno e la sua estensione sar unicamente in relazione con la latitudine della localit. Invece oggi, grazie ad equinozi e solstizi possiamo verificare con precisione il passaggio delle stagioni e quindi degli anni. Una civilt abitante in un mondo senza stagioni, avrebbe dovuto utilizzare un sistema di riferimento temporale diverso: ad esempio fasi lunari, transiti di pianeti evidenti (Venere) o di stelle di riferimento riconoscibili (Sirio - Sotis). Gli ebrei, che sono sempre stati un popolo piuttosto tradizionalista, difesero finch poterono il loro calendario basato sul mese lunare, bench fosse altamente scomodo e non coincidente con il solare. Questa loro ossessione potrebbe essere il riflesso di una tradizione cos antica da essere precedente il Diluvio o la caduta di "Fetonte"? Del resto il popolo ebraico discende da Abramo, che verosimilmente era di origine mesopotamica. Infatti proveniva da Ur dei Caldei. probabile che Abramo non provenisse dall'antico popolo sumero, ma bens da un popolo seminomade immigrato od invasore della Mesopotamia: gli Amorrei. Comunque la "mitologia" ebraica dovrebbe aver risentito della cultura sia sumerica che amorrea che erano entrambe molto antiche. Inoltre nella Bibbia, appaiono in descrizioni di periodi antichi, personaggi come Matusalemme che vissero centinaia di anni. Viene da pensare che nei tempi arcaici il termine che poi ha assunto il significato di "anno solare", significasse invece "mese lunare". Si potrebbe supporre che tale termine sia rimasto immutato nei secoli, poich il suo significato era quello di "unit temporale base", ma ad un certo punto fu trasferito per motivi ignoti dal mese all'anno solare. Fra i personaggi biblici, Abramo sembra essere quello che segna un cambiamento nel conteggio del tempo, infatti visse per un periodo paragonabile ad 1/5 della media degli anni vissuti dai precedenti (No visse 950 anni). Quindi si potrebbe ipotizzare che il cambiamento nell'uso di unit di misura temporale sia avvenuto durante la civilt sumera e non subito dopo la sciagura del Diluvio. Se gli uomini hanno assistito 11.500 anni fa ad un disastro cosmico che ha modificato il tempo astronomico, allora non stupisce il fatto di trovare in ogni angolo della terra santuari ed osservatori monumentali per la misura degli equinozi. Non si tratterebbe soltanto di una questione agricola per

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la determinazione del periodo della semina. In effetti parrebbe esagerato costruire un santuario come Stonehenge solo per seminare frumento, quando da sempre i contadini sanno per esperienza in quali tempi svolgere le loro attivit. Io penso che le motivazioni per sollevare megaliti di 26 tonnellate siano altre e pi profonde. Se fossimo i sopravvissuti di una catastrofe planetaria che ha modificato il clima ed il comportamento del sole e degli altri astri, dopo lo shock iniziale, cercheremo in tutti i modi di capire quello che successo e di misurare ogni movimento astrale maniacalmente, anche nel tentativo di capire se il tempo terrestre ritornato stabile. Ecco che allora la misurazione delle ere precessionali plurisecolari (2160 anni circa) per ogni segno zodiacale (il ciclo intero dovrebbe essere di 25.920 anni, ma non certo) pu avere un senso. Ma c' anche un altro problema climatico-astronomico da risolvere. Questo capitolo stato intitolato "Et dell'oro" e tale definizione per un'era che si presume gelida, pare cozzare con ogni buon senso. Sembra in effetti che posizionare l'era atlantidea prima del 9.500 a.C. in piena era glaciale non abbia senso ripensando a quanto ci ha tramandato Platone sul clima migliore di quell'epoca. Con le conoscenze attuali, quando Platone afferma che in quest'epoca il clima era pi umido e favorevole all'agricoltura, pare prenda un grosso abbaglio. Ma le due cose sono veramente incompatibili? A prima vista, pareva anche a me inconciliabile ci che affermano i geologi con quanto generalmente riferiscono i miti delle antiche civilt, che sempre ci ricordano l'esistenza di una mitica Et dell'Oro. Ma se si fa uno sforzo di ricostruzione della Terra come doveva essere nel caso dell'asse di rotazione non inclinato, pur con tutte le semplificazioni possibili in questa sede, si raggiungono risultati inaspettati. Premetto che la simulazione del clima da me proposta grossolana, non tenendo conto di variabili quali le correnti marine che invece sono fondamentali. Basti pensare che l'influenza della Corrente del Golfo del Messico interessa le regioni scandinave, impedendo per esempio alla banchisa polare di raggiungere Capo Nord in Norvegia (Lat. 71 nord) anche nel periodo invernale. Quindi, pur maneggiando i risultati con tutte le cautele possibili, risulta subito evidente che il clima terrestre di questa simulazione era pi stabile. La simulazione proposta prevede di posizionare il polo Nord tra Groenlandia e Canada, e il polo Sud sulla costa antartica dell'Oceano Indiano. La posizione, come gi detto, stata scelta per dare un habitat uniforme ai mammut che vivevano in diverse parti del mondo. Potrebbe essere una posizione errata, ma non di molto, infatti stata scelta anche cercando di andare incontro ai poli nord e sud magnetici, la cui posizione attuale potrebbe essere un ricordo che la Terra ha conservato della posizione originaria dei poli nord e sud astronomici prediluviani. Questa simulazione presuppone che a causa della caduta di "Fetonte" la Terra abbia subito un movimento in due fasi con l'inclinazione dell'asse terrestre accompagnata da uno slittamento dei poli: ci fu uno scivolamento della posizione dei poli (nel nostro emisfero dalla Groenlandia al Mar Glaciale Artico) che ha comportato un movimento della crosta terrestre in direzione opposta; ci fu un'inclinazione dell'asse di rotazione rispetto al piano dell'eclittica terrestre.

I due movimenti hanno comportato uno spostamento effettivo del polo di circa 20 nel primo caso e di 22 nel secondo caso.

Fasi dell'inclinazione dell'asse terrestre


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Una volta tracciati i cerchi dei paralleli attorno agli antichi probabili poli nord e sud, il passaggio successivo stato quello di individuare una temperatura media per ogni latitudine, senza considerare la presenza di eventuali correnti calde o fredde. Come gi affermato, un pianeta privo di inclinazione rispetto al piano dell'eclittica, non avrebbe stagioni. Quindi per la Terra la temperatura media per ogni latitudine, si potrebbe ricavare facendo la media delle attuali temperature massime estive e minime invernali. Tali temperature sarebbero costanti tutto l'anno e variabili solo in funzione di perturbazioni di passaggio, o a causa della presenza di correnti, o di grossi bacini d'acqua (mare e laghi). In realt, trovare queste temperature per tutto il globo, non semplice, ma pur indicando un margine di errore fra 5 e 10 centigradi per ogni parallelo, si notano immediatamente situazioni interessanti. La Terra priva di inclinazione sull'asse avrebbe delle calotte polari pi estese. Attualmente a causa delle fluttuazioni stagionali, i ghiacci perenni rimangono confinati fra le latitudini di 70 e 80 (sia a nord che a sud). Ma se raddrizzassimo l'asse terrestre, nella posizione della simulazione, i ghiacci perenni si estenderebbero tra il 60 e 70 parallelo (nord e sud) aumentando di moltissimo la quantit di idrosfera ghiacciata.

Polo Nord
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Per avere un'idea del clima terrestre nel caso della simulazione prediluviana si pu pensare che le temperature fossero distribuite in questo modo: Latitudine 80 nord e sud: temperatura di -20 C costanti tutto l'anno. Da qui fino ai poli probabilmente le precipitazioni sarebbero quasi nulle. Ma nel caso ci fossero, lo scambio sarebbe a senso unico, dalle zone temperate a quelle polari con conseguente costante accumulo di neve e ghiaccio. La Terra priva di inclinazione avrebbe una maggior estensione di zone desertiche artiche, e una minore estensione di quelle tropicali. Latitudine 70: temperatura compresa tra -10 e 0 centigradi. Si potrebbe considerare una temperatura pi mite sulle coste e pi rigida nelle regioni continentali. A cavallo di questo parallelo le precipitazioni potrebbero essere pi intense, ma raramente il ghiaccio si scioglierebbe. Latitudine 60: temperatura compresa tra 0 e 5 centigradi. Si tratterebbe di un'area di passaggio tra l'acqua allo stato liquido e quella allo stato perennemente solido. Sarebbe una zona influenzata maggiormente dallo scambio di umidit: precipitazioni sia sotto forma di neve che di pioggia e distacchi di iceberg che vanno a sciogliersi verso l'equatore. Latitudine 50: temperatura tra 5 e 15 centigradi. Queste regioni potrebbero essere i veri paradisi dei mammut, dove l'erba cresce abbondante tutto l'anno. Potrebbero essere regioni coperte da vaste praterie e foreste di conifere. Latitudine 45: temperatura intorno ai 20 centigradi. I territori estesi tra le latitudini 45 nord e 45 sud potrebbero essere quelli interessati da una grande civilt umana. La temperatura sempre mite, renderebbe queste regioni simili a paradisi, pur essendo i ghiacci perenni molto pi a sud. Con il polo nord posizionato come nella simulazione, i ghiacci perenni lambirebbero la Scozia e la Scandinavia. Anche le Alpi sarebbero percorse da enormi ghiacciai terminanti nella pianura Padana (considerando il gradiente termico di 1 ogni 100 m di altitudine, a 1000 m s.l.m. si avrebbe una temperatura costante compresa tra -5 e 5C). Come si vede dallo schema, il 45 parallelo nord attraverserebbe anche il Sahara africano, che come ormai risaputo, 10.000-11.000 anni fa era abitato dall'uomo e ricoperto da una prateria che forniva il nutrimento ai tipici animali africani della savana riprodotti nei graffiti rupestri della regione dell'Hoggar. Attualmente la

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latitudine di 45 nord corrisponde alla mezzeria della pianura Padana, che non si pu certo definire una regione dal clima mite (inverni gelidi ed estati afose). Verso le latitudini tropicali ed equatoriali, invece le temperature non sarebbero molto diverse dalle attuali.

Polo Sud
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Sempre facendo dei calcoli semplici, si pu avere un'idea della quantit di acqua ghiacciata ai poli. Nella simulazione, le calotte polari formate da ghiacci perenni avrebbero avuto un'estensione di 24 milioni di Km2 circa, ben superiore alle attuali che hanno un'estensione media di 8.7 milioni di Km2. Infatti, considerando la calotta attuale limitata al 75 parallelo, questa avrebbe un raggio in proiezione di 1.669 Km (10 di latitudine corrispondono a 1.113 Km circa). Una calotta simulata estesa fino al 65 parallelo avrebbe un raggio in proiezione di 2.782 Km. L'estensione dei ghiacci polari sarebbe stata 2,8 volte quella attuale, e sarebbe equivalente a circa 14 milioni di Km cubi di ghiaccio in pi per ogni polo, considerando uno spessore medio di questi di 900 m. Lo spessore medio della calotta lo si pu dedurre dai dati attuali. Lo spessore attuale in parte sottoposto a variazioni stagionali, ma forse non molto influenti per questo calcolo semplificato. Al polo Sud esatto di oggi si ritiene che lo spessore dei ghiacci sia tra i 2000 e 2500 m. Ma se in certe zone dell'Antartide si ritiene che lo spessore medio sia intorno ai 1000 m, si calcola anche che tutto il ghiaccio del polo sud, se si sciogliesse, innalzerebbe il livello del mare di 60 m. Questo dato corrisponde a 21,6 milioni di Km cubi di ghiaccio e ad un loro spessore medio di 1,8 Km. Al Polo Nord invece questi spessori si riscontrano solo sulle terre emerse: Groenlandia e terre artiche di America e Asia. Il mare Glaciale Artico ricoperto dalla banchisa polare che mediamente spessa 3 m, con massimi di 10 m. Considerando che spostando i poli come nella simulazione, si avrebbero calotte posizionate sul 50% di mare e 50% di terre emerse circa, pertanto lecito considerare che lo spessore medio della calotta sarebbe da prendere tra quello dei ghiacci su terraferma (1800 m) e dei ghiacci galleggianti (3 m): quindi circa 900 m. Questo significa che complessivamente si avrebbero sulla Terra 28 milioni di Km cubi di ghiaccio in pi fra polo nord e sud, che trasformati in acqua darebbero qualche Km cubo in meno, a causa dell'aumento di volume del ghiaccio rispetto all'acqua liquida. Si pu per anche ritenere che tale aumento di volume venga compensato dalle enormi pressioni a cui viene sottoposto il ghiaccio negli strati inferiori, quindi si possono considerare i Km cubi di ghiaccio corrispondenti a quelli di acqua. Se si sottraggono i 28 milioni di Km cubi di acqua da quelli che si ritiene oggi formino i mari (361 milioni di Km2 x 3,8 Km di profondit media = 1.371 milioni di Km cubi di acqua nei mari) si produrrebbe un abbassamento del livello dei mari di 77 m circa. Ma sufficiente lo spostamento di un paio di gradi di latitudine della calotta ghiacciata (63) per ottenere un ulteriore abbassamento di 20 m del livello marino. Inoltre lo spessore medio delle calotte su calcolato, potrebbe variare di pochi metri in pi per produrre ulteriori effetti di abbassamento del mare. Lo spessore dei ghiacci potrebbe essere stato maggiore in queste condizioni astronomiche, in quanto nelle regioni polari prive di stagioni, si avrebbe un limitato scambio di umidit con le regioni temperate. L'acqua evaporando dalle zone calde si spingerebbe verso localit con pressione barometrica inferiore, cio i poli, depositandosi sotto forma di neve non sostituita allo stesso ritmo con il ghiaccio che si scioglie in mare. Se si accumulasse ogni anno uno strato medio di 50 cm di

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neve nelle regioni polari, in mille anni (un tempo irrisorio per le ere geologiche) si avrebbe uno strato di 500 m. Inoltre maggiore lo spessore delle calotte ghiacciate, pi il livello del mare si abbassa, pi estese sono le pianure artiche che possono essere perennemente innevate (per esempio nel Canada del nord). Per arrivare ad un abbassamento record di 200 m del livello del mare, si deve presumere che almeno 72,2 milioni di Km cubi di acqua fossero ghiacciati ai poli, e lo spessore medio delle calotte fosse di circa 1.500 m. Oppure che la calotta si estendesse fino alla latitudine nord e sud di 58 con uno spessore medio di 900 m. A suffragio dell'ipotesi su esposta, la geologia fornisce una prova non da poco. Infatti se si osserva l'immagine sottostante estratta da una comune enciclopedia, si pu osservare che la coltre dei ghiacci dell'era glaciale, secondo i geologi, nell'emisfero nord era spostata molto verso il continente americano ed europeo. Per quale ragione il ghiaccio avrebbe dovuto preferire certe longitudini rispetto ad altre (l'America e la Gran Bretagna rispetto alla Siberia) se non si presuppone una posizione diversa del polo nord?

Emisfero Nord: coltre dei ghiacci dell'era glaciale secondo i geologi


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Malgrado la su esposta teoria sia affascinante, e considerato che i geologi ancora non conoscono le cause delle glaciazioni, bisogna comunque tener presente che attualmente si pu gi elaborare un abbozzo di teoria su queste. Secondo il dott. G. Bonacina, esperto di fisica solare, le glaciazioni sono da mettere in rapporto con l'attivit solare. Il suo studio si applica in particolare alle cos dette "piccole glaciazioni", quelle fluttuazioni climatiche storiche responsabili anche dello sviluppo o meno delle attivit umane, in quanto produttrici di benessere o di carestie. Il dott. Bonacina ha riscontrato in tre epoche dei minimi solari detti di Wolf (1280-1340), di Sporer (1420-1540) e di Maunder (1645-1715) in cui il sole ha perso macchie solari e brillamenti che solitamente seguono cicli undecennali. L'ultimo periodo quello maggiormente documentato, sia per quanto riguarda l'attivit solare, che per gli abbassamenti di temperatura (Tamigi ghiacciato per mesi, nevicate a maggio e giugno). Quindi in conclusione, almeno per le piccole glaciazioni, sembra che responsabile sia l'attivit solare. Potrebbe essere anche questa la causa delle grandi glaciazioni? Alcuni sostengono di s. Comunque, nel caso dell'asse terrestre privo d'inclinazione, come proposto nella simulazione, risulta evidente che minime variazioni climatiche dovute all'attivit solare, provocherebbero lo spostamento del parallelo dei zero gradi centigradi a sud o a nord di molti chilometri. Con conseguenze disastrose, come per esempio grandi alluvioni costiere dovute allo scioglimento di grandi masse ghiacciate. Si potrebbe poi anche valutare l'ipotesi che la caduta di "Fetonte" abbia provocato solo lo slittamento dei poli, e non l'inclinazione dell'asse che era gi presente. In questo caso lo scenario prevederebbe lo scivolamento del polo nord e sud a causa di un disastro cosmico, alla fine di un'era glaciale provocata da un diminuzione dell'attivit di irradiazione del sole. Il repentino scioglimento dei ghiacci e la caduta di un asteroide che distrusse la vita sulla Terra in questo caso sarebbero solo una tragica coincidenza. Per questa situazione a mio parere ancora pi inverosimile dell'ipotesi esposta nella simulazione prediluviana precedente. da rilevare inoltre, che i miti di antiche popolazioni, analizzati da G. De Santillana e H. Von Dechend sembrano ricondurre l'inizio dell'epoca post-diluviana e la fine dell'Et dell'Oro, nell'era precessionale dei gemelli, che dovrebbe corrispondere circa al periodo compreso tra il 6.640 a.C.

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ed il 4.480 a.C., oppure del leone, signore del cielo, corrispondente al periodo tra il 10.960 a.C. ed il 8.800 a.C. che sembra pi vicino alla datazione platoniana della distruzione di Atlantide (9.500 a.C. circa). Lo studioso G. Terzoli, convinto assertore della maggior antichit della Sfinge di Giza rispetto alla civilt egizia (assieme a G. Hancock), riprende la tesi secondo cui tale monumento non sarebbe altro che una lancetta dell'orologio precessionale che segna misteriosamente la data del 10.450 a.C. circa. In tale periodo il leone di pietra vedeva sorgere il sole all'equinozio di primavera nel segno del leone. Per la determinazione della data esatta per devono concorrere anche le tre piramidi con il fiume Nilo che sembrano rispecchiare in terra la posizione delle tre stelle della Cintura di Orione, sia per magnitudo che per posizione e la Via Lattea nell'epoca suddetta. In effetti per la loro edificazione sembrerebbe essere pi tarda (2.500 a.C. secondo l'archeologia ufficiale), anche se permangono grandi dubbi. Le piramidi della piana di Giza in effetti sono state attribuite a Cheope, Kefren e Micerino attraverso il resoconto di Erodoto. Questi ne fornisce anche una datazione che ancora pi recente di quella ufficiale e che pertanto non accettata. Ma Erodoto in effetti lascia notevoli dubbi poich nella sua breve descrizione della costruzione delle piramidi spiega il tempo impiegato e le dimensioni per la costruzione della strada sacra, poi cita in modo confuso il sistema di macchine posizionate su ogni gradino delle piramidi per il sollevamento dei massi, lasciando il dubbio nel lettore che delle piramidi gradonate esistessero gi all'epoca di Cheope. Comunque, anche se le piramidi sono databili intorno al 2.500 a.C., per G. Terzoli questo non implica che la loro presenza sia slegata dal messaggio della Sfinge. Anzi, pare proprio che la loro posizione temporale corrisponda ad una distanza di 111,1 gradi precessionali. Numero che contiene in se qualcosa che ha che fare con i grandi cicli dell'attivit solare. Pu sembrare strano che a distanza di 8.000 anni permanga in un popolo il ricordo e l'urgenza di realizzare dei monumenti simili, come sostiene Terzoli. Eppure tutti, istintivamente, proviamo una strana sensazione di mancanza di proporzioni umane nell'osservare questi edifici, che non hanno eguali anche nel resto dell'Egitto. Le altre piramidi egizie sono meno aggraziate e molto spesso costruite in modo approssimativo rispetto a quelle di Giza. Inoltre lascia meravigliati lo sforzo che gli Egizi proferirono nel realizzare queste opere. Erodoto molto eloquente al riguardo: "Fino al regno di Rampsinito, mi dicevano i sacerdoti, l'Egitto godette di una ottima amministrazione e di una grande prosperit; ma Cheope, che regn dopo di lui, gett il paese in una gravissima situazione; per prima cosa Cheope chiuse tutti i templi e viet i sacrifici, poi costrinse tutti gli Egiziani a lavorare per lui. Ad alcuni impose di trascinare pietre dalle cave situate nelle montagne d'Arabia fino al Nilo; ad altri assegn di ricevere le pietre, trasportate su navi attraverso il fiume, e di trainarle a loro volta fino al monte chiamato Libico. Ai lavori partecipavano sempre 100.000 uomini per volta in turni di tre mesi. In termini di tempo ci vollero dieci anni di duro lavoro collettivo per la costruzione della strada su cui trainare le pietre, opera a mio parere che ha poco da invidiare alla piramide stessa ( lunga cinque stadi [888 m], larga dieci orgie [18 m], l'altezza nel punto pi elevato raggiunge le otto orgie [13 m], realizzata con pietre levigate e vi sono incise figure animali). Dieci anni occorsero per la strada e per l'allestimento delle camere sotterranee nell'altura su cui sorgono le piramidi: Cheope si fece costruire queste camere come sepoltura per s in un'isola ricavata con un canale derivato dal Nilo." Un vano sotterraneo stato scoperto recentemente, ma non sotto la piramide. Al riguardo della reticenza del racconto di Erodoto si valuti anche la mancanza di proporzioni nei tempi: per realizzare la strada sacra (pari a circa 100.000 mc di materiale lapideo) gli egizi impiegarono 10 anni; quindi per edificare la piramide di Cheope che consiste in 2.600.000 mc di blocchi di pietra avrebbero dovuto impiegare 260 anni, invece: "Per edificare la piramide occorsero venti anni: ognuna delle sue quattro facce ha la base di otto pletri (230 m), e altrettanto misura in altezza; essa completamente fatta di blocchi di pietra levigati e perfettamente connessi fra loro: nessuna delle pietre misura meno di trenta piedi (8,80 m). Una iscrizione in caratteri egizi sulla piramide dichiara quanto fu speso in rafani, cipolle e aglio per i lavoratori e, se ben ricordo le parole dell'interprete che mi lesse l'iscrizione, la cifra

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ammontava a 1600 talenti di argento. Se questa cifra esatta, quanto altro denaro deve essere stato speso per i ferri di lavoro, per il mantenimento e per le vesti degli operai? Tanto pi che se impiegarono il tempo suddetto per la realizzazione delle opere, altro ne occorse, io credo, per tagliare le pietre, per il loro trasporto e per lo scavo sotterraneo. Cheope in difficolt economiche sarebbe giunto a tanta infamia da mandare la figlia in un postribolo con l'ordine di incassare una determinata cifra di denaro; non ne conosco l'entit perch i sacerdoti non me lo riferirono; la ragazza ricav la somma richiesta dal padre e per conto suo pens di lasciare memoria di s, chiedendo a ciascuno dei suoi clienti di donarle una pietra: con queste pietre, a quanto mi dissero, si fece costruire la piramide posta in mezzo alle altre tre e di fronte alla pi grande; ogni lato di essa misura un pletro e mezzo (45 m)." Questo faraone, cos come descritto da Erodoto, sembrerebbe stato colto da una specie di delirio di onnipotenza, da una strana pazzia Uomini di governo cos li abbiamo conosciuti anche nella nostra epoca ( Hitler, Stalin) e sempre in loro c'era l'idea di perseguire un progetto folle. Ma quello che qui colpisce che anche il successore non fu da meno: "Gli Egiziani mi dissero che Cheope regn sull'Egitto per cinquanta anni; alla sua morte il potere pass nelle mani del fratello Chefren. Chefren si comport esattamente come il suo predecessore: fra l'altro si fece costruire anche lui una piramide, ma non delle dimensioni di quella di Cheope (noi l'abbiamo personalmente misurata): non possiede vani sotterranei e non c' un canale che porti fino ad essa le acque del Nilo come accade per l'altra piramide; Mi dissero che Chefren regn per 56 anni. E calcolano cos a 106 gli anni di totale miseria per gli Egiziani: inoltre per tutto questo periodo i templi che erano stati chiusi non vennero mai riaperti. Gli Egiziani non amano ricordare il nome di questi due re, tanto l'odio che nutrono verso di loro; persino le piramidi le chiamano dal nome del pastore Filiti, che all'epoca faceva pascolare le sue greggi da quelle parti. Dopo Chefren regn sull'Egitto Micerino, figlio di Cheope; a Micerino non piaceva l'operato del padre: allora riapr i templi e consent al popolo, ormai ridotto alla estrema miseria, di tornare ai propri lavori e alle proprie pratiche religiose;" Chi o cosa impose ai due faraoni Cheope e Chefren di giungere al limite della distruzione del loro regno e alla pi estrema impopolarit per realizzare i loro presunti sepolcri? Sembra quasi che l'edificazione di questi monumenti sia stata un pesante fardello imposto da qualche entit superiore, o da qualche imprescindibile progetto superiore a cui il popolo egizio non poteva sottrarsi

Una possibile ricostruzione storica


Valutata la possibile situazione astronomica della Terra prima del Diluvio, esaminati i pro e i contro dell'eventuale coincidenza di Atlantide con la Sardegna, sarebbe interessante, sulla base del racconto di Platone e sull'esperienza di altre grandi civilt antiche conosciute, tracciare per sommi capi una ricostruzione quanto pi realistica della possibile storia di Atlantide prima e dopo il Diluvio. Per questa parte prender spunto a piene mani, per le epoche post diluviane, dai testi di C. De Tisi che a sua volta stato illuminato dallo storico L. Melis. L'isola Sardo-corsa, posizionata al centro del Mediterraneo occidentale prima del 9.500 a.C. circa, ospitava una civilt che potremmo chiamare atlantidea, bench il termine Atlantide sia di origine greca e tramandatoci da Platone millenni dopo. Ma probabilmente il suo nome in lingua originale non doveva suonare in modo molto dissimile se i Celti raccontano dell'isola iperborea di Avalon; i Fenici della leggenda di Antilla; gli Aztechi collocano oltre l'Atlantico il luogo mitico di Aztlan; i Berberi parlano di Attala; i vichinghi di Atli, sede del Valhalla germanico; i Baschi di Atlaintika; gli Ind di Attala e di Atyantika; i Babilonesi di Arallu, paradiso occidentale; gli Egizi di Amenti, dimora dei morti ad occidente. Nomi evidentemente simili che iniziano con la stessa vocale e spesso contengono la radice iniziale "atl". Si trattava di una civilt fiorente beneficiata da un clima mite, nata probabilmente dall'unione, dalla federazione o dalla stipula di un patto fra le 10 maggiori polis dell'isola. Si pu anche presumere che vennero via via annesse dalle due maggiori citt (Atlante e Gadiro, delle specie di Atene e Sparta), ma poi fra le due prevalse la maggiore: Atlante.

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Tale citt stato era forse posizionata nella parte meridionale dell'isola, al fondo di una pianura fertile che gli permetteva di avere le risorse necessarie per le spedizioni militari contro gli altri centri isolani. La citt, non pareva opera dell'uomo, infatti la sua forma circolare dava adito a pensare ad un intervento divino. Ma in realt era stata fondata per motivi difensivi all'interno di un cratere (vulcanico o di impatto?) invaso dal mare. Infatti al centro del cratere c'era un monte/isola, che divenne da subito l'acropoli di Atlante, naturalmente difesa dagli attacchi esterni dai canali circolari della laguna. Il suo nome probabilmente aveva il significato di "luogo circondato dalle acque" (come nelle leggende Azteche). Ma quando Atlante era divenuta capitale dell'isola intera, allora aveva cominciato ad espandersi, ed i suoi abitanti, scesi dall'acropoli che non aveva pi funzioni difensive, avevano bonificato la laguna naturale costruendo opere sugli isolotti a forma di mezza luna appena affioranti dall'acqua. A poco a poco realizzarono una citt dalla strana ed unica forma ad anelli di mare e di terra concentrici e alternati. Quando l'unificazione dell'isola fu compiuta sotto la guida dei re di Atlante, questi dovettero intraprendere nuove campagne militari verso l'esterno, poich l'economia rapace della citt guerriera non avrebbe sopportato la stagnazione del tempo di pace. Nuove guerre permettevano di mantenere occupati i suoi abitanti nella costruzione di eserciti e flotte, ed inoltre permettevano l'arricchimento dei nobili tramite la depredazione del nemico. Atlante per sopravvivere aveva bisogno di continue nuove guerre per rifornire di oro e altri preziosi le sue casse, un po' come sarebbe avvenuto per la Roma imperiale millenni dopo. Fu cos che il regno di Atlantide divenne un impero, grazie a varie campagne di conquista lungo le coste dei continenti che la circondavano. Ben presto le sue flotte sottomisero popoli in tutto l'occidente a partire dai Tirreni (Italia), fino alla Spagna, all'Africa e alla terra del nord forse identificata anticamente come Lyonesse (piattaforma continentale sud della Gran Bretagna), l'ultima terra abitata prima dei ghiacci perenni. Il suo impero era prospero e vasto. I popoli assoggettati pagavano cospicui tributi. L'economia dell'isola ad un certo punto ebbe la sua evoluzione da quella della guerra di rapina, a quella dei fiorenti commerci con le colonie e i popoli non assoggettati. La sete di conoscenza dei marinai, la ricerca di nuove rotte commerciali port forse gli atlantidei a solcare tutti gli oceani e ad interagire con popoli di ogni parte della Terra: dalle coste dell'America centrale e meridionale, fino alla terra antartica, compiendo anche la circumnavigazione dell'Africa. La capitale Atlante, ormai non riusciva pi ad essere contenuta tutta nell'antica laguna. Flotte interminabili di navi commerciali si affollavano lungo le banchine del suo porto canale, attorno alle cui sponde era cresciuta la citt nuova, quella del popolo dei commerci. Invece quella della laguna era divenuta la citt degli aristocratici e del re. Ad un certo punto si decise di realizzare una nuova cinta muraria, che per non aveva propriamente funzioni difensive, ma bens quella di divisione amministrativa fra campagna e citt che cominciavano a compenetrarsi pericolosamente. Infatti la pianura era divisa in lotti assegnati ai maggiori aristocratici di Atlante. Ogni lotto forniva per legge cibo e uomini armati. Non era cosa buona che i commercianti andassero ad acquistare e costruire le loro residenze nei lotti con amministrazione militare. Per questo si realizz una cinta muraria che inglobava il porto canale e dava nuovo respiro e sviluppo alla citt imperiale. Probabilmente il re o l'amministrazione municipale assegnarono ad un agrimensore o un architetto il compito di redigere un piano regolatore, come avverr successivamente nella Grecia antica o nel mondo romano. La tecnologia dell'isola, non era quella fantascientifica che molti credono, ma comunque consentiva agli atlantidei di realizzare navi in grado di solcare con sicurezza i mari. Le loro conoscenze erano superiori a quelle di altri popoli. Forse giunsero fino alle coste americane dove cercarono di incivilire i selvaggi di quelle terre insegnando loro la coltivazione, l'allevamento e qualcosa sull'artigianato. Su certe tecnologie furono molto reticenti invece, forse per proteggere la loro supremazia commerciale e militare. Per esempio erano ottimi fabbri. Avevano scoperto delle leghe metalliche che rendevano le loro armi migliori. Su una di queste, per, vigeva il divieto assoluto di divulgazione poich rendeva i loro armamenti pi resistenti di quelli nemici: l'oricalco. Si trattava di una lega prodotta con un minerale (da cui si estrae lo zinco) che si poteva trovare solo sull'isola atlantidea. Pi complesso era invece reperire lo stagno che andava cercato nelle miniere di lontane terre del sud ( Zimbawe odierno) e

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dell'ovest (Lyonesse). Le regioni africane erano presumibilmente colonie strategiche, ferocemente conquistate e difese. Per raggiungerle gli atlantidei dovevano aver cercato diverse strade, sia via terra che via mare circumnavigando l'Africa. La situazione di Atlantide pareva idilliaca, ma per qualche motivo ad un certo punto le cose non dovettero pi andare bene. Qui possiamo fare varie ipotesi. L'impero si avviava verso una grave crisi economica, poich spingere le navi sempre pi lontano da Atlante non era conveniente. Come in tutti gli imperi, esaurita la ricchezza rapinata ai popoli sottomessi in guerra, insufficienti i tributi delle colonie per sostentare i dissoluti atlantidei, ma anche per sostenere i bisogni degli abitanti delle province che cominciavano ad avere uno stile di vita simile agli isolani, con in pi magari problemi e costi enormi per mantenere il controllo militare sui popoli ribelli, le casse dello stato andavano esaurendosi. In pi l'impero atlantideo aveva una spina nel suo fianco orientale: gli amici/nemici Greci che avevano come capitale Atene arcaica. Questi controllavano militarmente il Mediterraneo orientale, che per un atlantideo poteva anche essere visto come un altro mare. Probabilmente questi Greci erano anche in parte discendenti da atlantidei (i Pelasgi di Erodoto?) che erano stati esiliati dalla loro isola. I Greci comunque erano prodi guerrieri e la loro organizzazione politico-sociale, la loro tecnologia non erano inferiori a quelle di Atlantide. Il re di Atlantide, dovette probabilmente in questo frangente decidere di intraprendere un grande campagna militare contro i Greci con il duplice obiettivo di incamerare le loro ricchezze e di prendere possesso delle loro rotte commerciali. Oppure, variando lo scenario, l'impero atlantideo non era affatto in crisi economica. Anzi, le nuove terre scoperte all'estremo occidente, bench lontane, potevano fornire grandi quantit di oro e ricchezze, e quindi i re di Atlante furono tentati di finanziare la costruzione di un'impressionante flotta da guerra per conquistare la Grecia e i popoli attorno al mare orientale, una volta per tutte. Oppure, ancora, i Greci avevano conquistato e buttato fuori dalle colonie dello stagno dell'Africa orientale gli Atlantidei, rompendo un patto di non belligeranza e mettendo in grave pericolo l'industria metallurgica di Atlantide, su cui essa fondava gran parte della sua potenza militare. Era un pericolo mortale per Atlantide. I suoi re, riluttanti o meno che fossero, non poterono sottrarsi al conflitto con i popoli dell'est. O forse era desiderio degli Atlantidei prendere il controllo delle rotte commerciali via terra, attraverso l'Africa del nord-est (Egitto), per raggiungere l'ambito stagno senza dover circumnavigare il continente africano con le flotte commerciali. Ma tali passaggi erano sotto il controllo dei Greci ed il conflitto con loro fu inevitabile. In un modo o nell'altro scoppi una guerra, che oggi potremmo definire di rilevanza mondiale. Ma la campagna militare atlantidea non procedeva come progettato. Gli Atlantidei erano diventati un popolo altezzoso, borioso, vizioso, consapevole di appartenere ad una grande civilt planetaria che aveva navigato in tutti i mari. Erano ormai ben lontani dagli uomini di tempra spartana degli inizi della loro storia. Il loro esercito si era inflaccidito e non era ben comandato. I generali si affidavano pi sulla potenza del numero smisurato di uomini, sulla supremazia dell'oricalco che sulla strategia militare. La campagna militare fu un grande fiasco. I Greci ed i loro alleati, al contrario, erano pi motivati poich rischiavano di perdere la loro indipendenza e quindi combattevano con ardore e con astuzia, anche quando qualcuno degli alleati preferiva ritirarsi o arrendersi agli Atlantidei. Gli Atlantidei rimasero cos impantanati in una guerra senza sbocco, quando gli dei decisero di rivoltare terra e mare. Si possono immaginare i contrasti a corte fra i generali, fra i re governatori dell'isola che si accusavano l'un l'altro di incapacit. Forse alcuni trescavano alle spalle del re di Atlante una congiura per rovesciarlo e sostituirlo con un altro pi abile. Anche fra i nemici ed i coloni

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dell'impero cominci a spargersi la voce dei dissidi fra gli aristocratici. Ma un giorno infausto, lo stesso di una pesante sconfitta militare di Atlantide, la cui notizia non giunger mai in patria, si vide in cielo un nuovo e luminoso astro. I re non fecero in tempo ad avere un responso dai sapienti dell'isola, che l'astro scomparve con la sua lunga scia oltre l'orizzonte nord-ovest in un bagliore accecante. Ma ben presto altri frammenti di stelle pi piccole si videro cadere dal cielo in ogni direzione. Pass forse mezza giornata o qualche ora e la terra di Atlantide, e con essa il mondo intero, venne scossa da tremendi terremoti. I bei palazzi di Atlante e delle altre polis crollarono provocando numerose vittime. La gente in preda al panico si riversava nelle strade. Ma la terra non smetteva di tremare ed Atlante divenne un cumulo di macerie. Gli atlantidei superstiti erano scioccati e sbigottiti: l'ordine naturale si era infranto, anche il sole pareva deviare dal suo corso abituale. Per un paio di giorni il sole e le stelle si mossero in maniera insolita. Molti, colti dal panico, si imbarcarono sulle navi ormeggiate in porto e tentarono la fuga via mare, alla ricerca di una terra dove rifugiarsi. Ma anche il mare si ribell, un maremoto terrificante si rivers sulla fertile pianura di Atlante, distruggendo il porto e quello che ancora non era stato abbattuto dal terremoto. Ormai la capitale dell'impero atlantideo non esisteva pi, ma non era ancora avvenuto il peggio, l'evento che avrebbe anche cancellato la speranza di una sua ricostruzione. Mentre i notabili ed i sacerdoti superstiti recatisi sull'acropoli sacra, compivano sacrifici per placare il dio Poseidone, ormai pioveva da ore con un'intensit mai vista prima, i fiumi ed i canali della pianura si erano ingrossati fino a traboccare, ma l'alluvione appena iniziata non era ancora nulla rispetto al disastro successivo. Il mare a sud est si stava gonfiando paurosamente, aveva gi inghiottito i resti dei villaggi costieri ed avanzava altissimo come una catena montuosa d'acqua, verso la pianura e contro i monti battuti dalla pioggia dirompente. In pochi minuti giunse all'altezza di Atlante, seppellendo definitivamente le sue macerie e continu verso nord ovest inghiottendo il resto dell'isola. Quei pochi fortunati che riuscirono a sopravvivere al maremoto, e alla nuova gigantesca onda di marea che rovesciava le imbarcazioni lungo la sua rotta, mentre erano in navigazione al largo di Atlantide in cerca di salvezza, videro il profilo dell'isola scomparire sotto il mare. Le tipiche navi commerciali degli Atlantidei erano in legno catramato, ma sufficientemente robuste per la navigazione oceanica. Avevano la chiglia alta per resistere alle tempeste dell'oceano. Una comune nave commerciale aveva queste misure: lunghezza 130 m, larghezza 22 m, altezza 13 m (misure e caratteristiche dell'Arca di No). Erano navi compartimentate, realizzate su tre ponti sovrapposti. L'ultimo ponte era coperto da un tetto. Erano probabilmente provviste di propulsione a vela o a remi disposti su pi ordini. L'ingresso ai ponti avveniva con una porta laterale per agevolare il carico dal molo del porto. Le imbarcazioni dei sopravvissuti vennero sollevate dalla incredibile marea, ma per gli osservatori a bordo, pareva fosse l'isola a scomparire sotto il mare. Deve essere stata una visione agghiacciante, qualcuno piangeva osservando la scena dal pontile, ma le lacrime erano confuse con le gocce di pioggia sferzante. In poco tempo l'isola si trasform in arcipelago: spuntavano dal mare solo i monti. Dovevano gi essere morte milioni di persone, quasi tutto il popolo discendente da Poseidone. Rimanevano solo i montanari: i superstiti sulle navi pregavano che almeno quelli si salvassero, ma fu una speranza vana. In pochi minuti il mare inghiott anche quelle nuove isole formate dalle cime dei monti, o forse no (ma la vista dell'orizzonte era offuscata dalla fitta pioggia). Il mondo era diventato un mare senza sponde. I superstiti sulle navi, forse poche centinaia di persone, rimasero per giorni e giorni ad osservare l'orizzonte piatto del mare e la pioggia che cadeva incessantemente. Avrebbero gi dovuto raggiungere la terraferma da giorni, invece niente. Il mare aveva inghiottito ogni landa. I pi deboli si lamentavano e paventavano l'ipotesi che la nave non avrebbe raggiunto pi nessun porto. I pi forti invitavano a pregare e sperare negli dei. Sulle navi pi fortunate c'erano discrete scorte di cibo, forse anche animali vivi. Chi vi era imbarcato era meno preoccupato del suo futuro, almeno nei primi giorni. Poi si dovette razionare il cibo non sapendo per quanto tempo sarebbe durata la navigazione. Alcune navi probabilmente trasportavano gabbie con colombi: quando smise di piovere si decise di liberarne alcuni per verificare se vi erano terre emerse e quindi spingere la nave in quella direzione. Ma nei primi giorni gli animali ritornavano sempre sulla nave. Poi finalmente, dopo pi di un mese

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di mare infinito, i colombi non tornarono. Si spinse la nave nella direzione in cui gli animali scomparvero. All'orizzonte apparve un'isola, poi un arcipelago sconosciuti. Ma quando la nave si avvicin, ci si rese conto di essere arrivati sulla cima di un monte: l'erba e gli alberi continuavano sott'acqua. All'inizio non ci si fid a scendere dalla nave, ma gi il giorno seguente, si not che l'isola era cresciuta in altezza. Dopo poche ore la nave si ritrov incagliata su un altipiano, fra i rami e i tronchi di una foresta di conifere abbattute dalla pressione dell'acqua. I primi tempi post Diluvio furono probabilmente terribilmente duri per tutta l'umanit. La terra era spesso scossa da terremoti. Fauna e flora erano stati distrutti e si stavano trasformando. Anche le regioni del mondo non coperte dall'onda di marea anomala erano gravemente danneggiate da altri disastri naturali. Il mare ritorn abbastanza velocemente nel suo bacino abituale, trascinando con se ogni albero, animale, uomo e anche zolla fertile, facendo franare monti, seppellendo ogni prova dell'esistenza della civilt umana. Le citt vennero trascinate via dalle fondamenta, quelle costiere non riemersero mai pi. Il livello del mare definitivo si sollev di decine di metri, poich la gigantesca onda di marea aveva anche provocato la fusione improvvisa dei ghiacci artici. Tonnellate di sedimenti seppellirono e cancellarono per sempre splendide citt costiere. Il medioevo europeo che segu l'epoca classica, non fu che una passeggera sospensione del progresso civile, rispetto alla completa distruzione di tutte o quasi le conoscenze umane provocate dal Diluvio/"Fetonte" in pochi giorni o mesi. Per centinaia di anni, l'umanit dovette pensare unicamente alla propria sopravvivenza: ogni forma di cultura fu spazzata via dalla barbarie. Nel nuovo ordine naturale del mondo non c'era posto per i raffinati, solo i duri e i tenaci sopravvivevano. Era un mondo ostile. L'Et dell'Oro era finita brutalmente per sempre. Anche la coltivazione della terra non era pi un'attivit semplice e redditizia come prima, quando la pianura di Atlante era ben irrigata, il clima mite, i raccolti potevano essere tagliati pi volte l'anno. La terra allora poteva sostenere milioni di individui e animali domestici. Dopo il Diluvio il clima era cambiato, il sole ballonzolava sull'orizzonte in modo impressionante, per un periodo dell'anno era caldo ed implacabile, tanto da inaridire i fiumi ed il suolo, per un altro periodo correva lontano sull'orizzonte, tanto che si temeva scomparisse per sempre: le ombre erano lunghe e l'aria freddissima. Erano nate le stagioni. Fauna e flora cominciarono a ripopolare le regioni devastate, ma la loro composizione era variata: i grandi animali delle praterie e i loro giganteschi predatori (mammut, elefanti, tigri dai denti a sciabola...) erano scomparsi. Nessuno vide pi mammut e mastodonti e altri animali giganti. Le stelle non seguivano pi lo stesso corso che percorrevano prima del Diluvio. Alcune erano nuove per quei cieli, altre erano scomparse. Fra le trib dell'entroterra, non colpite direttamente dalle inondazioni del mare, i sapienti per molti secoli non faranno altro che osservare e annotare tutti i nuovi movimenti degli astri. Ma non saranno lasciati soli in questa loro mania, anche i re ed il popolo li seguirono e li aiutarono nell'osservazione erigendo per loro monumentali osservatori in pietra. Questi santuari serviranno a misurare il susseguirsi delle stagioni, il nuovo movimento del sole che si spostava su e gi rispetto all'orizzonte durante l'anno. Tutta la Terra era stata interessata dal disastro, anche i popoli che non erano stati cancellati dal Diluvio, erano stati colpiti da terremoti, da meteoriti, da alluvioni locali, ed avevano osservato nel cielo le nuove strane evoluzioni degli astri. La misura del movimento celeste era importante anche per verificare che tutti gli astri tornassero a muoversi in modo ciclico come era sempre stato. La ciclicit del loro movimento assicurava la stabilit del nuovo universo creato dal Diluvio. Dopo secoli di accurate osservazioni i sapienti appurarono che il movimento degli astri era tornato ciclico e preciso, ad eccezione dell'impercettibile movimento precessionale. Gli uomini furono rincuorati da questo nuovo stabile assetto del mondo, cos a poco a poco le misurazioni cessarono. Queste conoscenze vennero poi inserite nei culti e nelle mitologie dei popoli che con il passare dei secoli divennero incomprensibili ai pi. Per esempio nel nord Europa, forse non colpito dal Diluvio, nacque il culto dell'adorazione degli alberi che fa capo al mito di Yggdrasill (antenato del nostro "albero di Natale"), il frassino

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sempreverde che sostiene la volta stellata ed l'asse del mondo. Questo albero risulta sempre minacciato da strani animali (costellazioni?) che cercano di abbatterlo. Infatti gli antichi abitatori di quelle terre avevano osservato il cambiamento della stella polare, l'asse del mondo si era spostato a causa dei "giganti" (meteoriti?). Solo dopo alcuni millenni (4 o 5), si ricominceranno a costituire nuove nazioni con un ordinamento amministrativo simile a quello della civilt atlantidea. Nasceranno per in luoghi diversi, luoghi che non conserveranno pi nessuna traccia della grande civilt precedente. Di questa rimarranno solo pi vaghi racconti e registrazioni quasi incredibili nei luoghi di sapere, nelle biblioteche dei re e nei templi. Anche l'isola di Atlantide riemerse dopo il Diluvio, ma probabilmente i suoi pochissimi superstiti e quelli che erano fuggiti non poterono pi ricostruire l'antica potenza marinara. Chi era fuggito in altre terre non sarebbe pi tornato all'isola a causa dell'impraticabilit delle melmose e putride coste. Inoltre il profilo costiero dell'isola era cambiato a causa del repentino innalzamento del livello dei mari, nessun navigatore esperto avrebbe pi riconosciuto quell'isola. Inoltre il Diluvio l'aveva completamente modificata: subito dopo il disastro si presentava distrutta e sconvolta, monti e colline spianati, pianure coperte di detriti, foreste e vegetazione quasi scomparsi. In seguito, a causa dei cambiamenti climatici, la fauna e la flora che la ripopolarono furono ben diversi da quelli conosciuti in epoca atlantidea. L'umanit dovette reinventare, in questi millenni, tutto quello che era gi stato inventato nell'Et dell'Oro. Alcune conoscenze comunque probabilmente si dovettero conservare: per esempio quelle inerenti la metallurgia. Potrebbero essere state conservate da alcune trib che un tempo furono in contatto con la precedente civilt antidiluviana. I pi antichi reperti metallici a noi giunti sono quelli Sumeri del III millennio a.C., questi misteriosi popoli furono gli inventori della civilt o i conservatori di antiche conoscenze pre diluviane? Per uno strano scherzo della storia, l'isola di Atlantide venne riscoperta e abitata da nuovi popoli. Furono forse i "Popoli del mare", i dominatori del Mediterraneo del II millennio a.C., i nuovi padroni della Sardegna? probabile che la Sardegna fosse, se non la terra d'origine di questi misteriosi marinai-guerrieri che giunsero ad invadere e governare l'Egitto, almeno uno dei loro possedimenti pi importanti. I "Popoli del mare" furono quindi probabilmente i costruttori delle torri nuragiche. I Greci che non conoscevano bene i mari al di l del Canale di Sicilia li chiamarono Tirreni (costruttori di torri). Poi tale nome probabilmente fu esteso anche agli abitanti dell'Italia centrale. la suggestiva ipotesi di L. Melis e C. De Tisi: i Shardana si possono identificare come "Popoli del mare" poich dai documenti egizi risultavano provenire dalle isole al centro del Mediterraneo occidentale. Il nome Shardana significa "principi di Dan", come gli Atlantidei che ritenevano di discendere da Poseidone, adoravano il loro eroe capostipite avente lo stesso nome, Shardana. Di questo eroe ci sono giunte le raffigurazioni in bronzo che paiono tramandarci le sembianze di un inquietante esploratore spaziale: "Ha quattro occhi (che sembrano quasi occhiali da motociclista) come Marduk, quattro braccia come Apollo a Sparta, la testa circolare sembra contenuta in un casco ed sormontata da due antenne (come gli dei Mesopotamici) terminanti con due pomelli con tanto di avvitatura, indossa una specie di tuta attillata che termina a girocollo in alto e con due stivali in basso. Porta due scudi con al centro due punte dalle quali partono raggi, e all'impugnatura degli scudi partono due strani tubi che gli terminano dietro la nuca." I produttori di cartoni animati nipponici non avrebbero saputo far di meglio... Anche i "Popoli del mare" come gli atlantidei di Platone lavoravano i metalli. Per procurarsi lo stagno sembra giungessero o fino in Cornovaglia (la Lyonesse degli Atlantidei), o in Zimbawe circumnavigando l'Africa. Come potevano conoscere la posizione di queste miniere i barbari "Popoli del mare"? Io ritengo che si possano fare due ipotesi:

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Erano eredi diretti di alcune trib discendenti dagli Atlantidei superstiti. Per tale motivo avevano conservato gelosamente le tecnologie e conoscenze antiche; con le loro navi dopo millenni giunsero nuovamente ai luoghi remoti delle miniere; Vennero a conoscenza delle miniere dai Sumeri, che avevano colonie in Sardegna e avevano conservato nei loro archivi le conoscenze tecniche della civilt prediluviana.

Le loro navi, di cui si sono ritrovati modelli in bronzo, dovevano essere molto strane anche per noi. Infatti erano molto allungate (raggiungevano anche 40 m) e presumibilmente veloci, ed inoltre munite di un albero provvisto di anello sormontato da due corna. Purtroppo non si conosce l'uso di un simile attrezzo: "Poteva servire all'inserimento di un albero trasversale che sosteneva una vela che cadeva con due triangoli ai lati dello scafo, che la rotazione dell'anello avrebbe spostato consentendo alla vela una manovra spedita senza uso di remi n timone. Una seconda interpretazione pi azzardata ma affascinante, in base a incisioni su una stele Cartaginese, vede nella mezzaluna un magnete e quindi nell'intera struttura addirittura una bussola con un sestante..." A proposito di tecnologie, furono gli Hyksos (popoli identificabili o alleati con i "Popoli del mare") ad introdurre in Egitto il carro da guerra, e quindi la ruota, quando occuparono il paese del Nilo nel 1770 a.C. Quando l'Egitto riconquist l'indipendenza, alcuni di questi guerrieri rimasero come mercenari al servizio dei Faraoni. Rimasero in Egitto probabilmente come Shardan fino alla fuga degli Ebrei. Secondo Melis infatti i Dan formavano la dodicesima trib di Israele, che ebbe probabilmente incarichi prettamente militari di difesa delle retrovie del popolo ebraico in fuga. Ma la trib di Dan scompare nel corso dei secoli, probabilmente perch rimase fedele ai culti pagani e non si sottomise mai al culto del Dio unico ebraico: una parte and ad occupare il paese di Lais che poi si chiamer Dan; una parte tenter di insediarsi in Palestina, ma poi andr ad occupare la terra di Lashem; un'altra parte arrivata a Sidone si imbarcher alla ricerca della loro terra d'origine, la Sardegna. Della dodicesima trib non rimarr pi traccia in seguito, e sparir anche dalla Bibbia. Ma in questi secoli i Shardana e gli altri popoli del Mediterraneo occidentale loro alleati spadroneggiano e si scontrano con i popoli del Mediterraneo orientale: La civilt Minoica di Creta venne definitivamente conclusa dalla loro invasione nel 1.400 a.C., pochi anni dopo l'eruzione di Santorini; I Shardana, con altri popoli potrebbero essere i fondatori della civilt Micenea in Grecia, anche se appare strano che i Greci in seguito non conoscessero con precisione le coste Sarde; Intorno al 1200 a.C. si ha una grande controffensiva in oriente dei Shardana e dei loro alleati. Ritornano a minacciare l'Egitto, si scontreranno con gli Ittiti e i Micenei ponendo probabilmente fine al loro regno. Il 1200 a.C. anche la probabile data della sciagura gi citata a proposito di Barumini che vide la Sardegna devastata da un potente maremoto. Tale disastro naturale pose probabilmente fine alla potenza marinara dei Shardana.

I Shardana, dopo questa data, vedranno tramontare lentamente la loro egemonia, ma rimarranno padroni del Mediterraneo occidentale fin tanto che conserveranno le conoscenze tecniche nella fusione del bronzo. Quando gli Etruschi scopriranno le miniere di ferro, l'egemonia Shardana verr soppiantata dai nuovi protagonisti della storia che conosciamo: Fenici, Etruschi, Greci, Latini, Celti... Probabilmente la Sardegna pu ancora dirci molto al riguardo dei Shardana o "Popoli del mare" o costruttori di nuraghi, se come si presume, molte testimonianze di quel lontano passato si trovano ancora sepolte sotto i detriti alluvionali del disastro del 1.200 a.C. nella piana del Campidano. interessante anche l'ipotesi di C. C. Bettini che pu farci capire quale potrebbe essere stata la base culturale dei "Popoli del mare" sardi e quali i loro veri padri. Infatti la Sardegna conserva nella

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sua toponomastica e nei suoi dialetti parole molto probabilmente derivate dal sumerico. I Sumeri nel IV millenio a.C., ma forse anche prima, furono la pi grande potenza della regione mediterranea. Probabilmente furono i veri eredi degli Atlantidei. Navigarono e tornarono a riscoprire le loro terre d'origine molti secoli dopo il disastro planetario del Diluvio. Si pu presumere che avessero in Sardegna delle basi mercantili e scambiassero con altri popoli provenienti da nord (costruttori di dolmen e menir), e con gli indigeni locali, mercanzie di vario genere. I Shardana potrebbero essere il prodotto di questo strano miscuglio culturale avvenuto sull'isola sarda. Le capacit organizzative dei Sumeri e quelle di innalzare megaliti dei popoli del nord, potrebbero essersi fuse ed aver creato un nuovo popolo costruttore di torri, di valenti navigatori e terribili guerrieri. Ecco alcuni esempi significativi di fonemi dialettali sardi riconducibili al sumerico (C. C. Bettini): BURRUMBALA, in sardo , significa comportamento confusionario; deriva dal sumerico Bur+Bala = residuo di taglio, cosa di poco conto KARRAXIU (sardo) = disordine Karrasu (sumerico) = disordine KUKKURU (sardo) = monte Kur+Kuk+Ru (sumerico) = altura-monte KOKKOI (sardo) = pane KUKKU (sumerico) = pane KORONGIU AKKA (sardo) = nome di uno spettacolare rilievo roccioso nelle campagne di Villamassargia dove nidificano i gheppi KURUNNU+AKU (sumerico) = la roccia del dio Luna LAUNEDDA (sardo) = antichissimo strumento musicale a fiato LABUN+ED (sumerico) la grande vescica si gonfia UNA XEDD' 'E GENTI (sardo) = molte persone KESDA (sumerico) = molte persone SOLINAS (sardo) = un cognome molto comune SUL+I+NA (sumerico) = colui che appartiene al dio Sole

Conclusione
In questa breve ricerca ho tentato di analizzare la collocazione di Atlantide, cercando i possibili indizi a favore o contro la sua coincidenza con la Sardegna o con altri luoghi del nostro pianeta. Ma potremmo anche considerare Atlantide un non luogo: non fu in Sardegna, n nellOceano Atlantico, n in altri luoghi ma un po' ovunque. Forse sarebbe meglio cercare le tracce di una Et Atlantidea, in cui pi popoli vissero, prosperarono e si scontrarono per il dominio delle risorse naturali come poi fecero altri successivamente nella storia conosciuta. La storia degli atlantidei fu invece probabilmente collocata temporalmente in unEt dellOro perduta. Fu una storia cancellata e negata da un evento terribile di cui abbiamo un vago ricordo. Un ricordo rimasto sotto forma di mito, un tipo di linguaggio a cui luomo scientifico del XXI secolo non intende dar credito ritenendolo poco pi di un passatempo da cantastorie: il Diluvio, che viene considerato come un romanzo redatto da antichi e ignoranti popoli perduti. E degli atlantidei non rimangono tracce visibili, o forse quelle poche rimaste non siamo ancora in grado di vederle ed apprezzarle come tali. Ma al di la della reale localizzazione di Atlantide, limpressione che diviene sempre pi forte con il passare del tempo, con laggiungersi di scoperte sconcertanti (manufatti sommersi, agglomerati sempre pi antichi che retrodatano la civilt ecc.), con il continuo formarsi di teorie sulla mitica isola scomparsa, che la nostra conoscenza del passato interrotta e incompleta. Per quale

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motivo non si dovrebbe credere al Diluvio come evento disastroso planetario, quando la leggenda diffusa in ogni parte del mondo? Cosa ci vieta di pensare che lhomo sapiens abbia assistito e registrato gli eventi tragici che hanno visto nel neolitico la scomparsa dei grandi animali mastodontici? La collocazione temporale non pare in effetti un problema, come invece sostengono gli storici. Lhomo sapiens compare sulla Terra presumibilmente intorno a 40.000 anni fa. Mi pare riduttivo collocare linizio di una forma di organizzazione civile al IV millennio a.C.. Ci significherebbe che la nostra specie ha inventato la prima forma di aggregazione civile solo nel suo ultimo periodo equivalente al 10-15% della sua esistenza. Possono essere passati interminabili e quasi inutili 34.000 anni in cui lumanit non ha mai tentato di manifestare un grado culturale diverso da quello preistorico? Nessuna civilt pu essersi formata in cos lungo tempo? Un altro problema che si rinfaccia a chi da credito alla storia di Atlantide, la mancanza di reperti archeologici di questepoca remota. Innanzi tutto si dovrebbe rivalutare la datazione di molti reperti e strutture archeologiche che gli studiosi posizionano in unepoca piuttosto che in unaltra per pigrizia, per difendere la storiografia ufficiale o per mancanza di dati. Molti siti megalitici in tutto il mondo, pongono notevoli difficolt di datazione poich attualmente non si dispone di una tecnologia adatta e sicura per datare manufatti in pietra. Quelle in uso fanno affidamento sui ritrovamenti negli stessi siti di vasellame (suddivisione delle epoche in base agli stili, o esami di termoluminescenza) e di materiale organico (esami al radiocarbonio). Ma questi tipi di datazione, pur essendo precisi, non ci informano delleventuale riuso delle rovine nel tempo ad opera di una civilt successiva. Lelenco dei siti archeologici dubbi diventa sempre pi lungo, senza scomodare poi i ritrovamenti di OOPArts o quelli di strutture sottomarine artificiali (come quelle che si stanno scoprendo in Giappone e Corea; incredibile che molti studiosi si rifiutino addirittura di prendere in considerazione una loro analisi). Anche di quelli di cui si credeva di avere certezza, permangono dei dubbi. Ecco due esempi, fra i pi noti: Si gi detto dei monumenti della piana di Giza: le piramidi sono attribuite a Cheope, Kefren e Micerino sulla base degli scritti di Erodoto che le colloca nel II millennio a.C.. Ma secondo gli storici moderni, quei faraoni sono vissuti nel III millennio a.C., quindi collocano la grande piramide nel 2500 a.C. circa. Le analisi al radiocarbonio condotte invece sulla malta impiegata nella grande piramide la daterebbero intorno al 3500 a.C.; il documento rinvenuto sulla stele dellinventario sembra narrare la storia parallela di due faraoni con il nome Cheope, ma scritti con geroglifici diversi. Se fosse vera questa ipotesi avremo un Cheope antico (quanto?) realizzatore della piramide e un Cheope pi recente (quello di Erodoto) restauratore. Rimane tuttora il mistero dellutilit effettiva di queste costruzioni, visto che non furono mai trovate mummie al loro interno. Inoltre non si possono ignorare le probabili linee derosione sul dorso della Sfinge che la collocherebbero in piena et atlantidea (11.000-13.000 anni fa). Il tempio alla base della piramide di Kefren detto tempio della Sfinge, realizzato con una muratura poligonale pi simile a quella megalitica di Machu Pichu, o al muro dei Giganti di Cuzco, che alle tecniche costruttive egizie. Rivolgendo lo sguardo allAmerica, le rovine portuali di Tiahuanaco (o Tiwanacu) sul lago Titicaca in mezzo al massiccio andino, sembrano collocarsi ad una quota incoerente con la datazione accertata dallarcheologia (circa 1500 a.C.). Infatti le banchine del porto sembrano trovarsi ad una quota che il lago Titicaca aveva circa 10.000 anni fa. Nulla si sa di quelle popolazioni pre-incaiche e della loro improvvisa scomparsa. Erano adoratori probabilmente di Kon Tiki Viracocha, un dio bianco e barbuto, munito di tridente come Nettuno (Poseidone atlantideo?). Su un monumento della citt, la cos detta Porta del sole, sono raffigurati un toxodonte (un ippopotamo preistorico) e un proboscidato preistorico, vissuti almeno 12.000 anni fa. La datazione astronomica di alcuni monumenti porterebbe la loro retrodatazione a 15.000 anni fa. E probabile che gli abitanti di questa citt siano stati spazzati via dal Diluvio di Atlantide di 11.500 anni fa circa?

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Si dovrebbe inoltre comprendere in modo pi preciso la causa dellestinzione dei mastodonti e altri animali preistorici di grandi dimensioni scomparsi nel neolitico. Se questevento disastroso quello fin qui descritto, unonda di marea in grado di sommergere unisola come lAtlantide di Platone, deve aver distrutto e sepolto sotto tonnellate di detriti qualsiasi manufatto umano. Non ci si deve illudere di ritrovare molte tracce di uneventuale civilt atlantidea. Inoltre, se come ipotizzato, il livello del mare si sollevato di decine di metri, le difficolt di recupero di reperti archeologici divengono enormi. Larcheologia subacquea attuale non ancora attrezzata per fare ricerche su larga scala nei fondali marini di tale profondit. Semplicemente perch nessun archeologo andrebbe a cercare, a causa delle proprie convinzioni in merito alle datazioni ufficiali, una citt scomparsa sottacqua. Infatti le indagini storico/archeologiche sottomarine compiute nellultimo secolo, si possono suddividere in due categorie, ma comunque tutte orientate alla ricerca di relitti navali (se si esclude le recenti ricerche condotte nei fondali del Mar Nero o del Giappone): quelle condotte su fondali poco profondi da subacquei dotati di bombole e respiratori, rivolti alla ricerca di relitti dellantichit (per es. navi romane cariche di anfore) o relitti appartenenti ai secoli della pirateria caraibica, o allindagine di relitti di navi contenenti tesori conosciuti. La ricerca di galeoni affondati, carichi doro e argento, diventata pi che unattivit archeologica, unattivit commerciale che si autofinanzia. Anche se, bisogna ammetterlo, che in alcuni casi si trattato invece di recuperi condotti con fondi pubblici. Di queste ricerche, il ritrovamento pi spettacolare (con finanziamento pubblico), fu quello del vascello seicentesco Vasa nel porto di Stoccolma negli anni 50, che poi venne fatto riemergere e restaurato con resine speciali. tuttora visitabile ed esposto nell'omonimo museo sul porto di Stoccolma. Quelle condotte con batiscafi pressurizzati ed attrezzati con tecnologie avveniristiche, nelle profondit oceaniche alla ricerca di relitti pi recenti (il caso pi noto sicuramente il ritrovamento del Titanic). Batiscafi con persone a bordo, o telecomandati sono lunico mezzo per raggiungere certe profondit. Vengono utilizzati anche per indagini naturalistiche e geologiche. Queste tecnologie sono molto costose, per questo le ricerche storiche in mare con questi mezzi hanno spesso fini commerciali: recupero di oggetti destinata all'asta e vendita dei diritti dei filmati subacquei. Se non ci fosse un ritorno economico non verrebbero condotte.

Cercare reperti a profondit comprese tra 100 e 200 metri, non rientra nel primo tipo di archeologia subacquea, a meno che si abbia la fortuna di trovare resti archeologici pi superficiali. Se si cercassero eventuali agglomerati costieri del neolitico, si dovrebbe indagare a profondit dove la pressione (a 100 m la pressione di 10 Kg/cm2) non consente la permanenza di uomini in tuta da sub. Indagare a profondit di 100 m e pi non facile. Su questi fondali giunge a malapena la luce del sole. Probabilmente un ministero o un ente pubblico non potrebbero sostenere i costi dellutilizzo delle tecnologie necessarie per raggiungere queste profondit. Presumibilmente sarebbe pi semplice e proficuo iniziare le ricerche con tecnologie diverse. Con l'ausilio di tracciati radar e sonar registrati da navi e satelliti si potrebbero eseguire le prime indagini a tavolino. Solo nel caso di ritrovamenti di indizi di possibili strutture artificiali si andrebbe a procedere con mezzi di rilevamento pi costosi direttamente sui fondali marini. Per quante ipotesi si potr fare in futuro sulla possibile collocazione di Atlantide, penso che la scienza ufficiale non dar credito a queste speculazioni, fin tanto che non avverranno i primi ritrovamenti su larga scala. Infatti se questi avvengono solo in zone circoscritte, come per esempio nel Mar Nero, gli storici continueranno a costruire teorie strampalate pur di non dover ammettere l'esistenza di una civilt protostorica. Secondo larcheologia ufficiale i resti dei villaggi trovati sott'acqua nel Mar Nero (91 m) proverebbero che alla fine del neolitico laumento di livello del Mediterraneo avrebbe provocato una enorme cascata nellattuale stretto dei Dardanelli e poi nel Bosforo. Ma se questo fosse vero, anche se il riempimento del Mar Nero potrebbe essere durato pochi mesi, molto strano che gli antichi abitanti dei villaggi sommersi abbiano dovuto abbandonare i loro attrezzi nelle abitazioni. Avendo mesi di tempo li avrebbero portati via con il lento sollevarsi

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delle acque (se il riempimento fosse durato 6 mesi, l'acqua si sarebbe sollevata di 50 cm al giorno, 2 cm ogni ora). Lo scopritore R. Ballard divenuto famoso con il ritrovamento del Titanic ha affermato: una scoperta incredibile, i manufatti del sito sono chiaramente ben conservati, ci sono travi, rami e utensili di pietra lungo tutta la matrice di fango della struttura e manufatti di ceramica sparsi sui pavimenti. In questo caso, mi pare pi probabile che le acque si siano sollevate molto pi bruscamente di quanto il passaggio dei Dardanelli faccia presumere. Le suppellettili e gli attrezzi in quell'epoca dovevano essere oggetti abbastanza preziosi (non si trovavano facilmente nei supermercati), probabilmente vedendo le acque salire le avrebbero recuperate e trasportate al sicuro. Gi la scienza si affrettata ad affermare che la mitologia del Diluvio biblico discenderebbe da quellevento. Mi chiedo allora: come fece la notizia ad arrivare, non dico presso i Sumeri, ma fino in Cina e in America precolombiana? Possibile che il resoconto di un evento circoscritto al Mar Nero abbia fatto il giro del mondo? In questo caso, il neolitico non sarebbe stato cos come viene descritto dagli storici, ma il contesto di una civilt planetaria in grado di coinvolgere tutti i continenti e trasportare notizie di una regione in luoghi molto lontani, fino a renderne partecipe tutto il mondo. Come si vede c qualcosa che non sta in piedi, eppure non ci si fa scrupolo di diffondere teorie parziali come queste, contenenti anche affermazioni illogiche, pur di negare il fatto che la nostra protostoria ha ancora bisogno di indagini e ricerche accurate. Probabilmente quella della ricerca delle civilt prediluviane sar la frontiera dellarcheologia del nuovo secolo, non appena i baroni di questa disciplina saranno sostituiti da nuove leve guidate da una maggior sensibilit, o non appena avverranno scoperte veramente sensazionali. A tal riguardo giunge proprio in questi giorni la notizia di sondaggi sonar eseguiti al largo delle coste cipriote, che avrebbero rilevato la presenza dei resti di una citt sommersa. Lo scopritore Robert Sarmast si affrettato ad annunciare la riscoperta di Atlantide, ma credo si dovrebbe usare pi cautela in questi casi (Cipro non ha una collocazione che rispetta la descrizione di Platone). Se la scoperta, per ora rappresentata solo da un tracciato sonar che lascia ancora molti dubbi, fosse autentica, a parer mio sarebbe pi giusto parlare di resti di civilt atlantidea. Come gi ho avuto modo di specificare in precedenza, Atlantide era probabilmente un grande impero con proprie colonie e citt nemiche che sicuramente avevano una cultura e un grado di civilizzazione simile. Atlantide non era un'isola "isolata" al centro del mondo, ma sicuramente interagiva con il resto del mondo. Credo che resti di citt sommerse ne debbano esistere molti adagiati sui fondali marini. Diego Silvio Novo

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Bibliografia minima AA.VV., "Atlante dei luoghi misteriosi", 1988 AA.VV., "Cronologia Universale", 1987 G. Agrati, M. L. Magini, "Miti e saghe vichinghe", 1990 Atti del 1 convegno internazionale La terra degli elefanti, 2001 Davies N., "Gli Aztechi, storia di un impero", 1999 H. McCall, "Miti mesopotamici", 1990 Kohler P., "Atlante dellUniverso", 1984 Santillana G., Von Dechend H., "Il Mulino di Amleto", 1969-2003 Terzoli G., "Il Codice degli Dei", 2003 www.lamiasardegna.it a cura di C. De Tisi www.repubblica.it (pagine relative a S. Frau) www.sardegnadelsudovest.it a cura di C. C. Bettini Altri autori sono citati direttamente nel testo.

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47 INDICE: Introduzione La tesi Le coste dell'era glaciale Gli Atlantidei (Crizia e Timeo) Gadirica I Greci, avversari degli Atlantidei (Crizia e Timeo) La fine di Atlantide (Timeo) I sopravvissuti (Crizia e Timeo) Altre localizzazioni Et dell'Oro Una possibile ricostruzione storica Conclusione 5 5 7 8 15 18 19 26 27 29 37 44

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