1. Introduzione
Gli anticorpi sono una classe di glicoproteine del siero, il cui ruolo nella
risposta immunitaria specifica è di enorme importanza. Hanno la capacità
di legarsi in maniera specifica agli antigeni (microrganismi infettivi come
batteri, tossine, o qualunque macromolecola estranea). Vengono prodotti
nel sangue, in presenza di un antigene, da un particolare tipo di cellule,
le plasmacellule, derivanti dalla differenziazione dei linfociti B. Il legame
antigene-anticorpo è altamente specifico e consiste in una serie di
interazioni non covalenti, quindi reversibili (legame a idrogeno,legame
ionico,interazioni di Van der Waals,interazioni idrofobiche). L’anticorpo
riconosce una regione distinta dell’antigene detta epitopo o
determinante antigenico. Si distinguono, in linea di massima, due tipi
di epitopi: sequenziali e conformazionali. Gli epitopi sequenziali sono
caratterizzati da una specifica sequenza amminoacidica lineare, ad
esempio Arg-Glu-Ser. Quelli conformazionali sono tali in base alla loro
struttura tridimensionale.
2
1.2.1 Struttura e meccanismo d’azione degli anticorpi
3
papai
na
pepsi
na
plasmin
a
4
attivazione del complemento, che determina la formazione di pori nelle
cellule microbiche e lisi cellulare. Dopo essere stato a contatto con un
dato antigene, l'organismo continua a produrre anticorpi specifici per un
dato periodo di tempo: dopo avere raggiunto un valore massimo, la
produzione decresce e infine si arresta. In alcuni casi, l'organismo
mantiene nel suo sangue alcuni anticorpi per quell' antigene: esso, cioè,
resta immunizzato in modo permanente.
6
Le IgE hanno fondamentalmente la funzione di proteggere l'organismo
dalle infezioni da parte di parassiti e soprattutto elminti. Esse sono anche
le principali responsabili di malattie allergiche quali l’asma, l’eczema o il
raffreddore da fieno.
• nell’ immunosoppressione;
• nella profilassi del rigetto;
• nella terapia delle malattie autoimmuni;
• nella terapia di patologie cardiovascolari, asma, osteoporosi, ecc.
2. Gli ibridomi
8
1.Immunizzazione
2.Scelta del mieloma
3.Fusione
4.Crescita selettiva dell'ibrido
5.Screening Ab
6.Clonazione
7.Caratterizzazione dell'anticorpo
8.Produzione anticorpo in vitro-vivo
1. Immunizzazione
9
Consiste nella inoculazione dell'antigene , caratteristico per l'anticorpo che si
vuole ottenere, nel topo. Solitamente i protocolli di immunizzazione prevedono
una iniezione di richiamo 3-5 giorni prima della fusione. Oltre all'antigene
possiamo aggiungere un adiuvante ( fig.2.2) che si comporta da potenziante
non specifico della risposta immunitaria.
11
negative e di cellule immuni di milza darà luogo in definitiva a cellule ibride di
diversi tipi: mieloma-mieloma, mieloma-milza, milza-milza (fig.e 2.5; 2.6).
12
Figura 2.5- Schema Fusione
13
E' proprio per selezionare l'ibrido mieloma milza che uso un terreno selettivo
come l'HAT. (amminopterina, ipoxantina, timidina).
Questa via alternativa (che diventa l'unica in presenza del blocco (dovuto
all'amminopterina) è accessibile se è presente una fonte esogena di precursori
come ipoxantina e timidina (fornite dall'hat). Le cellule di mieloma mancanti
della funzionalità dell'HGPRT non possono utilizzare questa via alternativa e
quindi tutte le cellule di mieloma non fuse e quelle fuse ma mieloma-mieloma
14
muoiono per azione del blocco dell'aminopterina non potendo percorrere
questa altra strada. Se invece la cellula di mieloma è fusa con una cellula di
milza potrà contare su HGPRT, usare ipoxantina e timidina, dividersi e
moltiplicarsi.
Ipoxantina= infatti può essere usata come sorgente di purine in quanto grazie
all'azione dell'enzima HGPRT può formare IMP.
Quindi sarà possibile procedere allo screening degli anticorpi specifici per
l'antigene immunizzante.
5. SCREENING Ab
16
Figura 2.6- Schema ELISA
Figura 2.7
17
Test radioimmunologico: è un test più sensibile del precedente, per
evidenziare il legame suddetto viene usato sempre un secondo anticorpo ma
marcato con l'isopoto 125 (radiattivo) dello Iodio . La quantità di radioattività
sarà proporzionale all'anticorpo dell' ibridoma (fig. 2.8).
18
6_Clonazione
19
3. PRODUZIONE DI ANTICORPI MONOCLONALI
3.1 Introduzione
Gli anticorpi, oltre all’importanza che rivestono nella naturale risposta
immunitaria, si sono dimostrati uno strumento molto valido per la ricerca
grazie alla loro specificità nell’identificare particolari molecole o cellule con
conseguente possibilità di separarle da una miscela. Una volta individuati i
cloni producenti l’anticorpo monoclonale a reattività desiderata, si passa alla
produzione su larga scala. Questa può essere effettuata espandendo la coltura
dell’ibridoma in vitro e raccogliendo il surnatante. In alternativa, si può
ricorrere a metodi in vivo, attraverso l’inoculazione dell’ibridoma in topi che
abbiano derivazione genetica uguale a quella dell’ibridoma per la produzione di
liquido ascitico. Nel caso in cui gli mAb non vengano subito purificati, sia il
surnatante che l’ascite possono essere conservati a -20 °C. Al fine di garantire
un elevato grado di purezza, impedendo quindi qualsiasi forma di
contaminazione batterica, è necessario effettuare prelievo e conservazione in
forma sterile o aggiungendo 0.2% di NaN3.
20
a) elementi nutritivi di base (glucosio, aminoacidi, Sali minerali) contenuti
nel mezzo
d) stabilità del pH
e) temperatura
Rispondono a questi requisiti due tipologie di terreni: DMEM (Dulbecco’s modified Eagle’s
medium) e RPMI-1640. Queste due formulazioni differiscono tra loro per il contenuto in
amminoacidi e vitamine. Per la crescita ottimale le cellule richiedono un valore di pH del mezzo
compreso tra 7,2 e 7,4. Per mantenere costante tale valore di pH, si ricorre per lo più ad incubatori
con una fase gassosa contenente il 5% di CO2 (Fig. 3.2.1 ) e terreni contenenti NaHCO3. In
soluzione acquosa il bicarbonato dissocia, va incontro ad idrolisi basica tende a riformare l’acido
debole di partenza) e poi si ha rilascio di CO2. La CO2 presente nell’incubatore tende a
controbilanciare questo aumento, mantenendo così il giusto pH del terreno. Quando non è
disponibile un incubatore a CO2 ,si può in alternativa utilizzare un tampone organico, come
l’HEPES; questo consente di mantenere le cellule nel terreno di coltura per periodi piuttosto lunghi
fuori dall’incubatore. Numerosi terreni commerciali sono dotati di un sistema tampone misto
HEPES\CO2 al fine di incrementare le capacità tamponanti del terreno. I terreni liquidi non
contengono antibiotici, siero ed L-glutammina, poiché molto instabili; questi vanno perciò aggiunti
prima dell’uso. La glutammina costituisce una delle fonti principali di carbonio per molte cellule in
coltura ed è in grado di fornire precursori per la biosintesi e per la sintesi proteica. Inoltre
costituisce un’importante fonte energetica mediante il ciclo di Krebs, insieme a glucosio e piruvato.
Il siero è una miscela complessa di proteine plasmatiche, come transferrina e albumina, fattori di
crescita, minerali e ormoni. Il siero di uso più comune nelle colture cellulari è il siero fetale di
bovino o vitello (FBS o FCS). Il siero umano è usato solo per particolari scopi e non è
commerciale. Spesso, tuttavia, al fine di ottenere elevata purezza, gli ibridomi vengono fatti
crescere in terreni con quantità ridotte di siero o serum-free anche se non sempre riescono bene a
svilupparsi o produrre l’anticorpo in tale mezzo.
21
Figura 3.2.1- Incubatore a CO2
Nella coltura continua, che consente alle cellule di rimanere vitali per
mesi, poiché non vi è un limite né dell’apporto nutritivo, né dell’accumulo
di cataboliti, il terreno fresco è aggiunto continuamente, mentre il
terreno esausto è rimosso con o senza le cellule. Il sistema a coltura
continua si può applicare sia a colture in sospensione che in perfusione.
Lo sviluppo degli ibridomi nella coltura continua in perfusione trae
vantaggio massimo da una cinetica di produzione di secondo ordine per
la maggior parte degli ibridomi: anche se una certa quantità di anticorpo
è prodotta durante la fase di crescita logaritmica cellulare, la maggior
parte dell’anticorpo anticorpo è prodotta quando le cellule si trovano
nella fase stazionaria, poiché non stanno consumando l'energia per la
replicazione.
23
3.2.3 Metodi in vitro
In base alle differenti linee cellulari di ibridoma coltivate in vitro, si può
riscontrare una vasta gamma di parametri nella produzione di mAb. Questa
risulta essere, per l'appunto, dipendente dalla linea cellulare dell'ibridoma, dal
metodo di coltura utilizzato, dal tipo di terreno utilizzato e dai protocolli usati.
24
contaminazione che l’operatore. La protezione dell’operatore e’ assicurata
dalla barriera di aria frontale, in grado di impedire il passaggio di aerosol
dall’interno all’esterno dell’unita’ e viceversa.
Le pareti della cappa possono essere in acciaio inox o in cristallo temperato. Lo
schermo frontale, sempre in vetro, resistente agli UV, può essere inclinato per
facilitare la visione e la manipolazione all’interno dell’area di lavoro. E’ quasi
sempre previsto un pannello asportabile per la chiusura dell’apertura frontale,
su cui e’ in genere montata una lampada germicida UV per la sterilizzazione
della camera di lavoro durante la notte. La lampada UV e’ abilitata al
funzionamento solo quando il pannello di chiusura e’ posizionato correttamente
nella zona frontale della cabina.
Diversi sono i metodi di coltura cellulare, essi possono essere distinti in:
26
Figura 3.2.3.1a – Fiasche per colture cellulari
standard
27
Colture cellulari in condizioni dinamiche
28
Figura 3.2.3.1. e- Roller Bottles
- Supporto cellbag
- Regolatore di perfusione
30
- Moduli strumenti esterni
DESCRIZIONE
1 Unità di base Bioreactor
2 Pannello anteriore con comandi
3 Display LCD
4 Unità di oscillazione
5 Supporto Cellbag
6 Regolatore di perfusione (opzionale)
- Supporto cellbag
- WAVEPOD (opzionale)
31
DESCRIZIONE
1 Unità di base Bioreactor
2 Soffietti di protezione, meccanismo oscillante
3 Unità di oscillazione
4 Supporto Cellbag
5 Pannello a sfioramento rimovibile
Illustrazione cellbag:
DESCRIZIONE
1 Asta Cellbag
2 Linee di inoculazione/raccolta
3 Filtro dell’aria in uscita
4 Filtro dell’aria in entrata
32
5 Oxywell2TM
6 Punto di campionamento senza ago
7 Raccordo Luer di ricambio/sonda pH opzionale
Illustrazione WAVEPOD
DESCRIZIONE
1 Postazione 1- modulo pH
2 Postazione 2- modulo ossigeno disciolto (DO)
3 Postazione 3- modulo pompa aria
4 Postazione 4- moduli CO2e O2
5 Pannello a sfioramento
33
attraverso una membrana semipermeabile da quello superiore di più grande
volume che contiene il terreno. Una membrana permeabile al gas sulla parte
inferiore dello
34
Il bioreattore miniPERM® (fig.3.2.3.1 h) è un minifermentatore modulare da
laboratorio, utilizzato per colture di ibridomi e altre linee cellulari, ideale per la
produzione di proteine e anticorpi. Questo è costituito da due compartimenti:
il modulo di produzione (40 mL) ed il modulo dei nutrienti (400 mL)
separati da una membrana da dialisi semipermeabile che consente il
trasferimento di gas e dei nutrienti, ma non consente il passaggio di cellule e
prodotti ad alto peso molecolare. In questo modo i nutrienti e i gas disciolti
passano dal modulo dei nutrienti a quello di produzione, così come i cataboliti
vengono trasferiti nel modulo dei nutrienti dove vengono diluiti. Dall’altra
estremità del modulo di produzione è presente una membrana in silicone gas-
permeabile per l’ottimale scambio di ossigeno e anidride carbonica. Sul
modulo di produzione sono presenti dei connettori che sono usati per
l'inoculazione delle cellule e l'accumulazione del campione. Il modulo dei
nutrienti è provvisto di tappo a vite con membrana integrata in grado di
equilibrare la pressione con l’esterno. Il bioreattore miniPERM®è fornito sia
nella versione sterile monouso, che nella versione in cui il modulo dei nutrienti
è autoclavabile e riutilizzabile (il modulo di produzione è sempre monouso).
35
I bioreattori a fibra cava (fig. 3.2.3.1 i) originariamente sviluppati da
Knazek, sono apparati per colture cellulari, progettati per simulare il
sistema capillare in vivo, fornendo un ambiente simil-fisiologico alle
cellule coltivate. Consentono quindi di mantenere l’ibridoma in coltura
per lungo tempo. Grazie al continuo ricircolo del terreno di coltura e al
passaggio in un apparato per lo scambio gassoso, vengono garantiti un
costante apporto nutritivo, la rimozione di cataboliti ed il mantenimento
di valori ottimali di pH. Le concentrazioni di anticorpo ottenute sono
dell’ordine di grandezza di un liquido ascitico. È inclusa all'interno del
circuito del bioreattore una bottiglia di terreno; una pompa a velocità
variabile per mantenere un flusso di terreno continuo e unidirezionale;
una cartuccia HFB; e terreni che permettono lo scambio di ossigeno e
CO2. La maggior parte dei sistemi ha degli orifizi in cui sono presenti i
campioni di terreno per il monitoraggio. Le HFBs, il percorso del fluido e il
terreno, sono presterilizzati e monouso. Tutti i sistemi hanno un modulo
di controllo dello strumento per la regolazione della portata dei fluidi ed
un altro caratteristico per ogni sistema. I bioreattori consistono
tipicamente in fasci di fibre vuote posti in una cartuccia di plastica,
attraverso la quale i terreni di coltura perfondono continuamente nello
spazio intracapillare. Le cellule si sviluppano nello spazio extracapillare
che circonda le fibre. Le pareti delle fibre vuote servono da membrane
semipermeabili di ultrafiltrazione. Il cut-off, in base al peso molecolare, è
dato dalla dimensione del poro della membrana, il quale è abbastanza
ridotto da trattenere le cellule e lasciar passare il mAb che viene escreto
nello spazio extracapillare, mentre il gas, le sostanze nutrienti ed i residui
metabolici diffondo liberamente attraverso la membrana secondo le
differenze di pressione e le pendenze idrostatiche di concentrazione. Gli
orifizi di raccolta permettono l'accesso nello spazio extracapillare per
l’esame delle cellule e la raccolta di mAb.
36
Figura 3.2.3.1 h- Bioreattore a fibra cava
37
Figura 3.3.1
38
Sin dagli anni ’80 ebbero grande sviluppo i metodi in vitro, un’ottima
alternativa tecnologica alla produzione di anticorpi monoclonali in ascite
di topo. Le colture cellulari sono più VELOCI e SPECIE-SPECIFICI, non
richiedono l’uso di animali e possono essere utilizzati in svariati campi di
applicazione (ricerca, diagnosi, terapia ecc). Tuttavia, i sistemi in vitro
valutano gli effetti di un composto in un ambiente isolato, privo di
influenze ormonali, immunitarie o neuronali, non consentendo, quindi, di
ricreare un ambiente che mimi le interazioni dell’intero organismo. Il
metodo in vivo, sebbene consenta di ottenere elevate concentrazioni
dell’anticorpo prodotto, risulta essere più veloce, poco costoso e facile
solo su piccola scala, ma all’aumentare della quantità di mAb da
produrre, il metodo in vitro può diventare competitivo nonostante gli alti
costi di ottimizzazione dati dalla selezione dei cloni e l’uso di terreni di
crescita addizionati di siero che rendono il prodotto finale più difficile da
purificare. Inoltre vi sono dei limiti alla produzione di mAB in ascite,
soprattutto se il prodotto è destinato all’uso umano. Nei topi, infatti, si
sviluppano spesso importanti anomalie clinico-patologiche come
conseguenza della crescita del tumore all’interno della cavità peritoneale
e dell’accumulo del fluido ascitico. La progressione delle anomalie è
ibridoma-dipendente; possono essere osservate profonde differenze fra
le linee cellulari, dovute allo sviluppo degli ibridomi o alla secrezione di
potenti sostanze bioattive secrete dall’ibridoma o dal topo.
39
• clearance accelerata
• Riduzione efficacia anticorpi monoclonali
• preclusione di somministrazioni ripetute
41
alle regioni fiancheggiatrici interne al DNA dell'intelaiatura umana al
quale è indirizzato il DNA delle CDR di roditore.
Phage display:
43
1. Le sequenze codificanti per le catene H ed L, amplificate tramite
PCR, vengono tagliate con gli enzimi di restrizione SfiI e NotI ed
assemblate: le due sequenze sono separate da una regione
codificante per un peptide linker, che consente il giusto
orientamento dei frammenti.
3. Il costrutto viene fuso con l’estremità N-terminale del gene III del
fago, che codifica per 5 copie di una proteina del capside; in tal
modo si ha un fagmide di fusione. Oltre a codificare per il capside,
la pIII (geneIII) è essenziale per il riconoscimento del pilo batterico
(F) e del fago nella cellula ospite. La produzione dei fagi è garantita
44
da un fago helper selvatico che, coinfettando la stessa cellula,
fornirà proteine necessarie alla maturazione delle particelle
fagiche. A monte del costrutto è presente un peptide leader che,
in seguito a distacco, su intervento di una peptidasi codificata
dall’ospite lascia una nuova regione ammino terminale in cui
vengono esposte le sequenze dei peptidi ospiti.
4. Replicazione in E. coli.
5. Il fago entra nelle cellule di E. coli attraverso il pilo F. In seguito
alla replicazione, il DNA viene impacchettato nel capside ed
espulso attraverso la membrana di E. coli. Durante la trascrizione
dei geni del capside viene espresso anche il costrutto accoppiato al
gene III.
6. Una tripletta di basi amber che codifica per un codone di fine
traduzione TGA. La mutazione amber viene annullata in ceppi di E.
coli soppressori in cui esiste un tRNA che la riconosce come
codificante: una parte rilevante della traduzione del costrutto non
si arresterà in corrispondenza della mutazione e sarà così prodotta
la proteina di fusione In ceppi non soppressori, tuttavia, tutta la
traduzione si interromperà all’amber generando la sola proteina
anticorpale solubile.
In ceppi soppressori, il costrutto viene esposto sulla superficie del
fago M13, in fusione alla proteina III, creando una proteina
chimerica di fusione; la particella fagica viene selezionata in
funzione delle sue capacità d’interazione con una proteina target
(per questa ragione viene inserita la sequenza codificante per
l’anti-anticorpo o tag). Per la purificazione sono inserite sequenze
di sei istidine (his6) che, sono inserite per purificare per affinità su
colonne di Nickel.
45
entrambi i casi possono essere presenti altre secrezioni degli ibridomi come le
citochine. Può essere presente anche una contaminazione batterica e, di
conseguenza, endotossine secrete dai batteri. A seconda della complessità dei
mezzi necessari in coltura cellulare, e quindi contaminanti in oggetto, un
metodo (in vivo o in vitro) può essere preferibile agli altri.
Il campione a questo punto viene preparato per la purificazione.
Le cellule, detriti cellulari, lipidi, e materiale coagulato vengono prima rimossi,
in genere mediante filtrazione con un filtro da 0,45 micron. Queste particelle di
grandi dimensioni possono provocare un intasamento nelle fasi di purificazione
successive. Inoltre, la concentrazione del prodotto nel campione può non
essere sufficiente, soprattutto nei casi in cui l'anticorpo desiderato è quello
prodotto da una linea cellulare a bassa secrezione. In tal caso il campione
viene quindi condensato tramite ultrafiltrazione o dialisi .
Purificazione
Per ottenere elevati gradi di purezza, cioè per quei anticorpi di uso clinico sono
necessari due o più strategie di purificazione ed esse vanno scelte in funzione
delle proprietà specifiche dell’anticorpo ed al bilancio tra velocità, risoluzione,
capacità e recupero.
46
1) Tecniche di precipitazione, separa gli anticorpi in base al grado di
solubilità a diverse concentrazioni saline
2) gel filtrazione, che separa gli anticorpi in base alle dimensioni
3) cromatografia a scambio ionico, che sfrutta le differenze di carica tra
le Ig e le altre proteine;
4) cromatografia d'affinità, che sfrutta le specifiche interazioni tra
anticorpo e ligando.
47
Questo fenomeno, detto salting-out, consente la precipitazione reversibile degli
anticorpi monoclinali; in questa tecnica gli ioni più efficaci sono gli anioni a carica
multipla insieme a cationi monovalenti; i più usati sono solfato d'ammonio e di sodio.
Si può anche usare, in maniera analoga l’ acido caprilico( ottanico) che viene utilizzato
soprattutto per Ig provenienti da siero e liquido ascetico, ma a differenza del solfato di
ammonio, l’acido caprilico non concentra le immunoglobuline che quindi rimarranno in
soluzione.
E' proprio la variabilità di Kd tra questi due estremi che rende possibile, nei vari
gel, la separazione di soluti in un ristretto campo di pesi molecolari.
49
Le matrici usate comprendono destrani a legami crociati, legami ottenuti da
reazione con epicloridrina (Sephadex), agarosio (Sepharose, Bio-Gel A,
Savagac), poliacrilammide (Bio-Gel P), poliesteri, gel di silice,
poliacrilomorfolina e polistireni.
Queste matrici funzionano sotto forma di gel idratato, ma spesso sono vendute
sotto forma di polvere secca, che deve essere idratata prima di impaccare la
colonna. L’idratazione si ottiene in genere mescolando una parte di polvere con
dieci di soluzione tamponata, e lasciando che la matrice assorba tampone per
parecchie ore, mescolando di tanto in tanto.
50
Risoluzione: nella gel filtrazione, la risoluzione dipende dalle dimensioni delle
particelle di gel, dalle dimensioni dei pori, dalla lunghezza e dal diametro della
colonna e dal volume del campione, che in questo sistema è particolarmente
critico. Generalmente si consiglia di usare volumi di campione <5% del volume
totale della resina impaccata.
51
Negli scambiatori anionici (come la DEAE nello schema a lato) la resina espone
gruppi carichi positivamente (in generale, gruppi basici) che attraggono
molecole cariche negativamente, e ne favoriscono l’adsorbimento sulla fase
solida, mentre le molecole neutre o cariche po-sitivamente vengono eluite nel
tempo morto della colonna. Gli scambiatori cationici possiedono invece gruppi
carichi negativamente (acidi) e attraggono, quindi, molecole cariche
positivamente.
52
Se il P.I. dell'anticorpo è sufficientemente diverso da quello dei
contaminanti,possiamo minimizzare la contaminazione utilizzando uno
scambiatore cationico(carica negativa) ad un pH sopra il pI delle impurità e
inferiore a quello degli anticorpi. Questo assicurerà che l’anticorpo (carica
positiva) si leghi alla colonna e le impurità (a carica negativa, acidi nucleici e
endotossine) passino attraverso.
Più alta è la forza ionica, maggiore è la competizione degli ioni in soluzione con
la proteina. Per questo, solitamente le proteine vengono eluite in gradiente di
pH oppure di forza ionica: a seconda della loro carica netta complessiva più o
meno elevata, proteine diverse scenderanno in punti diversi del gradiente.
54
Nella scelta di una resina per lo scambio ionico è opportuno considerare anche
la forma ionica (cioè, qual è il controione normalmente presente nella fase
stazionaria) e la dimensione delle particelle. Molte resine per scambio ionico
sono disponibili in diverse forme ioniche, ed è possibile convertire una forma
ionica nell’altra (‘scambiare’ il controione). Diversi controioni avranno diverse
affinità per una resina, e sarà quindi più o meno facile per le molecole del
campione spiazzare questi controioni per legarsi.
55
Se, in condizioni sperimentali corrette, si introduce in una colonna contenente il
ligando la miscela contenente il composto da purificare, solo quel composto si
legherà alla colonna, mentre gli altri componenti, rimasti nella fase mobile, si
potranno rimuovere con un semplice lavaggio. Il componente interessato sarà
poi recuperato rimuovendolo dal ligando con un'opportuna eluizione.
56
In pratica si usano particelle uniformi, sferiche e rigide, solitamente costituite da
derivati del destrano (Sephacryl S), dell'agarosio (Sepharose 4B e 6B, Bio-Gel
A), gel di poliacrilammide (Bio-Gel P) e cellulosa.
Adsorbimento ed eluizione.
57
5-6 M guanidina cloridrato
*
Gli agenti caotropici sono usati per ottenere la disgregazione della struttura cellulare; in questo caso ci riferiamo alla
struttura proteica
58
6. APPLICAZIONI TERAPEUTICHE
Cellule Natural Killer (NK) che inducono la lisi delle cellule tumorali
60
tumore inducendo una risposta citotossica anticorpo mediata(ADCC
Antibody Dependent Cell Cytotoxicity).
61
Finora sono stati approvati una decina di prodotti a base di anticorpi
monoclonali, di uso esclusivamente ospedaliero, come agenti terapeutici
anticancro. Il primo è stato il RITUXIMAB (MABTHERA®),approvato dalla FDA
per il trattamento dei linfomi non Hodgkin (1997); in seguito sono stati
approvati IBRITUMOMAB-ITTRIO90 (ZEVALIN®) e TOSITUMOMAB-IODIO131
(BEXXAR®) nel 2003. Il GEMTUZUMAB (MYLOTARG®) è stato approvato nel
2000 per la leucemia mieloide acuta e nel 2001 è stato approvato
l’ALEMTUZUMAB(MABCAMPATH®) per la leucemia linfocitica cronica. Uno solo
al momento è stato approvato per la cura del carcinoma mammario
metastatico, il TRASTUZUMAB(HERCEPTIN) nel 1998, mentre diversi sono quelli
approvati per il trattamento del cancro colon-retto: CERUXIMAB (ERBITUX®)
nel 2004 e PANITUMUMAB (VECTIBIX®) nel 2006.
65
90Y-IBRITUMOMAB TIUXETANO( ZEVALIN® ) -MURINO
69
Il terzo giorno, quando gli anticorpi non legati al
tumore sono stati eliminati, il paziente riceve l'ultima
iniezione, questa volta di biotina precedentemente
marcata con un isotopo radioattivo. La biotina
radioattiva è dunque "calamitata" dall'avidina
presente nel tumore, e raggiunge in pochi minuti il
suo target specifico, provocandone la distruzione. La
biotina radioattiva non legata al tumore viene
rapidamente eliminata attraverso i reni.
71
tollerata. Questa modalità di somministrazione è detta “intensificazione della
dose”. In seguito, la dose raccomandata è di 30 mg al giorno, somministrati tre
volte alla settimana (a giorni alterni), fino a un massimo di 12 settimane. I
pazienti vanno monitorati nel corso del trattamento sia per osservarne la
risposta, sia per controllare i livelli ematici di piastrine (i costituenti del sangue
che aiutano la coagulazione) e neutrofili (i globuli bianchi che combattono
l’infezione): se sono troppo bassi, il trattamento deve essere sospeso o
interrotto. Per ulteriori dettagli, si rimanda al Riassunto delle caratteristiche del
prodotto (anch’esso accluso all’EPAR).
in gravidanza.
Il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) ha concluso che l’efficacia di
MabCampath è stata dimostrata, sebbene non vi sia notizia di studi che
abbiano messo direttamente a confronto MabCampath con trattamenti
combinati, comprendenti fludarabina, ampiamente impiegati per il trattamento
di pazienti affetti da LLC. Il CHMP ha deciso pertanto che i benefici di
MabCampath sono superiori ai suoi rischi nel trattamento di pazienti affetti da
LLC a cellule B per i quali non è adatto un trattamento chemioterapico con
fludarabina. Il comitato ha raccomandato il rilascio dell'autorizzazione
all'immissione in commercio per MabCampath. L’autorizzazione di
MabCampath è stata rilasciata inizialmente in “circostanze eccezionali” in
quanto, per ragioni scientifiche, non è stato possibile ottenere informazioni
complete sul medicinale. Dal momento che la casa farmaceutica ha fornito le
informazioni supplementari richieste, la suddetta condizione è decaduta il 4
luglio 2008.
75
Erbitux va somministrato esclusivamente da medici esperti nell’uso dei farmaci
antitumorali. Prima della somministrazione di Erbitux per la prima volta, il
paziente deve ricevere un antistaminico e un corticosteroide per evitare
reazioni allergiche. Ciò è raccomandato anche per tutte le infusioni successive.
Erbitux va somministrato una volta alla settimana. La prima infusione viene
somministrata a una dose di 400 mg per metro quadro di superficie corporea
(calcolata in funzione dell’altezza e del peso del paziente) e dura due ore. Le
infusioni successive sono di 250 mg/m2 e durano un’ora ciascuna. In
monoterapia o in associazione con altri farmaci antitumorali, il trattamento con
Erbitux deve essere proseguito per il tempo necessario in funzione della
risposta terapeutica. Quando Erbitux è somministrato in concomitanza con
radioterapia, il trattamento con Erbitux deve iniziare una settimana prima
dell’inizio della radioterapia e va proseguito fino al termine della radioterapia.
Per i casi di tumore metastatico del colon o del retto, Erbitux è stato studiato
nel corso di cinque studi principali:
Per i casi di tumore di testa e collo, Erbitux è stato studiato nel corso di due
studi principali:
76
il primo studio ha interessato 424 pazienti affetti da tumore localmente
avanzato e ha analizzato gli effetti dell’aggiunta di Erbitux alla
radioterapia;
Tutti gli studi hanno esaminato la durata del periodo di vita senza
peggioramento del cancro o il tempo di sopravvivenza dei pazienti. La maggior
parte degli studi ha valutato separatamente i risultati nei pazienti con tumore
con gene KRAS di tipo selvaggio rispetto ai pazienti con tumore con gene
mutato. Nelle cellule tumorali il gene KRAS stimola la crescita tumorale quando
esso è mutato.
Negli studi relativi al tumore del colon o del retto, i pazienti i cui tumori
presentavano il gene KRAS di tipo selvaggio e che assumevano Erbitux sono
sopravvissuti più a lungo senza peggioramento della malattia:
Il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) ha deciso che i benefici di
Erbitux sono superiori a suoi rischi nel trattamento di pazienti affetti da
carcinoma colorettale metastatico con espressione di EGFR, con gene KRAS di
tipo selvaggio e di pazienti con tumore a cellule squamose di testa e collo. Il
comitato ha raccomandato il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in
commercio per Erbitux.
PANITUMUMAB (VECTIBIX)
Approvato della FDA nel 2006 indicato nel trattamento del cancro
metastatico del colon-retto, EGFR positivo.
78
6.10 Anticorpi anti-vegf
Approvato dalla FDA nel 2004 viene utilizzato per il trattamento di prima
linea nei pazienti affetti da tumore metastatico al colon e al retto.
Posologia: 5 mg/Kg 1 volta ogni due settimane i.v. per pazienti con
carcinoma al retto e al colon; 10 mg/Kg i.v. per pazienti affetti da
carcinoma mammario.
79
6.11 Immunosoppressione
Le patologie che coinvolgono il sistema immunitario costituiscono un
significativo problema di carattere sanitario. Tali patologie includono una verità
di malattie a base autoimmune ,quali artrite reumatoide, morbo di Crohn,
psoriasi ecc. Farmaci immunosoppressori possono essere impiegati per
attenuare la risposta immune nel trapianto d’organo e nelle malattie
autoimmuni. In questo ambito, la terapia con anticorpi, finalizzata a creare uno
stato di immunosopressione ha registrato qualche successo. Le prime strategie
avevano l’intento di uccidere queste cellule utilizzando sia meccanismi effettori
naturali degli anticorpi, sia agenti citotossici (immunotossine).
Successivamente, c’è stato uno spostamento di indirizzo della terapia
anticorpale verso l’utilizzo di anticorpi bloccanti, che non uccidono le cellule.
Mediante l’uso di anticorpi in grado di interferire nei normali processi cellulari
l’obiettivo è potere riprogrammare le cellule nelle reazioni autoimmuni per
bloccarle; in modo simile si può pensare di fare accettare al sistema
immunitario tessuti estranei trapiantati. Queste funzioni bloccanti degli
anticorpi richiedono che essi siano ancora in grado di legare l’antigene, ma che
non attivino il complemento o il recettore Fc sulle cellule effettrici e, in qualche
caso sono state realizzate modificazioni a carico delle sequenze nelle regioni
costanti degli anticorpi, critiche per le funzioni effettrici. Preparazioni a base di
anticorpi (sia mono che poli-clonali) diretti contro le cellule T-reattive
costituiscono importanti terapia di supporto e forniscono un’opportunità unica
per colpire, in modo selettivo specifiche cellule immuno-reattive permettendo
trattamenti più mirati.
80
6.13 Anticorpi anti –cd3
MUROMONAB-CD3 (orthoclone okt3)- murina
82
trattamento di soggetti adulti affetti da diverse patologie su base immunitaria.
In combinazione con metotrexato ,Infliximab è indicato per il miglioramento
della funzionalità e la riduzione dei sintomi dell’artrite reumatoide. Nel morbo
di Crohn il trattamento con infliximab riduce l’infiltrazione di cellule
dell’infiammazione delle aree dell’intestino coinvolte e la presenza in queste
sedi di marker dell’infiammazione,come la proteina C reattiva. Nel trattamento
della psoriasi Infiximab determina un netto miglioramento delle chiazze della
pelle anche in casi gravi. Un aspetto importante da considerare è la
immunogenicità , dal momento che la porzione variabile dell’anticorpo che reca
il sito di legame con il TNFalfa è costituita da proteine murine. La possibilità di
sviluppare anticorpi anti Infliximab (risposta AMA)limita l’efficacia del farmaco
e aumenta il rischio di reazioni infusionali. Il trattamento con Infliximab è stato
associato ad infezioni talvolta gravi come tubercolosi e setticemia e i pazienti
devono essere monitorati prima durante e dopo il trattamento.
ETANERCEPT
83
6.17 Anticorpi anti –tnf ALFA di nuova generazione
CERTOLIZUMAB PEGOL (cimzia)- FRAMMENTO FAB
Certolizumab pegol è dotato di affinità per il TNF alfa e ne neutralizza gli effetti
pato-fisiologici,ma sebbene leghi sia la forma solubile che transmembranica
della citochina,non induce apoptosi dei linfociti e dei monoliti nel sangue
periferico. Il farmaco è risultato complessivamente ben tollerato: gli effetti
collaterali gravi sono stati rari e distribuiti uniformemente tra i gruppi di
trattamento. In generale si osservano mal di testa, dolori addominali,
nausea,febbre, eruzioni cutanee e soprattutto al sito di iniezione, infezioni, fino
a possibili setticemia e tubercolosi.
84
Efalizumab è un anticorpo monoclinale umanizzato ricombinante prodotto da
cellule ovariche di criceto cinese, con tecniche di ingegneria genetica.
Sequenze umane (Ig G1k) sono state inserite in luogo di quelle
murine,preservando solo le CDR originarie,importanti per il riconoscimento
dell’antigene. Efalizumab ha come bersaglio la subunità CD 11° dell’LFA-1
(antigene associato alla funzione dei linfociti), una proteina di adesione della
superficie delle cellule leucocitarie. Il legame specifico di Efalizumab
all’antigene CD 11a previene il legame tra LFA-1 e ICA-1 ,interferendo con
l’adesione dei linfociti T ad altri tipi di cellule LFA-1 è presente sui linfociti T
attivati. Gli effetti collaterali sono di norma lievi. Le reazioni avverse più
frequentemente osservate durante la terapia sono state sintomi simil-
influenzali acuti e dose-correlati.
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7.ALTRE APPLICAZIONI IN CAMPO
FARMACEUTICO
7.1 Anticorpi anti-gpiib/iiia
ABCIXIMAB (ReoPro®) frammento Fab
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avversi non comuni, sono stati riportati anticorpi anti-denosumanb; infezioni;
neoplasie.
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