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Cronologia della pasta

30.000 anni fa - L’uomo impara a macinare


Sulle rive del lago di Bilancino, sopra Firenze, gli archeologi hanno scoperto
un villaggio paleolitico con alcuni “macinelli”, sassi utilizzati per ridurre in
farina radici e semi essiccati. L’arte della macinazione è quindi assai più
antica dell’agricoltura.
10.000 anni fa - Il segreto del grano
Medio Oriente, alta valle del Giordano: nella località chiamata Malaha, Jean
Perrot nel 1958 scopre i resti di un villaggio preistorico che, all’esame della
misura del carbonio, si rivela appartenente all’ottavo millennio prima della
nascita di Cristo. Sulla base di tale scoperta viene formulata l’ipotesi che a
partire da quell’epoca l’uomo, stabilitosi nella fertile valle del Giordano,
scopre il segreto della coltivazione del grano.
8.000 anni fa - La diffusione dei cereali
Macedonia, pochi chilometri a Ovest di Salonicco: gli scavi archeologici
iniziati da Robert Rodden portano alla luce reperti che risalgono a più di
6000 anni prima della nascita di Cristo. I manufatti rinvenuti dimostrano che
l’uomo di quei territori non solo non era più nomade, ma viveva in una
comunità retta da leggi, in un villaggio organizzato, all’interno del quale
allevava le bestie anche per farsi aiutare nelle fasi della coltivazione dei
cereali. E forse fu dall’Asia Minore, attraverso il Mar Egeo, che la ‘scoperta’
del grano si difuse in Grecia e da qui a tutta l’Europa.
7.000 anni fa - Semi di civiltà
Jugoslavia, corso del Danubio: i reperti hanno dimostrato che, stabilmente
insediate lungo il fume, vivevano, in grandi case di legno a pianta
rettangolare, popolazioni dallo stadio civile e culturale molto avanzato. I loro
costumi alimentari erano basati sulla coltivazione dei cereali come il
frumento, l’orzo e il miglio.
4.000 anni fa - L’affresco del granaio
Egitto: un dipinto nella tomba di Mehenkuetre, cancelliere e ministro reale
del faraone Mentuhotip, riproduce l’attività di un granaio e di una panetteria
che mostra il primo esempio della pratica di purifcazione delle semole
attraverso setacci.
4.000 anni fa - La focaccia di Abramo
Genesi 18, 6-7: “Abramo allora se ne andò in fretta nella tenda da Sara e le disse: ‘Presto,
prendi tre staia di fior di farina, impastala e fanne delle focacce’”.
IX sec. a. C. - Polenta di farro
I popoli italici coltivano prevalentemente farro e orzo (con il quale cucinano
‘la polenta’ aggiungendo anche semi di lino, coriandolo e sale), ma anche
miglio e grano. I cereali, prima di essere cotti come polenta, vengono però
abbrustoliti, probabilmente per disinfestarli da tutti i tipi di parassiti ed
allungarne, così, notevolmente il periodo di conservazione.
490 a. C. - Il primo calmiere granario
Roma è colpita da una gravissima carestia. Il Senato istituisce il primo
calmiere, decidendo di acquistare dall’Italia un grosso quantitativo di grano
da distribuire al popolo in forma gratuita o semi-gratuita.
I sec. a. C. - Le Lixulae di Terenzio
Marco Terenzio Varrone (116-27 a. C.) nel suo De lingua latina parla
di Lixulae,specie di gnocchi ottenuti impastando acqua con farina e
formaggio, che erano considerati tra i cibi più poveri.
35 a. C. - La cena di Orazio
Q. Orazio Flacco (65 a. C. - 8 a.C.) descrive nella satira VI del I Libro, v. 115
la propria frugale cena: [..]inde domum me ad porri et ciceris refero laganique catinum,
“quindi me ne ritorno a casa (la sera) per mangiare una scodella di porri, ceci e lagane”. Ma
probabilmente le lagane di Orazio erano fritte e non lessate.
850 d. C. - La pasta del musicista
Il musicista arabo Ziryab, passato alla storia con lo pseudonimo di Petronio
Arabo, portò in voga nella Spagna dell’emirato di Abd-ar Rahman II, l’arte
della cucina e della tavola elegante e introdusse vari cibi, sempre
esteticamente disposti sulla tavola, fra i quali compaiono anche certi impasti
di farina che hanno le caratteristiche delle paste alimentari.
1041 - Maccheroni… da soprannome
Nel Codex Diplomaticus Cavensis (Cava dei Tirreni, Salerno) si cita un
certo “Nardus de Mari qui dicitur mackarone”. Il documento è importante ai fni
della storia della pasta poiché, anche se il termine vi compare nel senso
traslato di sciocco, testimonia che era comunque già largamente difuso.
1154 - I vermicelli di Al-Idrisi
Ne Il diletto di chi è appassionato per le peregrinazioni attraverso il mondo, il geografo
arabo Al-Idrisi, descrive il paese di Trabia, in Sicilia, luogo incantevole, ricco
di acque perenni e mulini, in cui si fabbrica un cibo di farina a forma di fli in
quantità tali da rifornire, con navi, oltre i paesi della Calabria, quelli dei
territori mussulmani e cristiani. Nel testo la pasta è defnita itriyah che in
arabo signifca pasta tagliata a strisce.
XIII sec. - I maccheroni al sugo dolce di Federico II
Federico II, stando alla testimonianza del poeta Walter von der Vogelweide
(1165-1230 ca.), amava particolarmente i maccheroni dal sugo dolce, conditi cioè
con lo zucchero, come si usava allora.
XIII sec. - Jacopone e le lasagne
Frate Jacopone da Todi (1230-1306) sentenzia che “granel di pepe vince per virtù
la lasagna”.
XIII sec. - Le ghiotte lasagne di Salimbene
Fra’ Salimbene da Parma (1221-1282) parlando nella sua Cronica di un frate
grosso e corpulento, tal Giovanni da Ravenna, annota: “non vidi mai nessuno che
come lui si abbuffasse tanto volentieri di lasagne con formaggio”.
XIII sec. - Lasagne pericolose
Cecco Angiolieri (1260-1312) ammonisce: “chi de l’altrui farina fa lasagne, il su’
castello non ha ne muro ne fosso”.
1244, 2 agosto - La dieta del lanaiolo
Il medico bergamasco Rogerius de Bracha si impegna, con atto rogato dal
notaio Giannino de Bredono, a guarire, in cambio di sette lire genovesi, il
lanaiolo Bosso da una malattia del cavo orale. Il malato, davanti ai
testimoni, si impegna a non mangiare alcuni cibi tra i quali è elencata anche
la pasta lissa.
1279, 4 febbraio - Un barile di… maccheroni
Il notaio Ugolino Scarpa redige una atto in cui si attesta che il milite Ponzio
Bastone lascia in eredità, tra altre povere cose, anche una “bariscella plena de
macaronis”. Si tratta dunque di pasta essiccata, probabilmente a forma di
piccoli gnocchi, tipo gli attuali gnocchetti sardi.
1295 - Le Lasagne di Marco Polo
Marco Polo (1254-1324) torna dalla Cina e tra le tante meraviglie di quel
Paese cita anche delle lasagne, (da lui ben conosciute in patria) fatte
con “farina di alberi” - albero del pane o albero del sago - e non con grano
duro, sconosciuto in quel Paese.
1295, 20 settembre - I maccheroni di Carlo Martello D’Angiò
Napoli, alla corte angioina la regina Maria, madre di Carlo Martello d’Angiò
fa pagare ai creditori “quattro once per prezzo di maccheroni ed altro”.
XIV sec. - I maccheroni e il paese di Bengodi
Franco Sacchetti (1335-1400), poeta e novelliere, nelle sue Rime elenca “le
zuppe lombarde, le lasagne maritate, le frittelle sambucate”.

Giovanni Boccaccio (1313 ca. - 1375) nel suo Decamerone, raccontando le


delizie del paese del Bengodi, dove chi più dorme più guadagna, descrive
una montagna di formaggio parmigiano grattugiato, dal quale rotolano giù
maccheroni e ravioli cotti in brodo di cappone.
XIV sec. - Gli “homini di buona pasta”
In questo secolo si difonde il modo di dire ‘essere di buona pasta’ per indicare
una persona buona e amabile, l’esatto opposto delle persone ‘di pasta
grossa’,rozze e meschine.
Giovanni Sercambi (1347-1424): “Spartosi la novella di ser Martino per la contrada,
alcune donne et alquanti omini di buona pasta andavano a lui dicendo...”.
Indole tutta diversa doveva avere, stando a quanto di lui ci dice
Boccaccio, “Frate Puccio [...]uomo idiota era di pasta grossa”.
1316, 7 gennaio - La casa della pastaia
Il notaio Giacomo Nepitello di Genova roga un atto di locazione della casa di
Maria Borgogno, la quale di mestiere “faciebat lasagnas”, cioè produceva
lasagne.
1329, 14 gennaio - Lasagnaro a Genova
In un atto notarile genovese si nomina un tale “Gualterius
Lasagnarius”, abitante nella contrada del Prione di Genova.
1338 - Il Compedium Alimentarum: le forme e i nomi della pasta
Mastro Barnaba da Reatinis di Reggio Emilia ne trattato Della natura e proprietà
degli alimenti, nota, a proposito dei diversi nomi delle paste alimentari, che
i Vermicelli toscani sono chiamati Orati a Bologna, Minutelli a
Venezia, Formentinia Reggio, Pancardelle a Mantova.
1351 - Pasta in mare
Il 31 maggio e il giorno seguente si imbarcano sulla galea di Paganino Doria,
Pietro Embriaco e Giovanni Bartolotto di Fegino, due lasagnarii destinati a
preparare la pasta fresca per l’equipaggio durante la navigazione.
1367- La lasagnaia di Firenze
Donato Velluti (1313-1370), statista forentino, nella sua Cronica
Domestica,parla di un tale che “fu figliolo di una fornaia, ovvero lasagnaia”. La donna
era di origine siciliana, ma viveva a Firenze dove gestiva la propria bottega.
1371, 17 ottobre - Il calmiere della pasta di Palermo
A Palermo viene fssato un calmiere per le paste alimentari distinguendo tra
pasta axutta (seccata) e pasta bagnata e fssando diferenti prezzi
per “maccaruni blanki di symula e lasagni di symula” a 30 denari il rotolo [pari a kg
0,79] e“maccaruni di farina e lasagni di farina” a 20 denari il rotolo.
1376 - Noddo dei maccheroni
In Italia i maccheroni si mangiavano con la forchetta, quando tale strumento
era ancora sconosciuto alle corti inglesi e francesi. Franco Sacchetti (1332-
1400) narra di un certo Giovanni Cascio che si ritrova seduto a tavola con
Noddo d’Andrea, un ghiottone capace di ingoiare cibi “ancor che
boglienti”. Quando vengono serviti i maccheroni “boglienti [...] Noddo cominciò a
raguazzare(muovere agitando) i maccheroni, avviluppa e caccia giù; n’aveva già mandato
sei bocconi giù, che Giovanni aveva ancora il primo boccone sulla forchetta”.
XV sec. - I maccaroni di Mastro Martino
Nel Libro de arte coquinaria di mastro Martino de Rubeis (XV sec.) da Como,
leggiamo diverse ricette “regionali” di maccaroni, del tutto assimilabili alle
nostre lasagne (maccaroni romaneschi), tagliatelle (maccaroni in altro
modo),maccheroni chi fir (maccaroni siciliani) e vermicelli, che, fatti seccare al sole,
durano doi o tre anni.
1421- Le lasagne negli Statuti milanesi
A Milano diventa necessario fssare calmieri sui prezzi delle paste
alimentari: “dal giudice degli alimentari sia fissato di volta in volta il prezzo delle lasagne e
dei formentini (“precium lasagnarum et formentinorum”)”.
1474 - I maccheroni del Platina
L’umanista cremonese Bartolomeo Sacchi, detto il Platina (1421-
1481),nel De honesta voluptate ac valetudine riporta la ricetta dell’“Esicium ex
carne”, pasta ripiena grande come una castagna (castaneae magnitudinem), tra le
prime citazioni a stampa dei ravioli e delle paste ripiene.
XVI sec. - Olimpo maccheronico
Teoflo Folengo (1491-1544)inventa la poesia maccheronica, scritta in una
lingua in cui si mescolano termini latini con parole italiane latinizzate.
L’Olimpo delle muse maccheroniche è una boccaccesca terra del Bengodi in
cui, tra altre delizie, vi sono “cento caldaie che mandano il loro fumo verso le nubi,
piene di caciottine, maccheroni e lasagne”.
1509, 23 gennaio - In guerra senza maccheroni
Il Viceré del Regno di Napoli emana un bando in cui si intima che “quando la
farina saglie per guerra, carestie et altra indisposizione de stagione de cinque carlini in su el
tumolo” i rivenditori non possono cucinare dolci né devono
confezionare“maccarune, trii, vermicelli excepto in caso de necessità de malati”.
1549 - Pasta alla Corte di Ferrara
Viene edita per la prima volta l’opera di Cristoforo Messisbugo (fne 1400-
1548), Banchetti, composizione di vivande et apparecchio generale, stampata a Ferrara,
città in cui visse operando come cuoco alla Corte del cardinale Ippolito
d’Este. Vi fgurano le ricette dei maccheroni romaneschi con uova intere, mollica
di pane e zucchero e dei Tortelli grassi, con ripieno di carne mista (petto di
cappone e pancetta di porco grassa e buona), formaggi (formaggio duro
grattato e formaggio grasso), uova, erbe e aromi, cotti in un buon brodo grasso.
1549 - L’ingegno per li maccheroni
Cristoforo Messisbugo (fne 1400-1548), parlando delle masserizie
necessarie al buon funzionamento della cucina, cita anche “l’ingegno per li
maccheroni”, cioè il torchio per fabbricare la pasta. D’altra parte il cuoco
estense cita i maccheroni napoletani e i vermicelli tra le varie scorte
alimentari di cui doveva disporre una buona cucina dimostrando
indirettamente come già all’epoca si fabbricasse pasta secca da tenere a
disposizione per eventuali necessità.
1570 - I maccheroni di papa Pio V
Viene stampata a Venezia, dall’editore Michele Tramezzino, la
preziosa Opera di Bartolomeo Scappi (fne XV sec.-1577), cuoco segreto di Pio V.
Tra le varie ricette sulla pasta da segnalare i Mille fanti, ottenuti da un
impasto di farina e acqua tiepida rivoltato fno ad “ottenere tanti granelli grandi
come miglio, che, fatti seccare al sole, si conservano in sacchetti, i Maccheroni a
ferro, confezionati arrotolando intorno a un ferro da calza la pasta, dolce di
zucchero e colorita con zafferano, stesa in sfoglia spessa come la costa di un coltello e
tagliata in strisce larghe mezzo dito e lunghe quattro dita”.
1570 - La comparsa della gramola
Nella cucina descritta da Bartolomeo Scappi (fne XV sec.-1577) “bisogna non
men d’ogni altra cosa una gramola per gramolar più sorti di pasta”. Se la gramola, già
nel Cinquecento, è considerata indispensabile per il buon funzionamento
della cucina di una Corte, ne consegue che tale macchina deve a maggior
ragione essere presente anche nelle botteghe artigiane, così
come l’ingegno(marchingegno) per i maccheroni, cioè il torchio usato nella
fabbricazione delle paste alimentari.
1571 - I Vermicellari di Napoli
È l’anno a cui risale lo Statuto più antico in nostro possesso riguardante la
Corporazione dei Vermicellari di Napoli, anche se la sua esistenza è provata
da altri documenti già negli anni Quaranta del secolo.
1574, 28 maggio - I Fidelari di Genova
Viene approvato dai Senatori della Repubblica di Genova il più antico
Statuto dell’Arte dei Fidelari (i pastai) che confermano, tra l’altro, come la
pasta già in quel periodo fosse confezionata con la semola.
1577 - I Fidelari di Savona
A Savona un documento d’archivio ci informa dell’esistenza dell’Arte dei
Maestri Fidelari, aggregati ai Formaggiari.
1579 - La vite di bronzo del torchio da pasta
Nei Capituli dell’Arte delli Vermicellari della Fedelissima città di Napoli si
legge: “Ogni bottega deve avere forzosamente il suo ingegno [cioè un torchio] atto a
Lavoro; è conservata in omnibus la costumanza ed uso di dett’Arte con la Vite di Bronzo, acciò
il Lavoro venghi di perfettione per servitio del pubblico”.
1584 - Come il cacio sui maccheroni
Giordano Bruno (1548-1600) nel suo libro Lo spaccio de la bestia trionfante cita il
modo di dire propriamente napoletano “è cascato il maccarone dentro il formaggio”.
1592 - Fidelli fatti a macchina
Da documenti conservati nell’Archivio Doria si ha testimonianza dell’uso di
trafle per pasta lunga: in tali documenti si legge infatti che i fidelli fatti a
macchina costavano meno dei gnocchetti fatti a mano.
1602, 14 ottobre - I Vermicellari a Roma
Viene emanato a Roma un bando Contra Vermicellari secondo il quale i pastai si
devono attenere inviolabilmente al calmiere circa i prezzi, tra altre cose, di
lasagne, vermicelli gialli, vermicelli, tagliolini e maccheroni bianchi; i
Vermicellari devono inoltre impegnarsi “a tenere di continuo nelle loro botteghe in
mostra le suddette robbe, et in particolare delli Vermicelli, et Tagliolini bianchi”.
1602 - Gli agnellotti in minestra di Giovanni del Turco
Il musicista Giovanni del Turco (1557-1647), comincia a raccogliere il
materiale che confuirà nel suo Epulario nel quale si tratta del modo di cucinare carne,
pescie, et ova.
Tra le ricette di questa raccolta, particolarmente interessanti sono quelle
della pasta ripiena, nelle quali l’autore dà una minuziosa descrizione, non
solo degli ingredienti e della preparazione, ma anche delle fasi del
confezionamento, come gli Agnellotti in minestra.
1605, 31 marzo - I Vermicellari di Palermo
Vengono emanati i Capitoli della Maestranza dei Vermicellari della città di
Palermo.
1617 - Gnocchetti sardi fatti a mano
Da un’ordinanza emanata a Savona risulta che al tornio de Fidelari si
fabbricano le paste locali, mentre quelle importate dalla Sardegna e dalla
Sicilia sono confezionate a mano.
1624 - Origine del Tortellino
Sull’origine del tortellino scrive Alessandro Tassoni (1565-1635) nella Secchia
Rapita:
“Marte sostò a Castelfranco con la sorella Venere,
di cui l’oste ammirò la bellezza senza veli
… l’oste ch’era guercio e bolognese
imitando di Venere il bellico,
l’arte di fare il tortellino apprese…”
1625 - Gnocchetti a Corte
Il lucchese Antonio Frugoli (XVII sec.) descrive un pranzo diplomatico
imbandito a Madrid l’11 febbraio 1625 tra le cui portate compaiono anche “i
maccheroni di Sardegna” (gnocchetti sardi).
1628 - Le paste di Cagliari
A Napoli si consuma anche pasta proveniente da altre zone del Vicereame,
in particolare la pasta che proviene da Cagliari e che può essere venduta
anche dagli Speziali manuali, ai quali però è fatto divieto di “tenere Maccaroni,
Vermicelli, e Tagliolini”.
1630 - In brodo di maccheroni
Giambattista Basile (1575-1633) nella raccolta di fabe popolari del
napoletano intitolata Cunto de li cunti, descrive le traversie di tal Jennarello e ci
dice che il protagonista, dopo essere passato per una trafila, se ne
usciva “mbruodo de maccarune”. Si tratta di una delle prime attestazioni
letterarie del termine trafilainteso come marchingegno che con le diverse
forme e dimensioni dei foridetermina la diversità dei formati di pasta.
1630 - Una sbronza di tagliatelle
Girolamo Aleandri il giovane (1574-1629) ne La difesa dell’Adone (Venezia
1629), descrive in modo colorito una scena di vita di Corte: “Giuocando alcuni
Gentilhuomini a sbaraglino in casa del marchese Pepoli, fu da un di loro detto all’altro per
burla, ch’egli era briaco di tagliatelli, cioè di quella minestra di minute fettucce di sfoglia di
pasta, che in molti luoghi di Lombardia si dicono lasagnette, e a Roma (se male non mi
ricordo) tagliolini”.
1639 - Pastai e formai
I Vermicellari di Roma ottengono che sia vietato ai fornai fabbricare
vermicelli.
1642, 17 gennaio - I Vermicellai di Roma
A Roma la Corporazione dei pastai redige il proprio Statuto e si
intitola “Universitas et Ars Vermicellariorum”.
1649 - Pasta di grano duro
Dal verbale di una riunione dei Fidelari di Genova, avvenuta l’11 maggio
1649, si desume che la materia prima della pasta genovese è il grano duro,
dal momento che i consoli parlano esclusivamente di “compre dei grani duri”.
1654 - L’albero genealogico dei maccheroni
Viene stampato a Modena il poemetto Della discendenza e nobiltà de maccaroni,del
conte Francesco de Lemene (1634-1704). Tali rime, oltre a rappresentare il
primo tentativo di classifcazione ragionata dei formati di pasta, forniscono
anche una tra le più remote testimonianze dell’esistenza di due macchine
essenziali perché si possa parlare di pastifcio in senso moderno: la gramola
e il torchio.
1660 circa - Gli gnocchi sul Torracchione
Bartolomeo Corsini (1606-1673) ne Il Torracchione, poema eroicomico,
composto intorno al 1660 e pubblicato postumo, ricchissimo di motti
proverbiali, non trova miglior locuzione per descrivere l’estasi del rapimento
d’amore: “Ivi stette ogni altra cura a monte/ mandando or da sera or da mattina/ a
specchiarsi di lei ne’ lucidi occhi/ e a far con lei della sua pasta gnocchi”.
1665 - Alla scoperta del glutine
Il professore gesuita Francesco Maria Grimaldi (1618-1663) in un manuale di
ottica descrive l’essenza e le proprietà del glutine al capitolo intitolato Index
rerum nobilium. Egli dichiara che il glutine, che si ottiene dalla farina, bagnato
è vischioso e colloso, ma, una volta evaporate le particelle liquide, allora
diviene secco e praticamente infrangibile (durum ac inflexibile).
1666 - I Lasagneri a Venezia
Dai libri di cassa dell’Arte dei Lasagneri di Venezia si ricava che i formati
delle paste alimentari fabbricati allora erano: lasagne, maccheroni; nenelli e rapioli.
1676 - Gnocchi barocchi
Ne Il Malmantile racquistato, poema del pittore forentino Lorenzo Lippi (1606-
1674), molto interessante dal punto di vista linguistico per la sua ricchezza
di vocaboli, modi di dire e locuzioni tipiche della parlata forentina del
tempo, viene riportata l’espressione “ognun può far della sua pasta gnocchi”, cioè
disporre delle proprie cose come meglio si crede, per lo più a sproposito.
1699 - I Maccaronari a Napoli
Napoli, la Corporazione dei Vermicellari cambia nome e diventa
Corporazione di Maccaronari, con proprio Statuto. Ciò dimostra che dal
Settecento il termine maccherone indica praticamente tutti i formati di pasta,
sia quelli fabbricati con il torchio e la trafla, che quelli confezionati a mano.
XVIII sec. - Il Macaroni Club a Londra
I maccheroni in Inghilterra sono l’emblema dell’Italia, ma senza alcuna nota
dispregiativa; al contrario il termine macarone viene usato ad indicare persona
fne, elegante, che può permettersi di consumare cibi esotici con un pizzico
di snobismo.
Non a caso nel Settecento a Londra esiste il “Macaroni club”, che
accoglie “giovanotti navigati, con lunghi riccioli e occhialetti”, grandi estimatori della
buona tavola, e l’applauditissima commedia “The macaroni” fa il giro dei
migliori teatri londinesi.
1740 - Le paste di Genova a Venezia
Il genovese Paolo Adami chiede (e ottiene) ai Deputati alle Regolazioni del
Commercio di Venezia l’autorizzazione ad aprire una fabbrica di “paste fine che
in Genova si manipolano e non fanno i Lasagneri di questa città”, impegnandosi a
insegnare “a qualunque Capo Mastro o figli di Capo Mastro che volesse apprendere l’arte e
maniera di fabbricar pasta fine ad uso di Genova”.
1743 - Casanova principe dei maccheroni
Nell’Ottobre del 1743 Giacomo Casanova (1725-1798), all’età di 20 anni,
sostò a Chioggia per tre giorni.
Vi compose e recitò un sonetto in onore dei maccheroni. E ne mangiò una
tale quantità che fu chiamato Principe dei Maccheroni.
1745 - Gli studi sulla farina
Viene edito il trattato De scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentari di
Bartolomeo Beccari (1682-1766). In esso il chimico bolognese afronta
scientifcamente lo studio del frumento dimostrando che nella farina vi sono
due sostanze essenziali: quella glutinosa e quella amidacea.
1765 - Varietà di grano
Viene pubblicato a Firenze il trattato Delle specie diverse di frumento e di pane e della
panificazione, di Saverio Manetti (1723-1785), in cui si afronta una
classifcazione dei vari tipi di frumento destinati alla produzione della
pasta: “La specie sopradescritta serva pure per fare le paste migliori e più bianche, come
sono i vermicelli fini, i maccheroni fini, i tagliatelli sottili, i foratini, i semini”.
1766 - Santo Stefano protettore dei Pastai
Il corpo di santo Stefano viene rinvenuto in una madia in cui era stato
sepolto di nascosto e per questo viene assunto quale protettore dei Pastai.
1773 - Pulcinella e il torchio da pasta
Jacopo Vittorelli (1749-1835) nativo di Bassano del Grappa (VI), scrive il
poemetto giocoso I maccheroni in cui, oltre ad attribuire a Pulcinella
l’invenzione di “tal cibo che rallegra gli animi”, specifca che, mentre un tempo la
pasta si faceva a mano, i vari formati “ora li spreme il torchio e in più di dodici fogge
diverse”...
1779 - Enciclopédie dei vermicelli
Esce a Ginevra la nuova Enciclopédie di Denis Diderot (1713-1784) e Jean
Baptiste Le Rond D’Alembert (1717-1783) in cui, alla voce vermicelier si
descrive minuziosamente la lavorazione della pasta. Si specifca tra l’altro
che esistono due tipi di torchio, a vite verticale per le paste lunghe e a vite
orizzontale per le paste corte, tagliate con un coltello fssato al centro della
trafla.
1787 - Goethe e i maccheroni
Lo scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), nel suo
diario Viaggio in Italia, dopo aver defnito i maccheroni come una “pasta delicata,
fatta di farina fina, fortemente lavorata, bollita e trafilata in certe forme”, disegna delicati
scorci di vita napoletana descrivendo l’attività dei maccheronari che, agli
angoli di quasi tutte le grandi vie, “con le loro casserole piene di olio bollente sono
occupati particolarmente nei giorni di magro, a preparare maccheroni, con uno smercio
incredibile, tanto che migliaia di persone portano via il loro pranzo e la loro cena in un
pezzettino di carta”.
1789 - Una pressa per il presidente degli Stati Uniti
William Short (1759-1849), incaricato da Thomas Jeferson (1743-1826) di
procurargli una macchina per la produzione della pasta, scrive da Napoli una
lettera allo statista americano nella quale gli comunica di aver comprato la
trafla che desiderava, allegando prezzi e dati relativi al torchio da pasta.
L’idea di difondere Oltreoceano la pasta e la giusta ricetta per cuocerla,
ebbe tuttavia successo solo molto più tardi, ad opera di emigrati italiani.
1794 - Le macchine del pastificio
Da un atto di vendita savonese ricaviamo la descrizione delle due macchine
del pastifcio antico, la gramola e il torchio, già utilizzata a partire dal XVI
secolo. La semola veniva versata nel bacile di legno duro della gramola, si
creava il cratere nel quale si versava l’acqua tiepida e si cominciava ad
impastare manualmente. In un secondo momento si faceva passare la
pesante mola di marmo sull’impasto spingendola con la stanghetta. Quando la
pasta era ben gramolata veniva tagliata in grossi pezzi che venivano messi
nella campana del torchio dove, compressi dal pistone a vite, trovavano
un’unica via di uscita, quella della forma di rame, cioè della trafla, che li
foggiava in forma di maccheroni.
1806 - I maccheroni di Napoli sono diritti
M. Bonaiuti da Londra scrive, in Italian scenery: “I maccheroni di Napoli si
riconoscono facilmente. Non sono avvolti a matassa come quelli di Genova. Sono
assolutamente diritti e solo ad una estremità hanno una curva, perché non appena sono usciti
dalla pressa per la lunghezza prestabilita, vengono appesi a dei bastoni per farli essiccare. Il
foro che li attraversa da un capo all’altro è perfettamente eseguito.[...] Ciò che più li distingue
è il loro colore giallo dorato. Il loro impasto è granulare e guardato contro luce presenta una
particolare trasparenza propria dei veri maccheroni di Napoli”.
1808 - Genealogie… olimpiche
Il medico forentino Camillo Cateni (1760-XIX sec.) nella Cicalata in lode dei
maccheroni aferma, attraverso una complicata serie di sofsmi “genealogici”,
che “imaccheroni sono in corpo e in anima strettissimi parenti di Giove”.
1824 - Vermicelli liguri sotto Napoleone
Gilbert Joseph Gaspard conte de Chabrol de Volvic (1773-1843), prefetto
napoleonico nel savonese negli anni 1806-1812, pubblica nel 1824 una
statistica sulle attività economiche del savonese tra le quali spiccano
le “fabbriche di paste: i circondari di Savona e di Porto Maurizio ne hanno 148. Se ne
esportano grandi quantitativi in Provenza e in Piemonte. [...].Il prodotto di ciascuna fabbrica è
di 280 quintali di pasta per anno” (circa 18 chili per operaio al giorno).
1825 - Maccheroni specialità gastronomica
Il grande gastronomo Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826) in “La fisiologia del
gusto o meditazioni di gastronomia trascendente” acutamente osserva: “… Per l’Italia i
maccheroni, il parmigiano, la mortadella e i gelati sono da porre sullo stesso piano delle
specialità gastronomiche dei maggiori Paesi”.
1827 - Nasce il pastificio Buitoni
A Borgo Sansepolcro (AR) Giovanni Battista Buitoni (1769-1841) apre il
pastifcio meccanico più antico d’Italia.
1830 - La prima gramola a coltelli
Viene bandito un concorso per la creazione di una gramola meccanica. Il
concorso è vinto dalla ditta Pattison di Napoli che costruisce la gramola a
coltelli: l’impasto, contenuto in un piatto di legno circolare, viene
ripetutamente colpito da una doppia stanga di legno, alzata e abbassata
meccanicamente, mentre ad ogni colpo il piatto ruota leggermente, in modo
tale che l’impasto venga lavorato progressivamente.
1833 - L’uomo di bronzo per far spaghetti
Ferdinando II di Borbone (1810-1859) re di Napoli, in visita a un pastifcio
inorridisce vedendo che l’impasto dei maccheroni è pigiato con i piedi;
incarica così Cesare Spadaccini, illustre ingegnere, di ideare un sistema di
lavorazione più igienico. Dopo un anno di studi viene pubblicato il Novello e
grande stabilimento di paste, con l’uomo di bronzo, per togliere l’uso abominevole di impastare
con i piedi, costruito da Cesare Spadaccini e viene intrapresa la costruzione di un
moderno pastifcio, ma spentosi l’entusiasmo iniziale, don Ferdinando
decide di tagliare i fondi, decretando la fne dell’impresa.
1834 - 250 fabbriche di vermicelli
Lo scrittore e giornalista torinese Davide Bertolotti (1784-1860), nel Viaggio
nella Liguria Marittima pubblicato nel 1834, aferma che la provincia di Genova
ha “dugentocinquanta fabbriche di vermicelli”, che “manda per mare a Costantinopoll, a
Cipro, in Egitto, in Francia, in Inghilterra, in Spagna e nelle due Americhe, nonché per terra
nella Lombardia, nella Toscana, nella Svizzera, nella Germania”.
1837 - La “prima volta” col pomodoro
La pasta si sposa al pomodoro per la prima volta in una ricetta contenuta
nella Cucina teorico-pratica del napoletano Ippolito Cavalcanti (1787-1859)
Duca di Buonvicino. Il segreto del successo dei vermicelli con il pomodoro
sta nel far restringere con cura la salsa, nel cuocere al dente la pasta e nel
far saltare il tutto in padella, dando ogni tanto una rivoltata fno a raggiungere il
perfetto condimento.
1845 - I primi torchi idraulici
In Viaggio da Napoli a Castellammare Francesco Alvino (XIX sec.) riporta la notizia
che “Nicola Fenizio, che è celeberrimo intraprenditore (in Gragnano), ha fatto nella sua
fabbrica quattro torchi idraulici, che lavorano a meraviglia”.
1846 - Tecnologia a vapore
Il signor Giuseppe Doglio, in occasione di un’esposizione tenutasi a Genova,
viene premiato con la medaglia d’argento per la creazione di un torchio per
paste realizzato in ferro e bronzo con la campana riscaldata a vapore.
1858 - Maccheronica emulazione
Francesco de Bourcard (XIX sec.) nella raccolta Usi e costumi di
Napoli, ricorda:“imaccheroni, e chi non lo sa? sono la forma onde lo straniero contrassegna
la plebe napolitana. [...] Alla comun maniera di fabbricare tal pasta, si è unita oggi la
macchina idraulica e tra i seguaci dell’uno e dell’altro sistema si eccita già una maccheronica
emulazione”. Comincia a difondersi l’uso della pressa idraulica (e non solo
meccanica) per la formatura della pasta.
1860 - Macaron politik
Il 7 settembre 1860 il generale Giuseppe Garibaldi (1807-1882), dopo aver
conquistato la Sicilia, entrava in Napoli e nulla ormai avrebbe potuto
impedire l’unità d’Italia. Cavour (1810-1861), Capo del Governo italiano, ne
dava notizia, scrivendo nel rapporto ufciale con la maggiore serietà
possibile: “I maccheroni sono cotti e noi li mangeremo”.
1862, 10 novembre - Verdi e i maccheroni di San Pietroburgo
Nella corrispondenza di Giuseppe Verdi (1813-1906) fu pubblicata una
lettera della moglie Giuseppina Strepponi all'impresario Corticelli nella quale
ammette che ci sarebbero voluti “i tagliatelli e i maccheroni ben perfetti per renderlo
di buon umore in mezzo al ghiaccio e alle pellicce (di San Pietroburgo)” in occasione
della prima de “La forza del destino”.
1877 - Nasce la Barilla
A Parma viene aperta una modesta bottega, con forno annesso, per la
vendita del pane e della pasta fresca: il proprietario si chiama Pietro Barilla
sr. (1845-1912) e darà l’avvio ad una impresa oggi leader di mercato nel
mondo.
1878 - La semolatrice meccanica
Viene introdotta nell’industria del pastifcio la cosiddetta “Marsigliese”, una
semolatrice che non solo azionava meccanicamente il setaccio, ma,
attraverso un sofo d’aria proiettato sotto il setaccio stesso, facilitava la
giusta stratifcazione dei prodotti per peso.
1879 - Spaghi linguistici
Il Dizionario della Lingua Italiana di Niccolò Tommaseo (1802-1874) e Bernardo
Bellini (1794-1877) alla voce “Spaghetto, singolare maschile diminutivo di
SPAGO”,include la locuzione “Minestra di spaghetti: che sono paste della grossezza di un
piccolo spago e lunghe, come i sopraccapellini”.
1882 - Nuove tecnologie
La ditta Pattison costruisce a Napoli le prime presse idrauliche a gotto
montante, in cui è la campana contenente la pasta che viene spinta contro il
pistone fsso. Tale sistema verrà poi sostituito da quello a gotto fsso e
pistone discendente, con il quale si arrivò ad una produzione media di 1
quintale di pasta ogni venti minuti.
1892 - Statistiche maccheroniche
Nel volume Province di Genova e Porto Maurizio Gustavo Straforello (1820-1903)
traccia unquadro preciso della fliera della pasta nella Liguria di fne
secolo. “Si può calcolare che fabbricansi in complesso circa 159.000 quintali di paste
all’anno, i quali si smerciano abbondantemente nel Regno e all’estero, principalmente negli
Stati Uniti, nel Brasile e in altri Stati dell’America Meridionale, a Gibilterra e a
Costantinopoli”.
1904 - La gramola a rulli
Viene messa a punto la gramola ligure a rulli.
1908 - Il sogno del pastaio
Ne L’industria del pastificio Renato Rovetta (XIX-XX sec.) sentenzia
sconsolatamente: “diversi costruttori han mirato all’unione di queste
macchine(impastatrice e torchio), o al lavoro continuo di ogni una, ma, finora, senza
risultato positivo. Una buona impastatrice - gramolatrice e un torchio continuo risolverebbero,
in massima parte, il problema, ma, allo stato attuale di queste costruzioni, sembra che siamo
ancora lontani dal poter pervenire a tanto”.
1917, 6 ottobre - Il brevetto della prima macchina continua
Viene depositato da parte del francese Féréol Sandragné (1844-1929), il
brevetto per una macchina in grado di unire in modo continuo la lavorazione
ancora interrotta tra gramola e torchio. È l’avvio della automazione
industriale del pastifcio.
1920 - La ricetta di Rossini per i maccheroni
La governante di Rossini, Giulia Barbenoire, che era entrata al suo servizio a
18 anni, nel 1920 rilascia una afettuosa intervista dove ricorda: “Ogni sabato
v’era il famoso pranzo: 15 coperti erano sempre pronti; veniva chi voleva: il fedele maestro
Carafa, Tamburini, la Patti, d’Alboni, il pianista Diemer, … E tutti andavano in estasi per i
famosi maccheroni che Rossini preparava con le proprie mani” e la cui ricetta
recitava: “Perché i maccheroni riescano appetitosi occorre buona pasta, ottimo burro, salsa
di pomodoro e Parmigiano eccellenti, e una persona intelligente che cuocia, condisca e serva”.
1930 - Pastasciutta futurista
Nel Manifesto della Cucina Futurista, pubblicato il 28 dicembre 1930 sulla
“Gazzetta del Popolo”, Filippo Tommaso Marinetti (1876–1944) propone
l’“abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana”. Scoppia la
polemica sulla stampa internazionale. Ma Marinetti, fotografato al Ristorante
Bif di Milano mentre mangia, con l’avidità di una trebbiatrice, un enorme
piatto di spaghetti, viene deriso da un giornale satirico con questi
versi: “Marinetti dice ‘Basta, messa al bando sia la pasta’. Poi si scopre Marinetti che
divora gli spaghetti”. E così la querelle, nata per favorire la coltivazione del riso, si
chiude rapidamente.
1933 - La pressa continua degli ingegneri Braibanti
Viene messa in opera la prima pressa veramente continua, interamente
automatica, che unisce impastatrice, gramola e torchio in un’unica
macchina, ideata e progettata dagli ingegneri parmigiani Mario (1896-1970)
e Giuseppe Braibanti (1897-1966) di Parma.
1948 - La pasta di De Gasperi
Alcide De Gasperi (1881-1954) statista trentino e Presidente del Consiglio
italiano dal 1945 al 1953, intervenendo sugli aiuti alimentari americani e sui
rifornimenti di grano ebbe a dire: “L’Italia non si governa senza pasta”.
1957, 1 aprile - Un pesce… di pasta!
La BBC manda in onda un cortometraggio intitolato: Raccolta primaverile degli
spaghetti in cui si riprendono scene di vita contadina girate nelle campagne di
Lugano. Uno speaker serissimo descrive gli alberi da cui pendono decine di
chili di spaghetti, che, grazie all’abilità e alla perizia acquisita attraverso
generazioni dai coltivatori di questo prodotto, crescono tutti della stessa
lunghezza, facilitando le operazioni di raccolta. La mattina seguente la
redazione della BBC ricevette numerose telefonate di persone interessate
all’acquisto delle piante da spaghetto.
1958 - La cena del Gattopardo
Magie sontuose nella casa del principe escono dalla penna di Giuseppe
Tomasi di Lampedusa (1896-1957) in una ammaliante pagina
del Gattopardo: “Buone creanze a parte, però, l’aspetto di quei monumentali pasticci era ben
degno di evocare fremiti di ammirazione. L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero
e di cannella che ne emanava, non erano che il preludio della sensazione di delizia che si
sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un
fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, le ovette dure, le sfilettature di
prosciutto, di pollo e di tartufi nella massa caldissima dei maccheroni corti, cui il sugo di carne
conferiva un prezioso color camoscio”.
1967 - Il cannone della pastasciutta
“Il cannone del Forte di Belvedere a Firenze, come Tosca, ‘non fece mai male ad anima
viva’. Eppure è messo in postazione fin dai tempi del Duca d’Atene. Scrupoloso obiettore di
coscienza, l’unica concessione che fece fu quella di sparare (beninteso, a salve) il segnale di
mezzogiorno. E subito i fiorentini lo battezzarono il cannone della pastasciutta”.
1969, 12 ottobre - Il più grande pastificio del mondo
A Parma inizia la produzione nello stabilimento Barilla di Pedrignano lungo
l’Autostrada Milano-Bologna: il più grande pastifcio del mondo, costruito su
un’area di 125 ettari con una superfcie coperta di 55.000 mq e un fronte
lungo l’autostrada di 340 metri, con 11 linee continue lunghe 150 metri
ciascuna, in grado di produrre e confezionare 10.000 quintali di pasta al
giorno.
2003 - Pasta enigmistica
La “Settimana Enigmistica”, glorioso periodico fondato nel 1934 da
Giuseppe Sisini Conte di Sant’Andrea (1907-1972), nel numero 3716 cita un
curioso personaggio mitologico, Aio Eolio: “Antico insegnante delle Lipari, ideò il
famoso, omonimo, piatto di spaghetti”. Ovviamente nessuno ci ha creduto.

created: 11/05/2016 tell a friend


modifed: 17/03/2017 printable version
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