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Microbiologia

MICROBIOLOGIA

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Microbiologia

CLASSIFICAZIONE DEI MICRORGANISMI


• Il dominio Bacteria–i batteri rappresentano un gruppo di procarioti molto
diversificato e abbondante. Essi si trovano praticamente ovunque sulla Terra;
• il dominio Archaea–anche gli archei sono procarioti, ma dal punto di vista
biochimico sono più affini agli eucarioti che ai batteri. Essi vivono in ambienti
estremi;
• il dominio Eukarya–gli eucarioti comprendono sia forme unicellulari sia organismi
pluricellulari, tutte con cellule dotate di un nucleo racchiuso da una membrana. La
riproduzione degli eucarioti è sessuata e si osservano diversi tipi di ciclo vitale.

Tassonomia
Studia la classificazione dei microrganismi
in un sistema gerarchico.Raggruppando i microrganismi che presentano caratteri
morfologici biochimici e geneticisimili ingruppi o taxa.

CLASSIFICAZIONE DEI BATTERI

• Unità tassonomica = specie: insieme dei ceppi batterici che mostrano


caratteristiche fenotipiche comuni le quali ne permettono la distinzione da altre
specie.
• Ceppo o clone: insieme di cellule geneticamente identiche derivate da subcoltura di
una singola colonia isolata in purezza.
-ceppo tipo (type strain) → coltura da cui è stata descritta originariamente la
specie, depositata presso collezioni di colture batteriche (come l'ATCC) come
esempio permanente della specie.
-ceppo di referenza → coltura usata in studi di malattie infettive e per diverse
applicazioni in laboratiorio, depositata presso collezioni ( ≠ ceppi per usi ≠).
A seconda del tipo di differenze tra ceppi di una stessa specie:
• Biotipi o Biovars: ceppi caratterizzati da differenze biochimiche o fisiologiche;
• Sierotipi o Serovars: ceppi caratterizzati da differenze antigeniche;
• Fagotipi o Phagovars: differente sensibilità a diversi batteriofagi;
• Resistotipi: differente resistenza agli antibiotici.

La classificazione dei batteri avviene tramite nomenclatura binomiale: il nome di specie è


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costituito da 2 parole latine dove la prima identifica il genere, mentre la seconda la


specie.

Metodi per l'identificazione e la classificazione di un batterio


1. Metodi microbiologici tradizionali basati sull'osservazione delle caratteristiche
fenotipiche del ceppo isolato: la colorazione Gram (dal nome del patologo che
mise appunto tale sistema alla fine dell'ottocento) è un metodo di classificazione
dei batteri in base a differenze nella loro parete cellulare. I batteri vengono
dapprima trattati con cristal-violetto, quindi con una soluzione iodo-iodurata
(liquido di Lugol); vengono poi decolorati con alcol etilico o acetone e ricolorati
con un colorante diverso dal primo (fucsina). Quelli che cedono il primo colore
sono detti Gram Negativi (Gram -, quelli che sono colorati di rosa) mentre
quelli che lo trattengono sono Gram Positivi (Gram +, non sono colorati di
rosa).
2. Metodi microbiologici avanzati basati sullo studio delle sequenze genetiche, quindi
del
carattere
genetico
legato al
DNA
specifico
del ceppo
isolato.

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I microrganismi sono una categoria che comprende virus, batteri, funghi, protozoi ed
alcuni tipi di alghe. Esistono due tipi di cellule microbiche:
1. Procariotiche → organismi con struttura cellulare semplice, nucleo primitivo non
separato da membrana citoplasmatica; si tratta principalmente di cellule batteriche
(archeobatteri, eubatteri). Sono grandi circa 1 micrometro.
2. Eucariotiche → caratterizzati da cellula avente nucleo delimitato da membrana che
lo separa dal citoplasma, organelli interni quali mitocondri, cloroplasti, etc, e
complessi di membrane; appartengono a tale gruppo le alghe, i funghi, i protozoi,
le piante superiori e gli animali. Tali cellule misurano circa 15 micrometri.

CELLULE DEI PROCARIOTI

➢ Flagelli e Pili: i batteri possono essere statici o muoversi per mezzo di tali

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appendici.
➢ Parete: per conferire forma e rigidità alla cellula possiedono un rivestimento, quale
la parete batterica, che ricopre la membrana plasmatica.
➢ Membrana Plasmatica: barriera selettiva, semipermeabile, simile a quella delle
cellule eucariotiche. Si trova tra la parete e il citoplasma ed è composta da doppio
strato di molecole lipidiche. È la struttura portante, tra le quali sono inserite
molecole proteiche responsabili di diverse funzioni come catalizzatori, recettori,
trasporto… la sua funzione non è solo quella di selezionare direzione e entità degli
scambi con l’esterno ma è legata anche alla divisione cellulare. Nei batteri che
producono ATP tramite respirazione, è la sede degli enzimi, vettori di idrogeno dei
processi di fosforilazione ossidativa.
➢ Citoplasma: caratteristiche analoghe a quelle degli altri organismi viventi.
Composto da Cytosol (solvente acquoso con vari soluti quali ioni e macro e
micromolecole) e particelle insolubili in sospensione.
➢ Nucleoide: sprovvisti di nucleo separato dal citoplasma, mancano anche i
cromosomi morfologicamente identificabili, infatti il cromosoma batterico è
un’unica molecola di DNA.
➢ Rivestimenti esterni, quali capsula, membrana esterna e parete cellulare, che
caratterizzano i batteri. In particolare la parete cellulare è un involucro rigido al di
sopra della membrana citoplasmatica, anti lisi osmotica, la quale dà forma al
batterio (bastoncini, cocchi, a virgola, a spirale), caratterizza le tinte di Gram + e
Gram -, funzioni di virulenza e patogenicità, costituisce inoltre il bersaglio di molti
antibiotici.

LA PARETE BATTERICA
La componente strutturale della parete è il peptidoglicano, singola macromolecola, lungo
polimero lineare stabilizzato da fitti legami trasversali che avvolge la cellula formando un
astuccio rigido e resistente. Determina la forma del batterio e ne impedisce il

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rigonfiamento.
L’organizzazione della parete batterica è diversa nei Gram+ e Gram-:

Gram + Gram -
Strato unico Stratp doppio
Strato spesso di mureina con molti legami Strato più sottile di mureina con meno
crociati, proteine, acidi teicoici, acidi legami crociati
lipoproteici.
Al di sopra della membrana esterna vi sono
proteine, lipidi, lipoproteine,
lipopolisaccaridi.

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LA CAPSULA
Sia i Gram + che i Gram – possono presentare un ulteriore involucro esterno mucoso
detto capsula. Prodotto di secrezione della cellula batterica.
Proprietà della capsula sono:
✔ polisaccaridi o polipeptidi
✔ adesione al “substrato”
✔ difesa (sistema immunitario, batteriofagi, disinfettanti chimici)
✔ protezione dalla disidratazione
✔ patogenicità

BIOFILM
Matrice biologicamente attiva formata da cellule microbiche e da sostanze extracellulari
adese a una superficie solida. Inizialmente i microrganismi si depositano sulla superficie,
quindi vi aderiscono e, usando i residui alimentari presenti, si sviluppano e moltiplicano
formando colonie. Può avvenire in ambienti umidi e non sterili su quasi tutti i tipi di
superficie. Hanno elevata resistenza agli agenti antimicrobici. Provocano anche numerosi
problemi alle industrie in genere come incrostazioni biologiche negli scambiatori di
calore e nelle torri di raffreddamento riducendone l’efficenza, oltre che nei denti e nei
sistemi di filtrazione dove diminuiscono di molto la permeabilità delle membrane.

FORMAZIONE DELLE ENDOSPORE E RIPRODUZIONE DEI BATTERICA


In condizioni sfavorevoli alcuni batteri formano endospore: porzione del citoplasma con
copia del cromosoma si disidratano e vengono racchiusi all’interno di un rivestimento
protettivo duro.
I procarioti si riproducono per via asessuata mediante la scissione binaria, processo che
produce cellule figlie di dimensioni e contenuto identici.
Altri metodi di duplicazione delle cellule batteriche sono la gemmazione, che prevede la
produzione di cellule identiche alla “madre” ma più piccole, o la ricombinazione

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genetica, dove avviene scambio di DNA tra 2 cellule diverse.

NUCLEOIDE
E' la porzione del citoplasma dove si concentra il DNA: questo è composto da un'unica
molecola circolare con pochissime proteine legate, attaccato alla membrana plasmatica.
L'informazione genetica nei batteri viene registrata quindi su un'unica lunga molecola di
DNA chiusa ad anello: il cromosoma batterico. Possono essere presenti anche altri piccoli
anelli di DNA che portano poche informazioni (geni): i plasmidi. Essi possono passare da
una cellula batterica ad un'altra con trasformazione batterica.

Foto

IDENTIKIT DEI MICRORGANISMI

Si nutrono, crescono, si riproducono e si muovono come tutti gli esseri viventi.


I. Metabolismo: assunzione di sostanze chimiche dall'ambiente e trasformazione
all'interno della cellula con eliminazione dei prodotti di scarto.
II. Riproduzione (crescita): le sostanze chimiche assunte vengono usate per fabbricare
nuove cellule.
III.Differenziamento: formazone di una nuova struttura cellulare come una spora.
IV. Comunicazione: le cellule comunicano o interagiscono soprattutto per mezzo
di sostanze chimiche rilasciate nell'ambiente o assunte.
V. Mobilità: sono spesso in grado di muoversi autonomamente.
VI. Evoluzione: le cellule evolvono e acquisiscono nuove proprietà evolutive
biologiche. Gli alberi filogenici mostrano le relazioni evolutive.
FOTO
I microrganismi vivono e si moltiplicano in modo variabile.
I fattori che influiscono sono

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TEMPERATURA – TEMPO – NUTRIMENTI – OSSIGENO – UMIDITA' – ACQUA


LIBERA – ACIDITA'
Una suddivisione importante è quella che raggruppa i batteri secondo il livello di
temperatura a cui possono crescere: si hanno così 3 sottoclassi
Batteri Psicrofili Batteri mesofili Batteri termofili
Prediligono il freddo Prediligono le temperature Prediligono il caldo
intermedie
Intervallo di crescita 0-25°C Intervallo di crescita 20- Intervallo di crescita 40-
45°C 70°C
T° ottimale 10°C T° ottimale 30-37°C T° ottimale 50-55°C

Un'ulteriore classificazione è basata sulle diverse modalità di respirazione:


Aerobi Vivono solo in presenza di ossigeno come uomo e animali.
Anaerobi Vivono solo in assenza di ossigeno: per loro l'ossigeno è dannoso!
Aerobi o Anaerobi Possono vivere indifferentemente sia in presenza che in assenza di
facoltativi ossigeno.

Altra classificazione che possono avere i batteri è basata sul nutrimento, infatti per vivere
e moltiplicarsi hanno bisogno di alimentarsi e in relazione alla fonte di nutrimento
abbiamo
• Batteri Autotrofi → organismi in grado di sintetizzare molecole biologiche ad alta
energia a partire da molecole inorganiche a bassa energia. Sono organismi pari alle
piante verdi, tra questi vi sono i batteri fotosintetici che usano energia luminosa
per produrre energia chimica utile ai processi vitali e i batteri chemiosintetici, che
utilizzano i composti inorganici per soddisfare il loro fabbisogno.
• Batteri eterotrofi → sono gli organismi che per il proprio metabolismo usano
molecole organiche complesse sintetizzate dagli autotrofi.

La sostanza vivente è soggetta a trasformazioni cicliche che costituiscono il metabolismo.


Il METABOLISMO BIOSINTETICO è la costruzione da composti inorganici con sintesi
di sostanza organica quindi FOTOSINTESI – ANABOLISMO.
Il METABOLISMO ENERGETICO è la demolizione di sostanza organica, quindi
ripristino dei composti organici, MINERALIZZAZIONE – CATABOLISMO.
I batteri sono impegnati nelle decomposizioni biologiche attraverso le quali il carbonio
immagazzinato negli organismi viventi viene ossidato ad anidride carbonica. Sono
responsabili delle trasformazioni biologiche nei cicli biogeochimici nei quali viene messa
in evidenza la biodiversità microbica.
Sono i fornitori di sali minerali, azoto, vitamine, ormini... per piante, dalle quali ricevono
zuccheri e amminoacidi.

I batteri vivono ovunque! Il suolo stesso è un organismo vivente. Si trovano in qualsiasi


ambiente anche nei più estremi. Inoltre possono vivere in simbiosi con piante, animali o
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vari organismi.

Sono divisi in tre grandi gruppi:


1. Produttori Primari, ossia organismi fotosintetici, autotrofi;
2. Consumatori, organismi eterotrofi;
3. Decompositori, solo microrganismi quali batteri e funghi.
Questo perché i Produttori assimilano la CO2 e la forniscono a Consumatori e
Decompositori, questi ultimi compiono la mineralizzazione e sono essenziali tanto quanto
i produttori perché rinnovano le riserve di CO2 nell'atmosfera.
Il carbonio, elemento centrale nella struttura della materia vivente, viene prelevato come
CO2, usato e restituito all'ambiente come CO2 attraverso funzioni diverse e meccanismi
di trasferimento che interessano l'intera biosfera.
L'azoto è il nutriente più richiesto da tutti gli organismi viventi che lo assumono come
ammonio, nitrati e composti organici. Queste forme azotate sono scarse nelle acque e nel
terreno per cui l'azoto diventa spesso il fattore limitante nello sviluppo e nella crescita di
tutti gli organismi viventi.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA CRESCITA MICROBICA NEGLI


ALIMENTI
La colonizzazione di un alimento dipende dalle condizioni ecologiche che si realizzano
nello stesso. La comunità microbica iniziale può essere sostituita da altre in funzione dei
fattori intrinseci, estrinseci, tecnologici ed impliciti che ricorrono dirante i processi di
produzione e conservazione. Nel corso del ciclo di un alimento dalla sua produzione al
consumo, i microrganismi possono crescere, vivere o morire in funzione dell’azione
esercitata da una serie di fattori ecologici.

Fattori di crescita
I microrganismi hanno la capacità di adattarsi ai processi tecnologici inibenti. Ad
esempio se vi è aumento di termoresistenza, nel caso di B. cereus, è stato osservato nelle
spore da latte UHT; o la capacità di crescere a basse temperature, come alcuni ceppi di
Salmonella che sono in grado di sviluppare al di sotto di 10°C come conseguenza della
diffusione della refrigerazione per la conservazione degli alimenti.

FATTORI INTRINSECI FATTORI ESTRINSECI


espressione delle caratteristiche fisiche, espressione delle condizioni dell’ambiente
chimiche e biologiche dell’alimento in cui è conservato l’alimento
Attività dell’acqua AW Temperatura
pH Umidità
Potenziale redox Tenore dei gas dell’atmosfera
Strutture e nutrienti dell’ambiente di conservazione (CO2, O2,
N2)
Antimicrobici

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Affinché i trattamenti tecnologici siano efficaci (tecnologia=prodotto non fresco ma


trasformato) sarà necessario avere
• materie prime esenti da microrganismi patogeni e loro tossine
• materie prime con cariche microbiche accettabili
• effettuare una lavorazione igienica in modo da prevenire o mantenere valori
accettabili da contaminazioni e da limitare la riproduzione microbica.

IL pH (fattore intrinseco)
La maggior parte dei microrganismi cresce meglio intorno alla neutralità (6,5-7,5). Poche
specie sono in grado di sviluppare a pH sotto 4,0.
Tra questi troviamo principalmente lieviti, muffe e batteri acidotolleranti (batteri lattici e
batteri acetici).
La maggior parte dei microrganismi patogeni non sono in grado di sviluppare a pH <4,6.
L’azione del pH sulla cellula microbica: le membrane cellulari sono impermeabili agli
ioni H+ e OH-, quindi quando la cellula è in ambiente a pH ottimale tali ioni influenzano
lo strato esterno della stessa senza modificare il pH interno. Gli effetti sono di tale
stabilità sono il funzionamento delle permeasi deputate al trasporto all’interno della
cellula di nutrienti e la produzione e attività degli enzimi extracellulari. Quando una
cellula si trova in un ambiente i cui valori di pH sono fuori dal range di crescita, la
membrana cellulare viene danneggiata e gli ioni possono entrare all’interno della cellula
le cui proteine e acidi nucleici vengono denaturati con morte cellulare.

Classificazione degli alimenti in base al pH


➢ Alimenti non acidi 5,5<pH<7,0
in questo gruppo rientrano tutti gli alimenti proteici non sottoposti a processi
fermentativi come carne, pesce e vegetali. Consentono la sviluppo di tutti i
microrganismi.
➢ Alimenti a media acidità 4,5<pH<5,5
in questo gruppo vi sono frutta e ortaggi. Possono supportare la sopravvivenza o la
crescita di molti microrganismi anche patogeni come Bacillus, Clostridium, lieviti,
muffe e batteri lattici.
➢ Alimenti acidi 3,7<pH<4,5
in questo gruppo vi sono frutta e alimenti fermentati i quali possono supportare la
sopravvivenza di molti microrganismi, anche patogeni e la crescita di
microrganismi acidurici. Consentono la crescita di Bacillus, lattobacilli, batteri
acetici, lieviti e muffe. I patogeni non sono in grado di sviluppare a questi valori di
pH.
➢ Alimenti molto acidi pH<3,6
rientrano in questo gruppo solo frutta (ananas, limone, ciliegie). Possono
supportare la crescita solo i microrganismi più acidurici.
➢ Alimenti alcalini pH>7 fino a 11
sono rari, ad esempio il bianco d’uovo.
Il pH negli alimenti cambia come conseguenza all’attività dei microrganismi: si pensi

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all’acidificazione del latte dovuto alla produzione di acido lattico ad opera dei batteri
lattici, all’aumenti del pH della carne dovuto alla produzione di ammonio da
amminoacidi uando essa è alterata soprattutto da batteri Gram- come Pseudomonas spp.
NB= il pH minimo per un determinato microrganismo è influenzato da altri fattori, come
ad esempio, alla temperatura ottimale, il range di pH entro cui può avvenire la crescita è
più ampio di quello che consente la crescita a temperature non ottimali.
Gli effetti del pH su batteri alterativi:
• Batteri non sporigeni → la maggior parte degli psicrotrofi Gram-, aerobi stretti
(come Pseudomonas) non cresce a pH <5,3. I Gram+ spesso sono più
acidotolleranti dei Gram-.
• Batteri sporigeni → i passi pH diminuiscono la resistenza termica di molte spore e
non ne permettono la germinazione. PH inferiore a 4,6 unitamente a bassi livelli di
Aw e conservanti (come i nitriti) possono essere usati per diminuire le esigenze di
trattamenti termici per ottenere sterilità commerciale. Alcuni sporigeni sono in
grado di crescere a bassi livelli di pH e quindi deteriorare cibi acidi che in genere
vengono trattati con temperature inferiori ai 100°C, sono ad esempio Clostidium
pasteurianum e Alyciclobacillus acidocaldarius.
• Lieviti e Muffe → sono gli agenti di deterioramento più frequenti negli alimenti
acidi (succhi, marmellate e latte). In presenza di ossigeno possono ossidare acidi
organici come l'acido lattico, in molti prodotti fermentati, permettendo la crescita
di altri microrganismi meno acido-tolleranti.
Il pH del substrato esercita azione selettiva sui microrganismi e ne influenza la velocità di
crescita. L'acidità è quindi un fattore di conservazione, ma da sola non è in grado di dare
alimenti stabili, pertanto è un parametro usato in associazione con altri, ad esempio
trattando un alimento con temperature superiori ai 100°C.
In ogni caso un pH inferiore a 4,8 blocca o riduce la capacità di produrre tossine come nel
caso del C. botulinum A e B; o di bloccare la sporulazione.
A tale scopo gli alimenti possono essere acidificati
direttamente: per aggiunta di acidi, generalmente organici;
indirettamente: consentendo o favorendo la fermentazione.

L’ Aw (fattore intrinseco)
La crescita e il metabolismo dei microrganismi richiedono acqua. L’esigenza di acqua
varia per diversi microrganismi. Non tutta l’acqua degli alimenti è disponibile per loro.
La quantità totale di acqua è chiamata umidità. Il grado di disponibilità dell’acqua è
misurato dall’arrività dell’acqua (Aw): esso è il rapporto tra la tensione di vapore acqueo
di un alimento (P) e la tensione di vapore dell’acqua pura (P0) alla stessa temperatura.
ERH= l’umidità relativa all’equilibrio, cioè il contenuto di acqua nell’atmosfera dopra un
alimento in equilibrio con l’alimento stesso (in pratica l’umidità atmosferica) è correlata
ad Aw secondo la reazione:
ERH= 100 x aw - aw= ERH/100
L’acqua può non essere disponibile per i microrganismi per diverse ragioni: contiene
soluti disciolti, è cristallizzata sotto forma di ghiaccio, è acqua di idratazione o è assorbita
dalle superfici. Solo l’acqua libera presente in un ambiente consente la crescita dei

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microrganismi.
Ogni microrganismo è caratterizzato da una aw ottimale e una aw minima di crescita.
Ogni abbassamento rispetto al valore ottimale comporta:
• diminuzione del tasso di sviluppo (prolungamento lag fase, diminuzione numero di
microrganismi in fase stazionaria, fase di morte più rapida, arresto completo della
crescita);
• quando i valori di aw scendono al di sotto del minimo di crescita si arriva alla
morte.
I microrganismi presentano vari meccanismi di adattamento alle variazioni di aw. La
strategia generale è quella di accumulare soluti all’interno della cellula. Essi possono
essere sintetizzati dalla stessa o presi dall’ambiente di crescita. In particolare i batteri
possono accumulare ioni K+ e amminoacidi, mentre lieviti e muffe accumulano K+ e, a
seconda della specie, trealosio, saccarosio, glucosio e glicerolo.

Al di sotto dei valori minimi di aw il comportamento dei microrganismi dipende da come


l’acqua viene rimossa: quando avviene rapidamente (liofilizzazione) consente una
sopravvivenza per lunghi periodi. Quando è abbassata attraverso l’aggiunta di sale o
zucchero le cellule sono soggette a fenomeni osmotici che ne causano una morte più
rapida, subendo danni spesso irreversibili a causa di danni alla membrana e ai suoi enzimi
citoplasmatici.
ALOFILI: microrganismi in grado di svilupparsi in presenza di NaCl
OSMOFILI: microrganismi in grado di svilupparsi in presenza di zuccheri
XEROFILE: muffe in grado di svilupparsi a bassi valori di aw
La maggior parte dei batteri crescono bene ad aw>0,98. Nessun organismo cresce ad aw
<0,6. La maggior parte dei batteri è inibita a <0,90.

● 0,93-0,98 il deterioramento è causato da Gram + (fermenti lattici,


microstafilococchi, coliformi alotolleranti). I Patogeni sono inbiti, specie se altri
fattori sono subottimali. Al di sotto di 0,96 soltanto S. aureus può rappresentare un
problema.
● 0,85-0,93 sono rilevanti micrococchi, muffe e lieviti. Le muffe hanno importanza
nei prodotti da forno. Solo S. aureus può essere un problema ma non produce
tossine sotto 0,93.
● 0,6-0,85 sono rilevani solo lieviti osmofili e muffe xerofile in particolare per
marmellatte. Per i patogeni è rilevane solo la crescita di muffe xerofile di cui non è
nota produzione di micotossine.

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La maggior parte degli alimenti freschi non ha aw tale da permettere la crescita della
maggior parte dei microrganismi.

CLASSIFICAZIONE DEGLI ALIMENTI IN BASE AL AW


➢ Alimenti ad altissima aw (0,99-0,95): alimenti freschi processati poco rapidamente
come carne, pollame, uova, vegetali, formaggi freschi;
➢ Alimenti ad alta aw (0,95-0,90): quelli processati, come formaggi e salami
fermentati, prosciutto e pane;
➢ Alimenti ad aw intermedia (0,90-0,61): quelli trattati con processi di essiccazione o
mediante aggiunta di alte quantità di sale o zuccheri. Prosciutto e formaggi
lungamente stagionati, frutta secca, marmellate;
➢ Alimenti a bassa aw (>0,61): latte in polvere, cioccolato, vegetali disidratati, miele,
pasta, crackers, zucchero.

AW DEGLI ALIMENTI E DEPERIBILITA’


• Alimenti altamente deperibili: aw >0,95 sono tutti i prodotti freschi. Vi è sviluppo
soprattutto di Gram-
• Alimenti deperibili: 0,95>aw>0,90 si ha sviluppo soprattutto di Gram+
• Alimenti con aw intermedia: 0,90>aw>0,60 se non vengono conservati in ambienti
umidi non consentono lo sviluppo di batteri (eccetto alofili e alotolleranti), mentre
sono soggetti allo sviluppo di muffe
• Alimenti stabili aw <0,65 non consentono lo sviluppo di alcun microrganismo.

POTENZIALE REDOX E DISPONIBILITA’ DI O2 (fattore intrinseco)

Il potenziale di ossido-riduzione (Eh) può essere definito come una misura, espressa in
mVolt, della tendenza di un substrato ad ACQUISIRE elettroni (diventanto RIDOTTO) o
a CEDERE elettroni (diventando OSSIDATO). Infatti in presenza di O2 atmosferico il
potenziale redox assume sempre valori positivi (Eh+) mentre in assenza i valori sono
sempre negativi (Eh-). La classificazione dei microrganismi in funzione dell’ossigeno è
strettamente correlata al potenziale redox (Eh) richiesto per la moltiplicazione.ù

AEROBI: maggior parte di microrganismi, per la quale l’ossigeno è indispensabile in


quanto ultimo accettatore di elettroni. Hanno enzimi necessari alla distruzione delle
forme tossiche dell’ossigeno (come acqua ossigenata e anione superossido) che sono le
catalasi e la superossido dismutasi.
ANAEROBI: microrganismi per i quali l’ossigeno è tossico e in sua presenza non si
sviluppano. Essi ricavano energia dai processi fermentativi usando come accettatori di
elettroni sostanze come l’acido piruvico che viene ridotto.

CLASSIFICAZIONE IN FUNZIONE DELLA RICHIESTA DI OSSIGENO


➢ AEROBI STRETTI: richiedono ossigeno per produrre energia di crescita, esso
funge da accettatore finale di elettroni durante la respirazione. Es. Pseudomonas,

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micrococchi, muffe.
➢ MICROAEROFILI: richiedono ossigeno per produrre enrgia necessaria alla
crescita ma in concentrazione minore di quello presente nell’aria.
➢ ANAEROBI FACOLTATIVI: possono crescere con o senza ossigeno. In presenza
di sufficenti quantità di ossigeno respirano, in assenza fermentano. Es.
Enterobacteriaceae e molti lieviti.
➢ ANAEROBI OBBLIGATI: crescono solo se non vi è ossigeno quale risulta
tossico. Traggono energia da processi fermentativi o respirazione anaerobia. Es.
Clostridium.
➢ OSSIGENO-TOLLERANTI: non usano l’ossigeno ma lo tollerano perché
producono enzimi in grado di detossificare i composti tossici dell’ossigeno
(persossidasi). Es. batteri lattici.

Il potenziale redox di un alimento è determinato da:


-composizione chimica dell’alimento [alcune sostanze presenti negli alimenti
contribuiscono a mantenere l’ambiente riducente Eh-, come l’acido ascorbico nei vegetali
e i gruppi -SH associati alle proteine della carne. I valori di Eh sono uniformemente
distribuiti su tutto l’alimento, ma si hanno Eh+ più elevati in corrispondenza degli strati
superficiali a contatta con l’aria, mentre diventano negativi Eh- andando in profondità
nell’alimento]
-metabolismo microbico [vedi classificazione in base alla richiesta di ossigeno]
-processi di trasformazione a cui l’alimento è sottoposto [omogeneizzazione aumenta Eh,
la macinazione aumenta la supeficie di esposizione all’aria e quindi l’Eh, i trattamenti
termici determinano riduzione Eh]

Il controllo del potenziale redox avviene limitando l’accesso all’ossigeno mediante


confezionamento, quale permette di controllare l’atmosfera attorno usando confezioni
impermeabili o semipermeabili ai diversi tipi di gas. Normalmente si usa atmosfera
modificata manipolando Ossigeno, Azoto e Anidride Carbonica.

COMPOSIZIONE DELL’ALIMENTO (fattore estrinseco)


I microrganismi per crescere negli alimenti necessitano di una sorgente di energia e di
composti chimici. Negli alimenti si trovano microrganismi chemioeterotrofi i quali
trovano il nutrimento necessario al proprio metabolismo.
In genere i Gram+ sono più esigenti dei Gram- ma entrambi i gruppi sono più esigenti di
lieviti e muffe. Di conseguenza i microrganismi predominanti nel cibo sono quelli che più
facilmente riescono a usare i nutrienti presenti: carboidrati ed aa vengono usati per primi
e solo al loro termine vengono usate forme più complesse di nutrimento.
Alcuni alimenti sono provvisti di strutture esterne che fungono da barriere contro la
penetrazione dei microrganismi e che li protegge dalle alterazioni, sono la pelle degli
animali, la cuticola della frutta, guscio di noci o di uovo. La raccolta, macellazione e
trattamenti tecnologici a cui sono sottoposte le materie prime diminuiscono o eliminano
l’efficacia di tali barriere.
Molti alimenti hanno sostanze dotate di attività antimicrobica che dà stabilità

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all’alimento: i vegetali hanno oli essenziali, tannini, glicosidi e resine; gli alimenti
animali hanno sostanze come il lisozima che idrolizza la parete cellulare batterica.
Gli alimenti sono quindi un ecosistema costituito da ambiente e microrganismi che vi
abitano e nel quale fattori intrinseci (pH, Aw, nutrienti) ed estrinseci (temperatura,
presenza di altri microrganismi) regolano lo sviluppo microbico. Le interazioni dei fattori
ambientali determinano pertanto che un microrganismo possa o no svilupparsi in
quell’ecosistema.

TEMPERATURA (fattore estrinseco)


Ogni microrganismo ha un intervallo di temperature entro cui può crescere. Possiamo
individuare 3 limiti di temperature cardinali:
I. MINIMA: al di sotto non vi è crescita, membrane alterate non consentono trasporto
dei materiali all’interno della cellula e le attività enzimatiche sono rallentate;
II. OTTIMALE: massimo tasso di crescita, range ampio anche di 5-7 °C;
III.MASSIMA: al di sopra non vi è crescita in quanto gli enzimi sono denaturati, così
come proteine e lipidi di membrana. Temperature superiori provocano la morte a
seguito di danni irreversibili a carico delle strutture vitali con rottura della parete.
Fattori che influenzano la resistenza termica sono:
Tipo di cellula – età cellula – temperatura di crescita – contenuto in acqua – pH –
Presenza sostanze inibenti – composizione delle sostanze (grassi, sali, carboidrati,
proteine)

Batteri Psicrofili Batteri mesofili Batteri termofili


Prediligono il freddo Prediligono le temperature Prediligono il caldo
intermedie
Intervallo di crescita 0-25°C Intervallo di crescita 20- Intervallo di crescita 40-
45°C 70°C
T° ottimale 10°C T° ottimale 30-37°C T° ottimale 50-55°C

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Microbiologia

CURVA DI CRESCITA

Microrganismi PSICROFILI → si sviluppano a T° di refrigerazione (+5/-7°C) quindi


importanti in quanto responsabili delle alterazioni negli alimenti refrigerati. Fanno parte
di questo gruppo lieviti, muffe e alcuni batteri. Possono crescere in quanto i lipidi di
membrana hanno alta percentuali di acidi grassi insaturi.
PSICROFILO= microrganismi che crescono nel range 0-15° con optimum a 10°C
PSICROTOFO= microrganismi in grado di crescere tra 0°-7°C con optimum a 25°-30°C

Microrganismi MESOFILI → gruppo che comprende i microrganismi patogeni per


l’uomo e anumali. Largamente diffusi nell’ambiente. Molti sono in grado di riprodursi
anche a T° inferiore a 10°C.

Microrganismi TERMOFILI → scarsa importanza pratica per gli alimenti nei nostri
climi. La loro presenza può causare alterazioni a quei prodotti commercializzati in luoghi
dove la termperatura ambiente può raggiungere valori elevati. Sono però importanti come
protecnologici (colture starter).

Nell’industria alimentare vengono usate sia le basse che le alte temperature singolarmente
o associate tra loro (es. cottura e successivo abbattimento termico) al fine di controllare
18
Microbiologia

l’attività microbica (congelamento, refrigerazione – pastorizzazione, sterilizzazione).

ATMOSFERA DI CONSERVAZIONE DELL’ALIMENTI (fattore estrinseco)


Il confezionamento degli alimenti li protegge da alterazioni chimiche, fisiche e biologiche
e consente di controllare il tipo di atmosfera che circonda l’alimento stesso influenzando
lo sviluppo microbico. La composizione e concentrazione dei gas dipende dalla
permeabilità della confezione ai diversi tipi di gas usati.
Imballaggi permeabili ai gas: condizioni tipicamente aerobiche con sviluppo microbico.
Imballaggi impermeabili o permeabilità selettiva: è possibile sostituire l’aria della
confezione con concentrazioni note di Ossigeno, Anidride Carbonica e Azoto
(confezionamento in atmosfera modificata o protettiva).

MONITORAGGIO MICROBIOLOGICO AMBIENTALE (MAM)


La contaminazione microbica è dovuta a 2 fattori:
1. Contaminazione diretta, da parte di presidi non sterili;
2. Contaminazione indiretta, da parte di agenti microbici aerodispersi.
La sorgente di contaminazione è rappresentata soprattutto dall’uomo e dai sistemi di
ventilazione. Per garantire condizioni di sicurezza è necessario effettuare controlli su aria
e superfici in ambienti a rischio. Sulla base di ciò si è sviluppato il MAM, Monitoraggio
Microbiologico Ambientale, sistema che si prefigge di quantificare la carica microbica in
ambienti confinati.
Si compone in due momenti
➔ Controllo dell’ARIA: veicolo tramite il quale gli agenti microbici legati a particelle
inerti si muovono nell’ambiente (aerosol) sino a raggiungere le superfici su cui si
posano:
➔ Controllo delle SUPERFICI: essenziale per conoscere quella parte di bioaerosol e
di microrganismi in esso presenti che si deposita sulle superfici costituendo
principale veicolo di infezione.
ARIA
I fattori che influenzano la sopravvivenza in aria sono la resistenza del microrganismo,
l’umidità dell’aria, la temperatura e la luce solare, la composizione dell’aerosol e la
modalità con cui esso viene campionato.
L’aria può essere veicolo di contaminazione di semilavorati e prodotto finito, infatti
molte aziende sono dotate di sistemi di filtrazione a vari livelli che minimizzano la
presenza di tali microrganismi; è pertanto necessario controllare l’efficavia di tali sistemi,
validando il sistema di filtrazione.
Per validazione si intende l’esecuzione, per 3 mesi consecutivi, in zone critiche, di
campionamento d’aria settimanali per ottenere dati statisticamente significativi che
rispettino i limiti previsti dalle Norme di Buona Fabbricazione.

19
Microbiologia

PARAMETRI MICROBIOLOGICI
Carica batterica Temperatura ottimale di sviluppo tra 25 e 40° C, batteri patogeni
totale a 36°C convenzionali o opportunisti e tutti i batteri che costituiscono la
(batteri mesofili) flora normale dell’uomo.
Carica batterica Temperatura di 15°-30°C tutti i microrganismi saprofiti in grado di
totale a 20°C compiere il loro ciclo vitale a spese di sostanze organiche in
(batteri psicrofili) decomposizione.
Determinazione necessaria poiché la loro presenza è spesso
Carica muffe e
correlata alla presenza di polvere e può essere considerevole con
lieviti totale
alto grado di umidità.
Staphylococcus spp. Sono cocchi Gram+ e numericamente i più rappresentati nella
popolazione microbica normale della cute e dell’orofaringe
dell’uomo.
I batteri più comuni degli ambienti confinati sono: Bacillus, Pseudomonas,
Staphylococcus, Micrococcus, Methylobacterium, Flavobacterium. Fanno parte della
normale flora microbica e la loro presenza non deve creare allarmismo. Dei batteri
riscontrati maggiormente lo Staphylococcus è un indicatore di buone pratiche di pulizia e
potenziale patogeno.

Le superfici degli impianti destinati alla produzione e confezionamento di alimenti


devono avere perfette confizioni igieniche. Il campionamento in queste aree si effettua
con
• Tecnica Swab: lavaggio delle attrezzature con detergente sanizzante idoneo, quindi
si sfrega un tampone sulla superficie delimitata da campionare.
• Tecnica delle membrane di nitrocellulosa: per 30 minuti e incubati a temperature
idonee su diversi terreni di coltura.
I parametri da valutare sono AM (accumulo microbico) e AMO (accumulo microbico
orario).

I metodi di campionamento e monitoraggio dell’aria sono


• Campionamento passivo: uso di piastre Petri a 1 mt da terra per 1 ora con terreno
di coltura agarizzato sterile da lasciare esposta per un tot di tempo. Quindi si
richiude e si incuba a 37° per 48 ore e a 25°C per altre 24, quindi si contano il
numero di colonie. Il risultato sarà in UFC/m2/ora = indice IMA (indice
contaminazione dell’aria).

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Microbiologia

• Campionamento attivo: attraverso l’uso di uno strumento “SAS Surface Air


System” che aspira l’aria in un coperchio sotto il quale si trova una capsula petri
con terreno agarizzato. Le piastre vengono incubate come per il campionamento
passivo e i risultati sono espressi in UFC/m3 in rapporto al volume d’aria aspirato.

ACQUA
L’acqua non potabilizzata può contenere una flora microbica autoctona e alloctona
capace di resistere ai trattamenti di potabilizzazione. Alcuni di questi microrganismi
possono trovare condizioni favorevoli al loro mantenimento in rete.

BIOFILM= comunità batterica altamente stratificata adesa ad una superficie circondata


da una matrice extracellulare di natura organica e inorganica dove i microrganismi sono
organizzati in comunità funzionali.

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Microbiologia

Protocollo:
➢ disconnessione della rete idrica e applicazione di un sistema di alimentazione
indipendente
➢ modifiche tecniche al circuito per renderlo compatibile coi trattamenti
➢ trattamento dei circuiti
➢ ricollegamento alla rete idrica
Dalla difficoltà di utilizzare di routine tecniche finalizzate alla ricerca di tutti i possibili
patofeni è sorta la necessità di ricercare, per la definizione della qualità di un’acqua,
microrganismi indicatori di contaminazione, la cui presenza può esser indice di presenza
di patogeni. Un efficace indicatore deve poter sopravvivere a lungo nell’ambiente e deve
poter essere identificato con metodi poco complessi e rapidi.
Sistema delle membrane filtranti: quantitativo e qualitativo. Volume prestabilito di acqua
da saggiare con risultato in UFC/ml di acqua filtrata.

QUALITA’ MICROBIOLOGICA DEGLI ALIMENTI


Qualità nutrizionale= i trattamenti tecnologici possono influenzare il valore nutritivo
degli alimenti, è importanto conoscere questo contenuto tramite l’etichetta così da
individuare quelli giusti al proprio fabbisogno.
Qualità tecnologica= si valuta attraverso pH, colore del tessuto muscolare o adiposo,
capacità di legare o trattenere acqua, conducibilità elettrica.
Qualità organolettica= che coinvolge i 5 sensi, infatti la vista aiuta a scegliere, il tatto
aiuta nella selezione di frutta e verdura per maturazione, l’olfatto per il profumo, l’udo
per il rumore e la croccantezza e ovviamente il gusto. Un prodotto alterato dal punto di
vista organolettico non è però necessariamente pericoloso.
Aspetto psico-sociale= parte della qualità su cui lavora il marketing, costituito dalle
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Microbiologia

componenti emotive suscitate dagli alimenti in funzione del paese e della cultura.
Aspetto di genuinità= importanza dell’origine dell’alimento e dei suoi ingredienti, tipo
prodotti IGP, DOP, o ottenuti con sistemi di qualità certificati.
Aspetto di comodità d’uso= sistemi o materiali che ne allungano o migliorano la
conservazione. O Assistenza clienti.

La qualità microbiologica è correlata alla presenza o assenza di microrganismi in grado di


provocare alterazioni, all’applicazione delle buone norme di fabbricazione e alla
presenza/assenza di patogeni. Influenza altri aspetti di qualità e condiziona la
conservabilità degli alimenti (qualitatà igienica) e la sanità (qualità sanitaria).
Cariva microbica elevata non incide sulla sanità del prodotto ma sulla sua conservabilità e
quindi sulla sua edibilità.
È difficile fissare standard di cariche microbiche per avere limite di edibilità dei prodotti
in quanto lo stato igienico-sanitario dipende dalle materie prime/ingredienti, dalle
condizioni igieniche della struttura di produzione, dall’igiene del personale, dalle
condizioni igieniche di conservazione e dalle condizioni igieniche di preparazione del
prodotto.
In alcuni alimenti certi microrganismi devono essere presenti, vivi e al di sopra di certe
cariche.

LA

QUALITA’ IGIENICA
1) Germi alteranti: sono quelli la cui presenza e successivo sviluppo portano alla
comparsa di alterazioni.
Prodotti conservati a basse T portano alla formazione di psicrofili (es. Pseudomonas)
Prodotti conservati a T alte portano alla formazione di mesofili e termofili
Prodotti conservati a bassa Aw portano microrganismi alofili o alotolleranti (es.
micrococchi)
Quando un alimento presenta flora alterata varia si creerà sempre un ambiente favorevole

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Microbiologia

allo sviluppo di una di queste poiché il destino finale di ogni alimento è la sua
alterazione.
La presenza fisica di mircrorganismi negli alimenti solidi porta alla formazione di uno
strato viscoso sulla superficie dovuto all’unione delle colonie. L’attività metabolica dei
microrganismi, ovvero l’uso dei nutrienti dell’alimento, porta alla formazione di
metaboliti che modificano le caratteristiche organolettiche del prodotto (cattivi odori
quando CBT>108 ufc/cm2.
➔ Modificazioni di odore= uso dei monosaccaridi e amminoacidi con abbassamento
pH.
➔ Modificazioni della consistenza= uso proteine
➔ Modificazioni del colore:
-sviluppo germi cromogeni,
-germi produttori di metaboliti che, legandosi ai composti dell’alimento,
danno colori particolari (es. acido solfidrico che reagendo nella carne con la
mioglobina dà origine a sulfomioglobina di colore verde),
-sviluppo di germi produttori di metaboliti colorati (es. melanina a partire
dalla tirosina, come nell’annerimento del carapace dei crostacei).
Anche l’anabolismo può dare origine a fenomeni alterativi. I germi alteranti hanno buona
resistenza ai fattori antimicrobici e grande capacità di adattamento.

2) Germi Utili
Quei microrganismi utili che caratterizzano il prodotto, come i batteri lattici in yogurt o
formaggi. In molti alimenti sono assenti, possono essere presenti o aggiunti sotto forma di
colture selezionate e diminuiscono durante la conservazione.

3) Germi Inerti
Microrganismi che non influenzano la conservabilità del prodotto perché non sono in
grado di svilupparsi in esso. Se però variano le condizioni possono diventare germi
alteranti. Esempi sono i germi alofili, in quanto inerti quando si trovano in un alimento
non addizionati di NaCl ma diventano alteranti quando si usa la salagione come mezzo di
conservazione; oppure le spore di bacilli e clostridi in semiconserve in scatola refrigerate
che diventano alteranti quando il prodotto è conservato a temperatura ambiente.

Naturalmente quando un prodotto viene messo in commercio la sua qualità igienica inizia
a peggiorare man mano che si avvicina alla TMC. Il prodotto mantiene comunque le sue
caratteristiche per essere giudicato edibile fino alla comparsa dei fenomeni alterativi.

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Microbiologia

LA QUALITA’ SANITARIA
Un alimento non deve nuocere al consumatore e pertanto non devono essere presenti
fattori di rischio che possono entrare in contatto con gli alimenti in qualsiasi fase della
produzione e provenire da uomo, animali o ambiente.
Una certa percentuale di alimenti risulta contamitata da patogeni, è quindi necessario
• ridurre la percentuale di probabilità della presenza di tali patogeni
• impedire che i germi eventualmente presenti trovino nell’alimento le condizioni
idonee per la contaminazione.
Un alimento contaminato da patogeni, a seconda del loro numero può essere
Pericoloso Nocivo
l’agente eziologico responsabile della l’agente eziologico responsabile della
malattia è presente in dosi non sufficenti malattia è presente in dosi tali da scatenare
per scatenare l’evento morboso, a meno che sicuramente l’evento morboso se l’alimento
non intervengano condizioni che ne è ingerito.
favoriscano lo sviluppo.

È impossibile garantire sicurezza assoluta, ma solo con una certa percentuale di


probabilità.
È correlata alla presenza/assenza di germi patogeni o tossigeni, al loro numero e alla
possibilità e facilità con cui loro o le loro tossine possono essere controllati o distrutti.
La
dose

necessaria affinché si verifichi l’evento morboso dipende anche dalla sensibilità


individuale. I più a rischio sono bambini, anziani, deboli, ospedalizzati, donne in
gravidanza, immunodepressi, persone con disturbi metabolici o allergie e persone
malnutrite. La presenza del germe patogeno nell’ambiente di lavorazione porta alla
contaminazione dell’alimento e alla moltiplicazione dei germi sino a dosaggi ritenuti
infettanti. Una buona qualità microbiologica prevede quindi assenza di patogeni e/o loro
tossine e di microrganismi alterativi provvedendo a
I. usare materie prime con bassa carica microbica
II. trasformazione nelle condizioni igieniche idonee
III.conservazione del prodotto in condizioni, tempi e temperature adeguati.
25
Microbiologia

Prevenendo la comparsa dei fenomeni alterativi si garantisce il corretto uso dei principi
nutritivi dei cibi evitando fattori nocivi e garantendo la loro salubrità.

GLI ALIMENTI FERMENTATI


Attorno al 1680 si è scoperto un primo lievito al microscopio e nel 1857 Pasteur (primo
scienziato degli alimenti) scrive che la fermentazione è un processo vivente. Tra il 1867-
1868 la pastorizzazione viene applicata a birra e vino: temperatura per eliminare i
problemi delle malattie del vino e conservarli più a lungo.
La microbiologia dei prodotti fermentati serve da un lato a rendere più efficienti e
migliori le produzioni, dall’altro a conoscere le cause della produzione dei caratteri di
sapore e aroma distintivi dei prodotti artigianali affinché possano essere riprodotti e
conservati.
Quindi inizialmente la fermentazione era usata per conservare mentre oggi i paesi
sviluppati la utilizzano per le caratteristiche di consistenza, sapore, aroma che si
originano nei prodotti, mentre nei paesi in via di sviluppo la usano per aumento e
miglioramento della produzione anche in fatto di sicurezza. Le condizioni di produzione e
conservazione dei prodotti alimentari fermentati devono sempre assicurare la shelf-life e
la salubrità microbiologica del prodotto al consumo.

La fermentazione è un processo biochimico basato principalmente sulla demolizione dei


carboidrati per formare prodotti finali rappresentati da acidi, alcoli e anidride carbonica.
Modificazioni biochimiche e reologiche associate all’attività metabolica dei
microrganismi selezionati dalla tecnologia di produzione.
La fermentazione comporta, negli alimenti trattati con essa:
• favorisce conservazione con l’abbassamento del pH
• modifica il valore nutrizionale
• arricchisce le proprietà sensoriali di una varietà di sapori, aromi e strutture diversifi
• modifica le proprietà reologiche
• può favorire la detossificazione

CLASSIFICAZIONE DELLE FERMENTAZIONI IN FUNZIONE DEI


MICRORGANISMI
BATTERI LATTICI= formaggi, latte fermentato, olive in salamoia, salami
LIEVITI= bevande alcoliche, prodotti da forno
BATTERI LATTICI E LIEVITI IN ASSOCIAZIONE= latte fermentato, alcuni vini,
prodotti da forno
In alcuni casi svolgono ruolo importante anche
Batteri Propionici= alcuni formaggi
Batteri Acetici=aceto di vino, aceto di mosto
Micrococcacee= salami
Muffe= salami e alcuni formaggi

26
Microbiologia

Affinché l’attività fermentativa abbia successo devono essere rispettate delle condizioni:
1. la materia prima deve avere zuccheri fermentiscibili in quantità tali da consentire
abbondante sviluppo microbico
2. gli zuccheri devono essere disponibili
3. la materia prima deve essere preparata alla fermentazione adeguatamente
vino → pigiatura uva
birra → germinazione cariossidi
formaggio → precipitazione della caseina
salame → triturazione carne e lardo
prodotti da forno → miscelazione ingredienti
Così i microrganismi originano sulla materia prima, oppure possono essere aggiunti come
starter dall’uomo o arrivare dall’ambiente sul prodotto (sugli stagionati).
La concentrazione e il tipo di microrganismi presenti in un prodotto dipendono dalla
materia prima, dalla qualità microbiologica dell’alimento all’origine, dalle condizioni in
cui esso è stato manipolato, dall’adeguatezza delle condizioni di conservazione e dall’uso
deliberato e appropriato degli starter, responsabili del processo.
La contaminazione da parte dei patogeni è però causa di implicazioni igienico-sanitarie e
quindi di deprezzamento della qualità organolettica. Al contrario nella fermentazione
avviene la miglioria organolettica grazie agli starter.

TIPI DI ALIMENTI FERMENTATI


Prodotti SENZA aggiunta di microrganismi, senza starter: fermentazione spontanea
sulla quale si fa ancora affidamento per prodotti tradizionali creando un ambiente
selettivo che favorisce i microrganismi utili.
Prodotti CON l’aggiunta di microrganismi, con starter: nell’industria alimentare è
diventato essenziale aggiungere starter per accelerare l’inizio della fermentazione,

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Microbiologia

produrre prodotti di qualità desiderata e rendere riproducibile il processo di


fermentazione.

INNESTI o STARTER
Colture microbiche che indirizzano il processo di fermentazione, divenendo dominanti
nelle prime fasi di produzione dell’alimento.
• Innesti naturali, sviluppati artigianalmente, più simili alla pratica antica che si basa
sul reinoculo [una parte di prodotto ben riuscito viene usato come inoculo per un
nuovo lotto di materia prima, ma così non è né nota né controllabile la microflora].
Vantaggi: variabilità microbica, bassi costi e tradizione.
Inconvenienti: variabilità delle performance e delle caratteristiche fenotipiche.
• Innesti selezionati, sviluppati in relazione a caratteristiche metaboliche note e
desiderate [a partire dal 1890 uso colture miste e selezionate, poi dal 1960
importanza sempre maggiore di colture a composizione definita].
Vantaggi: standardizzazione di processo, miscele di organismi, tipologie diverse
(essiccati, congelati, liquidi…).
Inconvenienti: costo, sensibilità, no legame con territorio di produzione.
La fermentazione comporta, in qualsiasi caso, il consumo quasi totale degli zuccheri il
quale porta alla sicurezza microbiologica del prodotto; inoltre la fermentazione porta alla
generazione di composti ad azione antimicrobica ed incrementa il valore nutrizionale
degli alimenti mediante la biosintesi di vitamine, aa essenziali, proteine, tramite aumento
della digeribilità di fibre e proteine e degradazione dei fattori antinutrizionali.
I microrganismi utili sono anche detti virtuosi e sono quelli che provocano effetti positivi:
• batteri lattici e lieviti, a volte accompagnati da altri gruppi come batteri propionici,
micrococcacee e muffe;
• bifidobatteri (probiotici) e batteri acetici, agenti della produzione dell’aceto per via
ossidativa.

BATTERI LATTICI
Famiglia eterogenea di microrganismi che possono fermentare molti nutrienti
principalmente in Acido Lattico via Omofermentante, mentre in via Eterofermentante
oltre all’acido lattico vengono prodotti anche acido acetico, etanolo, anidride carbonica e
acido formico.
Descrizione: forma sferica o bastoncellare. Gram+ immobili asporigeni. Anaerobi
facoltativi o microaerofili. Catalasi negativi con accumulo di acqua ossigenata. Non
patogeni e non tossinogeni. Acido tolleranti e a volte acidofili.

Omofermentanti Obbligati= fermentano i carboidrati esosi producendo solo acido lattico.


Non fermentano i pentosi e non producono gas. Es. L. helveticus, L. leichmannii, L.
delbrueckii subs. Bulgarius e lactis.
Eterofermentanti Facoltativi= fermentano i pentosi ad acido lattico e acido acetico,
inoltre fermentano gli esosi producendo acido lattico, ma alcune specie anche acetico,
formico o etanolo. Es. L. casei subs. Casei, L. plantarum, L. sake
Eterofermentanti Obbligati= fermentano gli esosi producendo acido lattico e CO2 e acido

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Microbiologia

acetico e/o alcol etilico. Sono capaci di fermentare anche i pentosi con produzione di
acido lattico e acetico. Es. L. fermentum, L. kefir, L.confusus.

L’attività fermentativa prevede la fermentazione lattica di diversi


A)monosaccaridi
• esosi
-via omofermentante (acido lattico)
-via eterofermentante (acido lattico, alcol etilico-acido acetico, CO2)
• pentosi
permeasi specifiche, pentosi e convertiti via ribulosio-5-P o xilulosio-5-P
B)disaccaridi
• idrolisi lattosio glu-gal, saccarosio, maltosio, trealosio, cellobiosio e melibiosio
C)fermentazione acidi organici
• citrico, lattico, malico, tartarico

CLASSIFICAZIONE

GENERE LACTOBACILLUS
1° gruppo - Omofermentanti obbligati, crescono fino 45°C, minimo tra 15°-20°C.
Esempi: Lb delbrueckii subsp lactis (si trova in formaggi, latte, yogurt).
2° gruppo – Omofermentanti favoltativi
Esempi: Lb casei subsp casei, plantarum (si trovano in latte, formaggi e intestico e
mucose).
3° gruppo – Eterofermentanti obbligati, producono tutti acido lattico.
Esempi: L kefir (nel kefir), L halotolerans (carnei)

GENERE STREPTOCOCCUS
Il suo habitat è la cute, le mucose e la saliva degli animali sa latte. Omofermentante
obbligato, produce acido lattico. Ha un optimum di crescita a T 42-43°C. È
protecnologico per eccellenza, da solo o con altri batteri lattici, per molti formaggi.
Fermenta solo lattosio, saccarosio, fruttosio e glucosio producendo NH3 da urea.

GENERE LACTOCOCCUS
Omofermentante obbligato, produce acido lattico e comprende 3 specie:
1. L. lactis
2. L. cremoris
3. L. var. diacetylactis

GENERE ENTEROCOCCUS
Omofermentante, produce acido lattico, fermenta il lattosio. Indice di contaminazione
fecale di acqua e prodotti carnei e vegetali se di origine umana. Svolge un ruolo positivo
nella stagionatura del formaggio. Fa parte della microflora termodiurica del latte.

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Microbiologia

GENERE LEUCONSTOC
Eterofermentante obbligato, produce acido lattico. Fermenta il citrato. Habitat vegetale.
Vengono considerati protecnologici per la produzione di burro, alcuni formaggi freschi e
per la fermentazione malolattica del vino.

GENERE PEDIOCOCCUS
Omofermentante, produce acido lattico. Habitat vegetale e animale. Può causare
alterazioni quali difetti nella birra, nel vino e nei prodotti salati. È importante per la
stagionatura dei formaggi dove si sviluppano tardivamente e negli impasti acidi per la
produzione di alcuni prodotti da forno come i crackers.

GENERE CARNOBACTERIUM
Eterofermentante obbligato, produce sostanze antimicrobiche “carnocine” attive contro i
microrganismi alterativi e patogeni. Si sviluppano negli alimenti carnei refrigerati e
confezionati in atp in cui è presente ossigeno.

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Microbiologia

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Microbiologia

Proteolisi batteri lattici


Fenomeno che prevede l'intervento di diversi enzimi in successione quali permettono la
degradazione delle proteine in peptidi abbastanza piccoli per essere trasportati attraverso
la membrana cellulare ed essere degradati nel citoplasma.

I BATTERI ACETICI
Cellule ellittiche o corti bastoncini. Gram-, ossidasi negativi, catalasi positivi. Non
sporigeni. Mesofili (optimum T 25°-30°C), mobili o immobili, Aerobi con metabolismo
respiratorio. Ossidano l'etanolo ad acido acetico o a CO2 e acqua.
Generi di interesse enologico solo Acetobacter e Gluconobacter.

BATTERI PROPIONICI
Gram + , bastoncini regolari. Catalasi positivi. Non sporigeni. Mesofili (optimum 25°-
40°C). Anaerobi. Immobili. Producono acido propionico. Loro habitat: saprofiti di
uomini, animali e prodotti lattiero-caseari.
Producono acido propionico (+ acetato e CO2) dalla fermentazione degli zuccheri e del
lattato.
Genere Propionibacter → specie impiegate o ritrovate nei prodotti lattiero-caseari sono
P. shermani, P- freudenreichii, P. thoenii, P. jensenii, P. acidi-propionici.
Alcune specie come il P. shermani sono impiegate come colture starter per i formaggi
tipo Emmental con le occhiature, dovute alla produzione di CO2 dalla fermentazione del
lattato. Altre specie in formaggi a media e lunga stagionatura. Quando il loro numero è
molto alto possono causare gonfiore tardivo.

MICROCOCCACEAE
Genere Micrococcus (famiglia Micrococcaceae)
Batteri fi forma coccia per lo più aggregate. Gram+, catalasi positivi, aerobi, mesofili.
Usano i carboidrati per via ossidativa. Sono ovunque nell'ambiente, dal terreno, acqua,
prodotti lattiero-caseari e pelle di uomo e anumali. Sono saprofiti e solo in alcuni casi
possono essere patogeni opportunisti. Si moltiplicano in ambienti con bassa Aw. Si
ritrovano come contaminanti nelle salamoie per formaggi. Grazie alla attivirà proteolitica
e lipolitica partecipano alla stagionatura di formaggi come il Taleggio o il Provolone.
Alcune specie vengono usate come starter per insaccati carnei fermentati.

Genere Staphylococcus (genere Staphylococcaceae)


Cocchi aggregati in grappoli. Gram+, catalasi
positivi (as eccezione di S. aureus subs.
Anaerobius e S. saccharolyticus). Aerobi
facoltativi. Generalmente immobili. Alcune
specie producono coagulasi.
Habitat sono acqua, aria, attrezzature e
superfici dove si manipolano gli alimenti, vie

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Microbiologia

nasali di quasi metà delle persone sane e nel 20% delle persone in generale oltre che in
gola, feci, capelli, frite infette e abrasioni.
Forme saprofite: S. epidermidis, S. albus, S. xilosus, S. carnosus i quali hanno ruolo
importante nella maturazione di alcuni formaggi a crosta fiorita con patina (tipo
Taleggio) e nella stagionatura di salumi fermentati.
Forme patogene: S. aureus quali sono coagulasi, fosfatasi e termonicleasi positive e
producono due tipi di tossine attive a livello cutaneo ed enterotossine molto termostabili
che ingerite provocano intossicazione.

EUMICETI (LIEVITI e MUFFE)


Organismi unicellulari o pluricellulari dotati di cellule eucariotiche.
Eterotrofi, privi di clorofilla, con parete di chitina.
Immobili e con riproduzione sessuata o asessuata che si alternano nel ciclo vitale di uno
stesso micete.
Saprofiti o più raramente parassiti.
La struttura del fungo (il suo corpo) è detto tallo (o micelio) che può essere pluri-cellulare
(muffe) visibile anche ad occhio nudo, o uni-cellulare (lieviti).
I-Riproduzione asessuata, può realizzarsi in 3 modi:
• cellula parentale va incontro a mitosi e dividersi in 2 cellule figlie;

33
Microbiologia

• la mitosi può essere simultanea alla gemmazione per produzione di una cellula
figlia;
• produzione di spore che avviene per mitosi e successiva divisione cellulare.
II-Riproduzione sessuata:
trascorrono la maggior parte della vita in stadio aploide. La riproduzione coinvolge 2 ife
di ceppi compatibili diversi con successiva fusione dei nuclei apolidi. Tale fusione non
avviene subito dopo il mescolamento del contenuto delle ife. I nuclei si dividono
ripetutamente nell'ifa dando origine al dicarion, un'ifa in cui ciascuna cellula contiene 2
nuclei di ceppi opposti. Ad un certo punto i due nuclei si fondono formando uno zigote
diploide che subisce meiosi dando origine a 4 spore aploidi. Quando esse germinano
producono nuova generazione.

MUFFE
Agglomerato di singoli elementi
filamentosi dette ife che, una volta
insieme, formano il micelio
(pluricellulari) che, grazie alla loro
abbondanza, diventano evidenti a occhio
nudo.
Le ife si distinguono in cenocitiche e
settate, mono o pluri nucleate.
La parte di micelio aereo (che si sviluppa
verso l'alto) ha funzione replicativa,
mentre quello a superficie ha funzione
vegetativa e nutritiva.

Phylum Chytridiomycota: micelio con ife non settate (senza divisione trasversale della
parete cellulare). La riproduzione asessuata avviene mediante zoospore mobili mentre la
sessuata mediante oospore.
Phylum Zygomycota: micelio non settato, cenocitico (nuclei multipli in citoplasma
continuo), si riproduce mediante zigospore, mentre la riprodiuzione asessuata è affidata a
spore prodotte all'interno di corpi fruttiferi aerei.
Phylum Ascomycota: micelio con ife settate che producono conidiospore per la
riproduzione assessuata e ascospore in strutture specializzate dette aschi per la
riproduzione sessuata.
Phylum Basisiomycota: micelio settato che produce grossi corpi fruttiferi che supportano
le basidi che producono basidiospore adibite alla riproduzione sessuata. Comprende
anche funghi eduli.

Caratteristiche delle muffe


Sviluppano principalmente a 15-30°C (optimum 20-25°C)
Alcune psicrofile o criofile anche a 5°C, altre termofile anche a 50°C.
Alcune sviluppano ad Aw ridotta (xerofile) mentre altre solo con Aw maggiore di 0,95
(igrofile).

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Microbiologia

Alcune osmofile o osmotolleranti.


Sviluppano ad ampio range di pH, anche se l'acido è ottimale.
Sono aerobie.

Ruolo delle muffe negli alimenti


Utili= partecipano alla maturazione di alcuni formaggi (es. Taleggio e Gorgonzola) e
salumi
Alterative= provocano alterazioni gravi ai caratteri organolettici del prodotto
Patogene= non per effetto diretto ma per produzione di micotossine

Muffe Genere Penicillium


-Penicillium camemberti(Camembert)
-Penicillium nalgiovense(salumi)
-Penicilliumchrysogenum
-Penicillium verrucosum varcyclopium
-Penicillium gladioli(salami)
-Penicillium roqueforti (Gorgonzola eRoquefort)

Termoresistenza delle muffe


Il micelio e le spore asessuate sono distrutte dalla pastorizzazione. Le spore sessuate
possono invece avere alta termoresistenza. Durante il trattamento termico si può
verificare un fenomeno detto “effetto condominio” ovvero la penetrazione del calore è
resa difficile dall'ammasso di miceli e spore che proteggono le cellule che si trovano
all'interno del prodotto.

LIEVITI
Singoli elementi cellulari, unicellulari, microscopici, che analogamente ai batteri, nei
terreni di coltura agarizzati, formano aggregati macroscopicamente evidenti, detti
colonie. Può riprodursi sia asessualmente per gemmazione e divisione trasversale, sia
sessualmente tramite la formazione di spore.
La loro importanza a livello alimentare deriva dall’essenzialità in molti processi
industriali per la produzione di pane, vino, birra, formaggi, salsa di soia e acidi organici
come il citrico.

Genere Saccharomyces:
cerevisiae x pane, vino, birra
bayanus
pastorianus x birra
carlsergensis x birra
unisporus

Ci sono differenze metaboliche in cui i lieviti generano e consumano energia usando il


carbonio: in funzione dell’ossigeno degradano il glucosio in modo diverso. Sono
organismi chemioorganotrofi che ricavano energia in forma di ATP dalla degradazione di

35
Microbiologia

composti organici. Non tutti però sono dotati di metabolismo fermentativo, molti hanno
solo quello respiratorio.
Aerobi obbligati: non usano il glucosio in assenza di ossigeno.
Anaerobi facoltativi: usano il glucosio in presenza e in assenza di ossigeno (tra questi il
Saccharomyces).
Essi hanno due principali modi per usare il piruvato per ilteriore produzione di energia: la
Respirazione (respirazione aerobica) e la Fermentazione (fermentazione anaerobica). La
prima è energicamente più vantaggiosa.
La regolazione della respirazione e della Fermentazione da parte del glucosio e dell’O2
si basa sul fatto che glucosio e ossigeno sono i fattori legati all’espressione di molti
fenomeni regolatori tra cui l’Effetto Pasteur e l’Effetto Crabtree (anti-Pasteur).

Effetto Pasteur → egli osservò che quando il lievito cresceva in aerobiosi (respirazione)
consumava molto meno glucosio di quando cresceva in anaerobiosi e fermentava, quindi
la velocità di trasformazione di glucosio in piruvato è più lenta in aerobiosi. Questo
effetto di rallentamento della glicolisi in presenza di ossigeno è appunto detto Effetto
Pasteur.
I processi di respirazione sono più favorevoli da un punto di vista metabolico-energetico
rispetto ai fermentativi: la respirazione produce 38 ATP da 1 glucosio, mentre in assenza
di ossigeno si ricavano solo 2 ATP da ogni glucosio!
L’effetto Pasteur è relazionato con l’azione della fosfo frutto chinasi la quale è inibito da
alti livelli di ATP (quando la fosforilazione ossidativa è a pieno ritmo, quindi in presenza
di ossigeno) causando quindi la diminuzione del consumo di glucosio. L’effetto Pasteur si
verifica a basse concentrazioni di glucosio (meno di 5-10 g/lt).

Effetto Crabtree (contro effetto Pasteur) → quando, invece, la concentrazione di


glucosio è elevata. Consiste nell’inibizione della respirazione cellulare a causa di alti
livelli di glucosio, ovvero ad alte concentrazioni di glucosio predomina nei lieviti la
fermentazione anche se siamo in presenza di ossigeno! Quindi ad alte concentrazioni,
anche se vi è ossigeno, il NADH generato durante la glicolisi è ossidato con la
fermentazione piuttosto che con la respirazione.
Questo è un effetto della repressione da glucosio: in presenza di un eccesso vengono
infatti repressi non solo i geni che codificano per il trasporto degli zuccheri all’interno
della cellula, ma anche quelli che codificano per la via respiratoria. In particolare per il
citocromo A. La fermentazione richiede la decarbossilazione del piruvato ad acetilaldeide
(decarbossilazione non ossidativa).

Caratteristiche tecnologiche dei lieviti


Resistono all’acidità
Mesofili psicrotofi ma anche psicrofili, raramente termofili
Ci sono forme alofile
Ci sono forme osmofile (sviluppano ad alta concentrazione di zucchero)
Necessitano di Aw inferiore ai batteri ma superiore alle muffe.

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Microbiologia

Termoresistenza
I lieviti non resistono alla pastorizzazione.
In normali condizioni le cellule sono inattivata a 60-65°C per 1 min; tali valori...
Diminuiscono quando il riscaldamento avviene in ambiente acido, in presenza di etanolo.
Aumentano (diventano più resistenti) in presenza di alte concentrazioni di zuccheri o sale
(bassa Aw).

MICRORGANISMI PATOGENI

pericoli sono comuni a differenti classi di alimento, il rischio è differente in relazione alle

37
Microbiologia

caratteristiche del prodotto e di chi lo consuma: perché si verifichi una situazione di


rischio
• il fattore di rischio deve venire a contatto con l’alimento;
• il livello di contaminazione deve essere sufficiente;
• il fattore di rischio deve permanere nell’alimento sino al consumo.

Attualmente le malattie trasmesse con gli alimenti sono un problema di sanità pubblica
importante in tutti i paesi. In Europa le tossinfezioni alimentari sono seconde solo alle

affezioni respiratorie e uasi una persona su 3 ogni anno viene colpita da malattie
trasmesse dagli alimenti.

FATTORI CHE

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Microbiologia

INFLUENZANO LO SVILUPPO MICROBICO


1. Caratteristiche del prodotto
♠ Fattori intrinseci relativi al substrato: pH, acidità, Aw, Eh, composizione
nutrienti e presenza di sostanze antimicrobiche;
♠ Fattori estrinseci relativi all’ambiente: umidità relativa, temperatura, atmosfera
gassosa, parametri di processo (tempi e temperature), ingredienti (sale) e additivi;
♠ Fattori impliciti relativi ai microrganismi: velocità di crescita, competizione
microbica;
♠ Fattori tecnologici: lavaggio, affettatura, confezionamento, irraggiamento,
trattamenti termici, salagione, affumicatura.
2. Parametri di processo
♠ Prodili tempo/temperatura: calore, refrigerazione, stoccaggio, conservazione,
stagionatura;
♠ Attività fermentativa degli starter: velocità, intensità di acidificazione,
produzione di alcol;
♠ Altri fattori: salatura, additivi;
♠ Tecnologie aggiuntive: confezionamento in atp, sottovuoto, bactofunigazione,
ecc..
3. Caratteristiche dell’agente
♠ Sensibilità: calore, pH, sale;
♠ Fisiologiche: forme vegetative, spore, vitalità, stress;
♠ Infettività: patogenicità (capacità di causare malattie), virulenza (grado di
patogenicità).

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Microbiologia

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Microbiologia

PATOGENI GRAM NEGATIVI

FAMIGLIA DEGLI ENTEROBATTERI


Habitat intestinale (uomo e animali), batteri gram- produttori di endotossina o
lipopolisaccaride.
Asporigeni
Mobili o Immobili, provvisti di pili o fimbrie
Aerobi/anaerobi facoltativi
Ciclo di Krebs (respirazione)/via fermentativa (ferm. Acidomista-butandiolica)
Solo E. coli tra gli enterobatteri è in gredo di fermentare il lattosio perché è l’unico che
possiede β-galattosidasi.
Sono tutti sensibili alle alte temperature.
Non tutti gli enterobatteri sono patogeni e vivono in simbiosi con l’organismo ospite
purché rimangano nell’intestino dove permettono la digestione di materiali altrimenti
indigeribili. Quasi tutti sono invece patogeni in caso di colonizzazione di superfici
diverse da quelle intestinali. La loro patogenicità è
legata alla struttura antigenica della parete
cellulare che contiene 3 categorie di antigeni:
1. Sostanza K o “Vi”, polisaccaride che
circonda il batterio, nella Salmonella è
chiamato Vi
2. Antigene somatico 0, polisaccaride
identificabile con l’endotossina la cui parte
attiva affonda nel corpo del batterio e causa
manifestazioni comuni a tutti i Gram- come
febbre ecc…
3. Antigeni proteici H, flagellari, deputati alla

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Microbiologia

mobilità.

SALMONELLA
Prima causa di malattie associate agli alimenti.
Famiglia delle Enterobacteriaceae, Gen. Salmonella. Vi sono 2400 serovar (ceppi
caratterizzati da differenze antigeniche) collocate in due specie: la S. enterica e la S.
bongori.
Classificazione serovar delle salmonelle
-Epidemiologiche
Serovar infettive solo per l’uomo sono la S. Typhi e la S. Paratyphi: tale gruppo
compende agenti di febbre tifoide, tra le malattie più serie causate dalla Salmonella e
sono dette le Maggiori.
Serovar adattate all’ospite includono la S. gallinarum (pollo), S. dublin (bestiame) e S.
abortus (ovini).
Serovar senza ospiti preferenziali sono patogene per l’uomo ed altri animali e includono
la maggior parte delle serovar che si riscontrano negli alimenti.
-Sierotipiche
La sierotipizzazione consiste in diversi test per distinguere vari sierotipi di una specie
batterica. In Salmonella i sierotipi sono diversificati secondo
 antigenee “O” (somatico): sierogruppi A, B, C1, C2, D, E
 antigene flagellare “H”
 antigene di superficie “Vi”
-In base alla sindrome che provocano
Febbre enterica o Gastroenteriti

La Salmonella è riconosciuta responsabile di un’infezione enteroinvasiva che lavora


producendo fattori di adesione, quindi produzione di tossine e infine fattori di virulenza.
Il suo habitat primario è rappresentato dagli intestini animali, acque reflue in cui sono
presenti deiezioni e mangimi.
La trasmissione oro-fecale avviene dall’intestino dei mammiferi, quindi loro feci che si
disperdono in ambiente e finiscono nei prodotti.

Sono mesofili, crescono con pH vicino al neutro, non tollerano Aw basse e sono per
questo poco resistenti a zucchero e sale. Al diminure del pH sono richiesti valori di Aw
più alti. Il pH ha effetto battericida (es. se inferiore a 4).
Occorre un numero elevato di cellule per causare malattia, ma la dose infettante per
causare forme morbose in seguito all’ingestione è diversa per Salmonelle ospite-
specifiche per l’uomo le quali sono più virulente delle Salmonelle minori.
La malattia può avere due forme:
• forma sistemica: inizia con il colpire l’intestino, quindi penetra i tessuti e invade

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Microbiologia

tutto l’organismo. Questa forma può dare a sua volta


-Febbre Tifoide (S. typhi) che raggiunge il sistema linfatico e quindi il sistema
circolatorio. I sintomi durano da 1 a 8 settimane con febbre, setticemia, cefalea,
vomito, diarrea, arrossamenti ed emorragie.
-Forma Enterica (S. paratyphi) con sintomi come la precedente ma meno gravi e di
durata inferiore.
• Forma gastroenterica, più comune, guarigione quasi certa. È dovuta a tutti gli
altri sierotipi ed è quella a cui si riferisce con il termine Salmonellosi di origine
alimentare. A differenza delle altre si localizza e moltiplica solo nell’intestino.
Dura circa 4 giorni e i sintomi sono dolori addominali, diarrea, disidratazione,
febbre e cefalea. Il problema sono i portatori sani che diffondono il batterio
attraverso le feci anche fino a 6 mesi.
La trasmissione avviene col consumo di alimenti contaminati che derivano da animali
infetti, manipolati da soggetti infetti o contaminati dall’uso di utensili o superfici
contaminati e non correttamente puliti.
Il cibo contaminato non presenta alcuna alterazione delle caratteristiche organolettiche.
Gli alimenti a rischio sono: uova crude o poco cotte, latte crudo, carne e derivati specie se
poco cotti, salse e condimenti per insalata, preparati per dolci, gelato, frutta e verdura
contaminate durante il taglio.
Per prevenire la Salmonella è quindi fondamentale l’igiene personale dell’operatore, la
cottura dei cibi (è sensibile alla pastorizzazione), il mantenimento della catena del freddo
e l’evitare contaminazioni crociate tra cibi crudi e cotti.

SHIGELLA
Famiglia: Enterobacteriaceae, Genere Shigella, comprende 4 specie.
Sono immobili, lac-, fermentazione acido-mista. La malattia si manifesta tra i bambini più
piccoli. Ha molte affinità con la E. coli in quanto alcuni ceppi producono lo stesso tipo di
tossia. Sono responsabili di infezioni enteroinvasive.
Loro habitat è l’intestino solo dell’uomo che può essere portatore sano. La trasmissione
avviene, come per la Salmonella, Oro-Fecale dall’intestino alle feci, all’ambiente e quindi
ai prodotti alimentari.
Sono mesofili con condizioni di crescita simili alle Salmonelle con Aw e pH abbastanza
alti.
La dose infettante dipende dalla specie, ma ingenere bastano 10-100 ufc di S. dysenteriae
che è la più patogena.
La Shigella è responsabile di infezione ma produce moltiplicandosi nell’intestino una
potente tossina che inattiva la sintesi proteica interferendo con la subunità 60S dei
ribosomi.
La malattia che ne consegue si chiama dissenteria bacillare o Shigellosi. I sintomi
appaiono da 7 a 36 h dopo e può durare sino a 14 giorni con diarrea, dolori addominali,
febbre, vomito.
Poiché l’unico portatore è l’uomo, la trasmissione avviene per personale contaminato o
cross contamination attraverso uomo → attrezzature. La scarsa igiene ha ruolo
fondamentale.

43
Microbiologia

Gli alimenti manipolati possono rappresentare tutti un veicolo di contaminazione, in


particolare insalate, pollame e prodotti ittici. Per prevenirla sono fondamentali le norme
igieniche. Inoltre Shigella è termo sensibile e viene uccisa a T superiori a 70°C o con
continuità del freddo a T inferiori a 10°C.

YERSINIA
Famiglia: Enterobacteriaceae, Genere Yersinia, comprende 11 specie di cui alcune non
patogene, mentre i sierotipi patogeni sono la Y. Pestis, Y. Pseudotubercolosis e la Y.
Enterocolitica (peste bubbonica).
Viene divisa in 30 sottogruppi in base all’attività dell’antigene O: i biotipi importanti per
patogenicità sono le varianti 1A, 1B, 2, 3, 4, 5, che appartengono al sierotipo O:3. Altri
ceppi si trovano comunemente nelle acque e nell’ambiente e sono definiti ambientali.
E’ un organismo ubiquitario=si ritrova ovunque in acque e sporco. Trovato anche
nell’intestino di animali a sangue caldo. Si ritiene che i tipi patogeni per l’uomo si
ritrovino nel maiale.
Sopporta i climi freddi. Sono gli unici patogeni psicotrofi (da -1 a 42°C) ed sono più
sensibili alle alte temperature (ok pastorizzazione) che alle basse (resiste invece al
congelamento). Sono mobili a temperature sino a 30°C ma non oltre. Crescono a pH
attorno al neutro.
Non tutti i sierotipi sono patogeni e l’infezione è legata all’ingesrione di almeno 106
ufc/gr. Ha picchi stagionali in primavera e autunno. La patogenicità è legata all’adesione
delle cellule epiteliali del lume intestinale e alla proliferazione del batterio. Viene
prodotta anche una enterotossina termostabile simile a quella di E. coli, ma non ha ruolo
determinante nella patogenesi.
La malattia che provoca è detta yersinosi che è responsabile di una forma di
gastroenterite oppure provoca sintomi simili a quelli dell’appendicite. Può durare sino a
14 gg con dolori addominali, diarrea, febbre, nausea e vomito.
Alimenti con cui viene trasmessa sono il maiale o altri alimenti contaminati tramite
contatti con animali infetti o nei macelli quindi salsicce, carne in genere, alimenti
refrigerati, latte crudo, gelato. Per prevenirla è necessaria la cottura (ok pastorizzazione),
salagione e batteri lattici, igiene persona e delle attrezzature, specie quando si macella il
suino.

ESCHERICHIA COLI
Non tutti i ceppi sono patogeni, ne esistono anche di saprofiti che colonizzano la parte
alta dell’intestino, al contrario dei patogeni che si ritrovano nella bassa. Il suo ruolo come
patogeno gli fu assegnato negli anni ‘70 a causa di una mandata di formaggi importati
negli USA, contaminati, che causarono la more di 400 persone.
E. coli appartiene al gruppo dei Coliformi e viene definito un indice di contaminazione
fecale. È il sistema modello per tutti i Gram-
I diversi ceppi vengono distinti sierologicamente in base ai 3 antigeni di superficie (O, H
e Vi); i ceppi patogeni responsabili di gastroenteriti sono divisi in:
• E. coli enteropatogeni (EPEC) non producono tossine
• E. coli enteroinvasivi (EIEC) non producono tossine

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Microbiologia

• E. coli enterotossigeni (ETEC) producono tossine


• E. coli enteroemorragici (EHEC) producono tossine
Crescono a temperatura tra 4°C e 48°C con optimum a 37°Cm mesofili.
Sono poco resistenti al calore, ma resistono bene al congelamento.
Il pH che consente la crescita è tra 4 e 4,9 e la Aw minima è 0,95.
Fermentazione acido mista, mobile, Lac+ ma solo i ceppi EIEC.

E. coli enteropatogeni (EPEC)


Il potere patogeno è legato al fattore di aderenza, una proteina in grado di indurre lesioni
a livello della mucosa dei villi intestinali.
Non producono tossine.
Colpiscono i soggetti più giovani.
I sintomi dopo ca 36h (diarrea, febbre, vomito, crampi e brividi) durano max 3 giorni.

E. coli enteroinvasivi (EIEC)


Somigliano molto alla Shigella.
Dose infettante 107-109
La malattia è una conseguenza alla penetrazione delle cellule nella mucosa del colon che
vengono lise.
Non producono tossine.
I sintomi dopo ca 11h sono brividi, febbre, cefalea, diarrea a volte emorragica.

E. coli enterotossinogeni (ETEC)


Coinvolti nella “diarrea del viaggiatore”, che
colpisce molti di quelli che viaggiano in
paesi caldi e manifestano episodi diaerroici
di entità limitata: dopo l’ingestione il
batterio supera lo stomaco e raggiunge
l’intestino dove aderisce alla mucosa e
produce tossine.
Producono infatti tossine acidoresistenti sia
termolabili che termostabili simili a quella
cel Vibrio cholerae con produzione di AMP
ciclico con conseguente alterazione dello
scambio elettrolitico, quindi diarrea.
Necessaria l’ingestione di 108-1010. Ha
incubazione di 8-36 h con durata di max 3
gg. Nella forma leggera i sintomi sono costituiti da febbre e lieve diarrea, mentre nella
forma grave semicolerica oltre a febbre e diarrea vi sono dolori gastrici e vomito.

E. coli enteroemorragici (EHEC)


Producono molte tossine dette Shiga-like o verocitossina.
Esistono molti sierogruppi che producono questa tossina, nel nostro paese sono i O26,
O111 e O145.

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Microbiologia

La trasmissione avviene prevalentemente tramite gli alimenti: derrate animali


contaminate e non ben cotte, specie i bovini, ortaggi e frutti coltivati su terreni dove sono
stati usati reflui da allevamenti infetti, fonti idriche, contatto diretto con animali o tra
persone infette.
Non hanno una particolare termoresistenza e possono sopravvivere bene allo stato
congelato. Sono però sensibili agli acidi e non sviluppano a pH inferiore a 4. La dose
infettante è molto bassa, inferiore a 10.
Alimenti pericolosi sono gli hamburger poco cotti, carne macinata contaminata, latte e
formaggi preparati con latte non pastorizzato, acqua potabile e di balneazione, succo di
mele.
Per prevenirla è necessaria un’igiene accurata degli operatori, la cottura dei cibi,
l’organizzazione delle operazioni all’interno dei macelli, la pastorizzazione del latte e il
mantenimento della catena del freddo.

ENTEROBACTER
L’enterobacter sakazaki è considerato un patogeno emergente in grado di generare casi di
malattia che cronicizzano con alto tasso di mortalità.
Il suo habitat è ubiquitario: dall’ambiente, agli ospedali (specie dove ci sono neonati),
ind. Alimentare, intestino di insetti, liquidi biologici.
Cresce da 5° a 45°C e hanno resistenza termica alta rispetto alla maggior parte dei Gram-
con alta resistenza all’essiccamento riuscendo a sopravvivere anche ad Aw basse come
nel latte in polvere.
E. sakazaki è responsabile di gravi setticemie, meningiti, enterocoliti necrotizzanti nei
neonati, spesso fatali: arriva all’apparato digerente, passa nel circolo sanguigno e quindi
nel liquido cerebrospinale dando meningite.
Sintomi sono inappetenza, irritabilità, ittero, respiro affannoso, pallore, cianosi, collasso,
spasmi.
È stato isolato in molti alimenti, da formaggi, tofu, carne affumicata, salsiccia, the, riso,
cereali, cioccolato, spezie, ecc.. ma tra tutti quello che ha suscitato più interesse è il latte
in polvere: tale contaminazione avverrebbe dopo la pastorizzazione, mentre il prodotto
viene disidratato e confezionato o nelle fasi di ricostituzione e somministrazione a causa
di strumenti contaminati.
Per prevenire la contaminazione è fondamentale l’igiene e la sicurezza nell’uso di latte in
polvere usando contenitori puliti e disinfettati, senza lasciare a temperatura ambiente il
latte ricostituito e assicurandosi il raffreddamento rapido del prodotto in frigo.
Nell’industria alimentare è importante monitorare le materie prime, specie gli ingredienti
che non necessitano di trattamento termico prima della miscelazione.

GRAM NEGATIVI SENZA FAMIGLIA


BRUCELLA
Specie di interesse alimentare sono Br. Abortus, Br. Suis, Br. Meltensis, parassiti
patogeni sia nell’uomo che negli animali dove causano una malattia detta “Brucellosi”.
Sono termolabili (ok con pastorizzazione), poco acidotolleranti ed esigenti

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Microbiologia

nutrizionalmente.
La brucellosi è una malattia infettiva a decorso lento con lunga incubazione o anche
asintomatica. I sintomi sono febbre, sudorazione, anoressia, affaticamento, diminuzione
di peso, depressione. Si trasmette tramite latte non pastorizzato e suoi derivati e per
prevenirla è necessaria la cottura della carne e la pastorizzazione del latte.

VIBRIO
Sono molto comuni tra le tossinfezioni alimentari, alcune specie sono anche utili in
salamoie e prosciutti:
Vibrio cholerae: la suddivisione in sierogruppi è basata sull’antigene O da cui si
distinguono il sierogruppo O1 e il sierogruppo NON O1, aerobi;
Vibrio parahaemolyticus: producono un’emolisina termostabile che lisa i globuli rossi
umani, anaerobio-aerobio facoltativo.
L’habitat è ubiquitario e sono poco psicrotofi in quanto la T minima è 10°C, poco
esigenti in Aw e poco acidotolleranti ma in grado di crescere a pH sino a 9. Non molto
termolabili.
VIBRO CHOLERAE
è l’agente eziologico del colera. La sua dose infettiva è alta a causa della sua sensibilità
all’acidità gastrica. È responsabile di infezione enterotossica non invasica, la patogenicità
è legata a più fattori di virulenza:
• enterotossina colerica che causa accumulo intracellulare di cAMP che sbilancia il
trasporto ionico nelle cellule della mucosa intestinale con forte diarrea
• pilo che media la colonizzazione dell’intestino tenue
• alcuni ceppi producono un’emolisina-citolisina e una tossina shiga-simile che
causa gastroenteriti.
La malattia, in base al sierotipo coinvolto può dare modica diarrea o diarrea acquosa con
muco, forte perdita di liquidi, aritmia, ipocalcemia e nei casi più gravi anche morte se non
curata.
Essendo molto diffuso nelle acque si isola facilmente nei prodotti della pesca, nelle
verdure irrigate con acque contaminate e in alimenti non acidi in quanto è molto sensibile
ai pH bassi.
VIBRO PARAHAEMOLYTICUS
la patogenicità è legata alla produzione di un’emolisina nei ceppi Kanagawa + (non tutti i
ceppi ne producono). Sono molto sensibili a congelamento, essiccamento e trattamenti
termici. La dose infettante è a abbastanza alta, ma l’incubazione è rapida e dura circa 15 h
con dolori addominali, diarrea, vomito. Alimenti contaminati sono frutti di mare,
crostacei e pesce crudo o poco cotto.

CAMPYLOBACTER spp.
Genere costituito da ca. 22 specie, ma quella interessante come patogeno alimentare è C.
jejuni suddiviso a sua volta in 2 sottospecie. Esistono altre specie come C. coli e C.
intestinalis in grado di provocare sindromi gastroenteriche.
Sono microaerofile, per cui richiedono ossigeno attorno al 5% e CO2 3-10%. Lo sviluppo
ottimale è a temperature termofile 42°C ma riesce a svilupparsi anche a T mesofile; sono

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Microbiologia

termolabili e sensibili al congelamento. Sono sensibili a pH bassi e basse concentrazioni


di sale.
Il suo habitat è l’intestino di animali a sangue caldo, specie volatili, quindi si isola dalle
loro feci. C’è una stretta associazione di questo microrganismo coi polli, isolato anche
nelle loro carcasse.
L’enterite da campylobatteri detta campilobatteriosi può essere causata da poche
centinaia di cellule, è quindi molto virulento, probabilmente a causa della sua mobilità e
invasività e produzione di tossine. C. jejuni e C. coli producono un’enterotossina
termolabile e la maggior parte di questi ceppi anche una citotossina correlata a diarrea
sanguinolenta.
L’incubazione dura sino a 7 gg e i sintomi altrettanto con dolori addominali, febbre e
diarrea. In soggetti immunocompromessi può manifestarsi setticemia e nelle donne in
gravidanza aborti o malformazioni dei neonati. Esistono anche portatori sani.
Si trasmette direttamente tra uomini o indirettamente, attraverso cibo contaminato tramite
carne cruda che contamina sia la zona di lavoro che l’operatore. Alimenti pericolosi sono
quindi il pollame in carcassa, suini da intestino, ovini, latte crudo, acqua non trattata o
alimenti vari contaminati da portatori sani o da piani di lavoro.
Essendo sensibile a condizioni avverse come essiccamento, calore, acidità… per
inattivarlo bastano trattamenti blandi come cottura, pastorizzazione, refrigerazione e UV.
L’igiene del personale è sempre fondamentale.

AEROMONAS
Genere suddiviso in 2 gruppi:
• A. hydrophilia → responsabili di patologie alimentari di tipo infettivo, patogeni per
l’uomo;
• A. salmonicida → forme immobili psicrofili non patogeni per l’uomo.
Habitat ubiquitario non esigente, maggiormente diffuso negli ambienti acquatici;
componente della flora intestinale di uomo e animali.
Sono psicotrofi, quindi si trova anche in cibi refrigerati; alta esigenza di Aw, termolabili e
poco acidotolleranti.
Considerato uno degli agenti eziologici della diarrea del viaggiatore assieme ad E. coli.
Deve essere ingerito ad alte concentrazioni e le forme gastroenteriche si riscontrano
soprattutto nei bambini, nella stagione o paesi caldi.
Fattori di virulenza sono
➢ l’aerolisina, enterotossina ad effetto citotossico
➢ le alfa e beta emolisine, in grado di modificare la permeabilità della parete
intestinale (enteroinvasiva)
A. hydrophila provoca nell’uomo due tipi di gastroenteriti
-similcolerica, con diarrea acquosa e febbre;
-simildissenterica, con feci con muco e sangue.
Può provocare anche infezioni extraintestinali gravi per gli immunodepressi.
Alimenti a rischio sono pollame, ma anche bovini, suini e ovini; prodotti ittici specie
molluschi e ostriche e anche prodotti vegetali come spinaci, broccoli, prezzemolo,
sedano, specie se refrigerati. La contaminazione può essere di origine fecale, ma può

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Microbiologia

avvenire tramite le acque di lavorazione e anche da portatori asintomatici.


Per prevenirle occorre cuocere i prodotti in uanto sono molto termolabili (sia loro che le
loro tossine) ed essendo molto sensibili alla CO2 essa ne inibisce la moltiplicazione
quindi l’atmosfera modificata può aiutare.

I Gram- patogeni che abbiamo visto sono responsabili di infezioni enterotossiche o


enteroinvasive -ingerimento del batterio. I Gram+ patogeni, eccetto Listeria, sono
responsabili di intossicazioni -ingerimento tossine (C. botulinum e S. aureus) e
tossinfezioni -ingerimento tossine e batterio (B. cereus e C. perfringens).

PATOGENI GRAM POSITIVI

STAPHYLOCOCCUS spp.
Il genere comprende
• specie saprofite (S. epidermidis, S. albus, S. xilosus, S. carnosus) importanti per la
maturazione dei formaggi
• specie patogene (tra cui S. aureus) responsabile di intossicazione

sono coagulasi positivi e producono 2 tipo di tossine:


1- emolisi attive a livello cutaneo
2- enterotossine fortemente termostabili che ingerite provocano intossicazione

Gli stafilococchi si dividono in Coagulasi + e Coagulasi – a seconda della produzione o


meno della proteina fattore di virulenza. L’unica specie costantemente Coa+ è S. aureus
che risulta essere patogeno, mentre le Coa – non lo sono. L’enzima coagulasi è quindi un
carattere importante per valutare la presenza di Stafilococchi patogeni.
Il suo habitat è ubiquitario, specie in uomo e animali, dove sono commensali di pelle e
mucose e cavità nasali.
Non è esigente nutrizionalmente.
E’ areobio facoltativo: è stato osservato che le condizioni di sviluppo cambiano a seconda
che cresca in aerobiosi o anaerobiosi (il pH minimo è più basso in aerobiosi così come
l’Aw). Cresce sino al 10% di NaCl.

S. aureus è capace di elaborare enterotossine durante la moltiplicazione negli alimenti che


provocano gastroenterite dopo l’ingestione. La quantità di tossine prodotte nell’alimento

49
Microbiologia

è in relazione alla moltiplicazione cellulare a sua volta regolata da temperatura, pH,


composizione alimenti, ecc…
Per produrre la tossina deve
5-6
✔ avere una crescita >10 ufc/g
✔ miglior produzione di tossine avviene dopo circa 4-6 ore a 40°C (a 18°C dopo 3
giorni è ancora presente ma dopo 7 gg a 9° non c’è traccia)
✔ sono tossine resistenti ai trattamenti termici, pertanto la cottura non le inattiva!
✔ La concentrazione di NaCl influenza negativamente la produzione di tossine (sup a
12% non viene prodotta)
✔ la presenza di ossigeno influisce positivamente sulla produzione
La patogenicità è legata all produzone di un’enterotossina termostabile di cui attualmente
sono stati riconosciuti 7 tipi antigenici: le più tossiche sono la A e la D, poi vi sono la B,
C1, C2, C3 ed E. la quantità di tossina necessaria dipende dalla sensibilità individuale ma
è stimata tra 0,1-1 μg/kg. A 121°C per 1 ora si riduce solo del 50% di conseguenza si
ritrovano anche quando il microrganismo è stato distrutto dal calore.
La malattia è una gastroenterite dal decorso benigno con incubazione di 2-4 gg mentre le
manifestazioni continuano per 2 gg con nausea, vomito, crampi, diarrea ed ipotermia. In
uno studio recente si è notato che in alcuni casi le cellule vive di S. aureus arrivate
all’intestino possono moltiplicarsi e produrre tossine in vivo.
Circa il 75% dei casi di intossicazione stafilococca avviene per inadeguato
raffreddamento degli alimenti carnei, pesce, uova e latte. La moltiplicazione insorge nei
punti di ristorazione come bar, ristoranti, distributori ecc che mantengono i cibi caldi. Per
prevenirla, oltre alle scrupolose norme igieniche è necessario un controllo accurato della
catene del freddo.

LISTERIA
comprende 7 specie di cui 3 patogene per l’uomo: L. ianovii, L. seeligeri e L.
monocytogenes.
Questo batterio è diverso dagli altri Gram+ in quanto si tratta di un patogeno
intracellulare che risiede nel citosol dove si replica e la sindrome NON è a carico
dell’apparato gastroenterico.
Si sviluppa anche in condizioni avverse per lunghi periodi:
• psicotrofo, si sviluppa anche a T di refrigerazione,
• resiste al congelamento,
• resiste all’essiccamento (fino Aw 0,86)
• è considerato alodurico (%NaCl maggiore di 10) quindi si trova anche in alimenti
salati.
Ha un’ampia distribuzione ambientale nel suolo, materie vegetali in decomposizione,
insilati, acque, feci di animali sani, flora intestinale e vaginale del 5% delle persone e si
trasmette per via alimentare e per contatto diretto tra uomo e fonti di contaminazione. Da
tempo è noto che i foraggi sono la principale fonte di contaminazione tra uomo e animali
o tramite via digerente di alimenti come fogmaggi dove è stata isolata proveniente dal
latte: dopo la formazione della cagliata la flora batterica lattica determina abbassamento
del pH che rende impossibile la loro moltiplicazione, ma nel corso della maturazione, in

50
Microbiologia

seguito a proteolisi, il pH risale leggermente arrivando a valori che ne consentono la


moltiplicazione, specie su crosta gorgonzola.
Non tutti i ceppi di L. monocytogenes sono patogeni: l’azione è collegata alla sua
moltiplicazione nell’individuo, infatti è stata osservata stretta relazione tra produzione di
emolisina e patogenicità. Il batterio entra nelle cellule epiteliali grazie alla produzione di
una invasina e di una emolisina che contribuisce alla diffusione da una cellula all’altra
dell’organismo.
La listeriosi non si sviluppa in tutte le persone che vengono a contatto con l’organismo,
quindi si pensa a meccanismi di resistenza genetica.
La malattia, listeriosi, si manifesta sottoforma di meningite, aborti, setticemia ma mai a
carico dell’apparato gastroenterico.
L’incubazione va da 2 a 6 settimane: la fase enterica può anche essere asintomatica, ma
se i ceppi virulenti si moltiplicano e distruggono i macrofagi inducono setticemia e a
questo punto il batterio può invadere tutto l’organismo. La fase sistemica provoca la
morte del 30% degli immunocompromessi con particolare rischio per le donne in
gravidanza.
Alimenti a rischio sono quelli pronti da mangiare, preparati prima, i vegetali anche se
surgelati, il latte, i prodotti lattiero-caseari, le carni avicole, uova, prodotti ittici, carnei e
di salumeria.
La prevenzione è la cottura dei cibi, pastorizzazione del latte, scartare croste di formaggi
e attenta pulizia delle verdure.
L. innocua è stata proposta come indice di contaminazione da monocytogenes e potrebbe
essere importante nel caso di prodotti trattati termicamente in cui la Listeria non
sopravvive in quanto essendo contenute maggior quantità, la loro assenza nel prodotto
può indicare anche assenza di monocytogenes.

PHYLUM FIRMICUTES sporigeni


BACILLUS CEREUS
Microrganismo responsabile di tossinfezione (ingestione sia di tossine che di batteri, a
volte sotto forma di spore). Come per Clostidium perfringens la sindrome tossica è
causata dall’ingestione sia di tossine preformate nel cibo, sia da quelle prodotte
dall’ospite una volta ingerito. È in grado di produrre molti enzimi responsabili di
alterazioni negli alimenti.
Habitat ubiquitario, molto diffuso nella polvere e nel terreno oltre che nella flora
intestinale umana, nei cereali e nei vegetali.

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Microbiologia

Il microrganismo non rappresenta un pericolo entro certi limiti: soglia di pericolosità data
da 105 cellule/gr di alimento. Sopra questa soglia vengono prodotte enterotossine liberate
in seguito a lisi del batterio sia nell’alimento che nell’intestino.
ENTEROTOSSINA EMETICA ENTEROTOSSINA DIAERROGENA
Simili a quelle di S.aureus Simile a quelle di C. perfringens ma questa ha
viene prodotta quando la cellula sporifica tossicità maggiore
è termoresistente viene prodotta durante la fase esponenziale di
provoca sindrome più grave crescita, quindi si ha produzione con 107 ufc/gr di
necessaria però una concentrazione di 109 ufc/gr batteri
è termolabile (56° x 5 min)
la tossina viene prodotta anche a 4°C
Malattia Malattia
tossina termostabile e resistente a pH estremi prodotta a 18-43°C e pH 6-8,5
per indurre questa forma serve carica microbica i sintomi compaiono dopo 8-24 h con guarigione
alta (2x109/g) spontanea
i sintomi compaiono dopo 1-6 h e durano sino a 1 gli alimenti incriminati sono vari e includono
gg caratterizzati da nausea e vomito violenti vegetali, carne, prodotti in scatola.
sembra che l’alimento principale responsabile sia il
riso o comunque prodotti ricchi di amido.
Gli alimenti vettori sono generalmente cibi cotti e consumati dopo la preparazione
conservati a T elevata e sono gli unici vettori della malattia. Si ritrova spesso nei
prodotti essiccati.
La prevenzione deve mirare ad evitare la germinazione delle spore affinché non si
raggiungano cariche ritenute pericolose quindi è indispensabile che gli alimenti siano
conservati a T inferiori a 5°C. Per uccidere le cellule vegetative anche il riscaldamento
sopra i 55°C ha effetto.

CLOSTRIDIUM BOTULINUM
Gram + sporigeno anaerobio, responsabile di intossicazione, insieme a S. aureus. Il nome
deriva dal fatto che le prime intossicazioni derivavano dall’ingestione di salsicce, ora le

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Microbiologia

contaminazioni maggiori arrivano da prodotti ittici e vegetali.

Importante caratteristica dei ceppi di C. botulinum è che possono essere proteolitici o non
proteolitici in base alla capacità di idrolizzare la caseina, la carne, l’uovo coagulato, il
siero coagulato.

Sierotipo A Hanno spore più termoresistenti e sono


Proteolitici Sierotipo G meno esigenti
Alcuni sierotipi B e F
Sierotipo E
Non Proteolitici
Alcuni sierotipi B e F
Alcuni sierotipi C e D possono essere sia proteolitici che non.

Sierotipo A
Si rinviene principalmente in USA, Cina e Argentina da intossicazioni da cibi vegetali.
Sierotipo B
Quello che determina il maggior numero di intossicazioni in Europa, tramite prodotti
carnei. Sembra che nel suino possa vivere in maniera saprofitica nell’intestino e passare
alle masse muscolari dopo la macellazione per mancato rispetto delle norme igieniche,
questo spiega la sua presenza nei prosciutti.
Sierotipo E
Predomina nelle regioni fresche del Nord come Giappone e Canada, tramite prodotti ittici
come trote in Finlandia o pesci d’allevamento.

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Microbiologia

La termoresistenza delle spore è influenzata da


sierotipo, numero di spore (le più resistenti quelle del sierotipo A), substrato.
Il suo habitat è ubiquitario: nel terreno più A e B, nelle acque il tipo E, poi residui
vegetali, carcasse e feci di animali.
Le tossine botuliniche sono proteine neurotossiche prodotte durante la crescita vegetativa
ma rilasciate durante la lisi delle cellule che avviene durante la sporulazione. La tossina
non viene inattivata dal pH acido dello stomaco quindi riesce ad arrivare per via ematica
sino alle cellule nervose dove agisce sulla placca motrice nervosa. Viene internalizzata e
quindi trasportata a livello delle giunzioni neuromuscolari dove viene bloccato il rilascio
dell’acetilcolina. Sono sufficenti pochi nanogrammi di neurotossina.

La produzione di tossine segue lo sviluppo del microrganismo e di conseguenza le


condizioni che lo favoriscono, influenzano positivamente anche la produzione di tossine:
effetto temperatura, pH, Aw, potenziale redox e flora competitiva. Ad eccezione di
qualche alimento conservato, come le conserve acide, dove uno solo di questi fattori è in
grado di controllare lo sviluppo microbico, C. botulinum in genere viene inibito dal
CONTEMPORANEO intervento di più fattori.
Effetto temperatura
➢ il congelamento è le alte temperature prevengono la produzione di tossina ma
risultano privi di effetti sulle spore che germineranno quando torneranno a
condizioni favorevoli.
➢ La tossina preformata non presenta grande resistenza al calore e viene distrutta a T
inferiori a 80°C quindi contrariamente a S. aureus la tossina botulinica è distrutta
dai trattamenti termici.
➢ La termoresistenza delle tossine è influenzata dal pH del substrato e decresce
quando questo si abbassa.
Effetto pH
➢ lo sviluppo è favorito da pH prossimi al neutro.
➢ In genere la max produzione di tossina è tra pH 5-8.

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Microbiologia

➢ i limiti minimi che consentono la germinazione della spora e la produzione di


tossina sono 4,6 per i proteolitici e 5 per i non proteolitici.
➢ L’ambiente acido favorisce l’effetto delle alte temperature sulla distruzione di
spore. Uesto permette di ridurre le T di sterilizzazione delle conserve acide.
Effetto Aw
➢ i valori che consentono la germinazione delle spore e la produzione di tossina sono
0,94 per i Proteolitici e 0,97 per i non proteolitici.
➢ Le richieste di Aw aumentano a pH acidi e al diminuire della T.
➢ il sale è uno dei fattori più importanti per il controllo del botulinum anche se è
dotato di una certa acidotolleranza: NaCl al 10% per i Proteolitici e 5% per non
proteolitici.
Effetto potenziale red-ox
➢ C. botulinum è anaerobio che è in grado tuttavia di svilupparsi anche in presenza di
modeste concentrazioni di ossigeno.
➢ Il confezionamento sottovuoto pertanto non è indispensabile perché si verifichi la
produzione di tossina (test dimostrano che pesci confezionati sottovuoto e non
diventano tossici nello stesso periodo di tempo).
➢ Tuttavia il sottovuoto anche se non indispensabile risulta più pericoloso poiché
vengono inibiti altri microrganismi che risultano antagonisti (i batteri lattici) sul C.
botulinum.
➢ È stato invece dimostrato che un’atmosfera che circonda l’alimento fatta solo da
anidride carbonica rallenta lo sviluppo del microrganismo e tale effetto è
potenziato dalla conservazione in ambiente refrigerato.
Effetto flora competitiva
➢ sono la flora contaminante normalmente un alimento come batteri lattici
principalmente, data la loro caratteristica di produrre sia acido lattico che un
antibiotico naturale.
➢ Sono anche lieviti e muffe che mantengono pH elevato.
➢ Alcuni enzimi prodotti da batteri proteolitici metabolizzano la tossina preformata.

Ci sono 3 tipi di botulismo


ALIMENTARE → dovuto alla presenza di tossina nei cibi. Si manifesta dopo 2-8 ore
dall’ingestione, la malattia generalmente inizia con problemi gastroenterici come nausea
e vomito e sopo dopo 12-24 ore arrivano i sintomi nervosi con vertigini, disturbi della
visione, difficoltà di parola, perdita di riflesso della deglutizione sino a ipotermia e
paralisi muscolare flaccida. Nei pazienti non trattati si arriva al decesso per insufficenza
respiratoria acuta.
INFANTILE → perché C. botulinum è presente nel tratto intestinale di un certo n di
neonati diverso dall’intossicazione vera e propria. Vengono ingerite spore vitali che
germinano e sintetizzano la tossina nell’intestino. Si pensa che sia possibile nei bambini
di 6-24 mesi nei quali la flora intestinale non è ancora in grado di contrastare la
colonizzazione. Tale sindrome è caratterizzata da costipazione, anoressia, sonnolenza e
mancanza di controllo dei movimenti della testa ed è stato messo in relazione con
l’assunzione di miele.

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Microbiologia

DA FERITA → o da lesione, dovuto all’infezione di ferite da parte del batterio, diverso


dall’intossicazione vera e propria.
Per quel che riguarda gli alimenti, si ricorda che i porodtti ittici e vegetali possono
veicolare la tossina, in genere si tratta di prodotti lavorati come conserve fatte in casa i
quali sono stati sottoposti a lavorazione inadeguata, specie per trattamenti termici
insufficenti e conservazione ad alta T. Tra i prodotti incriminati non vengono riportati i
cibi congelati, ma si ricordi che le spore sopportano il congelamento per cui se la
conservazione dopo lo scongelamento non viene eseguita correttamente le spore possono
germinare e produrre tossina.

La profilassi di questa intossicazione deve mirare a impedire che la tossina preformata sia
presente negli alimenti quindi bisogna inibire la moltiplicazione piuttosto che la morte:
• trattamenti termici per eliminare le spore che possono essere blandi se gli alimenti
vengono addizionati con NaCl o nitriti o acidificanti;
• riscaldamento dei cibi preparati – la tossina viene disattivata a 85°C x 6 min;
• refrigerazione a T inferiore a 4°C
• controllo dell’attività dell’acqua inferiore a 0,93
• corretta preparazione e conservazione degli alimenti..

CLOSTRIDIUM PERFRINGENS
Microrganismo Gram+ sporigeno anaerobio ma in grado di tollerare anche buoni livelli di
ossigeno, responsabile di tossinfezione generalmente collegate alla ristorazione collettiva.
In base alla produzione delle 4 tossine maggiori letali la specie viene suddivisa in 5
differenti tipi (A B C D E). i ceppi del gruppo A, ma anche C e D sono patogeni per
l’uomo.
Largamente distribuito in natura, fa parte della normale flora del suolo e nella polvere.
Costituisce normale flora intestinale di uomo e animali.

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Microbiologia

È molto esigente nutrizionalmente e sensibile alle basse T. in prossimità di T minime di


sviluppo ha lag fase lunghe mentre a T massime la lag fase è inesistente e il tempo di
duplicazione basso, per cui vengono incriminati cibi cotti e raffreddati lentamente. È
sensibile al calore.
Il fenomeno della sporificazione è importante perché la spora permette la sopravvivenza
del germe e durante tale processo avviene la massima produzione di enterotossina.
La sporificazione è abbastanza difficile e dipende dal ceppo microbico e dal substrato:
• T tra 35°-40°C
• pH tra 6 e 8
• No zuccheri fermentiscibili che abbassando il pH ostacolano il processo
• Aw superiore a 0,98
La dose infettante è abbastanza alta e le tossine sono responsabili di gangrene gassose,
coliti necrotizzanti e setticemie. I tipi A e C producono anche un’enterotossina la cui
formazione avviene durante la sporulazione del germe e il rilascio a seguito di lisi
cellulare. Tale tossine è la maggiore causa delle gastroenteriti alimentari ed è termolabile.
I sintomi sono forti dolori addominali, diarrea acuta, nausea ma mai il vomito.
Gli alimenti a rischio sono i prodotti carnei la cui caratteristica è quella di essere stati
sottoposti a trattamenti termici e raffreddati a temperatura ambiente.
Per prevenire la malattia occorre rapido raffreddamento, riscaldamento dei cibi e il
rispetto scrupoloso della catena del freddo sotti ai 10°C.

LA BIRRA
Prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces
carlsbergensis (S. pastorianus) o di Saccharomyces cerevisiae di un mosto preparato con
malto, anche torrefatto, di orzo di frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con
luppolo o suoi derivati o entrambi. La fermentazione alcolica può essere integrata con la
fermentazione lattica e il malto d’orzo o frumento può essere sostituito con altri cereali.
In base al grado saccarometrico del mosto di partenza si distinguono 5 categorie di birra
(dalla analcolica, leggera, normale, speciale e doppio malto).
Le materie prime usate nella produzione sono: acqua, orzo (o suoi succedanei quali
avena, frumento, mais, miglio, riso, sorgo e pseudocereali), luppolo e lieviti.

ACQUA
90% del composto, si usa acqua potabile non troppo dura e con pH al di sotto della
neutralità. I sali in essa contenuti influenzano i caratteri organolettici, le reazioni
enzimatiche e gli equilibri delle sostanze nell’intero processo.
La durezza dell’acqua influenza il pH del mosto e il gusto.
importante per la qualità del prodotto finito: i sali minerali influenzano i parametri
organolettici, le reazioni enzimatiche e gli equilibri delle sostanze colloidali del mosto,
mentre la durezza influenza il pH del mosto e il gusto della bevanda quale deve essere 5,5
nella fase di ammostamento e filtrazione per estrarre più sostanze polifenoliche e tannini

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Microbiologia

facendo imbrunire la birra e dandole sapore astringente.


Ogni acqua conferisce alla birra caratteristiche organolettiche diverse e molti sono i
parametri da considerare specie:
• ione calcio che favorisce corretto ripiegamento strutturale delle amilasi e
reagiscono coi fosfati presenti nel malto abbassando il pH
• ione magnesio che partecipa in reazioni di acidificazione del mosto ed è cofattore
indispensabile dell’enzima enolasi.
Differente contenuto di questi due sali caratterizza l’acqua e conferisce, a seconda della
durezza, l’idoneità a produrre birra. Acque troppo dure sono troppo concentrate in sali
(carbonati) che durante l’ammostamento influenzano negativamente l’attività degli
enzimi che trasformano amido in zucchero e producono birre più scure. Per ovviare a
questo le acque vengono addolcite, ovvero impoverite di sali, sino ad avere durezza di 4-
7 dH (gradi di durezza tedeschi, ° dh= 1 mg CaO/l)ò. D’altra parte acque troppo tenere
favoriscono eccessiva solubilizzazione delle resine del luppolo dando sapore troppo
amaro.
I principali tipi di birra sono caratterizzati dall’acqua della regione con cui vengono
prodotte:
-Pilsen (CZ) acque tenere per birre molto chiare e leggere con aroma consistente di
luppolo;
-Dortmund e Monaco (D) acque dure per birre scure e forti (monaco) o medio forti
(Dortmund).

LUPPOLO
Pianta perenne rampicante dioica che porta i frutti su piante diverse. Per la produzione
della birra sono usate solo le infiorescenze femminili dette coni. Il costituente dei coni è
la luppolina, polvere gialla di consistenza resinosa che contiene 60% di resine amare e oli
essenziali 1-3%. Le varietà di luppolo sono divise in amaricanti e aromatizzanti sulla base
dei diversi contenuti di queste due sostanze.

LIEVITI
I ceppi usati per la fermentazione appartengono al genere Saccharomyces divisi in:
• lieviti per la fermentazione bassa (8-15°C) S. pastorianus
• lieviti per la fermentazione alta (15-23°C) S. cerevisiae.
Il lievito fermenta gli zuccheri per crescere e vivere, quindi per produrre energia.
Il suo metabolismo può seguire due percorsi
➔ aerobico/respirazione, più efficiente, viene prodotta più energia ma avviene solo
con ossigeno, produce acqua e CO2 come prodotti di scarto
➔ anaerobico/fermentazione, meno efficiente, avviene in assenza di ossigeno,
produce alcol e CO2 come principali prodotti di scarto.

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Microbiologia

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Microbiologia

Prodotti metabolici della fermentazione:


ETANOLO: si arriva all’etanolo passando per acetaldeide (foto sopra) ed è prodotto sia
con che senza ossigeno.
ESTERI: dall’acetaldeide si forma acido acetico a sua volta trasformato in Acetil CoA,
attore importante nel processo di esterificazione, ovvero nel percorso di sintesi degli
esteri quali danno gli aromi fruttati.
ACIDI GRASSI: in presenza di ossigeno, quindi all’inizio della fermentazione, l’acetil
CoA viene trasformato in acidi grassi usati dal lievito per rinforzare le membrane durante
la crescita. L’apporto iniziale di ossigeno è quindi fondamentale per creare cellule sane
che altrimenti farebbero fuoriuscire composti indesiderati dando profilo organolettico
difettoso al prodotto.
Quando l’ossigeno finisce l’acetil CoA in eccesso viene catturato dall’enzima Alcol O-
acetiltransferasi quale catalizza la reazione di esterificazione (acidi grassi+alcoli=esteri)
nascono così gli esteri, ovvero aromi fruttati che caratterizzano le birre belghe.
Se l’ossigenazione è scarsa la produzione di acidi grassi si interrompe così che più acetil
CoA entrano nel percorso di esterificazione aumentando la produzione di esteri: ecco
perché una scarsa ossigenazione porta cellule meno forti e a un livello più alto di aromi
fruttati.
ACIDO ACETICO: prodotto di sintesi intermedia nel ciclo di fermentazione che non si
ritrova nella birra finita.
DIACETILE: dà aroma di burroso spesso indesiderato nella birra. Viene prodotto per
ossidazione dell’acetolattato, composto che deriva dai piruvati, utile per sintesi degli aa.
In condizioni normali viene prodotto e successivamente riassorbito dalla cellula del
lievito.
GLICEROLO: composto dal sapore leggermente dolciastro contribuisce a irrobustire il
mouth feel della birra grazie alla sua viscosità; viene prodotto da tutti i lieviti
Saccharomyces.
VINILFENOLI: i fenoli sono una classi di composti dal caratteristico aroma speziato. La
produzione di aromi fenolici avviene grazie all’enziam Phenolic Acid Decarboxylase che
catalizza la reazione di trasformazione degli acidi fenolici in vinilfenoli, sostanze volatili
che producono sfumature aromatiche di pepe, chiodo di garofano o addirittura

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Microbiologia

medicinale.

ORZO (MALTO D’ORZO)


Cereale più usato per la birra, (anche se ne esistono anche di frumento, riso e mais) previa
trasformazione in malto (maltazione). L’orzo è colonizzato da vari microrganismi che
rimangono attivi nella fase di germinazione fino all’essiccazione: tra i lieviti vi sono
Ascomiceti e Basidiomiceti, mentre tra i batteri Gram – vi sono Pseudomonas, Erwinia,
Rahnella, Enterobacter.
Tale microflora interagisce con l’orzo producendo metaboliti che favoriscono la
germinazione e producendo enzimi responsabili della degradazione della parete.
Il MALTO d’orzo è il più usato in quanto è il grano dell’orzo fatto rigerminare in
particolari condizioni di umidità e successivamente riessiccato in forni. Nel corso della
germinazione produce più enzimi rispetto ad altri cereali.
La composizione chimica dell’orzo è la più conveniente per la produzione della birra e il
seme è protetto da glumelle: questo è importante perché il seme è protetto da urti e
danneggiamenti. Infine l’orzo è una pianta rustica che può essere coltivata in climi
diversi.
Osservando la struttura dell’orzo si capisce perché non è usato direttamente nella
produzione della birra:
➢ la scorza o Glumella assieme agli altri strati detti pericarpo e la testa proteggono
l’interno del chicco;
➢ lo strato Aleuronico racchiude la riserva di amido e lascia libera la parte
embrionale. Queste cellule sono ricche di sostanze nutritive e sono in grado di
sintetizzare le gibberelline;
➢ l’endosperma costituisce la parte porzionale contenente la parete amidacea;
➢ l’amiloplasto, costituito da cellule contenenti granuli di amido separati da pareti
polisaccaridiche. Queste pareti rendono l’endosperma una struttura molto compatta
e rigida.

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Microbiologia

FASI DI PROCESSO DELLA BIRRA


1. maltazione
2. macinazione
3. ammostamento o saccarificazione
4. filtrazione del mosto
5. cottura e luppolamento
6. fermentazione primaria
7. fermentazione secondaria o stagionatura
8. pastorizzazione e confezionamento

62
Microbiologia

MALTAZIONE
Scopi di questo processo sono
• produzione di enzimi amilolitici e proteolitici assenti nell’orzo non germinato, la
cui azione è indispensabile in fase di ammostamento per idrolizzare l’amido
• maggiore facilità di lavorazione del malto, più friabile dell’orzo non germinato
• sviluppo del profilo aromatico e del colore caratteristici e dipendenti dal
programma di essiccamento adottato.
L’orzo deve quindi subire una serie di trasformazioni per essere usato nella birrificazione,
quali la pulitura e calibratura (x ottenere chicchi omogenei), la bagnatura o macerazione
durante la quale avviene la germinazione e la liberazione degli enzimi amilacei e la
germinazione, o maltatura, in cui i chicchi macerati vengono posti in germinatoi con
areazione continua per permettere la rimozione della CO2 formatasi; allo stesso tempo la
radichetta cresce e nell’embrione sviluppano le alfa e beta amilasi (attaccano l’amido e lo
idrolizzano a destrine e maltosio) e le proteasi (che demoliscono le proteine). Oltre a
questi enzimi si formano anche sostanze oleose che vengono allontanate per evitare che
agiscano da antischiuma. Quest’ultima fase si considera terminata quando la radichetta è
lunga due o tre volte rispetto al seme e il chicco è diventato molto verde.

β-amilasi (58-63°C) maltosio e maltotriosio (fermentescibili) + alcol


α-amilasi (68-73°C) destrine(nonfermentescibili) + corpo

In seguito il malto passa in essiccazione, o torrefazione: oltre alla rimozione dell’acqua


porta anche alla formazione di composti che contribuiscono al colore e all’aroma tipico
dei diversi malti. Nelle fasi iniziali, quando l’U del seme è ancora alta, la temperatura
dell’aria calda non deve superare i i 50° per evitare l’inattivazione degli enzimi e solo
quando l’U scende sotto il 25% la T può arrivare a 70°C. Per ottenere U finale del 4% il
malto viene infine sottoposto al cosiddetto “colpo di fuoco” durante il quale la
temperatura raggiunge gli 85°C.
È possibile ottenere malti molto diversi per colore e aromi in base alle tecnologie usate

63
Microbiologia

per la maltazione. Per definizione tutti i malti eccetto il malto chiaro tipo Pilsner o quelli
ottenuti da cereali diversi dall’orzo, sono malti speciali, classificati poi in tre categorie:
scuri, caramello e torrefatti.

Tipi di malto
➢ Malti additivi: scuri da ambra a nero, cotti molto e che hanno perso tutto il potere
enzimatico. Usati in piccole quantità per influire sul colore e sull’aroma;
➢ Malti misti: tostati maggiormente rispetto a quelli base, ma che conservano
sufficenti proprietà aromatiche così da essere usati sia come basi che come
additivi;
➢ Malti di altri cereali: a volte non maltati come il frumento, farro, avena, grano
saraceno, ecc… possono venire usati in quantità variabili per caratterizzare la birra.

A questo punto l’orzo viene MACINATO e MISCELATO CON ACQUA CALDA


dentro al tino di ammostamento.

RIASSUMENDO RISULTATO E SCOPO DELLA MALTAZIONE


è un chicco molto friabile dovuto alla sintesi, durante la germinazione, di amilasi in grado
di degradare l’amido, glucanasi in grado di idrolizzare la parete dell’endosperma e
proteasi in grado di idrolizzare le proteine. Inoltre vi è formazione di sostanze aromatiche
e coloranti per via non enzimatica durante l’essiccazione grazie alle reazioni di Maillard.
Questi sono derivati di anelli pirazinici e pirrolidinici.
Avviene inoltre l’eliminazione del dimetil solfuro che lascia nella birra un odore di uova
marce e la produzione o liberazione di sostanze nutritive indispensabili per il lievito.

AMMOSTAMENTO
Consiste nel miscelare il malto macinato con l’acqua calda per solubilizzare e quindi
estrarre maggior quantità di sostanze. La miscela è riscaldata fino a una data T, quindi si
esegue una sosta in cui le sostanze insolubili del malto vengono idrolizzate. Diverse T e
diverse soste permettono formazione di peptidi e aa, azione delle beta amilasi e quelle
delle alfa amilasi, sino a che gli enzimi amilolitici portano alla formazione di maltosio e
maltotriosio e destrine.
Scopo dell’ammostamento è quello di rompere le proteine e gli amidi che non sono stati
trasformati durante il processo di maltazione. Permette la saccarificazione, ad opera degli
enzimi, degli zuccheri complessi quali l’amido, presenti nel malto. Tutte le sostanze che
passano in soluzione vengono dette estratto.
L’ammostamento è un processo diviso in due parti distinte:
A) riattivazione degli enzimi del malto
B) filtrazione: il malto ormai esauso è separato del mosto
in questa ultima fase viene separata la parte solida da quella liquida tramite un filtro
all’interno del tino. Il liquido viene introdotto in un bollitore dove avviene appunto la
bollitura per 1 ora che serva a sterilizzare e concentrare, inoltre in questa fase si va a
migliorare l’aroma aggiungendo luppolo e spezie.

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Microbiologia

GLI ENZIMI
Gli enzimi prodotti durante la maltazione e utili alla produzione della birra sono

NB: Variano nel mosto gli intervalli di T e pH. Per avere buona saccarificazione è
necessario avere pH tra 5,1 e 5,8.

Fitasi → necessario un pH tra 5,1 e 5,8. La miscela di acqua e malto ha un pH di circa 6


e per abbassarlo si sfrutta l’attività catalitica delle fitasi che agiscono a T 30-52°C e
degradano la fitina, sale insolubili in cui gran parte dei fosfati del malto sono legati
all’acido fitico, rinlasciando così tali fosfati nel mosto e riducendo il pH.

β-glucanasi → enzima idrolitico in grado di tagliare i legami β 1-3 e β 1-4 del


glucopiranosio, componente la parete cellulare degli amiloplasti, facilitando la
liberazione dei granuli di amito che saranno accessibili dalle amilasi consentendo
saccarificazione del mosto.

Proteasi e Peptidasi → degradano molte proteine nel malto per avere un mosto con buon
contenuto di AA per far crescere i lieviti e per ridurre la quantità di proteine che
altrimenti danneggerebbero la birra finita. La percentuale finale dovrebbe essere di 36-
40%: riduzione eccessiva delle proteine porterebbe troppa schiuma della birra.

α e β amilasi → idrolizzano i legami α 1-4 di amilosio e amilopectina con modalità


d’azione leggermente diversa infatti le α amilasi tagliano i legami 1-4 e possono
idrolizzare le destrine a molecole ancora più piccole, mentre le β amilasi tagliano
anch’esse i legami 1-4 formando principalmente maltosio, fermentiscibile.
Gli oligosaccaridi contenenti ramificazioni non vengono degradate ulteriormente:
contengono zuccheri non fermentiscibili e sono dette “destrine limite” e responsabili del
“corpo” del prodotto finito.

Nella degradazione dell’amido per la produzione della birra si possono quindi distinguere
3 fasi principali:
1. Gelatinizzazione, ovvero ringonfiamento dei granuli di amido in acqua calda.
L’amido viene più facilmente attaccato dalle amilasi.
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Microbiologia

2. Liquefazione, riduzione della viscosità dell’amido gelatinizzato ad opera delle alfa


amilasi.
3. Saccarificazione, completa degradazione dell’amido a maltosio e destrine ad opera
delle amilasi alfa e beta.

COTTURA E LUPPOLAMENTO
Alla fine dell’ammostamento e dopo aver filtrato il mosto e recuperato il “liquore” si
procede alla bollitura la quale ha lo scopo di
• sterilizzare il mosto
• concentrare il mosto
• amaricare il mosto dopo l’aggiunta del luppolo
• far precipitare le proteine e le impurità dovute alla filtrazione.
Con l’alta temperatura quindi il mosto viene sterilizzato e concentrato; l’acqua in eccesso
evapora e gli enzimi e i microrganismi vengono inattivati; le sostanze amare del luppolo
isomerizzano e le proteine e i composti polifenolici coagulano; il colore del mosto
diviene intenso in seguito alla caramellizzazione degli zuccheri e alla formazione di
melanodine e ossidazione dei fenoli.

IL LUPPOLO la cui infiorescenze femminili contengono sostanze aromatiche tra cui


resine e dotate di attività antisettiche conservanti, danno il sapore amaro e permettono al
mosto di essere stabili e dare il tipico sapore alla birra.

Finita la fase di cottura viene effettuata una centrifugazione che permette di separare il
mosto dal luppolo che rimane nel fondo del tino. Una volta chiarificato viene raffreddato
con scambiatori di calore a 8-15°C per la bassa fermentazione e a 16-25°C per l’alta
fermentazione, quindi viene introdotto nel fermentatore.

FERMENTAZIONE PRIMARIA
Trasferito nei tini, viene poi aggiunto il lievito starter per avviare la fermentazione
primaria che durerà da 2 a 10 gg. La quantità di inoculo è di 1 milione di cellule per
grado Plato per mL di mosto (es. 12x106 cell/mL in un mosto a 12°C).
Nel serbatoio, dopo 6-12 ore dall’inoculo del lievito e in funzione della T, si evidenziano
ai bordi della superficie le caratteristiche schiume bianche indicatrici dell’avvio della
prima fase di fermentazione. Già al 2° gg l’intera superficie è ricoperta da schiume che
continuano ad ispessirsi sino ad essere frastagliate: segno che la fermentazione è al suo
massimo.
Allo stesso tempo la T aumenterà in seguito alla forte attività del lievito quindi la si deve
regolare per non superare il massimo previsto.
Le specie di lievito più importanti per la vinificazione e la birrificazione sono raggruppate
nel Saccharomyces sensu stricto complex che comprende 4 specie: S. cerevisiae, S.
paradoxus, S. pastorianus, S. bayanus. Queste ultime due crescono a T maggiori di 37°C.
Tale caratteristica ne ha determinato la suddivisione in lieviti di alta fermentazione =
“ale” e di bassa fermentazione = “lager”.
Nella birrificazione si distinguono 3 tipi di fermentazione:

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Microbiologia

1. alta fermentazione, x produzione di birre tipo Ale, la più antica


2. bassa fermentazione, x produzione di birre tipo Lager
3. fermentazione spontanea, x produzione di birre tipo Lambic

La fermentazione primaria è caratterizzata da breve durata e intensa attività del mosto


durante la quale si ha veloce trasformazione del glucosio (ottenuto dalla scissione del
maltosio) in alcol etilico e anidride alcolica. Assieme a tale processo ne avvengono altri
che coinvolgono tutti i componenti di partenza con formazione di alcoli superiori, esteri,
acidi organici e composti carbonilici e contenenti zolfo. Durante tale fase si ha anche la
formazione di diacetile a partire da α-acetolattato che si accumula ed esce dalla cellula
senza essere degradato da alcun enzima; solo successivamente gli stessi lieviti
degraderanno enzimaticamente il diacetile, cosa molto importante e da tenere sotto stretto
controllo in quanto tale composto è responsabile dell’aroma di burro, indesiderato nella
birra.

I BATTERI LATTICI nella birra possono essere aggiunti per l’acidificazione del mosto
(appartenenti al genere Lactobacillus). Vengono usati inoculi di Lactobacillus plantarum
il quale tollera bassa Aw e pH più basso rispetto ad altri batteri lattici. Il prodotto
principale della fermentazione è l’acido lattico il quale provoca abbassamento del pH
inibendo la crescita di altri batteri, attenua la durezza dell’acqua e intensifica il sapore
mantenendo la schiuma.

FERMENTAZIONE SECONDARIA
Al termine della fermentazione primaria la birra è travasata in serbatoi dove avviene la
fermentazione secondaria o “stagionatura” per far depositare quanto è ancora in
sospensione e far amalgamare il più possibile i componenti della birra. Durante questa
fase la T viene abbassata sino a 0-2°C per le birre a bassa fermentazione e 8-10°C per
quelle ad alta fermentazione.

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Microbiologia

La durata della stagionatura varia per le lager che va da qualche settimana alle ale che è
solo di poche settimane.
Nel corso della stagionatura, che
avviene in serbatoi sotto pressione,
avvengono fenomeni quali la
saturazione naturale con CO2 e parziale
chiarificazione della birra in seguito a
sedimentazione sul fondo di cellule di
lievito e sostanze coagulate. Si hanno
inoltre l’affinamento e miglioramento
del gusto dovuti all’attenuazione
dell’amaro del luppolo e
all’aromonizzazione dei composti
aromatici derivanti dalla fermentazione.

FILTRAZIONE
Al termine della stagionatura la birra
viene filtrata per separare il liquido dai
composti solidi quali lieviti, resine
coagulate, proteine e polifenoli. Questi
ultimi sono responsabili dell’instabilità
chimico-fisica del prodotto finito.

PASTORIZZAZIONE
Se non è stata effettuata la filtrazione biologica su membrane poliuretani, poliammidi,
acetato ecc.. si procede col trattamento termico il cui scopo è l’inattivazione dei
microrganismi e degli enzimi per ottenere un prodotto stabile.
Vi sono 2 tipi di pastorizzazione:
-IN TUNNEL dopo il confezionamento, con acqua calda a pioggia che riscalda
l’involucro sino a 60°C per 20 min;
-FLASH prima del confezionamento, il prodotto viene riscaldato in uno scambiatore a
70°C per 11,5 min.

CONFEZIONAMENTO
In bottiglie o lattine o fusti, facendo attenzione che la birra non entri in contatto con l’aria
in quanto l’ossigeno ha effetti negativi sulla qualità. Valori inferiori a 0,1 mg di ossigeno/
L di birra sono indice di processo condotto perfettamente.

FERMENTAZIONE SPONTANEA
Tra le più famose vi è la belga Lambic prodotta vicino a Bruxelles. La fermentazione
avviene in barili di legno per circa 3 anni suddivisa in 5 fasi:
I. qui si ritrovano i batteri Enterobacter cloacae, E. aerogenes, Citrobacter freundii e
lieviti Kloeckera apiculata,Naumovia dairenensis. La fase dura circa 1 mese e solo

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Microbiologia

piccola parte degli zuccheri è consumata con poca produzione di alcol,


dimetilsulfato e acidi organici.
II. I lieviti fermentativi sono S. cerevisiae e S. bayanus. Qui viene prodotto quasi tutto
l’alcol della birra e il dimetilsulfato tende a scomparire. Dura circa 2 mesi.
III.Fase di acidificazione con sviluppo di lieviti Dekkera/Brettanomyces e batteri dei
generi Pediococcus e Lactobacillus.
IV. Fase di maturazione, dura diversi mesi in cui scompaiono prima i batteri e
poi i lieviti. Il diacetile scende a 80 ppm.
V. Imbottigliamento, qui si sviluppano lieviti filmogeni e prevalentemente
Dekkera/Brettanomyces.

PROCESSI DI ALTERAZIONE DI NATURA BIOLOGICA


La birra è un habitat difficile per molti microrganismi poiché
• concentrazione di etanolo a 4-5%
• pH tra 3,8 e 4,7
• basso contenuto di O2
• bassa concentrazione di sost nutritive
• presenza del luppolo
ma può essere alterata da lieviti selvaggi, da batteri lattici e da Enterobacteriaceae e
micrococchi, tutti microrganismi che derivano dalla materia prima (quindi da malto,
acqua o luppolo), dall’ambiente di produzione e dalle attrezzature.
La loro attività si può manifestare durante la fermentazione, durante la conservazione o
durante la stagionatura e consiste nella produzione di ossidazioni, di diacetile, di acetonio
e dalla torbidità.
Principalmente vi sono 3 malattie/alterazioni batteriche:
1) Filamentosità: alterazione per cui il liquido diventa viscoso
(Acetobacter,Lactobacillus,PediococcuseGluconobacter )
2) Mal di sarcina o Sarcinosi: la birra acquisisce odore di miele derivante dalla
reazione del diacetile prodotto da Pediococcus cerevisiae e da alcuni aromi della
birra.
3) Inacidimento: aumento della concentrazione di acido acetico ad opera di
Acetobacter.
4) Intorbidimento: causato da Zymomonas anaerobia.

LIEVITO MADRE O MADREA ACIDA


Impasto costituito da farina, acqua e fermentato dai microrganismi naturalmente presenti
in aria, farina e acqua. L’impasto prodotto subisce aggiunte successive di acqua e farina
detti “infreschi” per ottimizzare la capacità di acidificazione e lievitazione.
È uno degli starter microbici più antichi (già nell’antico egitto) , dove, per non mandare
perse la farina conservata, si creò un impasto pensando di mescolarlo con altra farina:
nacque così casaulmente la lievitazione. Il pane ottenuto risultò più gustoso, digeribile e
conservabile del pane azzimo non lievitato. Questo sino ai primi del ‘900 quando il

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Microbiologia

lievito di birra (scoperto tramite Pasteur e la scoperta del Saccharomyces cerevisiae)


sostituì il lievito madre che però venne riadottato alla fine del secolo scorso.

Per quel che riguarda il LIEVITO DI BIRRA la legge italiana parla solo di “lievito
impiegabile nella panificazione” che deve essere costituito da massima parte di cellule
viventi con potere fermentativo.

L’amido presente nella farina viene quindi liso dai lieviti con produzione di anidrife
carbonica ed etanolo. Le proteine della farina, con aggiunta di acqua, formano la Maglia
Glutinica nell’Impasto: tale glutine rappresenta la colonna portante dell’impasto stesso.
Infatti il Saccharomyces cerevisiae del lievito di birra agisce attraverso la fermentazione
alcolica con la produzione di alcolo e anidride carbonica.

Il lievito madre invece è composto da batteri lattici (+50 specie del genere Lactobacillus)
e lieviti selvaggi (+20 specie dei generi Saccharomyces e Candida): ha un ecosistema
complesso.

Le specie dei generi Waissella, Leuconostoc e Pediococcus trovano impiego in


particolari preparazioni alimentari.
Le specie del genere Lactobacillus naturalmente presenti sulle materie prime o aggiunti,
trovano impiego per la produzione di molti alimenti fermentati. Sono bastoncini anaerobi
o microaerofili acido tolleranti che fermentano il glucosio ad acido lattico e acetico con
proteolisi delle proteine e produzioni di sostanze aromatiche e antimicrobiche.
Generi Lactobacillus e germentazione del glucosio:
• Gruppo I: lactobacilli omofermentanti → fermentano il glucosio nell’impasto quasi
solo ad acido lattico (Lb. delbrueckiisubsp. delbrueckii; Lb. delbrueckiisubsp. lactis; Lb.
delbrueckiisubsp. bulgaricus; Lb. acidophilus; Lb. crispatus; Lb. Jensenii; Lb. helveticus; Lb.
salivarius. )
• Gruppo II: lactobacilli eterofermentanti facoltativi → fermentano glucosio e
producono quasi solo acido lattico MA che in presenza LIMITATA di glucosio
producono anche acido acetico ed etanolo (Lb. casei; Lb. paracasei; Lb. curvatus; Lb.
pentosus; Lb. plantarum; Lb. sakei; Lb. rhamnosus; Lb. bavaricus. )
• Gruppo III: lattobacilli eterofermentativi obbligati → fermentano il glucosio ad
acido lattico, acido acetico (o etanolo) e CO2. (Lb. brevis; Lb. fermentum; Lb. kefir; Lb.
sanfranciscencis; Lb. fructivorans; Lb. hilgardii; Lb. reuteri )

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Microbiologia

A differenza del lievito di birra, la lievitazione con lievito madre è effettuata sia dai lieviti
che dai batteri lattici avendo nell’impasto oltre che ad una fermentazione alcolica anche
una fermentazione lattica con conseguente produzione di acido lattico e/o acetico.
La proteolisi delle proteine effettuata dai batteri lattici comporta una maggiore digeribilità
delle proteine del glutine e una quantità superiore di AA.

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Microbiologia

Altre caratteristiche positive del lievito naturale:


• aroma intenso, sapore e fragranza particolari che dipendono dal tipo di
fermentazione, dalla presenza di acido lattico/acetico e quindi dai ceppi di
microrganismi presenti
• aa liberi reagiscono con glu zuccheri, durante la cottura, producendo i composti
responsabili della colorazione e del sapore della crosta
• biodisponibilità maggiore dei minerali (le fitasi, enzimi batterici che liberano i sali
chelati all’acido fitico).
Inoltre il pane con lievito madre si conserva più a lungo grazie al pH dato dai
microrganismi che producono batteriocine antibatteriche e grazie agli esopolisaccaridi
che conferiscono freschezza più a lungo: infatti i batteri sono in grado di produrre questi
esopolisaccaridi a lunga catena costituiti da unità ripetute di zuccheri secreti al di fuori
della parete cellulare con funzione di migliorare la texture, la reologia e trattenere acqua e
ridurre indice glicemico dei prodotti.

PROCESSO DI PREPARAZIONE DEL LIEVITO MADRE


1. mescolare 100 g di farina con 100 ml di acqua e lasciar riposare per 24 ore
2. aggiungere 50 gr di farina e 1 cucchiaino di zucchero e lasciar riposare per altre 24
ore
3. aggiungere 100 gr di farina e 25-30 ml di acqua. Impastare e lasciar riposare per 48
ore.
NB= la T indicata è di 26°C
4. rifare questa operazione per altre 5 volte nell’arco di 10 gg fino a quando il lievito
impiegherà solo 4 ore per triplicare di volume.
Per conservarlo= se si usa ogni 1-2 gg lasciarla in barattolo a T ambiente. Se la si usa
meno spesso va conservata in barattolo chiuso ermeticamente in frigo. Per mantenere una
cbt alta si effettua la legatura del lievito.
Rinfresco: ogni giorno e/o una volta a settimana si nutre il lievito con una porzione pari
di farine e metà quantità di acqua. Ogni volta che si prepara un impasto si usa una
porzione del lievito madre rinfrescato.
Le dosi sono ca di 200 gr di lievito per kg di farina.

IL VINO
E’ un prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione totale o parziale di uve
fresche, pigiate o non, o di mosti d’uva. Le modificazioni biochimiche e reologiche
associate all’attività metapolica dei microrganismi sono selezionate dalla tecnologia.

L’uva è una bacca in cui si possono distinguere


-buccia o pericarpo (15-20%) non ha zuccheri, ma molti polifenoli e acidi organici
salificati ed ha il pH più alto, specie per acido citrico, malico (quale diminuisce con la
maturazione) e tartarico; vi sono inoltre sostanze terpeniche quali danno odore e sostanze
fenoliche di vasta gamma rilevanti per il colore e l’astringenza del vino, sensibili
all’ossidazione, oltre che sostanze azotate.

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Microbiologia

-polpa o mesocarpo (75-80%) composta da zuccheri quali glucosio e fruttosio (+ elevati


in vitigni particolari quali il moscato o uve marce), altri zuccheri, acidi organici (tartarico
principalmente, quindi malico e citrico) e sostanze minerali tra cui principalmente il
potassio a cui seguono calcio e magnesio. Non sono presenti tannini quindi i vini bianchi
non sono tannici. Vi sono sostanze azotate.
-semi o vinaccioli (3-6%) i quali contengono zuccheri, sostanze azotate, minerali e
polifenoli.
Il raspo è povero di zuccheri, ricco di acidi specie salificati e molto ricco di ceneri con pH
superiore a 4 proprio a causa del contenuto alto di sali.
Di conseguenza la vinificazione in presenza di raspi vede aumento del pH.

Il mosto d’uva ha elevata densità. La composizione chimica e le proprietà fisiche del


mosto variano in base a
• varietà dell’uva
• clima
• maturazione
• pratiche di viticoltura
• raccolta
mentre le proprietà più importanti comprendono
• concentrazione zuccherina
• quantità di sostanze azotate e di azoto ammoniacale, oltre che da AA
(principalmente prolina, arginina, treolina e acido glutammico)
• concentrazione di vitamine
• contenuto di ossigeno
• quantità di solidi solubili (con debole tenore in pectine) residui di funghicidi e
pesticidi
• pH
• presenza di sostanze inibitrici o stimolanti prodotte da lieviti o batteri lattici

Composizione organica del mosto


H2O= 70-85%
Zuccheri= 12-27%
Acidi totali= 0,2%
Azoto= 0,01-0,2%

ZUCCHERI NEL MOSTO


Nel mosto il glucosio e il fruttosio non sono presenti in quantità uguali: spesso prevale il
fruttosio. Entrambi sono fermentati da tutti i lieviti e dai batteri lattici. I pentosi presenti
sono arabinosio, xilosio e destro ribosio non fermentati dai lieviti, ma sì dai batteri.
Il saccarosio (glu+fru) non fa parte dei componenti del mosto ma può esservi aggiunto.
La concentrazione di esosi fermentiscibili è tra 150-300 mg/ml

ACIDI ORGANICI NEL MOSTO


L’acido tartarico è presente nell’uva matura e può essere prodotto in piccole quantità dal

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Microbiologia

metabolismo dei lieviti; solitamente non usato da lieviti e batteri, rimane quindi nel vino
ed è instabile dal punto di vista chimico-fisico e precipita sotto forma di tartrato.
L’acido malico è instabile microbiologicamente perché subisce fermentazione dai lieviti e
dai batteri ed è maggiore all’invaiatura (inizio maturazione dei frutti) mentre diminuisce
con la maturazione in quanto è scorta di energia per la pianta.
L’acido citrico è stabile chimicamente, non fermentato dai lieviti, ma può esserlo dai
lactobacilli.
La presenza di tali acidi conferisce al mosto pH molto basso quasi sempre tra 2,7 e 3,6.
Quindi sono responsabili dell’acidita del vino sia gli acidi naturali contenuti nell’uva
(malico, tartarico, citrico), sia quelli di origine fermentativa (succinico, lattico e acetico).

COMPOSTI AZOTATI NEL MOSTO


Dipendono dallo stato di maturazione della pianta. Principalmente sono aminoacidi (usate
da lieviti e batteri) e polipeptidi (usate da lieviti e batteri), proteine (non sono usate né da
lieviti né da batteri) e sali d’ammonio.

Altri composti positivi necessari per lo sviluppo microbico sono le vitamine (biotina,
acido pantotenico, tiamina, piridossina… ) necessari ai lieviti ma soprattutto ai
lactobacilli. In giuste quantità sono presenti anche fosforo, zolfo, potassio, magnesio,
calcio…

SOSTANZE AROMATICHE
Ve ne sono centinaia e determinano l’aroma varietale delle diverse uve in equilibrio tra
sostazne aromatiche volatili, precursori non volatili e non aromatici, sostanze aromatiche
volatili instabili, terpeni e carotenoidi. Sono regolate dalle condizioni ambientali che
influiscono sulla maturazione dalle condizioni metereologiche che incidono sull’annata.

MICRORGANISMI IN VINIFICAZIONE
➢ Lieviti (positivi o negativi in funzione della specie);
➢ Batteri Lattici (positivi o negativi in funzione della specie);
➢ Batteri Acetici negativi
➢ Muffe negative tranne eccezioni.

La fermentazione può essere spontanea (senza trattamenti) o guidata (tramite trattamento


o innesto).
Le tipologie di starter sono
naturali → più simili alla pratica antica, con parte di prodotto ben riuscito che viene usato
come inoculo per nuovo lotto, ma non è né nota né controllaile la microflora usata;
selezionati → uso di colture miste e colture pure selezionate.
Il mosto d’uva è molto selettivo poiché molto acido e in tali condizioni i batteri sono
inibiti tranne alcuni batteri lattici che sono temporaneamente bloccati, inoltre tutte le
muffe e i lieviti con metabolismo aerobico quindi non fermentanti sono bloccati per
mancanza di ossigeno. I lieviti dotati di attività fermentativa sono quelli che prendono il
sopravvento e provvedono alla degradazione degli zuccheri tramite respirazione,

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Microbiologia

fermentazione alcolica e regolazione delle vie metaboliche degli zuccheri.


In assenza di ossigeno il lievito si moltiplica pochissimo e l’energia potenziale dello
zucchero è sfruttata solo parzialmente per via fermentativa.

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Microbiologia

Fermentazione gliceropiruvica
il vino contiene circa 80g/l di glicerolo (8%) quindi l’8% dello zucchero diventa glicerolo
grazie alla via gliceropiruvica mentre il 92% avviene fermentazione alcolica.
Le due fermentazioni sono legate durante tutta la vinificazione in quanto la
gliceropiruvica è più veloce all’inizio e alla produzione di glicerolo si associano anche
prodotti secondari come acido succinico, diacetile e acido acetico dannoso per il vino. Per
questo motivo il ruolo del glicerolo è dibattuto in quanto ha aspetto positivo sul sapore e
la rotondità, ma negativo per via della presenza di acido acetico.
Fattori stimolanti per la fermentazione gliceropiruvica sono:
• concentrazione iniziale di zuccheri (maggiore concentrazione = maggiore
produzione) dovuta al meccanismo di difesa della cellula che produce glicerolo per
aumentare osmofilia;
• a pari concentrazione di zuccheri la produzione di glicerolo diminuisce
all’aumentare della concentrazione di azoto, quale ha effetto negativo della
chiarificazione. Per evitare che l’acido acetico nei mosti ricchi di zucchero, si
possono usare i sali di NH4 all’inizio della fermentazione.

Gli zuccheri vengono degradati sia per via fermentativa che per via respirativa:
VIA FERMENTATIVA

VIA RESPIRATIVA

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Microbiologia

Regolazione delle vie metaboliche di uso degli zuccheri


Pasteur notà che quando il lievito potrebbe usare sia la fermentazione che la respirazione,
l’ossigeno induce
a) aumento quantità di biomassa
b) diminuzione del consumo di zuccheri.
La respirazione inibisce la fermentazione.
Per S. cerevisiae inibizione della fermentazione da parte della respirazione.
Avviene la competizione di due enzimi che catalizzano sia la respirazione che la
fermentazione.
Quindi, quando vi è eccesso di glucosio come nel mosto d’uva, S. cerevisiae metabolizza
gli zuccheri solo per via fermentativa anche in presenza di ossigeno, fenomeno scoperto
da Crabtree. Si manifesta a partire da concentrazioni di glucosio di 9 gr/l.
La respirazione catabolica esercitata dal glucosio in vinificazione è molto forte e nel
mosto la concentrazione di esso è tale che S. cerevisiae è costretto a fermentare, MA
tecnologicamente si sa che l’aerazione favorisce la respirazione (all’inizio della
fermentazione si devere aerare) e questo si fa non per portare i lieviti ad effettuare la
respirazione (poiché altrimenti aumenterebbero troppo) ma per favorire la sintesi di acidi
grassi e steroli che aumentano la permeabilità dei glucidi all’interno della cellula.

Dopo tali processi, la fermentazione alcolica riprende lentamente seguita da quella malo-
lattica fondamentale per la qualità del vino. Il passaggio da acido malico a lattico
ingentilisce il vino che perde il sapore agr e diminuisce di acidità. La fermentazione
malo-lattica è pero poco opportuna nei vini bianchi.

I batteri lattici sono caratterizzati da capacità di tollerare condizioni ambientali estreme


quali bassi pH, alto livello di etanolo e zolfo, basse temperature e scarsi nutrienti, sono
così presenti in tutti i mosti e nei vini. Se si sviluppano nel mosto mediante metabolismo
fermentativo a carico degli zuccheri causano difetti e se si sviluppano al termine della
fermentazione alcolica mediante metabolismo a carico dell’acido malico possono essere
indesiderati O desiderati in funzione del tipo di vino.

ANOMALIE DEL VINO


Fioretta (lieviti aerobi) → si manifesta per azione dei lieviti con formazione di velo
bianco sulla superficie del vino, specie se il recipiente viene mantenuto non pieno. Il velo
si rompe in piccoli fiorellini e col tempo il vino si può intorpidire se non addirittura
divenire aceto.
Spunto e acescenza (batteri acetici aerobi) → lo spunto è la fase iniziale di questa
malattia dovuta ai batteri acetici. Si trasforma in acescenza quando la quantità di acido
acetico aumenta molto. Il colore è inalterato ma l’odore e il sapore sono pungenti a causa
di acetati di etile e acido acetico. Si evita tenendo le botti ben colme.
Spunto lattico o fermentazione mannitica (batteri lattici anaerobi) → si verifica quando si
sviluppano batteri lattici mentre c’è ancora troppo fruttosio il quale, attaccato da tali
batteri, viene trasformato in acido acetito e lattico. Il sapore è dolce e aspro allo stesso
tempo come un frutto troppo maturo.

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Microbiologia

Girato o fermentazione tartarico o sobbollimento (batteri lattici anaerobi) → si verifica


quando i batteri lattici attaccano l’acido tartarico e sviluppano acido lattico e acetico con
liberazione di anidride carbonica che determina un po’ di effervescenza. L’aspetto è
torbido, l’odore pungente e il sapore è piatto prima e ripugnante poi.
Amarore (batteri lattici anaerobi) → si manifesta quando i batteri lattici attaccano la
glicerina e si formano sostanze amare dando anche colore giallo-aranciato.
Filante o Grassume (batteri lattici) → deviaizone della fermentazione malo-lattica quando
batteri lattici e zuccheri residui formano sostanza vischiosa e filante. L’aspetto è simile a
quello dell’olio mentre il sapore è fiacco. Se si agita la bottiglia il fenomeno scompare.

IL LATTE FERMENTATO

Il LATTE è un substrato nutrizionalmente molto ricco in quanto ha


• zuccheri fermentiscibili
• componenti azotate a basso MW ovvero peptidi ed AA liberi
• vitamine
• sali minerali
Il latte crudo appena munto presenta T, pH e Aw favorevoli alla contaminazione e alla
colonizzazione.

Frazione glucidica → zucchero principalmente presente nel latte è il disaccaride lattosio,


seguito in quantità molto inferiori da altri quali glucosio, galattosio, N-
acetilglucosammine a N-acetilgalattosammina per fran parte legati alla k-caseina.
Frazione azotata → costituita da proteine di diversa natura e da sostanze azotate non
proteiche. Presenta % di proteine decrescente da pacora, bufala, vacca e capra in questo
ordine.
-Le Caseine sono quasi la totalità delle sostanze azotate del latte e si tratta di un gruppo di
proteine con caratteristiche diverse e struttura complessa organizzata in micelle: tali
micelle sono a loro volta il risultato di associazione di sub micelle composte a loro volta
da frazioni di alfa1, alfa2, beta e k caseina. Tali sub micelle sono unite tramite legami
covalenti dei loro gruppi fosforici della serina con il Ca che a sua volta interagisce con un
altro fosforo e altro Ca colloidale. Le submicelle sono organizzate in modo che la
frazione k, unica glicosilata e quindi idrofila, si trovi all’esterno. Questo favorisce (a
valore neutro di pH del latte) il mantenimento della caseina in sospensione colloidale
(=dispersione nel fluido).
-Le sieroproteine si trovano in soluzione nel latte e sono più sensibili al calore rispetto
alla caseina. Sono il 20% delle sostanze azotate tot e la principale sieroproteina è la β
lattaglobulina seguita dalla α lattalbumina.
-Le sostanze azotate non proteiche sono diverse molecole di cui la più importante in

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Microbiologia

quantità è l’urea. Tutte le sostanze azotate non proteiche sono fondamentali per la crescita
dei microrganismi in particolare dei batteri lattici.
Frazione lipidica → costituita principalmente da trigliceridi. Il grasso nel latte è
organizzato in strutture globulari definite da una membrana composta da proteine e
fosfolipidi che consente di mantenere bassa la tensione superficiale tra parte grassa e
parte sierosa (ovvero acquosa) prevenendo la separazione del grasso dal liquido quando il
latte è nella mammella. A seguito della mungitura il latte è lasciato a riposo e
l’interazione tra lipoproteine della membrana e immunoglobuline causano la separazione
della crema.
Acidi organici → acido citrico costituisce il principale acido organico del latte. Il citrato
fa parte del sistema tampone che influsce sulla solubilizzazione dello ione calcio
contribuendo alla stabilità delle caseine. La sua formazione da parte di alcuni batteri
lattici porta alla formazione di composti aromatici fra cui il diacetile, centrale nella
produzione di burro.
Sali minerali e oligominerali → principalmente cloruri, fosfati e citrati di potassio,
sodio, calcio e magnesio, in equilibrio dato da pH e T.
Vitamine → sono presenti le principali vitamine sia liposolubili che idrosolubili. Alcuni
trattamenti di trasformazione del latte possono denaturarle.

Classificazione dei latti fermentati


➢ Latti acidi termofili: fermentazione a 37-45°C con produzione di acido lattico
es. yogurt
➢ Latti acidi mesofili: fermentazione a 20-30°C con produzione di acido lattico
es. latte acido, crema acida, latticello acido, Skier in Islanda…
➢ Latti acido-alcolici: fermentazione a 15-25°C con produzione di acido lattico, alcol
e anidride carbonica
es. Kefyr nel caucaso e vari latti fermentati.

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Microbiologia

KEFIR
prodotto tipico delle regioni caucasiche, contiene Lactobacillus delbrueckii,
Streptococcus thermophilus, Saccharomyces kefir, ecc…
Si prepara con latte fresco di pecora, capra o mucca e i fermenti o granuli di kefyr. Un
tempo veniva posto in otri di pelle e rimpiazzato con latte fresco tanto quanto se ne
prelevava, quindi avveniva continua fermentazione. Tutto va lasciato a T ambiente per
24-48 h per non farlo divenire troppo acido, quindi il latte fermentato viene filtrato per
separare la parte liquida dai granuli di kefyr.
Ai granuli si aggiunge altro latte e si ripete il procedimento.
Man mano che i granuli vengono usati per la produzione di kefyr, crescono di volume e
per evitare che diventino troppo grandi se ne deve rimuovere una parte o aggiungere latte.
Questo serve anche per mantenere costante il sapore del kefyr ottenuto.
Durante la fermentazione del latte la sequenza che caratterizza lo sviluppo batterico è:
lattococchi → lattobacilli → Leuconstoc → lieviti → acetobatteri

YOGURT
Ha origine molto antica per conservare il latte di vari animali in otri ricavati dal loro
stesso stomaco.
Lo studio dello yogurt iniziò con il Prof. Mechnikov il quale rivolse attenzione alla flora
batterica e ai disturbi intestinali.
In seguito, attorno al 1935, il Dr. Shirota coltivò un unico batterio sufficentemente
robusto da oltrepassare sano l’acido gastrico e le pareti dello stomaco per arrivare
all’intestino dove poteva aiutare la flora: il Lactobacillus casei shirota ora presente nel
latte da bere Yakult, sua società.
Lo yogurt è latte fermentato acido prodotto con batteri lattici termofili e le sue colture
sono costituite da L. bulgaricus e S. thermophilus che devono mantenersi vivi per tutto il
periodo di conservazione (30-40gg) e in numero minimo di 107 ufc/ml.
Gli ingredienti aggiunti devono essere adeguatamente preparati, pastorizzati e dosati.

Vi sono 3 tipologie di yogurt:


• Coagulo intero, compatto: aggiunta di aromi
prima della fermentazione, quindi procede al
confezionamento. La fermentazione avviene
nei vasetti per 3 h a 42°C.
• Coagulo rotto, omogeneo: fermentazione nel
fermentatore, quindi viene confezionato dopo
il raffreddamento e dopo la rottura del
coagulo. Segue confezionamento e
maturazione per 48 h a 4°C.
• Da bere: ottenuto da yogurt a coagulo rotto a
ridotto tenore di grasso. Iniziale
raffreddamento, quindi aggiunta di zucchero e
aromi. Miscela omogeneizzata e raffreddata.

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Microbiologia

Quantità di batteri inferiore agli altri 2 tipi.

Fermentazione omolattica
L’acido piruvico viene ridotto ad acido lattico mediante l’enzima lattico deidrogenasi.
90% del carbonio proveniente dal substrato viene convertito in acido lattico.
Catabolismo del lattosio: viene trasportato all’interno della cellula e scisso in glucosio e
galattosio, quindi il glucosio viene trasformato in acido lattico e il galattosio rilasciato.
L’acidificazione determina la destabilizzazione del complesso calcio-fosfato-caseina con
formazioni di coaguli e liberazione di calcio-fosfato colloidale a pH 4,6 quindi la
diminuzione del pH influenza anche lo stato di sospensione del calcio con liberazione
dello ione dal calcio-fosfato e passaggio alla sua forma solubile.

La produzione di polisaccaridi avviene grazie al S. thermophilus che sintentizza


eteropolisaccaridi costituiti da galattosio, glucosio e ramnosio. L. bulgaricus invece
sintetizza eteropolisaccaridi composti da galattosio, glucosio, ramnosio e N-
acetilgalattosammina ma in rapporto diverso.

L’attività prebiotica nell’uomo consite in:


I. adesione al tratto intestinale
II. facilitazione alla colonizzazione dei batteri probiotici
III.riduzione dell’intolleranza al lattosio
IV. miglioramento della risposta immunitaria
V. azione antiulcera e antitumorale
VI. potenziale diminuzione del colesterolo.

L’attività proteolitica interessa sia la nutrizione azotata dei microrganismi sia le


proprietà dello yogurt: tale attività è ridotta ma con accumulo di AA e peptidi liberi in
quanto l’attività del sistema proteolitico è superiore ai bisogni della cellula e continua con
l’autolisi cellulare.
Vi è produzione di composti organolettici attivi, come acetaldeide prodotta dal
catabolismo degli AA, degli acidi nucleici e del lattosio oltre che di diacetile (aroma di
burro).

Il termine probiotico è riservato a quei microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di
esercitare funzioni benefiche per l'organismo.
Per alimenti/integratori con probiotici si intendono quegli alimenti che contengono, in numero sufficientemente elevato,
microrganismi probiotici vivi e attivi, in grado di raggiungere l'intestino, moltiplicarsi ed esercitare un'azione di equilibrio
sulla microflora intestinale mediante colonizzazione diretta. Si tratta quindi di alimenti in grado di promuovere e migliorare le
funzioni di equilibrio fisiologico dell'organismo attraverso un insieme di effetti aggiuntivi rispetto alle normali attività
nutrizionali.
La definizione di prebiotico è riservata alle sostanze non digeribili di origine alimentare che, assunte in quantità adeguata,
favoriscono selettivamente la crescita e l'attività di uno o più batteri già presenti nel tratto intestinale o assunti insieme al
prebiotico.
Con alimenti/integratori con prebiotici ci si riferisce a quegli alimenti che contengono in quantità adeguata, molecole
prebiotiche in grado di promuovere lo sviluppo di gruppi batterici utili all'uomo.

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Microbiologia

Lo yogurt a coagulo omogeneo può essere addizzionato con microrganismi probiotici


appartenenti ai generi Lactobacillus e Bifidobacterium e attualmente si sta verificando
l’effetto di combinazione di probiotici e prebiotici.
I bifidobatteri hanno problemi di crescita e sopravvivenza e solo pochi ceppi possono
resistere nello yogurt a pH 4 e T 5-7°C
Tecnologia dello yogurt
Latte pastorizzato + innesto
Fermentazione in vasetto (coagulo intero) o in fermentatore (coagulo rotto)
Produzione di biomassa e metaboliti primari (acido lattico)
Fermentazione: batteri lattici termifili omofermentati (St+Lb)
Confezionamento asettico

L’acidificazione del latte è il fattore più importante per la riuscita del prodotto perché i
batteri sono termifili e il processo di fermentazione è eseguito a 37-42°C. A tali T il costo
di produzione è elevato (costo energia per scaldare tanti lt di latte) e quindi la velocità di
acidificazione è un parametro importante per selezionare i ceppi batterici.
I fattori che influenzano tale velocità sono principalmente
• la capacità di fermentare il lattosio
• l’attività ureasica
• l’attività proteasica
L’urea nel latte è il principale composto azotato non proteico ed è anche un indice di
corretto razionamento dell’animale.
Le ureasi batteriche, famiglia di metallo-enzimi, catalizzano l’idrolisi dell’urea con
produzione di 2 moleocole di ammoniaca e una di acido carbonico. Il ruolo delle ureasi è
la degradazione dell’urea che libera ioni ammonio, fonte di azoto e di controllo del pH in
cui vive il microrganismo.
In S. thermophilus la velocità di processo di acidificazione può essere modulata da
diverse attività metaboliche che riguardano metabolismo del lattosio, sistema proteolitico
e attività ureasica: quest’ultima interferisce principalmente sull’acidificazione e causa
liberazione di ammoniaca. In questo caso il rallentamento della diminuzione del pH sarà
più o meno intenso a seconda del contenuto di urea nel latte.

BURRO
Il burro è prodotto dalla zangolatura della panna o crema
ricavata dal latte di vacca, dal siero di latte o dalle loro
miscele.
Attualmente si usano burrificatrici industriali.
Esistono 3 tipologie di panna o creme in funzione
dell’origine:
-dalla separazione centrifuga (si usa per latte alimentare o
da caseificio)
-dalla separazione per affioramento (si usa per grana e
parmigiano)
-dal siero di caseificazione (da tutti i formaggi)

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Microbiologia

In ogni caso prima di diventare burra la crema viene sottoposta a titolazione del grasso,
neutralizzazione, pastorazione e maturazione.
Il processo di trasformazione da crema in burro ha lo scopo di invertire le fasi, ovvero
trasformare la crema (emulsione di grasso in soluzione acquosa) in burro (emulsione di
acqua in grasso).
Per essere conservato il burro si devono eliminare i nutrienti propri del latticello ed è
importante ottenere dispersione delle goccioline, sempre di latticello, tramite
l’impastatura che rende il burro asciutto perché consente l’unione dei grani di burro
disperdendo la fase acquosa rimasta, regolando l’umidità del prodotto finito.
Il confezionamento deve evitare stress meccanico del prodotto che potrebbe altrimenti
riunire gocce d’acqua e quindi contaminazione fungina.
Il materiale di confezionamento deve opporsi alla penetrazione della luce onde evitare
ossidazione.
Il burro è conservato a freddo sino alla sua distribuzione per evitare problemi strutturali e
perché non è un prodotto sterile.

La microflora del burro


dipende da diversi fattori quali:
• quantità e tipo di microflora nel latte crudo,
• capacità di crescita di essi dettata da tempo e temperatura dalla separazione del
grasso, affioramento e centrifugazione,
• eventuale pastorizzazione,
• maturazione.
La combinazione di tali elementi può portare creme con caratteristiche microbiologiche
molto diverse e non è escludibile la crescita di flora patogena.
La crescita microbica incide sull’acidità e l’aroma del prodotto finito.
La pastorizzazione distrugge i microrganismi patogeni, inattiva enzimi proteolitici che
causano irrancidimento, denatura parzialmente le proteine e liquefa il grasso. Sia che
subisca pastorizzazione o meno la panna viene sottoposta a maturazione. Nel caso sia
povera di batteri lattici viene inoculata con starter.

La maturazione della crema


può essere divisa in fisica e biologica:
Maturazione Biologica → data dall’attività della flora starter finalizzata a permettere
corretta acidificazione della crema grazie alla fermentazione lattica. Si tratta di batteri
lattici mesofili appartenenti alle specie Streptococcus cremoris e S. lactis e alla specie
Leuconostoc citrovorum selezionati in base alla capacità di produrre diacetile, acetonio,
ecc.. fondamentali per l’aroma.
Maturazione fisica → ha la funzione di pilotare la cristallizzazione del grasso che
determinerà la consistenza del burro. È eseguita secondo precisi dati di T in quanto deve
consentire sviluppo equilibrato di batteri acidificanti e aromatizzanti e provocare corretta
cristallizzazione del grasso.

Le colture starter, nel caso vengano usati batteri lattici, il ciclo termico deve considerare

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Microbiologia

l’esigenza di far crescere la flora lattica mesofila. La dose dello starter varierà
proporzionalmente al ciclo termico previsto con dosi più alte quando si usano cicli in cui
la panna rimane per poco alle temperature favorevoli alla crescita dei batteri lattici. La
coltura per burro deve realizzare un equilibrio tra batteri acidificanti e batteri
aromatizzanti. A seguito dell’acidificazione e raffreddamento alla T di zangolatura la
crema potrà avere un pH tra 4,6 e 4,9.

Alterazioni microbiche
del burro sono dovute allo sviluppo di microflora contaminante ad attvità lipolitica come
muffe e lieviti. In particolare Penniciliu, Oospora, Mucor, Aspergillus e Geotricu per le
muffe, Saccharomyces e Candida per i secondi.
Alterazioni dovute alla liberazione di aromi e rancidità ed eventuali colorazioni anomale
sono dovute a batteri psicrofili gram- come Pseudomonas e Flavobacterium. Alcuni
Lactococcus lactis possono produrre sostanze che danno al burro odore sgradevole di
malto.

Affioramento
L’affioramento della crema avviene lasciando il latte a riposo per 12 h a 15°C. Lo strato
che affiora è detto Crema e contiene 20-30% di grasso ed è parzialmente acida per lo
sviluppo di alcuni batteri. L’acidità favorisce la burrificazione e da essa si ricava burro
più aromatico ma di difficile conservazione.

Centrifugazione
Le scrematrici a centrifuga sono composte da una serie di piatti tronco-conici montati su
tamburo rotante e distanziati pochi mm. I piatti hanno una serie di fori che consentono il
movimento ascensionale del latte. Quando ha raggiunto l’ultimo disco la separazione è
completa e il latte scremato esce da un condotto mentre la crema dall’altro.
La panna ottenuta risulta dolce in quando non si sono sviluppati i fermenti lattici, quindi
viene pastorizzata e inoculata con fermenti acidificanti selezionati e lasciata a riposo,
proprio per farla acidificare così che sia più aromatica e consistente.

Zangolatura
Per ottenere il burro la crema deve essere violentemente sbattuta così da rompere i
globuli di grasso e amalgamarli facendo uscire l’acqua residua. Il processo è favorito
dall’acidità e da T inferiori a 15°C che indeboliscono il globulo.
Ora le zangole sono dei recipienti in acciaio che ruotano sul loro asse.
Il liquido che viene eliminato con la zangolatura è chiamato “latticello” e ha poco grasso
e proteine.
Prima di essere impastato il burro viene lavato con acqua diverse volte per favorire
spurgo completo del latticello. In seguito può essere sottoposto a leggera salatura o
aggiunta di coloranti naturali, quindi confezionato.

Il burro di Malga
La produzione di burro con panna di affioramento che non è stata risanata termicamente

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Microbiologia

non consente di avere un prodotto con parametri microbiologici previsti dalla normativa.
Il burro quindi è un prodotto delicato per cui è d’obbligo la pastorizzazione della panna.
La sua produzione in alpeggio è possibile solo se si dispone di un impianto che consente
di praticare tale pastorizzazione.

I FORMAGGI
Il formaggio è un prodotto ottenuto dal latte intero o scremato in seguito a coagulazione
acida o presamica con aggiunta di sale e fermenti lattici:
Latte + caglio + fermentazione

Classificazioni ricorrenti, si basano su:

Classificazione Ministero Politiche Agricole e Forestali

Classificazione microbiologica
1. formaggi a latte crudo senza innesto: la tecnologia usata per la loro produzione
riproduce i processi di caseificazione antichi basati sulla flora lattica del latte crudo
stesso. In genere sono formaggi cotti stagionati in monte, alcune paste filate, alcuni
formaggi di capra e pecora. Possono avere eccelsa qualità organolettica ma grande
variabilità e presenza di difetti microbiologici e di produzione. La qualità è
garantita dalle lunghe stagionature la cui assenza può comportare rischi per il
consumatore. Non esiste una ricetta che garantisca la sicurezza di tali prodotti.

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Microbiologia

2. formaggi a latte crudo + innesto naturale: formaggi tradizionali come il Parmigiano


Reggiano, il Grana Padano e la Mozzarella di Bufala Campana. Sono prodotti tipici
per i quali la differenza di popolazione microbica è una caratteristica da ricondurre
all’ambiente e alla tecnologia di produzione. In questi formaggi è fonfamentale la
microflora di innesto e quella che si sviluppa in stagionatura.
3. formaggi a latte crudo + innesto selezionato: formaggi prodotti in aziende piccole
non ancora in grado di gestire autonomamente la produzione e il controllo
dell’innesto naturale. La microflora selezionata indirizza la fermentazione
promuovendo la rimozione dei microrganismi indesiderati e con la stagionatura
prende il sopravvento la microflora del latte crudo.
4. formaggi a latte pastorizzato + innesto naturale: caratterizzati da popolazione
microbica dominante dovuta dall’aggiunta di innesto naturale che può essere molto
diversa. Di norma sono formaggi prodotti sia in piccole che in grandi aziende
importanti che attraverso l’uso dell’innesto naturale si pongono lo scopo di ottenere
prodotti riconoscibili, come un marchio di qualità aziendale.
5. formaggi a latte pastorizzato + innesto selezionato: prodotti molto standardizzati
che presentano limitata biodiversità microbica.

Microrganismi di interesse lattiero-caseario


Batteri Lattici

Batteri propionici → le specie di interesse sono Propionibacterium freudenreichii con le


2 subspecie freudenreichii e shermanii, P. acidopropionici e P. jensenii. Vengono inclusi
negli starter per la produzione di formaggi tipo svizzero in quanto responsabili
dell’occhiatura che si forma e delle caratteristiche organolettiche. Crescono bene in
ambienti anaerobici come la pasta del formaggio e hanno la caratteristica di peter formare
per via fermentativa acido propionico, acido acetico e anidride carbonica. Sono in grado
di usare sia zuccheri che acido lattico prodotto dai batteri lattici. La resa finale varia in
funzione del ceppo, delle condizioni chimico-fisiche e ambientali, in particolare
all’acidità dell’ambinte che NON deve essere troppo elevata.

Brevibacterium → Brevibacterium linens appartiene al gruppo dei corinebatteri ed è


tipico di alcuni formaggi a “crosta lavata” come Munster. Il suo sviluppo favorisce la
comparsa di crosta si colore dal giallo all’arancio intenso grazie ai pigmenti che produce.
Instaura relazioni metaboliche con altri microrganismi naturalmente presenti sulla crosta
che contibuiscono a dare aromi specifici e modificare la struttura del formaggio nella
zona sotto la crosta, una volta maturo il formaggio.

Lieviti → Il loro ruolo nei processi che portano alla maturazione del formaggio rimane
ancora da approfondire, anche se la presenza di attività enzimatiche in contrasto con
quelle di alcuni batteri lascia supporre un ruolo nella degradazione della frazione
proteica. Sono dei contaminanti e quando si trovano in numero elevato, in relazione alla
loro capacità di produrre anidride carbonica, possono essere responsabili di gonfiore
precoce. Vengono usati come starter secondari per produzione di Gorgonzola: la CO2 nel

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Microbiologia

caso di questo formaggio permette l’”apertura della pasta” ovvero forma delle vie
preferenziali per l’ingresso dell’ossigeno che consente lo sviluppo del micelio fungino
aerobio.

Muffe → Nelle produzioni di formaggi a crosta fiorita ed erborinati vengono aggiunti al


latte assieme a starter primari.
Nel Camembert o Brie la contaminazione delle croste con spore di Penicillium
camemberti e Geothricum candidum permette la formazione del velo bianco. Lo sviluppo
fungino è accompagnato da forte attività biochimica nel sottocrosta che dà cremosità al
formaggio.
Nel Gorgonzola o nel Roquefort vengono aggiunte al latte spore di Penicillium
roqueforti, così che nel corso della stagionatura si sviluppano venature di micelio blu-
verde tipiche.

Microrganismi e processi di caseificazione

1- Arrivo al caseifico
Inizialmente in mammella il latte è sterile, ma una volta giunto al caseificio è
caratterizzato da una microflora che dipende dall’ambiente di produzione (gli animali, la
stalla), le modalità di mungitura e l’ambiente di produzione. Tale microflora può
modificare a seguito dei trattamenti a cui il latte crudo è sottoposto:
• refirgerazione del latte alla stalla, per mantenere qualità microbiologica, ma che
può indurre sviluppo di batteri psicrofili e inibisce la moltiplicazione della flora
lattica
• pastorizzazione, ad almeno 72°C per 12” o simile, con scopo di eliminare
microflora patogena non sporigena come Mycobacterium paratubercolosis
• scrematura, separazione del grasso per definire una concentrazione desiderata nel
latte da lavorare (può esser fatta per affioramento o tramite centifuga).

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Microbiologia

2- Lavorazione in caldaia
Comporta l’aggiunta di starter i quali hanno il compito di avviare la reazione di
acidificazione con aumento di microflora lattiva viva e inizio dei successivi processi
fermentativi.
L’innesto condiziona l’acidificazione del latte per favorire la coagulazione,
l’acidificazione della cagliata e la sua capacità di spurgare, la riduzione di difetti causate
da fermentazioni anomale e le caratteristiche organolettiche del prodotto finito stagionato.
Gli innesti possono essere
• Naturali: prodotti tutti i giorni in caseificio come Lattoinnesti (colture di LAB
spontaneamente presenti nel latte) o Sieroinnesti (colture di LAB presenti nel
siero). Sosno tradizionali nell’industria lattiero-casearia Italiana e si sviluppano per
selezione dalla microflora del latte crudo.
• Selezionati: prodotti da industrie specializzate (congelati, liofilizzati, concentrati)
prodotti da latte o siero o terreno sintetico con incubazione e concentrazione.
[vedi pag. 84 e 85]

INFEZIONI FAGICHE
Un problema dell’industria lattiero-casearia, specie per le produzioni che impiegano
starter selezionati, è il rallentamento o l’arresto della moltiplicazione batterica (e quindi
dell’acidificazione) a causa di infezioni fagiche. Nel caso di colture monospecie
l’inibizione di attività può essere totale.

Aggiunta di eventuali additivi


Gli additici antifermentativi in ambito caseario appartengono al gruppo di additivi
antimicrobici.
-Il Lisozima aggiunto al latte nella caldaia è concesso nel disciplinare Grana Padano ed è
un grado di idrolizzare sostanze presenti sulle membrane di varie specie batteriche e
grazie alla sua attività enzimatica esercita funzione di inibizione di germinazione delle
spore dei clostridi.
-I Nitriti sono concessi solo in alcuni paesi per controllare il gonfiore causato dai
Clostridi: pare che i nitriti inibiscano alcuni di questi interferendo con gli enzimi ferro e
zolfo.

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Microbiologia

-In Italia è consentito l’uso di Esametilenterammina per produzione di Provolone come


batteriostatico aspecifico.
-La Nisina è una batteriocina prodotta naturalmente da ceppi di Lactococcus lactis in
grado di inibire le spore di Bacillus e Clostidium agendo sulla loro membrana
citoplasmatica.

Aggiunta di caglio e coagulazione


La coagulazione è la fase della caseificazione che comporta il primo cambiamento di
struttura da liquido a solido e può avvenire per azione degli enzimi coagulanti del caglio
o presame, ed in questo caso si parla di COAGULAZIONE PRESAMICA, oppure può
avvenire per destabilizzazione dovuta ad acidificazione e in questo caso si parla di
COAGULAZIONE ACIDA.
Si trova caglio in polvere, liquido, in pasta.

Tipologie di caglio
ANIMALE: estratto dallo stomaco di vitelli, capre o pecore lattanti o di maiale. È l'unico
permesso per la produzione di tutti i formaggi DOP come il Parmigiano Reggiano, Grana
Padano, Caciocavallo Silano, ecc...
Contiene due enzimi coagulanti: chimosina e pepsina. L'età dell'animale al momento
della macellazione e il tipo di alimentazione determinano il contenuto di questi due
enzimi.
ENZIMI COAGULANTI: estratti dalla muffa Mucor miehei ma hanno attività
proteolitica meno specifica, oppure chemiosina genetica prodotta da organismi OGM
come Aspergillus niger o E. coli.
VEGETALE: un tempo nel Salento veniva usato come caglio il lattice che esce dalle parti
verdi del Fico. Esistono anche altri formaggi prodotti con estratti ottenuti da cardo
selvatico, carciofo o girasole.

La coagulazione del latte


PRESAMICA - Avviene ad opera degli enzimi coagulandi del caglio (o presame),
comune a tutti i formaggi. Elastico: il siero
si separa per capacità di contrarsi. Avviene
in due fasi:
• fase primaria in cui avviene idrolisi di
k-caseina
• fase secondaria, di aggregazione, dove
incidono diversi fenomeni quali la
qualità della caseina, il pH, il
contenuto di minerali e le proprietà
degli enzimi coagulanti.

ACIDA – Per destabilizzazione della caseina e sua demineralizzazione per


acidificazione, come un yogurt e latti fermentati. Friabile: il siero si separa per
permeabilità. Calcio e Zolfo solubilizzano e le micelle di caseina si disaggregano.

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Microbiologia

Separazione del siero e rottura cagliata


Il tempo necessario alla coagulazione è detto “tempo di presa”: in seguito alla
coagulazione il siero si separa dal coagulo.
Tale separazione è governata da un meccanismo complesso regolato sia dalle
caratteristiche di contrattilità e permeabilità della cagliata che da azioni meccaniche
(rottura), termiche (cottura) e fisico-chimiche (acidificazione e salatura).
AZIONI MECCANICHE
• rottura: divisione della cagliata in pezzi di diverse dimensioni quali ne determinano
quantità e qualità, ad esempio per pasta molle occorre rottura grossolana, mentre
per pasta dura una rottura fine;
• agitazione: impedisce l’aggregazione e agevola lo spurgo;
• messa in stampo o forma: permette separazione del siero, grazie anche all’uso
momentaneo di teli;
• ribaltamento: periodico, evita ristagni;
• pressatura: completa e accelera la separazione.
La rottura della cagliata è l’azione più importante che determina il contenuto di grasso e
di parti fini di cagliata oltre che la quantità di siero separato. Consiste nel dividere la
cagliata in pezzi di dimensione voluta al fine di aumentare la superficie utile per la
separazione del siero. L’agitazione dei granuli serve a impedire l’aggregazione dei
granuli prima del tempo e, nel caso di cottura della cagliata, l’agitazione è fondamentale
per assicurare un omogeneo trasferimento di calore.
La rottura avviene con un arnese detto SPINO o con SPADA e SPANNAROLA o con
LIRA in funzione del prodotto finale.

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Microbiologia

Cottura della cagliata


Trattemento termico che viene effettuato per formaggi detti “a pasta cotta” e ha effetto
diretto sulla separazione del siero in quanto permette di aumentare sensibilmente la
capacità di ritirarsi della cagliata. L’intensità del calore dipende dal tenore di umidità
previsto per il formaggio, associato alle modalità di rottura che, se più spinta, corrisponde
a cottura a T maggiori.
Tale cottura viene eseguita mantenendo l’agitazione e si ottiene con diverse modalità:
fuoco diretto, vapore indiretto, addizzione di acqua o siero riscaldati, immersione della
cagliata in siero caldo…
Il calore viene fornito per tempi brevi.

3- Operazioni fuori caldaia


La fase in caldaia termina con l'estrazione della cagliata che di seguito subisce diverse
operazioni che ne determinano la sua trasformazione in formaggio.
Dal prodotto informe che sa di latte si arriva a formaggio determinato da forma,
consistenza e aroma specifico attraverso la messa in stampo, la pressatura, l'acidificazione
e l'eventuale maturazione.
Formatura → la cagliata appena estratta non è ancora in grado di mantenere una forma
propria perché troppo umida e calda. Lo stampo o la fascera servono a fornire un
appoggio momentaneo (24-48 h) che permette il consolidamento della struttura grazie
allo spurgo del siero e al raffreddamento progressivo.
Stufatura → momento importante della trasformazione della cagliata in formaggio dal
punto di vista microbiologico in quanto, nel momento in cui si rimane negli stampi, nella
cagliata si ha il completamento dell'acidificazione e lo spurgo del siero con massimo
sviluppo dei batteri lattici, per questo è detto anche “stufatura” poiché deve essere
mantenuta in ambienti caldi così da favorire l'attività fermentativa dei batteri lattici
termofili.
Una corretta stufatura richiede
• mantenimento T idonea e funzionale al tipo di starter usato
• U relativa idonea per evitare di interfererie con l'evoluzione della superficie del
formaggio, coi processi di spurgo e formazione della crosta
• specie per i formaggi di piccolo taglio sono preferibili locali climatizzati come
celle, tunnel o cassoni
• la T ambiente deve essere minore di quella della cagliata appena estratta ma non
eccessivamente bassa (25-30°C) altrimenti si influisce negativamente sulla capacità
di crescita dei batteri lattici .

Differenze di pochi gradi tra superficie e cuore di un formaggio ne determinano delle


differenze nella velocità di acidificazione. Tali differenze sono più importanti in formaggi
di grande pezzatura anche se la climatizzazione dell'ambiente è minore, ma occorro molte
ore affinché la T all'interno della forma sia omogenea.
Il lento processo di dissipazione del calore al centro verso l'esterno del formaggio
contrasta infatti l'azione del raffreddamento superficiale.

91
Microbiologia

La velocità di acidificazione non è legata solo alle condizioni di incubazione, ma


soprattutto alla natura, quantità e vitalità della flora starter, per uesto i tempi di
acidificazione della cagliata di formaggi senza innesto sono più lunghi di quelli con
innesto.
Nel caso di formaggi a pasta molle, un eccesso di acidificazione ne modificherebbe la
struttura rendendola meno elastica e più friabile, quindi è necessario un raffreddamento a
T tali che blocchino la capacità di riproduzione delle cellule in crescita. Tale
raffreddamento piò essere conseguito per spostamento dei formaggi in cella frifo, in
salamoia o acqua gelida.

Una rallentata acidificazione della pasta comporta


• possibilità di sviluppo dei microrganismi anticaseari
• rallentamento dello spurgo
• incompleto metabolismo degli zuccheri

Salatura
Il sale è presente in quasi tutti i formaggi in quanto conferisce sapidità, completa lo
spurgo del siero favorendo la formazione della crosta e riduce l’attività dell’acqua così
che avvenga una selezione batterica.
Tecniche più usate sono
-salatura per immersione in salamoia
-salatura a secco, prevalentemente usata per prodotti in cui la microflora della crosta è
fondamentale.

92
Microbiologia

Il contenuto in sale varia a seconda dei tipi di formaggi con un 0,00-0,08 per la
mozzarella, sino a 1,2 per l’Emmental e sino a 6 per il Pecorino Romano.

Asciugatura
Ad eccezione dei formaggi a pasta molle che sono senza crosta, alla salatura segue
l’asciugatura a caldo che favorisce l’essudazione del grasso impermeabilizzando la crosta
e rendendo così i formaggi meno sensibili all’attacco da parte di funghi durante la
maturazione.

Maturazione o stagionatura
Fase che varia in tempi e modi a seconda del tipo di formaggio.
Oltre a tempo e T influiscono umidità, ventilazione, diffusione del sale nella forma quali
incidono sull’attività microbica ed enzimatica.
Tale attività a sua volta dipende dal tipo di microflora presente nella cagliata e dalle dosi
usate. In generale la stagionatura di un formaggio è molto complessa, risultato di
fenomeni biochimici determinati da enzimi del latte, del caglio e dalle sostanze quali
zuccheri, grasso e proteine.
Ambienti di stagionatura sono Celle, Grotte e Fosse.

Zuccheri → la loro fermentazione si esaurisce in stufatura metabolizzati dai


Lactobacillus dello starter, tuttavia la presenza di acido lattico, galattosio e residui di
lattosio nel formaggio sono caratteristiche del tipo di formaggio, dello starter usato, della
tecnica di produzione e della durata della maturazione in quanto la microflora autoctona
non starter può usare tali nutrienti con cui modificherà le caratteristiche del prodotto
finito.

Proteine → diversi tipi di formaggio significa diverse modificazioni delle caseine in


funzione degli enzimi proteolitici presente e attivi in cagliata e formaggio oltre che dal
tempo che hanno a disposizione per compiere il loro lavoro.
La proteolisi modifica consistenza e gusto del formaggio: la prima è data dalla rottura
della matrice proteica mentre la il secondo (il gusto) dipende
-direttamente dalla proteolisi tramite i prodotti di degradazione (peptidi, aa, ecc) che
conferiscono gusto e retro amaro
-indirettamente dalle proteolisi, in quando tali prodotti diventano a loro volta substrato di
altre reazioni le quali formano altri composti sapidi.
Queste attività consentono la produzione di una grande varietà di composti aromatici, ma
non tutti sono gradevoli.
Intensità e tipo di proteolisi possono indurre però anche caratteri negativi, ad esempio se
è eccessiva come nel caso delle mozzarelle.
L'attività residua del caglio nei formaggi risulta variabile in funzione delle dosi,
dell'umidità, della tecnologia di produzione usata e soprattutto dalla presenza di
trattamenti termici usati.
Enzimi del latte: la plasmina è attiva su tutte le frazioni della caseina ad eccezione della
k. La sua attività è molto elevata nei formaggi a pasta cotta in quanto si rietiene che il

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Microbiologia

trattamento termico della cagliata inattivi gli inibitori dell’attivazione del plasminogeno.
Batteri lattici: in seguito alla lisi cellulare, specie nei batteri lattici starter, tutti gli enzimi
vengono rilasciati nel formaggio. Non è sempre possibile stabilire una connessione
semplice tra microflora del latte e previsione di attività enzimatica in quanto la sola
presenza degli enzimi non è sufficente affinché si attivino.

Grassi → la lipolisi interviene nel corso della maturazione del formaggio contribuendo al
sapore: libera acidi grassi che, direttamente o indirettamente (tramite loro trasformazione)
portano alla formazione di composti sapidi e aromatici.
Sono 2 i sistemi lipasici che svolgono ruolo importante nei formaggi nostrani come
Gorgonzola, pecorino Romano, Caciocavallo, etc: le lipasi acida ed alcalina e le lipasi
pregastrica e gastrica. Negli altri formaggi la lipolisi è generalmente un fenomeno poco
sviluppato o considerato un difetto.

CARNI FERMENTATE

Le proprietà chimiche e fisiche della carne possono influenzare la colonizzazione e lo


sviluppo di un gran numero e varietà di microrganismi.
Alcuni fattori influenzanti possono essere: allevamento, macellazione e conservazione
delle carcasse.

CONTAMINAZIONE MICROBICA

ENDOGENA ESOGENA
Da animali malati Tramite la superficie della
carne nelle fasi di
macellazione, stoccaggio e
trasporto

La contaminazione delle carcasse può essere causata da pelle, feci, intestini animali in
primis, oltre che da acqua, suolo, attrezzature, ecc…

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Microbiologia

I principali microrganismi responsabili di alterazione della carne sono:


➢ Pseudomonas spp
➢ Enterobacteriaceae
➢ Batteri lattici
➢ Brochotrix thermosphacta

I SALAMI
I salami sono prodotti di salumeria composti da carni ottenute da muscolatura striata
appartenente al suino con aggiunta di sale ed eventualmente di carni di altre specie,
macinate e miscelate con grasso di suino in proporzioni variabili, insaccati in budello
naturale o artificiale. NON possono essere chimati salami gli insaccati fatti senza carni
suine né quelli contenenti carni separate meccanicamente, ovvero sfibrate.

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Microbiologia

Si tratta di un prodotto fermentato dato dall’effetto delle fermentazioni e della


stagionatura le quali portano a
• abbassamento pH
• abbassamento attività dell’acqua
• abbassamento umidità.
I microrganismi in grado di svilupparsi in anaerobiosi, di tollerare bassi pH e dare origine
a fermentazioni gradevoli non sono molti e sono i liviti a fermentazione alcolica e i
batteri. Nel caso dei Salumi intervengono i batteri lattici, mentre i lieviti hanno ruolo
secondario. Tuttavia, mentre alcuni batteri svolgono azione utile per la maturazione, altri
sono alteranti o patogeni.
Quando la materia prima è in condizioni adeguate, i processi fermentativi partono
spontaneamente. In certi casi, affidare i processi a batteri naturalmente contaminanti può
essere pericoloso perché non tutti sono in grado di dare risultati ottimali, per questo si
può intervenire con aggiunta di ceppi selezionati.

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Microbiologia

La stagionatura: evoluzione dei parametri microbiologici


Il processo di maturazione di un salame consiste in una fermentazione lattica ad opera di
diverse specie di lattobacilli con produzione di acido lattico e alcuni antibiotici.
Durante la maturazione
• diminuzione germi saprofiti
• scomparsa dei patogeni
dovute a:
• aumento degli acido-produttori
• liberazione di enzimi proteolitici e lipolitici sia dalla carne che dai germi implicati
con produzione di aroma tipico
A maturazione conclusa
• scomparsa quasi totale dei saprofiti
• sviluppo lieviti sulla superficie del budello [usano l’acido lattico prodotto dai
lattobacilli come fonte di Calcio e le proteine liberate dalla lisi dei batteri come
fonte di AA]
Pratiche tecnologiche che influenzano l’evoluzione della microflora
• salatura
• aggiunta di nitrati o nitriti
• aggiunta di zuccheri
• insacco
• condizioni termo-igrometriche

Qualità degli insaccati (grazie alla stagionatura che ne modifica i parametri chimico-
fisici)
pH→ da un valore lievemente acido del prodotto fresco, il pH scende in seguito alla
produzione di acido lattico e successivamente risale a causa del suo uso da parte dei
lieviti superficiali arrivano ca a 6.
Umidità → perdita di acqua per migrazione verso l’esterno e successiva evaporazione
facilitata dallo sviluppo di lieviti sulla superficie.
Sale → aumento della concentrazione relativa, rispetto all’iniziale, sino ca 6%.

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Microbiologia

Condizioni per corretta stagionatura


Il loro uso assicura la corretta fermentazione e la costanza dei parametri
organolettici dopo tempi definiti. I germi comunemente usati sono
Starter
Lactobacillus plantarum, Pediococcus acidilactici, Pediococcus
pentosaceus.
Quella naturale è la preferita per prodotti di qualità. Di norma si ricorre a
Ventilazion
stagionatura con ventilazione controllata in celle allo scopo di evitare
e
disidratazione troppo rapida.
Umidità Condizioni di U costanti per evitare che il budello si secchi e si rompa.
Temperatur Non deve scendere al di sotto dei 12°C per evitare il blocco dell'attività
a dei lattobacilli, né superare i 20-25°C per evitare fermentazioni anomale.
Vengono addizionati dal 0,2 all'1% di zuccheri semplici o lattosio o latte
in polvere (questo sino al 2%) o anche di polisaccaridi a lento utilizzo
Zuccheri
come le destrine, questo per favorire la produzione di acido lattico essendo
fondi ti C naturali.
Effetti Tecnologici: favorisce la precipitazione delle proteine e
contribuisce a mantenere la struttura e la consistenza del prodotto.
Effetti microbiologici: azione selettiva contro i germi putrefattivi a favore
Sale
dei lattici, anche se un eccesso può selezionare St. aureus tossinogeno.
Effetti conservanti: disidratante, battericida degli ioni calcio, riduzione
presenza di Ossigeno e inibizione attività enzimatiche.
In quantità 80-160 mg/kg tali sostanze, convertite in nitriti ad opera di
anaerobi, inibiscono lo sviluppo di germi, prevengono il proliferare dei
Nitrati putrefattivi, mostrano scarsa efficacia contro i lattici, stabilizzano il colore
comportandosi anche da antiossidanti e, assieme al sale, migliorano il
gusto del prodotto finito.
Contribuiscono alla formazione dell'aroma. Alcune, come il pepe,
Spezie
forniscono microelementi per lo sviluppo dei lattobacilli.
Una stagionatura prolungata disidrata il prodotto rendendolo non
Tempo
facilmente affettabile, quindi duro e poco aromatico.

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Microbiologia

Salami a lenta acidificazione o a lunga stagionatura


Tale definizione si riferisce al tempo di stagionatura e al tempo necessario per far
sviluppare e terminare le fermentazioni. La variazione di pH è limitata e dopo aver
raggiunto il minimo a 5 attorno alla 2-3^ settimana, risale durante la stagionatura.
Micrococci e lattobacilli sono i generi principali: i primi divengono popolosi già dai primi

99
Microbiologia

giorni, mentre i secondi si moltiplicano più lentamente restando poi costanti sino a fine
stagionatura.
L’inattivazione dei patogeni e degli alteranti è legato all’abbassamento dell’aw grazie alla
stagionatura e al sale.

Salami a rapida acidificazione


In questi salami si ha una prima fase di fermentazione nella quale i lattobacilli diventano
flora dominante rapidamente e acidificano l’impasto inibendo patogeni e alteranti. La
velocità di diminuzione di pH e il suo valore a fine stagionatura sono le caratteristiche
principali di questi prodotti.

SVILUPPO MICROBICO
La carne tritata è mezzo nutritivo per molti microrganismi grazie al contenuto di azoto,
carbonio, vitamine, acidi organici ecc… come anche di zomposti azotati, ma carenti di
carboidrati. Dopo la triturazione la carna contiene molte cellule microbiche di gruppi
diversi a causa di contaminazione ambientale durante le fasi di lavorazione.
Le condizioni che si creano nell’impasto dopo l’insacco, dovute alla presenza di sali,
nitrati, nitriti, zuccheri, T e anaerobiosi, sono tali da inibire lo sviluppo della maggior
parte dei microrganismi indesiderati: il sale inibisce le Enterobacteriaceae e i nitriti
agiscono sui Clostridi come il C. botulinum.
Gli unici che riescono a moltiplicarsi sono i micrococchi aerobi, gli stafilococchi, i
lattobacilli, i pediococchi e gli enterococchi.

Micrococchi e Stafilococchi
Partecipano alle fermentazioni. Sono aerobi obbligati quindi hanno scarsa possibilità di
uno sviluppo prolungato ma si sviluppano con l’ossigeno che rimane nell’insacco.
Hanno la funzione di
• consumare l’ossigeno rimasto nell’impasto creando anaerobiosi
• riducono i nitrati a nitriti renendoli attivi nei confronti dei batteri nocivi come
clostridi
• eliminano l’acqua ossigenata prodotta dai lattobacilli
• hanno attività proteolitica
• sono coinvolti nell’attività lipolitica liberando gli acidi grassi
• gli acidi grassi liberi possono essere ossidati per formare composti che danno gusti
gradevoli controllando i processi di ossidazione.
Batteri lattici
In particolare i lattobacilli, costituiscono la flora batterica principale. Tollerano sale,
nitriti e hanno capacità di svilupparsi a basso pH. Si moltiplicano dopo i micrococchi e
più intensamente.
Tutti i batteri lattici possono svilupparsi nei salami: lattobacilli omo ed eterofermentanti,
streptococchi, pediococchi. Predominano comunque i lattobacilli mesofili
omofermentanti e, in misura minore, gli eterofermentanti.
Hanno la funzione di:
• ridurre nitrito ad ossido d’azoto che attribuisce colore

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Microbiologia

• sono agenti delle fermentazioni lattiche deglu zuccheri e fortemente acidogeni a


causa della formazione di acido lattico (omofermentanti) o di acido lattico e acido
acetico (eterofermentanti)
• hanno rapido sviluppo che sopraffà gli altri gruppi grazie all’esaurimento degli
zuccheri e all’abbassamento del pH.

Il pH dei salami a fine maturazione dovrebbe essere maggiore o uguale a 5,3 che
permette alla carne di rilasciare umidità. Una fermentazione inadeguata porta a
insufficente asciugamento, prodotti molli, collasso del prodotti e sviluppo batteri alteranti
o tossigeni.
L’inibizione di altri batteri avviene grazie ai nitriti, ma è più intensa quando il Ph è basso.
Inoltre i lattici e i pediococchi producono batteriocine.

Ammine tossiche
Gli alimenti fermentati contengono una certa quantità di ammine tossiche, specie
istamina e tiramina. La quantità dipende dalla durata della stagionatura. Sono prodotte dai
batteri che degradano gli aa.

FERMENTAZIONI
➢ inibizione della maggior parte dei batteri per effetto della salagione a vantaggio di
micrococcacee e lattici
➢ i primi batteri che si moltiplicano sono i micrococchi, che si fermano al termine
dell’ossigeno
➢ seguono stafilococchi, lattici e pediococchi
➢ per effetto di questo si verifica esaurimento ossigeno, riduzione nitrati a nitriti,
esaurimento zuccheri fermentiscibili, abbassamento pH e idrolisi proteine e grassi.
FERMENTAZIONI NATURALI
se i batteri lattici sono scarsi si può sviluppare S. aureus. Possono prendere sopravvento i
lattici eterofermentanti che producono anidride carbonica che gonfia e crea cavità, e acido
acetico che dona gusto non gradevole.
La mancanza del rispetto delle norme igieniche porta a sviluppo dei coliformi e
streptococchi fecali che danno alterazioni di gusto e profumo.
FERMENTAZIONI GUIDATE
prevengono alcuni inconvenienti. Le colture più usate comprendono batteri lattici che
devono essere tolleranti al sale, resistere ai nitriti, T 15-18° per sopravvivere, produzione
di solo acido lattico, azione proteolitica e lipolitica, inibizione batteri nocivi.
Il più idoneo è Lactobacillus plantarum che ha tutte le caratteristiche richieste ed è
presente nelle fermentazioni naturali.
Gli starter devono essere aggiunti all’impasto in 106 batteri/g di impasto e possono essere
liofilizzate o congelate.

Le muffe
Nelle celle di maturazione le spore fungine vengono a contatto col budello e si moltiplica
dapprima nei punti in cui vi è il magro, poi si infittisce. Il colore preferito è bianco o

101
Microbiologia

bianco grigiastro. Il genere più frequente è Penicillium.


Hanno la funzione di:
• asciugamento omogeneo del prodotto
• ridurre calo peso
• facilitano la sbucciatura della pelle
• disacidificano il salame consumando acido lattico e portando il pH a 6 all’esterno
• azione lipolitica e proteolitica
• migliorano caratteristiche organolettiche.

Modificazioni microbiche a carico della frazione lipidica


Costituita quasi interamente da trigliceridi, gli acidi grassi principali sono acido oleico,
palmitico e stearico.
Le lipasi batteriche sono specifiche e idrolizzano il legame in posizione 3 dei trigliceridi
mentre le fungine idolizzano soprattutto acidi grassi a catena corta.

ACETO
E’ un liquido commestibile ad uso umano prodotto da materiale di origine agricola
contenente amido e/o zuccheri, ottenuto per processo di doppia fermentazione, alcolica e
acetica, contenente una data quantità di acido acetico. Secondo la legislazione italiana
l’aceto è un prodotto di fermentazione, pertanto non può essere ottenuto direttamente
dall’acido acetico.
Aceto comune: prodotto con vino non pregiato, mediante fermentazione rapida,
chiarificato e filtrato.
Aceto di qualità: prodotto con vino pregiato mediante fermentazione lenta e
invecchiamento in botti di legno.
Aceto aromatizzato: prodotto usando aceto di qualità a cui vengono aggiunte erbe
aromatiche.
Aceto decolorato: aceto comune decolorato destinato alla conservazione sottaceto.
Aceto speciale: identifica diversi tipi di aceto tra cui quello balsamico di Modena.

L’aceto fa quindi parte delle bevande alcoliche e si distingue poiché non deriva

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Microbiologia

direttamente dalla trasformazione di una materia prima ma da un alimento già fermentato.

PRODUZIONE DELL’ACETO
Fermentazione alcolica → lieviti
Fermentazione acetica → acetobatteri
La materia prima è il VINO, in particolare quelli con alta acidità. Esso funge da substrato
microbico in quanto possiede
• Carboidrati: solo residui e solo pentosi
• Vitamine
• Composti azotati
• Acidi organici:
non volatili come malico, succinato e lattico
volatili come l’acetico
• Etanolo

I batteri acetici sono presenti nell’ambiente, nelle uve, veicolati da insetti e moscerini,
presenti nei mosti.
I batteri acetici sono corti bastoncelli, gram – variabili, non formano spore e hanno
metabolismo respirativo. Sono mesofili. Ossidano l’etanolo ad acido acetico o ad anidride
carbonica e acqua. Possono essere mobili o immobili. Non riducono i nitrati.

Genere Acetobacter
Sono i veri artefici dell’acetificazione perché hanno forte capacità di ossidazione
dell’etanolo. Essi sono Acetobacter aceti, A. hanseni, A. pasteurianus, A. europens.
Le caratteristiche tecnologiche ricercate sono
• alcol tolleranza che varia in funzione del ceppo;
• potenziale acidogeno;
• spessore e volume del velo.
Acetobacter si può sviluppare nei mosti e nei vini. In cantina sono considerati nemici del
vino. Poco presente sui frutti sani. Sviluppa solo se trova disponibilità di ossigeno, quindi

103
Microbiologia

durante i travasi.

Genere Gluconobacter e Gluconoacetobacter


Sono detti “batteri gluconici”. Non sono i principali responsabili dell’acidificazione in
quanto svolgono attività ossidativa preferendo il glucosio che viene ossidato ad acido
gluconico. Sono poco attivi sull’etanolo. L’acido gluconico, a differenza dell’acetico, non
è volatile e non è percepibile all’olfatto. Pertanto i gluconobatteri permettono un aumento
di acidità ma non una formazione di aceto.
Alcuni, isolati da aceto, sono: Gluconobacter oxydanis, Gluconoacetobacter hansenii,
Gluconoacetobacter europaeus…
Come gli acetobatteri sviluppa solo con disponibilità di ossigeno. Si può ritrovare anche
nei frutti fanneggiati, che per minor etanolo-tolleranza si riducono sino a scomparire.

L’acetificazione è un grave difetto del vino che si evita cercando di non far entrare in
contatto il prodotto con l’aria, mantenendo basse le T e utilizzando anidride solforosa. Se
avviene, il vino difettoso può essere usato solo per produrre aceto.

L’ossidazione dell’etanolo da acetobacter non è una fermentazione ma una


trasformazione ossidativa (fermentazione acetica) cioè una ossidazione da parte di
microrganismi strettamente aerobi il cui sviluppo è condizionato dalla presenza di
ossigeno.

Starter
La prima selezione avviene dall’isolamento a partire da vinacce residue alla vinificazione
mantenute a T ambiente. Si selezionano i ceppu con maggiore resistenza all’etanolo. In
genere perdono velocemente la vitalità e sono difficilmente replicabili come colture pure.
Si preferisce lo starter naturale, ovvero residui di acetificazione precedente. La

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Microbiologia

composizione è variabile e non costante.

Sistemi di produzione
• Sistema superficiale statico SFC: modalità più antica, riproducibile anche a livello
domestico. Principio del vino a contatto con aria in superficie. Ha molte varianti di
metodi ma bassa resa e produzioni non significative.
Si sviluppano “veli” sulla superficie di mezzi luquidi dove, a diretto contatto con
l’aria, formano veli continui uniformi e non fragili costituiti da cellulosa
sintetizzata durante lo sviluppo. Se vengono toccati non si rompono ma cadono sul
fondo andando a creare la “madre dell’aceto” mentre sulla superficie si sviluppano
nuovi veli. Sviluppo eccessivo di madre ingombrante è un carattere negativo in
quanto riduce il rendimento. Il processo può avanzare tanto sino ad occupare tutto
il liquido. Esiste un metodo industriale detto “sistema Orleans” per la produzione
di aceto in barili con fori di aerazione.
• Sistema di acidificazione in sommerso SMR: impianti diffusi a livello industriale.
Aria immessa e mantenimento dell’agitazione. Avviene in fermentatori in acciaio
inox. Il contatto con l’ossigeno avviene mediante miscelazione dell’aria con
sistemi di aerazione e autoaspirazione che garantiscono uniforme miscelazione del
fluido. Il fermentatore necessita di una fase di avvio e non viene mai vuotato.
Con questo sistema si usano raramente colture pure. Viene usato vino avanzato da
acidificazone precedente o parallela quando il grado alcolico è dimezzato. Si può
diluire con acqua, quindi si sfrutta l’ossigeno presente. Il giorno seguente si
immette altra aria e si lascia salire la T. Il processo è completato in circa 4 gg.

Fermentazione e produzioni successive

ACETO BALSAMICO DI MODENA


IGP. Si tratta di un aceto speciale che, per ingredienti e metodo, si distacca dai comuni
aceti di vino, anche dal tradizionale di Modena. È prodotto con aceto, zuccheri e mosto
d’uva concentrato o cotto. Aggiunti i coloranti. È consentito l’impiego di caramello.

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Microbiologia

Deve avere caratteristiche ben definite dai regolamenti per l’IGP e deve essere prodotto
usando uve bianche locali previste dal disciplinare tra cui il Trebbiantico. Ottenuta
attraverso lunga cottura a vaso aperto, consentendo riduzione e concentrazione del mosto.
Si lascia raffreddare e decantare in attesa di successiva immersione in barili in testa alle
batterie quali sono una sequenza di botticelle di diverso volume e di diversi legni che ne
influenzano il sapore, l’acetificazione, la maturazione e l’invecchiamento.
Per dirsi balsamico tradizionale un aceto deve trascorrere almeno 12 anni dalla messa in
opera in una batteria la quale sarà stata all’inizio opportunamente innestata con inoculi di
acetobatteri prelevati da acetaie già a regime.
Le botti non devono essere completamente riempite in quanto necessitano di areazione.
Il prelievo annuale del balsamico così creato deve essere fatto con parsimonia (non più
della metà) poiché si rischia di snervare il prodotto rimanente.

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Microbiologia

PRODOTTI VEGETALI FERMENTATI

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Microbiologia

LE OLIVE
Non possono essere consumate subito in quanto hanno sapore amaro datogli da un
glucoside, l’”Oleuropeina” costituito da glucosio, acido elenoico e un orto-difenolo
chiamato idrossitirosolo. Devono pertanto essere de-amarizzate.
L’attitudine alla trasformazione prevede che la percentuale della polpa sia minimo 80% e
pertanto il rapporto polpa/nocciolo deve essrre pari o maggiore di 4. La consistenza deve
essere resistente alla pressione esercitata, non raggrinzita e, a seguito della
trasformazione, deve separarsi facilmente dal nocciolo. Il colore può essere verde, rosa o
rosso vinoso o nero a seconda delle varietà.
L’integrità del legame estere che permette l’attacco dell’idrossitirosolo al resto della
molecola di oleuropeina è essenziale al sapore amaro e per eliminarlo occorrono reazioni
di ossidazione e separazione, per idrolisi alcalina, acida o enzimatica.
OSSIDAZIONE CHIMICA DELL’OLEUROPEINA

OSSIDAZIONE ENZIMATICA

Metodi diversi per deamarizzare


• Metodo Chimico o Spagnolo o Sivigliano
prevede il trattamento con idrossido di sodio dal 2,5 al 3,5% a seconda della
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Microbiologia

grandezza del frutto. Tale trattameno va bloccato quando i 2/3 della polpa è stato
attraversato dal reagente (5-10 h). In seguito avviene sciacquatura e lavaggi con
durata prolungata sino a 48 h in cui vengono dilavati composti fenolici, acidi
organici e zuccheri. In seguito a questo il pH scende oltre la neutralità e le olive
vengono poste in salamoia con sale al 5-6%: la pressione osmotica indotta dal sale
favorisce la migrazione dei componenti idrosolubili del frutto verso la salamoia
dove vengono metabolizzati dai microrganismi.
1)La salamoia è un substrato selettivo capace di far crescere solo determinate
forme microbiche che inizialmente sono Gram – (Enterobacteriaceae),
2)quindi intervengono i batteri lattici che trasformano gli zuccheri in acido lattico
(omofermentanti del genere Pediococcus ed eterofermentanti del genere
Leuconostoc);
3)di seguito appaiono bateri lattici che predominano in maniera netta su tutti gli
altri come Lactobacillus plantarum e Lactobacillus pentosus. Durante queste prime
tre fasi della fermentazione i batteri lattici hanno ruolo importante in quanto
abbassano il pH sino a 4 trasformando la salamoia in un habitat poco adatto alla
crescita dei microrganismi indesiderati. Tuttavia coinvolgono molti lieviti che
diventano predominanti a fine processo e condizionano le caratteristiche sensoriali
del prodotto finito riconoscibili da un velo sulla sua superficie della salamoia e
consumano l’acido lattico favorendo aumento pH. Per una migliore conservazione
si peferisce incrementare la concentrazione di sale sino al 6-7%.
• Metodo Naturale o Biologico
deamarizzazione mediante idrolisi enzimatica con Salamoia. Determinate specie di
lattobacilli producono un tipo di beta-glucosidasi attiva sulla oleuropeina e una
esterasi capace di idrolizzare definitivamente l’aglicone derivato dalla prima
reazione. Specie coinvolte: Lactobacillus plantarum e Lactobacillus pentosus.
• Metodo Greco
simile alla trasformazione naturale, ma in questo caso la concentrazione di sale è
del 9-10% e non è previsto l’uso di starter. Le olive vengono collocate in recipienti
e arricchite con salamoia, quindi chiuse ermeticamente. I lieviti costituiscono la
popolazione microbica per questo habitat come Saccharomyces, Candida, ect.

Difetti e alterazioni

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