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INTRODUZIONE
Per la societ romana, e anche greca, il momento dei pasti assumeva una funzione sociale e
soprattutto politica non indifferente. Consumare cibi, in compagnia di familiari e amici
rappresentava unoccasione importante per dare dimostrazione delle proprie ricchezze e
delle proprie conoscenze, in un contesto in cui lapparenza era essenziale per potersi
contraddistinguere, rivaleggiare con gli altri e avere un certo peso nelle scelte politiche.
Ovviamente necessario sottolineare le dovute differenze: nonostante in certi casi si
potrebbe parlare di banchetti sfarzosi, le tradizione alimentari mutarono in relazione ai
tempi e alle classi sociali.
Durante let repubblicana, le famiglie pi ricche dovevano mantenere un certo contegno,
almeno di fronte al popolo, per evitare rivolte da parte dei meno abbienti o sommosse. Per
cui si cercava di mantenere una certa frugalit, soprattutto a tavola, anche se parecchie fonti
letterarie, come Catone e Plinio, sostengono il contrario.
In et imperiale, anche in seguito al potere, allaumento del commercio e della ricchezza
grazie allespansione dei confini, inizia una vera e propria corsa allo sfarzo non solo nella
quantit di cibi offerti nei banchetti, ma anche nella tipologia, con accostamenti tra dolce e
salato, con un uso spropositato di spezie e salse proprio con lobiettivo di accentuare i
sapori. Bisogna, comunque, sottolineare che tali presupposti valgono esclusivamente in
pochi casi: il pasto e i cibi dei poveri erano e continuarono a essere sempre costituiti da
poche portate e da semplici pasti, cio negli strati meno abbienti lalimentazione era in
coerenza con la disponibilit economica.
I PASTI
I Romani consumavano generalmente tre pasti giornalieri:
-
Ientaculum: sarebbe lodierna colazione. Era a base di pane, formaggio, olive, frutta
secca, latte, miele, focaccine e avanzi della cena della sera precedente.
Prandium: spuntino veloce anche con avanzi della cena precedente, in quanto i
e parenti. Essa si divideva in tre momenti: la gustatio, serie di antipasti uniti con il
mulsum, vino unito a miele o annacquato; le primae mensae, costituite da varie
portate, e infine, le secundae mensae, cio lodierno dessert.
Non a caso i Romani erano soliti dire ex ovo usque ad malum, cio dalluovo alla mela, in
quanto la prima portata era costituita dalle uova, invece il pranzo o la cena erano chiusi
dallarrivo della frutta.
LO SVOLGIMENTO DEL SYMPOSIUM
Il symposium era un momento conviviale e di piacere essenziale nella societ romana. La
sfarzosit era spesso il tratto distintivo, soprattutto in et imperiale, e per questo divenne
oggetto di denuncia da parte di molti autori: Petronio, Giovenale, Marziale, Catullo. In
realt, tale fastosit garantiva al padrone di casa lacquisizione di notoriet presso le
famiglie pi ricche, come scrive Marziale in una sua satira:
Non est, Tucca, satis, quod es golosus: / et Non sufficiente, per te, Tucca, essere
dici cupis et cupis videri
erano molto diffusi e consumati come anche la frutta. Il vino era la bevanda per eccellenza
dei banchetti, quasi sempre allungato con acqua o miele. In particolare, i Romani erano
ghiotti di salse, piccanti e particolarmente speziate, come il garum, preparata con interiora e
pezzetti di pesce salato, ridotti in poltiglia e fatti fermentare al sole, dal sapore molto acido,
ingrediente presente in parecchie ricette di Apicio.
LA LUSSURIA DEI BANCHETTI
Diversi autori, come Giovenale, Marziale, Seneca, Petronio, raccontano e denunciano nelle
loro opere le sfarzosit di molti banchetti. Lo stesso Seneca, parlando di Apicio, la cui opera
De re coquinaria la principale fonte di molte ricette della cucina romana, racconta, nella
Consolatio ad Helviam matrem che, dopo aver sperperato tutta la sua ricchezza in banchetti,
resosi conto di non aver pi niente, si sarebbe suicidato. Probabilmente unesagerazione,
bench rende conto degli eccessi gastronomici di et imperiale, illustrateci anche nel
Satyricon e negli epigrammi di Marziale.
Essenzialmente Vomunt ut edant, edunt ut vomant (Sen., Consolatio ad Helv., X, 3).
Per evitare ci, i romani legiferarono pi volte: la Legge Famia impose limiti al denaro
speso per il cibo, la Lex Licina del 104 a.C. impose limiti al consumo di carne nei banchetti,
la Lex Cornelia dell81 a.C. limit ai giorni festivi la possibilit di offrire banchetti sontuosi.
Anche Augusto intervenne a riguardo, anche perch ricordato per la frugalit dei suoi
banchetti. Svetonio, a proposito, scriveva:
Cenam
ternis
ferculis
aut
inutile
utrumque."
che
potesse
dar
noia
ai
APICIO, con la sua opera De re coquinaria, la principale fonte di molte ricette della
cucina romana, che rendono conto dei bizzarri accostamenti di sapori di alcune ricette. Un
esempio di una pietanza molto diffusa:
Apicio De re coquinaria VII, 18, 1
Cocleas. Cocleas lacte pastas: accipies lumache. Lumache nitrite di latte: prendi
cocleas, spongizabis, membranam toles, ut delle lumache puliscile con la spugna, togli
possint prodire. Adicies in vas lac et salem la membrana perch possano uscire. Mettile
uno die, ceteris diebus in lac per se, et in una pentola col latte e del sale per un
omni hora mundabis stercus. Cum pastae giorno, per altri giorni ci metterai solo latte
fuerint, ut non possint retrahere, ex oleo e ogni ora le ripulirai degli escrementi.
friges. Mittes oenogarum. Similiter et pulpa Quando saranno nutrite in modo che non
pasci possunt.
pilleatus,
dependebant
cuius
dentibus
duae
palmulis
sum,
quare
aper
pilleatus
parecchie parole latine inerenti al lessico dei cibi e degli utensili che sono state ereditate
nella forma dal siciliano. Come:
-
cucina.
CALIDARIUM, II in siciliano ha subito un profondo cambiamento fonetico, per
cui lo si ritrova, a seconda della topografia, nella forma casdaru, cadaru o quararu,
sempre con il significato di recipiente di rame con manici, dove gli antichi romani
riscaldavano lacqua.
Una sezione a parte merita levoluzione del termine latino cocleas, lumaca, che in italiano
ha qualche legame con chiocciola, ma in siciliano non ha prodotto risultati. Infatti in
siciliano troviamo diffusamente babbaluci, proveniente dallincrocio del termine greco
boubalkion e il termine arabo babbus, che ha prodotto appunto il termine babbaluci. Un
certo legame con la cucina romana si rintraccia soprattutto nella modalit di cottura delle
lumache, in quanto prima di essere cucinate, le lumache dovevano eliminare quanto
mangiato, la cosiddetta fase di purgatura. Proprio le consuetudini di spurgare e allevare le
lumache trovano tuttora conferma nei rilevamenti dellatlante linguistico siciliano.