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Foggi
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Se vedi un affamato
non dargli del riso,
insegnagli a coltivarlo

Confucio

1
2
Carmine de Leo

Da Federico II di Svevia
alle nostre tavole
Il bianco mangiare
storia di un’antica ricetta

Centro studi Mediterraneo


Foggia – 2021

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4
Introduzione

Questo piccolo libro nasce quasi per caso, infatti, lo stimolo a


scrivere una storia di un’antica ricetta, il bianco mangiare,
sopravvissuta dal passato fino ad arrivare sulle nostre tavole,
nasce dal ritrovamento di tracce di essa in antiche pergamene
di epoca sveva.
La tavola dell’imperatore Federico II di Svevia è nota per le
sue variegate pietanze, collegate soprattutto alla passione per
la caccia da lui praticata nei boschi, che un tempo coprivano
tutta la Capitanata, terra ove il grande svevo amò risiedere,
soprattutto nella città di Foggia, ove ordinò la costruzione di
un sontuoso palazzo per la residenza sua e della corte.
Ma come ha fatto il bianco mangiare a sopravvivere in tanti
secoli?
La risposta è nel dato di fatto che si tratta di una pietanza
molto semplice, ma abbastanza gustosa e digeribilissima.
Nel segreto delle mura dei conventi, il bianco mangiare
continuò ad essere preparato come pietanza dolce o come
alimento per malati e convalescenti.
I secoli passarono e il bianco mangiare venne citato da cuochi
famosi in vari manoscritti italiani, ma anche di altri paesi
europei.
Infine, questo libro rappresenta, fra tanti studi e ricerche molto
più impegnativi, un divertissement, ma esso è pur sempre una
parte della storia delle nostre tradizioni gastronomiche.

Carmine de Leo
Presidente Centro studi Mediterraneo

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Tra leggende e storia vera

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Un’antica leggenda indonesiana narra che una dea dall’alto del
cielo osservava il mondo e vedendo che una povera famiglia di
contadini non aveva nulla da mangiare, scoppiò in un pianto
sincero ed una sua piccola lacrima cadde dal cielo proprio nella
pentola di questa povera famigliola e si trasformò in un chicco
di riso.
Ogni volta che veniva accesso i fuoco sotto la pentola, il chicco
si moltiplicava in un bel piatto colmo di questo cereale, che
bastava per tutta la famiglia, che presto pensò anche di coltivare
questo prezioso dono e, per la loro gioia, il chicco di riso si
moltiplicò subito anche nella nuda terra!
Questa è la leggenda che accompagna la nascita del riso, ma la
storia vera vede questo cereale già molto diffuso nell’antichità
sopratutto in Asia.
Infatti, in Cina, il riso è ancora oggi considerato uno degli
alimenti base della cucina locale ed esistono migliaia di varietà
di questo cereale attualmente coltivato in tutto mondo.
La sua coltivazione, dall’Indonesia e dalla Cina, si diffuse preso
in India.
Verso il IV secolo a.C. gli eserciti guidati da Alessandro Magno,
che si erano spinti ai confini dell’India, portarono questo
prezioso cereale anche in Grecia.
Da questo territorio, nei secoli successivi, pian piano il riso,
seguendo le rotte commerciali dei coloni greci ed anche delle
navi fenice, si diffuse ben presto un po’ in tutto il mar
Mediterraneo!
In Capitanata, residenza privilegiata dell’imperatore Federico II
di Svevia, che nella città di Foggia fece costruire un sontuoso
palazzo per la sua corte,1 il riso è già presente nel Trecento.
1
Cfr. C. de Leo, Il Palazzo i Federico II a Foggia…, Foggia , 1990 e dello
stesso il più recente: Nuovi documenti sul palazzo di Federico II, in
AA.VV. Foggia sotterranea. Sulle tracce del palazzo imperiale di
Federico II tra leggenda – fonti documentarie e ricerca archeologica,
9
Il desinare è stato sempre una componente privilegiata della vita
dei vari sovrani che hanno governato l’antica terra Dauna, poi
detta Capitanata, dai Catapani, ovvero i governatori bizantini
che per un certo tempo amministrarono questo territorio nel
nord della Puglia.
Imperatori, re e governatori che hanno risieduto o sono stati di
passaggio in Capitanata, non hanno mai disprezzato di
sottolineare nelle loro cronache di viaggio il proprio interesse
verso la cucina di questo territorio, cucina intesa nella sua più
vasta accezione, cucina in quanto bontà del cibo e cucina in
quanto capacità di elaborare ricette e pietanze di particolare
raffinatezza.
Principe dei vari sovrani che ebbero residenza in Capitanata,
emerge su tutti la figura straordinaria dell’imperatore Federico
II di Svevia, grande politico, grande legislatore e guerriero,2 che
non disdegnò certamente di apprezzare i gustosi prodotti delle
mense di Capitanata.3
Testimonianza e quasi reliquia di questo interesse del grande
Svevo, resta una decorosa lastra di marmo, ora utilizzata come
altare nella cattedrale di Lucera, ma un tempo tavola della
mensa di Federico II nel vecchio castello di Fiorentino, località
fra Lucera e Torremaggiore, ove l’imperatore passò a miglior
vita, forse perché avvelenato, oppure, tanto per restare in tema
di alimentazione, per aver ingerito dei cibi guasti.

Foggia, 2020.
2
Restano pietra miliare della sua legislazione Le Costitutiones, cfr. C. de
Leo, L'Amministrazione Giudiziaria nelle Costituzioni di Federico II di
Svevia, Foggia, 1995.
3
Cfr. C. de Leo, Svevi e altri dominatori dal raffinato palato e monaci
buongustai, in Storia gastronomica della Capitanata, Foggia, 1991, pp.
17-24 e Antichi sapori federiciani, in Natale ... Tradizione gastronomia,
Foggia, 1994, pp. 41-58.

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Ma torniamo al grande Svevo ed alla sua passione, in vita, per il
buon mangiare; nel Trecento, in alcuni documenti della sua
corte imperale appare citato proprio il riso come principale
ingrediente di una squisita ricetta, il bianco mangiare, di cui lo
stesso imperatore era molto ghiotto.
Quest’antica ricetta era costituita pressappoco da riso, latte e
mandorle, oppure da solo riso e latte, con una spruzzatina di
zucchero.
In particolare, in un manoscritto trecentesco conservato oggi
presso la Biblioteca Nazionale di Napoli,4 in cui si parla
dell’occorrente per la tavola della corte federiciana, fra cera per
le candele, scodelle ed una miriade di spezie come: cannella,
noce moscata, pepe, garofani e zafferano, ecco citato anche il
brodo di mandorle e il bianco mangiare, con la quantità di riso e
mandorle occorrenti per circa venti commensali, che era il
numero dei cortigiani che di solito accompagnavano a tavola
l’imperatore Federico II di Svevia.
La storia di questa particolare ricetta costituita da riso cotto con
il latte, mandorle tritate e un po’ di spezie dolci, continua nei
scoli con varie citazioni, che si infittiscono a partire dal
Cinquecento.
Proprio in quest’epoca, in un antico testo manoscritto del ‘400-
‘500 attribuito ad un anonimo veneziano e conservato oggi
presso la Biblioteca Casanatense di Rona,5 appaiono citate due
ricette collegate al bianco mangiare: una chiamata bramagere e
l’altra chiamata rixo in bona manera.
Nella prima, il bramagere, ecco le mandorle, il riso, brodo,
grasso, zucchero, chiodi garofano e, naturalmente, il latte in cui
va bollito il tutto; il testo è il seguente:

4
Cfr. G.M. Monti, Lo Stato Normanno-Svevo. Lineamenti e ricerche,
riedizione, Cassano Murge, 1985, pp.328-329.
5
Biblioteca Casanatense, Roma, sezione manoscritti, n.225.
11
Se tu voy fare bramagere per XII persone, toy …libre de
mandole, e una libra de rixo,…dui libre d’onto fresco, e una
libra e meza i zuccaro, e mezo quarto de garofalli, e toy le
mandorle, e mondale, e servane quantità de entriegi, e le altre
fa maxenare, e maxena e destempera cum acqua chiara poca,
colalebene per stamegna, toy lo rixo ben mondo e ben lavato ad
acqua chalda e ben raschado, zoè suto con toaglia, e falo persre
lo spiciale, over setazare e staciare, e toy li petti de le galine e
fali lesare poch, e filali sottile e frigell in lo onto con pocho
focho in una pignata persi, e meti a fogo lo lacte de le mandole,
e servane doe scudelle. Quando lo lacte, bolle destempera la
farina de lo rixo con quello lare crudo, e metile a bolire, e trailo
in dreto suso la braxa, e meti incontinente le polpe e sfilato e
l’onte de struto dentro questa vivanda, e mescola spesso, e
metigli del zucaro. Quando è coto e tu menestra, mitige de
l’acqua rosata per sopra le scutella, e poy zucharo, e poy
mandole sofrite ianche, e poy garofali, Questa ivanda vole
essere bianca come neve, e stetta, e potente de specie.

Della seconda ricetta riportata nel citato manoscritto


dell’anonimo veneziano: Rixo in bona manera, ecco il testo:

Se tu voy fare rixo in la meiora manera he fare se poy per XII


persone, toy do libre de riso e do de mandorle, toy meza libra de
zucharo; to lo rixo ben mondo e ben lavatoe toy le mandorle
ben monde e ben lavate e maxenate e distempera con l’acqua
chiara e ben colate in stamegna. Toy lo rixo e mitilo a fogo in
acqua chiara; quando è levato lo primo bolire e ben spumato
scolavi fuora l’acqua in contentente e metli el lato de le
mandole e fa choxere su la braxa da lonze e mescola spesse
intorno che non se rompe; quando boglio streto rezonze suxo
del late de le mandole e quando è apres che coto, mitige
quantità de zucharo. Questa vivanda vuol essere biancha e
molto spessa e quando l’è cocto polveriza in le manestre del
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zucharo per suso.
Ancora della stessa epoca ecco il Blan manciere de quaresima,
dell’Anonimo meridionale nei suoi due libri di cucina del
Quattrocento, sempre con le solite mandorle e latte e riso, ma
arricchito anche da altri ingredienti come il pesce:

Affare blanc manger in quaresima tolli mandole mundate et


assuccale bene con una tovaglia et pistale, et quando elli è
piste, sciucale con esse l’amandole, et lìolio che ne oscirò
mictolo in uno vascello, et salvala bene la sustantia delle
amandule, et destempera con acqua freda, et colala colla
stamegna o con seta, et co quello lacte destempera farina de
grano e riso si mentata desopra, e puni a bollire sicomo è dicto
desopra, et mictice del zuccaro et della polpa del pescede luzzo
de trocta o de altro pece che abia la polpa bianca esfilata, et
quando el se menestra, puni sopra zuccaro et olio de amandole.

Molti altri testi antichi riportano ricette simili, in essere risultano


sempre fra gli ingredienti, oltre al latte ed a riso, le mandorle,
elemento essenziale anche della cucina federiciana.
Questo prodotto naturale è già menzionato in antichi documenti
del tredicesimo secolo negli Acta Imperi, raccolti dal
Winkelmann in cui l’imperatore Federico II di Svevia impone
alcuni dazi sulla loro esportazione nel porto di Siponto, in
Capitanata, allora uno degli scali più importanti e frequentati del
mare Adriatico.
In tutta la Puglia ed in Capitanata, del resto, le mandorle,
raccolte a mano e fatte asciugare al sole dopo averle liberate del
guscio, erano conosciute da secoli, portate qui dai primi coloni
greci.
Le mandorle erano molto care a Federico II di Svevia, che oltre
a ad essere utilizzate nella ricetta del bianco mangiare con latte e
riso, erano uno degli ingredienti essenziali dei pani mandorle e
miele; prelibato dolce che non mancava mai sulle tavole
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dell’imperatore Svevo.
Col passare dei secoli, intanto, il bianco mangiare arrivò al
Medioevo e si diffuse in tutta l’Europa, soprattutto nei
monasteri, allora tenutari di ricette preziose che venivano
utilizzate anche a scopi terapeutici.
L’antica pietanza del bianco mangiare, peraltro, era utilizzata
per alimentare anche i malati ed i convalescenti, essendo i suoi
ingredienti: late, riso e mandorle, molto nutrienti e facilmente
digeribili.
Diffusa in tutta la penisola italiana e in Europa soprattutto in
Francia e Spagna, la ricetta del bianco mangiare è citata in vari
testi manoscritti antichi, di cui alcuni già si è trattato in questa
ricerca.
Ancora nel Cinquecento, continua la fortuna di questa ricetta ed
eccola citata anche da uno dei più famosi cuochi di quel
periodo, tal Martino Rossi, chiamato anche Maestro Martino,
che fu cuoco, dapprima degli Sforza, signori di Milano e poi del
patriarca di Aquileia che si era poi trasferito a Roma presso la
corte del Pontefice.
Il maestro Martino riporta la sua ricetta di riso con lacte de
mandorle, per una porzione da dieci menestre, con dosi degli
ingredienti molto elevate e corrispondenti a ben dieci porzioni
per altrettante persone, forse i conviviati del suo signore di
turno.
Eccone il testo:

Per farne dece menestre, togli una libra de amandole et


monadale bene che siano bianche. Et togli meza libra di riso, et
lavalo doi tre volte con acqua tiepida, et ponilo al focho con
acqua chiara et fallo ben cocere: da poi caccial fore et ponilo a
sciucchare. Dapoi pista molto bene le ditte amandole
bagnandole et sbroffandole di sopra spesso con un pocha
d’acqua fresca, aciochè non facciano olio; et distemperale con
acqua fresca et passale per stamegnia et mitti a bollire questo
14
lacte in una pignatta giongendovi meza libra di zucharo fino. Et
como comincia a bollire mittivi dentro il riso et poni la pignatta
sopra la brascia longi dal foch voltando spesso col cocchiaro
acciò che non pigli fume, et fallo bollire per spatio de meza
hora. Similmente poterai cocere lo dito riso con lacte de capra
o con altro lacte.

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Foggia, arco del Palazzo di Federico II di Svevia, disegno di
V.Baltard pubblicato nel 1844.

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Il bianco mangiare dalla ritualità religiosa
alla letteratura contemporanea

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Per l‘assenza di carne fra i suoi ingredienti, il bianco mangiare
ebbe anche fortuna nelle ritualità delle feste religiose, come fra
gli Ebrei che gustano il mondel reis, com’è chiamato nella loro
lingua.
Pietanza che viene consumata durante la festa del giorno di
Adar, che ricorda quando gli Ebrei furono salvati dalla strage
grazie alla moglie del re di Persia, anch’essa ebrea, che riuscì a
sventare un complotto per sterminarli.
Nelle religioni cristiane, invece, il bianco mangiare, tramandato
dalle cucine dei monasteri, viene consumato soprattutto durante
i periodi di quaresima, ma anche nel corso delle festività
natalizie.
Riso, latte, mandorle e zucchero erano infatti una delle pietanze
più prelibate consumate nei conventi, specie quelli di clausura
femminili; soprattutto la sera della vigilia per bilanciare, per
così dire, la pesantezza delle altre pietanze che si consumavano
in quella occasione!
Proprio in Capitanata abbiano vari documenti settecenteschi
relativi al regime alimentare in cui viene regolarmente citata la
ricetta del bianco mangiare, pietanza ritenuta insostituibile per la
dieta degli infermi, come presso il convento della SS. Trinità in
San Severo dei padri Celestini, ricchi proprietari delle cave di
pietra nel nord ella Capitanata, monastero la cui mensa era
caratterizzata da altri e più sostanziosi cibi.
Anche il famoso dottor Umberto Veronesi, del resto, ha
riconosciuto l’importanza terapeutica del riso e del bianco
mangiare in vari suoi scritti.
Ancora in Capitanata, presso il convento di clausura delle
monache di Santa Chiara di Manfredonia, ecco le suore che la
sera del giovedì santo consumavano il bianco mangiare
insaporito anche da spezie come la cannella.
Piatto che le monache, come altre loro consorelle in Capitanata,
prigioniere della loro clausura e con la sola possibilità di
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commettere peccati di gola, gustavano con cadenza settimanale.
Il sabato, infatti, le monache di Santa Chiara gustavano il bianco
mangiare con piatti di pesce e frutta di stagione.
La bontà del bianco mangiare è anche attestata da un famoso
scrittore e viaggiatore del Trecento, il frate francescano
Salimbene de Adam da Parma, che riporta nella cronaca di un
suo viaggio dall’Europa a Gerusalemme, scritta in parte in latino
ed in parte in volgare, che anche il re di Francia Luigi IX, poi
fatto Santo, nel suo errare fra i conventi francescani, amava
gustare il bianco mangiare!
La fortuna di questo piato che ha deliziato imperatori come
Federico II i Svevia e, come abbiamo visto, frati e suore ed
anche re, non si fermò al Settecento, ma continuò fino ai giorni
nostri.
Del bianco mangiare si parla anche in importanti testi della
letteratura dell’Ottocento e del Novecento, come nel famoso
romanzo Piccole donne della scrittrice americana Louisa May
Alcott, pubblicato la prima volta nel 1868 in due volumi e poi
unito in un unico testo in svariate successive edizioni.
Il passo che interessa il biancomangiare è quello di quando JO,
nel corso di una visita a Laurie ancora convalescente, le riferisce
che la madre l’aveva incaricata di portarle, oltre ai suoi saluti e
gli auguri di una rapida guarigione, anche un assaggio del
gustoso bianco mangiare.
Era questa, infatti, la sua ricetta preferita e rappresentava la sua
specialità in fatto di pietanze dolci.
Laurie, felicissima per il gustoso dono, risponde:

Ho l’impressione che quel dolce sia troppo bello per mangiarlo,


sorridendo di piacere quando Jo scoprì il piattino mostrando il
bianco mangiare.

Ancora, un’altra famosa autrice, ma questa volta


contemporanea, la cilena Isabelle Allende, in un suo singolare
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libro di ricette: Afrodita, raconti, ricette e altri afrodisiaci,
pubblicato verso la fine del secolo scorso, ci parla del bianco
mangiare:

Una notte del gennaio 1996 sognai di tuffarmi in una piscina


colma di riso al latte in cui nuotavo con la grazia di un delfino.
E’ il mio dolce preferito, il riso al latte… in un ristorante di
Madrid ne ordinai quattro porzioni e poi una quinta come
dessert, le mangiai senza batter ciglio.

23
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Federico II di Svevia, bassorilievo nella chiesa della Porta Santa
di Andria, disegno di V.Baltard pubblicato nel 1844.

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La ricetta

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Infine, come abbiamo visto, è acclamata l’importanza del bianco
mangiare dalla storia, da tanti autori antichi e più recenti e,
soprattutto dalla sua squisitezza, che ne ha fatto un dolce
sopravvissuto tra mille gusti.
Ciò, anche grazie alla sua bontà ed alla semplicità dei suoi
ingredienti, eccolo direttamente dalla sontuosa mensa
dell’imperatore Federico II di Svevia alle nostre tavole.
Non ci resta quindi che pubblicare una ricetta standard di questa
prelibata pietanza.

Ingredienti

Un litro e mezzo di latte vaccino, oppure di latte di mandorle, un


pizzico di sale, un cucchiaio di zucchero e 300 grammi di riso.

Cottura

Far bollire la metà del latte in un tegame, raggiunta la bollitura,


versare i 300 grammi di riso ed il pizzico di sale.
Continuare poi la bollitura a fuoco molto lento e versare lo
zucchero ed il latte rimasto un poco alla volta.
Quando il riso sarà cotto al dente, togliere dal fuoco e
aggiungere, volendo, qualche pinolo, un poco di uva sultanina,
oppure un po’ di mandorle tritate.

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Indice

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32
Introduzione.....................................................................pag.5

Tra leggende e storia vera.................................................pag.7

Il bianco mangiare dalla ritualità religiosa alla letteratura


contemporanea................................................................pag.19

La ricetta............................................................ ...........pag.27

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34
Note sull’autore

Carmine de Leo

Scrittore e giornalista, presidente dell’Associazione culturale


Amici del Museo Civico di Foggia, di cui è stato uno dei soci
fondatori nel 1990.
Ispettore onorario del Ministero per i Beni, le Attività Culturali
ed il Turismo, presidente del Centro Studi e Ricerche
Mediterraneo, già socio ordinario della Società di Storia Patria
per la Puglia e dell’Istituto per il Risorgimento e vice-presidente
della sezione di Foggia di Italia Nostra.
Collabora da molti anni con il quotidiano La Gazzetta del
Mezzogiorno e con altre testate locali e nazionali. tra cui: La
Prealpina, Il Giorno, Luce, Qui Foggia, Diomede, Bollettino
Nazionale di Italia Nostra, Pianeta Cultura ed altre online come:
www.bonculture.it
Per la sezione saggistica, nel 1989, gli è stato assegnato il 1°
Premio Nazionale Letterario dedicato alla memoria del
giornalista Luca Cicolella.
Grazie ai suoi numerosi saggi sulla storia e le tradizioni del
promontorio garganico, nel 1990, è stato onorato del Premio
Internazionale Puglia, sezione giornalismo, patrocinato dall'
Amministrazione Provinciale di Bari e dalla Regione Puglia.
Nel 1992 ha ricevuto il premio Epitaffio dall’omonimo Centro
Studi e nel 1993 l’Amministrazione Comunale della città di
Foggia lo ha chiamato a far parte del Comitato di studiosi
istituito per le celebrazioni del 50° anniversario dei
bombardamenti aerei che colpirono la Capitanata.
Il suo costante impegno nel campo della ricerca storica sulle
antiche magistrature della Capitanata e dell’antico Regno di
Napoli e sul palazzo di Federico II di Svevia a Foggia e più in
generale sul periodo federiciano, sia sugli aspetti giuridici che
35
artistici e monumentali, gli hanno valso vari apprezzamenti, fra
cui, per citarne solo i più importanti, quelli del Capo dello Stato
dr. Luigi Scalfaro, del Presidente del Senato, dell’Istituto
Archeologico Germanico, dell’Istituto Storico Germanico di
Roma e dell’Istituto per il Medioevo.
Più recentemente, in occasione del Centenario della Scuola di
Volo di Foggia Sud, 1918-2018, per la ricerca, i convegni e la
pubblicazione dei volumi sugli aviatori U.S.A. che
frequentarono questa scuola, ha ricevuto una nota di encomio
dal Governo degli Stati Uniti d’America a firma del Console
Generale Mary Ellen Countryman, che lo ha onorato anche
della medaglia del Dipartimento di Stato U.S.A.
Ha realizzato centinaia di conferenze sulla storia delle
magistrature in Capitanata, sul periodo Svevo, sui palazzi
antichi della città di Foggia, sulla storia dell’Università a
Foggia, sulle tradizioni, sulle bellezze naturali ed i monumenti
del nostro territorio, con riferimento, in particolare, al
promontorio del Gargano.
Alcuni suoi volumi sono stati tradotti pubblicati anche in lingua
inglese e si conservano, oltre che nelle maggiori biblioteche
italiane, anche all’estero, come negli U.S.A. presso la Biblioteca
del Congresso, del Museo Nazionale Aereonautico Americano e
presso altre importanti biblioteche in Inghilterra ed in altri paesi
d’Europa.

Numerosi sono i volumi pubblicati da Carmine de Leo, che si


elencano qui di seguito; per l’ubicazione degli stessi nelle
biblioteche italiane vedasi online l’indice SBN del Ministero per
i Beni e le Attività Culturali: http://opac.sbn.it/index.html

-Pietramontecorvino, la porta del Subappennino,


Castelfiorentino, 1987.
-Storia dell'Amministrazione Giudiziaria in Capitanata...,
36
Foggia,1990.
-Il Palazzo di Federico II di Svevia a Foggia..., Foggia,1990.
-Cattedre Accademiche ed Universitarie a Foggia nei secoli
XVIII e XIX, Foggia,1991.
-Foggia, origine e sviluppo urbano, Foggia, 1991.
-Storia gastronomica della Capitanata, Foggia, 1991.
-Foggia in A-1991-1992, (storia del calcio a Foggia),
Foggia,1992.
-Foggia com'era, Foggia, 1992.
- Gargano ... scrigno di tesori, arte, storia e folclore,
Foggia,1993.
-I Tribunali di Foggia e Lucera, in Calendario Giudiziario Corte
d’Appello di Bari, 1994.
-Natale... tradizioni e gastronomia, Foggia, 1994.
-L'Amministrazione Giudiziaria nelle Costituzioni di Federico II
di Svevia, Foggia, 1995.
-Palazzi e famiglie dell’antica Foggia, Foggia, 1995.
-La Corte d’Appello in Capitanata. 1944-1947, Foggia, 1996.
-Facezie e storie di cucina, Foggia, 1996.
-Il Palazzo di Federico II. Dalle testimonianze scritte alla
ricognizione sul terreno, in Foggia Medievale, Foggia, 1997.
-La Società economica di Capitanata e la storia di Vico G.,
Foggia,1998.
-Il Pane dei Santi. Le pietanze nella religiosità popolare,
Foggia, 1998.
-La Corte d’Assise Straordinaria a Foggia. 1885-1889, Foggia,
1998.
-Le piazze storiche di Foggia, Foggia, 2000.
-Il Tribunale di Commercio. Un’antica magistratura a Foggia,
37
Foggia, 2000, realizzato unitamente a Daniela de Leo.
-Foggia, immagini e memorie, Foggia, 2000.
-Storia e costume nelle stampe d’epoca. Foggia, Foggia, 2001.
-Telai e panni del Gargano. Storia e tradizione. Foggia, 2001,
realizzato unitamente a G.M. Lemme.
-Dal Baiulo al Pretore. La giustizia ad Ascoli Satriano, Foggia,
2002.
-Disegni e cartografia storica. Capitanata, Foggia, 2002.
-Una inedita relazione storico-statistica. Foggia nell’Ottocento,
Foggia,2003.
-Un paese un’immagine. Pietramontecorvino, Foggia, 2005.
-Il Consiglio Provinciale di Capitanata e le corti superiori di
giustizia. Testo dell’intervento al Consiglio Provinciale del 16
luglio 2007, Foggia, 2008.
-Un Museo all’aperto. Le edicole devozionali a Foggia, Foggia,
2005, realizzato unitamente a M. Dell’Anno.
-Corte del Portolano e Tribunale del Consolato di Terra e di
Mare. Antiche magistrature in Capitanata, Foggia, 2008.
-Dal Tribunale della Dogana alla Corte d'Appello. La giustizia
in Capitanata tra storia e futuro. Foggia, 2008, realizzato
unitamente a D. Di Conza, V. Russo e G. D'Andrea.
- Gargano. Storia, arte, ambiente e leggende, Foggia, 2009.
- Legalità e sicurezza, sviluppo e occupazione nell’età della
concertazione in Capitanata 1980-2009, Foggia, 2009,
unitamente a E. Di Conza.
-Un sito web per la Procura della Repubblica di Foggia,
Foggia, 2010, ristampato nel 2021.
-Parchi e giardini a Foggia tra passato e futuro, Foggia, 2010.
-Il Circolo Daunia. Una storia aristocratica, Foggia, 2010,
38
realizzato unitamente a S. Papa.
- Luigi Mongelli e la pianta di Foggia del 1839, Foggia, 2010.
-Storia e cultura a Foggia. Associazioni e circoli dal ‘600 al
‘900, Foggia, 2015.
-Il Reggimento Lancieri poi Cavalleggeri di Foggia…, Foggia,
2016.
-Foggia. Leggende e storie della città e di famiglia, Foggia,
2016.
-Foggia misteriosa. Miracoli, fantasmi, diavoli, magie e tesori,
Foggia, 2016.
-Amori e passioni della Foggia che fu, Foggia, 2017.
-The Foggia Group. Brevetto italiano per i piloti U.S.A. 1917-
1918 quando l’aviazione americana si formò nella scuola di
volo di Foggia, Foggia, 2017.
-Una giornata con il Console Generale U.S.A., per ricordare gli
aviatori del Foggia Group. Cattedrale e Museo Civico – 15
febbraio 2018, Foggia, 2018.
-Foggia segreta. Viaggio tra sette, logge massoniche ed angoli
sconosciuti della città, Foggia, 2018.
-Storia delle Corti di Giustizia in Capitanata, Ordine Avvocati
Foggia, 2018, realizzato unitamente a Daniela de Leo.
-Tra mare e profumo di zagare. Nel piccolo paradiso del
Gargano settentrionale, Foggia, 2019.
- San Lorenzo in Carminiano ed il Palazzo reale del Pantano
nei pressi di Foggia, Foggia 2019.
- Nuovi documenti sul palazzo di Federico II, in AA.VV.
Foggia sotterranea. Sulle tracce del palazzo imperiale di
Federico II tra leggenda – fonti documentarie e ricerca
archeologica, Foggia, 2020.
39
-Storia di Foggia. Da villaggio a città, Foggia, 2020.
-Una donna nostra contemporanea eroina della Repubblica
Partenopea, la marchesa Francesca de Carolis, in AA.VV.
Percorsi di Memoria, Foggia, 2021.
-Foggia Occupator 1945-1946. Una testata dell’Italia libera...
Foggia, 2021.
-Il Museo Civico di Foggia. Emozioni, Foggia, 2021.

Ha realizzato anche i testi di vari documentari storico-turistici


sul promontorio garganico, sul comune di Pietramontecorvino
sui palazzi e le famiglie antiche di Foggia e sulle piazze storiche
di Foggia.

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Postfazione

La tavola è un luogo d’incontro, un terreno di raccolta,


una fonte di sostentamento e nutrimento,
è festività, sicurezza e soddisfazione.
Una persona che cucina è una persona che dà.
Anche il cibo più semplice è un regalo

Laurie Colwin

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Ringraziamenti

Si ringraziano per la disponibilità prestata nel corso delle


ricerche condotte per realizzare questo studio il personale tutto
della Biblioteca Provinciale la Magna Capitanata e
dell’Archivio di Stato di Foggia.

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Editore Associazione culturale Mitico Channel
miticochannel@gmail.com
per conto del
Centro studi Mediterraneo
Foggia 2021

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