Sei sulla pagina 1di 56

MICROBIOLOGIA

2. Classificazione dei batteri


I batteri sono classificabili in base al loro aspetto macroscopico e microscopico, alla crescita caratteristica,
alle proprietà metaboliche, all'antigenicità e al genotipo.

3. Distinzione macroscopica e microscopica


I batteri formano colonie. La somma delle loro caratteristiche conferisce alla colonia le sue peculiarità, quali
colore, dimensione, forma e odore. L'aspetto al microscopio, compresa forma, grandezza e la capacità di
trattenere la colorazione di Gram sono i principali mezzi per distinguere i batteri. Esistono cocchi (sferici),
bacilli (a bastoncello), spirochete (a spirale) e forme derivate da queste. Esistono batteri che formano
aggregati, ad esempio a grappolo d'uva, a diplococchi o a catenelle.
La colorazione di Gram è un test che consente di distinguere tra le due classi principali di batteri. Questi
vengono fatti asciugare su un vetrino, fissati col calore e colorati con cristalvioletto. Si opera un lavaggio
con il liquido di Lugol (a base di iodo-ioduro potassico) che reagisce con il colorante formando un composto
liposolubile. Il tutto viene lavato con acqua e alcol. A questo punto:
i batteri gram-positivi hanno trattenuto il cristalvioletto, poiché l'alcool non ha danneggiato a sufficienza la
spessa parete cellulare (idrofila) che non permette al colorante di passare.
I batteri gram-negativi sono grigiastri, privi di colorazione, questo perché l'alcool ha sciolto i lipidi della
membrana esterna e danneggiato la sottile parete cellulare che non è più in grado di trattenere il
complesso cristal violetto - ioduro (liposolubile).
Per far risaltare meglio la differenza si colora il materiale con un colorante di contrasto, in genere la
safranina. Questa può penetrare solo nelle cellule decolorate poiché, anche se poco idrofila, è di dimensioni
ridotte. Alla fine i gram-positivi saranno color violetto, mentre i gram-negativi color rosso.
I batteri non classificabili con la colorazione di Gram comprendono i micobatteri, che hanno una parete
ricca di cere e lipidi e si possono osservare dopo colorazione di Ziehl-Neelsen, e i micoplasmi, che non
hanno peptidoglicano.

4. Distinzione metabolica, antigenica e genetica


Il successivo livello di classificazione si basa sulla caratterizzazione metabolica dei batteri, compresa la
necessità di ambienti anaerobi o aerobi, di sostanze nutritive specifiche e la produzione di prodotti
metabolici caratteristici e di specifici enzimi.
Un particolare ceppo batterico può essere identificato utilizzando gli anticorpi per rilevare antigeni
caratteristici attraverso il processo di sierotipizzazione.
Il metodo più preciso di classificazione dei batteri è l'analisi del loro materiale genetico. Tra le principali
tecniche usate per tale scopo vi sono l'ibridazione del DNA e la sua amplificazione mediante reazione
polimerasica a catena (PCR).

5. Strutture citoplasmatiche
Il citoplasma contiene il DNA cromosomiale, l'mRNA, i ribosomi, le proteine e i metaboliti.
Il DNA è situato in un'area separata nota come nucleoide. Non vi sono istoni. Possono invece essere
presenti plasmidi, costituiti da DNA extracromosomico circolare più piccolo. In assenza di membrana
nucleare la trascrizione e la traduzione sono accoppiate.
Il ribosoma batterico è diverso da quello eucariotico e, per tal motivo, rappresenta un ottimo bersaglio per
antibiotici. La membrana citoplasmatica è strutturalmente simile a quella degli eucarioti, ma priva di steroli
(fatta eccezione per i micoplasmi).
Parete cellulare:
• Costituita da peptidoglicano. È più spessa nei gram-positivi ed assente nei micoplasmi.

6. Batteri gram-positivi
Un gram-positivo ha una spessa parete cellulare multistrato costituita principalmente da peptidoglicano
che circonda la membrana citoplasmatica. Il peptidoglicano è un esoscheletro che determina la forma della
1
cellula e permette il passaggio di sostanze in quanto sufficientemente poroso. Il peptidoglicano è essenziale
per la struttura, la replicazione e la sopravvivenza.
È degradabile se trattato con lisozima. In assenza di peptidoglicano, i batteri soccombono per instabilità
osmotica, andando incontro a lisi. La parete può contenere anche altre sostanze. Gli acidi teicoici sono
polimeri anionici idrosolubili di fosfati poliolici, legati covalentemente al peptidoglicano. Gli acidi
lipoteicoici hanno un acido grasso e sono ancorati alla membrana plasmatica. Tali molecole sono utili per il
legame ad altri batteri ed a specifici recettori delle cellule dell'ospite.

7. Batteri gram-negativi
Hanno una parete più complessa. Dal punto di vista strutturale, una parete cellulare gram-negativa
contiene due strati esterni alla membrana citoplasmatica. Il primo è rappresentato da un sottile strato di
peptidoglicano, privo di acidi teicoici e lipoteicoici. Il secondo è rappresentato dalla membrana esterna.
L'area tra le due membrane è detta spazio periplasmatico. Esso contiene i componenti dei sistemi di
trasporto di ferro, proteine, zuccheri e altri metaboliti, e di una varietà di enzimi, tra i quali vi sono proteasi,
fosfatasi, lipasi, nucleasi. Nel caso delle specie patogene, i fattori litici di virulenza si trovano in questo
spazio e includono collagenasi, ialuronidasi, proteasi e beta-lattamasi. La parete dei gram-negativi è anche
attraversata da diversi sistemi di trasporto, compresi i sistemi di secrezione di Tipo I, II, III, IV e V. Quello
di Tipo III per alcuni batteri rappresenta un importante fattore di virulenza, dato che può fungere da siringa
per iniettare proteine nelle altre cellule. La membrana esterna ha una struttura asimmetrica unica per
l'organizzazione del suo foglietto esterno. Esso è principalmente costituito da LPS. Il LPS è anche detto
endotossina, un potente stimolatore delle risposte innate. Il rilascio di grandi quantità di endotossina in
circolo è causa della reazione di Schwartzman (CID) (coagulazione intravascolare disseminata). Neisseria
contiene un composto affine: il lipooligosaccaride, LOS.
Tra le molte proteine transmembrana vi sono le porine, che formano pori che consentono la diffusione
attraverso la membrana di molecole idrofile di massa inferiore a 700 Da.
La membrana esterna è connessa a quella citoplasmatica in siti di adesione ed è legata al peptidoglicano
mediante lipoproteina. I siti di adesione forniscono un percorso membranoso per la fornitura alla
membrana esterna dei suoi componenti di recente sintesi.

8. Strutture esterne
Alcuni batteri (sia gram-positivi che gram-negativi) sono circondati da strati polisaccaridici o proteici detti
capsule. Nel caso in cui questo materiale sia scarsamente aderente e uniforme in densità o spessore, viene
detto strato mucoso. Tali strutture non sono necessarie per la crescita batterica, ma sono ottimi fattori di
virulenza: la capsula è scarsamente antigenica, possiede attività antifagocitica, può agire da barriera per
molecole tossiche e favorire l'aderenza alle cellule dell'ospite. Alcuni batteri, tra cui Pseudomonas
aeruginosa, in certe condizioni producono un biofilm polisaccaridico, che stabilisce una comunità batterica
e la protegge da antibiotici e difese immunitarie. Un esempio di biofilm è la placca dentaria.
I flagelli sono strutture elicoidali costituite da subunità proteiche ancorate alla membrana attraverso una
struttura a forma di gancio e un corpo basale e azionate dal potenziale di membrana. Forniscono motilità.
Le fimbrie, o pili, sono strutture simili a peli costituite da subunità di pilina. In genere un gran numero di pili
sono distribuiti uniformemente su tutta la superficie. Essi fungono da adesine. I Pili F (pili sessuali) si
legano ad altri batteri e costituiscono un tubo per il trasferimento di materiale genetico.

9. Struttura e biosintesi dei principali componenti della parete


cellulare dei batteri
Come astronauti alle prese con la costruzione di una stazione spaziale, i batteri hanno problemi ad
assemblare le loro pareti cellulari. La sintesi di peptidoglicano, LPS, acido teicoico e capsula avviene al di
fuori dei batteri, lontano dalla macchina sintetica e in un ambiente inospitale. Precursori e subunità
prefabbricate sono assemblate vicino ad una struttura molto simile ad un nastro trasportatore, portate in
superficie e quindi attaccate alla struttura già esistente. La struttura molecolare tipo nastro trasportatore è
un grosso fosfolipide chiamato bactoprenolo. Per i gram-negativi, i componenti della membrana esterna
sono forniti attraverso i siti di adesione.

2
10. Peptidoglicano
Il peptidoglicano è formato da un reticolo rigido costituito da catene di polisaccaridi lineari tenuti insieme
da legami crociati peptidici. Il polisaccaride è formato da unità ripetute dei disaccaridi N-acetilglucosamina
e Nacetilmuramico. L'acido N-acetilmuramico è legato a un tetrapeptide. Il peptide è insolito, in quanto
contiene sia amminoacidi D che L, e viene prodotto per via enzimatica e non ribosomica. Nei vari
microrganismi, i primi due aa attaccati all'acido N-acetilmuramico possono variare. Gli aa diaminici in terza
posizione sono essenziali per la reticolazione della catena del peptidoglicano: molto comuni la lisina e
l'acido diaminopimelico. La reticolazione si forma tra l'ammina libera dell'aa diaminico e la D-alanina in
quarta posizione di un'altra catena. S. aureus e altri gram-positivi usano un ponte aminoacidico tra questi
AA per allungare la reticolazione. Nei gram-positivi, il peptidoglicano forma strati multipli ed è spesso
tridimensionalmente reticolato; al contrario, nei gram-negativi, il peptidoglicano presenta in genere uno
spessore di un solo strato. Il lisozima è in grado di scindere il legame glicosidico tra un acido
Nacetilmuramico e la successiva N-acetilglucosamina.

11. Sintesi del peptidoglicano


Avviene in cinque fasi. Inizialmente, all'interno della cellula, la glucosamina viene convertita in acido
Nacetilmuramico e quindi attivata per via energetica da una reazione con UTP e produzione di UDP-acido
Nacetilmuramico. Nella seconda tappa, in una serie di fasi enzimatiche, viene assemblato il precursore
UDPacido N-acetilmuramico-pentapeptide. Nella terza tappa, quest'ultimo viene legato al bactoprenolo
nella membrana citoplasmatica attraverso un legame pirofosfato, con rilascio di UMP. Viene quindi
aggiunta Nacetilglucosamina per formare l'elemento disaccaridico di base. Alcuni batteri aggiungono una
pentaglicina o un'altra catena all'aa diaminico nella terza posizione della catena peptidica per allungare i
legami crociati. Nella quarta tappa, il bactoprenolo effettua la traslocazione del precursore verso l'esterno
della cellula. Il disaccaride N-acetilglucosamina-N-acetilmuramico viene quindi attaccato a una catena di
peptidoglicano, utilizzando il legame pirofostato esistente tra sé e il bactoprenolo come energia per la
transglicosilasi coinvolta. Il pirofosfo-bactoprenolo viene riconvertito in fosfobactoprenolo e quindi
riciclato. La bacitracina blocca tale riciclo. Nella quinta tappa, fuori dalla cellula, ma vicino alla superficie, le
catene peptidiche delle catene di glicano adiacenti sono reticolate l'una con l'altra da uno scambio di
legame peptidico tra l'ammina libera dell'aa in terza posizione del pentapeptide o il dominio N-terminale
della pentaglicina, e la D-alanina in quarta posizione dell'altra catena peptidica, con rilascio della D-alanina
terminale. La reazione di reticolazione è catalizzata dalla transpeptidasi legate alla membrana. Le
carbossipeptidasi sono enzimi affini ed eliminano la D-alanina terminale per limitare l'estensione della
reticolazione. Transpeptidasi e carbossipeptidasi sono dette PBP.

12. Acido teicoico


Gli acidi teicoico e lipoteicoico sono formati da polimeri di ribosio o glicerolo modificati e collegati da
fosfati. Zuccheri, colina o D-alanina possono legarsi agli idrossidi del ribosio e del glicerolo, fornendo così
determinanti antigenici. L'acido lipoteicoico possiede un acido grasso ed è ancorato alla membrana. L'acido
teicoico è sintetizzato in maniera molto simile a quella del peptidoglicano.

13. Lipopolisaccaride
Il LPS (endotossina) è formato da tre sezioni strutturali: lipide A, polisaccaride del core e antigene O.
Il lipide A è un componente base del LPS, essenziale per la vitalità batterica ed è responsabile dell'attività
endotossinica del LPS. È costituito da uno scheletro disaccaridico di glucosamina fosforilata con attaccati
acidi grassi per ancorare la struttura nella membrana esterna. I fosfati collegano le unità di LPS in aggregati.
Una catena di carboidrati è attaccata a ciascuna ossatura di disaccaride e si estende verso l'esterno del
batterio. Il core polisaccaridico è un polisaccaride ramificato di 9-12 zuccheri. Contiene uno zucchero
insolito, il 2-cheto-3-deossi-ottanoato, KDO.
L'antigene O è attaccato al core e si estende verso l'esterno della parete batterica. È costituito da un lungo
polisaccaride lineare di 50-100 unità di saccaride ripetute con 4-7 zuccheri per unità. Il LOS di Neisseria è
sprovvisto della porzione di antigene O. L'antigene O distingue i sierotipi di una specie batterica.

3
14. Spore
Alcuni gram-positivi, ma mai gram-negativi, sono batteri sporigeni. In condizioni ambientali difficili
(mancanza di nutrienti) questi batteri possono passare dallo stato vegetativo allo stato dormiente, o di
spora. La spora è una struttura disidratata multi-stratificata che protegge i batteri e consente loro di
sopravvivere in condizioni di "vitalità sospesa". Essa contiene una copia completa del cromosoma, le
concentrazioni minime indispensabili di ribosomi e proteine essenziali e un'elevata quantità di calcio legato
ad acido dipicolinico.

15. Metabolismo batterico - Requisiti metabolici


La crescita batterica richiede una fonte di energia e le materie prime necessarie a costruire le proteine, le
strutture e le membrane che costituiscono e alimentano la cellula. Il requisito minimo per la crescita
batterica è una fonte di carbonio e azoto, una fonte di energia, acqua e ioni vari. Il ferro è talmente
importante che molti batteri secernono speciali proteine, dette siderofori, che lo catturano dall'ambiente
circostante, e il nostro corpo lo sequestra come mezzo protettivo. Per ciò che riguarda il metabolismo
dell'ossigeno, esistono: batteri aerobi obbligati, anaerobi obbligati e anaerobi facoltativi.
Gli aerobi obbligati necessitano di ossigeno per sopravvivere; gli anaerobi obbligati non riescono a crescere
in presenza di ossigeno; gli anaerobi facoltativi possono crescere in entrambe le condizioni.
I batteri che possono fare affidamento su sostanze inorganiche come fonti di energia e carbonio sono detti
autotrofi (litotrofi), mentre batteri che necessitano di fonti organiche sono detti eterotrofi.
I batteri ricavano energia dal processo di glicolisi. Rigenerano i trasportatori di elettroni mediante
fermentazione lattica, poco quella alcolica. Si osserva anche la via del pentosio fosfato.

16. Classificazione, struttura e replicazione dei virus


I virus sono stati descritti per la prima volta come "agenti filtrabili" a causa delle loro dimensioni molto
ridotte che consentono loro di attraversare filtri creati per trattenere i batteri. Sono parassiti intracellulari
obbligati e la riproduzione virale avviene per assemblaggio delle singole componenti sintetizzate in una
prima fase. La struttura di base prevede la presenza di un genoma a DNA o a RNA circondato da un guscio
proteico e, in alcuni virus, da una membrana lipidica.

17. Classificazione
I virus sono raggruppabili per caratteristiche quali malattia, tessuto bersaglio, mezzo di trasmissione o
veicolo. L'attuale metodo di classificazione utilizza le caratteristiche fisiche e biochimiche (dimensioni,
morfologia, tipo di genoma e mezzi di replicazione). I virus a DNA si dividono in 7 famiglie, quelli a RNA
in almeno 13 famiglie.

18. Struttura del virione


I virus di rilevanza clinica hanno dimensioni comprese tra i 18 e i 300 nm. I virioni più grandi possono
contenere un genoma più grande in grado di codificare per più proteine e sono di solito più complessi. Il
virione (particella virale) è costituito da un genoma rivestito da un capside che può essere o meno
circondato da un pericapside. Il virione può anche contenere alcuni enzimi essenziali o accessori. Il capside
o proteine legate all'acido nucleico possono associarsi al genoma e formare un nucleocapside, che può
essere circondato da un pericapside. Il genoma può essere DNA o RNA. Il DNA può essere a singolo o
doppio filamento, lineare o circolare. L'RNA può essere a polarità positiva (come l'mRNA) o negativa
(opposta all'mRNA), a doppia elica (una positiva e l'altra negativa) o ambisenso (contenenti regioni di DNA +
e - attaccate da un'estremità all'altra).
Capside e pericapside costituiscono il veicolo di impacchettamento, protezione e trasporto del genoma. Le
strutture superficiali mediano l'interazione con la cellula bersaglio tramite una proteina virale d'attacco
(VAP) o una struttura più complessa. Gli anticorpi generati contro queste strutture sono in grado di
bloccare le infezioni virali. Il capside è una struttura rigida in grado di resistere a condizioni ambientali
difficili. I virus nudi resistono all'essiccamento, agli acidi e ai detergenti. Il pericapside è una membrana
contenente lipidi, proteine e glicoproteine. La struttura può essere mantenuta solo in soluzioni acquose.
Esso viene facilmente distrutto da essiccamento, acidi, detergenti e solventi, portando così alla

4
inattivazione del virus. La maggior parte di questi virus non sopravvive alle condizioni del tratto
gastrointestinale.

19. Virus nudi


Il capside è formato da proteine che si assemblano in unità sempre più grandi. Le singole proteine si
associano in subunità, che si associano in protomeri, capsomeri e, infine, un procapside o capside. Per
alcuni virus il capside si forma attorno al genoma; per altri si forma prima come guscio vuoto che in seguito
viene riempito con il genoma. Le strutture più semplici sono quelle elicoidali (aspetto a bastoncello) ed
icosaedriche (approssimazione di una sfera). L'icosaedro è formato da 12 capsomeri, ciascuno con
simmetria quintupla (pentoni o pentameri). Virioni più grossi si formano inserendo, in corrispondenza dei
vertici, tra i pentoni, capsomeri distinti. Questi capsomeri hanno sei vicini più prossimi (esoni). Questo
estende l'icosaedro ed è chiamato icosa-delta-edro (pallone da calcio) (herpesvirus: 12 pentoni e 150 esoni;
adenovirus: 12 pentoni e 240 esoni).

20. Virus dotati di pericapside


Il pericapside è simile alle membrane biologiche. La maggior parte delle glicoproteine in esso contenute
agisce da VAP, essendo capaci di legarsi a strutture presenti sulle cellule bersaglio. Le VAP che si legano
anche agli eritrociti sono chiamate emoagglutinine (HA). Il pericapside contiene punte o spine costituite da
due o tre subunità glicoproteiche ancorate al capside icosaedrico del virione. Ciò ne permette la forte
adesione. Tutti i virus a RNA a filamento negativo sono dotati di pericapside. Lo spazio compreso tra
nucleocapside e pericapside è detto tegumento e contiene enzimi, altre proteine e, talvolta, mRNA che
facilitano l'infezione virale.

21. Replicazione virale


Le fasi del ciclo replicativo sono le stesse per tutti i virus. Le cellule dell'ospite mettono a disposizione tutte
le risorse necessarie al processo. Durante la fase precoce dell'infezione, il virus riconosce la cellula
bersaglio, aderisce ad essa, penetra attraverso la membrana, rilascia il genoma e, se necessario, lo trasloca
al nucleo. La fase tardiva comincia con l'avvio della replicazione genomica e della sintesi delle particelle
virali, procede attraverso l'assemblaggio del virus e al suo rilascio. La liberazione del genoma dal capside o
dal pericapside durante la fase precoce ne elimina l'infettività, iniziando così il periodo di eclisse. Il periodo
di eclisse termina con la comparsa di nuovi virioni in seguito all'assemblaggio. Il periodo latente, durante il
quale il virus non viene rilevato, comprende il periodo di eclisse e termina con il rilascio dei virus.
Solamente il 1-10% delle particelle virali prodotte è dotato di infettività; le particelle non infettive
(difettive) derivano da mutazioni o errori nella sintesi e nell'assemblaggio delle componenti virali.

22. Riconoscimento e legame alle cellule bersaglio


Il legame delle VAP o di altre proteine con i recettori cellulari determina quali cellule possono essere
infettate, individuano uno spettro dell'ospite. La cellula bersaglio suscettibile definisce il tropismo tissutale
(neurotropismo, linfotropismo).

23. Penetrazione
Numerose interazioni tra le VAP e i recettori cellulari avviano la penetrazione del virus nella cellula. La
maggior parte dei virus non dotati di pericapside entra per endocitosi; altri per viropessi (penetrazione
diretta). Nei virus dotati di pericaspide si determina la fusione di questo con le membrane cellulari. Il pH
ottimale determina se la fusione avviene a livello di membrana o se il virus deve essere internalizzato in
endosomi.

24. Scapsidamento
Una volta internalizzato, il nucleocapside deve essere trasportato al sito di replicazione e il capside o il
pericapside devono essere eliminati. Il genoma dei virus a DNA deve essere traslocato al nucleo, mentre la
maggior parte dei virus a RNA rimane nel citosol.

5
25. Sintesi macromolecolari
Una volta dentro la cellula, il genoma deve dirigere la sintesi di mRNA e di proteine virali e generare copie
identiche di sé stesso. La maggior parte dei virus a DNA utilizza la RNA-polimerasi II e altri enzimi per la
sintesi di mRNA. La maggior parte dei virus a RNA si replica e produce mRNA nel citoplasma (tranne
orthomyxovirus e retrovirus). I virus a RNA devono codificare gli enzimi necessari per la trascrizione e la
replicazione, poichè la cellula non può replicare RNA. In generale, l'mRNA per le proteine non strutturali
viene trascritto per primo. I prodotti genici precoci sono spesso proteine che legano il DNA ed enzimi,
comprese le polimerasi virali. La replicazione del genoma è di solito seguita dalla trascrizione dei prodotti
genici tardivi. I geni virali tardivi codificano per proteine strutturali.

26. Virus a DNA


La trascrizione del genoma avviene nel nucleo, utilizzando enzimi della cellula dell'ospite. I geni possono
essere trascritti da ciascun filamento di DNA del genoma e anche in direzioni opposte. I geni possono avere
introni che richiedono splicing. La replicazione comincia in corrispondenza di una specifica sequenza detta
origine (ori). I virus più piccoli non sempre sono in grado di sintetizzare autonomamente gli enzimi
necessari e quindi dipendono dal macchinario biochimico cellulare.

27. Virus a RNA


La replicazione e la trascrizione dei virus a RNA sono processi simili, perché di solito i genomi virali sono
formati da mRNA a polarità positiva o negativa. Durante i vari processi si forma un intermedio replicativo
di RNA a doppia elica. Il genoma deve codificare le RNA-polimerasi (replicasi e trascrittasi), dato che la
cellula non può replicare l'RNA. La replicazione fornisce nuovi stampi per la produzione di più mRNA, cosa
che amplifica e accelera la replicazione virale.
I genomi virali a polarità positiva agiscono da mRNA, si legano ai ribosomi e dirigono la sintesi proteica.
Tale genoma è quindi sufficiente per iniziare da solo l'infezione. Viene prodotta la RNA-polimerasi e viene
sintetizzato uno stampo di RNA a filamneto negativo, che viene usato per generare più mRNA.
I genomi virali a polarità negativa costituiscono stampi per la produzione di mRNA. Il genoma non è quindi
infettivo di per sé e, per produrre singolo mRNA per la sintesi di proteine virali, il virus deve introdurre una
polimerasi associata al genoma. Il tutto avviene a livello citosolico (tranne che per i virus dell'influenza).
I retrovirus hanno due copie di un genoma a RNA a filamento positivo, due tRNA e una trascrittasi inversa
nel virione. Il tRNA serve da iniziatore per la sintesi di una copia di DNA complementare circolare del
genoma. Il cDNA viene prodotto nel citosol, viaggia fino al nucleo dove viene integrato nella cromatina
della cellula ospite. Il genoma virale diventa perciò un gene cellulare.

28. Assemblaggio
Ogni parte del virione è dotato di strutture di riconoscimento che consentono al virus di formare le
adeguate interazione tra proteine. Il processo comincia quando vi è una adeguata concentrazione di
subunità. L'assemblaggio dei virus a DNA avviene nel nucleo mentre quello dei virus a RNA avviene nel
citosol. I virus nudi possono assemblarsi in procapsidi successivamente riempiti con il genoma oppure
direttamente attorno al genoma. I nucleocapsidi di retrovirus e virus a RNA a filamento negativo si
assemblano attorno al genoma e successivamente vengono racchiusi in un pericapside.

29. Rilascio
I virus possono essere rilasciati in seguito a lisi, per esocitosi e gemmazione. I virus rilasciati sono
responsabili della diffusione dell'infezione. Altri meccanismi sono l'attraversamento dei ponti intercellulari
o la fusione cellula-cellula virus indotta.
Ricapitolando:
• Riconoscimento della cellula bersaglio
• Attaccamento
• Penetrazione
• Liberazione
• Sintesi di macromolecole

6
• Assemblaggio
• Rilascio

30. Genetica virale


Nei genomi virali le mutazioni avvengono in maniera rapida e spontanea, creando facilmente nuovi ceppi.
La maggior parte delle mutazioni non ha nessun effetto oppure è dannosa. Una piccola parte di mutazioni
può essere responsabile dell'acquisizione della resistenza a farmaci o dell'alterazione dell'antigenicità o
della patogenicità del virus. Degni di nota sono i cosiddetti mutanti attenuati, ossia varianti cha causano
malattie meno gravi. Nuovi ceppi virali possono prodursi anche in seguito a interazioni tra diversi virus
(ricombinazione o riassortimento).

31. Colture in vitro - Terreni di coltura


Si possono suddividere in quattro categorie:
• Terreni arricchiti non selettivi
• Terreni selettivi
• Terreni differenziali
• Terreni specializzati

32. Terreni arricchiti non selettivi


Sono formulati per permettere la crescita della maggior parte dei microrganismi non particolarmente
esigenti.
I più comuni sono i seguenti.
Agar-sangue
Contiene due elementi principali: un terreno di base e sangue.
Agar-cioccolato
È una variante dell'agar-sangue. Il sangue viene aggiunto al terreno riscaldato e lo colora di marrone.
Adatto alla crescita della maggior parte dei batteri.

33. Terreni selettivi e terreni specializzati


Sono formulati per l'isolamento selettivo di determinati patogeni che possono essere presenti in miscele di
microrganismi. Sono supplementati con inibitori che bloccano la crescita dei microrganismi indesiderati.
Con l'aggiunta di ingredienti specifici diventano terreni differenziali che consentono l'identificazione di un
determinato microrganismo in una miscela.
Agar MacConkey
Terreno solido selettivo per batteri gram-negativi e differenziale per distinguere i batteri fermentanti il
lattosio dai non fermentanti il lattosio. Contiene: peptone, sali biliari, lattosio, rosso neutro e cristalvioletto.
I sali biliari e il cristalvioletto inibiscono la crescita dei gram-positivi. I batteri fermentanti il lattosio
producono acido che fa precipitare i sali biliari facendo virare al rosso l'indicatore rosso neutro.
Agar sale-mannitolo
Selettivo per stafilococchi. Contiene: idrolisato di caseina e di tessuti animali, estratto di carne, mannitolo,
sali e rosso fenolo. Gli stafilococchi crescono a concentrazioni saline elevate e lo S. aureus fermenta il
mannitolo formando colonie gialle.
Terreni specializzati
Sono elettivi per l'isolamento di microrganismi specifici particolarmente esigenti o presenti in campioni
contenenti molti microrganismi diversi.

34. Bersagli dei farmaci antivirali


• Disgregazione del virione
I virus con pericapside sono suscettibili ad alcune molecole lipidiche e simil-detergenti capaci di dissipare e
disgregare il rivestimento dato dal pericapside, evitando, quindi, l'acquisizione del virus.
• Adsorbimento
La prima fase della replicazione è mediata dall'interazione tra una proteina virale e il suo recettore sulla

7
cellula bersaglio. Questa interazione può essere bloccata da anticorpi neutralizzanti, che ricoprono il
virione, oppure da antagonisti dei recettori. (zanamvir (ortomyxo), pleconaril (picornavirus))
• Penetrazione e scapsidamento
I composti metilisossazolici bloccano lo scapsidamento dei picornavirus. Amantadima e rimantadina,
invece, neutralizzano il pH degli endosomi, inibendo lo scapsidamento del virione.
• Replicazione del genoma
La maggior parte degli antivirali sono analoghi nucleosidici, ossia nucleosidi con modificazioni della base,
dello zucchero, o di entrambi. Le DNA polimerasi degli herpesvirus e la trascrittasi inversa dell'HIV e del
virus dell'epatite B sono i bersagli primari di gran parte degli antivirali, poichè sono essenziali per la
replicazione virale e sono diversi dagli enzimi dell'ospite. Lamivudina (epatite B).
• Classi di farmaci
Analoghi nucleosidici, inibitori della polimerasi, inibitori della proteasi, immunomodulatori, farmaci
antiinfluenzali.

35. Analoghi nucleosidici: Aciclovir


L'aciclovir (acicloguanosina) si distingue dalla guanosina per l'assenza di ribosio o deossiribosio, sostituito
da una catena laterale aciclica (idrossietossimetil). Ha azione selettiva contro HSV e VZV, gli herpesvirus
che codificano una timidina chinasi. Quest'ultima attiva il farmaco mediante fosforilazione ed enzimi
dell'ospite completano la progressione alla forma difosfata e, infine, a quella trifosfata. Il farmaco non è
tossico per cellule non infette in quanto, in esse, non avviene la fosforilazione iniziale.
L'ACV nella forma trifosfata compete con la guanosina trifosfato inibendo l'enzima, causa la terminazione
della catena nascente di DNA virale e inattiva l DNA polimerasi. La resistenza all'aciclovir si sviluppa in
seguito a mutazioni della timidina chinasi o della DNA polimerasi. L'ACV è efficace contro tutte le
infezioni da HSV. Sono necessarie dosi più elevate per contrastare VZV perchè l'ACV è fosforilato meno
efficientemente dalla timidina chinasi di VZV.

36. Farmaci antibatterici - Inibizione della sintesi della parete


cellulare
Il più comune meccanismo di azione degli antibiotici è l'interferenza con la sintesi della parete batterica.
FASE 1: sintesi dei precursori
• Fosfomicina: ha una struttuta chimica semplice, simile a quella del fosfoenolpiruvato.
Ha un ampio spettro di attività antibatterica (batteri Gram-positivi e Gram-negativi) e una bassa tossicità.
• Cicloserina: è un analogo della alanina che interferisce con due steps della sintesi del peptidoglicano.È un
inibitore competitivo della racemasi che converte la L-alanina in D-alanina e della D-alanil D-alanina
sintetasi.
È neurotossica e non è usata clinicamente tranne che per il trattamento di Mycobacterium tuberculosis
drugresistant
o in altre infezioni gravi per le quali terapie alternative hanno fallito.
FASE 2: trasporto dei precursori attraverso la membrana e loro completamento
• Bacitracina: È un polipeptide la cui attività dipende dalla capacità di legare il carrier lipidico che trasporta
il monomero di peptidoglicano attraverso la membrana batterica. Tale legame previene la defosforilazione
del carrier fosfolipidico e quindi la rigenerazione del carrier stesso necessaria per continuare la sintesi. Con
meccanismo analogo la bacitracina interferisce anche con la sintesi degli steroli nelle cellule di mammifero,
risultando tossica per l’uomo.
FASE 3: inserimento dei precursori in membrana
• Glicopeptidi
Vancomicina: è un glicopeptide complesso che si lega alla D-alanina-D-alanina terminale delle catene
pentapeptidiche, interferendo con la formazione dei ponti tra le catene del peptidoglicano. Usato contro
stafilococchi oxacillino-resistenti e altri gram-positivi resistenti ai -lattamici. Non passa attraverso i pori dei
gram-negativi.
• -lattamici
La sintesi della parete è catalizzata da serin-proteasi note come proteine leganti la penicillina. Quando il

8
batterio è esposto ai -lattamici, il farmaco si lega a specifiche PBP e inibisce la formazione dei legami
crociati tra le catene del peptidoglicano. Ciò attiva le autolisine che degradano la parete causando la morte
cellulare. Si sviluppa resistenza ai -lattamici in tre modi: si blocca l'interazione tra farmaco e PBP; si
inibisce il legame tra farmaco e PBP; si usano -lattamasi. Il primo meccanismo è stato osservato solo nei
gram-negativi: in questo caso il farmaco deve attraversare pori della membrana esterna e una
modificazione delle proteine che li costituiscono, le porine, possono impedirne il passaggio. Si può invece
modificare il legame tra farmaco e PBP con l'acquisizione di nuovi PBP o la modifica di PBP preesistenti.
Penicilline: la molecola di base è un acido organico contenente un anello -lattamico. Esistono penicilline
resistenti alle penicillasi, come la meticillina e l'oxacillina. L'ampicillina è stata la prima penicillina ad
ampio spettro. Penicilline selezionate sono state combinate con inibitori delle beta-lattamasi, per trattare
infezioni causate da batteri che producono beta-lattamasi.
Cefalosporine: le cefalosporine contengono zolfo, le cefamicine contengono ossigeno. Hanno lo stesso
meccanismo d'azione delle penicilline, ma con spettro più esteso e maggior resistenza alle beta-lattamasi.
Le modificazioni biochimiche dell'antibiotico hanno dato origine ad antibiotici con una migliore attività.
Carbapenemici: sono antibiotici ad ampio spettro diffusamente prescritti e virtualmente attivi contro tutti i
microrganismi.
Monobattamici: sono attivi solo contro batteri aerobi gram-negativi. Sono poco utilizzati.

37. Farmaci che legano la subunità 30S


• Aminoglicosidi
Passano attraverso la membrana esterna, la parete cellulare e la membrana interna; a livello citoplasmatico
si legano alla subunità 30s dei ribosomi, bloccandone l'attività. Molto utili contro i gram-negativi. La
penetrazione attraverso la membrana interna è un processo aerobio, energia-dipendente; pertanto gli
anaerobi sono resistenti. Tra i più importanti vi sono: amikamicina, gentamicina, tobramicina e
streptomicina. Tossici per VIII paio di nc e per i reni.
• Tetracicline
Si legano alla subunità 30s. Comprendono la tetraciclina, la doxiciclina e la minociclina. Spettro
originariamente ampio, ora ridotto per espansione delle resistenze.
• Glicilcicline
La tigeciclina è un derivato semisintetico della minociclina. Ha un'affinità maggiore per il ribosoma e
contrasta la resistenza più facilmente.

38. Farmaci che si legano alla subunità 50S


• Cloramfenicolo: è ad ampio spettro ma poco usato poiché agisce anche sulle cellule umane.
• Macrolidi: bloccano la sintesi inducendo il rilascio di peptidi incompleti dai ribosomi. Si classificano in
base al numero di C: eritromicina e claritromicina (14), azitromicina (15), josamicina e rokitamicina (16).
Contro batteri intracellulari.
• Lincosamidi: clindamicina e lincomicina. Contro gram-positivi.
• Streptogramine: Sono una classe di peptidi somministrati come associazione di due componenti: gruppo
A e gruppo B. L'esponente di questa classe è quinupristin-dalfopristin. Il dalfopristin si lega alla subunità 50s
e induce un cambiamento conformazionale che facilità il legame del quinupristin. Il primo impedisce
l'allungamento della catena peptidica mentre il secondo ne promuove il rilascio prematuro.
• Ossazolidinoni: sono a spettro ristretto ed il principale è il linezolid. Attivo contro MRSA.

39. Inibizione della sintesi degli acidi nucleici


• Chinoloni
Sono antibiotici di sintesi che inibiscono le topoisomerasi batteriche (subunità A della girasi e
topoisomerasi IV). I principali esponenti sono: ciprofloxacina, levofloxacina, gatifloxacina, moxifloxacina.
• Rifampicina: si lega all'RNA polimerasi inibendo l'inizio della trascrizione. Non è attiva sui gram-negativi
per la presenza della membrana esterna.

9
40. Antimetaboliti
• Sulfamidici
Sono antimetaboliti che impediscono la sintesi di acido folico indispensabile per la riproduzione di molti
microrganismi. Il trimetoprim interferisce con il metabolismo di acido folico inibendo la diidrofolato
reduttasi e, quindi, la conversione di diidrofolato in tetraidrofolato.

41. Antibiotici
Gli antibiotici debbono la loro tossicità selettiva:
1) Assenza nelle cellule eucariotiche di particolari siti che rappresentano il bersaglio dell'azione degli
antibiotici (es. parete cellulare)
2) Diversa capacità di penetrazione del farmaco nelle cellule eucariotiche e procariotiche (es. tetracicline)
3) Diversa affinità del farmaco per strutture simili funzionalmente, ma non strutturalmente (es. antibiotici
che bloccano la sintesi proteica, per la diversa struttura del ribosoma procariotico)
1. Antibiotici che inibiscono la sintesi della parete cellulare
• nella prima fase di sintesi: Fosfomicina, Cicloserina
• nella seconda fase: Bacitracina
• a livello terminale: beta-lattamici, Glicopeptidi.
2. Antibiotici che inibiscono la sintesi proteica
• a livello della subunità 30S dei ribosomi (aminoglicosidi, tetracicline)
• a livello della subunità 50S dei ribosomi (cloramfenicolo, macrolidi)
3. Antibiotici che inibiscono il meccanismo di replicazione e di trascrizione degli acidi nucleici:
• inibizione della RNA-polimerasi (rifamicine)
• inibizione della DNA-girasi (chinoloni)
5. Antibiotici che agiscono come antimetaboliti (sulfamidici, trimethoprim)

42. Staphylococcus
Sono cocchi gram-positivi, anaerobi facoltativi e catalasi-positivi. Riescono a crescere in terreni con alte
concentrazioni di sale e alla temperatura di 18 – 40 gradi centigradi. Si trovano sia sulla pelle che sulle
mucose dell'uomo. Le specie più comunemente associate a malattie dell'uomo sono:
- S. aureus
- S. epidermidis
- S. haemolyticus
- S. saprophyticus.
Da citare è lo S. aureus meticillina-resistente (MRSA). Lo S. aureus è l'unico a produrre l'enzima coagulasi
(converte fibrinogeno in fibrina formando coaguli). Sono immobili.

43. Staphylococcus: fisiologia e struttura


Capsula e strato gelatinoso
La maggior parte degli stafilococchi è dotata di capsula polisaccaridica. Sono stati identificati 11 sierotipi
capsulati di S. aureus: i sierotipi 5 e 7 sono associati alla maggioranza delle infezioni umane; inoltre si
osserva la produzione di uno strato gelatinoso che forma una pellicola idrosolubile.
Peptidoglicano ed enzimi associati
Le catene di glicano dello S. aureus sono connesse da ponti di pentaglicina, attaccati alla L-lisina di una
catena oligopeptidica e alla D-alanina della catena adiacente. Gli enzimi che costruiscono lo strato di
peptidoglicano sono noti come proteine leganti la penicillina in quanto ne sono bersaglio. La resistenza è
dovuta all'acquisizione di un gene, mecA, che codifica per una nuova proteina legante la penicillina, che non
è legata dalla penicillina ma mantiene la sua attività enzimatica. Il peptidoglicano stimola la produzione di
pirogeni, l'attivazione del complemento, la produzione di IL-1 e l'aggregazione dei PMN.
Acidi teicoici
Sono polimeri specie-specifici, contenenti fosfato, che si legano covalentemente all'acido N-acetilmuramico
del peptidoglicano o ai lipidi di membrana (acidi lipoteicoici).
Proteina A

10
Riveste la superficie della maggior parte degli S. aureus ma non degli stafilococchi coagulasi-negativi. Si
lega al peptidoglicano o alla membrana e possiede un'affinità di legame per il recettore Fc delle
immunoglobuline. La sua rilevazione è indice della presenza di S. aureus.
Coagulasi
La superficie esterna della maggior parte degli S. aureus contiene la proteina coagulasi, che converte il
fibrinogeno in fibrina causando l'aggregazione degli stafilococchi. La sua rilevazione è indice della presenza
di S. aureus.

44. Staphylococcus: patogenesi e immunità


Difese contro l'immunità innata
La capsula è in grado di ricoprire le opsonine che si sono legate al batterio, proteggendolo dalla fagocitosi.
La proteina A forma immunocomplessi con anticorpi.
Proteine di adesione
L'acido teicoico e le proteine di superficie sono note come MSCRAMM (componenti batteriche superficiali
che riconoscono le molecole adesive della matrice).
Tossine stafilococciche
Lo S. aureus produce molte tossine che appartengono a diverse classi.
• Citotossine:
- La tossina alfa altera la muscolatura dei vasi ed è tossica per molti citotipi, tra cui eritrociti,
leucociti, epatociti e piastrine. Si integra nella membrana dell'ospite portando alla formazione di
pori, con conseguente rigonfiamento osmotico e lisi cellulare.
- La tossina beta, anche nota come sfingomielinasi C, catalizza l'idrolisi di fosfolipidi di membrana
nelle cellule sensibili, tra cui eritrociti, fibroblasti, leucociti e macrofagi. Lega soprattutto la
sfingomielina.
- La tossina gamma e la leucocidina P-V (Panton-Valentine) sono tossine bicompetenti composte da
due catene: S (slow, a lenta eluizione) e F (fast, a rapida eluizione). Sono state individuate 3
proteine S e 2 proteine F ed i batteri che possono produrre tutte le varianti sono in grado di
sintetizzare sei differenti tossine. Queste possono lisare neutrofili, macrofagi e cellule ematiche. La
leucocidina è solo leucotossica. Formano pori.
- La tossina delta colpisce numerosi citotipi distruggento le membrane con un'azione simil-
detergente.
• Tossine esfoliative:
Sono associate a SSSS (sindrome stafilococcica della cute scottata) e sono di due tipi: ETA ed ETB. Sono
serin-proteasi che rompono la desmogleina 1, che media l'adesione intracellulare nello strato granuloso
dell'epidermide. Non c'è citolisi né infiammazione.
• Enterotossine:
Le enterotossine stafilococciche sono strutturate per causare intossicazioni alimentari: sono resistenti
all'idrolisi degli enzimi digestivi e sono stabili al riscaldamento fino a 100 °C. Sono superantigeni: si legano
alle MHC II sui macrofagi, che interagiscono a loro volta con le regioni variabili dei TCR dei linfociti T,
portando al rilascio massiccio di citochine; ciò comporta una eccessiva risposta immunitaria con rischio di
shock: La tossina-1 della sindrome da shock tossico (TSST-1) è termoresistente e proteolisiresistente. Agisce
da superantigene.
Enzimi stafilococcici
I ceppi di S. aureus possiedono due forme di coagulasi: una legata e l'altra libera. Quella legata può
direttamente convertite il fibrinogeno e provocare la formazione di un coagulo di stafilococchi. Quella
libera porta allo stesso risultato reagendo con un fattore delle globuline plasmatiche per formare la
stafilotrombina, simile alla trombina. Questo fattore converte il fibrinogeno in fibrina. La formazione di un
coagulo aumenta la resistenza del batterio alla fagocitosi. Vi sono, poi, altri enzimi che degradano i tessuti
dell'ospite: la ialuronidasi, la fibrinolisina (o stafilochinasi, che scinde i coaguli), le lipasi, le nucleasi e le
lattamasi.

45. Staphylococcus: epidemiologia

11
Gli stafilococchi sono ubiquitari. Soprattutto presenti nelle pieghe della pelle, nell'orofaringe, nei tratti
gastrointestinale e urogenitale. In adolescenti ed adulti si trovano spesso a colonizzare il rinofaringe
anteriore. La diffusione dei batteri è molto comune ed è responsabile di diverse infezioni nosocomiali. Si
trasferiscono da soggetto a soggetto mediante contatto diretto o oggetti contaminati. Degno di nota è il
ceppo MRSA di S. aureus, caratterizzato da: resistenza alla meticillina, presenza della tossina leucocidica e
sensibilità alla maggior parte degli antibiotici tranne ai beta-lattamici.

46. Staphylococcus: sindromi cliniche


• Staphylococcus aureus
Provoca malattie mediante la produzione di tossine o l'invasione diretta dei tessuti.
Sindrome stafilococcica della cute scottata
La malattia di Ritter (sindrome stafilococcica da cute scottata o SSSS) è caratterizzata dall'improvvisa
insorgenza di un eritema peri-orale localizzato che copre l'intero corpo nel giro di due giorni. È possibile
osservare il segno di Nikolsky con conseguente formazione di vesciche cutanee e desquamazione
dell'epitelio. Le vesciche contengono un liquido limpido privo di microrganismi e leucociti: ciò a causa della
natura tossigena della malattia. Colpisce principalmente neonati e bambini e di solito non ha esito fatale.
L'impetigine bollosa è una forma localizzata di SSSS. I pz hanno vesciche positive alla coltura e l'eritema non
si estende oltre i bordi della bolla. È assente il segno di Nikolsky e la malattia è altamente contagiosa. Con
campione di cute non si riscontrano batteri; mentre nell’impetigine sì.
Avvelenamento alimentare provocato da stafilococchi
L'intossicazione è causata dall'ingestione di cibo contaminato dalle tossine, soprattutto carne lavorata,
prodotti ripieni di crema, insalata di patate e gelato. Circa la metà delle intossicazioni ha origine da
portatori con colonizzazione nasofaringea asintomatica. Il batterio raggiunge il cibo, si replica e rilascia la
sua tossina. Riscaldare il cibo porta a morte del batterio ma non inattiva la tossina, che è termostabile. Si
osservano vomito, diarrea, dolori addominali e nausea. Inutile una terapia antibiotica e limitata la
protezione anticorpale in quanto esistono diverse enterotossine sierologicamente distinte. Alcuni ceppi
possono causare un'enterocolite, con diarrea, crampi addominali, febbre (assente nell'intossicazione),
perdita dell’orletto a spazzole.
Sindrome da shock tossico (TSS)
Ha inizio con la crescita localizzata di S. aureus produttori di tossina, nella vagina o in una ferita, seguita dal
rilascio della tossina nel sangue. Al batterio serve un ambiente aerobico e un pH neutro per produrla. Si
osservano febbre, ipotensione e una diffusa eruzione cutanea. Coinvolge diversi apparati e l'intera pelle si
desquama. Una forma particolarmente virulenta di TSS è la porpora fulminante, caratterizzata da febbre,
vaste lesioni cutanee color porpora, ipotensione e coagulazione disseminata.
Infezioni cutanee
Comprendono l'impetigine, la follicolite, i foruncoli e i favi. L'impetigine, un'infezione superficiale che
colpisce soprattutto i bambini, si sviluppa soprattutto sul viso e sugli arti: si forma una piccola macula che
diventa una pustola che, se rotta, porta a formazione di croste. La follicolite è un'infezione piogena dei
follicoli piliferi: la base del follicolo si rialza e si arrossa. I foruncoli, una derivazione della follicolite, sono
grossi noduli rilevati e dolenti. I favi si producono quando i foruncoli si uniscono e si estendono al tessuto
sottocutaneo: febbre e brividi indicano la diffusione sistemica dei batteri.
Batteriemia ed endocardite
Lo S. aureus è una causa comune di batteriemia, di solito in seguito ad infezione cutanea. La batteriemia
può espandere l'infezione ad altri distretti, compreso il cuore. L'endocardite da S. aureus è una malattia
grave, con febbre, brividi e dolori pleurici causati da emboli polmonari.
Polmonite ed empiema
Una polmonite da S. aureus si può osservare in pz con patologie respiratorie preesistenti. Le radiografie
mostrano la presenza di infiltrazioni a chiazza con ascessi dovuti alla capacità del microrganismo di
secernere tossine citotossiche ed enzimi. I ceppi MRSA (stafilococco aureus resistente alla meticillina)
possono provocare polmonite necrotizzante. Nel 10% dei pz con polmonite si verifica empiema (raccolta di
pus in cavità fisiologicamente presenti nel corpo umano).
Osteomielite e artite settica

12
L'osteomielite (un'infezione di ossa e cavità midollare) si può avere in seguito a batteriemia e di solito
interessa le metafisi. È caratterizzata da febbre e dolore localizzato. Solo negli adulti si osserva un focolaio
isolato noto come ascesso di Brodie. Lo S. aureus è la causa principale di artite settica nei pz sottoposti a
iniezioni intra-articolari. È sostituito da Neisseria gonorrhoeae nei pz sessualmenti attivi. È caratterizzata da
un'articolazione dolente ed eritematosa, con accumulo di pus.
• Staphylococcus epidermidis e altri stafilococchi coagulasi-negativi
Endocardite
I microrganismi possono infettare le valvole cardiache naturali o artificiali. In realtà sono gli streptococchi
ad essere principalmente associati a endocardite delle valvole naturali mentre gli stafilococchi sono una
delle principali cause di endocardite delle valvole artificiali, introducendosi, probabilmente, durante la loro
sostituzione. La formazione dell'ascesso può provocare la separazione della valvola a livello della sutura ed
una insufficienza cardiaca di tipo meccanico.
Infezioni da cateteri e shunt
Più del 50% delle infezioni da protesi, cateteri e shunt, sono causate da stafilococchi coagulasi-negativi. Ciò
è dovuto alla loro capacità di produrre una capsula gelatinosa con la quale si legano a tali strumenti. Da
citare, poi, le infezioni da protesi articolari, che richiedono la sostituzione della stessa.

47. Staphylococcus: diagnosi di laboratorio


Microscopia
Cocchi gram-positivi che formano colonie quando coltivati in terreni solidi, ma nei campioni clinici
appaiono come singole cellule o piccoli gruppi. Si osservano stafilococchi nel rinofaringe di pz con SSSS e
nella vagina di pz con TSS, sebbene essi non possano essere differenziati da batteri che normalmente
popolano questi distretti. L'isolamento del patogeno, associato alla presa in esame delle manifestazioni
cliniche del pz, rappresenta la pratica più utile.
Test basati sugli acidi nucleici
Dato che gli stafilococchi crescono rapidamente in coltura, si utilizzano questi test principalmente per
individuare gli stafilococchi oxacillino-resistenti.
Coltura
Si usano terreni solidi con sangue di pecora. Crescono bene in condizioni sia aerobie che anaerobie,
formando colonie grandi e uniformi. Le colonie di S. aureus virano gradualmente verso il giallo e sono
emolitiche (per la produzione di tossine, soprattutto la tossina alfa). Se nel campione vi sono batteri di altre
specie, per isolare S. aureus è utile usare terreni selettivi, come l'agar sale-mannitolo, con elevate
concentrazioni di sale (che inibisce la crescita degli altri batteri) e mannitolo (fermentato solo da S. aureus).
Identificazione
Per differenziare lo S. aureus si possono usare test molto semplici per positività a diversi elementi:
coagulasi, proteina A, fermentazione del mannitolo e DNAsi. Molto utile è l'ibridazione fluorescente in situ
(FISH): sonde artificiali fluorescenti si legano allo S. aureus e vengono individuate al microscopio a
fluorescenza.

48. Staphylococcus: trattamento, prevenzione e controllo


Dopo l'introduzione della penicillina, questi microrganismi hanno velocemente sviluppato resistenza grazie
all'espressione della penicillasi, che idrolizza l'anello lattamico della penicillina. La resistenza si diffonde
mediante plasmidi. Sono quindi state messe a punto delle penicilline semisintetiche (meticilline, oxacilline)
ma gli stafilococchi hanno sviluppato resistenza anche ad essi. Si usa, quindi, vancomicina per le infezioni
da MRSA, o anche clindamicina e doxiciclina. Un nuovo approccio è l'utilizzo di anticorpi monoclonali
diretti contro il sito di legame delle proteine MSCRAMM, impedendo la colonizzazione. Gli stafilococchi
sono ubiquitari ma la dose infettante è abbastanza elevata.

49. Streptococcus
Cocchi gram-positivi tipicamente disposti a coppie o in catenelle. Principalmente anaerobi facoltativi, ma si
osservano anche microbi che necessitano di un'atmosfera con alte concentrazioni di CO2. Sono asporigeni.
Fermentano i carboidrati (con produzione di acido lattico) e sono catalasi-negativi.

13
Esistono tre schemi di classificazione, basati su:
• Proprietà antigeniche: gruppi di Lancefield (da A a W) in base all'antigene di Lanciefield (polisaccaride o
acido teicoico)
• Caratteristiche emolitiche: emolisi completa (beta), parziale (alfa) e assenza di emolisi
• Caratteristiche biochimiche
Sfortunatamente gli schemi non si escludono a vicenda.
Oltre ai vari streptococchi trattati in seguito, è da citare lo S. mutans, tipico del cavo orale e responsabile
della formazione di carie perchè dotato di materiale cariogeno.

50. Streptococcus Pyogenes


È responsabile di numerose malattie suppurative e non. È la principale causa di faringite batterica ed è
associato anche a patologie letali.

51. Streptococcus: fisiologia e struttura


Sono cocchi sferici che tendono a formare catene in coltura. Dopo 24 ore di incubazione, si osservano
colonie bianche con ampie zone di beta-emolisi. La struttura di base della parete è costituita da uno strato
di peptidoglicano. Ci sono antigeni gruppo- e tipo-specifici. Il carboidrato gruppo-specifico (antigene del
gruppo A di Lancefield) è un dimero di N-acetilglucosamina e ramnosio ed è usato per classificare gli
streptococchi di gruppo A dagli altri. La proteina M è la principale proteina tipo-specifica associata ai ceppi
virulenti. È formata da due catene polipeptidiche unite a formare una struttura ad alfa-elica. È ancorata alla
membrana citoplasmatica, si estende attraverso la parete e sporge al di fuori della superficie. L'estremità N-
terminale è responsabile della diversità antigenica osservata tra i sierotipi specifici delle proteine M. Quelle
di classe I presentano antigeni esposti, quelle di classe II no. Solo i batteri con quelle di classe I causano
febbre reumatica. Altri importanti elementi della parete cellulare sono le proteine di superficie tipo-M lega
la porzione FC delle immunoglobuline, l'acido lipoteicoico e la proteina F (lega la fibronectina). Questi
elementi sono adesine. Alcuni ceppi di S. pyogenes formano una capsula esterna a base di acido ialuronico,
indistinguibile dall'acido ialuronico dei tessuti (poco immunogena) tramite la quale inibisce la fagocitosi.

52. Streptococcus: patogenesi e immunità


Infezioni iniziali ospite-batterio
S. pyogenes possiede vari meccanismi per evitare l'opsonizzazione e la fagocitosi. La capsula di acido
ialuronico è poco immunogena e interferisce con la fagocitosi. La regione conservata della proteina M può
legare il fattore H (beta-globulina) del siero, che è una proteina regolatrice della via alternativa di
attivazione del complemento. Il componente C3b del complemento è un importante mediatore della
fagocitosi ed è reso instabile dal fattore H. Pertanto, quando C3b si lega alla proteina M, viene degradato
dal fattore H e la fagocitosi viene inibita. Il legame del fibrinogeno alla proteina M blocca anche l'attivazione
del complemento attraverso la via alternativa e riduce la quantità di C3b legato. Infine, tutti i ceppi di S.
pyogenes possono produrre C5a peptidasi, serin-proteasi che può inattivare il C5a. L'adesione iniziale alle
cellule è un'interazione debole tra l'acido lipoteicoico e la fibronectina. L'adesione che ne consegue è
dovuta all'interazione della proteina M, della proteina F e di altre adesine con specifici recettori della cellula
ospite. Proteina M e proteina F mediano anche l'invasione delle cellule epiteliali (internaline).
Gli anticorpi anti-proteina M sono quelli più protettivi, essendo la proteina M il principale fattore di
virulenza (ha anche attività antifagocitaria). La proteina M ha omologie di sequenze con proteine self (crea
le basi per fenomeni autoimmunitari). Ovviamente non tutte le proteine M sono uguali, essendo presente
una parte variabile (più ceppi diversi).
Tossine ed enzimi
Le esotossine pirogene streptococciche (Spe) sono prodotte da ceppi lisogeni di streptococchi. Quattro
tossine distinte di questa classe (SpeA, SpeB, SpeC e SpeF) agiscono come superantigeni. La streptolisina S
è un'emolisina ossigeno-stabile non immunogena e legata alla cellula, che può lisare eritrociti, leucociti e
piastrine. La streptolisina O è un'altra emolisina in grado di lisare eritrociti, leucociti e piastrine, è
immunogena ed ossigeno-labile. Poiché essa è inibita dal colesterolo contenuto dei lipidi della pelle, i pz
affetti da infezioni cutanee non sviluppano anticorpi anti-streptolisina O. Sono state descritte due forme di

14
streptochinasi (A e B). Questi enzimi degradano il plasminogeno, formano plasmina, che, a sua volta,
degrada fibrina e fibrinogeno, provocando la lisi dei coaguli facilitando la rapida diffusione di S. pyogenes
nei tessuti. Quattro DNAsi degradano il DNA presente nel pus. Ciò riduce la viscosità e facilita la
diffusione.

53. Streptococcus: epidemiologia


Gli streptococchi di gruppo A possono colonizzare l'orofaringe di ragazzi e giovani adulti sani in assenza di
malattia clinicamente osservabile. Tuttavia, l'isolamento di S. pyogenes in un pz con faringite è considerato
significativo. Si diffonde da persona a persona attraverso aerosol. L'affollamento che spesso si verifica nelle
classi e negli asili aumenta la possibilità di diffusione della malattia, specialmente nel periodo invernale.

54. Streptococcus: sindromi cliniche suppurative


Faringotonsillite
La faringotonsillite si manifesta con mal di gola, malessere, febbre e cefalea. La faringe posteriore può
apparire eritematosa e la linfoadenopatia cervicale può essere rilevante. La scarlattina è una complicazione
della faringite e si verifica quando vi è produzione di una esotossina pirogena. Una diffusa eruzione cutanea
eritematosa appare inizialmente sulla parte superiore del torace e poi si diffonde alle estremità. Viene
risparmiata l'area intorno alla bocca (pallore circum-orale), così come il palmo delle mani e la pianta dei
piedi. Una patina bianca copre la lingua, che poi si spella, rivelando una superficie sottostante rossa e
scorticata (v a fragola).
Piodermite
Anche nota come impetigine, è un'infezione circoscritta purulenta della cute. Comincia quando la pelle è
colonizzata da S. pyogenes in seguito a contatto diretto con persone o oggetti infetti. Successivamente il
microbo si introduce nei tessuti sottocutanei tramite ferite. Si sviluppano vescicole che diventano pustole e,
in seguito, si rompono e formano croste. È tipica la diffusione secondaria causata dal grattarsi.
Ersipela
L'ersipela è un'infezione acuta della pelle. I pz presentano dolore localizzato e infiammazione,
ingrossamento linfonodale e segni sistemici (brividi, febbre, leucocitosi). L'area della pelle coinvolta è
sollevata e differenziata dalle aree circostanti. È arrossata e dolente. Il sollevamento cutaneo è tipico
dell'ersipela.
Cellulite
Coinvolge tipicamente la pelle e i tessuti sottocutanei più profondi e la distinzione tra pelle infetta e non è
poco netta. Infiammazione localizzata e segni sistemici.
Fascite necrotizzante
Anche nota come gangrena streptococcica, è un'infezione che si verifica in profondità nel tessuto
sottocutaneo, si diffonde nei piani fasciali ed è caratterizzata da una distruzione estensiva del muscolo e del
grasso. Il microbo penetra nei tessuti attraverso una lesione della cute. Si sviluppano bolle, gangrena e
sintomi sistemici. Altre caratteristiche sono tossicità, insufficienza multiorgano e morte.
Sindrome streptococcica da shock tossico
La maggior parte dei pz inizialmente presenta infiammazione dei tessuti molli nel sito di infezione, dolore e
sintomi aspecifici. Il dolore si intensifica gradualmente con la progressione della malattia verso lo schock e
l'insufficienza d'organo. Si osservano batteriemia e fascite necrotizzante. I pz immunocompromessi sono
più a rischio.
• Sequele non suppurative
Febbre reumatica + pancardite
È una sequela non suppurativa della faringite. È caratterizzata da alterazione infiammatorie che riguardano
il cuore, le articolazioni, i vasi e i tessuti sottocutanei. È causata da specifici tipi M di classe I. È inoltre
associata a faringotonsillite streptococcica, ma non a infezioni cutanee. La diagnosi è fatta sulla basa di
osservazioni cliniche e evidenze di un'infezione. Ipotesi autoimmune.
Glomerulonefrite acuta
Infiammazione acuta dei glomeruli renali, con edema, ipertensione, ematuria e proteinuria. Al contrario
della febbre reumatica è associata sia a infezioni faringee che cutanee. In questo caso, si formano

15
immunocomplessi (con antigeni che possono essere anche self) che si depositano a livello glomerulare.

55. Streptococcus: diagnosi di laboratorio


Microscopia
Utile la colorazione di Gram per la diagnosi di infezioni dei tessuti molli o delle piodermiti. Il riscontro di S.
pyogenes sulla pelle è molto indicativo, in quanto essi normalmente non colonizzano questa sede. È invece
poco significativo trovare il batterio in campioni faringei essendo esso un componente della normale flora
batterica della faringe.
Ricerca degli antigeni
La ricerca degli streptococchi di gruppo A direttamente dai tamponi faringei può essere effettuata
utilizzando anticorpi diretti contro il carboidrato gruppo-specifico della parete.
Coltura
Il prelievo deve essere effettuato dall'orofaringe posteriore (la bocca contiene microbi che inibiscono la
crescita di S. pyogenes). Nei pz con impetigine si preleva materiale purulento dalla superficie di una lesione
dopo aver sollevato la crosta. I batteri sono facilmente individuati nei tessuti e nel sangue di pz con fascite
necrotizzante; più complicato è il riscontro di patogeni nella cute di pz con ersipela o cellulite, a causa del
loro basso numero.
Identificazione
Gli streptococchi di gruppo A si identificano in maniera definitiva mediante dimostrazione del carboidrato
gruppo-specifico. La distinzione tra S. pyogenes e gli altri streptococchi con antigeni gruppo-specifici A può
essere effettuata mediante la loro sensibilità alla bacitracina o la presenza dell'enzima L-pirrolidonil
arilamidasi (PYR).
Ricerca degli anticorpi
La ricerca di anticorpi contro la proteina M non è molto utile dato che si producono tardi. Più efficiente è
dosare gli anticorpi diretti contro la streptolisina O (TAS).

56. Streptococcus: trattamento prevenzione e controllo


S. pyogenes è molto sensibile alla penicillina. Nei pz affetti da infezioni miste con S. aureus, la terapia
dovrebbe includere oxacillina o vancomicina. Nei pz con gravi infezioni dei tessuti molli (fascite
necrotizzante) è necessario il drenaggio chirurgico. Bisogna sempre considerare la possibilità di sequele non
suppurative, che rappresentano gravi rischi per la salute del pz.

57. Streptococcus agalactiae: fisiologia e la struttura


È l'unica specie che presenta l'antigene di gruppo B.
Fisiologia e la struttura
Sono cocchi gram-positivi che si organizzano in catenelle. Crescono bene su terreni arricchiti e, a differenza
di quelle di S. pyogenes, le colonie di S. agalactiae sono grandi e con una piccola zona di emolisi. I ceppi di
S. agalactiae possono essere classificati in base alla presenza di tre marcatori sierologici: l'antigene B
polisaccaridico gruppo-specifico della parete, nove polisaccaridi capsulari tipo-specifici e proteine di
superficie.

58. Streptococcus agalactiae: patogenesi e immunità


Il fattore di virulenza più importante è la capsula polisaccaridica, che interferisce con la fagocitosi fin
quando il paziente non sviluppa anticorpi contro di essa. In assenza degli anticorpi materni protettivi, i
neonati hanno un rischio maggiore di sviluppare la malattia. Inoltre, essi sono principalmente colpiti da S.
agalactiae anche per i bassi livelli di attività del complemento. È stato osservato che diversi antigeni
capsulari di S. agalactiae hanno un residuo terminale di acido sialico. Questo può inibire l'attivazione della
via alternativa del complemento.

59. Streptococcus agalactiae: epidemiologia


Colonizzano principalmente il tratto gastrointestinale inferiore e il tratto genitourinario. Gran parte dei
neonati nati da madri colonizzate è a sua volta colonizzato. La malattia nei neonati con meno di 7 giorni è

16
detta malattia a esordio precoce; quella che si verifica nel periodo compreso tra 1 settimana e 3 mesi di vita
è detta malattia a esordio tardivo. S. agalactiae è la causa principale di setticemia e meningite nei neonati. Il
rischio di malattia è più alto per le donne gravide. Negli uomini e nelle donne non gravide le infezioni sono
principalmente della pelle e dei tessuti molli, batteriemie, polmoniti. Condizioni che predispongono alla
patologia sono il diabete mellito, il cancro, l'epatopatia cronica o la nefropatia cronica e l'infezione da HIV.
Il batterio è capace di risalire in utero tramite membrane placentari e raggiungere il feto.

60. Streptococcus agalactiae: sindromi cliniche


Malattia neonatale a esordio precoce
Caratterizzata da batteriemia, polmonite o meningite ed è indistinguibile dalle sepsi provocate da altri
batteri. Una piccola parte dei neonati che sopravvivono alla meningite presenta conseguenze neurologiche,
tra cui cecità, sordità e ritardo mentale. L'acquisizione del batterio avviene in utero o durante il passaggio
nel canale del parto. Si osserva nella prima settimana.
Malattia neonatale a esordio tardivo
È acquisita da una fonte esogena. La principale manifestazione è la batteriemia con meningite. Dalla prima
settimana ai primi tre mesi.
Infezioni nelle donne in gravidanza
Comuni sono le endometriti postpartum, le infezioni da ferita e quelle del tratto urinario.
Infezioni negli uomini e nelle donne non gravide
Batteriemia, polmonite, infezioni osteoarticolari e infezioni della pelle e dei tessuti molli.

61. Streptococcus agalactiae: diagnosi di laboratorio


• Ricerca degli antigeni
Poco utile perché poco sensibile in ogni caso.
• Coltura
Semina su Agar-sangue, formano colonie grandi. Si cercano colonie emolitiche.
• Identificazione
In genere l'identificazione avviene mediante dimostrazione di un test catalasi negativo e ricerca del
carboidrato gruppo-specifico.

62. Streptococcus agalactiae: trattamento, prevenzione e controllo


Sensibili alla penicillina, farmaco di elezione. Tuttavia, la MIC è circa dieci volte superiore a quella per S.
pyogenes e, in alcuni casi, si è osservata tolleranza (l'antibiotico inibisce il batterio, ma non lo uccide); per
tal motivo si associa un aminoglicoside. Si usa vancomicina per i pazienti allergici alla penicillina. Per la
prevenzione si raccomanda lo screening in gravidanza. Test a base di acido ippurico.

63. Streptococcus Pneumoniae: fisiologia e struttura


La malattia da pneumococchi è ancora una delle principali cause di morbilità e mortalità.
È un cocco gram-positivo capsulato che forma colonie in cui si dispone in coppia o in corte catene. Le
colonie sono alfa-emolitiche su agar-sangue, se incubate in aerobiosi, e possono essere beta-emolitiche se
cresciute in anaerobiosi. La capacità emolitica è dovuta alla produzione di pneumolisina, enzima
ossigenolabile che degrada l'emoglobina producendo una sostanza di colore verde.
Il microbo è esigente dal punto di vista nutrizionale e cresce solo su terreni addizionati con emoderivati.
Può fermentare diversi carboidrati, con produzione di acido lattico. Cresce poco in terreni con elevate
concentrazione di glucosio poiché in essi le quantità di acido lattico arrivano ad essere tossiche. È privo di
catalasi e, se essa non viene aggiunta dall'esterno, l'accumulo di perossido d'idrogeno inibisce la crescita
batterica. I ceppi virulenti posseggono una capsula di polisaccaridi complessi, utilizzati per la classificazione
sierologica. Alle subunità alternate di N-acetilglucosamina e acido N-acetilmuramico del peptidoglicano
sono annesse catene oligopeptidiche, che a loro volta sono legate trasversalmente da ponti di pentaglicina
(solo nei gram-più). L'altro principale componente della parete è l'acido teicoico, di cui esistono due forme:
una esposta sulla superficie cellulare e l'altra legata ai lipidi della membrana. L'acido teicoico esposto si lega
alla struttura di peptidoglicano e si estende attraverso la capsula esterna. Questa struttura specie-specifica

17
è chiamata polisaccaride C (importante perché in presenza di calcio stimola l’attività della proteina C
reattiva (infiammazione)). L'acido teicoico legato ai lipidi si chiama antigene F. Entrambe le forme sono
legate a residui di fosforilcolina. Le cellule vecchie tendono ad assumere una forma a "pedina di dama", con
una depressione centrale. Sono inoltre soggette ad autolisi.

64. Streptococcus Pneumoniae: patogenesi e immunità


Rimane ancora molto da capire sui meccanismi patogenetici di S. pneumoniae. Le manifestazioni
patologiche sono principalmente causate dalle risposte immunitarie.
Colonizzazione e migrazione
S. pneumoniae colonizza l'orofaringe e poi, in particolari situazioni, si diffonde fino ai polmoni, ai seni
paranasali e all'orecchio medio. La colonizzazione all'orofaringe è mediata da adesine. La successiva
migrazione verso il tratto respiratorio inferiore può essere evitata se il batterio viene avvolto dal muco e
rimosso dalle cellule ciliate. I batteri contrastano questo meccanismo con la produzione di una proteasi di
IgA secretorie e di una pneumolisina. Le IgA intrappolano i microbi nella mucina attaccandosi ai batteri col
sito legante l'antigene e alla mucina con la regione Fc. La proteasi impedisce questo legame. La
pneumolisina forma pori sulla membrana delle cellule ciliate, distruggendole.
Distruzione tissutale
L'acido teicoico e frammenti di peptidoglicano attivano la via alternativa del complemento, producendo
C5a, che media il processo infiammatorio. La pneumolisina attiva la via classica, producendo C3b e C5a. Si
richiamano numerose cellule infiammatorie e si produce danno tissutale, soprattutto a causa del rilascio di
ROS. La fosforilcolina può legarsi ai recettori per il fattore attivante le piastrine (presente su cellule
endoteliali, leucociti, piastrine, cellule del tessuto polmonare e delle meningi); tale legame permette ai
batteri di penetrare nelle cellule e quindi resistere a fagocitosi. La neuroaminidasi distrugge glicoproteine e
glicolipidi di membrana. L'autolisina degrada la stessa cellula batterica, portando alla liberazione di
frammenti di peptidoglicano e acidi teicoici, tossici per l'ospite.
Sopravvivenza alla fagocitosi
S. pneumoniae sopravvive alla fagocitosi grazie alla presenza della capsula e alla produzione di
pneumolisina.

65. Streptococcus Pneumoniae: epidemiologia


S. pneumoniae è comunemente presente nella gola e nel nasofaringe di persone sane e, principalmente, di
bambini. La malattia compare a seguito della migrazione dello pneumococco verso siti distali, spesso
coinvolgendo il sangue. I soggetti più a rischio di sviluppare malattia sono quelli con predisposizione
genetica, gli alcolisti, i tossicodipendenti, i pazienti con BPCO o altre infezioni, splenectomizzati.

66. Streptococcus Pneumoniae: sindromi cliniche


Polmonite
Si sviluppa quando i batteri si moltiplicano negli spazi alveolari. Gli eritrociti fuoriescono dai capillari
congestionati e si accumulano negli alveoli. Quindi migrano prima i neutrofili, poi i macrofagi. La
guarigione avviene a seguito della produzione di anticorpi anticapsulari. Le manifestazioni cliniche
conprendono brividi violenti e febbre alta (39-41°C). Si osserva tosse produttiva con espettorato striato di
sangue e, in genere, dolore al torace (pleurite). Dato che la malattia è associata ad un'aspirazione, essa è
principalmente localizzata ai lobi inferiori.
Sinusite e otite media
La sinusite si osserva in paziente di tutte le età; l'otite media è principalmente osservata nei bambini.
Meningite
S. pneumoniae può diffondere al SNC dopo batteriemia, infezioni di orecchio o dei seni paranasali o trauma
cranico che provoca una comunicazione tra rinofaringe e spazio subaracnoideo.
Batteriemia
Si verifica nel 25-30% dei pazienti con infezione pneumococcica e in più dell'80% dei pazienti con
meningite.

18
67. Streptococcus Pneumoniae: diagnosi di laboratorio
• Microscopia
Rapida e utile è la colorazione di Gram dei camponi di espettorato per la diagnosi di polmonite e meningite.
I microbi appaiono come diplococchi gram-positivi di forma lanceolata circondati da una capsula incolore.
La diagnosi può essere confermata dalla reazione di quellung (rigonfiamento): anticorpi anticapsulari
vengono mischiati con i batteri e poi la miscela viene esaminata al microscopio. Un aumeno di rifrangenza
intorno ai batteri indica una reazione positiva per S. pneumoniae.
• Ricerca degli antigeni
Il polisaccaride C dello pneumococco ha un'escrezione urinaria. Nei pazienti con meningite si ricerca nel
LCS.
• Coltura
I campioni di espettorato vengono inoculati in un terreno addizionato con sangue. Si formano colonie
emolitiche. Si osserva il patogeno solo in metà dei pazienti con polmonite, in quanto esso è spesso inibito
dalla flora batterica orale. Per paziente con sinusite e otite si deve ottenere un aspirato dal seno o
dall'orecchio medio. Per i pazienti con meningite si recupera il LCS.
• Identificazione
I ceppi di S. pneumoniae sono rapidamente lisati quando le autolisine sono attivate dopo l'esposizione alla
bile. Altri sptreptococchi rimangono invece immodificati. Lo stesso vale per il test con optochina.

68. Streptococcus Pneumoniae: trattamento, prevenzione e


controllo
La principale terapia era l'inoculazione di anticorpi anticapsulari. Successivamente si passò alla penicillina,
fino a quando si osservarono ceppi resistenti. Ad oggi, si usano fluorochinolone o vancomicina associata a
ceftriaxone.

69. Neisseria
Il genere Neisseria comprende 10 specie riscontrate nell'uomo, di cui due particolarmente patogene:
Neisseria gonorrhoeae e Neisseria meningitidis. N. meningitidis comprende diversi gruppi distinti in base
alla capsula, di cui alcuni più comuni (A, B, C, Y e W135).
Neisseria Gonorrhoeae e Neisseria Meningitidis
La gonorrea è una delle più comuni patologie sessualmente trasmesse. Neisseria meningitidis è la seconda
causa più comune di meningite negli adulti.
70. Neisseria: fisiologia e struttura
Sono batteri aerobi (le specie patogene richiedono ambiente con CO2 al 5-10%), gram-negativi, di forma
coccoide e disposti a coppia (diplococchi). Sono immobili e non formano endospore. Tutte le specie sono
ossidasi-positive e la maggior parte produce catalasi. N. gonorrhoeae produce acido ossidando glucosio,
mentre N. meningitidis ossidando sia glucosio che maltosio. N. meningitidis mostra crescita variabile su
agar nutriente e N. gonorrhoeae è un microrganismo esigente, che richiede terreni complessi per la
crescita. Tutti i ceppi di N. gonorrhoeae richiedono cisteina e una fonte di energia (glucosio, piruvato,
lattato) per crescere e molti ceppi richiedono una supplementazione del terreno con amminoacidi,
vitamine, purine e pirimidine. Quindi N. gonorrhoeae non cresce su agar-sangue ma su agar-cioccolato e
altri terreni arricchiti. La temperatura ottimale di crescita va da 35 °C a 37 °C. Il maggior fattore di virulenza
per N. meningitidis è la capsula polisaccaridica e differenze antigeniche in essa sono alla base della
suddivisione in sierogruppi di questi batteri. Possiedono, inoltre, pili che mediano una serie di funzioni,
inclusi l'adesione alle cellule dell'ospite, il trasferimento di materiale genetico e la motilità. Essi sono
composti da subunità proteiche ripetute, dette piline. Le proteine poriniche formano pori sulla membrana
esterna e N. gonorrhoeae e N. meningitidis hanno due geni per le porine, porA e porB. Tuttavia porA è
silente in N. gonorrhoeae: porB è la maggiore proteina della membrana esterna e deve essere funzionale
affinché il microbo possa sopravvivere. PorB è importante per la virulenza di N. gonorrhoeae. Proteine porB
possono interferire con la degranulazione dei neutrofili e facilita l'invasione delle cellule epiteliali. Le
proteine Opa (proteine di opacità) sono una serie di proteine di membrana che mediano il legame con
cellule epiteliali e fagociti. N. gonorrhoeae appare opaco in coltura quando esprime queste proteine e la

19
loro presenza è associata a malattia. Un terzo gruppo di proteine della membrana esterna è rappresentato
dalle proteine Rmp, che stimolano anticorpi che bloccano l'attività battericida sierica contro le neisserie.
Il ferro è necessario per la loro crescita. N. gonorrhoeae e N. meningitidis sono in grado di competere per il
ferro legando la transferrina delle cellule dell'ospite a specifici recettori batterici di superficie. La specificità
di questi legami è probabilmente la ragione per cui questi batteri sono patogeni.
Un altro antigene nella parete cellulare è il lipooligosaccaride (LOS), composto da lipide A e un
oligosaccaride centrale ma privo di del polisaccaride O-antigenico che si osserva nel LPS. La porzione del
lipide A ha attività endotossinica. Sia N. gonorrhoeae che N. meningitidis rilasciano vescicole di membrana
esterna durante la crescita. Queste vescicole contengono LOS e proteine di superificie e possono agire sia
potenziando la tossicità endotossino-mediata sia proteggendo i batteri in replicazione legando gli anticorpi
diretti verso le proteine. N. gonorrhoeae e N. meningitidis producono una immunoglobulina A1 proteasi,
che scinde la regione cerniera delle IgA1.

71. Neisseria: patogenesi e immunità


I gonococchi aderiscono alle mucose, penetrano all'interno delle cellule e si moltiplicano, quindi passano
attraverso le cellule nello spazio subepiteliale dove si stabilisce l'infezione. Il LOS gonococcico stimola il
rilascio di TNF che è una citochina pro-infiammatoria che determina la maggior parte dei sintomi della
patologia gonococcica. Gli anticorpi IgG3 sono predominanti in tali infezioni e attaccano piline, proteine
Opa e LOS. La patologia meningococcica si verifica in assenza di specifici anticorpi diretti contro gli
antigeni del patogeno. Sia N. gonorrhoeae che N. meningitidis vengono internalizzati in vacuoli fagocitici
ma sono in grado di evitare la morte endocellulare, replicarsi e quindi migrare altrove. Inoltre, essi
overproducono i componenti della membrana esterna e li accumulano in vescicole, che vengono rilasciate
durante l'infezione. Le vescicole richiamano e "sprecano" anticorpi oltre a richiamare le sostanze
infiammatorie.

72. Neisseria: epidemiologia


La gonorrea si sviluppa solo nell'uomo. Essa è seconda solo alle infezioni da Chlamydia come più comune
malattia sessualmente trasmessa. Il batterio si trasmette principalmente per via sessuale. Il maggior
serbatoio sono i portatori asintomatici, e tale stato è più comune nelle donne.
La patologia meningococcica è diffusa in tutto il mondo e l'uomo è l'unico serbatoio di N. meningitidis.

73. Neisseria Gonorrhoeae: sindromi cliniche


Gonorrea
Negli uomini l'infezione è principalmente confinata all'uretra. Essa comporta secrezione uretrale e disuria;
complicanze più rare comprendono epididimiti e prostatiti. Nelle donne il sito primitivo di infezione è la
cervice, dato che i batteri infettano le cellule epiteliali colonnari endocervicali. I sintomi comprendono:
secrezioni vaginali, disuria e dolore addominale.
Gonococcemia
In una piccolissima percentuale dei pazienti infetti si verificano infezioni disseminate con setticemia e
infezione di cute e articolazioni. Nelle donne tale percentuale è leggermente più alta a causa della maggiore
possibilità di rientrare nello stato di portatore asintomatico. I sintomi sono: febbre, artrite a livello di polsi,
ginocchia e caviglie e un rash pustoloso su base eritematosa.
Altre sindromi da Neisseria Gonorrhoeae
Periepatite, congiuntivite purulenta, gonorrea anorettale nei maschi omosessuali e faringite. Caratteristica
è cecità.

74. Neisseria Meningitidis: sindromi cliniche


Meningite
Insorge improvvisamente con cefalea, febbre e segni meningei. La mortalità si riduce al 10% nei pazienti
trattati.
Meningococcemia
È potenzialmente letale. Le caratteristiche cliniche peculiari sono la trombosi dei piccoli vasi e il

20
coinvolgimento multiorgano. Si osservano spesso piccole lesioni petecchiali della cute che possono
confluire a formare lesioni emorragiche più ampie. Può conseguire coagulazione intravascolare
disseminata e distruzione bilaterale delle ghiandole surrenali.
Altre sindromi da Neisseria Meningitidis
Polmonite, artrite e uretrite.

75. Neisseria: diagnosi di laboratorio


Microscopia
Utile la colorazione di Gram per riscontrare l'infezione gonococcica in maschi con uretrite purulenta, ma
poco sensibile nei soggetti asintomatici e nelle donne. N. meningitidis può essere facilmente osservato nel
liquido cerebrospinale dei pazienti con meningite. In questo caso, i pazienti non trattati presentano grandi
quantità di microbi nel sangue.
Ricerca degli antigeni
Poco raccomandata per entrambi i patogeni.
Test basati sugli acidi nucleici
Addirittura più precisi della coltura, ma hanno il limite di non poter essere usati per monitorare la
resistenza antibiotica dei patogeni identificati.
Coltura
N. gonorrhoeae può essere facilmente isolato da campioni genitali. Poiché altri microrganismi
normalmente colonizzano le mucose, tutti i campioni genitali, rettali e faringei devono essere inoculati sia
su terreni non selettivi (ad es. agar-sangue cioccolato) sia su terreni selettivi. I primi vengono usati perchè
alcuni ceppi di N. gonorrhoeae sono inibiti dalla vancomicina presente nella maggior parte dei terreni
selettivi. Sebbene l'endocervice sia il più comune sito di infezione nelle donne, i campioni rettali possono
essere gli unici positivi per donne asintomatiche, così come in uomini omosessuali e bisessuali. Utili i
campioni prelevati da articolazioni infette, poco quelli cutanei. N. meningitidis è generalmente presente in
grandi quantità nel liquido cerebrospinale, nel sangue enell'escreato.
Identificazione
Le specie patogene di Neisseria si individuano preliminarmente sulla base dell'isolamento di diplococchi
gram-negativi ossidasi positivi che crescono su agar-sangue cioccolato o su altri terreni selettivi per
Neisseria.

76. Neisseria: trattamento, prevenzione e controllo


Ad oggi solo N. meningitidis resta suscettibile alla penicillina. Per l'infezione da N. gonorrhoeae si consiglia
l'uso di ceftriaxone ma, se non è stata esclusa l'infezione da Chlamydia trachomatis, deve essere associato
ad azitromicina o doxiciclina. Gli sforzi maggiori per arginare l'epidemia di gonorrea comprendono
l'educazione sessuale e la tempestiva e adeguata terapia. L'eradicazione del bacino di portatori sani di N.
meningitidis è poco probabile. Per tal motivo gli sforzi si sono concentrati sul trattamento profilattico degli
individui esposti e sul miglioramento dell'immunità verso i sierogruppi più comuni. Si usano ceftriaxone e
rifampicina.

77. Enterobacteriaceae
Questa famiglia è costituita dal gruppo più esteso di bacilli gram-negativi importanti dal punto di vista
medico. Sono microrganismi ubiquitari e sono presenti anche nella flora batterica dell'intestino umano.
Alcuni sono sempre patogeni per l'uomo, altri agiscono da opportunisti. Un terzo gruppo è rappresentato
da normali commensali che diventano patogeni dopo acquisizione di fattori di virulenza veicolati da
plasmidi, batteriofagi e isole di patogenicità.

78. Enterobacteriaceae: fisiologia e struttura


Gli enterobatteri condividono un antigene comune (antigene comune antibatterico), sono sia mobili che
immobili e sono asporigeni. Sono anaerobi facoltativi e possono crescere in molti terreni selettivi e non.
Non sono esigenti, fermentano il glucosio, riducono il nitrato e sono catalasi-positivi e ossidasi-negativi.
L'uso di terreni ha permesso di discriminare i ceppi in base alle caratteristiche funzionali (fermentazione del

21
lattosio, resistenza a sali biliari). Alcuni sono dotati di capsula, altri sono circondati da uno strato gelatinoso.
Il LPS è il principale antigene della parete cellulare ed è formato dai classici tre componenti: l'antigene O
(suddivisione in ceppi), il core polisaccaridico (che identifica gli enterobatteri) e il lipide A (attività
endotossica). La classificazione sierologica degli enterobatteri si basa su tre gruppi principali di antigeni:
l'antigene O, l'antigene capsulare K (Vi nelle salmonelle) e la proteina flagellare H. Ogni genere esprime
specifici antigeni O; gli antigeni K (polisaccaridi acidi dello strato mucoso, più superficiali rispetto
all'antigene O) non si usano per la sierotipizzazione ma sono importanti perché possono interferire con la
ricerca di antigeni O; gli antigeni H (proteine flagellari, presenti solo nelle specie mobili) possono essere
assenti. I ceppi mobili possiedono flagelli peritrichi. Molti enterobatteri hanno anche fimbrie, che possono
essere di due tipi: fimbrie comuni e pili sessuali. Le prime sono fattori di adesione.

79. Enterobacteriaceae: patogenesi e immunità


Sono stati individuati numerosi fattori di virulenza.
Endotossina
L'attività di questa tossina dipende dal lipide A, che induce attivazione del complemento, rilascio di
citochine, leucocitosi, trombocitopenia, coagulazione disseminata, febbre, ridotta circolazione periferica,
schock e morte.
Capsula
Protegge dalla fagocitosi. La sua funzione protettiva si riduce quando il paziente sviluppa anticorpi contro di
essa.
Variazione di fase antigenica
Si può variare l'espressione degli antigeni H e K, così da essere meno esposti all'attività anticorpale.
Sistemi di secrezione di tipo III
Simile ad una siringa molecolare, facilita la secrezione di fattori di virulenza.
Sequestro di fattori di crescita
Producono siderofori per il sequestro di ferro, competendo, quindi, con le proteine che legano ferro
nell'ospite.
Resistenza al killing sierico
La capsula e altri fattori possono determinare difesa nei confronti del sierum killing mediato da leucociti e
complemento.
Resistenza agli antibiotici
Può esse veicolata da plasmidi trasferibili.

100. Diagnosi di laboratorio


Coltura
Gli enterobatteri crescono velocemente nei terreni di coltura. Si usano terreni semplici per inoculi sterili e
agar selettivi per campioni non sterili. In tal modo si distinguono ceppi fermentanti il lattosio da ceppi non
fermentanti, fornendo informazioni utili per la terapia antibiotica.
La diagnosi di EHEC è rara e si usano due approcci: l'esame colturale e la ricerca della tossina. Al contrario
della maggior parte degli E. coli, molti ceppi di EHEC non fermentano il sorbitolo. Pertanto si usa l'agar
MacConkey al sorbitolo per identificare E. coli O157 (il sierotipo EHEC più comune). I terreni altamente
selettivi sono utili per isolare salmonelle o shigelle dai campioni fecali.

101. Enterobatteri: trattamento, prevenzione e controllo


La terapia per gli enterobatteri si basa sull'antibiogramma e sull'esperienza clinica. Negli ospedali è molto
comune osservare infezioni da ceppi resistenti agli antibiotici. È difficile prevenire le infezioni da
enterobatteri, poichè essi fanno parte della flora batterica endogena. Le infezioni esogene sono
teoricamente più facili da controllare.

80. Escherichia Coli

22
Bacillo gram negativo aerobio; è la specie più comune del genere Escherichia. Causa una varietà di malattie,
tra cui la gastroenterite, infezioni urinarie, meningiti e sepsi. Oltre ai tipici fattori di virulenza degli
enterobatteri, posseggono fattori più specifici: le adesine e le esotossine (termolabili).

81. Escherichia Coli: epidemiologia


E. coli è un normale commensale del tratto gasatrointestinale. Può diventare patogeno opportunista in
seguito a perforazione intestinale, con l'ingresso di batteri nella cavità peritoneale, o in seguito
all'acquisizione di fattori di virulenza.

82. Escherichia Coli: sindromi cliniche


Gastroenterite
I ceppi che causano gastroenterite sono divisi in 5 gruppi principali: enterotossigeni, enteropatogeni,
enteroaggreganti, enteroemorragici ed enteroinvasivi. I primi tre si trovano soprattutto nel tenue, mentre
gli ultimi due nel crasso.
Setticemia
E. coli è il bacillo gram-negativo più frequentemente isolato nei pazienti con setticemia. Questa origina da
un'infezione urinaria o del tratto gastroenterico ed è favorita da patologie presenti e
immunocompromissione.

83. ETEC
Le infezioni colpiscono soprattutto i bambini dei paesi in via di sviluppo e i viaggiatori diretti in queste
zone. L'inoculo deve essere elevato e l'infezione si acquisisce tramite ingestione di alimenti o acqua
contaminati da materiale fecale. L'infezione non si trasmette da persona a persona. La diarrea secretoria
dura 3-5 giorni e presenta sintomi simili a quelli del colera, ma più lievi. I ceppi ETEC producono due classi
di tossine: tossine termolabili (LT-1, LT-2) e tossine termostabili (STa e STb). La tossina LT-2 non è patogena,
mentre la LT-1 è simile a quella colerica. Essa è formata da una subunità A e cinque subunità B che si
legano al ganglioside GM1. La subunità A viene internalizzata e induce un aumento di cAMP, che stimola la
secrezione di cloro e riduce l'assorbimento di sodio, causando diarrea acquosa. La tossina STa, a differenza
della STb, è patogena per l'uomo. STa si lega ai recettori che hanno attività guanilato-ciclasica inducendo un
aumento di cGMP con conseguente ipersecrezione di fluidi. I geni di LT-1 e STa sono veicolati da plasmidi,
insieme ai geni dei fattori di colonizzazione. Questi ultimi sono fimbrie che si legano a specifici recettori
dell'ospite.

84. EPEC
Sono la causa principale di diarrea infantile nei paesi poveri. Le infenzioni da EPEC sono contagiose e la
dose infettiva è quindi relativamente bassa. Comporta diarrea acquosa che può essere associata a febbre e
vomito. Dapprima vi è l'adesione dei batteri agli enterociti; segue la distruzione dei microvilli. Inizialmente i
patogeni si aggregano sulla superficie epiteliale, grazie a pili formanti fasci, formando microcolonie. La fase
successiva è regolato dai geni del locus di distruzione degli enterociti. La vera è propria distruzione degli
enterociti ha luogo quando i batteri secernono nelle cellule il cosiddetto recettore traslocato dell'intimina
(Tir). Questo si inserisce in membrana e funge da recettore dell'intimina, un'adesina della membrana
batterica. L'interazione intimina-Tir induce la polimerizzazione dell'actina e l'accumulo di proteine
citoscheletriche, causando la distruzione della membrana e la morte della cellula.

85. EAEC
Causano diarrea acquosa persistente e disidratazione negli infanti dei paesi in via di sviluppo e nei
viaggiatori diretti in queste zone. Tali ceppi sono tra i pochi che causano diarrea cronica e ritardo della
crescita nei bambini. I batteri sono caratterizzati dall'autoagglutinazione "a pila di mattoni", mediata da
fimbrie di adesione aggregante di tipo I. L'adesione alla parete intestinale stimola la secrezione di muco,
inducendo la formazione di uno spesso biofilm che avvolge i batteri aggregati e li protegge da antibiotici e
fagociti. Producono due tipi di tossine: la tossina termostabile enteroaggregante (EAST) e la tossina
plasmidica (PET), che stimolano la secrezione di fluidi.

23
86. EHEC
Sono i ceppi patogeni più diffusi nei paesi in via di sviluppo. L'infezione è comune nei mesi caldi e colpisce
soprattutto bambini sotto i 5 anni. La dose infettiva è molto bassa: meno di 100 bacilli sono sufficienti a
scatenare infezione, che si trasmete per contagio diretto. La gravità della malattia varia dalla diarrea lieve
alla colite emorragica, con gravi dolori addominali e diarrea emorragica. La patologia è di solito
autolimitante. La sindrome emolitico-uremica (HUS) è una grave complicanza che si verifica in una piccola
percentuale di persone ed è caratterizzata da insufficienza renale acuta, trombocitopenia e anemia
emolitica microangioepatica. Il ceppo EHEC più comune è il sierotipo O157:H7, un clone che si è evoluto dai
ceppi EPEC ed ha sviluppato l'attività di attacco-distruzione. Questi ceppi hanno, inoltre, acquisito le tossine
di Shiga (Stx-1, Stx-2 o entrambe). Entrambe sono formate da una subinità A e cinque B; le subunità B si
legano a uno specifico glicolipide della cellula ospite (GB3), molto presente nei villi intestinali. Dopo che la
subunità A è stata internalizzata, viene scissa in due frammenti: il frammento A1 lega l'RNA ribosomiale
28s, bloccando la sintesi proteica. La HUS è principalmente causata dai ceppi che producono Stx-2, che
distrugge le cellule endoteliali del glomerulo renale. Le lesioni al glomerulo causano attivazione piastrinica
e deposizione di trombina, che a loro volta riducono la filtrazione glomerulare causando insufficienza
renale.

87. EIEC
Sono rari. Sono in grado di invadere e distruggere l'epitelio del colon, causando una forma dissenterica
simile a quella di Shigella.
Infezioni extraintestinali:
I bacilli responsabili delle UTI (infezione del tratto urinario) provengono dal colon, contaminano l'uretra,
raggiungono la vescica e possono colonizzare rene e prostata. Principalmente coinvolti sono i sierotipi che
producono adesine, grazie alle quali aderiscono all'epitelio vescicale e delle vie urinarie superiori, ed
emolisina HlyA, che lisa le emazie e altre cellule. Possono causare anche meningite neonatale e setticemia.

88.
Battere gram negativo, la maggior parte degli isolati appartiene alla specie Salmonella enterica e in essa
sono stati descritti oltre 2500 sierotipi, comunemente denominati come specie diverse. La nomenclatura è,
quindi, inesatta.

89. Salmonella: patogenesi e immunità


Dopo l'ingestione le salmonelle attaccano la mucosa del tenue, invadendo le cellule M delle placche di
Peyer e gli enterociti. Possono attraversare il citoplasma e raggiungere sangue e linfa. La virulenza è
regolata da due isole di patogenicità. La PAI 1 codifica le proteine di invasione secrete dalle salmonelle e un
sistema di secrezione di tipo III. La PAI 2 contiene geni per l'evasione della sorveglianza dell'ospite e un
secondo sistema di secrezione di tipo III. Nella maggior parte dei casi, la risposta infiammatoria confina
l'infezione al tratto gastrointestinale.

90. Salmonella: epidemiologia


Vi sono serbatoi animali e umani. I primi sono alimentati dal contagio tra animali e mangimi contaminati.
La maggior parte delle infezioni deriva dall'ingestione di alimenti contaminati (pollame, uova, prodotti
caseari) e dalla trasmissione oro-fecale. La dose infettiva per Salmonella Typhi è bassa, a differenza degli
altri sierotipi.

91. Salmonella: sindromi cliniche


Le forme di salmonellosi sono 4: gastroenterite, setticemia, febbre tifoide e colonizzazione asintomatica.
Gastroenterite
È la forma più comune. Si osservano nausea, vomito, diarrea, febbre, crampi addominali e mialgia.
Autolimitante. Zoonosi (passaggio da animali a uomo).
Setticemia

24
Il rischio è maggiore nei bambini e negli immunocompromessi.
Febbre enterica
Salmonella Typhi causa una malattia febbrile detta febbre tifoide. Una forma più lieve, la febbre
paratifoide, è causata da Salmonella Paratyphi A, B e C. I batteri attraversano l'epitelio intestinale e
vengono fagocitati dai macrofagi, che li trasportano al fegato, alla milza e al midollo osseo, dove si
replicano. I pazienti sviluppano febbre con sintomi aspecifici (cefalea, malessere, mialgia), seguiti da
sintomi gastroenterici. Questo ciclo corrisponde ad una fase iniziale di batteriemia, seguita dalla
colonizzazione della colecisti e, quindi, dalla reinfezione intestinale. La terapia antibiotica è sconsigliata
perché potrebbe essere controproducente.
Colonizzazione asintomatica
In alcuni pazienti può svilupparsi uno stato di colonizzazione cronica che persiste per più di un anno dalla
malattia sintomatica. Il sito prediletto di persistenza è la colecisti.

92. Shigella
Classificazione semplice ma scorretta. Quattro specie: S. dysenteriae, S. flexneri, S. boydii e S. sonnei.
Analisi genetiche hanno dimostrato che in realtà sono quattro biotipi di E. coli.

93. Shigella: patogenesi e immunità


La patogenicita è dovuta all'invasione dell'epitelio del colon, nel quale si moltiplicano. Sembrano incapaci di
aderire alle cellule mucose differenziate, mentre aderiscono alle cellule M (cellule del MALT) e le invadono.
Il sistema di secrezione di tipo III media l'infezione da parte di quattro proteine (IpaA, IpaB, IpaC e IpaD) che
promuovono l'increspamento della membrana della cellula bersaglio, favorendo l'internalizzazione dei
batteri. Le shigelle lisano i vacuoli fagocitici e si replicano nel citoplasma. Grazie al riarrangiamento del
citoscheletro, i batteri sono spinti verso le cellule adiacenti, promuovendo il passaggio dell'infezione da una
cellula all'altra. I ceppi di S. dysenteriae producono un'esotossina, la tossina di Shiga, che, come quella dei
ceppi di EHEC, è formata da una subunità A e cinque B. La manifestazione principale della tossina è la
distruzione dell'epitelio intestinale.

94. Shigella: epidemiologia


L'uomo è l'unico serbatoio. La shigellosi è una patologia prevalentemente pediatrica, che si trasmette per
contagio diretto per via oro-fecale.

95. Shigella: sindromi cliniche


La shigellosi è caratterizzata da crampi addominali, diarrea, febbre e feci emorragiche. I batteri inizialmente
colonizzano l'intestino tenue e iniziano a moltiplicarsi. I primi sintomi (privi di segni istologici di infezione)
sono causati dalla tossina. L'infezione è autolimitante ma si consiglia la terapia antibiotica per ridurre il
rischio di contagio.

96. Yersinia
Cocco-Bacillo gram negativo, asporigeno, i più noti patogeni di tale genere sono Y. pestis, Y. enterocolitica e
Y. pseudotubercolosis. Y. pestis è altamente virulento e causa la peste, patologia con elevata mortalità.

97. Yersinia: patogenesi e immunità


La specie è caratterizzata dalla resistenza al killing fagocitario, mediato dal sistema di secrezione di tipo III.
Al contatto con i fagociti, i batteri iniettano in essi una proteina che defosforila varie proteine necessarie
alla fagocitosi, una proteina citotossica che distrugge i filamenti di actina e una proteina che induce
l'apoptosi dei macrofagi. Y. pestis possiede due plasmidi contenenti i geni di virulenza: il gene della frazione
1 che codifica la capsula proteica e il gene dell'enzima proteasi attivatore del plasminogeno che degrada i
fattori del complemento C3b e C5a, impendendo opsonizzazione e chemiotassi. Altri fattori di virulenza
sono la resistenza al serum killing e la capacità di assorbire ferro grazie a siderofori.

98. Yersinia: epidemiologia

25
Tutte le infezioni da Yersinia sono zoonosi, in cui l'uomo è un ospite accidentale. Esistono due forme di
infezione da Y. pestis: la peste urbana, che ha come serbatoio i ratti, e la peste selvatica, che colpisce
scoiattoli, conigli, ratti di campagna e gatti domestici. La peste urbana si diffonde dai ratti all'uomo
attraverso le pulci infette. Queste si infettano succhiando sangue dai ratti batteriemici. I batteri si replicano
nell'intestino delle pulci e possono essere trasferiti all'uomo. La patologia è stata eliminata controllando la
diffusione dei ratti e migliorando le condizioni igieniche. La peste selvatica è difficile da eliminare poiché i
serbatoi animali e le pulci vettori sono troppo diffusi.

99. Yersinia: sindromi cliniche


L'infezione da Y. pestis può causare due tipi di malattia: la peste bubbonica e la peste polmonare. I pazienti
con peste bubbonica presentano febbre alta e tumefazioni (bubboni) dolorose inguinali o ascellari. Nei casi
non trattati si sviluppa batteriemia, che può portare a morte. I pazienti con peste polmonare presentano
febbre, malessere e segni polmonari. È molto contagiosa e si trasmette per via inalatoria. Nei casi non
trattati la mortalità supera il 90%.

102. Vibrio
Il secondo più importante gruppo di bacilli gram-negativi fermentanti, aerobi-anaerobi facoltativi è
rappresentato dal genere Vibrio. Le Vibrionaceae si distinguono dalle Enterobacteriaceae in base alla loro
positività alla reazione dell'ossidasi e alla presenza di flagelli polari. Attualmente il genere comprende 76
specie di bacilli ricurvi. Diverse sono le specie associabili a patologia umana, ma solo tre sono di rilievo:
Vibrio cholerae, Vibrio parahaemolyticus e Vibrio vulnificus. (Colera cresce su agar TCBS che è tiosolfato,
citrato, bilesaccarosio, importante per distinguere questo battere dagli altri nelle feci)

103. Vibrio: fisiologia e struttura


Sono in grado di crescere in terreni semplici, entro un ampio intervallo di temperatura.
Tutte le specie di Vibrio necessitano di sale, anche se V. cholerae può farne a meno. I vibrioni tollerano un
ampio range di pH (6,5 a 9,0) ma sono sensibili agli acidi gastrici: i pazienti con ipocloridria sono quindi
più sensibili. I flagelli polari sono importanti fattori di motilità e sono presenti varie tipologia di pili: V.
cholerae possiede, ad esempio, il pilo co-regolato con la tossina. Tutti i ceppi presentano LPS e la diversità
dell'antigene O è alla base della distinzione in sierotipi: 140 sierogruppi O di V. cholerae (O1-O140), 7
sierogruppi O di V. vulnificus e 13 sierogruppi O di V. parahaemolyticus. V. cholerae O1 e O139 producono
la tossina colerica e sono responsabili delle epidemie di colera. Gli altri ceppi sono incapaci di produrla.
Il sierogruppo O1 si suddivide in altri sierotipi e biotipi. Tre sono i principali sierotipi: Inaba, Ogawa e
Hikojima. I sierotipi sono in grado di variare tra Inaba e Ogawa, mentre Hikojima è uno stato di transizione
in cui gli antigeni caratteristici degli altri due ceppi vengono coespressi. Due i principali biotipi: classico ed El
Tor (emolitici, sensibili ad un fago leggermente diverso e fanno emoagglutinazione), vengono distinti in
base a differenze fenotipiche e morfologiche. V. vulnificus e sierogruppi non O1 di V. cholerae producono
capsule di polisaccaridi acidi, importanti fattori di virulenza. V. cholerae O1 è invece privo di capsula e ciò
spiega perchè l'infezione non si diffonde oltre l'apparato gastrointestinale. V. cholerae e V.
parahaemolyticus possiedono due cromosomi circolari e plasmidi che codificano resistenze.

104. Vibrio: patogenesi e immunità


Il batteriofago CTX codifica i geni per le due subinità della tossina colerica (ctxA e ctxB). Questo
batteriofago si lega al pilo co-regolato con la tossina e si sposta all'interno della cellula batterica,
integrandosi nel genoma di V. cholerae. Il locus cromosomico del batteriofago contiene anche altri fattori di
virulenza: il gene ace per l'enterotossina accessoria del colera, il gene zot per la tossina della zonula
occludens e il gene cep per le proteine chemotattiche.
La tossina colerica è costituita da un complesso di subinità proteiche A e B, strutturalmente e
funzionalmente simile all'enterotossina termolabile di Escherichia coli. Un anello esterno di cinque subinità
B identiche lega specifici recettori gangliosidici GM1 presenti sugli enterociti. La porzione attiva della
subunità A viene quindi internalizzata e, interagendo con le proteine G coinvolte nella regolazione
dell'adenilato-ciclasi, è causa di un aumento della concentrazione di cAMP. La conseguenza è

26
un'ipersecrezione di acqua e elettroliti. I pazienti possono arrivare a perdere anche 1 litro di acqua all'ora
nella fase culminante della malattia. Questa massiva perdita di fluidi sarebbe di per sé sufficiente a "lavar
via" i microbi dal tratto gastrointestinale, V. cholerae è tuttavia in grado di aderire alle cellule della mucosa
intestinale tramite pili co-regolati con la tossina e le proteine chemotattiche. Il pilo ha quindi una duplice
funzione. In caso di mancata produzione di tossina colerica, V. cholerae O1 può ancora causare una diarrea
significativa attraverso la produzione della tossina della zonula occludens e della enterotossina accessoria
del colera. La prima agisce indebolendo le zonule occludens tra gli enterociti e modificando, quindi, la
permeabilità intestinale. La seconda causa l'incremento della secrezione di liquidi.
V. cholerae O139 è del tutto simile.
La maggior parte dei ceppi virulenti di V. parahaemolyticus produce una emolisina termostabile diretta
(TDH, anche nota come emolisina di Kanagawa), un'enterotossina che induce secrezione di ioni cloro a
livello degli enterociti, tramite incremento della concentrazione intracellulare di calcio.
V. vulnificus è patogeno soprattutto per la presenza della capsula.

105. Vibrio: epidemiologia


Le specie di Vibrio si ritrovano in natura negli ambienti acquatici di tutto il mondo. Tutte sono in grado di
sopravvivere e moltiplicarsi in acque contaminate e ad elevate concentrazioni saline. Proliferano anche
nelle acque popolate da molluschi: da qui l'associazione tra vibrioni e consumo di frutti di mare. Il colera si
diffonde attraverso l'acqua ed i cibi contaminati ed il contagio interumano diretto è difficile a causa
dell'alto inoculo necessario perché si abbia infezione. In caso di acloridria o ipocloridria la dose infettante è
inferiore. La patologia si osserva comunemente in comunità caratterizzate da scarse condizioni igieniche.

106. Vibrio: sindromi cliniche


V. cholerae
La maggior parte degli individui esposti ai ceppi tossigeni di V. cholerae O1 va incontro a infezioni
asintomatiche o a episodi diarroici autolimitanti. Alcuni soggetti sviluppano invece una diarrea di grado
severo a evoluzione rapidamente fatale. Le manifestazioni iniziali del colera sono diarrea acquosa e vomito
a insorgenza improvvisa. La conseguente perdita di liquidi può portare a disidratazione, con un quadro
caratterizzato da dolori muscolari crampiformi, acidosi metabolica, ipokalemia e shock ipovolemico, aritmie
cardiache e insufficienza renale. La malattia causata da V. cholerae O139 può essere altrettanto grave.
Gli altri sierogruppi (V. cholerae non O1) non producono tossina colerica e sono responsabili di forme lievi
di diarrea acquosa.
V. parahaemolyticus
Il quadro della gastroenterite da V. parahaemolyticus può variare da una diarrea autolimitante a moderate
manifestazioni simil-coleriche. La patologia si manifesta all'esordio con diarrea acquosa "esplosiva". Si
osservano in seguito: cefalea, crampi addominali, nausea, vomito e lieve febbre.
V. vulnificus
È una specie particolarmente virulenta di Vibrio. Le manifestazioni cliniche più comuni dell'infezione da V.
vulnificus sono la setticemia primaria, generalmente dovuta alla ingestione di ostriche crude e contaminate,
e le infezioni di ferite dopo esposizione all'acqua di mare contaminata. I pazienti con setticemia si
presentano con febbre, brividi, vomito, diarrea e dolori addominali; si possono osservare lesioni cutanee
secondarie con necrosi tissutale. Le infezioni di ferite cutanee evolvono rapidamente con lo sviluppo di
vescicole o bolle fino alla necrosi tissutale; compaiono anche febbre e brividi (segni dell'interessamento
sistemico).

107. Vibrio: diagnosi di laboratorio


Microscopia
Sono osservabili come bacilli ricurvi gram-negativi di piccole dimensioni. Non possono essere differenziati
da altri microrganismi enterici, pertanto è sconsigliato un esame microscopico su campioni di feci. Utile
invece l'osservazione di campioni prelevati da ferite infette.
Coltura
Mostrano scarsa capacità di sopravvivenza in ambiente acido e asciutto. Crescono bene su agar-sangue e

27
agar-MacConkey (lattosio, sorbitolo, peptone, Sali biliari, cristalvioletto). Per miscele di microrganismi si
consiglia l'uso di terreni selettivi, agar TCBS (tiosolfato-citrato-bile-saccarosio).

108. Vibrio: trattamento, prevenzione e controllo


I pazienti con colera devono essere trattati tempestivamente con terapia sostitutiva a base di liquidi ed
elettroliti prima che la perdita di liquidi porti a shock ipovolemico. La terapia antibiotica ha importanza
secondaria ed in genere prevede l'uso di azitromicina. Poco utile, invece, nelle gastroenteriti da V.
parahaemolyticus, ma necessaria nelle setticemie e infezioni da V. vulnificus. Un controllo della patologia
colerica si ottiene attraverso un miglioramento delle condizioni igieniche. Non esistono vaccini efficaci.

109. Campylobacter e Helicobacter


I due generi appartengono ad un'unica superfamiglia, che comprende batteri gram-negativi cilindrici
(bacilli) e a spirale, con un DNA a basso contenuto in G+C, che non fermentano né ossidano i carboidrati e
che crescono in ambiente microaerofilo (cioè solo a basse concentrazioni di ossigeno).

110. Campylobacter
Piccoli bacilli gram-negativi a virgola, mobili grazie a un flagello polare. Sono microaerobi e solo quattro
specie sono clinicamente rilevanti: Campylobacter jejuni, Campylobacter coli, Campylobacter upsaliensis e
Campylobacter fetus. Sono tutti associati a gastroenterite, fatta eccezione per Campylobacter fetus che è
più comunemente coinvolto in infezioni sistemiche.

111. Campylobacter: fisiologia e struttura


L'antigene principale è il LPS della membrana esterna, oltre ai vari antigeni O, l'antigene capsula
termolabile e gli antigeni flagellari. In virtù delle loro dimensioni ridotte questi batteri possono essere
isolati per filtrazione dai campioni fecali.

112. Campylobacter: patogenesi e immunità


C. jejuni è la specie più studiata e produce adesine, enzimi citotossici ed enterotossine. Il rischio di malattia
è chiaramente correlato alla dose infettiva. Gli acidi gastrici uccidono i batteri.
L'enterite da C. jejuni è caratterizzata da lesioni istologiche della mucosa digiunale, ileale e colica. La
mucosa si presenta ulcerata, edematosa ed emorragica, con ascessi criptici delle ghiandole intraepiteliali e
la lamina propria è infiltrata da neutrofili, eosinofili e cellule mononucleate. L'infiammazione è conseguente
all'invasione intestinale da parte dei batteri; non si conosce il ruolo preciso delle tossine da essi prodotte. C.
jejuni e C. upsaliensis sono stati associati alla sindrome di Guillan-Barré, una polinevrite autoimmune
caratterizzata da paralisi simmetrica progressiva degli arti. Si pensa che la patogenesi della malattia sia
legata alla reattività antigenica crociata dei LPS di membrana di alcuni ceppi con gangliosidi dei nervi
periferici; gli anticorpi diretti contro determinati ceppi di Campylobacter potrebbero quindi danneggiare il
tessuto del sistema nervoso periferico. Un'altra complicanza delle infezioni da Campylobacter è l'artrite
reattiva, caratterizzata da tumefazioni dolorose delle articolazioni. C. jejuni e C. coli raramente causano
batteriemia, ma C. fetus ha la tendenza a passare dal tratto gastrointestinale al circolo sistemico.
Quest'ultimo, a differenza degli altri campilobatteri, è resistente all'uccisione in circolo (serum killing). Esso
è rivestito da una proteina termostabile (proteina S) che forma una struttura simile ad una capsula,
impedendo la lisi complemento-mediata (impedisce il legame di C3b ai batteri).

113. Campylobacter: epidemiologia


Le infezioni da Campylobacter sono zoonosi e i serbatoi animali sono vari. L'uomo si infetta con C. jejuni e
C. coli consumando cibi, latte e acqua contaminati. Le infezioni da C. upsaliensis sono invece trasmesse
soprattutto dai cani domestici. Il contagio diretto da una persona all'altra è possibile per via oro-fecale, ma
è raro che gli addetti alla preparazione degli alimenti siano fonte di infezione. Le infezioni da C. fetus sono
relativamente rare.

114. Campylobacter: sindromi cliniche

28
Le gastroenteriti da C. jejuni, C. coli e C. upsaliensis si presentano come enteriti acute con diarrea, febbre e
dolori addominali. Nella fase acuta i pazienti possono arrivare a 10 o più scariche diarroiche al giorno e le
feci possono essere emorragiche. È generalmente autolimitante ma i sintomi possono durare per giorni. Si
osservano colite, dolori addominali che simulano l'appendicite acuta e batteriemia. C. fetus si differenzia
perché causa soprattutto infezioni intravascolari ed extraintestinali.

115. Campylobacter: diagnosi di laboratorio


Microscopia
Sono sottili e difficilmente visibili con la colorazione di Gram. Nonostante questo, il riscontro di batteri
sottili, "a forma di S" o "a virgola" in un campione fecale è altamente specifico.
Coltura
C. jejuni, C. coli e C. upsaliensis sono stati identificati tardi perché l'isolamento richiede un ambiente
microaerofilo, temperature elevate e agar selettivi. Il terreno selettivo deve contenere sangue o carbone
attivo per eliminare i radicali liberi dell'ossigeno e va supplementato con antibiotici per inibire la crescita di
batteri contaminanti. I campilobatteri hanno una crescita lenta. C. fetus non è termofilo e non cresce a 42°,
ma ha comunque bisogno di un ambiente microaerofilo.
Identificazione
Si basa sulla crescita in condizioni selettive, sulle caratteristiche morfologiche e sulla positività ai test della
catalasi e dell'ossidasi.

116. Campylobacter: trattamento, prevenzione e controllo


La gastroenterite è generalmente autolimitante e si opera un trattamento sintomatico, con la
somministrazione di fluidi ed elttroliti. Gli antibiotici sono indicati nei pazienti con infezioni gravi o
setticemia. La maggior parte degli isolati è resistente alla penicillina, alle cefalosporine e ai sulfamidici. Per
l'enterite, l'eritromicina e l'azitromicina (macrolide, batteriostatico e lega la subunità 50sb) sono gli
antibiotici di prima scelta e i fluorochinoloni (legano topoisomerasi) di seconda scelta.

117. Helicobacter
Sono bacilli gram-negativi a forma di spirale. Helicobacter pylori è oggi ritenuto l'agente eziologico della
gastrite, delle ulcere peptiche, dell'adenocarcinoma gastrico e dei linfomi B-cellulari del MALT. L'intestino
umano è anche colonizzato da Helicobacter cinaedi e Helicobacter fennelliae.

118. Helicobacter: fisiologia e struttura


Le specie di Helicobacter vengono classificate in base alla sequenza genica degli rRNA 16s, al tipo di acidi
grassi cellulari e alla presenza di flagelli polari. Fino ad oggi sono state caratterizzate 30 specie. Sono molto
mobili grazie a flagelli polari (movimento a cavaturacciolo) e producono grandi quantità di ureasi. Ciò è
necessario per sopravvivere nell'ambiente acido dello stomaco e per spostarsi verso ambienti a pH neutro.
La maggior parte è catalasi e ossidasi- positiva e non fermenta né ossida i carboidrati, ma metabolizza gli
amminoacidi per fermentazione. La membrana esterna contiene LPS, con un lipide A dotato di una minore
attività endotossinica rispetto a quella degli altri gram-negativi. L'LPS è anche caratterizzato da mimetismo
antigenico in quanto presenta sequenze di zuccheri identiche a quelle presenti su antigeni di Lewis di
cellule della mucosa gastrica. L'isolamento richiede terreni complessi, supplementati con sangue, siero,
carbone attivo, amido o tuorlo d'uovo, incubazione in atmosfera microaerofila e temperature comprese tra
30°C e 37°C.

119. Helicobacter: patogenesi e immunità


H. pylori tende a colonizzare lo stomaco a lungo termine. Ciò è favorito dall'inibizione della secrezione
acida gastrica da parte di una proteina batterica inibitoria e dalla neutralizzazione dell'acidità gastrica da
parte dell'ammonio prodotto dall'ureasi batterica. Le lesioni mucose localizzate sono mediate dall'ureasi,
dalla mucinasi, dalle fosfolipasi e dalla citotossina vacuolante A (VacA), una proteina internalizzata dalle

29
cellule che induce la formazione di vacuoli. Altro importante fattore di virulenza è il gene
citotossinaassociato (cagA), contenuto in un'isola di patogenicità di circa 30 geni. Questi ultimi codificano la
struttura del sistema di secrezione di tipo IV, che inietta nelle cellule la proteina CagA che induce alterazioni
citoscheletriche. Tali geni stimolano anche la produzione di IL-8, fattore chemiotattico per neutrofili. Le
proteasi e i ROS prodotti da questi sembrano contribuire alla patogenesi della gastrite e delle ulcere
peptiche. Possiede due importanti tipi di adesine: BabA (lega la porzione glucidica dell'antigene di Lewis,
"Blood group Antigen Binding Adhesin") e SabA (lega l'acido sialico di antigeni di Lewis, "Sialic Acid
Binding Adhesin"). All'interno dei fagociti, H. pylori sfugge al killing intracellulare producendo catalasi e
ZnCu-SOD che neutralizzano i radicali superossido. NH4+, liberato dall'idrolisi dell'urea, danneggia la
membrana dei macrofagi; VacA induce in essi la vacuolizzazione e CagA porta ad apoptosi.

120. Helicobacter: epidemiologia


L'incidenza dei portatori sani è molto elevata nei paesi in via di sviluppo. L'uomo è il serbatoio primario e la
trasmissione avviene per via oro-fecale o oro-orale. Condizioni predisponenti al contagio sono il
sovraffollamento ambientale, le gravi carenze alimentari e igieniche.

121. Helicobacter: sindromi cliniche


La colonizzazione da H. pylori causa segni istologici di gastrite. La fase acuta è caratterizzata da senso di
pienezza, nausea, vomito e ipocloridria, e può evolvere in gastrite cronica, nella quale l'infiammazione è
limitata alla regione antrale (povera di cellule parietali) nei soggetti con normale secrezione gastrica o
interessare tutto lo stomaco (pangastrite) se la secrezione acida è soppressa. Nei punti in cui
l'infiammazione è intensa si possono creare ulcere. La gastrite cronica porta alla sostituzione della normale
mucosa gastrica con tessuto fibrotico e a metaplasia intestinale, che aumenta il rischio di sviluppare cancro
gastrico. L'infezione è anche causa di limfoma MALT. H. cinaedi e H. fennelliae causano gastroenterite e
batteriemia.

122. Helicobacter: diagnosi di laboratorio


Microscopia
H. pylori può essere individuato con esame istologico delle biopsie gastriche. I batteri sono visibili in
ematossilina-eosina, colorazione di Gram e, soprattutto, con impregnazione argentica.
Ricerca degli antigeni
Test rapido dell'ureasi: si cerca l'ureasi mei campioni bioptici. Urea breath test: si cercano prodotti
dell'ureasi nell'aria espirata dopo ingestione di urea radioattiva. Ricerca dell'antigene fecale: si cercano
antigeni nei campioni fecali.
Coltura
Il campione va inoculato in terreni arricchiti e incubato in atmosfera microaerofila.
Identificazione
Si basa sulla crescita in condizioni selettive.
Un metodo più invasivo per la diagnosi di infezione da H. pylori è la esofago-gastroduodenoscopia.

123. Helicobacter: trattamento, prevenzione e controllo


Vari gli schemi terapeutici. L'uso di un solo antibiotico si è rivelato inefficace. Per la gastrite e l'ulcera
peptica si usa un inibitore della pompa protonica (per neutralizzare l'ambiente acido dello stomaco) con un
macrolide e un antibiotico beta-lattamico. L'infezione da H. pylori induce una potente risposta di tipo TH1 e
i vaccini sono, ad oggi, inefficaci.

138. Chlamydia e Chlamydophila


Tre specie di Chlamydia sono associate a patologia umana: Chlamydia trachomatis, Chlamydophila psittaci
e Chlamydophila pneumoniae. Sono parassiti intracellulari obbligati (parassiti a livello energetico), gram
negativi, tanto piccoli da passare attraverso filtri da 0.45 m. A differenza degli altri batteri, hanno un ciclo di
sviluppo particolare che dà luogo a forme infettive, metabolicamente inerti (corpi elementari [CE]) e a
forme non infettive, metabolicamente attive (corpi reticolari [CR]).

30
139. Chlamydia e Chlamydophila: fisiologia e struttura
Come le spore, i CE sono resistenti a condizioni ambientali sfavorevoli. Sebbene siano privi di
peptidoglicano, la loro densa zona nucleare centrale è circondata da una membrana citoplasmatica e da
una membrana esterna a doppio strato. La parete contiene LPS e che ha soltanto una debole attività
endotossinica. La proteina maggiore della membrana esterna, MOMP, è un componente della membrana
esterna ed è caratteristica di ciascuna specie. In C. trachomatis, nel gene che codifica questo componente si
trovano regioni variabili responsabili dei 18 diversi sierotipi. Vale lo stesso per C. psittaci, ma non per C.
pneumoniae. Una seconda proteina della membrana esterna di grande importanza è la OMP 2,
responsabile degli estesi legami crociati disolfurici che servono ad assicurare stabilità ai CE. Questi ultimi
non possono moltiplicarsi, ma sono infettanti, cioè possono legarsi a recettori cellulari per stimolare
l'internalizzazione.
All'interno delle cellule i CE si trasformano in CR, metabolicamente attive e in grado di moltiplicarsi.
Mancano i legami che assicurano stabilità, ma c'è la protezione della localizzazione cellulare. Si riproducono
con un peculiare ciclo di crescita che si verifica all'interno delle cellule parassitate. Il ciclo inizia quando i
CE aderiscono ai microvilli delle cellule ospiti, con conseguente penetrazione attiva. Una volta dentro, i
batteri rimangono nei fagosomi, dove prosegue il ciclo. Se la membrana esterna è integra, viene inibita la
fusione con i lisosomi e, quindi, il killing intracellulare. In 6-8 ore dall'ingresso nella cellula, i CE si
organizzano nei più grandi CR. Questi ultimi si riproducono mediante scissione binaria. Dopo 18-24 ore, i
CR si ritrasformano in CE, la cellula si rompe e quindi riversa all'esterno i batteri infettanti.

140. Chlamydia Trachomatis


Ha un limitato spettro di ospite e le specie associate a patologia umana sono distinte in due biotipi:
tracoma e LGV (linfogranuloma venereo).

141. Chlamydia Trachomatis: patogenesi e immunità


I recettori per i CE si limitano principalmente alle cellule epiteliali di uretra, endocervice, endometrio, tube
uterine, tratto ano-rettale, tratto respiratorio e congiuntive. Le tipiche manifestazioni cliniche sono causate
da: distruzione diretta delle cellule dopo moltiplicazione e stimolazione di una risposta infiammatoria
mediante citochine. Le clamidie si guadagnano l'accesso mediante piccole lacerazioni o abrasioni. Nel LGV,
le lesioni si formano nei linfonodi, che drenano il sito di infezione primaria. Esse possono diventare
necrotiche e causare la diffusione del processo infiammatorio ai tessuti circostanti. L'infezione non
conferisce immunità duratura.

142. Chlamydia Trachomatis: epidemiologia


C. trachomatis è ubiquitario e causa tracoma (cheratocongiuntivite cronica), infezioni oculo-genitali,
polmonite e LGV. Il tracoma è la prima causa di cecità che si può prevenire. Il principale serbatoio è offerto
dai bambini. Il tracoma si trasmette da occhio a occhio tramite goccioline di Flugge (o aerosol), mani, vestiti
contaminati e mosche che si poggiano sugli occhi. Altra forma di infezione oculare è la congiuntivite da
inclusioni, osservata negli adulti. Nei neonati si osservano una differente forma di congiuntivite da
inclusioni e la polmonite interstiziale. La malattia da C. trachomatis è la più frequente malattia infettiva
batterica trasmessa per via sessuale.

143. Chlamydia Trachomatis: sindromi cliniche


Tracoma
È una malattia cronica causata dai sierotipi A, B, Ba e C. Dapprima si osserva congiuntivite follicolare. Poi
cominciano a presentarsi cicatrici che causano il ribaltamento verso l'interno delle palpebre. Le ciglia
ribaltate abradono la cornea causando ulcera corneale e perdita della vista.
Congiuntivite da inclusioni dell'adulto
È associata alle infezioni sessuali. Si osservano secrezione mucopurulenta, cheratite, infiltrati corneali e
danni alla vascolarizzazione.
Congiuntivite neonatale

31
Le palpebre si gonfiano e si osserva secrezione mucopurulenta. Si formano cicatrici e si verificano danni alla
vascolarizzazione.
Polmonite nel neonato
Rinite e tosse intermittente particolare.
LGV oculare
I sierotipi LGV sono stati implicati nell'eziologia della congiuntivite oculo-ghiandolare di Parinaud,
un'infiammazione delle congiuntive associata a linfoadenopatia auricolare, sottomandibolare e cervicale.
Infezioni urogenitali
La maggior parte delle infezioni genitali nelle donne è asintomatica. Si osservano bartolinite, cervicite,
endometrite, periepatite, salpingite e uretrite. Nelle donne sintomatiche si osserva anche secrezione
mucopurulenta. Circa il 35-50% dei casi di uretrite non gonococcica è causato da C. trachomatis e le duplici
infezioni da C. trachomatis e N. gonorrhoeae non sono rare. I sintomi dell'infezione da C. trachomatis si
manifestano dopo il trattamento antibiotico della gonorrea; ciò perchè il periodo di incubazione di C.
trachomatis è più lungo. Si ritiene che la sindrome di Reiter (uretrite, congiuntivite, poliartrite e lesioni
mucocutanee) sia scatenata da infezioni genitali da C. trachomatis.
Linfogranuloma venereo
Nel sito di infezione dei pazienti compare una lesione primaria (papula o ulcerazione) non dolente, che
guarisce rapidamente. Il secondo stadio dell'infezione è caratterizzato da infiammazione e tumefazione dei
linfonodi che drenano il sito di infezione iniziale. Questi diventano dolenti bubboni mobili che possono
rompersi, formando fistole drenanti. Si osservano febbre, brividi, anoressia, cefalea, meningitismo, dolori
muscolari e articolari. La proctite (infiammazione della mucosa rettale) è comune nelle donne colpite.

144. Chlamydia Trachomatis: diagnosi di laboratorio


Le infezioni sintomatiche sono più facili da diagnosticare, poichè nei campioni prelevati è presente un
maggior numero di batteri. Non sono sufficienti campioni di pus o essudati in quanto i batteri sono parassiti
endocellulari obbligati.
Citologia
Inefficaci la Giemsa e il pap test.
Ricerca degli antigeni
Si usano due differenti procedure: immunofluorescenza diretta e l'immunoenzimatica (ELISA). In entrambi i
casi si usano anticorpi anti-MOMP o anti-LPS.
Test basati sugli acidi nucleici
Usati per mettere in evidenza la presenza di una sequenza specie-specifica di RNA ribosomiale 16s.
Coltura
È il metodo più specifico ma poco sensibile.
Ricerca degli anticorpi
Poco utile nelle infezioni urogenitali perchè non distingue tra infezioni in atto e pregresse. Più utile nel caso
di LGV.

145. Chlamydia Trachomatis: trattamento, prevenzione e controllo


I pazienti con LGV vengono trattati con doxiciclina per 21 giorni. Si usa eritromicina per bambini, donne
gravide e paziente che non tollerano le tetracicline. Infezioni oculari e genitali sono trattate con una singola
dose di azitromicina. Eritromicina per neonati con congiuntivite o polmonite.

146. Chlamydophila pneumoniae


Causa sinusite, faringite, bronchite e polmonite. Le infezioni si trasmettono per via aerea, sono in gran
parte asintomatiche e causano tosse persistente e malessere. Da definire è il ruolo di C. pneumoniae nella
patogenesi dell'aterosclerosi. È noto come esso possa infettare cellule muscolari lisce, cellule endoteliali
delle coronarie e macrofagi. Inoltre sono stati isolati in campioni provenienti da lesioni aterosclerotiche. La
rilevazione di C. pneumoniae con PCR ha avuto successo, mentre per la diagnosi sierologica è accettabile
solo l'immunofluorescenza. Per il trattamento si usano macrolidi, doxiciclina o levofloxacina.

32
147. Chlamydophila Psittaci
È l'agente eziologico della psittacosi (febbre dei pappagalli), che può essere trasmessa all'uomo. Il patogeno
si può trovare nel sangue, nei tessuti, nelle feci e nelle piume dei volatili infetti. L'infezione si verifica
tramite il tratto respiratorio, dal quale i batteri si diffondono alle cellule reticoloendoteliali del fegato e
della milza. I microrganismi si moltiplicano in queste sedi, provocando necrosi tissutale, come risultato della
batteriemia vengono disseminate infezioni ai polmoni e ad altri organi; si causa quindi una risposta
infiammatoria negli spazi interstiziali e alveolari. Si osservano edema, infiltrazione di macrofagi, necrosi e,
a volte, emorragia. Nei bronchioli si sviluppano "tappi mucosi", che possono causare cianosi e anossia. I
batteri possono trasmettersi all'uomo mediante inalazione di escrementi essiccati, urina o secrezioni
respiratorie di volatili contagiati. La trasmissione da uomo a uomo è rara. La patologia si manifesta con
cefalea, febbre, brividi, malessere e mialgia; nei casi non trattati possono verificarsi encefalite, convulsioni,
coma e morte. Complicazioni sistemiche portano a cardiopatia, epatomegalia, splenomegalia e
cheratocongiuntivite follicolare. La psittacosi si diagnostica sulla base di reperti sierologici e si tratta con
doxiciclina o macrolidi.

148. Papillomavirus e Poliomavirus


Questi virus sono in grado di causare infezioni litiche, croniche, latenti e trasformanti, a seconda della
cellula bersaglio. I papillomavirus umani (HPV) causano verruche e, talvolta, tumori. I virus BK e JC
(poliomavirus) sono associati rispettivamente a malattie renali e a leucoencefalopatia multifocale
progressiva (PML). Il virus vacuolante della scimmia (SV40) è il prototipo dei poliomavirus.
Sono virus piccoli, con capside icosaedrico, nudi e con genoma a DNA circolare a doppio filamento. Essi
codificano per proteine che promuovono la crescita cellulare, cosa che facilita il ciclo litico nelle cellule
permissive, ma può determinare la trasformazione oncogena di cellule non permissive.

149. Papillomavirus umani: struttura e replicazione


La classificazione è basata sull'omologia di sequenza del DNA. Sono stati identificati almeno 100 tipi
classificati in 16 gruppi (da A a P). Possono inoltre essere distinti in cutanei e mucosi sulla base del loro
tropismo. Il capside è formato da 72 capsomeri. Il DNA codifica per sette o otto geni precoci (E1-E8), a
seconda del virus, e due geni strutturali tardivi (L1 e L2).
La replicazione dipende dall'apparato trascrizionale dell'ospite, come determinato dalla differenziazione
della cute o dell'epitelio mucoso. Il virus accede allo strato basale tramite soluzioni di continuo della cute. I
geni precoci stimolano la crescita cellulare, facilitando la replicazione del genoma virale da parte delle
DNA-polimerasi dell'ospite. L'aumento del numero delle cellule, indotto dal virus, causa l'ispessimento dello
strato basale e dello strato spinoso, con formazione della verruca, o papilloma. Mentre la cellula cutanea
matura e arriva alla superficie, anche il virus matura, per essere poi liberato con le cellule morte dello strato
superficiale.

150. Papillomavirus: patogenesi


HPV infetta cellule dell'epitelio squamoso (verruche) e delle membrane mucose (papillomi genitali, orali e
congiuntivali) inducendo proliferazione. I coilociti, caratteristici dell'infezione da papillomavirus, sono
cheratinociti ingrossati con aloni chiari attorno a nuclei raggrinziti. In genere l'infezione regredisce
spontaneamente, ma può anche recidivare. L'HPV può sopprimere o eludere le risposte immunitarie. Si è
inoltre osservato che almeno l'85% dei carcinomi cervicali contiene DNA integrato dal genoma di HPV. Le
proteine E6 e E7 di HPV-16 e HPV-18 sono state riconosciute come oncogeni, in quanto legano e inattivano
le proteine che sopprimono la crescita cellulare.

151. Papillomavirus: epidemiologia


L'HPV può essere trasmesso in seguito al contatto con oggetti contaminati. Il contagio avviene per
trasmissione diretta, sessuale e tramite parto. L'infezione da papillomavirus è quella a trasmissione
sessuale più diffusa del mondo. L'HPV è presente nel 99,7% di tutti i cancri della cervice uterina, la seconda
causa di morte per cancro nella donna.

33
152. Papillomavirus: sindromi cliniche
Verruche cutanee
È una proliferazione benigna autolimitante della cute che regredisce con il tempo.
Tumori benigni della testa e del collo
I papillomi orali singolo sono i più comuni tumori epiteliali benigni della cavità orale. I papillomi laringei
sono di solito associati a HPV-6 e HPV-11 e sono i più comuni tumori epiteliali benigni della laringe;
possono ostruire le vie aeree.
Verruche anogenitali
Le verruche genitali (condilomi acuminati) si osservano quasi esclusivamente nei genitali esterni e nelle
aree perianali. HPV-6 e HPV-11 principalmente coinvolti.
Displasie e neoplasie cervicali
L'infezione del tratto genitale è una malattia a trasmissione sessuale molto comune. È di solito
asintomatica, ma può causare un leggero prurito. Le verruche genitali appaiono molli e color carne. Tramite
Pap test si riscontrano le alterazioni citologiche caratteristiche dell'infezione (cellule coilocitiche). Si ritiene
che il cancro cervicale si sviluppi attraverso un continuum di alterazioni cellulari progressive, dalla displasia
lieve a quella moderata fino alla neoplasia grave o carcinoma in situ.
Diagnosi di laboratorio
Una verruca può essere confermata al microscopio sulla base del suo aspetto istologico, che consiste in
un'iperplasia delle cellule spinose e in un eccesso di cheratina (ipercheratosi). L'infezione da papillomavirus
può essere rilevata tramite Pap test in cui si osservano cellule epiteliali squamose coilocitiche, arrotondate
e a gruppi.

153. Papillomavirus: trattamento, prevenzione e controllo


Le verruche regrediscono spontaneamente. Vengono rimosse quando sono dolorose e creano disagi, per
ragioni estetiche e perché sono contagiose. Molto diffusa la recidiva. La chirurgia è utile per i papillomi
laringei. Un nuovo vaccino tetravalente anti-HPV (contiene proteina L1 di HPV 6, 11, 16 e 18) è in grado di
ridurre l'incidenza di verruche anogenitali e di cancro cervicale, ma non è un sostituto del Pap test.

154. Poliomavirus
I poliomavirus umani (BK e JC) sono ubiquitari, ma, in genere, non causano malattie. Degno di nota è
SV40, un poliomavirus della scimmia.

155. Poliomavirus: struttura e replicazione


Rispetto ai papillomavirus, i poliomavirus sono più piccoli, contengono meno acido nucleico e sono più
semplici. I genomi di BK, JC e SV40 sono strettamente correlati e suddivisibili in regioni precoce, tardiva e
non codificante. La regione precoce di un filamento codifica le proteine strutturali T (trasformazione)
(compreso l'antigene T grande e t piccolo) e la regione tardiva, localizzata sull'altro filamento, codifica tre
proteine del capside virale (VP1, VP2 e VP3). Dopo l'ingresso nella cellula, il DNA si scapsida e raggiunge
il nucleo. I geni precoci codificano gli antigeni T grande e t piccolo, che promuovono la crescita cellulare. In
particolare, T grande si lega al DNA, controllando la trascrizione dei geni precoci e tardivi e la replicazione.
Inoltre esso si lega p53 e a p105RB, inattivandole. Il virus si assembla nel nucleo ed è rilasciato per lisi
cellulare.

156. Poliomavirus: patogenesi


BK instaura un'infezione latente nel rene; JC infetta le cellule renali, le cellule B, le cellule della linea
monocitica e altre cellule. Negli immunocompromessi, la eventuale liberazione del virus tramite urine può
portare a gravi infezioni del tratto urinario (BK) oppure può portare a viremie con possibile infezione del
SNC (JC).

157. Poliomavirus: epidemiologia


Le infezioni sono ubiquitarie. La modalità di diffusione è quella respiratoria. Le infezioni latenti possono
essere riattivate nei pazienti immunocompromessi.

34
158. Poliomavirus: sindromi cliniche
L'infezione primaria è in genere asintomatica. Sembra che BK sia associato a stenosi uretrale nei trapiantati
di rene. La PML (leucoencefalopatia multifocale progressiva), causata da JC, è una malattia demielinizzante
che si manifesta negli immunocompromessi.
Vengono coinvolte la parola, la vista, la coordinazione, le facoltà mentali. Segue la paralisi degli arti e infine
la morte.

159. Poliomavirus: diagnosi di laboratorio


La diagnosi di PML è confermata dalla presenza di DNA virale nel LCS (liquor) e dalle immagini di risonanza
magnetica o tac. All'eme istologico di reperti bioptici o autoptici di tessuto cebrale si osservano focolai di
demielinizzazione circondati da oligodendrociti con inclusioni. Le lesioni si limitano alla sostanza bianca
(leucoencefalopatia).

160. Poliomavirus: trattamento, prevenzione e controllo


Non è disponibile una terapia specifica per l'infezione da poliomavirus.

161. Adenovirus
Gli adenovirus furono inizialmente isolati in una coltura di cellule adenoidee (le adenoidi sono piccole
masse di tessuto linfatico tonsillare nel rinofaringe) umane. Sono stati riconosciuti circa 100 sierotipi, dei
quali almeno 47 infettano l'uomo. I primi adenovirus umani identificati, numerati da 1 a 7, sono i più diffusi.
Le malattie più comuni sono le infezioni del tratto respiratorio, la congiuntivite, le cistiti emorragiche e la
gastroenterite.

162. Adenovirus: struttura e replicazione


Sono virus a DNA a doppio filamento con un genoma abbastanza grande da codificare dai 30 ai 40 geni. Il
genoma è costituito da DNA lineare a doppio filamento con una proteina terminale covalentemente legata
a ogni estremità 5'. I virioni sono icosa-delta-edrici, privi di pericapside. Il capside comprende 240
capsomeri che consistono in esoni e pentoni. I 12 pentoni, localizzati a ciascuno dei vertici, contengono una
base del pentone e una fibra. La fibra contiene le proteine virali di attacco e può agire da emoagglutinina.
La base del pentone e le fibre sono tossiche per la cellula.
La mappa del genoma mostra la posizione dei geni virali. I geni sono trascritti da entrambi i filamenti di
DNA in ambedue le direzioni. Le proteine precoci promuovono la crescita cellulare e comprendono una
DNA polimerasi coinvolta nella replicazione del genoma. Gli adenovirus producono anche proteine che
sopprimono la risposta immunitaria e infiammatoria dell'ospite. Le proteine tardive sono soprattutto
componenti del capside.
Un ciclo virale dura 32-36 ore e produce circa 10.000 virioni. L'adesione alla superficie cellulare avviene in
due fasi. Le proteine delle fibre virali interagiscono con un componente glicoproteico della famiglia delle
immunoglobuline. Alcuni adenovirus utilizzano come recettore la MHC I. Quindi, la base del pentone
interagisce con un'integrina, in modo da promuovere l'internalizzazione in una vescicola ricoperta di
clatrina. Il virus lisa le vescicole endosomiali e il capside rilascia il DNA nel nucleo. La trascrizione del
gene precoce E1, lo splicing e la traduzione della proteina E1A sono necessari per la trascrizione delle altre
proteine precoci. La proteina E1A è anche oncogena e insieme alla proteina E1B stimola la crescita cellulare
legandosi a p105RB (E1A) e p53 (E1B) e inattivandole, che sono soppressori della crescita. Nelle cellule
permissive, la divisione cellulare favorisce la trascrizione e la replicazione del genoma causando la morte
delle cellule. In quelle non permissive, il virus instaura un'infezione latente e il genoma rimane nel nucleo.
La replicazione del DNA avviene nel nucleo a opera di una DNA polimerasi, che utilizza come primer una
proteina virale, la proteina terminale. La trascrizione dei geni tardivi inizia dopo la replicazione del DNA. Le
proteine del capside vengono prodotte nel citosol e poi trasportate nel nucleo per l'assemblaggio virale.
Prima si formano i capsidi vuoti, poi il DNA virale e le proteine del core entrano nel capside mediante
un'apertura a uno dei vertici. Il virus viene liberato quando la cellula degenera e muore.

35
163. Adenovirus: epidemiologia
I virioni resistono all'essiccamento, ai detergenti, alle secrezioni gastrointestinali e a leggeri trattamenti con
il cloro. Si diffondono tramite la via oro-fecale, aerosol, dita, oggetti contaminati e in piscine poco clorate. Il
contagio avviene esclusivamente da uomo a uomo. La diffusione è facilitata dal fatto che le infezioni sono
spesso asintomatiche.

165. Adenovirus: sindromi cliniche


Faringite febbrile acuta e febbre faringo-congiuntivale
Congestione nasale, tosse, malessere, febbre, brividi, mialgia e cefalea.
Malattia acuta del tratto respiratorio
Febbre, tosse, faringite e adenite cervicale; generalmente causata da sierotipi 4 e 7.
Altre malattie del tratto respiratorio
Causano sintomi tipici del raffreddore, della laringite e delle bronchioliti.
Congiuntivite e cheratocongiuntivite epidemica
Causano una congiuntivite nella quale la mucosa della congiuntiva palpebrale diventa granulosa o nodulosa
ed entrambe le congiuntive (palpebrale e bulbare) sono infiammate. L'irritazione dell'occhio è un fattore di
rischio per l'infezione.
Gastroenterite e diarrea
È la principale causa di gastroenterite virale acuta (principalmente sierotipi 40 a 42).

166. Adenovirus: diagnosi di laboratorio


L'isolamento del virus è significativo quando si ottiene da secrezioni o tessuti clinicamente rilevanti. Per
individuare il patogeno si possono usare tecniche immunoenzimatiche e anticorpi fluorescenti, oltre che
test genomici. L'isolamento della maggior parte dei tipi di adenovirus si ottiene in colture cellulari epiteliali.
Negli esami istologici si osservano i caratteristici corpi di inclusione.

167. Adenovirus: trattamento, prevenzione e controllo


La trasmissione è ridotta con l'accurato lavaggio delle mani e la clorazione delle piscine. Non c'è terapia per
l'infezione. Esistono vaccini (cidofovir) per i sierotipi 4 e 7 ma solo per le reclute militari.

168. Herpesvirus umani


Sono virus a DNA di notevoli dimensioni, provvisti di pericapside, caratterizzati dai seguenti fattori comuni:
• Morfologia del virione
• Strategia replicativa
• Capacità di instaurare infezioni latenti e ricorrenti
Possono causare infezioni litiche, persistenti e latenti/ricorrenti. EBV e HHV-8 sono associati a neoplasie
umane. Vengono classificati in base a differenze delle caratteristiche virali (genoma, tropismo, effetto
citopatico, sede d'infezione) e meccanismi della patogenesi e dei sintomi della malattia. Gli herpesviris
patogeni per l'uomo comprendono HSV-1 e HSV-2, VZV, EBV, CMV, HHV-6, HHV-7 e HHV-8. Sono virus
ubiquitari e le loro infezioni sono molto diffuse.

169. Struttura degli herpesvirus


Sono virus provvisti di pericapside, con genoma a DNA a doppio filamento. Il core di DNA è circondato da
un capside icosadeltaedrico costituito da 162 capsomeri, a sua volta racchiuso da un pericapside
glicoproteico. Lo spazio tra capside e pericapside è detto tegumento e contiene proteine ed enzimi che
favoriscono l'inizio della replicazione. Il genoma di tutti gli herpesvirus è lineare, a DNA a doppio
filamento, ma differisce per dimensione e orientamento dei geni. Sequenze ripetute, dirette o invertite,
delimitano regioni uniche del genoma (regione unica lunga [Ul] e regione unica corta [Us]) e permettono la
circolarizzazione del genoma e la sua ricombinazione.

170. Replicazione degli herpesvirus

36
Il ciclo replicativo inizia con l'interazione tra glicoproteine virali e recettori cellulari (l'espressione
tessutospecifica dei recettori determina il tropismo). Il nucleocapside viene rilasciato nel citoplasma
mediante fusione del pericapside con la membrana. Gli enzimi e i fattori trascrizionali vengono portati nella
cellula nel tegumento. Il nucleocapside raggiunge la membrana nucleare e rilascia il genoma nel nucleo,
dove viene trascritto e replicato. Trascrizione e traduzioni si organizzano in tre fasi:
• Formazione di proteine precocissime, ossia proteine regolatrici della trascrizione e per il controllo
cellulare.
• Formazione di proteine precoci, altri fattori trascrizionali ed enzimi, compresa la DNA polimerasi.
• Formazione di proteine tardive, proteine strutturali.
La trascrizione avviene ad opera di una RNA polimerasi DNA-dipendente cellulare, sotto il controllo di
fattori virali e cellulari. Le cellule che promuovono l'infezione latente limitano la trascrizione a geni
specifici, senza che si verifichi replicazione.
La replicazione avviene ad opera di una DNA polimerasi virale.
I procapsidi vuoti si assemblano nel nucleo, sono riempiti di DNA, acquisiscono un pericapside a livello
della membrana cellulare o del Golgi e fuoriescono dalla cellula per esocitosi o lisi.

171. Virus Herpes Simplex


HSV è stato il primo herpesvirus umano a essere identificato. Il nome herpes deriva da una parola greca che
significa "insinuarsi". HSV-1 e HSV-2 hanno numerose caratteristiche in comune, però possono essere
distinti in base ad alcune differenze minime, ma significative.

172. Virus Herpes Simplex: struttura


Il genoma di HSV codifica per almeno 80 proteine, tra cui una DNA polimerasi DNA-dipendente ed enzimi
di recupero dei nucleotidi. Vi sono poi diverse glicoproteine che vengono usate come proteine virali
dell'assorbimento, proteine di fusione, proteine strutturali, proteine per l'elusione del sistema immunitario
e per altre funzioni.

173. Virus Herpes Simplex: replicazione


HSV-1 si adsorbe efficacemente alle cellule attraverso un'interazione iniziale con l'eparansolfato e in
seguito interagisce con recettori cellulari. La penetrazione richiede l'interazione con la nectina-1, una
molecola di adesione intercellulare, membro delle immunoglobuline, presente sulla maggior parte delle
cellule (neuroni compresi). Un altro recettore è HveA, membro della famiglia dei recettori del fattore di
necrosi tumorale, presente su linfociti T attivati, su neuroni e su altre cellule. Dopo la fusione, il virione
rilascia il capside nel citoplasma, insieme a una proteina che promuove l'inizio della trascrizione del genoma
virale, una proteinchinasi virus-specifica, e proteine citotossiche. Il capside si attacca a un poro nucleare e
rilascia il genoma nel nucleo.
I prodotti genici precocissimi comprendono proteine leganti il DNA, che stimolano la sintesi di DNA e
promuovono la trascrizione dei geni virali precoci.
Le proteine precoci includono la DNA polimerasi DNA-dipendente e una timidina chinasi. Altre proteine
precoci inibiscono la produzione e iniziano la degradazione del DNA e dell'mRNA. L'espressione dei geni
precoci e tardivi porta a morte cellulare.
La replicazione del genoma è seguita dalla trascrizione dei geni tardivi che codificano per proteine
strutturali e per altre proteine. Le proteine del capside vengono trasportate al nucleo, dove vengono
assemblate in procapsidi vuoti, all'interno dei quali viene poi inserito il DNA. I capsidi si associano poi alle
membrane nucleari contenenti proteine virali e gemmano prima all'interno e poi all'esterno del RE, verso il
citosol. Qui le proteine del tegumento si associano con il capside virale e questo, in seguito, gemma nel
Golgi per acquisire il pericapside glicoproteico. Il virus viene rilasciato per esocitosi o lisi, ma può anche
diffondere tramite ponti intercellulari o formare sincizi.
L'infezione dei neuroni può portare a replicazione virale attiva o alla latenza, a seconda di quali geni virali il
neurone è in grado di trascrivere.

174. Virus Herpes Simplex: patogenesi e immunità

37
I meccanismi patogenetici di HSV-1 e HSV-2 sono simili. Entrambi inizialmente infettano e replicano in
cellule muco-epiteliali, provocano malattia nel sito di infezione, e quindi stabiliscono un'infezione latente
nei neuroni che innervano tali cellule. Di solito, HSV-1 si associa a patologie della parte alta del corpo,
HSV-2 della parte bassa, in relazione alle modalità di trasmissione.
HSV può causare infezioni litiche in molte cellule, infezioni persistenti in linfociti e macrofagi e infezioni
latenti nei neuroni. In genere, la citolisi deriva dall'inibizione virus-indotta della sintesi delle macromolecole
cellulari, della degradazione del DNA, della permeabilizzazione della membrana, della distruzione del
citoscheletro e della senescenza cellulare. Inoltre, si verificano cambiamenti nella struttura del nucleo, nella
localizzazione della cromatina e si formano corpi inclusi intranucleari di Cowdry di tipo A.
HSV infetta inizialmente le mucose oppure penetra attraverso lesioni cutanee. Il virus si riproduce nelle
cellule alla base della lesione e infetta i neuroni innervanti raggiungendo per trasporto retrogrado il ganglio.
Il virus viene tenuto in latenza grazie all'azione dei linfociti T CD8 e l'interferone-gamma. In seguito a
riattivazione, esso ritorna al sito di infezione primaria, determinando un'infezione che può essere
inapparente o manifestarsi con lesioni vescicolari. Il danno tissutale è causato sia dal virus che
dall'immunopatogenesi. Sono necessarie le attività dei linfociti T helper e T citotossici per la distruzione
delle cellule infette e per la risoluzione della patologia in atto. Anticorpi contro le glicoproteine virali
neutralizzano il virus, limitandone la diffusione, ma non sono sufficienti a risolvere l'infezione.
HSV possiede numerosi mezzi per eludere le difese immunitarie. Esso è in grado di bloccare l'inibizione
indotta da interferone della sintesi proteica e codifica una proteina che blocca il trasportatore TAP,
impedendo la formazione di MHC I. Inoltre, in grado di sfuggire all'azione anticorpale diffondendo da
cellula a cellula. Nel caso di infezione latente, la riattivazione può essere causata da diversi stimoli, tra cui
stress, traumi, febbre ed esposizione alla luce solare.

175. Virus Herpes Simplex: epidemiologia


Dato che HSV puó instaurare infezioni latenti con ricorrenze anche asintomatiche, la persona infettata
rappresenta una sorgente di contagio per tutta la vita. Come tutti i virus con pericapside, HSV viene
trasmesso attraverso secrezioni a stretto contatto. Anche se il virus può infettare cellule animali, l'infezione
da HSV è una malattia esclusivamente umana.
HSV viene trasmesso con il liquido delle vescicole, la saliva e le secrezioni vaginali. Entrambi i tipi di HSV
possono causare lesioni orali e genitali. HSV-1 in genere diffonde per contatto orale o l'uso comune di
bicchieri, spazzolini o altri oggetti contaminati da saliva. L'infezione delle dita o del corpo può essere
causata da un contatto tra la bocca e la cute, con il virus che entra attraverso lesioni cutanee. L'infezione da
HSV-1 è molto diffusa. HSV-2 è principalmente trasmesso per via sessuale, per autoinoculazione oppure
dalla madre infetta al figlio durante il parto. L'incidenza dell'infezione di HSV-2 si sta avvicinando a quella di
HSV-1, ma quella da HSV-2 si manifesta più tardi, poichè correlata alle pratiche sessuali.

176. Virus Herpes Simplex: sindromi cliniche


HSV-1 e HSV-2 sono responsabili di sindromi infettive con sintomatologia dolorosa, ma a prognosi
benigna, e di malattia ricorrente. In genere si osserva una vescicola trasparente su base eritematosa che si
trasforma in pustole e poi in ulcere, che infine si ricoprono di croste. Tuttavia, entrambi i virus possono
essere causa di malattie gravi e di morte se infettano l'occhio o il cervello e se danno infezioni disseminate
in paziente immunocompromessi o in neonati.
L'herpes orale
può essere causato da HSV-1 o HSV-2. Le lesioni cominciano come vescicole chiare che si
trasformano rapidamente in ulcere. Queste aree biancastre possono essere distribuite intorno alla bocca
fino a coinvolgere il palato, la faringe, le gengive, la mucosa buccale e la lingua. Le lesioni solitamente si
verificano agli angoli della bocca. Le infezioni erpetiche facciali ricorrenti sono di solito attivate a partire
dai gangli del trigemino. Gli episodi ricorrenti sono meno gravi per la presenza di cellule di memoria e
anticorpi in circolo. La faringite erpetica sta diventando una diagnosi diffusa tra i giovani adulti con ulcere
alla gola causata da infezioni virali.
La cheratite erpetica
è quasi sempre limitata a un solo occhio. Può causare cicatrici permanenti, danno

38
corneale e cecità.
Il patereccio erpetico, herpes del gladiatore e eczema erpetico
è un'infezione delle dita e l'herpes del gladiatore è un'infezione del corpo. Il primo si osserva spesso negli
operatori sanitari a contatto con paziente infetti da HSV, in bambini che si succhiano il pollice e in persone
con infezioni genitali da HSV. Il secondo spesso si contrae durante la lotta (wrestling, rugby). L'eczema
erpetico viene contratto da bambini con eczema.
L'herpes genitale
è di solito causato da HSV-2. Negli uomini le lesioni si sviluppano sul glande o sull'asta
del pene. Nelle donne le lesioni possono riscontrarsi nella vulva, nella vagina, nella cervice, nell'area
perianale o all'interno della coscia. L'infezione può essere accompagnata da febbre, malessere e mialgia,
sintomi associati alla temporanea viremia.
L'encefalite erpetica
è in genere causata da HSV-1. Le lesioni si limitano di solito a un solo lobo temporale.
Virus e immunopatologia causano la distruzione del lobo e la comparsa di eritrociti nel LCS, attacchi
epilettici, anomalie neurologiche.
L'infezione da HSV nei neonati
è una malattia devastante e spesso fatale causata di solito da HSV-2. Può essere contratta per via perinatale
oppure il virus può essere acquisito dai familiari o dal personale sanitario dopo il parto. Dato che la risposta
immunitaria cellulo-mediata non è ancora stata sviluppata nel neonato, l'HSV diffonde al fegato, al
polmone, al SNC, provocando morte, ritardo mentale o deficit neurologici, anche dopo trattamento.

177. Virus Herpes Simplex: diagnosi di laboratorio


Analisi diretta del campione clinico
Effetti citopatici caratteristici possono essere identificati tramite strisci di Tzanck (raschiamento alla base
della lesione), Pap-test, oppure grazie a campioni bioptici. Questi effetti comprendono sincizi, rigonfiamenti
citoplasmatici, corpi di Cowdry di tipo A. Una diagnosi definitiva viene fatta mediante dimostrazione della
presenza di antigeni virali o di DNA nel campione. Nella diagnosi di encefalite erpetica si analizza il LCS,
che ha sostituito l'analisi dei campioni bioptici cerebrali.

178. Virus Herpes Simplex: isolamento del virus


L'isolamento è la prova definitiva per la diagnosi. Il virus può essere ottenuto dalle vescicole, ma non dalle
croste. Le cellule infettate si rigonfiano e possono essere indotte a formare sincizi. Per differenziare HSV-1
da HSV-2 si usano sonde a DNA sierotipo-specifiche e anticorpi.

179. Virus Herpes Simplex: trattamento, prevenzione e controllo


Si usano analoghi nucleosidici e inibitori della DNA polimerasi. Il trattamento minimizza il decorso della
manifestazione primaria, ma non è in grado di eliminare un'infezione latente. Il principale farmaco usato è
l'aciclovir (e analoghi). L'ACV viene fosforilato da enzimi cellulari e dalla timidina chinasi virale, passando
alla forma attiva. Ciò lo rende utilizzabile dalla DNA polimerasi virale. Il farmaco viene quindi incorporato
nel DNA virale e ne impediscono l'elongazione.
È possibile prevenire l'infezione da HSV evitando il contatto diretto con lesioni infette. paziente con
infezioni genitali dovrebbero astenersi da rapporti sessuale, fino alla completa riepitelizzazione delle
lesioni. L'uso del preservativo è vantaggioso.
Nel caso di una donna gravida infetta, la trasmissione perinatale può essere evitata scegliendo il parto
cesareo a quello naturale.
Non vi sono vaccini.

180. Virus della Varicella-Zoster


VZV causa la varicella e la ricorrenza produce il cosiddetto fuoco di Sant'Antonio. Possiede molte
caratteristiche in comune con HSV, tra le quali la capacità di stabilire un'infezione latente nei neuroni e

39
manifestazioni ricorrenti, l'importanza dell'immunità cellulo-mediata nel controllo del decorso della
malattia e le caratteristiche lesioni vescicolari. Anche VZV codifica una timidina chinasi ed è sensibile a
farmaci antivirali. A differenza di HSV, la principale via di trasmissione di VZV è quella respiratoria.

181. Varicella-Zoster: struttura e replicazione


VZV ha il genoma più piccolo tra tutti gli herpesvirus umani. Replica in maniera simile a HSV, ma più
lentamente e in un numero minore di cellule. Nelle cellule infette si ritrovano RNA e proteine virali.

182. Varicella-Zoster: patogenesi e immunità


VZV viene di solito acquisito per inalazione e l'infezione primaria comincia a livello delle tonsille e del
tratto respiratorio. Segue una viremia iniziale durante la quale il virus raggiunge le cellule del sistema
reticoloendoteliale. Dopo 11-13 giorni, una viremia secondaria permette al virus di raggiungere la superficie
cutanea, dove produce vescicole.
La replicazione a livello polmonare rappresenta la fonte principale di contagio. Il virus provoca un rash
vescicolo-pustolare a livello del derma, accompagnato da febbre e sintomi sistemici.
Dopo l'infezione primaria, il virus entra in latenza nelle radici dorsali o a livello dei gangli dei nervi cranici.
Se riattivato, il virus replica e viene rilasciato lungo l'intera via nervosa fino a infettare la cute, dove si
sviluppa un rash vescicolare lungo l'intero dermatomero, conosciuto come fuoco di Sant'Antonio. Gli
anticorpi limitano la diffusione viremica, mentre l'immunità cellulo-mediata è essenziale alla risoluzione
della malattia (anche se partecipa alla sintomatologia).

183. Varicella-Zoster: epidemiologia


VZV viene trasmesso con estrema facilità, con un tasso di infezione che supera il 90% nei contatti tra i
familiari. Principale via di trasmissione è quella respiratoria, ma può anche diffondersi per contatto con le
vescicole. Il fuoco di Sant'Antonio, che deriva dalla riattivazione del virus, si verifica nel 10-20% dei
paziente infettati da VZV.

184. Varicella-Zoster: sindromi cliniche


La varicella in genere è sintomatica e non grave. È caratterizzata da febbre e da eritema maculo-papulare
che appare dopo un periodo di incubazione di circa 14 giorni. Alla base di ciascuna lesione maculare si
forma una vescicola con pareti sottili su base eritematosa, caratteristica della varicella. Nel giro di 12 ore la
vescicola si trasforma in pustola e comincia a incrostarsi. L'eritema è generalizzato a tutto il corpo. Le
lesioni causano prurito e inducono il paziente a grattarsi, con possibile superinfezione batterica e
formazione di cicatrici. L'infezione negli adulti è di solito più grave che nei bambini. La polmonite
interstiziale deriva dalle reazioni infiammatorie a livello del sito primario di infezione e può essere fatale.
L'herpes zoster rappresenta la ricorrenza di un'infezione latente e l'eritema è di solito limitato a un
dermatomero.

185. Varicella-Zoster: diagnosi di laboratorio


Citologia
Effetti citopatici caratteristici del tutto simili a quelli di HSV, con corpi inclusi di Cowdry di tipo A e sincizi.
I campioni vengono prelevati dalle lesioni cutanee, dal tratto respiratorio e da prelievi bioptici di organi.
Utile è la rilevazione di antigeni e la PCR.
Trattamento, prevenzione e controllo
La terapia non è necessaria nei bambini con varicella (a differenza degli altri casi). Sono usati ACV,
famciclovir e valaciclovir. Tuttavia, la DNA polimerasi di VZV è meno sensibile al trattamento con ACV
rispetto a quella di HSV e sono necessarie dosi più elevate.
Come per gli altri virus respiratori, è difficile limitare la diffusione di VZV. La malattia deve essere
prevenuta o alleviata nei pazienti immunosoppressi, suscettibili a un decorso grave della malattia,
mediante la somministrazione di immunoglobuline anti-varicella zoster (VZIG). In alcuni paesi è stato
approvato un vaccino con virus vivo attenuato, che induce anche protezione nei bambini immunodepressi.

40
186. Virus di Epstein-Barr
L'EBV è un parassita dei linfociti B. La sua associazione con la mononucleosi infettiva è stata scoperta per
caso quando nel siero di un tecnico di laboratorio in convalescenza dopo mononucleosi vennero identificati
anticorpi che riconoscevano cellule AfBL. Quindi, EBV provoca mononucleosi infettiva positiva per
anticorpi eterofili ed è associato all'AfBL (linfoma di Burkitt endemico africano), con la malattia di Hodgkin
e con il carcinoma nasofaringeo. EBV stimola la crescita e immortalizza i linfociti B.

187. Virus di Epstein-Barr: struttura e replicazione


Il recettore principale di EBV è anche il recettore per la componente C3d del complemento (CD21), che
viene espresso sui linfociti B e sulle cellule epiteliali dell'orofaringe e del rinofaringe. L'infezione presenta
tre possibili decorsi:
• Il virus replica nei linfociti B o nelle cellule epiteliali permissive.
• Il virus determina un'infezione latente nei linfociti B in presenza di linfociti T competenti.
• Il virus stimola e immortalizza i linfociti B.
Le cellule permissive consentono la trascrizione del fattore ZEBRA, che attiva i geni precocissimi e il ciclo
litico. Dopo la sintesi della DNA polimerasi e la replicazione del DNA, vengono sintetizzate le proteine
strutturali e le altre tardive, tra cui la gp350/220, proteina di assorbimento virale. Essa ed altre
glicoproteine si legano sia a CD21 e alle molecole MHC II, sia ai recettori cellulari; sono inoltre capaci di
promuovere la fusione del pericapside alle membrane cellulari.
In un'infezione produttiva le proteine virali vengono raggruppate come: antigene precoce (EA), antigene del
capside virale (VCA) e glicoproteine dell'antigene di membrana (MA). Nel corso di un'infezione non
permissiva dei linfociti B, vengono espressi selettivamente alcuni geni virali. Questi comprendono: antigeni
nucleari di Epstein-Barr (EBNA) 1, 2, 3A, 3B e 3C; proteine latenti (LP); proteine di membrana latenti (LMP)
1 e 2 e due piccole molecole di RNA, EBER-1 e EBER-2. Gli EBNA e le LP sono proteine di legame al DNA
fondamentali per mantenere lo stato di infezione e per l'immortalizzazione. Le LMP hanno attività
oncogena, stimolando crescita e immortalizzazione dei linfociti B.

188. Virus di Epstein-Barr: Patogenesi e immunità


Le malattie da EBV derivano da una risposta immunitaria iperattiva (mononucleosi) o dalla mancanza di un
controllo immunitario efficace (linfoma). L'infezione produttiva del tratto orofaringeo promuove la
liberazione del virus nella saliva (e quindi la sua trasmissione) e la viremia, con disseminazione ai linfociti B
nel sangue e nella linfa.
Le proteine di EBV attivano la crescita e impediscono l'apoptosi dei linfociti B. I linfociti T solitamente
controllano la proliferazione delle cellule B. In assenza dei linfociti T, l'EBV può immortalizzare i linfociti
B e, in vivo, tale processo è indicato dalla produzione di un anticorpo IgM contro l'antigene di Paul-Bunnell,
chiamato anticorpo eterofilo. Durante l'infezione, sono prodotti anticorpi prima contro i componenti del
virione, VCA e MA, e dopo contro l'EA.
La mononucleosi infettiva deriva da una "guerra civile" tra i linfociti B infettati da EBV e i linfociti T
protettivi. I linfociti T vengono circondati dai linfociti B infetti e vengono attivati da peptidi virali presentati
dalle MHC I e II. La linfocitosi, la tumefazione degli organi linfoidi e il malessere generalizzato derivano
principalmente dall'attivazione e dalla proliferazione dei linfociti T. Questi appaiono come linfociti atipici.
Essi aumentano di molto nel sangue, raggiungendo anche l'80% del numero totale di leucociti (da cui il
termine "mononucleosi"). Il virus persiste in cellule B di memoria e può riattivarsi in seguito alla loro
attivazione.

189. Virus di Epstein-Barr: epidemiologia


EBV è trasmesso attraverso la saliva (malattia del bacio). I bambini possono acquisire il virus condividendo
bicchieri contaminati. La distribuzione geografica delle neoplasie associate a EBV indica una possibile
associazione con potenziali cofattori. Il potenziale immunosoppressivo della malaria è un cofattore nella
progressione dell'infezione da EBV a AfBL. Pazienti trapiantati e immunocompromessi sono a più alto
rischio di infezione.

41
190. Virus di Epstein-Barr: sindromi cliniche
Mononucleosi infettiva positiva ad anticorpi eterofili
La classica triade sintomatologica della mononucleosi è composta da: linfoadenopatia (tumefazione
ghiandolare), splenomegalia e faringite essudativa, che si accompagnano a febbre alta, malessere generale,
epatosplenomegalia, rash e astenia. La patologia non è grave nei pazienti sani, ma può presentare
conseguenze dovute ad alterazioni neurologiche, ostruzione laringea o rottura splenica. L'infezione è più
moderata nel bambino che nell'adulto.
Malattia cronica
EBV può determinare in alcuni soggetti malattie ricorrenti, con stanchezza cronica, febbricola, cefalea e mal
di gola.
Disordini linfoproliferativi indotti da EBV
Nei soggetti privi di immunità mediata dai linfociti T, l'infezione da EBV può determinare disordini
linfoproliferativi, con il rischio di sviluppare linfomi, anziché la mononucleosi. La mancata risposta
immunitaria può derivare da un deficit genetico associato al cromosoma X, in cui un gene espresso
impedisce il controllo dei linfociti B da parte dei linfociti T. Pazienti trapiantati e immunocompromessi
presentano un alto rischio di sviluppare linfoma, anziché mononucleosi.
linfoma di Burkitt endemico africano
è un linfoma monoclonale di cellule B della mandibola e del viso che è endemico soprattutto nei bambini
che vivono in regioni dell'Africa dove è presente la malaria, anche se non si conosce il motivo
dell'associazione.
carcinoma nasofaringeo
è endemico in Asia e, a differenza del linfoma di Burkitt, dove le cellule tumorali
sono di origine linfocitaria, le cellule tumorali del carcinoma nasofaringeo sono di origine epiteliale.
Leucoplachia orale a cellule capellute
È poco frequente ed è caratterizzata da lesioni della lingua e della bocca.

191. Virus di Epstein-Barr: diagnosi di laboratorio


La mononucleosi viene diagnosticata sulla base dei sintomi, del riscontro di linfociti atipici e dalla presenza
di linfocitosi, di anticorpi eterofili e di anticorpi contro antigeni virali.
I linfociti atipici sono probabilmente il segno più precoce di infezione da EBV. Queste cellule compaiono
all'inizio dei sintomi e scompaiono con la risoluzione della malattia.
Gli anticorpi eterofili derivano dall'attivazione dei linfociti B da parte di EBV, con conseguente ampia
produzione di anticorpi. Questi comprendono anticorpi eterofili IgM, che riconoscono l'antigene di Paul-
Bunnell sugli eritrociti di pecora, cavallo e bovino.
I test sierologici per gli anticorpi contro antigeni virali rappresenta, però, un metodo più affidabile per la
conferma della diagnosi. Un'infezione è identificabile grazie a uno dei seguenti reperti:
• Anticorpi IgM contro VCA.
• Presenza di anticorpi contro VCA e assenza di anticorpi contro EBNA
• Elevati anticorpi contro VCA e antigeni precoci.

192. Virus di Epstein-Barr: trattamento, prevenzione e controllo


Non ci sono vaccini. La distribuzione ubiquitaria e la potenziale diffusione asintomatica rendono difficile un
controllo preventivo. Tuttavia, l'infezione induce immunità per tutta la vita.

193. Citomegalovirus
CMV è un comune virus patogeno per l'uomo ed è la causa virale più comune di difetti congeniti. Sebbene
provochi una patologia lieve sia in adulti che in bambini, è un comune patogeno opportunista molto
importante nelle infezioni di paziente immunocompromessi.

194. Citomegalovirus: struttura e replicazione


CMV è considerato un virus linfotropico ed è l'herpesvirus dal genoma più grande. Contrariamente alla
tipica definizione di virus, che prevede la presenza di RNA o DNA in un virione, studi recenti hanno

42
dimostrato che CMV trasporta mRNA utili alla virulenza. Fibroblasti, cellule epiteliali, macrofagi e altri tipi
di cellule sono permissivi nei confronti dell'infezione da CMV. CMV stabilisce un'infezione latente in
linfociti mononucleati, nelle cellule stromali del midollo osseo e in altri citotipi.

195. Citomegalovirus: patogenesi e immunità


La patogenesi di CMV è simile a quella degli altri herpesvirus. È un eccellente parassita, capace di stabilire
facilmente un'infezione latente piuttosto che una litica. Diffonde a livello sistemico mediante cellule infette,
soprattutto linfociti e leucociti, e si riattiva in seguito a immunosoppressione o stimolazione allogenica.
L'immunità cellulo-mediata è essenziale per il controllo della patologia, ma CMV possiede numerosi mezzi
per eludere la sorveglianza. È in grado di inibire l'espressione di MHC I e II. Inoltre, una proteina virale
blocca l'aggressione delle cellule NK alle cellule infettate da CMV.

196. Citomegalovirus: epidemiologia e sindromi cliniche


Nella maggior parte, dei casi CMV replica e diffonde in maniera asintomatica. CMV può essere isolato dalle
urine, dal sangue, dalla saliva, dalle lacrime, dal latte materno, dallo sperma, dalle feci, dal liquido
amniotico, dalle secrezioni vaginali e cervicali e dai tessuti trapiantati. Il virus si trasmette tramite
trasfusioni e trapianti. La trasmissione avviene anche per via congenita, orale e sessuale. La malattia non è
grave in soggetti sani, ma può esserlo in immunodepressi.
Infezione congenita
CMV è la causa più frequente di infezione virale congenita. I segni clinici sono basso peso alla nascita,
trombocitopenia, microcefalia, calcificazione intracerebrale, ittero, epatosplenomegalia e rash.
Conseguenze dell'infezione possono essere la sordità mono- o bilaterale e ritardo mentale. I feti vengono
infettati dal virus presenta nel sangue materno o dall'ascesa del virus dalla cervice uterina.
Infezione perinatale
Circa la metà dei neonati nati per via naturale in presenza di cervice infetta acquisisce l'infezione. Altra via
di trasmissione è quella tramite colostro o latte materno. I neonati possono contrarre infezione anche dopo
trasfusioni ematiche.
Infezione nei bambinie negli adulti
CMV è più frequente tra gli individui delle classi socio-economiche più basse, che vivono in ambienti
sovraffollati, e nelle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. In questo caso si trasmette principalmente per
via sessuale. Alcuni pazienti possono presentare una sindrome mononucleosica negativa ad anticorpi
eterofili, con sintomi del tutto simili a quelli dell'infezione da EBV, ma con faringite e linfoadenopatia meno
gravi, oltre che assenza di anticorpi eterofili (linfociti B non colpiti).
Trasmissione mediante trasfusione e trapianto
Nel caso delle trasfusioni, i sintomi sono rari e riflettono quelli della mononucleosi.
Infezioni nel paziente immunocompromesso
CMV è un importante agente infettivo opportunistico. Negli immunocompromessi provoca malattia
primaria o ricorrente di tipo sintomatico.
La polmonite da CMV può essere fatale se non trattata. CMV può provocare retinite, polmonite interstiziale
o encefalite. Nel 10% dei pazienti con AIDS si osservano colite o esofagite.
CMV è anche responsabile del fallimento di molti trapianti di rene.

197. Citomegalovirus: diagnosi di laboratorio


Istologia
La caratteristica istologica dell'infezione da CMV è la cellula citomegalica, ovvero una cellula ingrandita
contenente un corpo incluso intranucleare centrale, denso, basofilo, a "occhio di gufo". Le inclusioni sono
facilmente visibili tramite Pap test.
Tecniche immunologiche e sonde di DNA
Una diagnosi rapida e sensibile può essere ottenuta mediante rilevamento di antigeni virali con
immunofluorescenza o ELISA e mediante rilevamento del genoma virale con PCR.
Coltura
CMV cresce in colture di fibroblasti e il suo isolamento è utile nei pazienti immunocompromessi, che

43
presentano elevato titolo di virus nelle loro secrezioni.

198. Citomegalovirus: trattamento, prevenzione e controllo


Ganciclovir, valganciclovir, cidofovir e foscarnet sono utilizzati nei pazienti immunocompromessi. Il
ganciclovir è simile, per struttura e funzione, all'ACV, ma è più tossico. Il valganciclovir è un pro-farmaco
del ganciclovir, che viene convertito in quest'ultimo nel fegato.
Il CMV si trasmette principalmente per via sessuale, trapianti di organo e trasfusioni. Lo sperma è il
principale vettore. L'uso di profilattici e l'astinenza ne riducono la diffusione. Non vi sono vaccini.

199. Herpesvirus umani di tipo 6 e 7


HHV-6 è linfotropico e ubiquitario ed è stato associato ad una comune malattia esamtematica infantile,
l'"exanthema subitum", noto come roseola. HHV-7 è stato isolato in modo simile da linfociti di un paziente
con AIDS ed è anch'esso associato a roseola.

200. Herpesvirus umani di tipo 6 e 7: patogenesi e immunità


L'infezione da HHV-6 si acquisisce molto presto. Il virus replica nella ghiandola salivare e viene rilasciato e
trasmesso con la saliva. Come il CMV, HHV-6 infetta linfociti, monociti, cellule epiteliali, cellule
endoteliali e neuroni. Stabilisce un'infezione latente in linfociti e monociti. Le cellule infette appaiono
ingrandite e rifrangenti e, occasionalmente, contengono corpi inclusi intranucleari e intracitoplasmatici.

201. Herpesvirus umani di tipo 6 e 7: sindromi cliniche


La roseola rappresenta uno dei cinque classici esantemi dell'infanzia. È caratterizzata da febbre che dura
qualche giorno, seguita da un rash cutaneo. Negli adulti può causare una sindrome simil-mononucleosica e
può essere un cofattore nella patogenesi dell'AIDS. Come CMV, può contribuire all'insuccesso dei trapianti.

202. Picornavirus
Come il nome stesso suggerisce, sono piccoli virus a RNA con capside nudo. Comprende 9 generi, tra cui:
Enterorivus, Rhinovirus, Hepatovirus, Cardiovirus, Aphtovirus. Gli Enterovirus si distinguono dai Rhinovirus
per la stabilità del capside a pH 3, per la temperatura di crescita ottimale, per le modalità di trasmissione e
per le patologie di cui sono responsabili.
Resistono bene in condizioni ambientali difficili e a quelle del tratto gastrointestinale, cosa che facilita la
trasmissione oro-fecale. Nonostante possano iniziare l'infezione nel tratto GI, raramente causano malattie
enteriche. In genere l'infezione è asintomatica. Il più noto è poliovirus (di tipo 1, 2 e 3); Echovirus (enteric
cythopathic human orphan [virus enterico, citopatico, umano, orfano di patologia]) e Coxackie (due gruppi,
A e B) sono altri due enterovirus.

203. Picornavirus: struttura


L'RNA a filamento positivo è circondato da un capside icosaedrico con 12 vertici pentamerici, ognuno di 5
protomeri. I protomeri sono composti da 4 proteine virali (da VP1 a VP4). I capsidi sono termostabili e
resistono ai detergenti e negli ambienti acidi (fatta eccezione per i rhinovirus). Al genoma è associata una
proteina, VPg, probabilmente importante per l'incorporazione del genoma stesso nel capside e per l'inizio
della sintesi di RNA virale. Il genoma codifica per una poliproteina, che è tagliata da proteasi per produrre le
proteine enzimatiche e strutturali necessarie.

204. Picornavirus: replicazione


Il principale determinante del tropismo tissutale è la specificità per i recettori cellulari. Le VP1 ai vertici del
virione formano una struttura a "canyon", alla quale si lega il recettore (ICAM 1). La maggior parte dei
recettori riconosciuti fanno parte della famiglia delle immunoglobuline. Col legame al recettore, viene
rilasciata VP4. In seguito, il genoma viene introdotto direttamente attraverso un canale di membrana
creato a uno dei vertici del virione dalla proteina VP1. Il genoma si lega direttamente ai ribosomi. La
poliproteina prodotta viene tagliata da una proteasi virale, codificata nella stessa poliproteina. La RNA-
polimerasi produce uno stampo del genoma da cui ottenere nuove copie. Durante l'infezione diversi

44
picornavirus inibiscono la sintesi proteica e la trascrizione. Ciò permette la competizione tra mRNA virale e
cellulare e contribuisce all'effetto citopatico del virus. Durante l'assemblaggio si forma un procapside,
successivamente riempito con il genoma.

205. Enterovirus: patogenesi e immunità


Gli enterovirus si moltiplicano nel tratto GI e sono trasmessi per via oro-fecale. Le vie di ingresso sono il
tratto respiratorio superiore, l'orofaringe e il tratto intestinale. I virioni resistono all'acidità dello stomaco,
alle proteasi e alla bile. La replicazione inizia nella mucosa e nel tessuto linfoide delle tonsille e della
faringe, e successivamente il virus infetta le cellule linfoidi delle placche di Peyer, sottostanti la mucosa
intestinale. La viremia porta alla diffusione verso i tessuti bersaglio, che esprimono i recettori, comprese le
cellule reticoloendoteliali di linfonodi, milza e fegato, dove può verificarsi una seconda fase dell'infezione
virale, la quale porta a una viremia secondaria e alla comparsa di sintomi.
La maggior parte degli enterovirus è citolitica, si replica rapidamente e causa danni diretti alle cellule
bersaglio. Nel caso di poliovirus, il virus accede al cervello infettando il muscolo scheletrico e viaggiando
lungo i nervi afferenti al cervello. La localizzazione e il numero dei neuroni distrutti determinano
l'estensione della paralisi. La risposta immunitaria principale è rappresentata dagli anticorpi: quelli secretori
prevengono infezioni orofaringee e gastrointestinali, quelli sierici prevengono la viremia. L'immunità
cellulo-mediata non è coinvolta, ma può giocare un ruolo nella patogenesi.

206. Enterovirus: epidemiologia


Sono patogeni solo per l'uomo e si diffondono principalmente per via oro-fecale. La diffusione è facilitata
dal fatto che, in genere, le infezioni sono asintomatiche, dal sovraffollamento e dalla scarsa igiene. La
contaminazione delle acque con scarichi fognari può causare epidemie da enterovirus.
Col successo del vaccino antipolio, il poliovirus è stato eradicato dall'emisfero occidentale.

207. Enterovirus: sindromi cliniche


Le diverse malattie causate sono determinate da diversi fattori, che comprendono: il sierotipo coinvolto, la
dose infettante, il tropismo, la via di ingresso, l'età, il sesso, lo stato di salute e lo stato di gravidanza.
Le infezioni da poliovirus sono diventate abbastanza rare dopo l'introduzione del vaccino. Tuttavia, lo
stesso vaccino può causare (raramente) patologia e, inoltre, esistono popolazioni non vaccinate.
Il poliovirus può causare una delle seguenti manifestazioni:
•Una malattia asintomatica si verifica se l'infezione è limitata all'orofaringe o all'intestino. Il 90% rientra in
questa categoria.
•La poliomielite abortiva, la malattia minore, comporta febbre, cefalea, malessere, mal di gola e vomito.
•La poliomielite non paralitica, o meningite asettica si verifica se il virus raggiunge il SNC e le meningi.
•La poliomielite paralitica, la malattia maggiore, si verifica quando il virus passa dal sangue alle cellule
delle corna anteriori del midollo e alla corteccia motoria. La gravità dipende dall'estensione dell'infezione e
dal tipo di neuroni colpiti. La paralisi spinali può coinvolgere uno o più arti, mentre la paralisi bulbare può
coinvolgere nervi cranici e anche centri respiratori.
La poliomielite paralitica è caratterizzata da una paralisi flaccida asimmetrica, senza perdita delle capacità
sensoriali. L'85% dei casi è dovuto al poliovirus di tipo 1. La paralisi bulbare può essere più grave e
coinvolgere muscoli faringei, corde vocali e muscoli respiratori, risultando mortale nel 75% dei casi. La
sindrome post-poliomielitica è un postumo della poliomielite. Gli individui colpiti vanno incontro a un
deterioramento dei muscoli colpiti originariamente. In questo caso il virus non è presente e la sindrome è
causata dalla perdita di neuroni precedentemente colpiti.

208. Enterovirus: diagnosi di laboratorio


Esami clinico-chimici
In caso da meningite da poliovirus si osserva una pleiocitosi prevalentemente linfocitaria nel LCS.
Coltura
Possono essere isolati da orofaringe e dalle feci, raramente dal LCS. Cresce bene in colture di rene di
scimmia.

45
Test genetici e sierologici
Per determinare l'esatto tipo di enterovirus si usano specifici test anticorpali e antigenici. Un altro test di
routine è la RT-PCR (retrotascrizione dell'RNA seguita da reazione polimerasica a catena).

209. Enterovirus: trattamento, prevenzione e controllo


La prevenzione delle poliomieliti paralitiche costituisce uno dei trionfi della medicina moderna, grazie
all'introduzione del vaccino. Esistono due tipi di vaccino: il vaccino antipolio inattivato (IPV) e il vaccino
orale vivo attenuato (OPV). Entrambi proteggono contro i tre tipi di poliovirus, sono stabili, economici e
inducono una risposta anticorpale protettiva. Pleconaril lega VP1.

210. Orthomyxovirus
Ne fanno parte i virus dell'influenza A, B e C, ma solo i virus A e B sono patogeni. Posseggono pericapside
ed un genoma costituito da RNA segmentato, a polarità negativa. La presenza di un genoma segmentato
facilita lo sviluppo di nuovi ceppi tramite mutazione e riassortimento di segmenti tra diversi ceppi di virus
dell'uomo e degli animali. Tale instabilità genetica è responsabile delle epidemie annuali e delle pandemie
periodiche (drift e shift) che caratterizzano l'influenza. Quest'ultima è una delle infezioni virali più diffuse e
note. La più famosa pandemia è l'influenza spagnola che si verificò nel 1918-19.

211. Orthomyxovirus: struttura e replicazione


I virioni sono pleiomorfi, di forma sferica o tubulare. Il pericapside contiene due glicoproteine,
emoagglutinina (HA) e neuroaminidasi (NA), la proteina di membrana (M2) ed è delimitato internamente
dalla proteina della matrice (M1). Il genoma è formato da 8 diversi segmenti elicoidali, ognuno contenente
un RNA a polarità negativa associato con la nucleoproteina (NP) e la trascrittasi. La HA possiede numerose
funzioni: funge da adesina legandosi all'acido sialico sui recettori di superficie delle cellule epiteliali;
promuove la fusione tra pericapside e membrana cellulare; agglutina gli eritrociti umani; stimola la
produzione di anticorpi. Cambiamenti dell'emoagglutinina, dovuti a mutazioni, sono responsabili di
cambiamenti antigenici minori e maggiori (drift e shift). Il fenomeno dello shift vale solo per il virus A e le
diverse emoagglutinine sono definite H1, H2 e così via.
La glicoproteina NA ha attività enzimatica: taglia l'acido sialico delle glicoproteine, recettori compresi.
L'eliminazione dell'acido sialico dalle proteine virioniche previene l'agglutinazione e facilita la liberazione
del virus dalle cellule infette. Anche NA subisce cambiamenti e le diverse NA vengono designate come N1,
N2 e così via. Le M1 avvolgono l'interno del virione e ne promuovono l'assemblaggio. La M2 forma un
canale protonico nella membrana e promuove lo scapsidamento e il rilascio del virus.
La replicazione inizia con l'adesione della HA a residui di acido sialico sulla superficie cellulare. Il virus
viene internalizzato e portato in un endosoma. L'acidificazione dell'endosoma provoca modificazioni della
HA, che ora promuove la fusione. Il pericapside virale si fonde quindi con la membrana dell'endosoma. Il
canale protonico della M2 facilita l'acidificazione del contenuto del pericapside, interrompendo
l'interazione tra proteina M1 e NP, permettendo lo scapsidamento e il rilascio del nucleocapside.
Diversamente dalla maggioranza dei virus a RNA, il nucleocapside si sposta nel nucleo dove viene trascritto
in mRNA. La trascrittasi virale (PA, PB1, PB2) utilizza mRNA della cellula dell'ospite come primer per la
sintesi dell'mRNA virale. Vengono prodotte le catene di RNA a polarità positiva e l'RNA genomico, a polarità
negativa, viene replicato nel nucleo. I segmenti genomici si associano alla polimerasi e alla NP e vengono
avvolte dalle proteine strutturali. Molti virioni sono difettivi per la presenza di un numero di segmenti
diverso da 8. I virioni dotati di 8 segmenti gemmano dalla superficie apicale della cellula grazie a HA.

212. Orthomyxovirus: patogenesi e immunità


Inizialmente il virus provoca un'infezione del tratto respiratorio superiore, infettando e uccidendo le cellule
mucosecernenti e ciliate, determinando la perdita di questo importante sistema di difesa. La proteina NA
facilita l'infezione tagliando i residui di acido sialico del muco. Se il virus raggiunge i tratti respiratori
inferiori può causare gravi desquamazioni dell'epitelio bronchiale e alveolare. Principale conseguenza è la
polmonite da altri batteri o virus. Può raramente svilupparsi viremia con diffusione dell'infezione ad altri
organi. Dal punto di vista istologico, l'influenza causa una risposta infiammatoria cellulare a livello delle

46
mucose, che coinvolge monociti, linfociti e neutrofili. Si può osservare alterazione tissutale. L'infezione
deprime la risposta dei macrofagi e delle cellule T ostacolando la risoluzione dell'infezione stessa. Gli
anticorpi anti HA, e in parte quelli anti-NA, offrono protezione nei confronti di una eventuale seconda
infezione. Sintomi e durata della patologia dipendono dall'azione dell'interferone, dalla risposta
cellulomediata e dal danno del tessuto epiteliale. La patologia è in genere autolimitante e non coinvolge
altri organi oltre al polmone.

213. Orthomyxovirus: epidemiologia


I ceppi del virus dell'influenza A sono classificati in base alle quattro caratteristiche seguenti:
• Tipo (A, B e C)
• Luogo dell'isolamento
• Anno di isolamento
• Antigene (HA e NA)
I ceppi del virus B sono classificati in modo simile fatta eccezione per i riferimenti agli antigeni HA e NA;
ciò perché esso non subisce shift. Nuovi ceppi si generano per mutazione e riassortimento. Virus ibridi si
creano per coinfezione di una cellula con ceppi diversi di virus A, permettendo ai segmenti genomici di
associarci casualmente nei virioni della progenie. Le modificazioni antigeniche minori sono causate dalla
mutazione dei geni di HA e NA e prendono il nome di drift antigenico. Le modificazioni antigeniche maggiori
sono causate dal riassortimento dei segmenti, si verificano solo con il virus A e prendono il nome di shift
antigenico. L'infezione influenzale si diffonde rapidamente mediante aerosol espulso quando una persona
infetta parla, respira o tossisce.

214. Orthomyxovirus: sindromi cliniche


L'infezione ha gravità variabile. La sindrome influenzale ha inizio dopo un breve periodo di incubazione con
senso di malessere e mal di testa. Seguono febbre, brividi, mialgie, perdita dell'appetito, debolezza,
affaticamento, mal di gola e tosse. La guarigione è completa in 7-10 giorni. Le complicazioni comprendono
polmonite batterica (S. aureus, S. pneumoniae, H. influenzae), miosite (infiammazione muscolare) e
sindrome di Reye (encefalite acuta che colpisce i bambini).

215. Orthomyxovirus: diagnosi di laboratorio


La diagnosi di influenza si basa sui sintomi caratteristici, la stagionalità e la presenza del virus nella
comunità. I virus si ottengono dalle secrezioni respiratorie. Viene di solito isolato in colture cellulari di rene
di scimmia. L'aggiunta di eritrociti mette in evidenza l'emoadsorbimento (l'adesione degli eritrociti alle
cellule infettate che esprimono HA). Si osserva anche la formazione di aggregati gelatinosi dovuto
all'emoagglutinazione. Tuttavia, anche virus parainfluenzali e altri mostrano queste proprietà.

216. Orthomyxovirus: trattamento, prevenzione e controllo


Amantadina e rimantadina inibiscono una fase dello scapsidamento del virus A, ma non del B e del C. Il loro
bersaglio è la proteina M2. Zanamivir e oseltamivir inibiscono la neuroaminidasi dei virus A e B.
È impossibile limitare la diffusione aerogena del virus. Tuttavia, il modo migliore per controllarlo è
l'immunizzazione. Il vaccino influenzale è un insieme di proteine HA e NA estratte e purificate da tre diversi
ceppi di virus. La vaccinazione è raccomandata per le persone con più di 50 anni, gli operatori sanitari, le
donne gravide, le persone che vivono in una casa di riposo, le persone con patologie polmonari o cardiache
e altri individui a rischio.

217. Retrovirus
Sono virus provvisti di pericapside, contengono RNA a polarità positiva. I retrovirus codificano per una
DNA polimerasi RNA-dipendente (trascrittasi inversa) e si replicano attraverso la formazione di un
intermedio a DNA. La copia di DNA virale viene poi integrata nel cromosoma dell'ospite, diventando un
gene cellulare. Alla fine degli anni Settanta, si notò che un alto numero di giovani omosessuali, di Haiti,
eroinomani ed emofiliaci negli USA (homosexual, Haiti, heroin addict, hemophiliac: 4 "H") morivano a causa
di infezioni opportunistiche normalmente benigne. I loro sintomi definirono una nuova malattia, la

47
sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Successivamente, dai paziente affetti da tale sindrome, si
isolò l'HIV-1. In seguito, si osservò una variante, HIV-2, prevalente in Africa occidentale.
Le tre sottofamiglie dei retrovirus umani sono quella degli Oncovirinae o oncovirus (HTLV-1, HTLV-2,
HTLV-5); quella dei Lentivirinae (HIV-1, HIV-2) e quella dei Spumavirinae.

218. Retrovirus: classificazione


Vengono classificati in base alla malattia che causano, al tropismo tissutale e allo spettro di ospite, alla
forma del virione e alla complessità genetica. Gli oncovirus comprendono solo i retrovirus capaci di rendere
immortali o trasformare le cellule bersaglio. In base alla morfologia e all'aspetto del core e del capside,
vengono anche classificati nei tipi: A, B, C o D. I lentivirus sono virus lenti associati a malattie neurologiche
e a immunosoppressione.

219. Retrovirus: struttura


Hanno forma sferica, sono dotati di pericapside e sono virus a RNA. Il pericapside circonda un capside
contenente due copie identiche di RNA genomico a singolo filamento positivo, contenute all'interno di un
core. Il virione contiene numerose copie degli enzimi trascrittasi inversa e integrasi e due tRNA. I tRNA
vengono usati come primer dalla trascrittasi inversa. Il core ha una forma a tronco di cono. Sebbene il
genoma ricordi quello di un mRNA, non è infettivo perché non codifica per una polimerasi in grado di
generare direttamente altri mRNA. Il genoma dei retrovirus semplici è formato da tre geni principali che
codificano poliproteine per i seguenti enzimi e proteine strutturali: gag (antigene gruppo-specifico, proteine
del capside, della matrice e proteine che legano l'acido nucleico), pol (polimerasi, proteasi e integrasi) ed
env ("envelope", glicoproteine). A ciascuna estremità del genoma sono presenti le sequenze terminali
lunghe e ripetute (LTR), che contengono regioni regolatrici. I retrovirus a genoma complesso, HTLV e i
lentivirus (compreso HIV) codificano per numerose proteine che accrescono la virulenza e che richiedono
splicing. Le glicoproteine virali vengono prodotte in seguito a taglio proteolitico della poliproteina codificata
da env. La dimensione delle glicoproteine è diversa in ciascun gruppo di virus (gp160 di HIV viene tagliata
per formare gp41 e gp120). Queste glicoproteine formano delle protuberanze a forma di lecca-lecca sulla
superficie del virione. La subunità maggiore si lega ai recettori cellulari ed è responsabile del tropismo
tissutale. La subunità minore forma il bastoncino del lecca-lecca e promuove la fusione cellulare.

220. Retrovirus: replicazione


La replicazione inizia con il legame delle spicole della glicoproteina virale (trimero di gp120 e gp41) al
recettore primario, la proteina CD4 e a un secondo recettore, un recettore delle chemochine (CCR5
[macrofagi, linfociti periferici] o CXCR4 [linfociti T]) è Gp41 che si fonde alla membrana e permette la
fusione. Il legame al recettore delle chemochine porta il pericapside e la membrana cellulare a fondersi.
Una volta che il genoma viene rilasciato nel citoplasma, inizia la fase precoce di replicazione. La trascrittasi
inversa, codificata da pol, utilizza il tRNA come primer per sintetizzare un filamento di DNA complementare
a polarità negativa (cDNA). Agisce inoltre come una ribonucleasi: degrada l'RNA genomico e quindi
sintetizza il filamento positivo di DNA. Durante la sintesi di DNA, si duplicano le sequenze poste alle due
estremità per permettere la creazione di LTR: la copia di DNA del genoma ha dimensioni maggiori dell'RNA
originale. La trascrittasi inversa commette facilmente errori. Ciò porta a instabilità genetica, responsabile
della generazione di nuovi ceppi durante in decorso della malattia, proprietà che può alterare la
patogenicità e favorire l'elusione del controllo immunitario.
Il cDNA a doppio filamento migra poi nel nucleo e si integra nel cromosoma cellulare mediante l'ausilio
dell'enzima integrasi . Una volta integrato, comincia la fase tardiva e il DNA virale viene trascritto come un
gene cellulare a opera della RNA polimerasi dell'ospite. La replicazione virale dipende, quindi, dal ritmo di
crescita cellulare e dalla capacità della cellula di riconoscere le LTR.
La replicazione di HIV è regolata dai prodotti di sei geni "accessori". La proteina tat agisce da
transattivatore della trascrizione dei geni virali e cellulari. Rev agisce in modo da regolare e promuovere il
trasporto dell'mRNA virale nel citoplasma. Nef riduce l'espressione del CD4 e di MHC I sulla superficie
cellulare, altera i segnali intracellulari dei linfociti T e regola la citotossicità del virus. Vif promuove

48
l'assemblaggio e la maturazione dei virioni e lega e inibisce le proteine antivirali. Vpu (Vpx in HIV-2) riduce
l'espressione di CD4 e favorisce il rilascio dei virioni. Vpr aiuta il trasporto del cDNA nel nucleo e facilita la
replicazione in cellule quiescenti, come i macrofagi. Le glicoproteine prodotte vengono tagliate in subunità
più piccole, che si associano fra loro e raggiungono la membrana. Il rilascio avviene per gemmazione ma il
virus può spostarsi di cellula in cellula mediante la produzione di sincizi.
221. Virus dell'immunodeficienza umana: patogenesi e immunità
La principale caratteristica nella patogenesi di HIV è il tropismo virale per i linfociti T CD4+ e i macrofagi.
L'immunosoppressione indotta da HIV è determinata dalla riduzione nel numero dei linfociti T CD4, che
riduce le funzioni "helper" e quelle di ipersensibilità ritardata del sistema immunitario.
Durante la trasmissione, HIV infetta la superficie mucosa, entra e infetta rapidamente il MALT. Le fasi
iniziali dell'infezione vengono dapprima mediate da virus macrofagi-tropici, che si legano a CD4 e al
recettore delle chemochine CCR5 e infettano cellule dendritiche e altre cellule della linea
monocitomacrofagica, così come le cellule T periferiche.
I macrofagi e le DC vengono infettate in maniera persistente da HIV, sono i principali serbatoi e agiscono da
cavalli di Troia. La diminuzione del numero di linfociti T CD4 può derivare da citolisi indotta da HIV, da
citolisi cellulomediata o dall'attivazione cronica dei linfociti T stimolata dalla complessità antigenica di HIV,
che induce differenziazione terminale e morte di tali cellule. Lo sviluppo dei sintomi dell'AIDS è correlato
all'aumento dei virus rilasciati nel sangue, all'aumento dei virus T-tropici e alla diminuzione dei linfociti T
CD4, con una conseguente diminuzione del numero totale di cellule T dovuta alla mancanza della funzione
"helper". I vari effetti citopatici di HIV comprendono l'accumulo di copie del genoma sotto forma di DNA
circolare non integrato, un aumento della permeabilità della membrana citoplasmatica, la formazione di
sincizi e l'induzione dell'apoptosi. I macrofagi possono essere risparmiati dall'azione citolitica di HIV poichè
esprimono livelli di CD4 più bassi rispetto alle cellule T. La risposta immunitaria limita l'infezione ma
contribuisce alla patogenesi. Vengono prodotti anticorpi contro gp120. Le cellule T CD8 sono fondamentali
per il controllo del progresso della malattia, andando a esercitare un effetto citotossico. Tuttavia, dato che
essere richiedono attivazione da parte dei linfociti T CD4, anch'esse si riducono drasticamente in numero.
Il decorso della malattia va di pari passo con la riduzione del numero di linfociti T CD4 e con la carica virale
nel sangue. Nella fase acuta vi è un enorme aumento della produzione di particelle virali. Nella fase tardiva,
la carica virale nel sangue aumenta e i linfociti CD4 diminuiscono in maniera significativa, anche i linfociti
T CD8 diminuiscono, la struttura dei linfonodi viene distrutta e il paziente va incontro a
immunosoppressione. Ciò comporta l'aumento del rischio di altre infezioni.
HIV può anche causare disturbi neurologici, andando ad infettare macrofagi e cellule della microglia, le
quali, una volta infettate, possono rilasciare sostanze neurotossiche e proinfiammatorie.

222. HIV: epidemiologia


L'AIDS si è diffuso con proporzioni epidemiche in tutta la popolazione.
Sottotipi (clades) e distribuzione geografica
Il più elevato numero di casi di AIDS si registra nell'Africa subsahariana. La trasmissione eterosessuale è la
principale modalità di diffusione di HIV-1 e HIV-2 in Africa. HIV-2 provoca una malattia simile all'AIDS,
ma di minore gravità. Esistono tre genotipi principali di HIV-1, denominati M, N e O e 11 sottotipi o clades
di M, denominati A-K. Le denominazioni si basano su differenze nella sequenza dei loro geni env e gag e,
quindi, sull'antigenicità e sul riconoscimento da parte del sistema immunitario della gp120 e delle proteine
capsidiche.
Trasmissione
La diffusione viene favorita dalla presenza di HIV nel sangue, nel liquido seminale e nelle secrezioni
vaginali delle persone infettate e dal lungo periodo asintomatico di infezione. Di conseguenza il virus si
trasmette principalmente mediante contatto sessuale ed esposizione a sangue, oltre alla trasmissione
perinatale.
Popolazioni a rischio più elevato
Persone sessualmente attive, tossicodipendenti e i loro partner, neonati da madri infette. Il rapporto anale
rappresenta un'efficace modalità di trasmissione del virus.

49
223. HIV: sindromi cliniche
L'AIDS è una delle malattie epidemiche più devastanti che si ricordino. La maggior parte dei pazienti
infettati da HIV diventarà sintomatica e molti, infine, senza terapia, soccomberanno. La patologia
progredisce da infezione aspecifica asintomatica a grave immunosoppressione, definita AIDS conclamato.
Le malattie correlate sono principalmente rappresentate da infezioni opportunistiche, da tumori e da
effetti prodotti direttamente da HIV a carico del SNC. I sintomi iniziali ricordano quelli di un'influenza o
della mononucleosi e si possono verificare meningite o eruzioni cutanee. I sintomi derivano
dall'immunopatologia e sono seguiti da un periodo asintomatico o da una linfoadenopatia generalizzata
persistente che può durare per anni. In questo periodo, il virus si replica nei linfonodi.
L'AIDS conclamato si manifesta quando la conta dei linfociti CD4 è inferiore a 200/l, mentre la carica virale
è >100.000 copie per ml, e implica l'insorgenza di malattie più gravi, come la malattia da deperimento da
HIV o la comparsa di sarcoma di Kaposi. L'AIDS può esordire nei seguenti modi:
Linfoadenopatia e febbre
La combinazione di tali sintomi viene definita come complesso AIDS-correlato. Viene accompagnato da
perdita di peso e malessere.
Infezioni opportunistiche
Le infezioni normalmente benigne possono essere causa di gravi malattie quando HIV determina
l'esaurimento dei linfociti T CD4 e la conseguente riduzione dei linfociti T CD8. Spesso si riscontrano
candidosi orale (mughetto), toxoplasmosi cerebrale, meningite, infezioni da JC, ricomparsa di herpesvirus e
citomegalovirus. Si osservano poi tubercolosi, diarrea e altre infezioni da micobatteri.
Tumori maligni
Degno di nota è il sarcoma di Kaposi, associato all'herpesvirus umano di tipo 8. È una neoplasia rara della
cute che, negli immunocompromessi, si dissemina fino a coinvolgere gli organi interni.
Demenza associata all'AIDS
Può derivare da un'infezione opportunistica o da un'infezione da HIV i macrofagi e delle cellule microgliali
cerebrali.

224. HIV: diagnosi di laboratorio


I test diagnostici vengono eseguiti per uno dei quattro motivi seguenti:
•Per identificare gli individui affetti
•Per identificare i portatori
•Per seguire il decorso della malattia
•Per valutare l'efficacia della terapia
Genomica
Dopo aver comvertito l'RNA virale in DNA con una trascrittasi inversa fornita dal laboratorio, il cDNA del
genoma puó essere rivelato tramite PCR.
Test sierologici
Gli anticorpi anti-HIV si sviluppano lentamente, in genere in 4-8 settimane. Si usa ELISA e si conferma con
Western blot che ricerca le Gp120 nel sangue.
Studi immunologici
L'infezione può essere determinata dall'analisi dei sottotipi dei linfociti T. Nei pazienti infettati il numero
assoluto di linfociti CD4 e il rapporto tra linfociti CD4 e CD8 sono enormemente bassi.

225. HIV: trattamento, prevenzione e controllo


Numerosi sforzi sono stati fatti per la ricerca di un vaccino e di farmaci antivirali efficaci. I farmaci
approvati possono essere classificati come inibitori della fusione-penetrazione, analoghi nucleosidici
inibitori della trascrittasi inversa, inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa, inibitori della proteasi o
dell'integrasi.
La maggior parte dei farmaci ha effetti collaterali, per cui si continua a cercarne di nuovi.
L'attuale terapia si basa su un cocktail di diversi farmaci denominato trattamento antiretrovirale altamente
attivo (HAART). Alcuni piani HAART vengono combinati in un'unica pillola. La terapia è consigliata anche
come profilassi per persone esposte a agenti infettanti.

50
Educazione sanitaria
Il modo più efficace per controllare la diffusione di HIV si basa su un programma di educazione sanitaria
della popolazione. Relazioni monogame, rapporti protetti e l'uso di preservativi riducono la possibilità di
contagio.
Screening di sangue, emoderivati e organi
I potenziali donatori vengono controllati prima di donare sangue, tessuti e emoderivati.
Controllo dell'infezione
Le misure preventive prevedono l'uso di protezioni. Siringhe e strumenti chirurgici non devono essere
riutilizzati, a meno che non vengano disinfettati. Il lavaggio della biancheria in acqua bollente e con
detergenti dovrebbe essere sufficiente.
Sviluppo di un vaccino
Non è attualmente disponibile un vaccino. La maggior parte dei vaccini in esame utilizza la gp120 come
immunogeno per lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti.
(andamento malattia slide 35)

226. Virus umano T-LINFOTROPICO


Comprendono HTLV-1 (associato a ATLL e a TSP), HTLV-2 e HTLV-5 (associato a linfoma cutaneo maligno),
ma solo HTLV-1 è associato con certezza a patologie umane.

227. Virus umano T-LINFOTROPICO: patogenesi e immunità


(Linfoadenopatia, splenomegalia, coinvolgimento cutaneo, aumento dei linfociti circolanti)
Si trasmette in seguito a trasfusioni di sangue, rapporti sessuali o attraverso l'allattamento. Il virus
raggiunge il sangue e infetta le cellule CD4 helper e quelle tipo DTH. Queste cellule restano a livello
cutaneo, contribuendo ai sintomi della leucemia acuta a cellule T dell'adulto (ATLL). Anche i neuroni
esprimono recettori per il virus.
Il virus può rimanere allo stato latente o moltiplicarsi lentamente per molti anni. Si ha un lungo periodo di
latenza prima dell'inizio della leucemia.
Nelle cellule infettate si possono accumulare aberrazioni cromosomiche e riarrangiamenti dei geni che
codificano recettori delle cellule T e ciò può essere la causa della leucemia.
Il gene TAX promuove fattori di crescita come la IL-12.

228. Virus umano T-LINFOTROPICO: epidemiologia


Le modalità di trasmissione sono le stessi di HIV. In genere, nelle regioni endemiche, i bambini si infettano
tramite allattamento mentre gli adulti tramite rapporti sessuali.

229. Virus umano T-LINFOTROPICO: sindromi cliniche


L'infezione è di solito asintomatica ma, raramente, può progredire ad ATLL. Questa è una neoplasia a carico
delle cellule T CD4 helper, che può essere acuta o cronica. È caratterizzata da un elevato numero di linfociti
nel sangue e da lesioni cutanee. L'ATLL acuta è di solito fatale. L’ATLL presenta quattro sintomi principali:
- Linfoadenopatia
- Epatosplenomegalia
- Coinvolgimento cutaneo
- Molti linfociti circolanti
Paraparesi spastica tropicale (TSP) (mielopatia).

230. Virus umano T-LINFOTROPICO: diagnosi di laboratorio


L'infezione può essere rivelata con ELISA, RT-PCR.

231. Virus umano T-LINFOTROPICO: trattamento, prevenzione e


controllo
In alcuni pazienti con ATLL è risultata efficace una combinazione di AZT e interferone-gamma. Le
precauzioni per limitare la diffusione sono le stesse di HIV.

51
232. Virus dell'epatite
Esistono almeno sei virus che causano epatite, indicati con le lettere dell'alfabeto dalla A alla E, oltre al
virus G. Essi differiscono per struttura, via di trasmissione, modalità di replicazione, decorso clinico e
conseguenze della malattia. I più noti sono l'HAV e l'HBV, mentre i virus dell'epatite C, G, E e D (HDV o
agente delta) sono noti come virus dell'epatite non-A e non-B.

233. Virus dell'epatite A


HAV provoca un'epatite infettiva e si trasmetta per via oro-fecale. Le infezioni sono spesso attribuibili
all'assunzione di acqua o molluschi contaminati. È un picornavirus
Struttura
Presenta un capside icosaedrico nudo che circonda un genoma a RNA a singolo filamento a polarità
positiva. Al genoma è associata una VPg. Esiste un solo sierotipo.
Replicazione
La replicazione è simile a tutti gli altri picornavirus. Interagisce con recettori degli epatociti ma, a differenza
degli altri picornavirus, non è citolitico e viene rilasciato mediante esocitosi.
Patogenesi
Dopo l'ingestione, HAV entra in circolo attraverso l'orofaringe o l'intestino, raggiungendo poi gli epatociti.
Il virus si replica negli epatociti e nelle cellule di Kupffer e i virioni prodotti sono rilasciati nella bile ed
eliminati con le feci. La replicazione è lenta e non ha effetti citopatici. L'ittero ha inizio con la comparsa
della risposta immunitaria cellulare e anticorpali. La protezione anticorpale permane per tutta la vita.
L'epatopatia da HAV non è istologicamente distinguibile da HBV ed è verosimilmente attribuibile al danno
immunopatologico piuttosto che a quello citopatologico. Diversamente da HBV, HAV non cronicizza e non
si associa a epatocarcinoma.
Epidemiologia
Il 40% circa delle epatiti è causato da HAV. Il virus è rilasciato in grandi quantità nelle feci e si trasmette
per via oro-fecale. HAV resiste a detergenti, acidi, temperature elevate e sopravvive in acqua dolce e salata
per molto tempo. I molluschi sono importanti serbatoi in quanto, nutrendosi, filtrano l'acqua contaminata e
accumulano virioni.
Sindromi cliniche
La patologia nei bambini è di solito più lieve che negli adulti ed è solitamente asintomatica. I sintomi
compaiono improvvisamente 15-50 giorni dopo l'esposizione. I sintomi iniziali sono febbre, astenia, nausea,
anoressia e dolore addominale. Urina scura (bilirubinuria), feci ipocoliche e ittero possono essere
accompagnati da dolore addominale e prurito. I sintomi tendono a diminuire durante la fase itterica. In
quasi tutti i casi si verifica una guarigione completa in 2-4 settimane.
Diagnosi di laboratorio
Viene fatta sulla base dei segni clinici e su test sierologici (rilevamento IgM anti-HAV) e RT-PCR.
Trattamento, prevenzione e controllo
La diffusione può essere ridotta interrompendo la trasmissione oro-fecale del virus; ciò implica
l'eliminazione di acqua e cibi contaminati e il miglioramento delle condizioni igieniche. Esiste un vaccino a
base di HAV inattivato dal cloro.

234. Virus dell'epatite B


HBV è il principale membro degli hepadnavirus. Infetta solo il fegato e pochi altri organi, tra cui reni e
pancreas.

235. Virus dell'epatite B: struttura


È un piccolo virus a DNA dotato di pericapside, con numerose peculiarità. Il genoma è piccolo, circolare, a
DNA parzialmente a doppio filamento. Sebbene sia un virus a DNA, codifica per una retrotrascrittasi e si
replica attraverso un intermedio a RNA.

52
Il virione, anche noto come particella di Dane, è insolitamente stabile, trattandosi di virus con pericapside,
in quanto resiste a etere, pH basso, congelamento e riscaldamento moderato. Queste caratteriscono
favoriscono la diffusione.
Il virione di HBV contiene una chinasi e una polimerasi con attività di retrotrascrittasi e di ribonucleasi H,
così come una proteina P attaccata al genoma. Si osserva un capside icosaedrico formato dall'antigene del
core dell'epatite B (HBcAg) e da un pericapside contenente tre forme dell'antigene glicoproteico di
superficie dell'epatite B (HBsAg). L'antigene proteico dell'epatite B (HBeAg) e HBcAg condividono gran
parte della struttura. Le particelle che contengono HBsAg vengono rilasciate nel siero delle persone infette
e sono in sovrannumero rispetto ai virioni totali. Queste particelle possono essere sferiche o filamentose.
Sono immunogene e sono state utilizzate per l'allestimento del primo vaccino commerciale contro HBV.
HBsAg comprende tre glicoproteine (L, M e S) codificate dallo stesso gene e da un unico trascritto, ma
tradotte in proteine a partire da diversi codoni di inizio AUG. La S è contenuta nella M, la quale è compresa
nella L. La S è quella più presente nelle particelle HBsAg. La L lega, in un senso, il virus ai recettori epatici
e, nell'altro, il pericapside al capside. Le glicoproteine di HBsAg contengono il determinante gruppospecifico
(detto A) e i determinanti tipo-specifici di HBV (detti D o Y e W o R). Dalle combinazioni di questi
antigeni risultano otto sottotipi di HBV.

236. Virus dell'epatite B: replicazione


La replicazione di HBV è unica per vari motivi. Ha un elevato tropismo per il fegato, si replica mediante un
RNA intermedio e rilascia particelle antigeniche (HBsAg). L'adesione agli epatociti è mediata dalle
glicoproteine HBsAg e sono coinvolti numerosi recettori cellulari, tra cui quelli della trasferrina. Il
meccanismo di ingresso non è noto. Tuttavia si sa che HBV si lega all'albumina sierica e che ciò può
facilitare l'entrata nel fegato. Dopo la penetrazione, il DNA parzialmente a doppio filamento viene
completato, con la formazione di un DNA circolare a doppio filamento completo e il genoma arriva nel
nucleo. Il DNA viene trascritto da punti di partenza diversi. Esistono tre classi maggiori (2.100, 2.400 e
3.500 basi) e due classi minori (900 basi) di mRNA sovrapposti. L'mRNA da 3.500 basi codifica per gli
antigeni HBc e HBe, la polimerasi, un innesco per la replicazione del DNA e, inoltre, funge da stampo per la
replicazione del genoma. L'mRNA da 900 basi codifica per la proteina X, che promuove la replicazione
virale. Durante la replicazione del genoma, l'mRNA da 3.500 basi viene impacchettato nel nucleocapside del
core che contiene la DNA polimerasi RNA-dipendente. Questa ha attività retrotrascrittasica e
ribonucleasica, ma non integrasica. Si sintetizza DNA a partire da RNA. L'RNA viene poi degradato. Il virione
viene rilasciato mediante esocitosi.

237. Virus dell'epatite B: patogenesi e immunità


HBV può causare epatopatia cronica o acuta, sintomatica o meno. La forma dipende dalla risposta
immunitaria del paziente. La presenza di infezione è indicata dal riscontro delle componenti HBsAg e
HBeAg nel sangue. HBV può essere presente anche nel liquido seminale, nella saliva, nel latte, nelle
secrezioni vaginali e mestruali e nel liquido amniotico.
Gli epitopi dell'antigene HBc sono antigeni rilevanti per i linfociti T. Una risposta insufficiente determina
una sintomatologia lieve, mancata risoluzione dell'infezione e sviluppo di epatite cronica. Gli anticorpi sono
inizialmente protettivi. In seguito, la quantità in eccesso di HBsAg nel siero si lega agli anticorpi
bloccandone l'attività e formando immunocomplessi che favoriscono lo sviluppo di reazioni di
ipersensibilità (tipo III). Durante la fase acuta si osserva rigonfiamento cellulare e necrosi del parenchima
epatico, soprattutto a livello degli epatociti che circondano la vena centrolobulare.

238. Virus dell'epatite B: epidemiologia


Nel mondo, una persona su tre viene infettata, con circa un milione di morti all'anno. La diffusione è
favorita dall'esistenza di numerosi portatori cronici asintomatici. I virus si trasmette principalmente per via
perinatale, parenterale e sessuale. La trasmissione avviene tramite sangue, liquidi e secrezioni corporee.

239. Virus dell'epatite B: sindromi cliniche


Infezione acuta

53
La manifestazione clinica di HBV nei bambini è meno grave di quella negli adulti, a causa del sistema
immunitario meno sviluppato ed efficiente. L'infezione è caratterizzata da un lungo periodo di incubazione
e da un esordio insidioso. I sintomi iniziali includono febbre, malessere, anoressia, nausea, vomito,
malessere addominale e brividi. Entro breve tempo seguono i classici sintomi da epatopatia: ittero, urina
scura, feci ipocoliche, ecc. L'epatite fulminante si verifica nell'1% dei pazienti itterici e può essere fatale.
Infezione cronica
Si verifica nel 5-10% dei pazienti infetti. Un terzo di essi presenta un'epatite cronica attiva, con continuo
danno e riarrangiamento architettonico del parenchima epatico. Gli altri due terzi presentano epatite
cronica non attiva.
Carcinoma epatocellulare primario
Oltre l'80% dei casi di PHC può essere attribuito a HBV. Il PHC è una delle principali cause di mortalità da
neoplasia nel mondo e potrebbe rappresentare la prima neoplasia prevenibile con la somministrazione di
un vaccino. HBV può indurre PHC promuovendo un continuo processo di riparazione e crescita
epatocellulare o mediante l'integrazione del genoma virale nel cromosoma della cellula ospite.

240. Virus dell'epatite B: diagnosi di laboratorio


La diagnosi iniziale viene fatta sulla base del quadro clinico del paziente e della presenza di un innalzamento
degli enzimi epatici nel sangue. Le infezioni acute e croniche possono essere distinte in base alla presenza
di HBsAg e HBeAg nel siero. Questi vengono rilasciati in circolo durante la replicazione virale. Se vi sono
questi antigeni ma scarseggiano gli anticorpi diretti contro di essi, è probabile che sia in atto un'infezione
cronica. Per le infezioni acute si usa dosare le IgM anti-HBc.

241. Virus dell'epatite B: trattamento, prevenzione e controllo


Non esiste una terapia specifica per le infezioni acute. Tuttavia, è possibile somministrare le
immunoglobuline dell'epatite B ai bambini nati da madri HBsAg-positive. L'infezione cronica può essere
trattata con antivirali che colpiscono la polimerasi (lamivudina) o con analoghi nucleosidici. La trasmissione
di HBV con sangue si è ridotta grazie agli screening dei donatori. I maggiori fattori di rischio sono i contatti
con familiari e partner sessuali portatori; sono ad alto rischio anche gli emodializzati, il personale sanitario e
i bambini nati da madri portatrici. La vaccinazione è raccomandata per chi è a rischio contagio.
I vaccini sono a base di subunità virali. Il primo vaccino era costituito da particelle HBsAg ottenute da
paziente con infezione cronica. Il ciclo prevede una serie di tre iniezioni.

242. Virus dell'epatite C


HCV è la prima causa di infezioni da virus NANBH ed è stato il principale agente di epatite post-trasfusionale
prima dell'introduzione dello screening nelle banche del sangue. Le modalità di trasmissione
sono simili a quelle di HBV, con la differenza che HCV tende a stabilire più probabilmente un'epatite
cronica. L'epatite evolve frequentemente in cirrosi e conduce potenzialmente a carcinoma epatocellulare.

243. Virus dell'epatite C: struttura e replicazione


Appartiene alla famiglia Flaviviridae. È provvisto di pericapside ed ha un genoma a RNA positivo. Questo
codifica per 10 proteine, comprese due glicoproteine (E1, E2). Le regioni ipervariabili all'interno dei geni
per le glicoproteine sono responsabili della variabilità antigenica, che rende difficile lo sviluppo di un
vaccino. HCV infetta solo uomo e scimpanzé. Esso si lega ai recettori CD81, espressi sugli epatociti e sui
linfociti B; inoltre può utilizzare come rivestimento le LDL o le VLDL utilizzando recettori per le
lipoproteine degli epatociti. Durante la replicazione, il virione si assembla e gemma a livello del reticolo
endoplasmatico, associandosi alla cellula. Le proteine di HCV inibiscono l'apoptosi e l'INF-gamma,
impedendo la morte cellulare e promuovendo l'infezione persistente.

244. Virus dell'epatite C: patogenesi


L'infezione persistente è dovuta alla capacità di HCV di rimanere associato alla cellula e di evitare

54
l'apoptosi. È successivamente causa di epatopatia. La risposta immunitaria cellulo-mediata è responsabile
sia della risoluzione della malattia che del danno tissutale. Anche in questo caso i continui processi
riparativi a cui è costretto il fegato predispongono allo sviluppo di PHC (carcinoma epatico primario).

245. Virus dell'epatite C: epidemiologia


HCV si trasmette principalmente attraverso sangue infetto e per via sessuale. Oltre il 90% degli individui
infettati da HIV e storia di tossicodipendenza è infettato anche da HCV. HCV è prevalente soprattutto in
Italia meridionale.

246. Virus dell'epatite C: sindromi cliniche


HCV causa 3 tipi di patologie:
• Epatite acuta con guarigione nel 15% dei casi
• Infezione cronica con possibile progressione in malattia nel 70% dei casi
• Rapida e grave progressione in cirrosi nel 15% dei casi
Il sintomo predominante è l'affaticamento cronico. Il danno epatico può essere esacerbato dall'alcool, da
alcuni farmaci e da altri virus epatitici, favorendo l'evoluzione in cirrosi.

247. Virus dell'epatite C: diagnosi di laboratorio, trattamento,


prevenzione e controllo
Diagnosi di laboratorio
La diagnosi si basa sulla ricerca di anticorpi anti-HCV o sul rilevamento del genoma a RNA.
Trattamento, prevenzione e controllo
L'interferone-gamma ricombinante o di altro tipo, da solo o in combinazione con antivirali, rappresentano
le uniche terapie.

248. Virus dell'epatite G


HGV è simile a HCV, è trasmesso tramite sangue e tende alla cronicizzazione. Si rileva tramite RT-PCR.

249. Virus dell'epatite D


HDV (anche noto come agente delta) è responsabile del 40% dei casi di epatite fulminante. È unico in
quanto si serve di HBV e delle proteine cellulari per replicarsi e produrre la sua unica proteina. Può essere
considerato un parassita virale (anche le pulci hanno le pulci). HBsAg è essenziale per l'assemblaggio del
virus.

250. Virus dell'epatite D: struttura e replicazione


Presenta un genoma a RNA molto piccolo e, a differenza di altri virus, l'RNA a singolo filamento è circolare
e ha la forma di un bastoncino per la presenza di un lungo tratto di basi appaiate. Il genoma è circondato
dal core icosaedrico, che all'esterno è rivestito da un pericapside contenente HBsAg. L'agente delta può
esistere in due forme: piccola (predominante) e grande.
Si lega agli epatociti ed entra nella cellula come fa HBV. Trascrizione e traduzione sono particolari. L'RNA
polimerasi II della cellula sintetizza una copia di RNA per la replicazione del genoma. In seguito, il genoma
forma una struttura a RNA, chiamata ribozima, che taglia l'RNA circolare per produrre l'mRNA per
l'antigene delta piccolo. Il gene per l'antigene delta viene mutato da un enzima cellulare durante
l'infezione, permettendo così la produzione dell'antigene delta grande. Quest'ultimo promuove
l'assemblaggio. Vi è, infine, il rilascio del virus.

251. Virus dell'epatite D: patogenesi


HDV si replica solo in paziente con infezione attiva da HBV. Ciò viene facilitato dalla condivisione delle
vie di trasmissione (coinfezione). Un paziente con infezione cronica da HBV può essere sovrainfettato con il
virus delta. Il secondo caso è più grave in quanto HBV ha già instaurato un'infezione, che permette
l'immediata replicazione di HDV. La replicazione del virus delta ha come risultato citotossicità e danno
epatico. Il danno finale, diversamente da ciò che accade per HBV, è causato dall'effetto citopatico e dalla

55
risposta immunitaria.

252. Virus dell'epatite D: epidemiologia, sindromi cliniche, diagnosi


di laboratorio e trattamento, prevenzione e controllo
Virus dell'epatite D: epidemiologia
Le vie di trasmissione sono le stesse di HBV e sono a rischio le stesse categorie di persone.
Virus dell'epatite D: sindromi cliniche
Il virus delta aumenta la gravità delle infezioni da HBV. Aumenta la probabilità di epatite fulminante ed è
potenzialmente letale.
Virus dell'epatite D: diagnosi di laboratorio
Unico metodo è il rilevamento di antigene delta o degli anticorpi.
Virus dell'epatite D: trattamento, prevenzione e controllo
Non ci sono trattamenti specifici. Una protezione può essere la prevenzione dell'infezione da HBV.

253. Virus dell'epatite E


È un herpes virus, HEV (E sta per "enterico" o "epidemico") si trasmette soprattuto per via oro-fecale, in
particolare tramite acque contaminate. Quadro clinico simile a quello di HAV. Responsabile solo di una
sindrome acuta.

NON SUI RIASSUNTI

BATTERI:

- Treponema (sifilide) domanda 53


- Micobacterium (tubercolosi) Pag. 257
- Clostridii (botulino) Pag. 353
- Listeria (monocitosi) Pag. 239
- Bacillus Pag. 233
- Corynebacterium (difterite) Pag. 245
- Bordetella (pertosse) Pag. 327
- Brucella (brucellosi) Pag. 333

VIRUS:

- Rabdoviride (rabbia) Pag. 547


- Coronavirus Pag. 521 slide 7
- Rubivirus (rosolia) Pag. 563
- Paramyxovirus (morbillo) Pag. 527
- Poxvirus (vaiolo) Pag. 501

56

Potrebbero piacerti anche