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Breve storia del cibo

Ciao amici non prendetemi per pazzo, beh un po’ lo sono, si soprattutto per chi mi
conosce bene, ma vabbè ci provo pur non essendo uno storico cerco di fare un sunto
sulla storia della cucina, della della storia del cibo e della storia dell’
alimentazione.

Ok non rompo altrimenti ciao e buona lettura.


La Preistoria

La ricerca del cibo ha caratterizzato l’evoluzione della specie umana assieme alla
scoperta del fuoco e del suo utilizzo. Il fuoco dunque ha rappresentato un
passaggio importante per l’uomo. Si può dire che prima non si poteva parlare non
solo di civiltà umana, ma forse neanche d’umanità. Con il fuoco, l’uomo ha potuto
cuocere i cibi, scaldarsi, difendersi dagli animali, rischiarare la notte.
Di vera e propria pratica gastronomica si può cominciare a parlare con l’arrivo del
Neolitico, il periodo che va dal 5000 al 4000 a.C. L’uomo attraverso
l’addomesticamento degli animali e la scoperta dell’agricoltura, giunse a
un’economia e produzione del cibo passando da una vita nomade a una forma di vita
stanziale. Nacquero l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, portando così alla
comparsa dei latticini e dei cereali, come l’avena, l’orzo, miglio, farro e
frumento.
Attraverso la frantumazione dei cereali iniziò la preparazione di primitive focacce
cotte su pietre riscaldate. La scoperta della terracotta poi consentì la
costruzione dei primi contenitori in grado di resistere alla fiamma viva. Il
passaggio poi alla cottura di alimenti nell’acqua fu veloce, da qui la nascita
delle prime “zuppe”, brodi a base di cereali, carni, legumi ecc…
Le civiltà antiche
La cucina degli Egizi

Gran parte delle informazioni concernenti la dieta degli antichi egizi proviene
dalle tombe. Qui sono raffigurate le cosiddette “liste delle offerte”, in cui
vengono elencati tutti gli oggetti di cui il defunto aveva bisogno nel mondo
ultraterreno. Possiamo dire che la civiltà egiziana dal 3000 a.C. fino al periodo
successivo alla nascita dell’età romana ha creato una complessa evoluzione
gastronomica. Gli antichi egizi furono un popolo ricco di cibo, questo soprattutto
grazie al Nilo, la cui acqua invadeva la pianura circostante ogni estate a causa
delle abbondanti piogge e poi, lentamente, si ritirava, lasciando un terriccio
fangoso detto limo assai fertile, consentendo così la coltivazione di molte varietà
di piante e l’allevamento di diversi tipi di bestiame.
Nella valle del Nilo il faraone emanava ogni anno un ordine di semina valido per
tutto l’Egitto. Ricevuto quest’ordine, e non prima, gli agricoltori seminavano i
campi con: fave, lenticchie, farro, cipolla, porri, cetrioli, meloni, vari tipi
d’insalate, fichi, melograni e mele. Ciascuno riceveva anche un programma
dettagliato, nel quale era indicata la quantità e la qualità di raccolto che era
tenuto a produrre sul terreno affidatogli. Era indicata inoltre la parte del
raccolto che si doveva consegnare ai magazzini reali sparsi per tutto il Paese.
Intorno al 1000 a.C. in Egitto si imparò a setacciare la farina di frumento
ottenendo in questo modo sfarinati più raffinati con il quale si produceva del pane
bianco destinato alle classi più abbienti.
In merito alle carni, le classi ricche erano le uniche che si potevano permettere
il consumo delle carni bovine e ovine, le quali venivano per lo più arrostite.
Mentre i suini, benché allevati, non venivano macellati per il consumo umano.
Il popolo si cibava di pollame ( anatre, oche, galline, quaglie) e una delle
tecniche di conservazione utilizzate per le carni era il sale, sale minerale,
l’estrazione di quello marino era vietata perché considerato impuro, poiché
proveniva dal regno di Seth, dio del male. Come dolcificante principale veniva
utilizzato il miele. Gli egizi cucinavano con carbone dolce e legna. Le cucine
consistevano in piccoli fornelli mobili di terracotta, di forma cilindrica, aperti
in alto e con una porticina nella parte inferiore. I poveri utilizzavano marmitte,
poste su tre pietre; erano di terracotta, così come le casseruole. Per quanto
riguarda i pasti gli egizi ne facevano due al giorno, uno all’alba e l’altro verso
sera. Mangiavano inginocchiati davanti a un tavolo basso e rotondo, in piatti
comuni, con le mani. I banchetti dei nobili erano invece assai sontuosi e preparati
con cura.
Poi a proposito del bere c’è da dire che gli egizi erano forti consumatori di birra
ottenuta dalla fermentazione dell’orzo, del farro, o dei datteri.
Anche il vino era conosciuto, all’epoca veniva preparato fermentando il mosto
d’uva, di miele o di fichi.
I Greci

La civiltà greca ebbe la sua origine a Creta intorno al 2500 a.C. e continuò fino
all’età ellenica classica che coincise con la conquista romana nel II secolo a.C.
Durante questo periodo le abitudini alimentari dei popoli dell’Egeo si modificarono
profondamente, passando da una dieta povera ed essenziale trasformandosi poi in
cucina ricercata e ricca di sapori. Le carni erano considerate cibo per i ricchi e
venivano cotte essenzialmente alla brace o su spiedi gli ortaggi e i legumi
venivano preparati sotto forma di puree insaporiti da erbe e semi aromatici. Il
condimento era lo stesso grasso animale. Altro ruolo veniva dato ai pesci e alle
verdure, che erano per lo più destinati ai contadini. La cucina era molto
importante, tanto da consacrare la gastronomia dedicandole una dea: Adefagèa. Per
diventare cuoco bisognava frequentare due anni di scuola. Nella Grecia antica si
praticò molto la pastorizia e fin da epoche remote si conosceva la tecnica di
produzione del formaggio,in special modo quello di capra, che veniva anche fatto
stagionare. Parlando poi di bevande è stato scoperto che la preparazione di liquidi
alcolici per fermentazione di mosti veniva preparata fin da tempi lontanissimi. Uno
dei liquori più antico fu senz’altro l’idromele, ottenuto dalla fermentazione del
miele mescolato all’acqua. Parlando poi della coltivazione della vite, c’è da dire
che era praticata nell’isola di Creta intorno al 2000 a.C., dove venivano prodotti
dei vini che raggiungevano anche i 18°. Normalmente venivano allungati con acqua e
alle volte aromatizzati con erbe o profumi. Il vino puro veniva utilizzato al
mattino come prima colazione dove veniva inzuppato il pane. Mi immagino che
andassero tutti al lavoro contenti come una pasqua. Piccola divagazione, ma da dove
deriva Pasqua? è termine ebraico (pesah), che significa “passaggio”: come tutti
sanno, originariamente designava il passaggio del Mar Rosso da parte degli Ebrei,
argomento trattato nel libro della Bibbia chiamato “Esodo” (dal greco exodos cioè
“uscita”, con riferimento all’uscita dall’Egitto, la fine della schiavitù o,
meglio, della “cattività”). In greco, visto che parliamo della Grecia, pascha è
attestato per la prima volta nei Settanta, cioè nella più autorevole traduzione
greca antica della Bibbia, e si ritrova in tutti e quattro i Vangeli (si veda in
particolare, Luca, 22, 14-16: e quando giunse l’ora, si riunì con gli Apostoli e
disse loro: “Ho desiderato grandemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima di
soffrire; vi dico infatti che non la mangerò più, finché essa non sia compiuta nel
Regno di Dio): è lì che ovviamente il termine acquista l’odierna significazione
cristiana. Nel linguaggio popolare, poi, “Pasqua” è diventata sinonimo di “gioia,
festa grande”. Ma torniamo a bomba. La diversificazione delle portate e la maggiore
disponibilità degli alimenti nell’età classica ci permettono di parlare di nascita
di una vera e propria arte gastronomica. Cuochi professionisti venivano ingaggiati
da ricchi committenti. Le ricette realizzate in quell’epoca erano composte per lo
più a base di pesce o cacciagione.
I Romani

Per meglio descrivere la storia della cucina romana cerchiamo di dividerla in due
momenti. Il primo è quello della Roma dei Re, quindi si può definire il più antico,
che va dal 750 a.C. fino al 27 d.C. Il secondo invece scorre lungo tutto il periodo
imperiale fino alla caduta dell’Impero romano quindi dal 27 al 395 d.C.
Nel V e IV secolo a.C. si mangiava in modo semplice, forse troppo,tanto che durante
il pranzo di mezzogiorno il piatto forte sembrava essere solo il pane. Ma se ci
spostiamo nella Roma repubblicana troviamo abitudini alimentari più simili a quelle
odierne partendo già dalla prima colazione, a base di pane e vino accompagnato da
uova o formaggio e frutta, così come per il pranzo che si differenziava perché era
anche composto da pietanze calde, così come la cena. So che magari non interessa,
ma, per la cronaca, la colazione veniva chiamata ientaculum, il pranzo prandium e
la cena coena, quindi quasi uguale al termine odierno. La cena appunto era
preparata nei triclini (triclinia), stanze così chiamate perché di solito
ammobiliate con tre divani, su ciascuno dei quali si accomodavano, sdraiate, tre
persone. Al centro era posta la tavola con le vivande. Il numero ideale dei
commensali era quindi di nove e multipli di nove, fino a trentasei. Le donne
saranno ammesse ai pranzi con invitati solo in età imperiale. I ragazzi stavano
seduti su degli scranni. Gli schiavi di fiducia, quand’erano autorizzati a
partecipare al pranzo (soprattutto per servire il padrone e riaccompagnarlo a casa
in stato di ubriachezza), sedevano per terra, ai piedi del divano. Un’altra
caratteristica in epoca imperiale fu la ricerca dello sfarzo e del raro tanto che,
oltre ai classici capretti, agnelli, pollame, cacciagione, comparvero sulla tavola
animali come pavoni, pappagalli, fenicotteri, gru… un fatto strano è che la carne
bovina veniva considerata di qualità scadente ed era destinata alle mense più
povere e plebee. Sempre importante era il pesce, che rappresentava il cibo più
ricercato così come le verdure condite con salse raffinate. Gli ortaggi coltivati
erano le rape, le cipolle, le carote, le bietole, i cetrioli, le zucchine, le
zucche, i cavoli, le lattughe, i porri, i carciofi e l’aglio. Un condimento
importante era il garum, usato in moltissime preparazioni, ottenuto per macerazione
di avanzi di pesce assieme a sale e vino, che potrebbe essere considerato come un
esaltatore di sapidità. Il de Re Coquinaria, in cui Gavio Apicio descrive la cucina
della Roma imperiale come un arte raffinata, è uno dei primi libri sulla cucina.
Venivano altresì descritte delle combinazioni alimentari dolce-acido, aromatico-
salato. Altra caratteristica della cucina della Roma imperiale consisteva nella
triturazione e sminuzzamento in poltiglia degli alimenti. Questo dava origine alla
preparazione di polpette, involtini, galantine, salamelle ecc… Infine nella Roma
imperiale al tempo di Plinio, si conoscevano circa 80 vitigni e più di 200 tipi di
vino.
Il Medioevo

Partiamo col dire che il IV secolo d.C. fu l’epoca delle grandi invasioni
barbariche dove numerose tribù nomadi calarono nell’area mediterranea. Questo portò
a modificare anche il modo di mangiare. Scomparvero le coltivazioni di vite e di
ulivo e quelle cerealicole. Gli abitanti delle città dell’Impero romano impauriti
per i saccheggi fuggirono nelle campagne e tutta l’economia subì una rapida
involuzione. Scomparve quasi completamente la moneta e tornò il baratto. Sparirono
le spezie, le salse e conseguentemente anche la figura del cuoco essendoci a
disposizione pochissime varietà di prodotti. Gli unici veri posti dove era ancora
possibile trovare coltivazioni agricole erano i monasteri e le abbazie dove i
contadini potevano svolgere il loro lavoro con tranquillità.
Vennero poi gli arabi intorno al 700 che portarono alcune novità nel campo
alimentare: dall’oriente furono introdotti lo zucchero, il riso e molte varietà di
agrumi, la palma e molte varietà di spezie scomparse dopo la caduta dell’Impero
Romano.
Dopo l’anno 1000 si ebbe in tutta Europa un vero risveglio dell’agricoltura. Si
introdusse la rotazione delle colture che consentì di sfruttare in modo più
razionale i terreni ottenendo così una produzione migliore e diversificata di
vegetali. Cominciò a diffondersi in modo massiccio l’utilizzo delle uova sia come
piatto in sé che come legante, addensante, per insaporire ecc…un altro alimento che
comparve nel medioevo fu il burro: si cominciarono a produrre diversi tipi di burro
da quello salato, aromatizzato, così pure come diverse tipologie di formaggi alcuni
dei quali ancora oggi molto apprezzati come i formaggi freschi francesi, il
“parmesan” padano, il groviera svizzero e i formaggi fusi olandesi. Il formaggio si
usava nella produzione pasticciera veniva consumato arrostito, alla griglia e
insaporito con zucchero e cannella, oppure fuso spalmato su crostini di pane
condito con zucchero e spezie.
In questo periodo aumentò in maniera preponderante il consumo della carne di maiale
rispetto a quella di manzo. Il motivo principale era da attribuirsi al fatto che la
carne di manzo non poteva essere conservata a lungo con il metodo della salatura al
contrario quella di maiale veniva conservata in vari modi dando origine alla
preparazione dei salumi, prosciutti, salsicce.
La dieta delle popolazioni del Nord Europa era invece più ricca di pesce,
soprattutto di aringhe e, a proposito, proprio in Olanda si scoprì il sistema per
conservarle a lungo tramite la salagione e l’affumicatura. Migliorarono
notevolmente in Francia, in Italia e in Spagna le tecniche enologiche che
attraverso l’uso di botti di legno affinarono decisamente il sapore del vino e la
sua conservazione.
In conclusione le invasioni barbariche prima e il ripartizione politica dell’Italia
poi, non fecero altro che accentuare le notevoli differenze culturali e politiche
delle diverse regioni nelle quali si svilupparono progressivamente usi e tradizioni
gastronomiche molto differenti tra loro. Nacquero così le prime forme di cucina
regionale.
L’umanesimo e il rinascimento

Siamo tra il 1300 e il 1500. Questo periodo si caratterizzò soprattutto per una
notevole trasformazione della cultura europea in particolare di quella italiana. È
un periodo questo dove lo splendore, la perfezione, la magnificenza il senso
edonistico si svilupparono coinvolgendo anche l’aspetto gastronomico. Pur non
avvenendo grandi rivoluzioni in ambito culinario, gli usi alimentari furono
caratterizzati nella ricerca del nuovo e dello sfarzoso. Vennero pubblicati dei
libri e trattati di buone maniere come il Galateo dell’Arcivescovo Giovanni Della
Casa nel quale si codificava il corretto comportamento da rispettare quando si
mangia. Sulla tavola comparvero per la prima volta il bicchiere individuale, la
forchetta, gli stuzzicadenti, il tovagliolo e vennero inventati molti utensili per
usi culinari come le rotelle tagliapasta, i setacci e gli spremiagrumi.
Fino alla metà del 1500 in Italia avvenne una notevole innovazione gastronomica
questo grazie al fiorire di una nutrita pubblicazione di opere scritte da grandi
cuochi come Maestro Martino, Cristofaro da Messibugo e Bartolomeo Scappi. Nacque
una vera e propria gerarchia di specialisti del servizio il preludio della più
moderna brigata di cucina.
Il matrimonio di Caterina de Medici con il futuro re di Francia Enrico II spostò il
centro dell’attività gastronomica da Firenze a Parigi. La nuova regina portò con sé
un gruppo di cucinieri, pasticceri, e altri professionisti che trovarono in Francia
il terreno più fertile per far diventare “grande” la cucina francese del Seicento e
del Settecento. Dal punto di vista culinario non si ebbero grandi novità: si
inventarono preparazioni simili alla pasta sfoglia attuale, si importarono dalle
Americhe il fagiolo, la patata, il cacao, il mais e il peperone, anche se non
ebbero subito una grande diffusione bensì vennero sfoggiati dalla borghesia durante
i sontuosi banchetti.
Il Seicento

Sotto il dominio del Re Sole il XVII secolo vide un grande sviluppo della cultura
francese. Questo successivamente portò a una visione diversa della cucina, che si
trasformò poco a poco in vera e propria arte e diventò così simbolo di
raffinatezza. In questo periodo nasce anche la cucina classica capostipite fu
senz’altro Francois Pierre de la Varenne. Varenne compì un deciso passo avanti:
nella sua opera “le Cusinier Francois” parlò per la prima volta dei fondi o delle
basi di cucina, della creazione di nuovi abbinamenti e utilizzò per la prima volta
il classico bouquet garni o mazzetto aromatico. Introdusse l’utilizzo delle carni
di animali nostrani, scegliendo gli animali più giovani, quindi più teneri, e
iniziò a sperimentare la tecnica della steccatura con strisce di lardo e verdure
introdotte nei vari pezzi di carne prima di essere arrostiti.
In un secondo tempo iniziarono ad essere tenute in considerazione alcune varietà di
prodotti ortofrutticoli come cetrioli, cavoli, verze, cicorie, lattughe, piselli.
Mentre la patata e il pomodoro non ebbero grande successo fino alla fine del
Settecento. Anche la pasticceria conobbe un periodo di grande splendore e di
innovazione con la preparazione di sfoglie, amaretti, cialde e petits fours. Vi
chiederete senz’altro cosa sono questi benedetti petits fours. Letteralmente
significa piccoli forni, ma tranquilli, non vi do da mangiare un forno a microonde!
Sono dei biscottini che possono essere secchi o freschi normalmente serviti con il
the. Quelli secchi sono confezionati con pasta di mandorle, albume d’uovo e
zucchero, decorati con una mandorla o una ciliegia. Quelli freschi invece preparati
con pasta di bignè o genovese, sono farciti con creme profumate al liquore. Ne
esistono poi di salati farciti con creme al formaggio, paté di fegato, purea di
salmone ecc…
Ci furono novità anche nel campo delle bevande, la più importante fu la scoperta
del metodo champenoise che Dom Perignon inventò nel 1688 dando origine alla prima
produzione di Champagne.
In Italia fu il boom della gelateria della torrefazione del caffè e della
diffusione della cioccolata. Poi nella cucina popolare portato dalle americhe si
diffuse il mais che diede origine a molte preparazioni per il confezionamento di
vari tipi di polenta. Al contrario della Francia la comparsa del pomodoro diede
origine alla preparazione di creme e salse per il condimento della pasta.
Il Settecento

Il Settecento si contraddistingue come periodo storico per l’avvento della


Rivoluzione Francese quindi senza alcun dubbio possiamo definirlo un periodo di
grande trasformazione. Una voglia di innovazione e un interesse da parte della
cultura anche per la tavola e il buon mangiare diede origine a movimenti conviviali
e di conversazione. Come per il secolo precedente la nazione che diede vita ad
importanti novità fu la Francia, alcune preparazioni importanti da ricordare furono
il paté di foie gras, le meringhe, le mirepoix (dadolate di verdura) salse di base.
Udite udite in questo periodo nasce pure la maionese. Non è neppure un fatto
irrilevante la scoperta di nuovi sistemi per la regolazione del fuoco nelle cucine
anche perché questa innovazione tecnica rappresentò un grande passo avanti nella
preparazione delle ricette, poiché permetteva di preparare dei piatti cucinando più
cose separatamente.
L'Ottocento

Il miglioramento delle colture agricole che si sviluppò in questo periodo creò una
maggiore disponibilità di prodotti grazie anche all’ampliarsi dei mercati e dei
trasporti. Siamo nell’ epoca coloniale, la quale portò all’introduzione e al
consumo di nuovi alimenti come il mango, la soia, l’ananas, le arachidi. Mentre per
cacao, caffè e the, conosciuti durante il Settecento, ci fu un vero boom di consumi
tanto che nacquero numerosi esercizi specializzati nella vendita e nella
distribuzione di questi prodotti. Due piante rivestirono una notevole importanza
alimentare: la patata e la barbabietola da zucchero.
Grande beneficio derivò anche dalle nuove pratiche di sanitizzazione del latte.
Grazie a Pasteur si realizzò la pastorizzazione del latte su larga scala, mettendo
a disposizione di molti un prodotto basilare per l’alimentazione in maniera più
sana e sicura. Si svilupparono e si migliorarono i sistemi di conservazione degli
alimenti come la refrigerazione, la concentrazione e la sterilizzazione. Con
l’approfondimento delle scoperte microbiologiche e la conoscenza delle
fermentazioni batteriche iniziate da Pasteur si ebbe un notevole miglioramento
della produzione casearia. Infine verso la fine dell’ottocento in Francia nacque la
margarina, un nuovo tipo di grasso inventato da un abate francese.
Verso la fine del XIX sec. si verificò una grande trasformazione nel mondo della
gastronomia, la nascita della ristorazione moderna. L’incontro di Auguste Escoffier
chef e genio della cucina, con Cesare Ritz mago dell’imprenditoria. Alberghi, treni
lussuosi, transatlantici, cominciarono a svilupparsi in tutta Europa ed Escoffier,
oltre a sviluppare e studiare il funzionamento delle cucine in queste strutture in
ogni suo dettaglio, inventò piatti nuovi ed estrosi da dedicare a principi e
personaggi famosi (pesche Melba , i tournedos Rossigni, il soufflè Rothschild …)
Escoffier aveva gusto anche nella presentazione dei piatti abbellendoli con più
decorazioni. Possiamo dire che con lui si sviluppò la classica cucina francese.
Il Novecento

Sia per i grandi mutamenti storici che per il notevole sviluppo tecnologico, il
Novecento ha trasformato profondamente la società. La nascita dell’automobile
consentì a persone e merci di viaggiare e spostarsi più rapidamente. Nel 1900 esce
la prima “Guida Michelin”, una pubblicazione nata in Francia, destinata ai primi
automobilisti gastronomi allo scopo di illustrare le caratteristiche dei ristoranti
di qualità presenti sul territorio. Più limitato rispetto alla Francia anche in
Italia venne a svilupparsi un certo fenomeno gastronomico testimoniato dalle
diverse pubblicazioni di quel periodo. Nel 1909 si pubblicò la nuova cucina delle
specialità regionali dove per la prima volta si scrissero le ricette delle regioni
italiane.
La cucina contemporanea

Dopo la guerra la cucina europea era distrutta: poco cibo disponibile, per di più
razionato, non consentiva di fare grandi cose tra i fornelli e la ripresa
gastronomica dovette aspettare gli anni ‘60 per riscoprire un forte dinamismo. Il
boom economico che avvenne in seguito portò in ogni casa il frigorifero, il forno,
e gli elettrodomestici. Successivamente l’entrata della donna nel mondo del lavoro
ha innescato un cambiamento nel modo di mangiare. Il tempo sempre più limitato per
cucinare fa sostituire i piatti di lunga preparazione tipo polenta, legumi,
frattaglie, con fettine di bovino e petti di pollo da cucinare velocemente ai
ferri. Dal canto suo anche l’editoria culinaria ha seguito questo fenomeno
proponendo ricettari facili e semplici e per la prima volta anche con un occhio
sempre più attento all’aspetto calorico e dietetico, ne è l’esempio “il Cucchiaio
d’Argento”.
All’inizio degli anni ‘70 gli aspetti gastronomici che si sono sviluppati e
ampliati sono principalmente tre:
La ripresa delle tradizioni regionali rilanciando l’artigianato alimentare locale
questo contemporaneamente allo sviluppo del turismo.
L’utilizzazione di modelli di cucina rapida, attenta alla dietetica, utilizzando
sistemi di cottura come il vapore o apparecchiature di nuova concezione il forno a
microonde e la cottura sottovuoto.
La nouvelle cousine
La nouvelle cousine

In Francia verso la metà degli anni ’60 si affermò una nuova tendenza culinaria
denominata da due giornalisti esperti di gastronomia “Nuova Cucina” o in francese
Nouvelle Cousine. Ma torniamo un attimo indietro nel tempo e ricolleghiamoci un
tantino alla cucina di Escoffier. Se ricordate parlando dell’Ottocento ho
menzionato quanto Escoffier avesse fatto per far diventare grande la cucina
francese attraverso l’uso di salse, marinature, lunghe preparazioni e ricette
comunque sfarzose. Con l’andar del tempo alcuni cuochi vollero alleggerire gli
schemi classici. Il primo in assoluto fu Fernand Point che cercò di semplificare e
diminuire i tempi di preparazione delle cotture. Il suo motto era: Tutte le mattine
si deve ricominciare da zero. Senza niente sul fornello. Questa è la cucina.
Posso sintetizzare in breve quali sono le regole sulle quali si fonda la Nouvelle
Cousine:
· Il rifiuto delle complicazioni culinarie e la riscoperta della semplicità.
· Diminuzione dei tempi di cottura
· L’utilizzo esclusivo di quanto offre il mercato senza ricorrere a alimenti fuori
stagione. Su questo punto mi permetto di riportare ciò che un mio maestro e amico
Bernard Fournier scrive sul menù del suo ristorante troppa varietà non può
garantire la qualità. E ancora preferiamo che un piatto manchi dalla carta
momentaneamente piuttosto che accontentarci di una qualità inferiore che potrebbe
non soddisfarvi.
· Riduzione delle quantità di piatti inseriti nella lista dei ristoranti
· Abbandono delle lunghe marinature e frollature
· Sostituzione delle salse troppo grasse e pesanti con salse più leggere e
digeribili
· Valorizzazione della cucina regionale
· Ricerca di una cucina dietetica e povera di grassi
· Valorizzazione della creatività e della fantasia nella creazione di nuove ricette
nelle quali siano introdotti ingredienti mai utilizzati e sperimentati nuovi
accostamenti.
La cottura delle verdure è fatta al dente, vengono abbandonati i fondi di cucina e
le besciamelle. Nouvelle cousine è anche scambio e collaborazione tra cuochi
eliminando un po’ di quella gelosia e rivalità che è tante volte necessaria ma se
troppa non porta da nessuna parte. In Italia la lancia nell’ ’80 Gualtiero Marchesi
che, dopo aver fatto molta esperienza in Francia, pubblica anche un libro dove
raccoglie le ricette rivisitate della sua cucina creativa “La mia nuova grande
cucina italiana”.

Le mode cambiano, si trasformano, si “destrutturano”, per usare un termine della


cucina di Ferran Adrian che ha lanciato la moda dei sifoni, che passeranno anche
loro di moda.

Ora la televisione ci propone continui reality, alcuni dei quali ben poco credibili
e al limite della pazzia.

Ma per me la cucina che non passerà mai di moda è quella fatta col cuore, quella
che ci ricordiamo e che vogliamo a tutti costi tramandare, perché per noi è stata
unica e ci ha lasciato quel sapore e quel ricordo in quell’attimo, in quel momento,
che nonostante tutto chiamiamo vita.

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