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LEZIONI

DI
MEDICINA INTERNA

A cura di:
Andrea Perna
(e di tutti gli sbobinatori)

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 1 A cura di ANDREA PERNA


PARTE 1
MALATTIE
CARDIOVASCOLARI

SOMMARIO:

- SCOMPENSO CARDIACO
- IPERTENSIONE ARTERIOSA
- ATEROSCLEROSI E DISLIPIDEMIE
- MALATTIE CEREBROVASCOLARI
- ARTEROPATIE OSTRUTTIVE CRONICHE E ISCHEMIA
DEGLI ARTI INFERIORI
- MALATTIE DELLE VENE
- VASCULITI
- MALATTIE EDEMIGENE

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 2 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 1 SCOMPENSO CARDIACO

CASO CLINICO
- Un uomo di 72 anni si reca allo studio medico lamentando da alcune se%imane una dispnea da sforzo
ingravescente. Riferisce che in precedenza era in grado di svolgere il suo lavoro di giardinaggio, ma
adesso quando fa una passeggiata di 30-40 metri avverte 2ato corto, dispnea.
- Non ha dolore toracico quando cammina, ma in passato ha avuto qualche episodio di dolore
retrosternale di tipo gravativo che si manifestava in occasione di sforzi più intensi.
- Recentemente ha avuto un episodio in cui ha avvertito una sensazione di “vuoto” alla testa e stava per
svenire mentre saliva un piano di scale. Tali disturbi sono poi regrediti nel momento in cui si è seduto
(presincope).
- Ha avuto qualche problema durante la no%e con la necessità di sollevare la propria schiena e dormire
con due cuscini (diversamente da come faceva di solito).
- Occasionalmente si sveglia di no%e avvertendo un po’ di dispnea e tale sensazione passa ponendosi
seduto sul le%o con le gambe penzoloni. Inoltre ha notato che i suoi piedi si sono un po’ gon2ati e
tendono a farlo sopra%u%o verso la 2ne della giornata dopo essere stato in piedi per diverse ore.
- Non ha avuto in passato problemi di salute signi2cativi. Non assume farmaci. Per anni non si è recato
da un medico.
- Non fuma, non beve alcolici.
- All’esame obie%ivo il paziente non ha febbre.
- Presenta una frequenza di 86 bpm , una PA di 115/92 mmHg e una frequenza respiratoria di 16 a%i
respiratori al minuto.
- All’esame della testa e del collo si apprezza una mucosa rosea senza pallore cutaneo o mucoso, la
tiroide è nei limiti. Viene però notata una certa distensione delle giugulari.
- All’esame obie%ivo del torace, all’inspirazione ad entrambe le basi polmonari sono presenti dei rumori
umidi (rantoli).
- Al cuore si sente un I tono senza alterazioni di rilievo , un II tono con uno sdoppiamento espiratorio
(paradosso); alla punta si sente la presenza di un IV tono. L’impulso apicale non è spostato e si sente un
soDo sistolico con picco tardivo rilevabile al livello parasternale destro irradiantesi alle carotidi. Le
carotidi presentano una pulsatilità di ampiezza rido%a.

Il problema che il medico si pone è: qual è la diagnosi più probabile? Gali sono gli eventuali test
diagnostici che ci aiutano a confermare la diagnosi o orientarsi verso possibile diagnosi alternative?

Il sintomo preminente è la dispnea con ortopnea e con qualche episodio probabile di dispnea
parossistica no%urna. Tale tipo di dispnea è probabilmente di origine cardiaca.
La genesi cardiaca è suHragata anche:
- dalla presenza di rantoli bilaterali alle basi polmonari, indicativo di una stasi che si dispone per
motivi di gravità a livello delle basi;
- dall’associazione degli edemi declivi dopo stazione ere%a prolungata
- dal soDo sistolico presente in parasternale destra irradiantesi ai vasi del collo con pulsatilità
rido%a
- dalla presenza del IV tono
- dalla presenza di una storia di presincope
Tu%o ciò potrebbe far pensare ad una stenosi valvolare aortica.
Infa%i tale ipotesi è compatibile con il reperto obie%ivo: soDo sistolico con picco tardivo (con
morfologia “a diamante”), ipopulsatilità delle carotidi, presenza di un IV tono, sdoppiamento paradosso
del II tono (poiché si sdoppia in espirazione e non in inspirazione come 2siologicamente accade) con la
componente aortica che diventa più tardiva del normale.
La diagnosi più probabile è: scompenso cardiaco come possibile risultato di una stenosi aortica.
Per quanto riguarda l’aspe%o diagnostico l’esame fondamentale è un ecocardiogramma che ci consente
di valutare l’area della valvola aortica e al contempo di avere un’idea circa la funzione sistolica del
ventricolo sinistro, che è uno degli elementi che ci fa propendere verso un intervento di sostituzione
valvolare da eseguire in tempi più o meno rapidi in rapporto al grado di performance del ventricolo
sinistro.
La presenza di scompenso cardiaco è supportata dai segni obie%ivi di sovraccarico di volume : edema
periferico, elevazione della pressione venosa giugulare, rumori umidi alle basi come da edema

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polmonare.
La patologia aortica è andata da una fase in cui c’erano dei sintomi anginosi (storia di dolore
stenocardico retrosternale e presincope) ad una fase di scompenso cardiaco franco con un
peggioramento della prognosi. Il paziente andrebbe valutato urgentemente sia per la patologia aortica ,
sia per l’eventuale esistenza di una patologia coronarica, per valutare una possibile un possibile
intervento di sostituzione valvolare.

SCOMPENSO CARDIACO
Lo scompenso cardiaco non è una mala%ia tout court , ma è una sindrome clinica, una condizione
cara%erizzata da un coacervo di fa%ori che intervengono sopra%u%o in relazione ai meccanismi
2siopatologici di ada%amento.
Il primum movens dello scompenso cardiaco è un’inadeguata perfusione dei tessuti periferici che si
associa a meccanismi di ada%amento che intervengono per determinare una migliore perfusione
periferica, ma che paradossalmente innescano un circolo vizioso che peggiora lo stato di scompenso. Il
mal ada%amento relato a meccanismi neuro-ormonali è una delle cause di persistenza e peggioramento
dello scompenso. Infa%i, il tra%amento dello scompenso si basa proprio sull’utilizzo di farmaci che
tendono a bloccare questi meccanismi neuro-ormonali.
Alla base dello scompenso possono esserci due meccanismi:
1. de&cit di pompa ; un de2cit contra%ile del miocardio che determina una incapacità di
espellere il sangue in quantità tali da soddisfare i fabbisogni energetico-metabolici dei tessuti
periferici; (scompenso sistolico)
2. inadeguatezza del cuore a riempirsi di sangue in quantità suDciente per poter poi espellere
in circolo una quantità di sangue suDciente. (scompenso diastolico)
Alla 2ne tu%i questi meccanismi determinano la comparsa di situazioni cliniche di severità variabile.

Il muscolo cardiaco perde la sua capacità di contrarsi per:


 Anomalie del muscolo stesso, come nelle forme degenerative, nella cardiomiopatia dilatativa
idiopatica, oppure per processi infe%ive come in corso di miocardite
 Il muscolo cardiaco non è suDcientemente irrorato dalla circolazione coronarica.
L’aterosclerosi coronarica con forme di ischemia miocardica cronica o di infarto è la causa più
frequente di scompenso cardiaco nella società occidentale.
 Un aumento delle resistenze contro cui il cuore deve pulsare. È il caso del nostro paziente: una
stenosi aortica determina un gradiente tra la forza che sprigiona il miocardio (almeno nella fase
in cui è ancora ben funzionante) e la quantità di sangue che riesce a passare a%raverso l’ori2zio
stenotico. Un’altra causa è la patologia ipertensiva con aumento delle resistenze che determina
un sovraccarico del cuore che si ipertro2zza per cercare di vincere queste resistenze.

L’estrinsecazione clinica dell’aterosclerosi coronarica porta a:


- ischemia intermi%ente in relazione all’aumento del consumo miocardico di ossigeno, come
avviene nella angina stabile. In questo caso ci sarà una placca non complicata.
- Una situazione clinica ancora più marcata e importante: l’ infarto miocardico acuto che viene
determinato da una complicanza di placca (come l’apposizione di materiale trombotico su una
placca che già in precedenza occludeva parzialmente il vaso).

A questi due quadri clinici corrispondono, rispe%ivamente, una sostituzione di tessuto miocardico con
tessuto 2broso (in caso di ischemia cronica), oppure, nelle forme acute, una zona di necrosi in relazione
all’infarto miocardico. Entrambi i casi determinano una riduzione della contra%ilità e della forza
propulsiva e si riKe%ono in un’insuDcienza dinamica globale del ventricolo.

Lo scompenso è generalmente una mala%ia cronica alla base della quale ci sono delle alterazioni
stru%urali del muscolo e che una volta instauratasi dura per tu%a la vita. Tu%avia ci sono delle forme di
scompenso cardiaco acuto in cui il cuore, 2no a quel momento normale, senza storia di problemi
contra%ili, improvvisamente viene so%oposto ad un sovraccarico meccanico che eccede le sue capacità
di ada%amento. Sopra%u%o il ventricolo sinistro, che è una stru%ura piu%osto forte, spessa, con un
patrimonio di 2brocellule muscolari tale da sopperire ad eventuali sovraccarichi acuti (come in sforzi
estremi), è dotato di elevate capacità di ada%amento.

Però ci sono delle situazioni acute che possono eccedere tali capacità di ada%amento e determinare
l’instaurarsi una situazione di scompenso:
- Crisi ipertensive possono scatenare uno scompenso acuto, un edema polmonare.

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- Ro%ura o perforazione di un lembo valvolare in corso di endocarditi ba%eriche acute
- Embolia polmonare acuta massiva: determina ipertensione polmonare. In questo caso, essendo
il sovraccarico principalmente sul ventricolo destro, ed essendo quest’ultimo più debole, con
una parete con stru%ura muscolare molto meno rappresentata (poiché in condizioni normali la
pressione polmonare è molto bassa), è più facile che si instauri uno scompenso.

Il primum movens è generalmente rappresentato da un danno ai miocardiociti che può essere di natura
ischemica, tossica, metabolica, infe%iva. Ciò determina un rimodellamento del ventricolo che deve far
fronte alla perdita di parte del proprio tessuto contra%ile.

Entra in a%o uno sbilanciamento del sistema neuro-ormonale: consistente nell’espressione di citochine
in2ammatorie, meccanismi di apoptosi delle cellule miocardiche, modi2cazioni energetiche del
metabolismo di queste cellule e la creazione di fenomeni di stress ossidativo.
Alla 2ne ci sono degli eHe%i sulla stru%ura ele%rica del cuore, eHe%i sulla ventilazione, vascolari,
muscolari, renali che portano alla sindrome da scompenso cardiaco. Esiste quindi un meccanismo
complesso di ada%amento che il cuore me%e in a%o e che poi determina un peggioramento della
situazione in termini emodinamici.

Cause predisponenti e cause scatenanti


- Le cause predisponenti sono quelle che agiscono sulla stru%ura del tessuto miocardico
determinando la predisposizione a sviluppare lo scompenso.
Molto spesso su questa alterazione stru%urale si va ad inserire una noxa acuta che scatena la comparsa
dello scompenso.
Nella nostra società la cardiopatia ischemica è la causa principale di scompenso (75% dei casi), poi ci
sono le cardiomiopatie idiopatiche, le cardiopatie congenite, le cardiopatie valvolari, la cardiopatia
ipertensiva.
Nel nostro caso il paziente ha una cardiopatia valvolare (stenosi aortica). La valvola aortica può
diventare stenotica per vari motivi: anomalia delle cuspidi, fusione di cuspidi tra loro, progressiva
2brosi con deposizione di materiale calci2co e riduzione della super2cie valvolare eDciente (a%raverso
cui passa il sangue alla sistole), 2no alle forme di stenosi aortica serrata.
Nel corso degli anni lo spessore della parete del ventricolo sinistro aumenta progressivamente e
costantemente determinando un’ipertro2a per cercare di a%uare un compenso per riuscire a vincere
l’ostacolo rappresentato dalla valvola stenotica.
- Conseguenze emodinamiche: È presente un gradiente tra la pressione intramiocardica del cuore in
sistole e quella misurata ponendo il trasdu%ore subito dopo la valvola stenotica. C’è una perdita di
pressione considerevole che è espressione della severità della mala%ia valvolare.
Al fonocardiogramma si nota la presenza di un I tono;
uno sdoppiamento paradosso del II tono con la
componente aortica che è successiva a quella
polmonare a causa della minor pressione vigente in
aorta; un soDo con morfologia tipica “a diamante”
con un picco tardivo.
Viene poi rappresentato un IV tono (non sempre
presente), il quale è espressione del riempimento
tardivo del ventricolo che si veri2ca durante la
contrazione atriale in un ventricolo con parete
ispessita e rigida (non sarà auscultabile in pazienti
con 2brillazione atriale). [Il terzo tono è invece più
precoce e si veri2ca per uno s2ancamento della
parete].
L’encefalo è uno dei parenchimi che soHrono di più
in corso di stenosi aortica; a livello periferico c’è
un’ipoperfusione con pressione tendenzialmente
bassa e polso non particolarmente forte. Si può
arrivare 2no all’edema polmonare poiché la
disfunzione del cuore si ripercuote a monte, a livello
del circolo polmonare.
Radiologicamente si osserva un ventricolo di sinistra particolarmente ipertro2co e discretamente
dilatato con un rapporto cardio/toracico superiore a 2:1 (normalmente i 2/3 del diametro latero-laterale
del torace sono occupati dalla silue%e cardiaca)
All’ECG si esprimono i segni di ipertro2a ventricolare sinistra. Si va a valutare l’ampiezza dell’onda S

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nelle precordiali di destra e della onda R nelle precordiali di sinistra.
Secondo i criteri di Sokolov la somma di queste due onde deve superare i 35mm per poter parlare di
ipertro2a ventricolare sinistra.

Ovviamente l’ipertro2a si valuta in maniera molto più sensibile e più accurata con l’ecocardiogramma.
E’ visibile anche un certo sovraccarico (T negative nelle precordiali sinistre) per soHerenza delle
porzioni sub endocardiche: ciò è dovuto al fa%o che tali porzioni non vengono ben irrorate poiché il
ventricolo è ispessito e l’irrorazione normale non è in grado di garantire sangue a tu%o lo spessore del
ventricolo.
- Le cause scatenanti sono invece dei fa%ori acuti che possono slatentizzare una condizione di
scompenso cardiaco latente. Sono condizioni che determinano un aumento della richiesta metabolica
dei tessuti periferici:
- le infezioni,
- febbre,
- tachicardia,
- ipossiemia,
- aritmie di vario genere (FA parossistica con perdita del contributo di contrazione dell’atrio con minore
riempimento ventricolare e meno sangue che arriva in periferia), fa%ori 2sici (esercizio 2sico estremo),
- fa%ori emotivi ( un forte stress), fa%ori ambientali (esposizione al caldo o all’umidità o al freddo),
- sovraccarico di sodio,
- infarto del miocardio,
- embolia polmonare.

Ci sono anche altre mala%ie che non hanno un eHe%o dire%o sul cuore, ma che possono determinare il
peggioramento di uno scompenso:
- anemia,
- ipertiroidismo,
- sovraccarico di volume durante lo stato gravidico,
- ipertensione non ben controllata,
- miocarditi o endocardite infe%iva.

Adattamento
I baroce%ori presenti a livello del cuore e dei grossi vasi sentono una rido%a perfusione e inviano
segnali che vengono integrati con le stru%ure centrali deputate al raccoglimento di input periferici. Ciò
determina l’a%ivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e del sistema nervoso
simpatico che agiscono a livello renale e a livello della perfusione periferica per determinare quelle
modi2cazioni cara%eristiche dello scompenso.
A livello centrale uno dei meccanismi più importanti è la riduzione della arginin-vasopressina che è
un vasocostri%ore, ma anche una sostanza ad azione sodio-ritentiva. A livello renale c’è una rido%a
perfusione del glomerulo, una rido%a 2ltrazione glomerulare, un aumentato riassorbimento del sodio.
Tale riassorbimento assieme all’azione dell’arginin-vasopressina determina un incremento della volemia
che è responsabile dell’edema e dell’aumento del precarico instaurando un circolo vizioso.

Ricapitolando, lo scompenso sistolico è dovuto a un de2cit contra%ile del ventricolo e poi si manifesta
con un incapacità da parte del cuore di espellere una quantità di sangue suDciente a soddisfare il
fabbisogno da parte dei tessuti.
Lo scompenso diastolico è per de2nizione uno scompenso in cui la frazione di eiezione è superiore al
50%; questo è un parametro che si calcola agevolmente all'Ecocardiogramma, ed è espressione appunto
della quantità di sangue che ritorna al cuore e poi viene espulsa; quindi la quantità di sangue espulsa
rispe%o alla quantità che ritorna deve essere superiore al 50% per avere una frazione di eiezione
conservata.
Nello scompenso diastolico la frazione è superiore al 50% però il cuore ha un'altro problema, l'incapacità
di rilassarsi, quindi di accogliere il sangue che in diastole riempie la cavità ventricolare, generalmente si
ha nelle forme di pericardite costri%iva, oppure nelle cardiopatie restri%ive come la cardiopatia
ipertensiva o la cardiopatia da stenosi aortica o in caso di 2brosi miocardica.
Il parametro che ci consente di fare diagnosi di scompenso diastolico è un parametro ecodoppler.
All'ECG durante il doppler si valuta la fase di riempimento ventricolare con due onde:
 l'onda E (early), che è il riempimento precoce: generalmente è predominante, perché gran parte
del riempimento diastolico ventricolare avviene durante la fase precoce della diastole (dopo

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l'apertura delle valvole atrioventricolari
 C'è poi una piccola onda, l'onda A (Atrial), cioè da contrazione atrilale, che in presistole
completa il riempimento ventricolare
Fisiologicamente il rapporto tra E/A è 2 a 1; nelle forme più gravi di scompenso diastolico ci può essere
un'inversione di questo rapporto o il cosidde%o rapporto pseudonormalizzato, in cui le dimensioni delle
due onde sono mantenute però è aumentato il tempo che separa la prima dalla seconda onda, cioè la
seconda onda è molto più rallentata.
Nell'immagine c' è la rappresentazione gra2ca di quello che accade nelle due forme di scompenso. Nel
sistolico (C) c'è una dilatazione del ventricolo. Nel diastolico
(B) il ventricolo non è dilatato ma ispessito: l'ispessimento
può riguardare il miocardio o il pericardio, ma la sostanza non
cambia in quanto alla base di tu%o ciò c'è la legge di Laplace,
T= (Ptm x r)/d, secondo cui la Tensione di parete è
proporzionale alla Pressione transmurale e al raggio e
inversamente proporzionale allo spessore della parete stessa.
Nello scompenso sistolico c'è un'enorme aumento del raggio
con una riduzione dello spessore della muscolatura
miocardica mentre nel diastolico il raggio è estremamente rido%o, quindi la capacità di accogliere
sangue durante la diastole è compromessa, mentre la stru%ura contra%ile è iper-rappresentata per
meccanismo di ada%amento.

- I due ventricoli sono rappresentati come due stru%ure in serie che lavorano contemporaneamente, per
cui la disfunzione del muscolo cardiaco, da una parte si traduce in un sovraccarico e successivamente
una disfunzione anche dell'altra parte.
- Uno scompenso prevalentemente del cuore sinistro ha dato delle ripercussioni a livello polmonare;
spesso è possibile osservare un certo grado di congestione a questo livello. La congestione venosa
polmonare determina un'ipertensione polmonare con sovraccarico del cuore destro, e lo scompenso del
cuore destro si manifesta poi a livello della circolazione periferica.
- A livello renale c'è una rido%a perfusione, che si traduce in una ritenzione di sodio per cercare di
controbilanciare questo meccanismo.
- I due emisistemi cardiaci che lavorano in serie, così come il polmone e il rene, sono organi coinvolti in
maniera altre%anto importante nella 2siopatologia dello scompenso.

MANIFESTAZIONI CLINICHE
I sintomi predominanti sono di tipo respiratorio:
 Dispnea, che può essere a riposo, da sforzo etc. La classi2cazione della New York Heart
Association ci da una espressione della gravità dello scompenso sulla base della severità della
dispnea o della comparsa più o meno rapida della dispnea in relazione alla nostra a%ività 2sica.
Una cara%eristica distintiva della dispnea dello scompenso è l'ortopnea, ovvero la dispnea che
si manifesta in clinostatismo. Un'altra cara%eristica è la dispnea parossistica no%urna, in cui il
pz si deve alzare la no%e e me%ere le gambe fuori dal le%o; a volte questi pz vanno alla 2nestra
a prendere aria per respirare meglio. Poi arriviamo alle forme più avanzate di asma cardiaco, in
cui c'è un broncospasmo o un edema polmonare acuto, in cui invece c'è la presenza di
trasudato a livello degli alveoli.
 Una possibile manifestazione respiratoria di scompenso è il cosidde%o respiro periodico di
Cheyne-Stokes, che è dovuto a una modi2cazione della sensibilità dei chemoce%ori all'eHe%o
della CO 2, per cui questi pazienti hanno un respiro che alterna delle fasi di iperpnea a fasi di
apnea. In pratica con l'iperpnea c'è subito una riduzione della CO 2, quindi viene meno il drive,
la spinta, per poter respirare. Il respiro si ferma per un po', poi l'incremento della pCO 2 fa in

modo che i centri respiratori con la complicità dei chemoce%ori centrali colgano questo
aumento e il pz riprende a respirare.
La ipoperfusione periferica dello compenso dà sintomi come astenia, aHaticabilità. L'ipoperfusione
cerebrale determina uno stato di confusione e di0coltà a concentrarsi.
L'interessamento dell'emisistema destro, del fegato ed eventualmente il versamento ascitico, possono
dare senso di peso e distensione addominale.

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CLASSIFICAZIONE DELLA NYHA
La NYHA ha fa%o una classi2cazione dello scompenso in 4 classi in ordine di severità crescente:
 CLASSE 1: il paziente ha delle anomalie del cuore che possono in qualche modo predisporre
allo scompenso, ma questo non si traduce in alcuna limitazione delle a%ività 2siche. Per cui
questo riesce a condurre una vita normale, a svolgere le sue a%ività quotidiane senza avere
fatica, dispnea, palpitazioni o dolori di tipo anginoso. Gindi si tra%a di pazienti che hanno un
background di cardiopatia ma senza segni di scompenso.
 CLASSE 2 : Gi cominciano i problemi. Il pz riesce in qualche modo a fare a%ività 2siche di
impegno modesto ma quando cerca di aumentare la fatica, o le proprie prestazioni 2siche,
cominciano a comparire i sintomi. La sintomatologia quindi si manifesta nel corso di a%ività
più impegnative.
 CLASSE 3: il pz ha una marcata limitazione delle a%ività 2siche. Il pz a riposo sta ancora bene,
ma bastano delle piccole a%ività, come semplicemente andare al bagno, mangiare, quindi
a%ività basilari della vita quotidiana, per far sì che si presentino dispnea e sintomi cardiaci.
 CLASSE 4: dispnea a riposo.

ESAME OBIETTIVO
Gando visitiamo il paziente possono essere presenti dei rantoli polmonari , che si dispongono
preferenzialmente alle basi per motivi gravitari: il paziente lo visitiamo in posizione seduta,
semiortostatica, e quindi ii rantoli si dispongono alle basi, il che ci orienta verso una genesi cardiogena
delle manifestazioni.
Ci può essere un edema cardiogeno, manifestazione di stasi del circolo periferico, che si manifesta con
edemi declivi ; andiamo a fare il segno della fovea in sede pretibiale. Ci può essere un versamento
pleurico, mono o bilaterale.
In caso di interessamento del cuore destro ci può essere epatomegalia, ittero, ascite, distensione
delle vene giugulari con possibile re4usso epato-giugulare in caso di epatomegalia marcata.
Possono essere apprezzabili un terzo e un quarto tono , può essere presente un polso alternante e
nelle forme più gravi una cachessia cardiaca , in quanto tra le citochine che si a%ivano in corso di
scompenso c'è anche il TNF-alfa, che ha un eHe%o cache%izzante.
- Un pz con scompenso cardico destro dominante mostra conseguenti segni di stasi periferica: cianosi alle
estremità, epatomegalia, versamento ascitico, marcati edemi periferici e turgore delle giugulari.
- Un paziente con scompenso cardiaco prevalentemente sinistro, può avere cardiomegalia visibile all'RX
torace, dispnea e tendenza a disporsi in posizione seduta in quanto il clinostatismo accentuerebbe la sua
fame d'aria e la sintomatologia. A livello polmonare vediamo segni di congestione e presenza di versamento
pleurico alla base toracica di sinistra.

DIAGNOSI STRUMENTALE
L'esame più importante è l'Ecocardiogramma con Kussimetria Doppler, che ci consente di valutare
l'eventuale presenza e severità della disfunzione o sistolica o diastolica con la frazione di eiezione o il
pa%ern di rendimento ventricolare rispe%ivamente e se c'è una disfunzione valvolare o stenosi aortica.
L'ECG raramente risulta normale: possono essere presenti aritmie (extrasistole ventricolare, 2brillazione
atriale), blocchi di branca sopra%u%o sinistra, ma anche destra in pz con ipertensione polmonare da
broncopneumopatia cronica; possono essere presenti segni di ischemia, che ci fanno pensare a una
genesi coronarica di quello scompenso cardiaco. Gindi l'ECG ci può dare delle informazioni che ci
possono indirizzare nell'indagine eziologica dello scompenso.
Altro esame importante è l'esame radiologico del torace, che può evidenziare la presenza di
cardiomegalia, segni di congestione polmonare, versamento pleurico alle basi polmonari etc.

DIAGNOSI BIOCHIMICA
Si utilizza il dosaggio del BNP (Brain Natriuretic Peptide) plasmatico. Si chiama così perché fu
inizialmente isolato nel cervello, ma poi si vide che era prodo%o in grandi quantità a livello del
miocardio ventricolare.
E' un indice di distensione della cavità ventricolare. Gando un eccesso di volume determina una
distensione del miocardio ventricolare, come accade nello scompenso cardiaco, i miocardiociti
rispondono producendo e imme%endo in circolo questo BNP.

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La stru%ura amminoacidica del BNP è abbastanza simile a quella di altri peptidi natriuretici, il più noto
dei quali in quanto il primo ad essere identi2cato è il Fa%ore Natriuretico Atriale (ANP).
E' importante ricordare che c'è una diHerenza tra questi due peptidi:
- l'ANP viene prodo%o dall'atrio, non è di per se un indice di scompenso: ad esempio nella stenosi
mitralica con dilatazione dell'atrio, pur in assenza di scompenso noi potremmo avere elevati livelli
plasmatici di ANP;
- il marker dello scompenso è il BMP, che si dosa nella forma pro-BNP perché è quella più stabile.
Gesti peptidi infa%i vanno in contro a processi di degradazione abbastanza rapida, tanto che adesso le
terapie più moderne per lo scompenso prevedono l'uso di inibitori della degradazione di questi peptidi,
il cui ruolo è quello di incrementare la natriuresi. Come vi ho de%o in precedenza infa%i la ritenzione di
sodio e di liquidi è uno dei meccanismi 2siopatologici che determinano il circolo vizioso dello
scompenso cardiaco.
Il dosaggio del BNP è importante sopra%u%o nella diagnostica diHerenziale delle dispnee; per esempio
se noi abbiamo un paziente che, con una dispnea, fumatore con BPCO, con una miocardiosclerosi legata
a una mala%ia polmonare causata dal fumo, arriva in PS per una accentuazione della dispnea e a noi
viene il dubbio se questa dispnea si sia accentuata per una problematica di tipo respiratorio o di tipo
cardiaco; e non sempre ci sono dei segni ancillari, tipo tosse con escreato (che ci indirizzerebbe verso
problematiche di tipo respiratorio) o edemi periferici (che ci indirizzerebbero verso problemi cardiaci).
L'ECG non è diagnostico, né l'RX torace.
Il singolo esame che ci può essere molto utile per la diHerenziazione di queste due forme è
rappresentato proprio dal pro-BNP.
Gindi si parla di un marker biochimico, il cosidde%o biomarker, estremamente utile per la pratica
clinica, che noi utilizziamo anche per monitorare l'eHe%o della terapia: un pz scompensato che viene
so%oposto a terapia diuretica per eliminare l'eHe%o di liquidi, viene controllato prima della dimissione
con un nuovo dosaggio del BNP per vedere se, al giovamento clinico, è corrisposto un giovamento
emodinamico determinato appunto da una riduzione della distensione del ventricolo.

DIAGNOSI CLINICA: CRITERI DI FRAMINGHAM


Per quanto riguarda la diagnosi clinica dello scompenso, esistono i cosidde%i criteri di Framingham,
ci%à del Massachuse%s, dove nel secondo dopoguerra è iniziato uno studio epidemiologico che
prevedeva dei follow up ripetuti degli abitanti di questa piccola ci%adina vicina a Boston, proprio per
individuare i fa%ori di rischio che potessero causare le mala%ie cardiovascolari.
E' stato grazie a questo studio che si è capito che il colesterolo è associato a mala%ia coronarica, che
l'ipertensione è associata all'ictus e il fumo di sigare%a all'arteriopatia obliterante periferica.
Tra le altre cose positive prodo%e da questo studio c'è anche l'individuazione di criteri per la diagnosi
clinica di scompenso cardiaco. Ci sono dei criteri maggiori e dei criteri minori. Tra i criteri maggiori
abbiamo:
 Ortopnea e dispnea parossistica no%urna. Gindi non dispnee qualsiasi, ma dispnee che ci
fanno pensare a problematiche di tipo cardiaco.
 Turgore delle giugulari
 Rantoli a livello polmonare
 Cardiomegalia
 Presenza di terzo tono, che si veri2ca quando la frequenza cardiaca è particolarmente elevata.
E' il cosidde%o ritmo di galoppo
 Aumento della pressione venosa centrale
 ReKusso epatogiugulare
 Cachessia cardiaca, che può essere anche indo%a da diuretico, nel senso che un calo ponderale
indo%o da diuretico per perdita di liquidi può essere utilizzato come criterio indire%o per
risalire alla diagnosi di scompenso.

Tra i criteri minori, quindi meno speci2ci, abbiamo:


 Edema agli arti inferiori, che non è speci2co in quanto può dipendere da patologia venosa, o
epatica, o renale
 Tosse no%urna
 Dispnea da sforzo
 Epatomegalia

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 9 A cura di ANDREA PERNA


 Versamento pleurico
 Riduzione della Capacità Vitale
 Tachicardia
Per la diagnosi di scompenso è necessario che siano presenti due criteri maggiori o uno maggiore +
due minori.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Per quanto riguarda la diagnostica diHerenziale dello scompenso abbiamo de%o che i segni e i sintomi
dello scompenso possono andare in diHerenziale con mala%ie polmonari: BPCO, forme di patologia
associata ad edema periferico (stasi venosa, insuDcienza venosa cronica, mala%ie renali, mala%ie
epatiche come cirrosi con sovraccarico di luquido che poi determina ascite ed edemi periferici).

TERAPIA
Prima di passare al tra%amento è necessario stabilire un criterio generale che deve costituire la linea
guida per la terapia dello scompenso cardiaco. E' stata elaborata da pochi anni una classi2cazione un po'
diversa rispe%o alla classe funzionale. La classe funzionale è quella della NYHA, è una classi2cazione
che si basa sopratu%o sui sintomi, che sono non ogge%ivi, perché possono avere delle punte di
sogge%ività in quanto ci sono pz che avvertono i sintomi in maniera più marcata. A tal proposito è stata
elaborata una nuova classi2cazione dello scompenso ai 2ni dell'intervento terapeutico e che è divisa,
anziché in classi funzionali, in stadi di scompenso.

Anche qui sono stati individuati qua%ro stadi:


 STADIO A: sono presenti dei fa%ori di rischio, come ad esempio l'ipertersione arteriosa o la
stenosi valvolare aortica, senza che però si siano già instaurate delle alterazioni stru%urali a
livello cardiaco. Gindi noi sappiamo che, per esempio, l'ipercolesterolemia può predisporre a
rischio di mala%ia coronarica e diabete, che poi si associa ad aterosclerosi, quindi tu%e
condizioni che espongono il paziente a rischio in assenza di alterazioni stru%urali; si tra%a
quindi di una fase estremamente precoce, in cui la mala%ia non si è manifestata in forma
conclamata.
 STADIO B: qui compaiono alterazioni stru%urali, anche se non sono presenti sintomi di
scompenso. Voi vi ricordate che nel pz da cui siamo partiti i segni di scompenso erano presenti
nelle ultime se%imane, cioè nel periodo immediatamente antecedente al momento in cui si è
recato all'ambulatorio, mentre negli anni precedenti il pz aveva avuto altri disturbi: una volta
era svenuto mentre faceva uno sforzo, un'altra volta aveva avuto un episodio di dolore
toracico, però segni tipici di scompenso non ce ne erano mai stati, se non nelle ultime
se%imane. Probabilmente nella fase precedente erano già presenti delle anomalie stru%urali e
magari all'Ecocardiogramma avranno visto la presenza di un'ipertro2a ventricolare, ma non
erano presenti dei sintomi.
 STADIO C : è già una fase più avanzata, quindi alle anomalie stu%urali si associano dei
sintomi. Per esempio il pz del caso clinico visto in precedenza era indubbiamente un pz allo
stadio C, perché aveva una valvulopatia e le alterazioni cardiache conseguenti alla
valvulopatia, con anche i sintomi di scompenso (ortopnea, dispnea parossistica no%urna,
edema periferico e tu%o il quadro obie%ivo di scompenso cardiaco).
 STADIO D: è lo scompenso refra%ario, cioè che nonostante le terapie che noi me%iamo in a%o
non tende a regredire. Per cui sono necessari a volte degli interventi meno convenzionali,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 10 A cura di ANDREA PERNA


particolari, per cercare di superare la fase di scompenso.

Per quanto riguarda il tra%amento ci sono ovviamente delle misure di cara%ere generale:
 comportamenti che si cerca di implementare, per esempio consigli dietetici.
 Riduzione dei fa%ori causali, per esempio se il paziente si è scompensato in seguito a un picco
ipertensivo consigliamo un antiipertensivo per cercare di rilassare la pressione.
 Riduzione delle cause precipitanti: per esempio se noi abbiamo uno scompenso che si veri2ca
in un pz che, a seguito di un sanguinamento gastroenterico, ha avuto un'anemizzazione
marcata, noi o interveniamo con delle trasfusioni o rimuovendo la fonte di sanguinamento; in
ogni caso cerchiamo di rimuovere la causa che ha precipitato lo scompenso. Oppure se c'è
un'ipertiroidismo, una crisi tireotossica, interveniamo per ridurre l'ormone tiroideo in questi
pazienti.

Altro obie%ivo molto importante della terapia è la prevenzione del deterioramento della funzione
miocardica. Abbiamo visto in precedenza che c'è un processo di rimodellamento che avviene nel
miocardio in condizioni di scompenso. Gesto rimodellamento può essere in qualche modo modi2cato
con degli interventi terapeutici che vedremo fra poco.
In2ne, la cosa più importante per quanto riguarda i segni e i sintomi dello scompenso è il controllo e la
rimozione dello stato congestizio: abbiamo quindi bisogno di eliminare liquidi e sodio.
Proprio per questo uno dei cardini della terapia dello scompenso è la terapia diuretica.
Paradossalmente, l'organo-bersaglio principale dello scompenso non è il cuore perché, al di la di alcune
cause reversibili di scompenso, nella situazione di scompenso il danno cardiaco c'è già stato.
Gindi a livello cardiaco possiamo soltanto intervenire cercando di limitare la possibilità di ulteriori
danni e di limitare la progressione del rimodellamento (e quindi un ulteriore danneggiamento della
funzione contra%ile del cuore), ma non possiamo restituire la capacità contra%ile ad un cuore ormai
s2ancato. Ci sono invece altri organi, in particolare il rene e il sistema vascolare periferico, che possono
essere degli organi bersaglio molto più eDcaci nel tra%amento dello scompenso;
- il rene ovviamente per l'eliminazione dei Kuidi in eccesso e di sodio,
- i vasi periferici per un tentativo di vasodilatazione, che poi si ripercuote in una migliore funzione
cardiaca perché il cuore si trova a dover lavorare contro una resistenza rido%a.

Per quanto riguarda la riduzione del sovraccarico idrico, che è il primo target dello scompenso, c'è la
dieta iposodica e il tra%amento diuretico. Ci sono diverse classi di diuretici che possono essere utilizzati:
 I Tiazidici, poco eDcaci.
 La Furosemide e gli altri Diuretici dell'ansa sono molto più eDcaci nelle forme di tra%amento
acuto e spesso si usano in associazione con i Risparmiatori di potassio proprio perché i
diuretici dell'ansa possono determinare una deplezione di potassio.
Gesti diuretici si possono usare in maniera combinata in quanto il sito d'azione è diHerente: i tiazidici
agiscono a livello del tubulo contorto distale, i
Diuretici dell'ansa a livello dell'ansa di Henle.
Molto spesso questa azione determina
un'ipokaliemia che può essere corre%a dagli
antagonisti dell'aldosterone, che agiscono
livello del do%o colle%ore e che risparmiando
potassio possono correggere gli eHe%i
ipokaliemici dei diuretici dell'ansa.

Un'altro aspe%o fondamentale che si è


dimostrato, nei trials clinici controllati negli
ultimi vent'anni, essere in grado di migliorare
la sopravvivenza dei pazienti con scompenso è
il tra%amento volto a impedire un ulteriore deterioramento della funzione miocardica ( quindi un
ulteriore rimodellamento del cuore con eHe%i nefasti sulla funzione contra%ile).
I farmaci che si sono dimostrati più eDcaci sono quelli che agiscono sul sistema renina-angiotensina,
quindi ACE-Inibitori e Sartani.
Gesti farmaci hanno dimostrato capacità di riduzione dei sintomi, di miglioramento della capacità di

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 11 A cura di ANDREA PERNA


esercizio, di riduzione delle recidive e della mortalità. Anche gli antagonisti dell'aldosterone, che hanno
un eHe%o anti2brotico, quindi preservano le 2brocellule muscolari a livello cardiaco, si sono mostrati
bene2ci so%o questo punto di vista. Un eHe%o favorevole da questo punto di vista (riduzione dela
mortalità, nds) è esercitato anche dai β-bloccanti.
Trent'anni fa nei pz con scompenso cardiaco era assolutamente vietato l'utilizzo dei β-bloccanti, perché
hanno tra le loro cara%eristiche un eHe%o inotropo negativo (almeno nelle fasi iniziali) e quindi
potrebbero in qualche modo determinare un peggioramento dello scompenso.
Però sono cambiate tante cose rispe%o a trent'anni fa e ci sono delle nuove molecole che oltre all'
eHe%o β-bloccante hanno un eHe%o ancillare β2-stimolante (vasodilatazione periferica).
Si è visto che i β-bloccanti non vanno utilizzati nella fase acuta di scompenso, quando c'è la
congestione, ma quando la congestione è stata risolta, quindi dopo l'uso del diuretico; se dato in questa
fase il β-bloccante può essere utile nel ridurre la mortalità cardiovascolare e nel ridurre il rischio di
morte improvvisa, che generalmente si associa a un aumento dell'a%ività simpatica e il rischio di
riospedalizzazione.
Gindi a giorno d'oggi i β-bloccanti sono sicuramente un'arma da utilizzare nei pz con scompenso
cardiaco.
Gesta immagine a sinistra dà un'idea del tra%amento, cioè come si agisce in un paziente con
scompenso. Si valuta l'eventuale ritenzione
di Kuidi e quindi si va a vedere se ci sono
segni di stasi polmonare o edema periferico.
In caso di ritenzione di Kuidi si fa prima la
terapia diuretica e poi si passa alla terapia di
mantenimento. Se invece non c'è ritenzione
di Kuido si passa subito alla terapia di
mantenimento, che prevede l'uso di ACE-
Inibitori o dei Sartani, dei β-bloccanti e
degli Antagonisti dell'Aldosterone. Gesta
quindi è la scale%a, rappresentata meglio in
forma gra2ca nella pag successiva, per il
tra%amento dello scompenso.

Poi ci sono delle situazioni particolari in cui è necessario me%ere in a%o degli interventi non
convenzionali, per esempio l'impianto di de2brillatore oppure l'uso di devices che possono in qualche
modo migliorare la funzione contra%ile di un cuore estremamente stroncato.
Un presidio terapeutico usato circa da 300 anni nel tra%amento dello scompenso è la Digitale, estra%o
di una pianta, che è stata per anni l'unico presidio utilizzato nei pz con scompenso. Però poi sono stati
fa%i, sulla base dell'aHermazione della medicina basata sull'evidenza, diversi studi, diversi trials, per
valutare l'utilità reale dell'uso della Digossina nello scompensato e i risultati sono stati piu%osto
scoraggianti.
Per cui quello della Digitale rimane nello scompenso un utilizzo di nicchia, cioè in pz che
hanno uno scompenso di tipo sistolico (ovviamente non in quello diastolico perché l'e$e%o della
Digitale è quello di incrementare la contra%ilità della muscolatura del cuore) in cui è presente
una (brillazione atriale, perché tra gli eHe%i della Digitale c'è quello di rallentare la frequenza di
conduzione AV, quindi agendo sul nodo AV determina una minore risposta in termini di frequenza
ventricolare media in questi pz e quindi consente al cuore di riempirsi meglio: è questo il motivo per
cui la Digossina può avere indicazione in questa sele%iva forma di scompenso. Tu%avia la Digitale non
si è dimostrata in grado di prolungare la sopravvivenza di questi pz; può migliorare in parte la capacità
di esercizio e ridurre la riospedalizzazione.
I Simpaticomimetici e gli Inibitori della Fosfodiesterasi hanno un utilizzo di nicchia nei pazienti in cui
lo scompenso è estremamente grave e quindi si cerca di recuperare un minimo di funzione contra%ile
del ventricolo.
Anche i vasodilatatori periferici possono essere utili. La Nesiritide, è un farmaco che agisce sul sistema
dei peptidi natriuretrici inibendone la degradazione, ha un eHe%o terapeutico eDcace, come dimostrato
da un recente trial clinico.
La resincronizzazione è il tra%amento nei pz che hanno un QRS largo, quindi pz con blocco di branca,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 12 A cura di ANDREA PERNA


sopra%u%o sinistra, perché in questo modo consentiamo ai ventricoli di contrarsi simultaneamente
migliorando la performance.
Ovviamente si fa il tra%amento per le aritmie e il tra%amento anticoagulante quando è necessario 2no
alle forme di scompenso refra%ario in cui possiamo usare i dispositivi di supporto meccanico,
mioplastica, trapianto e utilizzo di staminali (ancora in fase di sperimentazione).

Gesta qui sopra è la scale%a che mostra la terapia con cui si interviene in base allo stadio. Nella fase in
cui ci sono solo fa%ori di rischio si procede correggendo i fa%ori di rischio. Gando compaiono le
anomalie stru%urali cominciamo con gli ACE-I o i Sartani e/o i β-bloccanti. Nella fase in cui è presente
la congestione usiamo i diuretici e poi nelle fasi di scompenso avanzato queste terapie disperate la cui
utilità rimane in discussione.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 13 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 2 IPERTENSIONE ARTERIOSA

Caso clinico:
 Uomo di 56 anni, si presenta in ambulatorio medico per la prima volta, riferisce che qualche
anno prima si era so%oposto a uno screening sul luogo di lavoro e che gli erano state
diagnosticate ipertensione e ipercolesterolemia. In quell’occasione il medico gli aveva
prescri%o un diuretico incoraggiandolo a perdere peso con dieta ed esercizio 2sico. Da allora
però non era più andato dal medico e durante i due mesi precedenti la storia 2sica ha avuto
occasionalmente mal di testa che lui aveva a%ribuito a un aumentato stress lavorativo.

 Non sono preseti né dolore toracico, dispnea, respiro corto, dispnea da sforzo o dispnea
parossistica no%urna, quindi contrariamente al caso di ieri non sembrano esserci i sintomi di
uno scompenso cardiaco.

 Fuma un pacche%o di sigare%e al giorno da quando aveva 15 anni, e generalmente un paio di


bicchieri di vino a cena.

 All’esame obiettivo si presenta come un paziente obeso, con BMI (body mass index) di 30
Kg/m^2. Ha una pressione arteriosa di 168/98 mmHg al braccio destro e 170/94 al braccio
sinistro. Gindi pressione elevata a entrambi gli arti, e facendogli cambiare posizione il medico
nota che questa pressione è piu%osto stabile, non si modi2ca con le modi2cazioni posturali,
cioè quando il paziente assume la posizione ere%a. La sua frequenza cardiaca è 84 bpm, non ha
aumento di volume della tiroide, né linfoadenomegalie super2ciali.

 all’esame del fondo , che il medico fa presso il suo studio, si notano delle arterie ristre%e, ci
sono degli incroci arterovenosi, e ci sono delle emorragie a forma di 2amma con essudati
cotonosi, quindi è presente una retinopatia, poi vedremo di che grado.

 l’esame obiettivo cardiaco mostra che l’impulso massimo, generalmente percepito a livello
della punta, è un po’ spiazzato, si posiziona a circa 2 cm a sinistra della linea medioclaveare.
C’è anche un quarto tono pero non si ascoltano soD. L’esame obie%ivo del polmone e
dell’addome sono normali.

Gindi il pz è un iperteso con danno d’organo in cui sono presenti altri fa%ori di rischio
cardiovascolare:
-età
-sesso
-obesità
-abitudine al fumo di sigare%a

Approccio al pz:
- Esami di laboratorio:
– dosaggio ele%roliti plasmatici (vanno fa%i sempre nel paziente iperteso per lo studio delle
forme d’ipertensione secondarie.)
– dosaggio della creatinina (per valutare la funzione renale.)
– esame delle urine (per valutare eventualmente la presenza di microalbuminuria o
albuminuria franca, quindi un interessamento renale in uno stato più o meno precoce.)
– si vanno a valutare i fa%ori di rischio cardiovascolare, quindi il metabolismo glucidico e
lipidico
– Ele%rocardiogramma (per valutare l’eventuale presenza di danno d’organo cardiaco)
Siccome si tra%a di un’ipertensione al secondo stadio(poi vedremo la classi2cazione),si comincia subito
una terapia antipertensiva, molto probabilmente in questo caso al paziente saranno somministrati due
farmaci di cui uno diuretico (tiazinico),sia perché è obeso, sia perché il livello di pressione arteriosa è
piu%osto elevato. Inoltre, gli raccomandiamo di modi2care il suo stile di vita e in particolare di sme%ere

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 14 A cura di ANDREA PERNA


di fumare.
Gando la diagnosi più probabile è quindi d’ipertensione essenziale, le cause secondarie devono
comunque essere considerate.
Gindi non possiamo fare una valutazione completa e precisa di un paziente iperteso basandoci
esclusivamente su una sola determinazione dei valori pressori, e per de2nizione la diagnosi
d’ipertensione di fa con la rilevazione di valori pressori elevati in due occasioni nella stessa visita, a
distanza di cinque minuti l’una dall’altra, in almeno due occasioni diverse.
Sarebbe necessario ripetere la rilevazione prima di fare una diagnosi di certezza, però in questo caso il
paziente ha de%o che qualche anno gli avevano misurato la pressione ed era già stata riscontrata la
pressione alta, per cui questo dato anamnestico, associato al fa%o che esiste già un danno d’organo
ipertensivo accertato come dimostrato dalla cardiomegalia e sopra%u%o dalla retinopatia ipertensiva, ci
fanno propendere per un’iniziativa immediata volta alla correzione dello stato ipertensivo di questo
signore.
Il fa%o appunto che abbia una pressione con questi valori fa andare in stadio due e quindi sulla
necessita di cominciare un tra%amento con due farmaci di cui uno è il diuretico(poi vedremo le linee
guida più recenti per quanto riguarda il tra%amento).

DEFINIZIONI
Ipertensione essenziale: nota anche come ipertensione idiopatica o primaria, non ha una causa nota e
comprende circa il 95 % dei casi d’ipertensione.
Gindi non riconosce un fa%ore eziologico ben de2nito, generalmente c’è una genesi multifa%oriale
sulla base di una predisposizione poligenica e ci sono poi fa%ori ambientali che possono essere:
- fa%ori dietetici,
- nutrizionali,
- fa%ori legati allo stress,
- un aumento ponderale

Per quanto riguarda le modi2cazioni dello stile di vita ,abbiamo già de%o che sono importanti in questi
pazienti: a%ività 2sica regolare di tipo aerobico, perdita di peso,
riduzione consumo di sale, aumento dell’introito di fru%i e
vegetali con riduzioni degli introiti di grassi e riduzione del
consumo di alcool.
Gesti sono i vari stadi dell’ipertensione che poi vedremo
dopo in de%aglio:
L’Ipertensione essenziale come abbiamo de%o è la gran parte
delle forme d’ipertensione, poi ci sono un circa 5/10% di forme
che sono ipertensioni secondarie, in cui vi è una patologia di
base e successivamente l’ipertensione sarà una manifestazione
di questa patologia di base.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 15 A cura di ANDREA PERNA


L’ipertensione è un aumento della pressione arteriosa, ci sono due componenti alla base della pressione
arteriosa, uno è la gittata cardiaca e l’atro sono le resistenze vascolari periferiche , quindi un
incremento di ognuno di questi due componenti della pressione arteriosa può determinare ipertensione.
La cosa importante è il fa%o che la pressione arteriosa è un parametro vitale estremamente importante
per il nostro organismo, perché è il Kusso arterioso che determina la perfusione tissutale di tu%i gli
organi del nostro organismo e quindi è un meccanismo stre%amente controllato, con dei sistemi
omeostatici ridondanti che intervengono.
Perché si instauri l’ipertensione arteriosa è necessario dunque che uno di questi sistemi omeostatici
venga alterato , e il sistema omeostatico che si altera in corso dell’ipertensione è il sistema di controllo
baroce%oriale.

Nell’ipertensione c’è un resetting dei barocettori.


In condizioni normali esistono a livello del cuore e a livello dei grossi vasi sia arteriosi sia venosi che
partono dal cuore, dei sensori di pressione che sono i baroce%ori, in occasione di una riduzione della
pressione arteriosa questo sistema viene a%ivato e determina un incremento dell’a%ività simpatica,
quindi aumenta la pressione mediante aumento della gi%ata e/o aumento delle resistenze vascolari.
Gando invece la pressione si alza i baroce%ori, in condizioni normali, vengono ad essere in qualche
modo silenziati, quindi si riduce l’a%ività simpatica e con questo meccanismo la pressione viene
regolata a livelli o%imali.

Perché l’ipertensione si instauri è necessario che questi baroce%ori vengano rese%ati e quindi il nostro
organismo “si abitua” a dei livelli di pressione più elevati.
Fondamentalmente c'è un' azione centrale a partire appunto da aHerenze, che dai siti di presenza dei
baroce%ori, arrivano ai centri di regolazione del circolo, dai centri di regolazione del circolo poi
partono eHerenze, sia vagali che simpatiche ,che vanno a controllare gli organi bersaglio.
- A livello cardiaco ci sarà aumento del traDco simpatico
- a livello vascolare vasocostrizione,
- a livello surrenalico c’è un a%ivazione del rilascio di catecolammine ,
- a livello renale c’è un aumentato riassorbimento di sodio e un’a%ivazione del sistema renina
angiotensina.

L’importanza di questo meccanismo viene supportata dal fa%o che alcuni interventi per ridurre la
pressione arteriosa si basano proprio sulla disa%ivazione di questo sistema. Per esempio recentemente è
stato messo a punto, per ridurre la pressione arteriosa nelle forme di ipertensione resistente, la
cosidde%a simpaticectomia renale , in cui proprio interrompendo questi meccanismi si cerca di
abbassare la pressione arteriosa.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 16 A cura di ANDREA PERNA


Il controllo renale da parte del sistema nervoso simpatico è particolarmente importante perché i nervi
simpatici determinano a%ivazione del sistema renina angiotensina, determinano un’a%ivazione del
riassorbimento di sodio e determinano una vasocostrizione dell’arteria renale con un aumento delle
resistenze.

A livello degli altri organi l’a%ivazione del simpatico determina:


- ipertro2a ventricolare sinistra e aumento del consumo totale di ossigeno,
- a livello muscolare determina una vasocostrizione che può determinare a sua volata insulino-
resistenza,
- al livello vascolare si ha un’ a%ivazione di meccanismi di stress ossidativo che portano a aterosclerosi.

La simpaticectomia si eHe%ua tramite un catetere che viene inserto per via percutanea a livello
dell’arteria femorale dalla quale si raggiunge l’arteria renale e con la punta del catetere, mediante
emissione di radiofrequenza o mediante emissione di calore, vanno a essere distru%e le terminazioni
nervose simpatiche, ed è uno dei meccanismi che viene utilizzato in alcuni casi particolari di
ipertensione, sopra%u%o nelle forme di ipertensione refra%aria proprio per cercare di ridurre il valore
pressorio nei pazienti che sono non responsivi alla terapia farmacologica.

Dopo un simpaticectomia renale:


- la frequenza cardiaca è rido%a,
- la pressione arteriosa è rido%a rispe%o alla base
- così anche l’a%ività simpatica misurata a livello nervoso.
Gindi una riduzione dell’a%ività simpatica è uno dei meccanismi che può essere utilizzato nel
tra%amento dell’ipertensione.

Un altro meccanismo che interviene nel determinismo della pressione alta, ed è una sorta di circolo
vizioso che s’instaura e tende poi a perpetuare l’ipertensione, è la cosidde%a ipertro&a vascolare.
Le arterie periferiche, sia i grossi vasi sia le arteriole di resistenza, in presenza di una pressione alta
hanno uno stimolo alla proliferazione della media; è un meccanismo di ada%amento(che poi diventa di
mal-ada%amento), in quanto in questo modo i vasi possono fronteggiare il carico dinamico più alto a cui
sono so%oposti.
Ovviamente questo determina delle conseguenze sfavorevoli perché alla 2ne quello che si ha è un
ispessimento della parete vasale che determina un aumento delle resistenze e quindi viene perpetuato
uno dei due meccanismi che sono alla base dell’ipertensione.

IPERTENSIONE SECONDARIA
Ci sono forme di ipertensione secondaria cioè ipertensione che dipende da mala%ie di altri organi ben
precisi, ad esempio le mala%ie renali, che possono risultare in ipertensione, ci può essere ipertensione a
partenza surrenalica, ci possono essere dei meccanismi di tipo neurologico alla base dell’ipertensione, ci
può essere ipertensione nell’ipertiroidismo, nella coartazione aortica, in corso di gravidanza, farmaci o
diete e in corso di apnea da sonno o in caso di aumento della contra%ilità miocardica.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 17 A cura di ANDREA PERNA


- La sindrome di Cushing in cui vi è un aumento di produzione di ormoni minerla%ivi da parte del
surrene. In questo caso l’eHe%o principale è quello di ritensione del sodio e quindi un aumento della
volemia con conseguente ipertensione.
- L’adenoma surrenalico può determinare la comparsa dell’ipertensione con un meccanismo simile da
parte degli ormoni minerala%ivi prodo%i dal surrene.
- Le malattie renali, per quanto riguarda il rene può determinare ipertensione con due meccanismi:
- ipertensione nefrovascolare
- pertensione nefroparenchimale.
Gesto è importante perché c’è una distinzione ne%a riguardo i meccanismi 2siopatologici alla base
dell’ipertensione. In questa diapositiva sono rappresentate
Le forme più comunemente implicate nell’ipertensione nefrovascolare saranno:
- stenosi aterosclerotica che insorge in pazienti anziani,
- 2brodisplasia della media dell’arteria renale che colpisce invece pazienti giovani ,entrambe
queste forme sono alla base dell’ipertensione coside%a nefrovascolare, la quale è so%esa da un
meccansimo dipendete dalla liberazione, iperproduzione e immissione in circolo della renina e delle
protenie collegate al sistema renina angioensina che sono l’angiotensinogeno, l’angiotensina 1, e
l’eHe%ore 2nale che è langiotensina 2.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 18 A cura di ANDREA PERNA


E' importante notare la molteplicità di eHe%i ipertensivanti esercitati dall’angiotensina 2:
- a livello centrale ha un eHe%o di a%ivazione del sistema simpatico,
- a livello vascolare determina un’ipertro2a e una disfunzione endoteliale,
- a livello miocardico determina un’ipertro2a della muscolatura cardiaca,
- a livello renale determina, insieme all’aldosterone, una sodio ritensione .

- Stenosi arteria renale : per quanto riguarda l’ipertensione determinata da una stenosi dell’arteria
renale è importante distinguere i meccanismi 2siopatologici diversi quando la stenosi riguarda un solo
rene, una sola arteria renale o entrambe le arterie renali.
Gesto è importante perché con2gura il quadro dell’ipertensione classica di Goldman (il 2siologo
americano che per primo ha descri%o questo meccanismo, egli campando l’arteria renale di un animale
da esperimento notò che questo causava iperproduzione di renina e quindi ipertensione), nel quale c’è
la stenosi di una sola arteria renale; l’ipertensione arteriosa è squisitamente dipendente dall’a%ivazione
del sistema renina angiotensina, perché l’a%ivazione di questo sistema è prodo%a dalla stenosi del rene
interessato dall’arteria stenotica, l’altro rene funziona bene.

In presenza di ipertensione aumenta la 2ltrazione dell’altro rene e quindi aumenta l’escrezione di sodio
da parte dell’altro rene, quindi c’è la cosidde%a natriuresi da pressione che impedisce un’espansione
della volemia per cui si perpetua il rilascio di renina da parte del rene stenotico.
La stenosi di una sola delle arterie renali è il caso classico di ipertensione renino-dipendete.

Nel caso in cui l’arteria renale è stenotica bilateralmente , cosa che può succedere per esempio in
pazienti aterosclerotici, dove la presenza di una placca può interessare il tra%o delle arterie renali,
questo meccanismo che è presente all’inizio(n.d.s. sistema renina/angiotensina) successivamente
regredisce
Infa%i l’a%ivazione del sistema renina angiotensina in questo caso determina sì un aumento del volume,
però l’aumento di volume non si traduce in un aumento della 2ltrazione renale dato che anche dall’altro
lato l’arteria renale è stenotica.
La quantità di sangue che arriva ai reni è sempre la stessa, ed è quel piccolo quantitativo che riesce ad
a%raversare la stenosi, per cui in questo caso c’è un’ ipervolemia che determina una soppressione
dell’a%ività dell’renina- angiotensina (che è dipendete dal volume).
In una fase tardiva nella stenosi renale bilaterale, c’è una modi2cazione di volume che non è dipendete
dal rilascio di renina da parte del rene stenotico.

- Adenoma surrenalico , determina ipertensione mediante la produzione di sostanze minerala%ive,


quindi cortisolo e DOC, è importante in questo tipo di ipertensione la presenza di iperaldosteronismo
che si associa a un incremento dell’escrezione urinaria di potassio. Gindi in un pz iperteso che ha
associata un’ipocaliemia bisogna sempre pensare a un’ipertensione da eccesso di ormoni
mineralcorticoidi del surrene, viene de2nita anche “ipertensione astenica”, perché l’ipopotassiemia
determina astenia.
Normalmente il paziente iperteso è un paziente che si sente bene perché ha un’o%ima perfusione
tissutale, l’unico iperteso che si lamenta di astenia e debolezza è l’iperteso con ipertensione secondaria
da iperaldosteronismo perché la perdita di potassio si associa a astenia.

- Un’altra forma particolare di ipertensione è quella da feocromocitoma: si tra%a di neoplasie del


tessuto cromaDne che possono essere localizzate a livello della midollare del surrene o in diversi altri
organi (paragangliomi), determinano iperincrezione di catecolamine che hanno un eHe%o di
stimolazione sia della gi%ata cardiaca sia delle resistenze vascolari periferiche e quindi determinano
ipertensione.
Un aspe%o molto importante dell’ipertensione da feocromocitoma è la sua frequente accessualità, nel
senso che il paziente ha delle pressioni generalmente molto elevate solo in occasione del rilascio non
continuo di catecolamine in circolo, per cui si hanno dei picchi ipertensivi generalmente molto elevati
senza una pressione arteriosa costantemente elevata.
C’è quindi questo cara%ere accessuale dell’ipertensione associato ad altri sintomi:
- Ipera%ività simpatica,
- ci può essere cefalea,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 19 A cura di ANDREA PERNA


- generalmente c’è sudorazione
- vampate di calore
- ansia
- ci possono essere palpitazioni e tremori periferici
- tu%i segni di aumentata a%ività simpatica.
Per la diagnosi si fa la raccolta delle urine delle 24 ore con il dosaggio delle catecolamine e i loro
metaboliti (dosaggio urinario dell'acido vanillilmandelico), si può fare ovviamente una diagnosi in base
all’imaging, oppure con metodi scintigra2ci ,esiste ad esempio un tracciante la
metaiodiobenzilguanidina che è molto sele%ivo per queste forme di neoplasie e che consente la diagnosi
di feocromocitoma.

- Con l’epidemia di obesità che sta colpendo le nostre società occidentali negli anni, è diventata molto
frequente una forma di ipertensione secondaria alla cosidde%a sindrome delle apnee ostruttive da
sonno.
I pazienti obesi, o i pazienti che hanno anomalie delle prime vie aere, durante la no%e, in posizione
clinostatica, sopra%u%o quando dormono in posizione supina, possono avere delle fasi di apnea.
Ciò viene osservato in un tracciato polisonnogra2co in cui vengono registrati diversi parametri che
vanno dall’ele%roencefalogramma al Kusso nasale agli elementi della gabbia toracica alla saturazione
arteriosa di ossigeno all ‘ecg.
Le fasi di apnea si associano a un’a%ivazione del sistema nervoso simpatico e si associano a delle
modi2cazioni anche dell’ecg e a un’importante desaturazione ossimetrica. Tu%e queste componenti
possono determinare un incremento della pressione arteriosa.
Durante la polisonnogra2a si eHe%ua un monitoraggio della pressione arteriosa mediante metodica
Holter.
Generalmente la pressione viene misurata con intervalli di 15 minuti durante le ore diurne, mentre la
no%e si fanno delle determinazioni più rarefa%e per non disturbare troppo il sonno del paziente, perché
è importante che durante queste determinazioni il paziente cerchi di essere il più possibile nelle sue
condizioni abituali.
Con questo sistema noi riusciamo a o%enere diverse determinazioni della pressione nel corso delle 24
ore.
Normalmente esiste un ritmo circadiano, infa%i la pressione arteriosa è maggiore durante la ora diurne
rispe%o le ore no%urne
Gesto ritmo circadiano della pressione prevede che ci sia durante la no%e il cosidde%o dipping cioè
l’abbassamento della pressione.
A parità di pressione durante le ore diurne nei pz con la sindrome ostru%iva nel corso della no%e, sia la
sistolica che la diastolica tendono a mantenersi agli stessi livelli a cui sono durante le ore del giorno,
quindi questi pazienti si de2niscono come non dippers cioè persone a cui la pressione non scende
durante la no%e.
Si è visto che la presenza di questo fenomeno di mancata riduzione no%urna della pressione arteriosa è
associato alla presenza di complicanze vascolari di questi pazienti. I pz infa%i presentano spesso:
- un’ipertro2a miocardica più marcata
- un danno d’organo legato all’ipertensione più marcato,
La sindrome della apnee ostru%ive è un importante fa%ore di rischio per la pressione arteriosa, e per
prevenire le sue conseguenze, sia a livello respiratorio che cardiovascolare, il sistema più utilizzato è
quello di applicare una pressione positiva intermi%ente con degli apparecchi che vengono programmati
per rilasciare aria nelle vie aeree dei pazienti che soHrono di sindrome delle apnee no%urne.

- forme di ipertensione che sono ad eredità mendeliane, quindi relate a delle mutazioni di singoli geni.
Le forme più frequenti in questo gruppo sono dei de2cit enzimatici nella sintesi degli ormoni
corticosurrenalici, che creano degli accumuli dei precursori degli ormoni corticosurrenalici come per
esempio deha, 17OHprogesterone , Androsteneidone, deossicortisolo ecc., che presentano un eHe%o
catecolamminico e quindi determinano ipertensione.

La pressione arteriosa è costituita da sistolica e diastolica, quando noi determiniamo la pressione


arteriosa andiamo a fare una determinazione di entrambi questi parametri , negli anziani sopra%u%o,
cioè nella persone con arteriosclerosi e rido%a compliance vascolare, è possibile che ci sia un

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 20 A cura di ANDREA PERNA


ipertensione sistolica isolata che è altre%anto temibile perché si ritiene che il determinante maggiore
del danno cardiovascolare è proprio la pressione arteriosa sistolica.
Gesta evenienza si veri2ca principalmente:
- nelle condizioni associate ad arteriosclerosi
- nelle cosidde%e sindromi ad alta gi%ata che comprendono :
- insuDcienza aortica,
- ipertiroidismo,
- negli stati ipercinetici
- in presenza di febbre
- 2stola arterovenosa.

C’è un 2siologico elevarsi della


pressione sistolica con l’età; più
si va avanti con l’età e più c’è un
irrigidimento della parete vasale
e quindi la pressione sistolica
inevitabilmente va ad aumentare.
In condizioni normali, dopo la
sistole, l’aorta, sulla spinta della
colonna ematica che il cuore
pulsa all’interno del vaso, va
incontro a una deformazione
elastica, per cui aumenta il
volume;
alla diastole ritorna il vaso alla
dimensione normale.
L' aumento di volume che c’è
stato in sistole in diastole
scompare; in condizioni normali
nell’aorta la sistole è
rappresentata con due onde,
l’onda iniziale e la seconda onda che si veri2ca quando il vaso ritorna alla sua posizione iniziale.
Invece in un paziente anziano arteriosclerotico, in cui l’elasticità dell’aorta si è rido%a, lo spessore del
vaso è pressoché simile durante la sistole e la diastole, e l’onda s2gmica è completamente diversa perché
c’è un unico picco all’apice della sistole più acuto, ma non c’è la seconda fase, fase elastica della sistole
che in condizioni importanti è quella prevalente.
In basso vedete la scomposizione di questo fenomeno, con la rappresentazione della componente
dell’onda sistolica all’interno dell’aorta che è la cosidde%a pressione di aumento, da cui poi si ricava l'
augumentation index. Minore è l’agumentation index maggiore è la rigidità del vaso.

DANNI DELL'IPERTENSIONE ARTERIOSA AGLI ORGANI BERSAGLIO


L’ipertensione arteriosa nel tempo reca danni a diversi organi bersaglio. Sicuramente uno dei più colpiti
è la retina, tra l’altro unico distre%o dell’organismo in cui abbiamo il vantaggio di poter osservare

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 21 A cura di ANDREA PERNA


dire%amente i vasi arteriosi, per cui la sua osservazione ci dà informazioni importanti sullo stato della
circolazione arteriosa.

- Retinopatia ipertensiva è stata classi2cata in 4 stadi:


- asso%igliamento dei vasi arteriosi retinici
- incroci artero-venosi (segno di soHerenza vascolare)
- essudati ed emorragie “a 2amma”
- edema della papilla (con compromissione della funzione visiva)

- Encefalopatia ipertensiva. L’ipertensione predispone sia alla patologia ischemica (ictus ed


encefalopatia vascolare cronica) sia alla patologia emorragica (emorragie intraparenchimali e
subaracnoidee).

- Nefropatia ipertensiva: si manifesta con un “rene grinzo” cara%erizzato da una vasculopatia dei vasi
arteriosi per cui c’è una progressiva perdita di sostanza con riduzione del numero dei glomeruli e
quindi della capacità di 2ltrazione glomerulare. L’ipertensione è una delle cause principali di
insuDcienza renale terminale che poi porta alla dialisi. In caso di ipertensione maligna si può osservare
una degenerazione ialina delle arterie che assumono un aspe%o a “cipolla” con rapida progressione
verso l’insuDcienza renale.

- In2ne l’organo bersaglio più interessato è il cuore, il quale va incontro ad un processo di ada%amento
per far fronte al sovraccarico idro-dinamico: tu%o ciò porta alla ipertro&a cardiaca.
Nella fase iniziale c’è un aumento dello spessore della parete ventricolare sx (evidenziabile come un
aumento del terzo arco inferiore di sx all’rx torace), mentre all’ecg si osserva un aumento della
profondità delle onde S nelle precordiali dx e un aumento delle deKessioni positive dell’onda R nelle
precordiali sx (in V2-V5 la somma >35mm secondo i criteri di Sokolow).
Successivamente il cuore va incontro ad uno s2ancamento e dilatazione progressiva visibile
dall’aumento in toto dell’aia cardiaca all’rx, con possibili fenomeni trombotici intracardiaci ed infarto
del miocardio.
Se nella fase iniziale il cuore riesce ancora a fronteggiare l’aumento di post-carico mediante un aumento
della velocità di 2ltrazione glomerulare ed un aumento del precarico, nella fase 2nale per lo
s2ancamento del ventricolo si ha un rido%a GC e una conseguente rido%a VFG che come un circolo
vizioso determina un aumento della volemia aggravante lo scompenso.
Per quanto riguarda la misurazione della pressione arteriosa è bene seguire alcune regole
standardizzate:
 prendere 2 misurazioni a 5 minuti di distanza l’una dall’altra, eventualmente anche all’arto
controlaterale; pz seduto, a riposo, con braccio a livello del cuore.
 in caso di “ipertensione da camice bianco” (ovvero aumento della p.a solo in seguito a stress
emotivo secondario alla misurazione della p.a da parte del medico) è opportuno procedere con
una misurazione holter a domicilio nelle 24H che perme%erà di smascherare questa condizione
di ipertensione 2%izia.

CLASSIFICAZIONE
Pressione arteriosa nomale → sistolica<120mmhg - diastolica<80
Pre-ipertensione → sistolica 120-139 - diastolica 80-89
Ipertensione stadio I → sistolica 140-159 - diastolica 90-99
Ipertensione stadio II → sistolica >=160 - diastolica >= 100
Gesta è l’ultima classi2cazione dell’ipertensione, più sempli2cata rispe%o alle precedenti dal momento
che si riscontrano solo 2 stadi di ipertensione rispe%o ai 3-4 delle classi2cazioni precedenti: questo è
dovuto al fa%o che al di sopra di un determinato livello pressorio gli eHe%i sul nostro organismo sono
gli stessi, ovvero il rischio cardiovascolare rimane immodi2cato.
Ovviamente nella valutazione del pz non è importante solo la misurazione della p.a ma anche le
comorbidità eventualmente presenti ed i fa%ori di rischio cardiovascolare:
- abuso d’alcool,
- ina%ività 2sica,
- diabete,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 22 A cura di ANDREA PERNA


- obesità,
- dislipidemia,
- fumo,
- danno renale (microalbuminuria),
- familiarità (eventi cardiovascolari prima di 55aa negli uomini e di 65aa nelle donne), in maniera tale da
determinare un rischio cardiovascolare globale.

TRATTAMENTO
Al giorno d’oggi sono presenti 4 grandi classi di farmaci largamente usati:
- A Sartani, ACE-inibitori, Inibitori della renina (agiscono sul SRAA)
- B beta-bloccanti (oltre all’eHe%o sull’a%ività cardiaca hanno anche un eHe%o sull’a%ività reninica
plasmatica, per cui oggi si ritiene che le prime due classi A – B abbiano un eHe%o sovrapponibile nel
tra%amento dell’ipertensione)
- C Calcio-antagonisti (eHe%o vasodilatatore dire%o)
- D diuretici (incremento dell’escrezione urinaria di sodio e modesto eHe%o vasodilatatore dire%o, per
cui anche in questo caso le classi C – D hanno meccanismi in parte sovrapponibili e complementari alle
classi A - B)
D’altro canto, nel momento in cui bisogna prescrivere una terapia di associazione per l’ipertensione in
stadio II, non useremo un farmaco A con uno B bensì un farmaco A o B associato ad uno C o D, essendo
tra di loro complementari e determinanti un eAetto sinergico.

Esistono diverse classi di diuretici:


- diuretici dell’ansa → (furosemide) agiscono a livello del tra%o ascendente dell’ansa di
Henle ma non sono usati nella terapia dell’ipertensione perché hanno un eHe%o rapido con
importante perdita di sodio e disidratazione con conseguente aumento dell’a%ività simpatica
riKessa (di conseguenza l’eHe%o ipotensivo immediato non è conservato nelle ore successive).
Tu%avia sono spesso utilizzati per il tra%amento dello scompenso cardiaco proprio per il loro
eHe%o rapido.

- diuretici tiazidici → sono i più usati, hanno un basso costo a fronte di un o%imo eHe%o
anti-ipertensivo, tu%avia hanno delle controindicazioni che sono in sostanza rappresentate dai
loro eHe%i collaterali: iponatriemia, ipomagnesemia, iperglicemia, insulino-resistenza, diabete,
iperuricemia, riduzione dell’output cardiaco.

- risparmiatori di K → sopra%u%o nell’ipertensione da iperaldosteronismo.

L’utilizzo dei beta-bloccanti nel tra%amento dell’ipertensione è in voga dagli anni 70’ quando ci sono
stati due grossi trials che ne hanno mostrato l’eDcacia nel ridurre gli eventi cardiovascolari.
Oggi il loro utilizzo è stato rivisto alla luce di due grossi trials pubblicati negli ultimi dieci anni in cui si
è dimostrato che, confrontando beta-bloccanti e ace-inibitori o sartani, l’eHe%o prote%ivo nei confronti
degli eventi cerebrovascolari era signi2cativamente superiore per i farmaci inibenti il SRAA rispe%o ai
beta-bloccanti.
In sostanza mentre per la mortalità cardiaca i risultati erano sovrapponibili, per l’ictus cerebri erano
sfavorevoli quelli dei beta-bloccanti.
Di conseguenza, alla luce di tali osservazioni, oggi adoperiamo i beta-bloccanti solo in determinati
so%ogruppi di pazienti ipertesi che presentano: aritmie, scompenso cardiaco, coronaropatie, aumento
dell’a%ività simpatica (in questi casi sono i farmaci di prima scelta nel tra%amento dell’ipertensione).
Le linee guida statunitensi aHermano che quando non c’è un’indicazione restri%iva di un farmaco
rispe%o ad un altro è consigliabile l’utilizzo nello stadio I di un farmaco della classe ABCD (di solito un
tiazidico, essendo il meno costoso) mentre nello stadio II è consigliato l’utilizzo di 2 farmaci in
associazione (A o B con C o D).
In altri casi abbiamo invece delle indicazioni certe:
 scompenso cardiaco → beta-bloccanti
 diabete → ACE-inibitori o sartani (rallentano il danno renale con un eHe%o nefroprote%ivo
evidenziabile da diminuzione della microalbuminuria)
 anziani con ipertro2a prostatica → alfa-litici

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 23 A cura di ANDREA PERNA


Recentemente c’è stata una revisione di queste linee guida in cui sono state aggiunte altre
raccomandazioni: l’unica cosa di rilievo è che esistono adesso delle raccomandazioni a seconda delle
razze, della presenza o meno di insuDcienza renale, di diabete etc. quindi non bisogna soHermarsi sui
livelli assoluti di ipertensione ma valutare a%entamente la presenza di altre patologie.

Studi epidemiologici fa%i su migliaia di persone hanno mostrato che nonostante un adeguato
tra%amento ipertensivo esiste una percentuale di casi in cui non viene raggiunto il target pressorio
voluto.
Le principali cause di ipertensione resistente saranno:
- eccesso di alcool o sodio
- concomitante uso di altri farmaci (es FANS che riducono le prostacicline a livello renale e determinano
diminuzione della VFG)
- dosi inadeguate di farmaco
- inadeguata terapia diuretica
- impropria misurazione della p.a (parliamo di pseudoresistenza)
- scarsa compliance del paziente (es beta bloccanti che possono portare eHe%i collaterali frequenti come
impotenza sessuale), anche in questo caso si parla di pseudoresistenza
- nei pazienti anziani la pseudoresistenza può essere dovuta a problemi tecnici di misurazione dell p.a:
- manovra di Osler : spesso nei pz anziani si hanno arterie rigide tali per cui si può osservare
la permanenza del polso radiale nonostante compressione dell’arteria brachiale da parte della cuDa
dello s2gmomanometro alla misurazione della pressione arteriosa.
Per le forme realmente resistenti si è messo a punto una tecnica di simpaticectomia renale, nel
tentativo di ridurre la p.a nonostante un’adeguata terapia anti-ipertensiva.

Per quanto riguarde le modi&che dello stile di vita, c’è da ricordare che sono utili sopra%u%o nelle
prime fasi dell’ipertensione, mentre in presenza di danno d’organo sono poco rilevanti. Sicuramente
importante è la perdita di peso (riduzione da 5 a 20mmhg per 10kg persi), l’a%ività 2sica (riduzione 4-
9mmhg), dieta ricca di fru%a e verdura e con basso intake di sodio.

In caso di ipertensione maligna o emergenze ipertensive bisogna usare vasodilatatori diretti


endovena, questo è il caso dell’encefalopatia ipertensiva in cui c’è uno spasmo diHuso dei vasi cerebrali
per il meccanismo di autoregolazione: per mantenere il Kusso costante, le arteriole cerebrali vanno
incontro a vasocostrizione secondaria all’ipertensione, impedendo la spandimento ematico cerebrale. Si
può osservare una condizione di ischemia cerebrale con modi2cazioni comportamentali, letargia, de2cit
neurologici focali, 2no all’edema cerebrale ed al coma.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 24 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 3 ATEROSCLEROSI E DISLIPIDEMIE

Caso clinico
Un ragazzo di 25 anni si presenta in ambulatorio per un controllo generale e un analisi dei valori del
colesterolo. Non prende alcun farmaco regolarmente. Esercizio 2sico regolare. Non fuma. Non assume
stupefacenti. Beve 2/3 birre nel weekend.
Storia familiare: il padre ha avuto un IMA a 36 anni, morto per complicanze cardiovascolari a 49 anni. È
stata recentemente diagnosticata al fratello una ipercolesterolemia.
Non è iperteso, FC regolare, è in sovrappeso.
Colesterolo= 362 mg/dl, trigliceridi= 300 mg/dl, HDL=36 mg/dl, LDL=266 mg/dl, quindi si rileva
un'alterazione complessiva dei lipidi plasmatici in quanto c'è ipercolesterolemia sia in termini di
colesterolo totale sia come colesterolo LDL, c'è ipertrigliceridemia e c'è una riduzione delle HDL.

- Gesiti: qual è la diagnosi più probabile? Cosa facciamo? Gali sono le conseguenze di una
ipercolesterolemia non tra%ata?

Aspe%i rilevanti del caso:


• il paziente ha una dislipidemia importante per la sua età e il fratello ha una ipercolesterolemia;
• le conseguenze cardiache delle patologia sono rilevanti considerando il motivo della morte del
padre;
Geste considerazioni ci devono far pensare ad una forma familiare di ipercolesterolemia. Lasciata al
suo decorso naturale avrà conseguenze gravi, anche fatali. Gindi è necessario che il paziente modi2chi
il suo stile di vita (deve perdere perso) e che associ a ciò un tra%amento farmacologico.

ATEROSCLEROSI
L'aterosclerosi è una mala%ia in2ammatoria cronica delle grandi e medie arterie. Le sedi principali
colpite dalla mala%ia sono l'aorta e i suoi rami principali, quindi vasi del circolo cerebrale, carotide,
arterie iliache. Molto colpite sono anche le coronarie, in questo caso una delle conseguenze è la
cardiopatia ischemica.

Epidemiologia
Rappresenta la maggior causa di morte nelle società sviluppate. Entro il 2020 le mala%ie cardiovascolari,
che rappresentano la manifestazione dell'aterosclerosi, saranno la più comune causa di morte. Lo stile di
vita “occidentale” sembra essere un fa%ore di rischio. Mediamente, in USA 13 milioni di persone (circa il
20% della popolazione) sono aHe%i da cardiopatia ischemica. Il numero di pz che presentano ictus
invece è di 4,7 milioni.

Fattori di rischio
Il Framningham Heart Study fu il primo studio a fornire evidenze certe che alcune abitudini, come
ipercolesterolemia, fumo, ipertensione, diabete, età, sesso, siano predi%ive del rischio cardiovascolare. I
fa%ori di rischio individuati da questo studio sono divisi in : modi2cabili, cioè possono essere rido%i o
eliminati cambiando lo stile di vita, e non modi2cabili come il sesso e l'età. A quelli precedentemente
citati si aggiungono sedentarietà, vita povera di fru%a e verdura, fa%ori psicosociali. Insieme questi sono
in grado di determinare il 90% del rischio di infarto al miocardio. È importante valutare l'eHe%o
cumulativo dei fa%ori di rischio, infa%i quando essi sono presenti contemporaneamente il rischio
aumenta di circa 300 volte. L'a%ività 2sica regolare, una dieta ricca di fru%a e verdura, l'astensione dal
fumo riducono sensibilmente il rischio cardiovascolare.
- Età: L'incidenza della mala%ia aumenta proporzionalmente all'età. Un grande aumento si veri2ca sopra
i 45 anni per gli uomini e sopra i 55 anni per le donne.
- Sesso maschile: Il rischio cardiovascolare sembra essere più elevato negli uomini. La relativa
protezione cardiovascolare delle donne prima della menopausa sembra dovuta alla presenza di estrogeni

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 25 A cura di ANDREA PERNA


che determinano sopra%u%o un pro2lo lipidico più favorevole. Gesta ipotesi è avvalorata dal fa%o che
l'incidenza tra i due sessi dopo i 60 anni è molto simile.
- Familiarità: Si considera familiarità precoce la comparsa di mala%ie cardiovascolari nei genitori prima
dei 55 anni nel padre e 65 nella madre. Gesto fa%ore di rischio causa una susce%ibilità maggiore
geneticamente determinata, una maggiore prevalenza dei fa%ori di rischio e tendenza all'aggregazione
dei fa%ori di rischio dovuti allo stile di vita familiare.

Nota: la proteina P66 è una proteina che aumenta lo stress ossidativo e serve a potenziare il burst
ossidativo granulocitico e le risposte in2ammatorie. Con l'evoluzione della specie questa proteina è
venuta a mancare in alcuni individui, determinando in essi una maggiore longevità. Negli individui in
cui questa proteina è assente avremo una rido%a formazione di placche aterosclerotiche, una riduzione
dello stress ossidativo, una rido%a produzione di radicali liberi a discapito di una maggiore susce%ibilità
alle infezioni.
- Dislipidemie: Esiste una relazione tra i livelli di colesterolemia e le manifestazioni cliniche
dell'aterosclerosi. In paricolare esiste un rapporto dire%o tra valori ematici di LDL e rischio
cardiovascolare. Esiste anche un rapporto inverso con i valori ematici di HDL che quindi assumono un
ruolo prote%ivo.
L'80% del colesterolo viene prodo%o in sede epatica; il maggior prodo%o sono le VLDL che, tramite
l'azione delle lipoproteinlipasi diventano più piccole e dense a formare le LDL. Un aumento del 10%
delle LDL provoca un aumento del rischio cardiovascolare del 20%. Possiamo schematizzare
semplicemente dicendo che le LDL distribuiscono il colesterolo ai tessuti periferici, tra i quali le pareti
delle arterie, costituendo un importante stimolo aterogeno, mentre le HDL prelevano il colesterolo dai
tessuti periferici, quindi dalle pareti arteriose per ricondurlo al fegato, svolgendo una funzione
prote%iva.
Ipertensione: Diversi studi hanno rivelato che il tra%amento farmacologico dell'ipertensione riduce
signi2cativamente il rischio di infarto al miocardio e di aterosclerosi. Ci sono sempre più evidenze sul
fa%o che l'ipertensione sia il primo stimolo ad innescare il processo aterogenico, ciò è testimoniato dal
fa%o che la presenza delle placche è maggiore nei distre%i dove la pressione arteriosa è più elevata
(biforcazioni, osti delle arterie intercostali).
- Diabete mellito, insulino resistenza e sindrome metabolica: L'obesità in aumento nel mondo
occidentale è la maggior responsabile dell'aumento dell'incidenza di diabete mellito di tipo 2. Il pro2lo
lipemico associato a questa mala%ia è responsabile dell'aumentato rischio cardiovascolare di questi pz.
Infa%i pur essendo i valori di LDL vicini alla norma, le LDL risultano più piccole e dense, quindi più
aterogeniche, inoltre coesiste una riduzione di HDL ed un aumento dei trigliceridi.
Un'entità nosologica emersa negli ultimi anni è la sindrome metabolica ossia la coesistenza di obesità
centrale, dislipidemia, ipertensione ed intolleranza al glucosio. L'insulino-resistenza sembra svolgere un
ruolo chiave in questa patologia. La sindrome metabolica ha un enorme correlazione con il diabete e
con le patologie cardiovascolari.
- Fumo di sigare%a: La combustione del tabacco genera più di 4000 prodo%i. Alcuni di questi hanno
un'a%ività altamente tossica e cancerogena. Tra le modi2che più comuni dei fumatori notiamo una
ipera%ivazione endoteliale, piastrinica ed un pro2lo procoagulante con elevati livelli di 2brinogeno.
Anche solo 3-4 sigare%e al giorno raddoppiano il rischio di infarto; la correlazione tra il fumo ed il
rischio d'infarto è lineare.
- Obesità: Esiste una associazione lineare tra BMI e rischio cardiovascolare. L'associazione è ancora più
stre%a tra l'obesità addominale, misurata come girovita. Gesto sembra dovuto al fa%o che nel grasso
viscerale sono presenti cellule in2ammatorie a%ivate che producono IL-6 e TNF e cellule adipose che
producono adipochine. Tu%e queste sostanze sembrano aumentare il rischio aterogeno.
- Sedentaritetà: La sedentarietà predispone all'aggregazione di fa%ori di rischio, aumentando la stasi
ematica e diminuendo la produzione di NO. Un'a%ività 2sica regolare riduce il rischio cardiovascolare.
- In2ammazione e stress: Uno dei più studiati marcatori dell'in2ammazione è la PCR. Gesta è una
proteina di fase acuta che normalmente aumenta in condizioni infe%ive e in2ammatorie localizzate. Lo
stress e l'obesità centrale se%ano l'organismo in uno stato di in2ammazione generalizzata, infa%i i
sogge%i obesi presentano livelli di PCR più elevati rispe%o a quelli sani.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 26 A cura di ANDREA PERNA


Altri fa%ori di rischio possono essere la predisposizione alla trombosi, come la mala%ia di Leiden o la
presenza di iperomocisteinemia.

Patogenesi
L'endotelio non è un semplice epitelio di rivestimento dei vasi. Esso svolge una funzione a%iva nei
processi omeostatici della circolazione sanguigna. Infa%i provvede a mantenere la Kuidità del sangue e a
regolare l'emocoagulazione. Media inoltre l'a%ività dei leucociti e delle cellule in2ammatorie. Una delle
sostanze più importanti per la funzione endoteliale è l'NO, prodo%o dalla NOsintetasi che produce NO a
partire dall'arginina. La produzione di NO viene aumentata all'aumentare dello Shear Stress ossia lo
stress di taglio che il sangue esercita sulla parete vascolare. Tra le funzioni del NO ricordiamo: La
limitazione della proliferazione delle cellule muscolari lisce, la limitazione dell'aggregazione piastrinica
e inibizione della coagulazione (tramite a%ivazione della proteina c) , limitazione dell'ossidazione delle
LDL, riduce l'a%ivazione e l'adesione dei monociti, limita la sintesi delle citochine in2ammatorie.
Possiamo dedurre l?importanza dell'azione anti aterogena dell' NO.
L'endotelio inoltre presenta la capacità di lisare il coagulo fornendo la base d'a%acco al sistema
2brinolitico. Regola ancora l'equilibrio tra sostanze pro-trombotiche ed anti-trombotiche. L'endotelio
inoltre regola la crescita delle so%ostanti cellule muscolari lisce. Nelle mala%ie in2ammatorie croniche,
come l'aterosclerosi, l'endotelio è stimolato a produrre molecole che stimolano l'adesione leucocitaria,
citochine in2ammatorie e sostanze procoagulanti come l'inibitore dell'a%ivatore del plasminogeno (PAI-
1). Gli stimoli in2ammatori aumentano anche la produzione di fa%ore tissutale (TF) un importante
sostanza protrombotica.
Ipercolesterolemia, ipertensione ed iperglicemia danneggiano la funzione endoteliale alterandone lo
stato redox e aumentando la produzione di ROS. Ciò causa un cambiamento fenotipico endoteliale che
comporta un aumento della vasocostrizione, della trombogenicità e del richiamo leucocitario. Un ruolo
chiave sembra essere svolto dalla rido%a biodisponibilità del NO.

La presenza di stimoli aterogeni e del cambiamento fenotipico dell'endotelio provoca la precipitazione


delle LDL all'interno del lume vasale. La lesione primitiva è rappresentata dalle “strie lipidiche”,
accumuli di lipidi nella parete vasale, ancora reversibili. I siti predile%i sono quelli che presentano
alterazioni del Kusso e quindi uno shear stress alterato, come biforcazioni, gomiti, curve. L'accumulo sub
intimale di LDL è dovuto nelle fasi iniziali ad un'aumentata permeabilità endoteliale. La precipitazione
delle LDL è mediata principalmente dalla glicosilazione non enzimatica (principalmente nel diabetico) e
dall'ossidazione delle stesse. Gesti processi rendono le LDL irriconoscibili dai propri rece%ori pertanto
esse si accumulano in sede subintimale. La presenza di questo accumulo stimola la produzione di M-CSF
, un potente stimolo chemiota%ico per i macrofagi e cellule muscolari. Le LDL ossidate e glicosilate
vengono risconosciute dagli scavenger receptors (SR) dei macrofagi che non sono so%oposti a feedback
negativo come i rece%ori delle LDL. Pertanto i macrofagi fagocitano LDLox 2no ad infarcirsi
completamente, formando le cellule schiumose. Le LDLox possiedono inoltre importanti funzioni
biologiche, infa%i stimolano l'adesione leucocitaria, richiamano altri macrofagi, stimolano la
proliferazione delle cellule muscolari lisce, stimolano la sintesi di PAI-1 favorendo la trombosi ed
inibiscono la produzione di NO.

Nota: le cellule endoteliali presentano un rece%ore LOX-1 che sembra implicato nel legame e nel
riconoscimento delle LDL ossidate

L'accumulo di LDLox stimola l'endotelio ad esprimere molecole come VCAM-1 e ICAM-1 che
perme%ono l'adesione di monociti, linfociti e piastrine. Geste giunte in sede danno inizio alla
produzione di citochine in2ammatorie come IL-1 e TNF che aumentano a loro volta la presenza di
molecole di adesione sulle cellule endoteliali. Inontre queste citochine inducono la produzione locale di
PDGF e FGF che possono contribuire all'evoluzione della placca aterosclerotica. Geste assieme al TGF
e INF causano una migrazione e proliferazione delle cellule muscolari lisce nella sede del danno. Geste
provengono dalla tonaca muscolare liscia so%ostante alla sede del danno. Le cellule muscolari lisce
producono collagene e matrice extracellulare concorrendo a trasformare la stria lipidica, ancora

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 27 A cura di ANDREA PERNA


reversibile e disorganizzata, in una placca aterosclerotica, cioè una lesione 2broadiposa, cara%erizzata
da un core lipidico ricco di LDLox e cellule schiumose, circondato da una capsula 2brosa. Sulla
super2cie della placca possono formarsi microtrombi che pur non dando manifestazioni cliniche
contribuiscono alla progressione della lesione stimolando la funzione delle cellule muscolari lisce.
Nella placca sono presenti anche dei linfociti CD4+ che vengono a%ivati dai macrofagi che si
comportano da APC. I CD4+ a%ivati provocano una risposta b1 con produzione di INF gamma e IL-1
che contribuiscono come già de%o all'evoluzione della placca. Le LDLox quindi si comportano come
autoantigeni. Una seconda classe di autoantigeni è rappresentata dalle Hsp60, degli chaperon
molecolari, prodo%e nelle cellule endoteliali in seguito dello stimolo in2ammatorio. Le Hsp60
presentano infa%i dei fenomeni di mimesi molecolare con alcuni antigeni ba%erici come quelli di S.
Pneumoniae e H. Pylori. Altri antigeni che stimolano la risposta immune sono quelli derivati dalle
cellule apoptotiche che non mancano nella placca aterosclerotica. Da non so%ovalutare la presenza di
condizioni infe%ive concomitanti come quella da C. pneumoniae che sembra essere importante nei pz
con mala%ie cardiovascolari. Ci sono infa%i evidenze che una terapia antibiotica contro questo
patogeno riduca il rischio cardiovascolare.
All'evoluzione della placca concorre anche la riduzione dei regolatori della risposta in2ammatoria come
i linfociti Treg che normalmente producono citochine antin2ammatorie come IL-4 e IL-10 e i linfociti B
che tramite la produzione di Ab inducono la rimozione dal circolo delle LDLox.
Bisogna ricordare che la placca aterosclerotica si sviluppa dalla stria lipidica solo quando la quantità di
LDLox che si deposita in sede subintimale eccede la clearance dei macrofagi. Una volta formata la
capsula lipidica i macrofagi che sono intrappolati all'interno cominciano ad andare in apoptosi
constituendo il presupposto dell'accumulo lipidico. Lo sviluppo della placca è anche associato alla
formazione di vasa vasorum all'interno della placca, questi infa%i sembrano aumentare il rischio di
emorragia della intraplacca, condizione che in acuto può comportare l'occlusione del vaso interessato.
Le placche in accrescimento accumulano calcio e proteine contenute nell'osso (come osteopontina ed
osteocalcina), ciò comporta la calci2cazione delle stesse. Nelle fasi iniziali la placca subisce un
rimodellamento glagoviano (cresce più in estensione che in altezza) che le consente di non ridurre il
lume vascolare. Solo in una fase avanzata e tardiva il lume vascolare risulta eHe%ivamente rido%o.

Complicanze della placca


- &ssurazione: una ro%ura del cappuccio 2broso determina l'esposizione al lume vascolare del core
lipidico. Ciò innesca rapidamente la cascata coagulativa con conseguente formazione di un trombo.
Gesto riduce il lume vascolare provocando un'ischemia dei tessuti a valle. Lo spessore della capsula
dunque è un fa%ore predi%ivo della 2ssurazione. Più la capsula 2brosa è spessa (stabile) minore è la
possibilità che essa si rompa. Una capsula 2brosa so%ile da origine ad una placca vulnerabile cioè che si
presta facilmente alla ro%ura. Spesso il trombo viene rapidamente degradato dal sitema 2brinolitico ed
inìvaso rapidamente dal collagene. Gesto rappresenta uno dei più comuni meccanismi di crescita
accelerata della placca.
- ulcerazione: la ro%ura del cappuccio 2broso avviene gradualmente per fenomeni di erosione o
asso%igliamento dello stesso magari a seguito di una crisi ipertensiva.
- emorragia: avviene quando si veri2ca la ro%ura dei vasa vasorum della placca, infa%i li sangue in
quel caso resta intrappolato nel cappuccio 2broso formando un ematoma intramurale che può gon2arsi
ed occludere completamente il vaso. Più il numero dei vasa vasorum è elevato maggiore è il rischio di
emorragia.
- aneurismi: Sopra%u%o a livello aortico quando sono presenti più placche adiacenti. Gesto comporta
una destru%urazione e un indebolimento della parete aortica che predispongono alla formazione di
aneurismi.

Manifestazioni cliniche
Le principali manifestazioni cliniche dell'aterosclerosi sono la stenosi, l'aneurisma e l'embolizzazione.
- stenosi: riduzione del calibro vasale dovuta all'espansione lenta o improvvisa del volume della placca.
Ciò comporta la riduzione della vascolarizzazione nei tessuti a valle della placca. Le condizioni cliniche
più comuni si veri2cano a livello:

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 28 A cura di ANDREA PERNA


-coronarico dove possono provocare un'ischemia miocardica con conseguente infarto del
miocardio con conseguente morte improvvisa, specialmente per un'evoluzione acuta.
-cerebrale sopra%u%o a livello dellla base cranica dove può comportare la comparsa di ictus
-arti inferiori dove può causare la critical limb ischemia con infarti cutanei, formazione di
ulcere e dolore che possono indurre ad amputare gli arti interessati.
-addominale, dove causano angina abdominis.
-renali, dove possono causare un'insuDcienza renale e ed ipertensione.
Come già de%o ci sono dei siti che sono interessati in modo preferenziale, nel circolo coronarico ad
espempio la localizzazione più frequente è a livello delle arterie epicardiche. Altra sede molto
interessata è la biforcazione carotidea. È da ricordare che la crescita delle placche aterosclerotiche
avviene in modo discontinuo e quasi imprevedibile. A volte ci sono dei segnali premonitori come
un'ischemia degli arti inferiori o un'angina stabile ma molto spesso un ictus o un infarto del miocardio
rappresentano l'esordio clinico della mala%ia. Si ricordi che un'occlusione graduale del lume vascolare
può essere totalmente asintomatica perché l'organismo può me%ere in a%o eDcaci meccanismi di
compenso (circoli collaterali, etc) che perme%ono di sorpassare l'ostacolo.
-aneurismi: sono delle dilatazioni circoscri%e e permanenti della parete arteriosa dovute
all'indebolimento della stessa. La sede maggiormente interessata in questo caso è l'aorta addominale,
so%o le arterie renali.
-emboli di colesterolo: è una manifestazione abbastanza rara ed è nella maggior parte dei casi una
conseguenza iatrogena. Infa%i si veri2ca più frequentemente in seguito ad interventi di chirurgia
vascolare o di cateterismo dell'aorta o dei suoi rami. Il quadro clinico dipende dalla sede di origine
dell'embolo. Gelli a partenza dall'aorta addominale in genere vanno a localizzarsi a livello degli arti
inferiori dando origine a lesioni ulcerative cutanee dolenti. Se il punto di partenza è un ramo dell'aorta
le conseguenze si veri2cano a livello dell'organo o della regione da esso fornita. Gesta condizione va
sospe%ata in pazienti nei quali si è già fa%a la diagnosi di aterosclerosi e che si sono so%oposti
recentemente ad interventi diagnostici o terapeutici che possono giusti2care l'insorgenza dell'embolia. I
farmaci usati in questo caso sono antiaggreganti e cortisonici.

Prevenzione
Lo strumento più diHuso per calcolare il rischio cardiovascolare è il Framningham Risk Score che si basa
sull'assunto che il livello di rischio globale aumenta in funzione del numero dei fa%ori di rischio che
operano tra di loro in maniera incrementale. I componenti di questo score sono: età, sesso, LDL, PAM,
diabete, fumo. Il punteggio o%enuto perme%e di stimare il rischio di eventi coronarici a 10 anni. Il
rischio è elevato se la possibilità di sviluppare un evento cardiovascolare nei 10 anni successivi è > 20%,
intermedio tra il 10% e il 20%, basso se <10%. Nei sogge%i a rischio intermedio si deve eHe%ure una
riclassi2cazione che deve tener conto dei fa%ori di familiarità, la sindrome metabolica e valori elevati di
PCR.
La prevenzione dell'aterosclerosi si basa su uno stile di vita sano ed o%imale basato sui seguenti
principi:
- astensione completa dal fumo
- assunzione di una dieta che mantenga il BMI so%o i 24 e il girovita <102 cm negli uomini e <88 cm
nelle donne.
- a%ività 2sica moderata di 30 min 5 volte alla se%imana.
Una dieta o%imale deve contenere il giusto introito di fru%a e verdura e pesce. È controverso l'utilizzo di
un bicchiere di vino rosso, si pensa che oltre al resveratolo (antiossidante del quale sono state esaltate le
proprietà) piccole quantità di alcool possa indurre una vasodilatazione ed abbassare la pressione.
Tra i farmaci più usati riscordiamo le STATINE che essendo inibitori della HMG-CoA redu%asi
impediscono la sintesi epatica di VLDL e di conseguenza la concentrazione plasmatica delle LDL. Le
statine riducono anche la produzione di acido mevalonico coinvolto nella sintesi di isoprenoidi, dei
mediatori della Kogosi.
Altri farmaci meno usati per le dislipidemie sono i 2brati e le resine degli acidi biliari.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 29 A cura di ANDREA PERNA


DISLIPIDEMIE
La dislipidemia è un eccesso di lipidi nel sangue relato ad una elevazione isolata di colesterolo o di
trigliceridi o, nella forma combinata, sia di colesterolo che di trigliceridi.

Metabolismo del colesterolo


La regolazione dei livelli del colesterolo si basa su due meccanismi:
• quello genetico che regola la sintesi endogena epatica (è la maggioranza del colesterolo
presente nel nostro organismo)
• e quello delle fonti alimentari.
Il colesterolo ha un ruolo importante in quanto è la base per la sintesi degli ormoni steroidei ed è un
componente della membrana plasmatica.
Siccome nella forma di deposito il colesterolo è esteri2cato e quindi non idrosolubile, per essere
trasportato viene inglobato nelle lipoproteine che vanno incontro ad un metabolismo a%raverso il
passaggio in vari organi e, alla 2ne, il colesterolo viene utilizzato da tu%e le cellule dell'organismo.

L'azione del medico può essere a tre livelli:


1)sintesi
2)assorbimento intestinale
3)consumo periferico (ad esempio l'a%ività 2sica perme%e di incrementare l'utilizzo del colesterolo da
parte dell'organismo)

- Le lipoproteine
La lipoproteina ha un core lipidico formato da fosfolipidi, colesterolo esteri2cato e trigliceridi (TG)
(quindi tu%e molecole insolubili in acqua), mentre la super2cie esterna è formata da colesterolo libero
(idrosolubile), fosfolipidi e apoproteine.
Le apoproteine provvedono alla stabilizzazione della lipoproteina e fungono da rece%ori.
In base al volume e alla densità si distinguono:
• chilomicroni, più grandi ma con minore densità (perchè i lipidi sono particolarmente leggeri,
quindi una grossa composizione in lipidi si associa a bassa densità), ricchi di TG assorbiti a
livello della parte intestinale
• VLDL (di sintesi epatica) e remnants di chilomicroni (cioè chilomicroni in cui parte del
contenuto lipidico è stato idrolizzato e quindi ceduto ai tessuti periferici)
• IDL
• LDL per il trasporto del colesterolo in periferia
• HDL per il trasporto centripeto del colesterolo al fegato

I lipidi che ingeriamo con l'alimentazione vengono idrolizzati e per il loro assorbimento è necessario
l'intervento della bile che perme%e la formazione delle micelle. Le micelle favoriscono la penetrazione
nel villo intestinale e all'interno del villo avviene il confezionamento della lipoproteina con i TG
(sopra%u%o) e il colesterolo alimentare. Poi i chilomicroni passano nel do%o toracico e parte dei grassi
vanno al fegato tramite il sistema venoso portale, parte vanno nel circolo sistemico.

- Trasporto plasmatico dei lipidi


Il trasporto plasmatico dei lipidi è di due tipi a seconda che si tra%i di l ipidi esogeni o endogeni , ma i
due sistemi comunicano l'uno con l'altro.
Le diverse lipoproteine hanno diversa composizione in apoproteine: alcune apoproteine come apoE e
apoC2 sono di sintesi intestinale e incorporate nel chilomicrone, altre sono sintetizzate solo dal fegato,
come apoB100 che è importante per il trasporto endogeno dei lipidi.

Nei capillari dei tessuti e degli organi periferici i chilomicroni vengono idrolizzati dalla
lipoproiteinlipasi(LPL) (presente a livello della super2cie endoteliale dei capillari) liberando dai
trigliceridi acidi grassi liberi che saranno utilizzati come substrato energetico dal tessuto muscolare
oppure tra%enuti come riserva nel tessuto adiposo. I chilomicroni che hanno subito questo processo
diventano delle particelle più piccole, i remnants dei chilomicroni.
Gesti ultimi hanno perso apoC2 e si legano ai rece%ori epatici e quindi i grassi così veicolati faranno
parte del pool a disposizione del fegato. Parte di questi lipidi vengono utilizzati per la sintesi degli acidi
biliari (circolo entero epatico), altri vengono incorporati in VLDL (c'è apoB100, che vedremo essere

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 30 A cura di ANDREA PERNA


implicata in una delle ipercolesterolemie familiari) che immesse in circolo vanno incontro alle stesse
modi2cazioni dei chilomicroni.
Le VLDL si trasformano in IDL che tornano al fegato e per eHe%o della lipasi epatica(HL) vengono
depauperate ulteriormente di lipidi e diventano LDL che andranno in periferia o saranno captate dal
fegato.

- Trasporto inverso del colesterolo


Un dife%o del trasporto centripeto contribuisce all'aterogenesi. Il protagonista di questo meccanismo di
trasporto dalla periferia al centro è l'HDL.
HDL è sia di sintesi epatica che intestinale. La cara%eristica fondamentale è la presenza di ApoA1.
Inizialmente ha una forma discoide, diventerà sferica quando ripiena di lipidi. Diversi enzimi
intervengono nell'arricchimento lipidico della HDL:
• CEPT (cholesterol ester transfer protein) è l'enzima che perme%e il passaggio dei lipidi tra
VLDL e HDL
• LCAT (lecitina colesterolo aciltransferasi) è l'enzima che interviene nell'esteri2cazione e quindi
nell'immagazzinamento del colesterolo nelle HDL mature
SR-B1 (Scavenger Receptor B1) serve ad immagazzinare le HDL negli epatociti.

Classi&cazione fenotipica delle dislipidemie


A Fredrickson si deve una classi2cazione fenotipica delle dislipidemie basata sul dosaggio dei lipidi
plasmatici:
- CLASSE I = è una iperchilomicronemia, cioè c'è una marcata elevazione dei TG
- CLASSE II
-a = ipercolesterolemia isolata e quindi una marcata elevazione delle LDL
-b = ipercolesterolemia (quantitativamente prevale) associata alla ipertrigliceridemia, cioè c'è
un aumento sia delle LDL che delle VLDL
- CLASSE III = elevazione dei chilomicroni e remnats, sono quelle che si legano alla lipopotein lipasi
presente a livello dei vasi periferici. Perchè questo avvenga è necessario che sia presente una proteina
stru%urale, l'apo E, che è anche il rece%ore della LPL; se c'è un de2cit di apo E non avviene questo
legame.
- CLASSE IV = aumento VLDL (sopra%u%o ipertrigliceridemia e in seconda istanza
l'ipercolesterolemia); questa è la classica dislipidemia della sindrome metabolica
- CLASSE V = è una forma rara, infantile. C'è un aumento dei Chilomicroni e delle VLDL
In questo modo possiamo classi2care le forme di dislipidemia primaria.

La dislipidemia può anche essere secondaria a condizioni come l'obesità. il diabete, l'ipotiroidismo, la
sindrome nefrosica. In quest'ultimo caso, il fa%o che ci sia un nefrone che lascia passare le molecole più
grandi, e quindi perde proteine, determina da parte del fegato un incremento compensatorio della
sintesi delle proteine stesse. Il fegato cioè tende a produrre molta più albumina perchè sente che in
periferia è rido%a, ma il meccanismo sintetico epatico non è sele%ivo e quindi vengono sintetizzate
anche altre proteine tra cui apoB100 e di conseguenza aumenta anche la sintesi di LDL con l'instaurarsi
di un quadro di ipercolesterolemia.
Tra le cara%eristiche di questi pazienti possono essere degli xantomi cutanei conseguenti
all'ipercolesterolemia perchè uno dei meccanismi che l'organismo utilizza per eliminare l'eccesso di
colesterolo è l'eliminazione a%raverso l'intestino con la bile del colesterolo in eccesso, ma in presenza di
un i%ero colestatico questo meccanismo è compromesso.

Forme monogeniche
Ci sono delle forme monogeniche in cui l'alterazione di una singola proteina determina dislipidemia.
Il primo ad essere studiato è stato il De&cit del recettore delle LDL (LDLR) . Nella forma omozigote
questo rece%ore non viene per niente sintetizzato.
Un altro esempio è Il difetto di PCSK9.

IPERCOLESTEROLEMIA
Classi&cazione dell'Ipercolesterolemia
Nel classi2care l’ipercolesterolemia, si fa generalmente riferimento ai livelli di LDL plasmatiche,
piu%osto che ai livelli di colesterolo totale.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 31 A cura di ANDREA PERNA


Avremo quindi i pz divisi in 5 categorie:
- Optimal: < 100 mg/dl
- Near Optimal: < 130 mg/dl
- Borderline High: 130-159 mg/dl
- High: 160-189 mg/dl
- Very High: >189 mg/dl
Gesta classi2cazione è importante perchè ci perme%e di andare ad agire su diversi target terapeutici in
base al livello di LDL circolanti, dato che la colesterolemia è un determinante fondamentale di rischio
cardiovascolare, insieme a molti altri. Diversi studi hanno dimostrato che la terapia con Statine (farmaci
che riducono le LDL), riduce il rischio cardiovascolare sopra%u%o in quei pazienti che partono da un
rischio di base più alto.

Cause dell'ipercolesterolemia
 Componente Alimentare
 Componente Genetica → sopra%u%o ereditarietà di tipo poligenico (ci sono molti geni
implicati della patogenesi della mala%ia); nella minor parte dei casi avremo un’ereditarietà
monogenica.
 Obesità

L’ipercolesterolemia avrà delle conseguenze intracellulari, sopra%u%o a livello epatico. Ci sarà una
riduzione della captazione delle LDL circolanti da parte degli epatociti, per la mancata esposizione dei
rece%ori per le LDL, la quale è regolata, appunto, dalle scorte di colesterolo intracellulari.
Il fa%ore nucleare SREBP ( Sterol Regulatory Element-Binding Proteins) ha proprio il compito di
regolare tale esposizione rece%oriale. Oggi, alcuni tra%amenti per l’ipercolesterolemia, prevedono il
ricorso a farmaci che agiscono su questo fa%ore.

Un altro fa%ore importante per la regolazione dell’assorbimento delle LDL a livello epatocitario, è
PCSK9, il quale, una volta prodo%o, interagisce con il rece%ore delle LDL e ne determina l’endocitosi: è
stato prodo%o un Anticorpo Monoclonale che va a bloccare questa proteina, o%enendo la riduzione
marcata dei livelli plasmatici di colesterolo.

Ma se le Statine sono così eDcaci nella terapia dell’ipercolesterolemia, perché utilizzare questi nuovi
farmaci?
Essenzialmente per 2 motivi:
- Ci sono pazienti che presentano una ipersensibilità alle Statine: questa si manifesta sopra%u%o con un
meccanismo di RABDOMIOLISI, associata a dolori muscolari, elevazione della Creatin-chinasi, che può
arrivare a livelli estremi 2no a dare una InsuDcienza Renale Acuta.
- Forme familiari omozigoti di ipercolesterolemia, in cui i livelli di colesterolo sono estremamente
elevati (2no a 800-1000 mg/dl). In questo caso, alle Statine, vanno aggiunti altri farmaci.

Manifestazioni cliniche
 Xantelasmi palpebrali : depositi di colesterolo
 Xantomi cutanei: depositi sopra%u%o a livello della super2cie estensoria del gomito, del
ginocchio, a livello del tendine d’Achille e a livello dei glutei.
 Formazioni xantomatose a livello dell’intima dell’aorta, che può interessare anche la porzione
di emergenza delle arterie coronarie e comportare delle stenosi, che aumentano il rischio
cardiovascolare di questi pazienti.
Una valutazione importante in caso di ipercolesterolemia è l’ANALISI DEL SIERO, il quale si presenterà
LIMPIDO, contrariamente alle condizioni di ipertrigiceridemia in cui il siero è torbido, la%escente.

IPERTRIGLICERIDEMIA
Condizione cara%erizzata da livelli di trigliceridi plasmatici > 200 mg/dl; questo cut oH non vale per per
i pazienti con Sindrome metabolica, nei quali i livelli di trigliceridi risultano aumentati qualora siano >
150 mg/dl.
Da 250 a 500 mg/dl abbiamo le forme di ipertrigliceridemia ENDOGENA, invece per livelli > 500 mg/dl
parliamo di ipertrigliceridemia ESOGENA, in cui sono interessati anche i chilomicroni, 2no ad arrivare

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 32 A cura di ANDREA PERNA


a livelli di 1000 mg/dl.

Fattori di rischio
 Obesità
 Dife%i monogenici -> come il de2cit di ApoE oppure della ApoCIII

Manifestazioni cliniche
Nelle forme di ipertrigliceridemia esogena, si ha una estrinsecazione molto precoce della mala%ia, che si
manifesta già in età infantile con:
 Xantomi cutanei: diversi da quelli dell’ipercolesterolemia, perché hanno una maggiore
componente in2ammatoria (tendono ad essere un po’ più rossi rispe%o ai depositi di
colesterolo). Si localizzano sopra%u%o al volto e a livello gluteo.
 Depositi di trigliceridi negli organi splancnici: epatosplenomegalia.
 Iperlipidemia retinalis: all’analisi del fondo dell’occhio, i vasi retinici appaiono meno rossi, più
biancastri rispe%o alle condizioni 2siologiche.
La principale complicanza di queste forme di ipertrigliceridemia è l’insorgenza di una pancreatite
acuta.
Il siero in questa patologia è, come abbiamo de%o, torbido, la%escente.

Rischio cardiovascolare
La correlazione tra rischio cvs e ipertrigliceridemia sembra abbastanza chiara, infa%i, l’aumento dei
trigliceridi comporta un incremento dei meccanismi in2ammatori, che a livello endoteliale,
conferiscono un aumento del rischio di aterogenesi.
Oltre a questo importante fa%ore, bisogna considerare il ruolo dei trigliceridi all’interno di quella che è
la Sindrome metabolica. Gesta è una condizione cara%erizzata dall’associazione di:
 Obesità addominale (misurata con il girovita. VN: 88cm nella donna e 102 cm nell’uomo)
 Dislipidemia aterogena (trigliceridi >150 mg/dl, riduzione HDL (VN: < 50 nella donna e < 40
nell’uomo)
 Iperglicemia
 Ipertensione arteriosa (P sist > 135 mmHg; Pdiast > 80 mmHg).

Il meccanismo 2siopatologico alla base della Sindrome metabolica è quello dell’ insulino-resistenza,
che consiste in un dife%o della sensibilità dei tessuti periferici all’insulina, sopra%u%o del tessuto
muscolare, ma anche del tessuto epatico e dei vasi. Gesti tessuti risponderanno con una maggiore
produzione di insulina (dato che i loro rece%ori sono desensibilizzati) e questo aumento di insulina avrà
delle conseguenze emodinamiche e metaboliche molto sfavorevoli.

Un altro meccanismo che ci perme%e di correlare l’ipertrigliceridemia al rischio cardiovascolare è un


aumento della lipoproteina a , una lipoproteina simile alle LDL, che però risulta legata ad un
frammento peptidico che ha una composizione amminoacidica simile a quella del plasminogeno. Si
ritiene, quindi, che questa proteina interferisca con i processi coagulativi e, inoltre, aumenti i processi
ossidativi a livello endoteliale (aumento rischio aterosclerosi).

Un’altra condizione che aumenta il rischio cardiovascolare è la riduzione del colesterolo HDL ,
comunemente de2nito “colesterolo buono”. Le HDL sono responsabili del cosidde%o “trasporto inverso
del colesterolo”.
Esse vengono sintetizzate a livello epatico: essendo povere di lipidi, hanno inizialmente una forma
discoide. Una volta arrivate alla parete vasale, interagiscono con i macrofagi, i quali, grazie all’enzima
ABCA1, cedono alle HDL native il colesterolo libero.
A questo punto, il colesterolo libero viene esteri2cato grazie all’enzima LCAT (colesterolo
aciltransferasi) che, in questa forma, viene immagazzinato nel core delle lipoproteine, le quali cambiano
conformazione e diventano sferiche. Dopodichè avviene un importante scambio di lipidi tra
lipoproteine, grazie all’enzima CEPT (proteina per il trasferimento degli esteri del colesterolo), le HDL si
caricano di trigliceridi e rilasciano il colesterolo esteri2cato alle lipoproteine inizialmente ricche di
trigliceridi.
Le HDL vengono poi captate dal fegato, all’interno del quale avverrà la loro lisi.
In condizioni di ipertrigliceridemia, le HDL si caricano presto di trigliceridi e, altre%anto presto,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 33 A cura di ANDREA PERNA


vengono degradate: ecco il collegamento tra ipertrigliceridemia e riduzione delle HDL.

Uno degli algoritmi utilizzati per calcolare il rischio cvs in un sogge%o è il rapporto tra
colesterolo totale e colesterolo HDL, che tende ad essere 5 nell’uomo e 4,3 nella donna in
condizioni di rischio medio, valori superiori conferiscono un rischio elevato.

Si è visto che alcuni pazienti facenti parte di una comunità di un paesino vicino il Lago di Garda, hanno
un rischio cvs diminuito e questo è stato collegato al fa%o che questi sogge%i presentano una mutazione
dell’ApoA1 (che gli studiosi hanno denominato ApoA1 Milano), che impedisce a questa proteina di
essere degradata, aumentando le scorte di HDL colesterolo. Sono state prodo%e ApoA1 mutate proprio a
scopo terapeutico, per innalzare i livelli di HDL nei pazienti con dislipidemie.

Nonostante un aumento dei livelli di HDL possa far ridurre il rischio cvs, alcuni pazienti non
rispondono a questi approcci terapeutici, motivo per cui è stato introdo%o il conce%o di HDL
FUNCTION, ovvero non è importante la quantità ma piu%osto la funzione di queste proteine nel
determinare il rischio cvs, quindi per questi pazienti le terapie sono ancora oggi un po’ scoraggianti.
La complessità del singolo caso clinico ci deve guidare nel tra%amento, molto spesso combinato.

Terapia (delle dislipidemie in generale)


- Migliorare lo stile di vita : ridurre il consumo di cibi ad alto contenuto di grassi, aumentare il consumo
di vegetali, monitorare il peso corporeo, svolgere un’a%ività 2sica regolare, cessare di fumare.
Gando il paziente non riesce a raggiungere gli obie%ivi con queste misure igieniche, si ricorre ai
farmaci.
I farmaci più utilizzati saranno:
 EZETIMIBE: agisce a livello intestinale riducendo l’assorbimento di colesterolo (inibisce la
proteina NP1L1). Si può usare in monoterapia o in associazione ad una statina
 STATINE: agiscono su una tappa della sintesi del colesterolo, andando ad inibire l’enzima
HMG-CoA redu%asi.
 FIBRATI: agiscono inibendo il PPARα, un fa%ore nucleare coinvolto nella sintesi di
lipoproteine. Utilizzati sopra%u%o nelle ipertrigliceridemie.
 RESINE LEGANTI GLI ACIDI BILIARI: agiscono legando gli acidi biliari, componenti
fondamentali per l’assorbimento del colesterolo. Sono farmaci poco eDcaci e ricchi di eHe%i
collaterali.
Ci sono delle Linee Guida reda%e dall’ American College of Cardiology e dall’American Heart
Association per quanto riguarda l’utilizzo delle Statine: se il paziente ha un rischio cardiovascolare > 7,5
% nei prossimi 10 anni è raccomandato l’uso delle statine; se il rischio cvs decennale è compreso tra 5
-7,5 %, si valuta caso per caso se intraprendere questo tipo di tra%amento; se il rischio è < 5 % non è
necessario l’utilizzo delle statine.

L’obie%ivo principale è quello di ridurre i livelli di LDL: si raggiungono valori diversi in base ai diversi
pazienti, per es. in un paziente in cui voglio fare una prevenzione primaria e cioè un paziente che non
ha avuto eventi cvs in precedenza e che non è diabetico, posso raggiungere livelli di 100 mg/dl di LDL;
un paziente che invece ha già avuto un evento cvs (quindi in prevenzione secondaria) o è diabetico,
devo raggiungere il valore di 70 mg/dl;

Esempi pratici:
- Uomo 35 anni, senza eventi cvs pregressi. Con quanta frequenza deve controllare i suoi livelli di
colesterolo? Anche ogni 7-10 anni.
- Uomo 38 anni, con stile di vita regolare. No mala%ie cardiovascolari. Ad un controllo presenta
colesterolo elevato. Gli consigliamo di continuare a mantenere il suo stile di vita e so%oporsi ad un
ulteriore controllo a distanza di mesi.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 34 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 4 ARTEROPATIE OSTRUTTIVE CRONICHE

ARTEROPATIE OSTRUTTIVE CRONICHE DEGLI ARTI INFERIORI


Le arteriopatie croniche ostruttive degli arti rappresentano un processo lento, graduale e
progressivo. Gesto è un primo conce%o che distingue le arteriopatie croniche dalle ischemie acute,
in cui l’elemento fondamentale è il fa%ore tempo. Entrambe le condizioni portano ad una riduzione
delle perfusione arteriosa degli arti. Il tessuto maggiormente rappresentato degli arti inferiori sono i
muscoli ed in genere questi sono i primi ad essere colpiti,i se l’ischemia raggiunge un grado elevato o
elevatissimo ci sarà prima un disturbo funzionale poi un danno cellulare con necrosi tessutale. La
necrosi è il punto terminale degli eventi cronici o acuti; quello che cambia, (oltre alla sintomatologia e
alla 2siopatologia) è il tempo in cui questo processo si instaura.

Dal punto di vista eziologico ci sono:


- arteriopatie in&ammatorie
- arteriopatie degenerative queste ultime sono legate all’aterosclerosi, e rappresentano oltre il 90%
dell’eziologia.

In genere non ci riferiamo soltanto ad una patologia delle arterie proprie degli arti inferiori, ma di un
distretto più a monte , cioè quello aorto-iliaco, la cui ostruzione può determinare una condizione di
ischemia cronica degli arti inferiori. Negli arti inferiori onsideriamo tre livelli , quello aorto-iliaco,
quello femoro-popliteo e quello sotto-popliteo.
Possono presentarsi isolatamente, nelle forme più gravi generalmente c’è un’associazione di lesioni ai
diversi livelli ed è evidente che quanto più ampio è il distre%o interessato tanto più grave sarà la
sintomatologia.
L’aterosclerosi non è una mala%ia di un’arteria o di un distre%o arterioso, ma è una malattia
sistemica che quindi interessa diversi distre%i dell’organismo.
A seconda dell’entità dell’ostruzione e dell’ampiezza del distre%o interessato la risultante clinica può
essere estremamente diversa.
Con queste esigenze è stata formulata la classi2cazione di Leriche-Fontaine, che, in base alla
sintomatologia clinica, divide i pz in 4 classi.
Il principale indice della gravità della arteriopatia, non è l’intensità del dolore, ma la compromissione
dell’autonomia di marcia. Il dolore generalmente è così forte che costringe il pz a fermarsi, la cessazione
dell'a%ività 2sica (camminare) riduce il consumo di O2 a livello dei muscoli della gamba ed il dolore
diminuisce. La localizzazione del dolore che sarà in funzione del livello a cui si trova l’ostruzione.
Se l’arteria femorale super2ciale è chiusa chi verrà a risentire della carenza di irrorazione arteriosa
saranno i muscoli di tu%a la gamba, perché l’arteria femorale super2ciale sta nella coscia, è un’arteria di
trasporto praticamente non dà rami e quindi se io ho un’occlusione nell’arteria femorale super2ciale, i
muscoli della coscia continuano ad essere normalmente irrorati, io sentirò dolore ai muscoli del
polpaccio.
Diverso se l’ostruzione è iliaca o addiri%ura un’ostruzione dell’aorta, ostruzione cronica della
biforcazione aortica è quella che si chiama sindrome di Leriche , che lo descrisse per la prima volta, e
che ha come cara%eristiche una claudicatio di coscia e glutea bilaterale, perché le arterie glutee nascono
dalle ipogastriche, quindi se ho un’ostruzione iliaca comune per un problema monolaterale o addiri%ura
della biforcazione aortica la sintomatologia sarà alta, interesserà i muscoli glutei e della coscia.
Un’altra cara%eristica è la costanza della sintomatologia.

La classi2cazione di Leriche-Fontaine è così articolata:


- stadio I : assenza di sintomatologia clinica seppur in presenza di alterazioni arteriose (non rilevanti
emodinamicamente).
- stadio II: comparsa di claudicatio intermi%ens, ossia una sensazione di dolore a carico degli arti
inferiori durante la deambulazione. È valutata tramite autonomia di marcia e tempo di cessazione del
dolore. Se l'autonomia di marcia supera i 200m sarà uno stadio II A, altrimenti II B. in quest'ultimo si
possono associare parestesie e senso di freddo al piede interessato.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 35 A cura di ANDREA PERNA


- stadio III: dolore continuo e intenso, al piede, alla gamba con accentuazione no%urna. Possono essere
presenti lesioni necrotiche ed ulcerative limitate alla cute. Il pz trova sollievo assumendo la posizione
ortostatica o percorrendo qualche passo.
- stadio IV: lesioni tro2che estese e profonde che interessano anche il so%ocutaneo. Pallore e distro2a
della cute (asso%igliamento, rarefazione degli annessi cutanei, ipercheratosi della pianta del piede)
ipotro2a muscolare.

Una classi2cazione più moderna, quella di Rutherford presenta più stadi. Ci sono sempre lesioni
asintomatiche, c’è la claudicatio che è molto breve che quasi non costringe a fermarsi, poi una
claudicatio moderata, una claudicatio severa, senza indicare un limite per questo, poi dolori a riposo,
lesioni tro2che con lieve perdita del tessuto, lesioni tro2che con ampia perdita di tessuto, il 4 e il 5
corrispondono a quello che era il 3 stadio della classi2cazione di Leriche e il 6 corrisponde al 4 stadio.
Garto, quinto e sesto stadio (Rutherford), o 3 e 4 della precedente classi2cazione (Fontaine),
de2niscono l’ischemia cronica critica degli arti inferiori, che nell’ambito dell’ischemia cronica
rappresenta le forme più gravi, più evolute di ostruzione arteriosa e quindi di de2cit circolatorio. In
assenza di terapia eDcace questi pazienti vanno incontro ad amputazione.

Nota: Per parlare di ischemia cronica critica devono essere presenti:


- Dolore a riposo persistente da più di due se%imane
- Lesioni ulcerative o necrotiche al piede o alle dita
- PA caviglia < 50 mm Hg
- PA digitale < 30 mm Hg
- Pressione parziale transcutanea di O₂ < 10 mm Hg

Eziologia e fattori di rischio


I fattori di rischio si dividono in non modi2cabili e modi2cabili. I primi sono i più importanti: sesso, la
razza, l’età; i principali modi2cabili saranno: ipertensione, iperlipidemia, fumo, diabete. Però non
tu%i i fa%ori rischio hanno lo stesso peso della patologia ostru%iva dei diversi distre%i. In particolare
per quanto riguarda l’artropatia ostru%iva degli arti inferiori, il fumo il diabete sono più importanti;
anche l’iperomocisteinemia ha acquisito un’importanza sempre maggiore negli ultimi anni ma non si
è capito bene se è in sé sia un fa%ore di rischio o sia un indice di rischio.
Il fumo e il diabete hanno un’azione sinergica, i diabetici hanno un rischio di amputazione circa 5-10
volte maggiore dei non diabetici; circa il 25% dei pz so%oposti all'intervento di rivascolarizzazione sono
diabetici. L’artropatia diabetica ha alcune cara%eristiche proprie, sopra%u%o un inizio al livello delle
arterie tibiali della gamba, una maggiore aggressività, un’insorgenza più precoce.
Il fumo è il fa%ore maggiormente correlato alla patologia. L'insorgenza della mala%ia è doppia nei
fumatori rispe%o ai non fumatori, mentre la claudicatio compare 3 volte più frequentemente nei pesanti
fumatori.

Storia naturale e decorso della malattia


A 5 anni la storia naturale dei pazienti che hanno la claudicatio intermi%ens e che correggono i fa%ori
di rischio, nei ¾ si stabilizzano o migliorano e soltanto in un quarto si aggrava la sintomatologia e di
questo 25% un 10% arriva agli stadi più gravi, all’ischemia cronica critica, e nemmeno tu%i hanno
bisogno di essere operati. Solo il 5% ha bisogno dell’intervento chirurgico e il 2% 2niscono amputati.
Gesto signi2ca che se il paziente è grado (la cosa più diDcile è sme%ere di fumare) di correggere i suoi
fa%ori di rischio, diDcilmente arriverà agli stadi più importanti, più gravi che me%ono realmente in
pericolo la vita dell’arto, e quasi mai 2nirà so%o i ferri per una rivascolarizzazione o peggio amputato. I
fa%ori principali per la progressione della mala%ia come al solito sono il fumo e il diabete, e in
particolare l’associazione dei due.
È da ricordare che c'’è una correlazione forte e proporzionale tra la gravità della arteropatia periferica e
il rischio cardiovascolare generale. Nel senso che i malati più compromessi in periferia sono quelli più
compromessi a livello coronarico e cerebrovascolare. Eventi cardiovascolari maggiori, l’infarto o anche
l’ictus, 2-4% l’anno nei pazienti con claudicatio e un infarto non fatale del 2-3% l’anno.
In questi pz avremo il 30% di mortalità a 5 anni, e 50% a 10 anni, 70% a 15 anni, la quasi totalità delle
cause sono vascolari, in genere: cardiache, ischemiche.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 36 A cura di ANDREA PERNA


L'arteropatia ostru%iva periferica è una mala%ia che evolve in modo benigno a livello locale, ma che è
comunque un marker di un’aterosclerosi sistemica che potrebbe essere anche avanzata o diHusa.
Ganto più aumenta la gravità dell’impegno ostru%ivo degli arti inferiori tanto peggiora la prognosi
generale.

Diagnosi
La diagnosi, dopo l’esame obie%ivo, a%ualmente un eco-doppler ben fa%o può dare un quadro
topogra2co delle lesioni molto molto preciso, a%ualmente l’esame di secondo livello dal punto di vista
strumentale ormai è l’ angio-tc più che un’arteriogra2a come era 2no a 15 anni fa, anche perché la
qualità delle immagini che riesce a dare l’angio-tc è più che suDciente per avere una descrizione molto
precisa dell’estensione delle lesioni. Al giorno d’oggi l’arteriogra2a è importante nei pz che saranno
so%oposti a terapia endovascolare . Gli esami strumentali saranno completati dal calcolo dell'ABI,
l'indice caviglia braccio, che rappresenta il rapporto tra la pressione sistemica e quella degli arti
inferiori.
Va fa%a una diagnosi diAerenziale , sopra%u%o nei pz anziani in cui possono concomitare patologie
neurologiche, patologie ortopediche, problemi di colonna, ernia del disco, stenosi del canale vertebrale,
artrosi d’anca, artrosi di ginocchio; le limitazioni funzionali di queste patologie hanno in genere delle
cara%eristiche diverse ma non sempre ben discriminabili. Gesta diDcoltà diagnostica c’è sopra%u%o
per i pazienti claudicanti perché se c’è una ischemia critica c’è anche una obie%ività clinica tale che non
è soltanto l’assenza dei polsi, ma anche l’alterazione delle cara%eristiche della pelle, o addiri%ura la
presenza di lesioni tro2che, ischemiche che sono abbastanza facili da individuare.

Terapia
Il primo approccio terapeutico deve essere mirato a ridurre i fa%ori di rischio tramite procedure
igieniche appropriate come il controllo della glicemia, dell'ipercortisolemia, della pressione sanguigna,
abolizione del fumo, dieta appropriata.
Una regolare a%ività 2sica quotidiana è parte integrante della terapia, in quanto consente di sviluppo di
molteplici circoli collaterali di compenso (by-pass naturale).
Nei pz refra%ari alla terapia igienica e gravati da una claudicatio veramente invalidante, si ricorre
all'intervento di rivascolarizzazione chirurgico o endovascolare.
L'intervento chirurgico si impone nei pz con ischemia critica, destinati altrimenti all'amputazione
dell'arto. L'amputazione è indicata nei casi in cui non sussistano le condizioni anatomiche per eseguire
una rivascolarizzazione, o dopo il fallimento di un tentativo di rivascolarizzazione.
Prima di porre l'indicazione all'intervento è importante eseguire una valutazione completa del rischio
chirurgico del pz, in rapporto alle frequenti comorbilità, sopra%u%o cardiovascolari, che cara%erizzano
questi pz.

Lo scopo dell’intervento è un bene2cio funzionale. Gli interventi più utilizzati saranno:


- Trombo-endoarteriectomia (TEA) : Le ostruzioni dovute a lesioni degenerative croniche di tipo
aterosclerotico possono essere corre%e mediante l’asportazione del tessuto patologico. La TEA consiste
nella rimozione della placca ateromasica obliterante assieme agli strati interni ammalati della parete
arteriosa. Lo scopo di questa tecnica è duplice:
- ripristinare la circolazione del segmento ostruito;
- conservare nello stesso tempo parte della stru%ura primitiva dell’arteria, mantenendone quindi le
cara%eristiche anatomo-funzionali e biologiche come la preservazione dei circoli collaterali e l’elevata
resistenza alle infezioni.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 37 A cura di ANDREA PERNA


Dal punto di vista morfologico, la stru%ura della parete arteriosa nell’arteria aterosclerotica mostra due
regioni con diverse cara%eristiche: un “core” interno, con le alterazioni tipiche del processo morboso, ed
una parte più esterna indenne da lesioni. Gesta condizione particolare favorisce la creazione di un
piano di clivaggio,che viene reperito nello spessore della tunica media all’interno della membrana
elastica esterna. La TEA non è invece indicata, a parte rarissime eccezioni, nelle arteriopatie
in2ammatorie, in quanto le notevoli alterazioni della membrana elastica interna non perme%ono le
manovre di disobliterazione. Dal punto di vista tecnico, la creazione di un piano di clivaggio avviene
mediante l’utilizzo di appositi disse%ori, forbici e spatole che si ada%ano con la loro forma alla
curvatura della parete vasale. Fondamentalmente la TEA può essere eseguita in due modi:
- a cielo aperto: L’asportazione del materiale patologico viene eseguita so%o il controllo
completo della vista. La TEA a cielo aperto è indicata sopra%u%o come tra%amento delle ostruzioni
segmentarie, la cui localizzazione più frequente è a livello di importanti biforcazioni arteriose, quali
l’origine della carotide interna, la biforcazione femorale, l’origine delle arterie renali. La procedura
prevede l’esecuzione di una arteriotomia portata oltre l’estremità palpabile o visibile della placca
ateromasica, l’asportazione del cilindro ostruente, il ripristino della continuità arteriosa. Gest’ultima
operazione può essere eHe%uata mediante sutura dire%a, oppure con interposizione di patches, cioè
toppe di materiale sintetico o autologo.
- a cielo semicoperto: La tecnica è utilizzata per le ostruzioni di maggiore lunghezza.
Vengono praticate due arteriotomie longitudinali a monte e a valle del segmento arterioso occluso; il
tra%o intermedio invece viene disobliterato introducendo lungo il piano di clivaggio, in precedenza
preparato, un particolare strumento, il ringstripper ad anello di Vollmar. L’inclinazione dell’anello
sull’asta (130°) consente, mediante un movimento rotatorio, lo scollamento di tu%o il cilindro
ateromasico tra le due arteriotomie.
- Bypass : Il principio base di questa tecnica consiste nell’inserimento di una protesi che collega “a
ponte” (bypass) due distre%i vascolari situati prossimamente e distalmente rispe%o alla zona colpita dal
processo morboso. Il vaso primitivo viene lasciato in sede ed è solamente la sua funzione ad essere
sostituita. Naturalmente le zone prescelte per le anastomosi devono essere il più possibile indenni da
lesioni. Il condo%o protesico viene posizionato,quando lo perme%ono le condizioni del paziente e la
situazione anatomo-patologica, in prossimità delle stru%ure vasali seguendone più o meno il loro
decorso.
- Angioplastica percutanea transluminale (PTA) : Mediante PTA è possibile tra%are eDcacemente
le lesioni stenosanti su base sopra%u%o aterosclerotica, ma anche displasica e in2ammatoria in quasi
tu%i i distre%i arteriosi. L’applicabilità della tecnica e le probabilità di successo sono legate a vari fa%ori.
La procedura consiste nella introduzione intrarteriosa percutanea di un catetere a palloncino che viene
posizionato su una guida a livello della stenosi e dilatato ad alta pressione sino ad un diametro
pre2ssato. Il materiale del palloncino è molto resistente e non si lascia comprimere dalla parete vasale
come avviene, per esempio, col catetere di Fogarty. L’eHe%o prodo%o dalla dilatazione consiste in uno
stiramento delle 2bre elastiche e delle cellule muscolari e in una fra%ura longitudinale delle tonache
interne ammalate. Col tempo subentra poi una riparazione 2brosa e neointimale. Tra le possibili
complicanze,che comunque non superano il 3- 5% e sono risolvibili chirurgicamente, vanno ricordate
l’embolizzazione distale, la trombosi, l’emorragia e la dissezione. Grandi possibilità sono oHerte
dall’impiego associato della PTA e dell’intervento chirurgico.
Con le due metodiche combinate si può o%enere una rivascolarizzazione o%imale in pazienti con lesioni
multidistre%uali.

ISCHEMIE ACUTE DEGLI ARTI


ISCHEMIA: condizione di insuDciente Kusso ematico a organi e tessuti che può produrre danni cellulari
2no ad arrivare alla necrosi cellulare. Gesta de2nizione si ada%a sia alle ischemie croniche sia a quelle
acute.
ISCHEMIA ACUTA: improvvisa diminuzione o peggioramento della perfusione arteriosa con potenziale
minaccia per la vitalità dell’arto. Essa è cara%erizzata da due elementi:
- il tempo: la riduzione di apporto di sangue arterioso a organi e tessuti si veri2ca acutamente cioè in
breve tempo;
- costituisce una potenziale minaccia per l’arto stesso se non si riesce a ripristinare un Kusso di sangue

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 38 A cura di ANDREA PERNA


arterioso in tempo appropriato;

Epidemiologia
Ci sono pochi dati dal punto di vista epidemiologico. Nuovi eventi ischemici agli arti all’anno: 15 /100.000
persone.

Eziologia
- Embolia su arteria sana o patologica
- Trombosi su arteria sana o patologica
- Traumi
- Dissezione aorto-iliaca (raro)
- TromboKebiti ischemizzanti (raro)
Nelle tromboKebiti ischemizzanti la diminuzione dell’apporto arterioso dell’arto dipende da un blocco
completo e diHuso del ritorno venoso.
Le cause più frequenti sono le prime 3. C’è una piccola prevalenza dell’ischemia acuta embolica rispe%o a
quella trombotica.

Embolia
- cardio-embolie: a partenza cardiaca, sono le più frequenti
- arterio-embolie: a partenza da un’arteria patologica
- trombosi spontanea su placca di un’arteria
- trombosi aneurisma periferico (poplitea)
- trombo&lia
- trauma
A diHerenza dell’aneurisma dell’aorta che ha come complicanza la ro%ura e quindi l’emorragia, gli
aneurismi periferici hanno come complicanze più frequenti quelle ischemiche:
- trombosi dell’aneurisma
- embolie a partenza dal trombo murale dell’aneurisma
Trombo2lia: tendenza patologica alla coagulazione del sangue sulla base di dife%i congeniti di alcune
proteine (carenza di proteina C e di proteina S), che sono fa%ori di rischio per trombosi arteriosa e
venosa.
- Embolia cardiogena (cardio-arteriosa): è causata principalmente da:
- La &brillazione atriale, è la più frequente, sopra%u%o quelle non stabili ma anche quelle
stabili: il momento in cui dalla 2brillazione si torna al ritmo sinusale è il momento di rischio particolare
per il passaggio in circolo di quei trombi che si possono essere formati nell’atrio durante la fase di
2brillazione, cioè di contrazione ineDcace dell’atrio.
- L’infarto miocardico recente : perché nella zona infartuata vi sono sia alterazioni della
motilità sia una condizione di alterazione in2ammatoria che possono determinare la formazione di una
trombosi murale e quindi il conseguente distacco e la partenza di frammenti di trombo. Gando è il
cuore l’origine dell’embolo questo può andare in qualunque distre%o circolatorio e importante e
frequente è il distre%o cerebrale.
- L’aneurisma del ventricolo sinistro è l’esito di un evento infartuale e come tu%i gli
aneurismi produce al suo interno alterazioni del regime di Kusso che favorisce la deposizione di un
trombo sulla sua parete e quindi il suo potenziale distacco.
- La cardiomiopatia dilatativa: ha un po’ lo stesso meccanismo dell’infarto recente; nelle
forme più avanzate la cinetica del ventricolo è estremamente rido%a, se si vede all’eco un cuore con 20%
di frazione di eiezione si ha l’impressione che la parete sia quasi ferma, quindi c’è una condizione di
stasi ventricolare con la possibilità di formazione di trombi.
- Valvulopatie: sopra%u%o le protesi valvolari meccaniche possono favorire la formazione di
trombi e quindi di embolia.
- Endocardite infettiva : è particolarmente pericolosa perché, oltre a esserci la possibilità di
un’embolia, c’è, sopra%u%o nelle prime fasi quando ancora la terapia non è stata instaurata, la
possibilità di un embolo se%ico: questo non va soltanto a chiudere un’arteria che per calibro non gli
consente più di progredire, ma oltre all’evento occlusivo e quindi all’ischemia periferica ci può essere
anche la colonizzazione della parete dell’arteria da parte da parte dei germi e quindi si può avere la
formazione di uno pseudoaneurisma: per coinvolgimento della parete arteriosa in un processo se%ico

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 39 A cura di ANDREA PERNA


virulento si può avere la sua ro%ura e la formazione di uno pseudoaneurisma.

- Embolia artero-arteriosa:
Embolia a partenza da un’arteria a monte di quella che sarà chiusa dall’embolo. Si può veri2care per:
- patologia stenosante o aterosclerotica complicata : placche ulcerate sulle quali si è
formato un trombo che si può staccare e, oltre al materiale trombotico puro, può embolizzare il
materiale ateromasico, cioè il contenuto della placca. Ci sono delle placche con prevalente componente
lipidica, spesso nelle carotidi, il cui nucleo è della consistenza delle “pappe%e” (dal greco ateroma
signi2ca “pappa”) e quindi, nel momento in cui il cappuccio 2broso della placca si rompe e il contenuto
della placca viene a conta%o con il sangue, si può avere un’embolia non per un trombo che si è formato
sulla placca ulcerata ma proprio del contenuto della placca
- aneurisma aorto-iliaco, aneurisma arteria poplitea

- Trombosi arteriosa:
- trombosi su placca ateromasica
- arteriti
- trombosi di un aneurisma (AAA, arteria poplitea)
- bassa gittata cardiaca su aterosclerosi
- emopatie (policitemia, trombocitemia)
- CID
- Sindromi discoagulative : de2cit di AT III, proteina C e S, resistenza proteina C a%ivata,
sindrome anticorpi antifosfolipidi
Non bisogna confondere la trombosi murale di un aneurisma con la trombosi come complicanza di un
aneurisma:
- ischemia acuta per trombosi di un aneurisma : c’è stata una chiusura completa del lume
per trombosi dell’aneurisma e quindi ischemia periferica
- trombo murale : può essere all’origine, rarissimamente per quanto riguarda gli aneurismi
dell’aorta, del distacco di frammenti e quindi di embolie periferiche a partenza dal trombo
murale.
La conseguenza clinica di un’ostruzione arteriosa o di un’embolia sarà più o meno grave anche in
funzione della condizione del cuore. Un’adeguata irrorazione periferica richiedere dei buoni tubi ma
anche una buona pompa: se già la pompa è compromessa, è chiaro che la riduzione di Kusso di un certo
grado sarà più grave rispe%o a quello che può succedere a un malato che ha una buona funzionalità
cardiaca.
Poi ci sono delle situazioni non primitivamente vascolari che possono favorire la trombosi: policitemia,
trombocitemia, CID, sindromi discoagulative.

- Traumi:
- traumi chiusi, penetranti
- traumi iatrogeni (angiogra2a, cateterismo cardiaco, coronarogra2a, misurazione cruenta
PA, erronea iniezione intra-arteriosa di farmaci)
- TOS: sindrome dello stretto toracico superiore ( Horacic Outlet Sindrome): in genere è
la conseguenza di una patologia traumatica dell’arteria succlavia compressa a livello dello stre%o
toracico superiore e si può avere un aneurisma post-stenotico, una trombosi murale della succlavia con
embolia periferica.(trombosi di aneurisma post-stenotico, ateroembolia distale o trombosi acuta arteria
succlavia)
I traumi legati alla traumatologia stradale interessano in buona parte i giovani: qui i problemi sono da
un lato le conseguenze anche a lungo termine di un’invalidità (pensiamo se si deve arrivare a
un’amputazione per un’ischemia acuta a seguito di un trauma) in persone giovani, e d’altra parte il fa%o
di avere un sistema arterioso integro al momento del trauma non sempre è un vantaggio: spesso nei
traumi in persone giovani senza patologia importante precedente e quindi senza sviluppo già di una
certa collateralità, ci possono essere conseguenze più gravi.
Il meccanismo può essere:
- tr auma diretto, chiuso , che comprime o stira l’arteria provocando una lesione parietale e una
successiva trombosi
- una dissezione: soluzione di continuo di una porzione delle tonache interne dell’arteria che vengono

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 40 A cura di ANDREA PERNA


scollate dal Kusso del sangue, si accartocciano all’interno del lume dell’arteria, provocandone
un’ostruzione.
Gesto ha un risvolto pratico estremamente importante: se il trauma ha interessato la proiezione
dell’asse vascolare, bisogna porsi il problema che ci possa essere stato un coinvolgimento dell’asse
arterioso; bisogna comunque vedere le condizioni generali del paziente perché, così come
nell’aneurisma ro%o cercare i polsi periferici in un paziente che ha 60 di pressione non ha senso, allo
stesso modo se oltre al trauma dell’arto il paziente è un politraumatizzato che può essere in shock
perché ha la milza ro%a o altro, allora è chiaro che non è quello il momento migliore per valutare la
situazione circolatoria periferica.
C’è poi una priorità nel tra%amento dei politraumatizzati che interessa primariamente il sostegno della
respirazione e del circolo, poi soltanto quando il paziente sarà stabilizzato si farà il bilancio il più
completo possibile delle lesioni. Il possibile meccanismo è un trauma parietale che non ha proprio
schiacciato e distru%o l’arteria ma ha portato a delle lesioni che favoriranno la trombosi o allo stesso
modo un iniziale scollamento dell’arteria che poi progredirà, si accartoccerà e produrrà un’occlusione.
Possono essere necessarie anche alcune ore prima che clinicamente si manifesti l’eHe%o ischemico del
trauma.
Gesto signi2ca che certamente va fa%o il bilancio quando il malato è stabile o se il trauma interessa
solo l’arto al momento dell’arrivo in pronto soccorso, ma, anche se il paziente lì per lì non ha segni di
ischemia e comunque ha avuto un trauma tale che possa aver interessato l’asse vascolare, la valutazione
va ripetuta. Anche una lussazione del ginocchio è un evento traumatico pericolosissimo dal punto di
vista vascolare perché anche nelle semplici lussazioni posteriori la possibilità di una lesione dell’arteria
poplitea è estremamente frequente.
Gindi non bisogna aHre%arsi ad etiche%are de2nitivamente il traumatizzato come un paziente che non
ha problemi vascolari perché ce lo possiamo ritrovare ischemico dopo qualche ora.
A%ualmente i traumi penetranti sono sopra%u%o iatrogeni piu%osto che spontanei mentre c’è un
aumento di traumi chiusi anche molto importanti, magari anche indire%i provocati da monconi ossei di
fra%ura, che sono quelli i più frequenti.
Gli arti inferiori sono la sede più frequente di traumi arteriosi (iliaca femorale poplitea).

Fisiopatologia
Gando si blocca acutamente il Kusso di sangue a un arto e c’è un brusco e importantissimo
rallentamento del Kusso del sangue.
Gesto comporta un passaggio inizialmente da un metabolismo aerobico a uno anaerobico con
accumulo di la%ato e piruvato che porta a una condizione di acidosi.
Dal punto di vista stre%amente circolatorio c’è la formazione di una trombosi più o meno estesa a
livello della rete capillare con un’alterazione della permeabilità, un edema interstiziale , un
abnorme passaggio di Kuidi nell’interstizio.
C’è poi un danno tissutale , cioè di tu%e le membrane. Vi sono tu%i meccanismi sele%ivi a%ivi molto
complessi che regolano gli scambi a%raverso le membrane; se non c’è l’energia aDnché questi
meccanismi possano continuare a funzionare, è chiaro che questa alterazione della permeabilità
comporterà l’ingresso del sodio nella cellula e l’uscita del potassio, il sodio si porta dietro l’acqua e si
può arrivare alla ro%ura della cellula con la fuoriuscita dalle cellule muscolari (stiamo parlando
prevalentemente di cellule muscolari perché il tessuto maggiormente rappresentato negli arti inferiori è
quello muscolare) di potassio e mioglobina.
Gesto inizia nella fase ischemica ma si considera dal punto di vista 2siopatologico un tu%’uno la
condizione di ischemia-riperfusione perché nella fase di rivascolarizzazione, cioè quando si risolve il
blocco circolatorio, la situazione può addiri%ura peggiorare.
Le diverse componenti tissutali dell’arto (muscoli, nervi, cute) hanno una tolleranza all’ischemia
diHerente. Nei nervi le &bre sensitive sono più sensibili di quelle motorie : questo spiega perché
clinicamente c’è prima un dife%o di sensibillità e dopo un dife%o di motilità.
L’alterazione della permeabilità con aumento del liquido interstiziale e rigon2amento cellulare può
portare alla sindrome compartimentale : sindrome cara%erizzata da un aumento di pressione di un
compartimento chiuso, come sono le logge della gamba.
I muscoli della gamba come il tibiale anteriore, l’estensore comune delle dita, l’estensore proprio
dell’alluce sono contenuti in una loggia delimitata da tibia, perone, una fascia 2ssata anteriormente su

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 41 A cura di ANDREA PERNA


una stru%ura ossea e la membrana interossea posteriormente: questo è uno spazio inestensibile e quindi
nel momento in cui aumenta il volume del contenuto, aumenta inevitabilmente anche la pressione e
questo ha un eHe%o negativo sul Kusso che può essere conservato ma è a bassa pressione perché i
piccoli vasi vengono schiacciati e aumenta la condizione ischemica.
Gando c’è un trauma, una trombosi o un’embolia si determina una condizione di ischemia e poi si
riperfonde l’arto.

Bisogna distinguere:
- EAetti locali : eccesso di radicali liberi dell’ossigeno che sono dannosi perché determinano una
perossidazione dei lipidi della membrana cellulare e degli organuli intracellulari danneggiandoli
ulteriormente aumenta l’edema intra- e extra-cellulare ci può essere una sindrome
compartimentale con aggravamento dell’ischemia si può arrivare a necrosi e gangrena

- EAetti sistemici : La gravità del danno da rivascolarizzazione dipende dalla quantità di tessuto
muscolare interessato. I metaboliti acidi che si sono formati nel territorio ischemico vanno in circolo
insieme al potassio e alla mioglobina e possono avere eHe%o sul cuore:
- l’iperpotassiemia, se elevata, può portare all’arresto cardiaco;
- la mioglobina , sopra%u%o in condizioni di acidosi sistemica, può precipitare nei tubuli
renali e portare a insuDcienza renale.
- i microtrombi che interessavano il le%o capillare e il versante venoso della circolazione
possono essere mobilizzati e andare a determinare una condizione di microembolia
polmonare.
- c’è un’attivazione in&ammatoria importante in un territorio che ha subito un insulto
ischemico.
Gindi ci può essere una condizione di i nsu0cienza cardiaca acuta, un’insu0cienza renale acuta,
un’insu0cienza respiratoria 2no a un’insu0cienza multiorgano che può portare alla morte il
paziente. È importante valutare a seconda della possibile gravità della sindrome da riperfusione se non
convenga amputare dire%amente l’arto, fare un’amputazione primaria, piu%osto che rivascolarizzare a
tu%i i costi, me%endo a rischio la vita del paziente.
Per questo è importante avere l’idea di quali sono i principali determinanti dell'ischemia acuta degli arti
inferiori:
- La sede dell’ostruzione : (che signi2ca anche ampiezza del territorio interessato) è chiaro che se mi si
blocca per una grossa embolia la biforcazione dell’aorta avremo che la metà inferiore del corpo mi va in
ischemia, quindi un territorio estremamente ampio ,in cui tu%i i fenomeni che abbiamo visto si
veri2cano, tanto più quanto è la durata dell’ischemia. I punti critici sono rappresentati dalle
biforcazioni, come la biforcazione dell'arteria ascellare per l'arto superiore e quella femorale comune (da
dove partono femorale super2ciale e profonda) per l'arto inferiore, nell'arteria poplitea il punto più
pericoloso è dopo l'emergenza delle arterie genicolari.
- Il tempo: è l’elemento critico per determinare, insieme all’ampiezza del territorio ischemico, la gravità
degli eHe%i sistemici che noi osserveremo se rivascolarizzassimo.
- Il substrato anatomico dei vasi : se un’ischemia si veri2ca in un paziente che aveva già una
occlusione cronica e aveva già sviluppato una collateralità probabilmente gli eHe%i dell’ostruzione acuta
saranno minori.
- La comorbilità del paziente: in particolare la sua condizione cardiaca.

A seconda della sede ci può essere la possibilità o meno di un compenso più eDcace.

Clinica
Dal punto di vista clinico nella descrizione del fenomeno ischemico troviamo le 6 P di Pratt
- PAIN (dolore)
- PALLOR (pallore)
- PARESTHESIA (parestesie)
- PULSLESSNESS (assenza di polsi)
- PARALYSIS (paralisi)
- PROSTRATION (atonia muscolare)
Che sono però assolutamente inutili ,anche se vere. Perché se io faccio diagnosi di un’ ischemia acuta

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 42 A cura di ANDREA PERNA


quando ho tu%e queste p , è inutile perché l’arto ormai è da amputare. Invece noi siamo di fronte a un
processo che può evolvere più o meno rapidamente e che noi dobbiamo diagnosticare il più
precocemente possibile , perchè il tempo è essenziale ai 2ni della buona riuscita della terapia.
E’ per questo che è stata proposta una nuova classi2cazione a%ualmente in uso, in tre classi.

- CATEGORIA 1, arto vitale. Geste sono le cara%eristiche di un arto ancora vitale:


- il dolore , è il sintomo di esordio, dolore più o meno importante, più o meno persistente.
- assenza di de2cit nervosi.
- c’è ancora al doppler un segnale , anche se alterato, rilevabile a valle dell’ostruzione, sia
arterioso che venoso.

- CATEGORIA 2A, arto a rischio marginale, Comincia ad esserci pericolo quando:


- il dolore è persistente
- si vede un de2cit sensitivo periferico che interessa tu%o l’arto (non soltanto ad esempio le
dita)
- vien meno il segnale doppler , ma con persistenza di quello venoso.
- si apprezza una pastosità alla palpazione dovuta all'edema innescato dal danno, questa
cara%eristica peggiora con l'evoluzione della mala%ia.
- E’ sempre buona norma se l’ischemia non è bilaterale me%ere a confronto con la palpazione i
due distre%i.

- CATEGORIA 2B, arto a rischio imminente, se non si interviene e non si ripristina la situazione.
- il dolore aumenta
-compare un de2cit motorio, espressione della soHerenza ischemica nervoso, ma anche delle
condizioni del muscolo, più teso, più pastoso, più duro
- viene perso il segnale doppler sia arterioso che venoso.

- CATEGORIA C, E’ l’ischemia irreversibile. L’arto che ricorda un po’ le 6 p di pra%,


-paralisi motoria completa
-non c’è Kusso capillare
-rigidità muscolare
-pelle marmorea, segno della stasi delle vene so%ocutanee. (voi potete svuotare una vena
super2ciale e vedete che rimane vuota, non c’è più alcun Kusso)
-viene perso qualsiasi segnale doppler.

Gesto è il classico quadro in cui non ha alcun senso andare a tentare una rivascolarizzazione anzi è
solo dannoso, sopra%u%o se il territorio è ampio.
Nell’immediato non è tanto importante andare a ricercare la causa ,l’importante è fare diagnosi di
ischemia acuta il più precocemente possibile.
All'ispezione si può osservare:
- Pallore cutaneo
- Cianosi
- Marezzature dovute alla stasi venosa da riduzione del Kusso arterioso
- bisogna fare un a%enta valutazione neurologica
- la consistenza dello stato muscolare
- la valutazione della temperatura ( generalmente dove vedete lo scalino termico, si è un pò al di so%o
dell’ostruzione)

Diagnostica strumentale
In questi casi già con un ECODOPPLER , esame strumentale di primo livello, riusciamo a trarre buona
parte delle informazioni.
L’ANGIOGRAFIA dal punto di vista diagnostico oggi non ha più la stessa importanza di un tempo, può
essere utile comunque come prima fase di un tra%amento[….]
Dal punto di vista diagnostico quindi abbiamo essenzialmente l’ecodoppler

Terapia
In genere si necessita di una diagnosi precoce dopo la quale bisogna collocare l’ischemia nel suo stadio.
L'approccio terapeutico si articola nella seguente maniera:

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 43 A cura di ANDREA PERNA


- Fare una TERAPIA ANTICOAGULANTE per evitare una trombosi di propagazione a valle
dell’ostruzione, e questo è fondamentale .
- Poi a seconda delle situazioni si interviene con la CHIRURGIA, sopra%u%o se abbiamo a che fare con
un embolo si interviene con un catetere di Fogarty , che ha all’estremità un palloncino che può essere
gon2ato, si manda nell’arteria, si gon2a, si ritira e si porta appresso l’embolo con la trombosi di
propagazione.
- Si può provare in alcune situazioni a fare una a scogliere la trombosi tramite la TROMBOLISI , con un
tra%amento loco regionale, si incanula l’arteria chiusa con un catetere multiforo e da questo catetere si
infonde un 2brinolitico come l'urochinasi. La trombolisi può anche essere eseguita durante l'intervento
chirurgico (trombolisi intraoperatoria)
- E poi magari una volta “tolto il fresco” si può valutare la causa che ha prodo%o la trombosi, magari
tra%arla in rapida successione ( con una procedura endovascolare, una plastica, uno stent ecc.) oppure
chirurgicamente.
- Ci sono i casi in cui il malato viene visto con tale ritardo e si valuta che non ha più senso
rivascolarizzarlo. Ci sono dei casi in cui la terapia è l’AMPUTAZIONE che può essere o immediata o più
spesso diHerita: si aspe%a di vedere una buona demarcazione tra il territorio ischemico o non ischemico
e si sceglie poi il livello più basso possibile di amputazione.
- Un’altro presidio che molto spesso si usa, sopra%u%o nelle fasi più avanzate, è la FASCIOTOMIA,
sopra%u%o nei malati che hanno una sindrome compartimentale; La soHerenza è data dall’aumento di
pressione in un compartimento inestensibile; si apre la fascia,(questa è una delle cose che si è costre%i a
fare), ma vedete come il malato generalmente si è riprende.
Nelle forme più avanzate è fondamentale fare la fasciotomia , perché altrimenti l’aumento persistente
della pressione, anche dopo la rivascolarizzazione, potrebbe determinare un area trombotica periferica.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 44 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 5 MALATTIE CEREBROVASCOLARI

Secondo la OMS l'ictus è de2nito come: “presenza di segni clinici focali conglobali, di tipo
neurogeno che evolvono molto rapidamente, che perdurano per più di 24h o portano a morte,
senza altra apparente causa che non sia un'origine vascolare.”

Gello che viene invece de2nito A%acco Ischemico Transitorio (TIA) normalmente è qualcosa di simile
al precedente ma che ha una durata de2nita nel tempo ( limitata a 24h). Gindi la de2nizione di TIA
sarà: “segni neurologici focali o di$usi a inizio acuto che in genere hanno una durata breve,
talvolta molto breve, anche di pochi minuti ma in genere mai superiore a 24 ore” . È importante
questa distinzione perché q se è stato un vero TIA non troveremo nessun tipo di lesione e quindi ci sarà
un recupero clinico completo.

Epidemiologia
Lo stroke, con tu%o quello che ruota a%orno ad esso è uno dei cardini della neurologia perché continua
ad essere, purtroppo, in tu%o il mondo non solo in Italia, la terza causa di morte ed è tu%'ora la prima
causa di invalidità permanente anche importante, seria.
L'incidenza in genere è a%orno ai 2 casi su 1000 l'anno in Italia.
Le mala%ie cerebrovascolari sono mala%ie molto frequenti.
Dal punto di vista epidemiologico, nell’ambito delle patologie di tu%o il sistema cardiovascolare, le
mala%ie cerebrovascolari rivestono un ruolo consistente; sono considerate la terza causa di morte nel
nostro Paese.

Con l’avanzare dell’età, aumenta di molto la frequenza di queste mala%ie: in genere, al di sopra dei 75
anni, il 75% dei sogge%i può essere interessato da mala%ie cerebrovascolari, in particolare l’ictus, il
quale ha una mortalità in fase acuta (ovvero legata ai primi 30 giorni) di circa il 30%. Il restante 70%,
rappresentato dai pazienti che sopravvivono all’evento acuto, diventa un paziente con una
sintomatologia cronica.
Sono mala%ie che lasciano il paziente invalido, infa%i circa il 40% dei pazienti colpiti da eventi di tipo
ictale, ha come residuo un’invalidità di tipo motorio e/o sensitivo, talvolta anche di tipo cognitivo molto
grave.

C’è una prevalenza un po’ più alta nel sesso maschile rispe%o al femminile; prevalenza che si inverte
con l’avanzare dell’età.
Con il passare degli anni è sicuramente migliorata la capacità diagnostica nei confronti di queste
mala%ie, per due motivi: il primo è dovuto al fa%o che sono disponibili tecniche diagnostiche sempre
più precise e accurate; il secondo è correlato all’età del paziente: più aumenta l’età media della
popolazione, più sarà facile avere a che fare con eventi del genere.

Fattori di rischio
I fattori di rischio per la mala%ia cerebrovascolare (ed in generale per tu%e le mala%ie vascolari) si
possono suddividere in fa%ori modi2cabili e non. Possiamo agire ovviamente sui fa%ori di rischio
modi2cabili, quali per esempio:
- Fumo
- Ipertensione arteriosa ( fa%ore di rischio maggiore)
- Dislipidemia
- Iperglicemia
- Obesità
- Alcol
- Ina%ività 2sica
- cardiopatie ischemiche
- valvulopatie mitraliche
- endocarditi

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 45 A cura di ANDREA PERNA


- aritmie
- 2brillazione atriale
Il fa%ore di rischio “età” è ovviamente un fa%ore non modi(cabile.
Lo stesso pregresso TIA o lo stesso pregresso ictus rappresentano fa%ori di rischio. Almeno per
un'epoca di alcuni anni in cui la possibilità di averne un secondo, che in genere sarà peggio del primo, è
più elevata nella popolazione generale.

Anatomia del sistema vascolare cerebrale


Dal punto di vista anatomico, il nostro sistema cerebrale è irrorato da una stru%ura molto importante
che è il poligono di Willis (che assicura un collegamento e quindi consente l'a%ivazione di una serie di
circoli di compenso.
Gesti sono importantissimi e riducono in modo signi2cativo la severità, in alcuni casi perlomeno, del
quadro 2nale clinico neurologico grazie all'a%ivazione in acuto o più facilmente in cronico ), formato da
una porzione anteriore, i cui maggiori fornitori sono le arterie carotidi, e una porzione posteriore, data
dal sistema vertebro-basilare; circolo anteriore e circolo posteriore sono anastomizzati grazie alle
cosidde%e arterie comunicanti.
Ovviamente possiamo avere anche eventi cerebrovascolari nella porzione extracranica, ovvero nelle
porzioni di carotidi o del sistema vertebro-basilare, che non sono ancora andate a formare il poligono,
che possono determinare eventi cerebrovascolari che ci interessano. Se, per esempio, abbiamo una
qualche patologia che porta a stenosi di una porzione della carotide interna che impedisce il Kusso a
livello cerebrale (stenosi emodinamicamente signi2cativa, cioè che almeno il 70-80% del Kusso ematico
cerebrale è inibito), potremmo avere a valle del punto occluso, una serie di problemi dal punto di vista
clinico, che possono sfociare in una lesione focale cerebrale.

Per quanto riguarda i territori di irrorazione delle arterie cerebrali anteriore, media e posteriore (rami
che partono sempre dal poligono di Willis) possiamo dire che:

 A. Cerebrale Anteriore: irrora la porzione cerebrale che sovraintende alla regolazione dell’arto
inferiore (porzione antero-mediale degli emisferi);

 A. Cerebrale Media: Arto superiore e volto (porzioni laterali degli emisferi); essa è suddivisa, a
sua volta, in una porzione superiore e una inferiore;

 A. Cerebrale Posteriore: irrora la parte parieto-occipitale dell’encefalo, che riguarda le nostre


funzioni visuo-perce%ive, visuo-spaziali.
Il grosso degli accidenti cerebrovascolari avviene a livello della circolazione carotidea, quindi diciamo
due terzi a carico della circolazione carotidea ed un terzo a carico del circolo posteriore.

Metabolismo energetico
Il tempo che intercorre tra la riduzione marcata o l'assenza di perfusione ed il danno irreversibile è
molto breve.
Anche perché, pur costituendo solo una piccola parte della massa del nostro corpo, il cervello riceve una
parte molto signi2cativa, il 15% del sangue che il cuore pompa. Consuma circa 1\5 dell'ossigeno presente
nel nostro organismo e il 25% di glucosio. Gindi è una stru%ura ad alto consumo energetico che ha
bisogno in continuazione di ricevere zucchero e ossigeno. Il problema è che non ha depositi energetici.
Riceve e consuma energia in continuazione, quindi se l'approvvigionamento energetico ad un certo
punto fallisce il danno è purtroppo immediato o quasi immediato ed è in sostanza perenne.

In un cervello adulto in condizioni normali il consumo di ossigeno è di 170 mmol per grammo al minuto
e il glucosio 30 mmol per grammo al minuto. A livelli normali il Kusso ematico, ricordate questo
numero, è di circa 55 ml per ogni 100 g di tessuto al minuto da cui si estrae il 50% dell'ossigeno
ed il 10% del glucosio arteriosi . Vedremo che questo numero quando scende so%o valori tra 20 e 30
provoca danni importantissimi e quando scende so%o valori 2no a 10 ml provoca la morte de2nitiva del
tessuto cerebrale che non riceve circolazione.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 46 A cura di ANDREA PERNA


Emodinamica cerebrale
Il cervello è dotato di meccanismi di protezione , primo fra i quali un meccanismo di
autoregolazione.
Classicamente il nostro cervello riesce a mantenere un Kusso ematico costante anche al variare molto
serio dei valori di pressione arteriosa. Tra una pressione arteriosa media di 70 mmHg ed una pressione
media di 160 mmHg, la pressione di perfusione cerebrale rimane sostanzialmente stabile. Purtroppo
questa capacità di autoregolazione ha dei limiti ed al di so%o di 60 mmHg ed al di sopra di 160 mmHg
abbiamo o la ro%ura della barriera ematoencefalica o comunque la perdita della regolazione ed una
gravissima ipoperfusione.
Tu%o questo si gioca sulla capacità di gestire il diametro arteoriale. Gindi di ridurre l'impa%o di un
aumento di pressione o di facilitare la circolazione del sangue al diminuire della pressione arteriosa
mantenendo la perfusione a livello del tessuto sostanzialmente stabile.
Ci sono tanti meccanismi che determinano l'autoregolazione cerebrale. Alcuni sono so%o il controllo
nervoso dire%o, perché la muscolatura delle tonache delle arterie cerebrali è so%o il controllo dire%o
nervoso e quindi può essere autoregolata.
Ci sono però anche fa%ori biochimici a livello endoteliale che di volta in volta vengono messi in gioco
per regolare le dimensioni.
Poi ci sono aspe%i anche metabolici che riguardano la pCO2, che riguardano la presenza di tu%a una
serie di sostanze circolanti e anche di neurotrasme%itori i quali possono in qualche modo contribuire al
mantenimento o alla sregolazione dei meccanismi di autoregolazione del Kusso cerebrale.

Tu%o ciò non è aHa%o banale perché noi abbiamo situazioni intermedie che ci danno quel lasso di
tempo, quella che è la &nestra temporale, importante per quanto riguarda la terapia, è
importantissima.
È vero che il nostro cervello dopo pochissimi minuti di perdita di perfusione ematica muore, ma è
altre%anto vero che questo quasi mai si instaura. C'è un lungo periodo di ipoperfusione o di “misery
perfusion” degli anglosassoni che dura anche diverse ore. Per cui, se si riesce ad interce%are il paziente
per tempo ed intervenire in quella 2nestra temporale, i dati epidemiologici ci dicono che ci sono ampi
territori di tessuto che sono ampiamente recuperabili che signi2ca una qualità di vita molto diversa
rispe%o a quando non sono recuperabili.
Il tessuto cerebrale quando riceve meno di 20 ml\100g\min a incontro a morte e naturalmente, più si
scende so%o questo valore tanto più rapida ed irreversibile è la morte neuronale, al contrario tanto più
si va vicino o al di sopra di questo valore tanto più si allunga quella 2nestra temporale che perme%e un
recupero, almeno parziale del tessuto dormiente.

Nelle prime fasi dello stroke, esiste un core, un nucleo centrale nella zona ipoperfusa che va incontro a
morte rapida ma a%orno c'è un territorio di situazione grigia, gli inglesi la chiamano “la bella
addormentata”, quindi i neuroni che sono funzionalmente non funzionanti, silenti, ma ancora vivi,
possono essere risvegliati da parte del principe cioè dal ritorno del Kusso e della fornitura di ossigeno e
di zucchero.
- Gando ci avviciniamo a%orno ai 20 ml di Kusso cerebrale regionale comincia ad essere compressa la
funzione ele%rica, infa%i se si fa un EEG (ele%roencefalogramma) in quel momento si inizia a vedere
presenza di a%ività lenta che è segno di lesione, segno di soHerenza neuronale.
- Se il Kusso scende intorno ai 15 ml questa a%ività tende alla isoele%rica, quindi al silenzio ele%rico
vero e proprio. - Se si scende so%o i 10 ml di Kusso si assiste all'uscita di potassio, all'ingresso di tanta
acqua ed alla morte della cellula.

Il meccanismo della cascata che porta alla morte de2nitiva:


- un'alterazione della catena energetica; blocco delle proteine di membrana accumulo di Ca++
intracellulare e disfunzione delle pompe sodio potassio;
- un'alterazione dei canali che perme%ono il passaggio di ioni: di sodio, potassio e calcio;
- un aumento progressivo della quantità di calcio intracellulare;
- la formazione di edema citotossico, l'a%ivazione di radicali liberi, quindi l'ossigeno singole%o che
provoca danno;
- a%ivazione delle fosfolipasi e il rilascio di NT, sopra%u%o di glutammato che essendo un
neurotrasme%itore di tipo eccitatorio se in eccesso diventa eccitotossico e quindi provoca una morte dei

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 47 A cura di ANDREA PERNA


neuroni che scaricano in eccesso.

PENOMBRA ISCHEMICA e FINESTRA TERAPEUTICA


Gando si interviene dopo le 4 ore e mezza noi accompagniamo l'evoluzione naturale dell'ictus
sopra%u%o incrociando le dita, perché a quel punto le cose possono andare soltanto nella direzione che
la provvidenza o madre natura hanno deciso, senza nessun intervento medico signi2cativo.
In caso di ischemia cerebrale locale, ci sono della aree, normalmente circostanti l'arteriola che è stata
occlusa dal trombo, che vengono private completamente di qualsiasi irrorazione ematica e quindi di
supporto di ossigeno e di glucosio.
Ma nel contempo, quasi sempre, sopra%u%o se il sogge%o è un sogge%o anziano in cui la pressione
arteriosa elevata e la presenza di microtrombi è una cosa che è andata avanti progressivamente negli
anni, si sono a%ivati nel tempo dei circoli collaterali i quali mantengono in vita dei gruppi di
neuroniintorno all'infarto cerebrale.
Oggi si ritiene che 2no a 4 ore e mezza siamo ancora in tempo per fare qualcosa, in bambini molto
piccoli si arriva 2no alle 6 ore, ma è il tempo limite entro il quale intervenire perché anche questi
neuroni a%orno alla zona d'infarto iniziale poi muoiono.
Gindi la “penombra ischemica” l'abbiamo in quei casi in cui c'è ancora un 4usso molto debole,
che se viene arricchito rapidamente porta al recupero, invece se rimane tale porta alla morte.

- La riperfusione è la presenza in una percentuale non banale di casi di riperfusione naturale,


spontanea, con meccanismi che conosciamo poco.
Ad un certo punto il trombo che si è formato si lisa da solo, ritorna il sangue e il sintomo scompare
senza alcun tipo d'intervento.

- Diaschisi: signi2ca che se un'area del cervello che è so%oposta ad un'aggressione vascolare
sme%e di funzionare, non soltanto le funzioni governate principalmente da quell'aria saranno
de(citarie ma saranno de(citarie anche alcune altre funzioni sostenute da circuiti di cui
quell'aria è una parte integrante . Per cui, ci sono altre aree che sono in rete con quella danneggiata,
queste altre aree non sono danneggiate esse stesse ma diventano ipofunzionanti perché il Kusso
d'impulsi, che passa a%raverso il nodo che l'area danneggiata rappresenta è meno valido. In genere
questi sintomi di diaschisi sono sintomi temporanei perché il cervello mantiene una sua alta plasticità
ed una capacità di vicariare. Gindi, man mano che l'area danneggiata viene sostituita da altre aree, il
circuito iniziale ricomincia a funzionare e questi sintomi aggiuntivi si risolvono.

- Edema: Gando si va incontro all'edema maligno si fa un tipo di terapia “eroica” in cui si apre la testa
alla persona, si da libero sfogo al cervello che esce fuori come un “cavol2ore” violento, si allarga come
un pallone, perché ha bisogno di spazio e dentro al cranio, che è un contenitore rigido, non lo trova.
Oppure il paziente è destinato a morire. A volte muore nonostante la craniotomia terapeutica.
L'edema è legato al fa%o che l'acqua esce dallo spazio extracellulare ed entra nelle cellule in modo
massivo, accompagnato dall'ingresso di calcio e di sodio e sin dai primi minuti si comincia a rigon2are il
cervello. Ciò comporta un aumento signi2cativo di pressione intracranica che comporta un danno
successivo.
Man mano che la pressione intracranica aumenta, la zona colpita e le zone limitrofe, a causa
dell'aumento di pressione intracranica vanno in ipoperfusione. Poichè le arteriole vengono compresse,
passa meno sangue e quindi c'è un ulteriore insulto legato al danno da edema.
L'edema vasogenico in genere viene più tardivamente, è provocato dall'alterazione vasale della barriera
ematoencefalica, dalla vasodilatazione successiva e in genere si vede nelle zone più periferiche del
territorio infartuato.

Meccanismi di ictus ischemico


- Le tromboembolie : Sono lesioni aterosclerotiche, sopra%u%o quelle presenti nei vasi del collo,
quelle che più frequentemente causano ipoperfusione ed immissione in circolo di micro o macro trombi.
La formazione della placca è legata a tanti fa%ori: uno sicuramente è quello genetico, ma ci sono fa%ori
di rischio dal diabete al fumo all'obesità, all'alcool, che aumentano in modo anche esponenziale questo
rischio.
Naturalmente le cara%eristiche anatomiche sono importanti; nei punti di biforcazioni o nei punti in cui

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 48 A cura di ANDREA PERNA


l'arteria compie anatomicamente una curvatura a raggio abbastanza stre%o il sangue rallenta, si
formano anche delle turbolenze di circolo e sono punti in cui più facilmente si depositano sostanze che
vanno pian piano ad aderire alla parete arteriosa e da qui a facilitare la formazione di placche
stenosanti.

- La tromboembolia aterosclerotica: I tubi che rappresentano le nostre arterie, quelli che irrorano il
nostro cervello in particolare, sono dei tubi intelligenti e ricchi di tante sostanze. Prima di tu%o c'è tu%a
una tonaca muscolare che determina, anche in termini di autoregolazione il diametro. Ma abbiamo
anche una continua migrazione di leucociti, perché questi intervengono in situazioni di infezione,
quindi devono essere trasportati a%raverso il Kusso ematico da una parte all'altra del corpo, quindi è
necessaria una certa permeabilità endoteliale. Le cellule endoteliali manifestano anche una certa
capacità di far aderire leucociti, calcio, colesterolo per cui, nel tempo, si possono cominciare a formare
queste aggregazioni che agge%ano nel lume vasale e che nel tempo possono anche portare ad una sua
totale o parziale occlusione.
Per quanto riguarda le carotidi, per esempio, si è visto che per stenosi che stanno so%o il 70-65% si può
mantenere soltanto una terapia medica, che normalmente è quella che tende a ridurre l'aggregazione
piastrinica e quindi a rendere più Kuido il sangue facilitandone il circolo. Se però si va sopra questi
valori rimane soltanto la rimozione chirurgica, l'asportazione, la rimozione di questo “tappo” che tende
ad ostruire il passaggio di sangue.
Naturalmente tu%e le placche non sono uguali.
Ci sono delle placche che sono ad altissimo contenuto di calcio, molto compa%e, molto omogenee e che
se non sono stenosanti.
Ci sono invece delle placche che sono omogenee, che sono friabili, per cui è molto facile che si possano
totalmente rompere con immissione massiva o parziale nel tempo di parti delle medesime placche che
diventano altre%anti emboli.

La formazione di trombi può essere un'altra modalità che può portare all'ischemia cerebrale, il trombo si
accresce 2no ad occludere completamente il vaso, il trombo si propaga inizialmente 2no a occludere
vasi che partono dalla trombosi iniziale, oppure si frammenta dando dei microemboli distali.

- “artery-to-artery”: da origine ad una embolizzazione da arteria ad arteria ed è quello più


frequentemente responsabile dell'occlusione completa ed improvvisa della cerebrale media che è quella
che purtroppo è una delle situazioni più frequenti e disastrose. Purtroppo nel territorio di
vascolarizzazione della cerebrale media si ha l'homunculus sensori-motorio, quindi ci saranno sempre e
comunque problemi di emiparesi o emiplegia e per quanto riguarda l'emisfero sinistro, all'interno dello
stesso territorio, ci sono alcune aree che controllano il linguaggio e quindi ci saranno anche disturbi
molto seri del controllo del linguaggio all'interno della grande famiglia della afasie.

- Embolia cardiogena: anche il cuore è un'altra sorgente che in una percentuale non banale,
sopra%u%o nei giovani, può essere sorgente di microembolizzazione. In genere perché o c'è un forame
ovale pervio e c'è la possiblità di un collegamento, di un passaggio tra le due camere atriali destra-
sinistra oppure per la presenza di disturbi del ritmo.
- Situazioni ad alto rischio . Il rischio è altissimo quando avete: una protesi valvolare; una
2brillazione atriale parossistica non nota; un'endocardite ba%erica; un infarto del miocardio pregresso,
sopra%u%o se sulla zona infartuata si sia formato o meno un aneurisma nella parete vascolare dentro il
quale si può essere formato del deposito, della vegetazione, da cui so%o contrazione si possono staccare
degli emboli; presenza di cardiopatia congenita etc.
- Situazioni a basso rischio : FA isolata; mala%ia del nodo SA; sindrome di WPW; tachicardia
parossistica ventricolare; valvulopatie aortiche; placche calci2che dell'aorta ascendente; prolasso
mitralico; endocarditi; dife%i atrio e ventricolo se%ali; pervietà del forma ovale; dilatazione atriale
sinistra; mixoma; aneurisma ventricolare sinistro; 2stola AV polmonare.

Oggi abbiamo a disposizione anche delle tecniche non invasive di analisi del passaggio di microemobli,
a%raverso un doppler transcranico, una sonda che va ad insonare una parte dell'osso temporale e che
legge la cerebrale media ed a%raverso una infusione endovena di un mezzo di contrasto costituito,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 49 A cura di ANDREA PERNA


sostanzialmente, da microbolle. Gindi sono bollicine microscopiche. Se questo pertugio è abbastanza
ampio le bolle passano e quindi la tecnica ne conta tante e se lo fa vuol dire che c'è un alto rischio di
embolizzazione. Se il pertugio è abbastanza chiuso le bolle non passano o ne passano pochissime e
l'esame 2nisce che se anche c'è un piccolo forame ovale pervio questo non è un fa%ore di rischio
signi2cativo in termini di rischio emboligeno.

- Anche le vasculiti cerebrali sono non frequentissime ma nemmeno tanto rare. Si accompagnano a
numerose mala%ie e possono essere causa di ischemia cerebrale. In questo caso facilmente anche a
carico della popolazione giovanile. Gindi se ci sono patologie autoimmuni, in cui una vasculite diHusa
o più o meno diHusa, è parte integrante bisogna sempre tenere la guardia alta perché le vasculiti
cerebrali possono dare dei danni molto molto importanti. Alcune vasculiti sono primariamente a livello
dei vasi extra cranici, altre invece sono a livello dell'arco aortico, altre invece sono più speci2che del
circolo cerebrale.

- Traumi e sezioni vasali: le ferite, sopra%u%o nella regione del collo, le fra%ure delle vertebre
cervicali, le manipolazioni incongrue di osteopati, di 2sioterapisti, può succedere che si “pizzichi”
un'arteria vertebrale, quindi provochi una lesione della parete e che questo possa portare ad una
dissecazione.

- Le brusche trazioni del collo: non è banale che arrivi un paziente che vi dice che mentre stava
me%endo un libro nella sua biblioteca con il collo iperesteso o stava a%accando una lampadina al
lampadario sul soD%o, ad un certo punto ha sentito una 2%a al collo ed ha perso forza molto
rapidamente ad un lato del collo. Anche in quel caso è un traumatismo compressivo su un'arteria
dovuto ad un passaggio della medesima molto vicino o a conta%o con una stru%ura ossea.

- Dissecazioni possono essere spontanee, qui ci sono in genere situazioni di displasia o di


conne%ivopatie che sono alla base di questo aumentato rischio oppure, come vi dicevo prima, da
traumatismi micro ripetuti oppure da traumatismi importanti a seguito di incidenti stradali o del lavoro,
quello che sia.

- Le malattie ematologiche , naturalmente, possono portare ad un aumento della viscosità ematica.


Faccio un cenno a quelle situazioni di doping in cui vengono usati dei farmaci, sostanzialmente
l'eritropoietina. che aumenta la quantità di globuli rossi e aumenta gli ematocriti in modo clamoroso per
facilitare sforzi muscolari al di fuori delle capacità del sogge%o. Un esempio tipico è quello dei ciclisti
che spesso pompano sangue densissimo che, oltre a s2ancare rapidamente il loro cuore, può facilmente
provocare anche problemi di circolazione cerebrale e quindi non è raro in questa popolazione, che è una
vera e propria popolazione a rischio, che l'aumento di viscosità ematica determinato da uso improprio
di queste sostanze aumenti il rischio di queste mala%ie.

- Malattie ematologiche anche con una componente di predisposizione genetica. Le incontriamo


spesso negli stroke dei giovani ed in particolare delle donne. In questi casi spesso facendo uno screening
per le eventuali coagulopatie trovaimo la presenza di pa%ern alterati come per l'antitrombina III, gli
anticorpi anti fosfolipidi, il fa%ore V di Leiden, etc. Sono tu%i pa%ern che aumentano il rischio
circolatorio, evidentemente non solo a livello cerebrale ma anche a livello di tu%i gli altri organi.

- Lo spasmo cerebrale , rimane un meccanismo quasi esclusivamente per l'emorragia subaraconoidea


nella quale il vasospasmo, al di là dell'emorragia, è l'evento più temibile, perché il vasospasmo induce
progressivamente una olighemia nelle stru%ure limitrofe a dove c'è stata una fuoriuscita di sangue.

- Meccanismi emodinamici quando si veri2ca una stenosi o una occlusione le regioni più distanti
dall'occlusione sono le prme che vengono danneggiate, perchè lì il sangue nona arriva o arriva in
quantità assolutamente insuDciente. Gesto però ha una progressione disto-prossimale perché il
problema alla 2ne si esprime in tu%a la regione che è irrorata dal vaso colpito.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 50 A cura di ANDREA PERNA


L'emorragia cerebrale è molto molto temibile, più dell'ischemia perché ci si muore di più e si muore
prima. All'esordio è inizialmente non tanto distinguibile se non
nella sua rapidità. Mentre nell'ischemia il sintomo progredisce
lentamente, nell'emorragia il sintomo compare molto rapidamente,
talvolta in modo tragico, molto spesso accompagnato da sintomi
violentissimi quale può essere una cefalea mai avvertita dalla
persona.

In genere ci sono delle aree che sono maggiormente a rischio e


sono quelle cosidde%e “tipiche” e sono normalmente a livello del
putamen, dei gangli della base e comunque delle stru%ure
profonde: il nucleo lenticolare, il talamo, la capsula interna.
Esse sono nutrite da arteriole di piccolo diametro le cui pareti
sono molto più so%ili, queste arteriole quando sono raggiunte
dall'impa%o di una pressione arteriosa sistolica eccessivamente
elevata si rompono,, riversando grosse quantità di sangue in una
sede dove sono impacche%ate, in modo molto denso, moltissime 2bre nell'arco di pochi millimetri o
pochi centimetri quadrati.
Il danno è quasi sempre molto molto serio. Anche se c'è da dire nell'emorragia la prognosi immediata
per quanto riguarda la vita è molto peggiore, muoiono di più, ma la prognosi 2nale per coloro che
sopravvivono è decisamente migliore, perché normalmente, man mano che il sangue si riassorbe, alcuni
dei neuroni o molti dei neuroni che “dormicchiavano” a%orno alla zona di pressione si risvegliano
spontaneamente perché la zona di pressione si autorisolve.
Ci sono poi, naturalmente, quelle anche in zone atipiche, queste sono legate molto spesso alla presenza
di malformazioni, quali: aneurismi, angiomi, malformazioni arterovenose, tumori e quant'altro. In
questo caso vedete un'immagine molto temibile, quando si vede su un'immagine tanto sangue nei
ventricoli, con dei livelli nei corpi occipitali, tanto sangue anche in corteccia, si vedono i solchi pieni di
una marezzatura bianco\grigia, è tu%o sangue. Geste sono immagini che quasi sempre sono
incompatibili con la sopravvivenza. Nell'arco di poche ore purtroppo il paziente purtroppo ci lascia e
non c'è modo di operare.

Anatomia patologica
Dal punto di vista anatomo-patologico possiamo individuare queste cara%eristiche:
- Rammollimento del tessuto cerebrale colpito dall’evento vascolare acuto, che comporta la perdita di
colore, perciò il tessuto risulterà pallido; d’altra parte,invece, il tessuto si può presentare fortemente
colorato (rosso) perché magari, a livello della lesione, c’è stata una lisi dell’embolo che ha causato la
patologia e quindi si veri2ca una raccolta di sangue all’interno della sede infartuata.
- Grandezza: le dimensioni della lesione in genere oscillano tra 1,5 e 3 cm di diametro,ma talvolta
possono interessare buona parte dell’emisfero. Bisogna so%olineare che le dimensioni della lesione non
sempre sono correlate all’entità del danno: ci sono delle lesioni molto piccole che hanno
importantissime conseguenze dal punto di vista clinico (sono delle situazioni che hanno a che fare con
quello che veniva chiamato “infarto strategico” ).
Tra i fenomeni legati ad un infarto recente ricordiamo:
 Necrosi del tessuto per mancato apporto di ossigeno e glucosio
 Vasoparalisi da accumulo di acido la%ico
 Edema: nei primi 2 giorni è citotossico intracellulare e coinvolge gli astrociti, dal terzo
giorno per le due settimane successive è vasogenico extracellulare.

DISTRETTI VASCOLARI

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 51 A cura di ANDREA PERNA


 Arteria carotide interna
• Arteria cerebrale media
(nell’immagine: rosso)
• Arteria cerebrale anteriore (blu)
• Arteria corioidea anteriore
 Sistema vertebrobasilare
 Arterie vertebrali
 Arteria basilare
 Arterie cerebrali posteriori (verde)

In modo molto grossolano:


 Lobi frontali: a. cerebrale anteriore
 Lobi occipitali: a. cerebrale posteriore
 Lobi parietali: in parte a. cerebrale
media, in parte a. cerebrale posteriore
 Lobi temporali: a. cerebrale media

Sistema carotideo
L’immagine mostra il sistema carotideo. Nei
cerchie%i sono indicati i punti dove più
frequentemente si formano circoli collaterali,
che perme%ono, anche in caso di stenosi
importanti, il mantenimento di un Kusso
suDciente e quindi la non-comparsa di sintomi.
Tra la carotide interna e l’esterna il circolo
collaterale si stabilisce a%raverso i vasi
dell’orbita (ex. okalmica laterale).
Tra la carotide esterna e la vertebrale il circolo collaterale si ha tramite il poligono di Willis.

Carotide interna
Se il circolo collaterale compensa bene i sintomi non compaiono, quando compaiono possono essere
dovuti, a seconda delle loro cara%eristiche, sopra%u%o temporali, ad a%acchi ischemici transitori (TIA)
oppure a infarto ischemico o emorragico. Le cause di disturbi ischemici sono legate a fenomeni di
embolismo arterioso in cui un embolo che si stacca da una certa sorgente va in giro 2nché non si ferma
in un’arteriola.

L’andamento clinico dei sintomi è vario: i sintomi possono presentarsi, stabilizzarsi, aggravarsi, oppure
magari possono comparire altri sintomi che si stabilizzano nell’arco di qualche ora (da qui l’importanza
di conoscere tali sintomi, che se non si sanno captare fanno perdere tempo), oppure possiamo avere dei
sintomi transitori, con remissioni e poi magari uno stroke severo.
Gindi l’esordio e l’evoluzione possono essere molto variabili, sopra%u%o nelle prime ore che sono
quelle più preziose.

Segni e sintomi:
 Mono- o emi-paresi; quindi interessamento di un solo braccio o un braccio e una gamba.
 Emiipoestesia parziale o completa ; è un segno importante e va ricercato, spesso il paziente
si spaventa proprio perché si rende conto che “da degli ordini” al braccio o alla gamba, ma
questi non rispondono.
 Emianopsia omonima, compromissione del linguaggio, agnosia
 Cecità monoculare transitoria ; si veri2ca se un embolo, in genere a partenza da un trombo
della carotide interna, va ad incunearsi nell’arteria okalmica a livello della retina determinando
una stenosi severa o occlusione.
Gesto sintomo, anche de%o amaurosi transitoria, è estremamente importante e da prendere
subito in considerazione, troppe volte invece viene ignorato.
 Storie di TIA precedenti e descrizione di so0 carotidei all’auscultazione (ormai sostituiti da
tecniche come il doppler e l’eco-color-doppler, che hanno sicuramente una 2nezza maggiore

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 52 A cura di ANDREA PERNA


del fonendoscopio)

Arteria cerebrale media


La cerebrale media è il ramo “più importante” della carotide interna per ovvi motivi: irrora la zona più
vasta e nel suo territorio sono comprese le centraline più nobili e sensibili per le funzioni cerebrali, a
partire da quelle sensitive-motorie estendendosi al linguaggio e alla percezione.
In caso di lesione parietale, ad esempio destra, ci sarà incapacità di percepire la parte sinistra del
proprio corpo con alterate funzioni sensitive e motorie e della parte sinistra del campo visivo. Se si
chiede al paziente di disegnare un orologio lo disegnerà come nell’immagine.

La cerebrale media quando è tu%a danneggiata determina un quadro disastroso:


 Emiplegia completa; quindi paralisi completa di braccio e gamba controlaterali
 Ipo- o anestesia omolateralmente
 Emianopsia omonima; per interessamento delle vie o%iche
 Disturbo afasico globale
Gindi il quadro è gravissimo: impedisce la deambulazione, impedisce l’utilizzo della mano e quindi i
movimenti 2ni, porta a disturbi della vista e della comunicazione.

L’arteria cerebrale media sinistra è una diramazione dell’arteria cerebrale media che irrora l’area di
Broca e l’area di Wernicke. Gesto vuol dire che i non-macini, con controllo emisferico sinistro,
rischiano di avere un disturbo afasico.
L’afasia può essere motoria (di espressione) o sensoriale (di percezione).
Nella prima il sogge%o capisce perfe%amente tu%o quello che gli viene de%o ma non riesce ad
esprimere, parzialmente o completamente, il suo pensiero. Il pensiero è costruito in modo corre%o ma
viene a mancare il sistema di connessione che deve muovere la bocca in modo appropriato. Il sogge%o
di questo è consapevole perché si ascolta, e questo può determinare agitazione.
Al contrario il sogge%o con disturbo di percezione parla perfe%amente ma non riesce a comprendere e
decodi2care istruzioni anche semplici (ex. “toccati la punta del naso”) in base alla gravità del quadro.
Nella clinica di tu%i i giorni è diDcile trovare forme purissime, nella maggior parte dei casi si tra%a di
forme miste in cui prevale la componente motoria (non-Kuente) se è interessato maggiormente il
territorio superiore di irrorazione dell’a. cerebrale media sinistra (area di Broca) oppure prevale quella
rece%iva (Kuente) se è interessato maggiormente il territorio inferiore (area di Wernicke).

INFARTO CEREBELLARE
Le cause dell'infarto cerebellare sono più o meno le stesse. Entra in diagnosi diHerenziale con la
patologia vestibolare, con alcune forme di emicrania, tumori, sclerosi multipla ecc..
Il cervelle%o è una delle stru%ure più plastiche, forse la più plastica del nostro sistema nervoso.
Il pz subito dopo l’infarto presenterà una sintomatologia acuta dove non si tiene in piedi, casca,
addiri%ura non sta seduto perché vomita in continuazione, ha un nistagmo gravissimo; se lo rivedete
dopo 6 mesi-1 anno sembra che non abbia avuto nulla, se fate una RM vedrete ancora dei segni di grave
soHerenza cerebellare.
Gando viene colpito il cervelle%o i sintomi sono:
 Atassia è la necessità di allargare la base per compensare la tendenza in genere alla
lateropulsione o all’anteropulsione, dovuta alla diDcoltà del sogge%o di mantenere la
proiezione dell’asse corporeo all’interno della base d’appoggio;
 Dismetria che noi valutiamo con la prova indice naso o ginocchio calcagno, oppure si
evidenzia quando per prendere un bicchiere lo urta o lo fa cascare, si versa mezza tazzina del
calè quando lo porta alla bocca;
 Adiadococinesia è l’incapacità di fare movimenti rapidi ed alternati come palmo-dorso-
palmo-dorso sulle ginocchia in cui vedete che una mano riesce a seguire il ritmo
dell’esaminatore, mentre l’altra è molto anarchica, a volte lo segue a volte no;
 Ipotonia è la riduzione del tono muscolare o della resistenza muscolare allo spostamento
 Tremore intenzionale è un tremore 2ne, molto rapido che si manifesta nel movimento
volontario;
 Disartria: parola scandita ed esplosiva, assomiglia alla cadenza dei sardi. Purtroppo molti dei
nostri pazienti giovani con la sclerosi multipla con danno cerebellare hanno questo modo di

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 53 A cura di ANDREA PERNA


parlare molto scandito che è un segno tipico della soHerenza cerebellare.

INQUADRAMENTO CLINICO
 Il cervello è tempo, quindi bisogna essere rapidi ad identi2care i sintomi e il più possibile
precisi nel cercare di de2nire quando sono iniziati.
 Ovviamente dobbiamo avere una buona certezza che l’origine di questi sintomi sia di tipo
vascolare. Esistono delle scale per misurarne la gravità.
 Dobbiamo de2nire, se possibile 2n dall’inizio, il territorio.
 Dobbiamo valutare la possibile evoluzione spontanea
 Il rischio di complicanze mediche o neurologiche è importante e va valutato: se è in terapia
antiaggregante o anticoagulante, se ha fa%o interventi chirurgici nelle se%imane precedenti, se
è un vasculopatico, un 2brillante, ecc…
Una delle scale più utilizzate è quella del Rankin modi&cata (Modi2ed Rankin Scale ) in cui si va da 0
totalmente asintomatico a 6 paziente deceduto. 1 non c’è disabilità importante, riesce a fare tu%o
nonostante la presenza di sintomi, quindi è una scala che si basa sulla funzione residua arrecata dalla
disabilità.

La scala NIH (NIH Stroke Scale NIHSS) invece è quella che entra più nel de%aglio dei sintomi. Da dei
punteggi che prendono in considerazione:
- il livello di coscienza: in tu%e le forme di emorragia cerebrale la presenza di un disturbo del livello
di coscienza ha un indice prognostico molto negativo 2n dall’esordio. Se il paziente arriva in coma o
gravemente soporoso è un bru%o segno 2n dall’esordio.
- La capacità a rispondere a domande
- La capacità di eseguire correttamente dei comand i, naturalmente sia con la parte destra che con
quella sinistra del corpo
- Se ha un postura di sguardo obbligata verso un lato o verso l’altro
- Disturbi campi metrici grossolani evidenziabili con un esame neurologico
- Presenza o meno di paralisi facciale
- Motilità degli arti
- Presenza di atassia
- Sensibilità
- Disartria
- Linguaggio
- Emidisattenzione

Il punteggio normale è intorno a 15, quando cominciamo a scendere so%o 10 sono tu%i punteggi
importanti.
È una scala grossolana che aiuta però a rendere più omogeneo un approccio, a facilitare la trasmissione
delle informazioni per esempio da un elico%ero o da un ambulanza all’ospedale.

La cosa importante è che quando arriva gli dovete sempre fare la TAC senza mezzo di contrasto
subito, perché la prima cosa che dovete vedere è se c’è del sangue o meno nel cervello.
Se ha un emorragia e faccio la trombolisi lo ammazzo. Oltre a questo mi da anche altre informazioni
come la presenza di un edema maligno che si sta sviluppando. Dopodiché si a%ivano tu%a una serie di
possibilità che porta in alcuni casi all’utilizzo di una 2brinolisi endovena e in altri casi no.
Un sogge%o con sintomi riferibili al territorio carotideo, con disturbo del linguaggio, che ha un NIH
importante intorno ai 6, i sintomi sono iniziati da meno di 3h, quindi potrebbe essere un candidato alla
trombolisi. Fa una TAC che non fa vedere sangue, comincia a far vedere qualche segno, perché in realtà
la TAC fa vedere poco, però un occhio esperto può notare per esempio lo spianamento dei solchi delle
convessità del cervello per esempio per un edema. Gesti segni indire%i ci dicono che li si vede poco,
ma che qualcosa si formerà tra breve.

Il sogge%o deve avere un quadro neurologico relativamente stabile, perché se c’è una ingravescenza
rapidissima non si fa in tempo a recuperarlo che evidentemente c’è una situazione gravissima di edema
che si sta sviluppando che sconsiglia ogni perdita di tempo, si necessita in questi casi una “terapia
eroica”.
Oppure sta migliorando molto rapidamente per conto suo, per cui è più plausibile che sia un TIA,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 54 A cura di ANDREA PERNA


naturalmente non andare a fare una trombolisi su un TIA, perché recupera per conto suo con
remissione completa dei sintomi.

Fate una valutazione medica generale immediata, saturazione d’ossigeno, capacità respiratoria, segni
vitali, preparare un accesso venoso, richiedere un esame del sangue in urgenza, fare uno studio della
coagulazione se il sogge%o non è accompagnato da nessuno o se il sogge%o non è collaborante o non è
lucido per sapere se è so%o terapia anticoagulante o meno, gli fate la glicemia, un ECG per evidenziare
eventuali aritmie, e nel fra%empo è già arrivato il neurologo.

Il livello di coscienza deve essere possibilmente elevato. Il livello di gravità deve essere consistente per
poterlo giusti2care: se è troppo leggero non vale la pena, se il paziente è in coma pure.
Si richiede la TAC senza contrasto, la le%ura viene fa%a immediatamente. Se evidenzia un’emorragia si
chiama il neurochirurgo, se no siamo di fronte ad un ictus ischemico e i sintomi nel fra%empo
permangono.

L’esame neurologico può essere stabile, variabile, o no.


Gesto è importante, se è stabile si procede, se ha tu%i i requisiti si procede verso la trombolisi.
A questo punto si inizia la trombolisi in genere a 0,9mg proKg, complessivamente non si superano i 90
mg, nel primo min si da un 10% per vedere come reagisce il paziente, e il resto si fa in una infusione più
lenta.
In quell’ora il paziente deve essere monitorato, il quadro neurologico deve essere ricontrollato a 15, 30,
60 min successivamente per un certo numero di ore.
Gesto è volto a monitorare l’impa%o della terapia 2brinolitica: in caso di peggioramento neurologico
con insorgenza di grave cefalea dopo la trombolisi o una reazione di ipertensione endocranica acuta di
nausea e vomito, va subito interro%a la trombolisi e va eseguita una TAC in urgenza per vedere se si è
formato un ematoma, che sarà gestito dal neurochirurgo. Dovete monitorare la pressione arteriosa.

Fino a pochi anni fasi facevano 2 interventi subito: si abbassava la pressione e si dava un vasodilatatore,
poi si aggiungeva un antiedema glicerolo o mannitolo. Negli anni con l’avvento del neuroimaging, si è
visto che se abbassi troppo la pressione e dai un vasodilatatore, fai un doppio danno perchè la zona di
neuroni vivi ma sonnolenti, perché gli arriva poco sangue.
Infa%i se abbasso troppo la pressione, produco un ulteriore furto, quindi arriva ancora meno sangue
nelle zone in cui ne arrivava già meno, per cui è deleterio. Per questo entro certi limiti non devo
modi2care la pressione sistemica, rea%ivamente il cervello tende ad aumentare un po’ la pressione
sistemica per portare un po’ di sangue dove ce n’è poco, se lo vado a levare questo peggiora la
situazione.
Se questa pressione supera valori molto elevati come 220-230 di sistolica e sopra i 120-140 di diastolica
devo intervenire e abbassarla.

Terapia

- Trattamento in acuto ictus ischemico: oggi l’ictus di tipo ischemico è molto più approcciabile in
fase acuta di quanto avvenisse alcuni anni fa, infa%i possiamo me%ere in a%o un tra%amento
trombolitico per o%enere una riperfusione dell’area che è stata colpita dall’ischemia stessa per rendere
reversibile il danno ischemico instauratosi all’ esordio dell’ictus, ciò deve avvenire entro 4 ore e mezza
dall’esordio dell’ictus (2nestra terapeutica), dopo il tra%amento trombolitico non si può più praticare
allo stato a%uale. La terapia può essere praticata se il paziente non ha coagulopatie o piastrine < 50000.
Per la terapia trombolitica viene utilizzato il TPA (tissue plasminogen activator) è un farmaco
ricombinante che si dà ad una dose di 0,9 mg pro kg. Gesto tra%amento non sempre è in grado di
risolvere i de2cit neurologici instaurati; in una buona percentuale di casi è in grado di modi2care in
senso migliorativo una serie di indici che vengono utilizzati come punteggi di gravità il più comune dei
quali è l’NIH score che riguarda le funzioni motorie, sensitive, di coordinazione e simboliche
(linguaggio) e veri2care il miglioramento del punteggio dopo la terapia trombolitica rispe%o al
momento del ricovero. Gli eHe%i collaterali sono poco frequenti e sono le emorragie, anche se
comunque il rapporto tra rischi e bene2ci resta notevolmente spostato verso i bene2ci.

- Terapia tradizionale ictus ischemico: quando non è possibile somministrare un tra%amento


trombolitico perché la 2nestra terapeutica è stata superata si torna alla terapia più tradizionale con

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 55 A cura di ANDREA PERNA


farmaci ad azione antiedemigena con meccanismo d’azione di tipo osmotico come il mannitolo al 18%
di concentrazione in boli refra%i (ripetuti 3-4volte) nelle 24 ore che equivalgono a circa 80-100 ml per
bolo, esso è un tra%amento abbastanza eDcace per l’edema perilesionale;
farmaci antipertensivi, (l’ipertensione va rido%a con una certa gradualità, per evitare l’ipoperfusione)
come gli ACE inibitori, sartani e i diuretici che si con2gurano come una seconda scelta, se si dimostra la
natura ischemica della lesione bisogna ricorrere alla terapia antiaggregante (aspirina clopidogrel,
ticlopidina); farmaci antiepile%ici (l’epilessia può essere una complicanza della lesione ischemica
sopra%u%o, ma anche emorragica che si manifesta solitamente dopo 10-15 giorni dall’esordio dell’ictus),
Inoltre bisogna assicurare la pervietà delle vie aeree, sistemando in posizione laterale il paziente,
posizionare il catetere vescicale, monitorare la pressione, garantire la mobilizzazione frequente del
paziente per evitare le ulcere da pressione (piaghe da decubito), praticare l’allineamento posturale degli
arti paretici, posizionare il sondino naso gastrico se c’è disfagia per evitare così complicanze come
polmoniti ab ingestis.
Un altra parte del tra%amento comprende quello riabilitativo.

ICTUS EMORRAGICO
L’altro tipo di ictus, quello di tipo emorragico riguarda una percentuale minoritaria dei sogge%i, circa il
20% e la cosa più importante che dobbiamo ricordare è il tipo di immagine alla TAC, molto riconoscibile.
L’evento emorragico è un evento in acuto più violento e brusco dell’ischemia ed è associato più
frequentemente ad un disturbo dello stato di coscienza come il coma, esso è un elemento che ci
perme%e di distinguerlo dall’ictus ischemico quando non abbiamo la TAC.
L’emorragia intraparenchimale, de%a anche ipertensiva è cara%erizzata da cefalea vomito disturbo stato
coscienza, sintomatologia similare a quella dell’ipertensione endocranica, può essere causato da stress o
da sforzo o legato al cedimento di un’arteria, da sanguinamento di una malformazione artero-venosa
come il cavernoma, l’altro tipo di emorragia è quella subaracnoidea causata dal cedimento di un’altra
malformazione congenita che è l’aneurisma, esso è una patologia più di pertinenza chirurgica;

Trattamento terapeutico ictus emorragico intraparenchimale


Dal punto di vista comportamentale, l’emorragia intraparenchimale che ha un approccio terapeutico
prevalentemente medico ha uno schema di tra%amento simile a quello ischemico ma ovviamente non
può andare incontro al tra%amento trombolitico; in queste situazioni è fondamentale instaurare una
terapia anti edema esso infa%i è assimilabile ad una lesione occupante spazio, può comprimere la massa
cerebrale e dare una degenerazione rostro-caudale provocando una compressione del tronco encefalico,
che è causa di gravissimi danni per tu%a la vita, per evitare ciò si pratica una terapia anti-edema con
mannitolo, se non dà risultati bisogna praticare una terapia decompressiva di tipo chirurgico; bisogna
praticare un controllo della pressione con grande cautela per ridurla in modo graduale, ovviamente non
si possono usare gli antiaggreganti.

TIA- ATTACCO ISCHEMICO TRANSITORIO


Evento ischemico che determina de2cit neurologici che si devono obbligatoriamente estinguere nel giro
di 24 ore. Per essere un TIA, nessun esame diagnostico deve presentare segni di danno (esempio:l’esame
obie%ivo neurologico deve essere negativo, una RMN cerebrale non deve evidenziare alcuna alterazione
del segnale focale). Sono le cosidde%e “sequenze in diHusione” che, in una RMN, ci perme%ono di
descrivere gli eventi cerebrali acuti.
Il TIA è un evento importante, dal punto di vista clinico, perché so%opone il paziente ad una serie di
altre indagini diagnostiche per valutare la sua condizione cardiovascolare, metabolica, ecc…in maniera
tale da stabilire un adeguato stile di vita, modi2care quei fa%ori di rischio modi2cabili e concentrarsi
sulla terapia che prevede sempre un’antiaggregazione piastrinica, la quale riduce di molto il rischio
trombotico.
Tale terapia può non essere utilizzata in certe condizioni, quali:
 Rischio emorragico troppo alto del paziente
 Allergie ai farmaci utilizzati (generalmente Aspirina e Clopidogrel)
 Coagulopatie congenite

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 56 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 6 MALATTIE VENOSE

TROMBOSI VENOSA
La trombosi venosa è un’ostruzione di un segmento venoso ad opera di un trombo. Nella le%eratura
medica corrente il termine 4ebotrombosi si riferisce ad una trombosi del sistema venoso profondo,
più frequentemente degli arti inferiori (anche se può riguardare anche gli arti superiori,il sistema
giugulare, i seni cerebrali). La trombo4ebite invece indica una trombosi del circolo venoso super2ciale
anche in questo caso essenzialmente degli arti inferiori (ma anche dell’arto superiore o della parete
toracica o addominale). Si tra%a di due quadri clinici completamente diversi sia per la localizzazione sia
per la gravità dato che la trombosi venosa profonda può complicarsi con l’embolia polmonare
(tromboembolismo venoso); la tromboKebite super2ciale invece non si complica mai con una embolia se
non quando il trombo dal circolo super2ciale si estende al profondo.

Fattori predisponenti
- Età: a livello dell’endotelio vascolare esiste 2siologicamente il sistema 2brinolitico che normalmente
interviene, qualora ci sia una condizione trombotica, per ridurla. Gesto sistema è costituito dal TPA
(a%ivatore tissutale del plasminogeno) e dal suo inibitore PAI che si trovano in equilibrio costante. Con
l’età l’endotelio diviene sempre meno eDcacie funzionalmente e si esaurisce anche il sistema
2brinolitico contribuendo all’instaurarsi di una condizione pro-trombotica.
- Patologie cardiovascolari : condizioni che provocano una stasi venosa ed edemi a livello degli arti
inferiori.
- Condizioni di immobilità : portano un aumento del rischio trombotico. L’esempio più classico è la
TVP da lungo viaggio aereo (15-20 h), sindrome da TVP da immobilità, per cui bisognerebbe alzarsi,
camminare o fare dei movimenti di Kesso estensione della gamba e del piede per favorire la circolazione.
- Fattori costituzionali: trombo2lia ovvero una tendenza a sviluppare trombosi venose o arteriose su
base congenita o acquisita. Condizioni di trombo2lia congenita ereditaria : de2cit di proteina C, di
proteina S, di antitrombina III, sono tu%i inibitori della coagulazione presenti 2siologicamente nel
sistema vascolare sempre a livello endoteliale.
- Obesità: il sogge%o obeso si muove poco e sopra%u%o c’è un’enorme pressione sul sistema venoso
degli arti inferiori che comporta una stasi.
- Fumo: è meno importante per la patologia venosa rispe%o alla arteriosa.
- Condizioni debilitanti : patologie croniche quali tbc, stati anemici etc…possono comportare
l’alle%amento per lunghi periodi.
- Tumori maligni : molti tumori secernono fa%ori pro-coagulativi come il TNF e la cancer pro-
coagulant proteine.
- Anticoncezionali orali: estrogeni ed estroprogestinici sono fa%ori pro-trombotici.
- Traumatismi: comprtando l’immobiltà prolungata.
- Interventi chirurgici: in ambito ortopedico (chirurgia di femore e bacino sopra%u%o), ginecologico e
di chirurgia generale (in particolare addominale). In questi pz indipendentemente dall’età si eHe%ua una
pro2lassi con eparina a basso peso molecolare, iniziandola 24-48h prima dell’intervento e
prolungandola 2no a 7-10gg dopo.
- Immobilità prolungata: interessa in particolare i pz internistici per patologie croniche. Dagli ultimi
trials si è evinto che conviene fare la pro2lassi anti-trombotica anche nel pz medico iniziando la
pro2lassi dopo 5-6gg dall’inizio dell’alle%amento.
- Gravidanza: per ragioni emodinamicche, aumento del volume sia dell’addome che dell’utero
comporta un aumento di pressione sul circolo venoso degli arti inferiori; e permodi2cazioni ormonali.
- Altri: l’emoglobinuria parossistica no%urna, la re%ocolite ulcerosa, la sindrome nefrosica, la sindrome
da anticorpi antifosfolipidi.

Patogenesi
Si riconosce classicamente nella Triade di Virchow:
- stasi
- ipercoagulabilità
- alterazioni dell’endotelio.
Oggi si è visto che per la TVP i due fa%ori fondamentali sono stasi e ipercoagulabiltà, dove la stasi

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 57 A cura di ANDREA PERNA


venosa innesca le condizioni di ipercoagulabilità, mentre le alterazioni dell’endotelio giocano un ruolo
abbastanza secondario; nelle tromboKebiti super2ciali si veri2ca l’opposto in quanto il primum movens
è generalmente un’alterazione su base in2ammatoria dell’endotelio e a questa segue l’ipercoagulabilità.

Ogni trombo ha una composizione cellulare stabilizzata dal reticolo di 2brina il quale avvolge
l’agglomerato cellulare.
- Bianco: costituito da piastrine, leucociti e 2brina. Arterioso.
- Rosso: con poche pastrine e leucociti ma molti globuli rossi. Venoso.
- Misto: per apposizione successiva di trombi bianchi e rossi.
Ogni vena è provvista di valvole generalmente bicuspidi; la sede di origine del trombo è proprio la tasca
di queste cuspidi. A questo livello si forma il trombo inizialmente ad opera della stasi dei globuli rossi
(che perme%e la formazione del primo nucleo trombotico), successivamente interviene la 2brina a
stabilizzarlo. Il trombo parte dalla tasca della valvola e può estendersi sia in alto che in basso.
Il trombo aderirà in maniera stabile grazie alla reazione conne%ivale della parete venosa nei confronti
del trombo stesso.
L’età e la terapia 2brinolitica sono fa%ori importanti nel determinare i processi di ricanalizzazione del
trombo: un pz giovane avrà tempi di ricanalizzazione più rapidi rispe%o ad una persona più anziana. La
ricanalizzazione può essere parziale o totale e le tempistiche sono estremamente variabili.
Essa è sicuramente un evento positivo perché determina la disostruzione del tra%o, ma può anche
rappresentare un processo lesivo nei confronti delle cuspidi che si trovavano inglobate nel trombo.
Gindi si può avere una perdita di eDcienza delle valvole venose con conseguente reKusso.
Gesto quadro si chiama sindrome post-4ebitica.
Un’altra possibilità “evolutiva” del trombo è il distacco di parti di esso con conseguente embolizzazione
polmonare.
La trombosi venosa può interessare gli arti, ma eccezionalmente anche le giugulari e i seni venosi
cerebrali. In ogni caso il maggiore carico emodinamico si ha a livello degli arti inferiori.
Nell’ambito degli arti inferiori il più colpito sembra l’arto inferiore sinistro perché si veri2ca una
compressione della vena iliaca sx da parte della arteria iliaca comune dx, che va a cavaliere sulla vena
iliaca comune sx e provoca una compressione di questa.
Nell’ambito della trombosi degli arti inferiori distinguiamo una trombosi prossimale e una trombosi
distale. La distale interessa le vene della gamba (dal piede al ginocchio) con una possibile estensione
alla vena poplitea o alla parte prossimale della vena femorale super2ciale.

I vasi interessati sono: vene tibiali posteriori e le vene tibiali anteriori ( va ricordato che le vene
seguono il decorso delle arterie e sono sempre a doppio) , la rete venosa del polpaccio , che decorre
nello spessore del muscolo surale (principale sede di eventi trombotici distali) e in qualche caso si può
avere un interessamento della vena poplitea che si trova lateralmente rispe%o all’arteria poplitea. Le
trombosi venose distali colpiscono prevalentemente sogge%i anziani o alle%ati, hanno un decorso
abbastanza subdolo poiché non danno un quadro clinico particolarmente evidente (spesso mancano
edema e dolore a monte dell'ostacolo, cioè alla periferia dell'organismo) per cui possono essere
scambiate per ematomi o lesioni neuromuscolari.

Gesto porta ad una mis-diagnosi clinica anche con l’ecocolordoppler, sopra%u%o per i vasi più piccoli.
Nel 40% dei casi si complicano con una embolia polmonare. La trombosi venosa prossimale è più
grave. Interessa le vene: femorale super&ciale, femorale comune, vena iliaca esterna, vena iliaca
comune e in qualche caso la vena cava inferiore. Comporta l' edema di tu%o l’arto, dolore più intenso
e un maggiore rischio di embolia polmonare fatale.

Clinica
Segni della Trombosi Venosa Profonda
All’ispezione si possono notare alcuni segni come dei reticoli venosi in tensione, chiamati “vene
sentinella” che sono espressione dello scarico venoso super2ciale. Nel polpaccio c’è la vena sentinella di
Pra%. Gesti non sono segni molto speci2ci ma sono estremamente sensibili.
Sono stati fa%i alcuni studi che rivelano come, mentre l’obesità e il dolore del polpaccio bilaterale sono
neutri per la comparsa di TVP, altre condizioni come l’edema, la storia di una pregressa trombosi, la
mala%ia neoplastica (quest’ultima è molto importante da ricordare in sede d’esame). La disidratazione è

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 58 A cura di ANDREA PERNA


molto importante: il professore riferisce di aver visto tu%e le trombosi dell’arto superiore in persone
robuste, con muscoli ipertro2ci, uno stre%o toracico ristre%o che avevano sudato so%o il sole (per
esempio portando a mano il motore di un gommone).
Esistono degli score, tra i quali il più usato è il Well’s Score, usati per la diagnosi clinica di TVP.
Il ragionamento clinico è il seguente:
 Sospe%o che il paziente possa avere una TVP sulla base dell’anamnesi e dell’esame obie%ivo
 Faccio l’ecodoppler
In una percentuale dei casi che va dal 60 al 70% trovo la trombosi.
 Gando non la trovo, statisticamente la diagnosi alternativa è una lesione muscolare (40% dei
casi), edema idiopatico, mala%ia venosa non trombotica, edema linfatico, cisti di Baker, una
lesione in2ammatoria del so%ocutaneo, patologia articolare del ginocchio o altre patologie
dell’arto.

Diagnosi
Il gold standard per la diagnosi di primo livello della trombosi venosa è l’ecocolordoppler, che ci
perme%e di individuare sede, dimensione e gravità della trombosi. In secondo livello si possono
utilizzare l’angioTAC o l’ angioRM.

Faccio l’ecodoppler per cercare il reKusso e in realtà scopro che l’eziologia di questa mala%ia è di tipo
trombotico. Gando il trombo non è presente, schiacciando la vena con l'ecografo essa collassa
completamente, mentre quando è presente il trombo questo non avviene. Gesto è il principio della
CUS (ecogra2a a compressione).

La Kebogra2a con mezzo di contrasto è ormai in disuso. La diagnosi si basa su criteri anamnestici,
clinici e strumentali. È dunque inmportante la ricerca dei fattori di rischio e delle condizioni
predisponenti; ricerca di edema e dolore e, secondariamente, di pastosità, cianosi, rossore dell’arto e
presenza di reticolo venoso super2ciale.
Si possono avere fenomeni di trombosi venosa profonda anche a livello dell'arto superiore e le vene
interessate più frequentemente sono: le vene dell’asse succlavio-ascellare (vena succlavia, ascellare), le
vene del braccio (vena brachiale, cefalica, basilica) e le vene dell’avambraccio.
Le tromboKebiti dell’arto superiore sono diventate sempre più frequenti in relazione alle pratiche
diagnostico-terapeutiche che vengono eHe%uate oggi sempre più nei reparti. Il cateterismo di una
succlavia o di una vena giugulare (si parla di trombosi da catetere), le terapie endovenose prolungate in
pazienti alle%ati, la chemioterapia, i farmaci chemio-terapici sono fa%ori favorenti le trombosi venose
profonde dell’arto superiore.
Il segno clinico fondamentale delle trombosi venose profonde dell’arto superiore è l’edema dell’intero
arto o dell’avambraccio a seconda della localizzazione della trombosi.
Invece per le tromboKebiti super2ciali date da traumatismo del circolo venoso super2ciale (ago per
Keboclisi, cannule messi male) si ha la un cordoncino duro, dolente che non è un problema se non un
fastidio per il paziente.
Ci possono essere altre trombosi venose profonde dell’arto superiore che derivano da manovre di
compressione del fascio vascolo nervoso dell’arto stesso.
Si può avere una sindrome dello stre%o toracico superiore con compressione della vena succlavia e della
vena ascellare e trombosi. Oppure queste trombosi possono derivare da uno sforzo 2sico (giocatori di
basket e pallavolisti) oppure trombosi da sforzo eccessivo (carichi molto pesanti nelle donne sopra%u%o)
perché dovute a traumatismo sulla vena interessata.
La trombosi venosa ci può essere anche a livello del sistema giugulare (vena giugulare interna o esterna)
spesso correlata anche a cateterismi in pazienti gravi, alle%ati. Si possono avere anche trombosi dei seni
venosi cerebrali in cui si è visto che ci sono delle relazioni tra le alterazioni del deKusso venoso
cerebrale e l’insorgenza della sclerosi multipla (la cosidde%a SSVI= sindrome da ostacolato scarico
venoso nel circolo venoso del collo).

SINDROME POST-FLEBITICA
La sindrome post-Kebitica consegue alla ricanalizzazione del trombo, che comporta una lesione
anatomo-funzionale del sistema venoso con distruzione valvolare e reKusso venoso con conseguente
ipertensione venosa, tanto elevata da non poter essere compensata dalla deambulazione. Gesta

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 59 A cura di ANDREA PERNA


ipertensione può determinare una forzatura delle comunicanti con trasmissione di valori pressori
elevati al circolo super2ciale.
Il circolo super2ciale e quello profondo sono messi in comunicazione dal sistema delle vene
perforanti.
Normalmente il circolo super2ciale drena nel profondo, quindi il sangue veicolato da grande safena e
piccola safena viene scaricato tramite le perforanti nel circolo profondo (quindi nella poplitea, nella
femorale super2ciale, femorale comune).
Normalmente il Kusso a%raverso le perforanti è unidirezionale.
Gando si raggiunge un gradiente pressorio elevato la direzione del Kusso si inverte e dal profondo il
sangue drena in super2cie, perciò sia il circolo super2ciale che il circolo profondo saranno
sovraccaricati e si apprezzeranno le varici secondarie all’ipertensione.
La sindrome post-Kebitica si manifesta con discromie e iperpigmentazione della cute (che apparirà di un
colorito brunastro), edema dell’arto e dermatite da ipodermite da stasi.
L’aumento della pressione veno-capillare determina una stravaso di liquidi, di emoglobina e di 2brina
nello spazio interstiziale con accumulo cronico di emosiderina e conseguente “dermatite ocracea”
(dermoipodermite liposclerotica ed emosiderinica ).
La conseguenza prossima sarà la comparsa di ulcere post-Kebitiche tipicamente perimalleolari,
generalmente a 2-3cm dal malleolo mediale, estremamente dolorose, recidivanti e il pz avrà una
claudicatio post-trombotica, per cui anche camminando avrà dolore.

Geste hanno una morfologia più irregolare rispe%o alle normali ulcere venose e sono circondate da
una regione bianca de%a atro2a bianca di Milian, connessa con l’ischemia a livello del sistema arteriolo-
capillare. Le ulcere possono estendersi prossimalmente e possono essere anche molteplici. Bisogna
intervenire con una terapia vaso-compressiva con bendaggio mediante calza elastica di seconda-terza
classe. A diHerenza dell’ulcera da stasi la sintomatologia dolorosa non migliora con il posizionamento
dell’arto disteso in alto.

TROMBOFILIA
Trombo2lia è una tendenza ereditaria o acquisita a sviluppare un tromboembolismo venoso.
La trombo2lia ereditaria, come già de%o, è una tendenza determinata geneticamente e a cara%ere
familiare. Si manifesta ad un certo punto nella vita di un individuo in relazione all’età e ad altri fa%ori
ambientali che possono scatenare l’evento trombotico (fa%ori ambientali agiscono su tendenza
genetica).
La trombo2lia ereditaria va sosspe%ata:
- in un pz giovane che sviluppa un tromboembolismo, perché la trombosi venosa colpisce più
frequentemente uomo in età medio-avanzata;
- in caso di trombosi idiopatiche (traumi,interventi);
- paziente giovane con ricorrenza di trombosi ripetute;
- quando sono trombosi in sedi atipiche (tromboKebite spontanea senza traumi dell’arto superiore, della
vena cefalica, basilica, brachiale, trombosi della vena mammaria in giovani donne o uomini);
- quando c’è una storia di tromboembolismo venoso; quando la trombosi si associa a perdita del feto in
gravidanza;
- quando ci sono delle condizioni particolari, rare come la necrosi cutanea da dicumarolici o la porpora
neonatale fulminante.
In questi casi, secondo le linee guida della SISET (società per lo studio dell’emostasi e trombosi)
pubblicate nel 2000, bisogna fare uno screening per la trombo2lia.
Per essere eDcace uno screening per la trombo2lia deve dosare:
- Antitrombina III: inibitore endogeno, 2siologico della trombina, cofa%ore dell’eparina.
- Proteina C
- Proteina S
Stiamo parlando di de2cit quantitativi (molecole stru%uralmente normali ma presenti in quantità rido%e
o assenti) perché ovviamente esistono anche alterazioni qualitative di determinati fa%ori della
coagulazione.
- Fattore V di Leiden (dal nome della ci%adina olandese in cui fu eHe%uato il primo studio che
dimostrò questa anomalia genetica) in cui il fa%ore V non è carente da un punto di vista quantitativo
ma è alterato da un punto di vista qualitativo. In posizione 506 si ha una sostituzione di un’arginina con
una glutammina, il fa%ore V diventa resistente al taglio da parte della proteina C che quindi non riesce

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 60 A cura di ANDREA PERNA


a stoppare la coagulazione (si parla di resistenza alla proteina C). Il fa%ore V di Leiden è un altro fa%ore
che va ricercato nello screening per la trombo2lia nei pazienti a rischio.
- Mutazione G20210A della protrombina
Nel 30 % dei casi in cui c’è una mutazione del fa%ore V Leiden c’è anche una mutazione della
protrombina con sostituzione di una glutammina con un’alanina.
- L’iperomocisteinemia, cioè un incremento del tasso di omocisteina circolante che può essere su base
congenita (da mutazione genetica della metiltetraidrofolatoredu%asi, enzima della via catabolica della
cisteina) o acquisita (per carenza di folati nella dieta – si può correggere con somministrazione esogena)
e che può portare sia a trombosi venose che arteriose con disfunzione endoteliale (che produce le
sostanze sia anticoagulanti che procoagulanti).
- Sindrome da anticorpi antifosfolipidi , una combinazione di trombosi arteriosa e venosa,
complicanze ostetriche e presenza di anticorpi antifosfolipidi in almeno due prelievi eHe%uati a distanza
di almeno 6 se%imane l’uno dall’altro. Per fare diagnosi di questa sindrome c’è bisogno di 2 criteri, uno
clinico e uno laboratoristico.

INSUFFICIENZA VENOSA SUPERFICIALE


È una mala%ia cara%erizzata da un’alterazione del ritorno venoso sopra%u%o degli arti inferiori, molto
diHusa a livello mondiale perché legata fondamentalmente allo stile di vita.
Il sesso più colpito è quello femminile con un rapporto di 4:1 nelle età più giovanili, man mano che l’età
avanza questa diHerenza tra i due sessi tende a ridursi sino a un rapporto di 2:1.
La patologia venosa è in aumento sopra%u%o perché lo stile di vita è cambiato nel mondo, in particolare
man mano che il livello socio-economico aumenta, ci si muove di meno e quindi la minor
deambulazione favorisce la stasi venosa con aumento del rischio di insuDcienza venosa. A questo si
uniscono i problemi di obesità e sovrappeso tipico delle civiltà ricche.
Altri fa%ori che portano alla comparsa di “varice”: terapie con estroprogestinici, fa%ori di debolezza
costituzionale del sistema venoso super2ciale (grande e piccola safena), ecc..
Gando si parla di “varice” intendiamo l’espressione anatomo-clinica di una insuDcienza venosa
super2ciale; signi2ca “vena dilatata e tortuosa, ad aspe%o serpiginoso”.
Le vene più colpite sono le vene del circolo venoso super2ciale: la vena grande e piccola safena. La vena
grande safena è la vena più importante, nasce dietro al malleolo mediale, a livello della pianta del piede,
come prolungamento della vena marginale mediale del piede; sale progressivamente lungo la faccia
mediale, interna della gamba e della coscia e sbocca nella vena femorale comune a livello della piega
dell’inguine o 1-2 cm al di so%o della piega inguinale a%raverso la cross safeno-femorale.
La piccola safena: nasce dalla vena marginale laterale del piede, al di dietro del malleolo esterno,
laterale; decorre sulla faccia posteriore della gamba e sbocca nella vena poplitea a livello del cavo
popliteo a%raverso la cross safeno-poplitea.
La maggior parte delle varici saranno a carico della grande safena e interesseranno la faccia interna sia
della gamba che della coscia. Le varici della piccola safena interesseranno sopra%u%o la faccia
posteriore della gamba.
I sintomi sono estremamente variabili: il quadro clinico può essere cara%erizzato da edema, sopra%u%o
serale (sopra%u%o terzo inferiore della gamba), dolore, senso di peso, parestesie, bruciore. Tu%a una
serie di sintomi che non sono sempre quanti2cabili e costanti ma variano da paziente a paziente.

Generalmente questi pazienti più stanno fermi (sia in posizione ere%a che in posizione seduta) e più
stanno male, si accentua il gon2ore, la pesantezza, il dolore, e stanno meglio camminando perché il
“cuore periferico o cuore venoso” è la pompa muscolare del polpaccio che svuota il contenuto venoso e
quindi migliora la sintomatologia.
Gesta è una diHerenza con il paziente arteriopatico (per lo meno ad uno stadio II) che invece sta bene
se sta fermo e comincia ad avere la claudicatio quando deambula. Il fa%o che deambulando la
sintomatologia migliora deve orientare verso un problema di natura venosa.
Bisogna so%oporre il pz ad un ecocolordoppler del circolo venoso che non perme%e solo di evidenziare
una trombosi (per cui è il gold standard) ma anche una insuDcienza venosa a seconda della presenza di
reKusso con le manovre di compressione/decompressione del sistema venoso.

Chiaramente il paziente con insuDcienza venosa verrà poi tra%ato con terapie con Kebotonici e
sopra%u%o si fa una terapia con la compressione elastica (calze elastiche) che perme%ono di

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 61 A cura di ANDREA PERNA


controbilanciare l’aumento della pressione venosa. Poi c’è la terapia chirurgica che oggi viene sempre
più sostituita dalle tecniche endovascolari, il cosidde%o laser endovascolare che perme%e di tra%are le
vene insuDcienti obliterandole ed escludendole dal sistema venoso (rimane circolo collaterale sano).
E’ un problema socio-economico molto importante perché i costi per il tra%amento e per le cure
dell’insuDcienza venosa sono molto elevati e questo ancor di più quando si instaura la complicanza più
importante dell’insuDcienza venosa: l’ulcera venosa o varicosa.
E’ un ulcera che si instaura generalmente a livello del malleolo mediale, 2-3 cm al di sopra del malleolo
mediale (sovramalleolare mediale), che ha una forma tondeggiante e ovalare e sopra%u%o è torpida ,
cioè guarisce molto lentamente (mesi o anni). Non è molto dolente per il paziente, è dolente quando si
va a fare la toile%e del fondo dell’ulcera e si fa perché sul fondo dell’ulcera c’è la complicanza più
importante che è la sovrainfezione dell’ulcera (sopra%u%o sta2locchi e streptococchi) con formazione di
pus giallastro e maleodorante. Da una parte l’ulcera diventa più dolente dall’altra guarisce molto più
lentamente.

Ogni volta che ci si trova davanti un’ulcera venosa bisognerebbe esaminare il fondo dell’ulcera
sfasciando la gamba del paziente dalle bende elastiche e fare un cure%age del fondo con un bisturi da
pus e provocare un sanguinamento che faciliti la cicatrizzazione. Oltre a ripulirla dovremmo dare una
terapia antibiotica al paziente per eliminare l’infezione. I tempi di guarigione sono molto lunghi: mesi o
anni anche perché spesso questi pazienti vagano da un medico all’altro e vengono spesso curati in
maniera non idonea.
L’altra complicanza della varice è la varicoKebite, cioè una tromboKebite che si instaura su una varice.

Una varice quindi può trombizzarsi, si parla comunque di varici molto grosse a livello sopra%u%o del
terzo superiore di gamba o di coscia. La diagnosi si basa su:
- Criteri clinici: gavocciolo varicoso diviene rilevato, duro, non compressibile, dolente, con la cute
sovrastante arrossata.
- Criteri strumentali: ecocolordoppler evidenzia tromboKebite delle varici, riguardanti sopra%u%o la
grande e piccola safena. In questo caso conviene asportare le varici per evitare il rischio di tromboKebiti
recidive, ricorrenti.
Nell’insuDcienza venosa cronica avremo il quadro, descri%o nella sindrome post-trombotica, cioè le
alterazioni cutanee dermoipodermite derivanti da alterazioni del tro2smo cutaneo, del circolo arteriolo-
veno-capillare. Gindi abbiamo un aumento della pressione a livello del le%o capillare, stravaso di
globuli rossi e macromolecole come il 2brinogeno, deposito di emosiderina, strozzatura dei capillari da
parte di manico%i di 2brinogeno che comporta quell’aspe%o biancastro de2nito atro2a bianca di Milian
che è un paradossalmente un fenomeno di tipo ischemico microcircolatorio in una patologia di tipo
venoso (coesistenza patologia artero-venosa).

Terapia
La pro&lassi antitrombotica è indicata nel paziente trombo2liaco, nelle mala%ie mediche (come lo
scompenso cardiaco congestizio), mala%ia respiratoria grave con ricovero che supera i 3 giorni. In
realtà, qualsiasi patologia che comporti un’ospedalizzazione per più di 3 giorni necessita di pro2lassi
antitrombotica a meno di controindicazioni. Le mala%ie in2ammatorie intestinali (Crohn, re%ocolite
ulcerosa) sono patologie estremamente protrombotiche.
Si utilizzano:
 Eparina non frazionata
 Tu%e le eparine a basso peso molecolare (la calciparina è indicata in pazienti con insuDcienza
renale)
 Pentasaccaride (fondaparinux)
La pro2lassi antitrombotica è controindicata, ad esempio, nel caso di un pregresso intervento chirurgico
di asportazione di un tumore del sistema nervoso centrale. In tal caso è stato dimostrato che la
pressoterapia sequenziale o la calza antitrombo ha un suo ruolo antitrombotico.

LINEE GUIDA IN FLEBOLOGIA


Le linee guida della Kebologia più importanti sono state elaborate da parte di due società americane,
l’American Venous Forum e la Society for Vascular Surgery;
In ordine cronologico nasce per prima la classi2cazione CEAP (1995); poi è venuta una classi2cazione

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 62 A cura di ANDREA PERNA


che da il punteggio dinamico di severità della mala%ia, il Venous Severity Score (2000), il quale è
dinamico, a diHerenza della CEAP, in quanto mostra meglio della CEAP come gli interventi terapeutici
possano migliorare la situazione del paziente. Spesso si sente che nei pazienti ci sono varici che vanno
sempre peggio, che si riformano, ecc.. sono cose che si sentono in eHe%i perché non ci sono molti
strumenti per vedere se c’è miglioramento o meno. E in2ne, ultima classi2cazione in ordine
cronologico, è il VEIN-TERM Consensus Document (2002), nato sempre più o meno dagli stessi
autori.

La classi&cazione CEAP
CEAP sta per classi2cazione clinica, eziologica, anatomica e 2siopatologica.
- La classi(cazione clinica prevede la C, l’eziologica la E, l’anatomica la A e la 2siopatologica la P. La
cosa più importante sostanzialmente è dare il C corre%o alle persone. Nella classi2cazione clinica il C0
non ha nulla, mentre il C1 ha queste vene reticolari, che già dovreste conoscere. Le vene reticolari sono
le vene da 1 a 3 mm, misurate in ortostatismo con l’ecocolordoppler trasversale con la gamba
interessata non poggiata per terra. Gindi parliamo di vena reticolare tra 1-3 mm, mentre parliamo di
vene varicose, sia safeniche sia extrasafeniche, quando siamo oltre i 3 mm e con le vene varicose si
passa alla classe C2. L’edema, dovuto esclusivamente ad una causa venosa, determina il passaggio alla
classe C3.
Mentre per C0, C1 e C2 parliamo di chronic venous disease (mala%ia venosa cronica), da 3 in poi
parliamo di chronic venous insuf(cience (insuDcienza venosa cronica). Chronic venous disorder ,
che è un termine intraducibile in italiano, in pratica comprende tu%o.
- L’eziologia è molto semplice: può essere C congenita da malformazione, S secondaria (essenzialmente
trombotica, ma anche da 2stola artero-venosa) e P primaria, per la gran parte delle varici.
- Per l’anatomia bastano S super2ciale, P perforante e D profondo, sono i tre distre%i venosi che vanno
valutati con la stessa dignità, come dicevo prima agli specializzandi.
- È importantissima la (siopatologia: abbiamo R reKusso, O ostruzione (in realtà esiste una
distinzione tra ostruzione e ricanalizzazione parziale) oppure R-O per entrambe le cose. Oppure ci può
essere il conce%o senza che ci sia nessuno tra questi meccanismi: se non trovo nessuno tra questi
meccanismi o nessuna tra queste vene non è un edema di origine venosa-
Chi ha CEAP 2 ha solo le varici, mentre chi ha CEAP 2-3 ha varici ed edema; uno che ha CEAP 2-3-4 ha
varici, edema e pigmentazione.

Il Venous Severity Score


Nasce come aggiunta per dare Kessibilità nel tempo alla classi2cazione CEAP, che è piu%osto statica.
Utilizzando alcuni score di severità io posso migliorare la valutazione degli outcome (termine di per sé
intraducibile in italiano, che noi potremmo intendere come obie%ivi o risultati in questo contesto, in
campo venoso). Lo score è stato poi anche revisionato. Il severity score si serve di :

- c’è un punteggio anatomico , che è una cosa che non può tanto prendere piede perché
richiede tanto tempo dal punto di vista culturale;
- ma fondamentale in Kebologia come in tu%a la medicina è fare un punteggio funzionale,

- Punteggio clinico (VCSS: Venous Clinical Severity Score; anamnesi ed esame obie%ivo ): I sintomi
sono classi2cati come lievi, moderati e severi.
Il sintomo venoso può essere un cocktail di sintomi della mala%ia venosa cronica: i pazienti lamentano:
- dolorabilità,
- senso di peso,
- prurito,
- aHaticabilità,
- crampi,
Gesti sintomi sono presenti in forma lieve, se sono occasionali e non limitano le normali a%ività
quotidiane, in forma moderata, se insorgono quotidianamente senza limitare le normali a%ività, e in
forma severa, quando limitano le varie a%ività quotidiane.
- Poi ci sono le varici che sono un dato obie%ivo che fa parte di questo punteggio: possono
essere delle varici sporadiche, cioè non tronculari (piccoli frammenti di varice nel contesto di tu%o il
tessuto so%ocutaneo degli arti). Viene data importanza anche alla corona Kebectasica, che veniva

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 63 A cura di ANDREA PERNA


trascurata dalla CEAP, che in sostanza è un reticolo di capillari che si trovano sopra l’arco plantare i
quali sono un segno di insuDcienza venosa.
- La pigmentazione perimalleolare è molto frequente e già quando sale al terzo inferiore diamo
due punti, mentre per l’intera gamba tre punti.
- Abbiamo l’in2ammazione, che sarebbe l’arrossamento perimalleolare della gamba, la dermatosclerosi.
- La presenza di ulcere a%ive modi2ca il punteggio in maniera notevole: se sono una, due, tre o più. Poi
abbiamo la loro durata: meno di tre mesi, tra tre mesi e un anno, ulcere che non guariscono. Le
dimensioni: inferiore a 2 cm, tra 2 e 6 cm e più di 6 cm.

Gesto ha una grandissima utilità per esempio in un pz che deve essere operata, che ha, un dolore
sogge%ivo quotidiano, multiple varici, edema solo di pomeriggio e quindi ha due punti per ciascuno;
non ha tu%i gli altri segni, la terapia compressiva la fa quasi tu%i i giorni, per cui prende un punteggio
totale di 8.
Viene operato, e il miglioramento lo si noti2ca con un passaggio da 8 a 4 del Venous Clinical Score,
perché non ha più dolore quotidiano, non ha più fastidio venoso, ha poche vene varicose, mentre resta
l’edema soltanto di pomeriggio e l’elastocompressione rimane.

- Punteggio anatomico (VSDS: Venous Segmental Disease Score; ecocolordoppler) : Gesto punteggio
non ha avuto molto successo, perché è un po’ complicato da fare, però classi2cherebbe da un punto di
vista anatomico il sogge%o in maniera estremamente precisa, tu gli daresti un punteggio per il reKusso e
un punteggio per la trombosi.
- Punteggio funzionale (VDS: Venous Disability Score; questionario sempli2cato, eventualmente
QoL): Gesto è estremamente semplice come score, in genere i questionari sulla qualità della vita sono
complicati, sono almeno 13-20-30 domande.
Bisogna chiedere se il pz:
- è sintomatico, ma svolge le normali a%ività anche senza le calze elastiche;
- è obbligato ad usare le calze elastiche per essere sintomatico
- è obbligato a riposarsi periodicamente,
- può succedere che neanche con le calze elastiche, neanche sollevando l’arto, riesca a vivere in
maniera normale.

Il Vein-Term Consensus Document


Il conce%o generale è questo: si parla di grande safena e piccola safena , non più di safena interna ed
esterna o safena mediale e laterale.
C’è una discussione sulla vena femorale : voi sapete che ci sono una vena femorale comune, una
super2ciale e una profonda. Entrambe le vene femorali super2ciali e le vene femorali profonde (sono
più di una), sono profonde, in quanto so%ofasciali, anzi, la più importante è proprio la vena femorale
super2ciale.
Siccome è successo che alcune trombosi della vena femorale super2ciale sono state considerate
tromboKebiti super2ciali, e tra%ate soltanto con antiin2ammatorio, ci sono stati dei casi di embolia a
causa di questo misunderstanding, per cui a livello internazionale hanno de%o di evitare assolutamente
il termine “vena femorale super2ciale”, che può essere fuorviante.
Si parla poi di vena femorale a livello inguinale e a livello di coscia e non di vena femorale comune; poi
la vena femorale profonda resta tale perché non confondibile.
Gesta cosa non ha preso piede, noi abbiamo suDciente cultura in Italia per sapere che la vena femorale
super2ciale è una vena profonda e quindi questo cambiamento non l’abbiamo acce%ato.
Per quanto riguarda alcune vene particolari, perforanti, accessorie, hanno tolto tu%i i nomi italiani che
c’erano (vena di Leonardo, di Giacobini, ecc..) e le hanno chiamate a seconda della loro posizione.
Anche le perforanti non hanno più il loro nome particolare, ma le chiamano perforanti del piede, della
caviglia, della gamba, del ginocchio, della coscia e del gluteo.
È importante avere ben chiare le de2nizioni:
- disorder copre l’intero spe%ro delle mala%ie venose e in pratica è un termine che viene a%ribuito
soltanto alle lesioni veramente minime, tipo le teleangectasie isolate, in modo da non conferire a queste
lesioni la dignità di mala%ia. Ci ricorderemo in particolare della mala4ia venosa cronica che è quella
senza insuDcienza e l’insu5cienza venosa cronica che è quella che parte con l’edema, perché in eHe%i
l’edema è una forma di scompenso, e dall’edema derivano tu%i i guai successivi che portano all’ulcera

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 64 A cura di ANDREA PERNA


venosa.
- I conce%i di prossimale e distale : una vena prossimale è quella dalla vena poplitea in su e una vena
distale è quella dalla vena poplitea in giù, quindi se io dico che ho avuto una trombosi distale sto
dicendo una trombosi del polpaccio, se dico trombosi prossimale dico o dire%amente prossimale o del
polpaccio che si è estesa 2no alla femorale super2ciale.
- Siccome le vene vanno al contrario delle arterie come Kusso, c'è una certa diDcoltà nel de2nire qual è
la testa e quale la coda del trombo Ko%ante. Per cui descrivendolo si useranno i termini estremità distale
e prossimale del trombo. Poi ci sono i sintomi venosi, c’è una distinzione tra varici recidive e residue :
sono termini post intervento chirurgico.
- La varice recidiva è la varice che ritorna dopo l’intervento, la residua è quella che viene lasciata dal
chirurgo.
- Il conce%o di re6usso assiale è molto importante, entra nelle linee guida e cambia le decisioni da
prendere. Il reKusso sarebbe sangue che torna indietro per una durata superiore al secondo misurato
con l’ecodoppler facendo delle manovre evocative tipo quella di Varsalva oppure una spremitura
prossimale rispe%o alla vena, e il reKusso assiale è quello più lungo che prende sia coscia che gamba, il
re6usso segmentario quello che prende o coscia o gamba.
- Abbiamo anche la diHerenza tra occlusion, che è l’occlusione completa, e obstruction, che è quella
parziale. In arteriologia usiamo stenosi, stenosi emodinamica, stenosi non emodinamica, stenosi serrata,
ostruzione. Gando c’è un’ostruzione della carotide interna vuol dire che è completamente chiusa e non
si discute; in Kebologia, invece, diciamo trombosi ostru%iva o trombosi non ostru%iva della vena.

Caso clinico
Donna di 70 anni è stata ricoverata 3 mesi fa per una fra%ura pelvica in seguito a una caduta che ha
richiesto un interventi chirurgico. In seguito all’intervento ha avuto embolia polmonare segmentaria.
In passato non aveva mai avuto problemi di questo genere.
In seguito a diagnosi ha preso l’anticoagulante orale, una compressa di warfarin ogni sera, mantenendo
l’INR nel range terapeutico, che per le recidive di mala%ie tromboemboliche è compreso tra 2.0 e 3.0.
Adesso lei è asintomatica, non ha dolore toracico, non ha dispnea e non ha edema alle estremità.

Gale consiglio diamo alla paziente che ha avuto tre mesi fa questo episodio di embolia polmonare?
 Continuare la terapia come sta facendo per altri 6 mesi
 Sospendere la terapia senza altri controlli
 Sospendere la terapia solo se una TC mostra una risoluzione dell’embolismo polmonare
 Ridurre la dose di anticoagulante e continuare la terapia per altri 3 mesi con un INR tra 1,5 e
2,5
 Oppure sostituire il warfarin con un nuovo anticoagulante orale della famiglia degli xabani che
sono antagonisti del fa%ore X a%ivato e quindi esercitano un eHe%o anticoagulante
comparabile con quello dei dicumarolici.

L’approccio terapeutico che si usa è: se si tra%a di un episodio isolato alla base del quale c’è stata una
situazione acuta non ripetibile, come un intervento ortopedico, il periodo di tra%amento anticoagulante
consigliato per una mala%ia trombotica o per una embolia polmonare non complicata è di 3 mesi.
Se invece fosse stata un’embolia massiva si può arrivare 2no ai 6 mesi.
In caso di embolia cosidde%a idiopatica facciamo uno screening della coagulazione senza trovare alcun
fa%ore alterato o causa apparente e prolunghiamo la terapia per 6 mesi, mentre solo in presenza di
diatesi trombotica l’anticoagulante va protra%o per il resto della vita.

7indi la necessità di terapia di questa paziente è di tre mesi e visto che ha iniziato il tra4amento tre mesi
prima è possibile tranquillamente sospendere la terapia senza fare altro.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 65 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 7 VASCULITI

Nell’ambito della Medicina Interna le vasculiti oHrono spunti importanti dal punto di vista diagnostico
e terapeutico, sopra%u%o perché ad oggi disponiamo di un “armamentario” variegato e poiché in ambito
non specialistico oHrono numerose problematiche di tipo diagnostico diHerenziale. Una diagnosi
circostanziata è pertanto spesso non facile, potendo essere risolta solo a livello bioptico con problemi
pratici nella gestione del paziente.
Le vasculiti sono dei processi Kogistici cronici che causano degenerazione o disregolazione del sistema
vascolare, quindi possiamo avere delle sindromi che nascono da processi ischemici sia a livello sistemico
o con danno d’organo (principalmente cute, sistema cardiovascolare, rene e SNC; nei casi più rari può
essere coinvolto il SNP, con importanti problematiche di tipo diagnostico diHerenziale).
E’ possibile classi2care le vasculiti in:
- Forme primarie (non associate ad altro tipo di patologia);
- Forme secondarie (in genere associate ad Artrite reumatoide e LES).
In base all’estensione anatomica riconosciamo vasculiti:
 Organo-speci2che (cute e so%ocute, a volte solo il rene così come il sistema gastro-intestinale
con problemi di diagnosi diHerenziale);
 Sistemiche (con interessamento di tu%o l’albero vascolare con sintomatologia variegata e
aspeci2ca, spesso subdola).
Da un punto di vista patogenetico, le vasculiti sono la conseguenza dell’a%ività di:
3. IMMUNOCOMPLESSI: rappresentano il primum movens della risposta in2ammatoria e in
genere si considerano queste reazioni causali della vasculite quando l’Ag rispe%o all’Ab non è
in forte eccesso: la quantità di Ab e Ag è quasi equimolare con possibilità dell’inizio delle
reazioni complemento-mediate che determinano la reazione in2ammatoria vasale;
4. ANCA: sono autoanticorpi i cui target sono una proteinasi a serina dei neutro2li, la Proteinasi-
3 (Pr3), e un enzima utilizzato nel burst ossidativo dei neutro2li che è la mieloperossidasi
(MPO).
5. T-CELLS E GRANULOMI: la lesione anatomo-patologica più importante è il granuloma e la
componente linfocitaria è segnatamente la “T”, importante nello sviluppo della Kogosi.
IMMUNOCOMPLESSI
Si cara%erizzano per un lieve eccesso di Ag rispe%o all’Ab; la formazione degli immunocomplessi in
relazioni equimolari determina un’a%ivazione della via del complemento con creazione della
componente a%ivata dello stesso (come C5a, che ha a%ività chemiota%ica molto intensa nei confronti
dei PMN neutro2li che vengono quindi richiamati nella zona in cui c’è deposizione di immunocomplessi
a livello sub endoteliale e determinano le lesioni in2ammatorie a seguito della dismissione di enzimi
proteolitici e specie radicaliche dell’O2; tale azione è prevalente a livello renale).
Le cause responsabili della formazione degli immunocomplessi sono diverse:
 farmaci
 sieri utilizzati in terapia (di natura umana o animale)
 Ag virali, sopra%u%o HBV e HCV, crioglobulinemie, cioè la presenza di frammenti di
immunoglobuline e altre proteine classiche che precipitano a certe temperature con creazione
degli immunocomplessi che triggerano la reazione in2ammatoria;
 Conne%iviti autoimmuni, come la presenza degli anticorpi anti-DNA a singola e doppia catena
nel LES o il fa%ore reumatoide nell’AR.
ANCA
Gli ANCA sono di 2 tipi:
- cANCA: sono diHusi nel citoplasma dei PMN e sono dire%i contro la Pr3; sono tipicamente
presenti nella Granulomatosi di Wegener;
- pANCA: hanno un pa%ern perinucleare e sono dire%i contro la MPO; sono presenti nella
Granulomatosi di Wegener, Churg-Strauss (ha una predisposizione alle vasculiti dell’albero
circolatorio polmonare con in2ltrato anche di eosino2li oltre che neutro2li che da’ luogo a
necrosi 2brinoide)e poliangite microscopica (di diDcile diagnosi, può associarsi all’uso di
alcuni farmaci).

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 66 A cura di ANDREA PERNA


A) si intravede in negativo il nucleo e il citoplasma è omogeneamente Kuorescente perché l’Ab
dell’immunoKuorescenza dire%o contro l’Ab anti-MPO è diHuso nel citoplasma; sono stati messi in
commercio dei kit che consentono con l’immunoKuorescenza una diagnosi di vasculite da cANCA in
tempi brevi (anche 4-5 ore dall’ingresso del pz in PS).
B) si notano i nuclei con colorazione a semiluna (cara%eristica) perinucleare della MPO.
Gesti Ab (cANCA e pANCA) stimolano le reazioni dei PMN neutro2li e determinano la lesione dovuta
al rilascio degli enzimi e delle specie chimiche che i PMN utilizzerebbero nelle reazioni contro agenti
esterni; in questo caso, non essendoci nessun agente patogeno, queste specie chimiche vanno a ledere le
stru%ure della parete vascolare.

QUANDO SOSPETTARE UNA VASCULITE


 SINTOMI GENERALI, ASPECIFICI → dovuti al rilascio di citochine:
- malessere
- febbre bizzarra, sopra%u%o serotina
- perdita di peso
 SINTOMI ORGANO-SPECIFICI → correlati al danno ischemico-emorragico 2no a de2cit
neurologici di tipo motorio o sensoriale, funzione d’organo lesa a livello renale con
ingravescente oliguria e sopra%u%o proteinuria (spesso il pz si rivolge al medico poiché nel
momento in cui eme%e le urine le stesse “schiumano”) per danno della va scolatura
glomerulare.
Comunque le vasculiti si cara%erizzano per avere un decorso subacuto (durata di se%imane, mesi o
addiri%ura anni)e per dare sintomi aspeci2ci come dolore, febbre, eruzioni cutanee, artralgie/artriti ed
evidenza di un interessamento di più organi.

CLASSIFICAZIONE DELLE PiU’ IMPORTANTI VASCULITI SULLA BASE DEL DIAMETRO


DEI VASI COLPITI
GRANDI VASI: arco aortico e circolo coronarico prevalentemente:
 ARTERITE A CELLULE GIGANTI
 TAKAYASU
MEDI VASI:
 POLIARTERITE NODOSA
 KAWASAKI
 VASCULITE PRIMARIA DEL SNC
 BUERGER
PICCOLI VASI: distinguamo ancora :
 Vasculiti ANCA+ :
 POLIANGITE MICROSCOPICA
 WEGENER
 CHURG-STRAUSS
 DA FARMACI
 Vasculiti da IMMUNOCOMPLESSI:
 IPERSENSIBILITA’
 CRIOGLOBULINEMIA
 MALATTIE DEL CONNETTIVO
 MALATTIE DA SIERO
 PARAINFETTIVE

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 67 A cura di ANDREA PERNA


 Vasculiti da Auto-Ab (di solito IgA):
 GOODPASTURE
 PARANEOPLASTICA (sopra%u%o linfomi B a grandi cell)
 BEHCET

ARTERITE A CELLULE GIGANTI (DI HORTON)


L’ incidenza è bassa ( 1̴ /1000000), prevalentemente in sogge%i >50 aa (80% >60aa).
I sintomi sono aspeci2ci (astenia e febbre); è presente una polimialgia di tipo reumatico (astenia e dolore
ai cingoli) poco responsiva ai FANS e ovviamente più responsiva agli immunosoppressori come i
corticosteroidi.
Spesso coinvolge rami arteriosi epiaortici, in particolare le arterie okalmiche e l’arteria temporale. I
sogge%i più “sfortunati”possono anche giungere ad una cecità improvvisa bilaterale. Un segno
importante è la claudicatio masticatoria: i pz hanno violenti dolori durante la masticazione e
necessitano pertanto di interrompere la masticazione come conseguenza dell’interessamento vasculitico
dei vasi che servono i muscoli masticatori.
In tu%i questi casi è sempre opportuno valutare i biomarkers in2ammatori, in particolare la VES e la
PCR.
Spesso è presente un’anemia microcitica ipocromica, tipica delle iposideremie: in eHe%i la sideremia in
questi pazienti è rido%a come conseguenza dell’aumentato rilascio dell’epcidina da parte degli enterociti
so%o lo stimolo delle citochine (IL-6 e TNF-α): l’epcidina, riducendo l’esposizione della ferroportina,
determina una riduzione dell’assorbimento intestinale di ferro. Lo stato anemico si associa alle
condizioni in2ammatorie e il tu%o contribuisce allo stato di malessere generale del pz.
A volte nell’arterite di Horton è possibile evidenziare una “rilevazione” dell’arteria temporale che risulta
essere dolente al ta%o: in questi casi è possibile biopticare per porre diagnosi (infa%i la diagnosi
de2nitiva è bioptica con l’identi2cazione delle cellule giganti.

ARTERITE DI TAKAYASU
Interessa sopra%u%o l’arco aortico e i suoi rami, spesso le coronarie.
La frequenza è sempre bassa (3-4/1000000). Spesso sogge%i di sesso F in giovane età (<40aa)
L’eHe%o ultimo è quello di determinare una stenosi e quindi un’ischemia del territorio a valle. Essendo
coinvolto tu%o l’arco, possiamo avere vasculiti dei rami ascendenti (verso il SNC) o discendenti (con
possibile coinvolgimento delle arterie renali e compromissione della funzionalità renale).
Nel caso in cui ci sia un interessamento dell’arteria succlavia è possibile identi2care delle irregolarità
del polso arterioso con riduzione o scomparsa della pulsatilità.
Possibili soD aorto-addominali, con evidenza all’aortogra2a di restringimenti di tra%i dell’aorta o dei
suoi rami principali in assenza di aterosclerosi o displasia 2bromuscolare.
Di frequente riscontro è la presenza di aneurismi, conseguenza dell’indebolimento della parete vasale,
con esito in tromboembolismo o ro%ura.
Dunque nel sospe%o di un’arterite di Takayasu c’è indicazione a un’aortogra2a o una coronarogra2a a
seconda dei sintomi.

POLIARTERITE NODOSA
Colpisce le arterie di medio calibro; incidenza 6/1000000 con età media 40-45aa e nel 10-30% dei casi si
associa a infezione da HBV e HCV.
Sono stati segnalati alcuni casi sporadici a seguito della somministrazione di vaccini. Numerosi studi
hanno proposto che la patogenesi potesse riconoscere una base eredo-familare ma non è stato
dimostrato.
I sintomi sono abbastanza generici, come perdita di peso (tra il 5 e il 20% del peso corporeo di un
adulto). Una cara%eristica invece della poliarterite nodosa il possibile riscontro della Livedo reticularis,
una marezzatura abbastanza cara%eristica a livello degli arti inferiori e della parete toraco-addominale
(spesso alla palpazione è presente una 2ne granulia so%ocutanea, espressione degli in2ltrati
in2ammatori perivascolari). Importante anche l’ipertensione diastolica (>90mmHg), espressione della
riduzione dell’elasticità vasale e quindi aumento delle resistenze periferiche. Gli altri sintomi sono
aspeci2ci:
- miastenia,
- dolenzia agli arti inferiori,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 68 A cura di ANDREA PERNA


- mialgie.
- Possibile una mono-polineuropatia, con disturbi motori o sensitivi degli arti per una vasculite che
nasce da in2ltrazioni granulomatose dei vasi che vascolarizzano i nervi periferici.
- Non è risparmiato il rene, con microalbuminuria o proteinuria franca aumento della creatininemia: a
questo proposito è importante la misura costante del rapporto proteinuria/creatininuria (non eseguito
di routine in Italia ma eHe%uato in realtà Europee ed extraEuropee): la creatininemia aumenta
considerevolmente solo dopo che sia compromessa marcatamente la funzione renale (circa 50% del
parenchima mal funzionante) e perciò è un indice di danno renale tardivo. Perciò in altre realtà si
preferisce utilizzare il rapporto proteinuria/creatininuria perché è espressione di un danno molto più
precoce.
Si è visto che se tale rapporto sale sopra 0,3-0,4 si può stimare che il 10-20% delle unità nefroniche siano
compromesse.
La diagnosi de2nitiva è possibile solo tramite biopsia arteriosa.

POLIANGITE MICROSCOPICA
E’ forse la vasculite più diDcile da diagnosticare (anche per questa forma la diagnosi è solo su base
bioptica). Non è granulomatosa e la cosa che può aiutare nel sospe%o diagnostico è che spesso da’ una
necrosi dei vasi glomerulari (glomerulonefrite necrotizzante) con aspe%o a semiluna, che evidentemente
può essere evidenziato solo dopo biopsia renale.
Si associa ad ANCA (sopra%u%o pANCA, quindi Ab anti-MPO) e da un punto di vista clinico spesso tali
pazienti vanno incontro a emo%isi per ro%ura ed emorragia intra-alveolare.
Non si associa a infezione da HBV né HCV e, a diHerenza della poliarterite nodosa, non si associa a
ipertensione.

GRANULOMATOSI DI WEGENER
Si tra%a di una vasculite dei vasi di medio calibro e, a volte, anche di piccolo calibro, cara%erizzata
prevalentemente da un in2ltrato di tipo granulomatoso.
Gesta è una vasculite di tipo “sistemico”, quindi cara%erizzata da
un quadro sintomatologico abbastanza pleomorfo, vago. Spesso,
però, vedete come comun denominatore la compromissione della
funzionalità renale, sopra%u%o glomerulare, con queste glomerulo
nefriti necrotizzanti ad aspe%o “a semiluna”. Potete notare una
necrosi granulomatosa, granulomi con necrosi sostanzialmente
colliquativa.
Altra cara%eristica della Wegener è la presenza delle cellule
giganti, spesso plurinucleate (cara%ere patologico abbastanza
patognomonico della Wegener)
La necrosi, a volte, è di tipo 2brinoide e può colpire anche il
sistema respiratorio, c’è una necrosi 2brinoide dei piccoli vasi
polmonari.
La Wegener è, inoltre, cara%erizzata da un’alta positività degli ANCA,
sopra%u%o dei cANCA, quindi per gli anticorpi anti-proteinasi 3. La
Wegener colpisce, comunque, prevalentemente i vasi di medio e piccolo
calibro del sistema respiratorio e, a volte, addiri%ura, del naso. C’è
anche una deformità molto cara%eristica delle ossa nasali che deriva da
una vasculite dei piccoli vasi dell’etmoide e appunto delle ossa nasali,
conferendo questa tipica forma “a sella” al naso.
Poi possono esserci delle formazioni granulomatose, le quali possono
determinare anche delle microemorragie nell’ambito del polmone e
delle piccole lesioni escavative.
Poi abbiamo parlato del rene, poiché i glomeruli vengono in2ltrati,
sono sede di reazioni proliferative granulomatose. Si può notare anche
una paralisi del 6° nervo cranico, quindi dei nervi oculomotori (questa è
una lesione clinica quasi patognomonica della Wegener).
Possiamo, inoltre, osservare una sclerite necrotizzante, con un interessamento dei piccoli vasi della
sclera.
Importante da ricordare, comunque, è che la Wegener presenta questo spiccato tro2smo per la
muscolatura del sist. respiratorio. Ad essere interessato è l’albero respiratorio sia alto che basso.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 69 A cura di ANDREA PERNA


VASCULITE DI CHURG-STRAUSS
E' una patologia che presenta un'incidenza di 3 casi ogni 1000000 persone. È una granulomatosi
allergica e una vasculite dei vasi di medio e piccolo calibro, con necrosi 2brinoide, in2ltrazione eosin2la
e aspe%i granulomatosi.
Gli organi più colpiti sono:
- seni paranasali
- polmone
- cute
- SN periferico
- cuore
- reni
- intestino
Nell'oltre il 50% dei casi sono positivi anticorpi anti p-ANCA o anti MPO.

E’ fondamentalmente abbastanza simile alla Wegener, ma si diHerenzia da essa in quanto l’in2ltrato


in2ammatorio è molto ricco di eosino2li, tanto che spesso in questi pazienti, anche a livello del sangue
periferico, potete osservare una eosino2lia sia assoluta che relativa. Gindi nel caso in cui vi troviate
davanti un paziente che lamenta malessere generale, con un aumento degli indici di Kogosi, una
positività, ad esempio, anche per gli ANCA ed una eosino2lia, pensate subito che possa essere una
Churg-Strauss, perché in questo caso le lesioni a livello polmonare vengono proprio date dal rilascio da
parte degli eosino2li di alcuni enzimi tipici (ad es. le elastasi, le quali sono cara%eristicamente coinvolte
nelle lesioni vascolari del circolo polmonare).
La Churg-Strauss dal punto di vista clinico si può anche analizzare a%raverso tre fasi:
 fase PRODROMICA (sintomi aspeci2ci): sono i sintomi quasi di una rinite allergica, ma può
esserci spesso anche asma, cosa che solitamente nelle riniti allergiche non c’è; sopra%u%o, la
sintomatologia non è in concomitanza con le classiche stagioni dell’anno (come, invece, la
rinite allergica si manifesta), può durare mesi o anni, quindi una progressione non stagionale;
 EOSINOFILIA, sia a livello del sangue periferico, ed eventualmente anche una eosino2lia
tessutale;
 fase VASCULITICA vera e propria, cara%erizzata da necrosi del tra%o vascolare coinvolto (vasi
oculari, renali e sopra%u%o polmonari).
Se vogliamo riassumere, portare all’osso, la manifestazione clinica della Churg-Strauss, essa si presenta
con asma, una eosino2lia>10%, quindi normalmente gli eosino2li sono sopra i 1000, ci può essere una
mono o una poli-neuropatia, spesso è di tipo sensoriale, più diDcilmente motoria; ci sono in2ltrati
polmonari costituiti in grandissima parte da eosino2li, c’è una sinusite o una rinite di tipo allergico,
para-allergico o simil-allergico, in2ne una eosino2lia tessutale.
Possono inoltre essere presenti:
- mono o polineuropatia, distribuzione a calzini o a guanto
- in2ltrati polmonari migranti
- sinusite
- eosino2lia tissutale come risultato della biopsia.

VASCULITE DA IPERSENSIBILITA' O LEUCOCITOSICA


In genere si manifesta dopo i 16 anni. Insorge dopo l'assunzione di un farmaco e spesso si manifesta
come porpora palpabile, cioè che non scompare alla vitropressione (con la pressione di un vetrino copri
ogge%o) e non è legata alla trombocitopenia. Sono presenti eruzioni maculopapulari, con lesioni pia%e o
sollevate e di varia grandezza. La biopsia spesso presenta un in2ltrato polimorfonucleato perivascolare.
È presente in:
- forma cutanea isolata
- forma ad interessamento sistemico , cara%erizzata
da:
- infarto e pericardite a livello cardiaco
- cheratocongiuntivite e vasculite retinica a
livello dell'occhio
- nausea, vomito, melena e pancreatite a livello
dell'apparato gastrointestinale
- emo%isi a livello polmonare
- microematuria e proteinuria a livello renale
Può essere innescata da una reazione allergica(spesso
farmaco-indo%a) o da una infezione. Importante da
ricordare è che determina spesso una porpora palpabile

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 70 A cura di ANDREA PERNA


(in questo caso il dato anamnestico può aiutare a porre diagnosi).
Importante è l’anamnesi positiva all’uso di alcuni farmaci o di sieri immuni. A volte, ad esempio, può
manifestarsi dopo iniezione di siero immune per il tetano; quindi il siero anti-tetanico, a volte, in alcune
persone può dar luogo a vasculiti leucocitoclastiche, che si manifestano poi nelle se%imane successive
all’iniezione del siero e appunto possono avere sintomatologia più varia, sopra%u%o di tipo polmonare,
con questa eosino2lia che poi si manifesta anche a livello del sangue periferico.
A volte anche l’introduzione in terapia per ipertensione arteriosa di ACE-inibitori, può portare
problemi; questo è un esempio di un paziente che ha iniziato a fare un ACE-inibitore classico ed ha
iniziato ad avere manifestazioni vasculitiche con associato anche prurito. Tolto poi l’ACE-inibitore, a
distanza di circa un mese, è sparita la sintomatologia.
Come al solito, quando è coinvolto il rene, la proteinuria fa da padrona poiché è il glomerulo ad essere
coinvolto.
Potete vedere queste manifestazioni tipiche, purpuriche, a volte anche pruriginose, proprio per l’azione
patogenetica degli eosino2li che rilasciano sostanze o richiamano cellule che poi hanno a%ività
stimolante questa sintomatologia; vedete ci sono lesioni petecchiali, di tipo purpurico, addiri%ura
necrotizzanti.
Ovviamente, in questi casi, la diagnosi diHerenziale, mi riferisco sopra%u%o alle vasculiti che
coinvolgono il rene, si ha con le vasculiti di Shoenlein-Henoch( vasculiti legate alla produzione di
anticorpi anti-streptococco), poi abbiamo la dd con la poliangioite nodosa e con un po’ tu%o il gruppo
delle collagenopatie che spesso, appunto, hanno di accompagno lesioni vasculitiche aspeci2che.
La dd va posta con:
- mala%ie infe%ive, quali: mala%ia di Lyme, infezioni da gonococco e ricketsie
- Collagenopatie come: LES, AR, Sindrome di Sjogren
- Vasculiti: porpora di Shoenlein-Henoch, crioglobulinemie

PORPORA IN CASO DI CRIOGLOBULINEMIA


Gesta è una porpora, non è infrequente trovare lesioni
purpuriche di questo tipo in pazienti che hanno una
crioglobulinemia. Come sapete, la crioglobulinemia è una
vasculite sistemica che coinvolge principalmente i vasi di piccolo
calibro, cara%erizzata per la presenza, nel sangue, di
crioglobuline, ovvero aggregati proteici, composti da antigeni e
anticorpi, che hanno la cara%eristica particolare di precipitare alle
basse temperature. Il conseguente deposito di questi
immunocomplessi sulla parete vasale innesca una reazione
in2ammatoria responsabile della vasculite.
A volte queste crioglobulinemie si manifestano in corso di
patologia linfoproliferativa, ma più frequentemente in pazienti con epatite C. Non è, dunque,
infrequente trovare queste lesioni, sopra%u%o a livello degli arti inferiori; non è infrequente però
neanche trovare lesioni purpuriche di questo tipo lungo zone di conta%o cutaneo (es. elastico di
indumenti intimi, determinando una pressione anche a livello del so%ocute, facilita gli stravasi ematici).
In questo caso, ovviamente, dovete indagare anche la possibilità che possa esserci una crioglobulinemia
ed eventualmente un’origine infe%iva di queste manifestazioni.

MALATTIA DI BEHCET
E' una mala%ia in2ammatoria cronica multisistemica
recidivante con un'elevata incidenza nei paesi della via della
seta. I pz con un HLAB51 sono predisposti a sviluppare la
mala%ia. Per diagnosticare la mala%ia sono necessari:
- ulcere ricorrenti del cavo orale, almeno 3 volte l'anno
- ulcere genitali ricorrenti
- uveite antero-posteriore e vasculite retinica
- eritema nodoso, pseudofollicolite, lesioni pseudoacniformi
Si tra%a di una vasculite con un in2ltrato aspeci2co di tipo
linfomonocitario (sopra%u%o linfociti T), ed è una mala%ia
cara%erizzata da una duplice manifestazione:
-ulcere orali , molto dolenti; queste ulcerazioni, di origine
vasculitica, vanno a coinvolgere spesso anche l’esofago, si
riscontrano, dunque, ulcerazioni a livello della mucosa esofagea,
sopra%u%o del tra%o superiore. Può esserci una ulcerazione
talmente diHusa dell’esofago, che si possono manifestare

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 71 A cura di ANDREA PERNA


fenomeni di incompetenza della muscolatura esofagea.
- ulcere genitali.
Il Behcet è più frequente nelle regioni medio-asiatiche. C’è una particolare associazione con il sistema di
istocompatibilità HLA B51 (riscontrata in circa il 40% dei pz con Behcet).
Spesso si ha febbre, si ha una intensa elevazione degli indici di Kogosi, della proteina C rea%iva e della
VES. Spesso si hanno anche fenomeni di anemia, un po’ più importante, perché queste ulcere,
sopra%u%o a livello del tra%o gastro-intestinale superiore, determinano dei micro sanguinamenti
cronici.
Un’altra cosa che può essere tipica del Behcet, non sempre presente, è l’ eritema nodoso. L’eritema
nodoso è una manifestazione di tipo granulomatoso, spesso del so%ocute nella regione pre-tibiale, che
quando si associa alle ulcerazioni gastro-intestinali o della mucosa genitale, è patognomonico.
Possono inoltre manifestarsi uveiti con ipopion.
Una cosa che fa somigliare di più il Behcet ad una collagenopatia è il fa%o che spesso, si ha nel corso
della mala%ia, lo sviluppo del cosidde%o anticoagulante lupico , ovvero anticorpi anti-fosfolipide,
anche anti-beta2glicoproteina1, che è un anticoagulante naturale; per cui accanto alle manifestazioni
ulcerative su base vasculitica necrotizzante del Behcet, possiamo anche avere un aumento dell’incidenza
di trombosi venose profonde o anche di fenomeni arteriosi; quindi non è escluso l’infarto del miocardio
per coinvolgimento dei vasi di medio calibro anche su base trombotica, sostenute dalla presenza
dell’anticoagulante lupico.
Gindi nel Behcet è sempre bene andare a ricercare la presenza di anticoagulante lupico per,
eventualmente, fare una terapia di pro2lassi per evitare delle vere e proprie trombosi venose, che
possono, in primis, coinvolgere i vasi della gamba ma che poi possono essere molto pericolose perché
coinvolgono, tramite il tromboembolismo venoso, il circolo polmonare e quindi dar luogo ad una
embolia polmonare.
Siccome possono esserci anche ulcere a livello genitale, potete vedere anche delle epididimiti e possono
anche comprome%ere la fertilità. Anche la presenza, eventualmente, di fenomeni artritici, la fanno
somigliare ad una vera e proprio collagenopatia.
Riassumendo le manifestazioni cliniche che si possono veri2care nel pz con mala%ia di Bechet saranno:
- TromboKebiti ricorrenti
- vasculite di arterie di medio e grande calibro
- manifestazioni intestinali simili alle IBD
- Meningoencefalite
- Encefalopatia con lesioni nel brainstem
- artrite periferica
- Sacroileite
- Epididimite

Porpora di Schönlein-Henoch
È cara%erizzata da una classica triade:
- porpora palpabile,
- artrite,
- dolori addominali.
Le lesioni cutanee hanno la tendenza a localizzarsi sulle natiche e gli arti inferiori.
In tali sedi può essere presente edema. L’artrite colpisce sopra%u%o le caviglie e le ginocchia: la Kogosi
articolare appare limitata nel tempo.
Le lesioni gastroenteriche possono causare dolori crampiformi, intussuscezione, emorragie, enteropatia
protidodisperdente o più raramente perforazione.
L’interessamento renale è presente in circa metà dei casi e, benché in genere sia lieve, può in alcuni casi
portare all’insuDcienza renale cronica.
È più comune nei bambini che negli adulti (età media 4-7 anni): negli adulti si manifesta in modo un po’
atipico in quanto predominano i disturbi articolari e il danno renale.
È una forma la cui patogenesi è chiaramente dovuta ad immunocomplessi. Nei 2/3 dei casi è preceduta
da un’infezione delle vie aree superiori (spesso da streptococco).
Talora esiste una correlazione con l’uso di farmaci (penicilline, tetracicline, sulfamidici, aspirina,
diuretici tiazidici).
Sono di solito presenti in circolo elevati livelli di IgA e la deposizione di tali anticorpi è costantemente
dimostrata a livello cutaneo e renale. Ciò determina una peculiarità di tale mala%ia in quanto il
complemento viene a%ivato per la via alterna anziché per la via classica.
Poiché tale forma si risolve per lo più spontaneamente, la prognosi è buona anche nei pazienti non
tra%ati.
Nelle forme più gravi, specialmente negli adulti, può essere necessario ricorrere agli steroidi. Raramente

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 72 A cura di ANDREA PERNA


persiste alterazione della funzionalità renale.

Malattia di Buerger
Si tra%a di una mala%ia con prevalente interessamento della parete dei vasi delle estremità (ma anche i
vasi viscerali possono essere coinvolti) e conseguente formazione di occlusioni trombotiche, che si
veri2ca nei fumatori. I vasi interessati sono principalmente le arterie di piccolo e medio calibro e le vene
poste distalmente negli arti, ma non sono impossibili interessamenti in molti altri le%i vascolari: arterie
cerebrali, coronarie, renali, mesenteriche, polmonari, iliache, aorta.
Descri%a all’inizio del Novecento, questa mala%ia fu messa in discussione come entità nosologica
autonoma e nel 1960 fu sostenuta addiri%ura la sua non esistenza, a%ribuendone le manifestazioni
cliniche ad aterosclerosi periferica. Oggi, grazie al più diHuso impiego di tecniche angiogra2che e
all’esame istologico di frammenti arteriosi prelevati nel corso di interventi chirurgici, si è di diverso
parere. Le lesioni trombotiche della mala%ia di Buerger si veri2cano in arterie prossimalmente indenni,
il che non capita nelle occlusioni dovute
ad aterosclerosi. Sono documentate lesioni in2ammatorie della parete delle arterie interessate, che però,
a diHerenza di altre vasculiti, coinvolgono solo gli strati intimali endoluminali, risparmiando la tunica
elastica interna. In corrispondenza di queste lesioni si formano trombi, nel contesto dei quali si
sviluppano dei granulomi. Per di più, le alterazioni non riguardano solo le arterie, ma anche le vene e si
veri2cano tromboKebiti recidivanti.
Il tabacco svolge un ruolo eziologico importante, tanto che l’essere fumatori viene considerato un
elemento indispensabile per la diagnosi. Gesto vale non solo per il tabacco fumato, ma anche per
quello masticato o 2utato.
La mala%ia ha una patogenesi immunopatologica, ma non è chiaro quali siano gli autoantigeni
implicati. In pazienti con mala%ia di Buerger è stata dimostrata una reazione dei linfociti T al collageno
di tipo I e di tipo II.
Nel siero sanguigno sono stati trovati anticorpi contro cellule endoteliali. È possibile che una soHerenza
endoteliale sia importante per la patogenesi della mala%ia, dato che in pazienti con mala%ia di Buerger
è stato dimostrato un dife%o dei meccanismi di vasodilatazione dipendenti dall’endotelio.
La mala%ia è più diHusa in certi gruppi etnici, specialmente di origine asiatica, e negli individui con gli
antigeni di istocompatibilità HLA-A9 e B5. Insorge di regola prima dei 40 anni e colpisce i fumatori. Dal
punto di vista clinico è cara%erizzata da claudicazione intermi%ente, freddezza della cute, pallore e
sensazione di intorpidimento nei segmenti distali degli arti, sopra%u%o inferiori. Si distingue dalla
claudicazione intermi%ente di origine aterosclerotica perché questa provoca dolore sopra%u%o ai
polpacci, mentre la mala%ia di Buerger lo induce prevalentemente ai piedi.
Si distingue da altre vasculiti per la moderata (se pur esistente) alterazione degli indici di laboratorio di
fase acuta. La coesistenza di tromboKebiti recidivanti è pure un forte elemento a favore della diagnosi di
mala%ia di Buerger.
Purtroppo l’evoluzione è spesso sfavorevole e non è rara la gangrena (con successive mutilazioni) a
carico delle estremità. I corticosteroidi e gli immunosoppressori sono di dubbia eDcacia e la sola misura
di qualche possibile, ma incostante, utilità è la soppressione del fumo. Si so%olinea l’importanza della
totale cessazione del fumo, perché anche una o due sigare%e al giorno, o l’assunzione di forme di
rimpiazzamento della nicotina, possono mantenere la mala%ia a%iva. Nessun’altra forma di terapia è
sicuramente eDcace, anche se risultati incoraggianti sono stati o%enuti con l’impiego di ilopoprost (un
analogo delle prostaglandine) per infusione endovenosa giornaliera, con la terapia trombolitica intra-
arteriosa impiegando streptochinasi e con la rivascolarizzazione chirurgica. Il ruolo della
simpaticectomia per prevenire le amputazioni e tra%are il dolore resta poco chiaro.

SCHEMA RIASSUNTIVO
Epidemiologia:
 prevalenza: 40/100.000 forme primitive, 0,1% totale
 incidenza: 14casi/100.000ab/anno
 in Italia: la forma più frequente è la crioglobulinemia mista; la porpora di Shonlein Henoch è la
forma pediatrica più frequente mentre l’arterite gigantocellulare è la più frequente
nell’anziano. L’arterite di Takayasu è rara nel nostro paese e mostra una spiccata predilezione
per il sesso femminile.
Patogenesi: nelle vasculiti dei piccoli vasi e nella PAN prevalgono i meccanismi umorali da depositi da
deposito endoteliale di immunocomplessi mentre nelle vasculiti dei grandi vasi e in quelle
granulomatose prevalgono i meccanismi cellulo-mediati; nelle forme ANCA associate è probabile un
ruolo patogenetico degli Ab stessi.
Clinica: il sospe%o di una patologia vasculitica deve sorgere quando si presenti un quadro di patologia

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 73 A cura di ANDREA PERNA


in2ammatoria multidistre%uale con febbre e segni di insuDcienza d’organo non altrimenti spiegabili,
più o meno associati a artomialgie e manifestazioni cutanee ( arti inferiori; porpore, livedo, ulcere,
orticaria, noduli)
Diagnosi:
 Anamnesi: bisogna indagare la presenza di infezioni recenti, neoplasie, assunzione di farmaci o
vaccini, asma bronchiale (sCS)
 EO: ricerca di segni di conne%ivite sistemica (forme secondarie)
 LAB: indici di Kogosi (VES, PCR), emocromo ed ele%roforesi proteica sono alterati nella
maggior parte dei casi; esami più speci2ci sono la ricerca delle crioglobuline, il dosaggio della
complementemia e del fa%ore reumatoide (+ nella crioglob. mista), ANA (forme secondarie) e
ANCA (forme granulomatose). Andranno poi ricecati segni di danno d’organo (renale, epatico).
 Biopsia: è l'esame di scelta per fare diagnosi di certezza; può essere fa%a su lesioni cutanee,
arteria temporale (GCA), reni e polmoni (ANCA+), nervo surale e gastrocnemio (PAN);
importanti indicazioni vengono dall’immunoKuorescenza dire%a (IFD) per la ricerca di Ig e
complemento
 Angiogra2a: importante per arterite di Takayasu (arco aortico) e PAN (tronco celiaco, distre%o
mesenterico e renale); si riscontrano lesioni “a grano di rosario” cara%erizzate da irregolari
restringimenti del lume associati a dilatazioni aneurismatiche.
Prognosi: le forme sistemiche hanno prognosi peggiore rispe%o alle forme cutanee e possono risultare
fatali
Tra%amento: le forme indo%e da farmaci richiedono l’immediata sospensione degli stessi, le forme
associate a infezioni possono giovare di tra%amenti eziologici dire%i contro l’agente. La mala%ia di
Kawasaki risponde al tra%amento con ASA associata a Ig ad alte dosi. Nella maggior parte dei casi è
indicato il tra%amento con cortisone (12,5mg/die per forme cutanee, 2no a 1mg/kg/die per forme
sistemiche) associato nelle forme gravi, tranne che nella GCA, a tra%amento immunosoppressivo
d’induzione (ciclofosfamide, metotrexato) e di mantenimento (azatioprina, micofenolato..).

Vasculiti ANCA-associate
De&nizione: vasculiti che colpiscono i vasi di medio e piccolo calibro con frequente interessamento
polmonare e renale cara%erizzato da GNF necrotizzante pauci-immune. Comprendono:
 Granulomatosi di Wegener(GW), più frequentemente associata a c-ANCA
 Micropoliangioite(MPA)
 Sindrome di Churg-Strauss(sCS)
 Altre: forme renali, forme associate a farmaci
Epidemiologia: incidenza: 1,2-2casi/100.000ab/anno; prevalenza: 5-20/100.000.
Patogenesi: possono essere indo%e da alcuni farmaci e sostanze chimiche (Si), oltre che da infezione da
PvB19 o da colonizzazione sta2lococcica persistente(GW) ma nella maggior parte dei casi non si ritrova
un elemento causale. Nella sCS è probabile che abbiano un ruolo particolare gli eosino2li, a%ivati da
una reazione TH2 indo%a da allergeni inalati, farmacologici o infe%ivi.
Gli anticorpi anti-citoplasma dei neutro2li (ANCA) sono dire%i principalmente contro la MPO
(mieloperossidasi) o la PR3 (proteinasi-3) espresse a livello di membrana di granulociti pre-a%ivati e
sono in grado di stimolarne la degranulazione e liberazione di radicali liberi, svolgendo con ogni
probabilità un ruolo patogenetico. Infa%i l’infusione di Ab anti-MPO, anche in topi nude (privati di
linfociti) determina la comparsa di vasculite sistemica e GNF senza deposito di IC.
Clinica: oltre ai sintomi generali di febbre, astenia e calo ponderale è presente un coinvolgimento:
 Wegener:
o Naso: dolore e rinorrea purulenta/ematica/crostosa per necrosi e perforazione del
se%o nasale e dei seni paranasali con conseguente deformità “a sella”. Ulcerazioni e
2stole possono anche estendesi a palato e faringe.
o Trachea: stenosi tracheale subglo%ica che può portare alla necessità di un’intubazione
o Occhi: proptosi e diplopia per lo sviluppo di masse retrobulbari pseudotumorali.
o Polmone: noduli polmonari escavati singoli o multipli che possono causare emokoe e
in2ltrati in2ammatori 2ssi
Forma localizzata: lesioni esclusivamente ORL e oculari
 Churg-Strauss:

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 74 A cura di ANDREA PERNA


o Naso: rinite allergica spesso associata a poliposi nasale
o Orecchio: otite media e mastoidite
o Polomone: asma (che precede di mesi-anni le altre manifestazioni), in2ltrati polmonari
migranti
o Neuro: mono o polineurite sensoriale o sensori-motoria
o Cuore: miocardite con aritmie e scompenso
 Segni comuni:
o Occhi: cheratite, congiuntivite, uveite
o Polmone: gli in2ltrati polmonari causano sintomi simil-polmonitici (febbre, tosse,
dispnea)
o Reni: glomerulonefrite rapidamente progressiva pauci-immune
o Artromialgie: spesso primo segno di recidiva; in oltre la metà dei casi
o Lesioni cutanee: noduli simil reumatoidi
o Intestino: dolori crampiformi e occlusione
Micropoliangioite: la GNF è presente nel 90% dei casi e l’interessamento polmonare è spesso
cara%erizzato da capillarite alveolare con conseguente emorragia (potenzialmente fatale). è la causa più
frequente delle sindrome nefro-polmonare.
Diagnosi:
 LAB: l’in2ammazione cronica determina spesso anemia, leucocitosi e piastrinosi.
Un’ipereosino2lia è cara%eristica di sCs in fase a%iva. La glomerulonefrite è indiacata da
ematuria, leucocituria, proteinuria e cilindruria; un’elevata creatininemia è un’importante
fa%ore prognostico negativo.
ANCA: va associata la ricerca con immuno-Kuorescenza indire%a (IFI) che perme%e di
distinguere 3 pa%ern:
o Kuorescenza granulare citoplasmatica: c-ANCA, solitamente dire%i contro PR3
o Kuorescenza perinucleare: p-ANCA, solitamente anti-MPO ma anche catepsina,
elastasi, lisozima, enolasi..
o Kuorescenza atipica: da Ab anti-BPI (proteina bacteriacida permeabilizzante) o anti-
la%orferrina
Con test immunoenzimatici (ELISA) che perme%ono di de2nire più speci2camente l’antigene
contro cui sono dire%i gli Ab; una positività non dire%a contro PR3 e MPO tende a escludere la
diagnosi di vasculite e può invece indicare altre condizioni (IBD, AR..).
Risultano positivi il 70% delle GW (90% delle forme sistemiche; 60% per c-ANCA e 10% per p-
ANCA), il 50% della sCS e l’80% delle MPA (con ne%a prevalenza di p-ANCA). La compresenza
di c-ANCA e p-ANCA è eccezionale.
Se è presente positività sono un’utile strumento di follow-up per valutare la remissione e le
recidive.
 HRCT: utile sia per cara%erizzare il coinvolgimento polmonare che quello ORL
 rinoscopia/laringoscopia: per l’interessamento ORL
 RM: per l’interessamento retrobulbare
 ECG/ecocardio: interessamento cardiaco
 EMG/ENG: interessamento SNP
 Biopsia: la biopsia renale mostra una GNF pauci-immune; in 1/3 dei casi è presente
proliferazione extra-capillare a semilune. La biopsia polmonare è utile nel diHerenziare i
granulomi perivascolari e intraparietali con necrosi 2brinoide nella GW dall’in2ltrato
eosino2lo della sCS e dalla vasculite necrotizzante non granulomatosa della MPA.
DD:
 TBC, sarcoidosi: per la presenza di lesioni cavitate polmonari ed ematuria nella GW
 IBD: per sintomi intestinali e positività anticorpale (nella RCU ANCA atipici)
 LES(ANA,anti-dsDNA,C3), crioglobulinemia mista(crioglobuline, C4, HCV+), sindrome di
Goodpasture(anticorpi anti-MB): per sindrome nefropolmoanre
è inoltre importante diHerenziare complicanze infe%ive da terapia immunosoppressiva da recidiva della
patologia; ci fanno propendere più per la prima ipotesi la positività colturale (da BAL, emocolture..) e la
negatività sierologica in pz precedentemente positivo.
Terapia:
 forme localizzate: terapia corticosteroidea a medie dosi/metotrexato o azatioprina; nella GW è

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 75 A cura di ANDREA PERNA


importante aggiungere trimetoprim/sulfametossazolo per debellare eventuali colonizzazioni
sta2lococciche che favoriscono la recidiva
 Forme sistemiche senza GNF/miocardite/alveolite emorragica/gravi sintomi g.i.: corticosteroidi
ad alte dosi + metotrexato (20mg/se%)
 Forme sistemiche con GNF/miocardite/alveolite emorragica/gravi sintomi g.i.:
o induzione: corticosteroidi ad alte dosi + ciclofosfamide (per os 2mg/Kg/die o e.v.
15mg/kg/3se%). Nelle forme con creatininemia>5,7mg/dL o alveolite emorragica
vanno aggiunte sedute multiple di plasmaferesi
o mantenimento: azatioprina
 Forme refra%arie: inKiximab, rituximab, micofenolato, Ig ev ad alte dosi

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 76 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 8 MALATTIE EDEMIGENE

L’edema è un accumulo di liquido a livello tissutale. Ci sono diversi tipi di edema: sistemici e non
sistemici.
Gli edemi sistemici sono dovuti all’interessamento di un organo particolare dell’organismo. Essendo noi
degli organismi viventi sostanzialmente bipedi, il liquido tende ad accumularsi nelle parti declivi del
corpo, quindi verso gli arti inferiori.
In certi casi poi arriviamo all’ anasarca, ovvero un accumulo generalizzato che interessa anche la cavità
peritoneale, le cavità pleuriche e il pericardio.
L’edema non sistemico interessa un solo lato del corpo umano e ne sono un esempio gli edemi della
Kogosi acuta e il linfedema. Chiaramente se abbiamo una trombosi venosa profonda a carico della vena
cava inferiore, avremo un edema bilaterale pur non tra%andosi di edema sistemico.
L’edema sistemico può essere dovuto a un problema cardiaco, in particolare uno scompenso cardiaco,
che causa un aumento di pressione nel circolo venoso a monte; ancora possiamo avere uno stato di
ipoalbuminemia nei casi di cirrosi epatica , di sindrome nefrosica e di enteropatia protido-
disperdente, che determinano una perdita di albumina, la principale proteina coinvolta nel
mantenimento della pressione oncotica e quindi dei Kuidi all’interno del vaso sanguigno.

LINFEDEMA
E' de2nito come un accumulo interstiziale di liquido ad elevata concentrazione proteica (> 1g/dl).
Il sistema linfatico si occupa di drenare i liquidi in eccesso, le proteine e le cellule dall’interstizio: un
dife%o a carico di questo sistema, sia esso congenito oppure acquisito, comporta appunto un edema.
Dal punto di vista epidemiologico, circa 140 milioni di persone al mondo soHrono di questa patologia
e quasi la metà di questi casi è dovuta a una causa congenita.
Tra le cause secondarie sono importanti sopra%u%o le parassitosi, in particolare la 2laria Wuchereria
Bancroki, e le cause iatrogene, ovvero la rimozione delle stazioni linfonodali in chirurgia oncologica e
gli eHe%i del trattamento radioterapico.
In Italia, il 15% dei casi di linfedema evolve verso le forme più gravi, che sono molto diDcili da gestire,
poiché mentre nell’edema sistemico basta usare i diuretici o somministrare albumina, qui ci troviamo di
fronte a un liquido ricco in proteine, quindi diDcile da curare con i farmaci.
Sempre in Italia il 30% dei linfedemi sono congeniti, mentre il 70% sono secondari, quindi questi ultimi
sono di gran lunga più frequenti.
Nel 20% dei casi sono coinvolti gli arti superiori , dove la causa più frequente è la dissezione
linfonodale ascellare nella chirurgia del carcinoma della mammella. Nel restante 80%, sono invece
colpiti gli arti inferiori, sopra%u%o per gli esiti della chirurgia ginecologica (ad esempio per carcinoma
della cervice uterina) e urogenitale (ad esempio per carcinoma della prostata e del testicolo). Le donne
sono molto più interessate da questa patologia rispe%o agli uomini, e i due picchi di incidenza sono
collocati a%orno ai 30 anni per le forme congenite e a%orno ai 60 anni per le forme secondarie.

Anatomia e &siologia del sistema linfatico


Il vaso linfatico:è a fondo cieco e circondato da cellule endoteliali che si embricano tra loro una volta
che esso si è riempito di liquido interstiziale.
La pressione al suo interno è di circa – 6 mmHg, quindi risucchia liquido dall’interstizio 2no a
riempirsi. Importante poi il sistema delle valvole, che perme%ono un Kusso unidirezionale all’interno
del vaso.
Il sistema circolatorio e il sistema linfatico sono in comunicazione tra loro a livello della congiunzione
tra vena giugulare interna e vena succlavia di sinistra, dove sbocca il do%o toracico. Va considerato
inoltre che ci sono anche delle cellule muscolari lisce che perme%ono la propulsione della linfa lungo il
vaso.
I vasi linfatici si dirigono verso i linfonodi, dove avviene la costituzione dell’immunità speci2ca contro
determinati antigeni; questi linfonodi tendono a formare delle vere e proprie stazioni: quelle super2ciali
sono:
- le ascellari,
- le latero-cervicali
- le inguinali

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 77 A cura di ANDREA PERNA


Sono le più semplici da palpare durante l’esame obie%ivo. I vasi linfatici degli arti inferiori e l’arto
superiore di sinistra scaricano nel do%o toracico, mentre l’arto superiore di destra scarica nel do%o
linfatico di destra, quindi è una circolazione un po’ asimmetrica.
I vasi linfatici sono deputati al trasporto di liquido interstiziale, di proteine, di prodo%i ba%erici e di
cellule, sia del sistema immunitario che tumorali. Pensate che in do%o toracico passano 2no a 2/3 litri di
liquido al giorno, quindi l'ostruzione può provocare problemi anche importanti.
Nella linfa ci sono anche una certa quantità di 2brinogeno, che è responsabile della coagulazione in
prove%a, e poi anche i lipidi, trasportati dal tra%o gastrointestinale so%o forma di chilomicroni.

Eziologia
Dal punto di vista eziologico, le cause principali di edema
linfatico sono grossomodo le stesse dell’edema venoso:
- un aumento della pressione di 2ltrazione,
- una diminuzione dell’albumina del sangue,
- un accumulo di proteine nell’interstizio come avviene nel
processo in2ammatorio.
L’edema compare quando abbiamo uno squilibrio tra il carico
linfatico e la capacità linfatica, che de2niscono uno scompenso
linfatico a basso e ad alto Kusso.
Nello scompenso ad alto 4usso, abbiamo una enorme quantità
di liquido interstiziale che satura la capacità del sistema
linfatico: ne sono esempio lo scompenso cardiaco, la sindrome
nefrosica, la cirrosi epatica e l’enteropatia protido-disperdente.

Ricordate che l’edema non si forma 2nché il sistema linfatico


riesce a drenare il liquido in eccesso e a supplire la de2cienza
del circolo venoso. Nello scompenso a basso 4usso , abbiamo
una diminuzione della capacità di trasporto dei vasi a fronte di
un carico linfatico normale: ne sono esempio le displasie
congenite, una linfangite dovuta ad un ascesso delle estremità,
la sclerosi e la 2brosi vasale dovuta a tra%amenti radioterapici e
le ostruzioni dovute a parassiti o cellule tumorali.

Piccolo inciso sulla patologia venosa.


La trombo4ebite interessa le vene super2ciali e in essa è
preponderante il processo in2ammatorio: infa%i clinicamente
abbiamo un cordone duro e dolente con tu%i i segni
dell’in2ammazione. Nella trombosi venosa profonda , che è
invece una 4ebotrombosi, non abbiamo dolore: è quasi del
tu%o asintomatica, il paziente prova un senso di pesantezza
all’arto dopo essere stato per molto tempo in piedi oppure vi dice che ha avuto un qualche disturbo
respiratorio, indice di una probabile embolia polmonare (più frequentemente risultato di una trombosi
delle vene più prossimali, al di sopra del cavo popliteo). Nella TPV usiamo come pro2lassi gli
anticoagulanti, mentre la tromboKebite richiede anti-in2ammatori ed eventualmente antibiotici se si
sospe%a l’eziologia infe%iva.

Man mano che il linfedema evolve, oltre all’edema abbiamo anche un fenomeno di &brosi 2no a quadri
di liposclerosi del derma, con indurimento del tessuto, che sono impossibili o comunque estremamente
diDcili da curare.
Le neoplasie più frequentemente associate a linfedema sono le neoplasie ginecologiche : addiri%ura
dopo un intervento di isterectomia, possiamo avere il fenomeno della linforrea, cioè perdita di linfa per
via vaginale, che fortunatamente è un fenomeno che si autolimita nel tempo. Abbiamo ancora il
melanoma, il colon-re%o e poi la vescica e la prostata, che oltre alla disseminazione linfatica possono
dare anche un quadro di in2ltrazione e compressione dei vasi circostanti, 2no a una vera e propria
trombosi.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 78 A cura di ANDREA PERNA


La stadiazione del linfedema è di poco interesse ai2ni dell'esame, ma esiste e segue la gravità del
quadro clinico, de2nibile ad esempio misurando la circonferenza dell’arto interessato e seguendone le
variazioni nel corso del tempo.
Il segno della fovea, cioè la compressione dell’edema col dito, si eHe%ua in punti dove ci sia un piano
rigido so%ostante, quindi alla tibia o alla caviglia, poiché a questo livello il liquido spinto verso l’osso
tende a spostarsi lateralmente; è positivo nei primi stadi e tende a scomparire man mano che il tessuto
si indurisce.
Ora vediamo degli esempi di edema: si va da una semplice succulenza, con segno della fovea
lievemente positivo, a un edema dovuto a dissezione linfonodale ascellare in sogge%i che non seguono
un programma 2sioterapico de2nito per evitare questo tipo di complicanze (in 2gura), 2no a quadri
2brotici e con pelle granulosa, diDcili da tra%are e che tendono a ulcerare, 2no ancora a una vera e
propria elefantiasi dovuta alle Filarie (in 2gura).
La diagnosi si fa con l’ anamnesi e l’esame obiettivo: mi interessa sapere dal paziente la familiarità
per questo tipo di patologia, se ci sono state gravidanze,
quando e dove è comparso l’edema, come si è evoluto nel
tempo ed eventuali comorbidità presenti.
Vediamo poi il segno della fovea, positivo nei primi stadi
del linfedema, e ancora se c’è l’edema del dorso del piede,
che con2gura il “segno del panino all’olio”.
Ricordate le complicanze, che sono varie e molto
fastidiose, sia per il paziente che da un punto di vista
terapeutico: problemi cutanei come l’ipercheratosi e le
verrucosi; susce%ibilità alle infezioni ba%eriche, come
l’erisipela, che forma un tipico edema arrossato a
gradino; ancora le infezioni fungine, che non mancano
mai; un impaccio dei movimenti a causa del peso enorme della gamba; disturbi circolatori come la
trombosi venosa profonda e le tromboKebiti; un rischio di sepsi e di gangrena; da non so%ovalutare
l’insorgenza di tumori, in particolare i linfangiosarcomi.
La diagnostica strumentale, tranne forse per l’ecogra2a che documenta l’aumento dello spessore del
tessuto, non trovano grosso riscontro nella pratica clinica. Si può addiri%ura arrivare a fare una
linfoscintigra2a (in 2gura), una TC o una RM, ma sono veramente casi rari e molto particolari.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE DEGLI EDEMI DEGLI ARTI INFERIORI


La diagnosi diHerenziale dell’edema degli arti inferiori è essenziale per evitare di somministrare al
paziente una terapia errata.
I meccanismi 2siopatologici dell’edema sono essenzialmente 3:
 Aumento della pressione idrostatica
o Trombosi Venosa Profonda (TVP)
o Compressione (talvolta più fa%ori combinati insieme)
 Tumore retroperitoneale
 Ascite
 Riduzione della pressione oncotica (ipoalbuminemia)
Un valore di albuminemia < 2,5 g/dl predispone ad una condizione di versamento generalizzato

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 79 A cura di ANDREA PERNA


(de%o anasarca) che comprende versamento pericardico, ascitico, pleurico, aumento del liquor e di
liquidi articolari. Un valore di albumina > 2,5 g/dl fa pensare invece ad un’insuDcienza cardiaca
congestizia.
o Sindrome nefrosica
o InsuDcienza epatocellulare
In questo caso, oltre all’albumina, saranno rido%e le concentrazioni di 2brinogeno, colesterolo
e i 4 fa%ori della coagulazione vitamina K dipendenti (II, VII, IX e X). Gesti valori non sempre
vanno di pari passo, per motivi inspiegabili, perciò alcuni pazienti hanno una buona
coagulazione con albumina bassa o viceversa.
o Malnutrizione (paesi so%osviluppati, patologia psichiatrica)
o Enteropatie proteino – disperdenti
o Mala%ie in2ammatorie intestinali

 Alterazioni a carico dei vasi linfatici


Più la rete linfatica è sviluppata, maggiore è la capacità di riassorbimento (chiamata anche “cuore
periferico”). Il linfocele (o linfangectasia) può essere primaria (molto rara) o un segno di una
mala%ia in2ammatoria o neoplastica dei linfatici intestinali.
o Parassitosi (2larie)
o Dermo – ipodermite cronica recidivante degli arti inferiori
o Linfoadenectomia

Una diagnosi diHerenziale errata può portare alla somministrazione, per esempio, di un diuretico in un
paziente con insuDcienza venosa cronica (paziente con edema in presenza di vene varicose). In questa
circostanza, il diuretico non è eDcace per curare l’edema venoso, ed espone il paziente agli eHe%i
indesiderati del farmaco, come ipokalemia, iperuricemia, dislipidemia ed accelerazione del diabete
(diuretici tiazidici e dell’ansa), ginecomastia nell’uomo e iperprola%inemia nella donna (diuretici
risparmiatori di potassio).

Può sussistere una relazione di interdipendenza tra alcune patologie (come la TVP) e l’edema stesso.
Gando ci sono due patologie comuni che coesistono, questo può avvenire per puro caso, o perché
hanno fa%ori di rischio comuni, oppure l’una altera l’altra e si potenziano a vicenda. Nel caso di TVP ed
edema ciò avviene perché i fa%ori di rischio e i meccanismi eziopatogenetici sono in comune.

Se l’edema non viene corre%o, il paziente (sopra%u%o se anziano) è costre%o a portare del peso in più a
livello delle caviglie derivato dall’edema, di conseguenza si muoverà di meno, avrà perciò un rido%o
tono muscolare e questo farà venir meno la funzione di pompa muscolare aggravando l’edema e
generando un circolo vizioso.

L’edema è anche correlato all’aterosclerosi. Una persona sedentaria, con alimentazione squilibrata ed
edema degli arti inferiori (molte persone presentano questo quadro) apre la porta a tu%a una serie di
patologie dismetaboliche:
 Obesità
 IFG (alterata glicemia a digiuno), IGT (alterata tolleranza glucidica) o diabete
 Ipertensione arteriosa
 Aterotrombosi
 Tromboembolia venosa (il 50% delle trombosi venose prossimali si complicano con un’embolia
polmonare)
 Ulcere venose
È l’ultimo stadio della mala%ia venosa cronica. Si forma un’ulcerazione cronica nel terzo
inferiore della gamba a lentissima evoluzione. Tendenza alla guarigione e alla recidiva.
Varie mala%ie croniche possono rallentare la guarigione delle ulcere venose:
▪ Patologia articolare (caviglia, anca o ginocchio) → diDcoltà a deambulare con
comparsa di edema
▪ BPCO
▪ Mala%ie ematologiche ad elevata viscosità (come l’anemia falciforme)

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 80 A cura di ANDREA PERNA


Edema come possibile causa di danno tissutale
L’edema può generare:
 Ischemia tissutale
 Alternanza di ischemia e riperfusione
Sembra paradossale ma si spiega l’ulcera come un fenomeno di ischemia - riperfusione.
Nei momenti in cui la gamba è sollevata si riperfonde (il contrario dell’arteriopatico), quando
invece la gamba Kebopatica è declive si ischemizza, perché l’edema schiaccia tu%e le stru%ure,
comprese quelle vascolari arteriose.
Il paziente con l’ulcera venosa, spesso per motivi legati all’obesità e sedentarietà, sta seduto, molto
spesso ha un quadro di edema.
Gando poi si solleva l’arto, l’edema si risolve perché i reni funzionano e si riperfonde il tra%o
ischemico.
Gesto meccanismo è stato ipotizzato perché, i mitocondri delle cellule muscolari delle gambe che
soHrono di ulcera venosa cronica, mostrano delle alterazioni tipiche simili a quelle presenti nella
sindrome da riperfusione delle coronarie in seguito ad un’angioplastica eHe%uata troppo tardi.
Gesta condizione ha alla base un aumento dello stress ossidativo, che potrà a sua volta essere
annullato dall’uso di calze elastiche. Geste complicanze possono essere favorite da condizioni del
paziente come l’età, la sua fragilità e la presenza di altre mala%ie croniche.
 Colonizzazione ba%erica e reazione in2ammatoria dell’ospite
 Alterata risposta locale e sistemica al danno (invecchiamento e mala%ie croniche)

Riconoscimento e valutazione dell’edema


 Ecogra2a
L’edema appare come un aumento degli spazi interstiziali del linfatico al di sopra della fascia
muscolare.
 Valutazione quantitativa
◦ Misurazione delle circonferenze
◦ Misurazione del peso corporeo
In un paziente cirrotico con rischio di accumulare peso bisogna misurarlo ogni giorno e
monitorare parallelamente il bilancio idrico (peso corporeo, liquidi assunti e urine emesse).
Gesto procedimento vale anche per pazienti in corso di terapia con diuretici.
◦ Impedenzometria (misurazione dell’acqua corporea)
◦ Water displacement
Sono apparecchi semplici che misurano il water displacement semplicemente facendo
immergere l’arto del paziente in un contenitore pieno d’acqua e misurando la variazione di
volume dell’acqua (corrispondente al volume dell’arto).

Condizioni favorenti la comparsa di edemi


 Mala%ia sistemica
L’edema colpirà a tappeto le regioni che subiscono maggiormente la gravità. Se il paziente sta in
piedi l’edema si localizzerà alle gambe, se invece è alle%ato l’edema sarà sacrale (le ulcere sacrali si
chiamano ulcere da pressione) e necessiterà di una pro2lassi con materasso ad acqua.
Le principali eziologie sono:
o Cardiache (scompenso)
La terapia dello scompenso cardiaco ultimamente poggia molto sul β-bloccante. La digitale o
gli inotropi puri (inibitori della fosfodiesterasi) aumentano invece la mortalità e si danno
solamente in caso di emergenza estrema in corso di rianimazione.
o Epatiche
o Renali
o Gastroenteriche
L’edema renale si forma con un meccanismo che è operante sia di giorno che di no%e. Il paziente
con sindrome nefrosica o con glomerulonefrite acuta avrà quindi i piedi gon2 la ma%ina. Il
cardiopatico, invece, si gon2a tu%o il giorno e, se il rene funziona, di no%e urina e si sgon2a (edema
serotino). L’edema comparirà di sera anche nel caso di un’insuDcienza venosa o di un linfedema.

 Stile di vita non corre%o

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 81 A cura di ANDREA PERNA


◦ Alimentazione
◦ Scarsa a%ività 2sica
◦ Fumo
◦ Consumo eccessivo di alcool
Il miglioramento dello stile di vita, da solo, è più eDcace di qualsiasi terapia.
 Mala%ie degli arti

Ricapitolando, l’edema compare in seguito alle seguenti patologie:


 Sistema venoso
◦ InsuDcienza valvolare
◦ Trombosi
◦ Compressione
◦ Malformazioni
 Sistema muscolotendineo ed osteoarticolare
◦ Ipotonia muscolare
◦ Ematomi
◦ Cisti
◦ In2ammazioni
 Microcircolo
◦ Allergie
◦ Farmaci
◦ Deriva da un aumento della permeabilità (es. edema del labbro da Ca2+ - antagonista)
◦ Adiposità distre%uale (lipedema)
Alterazione della stru%ura del so%ocutaneo, generalmente nelle donne, tremenda da
curare e diversa sia dalla cellulite che dal linfedema.
◦ Mala%ie endocrine – turbe ormonali (es. mixedema)
 Sistema nervoso autonomo
◦ Alterazione della neuroregolazione del tono arteriolare e venulare.

Gestione del paziente con edema


 Il paziente deambula?
◦ Sì
▪ Ha una trombosi venosa?
 Sì
◦ Terapia medica
◦ Elastocompressione (seguita da movimento → evitare di alle%are il paziente)
◦ Ricerca della mala%ia di base (sopra%u%o se giovane e non ha le varici)
 No
◦ Diagnosi eziologica
◦ Interventi sullo stile di vita
◦ Terapia eziopatogenetica (come deco%i di erbe linfodrenanti)
◦ No
▪ Ha una trombosi venosa?
 Sì
◦ Terapia medica
◦ Elastocompressione
◦ Ricerca della mala%ia di base
 No
◦ Pro2lassi antitrombotica
◦ Sorveglianza ecogra&ca (potrebbe sfuggirci la trombosi in fase
acutissima)

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PARTE 2
MALATTIE
POLMONARI

SOMMARIO:

- SEMEIOTICA DELL'APPARATO RESPIRATORIO


- POLMONITE
- EMBOLIA POLMONARE
- CUORE POLMONARE CRONICO

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 83 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 9 SEMEIOTICA DELL'APPARATO RESPIRATORIO

ESAME OBIETTIVO DEL TORACE

Ispezione
L’esame ispe%ivo del torace, dopo aver osservato a%entamente la cute e gli a%eggiamenti del pz si
completa con lo studio della conformazione del torace; esistono numerose anomalie della
conformazione toracica che non hanno un equivalente clinico: tra esse, il torace imbutiforme, con
depressione della metà inferiore dello sterno, o quello carenato, con sterno sporgente a forma di carena.
Maggiore rilevanza presentano le deformazioni toraciche che possono condizionare in senso negativo la
meccanica ventilatoria o che rappresentano le conseguenze di una patologia respiratoria. Si riconoscono
così le alterazioni statiche e dinamiche. Tra le prime vanno segnalate le deviazioni del rachide, come la
cifoscoliosi o il gibbo. Tra le alterazioni dinamiche possono essere obie%ivabili in talune circostanze
delle retrazioni o delle dilatazioni circoscri%e ad un solo emitorace, che generalmente si accompagnano
ad una rido%a motilità respiratoria.
Retrazione si può avere in presenza di 2brosi polmonare retraente (de2nita 2brotorace e
frequentemente esito di mala%ie in2ammatorie croniche del parenchima polmonare) o in caso di
atele%asia lobare (collasso degli alveoli polmonari per perdita del loro contenuto aereo). Talora
l’emitorace retra%o presenta notevole rientramento inspiratorio degli spazi intercostali, quale
conseguenza dell’aumentata depressione intrapleurica che si oppone alla minore tendenza alla
distensione del polmone aHe%o.

Palpazione
La palpazione del torace consente di o%enere una migliore de2nizione di alcuni reperti ispe%ivi, quali la
simmetria della gabbia toracica e l’espandibilità dei due emitoraci.
Utilizzando entrambe le mani, saldamente appoggiate sulla super2cie cutanea e unite sulla linea
mediana con l’estremità del primo dito, l’esaminatore ne osserva l’allontanamento dalla linea mediana
durante l’inspirazione. Gesta manovra deve essere ripetuta in più punti dalle regioni apicali a quelle
basali, sia anteriormente che posteriormente. Sarà così meglio apprezzabile una eventuale asimmetria
dinamica già osservata ispe%ivamente.
La più importante informazione o%enibile dall’esame palpatorio del torace consiste tu%avia nel rilievo
del fremito vocale ta%ile (FVT). È questa una sensazione vibratoria percepibile appoggiando la mano a
pia%o sul torace ed esercitando una leggera pressione mentre il paziente pronuncia una parola ricca di
consonanti (33).
Il FVT prende origine dalle vibrazioni delle corde vocali che hanno luogo durante la fonazione e che si
trasme%ono alle parti solide dell’albero respiratorio a%raverso la colonna aerea tracheo-bronchiale. Il
FVT deve essere rilevato appoggiando la mano in regioni simmetriche del torace (per comparare
il reperto di un lato con quello controlaterale) e procedendo dalle zone apicali a quelle basali.
Perché il FVT possa essere normalmente trasmesso sono necessari:
- l’integrità dell’organo di fonazione (corde vocali);
- la pervietà delle vie aeree in tu%o il loro decorso.
Il FVT aumenta ogni qualvolta si ha un aumento della componente solida nel parenchima polmonare
che consenta la pervietà delle vie aeree: ciò si veri2ca in presenza di un addensamento in2ammatorio o
di altra natura, di un infarto emorragico polmonare (necrosi circoscri%a di tessuto polmonare a seguito
di ostruzione di rami dell’arteria polmonare), di una 2brosi o di atele%asia da compressione, non causata
cioè da una completa ostruzione bronchiale (che abolirebbe il FVT). Anche in presenza di cavità
polmonari comunicanti con un bronco e non ripiene di liquido si avvertirà un rinforzo
del FVT.
La riduzione o abolizione del FVT si ha in presenza di una mala%ia delle corde vocali che comprome%a
la capacità di fonazione, e ogni qualvolta si veri2chi un’ostruzione bronchiale (per es., nell’atele%asia
conseguente ad ostruzione bronchiale e successivo riassorbimento dell’aria negli alveoli del territorio

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 84 A cura di ANDREA PERNA


dipendente).
Inoltre il FVT è rido%o diHusamente nell’en2sema polmonare, in cui si ha estesa distruzione dei se%i
alveolari che trasme%ono il FVT dalle vie bronchiali alla parete toracica. Ancora, una riduzione del FVT
si accompagna all’interposizione di un mezzo estraneo tra polmone e parete toracica, come nel caso
della presenza di una falda aerea (pneumotorace) o liquida (versamento pleurico) nella cavità pleurica.

Percussione
In condizioni normali il rumore o%enibile percuotendo la maggior parte delle zone del torace è de2nito
suono chiaro polmonare ed è l’espressione del normale rapporto tra parenchima polmonare ed aria
presente durante una respirazione tranquilla.
Ogni qualvolta la componente solida a livello parenchimale aumenta a scapito di quella gassosa il suono
evocato assume cara%eri di minore intensità e durata e di maggiore frequenza: diviene cioè ipofonetico.
Galora, in particolari condizioni patologiche, il contenuto aereo del polmone venga completamente
sostituito da materiale solido, il suono evocato viene de2nito o%uso (si parla anche di o%usità di coscia).
Al contrario, nelle condizioni in cui il parenchima polmonare subisce un danno che ne aumenti la
componente gassosa a scapito di quella solida, il suono percussorio assume un cara%ere più intenso:
diviene cioè iperfonetico.
In particolari condizioni il suono percussorio acquista una notevole sonorità ed un timbro timpanico,
che ricorda quello emesso da una cassa di risonanza ricoperta da una membrana elastica in tensione.
Le principali condizioni patologiche polmonari che si accompagnano ad ipofonesi plessica sono gli
addensamenti di qualsiasi natura, la 2brosi polmonare, i versamenti pleurici e l’atele%asia, oltre al
cospicuo aumento del pannicolo adiposo so%ocutaneo.
L’iperfonesi si osserva tipicamente nell’en2sema polmonare o in sogge%i estremamente magri.
In presenza di pneumotorace o di cavità estese a contenuto gassoso il suono percussorio può acquistare
un timbro timpanico.
La percussione del torace ha una duplice 2nalità:
quella di delimitare il parenchima polmonare rispe%o agli organi contigui (percussione delimitativa) e
quella di confrontare un eventuale reperto con la regione simmetrica controlaterale (percussione
comparativa).
È possibile, in condizioni normali, delimitare ,a livello clavicolare, delle zone disposte “a bretella” in cui
si avverte un suono chiaro polmonare, contrapposto all’o%usità delle parti molli site medialmente e
lateralmente. Geste due regioni sono de2nite campi di Krönig.
Processi patologici di natura infe%iva o neoplastica a localizzazione apicale possono determinare la
riduzione o la scomparsa dei campi di Krönig, evocando una ipofonesi o una franca o%usità in questa
regione.
Una volta stabilito il punto di passaggio tra il suono chiaro polmonare e l’o%usità degli organi
so%ostanti, l’esaminatore dovrà determinare la mobilità inspiratoria delle basi polmonari; per fare ciò è
necessario porre il dito plessimetro immediatamente al di so%o della fal- da inferiore di suono chiaro
polmonare e invitare il paziente a compiere una profonda inspirazione; eseguendo una percussione
durante questa manovra, si avvertirà, in condizioni normali, una modi2cazione della sonorità
percussoria che da o%usa diverrà chiara, a causa del riempimento dello sfondato costo-frenico da parte
del polmone ripieno d’aria. La normale escursione delle basi polmonari durante un’inspirazione forzata
è di 3-4 cm. In numerose condizioni patologiche tale escursione è rido%a o abolita.

Auscultazione
I rumori respiratori normalmente percepibili all’auscultazione polmonare sono essenzialmente due, cioè
il respiro bronchiale ed il murmure vescicolare.
Il respiro bronchiale è un rumore soDante percepibile in una piccola regione prossimale alla trachea, in
prossimità della linea mediana, sia anteriormente che posteriormente. Esso è generato dal passaggio
dell’aria nella trachea e nell’albero bronchiale e presenta un’intensità crescente durante l’inspirazione e
gradualmente decrescente durante la fase espiratoria. Esso è, nella maggior parte delle regioni toraciche,
mascherato dal rumore proveniente dagli alveoli polmonari, le cui pareti sono messe in vibrazione
dall’arrivo del Kusso aereo durante l’inspirazione; tale rumore, che acquista intensità udibile a causa

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 85 A cura di ANDREA PERNA


dell’enorme numero (circa 300.000.000) di alveoli, è de2nito murmure vescicolare. La sua cara%eristica
principale è quella di essere ben percepibile durante la fase inspiratoria, ma di avere un brusco calo di
intensità durante l’espirazione. Le alterazioni patologiche dei rumori respiratori sono essenzialmente di
tre tipi:
- riduzione o abolizione del murmure vescicolare; esso si riduce o scompare qualora venga meno la
ventilazione degli alveoli (come in presenza di un addensamento o di una atele%asia) ovvero quando le
pareti alveolari siano estesamente distru%e, come nell’en2sema polmonare. Risulta rido%o anche in
presenza di un versamento pleurico o di uno pneumotorace
- presenza del respiro (o so0o) bronchiale in una regione ove esso non sia normalmente
percepibile; Spesso, in corrispondenza di una regione in cui gli alveoli sono meno ventilati, si rende
evidente il respiro bronchiale, non più mascherato dai rumori di pertinenza alveolare: ciò si veri2ca in
presenza di addensamenti parenchimali, purché non costituiti da essudati troppo Kuidi.
Un respiro bronchiale a tonalità dolce può essere apprezzabile al margine superiore di un versamento
pleurico, laddove gli alveoli sono compressi dal liquido ed esso non ha uno spessore tale da abolire
qualsiasi rumore respiratorio so%ostante. Anche in presenza di un en2sema polmonare può comparire
un respiro “aspro”, chiaramente percepibile durante la fase espiratoria, che risulta spesso prolungata in
questi pazienti.
- presenza di rumori aggiunti di provenienza bronchiale, parenchimale o pleurica. I rumori
aggiunti sono classi2cabili come umidi e secchi in base alla presenza o meno di secrezione Kuida nelle
vie aeree.
I rumori umidi di provenienza bronchiale sono i rantoli, che vengono descri%i come piccole, medie e
grosse bolle a seconda del calibro del bronco nel quale si trova una abbondante secrezione.
I rantoli sono generalmente percepibili durante l’intero ciclo respiratorio, anche se talora sono meglio
avvertibili in inspirazione. La loro peculiare cara%eristica è quella di modi2carsi o di scomparire per
qualche a%o respiratorio allorquando il paziente eme%e un colpo di tosse, rimuovendo in tal modo le se
crezioni bronchiali.
I rumori umidi di provenienza parenchimale sono i crepitii (o rantoli crepitanti). Essi sono tipicamente
avvertibili alla 2ne dell’inspirazione e spesso nelle regioni basali di entrambi i polmoni. Gesto reperto
è cara%eristico del polmone da stasi, in cui appunto si ha la presenza di una trasudazione di liquido
negli spazi interstiziali.
I rumori secchi di origine bronchiale sono de2niti ronchi e sono generati dal passaggio dell’aria
a%raverso le pareti bronchiali rese scabrose da essudati particolarmente densi, da edema della mucosa o
da spasmo della muscolatura liscia bronchiale.
A seconda del calibro del bronco interessato, i ronchi sono classi2cati come russanti, quando originano
dalla trachea o dai grossi bronchi, gementi (o gemiti) e sibilanti (o sibili) qualora provengano dai
bronchioli di più piccolo calibro.
I rumori secchi sono generalmente avvertibili sia durante l’inspirazione che durante la fase espiratoria.
Essi sono cara%eristici delle Kogosi bronchiali acute e croniche, in cui spesso sono associati a rantoli, e
delle broncocostrizioni da processo espansivo endobronchiale o da spasmo della muscolatura liscia
(asma bronchiale). In quest’ultimo caso sono udibili durante la fase espiratoria, che può risultare
notevolmente prolungata.
Vanno in2ne menzionati i rumori di provenienza pleurica: questi sono de2niti sfregamenti e originano
dalla confricazione dei foglie%i pleurici resi scabrosi da un processo in2ammatorio e dalla successiva
deposizione di 2brina.

SEGNI E SINTOMI

Tosse
La tosse è un fenomeno riKesso, che partendo da rece%ori a carico delle prime e grandi vie aeree, ma
anche dalla pleura e per2no da sedi extrapleuriche, quali l’orecchio medio, percorre la via aHerente del
vago e del glossofaringeo, giunge ad un centro bulbare della tosse e si realizza tramite impulsi che
giungono alla laringe, al diaframma, ai muscoli intercostali e ai muscoli respiratori accessori. Si
distinguono tre fasi:

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 86 A cura di ANDREA PERNA


- inspirazione profonda;
- espirazione violenta e glo%ide chiusa;
- improvvisa apertura della glo%ide ed emissione dell’aria ad alta velocità con rimozione di
materiale contenuto nelle vie aeree.
La tosse può essere a colpi isolati, accessionale, convulsiva con tirage 2nale. Può essere anche secca
(tosse della stasi polmonare, della neoplasia iniziale, della pleurite, delle fasi iniziali di una crisi d’asma)
o produ%iva, con emissione di espe%orato mucoso o purulento.
L’espe%orato è l’esito di una abnorme produzione di muco da parte delle formazioni ghiandolari della
mucosa bronchiale, che viene stimolata da fa%ori irritanti o infe%ivi.
L’uomo normale produce 100 cm3 di muco al giorno, che viene eliminato dalle vie aeree ad opera della
a%ività ciliare e deglutito inavvertitamente. Ma se la produzione di muco cresce, allora esso viene
eliminato tramite la tosse. In questo caso il muco è diverso dalla norma anche per cara%eristiche
viscoelastiche e per composizione mucopolisaccaridica (aumento delle frazioni neutre sulle acide) e
cellulare.
Galitativamente distingueremo l’espe%orato sieroso (cancro alveolo-bronchiolare), mucoso (asma
bronchiale), mucopurulento (bronchiti), purulento (bronchiectasie, ascesso polmonare), putrido
(gangrena polmonare), emorragico (neoplasie ed escavazione polmonare).
L'assenza di tosse può essere un fa%ore di rischio, il pz muscolare , che ha una miopatia , può non
riuscire a contrarre il diaframma quindi la tosse è ineDcace e sviluppa polmoniti ab ingestis.
I rece%ori sono terminazioni nervose che si trovano nell'epitelio delle prime vie aeree che a%raverso il
vago comunicano con i centri della respirazione . Si trovano tra le cellule epiteliali e sono da esse
prote%e, in un'inKuenza gli epiteliociti possono essere distru%i e le 2bre libere stimolano la tosse .
Il meccanismo della tosse può essere alterato in caso di: bronchiectasie, uso dei narcotici ( overdose, si
hanno rece%ori ipofunzionanti),tracheostomie, mala%ie neurologiche ( le più pericolose, come nel caso
della miastenia o sla dove comunque sia per via nervosa che muscolare il meccanismo della tosse è
rido%o), mala%ie muscolari , età avanzata.
All'anamnesi andrà indagata l'insorgenza, sia come timing, sia come condizione, la produ%ività etc. Tra
le varie cause di tosse non va dimenticato l'uso degli ACE-inibitori, durante il quale, la tosse secca e
stizzosa è uno dei più frequenti eHe%i collaterali. Cause non polmonari di tosse possono essere
rappresentate dalla MRGE, con una tosse secca che peggiora con il pz supino, essa compare per la
stimolazione dei rece%ori tussigeni presenti a livello esofageo.
L’emo%isi (o emokoe) è l’emissione di sangue con tosse dalle vie aeree. Può essere quantitativamente
assai variabile, dalla striatura ematica dell’espe%orato alla emo%isi massima irrefrenabile. Può essere
presente quasi in ogni mala%ia dell’apparato respiratorio, ma acquista grande valore diagnostico per la
frequente incidenza nelle neoplasie polmonari, nelle bronchie%asie, nelle polmoniti (espe%orato
rugginoso), nella tromboembolia dell’arteria polmonare.

Cianosi
La cianosi è l’espressione clinica di un de2cit di saturazione in O 2 dell’emoglobina e compare quando
sono presenti almeno 5 g/dl di emoglobina insatura. È una colorazione bluastra che interessa
prevalentemente le estremità e le zone ove la cute è più trasparente (prolabi, le%o ungueale).
Può dipendere da un de2cit di saturazione arteriosa (de2cit del polmone) oppure da un eccesso di
estrazione di O 2 a livello dei tessuti (de2cit di portata cardiaca). La cianosi da de2cit polmonare può
essere corre%a da ossigenoterapia, mentre non lo è quella dovuta a shunt destro-sinistro cardiaco.
L’anemia può mascherare una cianosi, che invece può essere facilitata dalla poliglobulia.
Se la cianosi persiste a lungo, possono comparire le cosidde%e dita a bacche%a di tamburo,
cara%erizzate da convessità dell’angolo fra parti molli e le%o ungueale e da aumento di volume
dell’ultima parte della falange. Esse possono comparire nelle mala%ie polmonari croniche con
desaturazione arteriosa, precocemente nel cancro polmonare, nelle cardiopatie congenite cianogene, ma
anche nella cirrosi epatica e nella colite ulcerosa.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 87 A cura di ANDREA PERNA


Dispnea
La dispnea è un'alterata modalità del respiro per frequenza, ampiezza e coordinazione, una sogge%iva
sensazione di inadeguatezza respiratoria.
Il termine indica una sogge%iva
esperienza di disagio respiratorio che è
composto di sensazioni qualitativamente
distinte variabili nella loro intensità.
È descri%a come la sensazione penosa di
fame di aria, che deve essere distinta
dalla semplice iperventilazione e dalla
polipnea.
La dispnea deriva da un mismatch tra
l'a%ività del centro respiratorio motorio
e le informazioni aHerenti dai rece%ori
delle vie aeree, polmoni e stru%ure della
parete toracica. I l feedback aHerente dai
rece%ori periferici perme%e al centro di
stabilire l’eDcacia del comando ai mm
respiratori, cioè l’appropiatezza della
risposta rispe%o al commando.
“Quando i cambiamenti della pressione
respiratoria Kusso aereo o movimento
del polmone e parete toracica non sono
appropriati rispe%o al comando motorio
l’intensità della dispnea aumenta.”
La dispnea parte da due grandi classi di
rece%ori:
- chemoce%ori periferici e centrali, che
registrano la P02 e la PCO2;
- meccanoce%ori (laringe , epitelio, m.
lisci , interstizio, m.intercostali ,
diaframma , tendini ed articolazioni) che
hanno una funzione prote%iva perchè
evitano l'eccessivo carico sulle
articolazioni e sui muscoli.
Va poi considerata la percezione della
sensazione data da una situazione
corticale che perme%e l'elaborazione
della sensazione stessa e dipende
dall'interpretazione dell'informazione .
Una delle situazioni più importanti di dispnea sono le COPD, nelle quali un ruolo importante è rivestito
da fa%ori meccanici e dall'aHaticamento dei muscoli respiratori.
- La dispnea acuta è un'emergenza. Gando si visita un pz dispnoico vanno indagate
l'insorgenza, presenza di sintomi associati, l' e.o., l'EGA, rx torace , ecg.
I principali fa%ori di rischio sono cardiologici (Il pz respiratorio è dispnoico ma riesce ad essere supino ,
il pz cardiologico no), respiratori (BPCO, episodi pregressi, decubito no%urno), stasi venosa periferica
(tromboKebite), sforzi recenti, esposizione a tossici, esposizione ad allergeni ed irritanti.
Dopo aver svolto l'anamnesi e l'e.o. si procede con le prove di funzionalità respiratoria che perme%ono,
con il test di diHusione, di fare diagnosi di mala%ia respiratoria e del meccanismo della dispnea.
Si eHe%ua poi un rx del torace e test cardiologici (ele%ro- ed ecocardiogramma).
In2ne il test del cammino, che serve a veri2care la veridicità di quello che è stato aHermato dal pz. E' un
test a basso costo e altamente informativo.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 88 A cura di ANDREA PERNA


Scala del MMRC (Modi(ed Medical Research Council):
- grado 0: la dispnea si veri2ca solo per sforzi intensi;
- grado 1: la dispnea compare per corsa in piano o camminata in lieve pendenza;
- grado 2: comparsa di dispnea su percorsi piani, il pz cammina più lentamente dei coetanei o si ferma
spesso per riprendere 2ato;
- grado 3: la dispnea compare dopo una camminata in piano di 100 m e costringe il pz a fermarsi;
- grado 4: le a%ività ordinarie causano dispnea.
Esiste poi la scala di Borg che divide i pz in base alla sopportabilitò del sintomo. Essa va da 0 (nessun
fastidio) a 10 (dispnea insopportabile)
- Per la dispnea cronica va indagato prima di tu%o l' emocromo, ed rx poi emogasanalisi e le
prove di funzionalità respiratoria (che aiutano nella diagnosi di asma o stenosi tracheale) . Nelle
mala%ie diHuse del polmone si possono eseguire HRCT e DLCO per distinguere interstiziopatie ,
BPCO , tromboembolia e mala%ie vascolari .

La dispnea è clinicamente classi2cabile come:


- dispnea da sforzo;
- dispnea da cammino normale;
- dispnea per gesti abituali del vivere (parlare, pe%inarsi);
- dispnea a riposo;
- dispnea da posizione supina (che obbliga a stare seduti) o ortopnea.

Secondo le cara%eristiche di presentazione, si distinguono una dispnea espiratoria (stenosi delle vie
aeree intratoraciche ed intrapolmonari), una dispnea inspiratoria (stenosi delle vie aeree extratoraciche)
ed una dispnea parossistica (a brusca insorgenza e di notevole intensità).

Le principali cause di dispnea saranno:


- Alterazioni dell'apparato respiratorio
- mala%ie delle vie aeree come asma e BPCO
- mala%ie della parete toracica
- mala%ie del parenchima polmonare
- Alterazioni dell'apparato cardiovascolare
- mala%ie del cuore sx
- mala%ie del circolo polmonare
- mala%ie del pericardio
- Alterazione di altri organi e/o apparati
- anemia
- obesità

Dolore toracico
Le principali cause di dolore toracico sono:
 infarto
 embolia
 polmonite
 aneurisma dell'aorta
 pericardite
 pneumotorace
Sono le sei diagnosi principali, non tanto per frequenza, quanto per importanza, sono le principali
patologie che possono comportare un rischio di morte imminente per il pz.
Altre cause frequenti di dolore toracico sono il reKusso gastroesofageo, l'esofagite (l'esofagite dà un
dolore toracico molto forte, che può somigliare a quello da aneurisma dell'aorta), la pleurite, l'herpes
zoster, le neoplasie (mediastiniche o le neoplasie che possono interessare le coste).
E' importante fare una strati2cazione: a tal 2ne dovete vedere la diagnostica cardiologica e quindi
cercare di escludere, a%raverso l'anamnesi, l'esame clinico, l'ECG e i test diagnostici, la cardiopatia

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 89 A cura di ANDREA PERNA


ischemica.
Il dolore pleurico è un dolore di origine parietale, aumenta con gli a%i del respiro, in particolare alla 2ne
dell'espirazione, ed è localizzato; può anche essere irradiato: un dolore a livello della zona centrale del
diaframma (pensate alle polmoniti basali) viene riferito al collo.
il dolore da infarto del miocardio è oppressivo, irradiato al collo e alle braccia.
In caso di dolore toracico bisogna considerare:
- la storia pregressa, al 2ne di escludere una storia di cardiopatia ischemica o una storia di traumi;
- l'insorgenza: è una situazione acuta, isolata, un dolore comparso in quel momento oppure è ricorrente;
- le cara%eristiche: l'irradiazione, la tipologia di dolore (ad es. il dolore cardiaco è tipicamente
gravativo);
- i fa%ori scatenanti: il dolore da pneumotorace è spesso legato ad uno sforzo; il dolore dovuto a
esofagite aumenta in decubito supino;
- la posizione assunta dal paziente (ad es. nella pericardite egli tende a chinarsi in avanti per alleviare il
dolore);
- l'età del paziente: in un pz giovane ricercheremo una pericardite o uno pneumotorace o un'embolia
polmonare;
- la presenza di febbre e dispnea: la febbre può essere indicativa di polmonite. La dispnea, invece, è il
cara%ere principe dell'embolia polmonare.
Gando c'è un dolore toracico è importante fare un accurato esame obie%ivo del torace e del cuore,
misurare la pressione ad entrambi gli arti, eseguire l'ECG (proprio per escludere una problematica
cardiaca), eseguire una radiogra2a del torace (per esplorare la problematica polmonare, in particolare la
polmonite, la pleurite e lo pnx), eseguire esami ematochimici (per escludere la diagnosi cardiaca),
l'emocromo (per le problematiche infe%ive), l'emogasanalisi (l'ipercapnia, ad esempio, tende a escludere
l'embolia polmonare).

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 90 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 10 POLMONITI

Caso clinico:
- Uomo di 30 anni con storia di asma ha febbre da circa 10 giorni.

- La febbre ha avuto un andamento un po’ particolare: inizialmente si associava a mal di gola e dolori
muscolari diHusi che sono passati dopo 5 giorni di alle%amento; dopo due giorni dalla risoluzione dei
sintomi è ricomparsa la febbre con aHanno e tosse produ%iva.

- Alla visita ha quasi 39° di temperatura, pressione normale e tachicardia (come si conviene per una
temperatura di 39°). Anche la frequenza respiratoria è un pochino aumentata, 24 bpm mentre un
ragazzo di 30 anni respira a meno di 20 a%i al minuto, e ha una desaturazione ossimetrica (saturazione
ossigeno 89% contro un valore normale intorno al 94%).

- All’auscultazione del torace si sentono dei crepitii, ipofonesi o o%usità alla percussione e il fremito
vocale ta%ile è aumentato alla base polmonare sinistra.
(Il termine egofonia, è quello equivalente americano o inglese per indicare un aumento della
trasmissione al fremito vocale ta%ile)
Inoltre essendo il paziente asmatico ci sono anche dei sibili diHusi.

- Il medico eHe%ua un Rx del torace dove appare una ipodiafania al livello del lobo di sinistra (come da
immagine).

- Il quesito clinico è: quale dei seguenti agenti patogeni è la


causa più probabile degli a%uali sintomi del paziente? Le
opzioni sono:
- Haemophilus in6uenzae
- Streptococcus pneumoniae
- Moraxella catarrhalis
- Pneumocystis jirovecii
- In6uenza A

La risposta corre%a è: Streptococcus Pneumoniae


Perché non è una polmonite insorta come prima causa, ma
come complicanza dell’inKuenza: il signore aveva avuto 5
giorni di una mala%ia febbrile che si associava alla
presenza di dolori osteoarticolari diHusi che è regredita dopo riposo a le%o e dopo ha sviluppato una
seconda polmonite.

Le cause più probabili di polmonite post-inKuenzale sono lo sta2loccoccus aureus e lo Streptococcus


pneumoniae. Lo sta2loccoccus non è presente tra le risposte, quindi la migliore opzione risulta essere lo
streptoccoccus.

L’Haemophilus inKuenzae e la Moraxella Catarrhalis sono cause comuni di polmonite lobare acquisita
in comunità, ma sono meno comuni dopo un’inKuenza rispe%o al S. Pneumoniae.
L’infezione da Pneumocystis jirovecii sarebbe insolita in un paziente immunocompetente essendo un
parassita opportunista. L’inKuenza, invece, ha un classico andamento monofasico.

CONSIDERAZIONI GENERALI
- Le infezioni del polmone profondo e le polmoniti in particolare sono un importante causa di mortalità
sopra%u%o negli anziani.
- Non soltanto in sogge%i in età avanzata la polmonite fa morire di più, ma nei sogge%i in età avanzata,
la polmonite incide anche di più. Gindi la maggior mortalità è legata ad una maggiore gravità , ma
anche ad una maggior frequenza della situazione. La rappresentazione gra2ca a%raverso l’età ha una
forma ad U ; signi2ca che la polmonite incide molto di più nell’età più giovanile, ma incide moltissimo

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 91 A cura di ANDREA PERNA


anche nell’età avanzata.
In Italia c’è una relazione molto forte con l’età, e si conferma che l’età non è soltanto un fa%ore di
gravità della mala%ia, ma è anche un fa%ore di presenza della mala%ia
- Lo streptococcus pneumoniae è ancora oggi l’agente infe%ante più importante.
- L’incidenza dei sogge%i con polmonite ha un gradiente Nord-Sud. Dove è più freddo, ci sono più
polmoniti: dunque c’è sicuramente una relazione con il clima che non è da trascurare, e probabilmente
forse è il maggior dato di spiegazione di questa tendenza che è abbastanza evidente. Nel Nord Europa
abbiamo un’incidenza di polmoniti che è decisamente più alta.
- L’applicazione di misure preventive suggerite dall’evidenza scienti2ca può ridurre signi2cativamente il
carico di mala%ia ma purtroppo questa situazione non è stata mai soddisfacente e negli ultimi anni è
anche peggiorata.
- L’individuazione dell’agente responsabile dell’infezione non è considerata critica nella maggior parte
delle situazioni (sopra%u%o per le polmoniti acquisite al di fuori dell’ospedale) e non viene perciò
eseguita nella pratica medica generale infa%i soltanto in un 10% dei casi si era tentato di avere
l’identi2cazione dell’agente. C’è anche un problema di “soddisfazione” nella speci2cità e nella sensibilità
degli eventuali esami sull’espe%orato nella possibile identi2cazione dell’agente patogeno perché è
diDcile dire se quel microrganismo che trovate è realmente responsabile della polmonite.
- Altri esami per la ricerca del microrganismo patogeno sono l’emocultura o dei marker bioumorali
degli agenti infe%anti che sono invece più sicuri qualora positivi.
- Il suggerimento fa%o dalle linee guida della società europea di pneumologia del 2005 è uno schema
semplice: purchè una persona abbia una tosse persistete basta che ci sia anche solo uno degli altri segni
elencati (nuovi segni toracici focali, febbre da più di 4 giorni,dispnea o tachipnea) per avere
l’indicazione a fare una rx del torace
- La radiogra2a del torace ( a diHerenza degli esami per l’identi2cazione dell’agente eziologico) è
eHe%uata molto frequentemente nell’ambito della medicina generale nel sospe%o di polmonite : 80% pz.

SINTOMI
I dati sui quali ci si basa per sospe%are una polmonite sono:
- tosse acuta. E’ diDcile che un paziente con polmonite non abbia tosse.
- dolore toracico, specialmente se asimmetrico, qualsiasi esso sia.
- Elementi riguardanti la frequenza del respiro e la confortevolezza del respiro, dunque tachipnea,
dispnea.
- febbre che sia durata più di qua%ro giorni.
Un paziente che abbia una condizione di tosse e almeno uno soltanto di questi sintomi, merita una
radiogra(a del torace.

PREVENZIONE
Esiste un’evidenza dell’a%ività della vaccinazione antinKuenzale; essa provoca una riduzione del rischio
di ospedalizzazione che è di circa il 50 % e una riduzione di mortalità e del rischio che è dell’ordine del 60-
70%. .
Per quel che riguarda la vaccinazione antipneumococcica e l’ ospedalizzazione, si avrà una riduzione del
rischio del 43 % ed una riduzione del rischio per la mortalità del 29 %, e l’associazione delle due porta ad
una diminuzione dell’ ospedalizzazione che è del 72 % , e per quanto riguarda la morte una riduzione
dell’82 %.

CLASSIFICAZIONE
E’ importante prendere in considerazione una classi2cazione che non parta dagli agenti infe%anti, ma
dalle condizioni in cui questa polmonite si veri2ca.
Si tra%a di quattro condizioni:
- CAP: community acquired pneumonia
- HCAP: health care associated pneumonia , che sono delle polmoniti acquisite in comunità, ma in
sogge%i che abbiano qualcosa a che vedere con l’assistenza medica
- HAP o NP: che sono le polmoniti nosocomiali
- VAP: che si veri2cano all’interno dell’ospedale in sogge%i che abbiano la ventilazione assistita.

Gesta distinzione è importante, perché ha delle implicazioni molto forti, so%o vari punti di vista.
Compreso il piano dell’assistenza.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 92 A cura di ANDREA PERNA


Le due condizioni che si acquisiscono in comunità sono le HCAP e le CAP.
Le prime si acquisiscono al di fuori dell’ospedale, considerando comunque che si tra%a di una
de2nizione che va notevolmente espandendosi, perché con l’espansione dell’assistenza sanitaria, è
evidente che molti pazienti che prima non facevano assistenza, ora la fanno.
Le altre due categorie sono la VAP, che è la polmonite di coloro che hanno un’ assistenza ventilatoria
meccanica, che si sviluppa tra le 48 e le 72 ore dopo l’inizio, e le polmoniti nosocomiali , che si
sviluppano in ospedale 48 ore dopo l’ingresso.
E’ importante la distinzione tra queste qua%ro classi di polmoniti, perché soltanto sulla base del dove è
acquisita una polmonite, puoi identi2care pazienti che hanno una prognosi completamente diversa.
Le CAP hanno una mortalità del 10 %, le HCAP e le polmoniti acquisite in ospedale hanno una mortalità
che si avvicina al 20 %, e in quelli che hanno una polmonite da ventilazione meccanica, la mortalità è del
30 %.
Esiste dunque un gradiente tra le CAP e le VAP che è di circa 3 volte la mortalità. Gesto chiaramente è
più che suDciente a spiegare il perché di questa classi2cazione.

CAP
Epidemiologia
Le CAP sono le polmoniti più frequenti, seguite dalle HCAP. Facendo la somma di queste due classi,
normalmente abbiamo circa 2/3 e anche oltre di tu%e le polmoniti che causano un ricovero in ospedale.
Le altre classi di polmoniti riguardano il 30 % del totale.
La mortalità dei pz con CAP tra%ati a domicilio si aggira tra l'1 e il 5% mentre nei pz ospedalizzati si
arriva al 20% per i ricoverati in reparti internistici ed al 40% per i ricoverati nelle terapie intensive.
Non sapendo quante sono realmente le polmoniti però la diHerenza sulla base della mortalità non ha un
grande signi2cato.
L'incidenza è maggiore negli anziani e nei primi anni di vita assumendo una distribuzione ad U.
I vari agenti eziologici presentano dei periodi preferenziali, ad esempio il primo trimestre per
M.Pneumoniae o il periodo autunnale ed estivo per la Legionella.
L'incidenza in Italia è di 12 pz per 100000 individui l'anno.

Fattori di rischio
Ci sono vari fa%ori che possono esser considerati fa4ori di rischio per l’incidenza di polmonite.
- Fumare è un fa%ore di rischio associato anche ad un’incidenza di polmonite.
- E’ associata, sia in eccesso che in dife%o, ad un’eccessiva variazione di peso.
I problemi che spesso comportano l'ospedalizzazione di un pz con CAP saranno:
- le mala4ie cardiache
- le mala4ie neurologiche,
- le neoplasie,
- la presenza di asma;
- terapia corticosteroidea sistemica,

Eziopatogenesi
La maggior parte delle CAP sono ad eziologia ba%erica, anche se in qualche caso è possibile il
coinvolgimento virale (sopra%u%o nei primi anni di vita).
Lo Streptococcus Pneumoniae è l'agente eziologico più frequente, riscontrato in circa 1/3 dei casi,
ache se si ritiene che possa essere coinvolto in circa il 50% delle CAP.
Tra i patogeni atipici, che causano in genere polmoniti di minore importanza, che non richiedono
l'ospedalizzazione e sopra%u%o in pz giovani, ricordiamo Mycoplasma Pneumoniae, Clamydia
Pneumoniae.
Patogeni che possono comportare l'ospedalizzazione del pz dando una polmonite grave, sono in genere
gram – come Haemophilus InKuenzae ed Enterobacteri.
Nei pz con CAP che richiedono il ricovero in terapia intensiva, sono frequenti la Legionella,
Pseudomonas Aureginosa.
Nella maggior parte dei casi l'eziologia resta ignota.

Manifestazioni cliniche e diagnosi


La diagnosi di polmonite deve essere presa in considerazione in ogni pz che presenta sintomi respiratori
come una tosse (produ%iva o non produ%iva), dispnea, tachipnea, febbre da almeno 4 gg, malessere
generale, rantoli crepitanti localizzati ed ipofonesi plessica.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 93 A cura di ANDREA PERNA


L'rx torace nelle proiezioni antero-posteriore e latero-laterale è fondamentale nella diagnosi. Esso
presenta una grande sensibilità e speci2cità nel pz che presenta sintomi compatibili con una polmonite.
Può consentire una dd con patologie che mimano una polmonite e può stabilire la gravità della mala%ia.
Gli esami di laboratorio evidenziano una leucocitosi neutro2la, con aumento della PCR e della VES.
Nei pz gestiti a domicilio, in genere non vengono compiute indagini microbiologiche, data la benignità
del decorso clinico e la buona eDcacia della terapia empirica.
Sui campioni di sangue, di espe%orato o da quelli o%enuti tramite lavaggio bronchiolo-alveolare (BAL) è
possibile eseguire diversi test come:
- colorazione di Gram per diagnosticare rapidamente lo S. Pneumoniae
- test immunoenzimatici dire%i contro gli antigeni dei patogeni atipici
- emocolture nei pz ospedalizzati che presentano febbre > di 38°
- antigeni urinari per la Legionella

La decisione circa l'ospedalizzazione del pz con CAP dipende da diverse condizioni come:
- severità della mala%ia
- comorbilità
- fa%ori di rischio
- presenza di una possibile assistenza familiare/domiciliare adeguata
- adesione del pz alle terapie indicate
Sono stati proposti diversi approcci metodologici per stabilire la gravità della mala%ia e la necessità del
ricovero. I due più importanti però sono senza dubbio: il Pneumonia Severity Index (PSI) e il CURB-65
index.
Il PSI a%ribuisce ai pz dei punteggi in base ai parametri descri%i precedentemente ed in base ai risultati
dei test di laboratorio (come azotemia, natriemia, glicemia, ematocrito). Se il punteggio risulta < a 90, il
pz va tra%ato a domicilio, se il punteggio è > di 91 va ricoverato.
L' Indice CURB65 è invece più semplice da utilizzare e si basa su:
 Stato confusione pz (si suggerisce di valutarlo con test AMT (test abbreviato mentale) con
punteggio di 8 o meno )
 Azoto ureico (BUN superiore a 19mmoli/L)
 Frequenza respiratoria superiore a 30 al minuto
 Ipotensione : pressione sistolica bassa è sicuramente associata a prognosi negativa
 eta > 65 anni

A seconda delle condizioni cliniche il pz che viene ricoverato può essere gestito in un normale reparto
di degenza o necessiterà di un reparto ad alta intensità di cura. Gesta decisione si basa su 3 parametri e
basta che uno dei tre sia alterato perché il pz debba (nei limiti del possibile) essere gestito in un reparto
ad alta intensità di cura.
I 3 parametri sono:
 numero focolai presenti: se sono impegnati almeno due lobi polmonari è opportuno che il pz
venga gestito in reparti ad alta intensità di cura
 ipotensione arteriosa persistente (sistolica inferiore a 90mmhg)/pz emodinamicamente
instabile
 rapporto tra paO2 arteriosa e FiO2 (frazione inalata ossigeno) <250 che corrisponde a quadro
insuDcienza respiratoria severa.

Trattamento
Idealmente il tra%amento delle CAP richiederebbe il riconoscimento dell'agente eziologico per poter
impostare una terapia mirata. Ciò avviene in una percentuale molto bassa di casi. Nella realtà clinica
pertanto è indispensabile riuscire ad impostare una terapia empirica. La tempistica e la scelta della
terapia ha importanti risvolti sulla prognosi della mala%ia. La terapia empirica deve essere impostata
tenendo conto:
- dei possibili patogeni implicati
- delle resistenze antibiotiche
- degli eventuali eHe%i collaterali
La terapia empirica è volta principalmente ad eradicare le infezioni più frequenti come quella da S.
Pneumoniae, M. Pneumoniae e L. Pneumophyla.
In base alla gravità della mala%ia ed alla degenza (domiciliare od ospedaliera) gli agenti terapeutici e gli

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 94 A cura di ANDREA PERNA


schemi cambiano parecchio.
Nei pz a domicilio sono utilizzati principalmente macrolidi (azitromicina, claritomicina) e/o
amminopenicilline (amoxicillina). In caso d'intolleranza la levoKoxacina, un Kuorochinolone.
In caso di resistenza è possibile usare l'amminopenicillina con un inibitore delle beta la%aminasi o una
cefalosporina di II o III generazione.
Nei pz in degenza ospedaliera è consigliato l'uso di un Kuorochinolone respiratorio o un'associazione
betala%amico+macrolide per via endovenosa, nei primi giorni, è infa%i auspicabile passare alla
somministrazione orale quanto prima possibile.
La durata media della terapia è di circa 2 se%imane.

HAP
De%e anche polmoniti nosocomiali, si sviluppano durante l'ospedalizzazione, dopo 48 ore dal ricovero.
Alcuni autori includono nella grande famiglia delle HAP anche le VAP associate alla ventilazione
assistita e le HCAP associate ad assistenza sanitaria. Una delle cara%eristiche è la presenza di germi
multiresistenti, pertanto la terapia sarà diversa da quella delle CAP.

Epidemiologia
Le HAP hanno un incidenza del 2% circa nei pz ospedalizzati e rappresentano la seconda infezione più
comune contra%a in ambiente nosocomiale (la prima è quella delle vie urinarie). Il range di mortalità va
dal 30 al 70%.
I principali fa%ori di rischio sono: l'età, il reparto di ricovero, il tipo di ospedali. I pz più giovani sono
meno propensi a sviluppare HAP rispe%o agli anziani.
Le HAP che presentano un tempo di insorgenza lungo (5 gg dal ricovero) hanno una probabilità
maggiore di essere causate da patogeni resistenti e diDcili da tra%are. I pz più a rischio per questa
condizione sono quelli già tra%ati in precedenza con antibiotici e i pz residenti in case di cura.

Eziopatogenesi e fattori di rischio


Nei pz ospedalizzati la colonizzazione dell'orofaringe da parte di enterobacteri gram- aumenta con
l'aumentare della gravità delle condizioni so%ostanti.
La colonizzazione dell'orofaringe associata al de2cit delle difese meccaniche che cara%erizza questi pz e
la conseguente aspirazione dei ba%eri nei polmoni portano allo sviluppo della HAP.
I fa%ori di rischio critici sono rappresentati dalla presenza di ventilazione meccanica, dalla durata della
degenza e dalla gravità delle cormobilità so%ostanti.
Lo spe%ro dei patogeni che causa le HAP è diverso da quello delle CAP. I patogeni più frequenti sono
gram- (P. Aeruginosa, E. Coli, K. Pneumoniae, S. Aureus).

Diagnosi
La diagnosi clinica è spesso complessa, pertanto è preferibile seguire le linee guida che consigliano
l'utilizzo di una strategia clinica e ba%eriologica.
La diagnosi va presa in considerazione quando si veri2cano nel pz sintomi respiratori di nuova
insorgenza o si aggravano dei sintomi già presenti. Nell'anziano possono prevalere segni non respiratori
quali la confusione mentale.
L'Rx torace consente la localizzazione di opacità diHuse e quindi la diagnosi della mala%ia, nonché la
localizzazione dei focolai.
Gli esami di laboratorio mostrano una leucocitosi ed un aumento di VES e PCR.
Sono necessari gli esami volti ad identi2care il patogeno responsabile. La sua presenza va indagata nei
campioni o%enuti tramite espe%orato, tramite BAL o emocolture.

Terapia
La terapia empirica si deve basare sulla possibilità che il pz presenti un'infezione da patogeni resistenti
(MDR). Pertanto è sconsigliata la monoterapia. Appena riconosciuto il patogeno, laddove sia possibile, è
auspicabile passare alla terapia guidata dall'antibiogramma.

VAP
La polmonite nosocomiale è la seconda più comune condizione di infezione nosocomiale, dopo l’infezione
del tra4o urinario.
Le infezioni da polmonite nosocomiale non sono ovviamente prive di aspe%i che possono essere

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 95 A cura di ANDREA PERNA


facilmente prevenuti in ospedale. Ci sono anche situazioni, per esempio nelle nursing home, che non è
appunto un ospedale, in cui le infezioni respiratorie sono appunto più frequenti delle infezioni urinarie.
Sono sicuramente una condizione di infezione particolarmente importante, sia che siamo in ospedale,
sia che siamo in comunità extra-ospedaliera.
E’ importante conoscere le NP e le VAP, perché chiaramente hanno una maggior mortalità, ma hanno
anche altri dati importanti in tal senso, per esempio la lunghezza della degenza in ospedale cambia
moltissimo a seconda della polmonite che è stata tra%ata.

Le CAP hanno una degenza in ospedale che è decisamente più corta rispe%o a quella delle VAP,
parliamo di qualcosa che è più di 1/3, e ovviamente anche i costi cambiano notevolmente.
E’ importante sapere quali sono i fa%ori di rischio per un’infezione nosocomiale con polmonite:
- un tubo endotracheale
- un tubo nasogastrico
- dei tubi per la nutrizione enterale
- la posizione supina
- sedazione o uno stato mentale alterato.
- l’alcalinizzazione gastrica; oggi quasi tu%i i pazienti che stanno in ospedale li tra%iamo con un potente
farmaco alcalinizzante per lo stomaco, una famiglia di farmaci che alcalinizzano lo stomaco, nonché un
inibitore di pompa protonica. Sono estremamente eDcaci in questo senso, ma è anche un fa%ore di
rischio per polmoniti nosocomiali. Gindi quando non fosse assolutamente giusti2cato alcalinizzare lo
stomaco, questo va considerato un fa%ore di rischio.
- scarsa igiene, come il non lavarsi le mani tra una visita di un pz ed un' altra.

BRONCOPOLMONITE
Clinica
Il quadro clinico più frequentemente osservabile, ma assai meno cara%eristico di quello della polmonite
lobare. Nella maggior parte dei casi il paziente è anziano o già da tempo portatore di mala%ie ad
andamento cronico (diabete, bronchite cronica, neoplasie). Spesso una broncopolmonite può complicare
la degenza ospedaliera e in questi casi non di rado è causata da germi poliresistenti alla terapia
antibiotica.
L’insorgenza è brusca, con febbre elevata e dispnea, ma raramente il paziente lamenta dolore toracico,
essendo inconsueto l’interessamento pleurico.
L’espe%orato, nella maggior parte dei casi, non è indicativo di un particolare agente infe%ante, anche se
viene descri%o con aspe%o a gelatina di ribes nella polmonite da K. pneumoniae, di colore verdastro in
quella da P. aeruginosa o con odore fetido in quella causata da germi anaerobi.
Nelle broncopolmoniti da pneumococco è molto comune il riscontro di lesioni erpetiche a livello della
rima labiale.
Anche l’esame obie%ivo di un paziente aHe%o da broncopolmonite non apporta elementi decisivi per la
diagnosi, in quanto spesso il processo è circoscri%o e profondo; ispezione, palpazione e percussione del
torace possono risultare del tu%o negative, ad eccezione dei casi in cui i singoli focolai
broncopneumonici abbiano tendenza a conKuire; in questi casi sarà possibile obie%ivare, generalmente
nella regione basale del polmone, un’area più o meno circoscri%a ove si renderanno percepibili un
rinforzo del fremito vocale ta%ile ed una ipofonesi plessica.
Infrequenti, nel caso della broncopolmonite, i segni di interessamento pleurico, a causa della sede
generalmente profonda del processo.

Diagnosi ed aspetti radiologici


In molti casi la diagnosi clinica di broncopolmonite è solo presuntiva, non essendovi elementi indicativi
per questa condizione morbosa.
La comparsa di febbre elevata e tosse produ%iva in un paziente ospedalizzato o aHe%o da una delle
mala%ie croniche ricordate in precedenza deve tu%avia suggerire questa possibilità.
Decisivo risulta l’esame radiologico del torace il quale, se ben eseguito ( focolai posteriori possono
essere mascherati dall’ombra cardiaca nella proiezione postero-anteriore!) , consente di
evidenziare addensamenti multipli a margini sfumati e tendenti a conKuire, spesso con2nati ai segmenti
basali o posteriori dei lobi inferiori.
Sulla base del solo esame radiologico non è quasi mai possibile o%enere informazioni sull’agente

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 96 A cura di ANDREA PERNA


eziologico, anche se alcuni microrganismi tendono a dare con maggiore frequenza quadri radiologici
particolari: è il caso dello S. aureus, che produce alterazioni tendenti ad ascessualizzarsi o a formare
immagini bollose multiple, de2nite pneumatoceli.
Anche la broncopolmonite da P. aeruginosa, peraltro assai infrequente, può assumere un aspe%o
peculiare, cara%erizzato da immagini nodulari multiple, rotondeggianti, che sono espressione di focolai
necrotici o ascessuali ripieni di liquido.
Ulteriori conferme per la diagnosi eziologica possono derivare dalle emocolture eseguite durante una
puntata febbrile o dall’esame ba%erioscopico dell’espe%orato (colorato con metodo Gram), qualora esso
dimostri l’assoluta prevalenza di una specie ba%erica sulle altre.

Decorso porgnosi e terapia


Le broncopolmoniti ba%eriche sono nella maggior parte dei casi eventi circoscri%i e perciò non in grado
di determinare quadri di grave insuDcienza respiratoria. La prognosi è quindi legata all’entità delle
condizioni morbose eventualmente preesistenti, oltre che alle cara%eristiche di virulenza proprie
dell’agente eziologico: particolarmente gravi risultano essere le alterazioni del parenchima polmonare, e
quindi della funzione respiratoria, conseguenti ad infezioni da P. aeruginosa.
Un altro fa%ore prognostica mente sfavorevole è rappresentato dalla sempre più frequente insorgenza di
ceppi ba%erici (sta2lococco, pseudomonas, enteroba%eri) resistenti alla maggior parte degli antibiotici
disponibili.
La terapia della polmonite lobare e della broncopolmonite obbedisce agli stessi principi, cioè, si basa
sulla somministrazione precoce di antibiotici ai quali l’agente eziologico accertato o presunto sia
sensibile.
Le cefalosporine di terza generazione e i Kuorochinolonici hanno il vantaggio di avere un ampio spe%ro
antiba%erico e perciò di poter essere eDcaci anche quando una polmonite è provocata da microrganismi
diversi dagli pneumococchi. L’ideale sarebbe poter isolare il microrganismo responsabile della
polmonite e scegliere la terapia in base alla sua sensibilità agli antibiotici.
Tu%avia, questo avviene raramente e per lo più la scelta deve essere fa%a in base ai dati clinici,
empiricamente.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 97 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 11 EMBOLIA POLMONARE

Il circolo polmonare ha un' enorme capacitanza grazie alla considerevole rami2cazione delle arterie
polmonari e una grande capacità di ada%amento. In condizioni di esercizio riesce ad aumentare in
maniera importante la sua capacitanza a%raverso reclutamento vasi. In condizioni normali il circolo
mantiene delle condizioni di pressione basse indipendentemente dal tipo di a%ività che viene svolta. Il
polmone è l’unico organo in cui passa quasi tu%a la gi%ata cardiaca (il 97-98% della gi%ata del
ventricolo dx).
In corso di esercizio 2sico massimale la gi%ata aumenta anche di 5 volte (2no a 25 l/m) e in questa
condizione le pressioni nell’arteria polmonare cambiano di pochissimo.
La variazioni di pressione nel circolo polmonare durante un esercizio 2sico è considerate indicativa di
una condizione di rigidità del circolo polmonare che può precede anche di molto lo sviluppo di una
ipertensione polmonare franca.
Facendo passare il pz dalla posizione ere%a a quella supina il circolo polmonare tende ad espandersi, per
l'espansione della regione declive del polmone (che da supino è rappresentata dalla parte posteriore).
Gesto comporta il reclutamento di vasi. Può essere osservato, mediante tecniche non invasive se si
veri2ca l'aumento della capacitanza (normalmente 150 ml) di 40-50 ml.
Con l’esercizio circolo polmonare si riempie e il livello riempimento sale dalle basi verso gli apici: lo si
può evidenziare con una scintigra2a o anche più semplicemente valutando quanta ventilazione al
minuto è stata utilizzata per eliminare una certa quota di anidride carbonica, man mano che questo
parametro diminuisce vuol dire che la ventilazione diventa più eDciente (alveoli che normalmente non
sono perfusi divengono perfusi).

L’embolia polmonare è un’ostruzione, più o meno estesa, dell’albero arterioso polmonare da parte di
materiale estraneo che proviene da altri distre%i vascolari (vene sistemiche o cuore destro) e raggiunge
il piccolo circolo con la corrente ematica. Il materiale embolico è costituito, nella stragrande
maggioranza dei casi, da frammenti di trombi che si staccano dalla sede in cui si sono formati: si parla
perciò di tromboembolia polmonare. Più raramente l’embolo può essere costituito da altri materiali,
come midollo adiposo o liquido amniotico.
La tromboembolia è una condizione assai frequente, sopra%u%o nei sogge%i ricoverati in ospedale. Si
trovano tracce di embolia recente o passata nel 25-30% del totale delle autopsie. In gruppi di pazienti più
anziani e con fa%ori di rischio l’incidenza può superare, sempre all’autopsia, il 60% dei casi.
La diagnosi clinica in vita è assai meno frequente (non più del 10-30% dei casi riscontrati all’autopsia),
perché spesso l’embolia polmonare decorre inavvertita o quasi. L’ostruzione di una o poche arteriole
polmonari non provoca infa%i, solitamente, grossi danni né locali né generali.

FISIOPATOLOGIA
L' embolia polmonare si veri2ca quando un embolo si ferma in un vaso arterioso polmonare che ha un
diametro critico. A seconda delle dimensioni del coagulo o dei coaguli il si occluderanno vasi più o
meno ampi.
Raramente l'embolo sarà così grande da ostruire un vaso che sia di per sé emodinamicamente critico.
Il circolo polmonare è inoltre estremamente compliante così che nella maggior parte dei casi riesce ad
accogliere emboli di dimensioni rido%e o più emboli senza alterazioni emodinamiche rilevanti, perché è
in grado di reclutare vasi normalmente chiusi.
La grave ostruzione al Kusso polmonare (meccanica o funzionale che sia) produce eHe%i sia a valle che a
monte. A valle, la caduta del Kusso provoca un insuDciente riempimento del ventricolo sinistro, con
riduzione della gi%ata sistemica e comparsa dell'ipoperfusione periferica di vario grado, sino allo shock.
Si a%ivano ovviamente i meccanismi di compenso circolatori (vasocostrizione, stimolazione adre-
nergica, tachicardia) che tendono a mantenere una perfusione suDciente negli organi nobili: cuore e
cervello. Se queste compensazioni non sono suDcienti, vi può essere la sincope (improvvisa perdita di
coscienza da insuDciente irrorazione cerebrale) quando l’ostruzione al Kusso è transitoria, oppure la

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 98 A cura di ANDREA PERNA


morte improvvisa quando la grave ostruzione persiste più a lungo.
Gesti eventi si veri2cano all’esordio dell’embolia, prima che i processi 2brinolitici e altri meccanismi
compensatori possano intervenire a ripristinare il Kusso in una parte almeno dell’albero arterioso
polmonare.
All’esordio, anche un diverso meccanismo può produrre la sincope: una forte stimolazione vagale, con
vasodilatazione periferica e aritmie ipocinetiche, cioè con brusca riduzione della frequenza cardiaca. A
monte dell’ostruzione aumenta la pressione nell’albero arterioso polmonare e nel ventricolo destro, che
si dilata perché non riesce ad espellere in sistole tu%o il sangue che contiene.. L’aumento del lavoro
ventricolare e la dilatazione comportano anche un aumento del consumo di ossigeno che, associato a
un’eventuale ipoperfusione coronarica locale o generalizzata, può comportare un’ischemia miocardica,
con i relativi sintomi.
Gando il ventricolo destro diviene insuDciente, salgono le pressioni nell’atrio destro e nelle vene
sistemiche e il fegato si distende acutamente. Se la dilatazione s2anca l’anello valvolare, compare anche
un’insuDcienza della valvola tricuspide, che aggrava la congestione venosa. L’aumento di pressione nel
sistema venoso fa aumentare il riassorbimento di sodio e acqua a livello renale, mentre l’ipoperfusione
del rene riduce la 2ltrazione nei glomeruli: compaiono oliguria e anuria.

Una grossa porzione degli alveoli non è più perfusa dal circolo polmonare, mentre continua a essere
ventilata. Ciò equivale a un aumento rilevante dello spazio morto respiratorio: in altre parole, la
ventilazione della super2cie alveolare non perfusa è “persa” dal punto di vista funzionale.
Negli alveoli non perfusi, rapidamente si riduce la CO 2 (perché questa non viene più rifornita dal
sangue, inoltre si forma un gradiente alveolare di PCO2, che normalmente non esiste. Il fenomeno è
transitorio e rappresenta la prima manifestazione della mala%ia) e l’ipocapnia alveolare è un potente
stimolo alla costrizione di do%i alveolari e bronchioli.
Si tra%a di un meccanismo di compenso che tende a ridurre la ventilazione “inutile” degli alveoli non
perfusi: è un eHe%o speculare rispe%o alla vasocostrizione polmonare indo%a dall’ipossia alveolare, che
riduce la perfusione “inutile” degli alveoli non ventilati.
Col passare delle ore, nel tessuto polmonare colpito dall’embolia si riduce anche la produzione del
tensioa%ivo, ciò facilita il collasso degli alveoli interessati nel giro di 12-24 ore.

Il risultato è un’atele%asia del parenchima polmonare colpito dall’embolia, che tardivamente ha lo


stesso eHe%o compensatorio della precoce broncocostrizione.
La ventilazione delle zone di polmone non colpite tende invece ad aumentare, nel tentativo di
mantenere normali gli scambi gassosi. Ciò comporta iperpnea e tachipnea, con conseguente ipocapnia
arteriosa sistemica (riduzione della CO 2 ) e talvolta alcalosi respiratoria.

Nonostante ciò, l’ossigenazione del sangue non è soddisfacente e si manifestano, quasi regolarmente,
ipossia e rido%a saturazione in O 2 del sangue arterioso sistemico.

Le possibili cause dell'ipossia nell'embolia pomonare sono:


- aumento dell'estrazione di O2 tissutale dovuto all'ipossia
- il sangue poco ossigenato che giunge al circolo polmonare non riesce ad essere arterializzato per
l'aumentata velocità di transito a%raverso le regioni perfuse del polmone.
- la broncocostrizione causata dagli stessi mediatori della Kogosi liberati nella zona colpita.
La disomogenea distribuzione di broncocostrizione e vasocostrizione determina, nel complesso, una
diHusa alterazione del rapporto tra ventilazione e perfusione. Vi sono alveoli poco perfusi ma ben
ventilati (equivalenti a uno spazio morto) e alveoli poco ventilati ma ben perfusi (equivalenti a uno
shunt destro-sinistro). Il risultato 2nale è un’ipossia arteriosa sistemica.

Patogenesi
La causa più importante e frequente di embolia polmonare è il tromboembolismo venoso. Il circolo
venoso è estremamente esteso ma quello che nella maggior parte dei casi il distre%o responsabile è
quello degli arti inferiori, delle iliache della cava inferiore (97% dei casi).

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 99 A cura di ANDREA PERNA


Oggi la trombosi venosa profonda e l'embolia polmonare vengono considerati espressioni della stessa
condizione patologica.
La triade di Virchow :
 Alterazioni sul versante endovasale
 Alterazioni sulla coagulabilità del sangue
 Alterazioni sull'emodinamica con stasi ematica del circolo venoso
è alla base della patogenesi del tromboembolismo venoso.
Tra i fa%ori di rischio esistono fattori ereditari , fa%ori pre-esistenti oppure fattori acquisiti e
transitori, e altri che possono essere considerati misti.

I fattori ereditari sono rappresentati dalle condizioni procoagulanti, tra le quali si ricordano l'
alterazione degli anticoagulanti naturali (Antitrombina, Proteina C o S) o alterazioni genetiche di alcuni
fa%ori della coagulazione (la più frequente di tu%e è la modi2ca del fa%ore V di Leiden oppure della
Protrombina)

I più frequenti sono rappresentati dai fattori acquisiti. Tra i più importanti vi è la neoplasia maligna. A
parità di sintomatologia la presenza o meno di neoplasia maligna aumenta il rischio di tromboembolia
di circa 9-10 volte, di ugale importanza è la presenza di disordini mieloproliferativi.
Altri fa%ori acquisiti sono: il fumo, una lunga immobilizzazione post intervento chirurgico
(specialmente se ortopedico), il fa%ore post-partum, l'uso dei contraccetivi orali, l'uso di terapie
ormonali sostitutive, sesso femminile (le donne tendono ad embolizzare di più rispe%o agli uomini ed
hanno un rischio aumentato del 36%), presenza di una mala%ia importante.
I fa%ori di rischio elencati non presentano lo stesso peso in fa%o di rischio tromboembolico.

Sintomi
I sintomi principali dell'embolia polmonare.
 Dispnea 85%
 Dolore toracico 40%
 Tachipnea 29%
 Tachicardia 23%
 Sincope 10%
 Emottisi 2%

Approccio al pz
L'anamnesi serve ad indagare i fa%ori di rischio di cui sopra; l' esame obie%ivo va eseguito a livello
cardiaco, polmonare e vascolare.
- Nella quasi totalità dei casi è negativo, ha la funzione di escludere altre patologie che possono
presentare un quadro sintomatico simile all'embolia polmonare
La positività ai sintomi dell'embolia polmonare ma la negatività agli esami obie%ivi è un buon
presupposto per sospe%are un'embolia polmonare. L'embolia polmonare pura, anche se molto
estese, raramente risulta positiva a qualche obiettività.

- All'EGA, nei vari pz, la PaO2 varia da valori che sono normali a valori che sono decisamente bassi.
La curva è abbastanza simmetrica e si può trovare quindi una dispersione di dati enorme che dipende sì
dall'estensione del problema, ma sopra%u%o da quanto tempo è intercorso tra l'embolia polmonare e
l'esecuzione dell'EGA.
La PaO2 dopo un'embolia polmonare acuta tende a ritornare alla norma in tu%i i pazienti nell'arco di 72
ore. L'alterazione della PO2, accompagnata dai sintomi, dalla negatività degli esami obie%ivi e dalla
presenza dei fa%ori di rischio è ancora più suggestiva per embolia polmonare.

- Un dato ematochimico importante è il D-dimero ( cut oH di 500 ng/ml)


Il D-dimero è un prodo%o di degradazione del 2brinogeno, quindi un suo aumento implica il fa%o che ci
sia coagulazione di 2brina notevolmente a%ivata, quindi durante un'embolia pomonare la sua presenza

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 100 A cura di ANDREA PERNA


è consistente. Il D-dimero aumenta anche in una serie di condizioni che non sono un'embolia
polmonare. Per questo motivo l'assenza del D-dimero ha prevalentemente la funzione di fa%ore
predi%ivo negativo, se il D-dimero è normale è improbabile che il pz abbia un'embolia.

- L'ECG è in genere negativo, a meno che l'embolia non sia molto importante e provochi un blocco di
branca dx o un importante sovraccarico di volume al cuore dx.
Gli esami dirimenti saranno:
- Ecocolordoppler venoso
- Rx torace
- Scintigra&a polmonare
- Angiogra&a polmonare
- TC spirale

Le mala%ie che possono andare in diagnosi diAerenziale con l'embolia pomonare saranno:
- Infarto del miocardio
- Polmonite
- InsuDcienza cardiaca congestizia
- Asma
- Pericardite
- Pneumotorace
- Ipertensione polmonare primitiva
- Fra%ure costali
- Dolore muscoloscheletrico
-Ansia

Per stabilire la probabilità che il pz presenti un'embolia polmonare si ricorre all'utilizzo di alcuni score
come quelli riportati sopra. Il più vecchio, ma più semplice è il Wells' score. L'utilizzo di questi score
consente una certa standardizzazione della procedura diagnostica che consente di ridurre al minimo
l'errore.

- La radiogra&a del torace è un elemento inserito negli score insieme all'EGA. Ha sicuramente una
rilevanza notevole per quanto riguarda l'esclusione. È diDcile che l'rx torace possa dare un quadro che
possa essere univocamente interpretato.
Reperti frequenti saranno:
- esclusione di parte del circolo polmonare
- sollevamento dell'emidiaframma
- opacità ad andamento orizzontale (probabilmente il reperto radiogra2co di un'atelectasia), sopra%u%o

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 101 A cura di ANDREA PERNA


a dx perché l'embolia polmonare è molto più frequente nel lobo inferiore di destra perché è la zona che
riceve la maggior parte del sangue polmonare.
- sub-atele%asia di alcune aree dovuta alla chiusura ritardata di alcune aree, che avranno un de2cit di
ventilazione nonostante la perfusione permanga (causa di ipossia)
Nota: se c'è atele%asia si solleva anche l'emidiaframma consensuale, quindi molto spesso si trova
atele%asia e sollevamento dell'emidiaframma.
- Obliterazione di un ramo dell'arteria polmonare, di solito quello inferiore
- segni di opacizzazione polmonare, non indicativo solamente di embolia.
- In un piccolo numero di pz l'embolia polmonare si complica con un infarto polmonare, evidenziato
come una regione opaca dalla forma triangolare con apice orientato verso l'ilo e base verso la pleura(2%
dei casi). Perché l’infarto polmonare si veri2chi sono necessarie alcune condizioni particolari:
- che sia ostruita un’arteria molto periferica, quasi sempre so%opleurica;
- che la circolazione nella rete arteriosa bronchiale e la ventilazione alveolare siano in qualche
modo compromesse nella sede dell’embolia.Ciò si veri2ca, per esempio, nei pazienti con scompenso
sinistro, stenosi mitralica, broncopneumopatia ostru%iva.
L’infarto polmonare è sempre di tipo emorragico, al contrario dell’infarto miocardico che è invece
ischemico. Poiché l’infarto è spesso so%opleurico, si ha frequentemente anche un versamento pleurico,
talvolta emorragico, e una reazione in2ammatoria della pleura.

- La scintigra&a si esegue inie%ando endovena microaggregati di albumina marcati con tecnezio 99m
(emi%ente raggi gamma) e fotografando poi, in diverse riprese, la distribuzione del tracciante nei campi
polmonari con uno strumento sensibile ai raggi gamma (gammacamera). Se un’area polmonare è poco
perfusa (per ostruzione embolica), riceverà poca albumina marcata e la gammacamera rileverà in quella
zona una scarsa radioa%ività.
È raro che la scintigra2a sia completamente normale in presenza di embolia. Però anche altri processi
patologici a carico del parenchima polmonare, che riducono localmente il Kusso, danno simili
alterazioni scintigra2che: per esempio polmoniti, atele%asie, pneumotoraci. Per distinguerli, si può
associare una scintigra2a ventilatoria, eseguita facendo respirare al sogge%o aria mista con xenon 133
(gas emi%ente gamma): in caso di embolia le zone ipoperfuse sono normalmente ventilate (la
radioa%ività da xenon si diHonde omogeneamente nel parenchima ed omogeneamente viene espirata),
mentre negli altri casi si rileva anche un’ipoventilazione (le zone ipoperfuse ricevono anche poca
radioa%ività da xenon o la eliminano lentamente).
La scintigra2a perfusionale per essere una buona scintigra2a perfusionale deve essere registrata nelle
proiezioni:
 Laterale destra e sinistra
 Anteriore e posteriore
 Obliqua anteriore destra e sinistra
 Obliqua posteriore destra e sinistra

- L’angiogra&a polmonare (rappresentava il gold standard) si esegue introducendo un catetere da una


vena periferica e spingendolo, a%raverso il cuore destro, sino all’arteria polmonare. Gando il catetere è
in sede, si inie%a il mezzo di contrasto (che opacizza tu%o l’albero vascolare polmonare) e
contemporaneamente si sca%ano diverse radiogra2e in successione.
In mani esperte questo esame consente di riconoscere con certezza la presenza e la distribuzione degli
emboli, che appaiono so%o forma di dife%i di riempimento o di brusche interruzioni dei vasi. Il catetere,
inoltre, perme%e di misurare parametri emodinamici, come pressioni e resistenze polmonari, portata
cardiaca, ecc. Si tra%a però di un esame cruento, la cui esecuzione deve essere giusti2cata dalla gravità
del paziente e dai rischi della terapia che si prevede di applicare.

- Ovviamente ora tu%o è stato decisamente integrato con l' angio-TC polmonare che fornisce delle
immagini più palesemente o%enibili. L'angio TC polmonare è un esame che comunque va interpretato.
All'interno dei vasi possono esserci delle cose che hanno cara%eristiche completamente diverse:
 Trombi formati localmente, sopra%u%o in sogge%i che hanno un circolo polmonare molto

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 102 A cura di ANDREA PERNA


rallentato perché hanno per altri versi un'ostruzione dei vasi polmonari ed un'ipertensione
polmonare molto avanzata per altri motivi. Il circolo polmonare molto rallentato può portare a
coagulare in situ il sangue.
 Anche se sono emboli, non tu%i gli emboli sono recenti. Ci sono degli emboli che rimangono
nel circolo polmonare per mesi o addiri%ura anni dopo che si sono formati e localizzati in quel
punto e quindi a seconda della morfologia (perché cambia nel tempo) si può essere più o meno
sicuri di quel che si sta vedendo e c'è la possibilità di interpretare questi dati a seconda anche di
quella che è l'abilità del radiologo e a seconda di alcuni schemi di riferimento.
 microembolie polmonari croniche e questo è un caso di cosidde%o mosaico inspiratorio. In
inspirazione è possibile apprezzare delle aree bianche e delle aree scure (ipertrasparenti). Un
mosaico inspiratorio può corrispondere al fa%o che alcune zone sono perfuse (sono quelle zone
più scure, più opache), altre sono ipoperfuse (zone più chiare), queste sono le zone in cui c'è
una certa parziale occlusione dei vasi. In un pz con ipertensione polmonare e un quadro del
genere è abbastanza giusti2cato (al 99%) dire che rappresenta un'evoluzione post-embolica, che
è una condizione completamente diversa da altre condizioni di ipertensione polmonare.
L'angio TC ha un enorme potere predi%ivo negativo, pertanto la sua negatività ci perme%e di escludere
con una buona certezza la presenza di un'embolia polmonare.

Nota: se l'ultrasuonogra2a venosa è


positiva o negativa, questa modi2ca il
percorso di cura. Il fa%o che ci sia un
punto di partenza visibile dell'embolo
oppure nomodi2ca il comportamento del
medico. C'è un certo numero di casi di
embolia polmonare dimostrata in cui
comunque l'ultrasuonogra2a venosa è
negativa, questi sono de%i casi primitivi.

Una volta eseguita la diagnosi si seguono


le linee guida 2011/2012, esse dividono i
pz in:
- pazienti con rischio elevato di mortalità
- pazienti che non hanno elevato rischio
elevato di mortalità
Geste linee guida prendono in
considerazione dei fa%ori di rischio di
rischio come:
 la presenza di uno shock o di
ipotensione, che chiaramente
indicano un elevato rischio di
mortalità; in questi casi non c'è
dubbio che il paziente debba
essere ospedalizzato.
 Pazienti che possono avere una
disfunzione ventricolare destra,
visualizzabile all'ECG.
 Pazienti che possono avere una lesione miocardica, con supporto di dati enzimatici.
Ovviamente tu%i i pz ad alto rischio sono sogge%i che hanno indicazione non solo all'ospedalizzazione
ma devono fare sicuramente anche un intervento di trombolisi.
Al contrario quelli che hanno un rischio intermedio hanno soltanto indicazioni per il ricovero
ospedaliero ed una terapia ospedaliera.
La fascia dei pz con un rischio basso di mortalità, pur avendo probabilità elevata di embolia polmonare
possono essere tra%ati fuori dall'ospedale.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 103 A cura di ANDREA PERNA


I principali predi%ori di mortalità
saranno:
- età
- sesso maschile
- diagnosi pregressa di cancro
- insuDcienza cardiaca
- mala%ia cronica polmonare
- instabilità cardiovascolare
- tachipnea
- ipotermia
- saturazione di O2<90%
- alterazioni dello stato di coscienza

Terapia
Le terapie che si possono a%uare sono:
 Eparina non frazionata per via endovenosa 80UI/Kg in bolo o in infusione continua
con 18UI/Kg/ora. Il parametro da controllare è aPTT o tempo di tromboplastina parziale
a%ivata dopo 4h dall’inizio e dopo 3h da ogni aggiustamento della terapia. E’ una terapia di
riferimento, unica, come terapia anticoagulante, per il paziente a alto rischio.
 Eparina a basso peso molecolare è indicata nei pazienti a basso rischio . Tu%avia essa
presenta dei limiti: 1. non ha antidoti come l’Eparina non frazionata ( solfato di
protammina ), e non è possibile inibirne l’a%ività in tempo rapido, qualora ci sia un eccesso di
anticoagulazione; 2. È correlata a condizioni di Insu0cienza Renale e non avendo a
disposizione un test che ci perme%e di controllare abbastanza bene l’a%ività inibente del fa%ore
X dell’eparina, utilizzarla può essere rischioso.

In conclusione un paziente con alto rischio di emorragia al di là dell’alto o basso rischio di mortalità e
un paziente con IR presentano controindicazioni all’uso di eparina non frazionata.

Il meccanismo d’azione dei farmaci eparinici ha come target il Fa%ore X con azione indiretta
mediata dall’antitrombina e la diHerenza è data dalla frequenza della somministrazione ogni 12h o ogni
24h per via so%ocutanea con il limite della mancanza di tecniche di monitoraggio con il test classico del
tempo di tromboplastina parziale.
A%ualemnte stanno emergendo nuovi farmaci con somministrazione per os. L’unico esistente
a%ualmente in commercio è il dabigatran, inibitore dire%o della trombina ed è sogge%o a un
monitoraggio dell’agenzia italiana del controllo della farmacoterapia ( AIFA ). La sola indicazione che
ha in Italia è per la prevenzione dell’Embolia Arteriosa.
L’intento è di sostituire l’a%uale utilizzo degli inibitori della Vitamina K ( dicumarolici ) nei pazienti
so%oposti a terapia indeterminata con gli inibitori della Vitamina K ( es. pazienti portatori di protesi
valvolare ).
Le problematiche associate a tali terapie croniche richiedono uno stretto monitoraggio ( una volta
a se%imanao al massimo ogni 15 giorni ) con il test dell’INR per l’alto rischio di emorragia , inoltre
interferiscono con molti farmaci e hanno una diversa e0cacia a seconda delle c ondizioni del
paziente ( es. pz con scompenaso cardiaco cronico ha una ripercussione della mala%ia sulla funzionalità
del fegato, organo stre%amente correlato alla funzione degli inibitori della Vitamina K ).
Dunque queste problematiche impongono, in un certo senso, la necessità di:
 utilizzare farmaci più stabili
 Farmaci con minore interazioni con altri farmaci
 Farmaci che non dipendono in maniera così importante dall’a%ività metabolica del fegato
 Farmaci che non necessitano di un monitoraggio serrato.

A%ualemnte in Italia viene utilizzato, tra questi nuovi farmaci, solo il dabigatran solo per la
&brillazione atriale so%o il monitoraggio dell’Aifa.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 104 A cura di ANDREA PERNA


La trombolisi viene riservata solo a pochi casi di embolia polmonare in cui è presente un evento
emodinamico di instabilità ( shock, ipotensione ecc. ), in tu%i gli altri casi è utilizzata solo terapia
anticoagulante, in quanto la terapia trombolitica ha un’in2nità di controindicazioni e di conseguenza
l’indicazione terapeutica è decisamente ristre%a.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 105 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 12 CUORE POLMONARE

Si de2nisce cuore polmonare un'alterazione della stru%ura e/o della funzione del ventricolo dx dovuta
ad un aumento pressorio nell'arteria polmonare. La diagnosi di ipertensione polmonare viene posta
quando la pressione dell'arteria polmonare, misurata tramite cateterismo, risulta superiore a 25 mmHg
in condizioni di riposo.
Spesso l'ipertensione è causata da patologie dell'apparato respiratorio, infa%i una mala%ia che interessa
il parenchima polmonare, la gabbia toracica o i meccanismi di ventilazione può ripercuotersi a monte
causando il quadro del cuore polmonare.

Esistono 2 condizioni denominate cuore polmonare acuto e cronico in base all'insorgenza e


all'evoluzione della mala%ia. I casi più frequenti sono quelli di cuore polmonare cronico, la causa più
frequente è la BPCO. La causa più frequente di cuore polmonare acuto è un'embolia polmonare massiva.
È da ricordare che il cuore polmonare non è un sinonimo di scompenso cardiaco dx, tu%avia questo
sopraggiunge quando il ventricolo dx non è più in grado di reggere le pressioni polmonari.

FISIOLOGIA DEL CIRCOLO POLMONARE


Il ventricolo dx funge principalmente da camera di volume. Gando aumenta il postcarico, come
nell'ipertensione polmonare, il ventricolo dx aumenta la sua pressione e per farlo va in contro ad
ipertro2a. Se la pressione polmonare aumenta ulteriormente il ventricolo dx si dilata.
Il bilancio tra ipertro2a e dilatazione dipende dai tempi nei quali la condizione si instaura. Se la mala%ia
evolve lentamente prevarrà l'ipertro2a, viceversa la dilatazione. L'aumento del postcarico comporta
l'aumento del volume telesistolico, di conseguenza quando questo è tale da ridurre gravemente la gi%ata
cardiaca subentra un'insuDcienza del ventricolo dx.
In condizioni normali la pressione dell'arteria polmonare non supera i 25 mmHg; gli aumenti pressori
sono impediti da:
- presenza di arteriole “ a riposo” (cioè chiuse, non ospitanti un Kusso ematico) consente di
incrementare di 3 volte il volume di sangue ospitato dal circolo polmonare con lievi incrementi pressori
- grande distendibilità dei vasi arteriosi polmonari già normalmente perfusion
- enorme numero di rami2cazioni del circolo arterioso polmonare garantendo una minima resistenza al
Kusso.

CAUSE E MECCANISMI PATOGENICI


Come già de%o le principali cause del cuore polmonare sono rappresentate dalle mala%ie dell'apparato
respiratorio. Esse possono riguardare:
- il parenchima polmonare, in questo gruppo sono comprese le patologie restri%ive e ostru%ive
- il sistema vascolare polmonare, come l'ipertensione polmonare idiopatica e la tromboembolia
- il sitema neuromuscolare respiratorio, con danno funzionale restri%ivo
- il controllo della ventilazione come la sindrome delle apnee no%urne.

La BPCO appartenente al primo gruppo resta la causa più comune.


La patogenesi è dovuta ad una serie di eventi quali:
- la vasocostrizione del circolo polmonare secondaria all'ipossia o all'acidosi metabolica. L'ipossia
alveolare infa%i provoca una vasocostrizione dire%a sulle arteriole pre-capillari. L'ipossia sistemica
invece, meno importante nella genesi dell'ipertensione polmonare, agisce innescando riKessi simpatici
che provocano la costrizione delle arterie polmonari di maggior calibro.
L'ipossia alveolare può anche essere conseguente ad alterazioni del rapporto ventilazione/perfusione (da
ostruzione di alcuni segmenti polmonari), come quelle che si veri2cano nella BPCO e nell'en2sema
polmonare. L'ipoventilazione alveolare (da de2cit della funzione respiratoria) e le alterazioni del
rapporto ventilazione/perfusione provocano una ritenzione di CO2 (ipercapnia).
Ciò, superato il compenso dei sistemi tampone dell'organismo provoca un'acidosi respiratoria. Che a sua

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 106 A cura di ANDREA PERNA


volta incrementa la vasocostrizione del circolo polmonare. La vasocostrizione polmonare infa%i, a parità
di ipossia, è tanto più marcata quanto più il pH è basso.
- la riduzione anatomica del le%o vascolare, entra in gioco quando la patologia polmonare me%e in a%o
meccanismi che provocano una distorsione del parenchima polmonare o una sua distruzione. È il caso
della 2brosi polmonare delle fasi avanzate delle interstiziopatie. Può anche essere dovuta all'ostruzione
del circolo polmonare conseguente a fenomeni tromboembolici acuti.
Tu%avia la sola riduzione anatomica del le%o vascolare non è in grado di determinare il cuore
polmonare per la grande capacità di riserva del circolo polmonare. Pertanto anche in questo caso,
necessariamente interverranno meccanismi umorali.
- l'aumento del Kusso ematico polmonare, è considerato un meccanismo di compenso per situazione di
ipossia tissutale, assieme all'aumento della massa ematica. Esso tu%avia può anche essere dovuto a
dife%i del se%o interventricolare o intera%riale con conseguente shunt sx-dx.
Gesti meccanismi possono sommarsi ed essere presenti in vario modo nella determinazione
dell'ipertensione polmonare e quindi del cuore polmonare. L'ipertensione polmonare in principio è solo
episodica, e si manifesta in condizioni particolari (so%o sforzo o durante un processo infe%ivo). Con il
passare del tempo, però, diventa costante per il progredire della patologia di base e per le alterazioni che
si veri2cano a livello dei 2ni meccanismi di regolazione svolti dall'endotelio dei vasi polmonari. Esso
infa%i, qualora danneggiato dall'ipertensione, me%e in a%o un rimodellamento 2brotico che tende ad
aggravare la patologia, limitando la capacità di compenso del circolo polmonare. Nei casi gravi ed
avanzati questa 2brosi diventa irreversibile.

CUORE POLMONARE CRONICO


La BPCO come già de%o ne è la causa principale, infa%i circa l'80% dei cuori polmonari cronici sono
dovuti a questa patologia. Nei pz con BPCO l'incidenza del cuore polmonare è legata alla gravità della
mala%ia e all'alterazione della funzionalità respiratoria. La maggior parte dei pz con BPCO in condizioni
di stabilità clinica ed in assenza di riscutizzazioni presenta un'ipertensione polmonare di grado lieve
moderato. I sintomi normalmente compaiono so%o sforzo perché il circolo polmonare, ormai malato,
non riesce più a me%ere in a%o i meccanismi di compenso che sono presenti nei sogge%i normali.
Nei pz con BPCO grazie alla graduale sclerosi dei capillari polmonari, dovuta all'ipertensione, si assiste
ad un'ulteriore aumento dell'ipertensione. Nella maggior parte dei pz con BPCO la progressione del
cuore polmonare è lenta ed è correlata con il progressivo peggioramento degli scambi gassosi e
dell'ipossiemia.

Manifestazioni cliniche
La dispnea da sforzo è il sintomo più frequente del cuore polmonare, tu%avia è un sintomo aspeci2co e
legato ad una grande quantità di patologie.
Altri sintomi meno frequenti ma più speci2ci sono: l'oppressione toracica, la sincope e l'angina da
sforzo.
La patogenesi dei sintomi non è chiara ma essi potrebbero dipendere da un'incapacità del cuore di
aumentare la gi%ata cardiaca in condizioni che lo richiedono.
I segni obie%ivi del sovraccarico ventricolare dx non sono di facile individuazione. Essi sono dati da uno
spostamento dell'i%o e dall'auscultazione di un IV tono dovuto all'energico svuotamento atriale. Gesta
contrazione può anche produrre un'ampia pulsazione giugulare. All'auscultazione inoltre si possono
notare una aumento della componente polmonare del II tono ed un click di eiezione polmonare. Gando
il ventricolo dx diventa insuDciente può comparire anche un III tono legato alla brusca dilatazione della
parete ventricolare poco dopo l'apertura della tricuspide. Se questa valvola diventa insuDciente si viene
a creare un soDo olosistolico di rigurgito sul focolaio tricuspidale. Tu%i questi reperti sono aumentati
con l'ispirazione.
Gando il cuore polmonare si complica con uno scompenso dx compaiono i sintomi della congestione
venosa sistemica, come epatosplenomegalia, turgore delle giugulari e raramente ascite.
Nota: gli edemi periferici possono essere aumentati da condizioni quali ipercapnia ed ipossiemia, dato
che queste provocano una vasocostrizione renale con riduzione della VFG e conseguente ritenzione
idrico-salina.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 107 A cura di ANDREA PERNA


Diagnosi strumentale
Gli esami strumentali da eseguire in un pz con sospe%o di cuore polmonare sono:

- ECG: evidenzia i segni classici dell'ipertro2a ventricolare dx, con rotazione dei ve%ori cardiaci medi
verso dx ed in avanti. Le onde R saranno dunque più alte in V1 e quelle S più profonde in V5 e V6. Si
osservano inoltre un'onda iniziale Q in D1 ed un'onda 2nale S in D1, ciò è sintetizzato con la notazione
S1,Q1. Tu%i questi segni hanno un'alta sensibilità ma una bassa speci2cità. Inoltre la BPCO o le
patologie del parenchima polmonare possono alterare i reperti ele%rocardiogra2ciper l'alterazione
anatomica dei rapporti tra cuore, polmoni e parete toracica.

- Rx torace: va sempre eseguita ma la sua utilità può essere rido%a dalla presenza di BPCO in quanto
l'ingrandimento delle cavità dx può essere mascherato dall'espansione dei polmoni malati. Gesto
esame perme%e anche di valutare il grado di ipertensione polmonare; infa%i quando questa è elevata
noteremo un'ampia dilatazione dei grandi rami delle arterie polmonari con brusca potatura dell'albero
vascolare verso la periferia. Nella pratica clinica è però spesso diDcile notare queste alterazioni da un
semplice rx torace, pertanto spesso si ricorre ad altre metodiche di imaging come la TC torace.

- ecocardiogramma : perme%e di apprezzare la dilatazione e l'ipertro2a del ventricolo dx con la


possibilità di misurare lo spessore della parete. Il Doppler inoltre perme%e la misura non invasiva
dell'ipertensione polmonare anche se in modo indire%o mediante l'individuazione dell'insuDcienza
tricuspidale.
Tu%avia l'esecuzione di un buon ecocardiogramma è di diDcile esecuzione nella BPCO e nell'en2sema
polmonare per la presenza di tessuto areato che si interpone tra la sonda ed il cuore rendendo
diDcoltoso il passaggio e la trasmissione degli ultrasuoni.

- emogasanalisi arteriosa: che consente di evidenziare l'eventuale presenza di un'ipossiemia arteriosa


che concorre a determinare la vasocostrizione polmonare.
Il test del cammino di 6 minuti e la saturimetria no%urna possono svelare l'eventuale presenza di una
condizione di ipossemia episodica.

- Altri esami utili possono essere l'emocromo che ci perme%e di evidenziare la presenza di una
policitemia e il dosaggio dei peptidi natriuretici atriali.
Il cateterismo cardiaco dx è il gold standard per la diagnosi dell'ipertensione polmonare, tu%avia è un
esame invasivo che va riservato solamente a un ristre%o numero di pz. È indicato quando la diagnosi
con ecocardiogramma non è possibile.

Prognosi
La prognosi del cuore polmonare cronico nella BPCO è stre%amente dipendente dalla mala%ia
polmonare di base ed in genere è comunque grave. La comparsa di segni e sintomi di insuDcienza
ventricolare destra è un ulteriore fa%ore prognostico negativo. In questo caso la sopravvivenza a 5 anni
è del 30%. Inoltre l'ipertensione polmonare ha un'inKuenza negativa sulle riacutizzazioni della BPCO.

Terapia
Nel cuore polmonare dovuto alla BPCO la terapia è volta principalmente a migliorare la patologia di
base. Gindi l'utilizzo di farmaci volto dire%amente a ridurre la pressione polmonare non è indicata in
questi pz. Viceversa ogni terapia in grado di rallentare il decorso della BPCO può risultare utile. Una
delle terapie più utili è l'ossigenoterapia che si è dimostrata capace di migliorare il cuore polmonare e
ridurre la mortalità dei pz con BPCO. Ciò è dovuto al fa%o che l'ossigeno riduce la vasocostrizione
polmonare e quindi le resistenze polmonari. Inoltre sembra agire positivamente anche sulla
vascolarizzazione renale aumentando la VFG e favorendo la risoluzione degli edemi. L'ossigenoterapia
in genere non normalizza la pressione polmonare ma riduce la progressione della BPCO. Anche i
diuretici possono essere usati in questi pz, sopra%u%o quando si instaura uno scompenso dx e questi

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 108 A cura di ANDREA PERNA


può migliorare la performance cardiaca. Vanno però tenuti so%o controllo gli eHe%i collaterali come
l'alcalosi metabolica particolarmente pericolosa nei pz con BPCO.

IPERTENSIONE POLMONARE IDIOPATICA


L'ipertensione polmonare idiopatica è una mala%ia ad eziologia ignota, grave e progressiva in grado di
causare un cuore polmonare cronico. È una mala%ia rara con una prevalenza di 4-5 casi per milione
l'anno. Leggermente più frequente nelle donne. La diagnosi mediamente avviene intorno a 37 anni.
È cara%erizzata dall'ostruzione delle arteriole polmonari in seguito a: lesioni plessiformi (cioè
un'iperplasia intimale con formazioni di stru%ure villose che agge%ano nel lume del vaso, si tra%a
probabilmente di un tessuto di granulazione che cresce a strati concentrici nel vaso, non sono
patognomoniche perché possono essere riscontrate in altre condizioni patologiche) e lesioni
trombotiche.

Patogenesi
I meccanismi che intervengono nella patogenesi della mala%ia sono:
- vasocostrizione, causata da una disfunzione endoteliale che determina un'aumentata produzione di
sostanze vasocostri%rici come il trombossano ed endotelina-1 e la rido%a produzione di vasodilatatori
come prostaciclina e NO. Le piastrine inoltre liberano serotonina che contribuisce alla vasocostrizione e
all'adesione piastrinica.
- rimodellamento delle cellule muscolari lisce della parete del vaso, è accompagnato da una
proliferazione intimale. Le cellule lisce diventano ipertro2che e le pareti delle arteriole diventano spesse
e rigide, questa condizione peggiora con l'avanzare della mala%ia.
- trombosi in situ, causata dal danno endoteliale, dall'a%ivazione delle piastrine (ipercoagulabilità) e
dalle alterazioni del Kusso che si ritrova rallentato in questi distre%i.
La genesi del danno endoteliale non è stata ancora ben chiarita, tu%avia sembrano coinvolti fa%ori
genetici come il gene BMPR2 che interessa l'accrescimento delle cellule endoteliali. I determinanti
genetici ed i fa%ori ambientali operano in concerto per lo sviluppo della mala%ia. Il risultato 2nale è un
completo sovvertimento della stru%ura arteriolare polmonare con rimodellamento anatomico
irreversibile.

Manifestazioni cliniche e diagnosi


L'ipertensione polmonare idiopatica determina un quadro di cuore polmonare cronico. Pertanto gli
esami e le cara%eristiche cliniche sono simili a quelle descri%e per il cuore polmonare cronico.
Solo in particolari casi, per la conferma della diagnosi, è richiesto un esame istologico da biopsia
eseguita per via toracoscopica o a cielo aperto. La diagnosi di questa mala%ia si fa per esclusione.
Gindi gli esami eseguiti hanno lo scopo di escludere le cause più frequenti di ipertensione polmonare e
cuore polmonare cronico.
La scintigra2a polmonare di perfusione/ventilazione può far escludere fenomeni tromboembolici anche
di piccole dimensioni.
La TC spirale e l'angiogra2a polmonare possono essere usate per confermare la diagnosi di
tromboembolia.
Una volta posta la diagnosi bisogna valutare la gravità della mala%ia. Uno degli score più usati è quello
della NYHA/OMS che strati2ca i pz in 4 classi a seconda della limitazione dell'a%ività 2sica. Altri
parametri in grado di determinare la gravità sono quelli emodinamici o%enuti con ecocardiogra2a.

Prognosi e terapia
La prognosi è molto grave, anche se correlata alla classe NYHA, con una riduzione importante della
sopravvivenza passando dalla classe I alla IV. Oltre al valore della pressione polmonare media
inKuiscono sulla prognosi: la pressione media dell'atrio dx, l'indice cardiaco. La tolleranza allo sforzo è
misurata con il test del cammino di 6 minuti, il parametro prognostico più importante è la distanza
percorsa durante il test.
La prognosi inoltre è inKuenzata dalla risposta ai vasodilatatori e da dai valori plasmatici di troponina e
del peptide natriuretico atriale. La maggior parte dei pz muore per l'insuDcienza ventricolare dx.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 109 A cura di ANDREA PERNA


L'ipertensione polmonare idiopatica è una mala%ia polmonare grave, irreversibile e progressiva.
Pertanto non esiste alcuna cura de2nitiva, se non il trapianto di polmone.
Tu%avia negli ultimi anni sono state messe appunto delle procedure terapeutiche in grado di migliorare
i sintomi di questi pz e di allungarne la vita. La terapia medica può essere divisa in convenzionale, con
tu%i quei presidi a%i a ridurre il precarico e la congestione venosa, nonché migliorare la gi%ata del
ventricolo dx, e patogenica, a%a a rallentare i meccanismi che provocano la mala%ia.tra i farmaci usati
da quest'ultima ricordiamo la prostaciclina, gli antagonisti rece%oriali dell'endotelina-1, indibitori delle
fosfodiesterasi per favorire l'aumento di NO.
Una terapia terminale può essere l'intervento chirurgico di se%ostomia che fa instaurare uno shunt
dx.sx con miglioramento della performance di entrambe i ventricoli.

CUORE POLMONARE ACUTO


Il cuore polmonare acuto è una brusca dilatazione del ventricolo dx dovuta da un grave e rapido
aumento della pressione del circolo polmonare. La causa più frequente è un'embolia polmonare massiva.
Cause meno frequenti possono essere uno pneumotorace iperteso o una ro%ura del se%o con shunt sx-
dx ed iperaqusso polmonare.
Una volta giunti al polmone a%raverso il cuore dx, gli emboli più grandi vanno ad incunearsi a livello
delle biforcazioni delle grandi arterie polmonari determinando un'evidente sintomatologia clinica a
comparsa improvvisa. Se gli emboli sono più piccoli, occluderanno vasi più piccoli, più a valle,
determinando una sintomatologia più sfumata.
Un singolo piccolo embolo in genere è eliminato dal sistema 2brinolitico e non da sintomi. L'embolo
può anche determinare un infarto polmonare, ma ciò avviene solamente nel 10% dei casi. In genere
quando si veri2ca è di tipo emorragico (da stasi, e non ischemico). Ripetuti episodi di microembolia
(microembolia recidivante) possono poco alla volta occludere abbondantemente il circolo polmonare
portando al cuore polmonare cronico.
Data la grande capacità di compenso del circolo polmonare, la sintomatologia grave dell'embolia
polmonare massiva si dovrebbe manifestare quando l'occlusione riguarda più del 50% del circolo
polmonare, ma la soglia nella realtà è molto più bassa. Ciò è dovuto probabilmente all'intervento di
fa%ori umorali e nervosi che innescano un'importante vasocostrizione che aumenta le resistenze e
quindi la pressione polmonare. Le sostanze che producono questa risposta sono la serotonina,
trombossano, endotelina-1.
L'ostruzione del circolo polmonare produce eHe%i negativi sia a valle che a monte. Infa%i esso provoca
un'insuDciente riempimento del ventricolo sx con riduzione della portata cardiaca ed ipotensione di
vario grado. Ciò comporta l'a%ivazione dei meccanismi di compenso, quali la secrezione di
catecolammine che tendono a riservare il Kusso agli organi nobili.
A monte dell'ostruzione aumenta la pressione del circolo polmonare e quindi del cuore dx. il ventricolo
dx non riuscendo a sopportare tali regimi pressori si dilata a scopo compensatorio.
La dilatazione ventricolare compensa 2no a quando si raggiunge il plateau delle curve di Starling,
superato il quale diventa controproducente. L'aumento del lavoro cardiaco accompagnata all'ipossia
tissutale generata dall'embolia può favorire la comparsa di episodi di ischemia miocardica.
L'ipossia tissutale è dovuta all'azione dell'embolia sul polmone. Infa%i questa esclude un'ampia parte del
polmone dagli scambi respiratori causando un de2cit dell'ossigenazione. Nonostante la tachipnea
riKessa, l'ossigenazione rimane insuDciente. L'ipossia a sua volta peggiora l'ossigenazione aumentando
la frazione di estrazione da parte dei tessuti, inoltre stimola la vasocostrizione del circolo polmonare con
aggravamento della condizione.
Un' altro meccanismo di compenso messo in a%o dal polmone è l'atelectasia della regione colpita da
embolia. Gesta infa%i consente di non far giungere aria alle regioni non perfuse in modo da
ripristinare il rapporto ventilazione perfusione.
Superata la fase acuta, i trombi vengono spinti dalla pressione arteriosa polmonare più in periferia, dove
danno meno problemi, inoltre si instaurano dei circoli collaterali che perme%ono di by-passare le
ostruzioni. Inoltre i trombi vengono organicati, nel senso che diventano sede di un processo
in2ammatorio che si conclude con la formazione di una cicatrice più o meno vasta. Gesti eventi
portano alla formazione di ostruzioni stabili del circolo polmonare, con2gurando la condizione di

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 110 A cura di ANDREA PERNA


ipertensione polmonare cronica. Ad aggravare e peggiorare la condizione possono esserci fenomeni
tromboembolici recidivanti. In molti pz è stato descri%o un rimodellamento vascolare con
cara%eristiche simili a quello dei pz con ipertensione polmonare idiopatica.

Manifestazioni cliniche
I principali sintomi in pz con embolia polmonare sono:
- dispnea, nel 73% dei pz
- dolore toracico di tipo pleuritico
- tosse secca non produ%iva, o scarsamente produ%iva, con espe%orato talvolta ematico
- tachipnea
- riduzione del murmure vescicolare all'auscultazione polmonare
- aumento della componente polmonare del II tono cardiaco
- segni e sintomi di trombosi venosa profonda in una percentuale variabile di pz.

Il sospe%o di embolia polmonare insorge quando la dispnea è ad insorgenza improvvisa e sono escluse
le obie%ività di patologie polmonari in grado di determinare una dispnea improvvisa, come un edema
polmonare acuto (rantoli), uno pneumotorace iperteso, l'asma bronchiale (sibili e gemiti) o un massivo
versamento pleurico.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 111 A cura di ANDREA PERNA


PARTE 3
MALATTIE
GASTROINTESTINALI

SOMMARIO:

- EPATITI CRONICHE
- INSUFFICIENZA EPATICA E CIRROSI
- EPATITI AUTOIMMUNI
- NASH
- EPATITE DA FARMACI
- IBD

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 112 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 13 EPATITI CRONICHE

C'è oggi una certa confusione tra il termine epatopatia ed epatite, spesso usati indiHerentemente con
tanta facilità, come sinonimi, mentre sono due conce%i completamente diversi.

- Epatopatia : soHerenza epatica senza alcuna connotazione della mala%ia (gravità, cara%eristiche,
patogenesi). E' un conce%o generico, il pz soHre di fegato, però non ho nessun'altra informazione, se
questa soHerenza sia acuta o cronica, metabolica o virale.

- Epatite: l'epatite è una patologia epatica cara%erizata dalla presenza di in2ammazione, svelata o
evidenziata dall'innalzamento sierico delle transaminasi. Dà una connotazione speci2ca alla patologia
epatica.

TRANSAMINASI
Le aspartato (AST/GOT) ed alanino (ALT/GPT) amminotransferasi sono enzimi che catalizzano il
trasferimento dell'alfa ammino gruppo dell'aspartato o dell'alanina alfa-cheto-glutarato col rilascio di
piruvato, ossalacetato e glutammato.
Sono delle a%ività sieriche che usiamo, sono le due a%ività enzimatiche che servono al processo del
catabolismo proteico, in particolare alla transamminazione.

- AST: si trova a livello del fegato, cuore, muscoli, rene, cervello, pancreas, polmoni, globuli bianchi e
rossi (distribuita nel citosol e nei mitocondri). Gindi abbastanza aspeci2ca, perchè presente non solo
nel fegato ma anche in un'altra serie di organi.

- ALT: quasi esclusivamente nel fegato (citosol). Gindi tipica del fegato.

Perciò, qualora il livello sierico delle transaminasi si dovesse modi2care, bisogna notare quale delle due
transaminasi in particolare risulta alterata ed eventualmente bisogna tenere presente, laddove non ci
tornassero tu%i i conti della presentazione del quadro clinico, che oltre al fegato sono coinvolti altri
organi.
Non è raro il caso di bambini delle scuole elementari con le transaminasi elevate non per patologie
epatiche, bensì a causa di distro2e muscolari.

La prevalenza dell'alterazione degli enzimi epatici nella popolazione varia dal 12% al 17%, è dunque
molto rilevante, sulla base di studi epidemiologici su popolazioni piu%osto consistenti. E' evidente che la
problematica delle patologie epatiche è molto importante.

CAUSE DI EPATITI

- Cause epatiche
 Epatite cronica B, D, C
 alcol
 farmaci
 autoimmunità
 steatosi e NASH: capitolo che si aggancerà dire%amente alla sindrome metabolica ed al diabete,
problematica tra le più diHuse del mondo, legata alle patologie epatiche croniche
potenzialmente evolutive, a maggior ragione per il fa%o che oggi stiamo vivendo l'era della
probabile scon2%a dell'epatite cronica c
 emocromatosi
 Wilson
 de2cit alfa-1-AT

- Cause non epatiche


 Sprue celiaca
 disordini congeniti del metabolismo muscolare
 mala%ie muscolari acquisite

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 113 A cura di ANDREA PERNA


 strenuo esercizio 2sico

EPATITE
L'epatite è una patologia epatica cara%erizata dalla presenza di in2ammazione, svelata o evidenziata
dall'innalzamento sierico delle transaminasi.
Epatite: può essere acuta o cronica, in funzione del criterio temporale.

Epatite cronica
Epatite cronica (de2nizione secondo Desmet del 1994, ancora oggi valida): sindrome clinico bioumorale
da varie cause, cara%erizzata dal rialzo delle transaminasi perdurante per almeno sei mesi e sostenuta
da un danno istologico evidenziante gradi e tipi diversi di in2ammazione e 2brosi.

L'entità del danno isto-patologico può essere de2nita soltanto a%raverso la biopsia epatica.
E' necessario un frustolo di tessuto epatico di una lunghezza minima >20mm, perchè possa contenere
un suDciente numero di spazi portali, 11-15 spazi portali, aDnchè la biopsia epatica sia diagnostica e
non lasci adito a dubbi.
Gli obbie%ivi di questa oricedura saranno de2nire:
1) grado: gravità della necroin2ammazione
2) stadio: gravità della 2brosi

Inoltre risulta utile per:

 chiarire la diagnosi quando il quadro clinico e quello laboratoristico (Alt e sierologia:


virus/immunità) sono discordanti.
 escludere altre cause di mala%ia epatica (accumulo, tu%avia non così frequente\ farmaci, dove
tu%i si rifugiano quando non si riesce a fare diagnosi\ NASH).
 guidare le decisioni sul tra%amento, de%ate proprio dall'esame istologico.

GRADING E STAGING DELL' EPATITE


Sono oggi i due aspe%i che, a%raverso dei sistemi di classi2cazione standardizzati, perme%ono il
confronto su scala internazionale.

Grading:

 distribuzione della necrosi: periportale (piecemeal necrosis), intralobulare


 distribuzione dell'in2ammazione: lobulare, portale

Staging:

 intensità 2brosi

Ciascun parametro, a seconda della stima, si associa ad un numero più o meno elevato, perme%endo di
tracciare uno score di valutazione che poi ritroveremo quando dovremo scegliere il tra%amento.
Per esempio la terapia dell'epatite C oggi, alla luce della biopsia epatica, può variare: si può aspe%are o
iniziare immediatamente, varia anche il tipo di terapia da a%uare.
Sono quadri che oggi, grazie alla terapia, riusciamo a far regredire, anche quadri di 2brosi avanzata:
oggi è possibile, grazie alla terapia, avere un recupero di una quasi pseudo normalità dell'archite%ura
lobulare con smantellamento della 2brogenesi.

SCORE DI FIBROSI: STADIO


- Metavir: è oggi il metodo più diHuso di valutazione della 2brosi (il dato patologico più importante per
la valutazione dell'evolutività della mala%ia cronica, del danno epatico), un modo abbastanza semplice
di graduare la 2brosi:
 No 2brosis: F0
 Periportal 2brosis (2brosi portale senza se%i): F1
 Rare 2brous septa (2brosi portale con pochi se%i): F2
 Fibrous septa (2brosi se%ale senza cirrosi): F3
 Cirrosis (cirrosi): F4

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 114 A cura di ANDREA PERNA


Una 2brosi circoscri%a a livello portale senza se%i (F1), nel giro di 4-6 anni evolve in 2brosi periportale
con o senza se%i (F2), che nel giro di 10-15 anni si manifesta a sua volta con numerosi se%i senza cirrosi
(F3), successivamente aumenta la 2brosi e nel giro di 4-6anni
si ha la cirrosi epatica (F4).
Tra F3 ed F4 c'è un F3 super, inteso come 2brosi avanzata potenzialmente reversibile, lo stadio a cui noi
dobbiamo tentare di arrivare, perchè, una volta giunti alla cirrosi epatica avanzata, comicia la storia
clinica sintomatica del paziente cirrotico.

- Fbroscan: Un altro strumento per lo studio della 2brosi in un pz con epatopatia cronica oltre la
biopsia epatica è il FibroScan. Si tra%a di uno strumento non invasivo, con una percentuale di rischio
minore della biopsia epatica, che consente la realizzazione di un esame assolutamente innoquo,
ripetibile anche più volte al giorno. Si serve di un trasdu%ore che, con un sistema di puntamento
monofocale, perme%e di visualizzare la rigidità del fegato e di de2nire un valore di durezza del fegato
che viene espresso in kilopascal (kPa). In eHe%i oggi il 2broscan è un grandissimo aiuto, sopra%u%o nel
monitoraggio dei pazienti nel tempo.
E' riportato sia l'equivalente dei kilopascal (kPa) sia l'entità della 2brosi, espressa secondo i gradi di
metavir. Per una rigidità modesta o non patologica si hanno valori <7,2 kPa (F2) (il valore medio delle
misurazioni in individui sani è compreso nell'intervallo 3 - 7 KPa, considerando che le donne spesso
hanno valori leggermente inferiori rispe%o agli individui di sesso maschile). Invece per valori >7,2 Kpa
la 2brosi che comincia ad essere signi2cativa, 2no ad avere quadri severi avanzati per valori >11 kPa.
Per i quadri avanzati è utile la palpazione all'esame obbie%ivo.
Gesta è una metodica non invasiva, facile da ripetere nel tempo ma ha una scarsa discriminazione
degli stadi intermedi (identi2ca bene F3\F4 vs F0\F1, ma non F1 vs F2 o F2vsF3), obesità, ascite,
ipertransaminasemia.

Nota: L'elastogra2a epatica, conosciuta anche con il nome commerciale FibroScan, è un sistema di
misurazione non invasivo della "rigidità" del tessuto epatico (in inglese stiHness). Tale misurazione,
espressa in kPa, utilizza una tecnica de%a "elastogra2a ad impulsi". L'elastogra2a prevede l'uso di una
sonda ecogra2ca che trasme%e un'onda di vibrazione di media ampiezza e bassa frequenza (50 Hz), la
quale si propaga a%raverso il fegato, consentendo di valutarne l'elasticità. Sono presi come unità di
valutazione una sezione cilindrica di circa 4 cm di lunghezza e 10 mm di diametro alla profondità di 2.5
cm so%o la super2cie cutanea. La velocità di propagazione dell'onda è maggiore nel fegato 2brotico che
nel normale.

EPATITE CRONICA DA HBV


E' una condizione cara%erizzata da un’alta prevalenza dell’infezione su scala globale (sopra%u%o Asia e
Africa)
In Italia c’è una legge che prevede la vaccinazione obbligatoria, per cui l’incidenza nel nostro paese è
drasticamente calata, ma bisogna considerare il fenomeno delle migrazioni.
I migranti da noi oggi rappresentano la principale popolazione aHe%a, per cui ancora adesso è
necessario continuare a cercare i parametri dell’infezione da virus B nella popolazione e ricordare anche
che un altro fenomeno collegato alle migrazioni su cui vigilare è la tubercolosi.

L' HBV è un virus a DNA con stru%ura capsulata con un core, un envelope e antigeni di super2cie.
Gello che è importante so%olineare la diHerenza tra i virus HBV, HCV e HIV. Il primo è a DNA e dopo
aver infe%ato la cellula permane, anche a infezione risolta, so%o forma di circular supercoiled DNA (ccc
DNA) e in presenza di immunosoppressione può ria%ivarsi, mentre il secondo, che è un virus a RNA,
resta fuori dal nucleo e possiamo pensare di eradicarlo o%enendo una guarigione totale.
Di conseguenza nel paziente con storia di infezione da HBV possiamo avere una ria%ivazione ad
esempio con terapie immunosoppressive in corso di patologie ematologiche, mentre il paziente con
storia di infezione da HCV, una volta guarito, potrebbe presentarsi con una nuova infezione solo se è
stato contagiato una seconda volta.
Gello che succede nei vari step della replicazione del virus sicuramente lo ricordate alla perfezione,
quindi non ve ne parlo. Parliamo invece della storia naturale dell’infezione, perché vi interessa

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 115 A cura di ANDREA PERNA


particolarmente nel momento in cui vi trovate con un paziente con sospe%a epatite. Il virus B ha una
bassa probabilità di cronicizzare, che però è più alta (30%) se l’infezione avviene in età giovanile o
adolescenziale. Una volta contagiati il quadro clinico che si può manifestare è prima quello di epatite
acuta e poi eventualmente di epatite cronica, che è quello che più ci interessa e che col tempo va verso
la cirrosi, lo scompenso e quindi la morte, oppure verso il carcinoma epatocellulare (HCC) con una
frequenza del 4-5% /anno e quindi morte.

In ogni caso il paziente che si presenta con epatite B cronica ha una lunga storia alle spalle. Dopo
l’infezione (T0) abbiamo la comparsa di segni clinici e di laboratorio dopo 4-8 se%imane e nella maggior
parte dei casi c’è i%ero (ma può essere anche ani%erica) con innalzamento degli indici di citonecrosi,
quindi delle transaminasi, e degli indici sierici di replicazione virale, cioè l’antigene di super2cie
(HBsAg) e dell’envelope (HBeAg). La durata di questa fase acuta è di 4-6, ma anche 8 se%imane, quindi
2no a 2 mesi. Dopo avrete la scomparsa degli antigeni e la comparsa progressiva del titolo anticorpale
con il suo timing tipico (prima IgM e poi IgG) prima per l’antigene del core (HBcAb), poi per l’antigene
di super2cie (HBsAb) e per l’envelope (HBeAb) con la contestuale scomparsa dell’ HBsAg sierico.
Gello esposto è il caso del l’epatite B acuta non cronicizzata , con paziente guarito clinicamente e
laboratoristicamente e a noi non interessa se non anamnesticamente (possibilità di ria%ivazione in
immunosoppressione).

Gando non si va verso la risoluzione possiamo avere diversi andamenti di cronicizzazione più o meno
stazionari o progressivi che si presentano alternativamente in forma più o meno stabile, ma in ogni caso
c’è qualcosa del virus replicante, che sia l’HBsAg, l’HBeAg oppure vari livelli di HBV DNA determinato
con le varie tecniche più o meno sensibili, con vari livelli di sieroconversione (es. per HBeAg) e con la
possibilità di avere le transaminasi mosse.
Gando vediamo una qualsiasi di queste cose dobbiamo avere il sospe%o di epatite B cronica. La storia
naturale di un’infezione non risolta è data da un equilibrio continuo tra ospite e virus e abbiamo la
possibilità che si sviluppino quadri vari con ria%ivazioni e ricadute, condizionate dalla situazione
medica di base del paziente o da eventi intercorrenti.
Gli estremi sono una mala%ia stabile e una mala%ia cronicamente a%iva con danno cronico, che per un
certo periodo può essere reversibile e poi diventa irreversibile e porta alla cirrosi e alle sue complicanze.
La storia clinica evolve così in un tempo di 10-20 anni, a meno di interventi terapeutici, tra cui il
trapianto di fegato è quello che rappresenta il sovvertimento della prognosi del paziente con cirrosi
virus relata e non solo.

I fa%ori che inKuenzano la progressione si dividono in:


- Fa%ori legati al virus:
 Presenza dell’antigene e sierico, che è indice di replicazione
 Genotipo
 Carica virale (HBV DNA sierico)
 Coinfezione con altri virus
 Condizioni metaboliche e stile di vita, sopra%u%o abuso alcolico, sindrome metabolica o
steatosi (li elenco tra i fa%ori legati al virus come fa lui e come era anche scri%o nella sua slide
anche se a rigor di logica non lo sono)
- Fa%ori legati all’ospite:
 Sesso maschile
 Età avanzata (>40)
 Presenza di danno epatico 2brosante. (ricordate sempre quanto è importante conoscere il dato
anatomopatologico)

La storia naturale di questi sogge%i è cara%erizzata da modalità di decorrenza diverse e questo


comporta che da voi il paziente può arrivare in momenti diversi della sua storia clinica.
Ci sono pazienti che l’infezione se la sono portata in modo tranquillo per tu%a la vita e sono i classici
pazienti stabili con uno stile di vita controllato in cui non abusano di niente, ci sono invece pazienti
che vivono come se la loro mala%ia non ci fosse e non si regolano e sono loro che ad esempio possiamo
vedere in uno dei momenti di riesacerbazione, ad esempio con un 6are di transaminasi e talvolta anche

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 116 A cura di ANDREA PERNA


con un i%ero, per cui all’improvviso diventano i%erici. In altri casi invece il paziente viene da voi
relativamente asintomatico.

- Ci sono pazienti che hanno le transaminasi per la maggior parte del tempo nel range di normalità e
2no agli ultimi anni della storia naturale della mala%ia non li vedrete mai, non giungeranno mai
all’a%enzione del medico, a meno che il medico curante non chieda la sierologia per l’epatite B e C come
screening, ad esempio all’interno delle norme generali di prevenzione di base prima di un intervento
chirurgico. Gindi c’è una categoria di pazienti che va dall’epatologo per osservazione occasionale di
sieropositività per questi virus.
- I pazienti che invece hanno periodici Kares di ria%ivazione li vedrete più facilmente, spesso perché si
sentono peggio clinicamente e si sentono periodicamente astenici.
- Anche i pazienti che hanno le transaminasi sempre alte, arrivano spesso precocemente all’a%enzione
del medico perché un medico di base o un medico qualsiasi in un controllo di routine può vedere le
transaminasi mosse e fa qualche accertamento.
Oltre tu%o un paziente può arrivare all’a%enzione del medico già nel suo episodio acuto i%erico (la fase
acuta clinica 4-8 se%imane dopo il contagio) ed essere seguito da quel momento per lo sviluppo di
un’eventuale epatite cronica, ma ricordate sempre che la forma acuta può anche essere ani%erica e
quindi passare inosservata.

Esami da eseguire in caso di un sospe%o di epatite B cronica


Per il corre%o inquadramento di base dell’epatite B dobbiamo fare il pro2lo completo che deve
prevedere TUTTI i seguenti esami, tranne HBV DNA che è un esame di secondo livello e quindi in un
primo momento potete lasciarlo stare:
 HBsAg qualitativo (quantitativo solo nel momento in cui si vuole iniziare una terapia)
 HBsAb
 HBcAb
 HBeAg
 HBeAb
 (HBV DNA)
È importante fare il pro2lo competo per escludere o confermare il sospe%o.
Ricordate i markers di infezione con il loro signi2cato clinico:
 HBsAg -> infezione
 HBV DNA -> replicazione
 HBeAg -> replicazione
 HBcAb (IgM ! ) -> recente e in a%o
 HbsAb -> immunità prote%iva
I vari pro2li che bisogna saper riconoscere saranno:

- Patologia cronica con immunotolleranza: ci sono markers di replicazione virale (HBsAg e HBeAg) e
livelli sierici alti di HBV DNA, ma le transaminasi sono normali. Signi2ca che il virus c’è ma
l’organismo lo tollera tanto da non dare una sindrome epatitica, e infa%i se fate una biopsia avrete un
grading e uno staging molto modesti e quindi un danno acce%abile. Ricordate sempre che è importante
l’istologia, sopra%u%o per guidare il tra%amento.

- Portatori inattivi : HBeAg negativo, HBsAg positivo, HBV DNA basso (credo intenda inferiore a
2000copie/ml) o non dosabile, transaminasi normali. Hanno bassi livelli di replicazione e tu%o sommato
è una delle condizioni migliori.
- Infezione occulta : sono quelli sieroconvertiti per l’antigene s (HBsAg negativi e HBsAb positivi) e
con HBV DNA dosabile a livelli minimi solo se usate tecniche ad elevata sensibilità. Gesti pazienti
hanno comunque ccc DNA virale nell’epatocita.

Dall’inquadramento dipende l’indicazione alla terapia. Oggi abbiamo a disposizione terapie eDcaci
anche soltanto nel controllo dell’evoluzione della mala%ia. Migliorare la storia clinica signi2ca ridurre il
potenziale di evolutività in cirrosi, oppure vedere la regressione di casi di 2brosi ancora reversibile, o
ancora ridurre le complicanze e lo scompenso e ridurre le percentuali di sviluppo di HCC e quindi
migliorare la sopravvivenza. Sono tu%i obie%ivi raggiungibili e a portata di mano con le terapie a%uali.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 117 A cura di ANDREA PERNA


I marker surrogati per vedere se la terapia funziona sono:
 Riduzione 2no alla scomparsa della viremia
 Normalizzazione delle transaminasi e spegnimento della sindrome epatitica
 Sieroconversione per l’antigene e
 Scomparsa di HBsAg

Terapia
- L’interferone è potenzialmente curativo, quindi da la possibilità di sieroconvertire per l’antigene s
con percentuali del 15-20% /anno con una terapia 2nita nel tempo (12-24 mesi).
- Gli antivirali diretti sono in grado di indurre soppressione virale cioè scomparsa viremia (nel 95% dei
casi) ma non sieroconversione e non si possono sospendere una volta iniziati.

Il diverso tipo di terapia dipende:


- Dallo stadio della mala%ia, quindi dal grado di 2brosi e dal movimento delle transaminasi
- Dall’età del paziente
- Dalla presenza della sieropositività(o dalla sieronegatività)per HbeAg
La positività o meno per l’HBeAg condiziona il cosidde%o Paradigma di Stresa(per la sede dove è stato
approvato questo documento).

La terapia per le fasi iniziali è una terapia basata sul tentativo di guarire i pazienti dandogli
l’interferone, mentre per la mala%ia più avanzata si preferisce controba%ere la mala%ia cercando solo di
azzerare i livelli circolanti di virus e normalizzare le transaminasi.
Si tende a tra%are molto precocemente e in generale comunque si tende a tra%are perché, se pensiamo
ai Kair della mala%ia si tra%a ragionevolmente della forma di mala%ia ondulante,che è una forma
progressiva, per cui siamo più motivati a cominciare la terapia. (
La terapia dell’epatite B cronica è una terapia che si basa :
 Sulla gravità della mala%ia iniziale
 Sull’entità dell’in2ammazione
 Sulla carica virale
Inoltre è una terapia:
6. A tempo(2nita nel tempo,a tempo determinato) nelle fasi iniziali ,sia per l’epatite HBeAg
positiva che per quella negativa
7. Che prevede i farmaci antivirali dire%i nelle fasi più avanzate

Gli Antivirali diretti sono i cosidde%i analoghi nucleosidici e nucleotidici . I due farmaci che oggi
rappresentano la terapia di prima linea sono:
 Tenofovir(gravato da maggiore tossicità renale, ma alla lunga ha una buona maneggevolezza)
 Entecavir
Sono sostanzialmente analoghi e sono i farmaci cardine per la terapia antivirale dire%a orale per il
paziente con epatite cronica HBV relata.

Epatite B in Gravidanza
L’impa%o della gravidanza sull’epatite è relativamente modesto. Il rischio di trasmissione verticale è
una problematica ancora non secondaria, però c’è il fa%o che i farmaci antivirali sono potenzialmente
teratogeni. Per questo motivo abbiamo a disposizione soltanto due farmaci che sono Tenofovir(classe
B) e Telbivudina(classe C).

Classi di sicurezza dei farmaci in gravidanza


Classe Studi adeguati e ben controllati non sono riusciti a dimostrare un rischio per il feto nel primo
A trimestre di gravidanza (e non si hanno prove di rischio nei trimestri successivi).
Studi sulla riproduzione animale non sono riusciti a dimostrare un rischio per il feto e non si è
Classe in possesso studi adeguati e ben controllati su donne in gravidanza oppure gli studi su animali
B hanno dimostrato un eHe%o avverso ma studi adeguati e ben controllati sulle donne in
gravidanza non sono riusciti a dimostrate un rischio per il feto in nessun trimestre.
Classe Studi sulla riproduzione animale hanno mostrato un eHe%o avverso sul feto e non si è in

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 118 A cura di ANDREA PERNA


possesso di studi adeguati e ben controllati sugli umani, ma i bene2ci previsti possono
C rendere acce%abile l'uso del farmaco nelle donne in gravidanza nonostante il fa%ore di rischio.
Si è in possesso di prove eHe%ive di rischio fetale per gli umani basate sui dati di reazioni
Classe avverse provenienti da esperienze epidemiologiche o di mercato o da studi sugli umani, ma i
D bene2ci previsti possono rendere acce%abile l'uso del farmaco nelle donne in gravidanza
nonostante il fa%ore di rischio.
Studi sugli animali o sugli umani hanno dimostrato anormalità fetali e/o esiste prova eHe%iva
Classe di rischio fetale per gli umani basate sui dati di reazioni avverse provenienti da esperienze
X epidemiologiche o di mercato, e i rischi riguardanti l'uso del farmaco da parte di donne in
gravidanza prevalgono chiaramente su qualsiasi bene2cio

Nella classe A ci sono farmaci a basso rischio. Nella classe B ci sono farmaci relativamente tranquilli e si
prescrivono con un ragionevole rischio da correre laddove il bilancio tra rischio e bene2cio è a favore
del rischio. Classe C e D non si prescrivono in gravidanza(sono da croce rossa..)

EPATITE CRONICA DA HCV


L'HCVha le seguenti cara%eristiche:
- Famiglia dei Flaviviridae
- Singolo 2lamento di RNA(9600 nucleotidi)
- Poliproteina
- Elevata frequenza di mutazioni spontanee
- Eterogeneità genetica → quasi specie
- Produzione giornaliera 10 trilioni
Epatite:
 Incidenza acuta:1 caso su 100.000 abitanti/anno
 Prevalenza cronica: 0,6-1,4%
 Incubazione: media 6 se4imane(2-26 se4imane)
 Sintomi(i4ero):10%
 Mortalità acuta:rara
La storia di questo virus dagli anni 80 è stata rivoluzionata da continue scoperte. Fino a un certo
periodo nei pazienti che non avevano avuto epatite A o B e si presentavano con epatite cronica
evolutiva a volte con cirrosi, venivano assegnati o a fa%ori non dichiarati o a cause autoimmunitarie,
per cui a volte venivano tra%ati con terapia steroidea, perché il quadro clinico mimava più un’epatite
autoimmunitaria piu%osto che a un quadro secondario a un’epatite virale.
Spesso il quadro non si legava a una storia di abuso alcolico per cui la diagnostica risultava
impegnativa. Gando invece era presente l’associazione con l’alcolismo, il quadro evidenziato nella
cirrosi conclamata veniva a%ribuito completamente all’alcol. Il progresso nelle scoperte dalla 2ne degli
anni ’80 è stato importante anche perché si è scoperto il rischio delle epatiti croniche iatrogene legate
alle trasfusioni con una legge per il rimborso dei pazienti (infe%i) perché so%oposti a trasfusioni.

- Fa%ori di rischio noti per l’infezione:


 Trasfusione (prima del 1992)
 Esposizione parenterale:droghe,esposizione nosocomiale (non si usavano dispositivi
monouso),non rispe%o delle precauzioni ( digressione sulla portiera che faceva le iniezioni
intramuscolari a tu4o il palazzo con la stessa siringa.. )
 Basso livello socio-economico

- Fa%ori di basso rischio:


 Trasmissione perinatale (molto bassa)
 Piercing,tatuaggi
 Emodialisi per lungo tempo
 Cocaina
 Sesso e molti partner

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 119 A cura di ANDREA PERNA


Prevalenza HCV nel mondo
In Italia siamo intorno al 2-5%. La
prevalenza in Italia è a macchia di
leopardo,cioè non tu%e le regioni
sono colpite ugualmente.
Il virus dell’epatite C è multigenico
e sono stati identi2cati 6 genotipi
nel mondo con una speci2ca
distribuzione:
 Italia : 1a,1b,2,3
 Nord America: 75% 1a,1b
 Africa e penisola arabica: 4
 India: 3
 Australia: 1a,1b
 Asia:1a,1b,3,6
 Giappone:1b,2
Negli ultimi tempi vediamo anche in Italia il genotipo 4 a causa dei Kussi immigratori.
In Italia:
Genotipo Prevalenza
1b 55%
Nella stadiazione del paziente con infezione da HCV va
2 29% speci2cato il genotipo perché inKuenza la decisione e la risposta
3 9% terapeutica. Per esempio il genotipo 2 è quello più responsivo,il
1a 7% genotipo 1 a è meno responsivo dell’1b.

Storia naturale epatite da HCV


La storia delle varie patologie epatiche è sovrapponibile. L’insulto nasce da un certo agente, ma la
risposta dell’organo è ragionevolmente uniforme. La reazione di in2ammazione e di riparazione si
presenterà sempre negli stessi modelli, magari con delle peculiarità in ordine dell’entità e della
distribuzione della 2brosi o dell’in2ammazione o della presenza di steatosi, però la reazione all’insulto è
una reazione univoca da parte dell’organo così come la reazione in2ammatoria sull’apparato
cardiovascolare. La distruzione endoteliale che si ha a causa dell’in2ammazione nell’ambito della
sindrome metabolica sarà identica in vari distre%i, sarà così nella carotide, nella coronaria e nel rene
perché la risposta al danno è univoca.
Mentre nell’epatite B avevamo nella maggior parte dei casi un’infezione acuta nota, nell’epatite C
spesso ho un’infezione silente e asintomatica per cui spesso la diagnosi è casuale.

L’infezione cronica può mantenersi nel tempo con transaminasi persistentemente normali o può nella
maggior parte dei casi dare un’epatite cronica cara%erizzata da movimento di transaminasi modesto e
mai con un quadro eclatante.
Nei casi con transaminasi normali il paziente può essere ignaro per tu%a la vita e muore senza sapere di
aver avuto l’epatite C.
Gei pazienti con epatite cronica con movimento delle transaminasi sono quelli che vanno incontro a
monitoraggio e a tra%amento e hanno un rischio di progressione a cirrosi del 20%, con sviluppo di
Epatocarcinoma dell’1-4% annuo.
Tra epatite B e C c’è diversità nell’epatocarcinoma sia nella comparsa, che nel tra%amento e nelle
possibilità terapeutiche. (ma non è questa la sede per tra4are tale argomento.)
L’epatocarcinoma è nella storia naturale dell’epatite cronica C. Distinguiamo tra evoluzione lenta e
rapida della storia della mala%ia:
- Evoluzione lenta: sesso femminile, età<40 anni
- Evoluzione rapida: razza nera, alcol, co-infezione HBV/HIV ,>BMI, steatosi(sindrome metabolica).
Gesti sono fa%ori di rischio che vanno valutati nella gestione iniziale del paziente con infezione da
virus C.

L’epatite C è associata con alta probabilità a manifestazioni extraepatiche di tipo sistemico . Tra

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 120 A cura di ANDREA PERNA


queste:
 Manifestazioni ematologiche: crioglobulinemia, anemia anaplastica,linfoma non-Hodgkin a
cell B, trombocitemia
 Glomerulonefriti con conseguenti sindromi nefrosiche
 Attività autoimmunitaria tiroidea
 Scialoadeniti salivari
 Vasculiti necrotizzanti
 Malattie autoimmunitarie
 Disturbi neuro-vascolari
Gindi un paziente con epatite C va studiato anche fuori dal fegato. In particolare rene, tiroide e
quadro autoimmunitario e mala%ie reumatologiche.

Terapia
Obie%ivi terapia epatite C
 Eradicare l’infezione in modo da azzerare l’in2ammazione,prevenire la 2brosi, l’evoluzione in
cirrosi e la complicanza dell’epatocarcinoma e cambiare la prognosi di questi pazienti
 Endpoint 2nale : Sustained Virological Response [risposta virologica sostenuta con
negativizzazione della viremia](valutata a 24 se%imane)
 Endpoint intermedi : determinazione della scomparsa della viremia (HCV-RNA) . Viene
valutata a 4,12 e 24 se%imane (risposta rispe%ivamente Rapid,Early e Flat). A 24 se%imane la
scomparsa della viremia viene valutata come alta probabilità o addiri%ura certezza della
guarigione del paziente. Se dopo 24 se%imane è ancora presente parliamo di risposta “moscia”
 L’eradicazione dell’HCV porta alla 2ne del processo necroin2ammatorio e blocca l’evoluzione
in cirrosi ed epatocarcinoma

Terapia Standard: viene valutata sulla base del genotipo


- GENOTIPO 1 (4,5,6) (genotipi che rispondono meno alla terapia e richiedono terapia più prolungata)-
→ HCV-RNA quantitativo alla dodicesima se%imana,terapia con interferone pegilato alfa plus(1000-
1200mg)+Ribavirina per 48 se%imane
- GENOTIPO 2,3(genotipi che rispondono meglio alla terapia) --> Interferone Pegilato alfa plus(800 mg)
+Ribavirina per 24 se%imane
(l’interferone è un modi2catore della risposta biologica,la ribavirina è un antivirale dire%o)

Fino al 2011 la migliore risposta era visibile per i genotipi 2,3 con associazione di PEG IFN
(ifn=interferone) con RBV(ribavirina).
Fa%ori positivi di risposta alla terapia erano:
- il genotipo,
- la razza,
- la carica virale bassa,
- 2brosi modesta,
- interferon-sensibilità dovuta all’IL-28.
Fa%ori negativi invece erano rappresentati dalla razza africana/afro-americana.

Il problema è che i risultati positivi si o%enevano a prezzo di eHe%i collaterali pesantissimi. I pazienti
che facevano terapia interferonica infa%i stavano male , avevano eHe%i ematologici importantissimi.
Circa il 50% andavano incontro a modi2che o interruzione di terapia. L’inizio del tra%amento era
pesante sia per il paziente che per il medico nel gestire questi quadri. Di conseguenza l’arrivo dal 2011
di questa classe di farmaci che ha permesso di interferire con la replicazione virale su vari step con la
possibilità di avere dei farmaci inibenti questi passaggi.
Oggi abbiamo gli antivirali diretti in grado di indurre risposte sostenute nell’80-90% dei casi.
In questa classe di farmaci il primo che è arrivato è il Sofosbuvir( inibitore della Polimerasi) e il
secondo è il Simeprevir.
I primi due sono stati il Boceprevir e il Telaprevir che hanno avuto una vita breve perché si è passati ad
altri farmaci della stessa categoria.

La risposta virologica di Sofosbuvir+ Simeprevir + Ribavirina o Simeprevir + Sofosbuvir hanno


percentuali di guarigione che fanno impallidire le percentuali relative alle terapie precedenti.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 121 A cura di ANDREA PERNA


Oggi il tra%amento antivirale dell’epatite cronica C passa a%raverso l’impiego di questa classe di
farmaci che è condizionato soltanto dagli altissimi costi.
Oggi voi sentirete parlare di indicazioni al tra%amento per pazienti con mala%ia epatica avanzata. Non è
stato ancora elaborato per questa classe di farmaci un protocollo simile a quello di Stresa,ma
probabilmente per l’anno prossimo saranno disponibili le linee guida per il tra%amento con questa
nuova classe di farmaci.
Ad oggi la terapia dell’epatite C si basa ancora su PEG-Interferone e Ribavirina nelle forme più
tranquille. Nelle mala%ie avanzate e in presenza di cirrosi abbiamo a disposizione gli antivirali dire%i.

HCV:chi deve essere trattato


- Tu%i i pazienti naive con mala%ia epatica compensata che sono disposti a farsi tra%are(in virtù dei
pesanti eHe%i collaterali,devono essere disposti) e non hanno indicazione alla terapia con PEG IFN e
RBV,indipendentemente dal valore delle transaminasi alla stadiazione
- Deve essere iniziata in pazienti con 2brosi avanzata e presa fortemente in considerazione in quelli con
2brosi moderata
- Pazienti che non hanno risposto alla terapia con un primo ciclo PEG INF e RBV, dovranno essere
tra%ati con i nuovi farmaci antivirali(con i DAA=Direct Antiviral Agents)
- Genotipi diversi dall’1 che non rispondono a PEG IFN e RBV possono essere ritra%ati con lo stesso
schema,ma oggi però si preferisce aspe%are e me%erli nel tra%amento con i nuovi antivirali laddove la
condizione della mala%ia non sia così avanzata.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 122 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 14 INSUFFICIENZA EPATICA E CIRROSI
Caso clinico:
- A 49-year-old woman presents to the emergency room complaining of a 4-week history of progressive abdominal
swelling and discomfort.
- She has no other gastrointestinal symptoms, and she has a normal appetite and normal bowel habits.
- Her medical history is significant only for three pregnancies, one of which was complicated by excessive blood loss,
requiring a blood transfusion.
- She is happily married for 20 years, exercises, does not smoke, and drinks only occasionally.
- On pointed questioning, however, she does admit that she was “wild” in her youth, and she had snorted cocaine once
or twice at parties many years ago.
- She does not use drugs now. She was HIV negative at the time of the birth of her last child.
- On examination, her temperature is 38 °C, heart rate 88 bpm, and blood pressure 94/60 mm Hg.
- She is thin, her complexion is sallow (slightly yellow in a way that does not look healthy), her sclerae are icteric, her
chest is clear, and her heart rhythm is regular with no murmur.
- Her abdomen is distended, with mild diffuse tenderness, hypoactive bowel sounds, shifting dullness to percussion,
and a fluid wave. She has no peripheral edema.
- Laboratory studies are normal except for Na 129 mEq/L, albumin 2.8 mg/dL, total bilirubin 4 mg/dL, prothrombin
time 15 seconds (n.v. 10-13 sec), hemoglobin 12 g/dL with mean cell volume (MCV) 102 fL, and platelet count
78,000/mm3 .
- Most likely diagnosis: Ascites caused by portal hypertension as a complication of hepatic cirrhosis.
- ➤ Next step: Perform a paracentesis to evaluate the ascitic fluid to try to determine its likely etiology as well as
evaluate for the complication of spontaneous bacterial peritonitis.
Considerations
 This 49-year-old woman had been in good health until recently, when she noted increasing abdominal swelling and
discomfort, indicative of ascites.
 The physical examination is consistent with ascites with the fluid wave and shifting dullness.
 Her icterus suggests liver disease as the etiology of the ascites.
 Her laboratory studies are significant for hypoalbuminemia and coagulopathy (prolonged prothrombin time),
indicating probable impaired hepatic synthetic function and advanced liver disease.
 She does have prior exposures, most notably a blood transfusion, which put her at risk for hepatitis viruses,
especially hepatitis C.
 Currently, she also has a low-grade fever and mild abdominal tenderness, both signs of infection.
 Bacterial infection of the ascitic fluid must be considered, because untreated cases have a high mortality.
 Although the large majority of patients with ascites and jaundice have cirrhosis, other etiologies of the ascites must
be considered, including malignancy.
 Thus, paracentesis using a needle introduced through the skin into the peritoneal cavity can be used to assess for
infection as well as to seek an etiology of the ascites.

LESSICO
- Si parla di ascite quando c’è un accumulo anomalo di oltre 25mL di Kuido all’interno della cavità
addominale. Già in presenza di una piccola quantità di liquido si parla di ascite anche se questa non
dovesse essere apprezzata clinicamente ma solo con tecnica ecogra2ca. Inizialmente si dispone nei mesi
e poi dire%amente nella cavità addominale.
- L’epatite cronica, che è una condizione predisponente alla base della cirrosi, è sostanzialmente
la presenza di una in(ammazione con annessa necrosi epatica evidenziabili con un’elevazione
degli indici di citonecrosi del fegato che duri per almeno 6 mesi.
- Lo stadio successivo è la comparsa di cirrosi, che è un danno epatico cronico e irreversibile laddove le
alterazioni morfologiche cara%eristiche delle epatiti vengano in qualche modo soppiantate da processi
di 2brosi e di rigenerazione.
- L’ipertensione portale si riferisce ad un incremento oltre i 10 mmHg della pressione portale
generalmente causata da una ostruzione del Kusso.
- La peritonite batterica spontanea è un’infezione ba%erica del liquido ascitico in cui non c’è un’altra
sorgente intraaddominale di infezione. Possiamo avere, per esempio un paziente ascitico con una
diverticolosi del colon che si è complicata in diverticolite. In questo caso dei germi possono stravasare
ed entrare nella cavità addominale dando un’infezione del liquido ascitico; oppure la ro%ura di un
diverticolo con la perforazione della parete intestinale.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 123 A cura di ANDREA PERNA


Comunque la peritonite ba%erica spontanea non è uno di questi casi. Ci deve essere un'altra sorgente
intra-addominale di infezione e ciò si può distinguere dalle cara%eristiche del liquido ascitico che
perme%e di diHerenziare queste due condizioni.

Il paziente che presenta una epatopatia cronica spesso, se questa è in una fase precoce del suo sviluppo,
presenta una situazione in cui è diDcile distinguere se si tra%a di un processo di epatite cronica o di
cirrosi, questo perché le due condizioni da un punto di vista epidemiologico e clinico rappresentano un
continuum.

La cirrosi rappresenta l'evoluzione naturale dell'epatite cronica, per cui a volte ci possono essere delle
fasi in cui i processi non sono chiaramente distinguibili e determinati.
Le cause più comuni sono:
8. Epatite virale da virus B o C
9. Epatopatia alcolica
10. Epatite Autoimmune
11. Esposizione cronica a farmaci o altri agenti tossici (es. AKatossine, presenti come contaminanti
in alcune farine, prodo%i cerealicoli che danno abbastanza immancabilmente epatite cronica
che poi sfocia in cirrosi; ci possono essere altri farmaci che possono essere responsabili di un
processo Kogistico cronico del fegato ad evoluzione cronica)
12. Emocromatosi (disturbo del metabolismo del ferro)
13. Morbo di Wilson (dife%o del metabolismo del rame)
14. De2cit di alfa1-antitripsina

Esistono dei test diagnostici speci2ci per la diagnosi di queste diverse condizioni morbose.
- Per quanto riguarda l'epatite C comunemente eseguiti nella pratica clinica sono il dosaggio degli
anticorpi e l'identi2cazione dell'RNA virale.
- Per quanto riguarda l'epatite B c'è l'antigene Australia (HbsAg), la presenza di HBeAg, la persistenza
dell'antigene Australia in presenza di HBeAg,
- Nelle forme autoimmuni anticorpi antinucleo, nella emocromatosi si fa il dosaggio della ferritina o si
calcola la percentuale di saturazione della transferrina, generalmente i limiti alti nella persona normale
sono 2no al 45%; è un calcolo molto semplice che si fa me%endo la sideremia al numeratore e la
transferrina al denominatore. (E' un indice che noi utilizziamo più frequentemente nell'anemia
sideropenica, sopra%u%o nelle forme in cui c'è associato uno stato Kogistico cronico. Siccome voi sapete
che la ferritina è una proteina della fase acuta che in caso di Kogosi cronica può essere elevata, in quel
caso i livelli di ferritina non ci danno una indicazione precisa circa lo stato del metabolismo marziale ed
arriviamo a fare il rapporto tra sideremia e transferrina calcolando la percentuale di saturazione o
capacità ferrolegante).
- Per quanto riguarda il Wilson si fa il dosaggio della ceruloplasmina, che è basso perché c'è un enorme
accumulo di rame nell'organismo e quindi risulta tu%a utilizzata e in2ne, nel caso di de2cit di alfa1-
antitripsina facciamo il
dosaggio della a%ività
enzimatica.

Una breve esplicitazione


delle cara%eristiche
dell'infezione da epatite C:
Generalmente si acquisisce
a%raverso l'esposizione a
sangue infe%o per via
percutanea, ma può essere
anche trasmesso a%raverso
altri Kuidi corporei anche se
rispe%o alla trasmissione
ematica questo aumento di trasmissione è meno comune perché ha una eDcienza minore.
I fa%ori di rischio sono l'uso di farmaci per via endovenosa, sopra%u%o in farmacodipendenti da eroina,
l'utilizzo comune sistemico dell'inalazione della cocaina (la cocaina non comporta dire%amente il rischio

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 124 A cura di ANDREA PERNA


di contrarre la mala%ia ma favorisce la comparsa dei comportamenti a rischio), procedure terapeutiche
come l'emodialisi o l'emotrasfusione, sopra%u%o in passato quando i metodi di controllo nei confronti di
questi virus erano meno sensibili ed accurati; anche alcuni pratiche come i tatuaggi o i piercing possono
se eHe%uati con strumenti contaminati possono favorire la diHusione.
L'epatite B ha gli stessi sistemi di diHusione della C anche se la trasmissione per via sessuale è più rara e
anche la trasmissione da madre a feto è abbastanza rara a meno che non si tra%i di madri che hanno già
una infezione ad alta carica di HIV.
Spesso l'epatite C può decorrere in forma asintomatica, quindi il paziente non se ne accorge e poi dopo
qualche anno scopre di essere cirrotico (vedi donna del caso).
In epoca pre-tra%amento antivirale una elevata percentuale di pazienti infe%ati da virus dell'epatite B,
70-80%, venivano poi ad essere aHe%i da epatite cronica e questa poi 1/5 di questi nel corso dei decenni
successivi sviluppava la cirrosi, quindi si tra%a di una evenienza piu%osto temibile anche se le moderne
terapie hanno sovvertito completamente questi numeri. Eppure una certa percentuale di pazienti con
cirrosi, specie con epatite C, può sviluppare epatocarcinoma, che è una evenienza letale e quindi è
importante la prevenzione in questi pazienti.

Tra le cause di cirrosi


rientrano, oltre a quelle
riportate precedentemente,
anche quelle riportate in
tabella.
- C'è un gruppo rappresentato
dalle cirrosi biliari che non era
precedentemente incluso nel
gruppo delle epatiti perché
questa è una categoria
nosologica a parte che
comprende appunto la cirrosi
biliare primitiva e la forma
meno aggressiva di colangite
sclerosante.
- C'è un gruppo che non era incluso in precedenza solo perché si tra%a delle cirrosi criptogenetiche, cioè
cirrosi in pazienti in cui non si riesce ad individuare una causa.
Durante un processo cirrotico, a livello microscopico c'è un sovvertimento totale del parenchima
epatico, con la comparsa di noduli di rigenerazione e il tipico scompaginamento dell'archite%ura. Ci
sono diverse forme di cirrosi: cirrosi macro e micronodulare; comunque il dato comune di tu%e queste
forme di cirrosi è che possono darci degli orientamenti 2siopatologici ed eziologici.
Si ritiene che la cirrosi su base virale è prevalentemente macro, quella alcolica micro ma si tra%a di
distinzioni che lasciano il tempo che trovano.
Manifestazioni cliniche della cirrosi:
Si parte dalle conseguenze immediate del danno epatico: versamento ascitico, splenomegalia,
ipertensione portale (sono le manifestazioni dire%e).
Altre manifestazioni non dire%amente imputabili alla presenza di un danno epatico sono:
 Alterazioni ematologiche (generalmente correlate all'ipersplenismo, quindi al sequestro di
cellule ematiche all'interno della milza; ci può essere un'anemia, una piastrinopenia,
leucopenia).
 Alterazioni del metabolismo degli ormoni genitali maschili (atro2a testicolare, eccesso di
estrogeni con ginecomastia).
 Alterazioni della coagulazione (il fegato è la sede dove vengono prodo%i i fa%ori della
coagulazione; tendenza al sanguinamento, ecchimosi cutanee).
 Edemi periferici ( per lo stesso meccanismo che genera l'ascite e della rido%a sintesi epatica di
albumina)
 Eritema palmare
 Spider nevi (con la cara%eristica disposizione a raggiera)

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 125 A cura di ANDREA PERNA


 Manifestazioni neurologiche (2no al coma; dipendono dal livello di funzione detossi2cante del
fegato; il cosidde%o "shunt porto- sistemico" che determina l'immissione nel circolo sistemico
di sostanze come l'albumina e altri falsi neurotrasme%itori che hanno un eHe%o per l'SNC
determinante l'encefalopatia epatica)
 L'ipertensione portale determina una stasi a livello del circolo splancnico che si manifesta con
una splenomegalia e le varici esofagee.

E' un quadro clinico abbastanza complesso che dipende in parte da dife%i dire%i della cirrosi a livello
epatico e in parte da dife%i indire%i a livello sistemico.
Guardando l'immagine aggiunge tra le manifestazioni cliniche:
I%ero sclerale, fetor hepaticus, epatomegalia (può essere presente o meno; nel caso di cirrosi
micronodulare il fegato può essere addiri%ura di dimensioni rido%e), splenomegalia, prurito, edemi
declivi, edemi nelle porzioni presacrali,versamento ascitico, atro2a testicolare, reticolo venoso
super2ciale, urine ipercromiche.
Dal punto di vista clinico per poter esprimere un giudizio prognostico e per poter eHe%uare una
accurata valutazione terapeutica nel paziente cirrotico si utilizzano due sistemi di classi2cazione:
Gesto punteggio viene assegnato valutando alcuni parametri clinici o di laboratorio.

Albumina e tempo di protrombina sono i parametri che noi utilizziamo quando abbiamo i primi esami
del paziente per valutare la capacità di sintesi del fegato.
Altri parametri di facile valutazione sono il colesterolo (il colesterolo di sintesi epatica rappresenta la
gran parte del colesterolo circolante oltre alla più modesta quota di provenienza alimentare); il dosaggio
della 2brinogenemia e quello della pseudocolinesterasi (enzima prodo%o dal fegato la cui
concentrazione plasmatica ci da un indice del grado di produzione del fegato).
Il MELD utilizza dei parametri in parte diHerenti perché oltre all'INR e alla bilirubina (presenti anche
nel CHILD), è presente anche una valutazione della funzione renale tramite i livelli plasmatici di
creatinina a dimostrazione di come il rene sia un organo assolutamente importante nel decorso della
cirrosi perché viene ad essere interessato molto da vicino dalle modi2cazione indo%e dalla cirrosi ed è
importante anche da un punto di vista prognostico.

COMPLICANZE DELLA CIRROSI EPATICA


Per quanto riguarda le conseguenze più importanti della cirrosi che hanno un impa%o sul decorso
clinico dell'ammalato c'è l'ipertensione portale.
Il circolo portale veicola il sangue di provenienza intestinale per l'assorbimento e la modi2cazione delle
sostanze alimentari avviene a%raverso il fegato. In corso di cirrosi epatica lo scompaginamento della
stru%ura del fegato determina un ostacolo al Kusso di sangue portale con conseguente ipertensione
portale.
Le due conseguenze più importanti dell'ipertensione portale sono rappresentate dalla formazione di

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 126 A cura di ANDREA PERNA


varici esofagee e dalla comparsa di
splenomegalia con conseguenti
alterazioni ematologiche anche in
termini di immunità che scaturiscono
dalla splenomegalia. Le emorroidi sono
un'altra conseguenza, si tra%a di
un'altra sede, il terzo inferiore
dell'esofago in cui avviene
un'anastomosi tra il circolo portale e
sistemico che serve da scarico
emodinamico.
L'ipertensione portale da cirrosi epatica
è soltanto una delle forme di
ipertensione portale che va posta in
diagnosi diHerenziale con altre forme di
ipertensione portale, per esempio nella
valvulopatia del cuore destro,
l'insuDcienza tricuspidale molto spesso
residua in una stasi della vena cava che
si riKe%e a livello del fegato e
determina a sua volta una ipertensione
portale.
Altro esempio è la sindrome di Budd-
Chiari che è la trombosi delle vene
sovraepatiche.
Una cara%eristica clinica distintiva di
queste due forme è rappresentata dal volume del fegato che è immediatamente apprezzabile. Il fegato
cirrotico è un fegato più piccolo e retra%o perché oltre alla rigenerazione ci sono dei processi 2brotici
che determinano una riduzione del volume globale della ghiandola.
Oltre alla forma sovra-epatica e alla forma epatica esiste una forma pre-epatica di ipertensione portale ,
in questo caso rappresentato un fegato normale ma è rappresentata una trombosi della vena porta, ci
possono essere delle trombosi autoctone specialmente nei pazienti che hanno una diatesi coagulativa o
alcune mala%ie ematologiche come EPN o l'anemia a cellule falciformi; tu%e condizioni che
predispongono al rischio di trombosi che può essere nel territorio portale e determina ipertensione in
presenza di un fegato di volume e di funzione normale.

Ascite
Un'altra conseguenza della cirrosi epatica è rappresentata dall'ascite, la formazione di una quota liquida
a livello della cavità addominale. Nella 2siopatologia dell'ascite in corso di cirrosi intervengono diversi
fa%ori, per esempio c'è lo stato del Kusso ematico, il ristagno , l'ipoalbuminemia che scaturisce dalla
riduzione della funzione sintetica del fegato che quindi contribuisce alla cirrosi. Ci sono delle
manifestazioni ostru%ive del drenaggio linfatico che contribuiscono alla formazione, modi2cazioni della
permeabilità capillare e modi2cazioni nella fase iniziale della 2ltrazione renale, che determinano un
maggiore riassorbimento di sodio e quindi uno stadio di estrazione di volume che contribuisce all'ascite.
L'ascite può dipendere anche da uno scompenso del cuore destro che si ripercuote a monte sul fegato e
determina un impegno emodinamico a livello del circolo portale, con conseguente comparsa del
versamento ascitico.
L'ascite è una conseguenza importante della cirrosi e lo studio delle sue cara%eristiche ci fornisce delle
importanti indicazioni sia diagnostiche che terapeutiche.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 127 A cura di ANDREA PERNA


Gesti meccanismi anti-natriuretici che agiscono sulla ritenzione di sodio e quelli di formazione
dell’ascite ci spiegano la terapia che viene fa%a in caso di versamento ascitico.
Per quanto riguarda l’accertamento eziologico dell’ascite, questo ha l’utilità di individuare le
cara%eristiche del liquido ascitico in modo da porre una diagnosi diHerenziale tra le varie cause
possibili; generalmente si fa una paracentesi, prelevando una piccola quantità di liquido a scopo
diagnostico e richiedendo un dosaggio delle proteine , un dosaggio dell’albumina e un emocromo, cioè la
conta delle cellule ematiche diHerenziate, importante nel determinare le complicanze della peritonite
ba%erica spontanea.
Il dosaggio dell’albumina è l’esame chimico più importante perché ci consente di calcolare un
gradiente, indicato in inglese con la sigla SMAR (single passage albumin racing), che indica la diHerenza
tra il valore di albumina nel siero del paziente e il valore di albumina nel liquido ascitico; il valore di
cut-oH è di 1.1 e ci consente di distinguere un trasudato, che ha un gradiente più elevato, e un essudato
cara%erizzato da un gradiente basso.
Il trasudato è un liquido che si forma per trasudazione del contenuto del circolo portale all’interno della
cavità addominale e, quindi, la sua concentrazione di albumina è necessariamente più bassa di quella del
plasma e il gradiente è elevato; tipiche cause di formazione del trasudato sono la cirrosi, la trombosi
venosa portale, la sindrome di Budd-Chiari, lo scompenso cardiaco e la pericardite costri4iva, in cui ci sono
dei fenomeni di tipo idrostatico che, per motivi idrodinamici, determinano la formazione del gradiente,
senza che la parete dei capillari sia danneggiata per cui l’albumina viene tra%enuta all’interno del
circolo e la quantità che trasuda è modesta.
Diverso è il caso delle condizioni in cui si forma un essudato, come nelle mala4ie neoplastiche o
in2ammatorie dove la parete dei sinusoidi e dei capillari, che sono interessati dal processo, viene ad
essere danneggiata e una molecola grande come l’albumina riesce a passare, il gradiente tra il plasma e
il liquido ascitico si riduce e la concentrazione di albumina è molto simile a quella che poi misuriamo
nel sangue, minore di 1.1; parliamo di situazioni patologiche come la carcinosi peritoneale, la peritonite
tubercolare, mala4ie pancreatiche in caso di ostruzione del tra%o intestinale e di mala%ie in2ammatorie
sistemiche, come il lupus o la sindrome nefrosica, in cui c’è una riduzione, in questo caso, dell’albumina
plasmatica che induce un equilibrio con quella peritoneale.
Ricordatela la sindrome nefrosica come possibile causa di ascite, cara%erizzata da basso gradiente tra
plasma e liquido ascitico.
Un altro esame che facciamo sul liquido ascitico è la conta degli elementi ematici , quindi il dosaggio
dei globuli rossi, il dosaggio dei globuli bianchi e una formula leucocitaria per vedere se i globuli bianchi
che sono presenti nell’ascite sono prevalentemente rappresentati da neutro2li, elevati (>250 per mm3) in
caso di peritonite ba%erica spontanea (PBS), o da linfociti a seguito di un’infezione di altra natura come,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 128 A cura di ANDREA PERNA


ad esempio, la peritonite tubercolare; la tubercolosi evoca un aumento dei linfociti, piu%osto che dei
neutro2li, ed è un’induzione sui generis da questo punto di vista e ci consente di diHerenziarla da una
peritonite ba%erica spontanea.
Per quanto riguarda il tra%amento dell’ascite, le due terapie di tipo medico più utilizzate sono:
- una restrizione di sodio
- l’utilizzo di diuretici;
in genere si usano diuretici come la Furosemide in associazione allo Spironola%one, che serve ad evitare
l’eHe%o ipokalemizzante, mantenendo i livelli di potassio dal momento che lo spironola%one è un
antagonista dell’aldosterone.
A volte con questi sistemi, specialmente nei pazienti con cirrosi in fase avanzata, non riusciamo ad
eliminare l’ascite. Ci sono pazienti che fanno se%imanalmente degli accessi in ambulatorio, o in day
hospital, per essere esposti ad altri tra%amenti, come ad esempio le paracentesi ripetute con infusione di
albumina, 2no alle fasi avanzate in cui neanche queste soluzioni riescono ad o%enere dei risultati e si
considerano allora altri interventi, come l’ applicazione di drenaggi porto-sistemici o il trapianto del
fegato, tra%andosi di un epatopatia in stato avanzato.

Encefalopatia epatica
Un altro aspe%o importante della cirrosi epatica e della capacità del fegato di svolgere il ruolo di organo
detossi2cante è rappresentato dalla encefalopatia epatica.
Molto spesso il paziente giunge alla nostra osservazione per delle alterazioni del comportamento che
vanno da forme più lievi a forme più avanzate, 2no al coma; ritroveremo il cara%eristico fetore epatico e
delle alterazioni ele%roencefalogra2che.
L’encefalopatia del cirrotico può essere classi2cata a seconda della gravità in qua%ro stadi:
- uno stadio iniziale, cara%erizzato da alterazioni dell’umore , facile irritabilità e di5coltà di
concentrazione.
- una seconda fase di progressione del quadro clinico con alterazione dell’eloquio , della memoria,
di5coltà ad articolare le parole, 2no ad una riduzione dello stato di coscienza con preservata capacità di
risposta agli stimoli
- uno stadio 2nale del coma epatico con incapacità di risposta agli stimoli nervosi.

I meccanismi dell’encefalopatia sono molteplici e la formazione di falsi neuro-trasme%itori è uno dei


meccanismi preponderanti; da un punto di vista terapeutico, si usano degli aminoacidi a catena
rami2cata e si cerca, a%raverso dei catartici, di tenere il più possibile pulito l’intestino dato che è a
questo livello che si formano tali sostanze che, data l’incapacità del fegato ad eliminarle, arrivano al
circolo sistemico e al cervello, determinando queste alterazioni cara%eristiche.

Varici esofagee
Tra gli aspe%i più preoccupanti della cirrosi epatica ci sono le varici esofagee, delle ectasie venose del
terzo inferiore dell’esofago, che si vengono a formare per cercare di detendere il circolo portale iperteso a
causa delle diDcoltà che incontra il sangue nel passaggio all’interno del lobulo epatico cirrotico per lo
scompaginamento stru%urale; la formazione delle varici può rappresentare un pericolo di vita
immediato per il paziente, potendo determinare uno shock emorragico 2no alla morte del sogge%o
stesso.

All’interno del fegato cirrotico c’è una serie di modi2cazioni dei meccanismi di controllo del Kusso
ematico; a livello locale in tu%i i vasi arteriosi e venosi sistemici, ma sopra%u%o nei vasi arteriosi, il
circolo è regolato da mediatori che vengono prodo%i e rilasciati all’interno dell’endotelio del vaso e, in
particolare, si è visto che il controllo dell’endotelio sul circolo locale è fondamentale e avviene
a%raverso la secrezione di sostanze vasodilatatrici o vasocostri%rici, in grado di regolare il tono vasale.

Le due sostanze principali, prodo%e dall’endotelio, sono l’ ossido nitrico , che ha un eHe%o
vasodilatatore, e l’ endotelina, che ha un eHe%o vasocostri%ore; nel corso della cirrosi epatica c’è una
diHerenziazione della regolazione del tono vasale sia a livello epatico, dove prevale la vasocostrizione,
sia a livello dei circoli collaterali, che portano alla formazione delle varici, dove abbiamo un meccanismo
opposto, una prevalenza della vasodilatazione. E’ questo il primum movens della formazione delle
varici ma la vasodilatazione è un meccanismo che può essere utilizzato e anche sfru%ato per vari scopi

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 129 A cura di ANDREA PERNA


terapeutici da parte di farmaci che possono, in qualche modo, prevenire il sanguinamento delle varici
esofagee.
L'approccio terapeutico nei confronti delle varici prevede:
- una terapia endoscopica, la sclerosi delle varici
- un terapia farmacologica con dei beta-bloccanti o delle sostanze con eHe%o vasodilatatore
- sistemi di tipo chirurgico minimamente invasivi tipo la TIPS (transjugular intrahepatic portosystemic
shunt)
- sistemi chirurgici veri e propri.

La TIPS è uno dei sistemi più utilizzati per detendere il circolo portale; si entra dalla giugulare e si pone,
all’interno del sistema portale, un meccanismo di collegamento, uno shunt, che serve a favorire
l’aqusso di sangue nel sistema della vena cava inferiore.

E’ possibile detendere il circolo portale e ridurre il rischio di sanguinamento delle varici esofagee e, con
questi sistemi, in generale, siamo in grado di prevenire la formazione del versamento ascitico o
dell’ascite refra%aria, condizione in cui non si riesce a o%enere un controllo con il solo tra%amento
clinico; esistono poi altri sistemi come lo shunt tra la vena porta e l’arteria renale e l’omentopessi, in cui i
vasi dell’omento vengono ria%rezzati a livello cutaneo e si eHe%uano shunt porto-cavali. Ci sono vari
sistemi chirurgici o parachirurgici per cercare di ridurre il grado di ipertesione portale e prevenire
queste complicanze della cirrosi epatica.

Peritonite batterica spontanea (PBS)


Le principali cause di peritonite batterica spontanea saranno:
- delle trasmigrazioni di germi normalmente contenuti all’interno della parete intestinale che arrivano
nei linfonodi loco-regionali
- poiché nella cirrosi c’è un dife%o dell’immunità cellula-mediata e, sopra%u%o, del sistema reticolo-
endoteliale, legato anche alla situazione di ipersplenismo, che cara%erizza questi pazienti, ci può essere
una ba%eriemia e la presenza di una rido%a a%ività opsonizzante;
- i germi passano così dentro il circolo e vanno a 2nire all’interno del liquido ascitico, creando un
circolo vizioso mentre, in condizioni in cui questa capacità di opsonizzazione è conservata, l’organismo
riesce a difendersi.
E’ importante distinguere le forme di PBS dalla condizione in cui la cirrosi è associata ad altre patologie,
come la diverticolosi o perforazioni intestinali che possono risultare in una peritonite; nella PBS del
cirrotico generalmente la coltura del liquido ascitico non mostra la presenza di microrganismi oppure
mostra la presenza di un singolo agente responsabile, solitamente un Gram-, più frequentemente un
E.Coli e più raramente altri germi, come l’Enterococcus Faecalis o lo Pneumococco.
Nelle altre forme di peritonite, come in caso di perforazioni di diverticoli, invece c’è uno sviluppo
polimicrobico perché all’interno delle feci e del contenuto intestinale sono presenti più germi e si
isolano più microrganismi.
In conclusione la presenza di una leucocitosi neutro2la, con almeno 250 cellule per mm3 nel liquido
ascitico, associata ad una negatività della cultura, o all’isolamento di un singolo germe, ci fa deporre per
una Peritonite Ba%erica Spontanea, piu%osto che per una perforazione intestinale; dunque instauriamo
una terapia empirica, con una Cefalosporina di terza generazione o un Chinolonico, per un periodo di 7-
10 giorni per eliminare la peritonite.

Sindrome epato-renale
Una complicanza ancora più temibile della cirrosi è rappresentata dalla sindrome epato-renale.
Il rene è un organo molto importante come ostacolo alla progressione della mala%ia dal momento che
una riduzione della volemia e una riduzione dell’albuminemia, associate ad acidosi, me%ono il rene in
una condizione di stress particolare in cui viene chiamato a compensare le alterazioni emodinamiche,
cara%eristiche della cirrosi; da un lato avremo l’ipertensione portale con vasodilatazione del circolo
splancnico, mediata dall’ossido nitrico, dalla prostaciclina e da altre sostanze vasodilatatrici, con un
aumento del le%o vascolare e, dall’altro lato, interverrà la vasocostrizione a livello renale, rappresentata
dalla riduzione di volume e di calibro delle arterie renali.
La dilatazione splancnica viene percepita a livello centrale, a livello baroce%oriale, e vengono messi in
a%o dei meccanismi di compenso sia cardiaci che vascolari per cercare di mantenere il più possibile la

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 130 A cura di ANDREA PERNA


volemia, essendo la vasodilatazione percepita come ipovolemia da parte dell’organismo, il quale
determina la produzione di sostanze vasocostri%rici che agiscono a livello del rene; ritroviamo di nuovo
questa dicotomia tra il circolo splancnico, in cui prevalgono le forme vasodilatatrici, e il circolo
sistemico e, sopra%u%o, il circolo renale dove prevalgono invece le forze vasocostri%rici.
Nella situazione di compenso queste forze alla 2ne riescono a raggiungere un equilibrio e a determinare
il ripristino di un volume arterioso eHe%ivo, mentre nello scompenso c’è una soHerenza renale che può
portare all’insuDcienza renale, evenienza assai deprecabile in quanto espressione di una prognosi
infausta a breve termine della mala%ia.

Oltre a questi meccanismi emodinamici c’è un’altra componente importante che interviene nella
2siopatologia della sindrome epato-renale, cioè la trans-migrazione di batteri dalla rete intestinale
ai linfonodi splancnici, con a%ivazione di citochine e altri vasodilatatori.
Le citochine in2ammatorie portano all’aumentata espressione di Toll-like receptor e NFkB che sono
molecole che, qualche volta, sono coinvolte nei meccanismi immunitari per o%enere la produzione di
ossido nitrico e quindi quel meccanismo di vasodilatazione spancnica a cui fa%o cenno in precedenza.

Tra le cause della disfunzione renale, oltre alla peritonite ba%erica spontanea, in relazione alla
traslocazione di questi germi, ritroviamo il problema tra compenso e scompenso che si basa sopra%u%o
sulla volemia dato che il meccanismo con cui si cerca di compensare questo sequestro del plasma nel
distre%o splancnico è quello di aumentare la volemia con l’ ipoperfusione renale e con la ritensione di
sodio; ci sono situazioni però in cui la volemia non viene più mantenuta e la perfusione renale viene ad
essere ulteriormente compromessa, 2no alla comparsa del quadro di sindrome epato-renale.

Tra le cause scatenanti questa condizione ricordiamo:


- Sanguinamenti gastroenterici, come nel caso delle varici esofagee
- Ascite refra%aria
- Ripetuta ed eccessiva esecuzione di paracentesi, che può determinare l’ipovolemia e quindi scatenare
una sindrome epato-renale
- Uso eccessivo di diuretici, che è la causa più frequente a livello clinico

A volte, nel tentativo di determinare uno stato di compenso di questi pazienti che presentano edemi
periferici o che presentano una eccessiva distensione del volume addominale, come nel caso della
paziente del nostro caso clinico, il medico tende a sovraccaricare di diuretici, al 2ne di o%enere una
situazione di compenso più possibile vicina alla normalità e questo, sopra%u%o in presenza di
ipoalbuminemia, può aggravare l’ipovolemia e scatenare la sindrome epato-renale.

Si tra%a in genere di pazienti i%erici per la presenza di un’epatopatia cronica, in fase avanzata, che
hanno un’ascite tesa e quindi grosse quantità di liquido all’interno dell’addome; la comparsa del danno
renale si manifesta con una progressiva, rapida o più lenta elevazione dei parametri di funzionalità
renale, che sono l’ azoto ureico e la creatinina, e un tentativo di compenso rappresentato come
unirinuria, quindi escrezione di urine concentrate.
Se dosiamo gli ele%roliti nelle urine, in questi pazienti, la frazione di escrezione del sodio e quindi la
diHerenza tra il sodio urinario e il sodio plastico è inferiore all’1%; questo indica che il meccanismo con
cui l’organismo tende a preservarsi è quello di conservare più sodio, di eliminarlo il meno possibile con
le urine.
Concludendo, il dato di aumento progressivo di azoto ureico e creatinina, insieme alla riduzione della
frazione di escrezione di sodio, sono le manifestazione della sindrome epatorenale.
Per quanto riguarda invece la diagnosi, i criteri diagnostici sono:
- presenza di cirrosi e di ascite
- livelli di creatinina maggiori di 2.5 mg/dl; se sospendiamo i diuretici per 48h, non abbiamo un
miglioramento della creatinina e questo è un criterio che ci conforta, così come l’assenza di una
riduzione della creatinina, pur in presenza dell’infusione di albumina a scopo terapeutico,
rappresenta un criterio diagnostico per indicare la sindrome epato-renale.
- assenza di shock, criterio diagnostico, perché se c’è un’ipoperfusione sistemica il problema non
è la sindrome epatorenale.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 131 A cura di ANDREA PERNA


- assenza di tra%amento con farmaci nefrotossici; una delle evenienze possibili, in questi
pazienti, è il deterioramento della funzione renale in corso di tra%amento con farmaci come, ad
esempio, gli antiKogistici non steroidei che causano un’elevazione dei parametri di funzionalità
renale, determinando un’alterazione della 2ltrazione glomerulare per il meccanismo
prostaciclino-mediato, a livello dell’arteriola aHerente, portando ad un’ipoperfusione e ad un
peggioramento dei parametri.
- assenza di mala%ie renali già note.

La prognosi nel caso di una sindrome epato-renale di tipo 1 è estremamente grave e la sopravvivenza a
4 mesi si è praticamente azzerata; in quella di tipo 2 è leggermente migliore ma è comunque una
prognosi di tipo infausto.
Le due sindromi si diHerenziano perchè nella 1 c’è un più rapido deterioramento della funzione renale
in due se%imane mentre nella sindrome epato-renale di tipo 2 l’incremento della creatinina avviene in
modo più insidioso ma più graduale; la velocità di sviluppo della sindrome condiziona la prognosi.
Bisogna esporre le altre forme in quanto ci possono essere delle cause di ipovolemia che non sono
necessariamente inquadrate in questo quadro perché danno un problema sistemico; se il paziente ha 60
mmHg di pressione arteriosa sistolica e 40 mmHg di diastolica, c’è un ipoperfusione di tu%i gli organi.

Da un punto di vista terapeutico si utilizzano sostanze come i vasocostrittori, dato che abbiamo visto
che il primum movens di questa sindrome è il sequestro abnorme di sangue nel distre%o spancnico,
oltre alle infusioni di albumina ad alte dosi , unica condizione in cui viene consentito, in modo da
determinare l’incremento della volemia per richiamo osmotico del liquido ascitico in circolo e
miglioramento della perfusione.

Come esiste questa sindrome epato-renale, esiste anche una sindrome cardio-renale, cioè
un’insuDcienza renale che si sviluppa in condizioni di ipoperfusione in pazienti con scompenso
cardiaco; c’è un circolo vizioso per cui anche un problema renale primitivo può esitare in un problema
cardiaco.

Sindrome cardio-renale
La sindrome cardio-renale è una condizione morbosa del cuore e dei reni dove la disfunzione di un
organo può determinare una disfunzione dell’altro ed esistono vari criteri di classi2cazione; ad esempio
esistono forme di tipo 1, acute, e di tipo 2, croniche, in cui il problema cardiaco è preminente, è
primitivo e determina secondariamente il problema renale.
In altre forme, che vengono chiamate reno-cardiache, può capitare che ci sia un peggioramento
primitivo della funzione renale che si ripercuote poi a livello cardiaco perché, se un cuore è predisposto
ad una fase di scompenso, la presenza di un danno renale, in termini di decremento o di non
decremento della volemia per riduzione della capacità escretrice renale, si può poi trasme%ere a livello
cardiaco, 2no alla forma di tipo 5 in cui ci sono, invece, delle condizioni sistemiche, come il diabete e la
sepsi, che determinano conseguentemente un danno sia al cuore che al fegato.
I fa%ori precipitanti di una sindrome cardio-renale di tipo 1 sono scompenso cardiaco e danno renale; se
la perfusione renale non è adeguata per un problema cardiaco o per un problema epatico, allora si posso
instaurare le sindromi cardio-renali e epato-renali.

CIRROSI BILIARE PRIMITIVA


La c irrosi biliare primitiva , contrariamente alla cirrosi, riguarda prevalentemente il sistema dei
canalicoli biliari; anche qui c’è il solito processo di proliferazione e scompaginamento dell’archite%ura
del sistema biliare che porta poi alla cirrosi.
Ci sono alcune cara%eristiche cliniche, distintive di questi pazienti, e sono rappresentate dalla presenza
di un i4ero più marcato e ipercolesterolemia per impossibilità, o incapacità, di eliminare, a%raverso la
bile, il colesterolo in eccesso nell’organismo con tu%i i segni di questa alterazione, come gli xantelasmi
oculari o gli xantomi periferici; c’è un dife%o nell’assorbimento dei grassi con steatorrea, che riguarderà
anche alcune vitamine con conseguenze a livello osseo per de2cit di vitamina D; a livello degli esami
ematici è cara%eristico l’ aumento della fosfatasi alcalina, indice di colestasi, e, a livello sintomatologico,
importante è il prurito.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 132 A cura di ANDREA PERNA


Per quanto riguarda le cara%eristiche biochimiche, la positività per gli anticorpi anti-mitocondrio e la
frequente presenza di ipotiroidismo su base autoimmune contraddistinguono questa patologia.
In questo caso la diagnosi diHerenziale si pone con tu%a una serie di condizioni che si associano a
colestasi, come ostruzione extra-epatica dell’albero biliare , per litiasi, per carcinomi del coledoco o della
testa del pancreas oppure come le forme di colestasi non ostru4iva , collegata a farmaci o a nutrizione
parenterale.

Un’altra condizione con cui si pone una diagnosi diHerenziale importante, per quanto riguarda la cirrosi
biliare primitiva, è rappresentata dalla colangite sclerosante; qui il problema non è quello della necrosi o
della proliferazione, ma è quello dell’in2ammazione con 2brosi che avviene a livello delle vie escretrici
biliari, all’interno del fegato, che si associa spesso alla presenza di re%ocolite ulcerosa. In sostanza colite
ulcerosa, associata a colestasi intra-epatica, ci fa pensare al quesito diagnostico della colangite
sclerosante.
A volte la cirrosi biliare primitiva si associa ad un’altra mala%ia, cioè la sindrome da overlapping in cui
coesistono un epatite autoimmune e una cirrosi biliare primitiva; l’autoimmune si sviluppa sulla base di
meccanismi immunitari e ci sono chiaramente dei marker che ne cara%erizzano la diagnosi ed è
possibile un’associazione, nell’ambito della stessa patologia, tra l’epatite autoimmune e colangite
sclerosante.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 133 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 15 EPATITE AUTOIMMUNE

La prima de2nizione di epatite autoimmune è stata data da Waldestrom. Il termine, rispecchia le


cara%eristiche fondamentali della mala%ia: si tra%a infa%i di una “epatite” ovvero un innalzamento delle
transaminasi associato ad un fenomeno “autoimmune” vista la presenza di anticorpi. La condizione di
epatite autoimmune, in eHe%i, si cara%erizza per iperglobulinemia associata a positività per i test
anticorpali.

- Anatomia Patologica
La biopsia epatica è fondamentale per de2nire il quadro e
confermata la diagnosi: dal punto di vista istopatologico, è una
cosidde%a epatite da interfaccia , cara%erizzata da in2ltrati
intorno alla vena centro lobulare e forme di aggregazione e
concentrazione di 2bre tra gli spazi interlobulari.

- Epidemiologia
Prevalenza di circa 50-200 pazienti per milioni di abitanti in
Europa e nella porzione Nord degli Stati Uniti.
Rapporto sesso maschile sesso femminile pari a 1/3,6.

- Patogenesi
Esistono una serie di fa%ori che giocano un ruolo fondamentale
nello sviluppo della patologia:
 predisposizione genetica
 difetti degli immunoregolazione
 fattori trigger (farmaci o sostanze tossiche)

- Diagnosi
Nella diagnosi, è importante valutare la seguente tetrade
 quadro in&ammatorio con danno cellulare necrotico evidente
 anticorpi antinucleo presenti
 alta iperglobulinemia
 assenza di altri fattori che de&niscono diagnosi per altre patologie (come ad esempio
Wilson, HCV, HBV NASH)
La diagnosi laboratoristica di epatite autoimmune si basa su vari evidenze quali il titolo di
immunoglobuline, il titolo anticorporale, sulla cara%eristiche istologiche cara%eristica istologia nonchè
sull'assenza di marker virali di epatiti. Il gruppo della Mayo Clinic ha introdo%o uno score diagnostico
molto utilizzato oggi.

Fattore 1 PUNTO 2 PUNTI


IgM >16 g/L > 18 g/L
ANA SMA +
SLA +
Istologia di AIH +
Marker virali di epatite -

Calcolo del punteggio


>8 diagnosi certa
6-8 diagnosi molto probabile
<6 diagnosi poco probabile

- Classi(cazioni
Sulla base della sierologia positiva è sul tipo di anticorpi possiamo classi2care le epatiti autoimmuni in
tre gruppi.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 134 A cura di ANDREA PERNA


Tipologia Anticorpi presenti Età interessata
Tipo I ANA SMA Bimodale
Tipo II LKM Pediatrica (2-14 anni)
(P450 II D6) Adulto (rara, correlata a HCV)
Tipo III SLA Adulti (rare)
De novo AIH ANA SMA
(post OLTX) LKM AMA

- Terapia
La terapia delle epatiti autoimmuni si basa su cortisone e immunosoppressori . Si può decidere se
fare una terapia con combinazione di farmaci già in prima istanza oppure utilizzare una terapia mono
farmaco basata sul solo utilizzo di cortisone (si utilizzano naturalmente dosaggi diHerenti in base al tipo
di iter terapeutico scelto). La terapia di “a%acco” dura 4 se%imane, dopo le quali (siamo quindi al
secondo mese) si instaura una terapia di mantenimento che può essere di tipo combinato, utilizzando il
minimo dosaggio standard di cortisone (valore diverso tra protocolli europei e protocolli americani; noi
ci facciamo riferimento a un protocollo standard che li riassume). I fa%ori che ci indicano eDcacia della
terapia saranno:
 abbassamento delle transaminasi
 abbassamento delle gammaglobuline
 sieroconversione degli anticorpi (alcuni casi)

Fase di a%acco Fase di mantenimento


Dosaggi medio-elevati (0,5-1 In seguito, quando è stato o%enuto un controllo soddisfacente
mg/Kg/die) di metilprednisolone o della citonecrosi epatocitaria della remissione, è opportuno
prednisone o altri corticosteroidi a ridurre molto lentamente il dosaggio steroideo, al 2ne di
dosaggi corrispondenti. limitare gli eHe%i indesiderati di tale farmaco.
Lo scopo è quello di contrastare la Gando gli eHe%i collaterali sono importanti o non sia
Kogosi epatica, verosimile espressione possibile ridurre lo steroide senza evitare che la Kogosi
biochimica ed istopatologica epatica riprenda con vigore, può essere utile introdurre, in
dell'a%acco immuno-mediato verso combinazione con il cortisone, l' azatioprina (Azatioprina) al
l'epatocito. dosaggio di 50 mg/die. L'introduzione dell'azatioprina ha
come obie%ivo quello di ridurre ulteriormente, in corso di
mantenimento, il dosaggio dello steroide.
Il tra%amento combinato risulta invece obbligatorio in tu%i
quei casi in cui coesistano patologie che verrebbero
ulteriormente aggravate da terapie steroidee prolungate ad
alti dosaggi (diabete, osteoporosi, ipertensione, obesità). Le
principali controindicazioni all'utilizzo dell'azatioprina invece
sono rappresentate da età giovanile, gravidanza e coesistenza
di pancitopenia.

L'obie%ivo è quindi quello di avere una sieroconversione e una normalizzazione dell'a%ività


in2ammatoria utilizzando una bassa dose di cortisone (in media cerchiamo di utilizzare 7,5 mg).

Tra i triggers di questa forma di epatite vi sono anche quegli infe%ivi. Ci chiediamo dunque come
possiamo combinare questa terapia cortisonica con gli eventi infe%ivi.
In questo caso, non consideriamo gli episodi virali transitori o i casi correlati a una slatentizzazione
dell’infezione con herpes virus o citomegalovirus (che tipicamente hanno un andamento autolimitante)
ma un quadro, ovvero quello dell'epatite C associato alle epatite autoimmune. Gesti sono rari casi in
cui si pone un serio dubbio al medico sul come debba cominciare il tra%amento. Egli può:
 Eseguire il tra%amento sequenziale cominciando con il cortisone per modulare l’a%ività

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 135 A cura di ANDREA PERNA


citonecrotica e successivamente somministrando l’ antivirale
 In caso di crioglobulinemia, utilizzare comunque terapia steroidea ma cominciare già subito la
terapia anti-retrovirale
Fino ad oggi abbiamo avuto a disposizione, nella lo%a contro il virus, un modi2catore della risposta
biologica ovvero l'interferone ma forse nei prossimi anni, grazie all’avvento dei nuovi farmaci,
potremmo fare una terapia antivirale più eDcace e vedere quanta dell'a%ività autoimmune era
sostenuta dell’infezione virale stessa.

Il monitoraggio del paziente è un monitoraggio laboratoristico e la terapia è basata sul conce%o di


“minima dose eDcace”. In alcuni casi, si tenta anche di togliere il cortisone e di mantenere il paziente in
immunosoppressione soltanto con l’azatioprina (in questi casi si tende a ad utilizzare dosaggi più alti di
azatioprina considerando sempre la variabilità tra gli individui).

Risposta al tra%amento
 Un’alta percentuale va incontro a remissione
 Una minima parte dei pazienti, in seguito alla diminuzione della dose di cortisone
somministrata, presenta ricaduta.
Di questo secondo gruppo, in seguito all’a%ivazione di un altro ciclo terapeutico
 75% va incontro a remissione
 15% hanno risposta incompleta e necessitano di tra%amenti alternativi

CIRROSI BILIARE PRIMITIVA (CBP)


La cirrosi biliare primitiva è una mala%ia epatica, ad impronta colestatica, con eziologia sconosciuta che
interessa prevalentemente le donne di mezza età. Presenta notevole variabilità geogra2ca.

È cara%erizzata da:
 distruzione dei dotti biliari intraepatici interlobulari con una reazione granulomatosa
a inizio portale con colestasi intralobulare
 positività di anticorpi anti mitocondrio nel 95% dei casi con una speci&cità che
possiamo de&nire al 100%

Il caso più frequente, è quello di una donna giovane che si presenta con ecogra2a negativa e con esami
di laboratorio recanti indici necrotici nella norma, un'impronta di colestasi (che può essere anche una
pre colestasi) ed assenza di aumento di bilirubina ma soltanto alterazioni di gamma-GT e fosfatasi
alcalina.
Essendo una donna giovane, dobbiamo richiedere subito gli anticorpi anti mitocondrio e capire se si
tra%a di una cirrosi biliare primitiva. Parliamo quindi di una forma precoce e non di una condizione
grave, mortale, alla quale oggi, tramite una diagnostica precoce molto avanzata, cerchiamo di non
arrivare.

La mala%ia autoimmunitaria colestatica della cirrosi biliare primitiva si può associare a malattie
sistemiche di tipo autoimmuni:
 Tiroidite
 Sclerodermia
 Patologie renali
 Artropatie autoimmunitarie
 Sindrome di Sjogren
 Gastrite autoimmune
 Collagenopatie di vario genere

Geste manifestazioni extra-epatiche, devono essere sempre tenute in considerazione in quanto la


patologia epatica, nel tempo, può de2nire l’insorgenza delle stesse.

Gesta patologia, a decorso molto spesso asintomatico, presenta una diagnosi (a volte casuale) di tipo
laboratoristico. Il quadro può essere anche richiamato dalla comparsa del prurito (primo sintomo
speci2co) o da altri sintomi quali stanchezza o secchezza delle secrezioni (sindrome sicca).

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 136 A cura di ANDREA PERNA


Nelle fasi avanzate, la malattia è caratterizzata da ittero e colestasi . La mala%ia, così come le
manifestazioni, tende a peggiorare nel tempo: il nostro compito sarà quindi quello di essere capaci di
compiere una diagnosi quanto più precocemente possibile e di non far giungere il paziente allo sviluppo
di manifestazioni critiche.

- Diagnosi
Il gold standard diagnostico è rappresentato dalla positività agli anticorpi anti-mitocondrio mentre
altri criteri di laboratorio utili per la diagnosi sono:
 Aumento della fosfatasi acida
 Aumento della gamma-GT
 Aumento dei sali biliari sierici
 Ipercolesterolemia
 Aumento della bilirubina (quota sia dire4a e indire4a)
 Aumento delle immunoglobuline di classe IgM.
La diagnosi può essere eHe%uata anche solo rispe%ando i primi due punti. Il passo successivo, sarà
indirizzare il paziente verso l'esame istologico tramite biopsia epatica.

Criteri maggiori Criteri minori


 Biopsia epatica con quadro tipico di cirrosi biliare  prurito
 Aumento persistente (> 6 mesi) della fosfatasi  i%ero
alcalina sierica, superiore a 1,5 volte il limite  normale funzione coagulativa
superiore dell’intervallo di riferimento  fosfatasi alcalina
 AMA > 1:40  IgM
 test di Schiller per la sindrome sicca

Per la diagnosi de&nitiva di cirrosi biliare, sono necessari:


 tre criteri maggiori
La diagnosi probabile si compone di:
 due criteri maggiori
 un criterio maggiore e due dei minori

La conferma de2nitiva avverrà solo con la biopsia epatica che, oltre alla presenza del quadro
conclamato de2nito dalla presenza delle lesioni di tipo colestatiche, mostrerà la presenza di noduli
rigenerativi. Vediamo dunque come ritorna il conce%o della rigenerazione nodulare durante lo stadio
avanzato ovvero quello 2brotico.

- Terapia
La terapia è basata sull’utilizzo di acido ursodesossicolico (10-15 milligrammi L/kg). Gesta terapia
conviene somministrarla precocemente, in quella fase cara%erizzata da assenza di sintomi e sola
alterazione degli indici laboratoristici poiché è capace di bloccare il progresso della mala%ia. Terapie di
secondo livello le utilizziamo o se quelle di primo livello falliscono (sopra%u%o) nell'ambito della
“sindrome overlap” in cui l'acido ursodesossicolico deve essere associato a uno di questi farmaci (perché
la componente colestatica è associata alla componente in2ammatoria).

Terapia di primo livello Terapia di secondo livello


 Acido ursodesossicolico  Colchicina
 Prednisone
 Azatioprina
 Metotrexato

In base alla fase della patologia che consideriamo avremo una durata media della vita diHerente

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 137 A cura di ANDREA PERNA


Fase Segni Durata media
Pre-clinica Nessuno Sconosciuta
Asintomatica Colestasi biochimica 2-20 anni
Sintomatica Prurito 3-15 anni
Terminale I%ero 0-2 anni

Evento terapeutico importante è il trapianto di fegato. ADnché questo possa essere eHe%uato, è
necessario che siamo rispe%ati dei criteri speci2ci: uno di questi è il prurito intra%abile che rappresenta
uno dei criteri di elezione per il trapianto.

COLANGITE SCLEROSANTE
È un quadro colestatico cara%erizzato dalla progressiva obliterazione dei do%i biliari. La possiamo
distinguere in:
 Primitiva, cara%erizzata dalla mancanza di causa scatenante apparente. Si presenta con una
sclerosi dei do%i biliari con porzioni in parte dilatate in parte ristre%e (quella che con2gura dal
punto di vista morfologico come “albero biliare a catena di rosario”)
 Secondaria, correlata ad episodi infe%ivi ricorrenti (pazienti con infezioni gastrointestinali o
colpiti da colangiti ascendenti come nel caso di interventi di plastica della via biliare o per
papillostomia)

Diagnosi diHerenziale tra colangite sclerosante e cirrosi biliare primitiva

Fattori CBP CSP


Sesso Donne Uomini
Età 30-60 10-50
Sintomi > 65% > 75%
Prurito > 79% > 70%
Febbre < 2% > 30%
Colangite No 15%

Importante da ricordare sintomi quali la febbre (più presente nei casi di CSP) e la colangite (più
frequente nel caso di CBP) nella diagnosi diHerenziale tra le due forme. Inoltre, notiamo nella CSP
negatività per anticorpi anti-AMA ma positività per anticorpi anti-neutro2li e anti-muscolo liscio.

Gli anticorpi sono importanti perché il quadro laboratoristico è molto simile se non consideriamo gli
anticorpi. Nei pazienti con colangite sclerosante, possiamo utilizzare un esame strumentale meno
cruento e speci2co che è la colangio-RM che ci perme%e di avere un’esa%a con2gurazione dell’albero
biliare e di compiere una diagnosi più agevolmente.

Anche in questo caso, abbiamo associazione con altre patologie di cui la principale è la patologia
in2ammatoria cronica intestinale (RCU e morbo di Crohn) che molto spesso rappresentano quadri
clinici sono cara%erizzati da alterazione del gut microbiota e da una più facile capacità di sovra
infezioni.
In seguito all’aumentata permeabilità intestinale, aumenta a livello portale la disponibilità dei prodo%i
di degradazione ba%erica intestinale che sono dei potenti in2ammatori. Vediamo dunque come questa
patologia può associarsi o può avere un'alta opportunità di essere incontrata lungo la storia clinica dello
stesso paziente. La storia naturale di questo quadro è cara%erizzata da un’importante sindrome
colestatica progressiva che evolve verso un quadro colestatico-cirrotico con ipertensione portale e
sindrome clinica secondaria.

La patologia in questione è gravata da una signi2cativa incidenza di colangiocarcinoma. Il


colangiocarcinoma (insieme al tumore del pancreas) è uno dei carcinomi più diHusi e si presenta avolte
con sindrome colestatica. Esiste un marker prognostico, il CA19.9 che può venirci in aiuto nel tentativo
di monitoraggio dei pazioneti con colangiocarcinoma. Esso tu%avia non può essere utilizzato nella
diagnosi della neoplasia proprio perché non è altamente speci2co (risulta aumentato anche in caso di

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 138 A cura di ANDREA PERNA


in2ammazione).

Il colangiocarcinoma si può presentare in due diverse forme:


 nodulare periferico
 in&ltrativo nei vasi
La diagnosi diventa estremamente diDcile. È sempre però importante il monitoraggio.

- Terapia
A dispe%o della cirrosi biliare primitiva, la colangite sclerosante non deve essere tra%ata con l'acido
ursodesossicolico. Gest’ultimo può essere utilizzato per evitare complicanze di tipo litiasico ma non ha
nessuna eDcacia nel tra%amento della colangite sclerosante. Non esiste terapia speci2ca vera e propria:
 In alcuni quadri particolari, dove sono presenti stenosi signi2cative condizionanti la colestasi,
sono utilizzati degli stent per via endoscopica
 Altri casi, laddove le condizioni stenosanti (magari della parte principale segmentaria delle vie
biliari) siano riternute dal curante resposabili dell’importanza dell’evento colestatico, vengono
tra%ati con terapia chirurgica cercando di evitare una chirurgia che possa comprome%ere i
criteri per un trapianto di fegato

OVERLAP SYNDROMS: AIH/PBC-AIH/PSC

De2nizione: sindrome da sovrapposizione, cioè un quadro clinico, patologico e laboratoristico che vi fa


immaginare la presenza di due quadri insieme, rispe%ivamente:di tipo in2ammatorio autoimmunitario
citonecrotico e di tipo colestatico.
La parte colestatica può essere rispe%ivamente secondaria alla presenza di una patologia che mimi la
cirrosi biliare primitiva o che mimi una condizione di colangite sclerosante .

Un ruolo importante è rivestito dall’aspe%o autoimmunitario che può essere associato sia ad un quadro
di colestasi da colangite sclerosante sia ad un quadro di tipo cirrosi biliare primitiva.
Noi dobbiamo diHerenziare la nostra diagnosi a seconda se si parli di “sindrome in2ammatoria
autoimmunitaria del fegato a prevalente componente PBC” o “ a prevalente componente colangite
sclerosante”.
A%enzione merita anche l’ associazione con altre patologie sistemiche: per esempio la presenza di
vitiligo, artrite reumatoide, diabete, patologie della tiroide, sindromi collagenosiche; e in funzione di
questa associazione potete vedere che la presenza autoanticorpale è poco presente nella colangite
sclerosante, invece è francamente positiva nella PBC.

Prevalenza in PBC: 0.6-40/100,000 PSC: 0.2-14/100,00


Nella colangite sclerosante e nella cirrosi biliare primitiva abbiamo la manifestazione di patologie
extraepatiche e prima fra tu%e la patologia in2ammatoria intestinale (per es. morbo di Crohn e IBD,
cioè mala%ie in2ammatorie croniche intestinali);e vedete che in questi casi compare una
predisposizione alla complicanza neoplastica.

Criteri diagnostici
Proposti da Chazouilleres e tu%ora usati nelle linee guida,sono dei criteri di composizione; cioè nel
sogge%o con questa peculiare condizione noi dobbiamo vedere la possibilità che siano presenti criteri
dell’una o dell’altra e confermati da una evidenza istologica di presenza della epatite da
interfaccia(autoimmune).
Gindi almeno 2-3 di questi criteri per i rispe%ivi quadri dovrebbero essere presenti e confermati da
esami istologici :
PBC criteria AIH criteria
1.AP>2 x ULN or gammaGT>5xULN 1.ALT>5xULN
2.AMA≥1:40 2.IgG >2xULN
3.liver biopsy 3.liver biopsy

Terapia
Tu%o questo è importante per impostare la terapia di un paziente con overalap: steroidi per l’aspe%o
autoimmune,acido ursodesossicolico per la PBC. (terapia combinata)

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 139 A cura di ANDREA PERNA


- UDCA 20mg/kg/day +prednisolone(with a tailored maintenance dosage of 10-15 mg/day)
+azathioprina.

Confronto tra i due quadri


Le IgG nella AIH/PSC sono il 24.7 %,rispe%o al 16% che abbiamo nella classica PSC;
anche le transaminasi variano :177 in AIH/PSC rispe%o a 77 nella classica PSC;
IBD 20% nella AIH/PSC rispe%o a quasi 50%(46,4%) nella PSC.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 140 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 16 NASH-Non Alcholic SteatoHepatitis

Caso clinico:
Si tra%a di un sogge%o di 64 anni, pensionato, ex dipendente Fiat. AHe%o da ipotiroidismo per tireopatia
multinodulare. Bevitore sociale (colui che si limita a piccole quantità d'alcool in compagnia, 125mL di
vino rosso per esempio).
- Maggio 2010: primo riscontro di transaminasi elevate con sindrome colestasica, movimento delle γ-
GT a 160. Risoluzione spontanea in circa due mesi.
- Maggio 2012: nuovo incremento delle transaminasi con successiva normalizzazione in due mesi, però
questa volta il medico curante so%opone il paziente a qualche accertamento: TC e PET-Tac negative.
- Aprile 2013: terzo incremento delle transaminasi, stavolta molto più alto (631-1007), dunque una
sindrome epatitica sostanziosa.
Il paziente si ripresenta all'osservazione con tali valori: procediamo con il controllo virologico e lo
screening immunitario. Aggiungiamo il dosaggio della ferritina e la valutazione di eventuale so%ostante
patologia da accumulo.
- Aggiungiamo un'informazione: ad aprile 2012, il paziente aveva fa%o cinque giorni di LevoKoxacina,
un chinolonico, per bronchite asmatica. Analogo ciclo di terapia nei primi giorni di Aprile 2013, però
con MoxiKoxacina. Anamnesticamente, si comincia a delineare una possibile causa iatrogena. A questo
punto ripetiamo gli esami, risultati negativi. PET-TAC negativa, sierologia infe%iva negativa, l'ecogra2a
si presenta normale. Non passiamo a esami morfologici di secondo livello, ma alla biopsia epatica, che
come abbiamo visto ci aiuta a discernere in quel 20% in cui rientrano pazienti con presentazione clinica
sfumata e incerta. La biopsia epatica evidenzia aspe%i di epatite cronica da interfaccia con necrosi focale
a ponte come da forma autoimmune. Vi ricordate che inizialmente era stato fa%o lo screening
ematologico, risultato negativo? Probabilmente i due cicli di terapia con LevoKoxacina e MoxiKoxacina
hanno messo in moto un danno epatico da farmaci. Il paziente ha dunque espresso dei neoantigeni con
associata reazione immunologica, e ha slatentizzato un’epatite autoimmune. Il paziente dunque ha fa%o
un'epatite autoimmune da farmaci. Il paziente aveva anche colestasi, quindi probabilmente si tra%a di
un over lap: epatite autoimmune con espressione colestatica citonecrotica. In questo caso avevamo le
cara%eristiche sia di un'epatopatia autoimmune che di una iatrogena, e tra l'altro qui abbiamo anche il
rechallenge del farmaco, il paziente non lo sapeva ha ripreso un chinolonico, infa%i il calcolo dello score
dava come altamente probabile un'epatite da farmaci, con una presentazione tipica della forma
colestatica autoimmune da sindrome overlap.
La nostra diagnosi 2nale è stata quella di un'epatite autoimmune con overlap colestatico ad alta
probabilità iatrogena, ed il paziente è stato messo in terapia con cortisone ed acido ursodesossicolico.
Dopo qua%ro mesi, il quadro è completamente rientrato, il paziente è stato diDdato dal prendere
chinolonici e viene controllato regolarmente in ambulatorio.

La NASH è una patologia cara%erizzata da un quadro clinico- patologico, scoperto ormai 35 anni fa, con
danno da alcool senza una storia di consumo d’alcool.
Diversi studi, anche su campioni molto estesi hanno messo in evidenza la presenza di una semplice
steatosi senza movimento di transaminasi, in percentuali diverse che oscillano dal 2-8% 2no al 15-20%,
si è notato che queste prevalenze variavano in senso positivo in base alla tipologia delle popolazioni
screenate, sempre senza una storia pregressa di alcoolismo, ma in presenza di altri quadri clinici
correlabili come:
- diabete,
- obesità,
- dislipidemia;

La società italiana che avvalora tu%i gli studi sul fegato è l’AISF, in uno studio coordinato da questa
società si è osservato come in Italia, indipendentemente dalla zona di provenienza, le percentuali di
presenza di steatosi diventano signi2cativamente progressive in funzione della presenza di obesità e
che questa condizione era presente costantemente sia nelle donne che negli uomini in modo omogeneo.
Pertanto, la steatosi epatica la possiamo proporre ed inserire in quella che de2niamo “Sindrome

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 141 A cura di ANDREA PERNA


Metabolica (SM)” e riteniamo che la steatosi epatica sia il versante epatico della manifestazione della
sindrome metabolica.
La sindrome metabolica risale alla prima de2nizione del 1988 di Ribe, il quale proponeva con il termine
“sindrome X” ,una serie di presentazioni clinico-laboratoristiche che fondamentalmente giravano
a%orno alla insulino-resistenza e di conseguenza la patologia aterosclerotiche,ipertensiva,l’obesità, la
dislipidemia che erano tu%e porzioni di un unico quadro sindromico con presenze diversi2cate,in
termini di percentuale di associazione intorno al conce%o che successivamente sarebbe stato de2nito
Sindrome Metabolica.
Nel 1999 la WHO(OMS) de2nì la SM partendo dal conce%o di insulino resistenza,o dall’intolleranza al
glucosio,o dalla rido%a tolleranza glucidica o dal diabete franco,questo più due altre manifestazioni
come :
- ipertensione arteriosa con PA >_ 140/90 mmHg ;
- presenza nel plasma di trigliceridi ;
- obesità centrale;
- il rapporto 2anchi/vita;
- la comparsa di microalbuminuria,la quale è conseguente a disfunzione endoteliale a livello
renale.
Nel 2001 fu data una nuova de2nizione di SM: NCEP ATR III – dell’organizzazione del programma
americano del controllo del colesterolo,riproponeva l’a%enzione sul conce%o della clinica della SM, la
quale vedeva come situazione predisponente l’alterazione del metabolismo glucidico secondo la
precedentemente de2nizione del 1999 della WHO ,veniva ampliata con l’introduzione di nuovi fa%ori e
sostenevano che la SM la possiamo anche de2nire ,individuare in un sogge%o che presenta almeno 3
quadri clinici:
- Obesità addominale: wc> 102 cm nell’uomo, mentre wc > 88 cm nella donna;
- Ipertrigliceridemia > 150 mg/dL;
- Ipertensione PA> 140/90 mmHg;
- Iperglicemia > 110 mg/dL.
Gindi, la SM è un conglomerato di varie manifestazioni clinico-metaboliche alla base di una possibile
e comune alterazione del rischio cardiovascolare che prendono come primo movens l’alterazione
conseguente alla insulino resistenza.

La ragione per cui l’insulino resistenza è stata giudicata alla 2ne come il comune determinatore di
tu%a la patologia è perché da una parte vi è la patologia conclamata della insulino resistenza
scompensata, quindi la comparsa del diabete e dall’altra la insulino resistenza compensata che poi è una
fase di mala%ia ed è responsabile della creazione dei vari quadri clinici in cui si ha la vera e propria
sindrome metabolica.

Oggi a maggior ragione la steatosi epatica la possiamo inserire nella de2nizione del quadro clinico delle
manifestazioni della SM per quanto concerne il versante epatico.

Nella cascata della patogenesi della steatosi epatica, così come è vista ed acce%ata oggi, in quanto è
possibile anche de2nire i quadri metabolici che nell’ insieme creano la base della SM.
L’ insulino resistenza è quella condizione in cui gli organi bersaglio: fegato,vmuscolo e tessuto adiposo,
non rispondono al messaggio di a%ività indo%a dall’azione insulinica, per carenza di espressione
rece%oriale, di conseguenza a livello epatico abbiamo un accumulo di acidi grassi liberi che non
vengono corre%amente avviati all’a%ività metabolica ed invece accumulati so%o forma di trigliceridi
all’interno del parenchima epatico; questa condizione di accumulo determina una steatosi epatica
proprio per de2nizione.

L’accumulo di acidi grassi all’interno del parenchima epatico è un meccanismo quasi prote%ivo per la
presenza dell’insulino resistenz ,ma ad un certo punto diventa un elemento estremamente tossico ed
instabile a livello energetico e respiratorio, in quanto il mitocondrio soHre e in seguito allo stress
ossidativo.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 142 A cura di ANDREA PERNA


Si ha la produzione di ROS, super ossidi, che sono in grado di innescare una cascata citochimica-
in2ammatoria, tale che si innesca tu%o il processo in2ammatorio e le cellule stellate che sono le prime a
rispondere alla noxa in2ammatoria.

Gesto meccanismo a cascata rappresentato proprio dall’insulino resistenza, dell’accumulo di grasso nel
fegato, a%ivazione della cascata in2ammatoria e quindi creazione della condizione steato-epatitica ,
quindi (steato=grasso nel fegato ed epatitico= quadro in2ammatorio). In questo modo si con2gura la
teoria dei due colpi.

Vi sono però dei sogge%i che possono avere la steatosi o presentare all’ecogra2a come evento
incidentale scardinato dalla presenza di altre alterazioni, un quadro conclamato di NASH, ciò vuol dire
che questa teoria da sola non è in grado di darci tu%e le spiegazioni
In eHe%i è così perché vi è in gioco un’ altra condizione che è rappresentato da un altro organo:
l’intestino. Anch’esso è inserito nell’ interplay del danno epatico da accumulo di grasso, a%raverso
un’azione tossica o a%raverso la produzione di citochine in2ammatorie, prodo%e a%raverso la
perossidazione del grasso viscerale.
Esso è un grasso metabolicamente ed endocrinologicamente a%ivo, quindi gioca un ruolo nella tossicità
epatica nel determinare quella condizione di steatosi e steatoepatite epatica, questo tipo di danno è
determinato dall’ overlap ba%erico e dall’aumentata permeabilità intestinale.

Un ruolo importante nell’equilibrio intestinale viene svolto dal MICROBIOTA INTESTINALE, il quale è
un biorea%ore che gioca un ruolo di “organismo nell’organismo” ed è in grado di metabolizzare,
consumare e restituire energia e di degradare, a%raverso la Kora ba%erica intestinale, i grassi altrimenti
non trasformabili.
Gando questo sistema si sbilancia, da condizione prote%iva, cioè da svolgere un ruolo di
collaborazione con il superorganismo, diviene una fonte di tossicità per azione della Kora ba%erica
intestinale.
Un’alterazione di quest’ultima è determinata da condizioni come le intolleranze alimentari, come la
celiachia, ma anche da alterazioni nei sogge%i che hanno avuto un incremento del peso corporeo.

La composizione della Kora ba%erica intestinale è inKuenzabile anche dal peso corporeo e tu%o passa
dal sistema, sopra%u%o quando la Kora ba%erica diventa sovrabbondante e quindi sbilanciata in termini
di composizione, diventa motivo di in2ammazione e di alterazione della permeabilità della parete
intestinale. I prodo%i di degradazione dei ba%eri intestinali traslocano a%raverso il sistema linfatico
intestinale nel sistema portale venoso ed è il meccanismo della traslocazione ba%erica.

Sia nel modello sperimentale che in quello umano si è osservata la presenza a livello epatico di una serie
di tossine con partenza intestinale. Esse hanno come target le cellule stellateche so%o questo stimpolo
sono indo%e a fenomeni di metaplasia in cellule in2ammatorie 2brogenetiche che innescano un
meccanismo di danno epatico.

Criteri diagnostici nel caso di NASH


 Steatosi epatica esaminata a%raverso l’ ecogra2a;
 Aumento delle transaminasi;
 Obesità;
 Rigorosa esclusione del consumo d’alcool;

Piccola digressione sul consumo dell'alcool


Viene considerata una unità alcolica una quantità d’alcool pari a 12 mg contenuta in 125 mL(1
bicchiere) di vino di media gradazione (12°), o contenuta in una la%ina di birra (330 mL) di media
gradazione o un bicchiere di superalcolico (40mL).

Possiamo de2nire varie tipologie consumo facendo riferimento ai dati della società italiana di alcologia:
- Binge drinking: il consumo di 6 o più bicchieri di bevanda alcolica in un unica occasione;
- Consumo giornaliero non moderato: quindi gli abusatori: > 2/3 unità nell’uomo o > 2 unità nella
donna, anziani >65 anni >1 unità e di qualsiasi entità nei sogge%i tra gli 11 e 17 anni.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 143 A cura di ANDREA PERNA


Il calcolo delle unità è utile per escludere che un sogge%o sia un bevitore ed è uno dei criteri
anamnestici che vanno esaminati sopra%u%o in caso di patologia epatica.

La NASH la dobbiamo sospe%are sempre in caso di un incremento delle transaminasi, confermato in 2


osservazioni distinte e ripetute, in assenza di altre cause, sopra%u%o in caso di intolleranza glucidica o
di diabete o di SM, di familiarità per il diabete, di un incremento del BMI, di un’iperlipidemia, di un’età
> di 40-50 anni.
La diagnosi istologica rappresenta il gold standard nella diagnosi di certezza di NASH.
La biopsia va eseguita in caso di incertezza diagnostica ed il quadro che abbiamo davanti nel sospe%o di
2brosi di grado severo con funzione prognostica e nei pazienti arruolati nei trials.

I criteri che portano alla biopsia epatica sono stati sanciti dalla società americana sullo studio del fegato,
rivisti nel 2010 oltre che dalla società americana anche dalla società italiana, l’AISF; l’istologia perme%e
di creare dei quadri di NASH che derivano dal punteggio derivante da delle variabili:
15. Grading steatosi : 1-3;
16. Grading in2ammazione : 1-3;
17. Staging 2brosi :1-4.
È un quadro che, se non verrà gestito in modo o%imale, potrà evolversi in un quadro di cirrosi e in
alcuni casi di epatocarcinoma(HHC).

Nel corso dello studio della steatosi epatica, il primo avversario nell'approfondimento diagnostico è
stata proprio classe medica: a dispe%o di ciò che cominciava a delinearsi dal punto di vista della
potenziale evoluzione, la steatosi veniva concepita come una patologia assolutamente benigna e, molto
spesso, so%ostimata e quasi trascurata.
Oggi, nel 2015, il conce%o che deve passare è che la patologia correlata all’accumulo di grasso nel fegato
è un quadro potenzialmente evolutivo, 2no a complicanze gravi quali cirrosi e, eventualmente,
epatocarcinoma. A sostegno di tale conce%o, abbiamo numerose evidenze statistiche riscontrate nel
corso degli anni.
L’esempio tipico di quadro che possiamo incontrare comprende un’evidente degenerazione
balloniforme, con grossi vacuoli grassosi visibili anche a basso ingrandimento, abbondante in2ltrato
in2ammatorio e se%i che iniziano a mostrarsi signi2cativamente 2brosi. Il sistema di riferimento della
classi2cazione della steatosi e della sua diagnosi istologica è il Kleiner score: Kleiner è l'autore dello
studio che analizza lo staging e il grading della steatosi, la sua istologia e la sua severità.

Nella storia naturale della patologia, dobbiamo concepire la possibilità che un terzo dei casi di steatosi
evolva nella più severa delle sue forme, la steatoepatite, con gradi inizialmente lievi di 2brosi che vanno
peggiorando 2no alla 2brosi severa, e un quadro ingravescente che può giungere alla cirrosi epatica. La
stessa cirrosi, in ultima istanza, può a sua volta essere complicata dell'elemento neoplastico.

Oggi sappiamo che un 10-15% dei casi che vengono so%oposti alla nostra a%enzione risultano negativi
all'eziologia virale e risultano invece derivare da un'iniziale steatosi. Ci sono tantissimi studi di coorte
che analizzano l'evoluzione della patologia epatica.
Chiaramente si tra%a di studi di coorte, ma sono comunque evidenze a supporto del fa%o che il quadro
in2ammatorio è poi quello che più frequentemente porta ad una 2brosi più severa e, possibilmente, ad
un'evoluzione nodulare cirrotica.

A%ualmente si è abbastanza convinti che il passaggio da cirrosi a carcinoma sia un’evoluzione quasi
obbligata, tu%avia il contrario non è sempre vero: la cirrosi non è sempre necessaria per lo sviluppo di
epatocarcinoma.
Se è vero che nelle popolazioni studiate vediamo che l'epatocarcinoma si manifesta spesso in pazienti
con cirrosi correlata alla NASH, quindi correlata alla componente più severa della NAFLD, è altre%anto
vero che l'epatocarcinoma si presenta anche in pazienti non cirrotici.
Gesto, dal punto di vista patologico, è un conce%o importantissimo: l'intermediazione della cirrosi non
è necessaria, e ciò signi2ca che la carcinogenesi non è necessariamente correlata alla rigenerazione
tissutale della cirrosi.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 144 A cura di ANDREA PERNA


Gindi l'epatocarcinoma rappresenta la complicanza più severa nella storia della steatosi epatica. Ciò
signi2ca che il nostro compito è intervenire precocemente.
Le possibilità di intervento a nostra disposizione spaziano dalla riduzione della steatosi in prima ba%uta,
insieme a miglioramento dello stile di vita (riduzione del peso e a%ività 2sica), chirurgia bariatrica,
riduzione delle dislipidemie a%raverso terapie farmacologiche mirate, riduzione delle insulino-
resistenze a%raverso la somministrazione del farmaco principe, la Metformina. Gesto per ciò che
concerne la riduzione della steatosi.

Se invece parliamo di riduzione della componente in2ammatoria, abbiamo a disposizione diverse classi
di farmaci:
- antiossidanti,
- citoprote%ori,
- UDCA (acido ursodesossicolico).

L'acido ursodessosicolico ha dimostrato di avere eHe%i positivi nel controllo dell'evoluzione della 2brosi
e nella stabilizzazione del quadro patologico generale. Con questo, si conclude il quadro delle strategie
di terapia a cascata implicate nel controllo della steatosi e successivamente della steatoepatite, con le
sue complicanze 2brotiche e in2ammatorie.
Presentazione clinica
A volte le le presentazioni cliniche possono riportare solo alterazioni laboratoristiche, come ad esempio
un movimento dei valori da sindrome colestatica. A volte riscontriamo disturbi aspeci2ci come astenia,
febbricola, dimagrimento, in altri casi il riscontro casuale di positività per infezioni virali,
principalmente HBV ed HCV.
Per quanto riguarda le anomalie in corso di indagine ecogra2ca, abbiamo visto la possibilità di
evidenziare la steatosi o quadri più importanti, talvolta lesioni epatiche che esulano da questa
presentazione o, più raramente, quadri più severi.
Talvolta si tra%a di screening nell'ambito familiare: un paziente ha avuto un problema e di conseguenza
i familiari vengono invitati a fare degli accertamenti, che possono evidenziare una patologia non nota
per cui il paziente di so%opone all'osservazione medica.
È chiaro che in funzione della presentazione viene fa%a la vostra anamnesi, che deve essere completa ed
a%enta e toccare alcuni punti cardine generali, come abitudini alimentari, assunzione abituale di farmaci
(abbiamo visto quanti farmaci di largo consumo sono correlati a quadri di epatiti iatrogene), abitudini
volu%uarie particolari.
Il discorso delle abitudini volu%uarie, come uso di stupefacenti o comportamenti e promiscuità sessuale,
sono domande che dobbiamo porre con un certo ta%o.
Il modo giusto di farle è innanzitu%o correlato a chi accompagna il paziente: se viene da solo, il nostro
lavoro è certamente avvantaggiato. Se il paziente si presenta in coppia o con genitori/2gli, è necessario
domandare al paziente se desidera rimanere da solo. In tal caso, con grande gentilezza si può far
accomodare fuori gli accompagnatori, e a quel punto possono essere poste domande più personali circa
abitudini sessuali e volu%uarie o possibili rapporti extraconiugali.
Sono domande necessarie, per quanto personali e scomode, pertanto si può rassicurare il paziente
facendogli presente che il medico è tenuto alla riservatezza, in modo da me%erlo in condizioni di aprirsi.

La fase di preparazione, di con2denza ed apertura con il paziente è estraneamente importante per


un'anamnesi completa ed a%enta, sopra%u%o in casi in cui il quadro clinico non è chiarissimo .
Analizzerete poi storie precedenti di epatopatie, situazioni di familiarità, situazioni di comorbidità,
esposizioni professionali. L'esposizione professionale è rilevante: ci sono dei casi, ad esempio, di
lavoratori delle plastiche, in cui alcune sostanze possono essere responsabili di patologie epatiche, ed
allora la consultazione con il medico diventa anche preliminare ad una successiva consultazione con un
medico del lavoro.
Ancora, situazioni di immunocompromissione, familiarità con portatori di infezioni virali, provenienza
da altri paesi.
Ricordiamo anche che la condizione di epatite cronica, ossia di soHerenza epatica non aggressiva, di per
sé è asintomatica. Gando invece avete una sintomatologia conclamata, come in presenza di febbre e
i%ero o di una colica biliare accompagnata da colestasi, la diagnosi risulta molto più immediata.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 145 A cura di ANDREA PERNA


Procedimento diagnostico
- Esami eziologici di primo livello ed ecogra(a epatica . L'ecogra2a epatica, se il paziente non la
porta già con sé, la richiediamo perché ci è d'aiuto, può mostrare una steatosi a confermare una
condizione di soHerenza, oppure una patologia cronica, o può essere utile per escludere lesioni focali,
neoplasie e patologie delle vie biliari. Ci può essere d'aiuto, inoltre, nel caso di alterazioni delle vie
biliari e colecistopatie litiasiche, caso in cui il paziente verrà dire%amente indirizzato dal chirurgo.

- Markers generali di sieropositività: vi ricordo di andare a guardare anche la negatività


dell'anticorpo per il core virale, e poi controllare i markers di accumulo, come ferritina e
ceruloplasmina. Non dimentichiamo mai, in presenza di un movimento delle transaminasi, di fare i test
della celiachia, perché non è infrequente l'associazione di una so%ostante celiachia con un quadro
clinico di steatoepatite.

Alla presenza degli esami di primo livello che ci perme%ono di orientarci nel quadro, il passo successivo
è capire quale sia la causa eziologica della patologia. Faremo dunque esami di secondo livello che ci
perme%ono di de2nire o stadiare la patologia:
- la sierologia autoimmunitaria se cominciamo a sospe%are un’epatite autoimmune,
- la sierologia degli anticorpi anti-mitocondrio se sospe%iamo una cirrosi biliare primitiva,
eventualmente si ricercano patologie immunitarie extraepatiche, patologie neuromuscolari
degenerative, altre patologie rare.
Gesto quadro va poi complementarizzato con gli esami speci2ci per le varie eziologie, perché
l'accertamento dell'eziologia de2nirà i passi successivi.
- Se abbiamo un'eziologia che sospe%iamo virale, si andrà a controllare gli antigeni speci2ci virali e si
farà il dosaggio quantitativo e qualitativo della viremia e la ricerca del citotipo.
- Se pensiamo di aver davanti un'emocromatosi, si faranno la saturazione della transferrina e i test
genetici, come pure lo studio della ceruloplasmina con cupremia e cupruria.
- Se abbiamo davanti anticorpi anti-endomisio positivi, faremo una duodenoscopia con prelievo bioptico
per valutare l'ipotro2a villare.
Gindi completiamo la nostra indagine diagnostica dopo aver stabilito l'eziologia dell'epatopatia che ha
portato il paziente alla nostra osservazione.

A questo punto, con questi screening a tappe e metodologicamente sequenziali per il nostro paziente,
noi dovremmo avere le idee chiare: la presentazione clinica è il motivo dell'osservazione, l'anamnesi
implementa le nostre conoscenze e ci conduce ai test eziologici di primo livello che, se esibiti nel corso
della prima visita, orientano i test eziologici di secondo livello ed eventuali indagini complementari.

L'ecogra2a in genere si fa insieme ai test di primo livello e, a questo punto, abbiamo il quadro completo
del paziente che nell'80% dei casi dovrebbe poter uscire con la nostra diagnosi, mentre nel restante 20%
c'è ancora un margine di incertezza.

In tal caso, la biopsia epatica dovrebbe fornirci le informazioni mancanti: diventa il momento 2nale che
ci perme%e di de2nire il grading e lo staging della patologia in esame, ma è funzionale anche in quella
sopracitata percentuale di pazienti in cui la diagnosi si manifesta incerta o incompleta, per de2nire la
natura del danno so%ostante. L'a%o 2nale sarà dunque la costruzione di una terapia a%a ad eradicare la
patologia emersa da tu%o quest'iter diagnostico.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 146 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 17 EPATITI DA FARMACI

Tossicità epatica da farmaci:


- 2-5% dei casi ospedalizzati per i%ero
- 10% dei casi di epatite tra gli adulti
- 13-17% epatite acuta in USA e Svezia
- 50% epatite fulminante
- 40% epatite in sogge%i >50 anni

Tu%o ciò è importante perché il fegato è strategicamente collocato al crocevia anatomo-funzionale


dell’organismo per assicurare l’omeostasi metabolica; ma è anche il crocevia metabolico della maggior
parte dei farmaci e xenobiotici introdo%i nell’organismo.

DESTINO METABOLICO DEI FARMACI A LIVELLO EPATICO


I farmaci a livello epatico possono subire un destino di a%ivazione o di ina%ivazione :

(fase1:microsomiale) (fase2:citoplasmatica, di coniugazione)


Sostanza a%iva metabolita primario
metabolita

(fase3)
secondario coniugato eliminazione ;

quindi molti farmaci vedono nel fegato o la propria 2ne o la propria a%ivazione e di conseguenza anche
l’eliminazione a livello del polo biliare come sostanza idro2la che può essere eliminata.

MECCANISMO DEL DANNO EPATOCELLULARE


Il farmaco una volta a%ivo o non disa%ivato dal fegato (perché vi è la presenza,ad esempio, di patologia
epatica) comporta la possibilità o di rimanere a livello circolante a dosaggi tossici oppure produrre,in
caso di assunzione esagerata di dosi, un metabolita che diventa tossico per le stru%ure cellulari.

Il quadro cara%erizzato da neoantigeni che scatenano reazione immunitaria è la cosidde%a epatite


autoimmune di tipo tossica.
La cascata patogenetica con vari meccanismi d’azione è peculiare per ogni farmaco dal punto di vista
della propria capacità ele%rolitica a%raverso la produzione di radicali liberi, di molecole altamente
instabili dal punto di vista ele%rico. Esaminando il fa%ore tempo, essa può estrinsecarsi in maniera
acuta o cronica.
Geste modalità di presentazione possono essere prevedibili (vedi evento tossico) oppure non
prevedibili (vedi il caso delle reazioni idiosincrasiche).

Evento idiosincrasico : Evento non prevedibile che si manifesta con la classica sintomatologia
ana2la%oide. Non è dose dipendente e si manifesta anche in caso di conta%o con dosi più basse di quelle
terapeutiche.

Evento tossico: evento prevedibile, dose dipendente, dovuto al meccanismo d'azione del farmaco o
all'accumulo dei suoi metaboliti, è un evento ripetibile.

Negli Stati Uniti il metodo più economico usato dai giovani per suicidarsi è quello di fare assunzione
massiva di paracetamolo e magari associarci l’alcol in modo da o%enere l’eHe%o tossico dell’epatite
fulminante.

A partire da dosi di :6-7 g, cioè 10-7 compresse da 1g assunte tu%e in una volta l’ epatite acuta è
garantita, se poi ci aggiungiamo l’alcol l’eHe%o è sicuro.
Il metabolismo del paracetamolo è quello meglio conosciuto dal punto di vista scienti2co e il modello di
epatite acuta tossica da paracetamolo è stata molto studiata proprio perchè è venuta all’a%enzione

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 147 A cura di ANDREA PERNA


statunitense per l’uso inappropriato di questa sostanza, vista la libera vendita.
METABOLISMO DEL PARACETAMOLO IN SOGGEETTO NORMALE:
Del paracetamolo assunto per bocca, la maggior parte viene metabolizzata a livello epatico dal
citocromo P4502E1 nella fase microsomiale, andando a formare NAPQI (un intermedio altamente
instabile e tossico che è il N-acetyl-para-benzoquinone imine ), questo viene tamponato dal sistema
della glutatione S-transferasi e trasformato in acido mercapturico ed eliminato a%raverso le vie
urinarie;
un’altra parte(minore)subisce anzichè la fase microsomiale,una glicurosulfoconiugazione a livello
citosolico e viene coniugato producendo un metabolita non tossico eliminato per via biliare.
Dosi massive di questo farmaco vengono trasformate in grandi quantità di NAPQI che 2no a un certo
punto vengono tamponate dal glutatione S transferasi, ma la restante parte rimane libera con seguente
a%ivazione di danno epatico a%raverso disaggregazione delle pareti cellulari,produzione degli addo%i,
morte cellulare e di conseguenza epatite.
Nell’anziano il rischio è maggiore perchè la glutatione transferasi funziona meno;quindi nell’anziano è
opportuno diminuire o addiri%ura dimezzare la quantità di paracetamolo.
Prima abbiamo nominato anche l’alcol perché questo è indu%ore di velocità del citocromo P450, di
conseguenza l’eHe%o tossico è garantito.
In caso di intossicazione da paracetamolo l'antidoto è rappresentato dall'N-acetil-cisteina, che funge da
precursore del glutatione, in modo da ripristinarne le scorte.

Epatiti da farmaco: tipo di danni:


- Epatite(danno citonecrotico)
- Colestasi(danno colestatico)
- Steatosi/steatoepatite(NAFLD/NASH)

Ci sono tanti farmaci che portano a questo tipo di quadri; in particolare, in uno studio eHe%uato a
Milano su 5000 donne in terapia ormonale adiuvante con tamoxifene in seguito a mastectomia, circa il
15-45% di queste donne, presentava quadri di steatosi/steatoepatiti a distanza di 5-15 anni.

RUCAM scoring system:


Gesta è la regola a cui oggi facciamo riferimento quando dobbiamo documentare una epatite da
farmaci. Ci serviamo quindi di criteri come:
- tempo di latenza tra l’assunzione del farmaco sospe%o e la comparsa del sintomo
- la risoluzione del quadro una volta sospeso il farmaco
- .la presenza di eventuali fa%ori di rischio o farmaci
- esclusione di altre patologie
- la presenza in le%eratura di quadri analoghi a quelli che si sta osservando
- il rechallenge(“ cioè visto che il farmaco ti da problemi, ti tolgo il farmaco, guarisci, poi te lo ridò e
vediamo se peggiori”);

Sulla base di questi criteri, possiamo avere una scala di numeri che ci perme%e di dire che quel quadro
è altamente probabile per una epatite da farmaci.

>8 =altamente probabile


6-8=probabile
3-5 =possibile
1-2=improbabile
≤0=da escludere completamente

Farmaci più spesso coinvolti:


- Antibiotici(ciproKoxacina,nitrofuranici,antimicotici come il k-Kuconazolo,antitubercolari come
isoniazide,penicilline sintetiche e semisintetiche )
- Antiepile%ici(carbamazepina e fenitoina)
- Statine (tu%e) –Amiodarone
- FANS
- sulfaniluree(glipizide)
- etere e tra%amenti omeopatici(china,genziana,senna ecc..)
- cocaina, ecstasy, steroidi anabolizzanti

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 148 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 18 IBD

Gello delle mala%ie in2ammatorie croniche intestinali è un capitolo molto frequentemente osservato
nella pratica clinica abbastanza complesso e delicato, in quanto la diagnostica diHerenziale pone alcuni
aspe%i che non sono di facile risoluzione e quindi dobbiamo stare molto a%enti sopra%u%o nella fase
anamnestica, ma anche nella valutazione dei dati che emergono sia dall'esame obie%ivo, sia da esami di
laboratorio e radiologici.
La gran parte delle IBD sono rappresentate dalle 2 condizioni paradigmatiche, Rettocolite ulcerosa e
Morbo di Crohn , ma non è trascurabile la quota delle coliti de%e indeterminate, che oggi superano
anche il 15% dei casi, raggiungendo il 20%.
Il primo dato utile per diHerenziare le due patologie è che il Morbo di Crohn può colpire qualsiasi
tra%o del canale GI, nella minoranza dei casi colpisce la parte superiore, addiri%ura l'esofago, ma nella
maggior parte dei casi coinvolge la giunzione ileo-ciecale (47%) e il colon.
La RCU colpisce prevalentemente il colon discendente e il re%o (60%) e può colpire anche cieco (1%),
colon ascendente (14%) colon trasverso (25%).
Gesto aspe%o si va a riKe%ere nella clinica: si ha dunque un ampio spe%ro di manifestazioni cliniche
nel Morbo di Crohn (a volte ci sono delle lesioni molto alte che determinano esofagiti) a seconda del
tra%o coinvolto, mentre la RCU è dominata da fenomeni diarroici, perdita di sangue rosso vivo, spesso
frammista a muco e feci.

Epidemiologia
- MDC In Italia: la prevalenza è di circa 50-60 casi su 100.000 abitanti (0,5-0,6 su 1000, non è una
condizione rara) e colpisce l'età giovanile, sopra%u%o sogge%i <20 anni, infa%i tra i 15 e i 25 anni è la
più frequente causa organica di dolore addominale ricorrente, sopra%u%o nell'ipocondrio di destra.
E' lievemente più frequente in maschi e negli ebrei ashkenaziti presenti nella zona della penisola
interna.
L'incidenza (è un dato dinamico, che varia nel corso del tempo) oggi è di: 5-6 casi su 100.000 abitanti per
anno. A Roma vi sono circa 100-200 nuovi casi all' anno.
L'incidenza è aumentata progressivamente negli ultimi 50 anni stabilizzandosi negli anni '80. Si pensa
che l'aumento sia dovuto all'aumento dell'inquinamento ambientale.
- RCU E' più frequente del Morbo di Crohn. In Italia: Prevalenza di 0,8-1,5 su 1000. Incidenza di 6-15 pz
per 100000 abitanti per anno. Gindi a Roma circa 400-500 persone si ammalano ogni anno di Crohn o
RCU.
Per quanto riguarda l'età, si hanno 2 picchi: uno intorno ai 40 anni e l'altro tra la sesta e la se%ima
decade di vita.
L'incidenza è rimasta stabile nei decenni, si ha una uguale prevalenza nei due sessi.

Eziopatogenesi
Il capitolo eziopatogenetico delle IBD è quanto di più complesso si trovi in medicina interna. Geste
sono patologie multifa%oriali in cui sono importanti fa%ori genetici, fa%ori ambientali e fa%ori di tipo
immunologico.
- Genetica è stato dimostrato che i fa%ori genetici sono molto importanti: gli studi sui gemelli
omozigoti hanno dimostrato che se uno dei due gemelli si ammala di Crohn, la possibilità che l'altro
gemello si ammali è molto elevata, è circa il 50%.
Se c'è un parente di primo grado aHe%o il rischio per un determinato sogge%o aumenta da 17 a 35 volte.
L'inKuenza dei fa%ori genetici è maggiore nel Morbo di Crohn rispe%o alla RCU.
Esistono molti loci su diversi cromosomi signi2cativamente associati allo sviluppo delle IBD:

• CARD15 ( caspase recruitment domain-containing protein 15) localizzato sul cromosoma 16,
sul locus de2nito appunto IBD1. Gesto gene codi2ca per la proteina NOD2 (nucleotide-
binding-oligomerization-domain-2), che è deputata al riconoscimento della componente
muramil-dipeptidica della parete ba%erica dei ba%eri gram + ma anche gram – che colonizzano
l'intestino. Dopo il riconoscimento dà dei segnali che sono volti al silenziamento o
all'a%ivazione della risposta contro l'agente esterno. Sono state identi2cate circa una decina di
mutazioni che inKuenzano in vario modo l'a%ività di questa proteina.

• Altri geni sono posti sul cromosoma 5, sul locus IBD5. I geni presenti in questo locus
codi2cano per trasportatori cationici (OCTN1, OCTN2), che regolano insieme al catione anche

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 149 A cura di ANDREA PERNA


l'acqua. Pertanto queste mutazioni incidono sull'assorbimento o la secrezione di acqua e di ioni.
In particolare queste mutazioni sono legate a risposte abnormi a specie ba%eriche che vanno
indire%amente ad interagire con questi trasportatori facilitando la perdita di acqua e ioni.

• Altri geni sono posti sul cromosoma 6, sul locus IBD3. Gi vi sono i famosi loci che codi2cano
per il sistema maggiore di istocompatibilità i cui polimor2smi non sono associati solo alle IBD,
ma anche ad altre partologie: HLA DRB*0103, HLA-B27 (associato anche all'artrite
reumatoide), HLA-B35 (associato anche ad artropatie), HLA-B44 e HLA-DRB*0103 (associati
anche alle uveiti). Già questo ci dice che le artropatie e le uveiti hanno delle analogie, dal
punto di vista della reazione in2ammatoria, con le IBD.

- Fa%ori immunologici : Sono stre%amente correlati con lo sviluppo della patologia. Sono state
identi2cate delle forme geneticamente determinate in cui dei ceppi familiari sono aHe%i, da padre a
2glio, con le classiche leggi mendeliane.
Tali forme sono cara%erizzate da una riduzione della tolleranza alla risposta in2ammatoria (legate a
mutazione di rece%ori per le interleuchine) e da un aumento della permeabilità della parete intestinale,
che favorisce la trasmigrazione di microrganismi che a loro volta stimolano una profonda risposta
in2ammatoria di tipo rea%ivo, che in questi sogge%i non è controllata, è disorganizzata, e nel tempo,
sopra%u%o nella RCU, porta alla trasformazione neoplastica della mucosa coinvolta nel processo
in2ammatorio.

La mucosa dei sogge%i aHe%i da IBD presenta un aumento della permeabilità:


- i microrganismi (di tipo sapro2tico, ba%eri o lieviti) a%raversano la mucosa e giungono in
so%omucosa, dove vengono captati dai macrofagi che riconoscono i microrganismi e interagiscono con i
linfociti T, stimolando la produzione di alcune citochine come IFNγ e producendo TNFα, che a sua volta
può determinare un ulteriore aumento della permeabilità determinando l'apoptosi delle cellule
mucosali.
- Abbiamo anche la possibilità che i patogeni inneschino il processo in2ammatorio mediante il legame
con i TLR delle cellule dendritiche, che eme%ono gli pseudopodi a%raverso gli spazi intercellulari,
ca%urano questi microbi e interagiscono con alcuni linfociti T helper, determinando la produzione di
interleuchine, come la IL23, IL14 che stimolano la produzione di IFNγ e vanno a stimolare ulteriormente
i macrofagi, che producono TNFα, che è uno di più importanti eHe%ori 2nali della Kogosi.
- Abbiamo anche la possibilità che le cellule mucosali stesse vadano a captare l'antigene ba%erico; esse
inducono poi la risposta all'interno della so%omucosa mediante la produzione di alcune IL, come l'IL8.
Gesto determinerà talora una reazione in2ammatoria cronica fortissima perchè oltre ad essere
stimolata la popolazione linfomonocitaria so%omucosale, si ha anche la riduzione dell'inibizione della
reazione in2ammatoria. Tu%o quindi è sbilanciato verso l'a%ivazione della risposta in2ammatoria.

- Fa%ori ambientali:
• Inquinamento ambientale: molti studi hanno messo in evidenza come ci sia una stre%a
associazione tra l'aumento dell'inquinamento ambientale (fumo di sigare%a, polveri so%ili,
inquinamento alimentare) e l'aumento dell'incidenza delle IBD

• Agenti infe%ivi come Micoba%erium Avium, Bacteroides e alcuni ceppi di E. Coli,


principalmente i ceppi che si associano a quelle mutazioni delle proteine che trasportano
cationi citati precedentemente

• Dieta (aumento consumo zuccheri raDnati)

• Farmaci come FANS e E/P

• Stress emozionale cronico

• Per quanto riguarda il Morbo di Crohn, è stata evidenziata anche una connessione con una
particolare allergia alimentare al Saccaromyces Cerevisiae, che determina la produzione di
elevati livelli di anticorpi. Infa%i la ricerca di tali anticorpi fa parte della ba%eria di esami che
possono essere richiesti per eHe%uare una diagnosi diHerenziale tra MDC e RCU.

Manifestazioni cliniche

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 150 A cura di ANDREA PERNA


Morbo di Crohn
Esistono 3 forme fondamentali:
• Forma ascessualizzante o perforante (70%): è il risultato di questa Kogosi intensissima che
dura nel tempo, che si approfonda nella so%omucosa e coinvolge anche la parete, dapprima
esterna e poi interna, di un'altra ansa intestinale vicina alla prima, per cui il processo
in2ammatorio determina la formazione di una “2stola entero-enterica”, che me%e in
comunicazione anse intestinali anche distanti tra loro, e che quindi determina delle importanti
conseguenze a livello dell'assorbimento intestinale.
In questa forma è frequente il riscontro di ulcere.
Si possono avere anche una serie di altre manifestazioni in2ammatorie di accompagnamento:
ascessi e granulomi.

• Forma stenosante (20%): è cara%erizzata da una 2brosi della parete talmente imponente che è
un po' il risultato 2nale del processo Kogistico cronico, da stenosare il lume intestinale. Gando
la stenosi è particolarmente rilevante, si ha una dilatazione prestenotica che deriva dalla
pressione che il materiale intestinale svolge contro la parete per l'ostruzione a valle. In questa
forma si può avere anche una 2brosi mesenterica e molto spesso questo porta alla formazione
di aderenze tra la parete esterna del tubo intestinale e la zona dello scavo pelvico.

• Forma luminale (10%): è quella più blanda

Spesso ci sono anche delle linfoadenomegalie.

Morbo di Crohn e Rettocolite ulcerosa


• Diarrea 70-90%
• Dolore addominale 45-56% (Gindi quando in una persona giovane abbiamo una dolenzia
addominale diHusa (più frequentemente a dx e in basso) associata a diarrea, che può essere
cara%erizzata dall'emissione di muco, oltre che di feci, dobbiamo pensare all'ipotesi che ci
troviamo dinnanzi ad un Morbo di Crohn).
• Calo ponderale 65-75% conseguenza della diarrea, della ca%iva alimentazione e del
malassorbimento intestinale causato anche dalla la formazione di 2stole (si possono formare
2stole entero-enteriche per cui il materiale intestinale passa nei segmenti più a valle
bypassando le zone 2siologicamente deputate all'assorbimento e comprome%endo
l'assorbimento stesso)
• Sintomi di accompagnamento: nausea, vomito
• Premiti: contrazioni o spasmi dolorosi della muscolatura intestinale.
• Tenesmo: contrazione involontaria, spesso dolorosa, dello s2ntere anale, associata al continuo
bisogno di evacuare, che spesso non è seguita da una evacuazione.
• Sintomi extraintestinali:
- articolari: artriti anche non molto gravi, pauci o poliarticolari (dolore a ginocchio, caviglia,
polso) a cara%ere deformante, ma RF-negative.
- manifestazioni cutanee: eritema nodoso (cara%erizzata da noduli dolenti, prevalentemente
posti a livello pretibiale, con cute arrossata sovrastante), pioderma gangrenoso (nodulo che si
ulcera e che tende a craterizzare, con necrosi centrale).
- sintomi oculari: uveiti ( che danno dolore e compromissione visiva) e scleriti (che danno una
sintomatologia più blanda).
- disturbi epato biliari: calcolosi biliare, che possono determinare colecistiti.
- calcolosi renale: che sono dovute in gran parte ad un aumentato assorbimento intestinale di
ossalato. La presenza di calcolosi renale spesso ritarda la diagnosi della forma intestinale.

In queste tabelle sono presenti le principali cara%eristiche che perme%ono di eHe%uare una diagnosi
diHerenziale tra Morbo di Crohn e Re%ocolite ulcerosa.
Innanzitu%o il Crohn può colpire qualsiasi segmento del tubo digerente, prevalentemente il tra%o
digiunale e ileale, ma anche il colon. La RCU invece colpisce i tra%i distali.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 151 A cura di ANDREA PERNA


Sintomi Morbo di Crohn Rettocolite ulcerosa
Dolore addominale importante, dolore sordo, più nel crampiforme, più nel quadrante
quadrante inferiore dx inferiore sn
Diarrea frequente Frequente, accompagnata spesso
da emissioni di sangue

Distensione addominale occasionale quasi mai presente, solo con


mala%ia grave
Ematochezia 20-30% , localizzazione colica sempre in caso di mala%ia a%iva
distale
Massa addominale quadrante inferiore dx (ileo quadrante inferiore sn (sigma in
inferiore stenotico) pz magri)
Malnutrizione frequente (se andiamo a occasionale e transitoria, solo nei
veri2care l'assorbimento di casi di maggiore gravità della
folati, nei casi in cui il MDC mala%ia, quando le scariche
coinvolge il tenue, vedremo che numerosissime diarroiche
sarà alterato in quanto il sanguinolente vanno ad alterare
maggiore assorbimento di folati molto la qualità della vita e
si ha proprio a livello del tenue-> l'appetito del paziente.
questo determinerà, anemia
megaloblastica)
Sintomi subocclusivi o frequenti, sopra%u%o nella forma assenti
francamente occlusivi stenosante: il pz lamenterà stipsi
con distensione addominale a
causa del dife%oso passaggio
delle feci nella zona stenosante
Malattia perianale/ &stole È presente 2no al 30%, proprio a assenti
causa delle cara%eristiche
patogenetiche del MDC: questa
patologia interessa anche le zone
profonde so%omucosali e
determina delle perforazioni che
possono 2stolizzare a livello
della cute della regione
perianale, determinando una
sintomatologia fortemente
dolorosa per il paziente, che va
ad impa%are molto
negativamente sullo stato
generale clinico del paziente

Test sierologici Morbo di Crohn Rettocolite ulcerosa


p ANCA + (colite di Crohn) ++ (+++ se colangite
sclerosante)
ASCA ++ +/-

Complicanze Morbo di Crohn Rettocolite ulcerosa


Ascesso e forme È quasi patognomonica del raro
microascessuali morbo di Crohn quando viene
rilevata alla biopsia del tra%o
colpito. E' più frequente a livello
perianale che intraddominale

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 152 A cura di ANDREA PERNA


Megacolon tossico : è una assente Raro, ma tipico della RCU
condizione patologica
cara%erizzata da una paresi della
muscolatura liscia del tra%o del
re%o e del colon eventualmente
colpito, per cui questo tra%o si
dilata
Stenosi comune rarissima

Cancro colon retto (è una raro (più frequente nella È associato più alla RCU perchè
delle complicanze più gravi) localizzazione colica) le manifestazioni in2ammatorie
della RCU riguardano
principalmente la mucosa che è
so%oposta a processi di morte e
rigenerazione cellulare, che sono
ripetuti nelle fasi di a%ività della
mala%ia. Gesto può
determinare, ad un certo punto
della mala%ia, la comparsa di
cloni neoplastici veri e propri.
Non è infrequente trovare in
questi sogge%i inizialmente delle
poliposi che ad un certo punto
determinano un cancro.
Viene consigliata a questi
sogge%i una colonscopia,
eventualmente con biopsia, a
distanza di un determinato arco
di tempo, in maniera seriata, per
monitorare l'eventuale
trasformazione neoplastica di
queste formazioni polipose, ove
presenti.

Manifestazioni Morbo di Crohn Rettocolite ulcerosa


extraintestinali
Eritema nodoso occasionale raro
Pioderma gangrenoso assente può essere presente
Colangite sclerosante primitiva raro occasionale (5-10%)
(che si associa spesso a una
storia pregressa di calcolosi
biliare)
Artralgie/artriti molto frequenti frequenti

Ovviamente la diagnosi di queste forme, oltre ad anamnesi, esame obie%ivo e indagini di laboratorio, si
basa sull'endoscopia ed eventualmente sulla biopsia

Aspetti endoscopici Morbo di Crohn Rettocolite ulcerosa


Distribuzione qualsiasi segmento del tubo GI continua a partire dal re%o,
coinvolgento il colon
Coinvolgimento ileale frequente raro

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 153 A cura di ANDREA PERNA


Coinvolgimento rettale 30-50% quasi sempre
Malattia uniforme e continua Infrequente, la mala%ia è sempre
segmentaria
Ulcere longitudinali, frequenti assenti
serpiginose
Aspetto acciottolato dell'ileo frequente assente
Alternanza mucosa frequente assente
normale/lesa
Stenosi occasionale rara (se c'è vado a sospe%are il
cancro)
Edema della mucosa occasionale frequente
Ulcere Profonde, tanto da portare alla spesso super2ciali e molto estese
formazione di 2stole entero-
enteriche ed entero-cutanee
In&ammazione rara frequente
circonferenziale

Per quanto riguarda gli aspe%i istologici:


- Deplezione mucipara: assente nel MC, frequente nella CU.
- Distorsione architetturale delle cripte: assente nel MC, frequente nella CU.
- Ascessi criptici: rari nel MC, occasionali nella CU.
- Granuloma: occasionale nel MC, frequente nella CU.
- Sottomucosa in&ammata: tipica del MC, mentre la RCU dà sopra%u%o ulcere più super2ciali.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Ci sono poi tu%a una serie di coliti che abbiamo de%o essere non appartenenti né all’uno né all’altra;
queste possono essere infe%ive e non.

COLITI INFETTIVE
Sono ba4eriche, parassitarie, virali e micotiche.
Molte di queste sono ba%eriche, motivo per cui nel nostro iter diagnostico dobbiamo fare anche un
esame ba%eriologico e parassitologico delle feci, per escludere che ci troviamo di fronte a infezioni,
principalmente date da ba%eri gram -, ad esempio il Campylobacter.
Nelle forme parassitarie invece ricordate che c’è anche una certa eosino2lia.
Tra le forme virali ricordiamo in particolare quella da Cytomegalo e delle forme rare da HIV.

COLITI NON INFETTIVE

- In(ammatorie: Da ricordare le diverticoliti, la cui diagnosi può essere fa%a con esami radiologici e
con la colonscopia, che ci perme%e di vedere i diverticoli in2ammati, cosa che può essere anche molto
grave.
Un’altra forma è una mala%ia reumatologica, il morbo di Behçet, citato a proposito delle vasculiti.
Possiamo infa%i avere delle vasculiti dei vasi della parete colica con manifestazioni tipiche di una colite
che però non ha nulla a che vedere con le IBD.

- Tossiche: Ad esempio da chemioterapici, i quali tra l’altro sopprimono il sistema immunitario del pz
favorendo a loro volta le infezioni ba%eriche.

- Maligne: Da adenocarcinomi del colon o linfomi. Ai linfomi intestinali bisogna stare a%enti: quando si
localizzano a livello dello stomaco o dell’intestino tenue danno un tipico coinvolgimento della mucosa e
della parete che può simulare un MC; sarà la presenza di linfoadenopatie mesenteriche di maggior
entità rispe%o a quelle presenti nelle IBD ad indirizzarci, in questo caso si vedono dei veri e propri
pacche%i linfonodali. Sono chiamati anche maltomi.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 154 A cura di ANDREA PERNA


- Vascolari: Da vasculiti o coliti ischemiche. Geste sono diagnosi molto diDcili, spesso la diagnosi la
fa il pezzo anatomico a seguito di un intervento chirurgico di urgenza che richiede l’asportazione del
tra%o ischemico; solo con l’analisi istologica si riesce a vedere il quadro ischemico o vasculitico.

Vi so%olineo però l’importanza di escludere in primis delle forme infe%ive sia ba%eriche che causate da
altri microorganismi.

VALUTAZIONE ATTIVITA’ CLINICA DEL MORBO DI CROHN


Tra%andosi di mala%ie croniche è opportuno con una certa frequenza valutare lo stato di mala%ia,
sopra%u%o nel morbo di Crohn; sappiamo che colpisce pazienti in età molto giovane che quindi hanno
una lunga aspe%ativa di vita, per cui la valutazione della gravità della mala%ia va fa%o periodicamente.
Il CDAI è una valutazione quantitativa dello stato di mala%ia che calcola un punteggio in base ad un
questionario compilato dal medico insieme al paziente; ci sono una serie di variabili (elencate so%o)
ognuna delle quali dà in base alla gravità un punteggio che poi viene moltiplicato per un fa%ore che
dipende dal peso che quella variabile ha nella mala%ia.
Un punteggio inferiore a 150 de2nisce una mala%ia nello stato quiescente.
E’ un po’ l’equivalente del MELD o del CHILD.

Nella tabella sono riportate le indicazioni per calcolare il punteggio CDAI.


Variabile Descrizione Fattore di
moltiplicazione
Numero evacuazioni giornaliere Ultimi 7 gg x2

Dolore addominale 0=nessuno x5


1=lieve
2=moderato
3=severo

Condizioni generali di salute 0=bene x7


1=discreto
2=scarso
3=molto scarso
4=terribile

Manifestazioni extraintestinali e 1 punto per ogni variabile presente x20


complicanze

Farmaci antidiarroici 0=no x20


1=sì

Massa addominale palpabile 0=assente x10


2=dubbia
5=de2nita

Ematocrito Maschi= 47-htc x6


Femmine= 42-htc

Peso corporeo % rispe%o al peso standard x1

- Con un esame ecogra2co , con e ecocolordoppler, possiamo valurareun aumento della vascolarizzazione
della parete ed un notevole ispessimento della stessa, la quale è tra l’altro ispessita, segno
patognomonico del Crohn che spesso cara%erizza le forme stenosanti. Anche con l’ecogra2a possiamo
vedere le 2stole entero-enteriche che in base alla localizzazione possono dare problemi di
malassorbimento, calo ponderale ed alterazioni ematologiche derivanti dalla carenza di nutrienti. Le
2stole entero-cutanee ovviamente si vedono anche all’EO.
- Con un pasto baritato , si possono osservare i quadri occlusivi o sub-occlusivi che spesso si
accompagnano alla mala%ia.
- All'esame endoscopico macroscopico si osserva mucosa gon2a, in2ammanta, il tipico aspe%o ad

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 155 A cura di ANDREA PERNA


accio%olato.
- Esame PET eseguito con Kuorodesossiglucosio, in genere si vedono più scure le zone con un aumentato
metabolismo glucidico, indice di mala%ia tumorale o in2ammatoria; in questo caso si vede l’ipera%ività
delle cellule dovuta allo stato di Kogosi nelle diverse regioni del tra%o GI, il cieco, il colon trasverso,
quello discendente, interessate in maniera discontinua.
Gesta è una delle cara%eristiche del MC che può essere utile per la diagnosi nel momento in cui ho
una sintomatologia clinica tipica; questo aspe%o ci dice che sicuramente non siamo davanti ad una RCU
la quale interessa tipicamente il re%o e il colon sopra%u%o discendente in modo continuo.

Terapia
I farmaci che possono essere utilizzati sono gli antin&ammatori (sopra%u%o corticosteroidi) che
possono essere somministrati per via orale o a%raverso un clisma.
- Ci sono i farmaci immunosoppressori, come l’azatioprina.
- Oggi abbiamo a disposizione anche dei farmaci biologici che vanno ad agire sui vari step del
meccanismo patogenetico che abbiamo visto all’inizio. Gesti farmaci sono comunque molto costosi. Il
più utilizzato è l’inKiximab, molecola anti-TNFα che ha pochi eHe%i collaterali e eHe%i positivi sulla
mala%ia.
- Un altro farmaco è l’ adalimumab, che invece agisce sull’a%ivazione linfocitaria di alcune
so%opopolazioni di linfociti.
- Ce ne sono anche altri ma per ora sono solo farmaci sperimentali utilizzati nei trial clinici; ad esempio
c’è il fontolizumab, un anticorpo dire%o contro l’interferon gamma, o altri dire%i sele%ivamente
contro i linfociti T. Sono tu%i anticorpi umanizzati dire%i contro diversi target in base al processo
immunologico che si vuole andare a colpire.
- In2ne c’è il trattamento chirurgico, sopra%u%o per le forme che riguardano il cieco e il colon.
Le forme 2stolizzanti richiedono la terapia antibiotica per evitare infezioni e peritoniti, in più anche
qui si usano farmaci immunosoppressori e biologici.

RETTOCOLITE ULCEROSA
Eziopatogenesi
18. Infettiva: anche in questo caso sono state fa%e molte teorie sull’eziologia infe%iva, sopra%u%o
riguardo la produzione di enterotossine da parte di alcuni ceppi di E.Coli, torna sempre questo
gram-

19. Allergie alimentari: anche qui moltissime teorie, la più citata è quella che riguarda
l’intolleranza al la4osio , tant’è vero che si era tolto l’uso del la%e nei sogge%i con diagnosi di
RCU.

20. Fattori ambientali: fumo, contracce4ivi orali, e c’è questa strana teoria dell’ appendicectomia
come fa%ore prote%ivo. La RCU è più frequente nei sogge%i che hanno l’appendice in situ,
probabilmente perché questa zona intestinale può essere sede di sviluppo di ceppi di ba%eri che
a loro volta possono favorire l’insorgenza della mala%ia.

Sintomi
Sono molto simili a quelli del MC.
- Diarrea
- Sangue nelle feci: quasi sempre presente, spesso rosso vivo proprio per l’interessamento dell’ultima
parte dell’intestino.
- Dolore addominale: prevalentemente nel QIS (il prof dice destra, ma penso volesse dire sinistra, nds).
- Malessere generale
- Dolori articolari
- Febbre
- Nausea, vomito
- Anoressia

Decorso
Una cara%eristica della RCU è il suo andamento intermittente (75% dei casi), ci sono periodi di
riacutizzazione con presenza di tu%i i sintomi elencati prima alternati a fasi di quiescenza della mala%ia.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 156 A cura di ANDREA PERNA


Gesta è un decorso molto speci2co per la RCU al contrario del MC che invece ha un andamento più
continuo.
Nel 20% dei casi la mala%ia è più continuativa.
Anche dal punto di vista macroscopico la mucosa ha delle cara%eristiche diverse rispe%o al MC, le
ulcere sono più super2ciali, sono in continuo per interi tra%i, si vedono emorragie.
Cara%eristica è la pseudopoliposi, lì dove il processo in2ammatorio così intenso ha dato luogo ad una
rigenerazione cellulare importante con rischio di avere formazioni polipoidi.

Esami strumentali
- Ecogra2a
- Rx dire%a addome: per visualizzare eventuali livelli idroaerei.
- Endoscopia: gold standard, fondamentale per fare diagnosi di IBD e successivamente per diHerenziare
la RCU dal MC, può me%ere in evidenza micropolipi, essi possono poi degenerare e dare luogo al
carcinoma del re%o o del colon..
- istologia, evidenzia cara%eristiche granulomatose, le cripte spesso sono invase da cellule
in2ammatorie, ciò ne causa la distorsione dell’archite%ura.
- PET con Kuorodesossiglucosio che mostra un processo Kogistico continuo che procede in maniera
caudo-craniale, interessando solamente il grosso intestino.
Una complicanza importante della RCU è il megacolon tossico.
Obiettivi diagnostici
 Certezza della diagnosi: dd con altri coliti, identi2care la speci2ca mala%ia tra le IBD
 Determinare Sede della lesione
 Determinare Estensione della lesione
 Identi2care le complicanze
 Identi2care manifestazioni extraintestinali
 Valutare l’a%ività della mala%ia
La diagnosi certa viene sempre fa%a sulla base dell’endoscopia e dell’esame istologico.

COLITI INDIFFERENZIATE
Gando il patologo vede un’in2ltrazione linfo-monocitaria, macrofagica, lesioni ulcerative non molto
profonde spesso parla di coliti indiAerenziate. Gesto è un capitolo molto più complesso che riguarda
una situazione clinica più sfumata, che può anche avere un cara%ere evolutivo e rappresentare
eHe%ivamente un primo stadio di un MC o di una RCU, oppure può rimanere indiHerenziata per tu%a la
mala%ia.

COMPLICANZE DI RCU E MDC


- Morbo di Crohn → stenosi, 2stole, ascessi, colelitiasi, urolitiasi
- Re%ocolite Ulcerosa → megacolon tossico, perforazione, spondilite anchilosante, colangite
sclerosante, adenocarcinoma del colon e del re%o
- Rischio di cancerizzazione
Diventa consistente dopo ca 10 aa di mala%ia, aumenta all’aumentare dell’estensione della mala%ia. Per
questo la colonscopia con biopsie è consigliata nei pz con RCU:
Fino a 20 aa di mala%ia → ogni 3 aa
Tra i 20 e i 30 aa di mala%ia → ogni 2 aa

Patogenesi
Senza entrare nei de%agli anche la RCU presenta delle alterazioni prevalentemente nelle cellule T
regolatorie che comunque poi determina a livello mucosale un aumento dell’a%ività del TNFα, il quale
incide sui processi apoptotici delle cellule mucosali.Esso determina questo processo in2ammatorio
cronico, un aumento del turnover cellulare che può favorire la trasformazione neoplastica.
RCU ereditaria

Terapia
Nella RCU possiamo avere una pancolite oppure una proctite;
- anche qui usiamo farmaci antin&ammatori (corticosteroidi) dati per clisma o per via orale, inKiximab
che è leggermente più eDcace perché abbiamo visto come il TNFα abbia un ruolo fondamentale nella
RCU.
- Abbiamo gli immunosoppressori come la ciclosporina, il tacrolimus, questi sono inibitori delle

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 157 A cura di ANDREA PERNA


citochine, riducono così la risposta in2ammatoria.
- Per quanto riguarda le forme che interessano solo il re%o abbiamo farmaci antin&ammatori
(corticosteroidi).
- Nei casi più gravi si ricorre alla chirurgia, sopra%u%o nei casi in cui l’endoscopia mostri un quadro di
precancerosi, che può determinare una resezione parziale se il tumore è isolato, se invece la lesione è
diHusa l’intervento è più radicale.
- I farmaci di prima scelta nel tra4amento acuto sono l’azatioprina, la sulfasalazina, gli steroidi come la
budesonide che ha in particolare un eHe%o locale, nel caso in cui ci siano delle infezioni sopra%u%o
peritoneale è necessaria la terapia antibiotica, utilizzando sopra%u%o i chinolonici che agiscono sui
gram -, come la ciproKoxacina o la levoKoxacina,e il metronidazolo, che invece è più a%ivo sui gram+.
In2ne gli immunosoppressori anche classici, come il metotrexato o la ciclosporina.
- Nelle gravi forme 2stolose possiamo agire chirurgicamente.
- In2ne un tra%amento innovativo per complicanze di natura 2stolosa non rispondenti alla terapia
medica e chirurgica, ad esempio 2stole entero-cutanee che sono molto fastidiose e possono peggiorare
notevolmente la QoL del pz, è il trapianto di cellule staminali emopoietiche che può dare o%imi risultati.

Obiettivi trattamento medico


 Indurre la remissione della mala%ia
 Mantenere la remissione e prolungarne la durata
 Prevenire le riacutizzazioni
 Prevenire le complicanze
Caso clinico
Pubblicato un anno e mezzo fa sul NEJM, di una forma di RCU che seguiva una classica forma di
ereditarietà di tipo mendeliano; ci sono infa%i più membri della famiglia che, con un meccanismo di
trasmissione autosomico, hanno ereditato la RCU.
Tu%i i membri avevano un’alterazione della risposta immunitaria, ma più che avere un aumento dei
processi pro-in2ammatori in realtà quello che si osserva è che c’è una riduzione dei processi
antin2ammatori. Gindi c’è uno sbilanciamento dei normali processi che non sono più in equilibrio
perché una via è de2citaria.
Tu%o questo processo patologico si basa sull’alterazione della via dell’IL-10.
Essa è una citochina prodo%a dalle cellule T regolatorie per inibire la risposta mediata
fondamentalmente dal TNFα.
Gesta forma eredo-familiare di RCU si manifesta con gli stessi sintomi della forma classica (diarrea,
dolore addominale, malessere, calo ponderale..) ma la mala%ia è dovuta a mutazioni non tanto del gene
dell’IL-10 ma del suo rece4ore.
Anche dal punto di vista endoscopico la mala%ia ha una presentazione classica, con ulcere super2ciali,
granulomi, distorsioni delle cripte.
Gello che questi autori hanno scoperto è che l’IL-10, a seguito dell’interazione con il suo rece%ore,
determina la fosforilazione di STAT3, che è una molecola extracellulare. Essa agisce sui linfociti
produ%ori di TNFα inibendo la secrezione del TNFα stesso.
Vedete che in questi sogge%i con mutazione di IL-10R c’è l’inserzione di un codone di stop a livello del
codone 159 che determina la mancata trascrizione del rece%ore. Nel pannello c vedete che questi pz non
presentano la fosforilazione su un residuo di tirosina della STAT3; ci si aspe%a quindi che la produzione
di TNFα non sia inibita.
Alla citoKuorimetria si vede una mancata espressione dell’IL-10R. Gindi la presenza del codone di stop
nel gene del rece%ore porta ad una riduzione della sua espressione, il che a sua volta determina una
minor fosforilazione della STAT3 con minor inibizione sulla secrezione di TNFα.

Gli autori hanno proprio dimostrato questo eHe%o: hanno stimolato cellule monocitiche con IL-10 e
hanno veri2cato che nei pazienti la risposta in termini di produzione di TNFα era molto maggiore
rispe%o ai controlli in cui la risposta era minima o quasi inesistente a causa dell’inibizione esercitata
dalla STAT3, assente invece nei membri della famiglia.

Gindi in questo caso non c’era una spinta intrinseca alla produzione di TNFα quanto una mancata
inibizione della secrezione della stessa. L’eHe%o 2nale è però lo stesso: abbiamo una Kogosi e
manifestazioni 2siopatologiche della mala%ia classica.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 158 A cura di ANDREA PERNA


PARTE 4
MALATTIE
RENALI

SOMMARIO:

- IRA
- IRC

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 159 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 19 INSUFFICIENZA RENALE ACUTA (IRA)

L’insuDcienza renale acuta (IRA) e ̀ una condizione clinica frequente in ambito ospedaliero. E’ rilevata
nel 15% dei pazienti adulti ricoverati negli ospedali dei paesi industrializzati e la sua prevalenza è
particolarmente elevata nei pazienti anziani, nei quali è responsabile di importante morbilità e
mortalità.

L’utilizzo di diversi tipi di farmaci, molto spesso in contemporanea, determinano lesioni a carico dei
vari segmenti renali.
E’ una condizione patologica importante da riconoscere in tempo, poiché il mancato riconoscimento
può determinare la morte del paziente.
Le forme più gravi non controllate possono provocare la morte del paziente in breve tempo, mentre
quelle meno gravi possono cronicizzare e richiedere supporto dialitico ( dialisi peritoneale , emodialisi)
o trapianto renale.

Epidemiologia
E’ associata a circa l’1-2% dei ricoveri in ambito ospedaliero e vede coinvolti sopratu%o i pazienti di
terapia intensiva e rianimazione.
In uno studio condo%o recentemente sull’IRA severa si è evidenziato un tasso di mortalità del 30-40%.
Secondo dati statistici provenienti dal Regno Unito, una migliore assistenza ospedaliera dei pazienti con
IRA, potrebbero salvare circa 12.000 vite e risparmiare £ 150m.

Diagnosi
La diagnosi di IRA si basa sul monitoraggio di un biomarker fondamentale, la creatininemia e la VFG ,
associato o meno alla produzione di urina: le tabelle 1 e 2 riportano le de2nizioni di IRA per adulti e
bambini, ma non sono prive di aspe%i controversi (Box delle incertezze).

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 160 A cura di ANDREA PERNA


La prima tabella riporta i dati delle linee guida della KDIGO Group , di cui ci si avvale per o%enere
un’adeguata diagnosi di IRA .
I dati fondamentali da considerare sono creatininemia e la produzione di urina . Essi sono da valutare in
base a due situazioni prototipiche:
 IRA improvvisa
21. IRA osservata in corso di insuDcienza renale cronica.

Nel primo caso parliamo di IRA, quando :


- la creatininemia sarà di 0.3mg/dL con una produzione urinaria < 0,5 mL/kg/h per più di 6 ore ;
 la creatininemia sar à aumentata tra il 100% e il 190% rispe%o ai valori basali nell’arco di 7 giorni ,
sempre correlata ad una produzione urinaria < 0.5 mL/kg/ h per più di 12 ore;
 la creatininemia sar à > 200% nell’arco di 7 giorni. Tale dato non deve essere necessariamente
supportato dalla contrazione della diuresi, come visto nei due precedenti punti.
Non è il valore della creatininemia da sola ad essere importante, piu%osto è il suo monitoraggio
costante che ci perme%e di evidenziare quale sia il valore basale e quindi quanti2care un suo eventuale
aumento.
Nel secondo caso (IRA in corso di IRC ) , condizioni varie di IRC come glomerulonefriti autoimmuni o
nefropatia diabetica, possono presentare nel loro decorso IRA.

In tal caso si considererà indicativo di IRA un valore di creatininemia :


354 micromol/ L , associata ad un aumento di 26 micromol / L nelle 48 h;
 > 50% rispe%o ai valori basali nell’arco di 7 giorni.
Condizioni entrambe necessariamente associate ad una condizione di riduzione della produzione di
urina , di circa 0,3mL /kg / h.

Ganto riportato rappresenta dati che hanno una valenza in pazienti adulti con IRA e sono indicazioni
per la terapia sostitutiva.
Molte condizioni , come l’infarto del miocardio acuto di tipo massivo con conseguente scompenso
cardiaco , o politraumi , avranno una prognosi negativa qualora venissero complicati da IRA.

La stessa KDIGO, ha creato il “ Box di incertezze sulla migliore de2nizione di IRA” :


 La migliore misurazione della funzionalità renale basale (pre-morbidità) rimane controversa ;
 Nei pazienti con insuDcienza renale cronica, la rilevanza di un aumento della creatininemia di ≥26
µmol/L (0.3 mg/dL) nell’IRA è incerto. Un simile incremento è classi2cato come insuDcienza renale di
stadio 3 (severo) nei pazienti con insuDcienza renale cronica secondo la de2nizione del KDIGO per
indicare un rischio aumentato, ma è classi2cato come stadio 1 in assenza di precedente insuDcienza
renale cronica. Da notare che un aumento di 30 µmol/L da un valore basale di 360 µmol/L corrisponde
solo a un 8.5%. Un aumento percentuale così rido%o potrebbe dipendere da variabili analitiche e
biologiche in assenza di mala%ia acuta.
 La de2nizione KDIGO è la più recente delle tre classi2cazioni di IRA negli adulti. Gelle meno recenti
sono AKIN (Acute Kidney Injury Network) e RIFLE (Risk, Injury, Failure, Loss, End stage renal
disease). Esiste anche una versione pediatrica della classi2cazione RIFLE (pRIFLE). KDIGO e pRIFLE
vengono fornite come esempi, ma il NICE non raccomanda speci2catamente di utilizzare nessuna
delle tre de2nizioni. Anche se verosimilmente la prima de2nizione KDIGO di IRA sar à modi2cata nei
prossimi anni, questo non riduce la necessit à per i clinici di utilizzare quotidianamente una
de2nizione di IRA basata sulla stadiazione.

CRITERI NICE
Molte patologie hanno una correlazione di causalità con l’IRA , ciò giusti2ca la sua elevata presenza in
termini epidemiologici. Pertanto bisogna v alutarne la presenza se è probabile o certa una di queste
condizioni, misurando la creatininemia e comparandola con i valori basali dei pazienti adulti con
mala%ie acute :
 InsuDcienza renale cronica : i pazienti con un tasso presunto di 2ltrazione glomerulare(eGFR) <60
mL/min/1.73 m2 sono particolarmente a rischio
 InsuDcienza cardiaca

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 161 A cura di ANDREA PERNA


 InsuDcienza epatica
 Diabete
 Storia di IRA
 Oliguria cronica (produzione di urina <0.5 mg kg/h)
• De2cit o disabilit à neurologica o cognitiva, che può comportare una limitata assunzione di Kuidi per
la dipendenza da un caregiver
• Ipovolemia
• Assunzione di farmaci potenzialmente nefrotossici (es. FANS, aminoglicosidi, ACE-inibitori,
antagonisti dell ’angiotensina II, diuretici) nella se%imana precedente, in particolare in pazienti
ipovolemici
• Uso di mezzi di contrasto iodati nella se%imana precedente
• Sintomi o storia personale di ostruzione delle vie urinarie o di condizioni associate
• Sepsi
• Peggioramento degli score di allarme precoce
• Età ≥65 anni

Il razionale della valutazione seriale della creatininemia, risiede nel fa%o che l’IRA è molto spesso
correlata alle patologie sopra riportate.
Per i pazienti pediatrici i criteri da considerare per la diagnosi sono riportati in “Tabella2” ed i criteri
Nice sono uguali a quelli adulti.
E’ di fondamentale importanza rilevare prontamente l’IRA nei pazienti pediatrici ed è importante
considerare che le condizioni correlate ad essa sono sopra%u%o due: le nefriti e le neoplasie
ematologiche come i linfomi e leucemie linfobllastiche , responsabili di in2ltrazioni importanti in modo
particolare proprio a livello renale.

IL DATO LABORATORISTICO DEVE ESSERE SECONDARIAMENTE SUPPORTATO DAL DATO


STRUMENTALE DELL’ECOGRAFIA, ENTRO LE 24 h.
Le immagini ecogra2che devono dare informazioni circa lo stato del parenchima e, quando possibile,
delle vie di escrezione renale.

CONDIZIONI FISIOPATOLOGICHE
Le cause 2siopatologiche possono essere suddivise in tre classi:
• Prerenale - correlata a problematiche di tipo funzionale , correlata a condizioni di bassa pressione
arteriosa sistemica e basso volume plasmatico circolante ;
 Postrenale - correlata a condizioni di tipo otru%ivo ;
 Renale - correlata a patologie organiche , che più facilmente evolvono in forme croniche

Tra le cause prerenali , ritroviamo :


 infarto del miocardio;
 aritmie , sopratu%o condizioni bradicardiche ;
 shock , derivante da problematiche quali sepsi, embolia su base se%ica, trombotica , neoplastica come
nel caso di adenomi che coinvologno la parete dell’arteriola aHerente;
 emorragia ,che siano rapide , importanti da un punto di vista quantitativo e correlate ad una
riduzione di 3g di Hb in 12 h o meno;
 perdita di plasma, osservabile in seguito a condizioni quali ustioni ( importanti sopratu%o quando
interessante più del 30% della super2cie corporea) , traumi;
• disidratazione , che riguarda sopratu%o sia i pazienti pediatrici ( diarrea e vomito) , che i pazienti
anziani , a causa della riduzione dello stimolo della sete e contemporanea trasudazione cutanea con
perdita di grossi volumi di acqua ;
• aumentato terzo spazio, a seguito di problematiche da sequestro osservabili in caso di cirrosi (sdr
epatorenale )o edemi declivi periferici per scompenso cardiaco.

In queste condizioni viene persa la capacità di AUTOREGOLAZIONE RENALE 2siologicamente


importante nel mantenere FER e VFG costanti in seguito ad oscillazioni importanti di pressione , in un
range compreso tra 60 e i 150 mmHg .

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 162 A cura di ANDREA PERNA


Essa è determinata da due meccanismi noti :
• MECCANISMO MIOGENO , che vede coinvolta la parete muscolare dell ’arteriola aHerente
responsabile delle variazioni di calibro, con conseguente modi2ca della resistenza vasale stessa
( vasocostrizione se PA aumenta , vasodilatazione se PA diminuisce);
• FEEDBACK TUBULOGLOMERULARE , che funziona tramite il sistema RAA .

Al di so%o dei 60 mmHg si osserverà una caduta esponenziale della VFG che determinerà una
clearance renale < 15 mmL / min , determinando :
• aumento di creatininemia;
• contrazione importante della diuresi ( < 150 cc in 24 h ) con conseguente oligoanuria.

Seppure l’eziopatogenesi è assolutamente variabile, laboratoristicamente il dato cara%eristico sarà la


contrazione della diuresi.
Tu%o ciò avrà delle ripercussioni sulle cara%eristiche chimico-2siche dell’urina, che si presenterà
alterata sia qualitativamente che quantitativamente.
Cambierà colore, poiché sarà più concentrata e perciò più scura e aumenteranno sia il peso speci2co
( >1020) che l’osmolarità ( > 450 mOsm ) , mentre diminuirà la sodiuria ( Na < 20 mEq) .
A livello ematico si osserverà un aumento sia dell’urea che della creatininemia , ai valori
rispe%ivamente di >250 mg /dL e > 3-4 mg /dL.

La diagnosi si avvale dell’anamnesi, della clinica e degli esami laboratoristici e spesso viene riconosciuta
precocemente. risulta essere la forma più frequente di IRA , colpendo globalmente un’importante fe%a
di questi pazienti, presentandosi con una frequenza del 70-80% dei casi dei pazienti con IRA .

La terapia è di tipo restri%ivo ed è molto spesso correlata ad un’o%ima prognosi. Nella maggior parte
dei casi il paziente guarisce con restitutio ad integrum e solo una piccola percentuale dei pazienti con
tale condizione vanno incontro ad un’ IRC.
Ciò è correlato alle condizioni di base del paziente; per esempio un paziente con sdr epatorenale grave o
importante scompenso cardiaco possono presentare prognosi non o%imale.

Le forme di tipo postrenale si presentano con una frequenza globale compresa tra il 10-20%.
L’eziopatogenesi è correlata ad una qualsiasi causa che determina l’impedimento dell’escrezione
urinaria e sono suddivisibili in due grandi classi di cause :
• INTRINSECHE
• ESTRINSECHE
I pazienti con questa forma di IRA talvolta lamentano oligoanuria, ma più frequentemente sono pazienti
con anuria, rapidamente identi2cabile, con dolore vescicale localizzato all’altezza del basso ventre.

Tra le cause intrinseche ricordiamo condizioni, come :


- calcolosi,
- formazione di coaguli ,
- necrosi papillare correlata a dife%i congeniti valvolari e/o reKussi ;

Tra le cause estrinseche, si possono ricordare condizioni come :


- anemia ,
- 2brosi retroperitoneali ,
- neoplasie del bacine%o e/o degli urteri , come nel caso dei carcinomi a cellule transizionali che hanno
la cara%eristica di proliferare in modo eccentrico , causando perciò condizioni ostru%ive importanti o
ancora anomale congenite, come nel caso delle atresie.

Tu%e queste condizioni danno un eHe%o massa, con compressione delle vie escretrici e problematiche
che si ripercuotono a monte dell’ostruzione stessa, potendo interessare anche il bacine%o renale.
Talvolta i linfomi di tipo non Hodgking, spesso a grandi cellule B, possono provocare un ingrossamento
linfonodale, tale da determinare importanti fenomeni compressivi con conseguente restrizione
meccanica urinaria.
Altre patologie neoplastiche da considerare saranno sia i sarcomi retroperitoneali possono essere causa
importante di compressione delle vie urinarie in quanto sono processi neoplastici a lenta crescita che

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 163 A cura di ANDREA PERNA


non danno manifestazioni importanti se non quando la massa sarà diventa considerevole, sia le
patologie oncoginecologiche.
In2ne anche le patologie neurone possono essere importanti cause di ostruzione alle vie urinarie
inferiori.

Diagnosi
La diagnosi si avvale di:
- anamnesi,
- diuresi,
- esami strumentali,
- clinica
- esami di laboratorio .

Gli esami strumentali utilizzabili, potranno essere semplici , come l’ecogra2a o, nei casi complicati
come la 2brosi o il sarcoma retroperitoneale, è indicato eseguire indagini più invasive come
l’UROGRAFIA DISCENDENTE , che si avvale del Mdc.
La clinica è dominata dall’oligoanuria e dai segni e sintomi della patologia so%ostante.

In caso di calcolosi renale , possiamo notare un’alternanza della sintomatologia: i calcoli a causa di
un’aumento di pressione si potranno spostare, determinando un quadro di poliuria improvvisa e la
tendenza del paziente a formarne di nuovi, potrà far variare il quadro verso una condizione oligoanurica
nuovamente, in breve tempo.

Con gli esami di laboratorio nelle forme di IRA Postrenale , si potranno osservare delle urine normali,
sia qualitativamente che nelle proprietà chimico-2siche (ph, peso speci2co, osmolalità) a causa del fa%o
che il problema risiede in un ostacolo meccanico. Uremia e creatininemia saranno invece aumentate.

Gli esami strumentali da poter utilizzare saranno:


- ecogra2a,
- rx dire%o addome fondamentale per le forme di calcolosi renale,
- urogra2a ,
- pielogra2a o tac.
La TC è importante sopratu%o per patologie complesse come le 2brosi retroperitoneali, che così
vengono studiate anche in base ai rapporti con le stru%ure circostanti.

Il tra%amento rende queste condizioni assolutamente reversibile, senza esiti negativi. Nei rari casi in cui
non si riesce a trovare la causa dell’ostruzione, si potrà osservare un importante coinvolgimento di aree
a monte 2no al bacine%o pelvico, responsabili di IRC. Grazie alla diagnostica strumentale , sopratu%o
radiologica, queste situazioni sono assolutamente rare, poiché la maggior parte delle cause sono
riconosciute precocemente.

IRA di tipo organico


L’IRA di tipo Renale è una condizione meno frequente, complicata e complessa. Essa è correlata ad una
riduzione acuta di funzione renale, per danno organico.
Colpisce globalmente il 15% circa dei pz con IRA e le aree a livello renale, sono le seguenti:
• tubuli 70%
• glomeruli 15%
• vasi 10%
• interstiziale 5%

Due condizioni importanti e complesse rientrano in questa forma di IRA :


• SEU , sdr uremico-emolitica
• TTP , porpora trombotica trombocitopenica
molto pericolose e da tra%are con terapie speci2che.

Le forme di insuDcienza renale di tipo organico possono essere ricondo%e in termini di movente
patogenetico a due condizioni fondamentali:

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 164 A cura di ANDREA PERNA


- la prima è una de2cienza che nasce da alterazioni del macro o microcircolo renale da varie cause,
- la seconda forma è su base in2ammatoria o degenerativa, situazioni che spesso possono essere
associate e che determinano delle alterazioni irreversibili o diDcilmente reversibili a carico sopra%u%o
del glomerulo o anche del mesangio.

Dal punto di vista patogenetico anche i vasi renali possono essere causa di insuDcienza renale acuta
organica: le grosse embolie ba%eriche o lipidiche dell’arteria renale, le dissezioni o gli aneurismi, le
vasculiti, come per esempio la Takayasu, che può colpire l’arco aortico e scendere verso il basso e
andare a coinvolgere l’aorta addominale e le arterie renali e poi ci sono le forme di trombosi venosa
splacnica delle vene renali, quindi il circolo reKuo del rene.

Poi abbiamo le forme squisitamente glomerulari che possono essere in2ammatorie o ematologiche: le
microangiopatie renali, che si manifestano a%raverso un’occlusione dei vasi glomerulari sia una forma
emolitico uremica sia le forme di porpora trombotica trombocitopenia.
Geste forme possiamo ritrovarle anche nei pazienti so%oposti a terapia immunosoppressiva, farmaci
tra cui tacrolimus, sirolimus, che inibiscono alcune stru%ure endocellulari determinando apoptosi delle
cellule glomerulari e quindi degenerazione del glomerulo stesso.

Abbiamo forme di glomerulonefrite su base in2ammatoria nonché autoimmune,:


- il LES per primo, che può determinare una glomerulonefrite acuta progressiva,
- poi ci sono le forme di glomerulosclerosi focale segmentaria,
- quelle che derivano dall’uso dei mezzi di contrasto adoperati in radiologia,
- la tossiemia gravidica,
- le forme ematologiche sistemiche drammatiche tra cui la CID, in genere legate a sepsi: l’infezione da
meningococco, ad esempio, può dare una forma di insuDcienza renale acuta organica in quanto
associata a una forma di coagulazione intravascolare disseminata dove il sistema coagulativo è
completamente disregolato e dà luogo alla formazione di trombi veri e proprio del circolo sistemico in
maniera incontrollata nonché ischemia del rene.
- Abbiamo poi delle forme che possiamo riscontrare un po’ più frequentemente in ambito ospedaliero, le
forme da danno tubulare, in quanto sono sopra%u%o i farmaci a dare luogo ad alterazioni tubulari.

Geste alterazioni tubulari, poiché i tubuli sono la sede dell’assorbimento e dell’escrezione di acqua e di
ioni, danno luogo a situazioni legate a disturbi idroele%rolitici, iposodiemia, ipercaliemie.

La forma più eclatante di necrosi tubulare acuta spesso si può avere in alcuni sogge%i per reazioni a
farmaci anestetici, adoperati in anestesia generale e quindi può insorgere dopo recenti interventi
chirurgici e ha un’evoluzione abbastanza cara%eristica: se adeguatamente tra%ata può essere reversibile
ma in genere determina dopo la guarigione del sogge%o una condizione funzionale e organica del rene
che non ritorna mai nelle condizioni iniziali, c’è sempre qualche piccola alterazione che è retaggio di
questa necrosi che si è veri2cata .

Le tossine che determinano la necrosi tubulare possono essere quindi esogene: tra queste bisogna
ricordare anche la forma di necrosi tubulare acuta, più frequente in passato in alcune tipologie di
lavoro, legata all’esposizione a collanti, glicole etilenico.

Esistono inoltre forme di necrosi tubulare acuta da sostanza endogene, quali la bilirubina, la mioglobina
legate alla liberazione di alti livelli del gruppo prostetico sia dell’emoglobina che della mioglobina e
quindi iperbilirubinemie importanti, danni muscolari estesi da politraumi. Il gruppo prostetico
danneggia con diversi meccanismi, non ultimo il danno ossidativo, queste cellule tubulari, che quindi
vanno in necrosi.

Annoveriamo inoltre le forme dell’interstizio con estese in2ltrazioni mesangiali di cellule neoplastiche,
sopra%u%o in ambito ematologico leucemie linfoblastiche, LNH ad alta malignità, patologie di tipo
disrea%ivo, vagamente autoimmune con patogenesi ancora non chiara come la sarcoidosi, spesso le
vasculiti coinvolgono anche il circolo renale e possono inKuenzare il tubulo con necrosi tubulare acuta
poi ovviamente c’è la componente infe%iva che può essere presente nelle forme virali e da candida.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 165 A cura di ANDREA PERNA


Necrosi tubulare acuta
Ne esistono, come abbiamo già visto, due forme: ischemica e tossica.
La forma ischemica è dovuta al coinvolgimento del circolo arteriolare della midollare renale, con
interessamento prevalente del tubulo mentre quella su base tossica è dovuta a tossine esogene ed
endogene .
Chiaramente l' epitelio tubulare che va incontro ad apoptosi per necrosi tubulare acuta tende poi, se
rimossa la causa che ne determina la morte, a rigenerare, c’è un processo di riepitelizzazione ma poiché
queste cellule hanno un equilibrio molto delicato, per quanto riguarda la funzione di assorbimento ed
escrezione di acqua e riassorbimento di ioni, queste funzioni non arrivano ad essere mai quelle
esa%amente preesistenti al danno stesso: questi sogge%i pur andando incontro a guarigione hanno
sempre qualche residuo di mala%ia, la funzionalità renale cioè non è mai perfe%a proprio in virtù di
questo meccanismo di rigenerazione tubulare.

Galsiasi condizione che determini un ipoaqusso e quindi ischemia provoca anche necrosi tubulare, in
questo caso però è più speci2ca e coinvolge primariamente la zona tubulare: comunque le condizioni
che determinano necrosi tubulare acuta sono esa%amente le stesse che provocano insuDcienza
prerenale.
Spesso è anche la velocità e l’estensione della forma ischemica che può determinare nel primo caso una
forma di insuDcienza prerenale che è più facilmente reversibile a diHerenza della necrosi tubulare acuta
dove l’ischemia è più estesa e coinvolge il sistema tubulare ma le cause sono esa%amente le stesse.

Tra le patologie lavorative in passato c’era anche un’intossicazione da mercurio, che è stato bandito
dalle preparazioni industriali, un’intossicazione da arsenico e da uranio.

Un’altra situazione che può determinare necrosi da tossine endogene può essere il tetano, non è tanto
l’infezione di per sé quanto le contrazioni muscolari estese che il tetano determina (oggi fortunatamente
più rare) le quali creavano situazioni di mioglobinuria e quindi danno a livello tubulare.

Decorso clinico
Per quanto concerne il decorso clinico di insuDcienza renale con necrosi tubulare acuta è possibile
individuare diverse fasi:
 fase oligurica: l’oligoanuria deve esserci quasi sempre;
 fase diuretica precoce, grazie alle capacità costituzionali dell’epitelio tubulare esso tende a
rigenerare e quindi a ricostituire le proprie capacità funzionali legate ad assorbimento ed
escrezione di acqua e ioni: dopo alcuni giorni dall’eliminazione della causa dell’IRA il paziente
comincia a rieme%ere 400/500 cc di urina nelle 24 ore, urine con peso speci2co e osmolarità
bassi dovuto al fa%o che la competenza funzionale relativa all’assorbimento di acqua e ioni è
ancora bassa;
 fase diuretica tardiva, molto delicata in quanto in questa fase il paziente può eme%ere litri di
urina ipostenica e con osmolarità molto bassa: bisogna prestare a%enzione in questa fase
perché l’epitelio tubulare non ha ancora ricostruito perfe%amente gli equilibri funzionali per il
riassorbimento di acqua e ioni, il paziente, qualora non si faccia un accurato bilancio
idroele%rolitico, può andare incontro a disidratazione che colpisce in maniera prevalente il
sistema nervoso centrale
 fase della convalescenza, più o meno lunga cara%erizzata da una quasi totale restituito ad
integrum, non perfe%a ricostruzione della competenza funzionale delle cellule tubulari renali.

Nella fase oligurica è presente sempre azotemia e ipercreatininemia, il paziente si accorge di aumentare
improvvisamente di peso, c’è un aumento della potassiemia, altro biomarker di insuDcienza renale sia
acuta che cronica, c’è un’acidosi che può incidere sulla funzionalità respiratoria in quanto i centri
bulbari sono sensibili a stati acidosici; in2ne il quadro clinico è il più vario in base alla causa che ha
scatenato l’insuDcienza renale.
È opportuno per la diagnosi tenere a mente certi parametri, ad esempio rapporti tra creatinuria e
creatininemia, rapporti che risultano molto utili sopra%u%o nella valutazione in fase acuta, un altro
parametro che invece è utile nelle forme glomerulari è il rapporto tra microalbuminuria e creatinuria.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 166 A cura di ANDREA PERNA


La creatinina aumenta oltre i limiti massimi 1.5-2 mg/ml quando il danno renale è estremamente esteso
e copre già il 40-50% del parenchima renale: se voi sospe%ate queste patologie il rapporto tra
microalbuminuria a creatinuria vi dà un indice molto precoce di danno renale e quindi vi perme%e di
a%uare le terapie più idonee nel minor tempo possibile.

Nella fase diuretica tardiva sono riportati casi di addiri%ura 4-5 l nelle 24 h: in questa fase c’è inoltre un
aumento della velocità di 2ltrazione glomerulare e una diminuzione dell’azotemia e creatininemia, la
perdita di acqua ed ele%roliti determina disidratazione, il paziente ha un calo ponderale, ha sete ma
sopra%u%o c’è un’iponatriemia che è responsabile di stati ipotensivi e catatonici, sopra%u%o qualora
non venisse corre%o questo stato e poi ipopotassiemia per questa estrema eliminazione di urina con
danni neurologici che vanno dall’iporeKessia all’astenia 2no alle alterazione all’ECG.

Nel 25% dei casi delle forme di insuDcienza renale acuta c’è un interessamento dei glomeruli e dei vasi:
in relazione alle glomerulopatie le più frequenti oggi sono su base dismetabolica, diabetica. Una delle
forme importanti glomerulari causa di insuDcienza renale acuta è la necrosi corticale acuta .

Necrosi corticale acuta


È una forma ischemica che riguarda prevalentemente la corticale renale, fortunatamente è rara,
rappresenta il 2% delle forme delle IRA e anche qui l’eziologia è la più varia :
 la forma gravidica con distacco precoce di placenta e liberazione di materiale tromboplastinico
che determina la dismissione in circolo di sostanze che in qualche modo determinano trombosi
del microcircolo corticale;
 le infezioni da gram negativi;
 le pancreatiti, che possono molte volte essere responsabili di CID nelle forme più gravi e
coinvolgere la corticale renale;
 le crisi emolitiche con la sindrome emolitico uremica: la SEU può essere su base infe%iva e
questo coinvolge il paziente prevalentemente pediatrico. Ricorderete qualche estate fa in
Germania l’epidemia di sindrome emolitico uremica dovuta alla disseminazione di un ceppo
a%raverso germogli di soia, contaminati da acqua infe%a, un ceppo particolare di Escherichia
Coli, non riconosciuto all’epoca come responsabile di questa forma (adesso chiaramente lo è
dopo essere stato identi2cato).
Gesta situazione determina la dismissione di una tossina, Shiga toxin, ossia la tossina della Shigella,
che induce apoptosi delle cellule glomerulari: dato che le cellule glomerulari sono molto ricche di
fa%ore vW , esso viene liberato e il glomerulo è completamente occluso da forme di fa%ore vW con
formazione, a seguito del coinvolgimento delle piastrine, di un trombo bianco.

Geste sono le forme infe%ive, esistono poi anche delle forme congenite di SEU, una vasta gamma di
alterazioni congenite del complemento che determinano, con un meccanismo simile alle sindromi
emolitiche uremiche infe%ive ma non lo stesso, un’occlusione del glomeruli e quindi una sindrome
emolitico uremica.

Come dice il nome stesso la sindrome emolitico uremica si compone di due fa%ori fondamentali,
l’emolisi dovuta al passaggio delle emazie in questi trombi del microcircolo renale e quindi si
frammentano e poi l’uremia perché c’è l’insuDcienza renale.
Oggi le sindromi da necrosi corticale si hanno anche nel rige%o iperacuto del trapianto renale, già in
seconda, terza o quarta giornata post trapianto possiamo avere un rige%o con necrosi corticale che deve
necessariamente portare il paziente al tavolo operatorio, il tu%o per incompatibilità di qualche
componente del sistema HLA.

Spesso in queste situazioni l’oligoanuria è un po’ più prolungata perché la forme hanno un andamento
più cronico, sono iperacute quando si associano a CID.

I pazienti con sindrome emolitico uremica hanno un quadro clinico estremamente grave, devono essere
tra%ati molto rapidamente.
Gando avete davanti un bambino con una sindrome emolitico uremica, con IRA, con oligoanuria, con

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 167 A cura di ANDREA PERNA


emolisi meccanica negativa al test di Coombs, iperbilirubinemia, aumento della creatinina,
iperazotemia, prestate molta a%enzione a chiedere ai genitori del bambino se ha mangiato qualcosa di
strano, creme o prodo%i acquistati in campagna e ciò unitamente alla comparsa di diarrea è importante;
nel bambino la diarrea insieme a qualche condizione alimentare particolare si può trasformare in SEU
per ceppi di E.Coli, sopra%u%o il ceppo O157H, il ceppo speci2co che produce Shiga Toxin responsabile
della glomerulopatia e insuDcienza renale acuta su base glomerulare.

In questi casi la terapia di supporto deve essere importante per mantenere la funzione renale ma con il
passare del tempo una volta debellata l’infezione esita in una restituito ad integrum della funzionalità
renale.
In relazione alla prognosi si capisce quanto sia importante fare una diagnosi precoce: si ha una ripresa
parziale nel 15% dei casi, insuDcienza renale cronica nell’80% dei casi ed exitus prima della dialisi nel
90% dei casi.

La tossina speci2ca O157H può essere riconosciuta con metodiche microbiologiche basate su tecniche di
biologia molecolare. Per quanto riguarda le forme infe%ive bisogna fare l’anamnesi per capire se il
paziente sopra%u%o quello pediatrico ha soHerto di diarrea, a volte c’è necessità di fare dialisi
temporaneamente e poi la terapia speci2ca quale quella antibiotica.

Le società medico scienti2che hanno stabilito inoltre qual è lo stadio di danno renale: è possibile
individuare cinque gradi di compromissione sulla base del 2ltrato glomerulare, che normalmente è > 90
ml/min (stadio I) per arrivare ad una situazione di insuDcienza renale terminale, <15ml/min (stadio V).

Gesta stima del grado di danno renale è importante in quanto diversi farmaci che nei pazienti più
anziani vengono somministrati sono eliminati per via renale: bisogna dunque conoscere il grado di
insuDcienza renale del paziente per determinare la clearance di questi farmaci e quindi l’eHe%o tossico.

Per esempio recentemente sono entrati in commercio dei farmaci, i nuovi anticoagulanti orali che
risentono molto della funzionalità renale, gli inibitori dire%i della trombina quali il dabigatran, il quale
non deve essere somministrato nel paziente con IRA; il paziente che va incontro a IRA deve sospendere
questo farmaco per proseguire con tra%amenti alternativi.

L’altro punto importante del graduare l’insuDcienza renale acuta e ovviamente cronica è anche quella
di de2nire il grado di gravità della complicanza della patologia di base che poi ha determinato
l’insuDcienza renale: nel caso in cui non sia perfe%amente reversibile l’insuDcienza renale e
quindi si vada incontro ad una cronicizzazione questo ci dice anche come il paziente abbia
subito le conseguenze della patologia di base, ad esempio cardiopatia o diabete, e quindi
formulare un giudizio prognostico sull’evoluzione appunto della forma di base.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 168 A cura di ANDREA PERNA


CAPITOLO 20 INSUFFICIENZA RENALE CRONICA (IRC)

L’insuDcienza renale cronica (IRC) è una condizione cara%erizzata da una depressione delle capacità di
2ltrazione glomerulare che si instaura lentamente.
A diHerenza dell' insuDcienza renale acuta, nella IRC la lentezza con la quale progredisce il dife%o fun-
zionale renale consente la messa in opera di una serie di meccanismi di compenso.
Gesti sono tali da perme%ere la vita in condizioni ragionevolmente tollerabili 2no a quando il 2ltrato
glomerulare è rido%o di circa il 90% e qualche sorta di vita (in presenza cioè di gravi manifestazioni
morbose) anche quando il 2ltrato glomerulare è rido%o del 97-99%.
La IRC è irreversibile e, gene- ralmente, progressiva.

Nella fase iniziale la IRC è completamente asintomatica, nella fase intermedia i suoi sintomi e segni
comprome%ono poco il benessere del paziente, ma nelle sue fasi avanzate e terminali la IRC determina
una grave sindrome clinica che viene indicata con il termine di uremia.
Si stima che nell’Europa occidentale e negli USA l’in- cidenza della IRC sia di circa 10-15 casi per
100.000, ri- conosciuti ogni anno.

Eziopatogenesi
La IRC può essere determinata da una pluralità di cause che interferiscono:
- con l’integrità anatomica dei nefroni;
- con l’apporto ematico dei glomeruli;
- con la pressione idrostatica nella capsula di Bowman (aumentandola per ostruzione delle vie urinarie).

È comprensibile che le glomerulopatie si trovino in un posto importante tra le cause di IRC, ma anche le
nefropatie interstiziali e il rene policistico, potendo comportare l’obliterazione di interi nefroni, possono
dare un contributo importante alla riduzione del 2ltrato glomeru- lare.
Un diminuito apporto ematico ai glomeruli coincide con un abbassamento della pressione di 2ltrazione.
Inoltre, l’ostruzione delle vie urinarie determina IRC per gli stessi motivi spiegati a proposito
dell’insuDcienza renale acuta.
La diHerenza è solo di grado (ostruzione parziale) e di tempo (ostruzione cronica).
Occorre, tu%avia, aggiungere che questa causa di IRC si osserva raramente al giorno d’oggi, perché è
comune che le ostruzioni delle vie urinarie siano corre%e chirurgicamente.

Progressione della IRC


L’esame istologico di un rene arrivato a stadi avanzati di IRC fornisce poche informazioni sulle cause
iniziali di questo processo. I glomeruli appaiono sclerotici con accumulo di grandi quantità di matrice
extracellulare, le regioni periglomerulari e l’interstizio sono pure 2brotici; nell’interstizio si osservano
numerosi elemen- ti in2ammatori (macrofagi e linfociti); i tubuli sono in prevalenza atro2ci. Appare
perciò evidente che un meccanismo comune conduce ad uno stesso esito nefropatie che inizialmente si
presentavano con cara%eristiche diverse, siano esse glomerulari che tubulo-interstiziali. Debbono perciò
essere spiegati tre problemi:
• perché un danno glomerulare limitato tende a progredire 2no a condurre alle alterazioni sopra
descri%e;
• con quale meccanismo una nefropatia inizialmente limitata all’intestizio coinvolga
successivamente anche i glomeruli;
• in quale modo una nefropatia inizialmente limitata ai glomeruli comporta anche danni
all’interstizio e ai tubuli.

I primi due problemi sono spiegati dalla cosidde%a “teoria emodinamica”. Gesta assume che, se il
2ltrato glomerulare è in un certo grado cronicamente rido%o, i glomeruli residui funzionanti sono
esposti ad una iper- perfusione compensatoria e ad iper2ltrazione.
Gesto stato comporta una serie di eventi dannosi a carico delle cellule dei glomeruli con progressiva
distruzione dei nefroni residui. Una volta avviato, perciò, il processo tende ad aggravarsi. Che questo
possa avvenire nelle nefropatie glomerulari è intuitivo. Tu%avia, anche nelle mala%ie tubulo-interstiziali
l’obliterazione del lume di un certo numero di tubuli abolisce la funzione glomerulare corrispondente. Il

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 169 A cura di ANDREA PERNA


risultato è perciò lo stesso.

Più complicato è spiegare il terzo problema e cioè come una nefropatia primitivamente glomerulare si
estenda successivamente all’interstizio.

Esistono varie teorie in proposito e ne ricordiamo due basate su meccanismi immunologici. Secondo la
prima, esistono sulle cellule dei glomeruli e dei tubuli antigeni identici o cross-reagenti. Una
glomerulopatia, di qualsivoglia origine, rompe la tolleranza immunologica a questi antigeni e perciò la
reazione autoimmune, nata nei glomeruli, si estende ai tubuli e all’interstizio nel quale sono contenuti.
Un’altra teoria si riferisce al fa%o che la maggior parte delle mala%ie glomerulari hanno una patogenesi
immunologica. Perciò i complessi immuni, le frazioni a%ivate del complemento e i mediatori in2am-
matori generati nei glomeruli possono essere trasportati, per via linfatica e a%raverso le arteriole
eHerenti, verso l’interstizio. In ogni caso la conseguenza è un’in- 2ltrazione dell’interstizio con
macrofagi e linfociti e la liberazione da queste cellule di mediatori con varie azioni patogene.

A questo punto bisogna spiegare perché l’iperperfusione e l’iper2ltrazione glomerulare comportano un


danneggiamento progressivo dei glomeruli so%oposti a queste sollecitazioni.

Il movente iniziale sta nel fa%o che il traumatismo meccanico induce la liberazione di vari mediatori
a%ivi da parte di cellule che stru%uralmente fanno parte dei glomeruli (cellule endoteliali, cellule
mesangiali), o che vi aquiscono in quantità au- mentata dal sangue (monociti che vengono localmente
a%ivati a macrofagi), o da parte delle piastrine che più facilmente aderiscono alle pareti glomerulari e
vengono a%ivate. Gesti mediatori hanno varie funzioni, tra le quali ricordiamo le più importanti.
- Vasodilatazionei ntrarenale. Il mediatore più importante che esercita questa azione è il cosidde%o
Insulin-like Growth Factor-1 (IGF1), prodo%o dalle cellule mesangiali e dal- le cellule principali dei do%i
colle%ori. L’IGF1 ha anche un’a%ività mitogena sulle cellule mesangiali.
- Sollecitazioni proliferative su cellule mesangiali . Geste sono esercitate da vari fa%ori, tra i quali
il più importante è il cosidde%o Platelet Derived Growth Fac- tor (PDGF), esso è prodo%o non solo dalle
piastrine, ma anche dalle cellule endoteliali, dai macrofagi e dalle stesse cellule mesangiali. Tra le so-
stanze che pure stimolano la proliferazione delle cellule mesangiali ci sono due citochine (ormoni a
breve raggio): l’interleuchina-1 (IL-1) e l’interleuchina-6 (IL-6) prodo%e dai macrofagi. In2ne, anche
l’angiotensina II ha un eHe%o favorente la proliferazione delle cellule mesangiali (e anche di quelle
muscolari lisce e di quelle epiteliali dei tubuli prossimali).
- Aumentata sintesi di matrice extracellulare, dovuta al cosidde%o Transforming Growth Factor-
beta (TGF-beta), una sostanza prodo%a da molte cellule nell’organismo e, in questo caso, principalmente
da macrofagi e piastrine, e che agisce sulle cellule endoteliali e mesangiali inducendole a secernere
proteoglicani, 2bronectina e collageno.

Da quanto sopra de%o risulta evidente il ruolo centrale delle cellule mesangiali nella progressione della
IRC. Infa%i, esse producono l’IGF1 che determina l’iperperfusione e l’iper2ltrazione glomerulare. In
conseguenza di questi eventi si concentrano nei glomeruli macrofagi e piastrine che, a%raverso altri
mediatori, come il TGF-beta, il PDGF, le IL-1 e IL-6, inducono alla proliferazione le cellule mesangiali.

Il risultato è un progressivo procedere verso la 2brosi.


Gesta sequenza di eventi è accelerata da alcuni fa%ori di rischio che sono i seguenti:

- Ipertensione arteriosa . Può accelerare la progressione di una nefropatia verso l’insuDcienza renale
cronica. Si pensa che l' ipertensione arteriosa aggiunga un danno emodinamico ulteriore a quello
conseguente all’iperperfusione dei glomeruli residui funzionanti.
- Proteinuria. La proteinuria può comportare, con il passare del tempo, vari tipi di danno renale. In
primo luogo, il passaggio in quantità eccessive di proteine a%raverso la membrana glomerulare, ed il
loro riassorbimento tubulare, può comportare un danno delle cellule epiteliali della capsula di Bowman
e di quelle che costituiscono la parete dei tubuli prossimali.
In secondo luogo, se la proteinuria è tale da superare la capacità riassorbitiva dei tubuli prossimali, si
possono formare cilindri nella porzione distale dei nefroni e ciò può portare a danno epiteliale a questo
livello, con susseguente in2ammazione interstiziale.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 170 A cura di ANDREA PERNA


In2ne, si sostiene che quando esiste proteinuria aumenta la quantità di macromolecole che vengono
intrappolate nel mesangio. Ma questo fa%o comporta uno stimolo alla proliferazione delle cellule
mesangiali con tu%e le conseguenze che abbiamo già visto.
- Proteine nella dieta. Si è osservato che una dieta ricca di proteine accelera l’evoluzione di una
glomerulopatia verso l’insuDcienza renale cronica e una dieta povera di proteine la rallenta. È possibile
perciò che questo eHe%o sia mediato da un’inKuenza delle proteine dietetiche sull’ipertro2a
glomerulare.
È infa%i dimostrato che una dieta povera di proteine riduce la quantità di IGF1 circolante e,
probabilmente, anche di quello renale. Tu%avia vari altri meccanismi potrebbero contribuire a questo
risultato.
- Iperlipidemia . Nella patogenesi dell’aterosclerosi i livelli dei lipidi plasmatici hanno un ruolo
impotante nel determinare il danno endoteliale, l’in2ltrazione monocitica e la proliferazione delle
cellule muscolari lisce.
Considerando le analogie tra cellule mesangiali e cellule muscolari lisce delle arterie si è pensato che alti
livelli di lipidi plasmatici possano esercitare un’azione lesiva dello stesso tipo anche sui glomeruli.

Meccanismi di compenso.
Si è visto che, nella IRC, i nefroni residui tentano un compenso per il dife%o di funzione dovuto ai
nefroni perduti. Esiste un solo modo per farlo e cioè che ciascun nefrone residuo elimini più soluti di
quanto faccia normalmente: una quantità tanto maggiore quanto più elevata è la frazione di nefroni che
sono andati perduti e la cui funzione deve essere supplita.
Gesto risultato può essere o%enuto con due meccanismi:

- Il primo è proprio di quei soluti che non vengono so%oposti aHa%o, o lo sono poco, ad operazioni di
riassorbimento o secrezione nei tubuli, come nel caso della creatinina e dell’urea. Per queste sostanze,
una maggiore escrezione per singolo nefrone può essere o%enuta solo grazie ad un aumento della loro
concentrazione nel plasma e quindi nel 2ltrato glomerulare.
Gesto non può essere considerato un vero meccanismo di compenso, in quanto la maggiore escrezione
di soluti è o%enuta a spese di un aumento della loro concentrazione nel plasma, proprio ciò che sarebbe
compito del rene di evitare. Tu%avia la concentrazione plasmatica di queste sostanze risulta inver-
samente proporzionale al 2ltrato glomerulare e perciò aumenta signi2cativamente solo quando
quest’ultimo è molto rido%o. È per questo che la creatininemia resta nell’ambito della norma 2no a
quando il 2ltrato glomerulare è circa dimezzato.

- Un secondo meccanismo che può consentire, in corso di IRC, una maggiore escrezione di soluti in
ciascuno dei nefroni residui riguarda quelle sostanze che sono riassorbite e secrete dai tubuli in quantità
rilevante. In queste circostanze è suDciente che una sostanza sia riassorbita in misura minore, o secreta
in misura maggiore, perché la sua escrezione per singolo nefrone sia aumentata, senza che la sua
concentrazione nel plasma si discosti dalla norma. Gesto processo, che è un genuino meccanismo di
compenso, ha eHe%ivamente luogo nei nefroni residui in corso di IRC, ma non si veri2ca per tu%i i
soluti con la stessa eDcienza. Per fosfati, urati, potassio e idrogenioni è tale da impedire l’aumento della
loro concentrazione nel plasma 2no a gradi avanzati di insuDcienza renale cronica (anche se, nel caso
degli idrogenioni, l’organismo dispone di altri meccanismi di compenso per tentare di mantenere co-
stante il pH del liquido extracellulare. Per il sodio questo tipo di compenso si svolge meglio che per gli
altri soluti.
Nella realtà clinica, tu%avia, un certo accumulo di sodio nell’organismo è comune nelle fasi avanzate
della IRC.

Alterazioni di funzioni renali non escretorie.


Per la natura dei processi patologici che possono con- durre la IRC, i reni si trovano ad essere
variamente danneggiati dal punto di vista anatomico in questa condizione. Ciò determina il venir meno
anche di alcune funzioni non escretorie del rene. Ne ricorderemo tre:

- La produzione di eritropoietina è un meccanismo fondamentale di regolazione dell’eritropoiesi. La


diminuita produzione di questa sostanza contribui- sce all’anemia, che è piu%osto comune nella IRC.
- Numerosi ormoni peptidici sono degradati nel rene: PTH, insulina, glucagone, GH, LH e prola%ina.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 171 A cura di ANDREA PERNA


I loro livelli ematici possono perciò risultare elevati. La mancata degradazione di questi ormoni ha varie
conseguenze.
La persistente iperinsulinemia determina una riduzione dei rece%ori di questo ormone sulle cellule
bersaglio, particolarmente sugli adipociti, e condiziona uno stato di relativa resistenza a questo ormone.
Il contemporaneo aumento del glucagone circolante può peggiorare la tolleranza ai carboidrati. Anche
la gastrinemia può essere aumentata in corso di IRC e questo fa%o può contribuire alla propensione che
gli uremici hanno a sviluppare ul- cera peptica.
- La conversione della vitamina D nella sua forma a%iva avviene largamente nei reni. La vitamina
D3, o colecalciferolo, originata nella cute per eHe%o delle radiazioni ultraviole%e dal 7-deidro-
colesterolo, viene trasformata nel fegato in 25-OH-colecalciferolo.
Dal fegato il 25-OH-colecalciferolo è trasportato al rene che può operare una ossidrilazione in altre due
posizioni, 1e 24. L’1-25(OH)2-colecalciferolo è il composto f isiologicamente più a%ivo sull’assorbimento
in- testinale di calcio e fosforo. La formazione dell’1- 25(OH)2-colecalciferolo nel rene è incrementata
dal paratormone e dall’ipocalcemia, è inibita dalla calcitonina e dall’ipercalcemia. Un esteso danno
renale può ridurre la formazione di questo composto a%ivo e determinare ipocalcemia (e quindi
iperparatiroidismo secondario e alterazioni ossee: rachitismo nel bambino, osteomalacia nell’adulto.

Clinica della IRC allo stadio dei sintomi iniziali


Grazie ai numerosi meccanismi di compenso, la IRC deve raggiungere un grado piu%osto avanzato
prima di provocare sintomi e segni.
Con una certa approssimazione si può di re che i primi più lievi sintomi riguardanti la diuresi vengono
rilevati solo quando il 2ltrato glomerulare è rido%o intorno ai 30 ml/min e i sintomi uremici veri e
propri si veri2cano quando il 2ltrato glomerulare raggiunge valori a%orno a 10 ml/min, o ancora più
bassi. È perciò pratico distinguere il quadro dei sintomi iniziali della IRC da quello dell’uremia vera e
propria.

- IRC allo stadio dei sintomi iniziali . Il primo dato che può a%irare l’a%enzione del paziente e del
medico è la tendenza alla poliuria. La quantità di urine nelle 24 ore sarà variabile in dipendenza del
carico obbligato di soluti che deve essere escreto nelle urine, ma con facilità vengono raggiunti valori
oltre i 2000 ml.
È facile che la poliuria sfugga nelle ore diurne e che venga rilevata solamente la nicturia. Gesta è molto
più facile a constatarsi dato che normalmente, nelle ore no%urne, quando non vi è introduzione di
liquidi, è più probabile che le urine vengano concentrate.
Non potendo eHe%uare questo processo, il paziente con IRC dovrà urinare anche di no%e. Il fenomeno
colpisce particolarmente i giovani (gli anziani urinano più facilmente di no%e per ragioni connesse con
la continenza vescicale) e nei bambini, nei quali può assumere l’aspe%o dell’enuresi no%urna.
Alla poliuria fa seguito una polidipsia. Altri sintomi e segni possono essere scarsi e poco cara%eristici.

Esami di laboratorio.
Un singolo esame delle urine può essere molto poco signi2cativo e, al massimo, può dare notizie su una
nefropatia che ha determinato la IRC (eventuale presenza di proteinuria, ematuria, piuria, cilindruria).
Spesso, comunque, un singolo esame delle urine può risultare normale.
Le notizie importanti sono quelle riguardanti l’osmolalità urinaria che può essere dire%amente misurata
o, molto pratica- mente, stimata a%raverso il peso speci2co delle urine.
Gando ci si avvicina all’isostenuria il peso speci2co delle urine di discosta di poco da valori intorno a
1010- 1012. Ancora una volta deve essere so%olineato che trovare questi valori di peso speci2co in un
singolo campione di urine non signi2ca nulla, perché ciò può casualmente capitare in qualsiasi sogge%o
normale e sano. È solo la persistenza di questi valori in numerosi campioni di urine, raccolti lungo tu%o
l’arco della giornata, che può suggerire l’esistenza di un’isostenuria.

Gli esami ematochimici dimostrano un aumento della concentrazione di urea nel sangue e di creatinina
nel siero. La determinazione della clearance della creatinina documenta la riduzione del 2ltrato
glomerulare. Se, nell’esame emocromocitometrico, si dimostra anemia, questa risulta del tipo
normocitico, normocromico.

Diagnosi.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 172 A cura di ANDREA PERNA


La presenza di poliuria può suggerire l’esistenza di altre condizioni morbose, in particolare di diabete
mellito o di diabete insipido. Il solo peso speci2co delle urine è già utile per discriminare tra queste
possibilità diagnostiche, dato che nel diabete mellito esso è più elevato (a causa della glicosuria) e nel
diabete insipido è più basso (perché in questa condizione l’acqua è eliminata in eccesso rispe%o ai
soluti) dei valori tipici della isostenuria. Comunque, lo studio del peso speci2co delle urine in vari
campioni e le indagini ematochimiche consentono di solito la diagnosi di IRC senza diDcoltà.

UREMIA
Il termine uremia dovrebbe signi2care la presenza di costituenti delle urine nel sangue. In realtà è
impiegato per indicare la sindrome clinica che si ha nelle fasi molto avanzate della IRC.
Nell’uremia vengono superati quei meccanismi di compenso che a lungo mantengono l’omeostasi
dell’organismo nonostante il grave e progressivo deterioramento della funzione renale. Possono perciò
veri2carsi eventi 2siopatologici che non sono presenti nella fase di compenso della IRC. Tra i più
importanti ricordiamo:

- Il raggiungimento di livelli molto elevati nel sangue della concentrazione di urea e di altre scorie
metaboliche.

- Il superamento dei limiti entro i quali sono suDcienti i compensi tubulari nell’escrezione di varie
sostanze importanti per l’omeostasi dell’organismo.
- Nell’uremia si hanno livelli molto elevati nel sangue di sostanze come l’urea, la creatinina ed
altre, per l’escrezione delle quali non esistono meccanismi di compenso a livello tubulare. L’ accumulo
nel sangue di sostanze potenzialmente tossiche è sempre stato considerato il fa%ore fondamentale
dell’uremia, tanto da es- sere in realtà quello che ha dato il nome a questa con- dizione morbosa.
Le molecole che sembrano esercitare la maggiore azione tossica sono i prodo%i intermedi del
metabolismo proteico ed aminoacidico, la cui escrezione avvie- ne quasi esclusivamente a%raverso il
rene.

L’urea sembra essere la molecola maggiormente responsabile dal punto di vista quantitativo. Essa
rappresenta più dell’80% dell’azoto escreto nelle urine in pazienti con IRC che hanno un apporto
dietetico di 40 g o più di proteine al giorno. L’urea provoca la comparsa di alcuni sintomi quali l’astenia,
l’anoressia, il vomito, la cefalea.

La creatinina, che di per sé non è tossica, potrebbe generare sintomi disturbanti negli uremici in
seguito alla conversione in altre sostanze come la sarcosina e la metilguanidina. Esistono vari indizi che
fanno pensare che un ruolo tossico importante è svolto, negli uremici, da alcune sostanze polipeptidiche
a peso molecolare maggiore di quelle f inora ricordate.
Un argomento a favore di questa possibilità è che la neuropatia degli uremici sembra migliorare di più
con la dialisi peritoneale intermi%ente che con l’emodialisi cronica, nonostante che con la prima delle
due tecniche terapeutiche la creatininemia e l’urea plasmatica si riducano di meno. La dialisi peritoneale
intermi%ente sembra più ada%a a rimuovere proprio le sostanze di peso molecolare più elevato. In realtà
molti ricercatori hanno dimostrato nel siero degli uremici un’aumentata concentrazione di sostanze con
peso molecolare tra 300 e 3500, che analiticamente hanno rivelato una natura polipeptidica.

- Nell’uremia salgono pure, ma in misura minore, i livelli ematici di altre sostanze, per
l’escrezione delle quali il meccanismo di compenso a livello tubulare è operativo 2no a stadi avanzati
della IRC. Tra queste modi2cazioni si possono ricordare l’iperuricemia, l’acidosi metabolica e
l’iperpotassiemia.

L’acidosi metabolica si instaura quando, nella fase avanzata della IRC, il rene è menomato nella sua
capacità di eliminare gli idrogenioni. Dato che per ogni H+ eliminato un HCO3– viene riassorbito,
l’eHe%o iniziale sarà un’acidosi ipercloremica, nella quale la diminuita concentrazione plasmatica di
bicarbonati è bilanciata da un corrispondente aumento della concentrazione dei cloruri.
Nelle fasi più avanzate si ha ritenzione nell’organismo di acidi 2ssi (non volatili) provenienti dal
metabolismo di aminoacidi solforati (acido solforico) e di composti organofosforici (acido fosforico): la

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 173 A cura di ANDREA PERNA


concentrazione plasmatica dei bicarbonati sarà perciò diminuita anche a bene2cio di un incremento di
solfati e fosfati plasmatici e il “gap” degli anioni risulterà aumentato. Esistono vari meccanismi
compensatori per l’acidosi dell’uremia.
Il primo, e più ovvio, è l’iperventilazione con maggiore eliminazione di CO2 e modi2cazione
dell’equazione di Henderson-Hasselbalch in modo da mantenere costante il pH del liquido
extracellulare .
Il secondo meccanismo consiste in uno scambio di H+ provenienti dal plasma con Ca++ presenti nelle
ossa. Gesto scambio può contribuire alla decalci2cazione delle ossa e può comportare ipercalcemia se
non sono prevalenti altri fa%ori che deprimono i livelli di calcio nel sangue (iperfosfatemia,
osteomalacia renale).
Il terzo meccanismo dipende da uno scambio tra H+ prove- nienti dal plasma con K+ intracellulare.
Gesto scambio riduce l’asimmetrica distribuzione dei cationi dai due versanti delle membrane cellulari
e il potenziale di membrana.

L’iperpotassiemia ha pure importanti ripercussioni sul potenziale di membrana, particolarmente a


livello delle cellule eccitabili. Le conseguenze più evidenti so- no a livello dei muscoli scheletrici
(astenia, crampi) e del miocardio, con alterazioni di funzioni che possono giungere alla morte per
2brillazione ventricolare.

Clinica dell’uremia
Il passaggio dallo stadio dei sintomi iniziali della IRC a quelli dell’uremia vera e propria avviene con
gradualità, anche se possono darsi eventi accidentali che peggiorano criticamente la funzione renale e
scatenano bruscamente il quadro clinico dell’uremia: una perdita di acqua e sodio (vomito, diarrea) che
determina ipovolemia, oppure l’impiego di un farmaco nefrotossico.
Il quadro conclamato dell’uremia è molto complesso ed è conveniente descriverlo in riferimento ai
singoli organi e apparati che risultano compromessi.

- Apparato digerente . La concentrazione dell’urea è aumentata non solo nel sangue, ma anche nella
saliva e nelle altre secrezioni dell’apparato digerente, ove può andare incontro a fermentazione
ammoniacale ad opera di microrganismi. L’ammoniaca ha un notevole eHe%o irritativo. Si comprende,
perciò, perché i disturbi a carico dell’apparato digerente siano molto comuni negli uremici e talora i più
precoci. Essi comprendono una sensazione di ca%ivo sapore in bocca, l’anoressia, la nausea e il vomito.
Le emorragie dal tubo gastroenterico (ematemesi, melena) sono particolarmente facili, sia perché questi
pazienti sviluppano con facilità ulcera peptica, sia perché hanno dife%i di funzione delle piastrine.
Un segno importante che negli uremici può essere riferito all’apparato digerente è il cosidde%o fetore
uremico, ossia un alito cara%eristicamente urinoso. Gesto è dovuto non solo all’azione dei
microrganismi sulle sostanze azotate che compaiono in concentrazione maggiore nella saliva, ma anche
alla eliminazione per via respiratoria di cataboliti volatili che non sono elimi- nati per via urinaria.
L’esame del cavo orale può dimostrare lingua impatinata, un diHuso arrossamento della mucosa ed
anche la formazione di ulcere.

- Cute . Il paziente può avvertire prurito. La cute è pallida, con una sfumatura giallo-sporco (che si
pensa sia conferita dalla deposizione di cataboliti azotati combinata con un certo grado di genuina
iperpigmentazione).
La pigmentazione gialla è particolarmente evidente a livello del le%o ungueale. L’eccesso di urea nel
sudore può determinare fenomeno di irritazione cutanea so%o forma di manifestazioni eritemato-
papulose (uremidi). L’evaporazione del sudore lascia sulla pelle un so%ile strato di cristalli di urea.

- Apparato circolatorio . Circa metà degli uremici sono ipertesi e si pensa che questa condizione sia
dovuta all’eccesso di sodio che si viene ad avere nell’organismo nelle fasi più avanzate della IRC.
Tu%avia, la rido%a introduzione di sodio con la dieta, o la perdita di questo elemento con vomito o
diarrea, comporta frequentemente una diminuzione della pressione arteriosa e talora addiri%ura il
passaggio all’ipotensione.
Al contrario, se l’apporto di sodio viene bruscamente aumentato, è facile che l’ipertensione si aggravi e
che si possa avere sovraccarico ventricolare sinistro ed edema polmonare acuto.
Comunque, un certo grado di congestione polmonare può veri2carsi anche in assenza di sovraccarico di

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 174 A cura di ANDREA PERNA


Kuidi e quando la pressione capillare polmonare è normale o solo lievemente aumentata (polmone
uremico) a motivo di un’aumentata permeabilità dei capillari alveolari indo%a dalle tossine uremiche.

Una cara%eristica alterazione dell’uremia è la cosidde%a pericardite uremica. Si tra%a di una pericardite
essudativa, tale da poter comportare il tamponamento cardiaco.
Si pensa che sia dovuta all’eHe%o irritante di cataboliti tossici oltre che ad emorragie intrapericardiche
favorite dal dife%o di funzione delle piastrine.
Altre alterazioni cardiache importanti sono quelle legate all’iperpotassiemia.
Le manifestazioni cliniche legate a questa alterazione compaiono quando i valori oltrepassano i 5 mEq/l
e se si raggiungono valori di 8-9 mEq/l il paziente raramente sopravvive.

- Sistema neuromuscolare . I disturbi a carico del sistema neuromuscolare negli uremici sono
provocati dalla convergenza di varie cause, quali la ritenzione di urea ed altri metaboliti tossici, gli
aumentati livelli di secrezione del PTH, l’acidosi e gli squilibri ele%rolitici. A carico del sistema nervoso
centrale i primi sintomi sono sfumati e rappresentati dalla diDcoltà di concentrazione e dall’insonnia. In
seguito compaiono perdita di memoria e disturbi del comportamento, tremori, agitazione psicomotoria,
convulsione e, nei casi estremi, coma.

- Sangue . L’anemia negli uremici è dipendente non solamente dal dife%o di produzione di
eritropoietina da parte dei reni, ma anche da altri fa%ori che divengono importanti in questa fase
estrema della IRC: una diminuita sopravvivenza degli eritrociti (per un dife%o extracorpuscolare
collegato verosimilmente con le alterazioni biochimiche dell’ambiente plasmatico) e il possibile
sanguinamento dell’apparato digerente.
La funzione delle piastrine nei processi emostatici è menomata dall’uremia: sembra che questo eHe%o
sia dovuto all’accumulo di acido guanidino-succinico.

- Alterazioni metaboliche ed endocrine. Alcuni sintomi e segni degli uremici sono dipendenti da
alterazioni metaboliche. Un esempio è l’ipotermia che è collegata con un dife%o della ATPasi Na+, K+
dipendente e con una riduzione dell’energia spesa nella pompa del sodio e del potassio.
Un altro è il respiro di Kussmaul, cara%erizzato da a%i respiratori profondi, frequenti e regolari, dovuto
all’acidosi.
Tra le alterazioni metaboliche ed endocrine un posto di rilievo merita la cosidde%a osteodistro2a renale,
che assume aspe%i diversi a seconda del fa%ore patogenetico prevalente:
- osteopatia 2brocistica quando prevale l’iperparatiroidismo secondario;
- rachitismo (nel bambino) e osteomalacia (nell’adulto) quando prevale il dife%o di vitamina D.
I disturbi più evidenti sono quelli dell’accrescimento nel bambino e, a tu%e le età, i dolori ossei e la
tendenza alle fra%ure spontanee.
Tra le alterazioni più genuinamente endocrine quelle più evidenti a livello clinico riguardano le funzioni
sessuali: nell’uomo si ha impotenza e oligospermia e nella donna amenorrea.

Esami di laboratorio.
Le indagini sulle urine e gli esami ematochimici danno lo stesso tipo di informazioni di cui si è già
parlato a proposito della IRC allo stadio dei sintomi iniziali. Solamente, verranno trovate molto elevate
(10 volte i livelli ematici normali e più) le concentrazioni di urea nel sangue e di creatinina nel siero. La
determinazione della clearance della creatinina fa rilevare valori del 2ltrato glomerulare di pochi
ml/min.

Altre alterazioni ematochimiche rilevanti sono:


- l’iperuricemia,
- l’ipertrigliceridemia (con iperlipoproteinemia di tipo IV)
- l’anomalia della curva glicemica dopo un carico di glucosio (in senso diabetogeno),
- la glicemia a digiuno è di solito normale.
- La sodiemia può essere diminuita se esiste iperidratazione.
- La calcemia può essere variamente alterata: diminuita se prevale il dife%o di vitamina D, aumentata in
corso di grave acidosi. Una calcemia normale non esclude l’iperparatiroidismo secondario: infa%i, nella
IRC, l’aumentata secrezione di PTH è impiegata per mantenere normale la concentrazione dei fosfati
nel liquido extracellulare e, in assenza di una diminuzione della concentrazione dei fosfati nel plasma,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 175 A cura di ANDREA PERNA


un’ipercal-cemia non si può avere perché sposterebbe verso l’alto il prodo%o delle concentrazioni tra
calcio e fosforo.

Diagnosi.
Il quadro clinico dell’uremia è così cara%eristico da non porre problemi diagnostici. Solo quando le
alterazioni di apparati si presentano isolatamente possono porre il problema della loro dipendenza da
altre condizioni morbose. Il riconoscimento, con gli esami di laboratorio, del dife%o di funzione renale
risolve facilmente questa incertezza.

Decorso e prognosi.
In assenza di tra%amento dialitico l’uremia è mortale in un periodo relativamente breve (se la durata
debba essere calcolata in mesi o in se%imane dipende dal fa%o che sia più o meno precoce il termine dal
quale viene calcolato il decorso della sindrome uremica).
Galche soddisfazione terapeutica anche in assenza di dialisi può essere o%enuta in quei pazienti nei
quali una IRC solo modestamente sintomatica viene precipitata da fa%ori intercorrenti.
In questi casi la correzione della volemia o la sospensione di un farmaco nefrotossico può ristabilire la
situazione prece- dente anche per un periodo relativamente lungo.
L’avvento della dialisi ha permesso di prolungare notevolmente la vita del paziente con IRC. Bisogna
comunque ricordare che questi sogge%i presentano una notevole vulnerabilità nei confronti degli agenti
infe%ivi (per es., nei pazienti dializzati si ha un’elevata inci- denza di epatiti virali), la quale può
seriamente com- prome%ere il decorso della mala%ia.

Terapia.
Nella fase terminale la IRC può essere tra%ata solamente con la dialisi e il trapianto renale Prima che
queste misure estreme si rendano indispensabili, interventi utili possono essere eseguiti per rallentare
quei fa%ori di progressione della IRC che sono stati precedentemente ricordati.

I farmaci più impiegati sono quelli necessari per la riduzione della pressione arteriosa.
In questo senso gli inibitori dell’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE-inibitori) e i farmaci
bloccanti i canali del calcio (calcio-antagonisti) sembrano rallentare la progressione della IRC più di
quanto non sia spiegabile con la sola diminuzione dei livelli pressori.

Altri farmaci che possono essere impiegati sono quelli volti alla riduzione dei livelli ematici di
colesterolo e di trigliceridi.
In2ne, farmaci che ostacolano l’aggregazione piastrinica, come l’acido acetilsalicilico e il dipiridamolo,
possono ostacolare la progressione della IRC a%raverso l’inibizione degli eHe%i nocivi delle piastrine a
livello dei glomeruli lesi.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 176 A cura di ANDREA PERNA


PARTE 5
MALATTIE
ENDOCRINO-METABOLICHE

SOMMARIO:

- MALATTIE DELLA TIROIDE


- DIABETE ESINDROME METABOLICA

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 177 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 21 MALATTIE DELLA TIROIDE

GENERALITA’ SULLA TIROIDE E SUGLI ORMONI TIROIDEI

Anatomia della Tiroide


La tiroide è situata nella regione anteriore del collo davanti alla
trachea ed è costituita da due lobi con morfologia piriforme, uniti da
un se%o intermedio chiamato istmo.
È situata inferiormente alla cartilagine cricoidea ma può avere una
posizione variabile da individuo ad individuo.
Nel 10-15% dei casi può essere presente un terzo lobo che si estende
dall'istmo in direzione craniae davanti alla cartilagine tiroidea ed è
denominato lobo piramidale.
I lobi tiroidei sono lunghi 3-4 cm, larghi 2 cm e profondi 2 cm.

Meccanismi a feed-back
Di seguito sono rappresentati i soliti meccanismi a feed-back fra
ipotalamo-ipo2si-tiroide e quindi fra l’ormone tiroideo, il TSH ipo2sario ed il TRH ipotalamico. E’
importante ricordarli perché a%raverso essi, in certe situazioni, si può risalire alla patologia che causa la
tireotossicosi o anche l’ipertiroidismo sub-clinico. Gesto è un circolo stre%amente regolato che però in
certe condizioni non lo è più, in particolar modo a causa di patologie tiroidee oltre che ipo2sarie.

Biosintesi e secrezione degli ormoni tiroidei


Inoltre ricordatevi che il tireocita ha un’a%ività metabolica tale che a partire dalla tirosina e dallo iodio,
a%raverso varie tappe bio-sintetiche, fra cui la condensazione di due anelli fenolici di due aa di tirosina,
a cui sono stati precedentemente aggiunti gli atomi di iodio, produce gli ormoni tiroidei T3 e T4, fra i
quali il T3 ne rappresenta la forma biologicamente a%iva.
Gli ormoni vengono veicolati da proteine carrier come la TBG, anche se a svolgere la funzione biologica
sono gli ormoni liberi. (Gesto serve solo per ricordarvi gli aspe%i più importanti).

Funzioni degli ormoni tiroidei


Ricordatevi brevemente le funzioni degli ormoni tiroidei (che in particolare sono importanti per tu%i i
tipi di metabolismo, sopra%u%o glucidico, ma anche quello lipidico):
 la T3 è l’ormone tiroideo biologicamente a%ivo;
 incremento della sintesi proteica;
 aumento del consumo di ossigeno e della produzione di calore a%raverso stimolazione della
pompa sodio/potassio - ATPasi , con consumo di ATP;
 aumentano la gliconeogenesi e la glicogenolisi;
 sopra%u%o mobilizzano i lipidi, poiché inducono un a%ività lipolitica molto intensa;
 ed aumentano l’a%ività adrenergica, perché up-regolano i rece%ori adrenergici, sopra%u%o i β-
rece%ori.

IPERTIROIDISMO E TIREOTOSSICOSI

Epidemiologia delle patologie da iperfunzione tiroidea


- Ipertiroidismo cronico, determina in maniera stabile livelli aumentati di ormoni tiroidei, i
quali possono anche dar luogo ad eHe%i tossici, quando gli organi bersaglio sono cronicamente
stimolati; in tal caso parleremo di Ipertiroidismo conclamato, che si cara%erizza appunto
per gli eHe%i tossici periferici, quindi avremo una tireotossicosi. L’i. conclamato è più raro
rispe%o all’i. sub-clinico, in particolare si presenta in 1/2 individui su 1000 della popolazione
generale e nella stragrande maggioranza di tali pz. ipertiroidei, 2nanche all’80%, si evidenzia il
Morbo di Basedow-Graves , in cui si hanno evidenti eHe%i da tireotossicosi. Nonostante ciò
l’incidenza non è del tu%o trascurabile, poiché 5 donne su 10000 per anno possono essere
aHe%e da I.C. ed il picco d’età è intorno ai 50 anni , quindi nelle donne in una età o pre o

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 178 A cura di ANDREA PERNA


prevalentemente post menopausale.
- Abbiamo anche un Ipertiroidismo sub-clinico, da non so%ovalutare, dal momento che
coinvolge circa il 3-4% della popolazione generale , con un ne%o rapporto a favore del sesso
femminile.

De&nizioni
Per ipertiroidismo si intende un'iperfunzione della tiroide con un aumento della sintesi della secrezione
degli ormoni tiroidei. La tireotossicosi invece è una condizione clinico-metabolica che si manifesta in
presenza di elevati livelli di ormoni tiroidei. Ne deriva che la tireotossicosi può essere presente anche in
assenza di ipertiroidismo, per un aumento degli ormoni in circolo non dovuto ad un aumento
dell'a%ività della ghiandola, come nel caso delle tireotossicosi. Gesta distinzione è iportante sia ai 2ni
diagnostici che terapeutici.
Infa%i la terapia tireostatica, composta da chirurgia, terapia farmacologica e terapia radiometabolica, si
riserva ai pz che presentano ipertiroidismo, mentre non è raccomandata per le tireotossicosi.

Gesta è la de2nizione formale: la diHerenza tra Ipertiroidismo e Tireotossicosi . Anche quando


riportiamo in cartella per es. le analisi, i segni e la sintomatologia, facciamo riferimento o a
tireotossicosi eventualmente o a ipertiroidismo, qualora siamo in possesso soltanto dei dati
laboratoristici del paziente. Vedete infa%i che nell’ ipertiroidismo propriamente detto possiamo
anche trovarci di fronte a situazioni in cui le concentrazioni degli ormoni tiroidei circolanti possono
essere o soltanto leggermente aumentate o addiri%ura normali ; ma di fa%o la ghiandola sta già
lavorando in sovra-produzione dal punto di vista cellulare, anche se ancora non abbiamo livelli molto
elevati di ormone tiroideo o - ripeto - livelli addiri%ura normali in certi casi.

Classi&cazione delle tireotossicosi


La classi&cazione delle
tireotossicosi è piu%osto complessa:
dapprima le possiamo distinguere in
forme con e senza ipertiroidismo, nelle
quali a loro volta riscontriamo diHerenti
quadri nosogra2ci.
- Forme con ipertiroidismo:
nella stragrande maggioranza
dei casi parliamo del Morbo di
Graves-Basedow;
- però dobbiamo fare bene
a%enzione, perché circa nel 5-
10% dei casi possiamo avere
anche l’Adenoma Tossico,
cosiddetto morbo di
Plummer, che ha una base
ezio-patogenetica diversa
rispe%o al morbo di Basedow-
Graves;
- abbiamo il Gozzo multi
nodulare tossico;
- abbiamo la forma di Jod-
Basedow, dovuto all’eccesso di somministrazione di iodio; adesso si veri2ca poco, ma in
passato nelle zone endemiche da gozzo ovvero da carenza di iodio, come per es. in Italia lo
erano prevalentemente le valli pre-alpine, si somministrava sale iodato in eccesso,
conseguentemente l’eccessiva somministrazione dava luogo a tale tipo di ipertiroidismo.
- abbiamo l’adenoma ipo&sario TSH-secernente , il quale ha un’azione stimolante sulla
tiroide; tale patologia non è del tu%o infrequente, parliamo infa%i dell’1-2% dei casi.
- abbiamo condizioni cliniche, caratterizzate da un aumento del TSH, che possono essere

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 179 A cura di ANDREA PERNA


o primitive o secondarie per es. alla gravidanza, proprio perchè l’hCG, normalmente prodo%o
durante la gravidanza, ha un’azione stimolante il rilascio del TSH.
- abbiamo in2ne forme abbastanza rare di ipertiroidismo congenito.

 Forme senza ipertiroidismo:


Abbiamo poi forme in cui ci sono sopra%u%o modi2cazioni di tipo anatomico anche della morfologia
della tiroide, perché sostanzialmente essa viene in2ltrata da elementi in2ammatori cellulari, sopra%u%o
linfo-monocitari, come succede:
 nella Tiroidite sub-acuta di De Zervain;
 nella Tiroidite linfocitica senza dolore con tireotossicosi transitoria , in cui abbiamo
in2ltrazioni anche abbastanza importanti che però non si associano a dolore, cosa che invece si
può avere in alcune forme di tiroidite acuta o sub-acuta di Hashimoto, dove la Kogosi più
intensa determina anche un’irritazione della capsula e, di conseguenza, induce una
stimolazione dolorosa;
 poi abbiamo forme di teratomi ovarici, rarissimi;
 ovviamente metastasi iper-funzionanti di carcinoma follicolare della tiroide (questo
credo lo vedrete anche nella parte chirurgica);
 poi abbiamo forme di tireotossicosi cosidde%a factitia o da assunzione di cibi come
l’hamburger che contengono, per la tipologia della materia prima con cui sono fa%i, derivati
iodati, che contribuiscono all’ipertiroidismo.
Geste forme in generale danno spesso luogo, sopra%u%o nelle tiroiditi di Hashimoto, anche a sintomi
sistemici; per es. nel caso che avevamo visto la PCR e la VES erano normali, ma se faceste gli stessi
esami nella tiroidite di Hashimoto trovereste invece livelli molto elevati degli indici di Kogosi.
Gindi sostanzialmente il quadro è abbastanza variegato, anche se in modo particolare sono il morbo di
Basedow-Graves e la tiroidite sub-acuta a farla da padroni, nell’ambito delle tireotossicosi con e senza
ipertiroidismo.

Meccanismi ezio-patogenetici del morbo di Graves-Basedow e dell’adenoma tossico


Fondamentalmente è bene ricordarsi quali siano i meccanismi ezio-patogenetici a%raverso i quali si
manifestano il morbo di Graves-Basedow e l’adenoma tossico.
 Il morbo di Graves-Basedow è dovuto alla produzione di Ab anti-rece%ore del TSH , che
sostanzialmente stimolano la cellula tiroidea a sintetizzare ormoni tiroidei; chiaramente
l’aumento degli ormoni tiroidei inibisce la produzione di TSH, che infa%i è fortemente rido%o.
E’ appunto una condizione nella quale c’è un’iperplasia tiroidea che coinvolge tu%a la
ghiandola, infa%i all’E.O. sia il lobo sinistro che destro risultano aumentati di volume, anche
signi2cativamente, 2nanche il doppio delle normali dimensioni della ghiandola tiroidea.
 L’adenoma tossico, invece, dove pure c’è un’iper-produzione di ormoni tiroidei, è dovuto ad
un meccanismo, direi quasi, para-tumorale, nel senso che l’adenoma tossico è dovuto a
mutazioni spontanee, un pò a macchia di leopardo, che si hanno in diverse zone della gh.
tiroidea; tali mutazioni, appunto, sono a carico del rece%ore del TSH, il quale, a seguito delle
mutazioni stesse, va incontro a cambi conformazionali che lo pongono sempre in uno stato
a%ivato, corrispondente allo stato in cui si ha il signalling a livello cellulare, che dà il via in
seguito a tu%e le reazioni biochimiche - di perossidazione ecc…- che portano poi alla
produzione degli ormoni tiroidei. Gindi sono zone a macchie di leopardo iper-funzionanti, che
derivano non tanto dalla presenza di Ab che stimolano il rece%ore, ma dal fa%o che il rece%ore
stesso è in uno stato conformazionale tale da simulare lo stato che si ha quando il rece%ore è
legato dal TSH. In de2nitiva tale situazione porta all’aumento degli ormoni tiroidei, perciò,
anche in questo caso, il TSH è comunque inibito, proprio perché vi è l’a%ivazione del feed-back
negativo tra ormoni tiroidei circolanti e la produzione del TSH.

Eziologia dell’ipertiroidismo
- nel morbo di Basedow-Graves ci sono Ab anti TSHr;
- vi sono anche forme congenite per il passaggio trans-placentare di ab IgG, perciò nelle forme
che riscontriamo nel neonato è importante indagare la storia clinica della madre;

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 180 A cura di ANDREA PERNA


- ci sono ovviamente anche forme rare su base eredo-familiare , anche se, ad oggi, sono state
riscontrate circa una quarantina di mutazioni geneticamente determinate riguardanti il TSHr;
- abbiamo il gozzo multinodulare tossico dovuto ad eccessiva esposizione iodica - come vi
dicevo, una forma di Jod-Basedow da eccessiva somministrazione di iodio - oppure a sostanze
tireo-stimolanti in generale;
- l’adenoma tossico si cara%erizza per mutazioni somatiche fondamentalmente riguardanti il
rece%ore del TSH;
- ci sono le forme iatrogene che oggi, purtroppo, rappresentano una fe%a non del tu%o
trascurabile, perché sopra%u%o i sogge%i con 2brillazione atriale, che utilizzano l’amiodarone
(composto iodato) per il controllo del ritmo, possono andare incontro appunto ad
ipertiroidismo; infa%i in questi sogge%i, dopo le prime se%imane di utilizzo dell’amiodarone,
bisogna controllarne la funzione tiroidea. Oggi però le sostanze simili controllanti il ritmo,
quindi gli anti-aritmici, che fanno parte della stessa classe, come il dronedarone, sono prive
dello iodio, anche se sono meno a%ive rispe%o all’amiodarone, il quale sicuramente ha una
capacità maggiore nel controllare il ritmo. A volte anche alcuni agenti contrasto-gra2ci, anche
se raramente, possono dar luogo a questo ipertiroidismo.
- abbiamo anche le condizioni che si manifestano durante la gravidanza, mediate dall’hCG;
- abbiamo l’adenoma ipo&sario, che si cara%erizza per una secrezione autonoma di TSH , il
quale va appunto valutato. Inoltre, mentre nei casi precedenti avevamo visto la riduzione del
TSH, in questo caso vi è l’aumento del TSH circolante;
- in2ne abbiamo le forme ben più gravi di carcinoma tiroideo metastatico, il quale produce in
maniera ectopica ormoni tiroidei . In questi casi sopra%u%o la scintigra2a e gli esami
radiogra2ci, quali la TAC, consentono l’evidenziazione di tali regioni ectopiche, che producono
ormoni tiroidei.

IL MORBO DI GRAVES-BASEDOW

Eziologia
Il morbo di Graves-Basedow (M.G.B.) raggiunge come
prevalenza circa l’80% dei casi. Osservando il quadro istologico, c’è
un iperplasia diHusa della ghiandola. Inoltre per la cara%eristica di
essere causato da Ab TSHr è spesso associato ad una patologia
autoimmune; questo spiega anche perché vi è, in generale, una
maggiore associazione con il sesso femminile, proprio perchè è più
sogge%o a patologia autoimmune.

Scintigra&a tiroidea con Tc99 Nel M.G.B., ovviamente, possiamo


eseguire, come esame funzionale, una scintigra&a tiroidea con Tc99, per osservare la distribuzione ed
il volume della ghiandola, che risultano omogeneamente aumentati.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 181 A cura di ANDREA PERNA


Sintomi e segni
In virtù del fa%o che gli ormoni tiroidei
controllano il metabolismo basale sia glucidico
che proteico, abbiamo eHe%i sostanzialmente
su tu%i gli organi e tessuti dell’organismo:
- per cui risulterà interessato il
sistema cardiovascolare . Inoltre vi
farò vedere poi una diapositiva, tra%a
da un lavoro, che mostra come i
sogge%i che presentano anche segni
iniziali di ipertiroidismo, con aumento
progressivo del TSH, vanno più
frequentemente incontro alla
complicanza più grave del sistema
cardiovascolare, che è appunto la
2brillazione atriale , la quale a sua
volta può predisporre all’ictus cerebri;
- ovviamente la pressione arteriosa
aumenta, soprattutto la sistolica ;
ricordatevi, infa%i, che nel caso visto
precedentemente vi era un certo
aumento della p. arteriosa, sopra%u%o
della pressione sistolica, mentre la
pressione diastolica era più o meno nella norma;
 spesso questi sogge%i hanno tremori;
 sudorazione algida;
 disturbi dell’umore, con una facile irritabilità;
 hanno disturbi del sonno e tendono a dormire di meno;
 hanno un aumento della peristalsi intestinale;
 hanno un aumento della temperatura corporea basale , spesso lamentano di sentirsi
particolarmente accaldati;
 a fronte di tale situazione, tendono a dimagrire , pur aumentando magari l’apporto di cibo,
perché hanno un senso di fame più elevato;
 e poi hanno tipiche alterazioni del sistema oculare , hanno una certa tendenza alla proptosi
o un vero e proprio esokalmo nei casi più avanzati.

Clinica dell’o[almopatia Basedowiana


Gesto rappresentato è il tipico sguardo
dell’ipertiroideo, anzi del tireotossico in questo caso.
Spesso anche la rima palpebrale non è chiusa del
tutto; possono esserci a volte gravi eso[almi , che
peraltro hanno la cara%eristica di non essere reversibili,
infa%i, nonostante vengano normalizzati i livelli degli
ormoni tiroidei, non tendono a regredire. Hanno un po’
un aspe%o terrorizzato, senza ovviamente esserci un reale
motivo. Spesso ci sono anche essudazioni di tipo
emorragico a livello congiuntivale , che alcune volte
possono presentarsi come piccole emorragie localizzate
nelle regioni più periferiche. Hanno frequentemente
anche disturbi della vista , per incapacità
nell’accomodazione, in quanto vi è una ne%a iperplasia
dei muscoli oculo-motori, spesso in maniera asimmetrica,
per cui appunto l’accomodazione risulta diDcoltosa.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 182 A cura di ANDREA PERNA


Patogenesi del morbo di Basedow-Graves
Tale okalmopatia è dovuta: all’azione del TSH, ad un aumento del grasso retro-orbitale, ad un’iperplasia
delle cellule 2broblastiche retro-orbitali ed anche ad un’in2ltrazione di cellule linfocitiche , sempre nella
stessa zona, che in qualche modo tendono a sostenere una situazione per cui i rece%ori delle cellule
2broblastiche ed adipocitarie vengono tenuti in uno stato tale da indurre una costante proliferazione.
Gindi, fondamentalmente, una volta che le cellule, sopra%u%o 2broblasti, abbiano proliferato nello
spazio retro-orbitario, diDcilmente potremmo ritornare ad una situazione di normalità, perché,
ovviamente, una volta instauratesi in tale zona - che d’altro canto è un compartimento abbastanza
chiuso - diDcilmente regredirebbero, anche se si normalizzassero i livelli degli ormoni tiroidei.

Fattori predisponenti del Morbo di Basedow/Graves


I fa%ori che predispongono al M.B.G.:
- sostanzialmente l’associazione con il sesso femminile è dovuta all’azione degli estrogeni,
in quanto quest’ultimi, in qualche modo, favoriscono la produzione di auto-Ab o comunque la
proliferazione di elementi linfocitici, a scapito delle cellule dendritiche, che fungono da
immuno-modulatori o da immunosoppressori;
- ovviamente gli eventi stressanti;
- inoltre non mancano mai i soliti fa%ori di rischio, come il fumo;
- ovviamente la supplementazione iodica , come accade nelle zone con carenza di iodio o
almeno ciò succedeva nelle zone con carenza di iodio;
- un aspe%o che volevo so%olinearvi è, anche, la terapia anti-retrovirale nei pazienti con
infezione da HIV;
- in2ne, erano state avanzate ipotesi su infezioni dovute ad alcuni virus , in maniera
particolare le Coxsackie, che inducevano tu%o questo stato, ma in realtà poi successive ricerche
non hanno confermato tale ipotesi virale.
Laboratorio
 Il TSH risulta essere soppresso;
 FT4/FT3 elevate;
 Ab-TPO aumentati;
 sopra%u%o sono aumentati gli Ab-Tg;
 ma, in maniera particolare, sono aumentati gli anticorpi anti-TSHr (TrAb);
 la stimolazione del metabolismo lipidico fa si che il colesterolo totale sia ridotto , - infa%i
quella ragazza aveva una ipo-colesterolemia, tale da simulare addiri%ura una epatopatia
cronica - quindi spesso hanno un colesterolo totale di 50-60 mgr/dl; ciò in particolare è dovuto
all’inibizione della produzione del colesterolo da parte di alcuni enzimi ovvero si ha la
soppressione di alcuni enzimi quali l’idrossimetilglutaril-CoA redu%asi, a livello epatico, che
appunto sintetizza colesterolo.

ADENOMA TOSSICO (DI PLUMMER) E GOZZO MULTINODUALRE TOSSICO


A diHerenza del M.B.G. abbiamo de%o che l’adenoma tossico è
associato a mutazioni somatiche non legate alla produzione di
Ab. In questo caso, però, anche dal punto di vista semeiologico,
l’ingrossamento della ghiandola non è uniforme, non è
omogeneo, ma è appunto a forma nodulare, tanto che, a volte, è
anche visibile esternamente ad un semplice E.O.
Ho già de%o che sono state descri%e circa una quarantina di
mutazioni del TSHr, che facilitano lo stato conformazionale
a%ivato del rece%ore stesso. Nella diapositiva è rappresentato
un classico caso con un voluminoso adenoma al lobo sinistro,
visibile anche esternamente. La scintigra2a determina l’iper-
captazione iodica sopra%u%o in certe zone, quindi questo
diHerenzia il quadro scintigra2co che troviamo nel M.B.G. il quale invece è omogeneo ed uniforme,
mentre in questo ci sono diverse zone di iper-captazione, ed anche altre zone però molto meno captanti;
ciò dimostra ancora una volta il cara%ere a macchia di leopardo dovuto a tali mutazioni somatiche.
Per quanto riguarda l’adenoma tossico:

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 183 A cura di ANDREA PERNA


- anche in questo caso il TSH è soppresso;
- Ab-TPO sono negativi;
- anche gli altri Ab sono negativi , proprio per il meccanismo patogenetico che abbiamo già
de%o;
- il colesterolo è solo modestamente ridotto;
- la tireoglobulina (Tg) è spesso aumentata, in quanto durante la proliferazione tireocitaria,
dovuta all’iperplasia, si può anche avere il semplice rilascio di Tg da parte delle formazioni
adenomatose, che poi riscontriamo in circolo.

IPERTIROIDISMO DA IODIO
- L’ipertiroidismo da iodio nello Jod-Basedow è dovuto all’eccessiva supplemento di iodio per
gozzo endemico . In questo caso la semplice eliminazione della supplementazione determina
un quadro maggiormente reversibile, quindi progressivamente nel tempo la ghiandola ritorna
al suo volume ed anche alle sue funzioni più o meno normali. Oggi tale forma si vede molto di
meno proprio perché le zone endemiche di gozzo, sostanzialmente, non esistono più, almeno
nell’ambiente europeo.
- A volte questo succede anche nei sogge%i dove l’eccessiva somministrazione di iodio è dovuta
ad un precedente episodio di tiroidite post-partum oppure di distiroidismo dovuto alla
somministrazione di amiodarone.

IPERTIROIDISMO SUB-CLINICO
L’ipertiroidismo sub-clinico è importante perché abbiamo una doppia condizione:
 livelli soppressi di TSH (<0.1 mU/L);
 con normali livelli di FT4 e FT3.
Gesta è la tipica situazione in cui comincia ad esserci una stimolazione del feed-back negativo sul TSH,
sebbene non abbiamo ancora gli aumentati livelli di ormoni circolanti e sopra%u%o non abbiamo gli
eHe%i tossici, quindi non abbiamo eHe%i sui vari sistemi, che abbiamo visto essere poi coinvolti nella
patologia; infa%i la sintomatologia è assente o minima.
E’ opportuno però riconoscere l’ipertiroidismo subclinico , innanzitu%o andando a riconoscere le
cause che lo determinano, quindi facendo esami scintigra2ci per capire se vi è una condizione di
adenoma tossico in fase iniziale o di M.B.G. oppure se tale condizione è legata ad assunzione di farmaci
ed anche eventualmente per de2nire le condizioni che possono simulare quadri di ipertiroidismo, dovuti
per es. a patologie ipotalamo-ipo2sarie.

TEST DI LABORATORIO PER IPERTIROIDISMO


Nella pagina successiva c’è una Kow-chart che riguarda i test di laboratorio per ipertiroidismo.
 Gando abbiamo segni/sintomi di ipertiroidismo o di gozzo;
 Misuriamo i livelli di ormoni tiroidei circolanti e troveremo FT3/FT4 aumentati;
 A questo punto dosiamo il TSH:
 Se è soppresso, facciamo test con iodio radio-marcato:
 Se l’uptake di iodio radio-marcato è aumentato possiamo avere:
o l’M.B.G., se è diHusamente iper-captato, oppure il gozzo multi-nodulare tossico, se
si evidenziano sia aree più captanti che meno captanti;
o oppure un ipertiroidismo da hCG;
 Se l’uptake di iodio radio-marcato è rido%o e quindi la ghiandola è ipo-captante, in questo caso
abbiamo le classiche situazioni di tiroidite, in particolare possiamo avere:
o una tiroidite su base autoimmune;
o uno struma ovarii, con produzione ectopica;
o una tireotossicosi factitia;
o un ipertiroidismo iodio-indotto;
o oppure metastasi da cancro della tiroide con istotipo follicolare.
Chiaramente in questi casi abbiamo quadri scintigra2ci opposti.
 Nel caso, invece, in cui il TSH sia normale o addiri%ura aumentato, dobbiamo riferire tale
condizione ad un adenoma o dell’ipo&si TSH-secernente o dell’ipotalamo, ovvero a carico

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 184 A cura di ANDREA PERNA


dell’organo di controllo ancora più a monte, ma sono sopra%u%o gli adenomi ipo2sari della
parte anteriore che determinano tali quadri di ipertiroidismo.

EFFETTO DELL’IPERTIROIDISMO SUB-CLINICO SUL CUORE


Gesti sono gli eHe%i sul sistema cardiovascolare ed in particolare sul miocardio.
L’incidenza di &brillazione atriale , dopo i 60 anni, è più elevata in chi ha ipertiroidismo, anche
sub-clinico (per inciso vi dico che molto spesso le 2brillazioni atriali oggi vanno ricercate quando
vengono riconosciute in prima ba%uta all’esame ele%rocardiogra2co indagando: la funzionalità tiroidea,
ma anche se il sogge%o fa uso di sostanze stupefacenti, in particolar modo o di amfetamine o di cocaina,
che purtroppo rappresenta, in una signi2cativa percentuale di casi, la causa di 2brillazione atriale).
Si ha un riscontro di alterato rilassamento ventricolare e di conseguenza una rido%a performance
all’esercizio 2sico.
L’eAetto positivo indotto sulla performance diastolica è controbilanciato dall’eAetto, invece,
negativo dell’ipertro&a miocardica, dovuta ad un aumento della frequenza cardiaca che cara%erizza
questo quadro, sulla funzione diastolica stessa.
Ci si è posti anche la domanda sulla possibile presenza di eHe%i, come poi non si è veri2cato, non solo
sulla contra%ilità, ma proprio sulla stru%ura anatomica del ventricolo sinistro, a seguito della
stimolazione cronica.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 185 A cura di ANDREA PERNA


IPERTIROIDISMO

In questa tabella sono riportate le situazioni che ci possono perme%ere di valutare, a%raverso la
determinazione dei livelli circolanti degli ormoni tiroidei, di TSH e delle cara%eristiche di captazione del
radio-marcato, le varie situazioni che possono determinare un ipertiroidismo.
In parte sono state già tra%ate nell'ora precedente, comunque questi sono alcuni esempi:
 nel Basedow vi è la soppressione del TSH e l'aumento di FT4 e FT3 mentre la captazione può
essere o aumentata o normale negli stati subclinici;
 nell'adenoma tossico (morbo di Plummer), ci possono essere normali o aumentati livelli di
ormoni tiroidei (anche qui dipendono dallo stato della mala%ia), c'è soppressione del TSH e c'è
la stessa situazione del Basedow a livello della captazione di radio-marcato;
 nella tiroidite post-partum vi è aumento dell'FT4, l'FT3 può essere normale o aumentato, c'è
soppressione anche qui del TSH, ma c'è una bassa radio-captazione.

Esami di laboratorio
I valori normali dell'FT3 sono solo in minima parte indice dell'a%ività secretoria della tiroide in quanto
per il 90% quest'ormone viene prodo%o dalla deiodazione periferica del T4, tant'è che in alcuni ospedali
il T3 non viene neanche misurato.
Invece, l'FT4 è indice dire%o dell'a%ività secretoria della tiroide e le sue variazioni possono essere
espressione di inibizione dell'a%ività secretoria o anche di casi di alterazione di proteine che fanno da
carrier degli ormoni tiroidei.
Il TSH è prodo%o a livello dell'ipo2si. I valori normali arrivano 2no a 5 microU/ml (o mU/l) ed è
importante per la diagnosi diHerenziale.
Si possono eHe%uare anche dei test di stimolazione con il TRH, l'ormone ipotalamico, in maniera tale da
constatare se il funzionamento dell'ormone è normale e quindi valutare la risposta del TSH a livello
ipo2sario.
In2ne si eHe%ua tu%a la ba%eria degli esami degli autoanticorpi: anticorpi anti-tireoglobulina, anti-
microsomi, anticorpi che sono particolarmente utili nelle forme autoimmuni, sopra%u%o
nell'Hashimoto.
La tireoglobulina libera a volte può essere un indice molto importante e viene utilizzata anche come
bio-marker nei sogge%i che abbiano soHerto di cancro della tiroide (e che quindi ne abbiano subito

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 186 A cura di ANDREA PERNA


l'asportazione) nello studio durante il follow-up di eventuale riprese di mala%ia (metastasi o
micrometastasi) che non erano state visualizzate precedentemente e che possano essere causa di
aumento di produzione della tireoglobulina.
Altro valore da studiare è la calcitonina che depone per la presenza di un carcinoma midollare della
tiroide.

Indagini strumentali
L'ecogra2a è l'esame più semplice, di prima
ba%uta, per evidenziare eventuali noduli tiroidei
la cui natura poi ovviamente deve essere indagata
con la scintigra2a per vedere se viene captato o
meno il radiomarcato.
Successivamente, sopra%u%o in patologia
neoplastica tiroidea, possono essere impiegate la
TAC e la risonanza magnetica.
Si passa, in seguito, alle indagini invasive:
a%raverso l'ago aspirato, so%o guida ecogra2ca,
possiamo eseguire un aspirato e un esame
citologico su di esso.
Gesto (immagine) è un nodulo tiroideo ben
evidenziato dall'ecogra2a: si può capire se
all'interno c'è materiale liquido o solido e se ne possono determinare le dimensioni.
Per noduli molto piccoli l'ecogra2a può essere impiegata per monitorizzare l'eventuale crescita nel
tempo essendo un esame non invasivo e facile da eseguire.
La scintigra2a tiroidea, invece, ci me%e in evidenza l'eventuale ipocaptazione su un nodulo
precedentemente identi2cato per via ecogra2ca e così è possibile constatare se è funzionalmente a%ivo
o no.
Il fa%o di avere un nodulo cosidde%o "freddo" cioè ipo o non-captante indica la presenza di cellule che
hanno delle atipie, quindi delle cara%eristiche che le rendono non funzionali, a diHerenza delle cellule
tiroidee normali e queste indicano la presenza di neoplasia tiroidea.
Gesto è tipico del cancro follicolare della tiroide, ha un indice prognostico importante e dà anche
indicazioni per l'asportazione della tiroide stessa.
Ovviamente la TAC, sopra%u%o nei casi neoplastici, o anche
nelle iperplasie o nell'adenoma tossico, è utile perché dà
indicazioni sulle stru%ure vicino alla ghiandola e sulle
eventuali compressioni, per esempio, meccaniche che la
ghiandola iperplastica può svolgere su quelle stru%ure vicine
(sopra%u%o sulla trachea).
La citologia va fa%a eseguire in mani esperte perché può
portare a delle conclusioni misleading per quanto riguarda la
diagnosi, quindi c'è la necessità di patologi che
speci2camente si dedicano a questo se%ore e che sono in
grado corre%amente di dare validità ai reperti.
A volte anche il semplice Rx del torace, nei casi di gozzi molto grandi o anche di neoplasie, (sopra%u%o
l'Rx dell'esofago con pasto baritato) può dare indicazioni sulle compressioni meccaniche che una tiroide
iperplastica può svolgere sulle stru%ure .
Nei casi più gravi o più complessi, si possono fare esami più invasivi come la laringotracheoscopia.
Gesto aspe%o della trachea (immagine) è de%o "a clessidra" dovuto alla compressione della parte
mediana dell'organo da parte della ghiandola iperplastica. Ovviamente, questa compressione, dà luogo a
sintomatologia respiratoria dispoinica, con segni obie%ivi (a volte addiri%ura di sibili e/o di 2schi
all'auscultazione) e con ingombro talmente imponente da essere motivo di asportazione.
Gesto (immagine) è un altro quadro: un gozzo calci2co. Un caso in cui anche un semplice Rx del torace
può dare delle indicazioni (casi rari).

IPOTIROIDISMO
Al pari di quello che è stato de%o per l'ipertiroidismo e la tireotossicosi, parlando di riduzione degli

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 187 A cura di ANDREA PERNA


ormoni tiroidei, bisogna speci2care il signi2cato dei due termini: ipotiroidismo e mixedema.
L'ipotiroidismo, che fa il paio con l'ipertiroidismo, è riduzione dell'a%ività secretoria della ghiandola
tiroidea mentre il mixedema, che è l'opposto della tireotossicosi, è l'eHe%o deleterio, tossico, della
carenza cronica degli ormoni tiroidei a livello dei tessuti e degli organi periferici.
L'ipotiroidismo può essere legato sia a un'intrinseca rido%a a%ività funzionale (primitiva) della tiroide
ma può anche essere dovuto da una rido%a a%ività stimolatoria da parte del TSH e quindi da patologia
ipo2saria.
Le principali cause di ipotiroidismo sono riassunte in questa tabella.
Forme periferiche (primarie) Forme centrali Forme da resistenza alle
(secondarie/terziarie) iodotironine
Congenito
Agenesia/disginesia Panipopituitarimo Generalizzata ipo&saria
Dife%i ormonogenesi De2cit isolato di TSH
Carenza iodica De2cit ipotalamico TRH
Passaggio transplacentare
farmaci o anticorpi
Acquisito
Tiroidite cronica autoimmune
Iatrogena
Tiroidectomia
Terapia con radioiodio
Processi in(amm./degenerativi
Tiroidite subacuta, di Riedel
Da rido%a funzione
Carenza iodica
Farmaci
Gozzigeni naturali
Interferenti ambientali

Tra le varie cause è possibile notare che vi sono rare forme congenite, la carenza iodica, una disgenesia
delle regioni del collo (e quindi anche della ghiandola), dife%i molto rari dell'ormonogenesi speci2ca, il
passaggio transplacentare di farmaci e sopra%u%o di anticorpi anti-tiroide.
Le tiroiditi possono essere o anche non essere associate ad un iniziale aumento degli ormoni ma,
sopra%u%o se sono forme non dolorose, se si perpetuano, cioè se durano anni, possono ad un certo
punto portare anche a distruzione della ghiandola stessa perché gli elementi linfomonocitari
determinano una distruzione progressiva della ghiandola 2no a giungere alla condizione di
ipotiroidismo.
Ecco perché è importante seguire nel tempo la funzione della ghiandola tiroidea quando viene fa%a una
diagnosi di tiroidite anche se non ci sono segni di ipertiroidismo nella fase iniziale: è sempre opportuno
monitorizzare la situazione sia anatomica che funzionale della ghiandola.
Le forme iatrogene sono in larga parte dovute all'asportazione della ghiandola, per esempio nei casi di
cancro della tiroide in cui i pazienti devono andare in terapia sostitutiva degli ormoni tiroidei oppure in
terapia con radio-iodio (che si faceva prevalentemente in passato) per l'eliminazione di noduli
neoplastici.
A volte si può ancora osservare qualche caso di ipotiroidismo dovuto a terapie radianti fa%e con
metodiche un po' più grossolane che si facevano in passato e che non erano mirate nella zona da
irradiare per presenza di patologia neoplastica.
Le tiroiditi sub-acute sono già state tra%ate precedentemente e poi ci sono i casi da rido%a funzione per
carenza iodica o per assunzione di alcuni farmaci che inibiscono la ghiandola: a volte ci sono dei casi di
ipotiroidismo dovuti ad utilizzo di 2tofarmaci che in modo incontrollato ne diminuiscono la funzione.
Le forme centrali sono quelle dovute a carenze di TSH o addiri%ura di TRH. Il panipopituitarismo è
dovuto a svariati processi quali: adenoma, sella vuota, agenesia, etc.
Tra i casi più rari 2gurano le forme di resistenza alle iodotironine per uno scarso controllo a feedback
tra ormoni periferici e ormoni centrali.

Esame obiettivo del mixedema

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 188 A cura di ANDREA PERNA


I pazienti presentano principalmente un aspe%o sonnolento e rallentato.
Presentano, inoltre, una macroglossia ben evidente tanto che spesso hanno diDcoltà anche nella loquela
perché l'ipertro2a della lingua impedisce una buona Kuidità del linguaggio e a volte addiri%ura hanno
anche una diDcoltà all'alimentazione per la macroglossia.
Hanno perennemente freddo, anche a temperature acce%abili; una cute pastosa, secca con spesso
diradamento degli annessi piliferi; una iporiKessia molto spiccata; anche una stipsi dovuta a una
riduzione della peristalsi, ma sopra%u%o, e questo è il dato più eclatante, hanno una cardiomegalia e
una bradicardia spesso associata a blocchi atrio-ventricolari.
La cardiomegalia può essere causa di scompenso cardiaco. Geste alterazioni del ritmo sono dovute a
modi2che funzionali oltre che stru%urali dei fasci del Purkinje e quindi a blocchi atrio-ventricolari
anche di III grado con fenomeni aritmici gravi.
C'è un eHe%o anche sull'apparato emopoietico: fondamentalmente c'è un'anemia di tipo microcitico
ipocromico che simula un po' le anemie sideropeniche perché la riduzione di questi ormoni dà un eHe%o
deleterio sui processi di assorbimento del ferro a livello enterocitario, in maniera particolare c'è una
iper-espressione di trascrizione di epcidina a livello enterocitario che causa un rido%o assorbimento del
ferro.
In2ne ci sono i fenomeni neurologici centrali dovuti a questo rallentamento, anche nella capacità
ideomotoria: i pazienti sono sempre sonnolenti, hanno una scarsa rea%ività all'ambiente circostante 2no
ai casi più estremi di perdita di conta%o con la realtà esterna.
Tant'è che è possibile ricordare come nelle zone endemiche di ipotiroidismo per carenza di iodio, si
avevano casi familiari del cosidde%o "cretinismo", cioè i sogge%i 2n dalla nascita presentavano uno
sviluppo del sistema nervoso centrale rido%o e quindi sostanzialmente un Q.I. molto basso.
Fortunatamente questi casi non se ne vedono più grazie ad un'adeguata pro2lassi con sale iodato.
Gi c'è una raccolta generale di tu%a la serie dei segni e dei sintomi e delle conseguenze tossiche della
carenza di questi ormoni.

 Gon2ore facciale e periorbitale con


espressione o%usa, palpebre abbassate e
perdita di capelli
 Macroglossia
 Cute ruvida e secca
 Intolleranza al freddo
 Perdita di memoria, depressione, psicosi
 Cardiomegalia e bradicardia
 Stipsi
 IporeKessia e sindrome del tunnel
carpale
 Anemia normocromica normocitica

Un'altra cosa fondamentale da sapere a livello


cardiovascolare è che così come spesso c’è
tachicardia e ipertensione nella tireotossicosi
così spesso si ha ipotensione nel mixedema.
Il coma ipotiroideo è l'estrema ultima espressione
tossica della carenza di questi ormoni.
Si ha sopra%u%o ipotermia associata ad uno stato di coma con areKessia, si ha un'ipercapnia dovuta ad
una riduzione della frequenza e della profondità degli a%i respiratori e c'è una depressione respiratoria
talmente grave da indurre delle modi2cazioni emogas analitiche abbastanza cara%eristiche con
sopra%u%o un acidosi di tipo respiratorio.
Tra i casi di ipotiroidismo congenito ci sono casi che alla nascita presenteranno turricefalia, basso indice
di Apgar e che andranno incontro ad un rido%issimo sviluppo corporeo, sopra%u%o a livello osteo-
articolare oltre che del sistema genitale poiché questi sistemi sono estremamente responsivi all'a%ività
di questi ormoni tiroidei.
Gesti pazienti saranno cara%erizzati poi in età più adulta da bassa statura, da modi2cazioni clamorose
dal punto di vista osteo-articolare e con tu%e le conseguenze tra%ate precedentemente dal punto di

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 189 A cura di ANDREA PERNA


vista cardiovascolare.
Ci sono ovviamente ancora zone endemiche di gozzo da rido%o apporto di iodio a livello mondiale.
Gesti casi persistono sopra%u%o nella zona Andina, in alcune zone (sempre montuose ovviamente)
delle montagne rocciose degli Stati Uniti, nella zona degli Appalachi e poi anche nella zona del Nepal e
Himalaya.
In Italia la zona più endemica era la zona prealpina.

L'ipotiroidismo subclinico deve essere sempre a%entamente valutato.


Non è una condizione aHa%o rara, colpisce 2no al 10% della popolazione, e l'incidenza aumenta negli
ultra sessantenni.
Gesto stato è cara%erizzato da un aumentato TSH perché gli ormoni tiroidei liberi circolanti sono bassi
o comunque normali ma che necessitano di maggior ormone ipo2sario stimolante (situazioni simili a
quelli visti nell'ipertiroidismo subclinico).
Gesta non irrilevanza dell'ipotiroidismo subclinico è dovuto al fa%o che molti fa%ori di rischio
concorrono allo sviluppo di questa condizione clinica, per esempio le mala%ie non immuni.
È bene ricordare un'associazione con il diabete di tipo 1, dovuto a processi autoimmuni che può
comportare anche un'associazione con forme autoimmuni a livello tiroideo.
Altri esempi di fa%ori di rischio sono storie di irradiazione in regione del collo.

Diagnosi diAerenziale
La diagnosi diHerenziale dell'ipotiroidismo subclinico viene valutata con:
 malattie sistemiche (sopra%u%o quelle a sfondo autoimmune);
 non adeguata compliance alla terapia sostitutiva dell'ipotiroidismo (quindi pazienti che
non seguono adeguatamente la terapia prescri%a);
 insu0cienza renale cronica perché nell'IRC ci sono molti segni e sintomi che simulano lo
stato di ipotiroidismo;
 insu0cienza surrenalica primitiva cara%erizzata nel morbo di Addison (anche se ci sono
altri segni che la diHerenziano) da situazioni di ipotensione, estrema sensibilità al freddo, uno
stato di scarsa rea%ività
all'ambiente circostante, uno
stato di sonnolenza, stanchezza
cronica che simulano il
mixedema;
 artefatti dovuti ad anticorpi
etero&li contro il TSH.
Nella diagnosi sono molto importante
l'anamnesi, l'esame obie%ivo e gli esami di
laboratorio che valutano l'eventuale
riduzione dei livelli sierici di FT3 e FT4 e
l'aumento o riduzione del TSH (a
secondo che sia primitivo o secondario).
Tra gli altri valori anomali c'è una
ipercolesterolemia nel mixedema molto
marcata (così come nell'ipertirodismo c'è un ipocolesterolemia), sopra%u%o dell'LDL e quindi questi
sogge%i, qualora non adeguatamente diagnosticati, hanno un aumento di incidenza di patologia
cardiovascolare, sopra%u%o dell'infarto del miocardio.
Poiché questi pazienti presentano modi2cazioni a livello del tessuto miocardico con scompenso
cardiaco, si ha il classico connubio fra scompenso cardiaco e patologia ateromasica che favorisce i
fenomeni cardiovascolari maggiori.
A%raverso questi esami di laboratorio per quanto riguarda il TSH (immagine) si può vedere, rispe%o
alla normalità, come nel caso di ipertiroidismo clinico i livelli molto soppressi di TSH,
nell'ipertiroidismo subclinico livelli intermedi e poi nell'ipotiroidismo clinico, il TSH è estremamente
elevato ma nell'ipotiroidismo subclinico i livelli sono leggermente aumentati o normali.
La tabella seguente riporta le variazioni degli ormoni TSH, FT4 e FT3 nei vari casi:

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 190 A cura di ANDREA PERNA


Tiroidite di Hashimoto
La tiroidite di Hashimoto è una tiroidite su base disrea%iva, immunologica, con un'in2ltrazione
massiccia di elementi linfocitari sopra%u%o T che alla lunga se non in qualche modo risolta (in questi
casi la terapia è squisitamente immunosoppressiva: in un primo momento si fanno corticosteroidi ma si
può anche passare a terapia più intensa qualora ci sia una risposta scarsa) può ledere l'organo e dare un
quadro di ipotiroidismo.
All'inizio i segni e sintomi non sono speci2ci (a volte ci può essere un po' di dolore incostante
sopra%u%o con livelli di intensità incostanti) però spesso ci sono indici di Kogosi importanti e
sopra%u%o si può avere un ingrossamento omogeneo e simmetrico della ghiandola tiroidea.
Se questo quadro si presenta in una giovane donna con VES elevata e PCR elevata deve far sospe%are
una tiroidite. In questo caso è estremamente opportuno indagare anche l'aspe%o autoimmunitario
perché le tiroidite possono associarsi anche a patologie più serie come il LES o l'artrite reumatoide.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 191 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 22 DIABETE MELLITO E SINDROME METABOLICA

INTRODUZIONE
L'argomento odierno è molto rilevante nella medicina interna, poiché presenta notevoli spunti di
riKessione sia per quello che concerne l'ambito dismetabolico sia quello cardiovascolare.
Il diabete mellito è una tra le problematiche maggiori della società moderna sopratu%o per quello che
riguarda, dal punto di vista epidemiologico, le mala%ie cardiovascolari.
Si ritiene che oltre il 40% della popolazione mondiale nel 2020 sarà aHe%a da diabete mellito sopratu%o
di tipo II.

- Il diabete di tipo I è de2nito come un dife%o assoluto o relativo di secrezione insulinica,


generalmente è una condizione che si manifesta nei bambini e nei giovani adolescenti.
- Il diabete di tipo II è de2nito come una rido%a risposta all'insulina. Nelle fasi precoci della mala%ia,
si assiste ad un compenso da parte del pancreas che reagisce alla rido%a risposta incrementando la
produzione di insulina (infa%i in questo caso avremo un'iperinsulinemia). Nelle fasi tardive della
mala%ia (non in tu%i i pz) il compenso funzionale pancreatico viene a mancare pertanto oltre alla
rido%a risposta ci sarà anche una rido%a secrezione di insulina. Geste considerazioni sono importanti
sopra%u%o nell'impostare un'adeguata terapia, infa%i nel primo caso si dovrà somministrare solamente
un ipoglicemizzante orale, nel secondo caso oltre all'ipoglicemizzante andrà somministrata anche
un'insulina esogena.

La carenza d'insulina provoca variazioni della glicemia. Ciò è possibile grazie alla stre%a relazione che si
instaura tra insulinemia e glicemia. Si parla di una reazione di proporzionalità inversa, in quanto
all'aumentare della concentrazione insulinica si riduce la glicemia.
Inoltre, dove si veri2ca una carenza insulinica, viene anche meno il rapporto di vicendevole controllo
tra l'insulina e il principale ormone iperglicemizzante, il glucagone.
Nei casi di carenza insulinica o di rido%a risposta insulinica va posta molta a%enzione alla
somministrazione di farmaci che alterano questo equilibrio, o addiri%ura lo peggiorano come i
corticosteroidi (possono essere anche endogeni, e nel caso ci sia una loro iperproduzione si manifesta la
mala%ia di Cushing).

Situazioni di stress possono determinare un aumento della glicemia, grazie all'iperincrezione


catecolamminergica (sopratu%o l'adrenalina) che determinana una gluconeogenesi accelerata.

Gando la glicemia basale aumenta, sopra%u%o dopo i pasti principali, (colazione, pranzo e cena)
aumenta parallelamente e proporzionalmente la secrezione insulinica. Nell'equilibrio insulina/glicemia
svolgono un ruolo importante anche degli altri fa%ori, tra i quali le incretine intestinali che verranno
aHrontate in un secondo momento.

EAetti metabolici dell'insulina


L'insulina ha un eHe%o metabolico multiplo. Essa infa%i svolge un ruolo centrale nel:

- Metabolismo glucidico, dove


- favorisce l'ingresso di glucosio nelle cellule, grazie all'esternalizzazione del trasportatore
GLUT4 (il glucosio rappresenta il substrato energetico per eccellenza che viene fornito alla cellula);
- favorisce la glicogenogenesi epatica e la trasformazione di glucosio in acidi grassi,
incrementando le scorte energetiche dell'organismo;
- inibisce la glicogenolisi.

- Metabolismo lipidico
- favorisce la sintesi epatica di trigliceridi
- stimola la sintesi e accumulo di grassi a livello del tessuto adiposo, con eHe%o
antichetogenico, ciò è dimostrato dal fa%o che una riduzione dell'insulinemia provoca il fenomeno della
chetoacidosi.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 192 A cura di ANDREA PERNA


- Metabolismo proteico
- favorisce l'ingresso di aminoacidi nella cellula e la sintesi proteica (l'insulina ha un'azione
anabolica mediata dall'IGF);
- inibisce il catabolismo proteico; l'azione sul metabolismo proteico è particolarmente
importante nei pz con diabete mellito di tipo I nei quali si manifesta un ' ipotro&a muscolare, proprio
causata dalla carenza insulinica. Ciò è possibile perché, venendo a mancare l'azione anabolica
dell'insulina, l'organismo che non riesce ad usare il glucosio, comincia a catabolizzare le proteine,
sopra%u%o quelle muscolari che sono le più rappresentate.

Parametri per monitorare nel tempo la condizione glucidica


- Glicemia, i valori normali sono da 70 a 110 mg/dl a digiuno, post prandiale < 140; è un parametro che
varia continuamente nell'arco della giornata ed in base al tipo di alimentazione (ricca di zuccheri
semplici o di zuccheri complessi). Alcuni pz possono giovarsi dell'utilizzo di particolari device che
monitorano costantemente il valore della glicemia e all'occorrenza infondono dell'insulina;
- Glicosuria , presenza di glucosio nelle urine, si veri2ca quando viene superata la soglia di
riassorbimento renale di glucosio, circa 200 mg/dl, se abbondante determina poliuria.
- Emoglobina glicosilata (HbA1c) , frazione dell'emoglobina capace di legare il glucosio, utilizzata
come marker dei valori medi di glicemia delle ultime se%imane, questo parametro consente di valutare
il compenso metabolico del pz nei 3-4 mesi precedenti. Il glucosio infa%i può reagire tramite il suo
gruppo aldeidico con i gruppi amminici dell'emoglobina, sopra%u%o con i residui di lisina e di arginina,
glicosilandola in maniera non enzimatica; avendo l'Hb un'emivita piu%osto lunga, quella glicosilata
rappresenta un aDdabile marker di compenso metabolico glucidico, a diHerenza della glicemia che
invece è un indice istantaneo della condizione glucidica.
- Corpi chetonici , dove manca l'azione dell'insulina, il supporto energetico viene a mancare, e si
bruciano gli acidi grassi che come prodo%i 2nali hanno i corpi chetonici (beta-idrossibutirrato, aceto-
acetato ed acetone, che è volatile, pertanto può essere eliminato tramite la respirazione). La massiva
produzione di corpi chetonici determina acidosi e chetonuria.
I corpi chetonici sono formati anche in condizioni para2siologiche, quali il digiuno prolungato. In
questa condizione infa%i le cellule vanno in contro ad un de2cit energetico, non essendoci glucosio
nell'organismo, o essendocene poco (le riserve glucidiche immagazzinate come glicogeno durano circa
24h), le cellule cominciano a bruciare le riserve lipidiche producendo corpi chetonici

EPIDEMIOLOGIA
Il diabete, sopratu%o quello di tipo II, è ormai diventata una piaga sociale. Si è veri2cato un ne%o
aumento della prevalenza del diabete nella popolazione generale, questo perché c'è una stre%a
correlazione tra l'età e la comparsa della mala%ia. Con l'aumento dell'età media infa%i stanno
aumentando anche le prevalenze delle mala%ie legate all'invecchiamento, ed il diabete è una di queste.
Nelle popolazioni ad alto tenore socio-economico e con un buon sistema sanitario, il diabete mellito è
diagnosticato nella maggior parte dei casi. Nelle popolazioni in via di sviluppo (dove sempre più spesso
si assumono comportamenti alimentari simili a quelli del mondo occidentale ma non c'è un sistema
sanitario altre%anto eDciente) è spesso poco diagnosticato, quindi le incidenze sono so%ostimate. La
condizione meno diagnosticata nei paesi in via di sviluppo è quella del pre-diabete, che spesso coincide
con la sindrome metabolica. È una condizione rara nei paesi so%osviluppati.
Nel 2010 è stato stimato che nel mondo vi fossero 285 milioni di persone aHe%e da diabete di tipo 2 e
che costituissero circa il 90% dei casi di diabete. Ciò equivale a circa il 6% della popolazione adulta
mondiale.
Le donne sembrano essere a maggior rischio come alcuni gruppi etnici, come sud-asiatici, abitanti delle
isole del Paci2co, latino-americani e nativi americani
Negli USA, come nei paesi industrializzati dal 1900 al 1986 si è veri2cato un incremento esponenziale
dell'incidenza.

LA SINDROME METABOLICA
La SM corrisponde alla condizione del prediabete, pertanto, è di fondamentale importanza, per il pz e
per il sistema sanitario, che venga precocemente identi2cata, anche perché è uno stadio reversibile del
dismetabolismo glucidico, quindi intervenendo in questa fase si evita la progressione della mala%ia

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 193 A cura di ANDREA PERNA


verso un diabete franco.
È stata de2nita in vario modo dalle varie organizzazioni scienti2che. L'American Diabetes Assotiation
(ADA) la de2nisce come una patologia multifa%oriale nella quale sono presenti:
- Obesità addominale , ed aumento della massa corporea; il grasso addominale è particolarmente
iporesponsivo all'insulina, in particolare, quello mesenterico, è paragonabile ad un tessuto ben
stru%urato, capace di produrre citochine in2ammatorie, in maniera piu%osto intensa, inducendo uno
stato in2ammatorio cronico. Gesto a sua volta sembra favorire la comparsa di un'alterata risposta
insulinica. Ci sono evidenze che il TNF-alfa mantenuto a livelli costantemente elevati, da un lato
downregola i rece%ori dell'insulina, e dall'altro produce un' in2ammazione cronica sistemica con
massiva mobilitazione delle riserve glucidiche. L'obesità addominale è valutabile con la misurazione
della circonferenza addominale, varie misure plicometriche ma sopratu%o tramite il BMI, che se supera
i 25, 30 è un grande fa%ore di rischio.
- Dislipidemia aterogena, aumento del colesterolo, sopratu%o di LDL, che non dovrebbe superare i 100
mg/dl. Le moderne società cardiologiche pongono l'accento sul fa%o che il rischio continua ad essere
presente se nonostante le LDL siano basse, le HDL non siano a valori o%imali. Se le LDL sono so%o i
100 mg/dl ma l'HDL è basso permane il fa%ore di rischio (rischio relativo che persiste dopo la riduzione
delle LDL). L'LDL può essere abba%uto seguendo delle condo%e alimentari adeguate, ad esempio
eliminando dalla dieta tu%i i prodo%i caseari, riducendo l'introito di carni grasse e rosse ed aumentando
l'introito di 2bre alimentari. Il ruolo delle HDL è fondamentale in quanto svolge una funzione scavenger
sulle LDL riducendone l'accumulo nei tessuti periferici e promuovendone la captazione epatica.
Anche i trigliceridi devono essere so%o i 200 mg/dl, più sono bassi migliore è la prognosi del pz in
termini di rischio cardiovascolare; il controllo dei trigliceridi è più semplice poiché essi sono assunti
principalmente con la dieta, pertanto, un controllo accurato dell'alimentazione ne perme%e un
consistente abba%imento. Gesto è valido tranne nei casi in cui le dislipidemie sono su base eredo-
familiare, come nelle iperlipoproteinemie.
- Ipertensione arteriosa sistemica, svolge numerosi eHe%i negativi dal punto di vista cardiovascolare.
Numerosi studi dimostrano che l'ipertensione provoca la downregolazione dei rece%ori dell'insulina.
Svolge il compito di favorire la formazione delle placche aterosclerotiche. Impa%a sulla patologia renale,
ad esempio nel caso di una sindrome ipertensiva maligna si può avere addiri%ura un'insuDcienza renale
acuta; più comunemente, un'ipertensione cronica non controllata può portare ad insuDcienza renale
cronica.
- Iporesponsività all'insulina, insulinoresistenza, legata stre%amente con l'obesità addominale, stato
pro-in2ammatorio e l'ipertensione. È una condizione multifa%oriale. Ad essa concorrono diverse
condizioni come quelle citate precedentemente.
- Stato pro-in(ammatorio, I pz con elevato BMI (superiore ai 30) hanno IL-6 e TNF alfa più elevati e
quindi una maggiore in2ammazione sistemica, condizione favorente l'insulino-resistenza, che è la
driving force del diabete mellito di tipo II.
- Stato trombo(lico , favorisce lo sviluppo, grazie ad un'alterazione dei vari fa%ori coinvolti nel
processo della coagulazione, di patologia trombotica arteriosa. La trombo2lia in quanto tale si riferisce
alla predisposizione a fa%i trobotici venosi, come TVP ed EP (determinata dai classici fa%ori trombo2lci,
quali : fa%ore V di Leiden, ipeomocisteinemia, dife%o di proteina C ed S) ma in questo caso, trombo2lia
diabetica, si parla di trombo2lia arteriosa, e quindi di condizioni patologiche quali:
- infarto del miocardio
- ictus cerebrale
- ischemia arti inferiori ed arteropatia obliterante periferica;
queste sono anche le complicanze cardiovascolari che emergono in un pz diabetico, sopra%u%o di tipo
II. In questi casi intervengono anche delle componenti che svolgono un ruolo importante nella
trombosi arteriosa, come le piastrine, che, in questi pz, sono in uno stato più a%ivato (forse per la
maggiore produzione di TxA2, trombossano A2, un potente proaggregante piastrinico), condizione
favorente complicanze trombotiche o tromboemboliche in un substrato alterato (l' endotelio di un
iperteso, è già di per sé danneggiato e per di più in un quadro di in2ammazione sistemica).
Si veri2ca anche un aumento della 2brinogenemia (derivata dallo squilibrio endoteliale) e del vWF,
coinvolto nell'emostasi primaria. Aumenta anche il PAI 1, l'inibitore dell'a%ivatore plasminogeno, che
inibisce la formazione dell'a%ivatore del plasminogeno, che a sua volta a%iva il plasminogeno in
plasmina; in de2nitiva un aumento del PAI 1 provoca una riduzione della 2brinolisi e quindi della

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 194 A cura di ANDREA PERNA


dissoluzione dei coaguli formatisi.

Per diagnosticare la SM è necessario che siano presenti almeno 3 di queste cara%eristiche.


Sono tu%e condizioni facilmente prevenibili con un approccio comportamentale. Infa%i:
- Obesità addominale e elevato BMI possono essere migliorati con l'a%ività 2sica, molti sudi dimostrano
che quest'approccio da risultati migliori rispe%o a quello farmacologico. L'a%ività 2sica costante
determina un aumento dell'HDL sfavorendo e ritardando il processo aterogeno.
- L'astensione dal fumo di sigare%a (importante fa%ore di rischio cardiovascolare) e una dieta corre%a,
rientrano sempre nella terapia comportamentale, si evita in questo modo la progressione verso il
diabete mellito di tipo II, molto peggiore per il pz e per la società dati i costi sanitari molto elevati.
Gesto è stato dimostrato da diversi studi americani e nord-europei, in maniera inequivocabile.
È importante riconoscere il pz che presenta una sindrome metabolica, in genere si presenta: obeso, di
sesso maschile, iperteso, fumatore, in uno stato di in2ammazione cronica sistemica (evidenziabile
mediante indici ematici quali VES e PCR). In questi casi va sicuramente proposto al pz, prima di
intraprendere un iter terapeutico farmacologico, di ridurre il peso corporeo mediante una costante
a%ività 2sica, restrizione calorica e cessazione del fumo di sigare%a, all'occorrenza si possono utilizzare
farmaci per ridurre la colesterolemia, quali 2brati e statine. Così facendo si evita che il pz possa
progredire in una condizione di diabete franco che è gravato da molteplici complicanze cardiovascolari.
Gindi la riduzione del peso corporeo è la terapia di prima linea da a%uare in questi pz, anche perché a
cascata determina un miglioramento anche delle altre condizioni.

DIABETE MELLITO, CLASSIFICAZIONE GENERALE


- Diabete insulino dipenente, di tipo I (10%), è determinato dalla carenza dell'insulina. Ha una
patogenesi autoimmune con eziologia variabile. È stata documentata in quasi tu%i casi un'insulite
causata da una massiva risposta autoimmune verso le insule pancreatiche, innescata da Ab anti-insula,
ma anche, più raramente Ab anti-insulina (molto grave perché rende diDcile la terapia con insulina
esogena, in quanto essa può addiri%ura aumentare la risposta autoimmune). Le insule pancreatiche
sono completamente distru%e nell'arco di poco tempo, privando il pz della capacità di sintetizzare
insulina. Gesta condizione è tipica di pz in età pediatrica, nei quali le risposte autoimmuni, con
produzione di Ab si vengono ad innescare per svariati motivi quali:
- mimesi molecolare in corso di infezioni virali da coxackie A e B
- particolari pa%ern antigenici
- complessi HLA predisponenti
- Diabete di tipo II non insulino-dipendente, associato ad obesità e non (90%). In genere
rappresenta l'evoluzione della sindrome metabolica non curata. Dovuto all'insulino-resistenza che
determina a feedback positivo un aumento della secrezione dell'insulina, infa%i essa è presente, in
questi pz, a livelli sovramassimali, si crea un eHe%o paradosso che a sua volta determina una
downregolazione dei rece%ori dell'insulina stessa.
- Diabete gestazionale o gravidico, è una condizione simile al diabete di tipo II; esso si può sviluppare
durante la gravidanza, già a partire dal primo trimestre, per eHe%o delle alterazioni endocrine che si
veri2cano in questa condizione. In genere nelle donne so%o stre%o controllo glicemico si è visto che il
diabete gestazionale si risolve dopo il parto, ma le donne che ne hanno soHerto, hanno la tendenza a
progredire verso diabete mellito di tipo II fuori dalla gravidanza, va pertanto considerato come un
campanello d'allarme per l'eventuale evoluzione del diabete.
- Diabete secondario, assimilabile come sintomatologia a quello di tipo I. si veri2ca in tu%e quelle
condizioni che vanno a ledere l'integrità anatomo-funzionale del pancreas e sopra%u%o delle insule
pancreatiche. Possiamo riconoscerne forme:
- postchirurgiche,
- relate all'utilizzo di cortisonici,
- post pancreatitiche,
- post ca pancreatico.
Compaiono in genere nell'adulto.

DIAGNOSI
- Galsiasi glicemia a digiuno sopra i 200 mg/dl magari ripetuta, per essere sicuri che non ci sia un
errore di dosaggio, è suDciente a determinare la diagnosi di diabete.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 195 A cura di ANDREA PERNA


- Secondo l'OMS, una glicemia a digiuno oltre i 125, quindi a partire dai 126 mg/dl, in due occasioni,
può far porre una diagnosi di prediabete.
- Carico orale di glucosio, in genere vengono somministrati 75 g di glucosio per os, alla seconda ora un
livello >200 mg/dl autorizza a fare diagnosi di diabete franco.
- In gravidanza, carico orale da 100g, o in caso di situazioni particolari, come un'iperglicemia (oltre i
160 a digiuno) da parte della pz, un mini carico di glucosio; in questi casi la diagnosi di diabete è certa
se:
- al tempo 0 la glicemia supera i 205 mg/dl
- dopo 1h la glicemia è >190 mg/dl
- dopo 2h la glicemia è > 165 mg/dl
- dopo 3 h la glicemia è > 145 mg/dl.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA DIABETE DI TIPO I E II


Ci sono una serie di cara%eristiche cliniche che ci perme%ono, già ad un primo incontro con il pz, di
incasellarlo nel gruppo del diabete di tipo I o II, come quelle elencate in tabella.

- Classicamente, il pz con diabete mellito di tipo I è pediatrico, beve ed urina molto, cosa che è molto più
a%enuata nel diabete di tipo II, dove i pz spesso sono obesi, brachitipi, che bevono poco e quindi non
hanno polidipsia e poliuria, tranne che in quelle situazioni di scompensi osmolari tali da portare la
glicemia ad 800 mg/dl, dove il pz presenta acutamente polidipsia e poliuria.
- Astenia ed aHaticamento sono tipici del I tipo. Spesso i genitori del pz riferiscono che il pz è sempre
stanco, svogliato, iporesponsivo nelle a%ività sportive. Ciò è dovuto alla mancanza di glucosio a livello
cellulare, sopra%u%o cerebrale e muscolare. Inoltre nel diabetico insulino dipendente si manifesta un
incremento del catabolismo proteico con diminuzione delle masse muscolari che vanno in ipotro2a.
- Polifagia con perdita di peso, sempre tipica del tipo I, tanto da de2nire il diabete di tipo uno la mala%ia
delle 3 P (poliuria, polidipsia, polifagia), la polifagia associata al calo ponderale e ad un de2cit di crescita
viene spesso riconosciuta dai genitori che si preoccupano per questo.
- Altri sintomi sono più tipici invece del diabete mellito di tipo due, sopra%u%o quelli che concernono le
complicanze cardiovascolari e neurovascolari. Tra i sintomi che spesso si riscontrano nei diabetici di
tipo II vanno citati:
- visione oHuscata ricorrente, con problematice sia a livello del cristallino (catara%a) sia a
livello retinico per via della microangiopatia diabetica, la condizione può essere molto grave e può
condurre addiri%ura a cecità.
- vulvovaginite e prurito

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 196 A cura di ANDREA PERNA


- complicanze infe%ive, spesso dovute ad una diminuzione dell'e0cacia del sistema
immunitario dovuta a sua volta al dife%o dell'utilizzo del glucosio.
- neuropatia periferica
Le complicanze che colpiscono il pz diabetico di tipo II si possono in genere dividere in:
- microvascolari , colpiscono tipicamente il rene (a livello del mesangio e del glomerulo), la
retina e raramente nel microcircolo coronarico
- macrovascolari sono a carico del circolo coronarico, circolo encefalico, grossi vasi periferici;
come conseguenze avremo: infarto al miocardio, ictus e arterite obliterante ostru%iva.
Tu%e le complicanze vascolari e del sistema immune, nell'adulto, si manifestano perché la patologia è in
azione da tempo, per cui tu%e le alterazioni dovute all'iporesponsività insulinica possono creare un
danno ben stru%urato (azione decennale o ventennale della sindrome metabolica, preclinica); ciò spesso
non accade nel diabete mellito di tipo I, perché è spesso la patologia del bambino dove la mala%ia agisce
in uno stre%o lasso di tempo. Dal diverso tempo d'azione della patologia pertando derivano anche le
importanti diHerenze sul piano clinico tra le due mala%ie.
- Lo scompenso iperosmolare si veri2ca molto frequentemente nel diabete di tipo II, proprio perché il pz
ignora di essere diabetico, spezzo in pz che hanno avuto una lunga fase di pre-diabete trascurata, e che
arrivano in condizione di marcata resistenza all'insulina, talmente intensa da determinare delle
iperglicemie che raggiungono valori di 800-900 mg/dl, 2no ad arrivare ad un coma iperosmolare.
- Lo scompenso chetoacidosico ed eventualmente il coma è presente maggiormente del I tipo. I genitori
di questi pz spesso si accorgono al ma%ino che la stanza del pz odora di acetone.
- La familiarità è rara nel pz di tipo I mentre è molto frequente nel pz di tipo II, infa%i è importante
nell'anamnesi indagare sulla presenza di familiarità della mala%ia. Non ci sono fa%ori genetici singoli in
quanto la patologia è multifa%oriale.

ESAMI DA ESEGUIRE IN UN PZ CON SOSPETTO DI DIABETE


- Esami bioumorali: glicemia, a digiuno e dopo stimolo OGTT, insulina, c peptide
- autoanticorpi, nel sospe%o di diabete di tipo I, sia contro le insule che contro l'insulina
- Glicosuria
- Pro2lo glicemico, la monitorizzazione della glicemia durante la giornata o eventualmente una curva da
carico,
- Hb glicata
- Asse%o lipidico, comprensivo di HDL, LDL e trigliceridi
- Acido urico
- Esame urine
- Indici di funzionalità renale, creatinina e clearance, ma anche la proteinuria e la microalbuminuria
che è indice di danno glomerulare nel sogge%o diabetico. Gesto è importante perché spesso si ha
un'iperplasia mesangiale ed un ispessimento della membrana di 2ltrazione e della membrana basale
tubulare, con diDcoltà del riassorbimento delle proteine.
- La glicemia è misurabile con diversi device, anche tramite apparecchi portatili tramite digitopuntura.
Ciò è molto comodo nel pz diabetico di tipo I perché conoscere la glicemia perme%e di calcolare con
accuratezza la dose di insulina da somministrare.

CLINICA DELLE COMPLICANZE DEL DIABETE


Le complicanze del diabete possono essere distinte in:
- acute
- croniche.

Le COMPLICANZE ACUTE sono quei quadri metabolici che insorgono in modo improvviso e sono
raggruppabili nella classe dei comi metabolici.
 Scompenso (coma) iperosmolare non chetoacidosico
È un quadro che si instaura lentamente con sintomi sfumati (astenia, poliuria, polidipsia).
È una condizione legata sopra%u%o all’aumentata osmolarità plasmatica causata dall’iperglicemia
e riguarda quasi esclusivamente il paziente aHe%o da diabete di tipo II o diabete non insulino-
dipendente. A rischio sono gli anziani e i sogge%i femminili, sopra%u%o in presenza di
comorbidità.
Tra le cause più frequenti si annoverano le infezioni, eventualmente una complicanza

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 197 A cura di ANDREA PERNA


cardiovascolare, o spesso una terapia con corticosteroidi, prima di prescrivere una terapia
steroidea indagare l’eventuale presenza di diabete.
Tale scompenso idrico-ele%rolitico spesso deriva dalla neuropatia autonomica causata dal diabete,
per cui il paziente ha una riduzione dello stimolo della sete e non riesce a compensare la perdita di
liquidi dovuta alla glicosuria.
A seguito dell’ipovolemia si ha inoltre ipotensione con tachicardia. Gest’ultima, tu%avia, non
sempre è presente proprio a causa della neuropatia autonomica, per cui il paziente, non riuscendo
a compensare l’ipoaqusso cerebrale, può andare incontro ad episodi lipotimici o addiri%ura a
sincopi riportando talvolta importanti traumi cranici in seguito alla caduta.
Se tale situazione di iperosmolarità non viene risolta si arriva alla confusione mentale, al
disorientamento, alla letargia ed in2ne al coma.
 Scompenso (coma) chetoacidosico
È cara%eristico del diabete di I tipo ed è gravato da una presentazione clinica più severa, con i
classici segni e sintomi: poliuria, polidipsia, dolore addominale, chetosi, vomito causato dalla
chetosi stessa, ed astenia marcata. A diHerenza del coma non chetoacidosico è cara%eristica la
DISPNEA dovuta all’eHe%o tossico dire%o dell’acidosi sui nuclei respiratori bulbari.
La patogenesi è basata sulla assenza o riduzione dell’azione dell’insulina, con l’incremento della
lipolisi, l’aumento della proteolisi degli ormoni controregolatori, la condizione di iperglicemia che
determina la cosidde%a diuresi osmotica e di conseguenza lo squilibrio ele%rolitico con la
disidratazione cellulare, quindi la caduta ipovolemica.
I parametri di laboratorio riportano una severa iperglicemia, una condizione di aumentata
osmolarità plasmatica legata prevalentemente all’iperglicemia, la presenza della chetosi, con il pH
al di so%o di 7.3, la caduta del tampone dei bicarbonati, l’aumentato gap anionico, a volte la
presenza di acidosi la%ica; anche i dati della glicosuria e della chetonuria rappresentano una
peculiarità. L’odore dell’acido acetonemico è molto cara%eristico e si avverte distintamente quando
si entra in una stanza che ospita un sogge%o con chetoacidosi.
I cardini della terapia sono principalmente la correzione della glicemia, la correzione degli
ele%roliti, ma fondamentale è la reidratazione con 2siologica.
 Coma ipoglicemico
È un incidente frequente perché è legato spesso ad errori nella somministrazione di insulina e
ipoglicemizzanti (iatrogeno).
Per ipoglicemia si intende la riduzione della concentrazione plasmatica di glucosio al di so%o di 50
mg/mL.
Le cause dell’ipoglicemia sono
 l’iperinsulinemia assoluta: l’eccesso di insulina, questo può essere un errore di prescrizione,
un errore nel dosare le unità anche da parte del paziente. A volte ci sono disomogeneità nella
stru%ura adiposa del paziente per cui si possono avere diverse zone a diverso assorbimento.
 l’iperinsulinemia relativa è quella condizione legata ad altri fa%ori: il paziente ha mangiato in
modo non adeguato oppure in modo sbilanciato e con tempi non regolari, ha fa%o un’a%ività
sportiva non programmata o non supportata suDcientemente con un pasto preventivo.
Il paziente sintomatico si presenta agitato, con cute pallida e sudata, tachicardia (o bradicardia in fase
avanzata). In tal caso può compensare tale situazione con un piccolo pasto oppure con l’infusione di
liquidi se ospedalizzato; tu%avia il paziente diabetico può presentarsi con la cosidde%a
HYPOGLYCAEMIA UNAWARENESS derivante dalla neuropatia: il paziente è insensibile all’ipoglicemia
in quanto il sistema nervoso non è in grado di rilevare la caduta glicemica e quindi a%uare meccanismi
di compenso, sintomi di neuroglicopenia senza sintomi premonitori sogge%ivi.
Per tale ragione il paziente che inizia una terapia ipoglicemizzante deve essere stre%amente controllato
per poter se%are al meglio la dose e poter correggere un’eventuale ipoglicemia.

Per quanto riguarda le COMPLICANZE CRONICHE, queste riguardano in particolare i pazienti con
diabete di tipo II, in quanto il diabete di tipo I esordisce più spesso in modo acuto con un coma
chetoacidosico rendendo più facile e precoce la diagnosi di stato diabetico.
Nel diabete di tipo II, invece, l’esordio più subdolo dà il tempo di danneggiare progressivamente gli
organi bersaglio, in particolare OCCHIO e RENE che sono la sede delle complicanze microvascolari.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 198 A cura di ANDREA PERNA


- Cataratta: il paziente inizia a lamentare problemi alla guida, non riesce a distinguere ne%amente i
margini degli ogge%i, le luci arti2ciali le percepisce come un caleidoscopio di punti luminosi; nelle ore
diurne e in particolare in penombra il paziente è come se vedesse a%raverso un vetro opaco. Tale dife%o
di vista per de2nizione non viene corre%o dalle lenti corre%ive in quanto è la rifrazione ad essere
alterata a causa dell’opacizzazione del cristallino.
I fenomeni che portano alla perdita della trasparenza del cristallino sono l’iperidratazione delle proteine
del cristallino, la loro conseguente modi2cazione conformazionale a seguito del richiamo di acqua, i
fenomeni ossidativi legati alla glicosilazione non enzimatica delle proteine.

- Retinopatia (proliferativa e non proliferativa): ha cara%ere progressivo e se non corre%a può


portare a cecità.
Deriva da modi2cazioni del circolo retinico: inizialmente si hanno tortuosità del circolo con piccole
manifestazioni aneurismatiche sui rami delle arterie retiniche circondate da edema, mentre nelle fasi più
avanzate si possono avere microemorragie dovute al danno alle pareti vasali causate dallo stato
iperglicemico. Il quadro più grave è quello del distacco di retina, con perdita della capacità visiva.
- Glomerulosclerosi capillare: vi è un ispessimento della membrana basale con iperplasia mesangiale
che porta alla perdita della capacità di 2ltrazione e quindi a microalbuminuria.
Man mano che il 2ltro renale viene danneggiato passano nelle urine proteine con peso molecolare via
via maggiore 2no a proteinurie franche con perdite proteiche anche di 2 grammi nelle 24 ore, portando
quindi ad un’esacerbazione dello stato dismetabolico del paziente diabetico.
- Necrosi tubulare acuta : quando sono coinvolti rami arteriosi aHerenti ai tubuli si può arrivare ad
un’ischemia 2no all’IRA con alterazioni della creatininemia.
Un indice molto sensibile del danno renale è il rapporto tra microalbuminuria e creatinina urinaria , che
consente di individuare precocemente una nefropatia da danno glomerulare in stato iniziale, quando ad
esempio sono stati danneggiati solo il 10- 15- 20% dei nefroni.
Spesso questa nefropatia è complicata da infezioni, a cui in generale il paziente diabetico è
particolarmente susce%ibile.
Sostanzialmente nessun organo è esente dalle complicanze del diabete e molte di queste complicanze
originano da modi2cazioni biochimiche di glicosilazioni non enzimatiche sia delle proteine che dei
lipidi. Il collagene della matrice subendoteliale è il più colpito tanto da arrivare a perdere le proprie
cara%eristiche meccaniche, con danno alla parete vasale.
Una seconda alterazione presente nei pazienti diabetici riguarda i processi ossidativi, in particolare si
ha un’adduzione del gruppo aldeidico del glucosio ai gruppi epsilon-amminici degli aminoacidi basici,
con lo sviluppo di radicali idrossilici, anioni superossido e ossigeno singole%o che danno modi2cazioni
chimiche estremamente importanti a livello proteico, lipidico ed addiri%ura degli acidi nucleici.
Importante per monitorare l’andamento della vascuolopatia periferica è il controllo periodico dell’indice
caviglia-braccio prima del veri2carsi di lesioni ischemiche agli arti inferiori.
Un ABI<0,9 già deve allertare il medico ed indurlo verso presidi farmacologici volti a rallentare la
progressione della PAD.

Gadri cara%eristici del paziente diabetico sono:


 colelitiasi
 impotenza ed alterazioni mestruali
 infezioni: sono frequenti le infezioni anche da parte di agenti fungini e di micoba%eri;

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 199 A cura di ANDREA PERNA


 neuropatia diabetica : sono coinvolti i vasa nervorum presenti a livello dei nervi periferici,
con degenerazione nervosa su base ischemica.
Importante è la disautomia diabetica, per cui il paziente non riesce ad adeguare ritmo,
frequenza, calibro vasale ai cambiamenti posizionali, andando incontro a sincopi e lipotimie
2no al coma. Tale disfunzione neurovegetativa può essere diagnosticata tramite tilt test, che si
eHe%ua legando il paziente ad un le%ino che cambia posizione simulando il passaggio da clino-
ad ortostatismo; il tu%o so%o controllo ECG per veri2care se si hanno i 2siologici ada%amenti
di frequenza. Un’alternativa può essere la somministrazione di sostanze ad azione colinergica
che simulino la vasodilatazione.
 gastroparesi dovuta alla neuropatia autonomica;
 piede diabetico

Gest’ultimo è un quadro molto importante anche dal punto di vista socio-sanitario e spesso non è
gestito in maniera o%imale dal personale medico e infermieristico.
Rappresenta la sommatoria 2nale di un disturbo neuropatico e distro2co ed è de2nito come la sintesi di
queste due alterazioni autonomiche.
Gindi l’alterazione tro2ca e l’alterazione funzionale del piede nel complesso determinano danni anche
devastanti del piede: il paziente presenta ulcere con cercine 2broso perilesionale, le quali compaiono
inizialmente a livello malleolare, in seguito a livello della pianta del piede; spesso non vengono
riconosciute dal paziente e non tendono alla cicatrizzazione, per cui si infe%ano, approfondendosi nel
so%ocute e raggiungendo addiri%ura periostio ed osso, dando quindi osteomieliti, in particolare a livello
metatarsale dando il cosidde%o piede di Charcot.
Il paziente spesso si rende conto dell’ulcera solo quando viene interessato il periostio, che è ricco di
nocice%ori.
Insieme all’alterazione del tro2smo cutaneo, a volte l’alterazione dell’appoggio dovuto alla neuropatia
sensoriale provoca delle dislocazioni o delle sublussazioni metatarso-falangee o intermetatarsee, per cui
alcuni pazienti presentano spesso, anche nella deambulazione, una progressiva alterazione d’appoggio
ed avaria del piede.
La gravità di questo danno comporta, in base ai modelli d’appoggio, una alterazione del tro2smo. Infa%i
l’errore nell’appoggio esita nelle ulcerazioni. Gando queste ultime sono complicate anche da
distro2smo irrorativo si arriva alla fase più avanzata del piede diabetico.

TERAPIA
La conoscenza sulla 2siopatologia del diabete si è ulteriormente ampliata negli ultimi anni grazie alla
scoperta di ormoni che cooperano con le cellule beta del pancreas nel controllo glicemico.
Agli inizi degli anni ’90 un esperimento ge%ò le basi della terapia con le Incretine: si analizzò
l’insulinemia (tramite dosaggio ematico del peptide C) dopo aver somministrato la stessa quantità di
glucosio prima ev e poi per os e si vide che la quantità di insulina prodo%a in seguito a
somministrazione per os era di gran lunga maggiore rispe%o a quella ev, sia per quanto riguarda il picco
insulinemico e sia per quanto riguarda l’aera so%o la curva.
Gesto diHerenziale ha fa%o ipotizzare la presenza di fa%ori prodo%i in seguito alla somministrazione
orale di glucosio e studi successivi hanno evidenziato che tali fa%ori sono le INCRETINE, di cui la più
importante è il GLP-1 che è prodo%o dalle cellule della mucosa dell’intestino tenue dopo il transito
intestinale del cibo.
Gesto sistema a sua volta è controregolato da una metalloproteinasi a zinco, la dipeptidil peptidasi 4
(DPP-4) che idrolizza il GLP-1 inibendone l’a%ività biochimica ed evitando quindi stati di
iperinsulinemia e quindi di ipoglicemia.
Sono stati successivamente prodo%i dei farmaci, utilizzati in clinica sopra%u%o per il diabete di tipo II,
che inibiscono la DPP-4 e quindi aumentano l’emivita delle incretine e del GLP-1 consentendo una
maggiore stimolazione alla produzione insulinica.

Il GLP-1 prodo%o in risposta all’apporto alimentare ha svariate azioni:


 aumenta la secrezione glucosio-dipendente di insulina;
 sopprime la produzione glucosio-dipendente di glucagone;
 rallenta lo svuotamento gastrico, limitando le variazioni della glicemia post-prandiale (picchi);

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 200 A cura di ANDREA PERNA


 promuove il senso di sazietà, la terapia incretinica favorisce il calo ponderale, limitando quindi
la resistenza all’insulina.

Nel diabete di tipo I i farmaci più utilizzati sono le INSULINE.


Le insuline a%ualmente in commercio sono o%enute a%raverso la tecnica del DNA ricombinante, sono
polipeptidi o IDENTICI all’ormone nativo (insulina umana) o MODIFICATI in uno o più residui al 2ne
di variarne la farmacocinetica.
 insuline ad azione rapida, come la Aspart-Glulisina, sono analoghi dell'insulina umana con
identica a5nità per il rece4ore a quella dell'ormone nativo. sono invece utilizzate in
corrispondenza dei tre pasti principali, hanno un picco maggiore ed agiscono molto rapidamente
ed anch’esse sono state o4enute tramite sostituzione aminoacidica. Sono rapidamente assorbite nel
circolo e possiedono
 inizio veloce
 picco precoce tra 45-60 min
 breve durata d’azione (NON OLTRE LE 5 ORE)
 insuline ad azione intermedia, (ISOFANO NHP, è una sospenzione in tampone fosfato con zinco e
protammina che ne ritardano l'assorbimento. L'azione comincia 2-3 ore dopo la somministrazione,
raggiunge il picco dopo 6 ore e dura per 14-16 ore)
 inizio ritardato 2-3 ORE DALL'ASSUNZIONE
 picco più tardo 6 ore
 lunga durata d’azione 14- 16 ore
 insuline ad azione lenta ed ultralenta
 inizio molto ritardato
 picco più basso
 durata d’azione molto lunga
La sostituzione di un acido glutammico con un residuo di valina ha fa%o sì che l’insulina, una volta
inie%ata so%ocute, tendesse ad aggregarsi liberando le singole molecole più lentamente, con una
maggiore durata dell’eHe%o ed un picco di minore entità. Gesto è il meccanismo d’azione delle insuline
lente che vengono somministrate al paziente la sera e perme%ono un controllo glicemico durante le ore
di digiuno no%urno.
Vi sono anche preparazioni miste, sia con insuline rapide che lente, che perme%ono una migliore
stabilizzazione dei valori glicemici.
Il diverso utilizzo delle insuline rapide, lente ed intermedie va commisurato al singolo paziente
sopra%u%o oggi che abbiamo la possibilità di gestire la terapia insulinica e ipoglicemizzante nel modo
migliore, grazie anche alla presenza di infusori automatici che rilevano la glicemia del paziente e
rilasciano l’insulina in funzione di questa.

Un algoritmo generale per la terapia per il diabete di tipo II prevede una serie di approcci progressivi
che partono dalla modi2ca dello stile di vita e delle abitudini alimentari all’utilizzo di ipoglicemizzanti
orali, alla valutazione di indici glicemici assoluti 2no all’utilizzo successivo di altre sostanze che
sensibilizzano i tessuti all’azione dell’insulina. Talvolta è necessario il contemporaneo utilizzo di
ipoglicemizzanti orali (metformina, sulfaniluree…) ed insulina stessa.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 201 A cura di ANDREA PERNA


PARTE 6
MALATTIE
EMATOLOGICHE

SOMMARIO:

- ANEMIE
- SINDROMI EMORRAGICHE

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 202 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 23 ANEMIE

Caso clinico:
 Uomo di 52 anni si presenta presso lo studio del medico lamentando fatica ingravescente negli
ultimi 4-5 mesi. Svolge a%ività 2sica quotidianamente, ma ultimamente ha notato la comparsa
di 2ato corto e aHanno durante la corsa.
 Nega ortopnea, dispnea parossistica no%urna e edemi alle caviglie. Occasionalmente riferisce
dolori articolari, per cui fa uso di un FANS, l’ ibuprofene.
 Nega modi2cazioni dell’alvo, melena, re%orragia. Saltuariamente lamenta un vago dolore al
lato sinistro dell’addome, non relato a ingestione di cibo. Sembrerebbe essere una condizione
tipo colon irritabile. È apire%ico. Non ha nausea, vomito e altri sintomi gastroenterici.
 Ha perso qualche chilo intenzionalmente, mediante dieta ed esercizio 2sico.
 Pesa 93 kg.
 Lieve pallore congiuntivale, cutaneo, alle palme delle mani. Non presenta linfoadenopatie.
 Torace chiaro all’auscultazione bilateralmente (murmure vescicolare presente). A livello
cardiocircolatorio, frequenza e ritmo regolari. C’è un soDo sistolico da eiezione 2-3/6.
 Addome tra%abile, non dolente, assenza di epatosplenomegalia. Peristalsi valida.
 Non presenta edemi periferici, cianosi o ippocratismo digitale che possa far pensare ad una
patologia respiratoria cronica.
 Polsi palpabili, normos2gmici e simmetrici.
 All’esame emocromocitometrico Hb = 8,2 g/dL

- Gal è la diagnosi più probabile?


- Gal è il prossimo step diagnostico?
La diagnosi più probabile è che si tra%i di: anemia da carenza marziale legata a perdita ematica cronica.
I successivi step diagnostici saranno:

 Analisi dell’emocromo
- Volume corpuscolare medio (MCV) : per determinare se l’anemia è microcitica, compatibile con
un’anemia da carenza di ferro
 Confermare questo sospe%o diagnostico mediante l’analisi di tu%i i parametri del metabolismo
marziale: la capacità ferro-legante totale e la ferritina.

In un pz di sesso maschile la causa più probabile delle perdite ematiche croniche, che determinano
un’anemia da carenza marziale, è un sanguinamento del tra%o gastro-intestinale. Gindi, ogni volta che
ci troviamo di fronte ad un pz che presenta un’anemia da carenza marziale è fondamentale andare a fare
un’indagine diagnostica relata al tra%o gastroenterico. Tra le varie possibilità quella più temibile è
rappresentata dal carcinoma del colon, in termini di prevalenza. Un’altra temibile causa è il carcinoma
dello stomaco o quello dell’esofago, ma si tra%a di evenienze meno frequenti.
Nel caso presentato dal, si tra%a di un uomo relativamente giovane (52 anni) per una patologia di tipo
neoplastico. Anche se, in presenza di fa%ori predisponenti, è possibile sviluppare un carcinoma del
colon persino all’età del nostro pz. Ma, tipicamente, non si tra%a di una patologia di questa età.
Nel caso di nostro interesse c’è un uso cronico di un FANS che può predisporre alla gastrite erosiva.
Potrebbe essere questa la causa del sanguinamento gastroenterico.
Una volta che il sospe%o diagnostico è stato confermato a livello ematologico, è necessario l’esame
endoscopico, sia del tra%o superiore (EGDS), sia di quello inferiore (colonscopia), per escludere
patologie che possono determinare un sanguinamento gastroenterico.
A livello di ogni singolo tra%o di questo apparato, dalla bocca alla regione perianale, è possibile la
presenza di patologie che possono determinare sanguinamento gastroenterico. Nella maggior parte dei
casi si tra%a di un sanguinamento non palese, ma occulto, nel senso che il sangue non è evidente ad
occhio nudo, non ci sono cara%eristiche né della melena né della re%orragia, però è presente il sangue a
livello delle feci. Può essere identi2cata la presenza di sangue raccogliendo un campione di feci e
analizzandolo. In precedenza si usava la soluzione di Guaiac. Adesso si usa un metodo immunologico.
La soluzione di Guaiac non era molto accurata perché poteva dare dei falsi positivi, per cui non si

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 203 A cura di ANDREA PERNA


poteva ingerire carne, non si potevano ingerire alimenti che in qualche modo potessero interferire con
questo esame. Oggi l’esame si fa in maniera molto più accurata dal punto di vista diagnostico,
utilizzando Ab anti- Hb che ci consentono di vedere se c’è Hb all’interno delle feci. È un esame di
screening, il cui risultato non è necessariamente positivo, anche perché il sanguinamento può essere
presente, ma non sempre. Gindi, può accadere che nel momento in cui andiamo a raccogliere il
campione, non vediamo il sanguinamento in a%o, ma il sanguinamento c’è stato e ci potrà essere in
seguito. Ed è per questo che si fa la raccolta su tre campioni prelevati in giorni diversi.
In ogni caso, se si ha il sospe%o di un’anemia da carenza marziale e da provenienza intestinale, anche in
presenza di sangue occulto negativo, è necessario fare uno studio endoscopico del tra%o gastroenterico
per escludere fonti di sanguinamento.

De&nizione di anemia
L’anemia è una riduzione dei globuli rossi che determina una rido%a capacità di trasporto di ossigeno. Si
parla di anemia in presenza di livelli di Hb < 13 g/dL nell’uomo e < 12 g/dL nella donna. Poiché nella
donna, la massa di emazie è 2siologicamente minore che nell’uomo, ci sono due valori di cut-oH
diHerenti per l’anemia nei due sessi.

Studio del ferro


Il singolo parametro che ci dà maggiori informazioni circa lo stato dei depositi marziale e, quindi, della
quantità di ferro che è disponibile per l’eritropoiesi in un determinato pz, è rappresentato dalla ferritina.
Se noi abbiamo la possibilità di fare un solo esame, non faremo la sideremia, ma il dosaggio della
ferritina.
La ferritina è espressione dei depositi marziali e ci dà indicazione circa la capacità del midollo di
contenere e di fornire ai precursori eritropoietici il ferro necessario per la sintesi di Hb. L’unico
problema è che essa è anche una proteina di fase acuta, per cui può essere elevata in corso di mala%ie
in2ammatorie sia acute che croniche.
Gindi, in caso di coesistenza di una mala%ia in2ammatoria o neoplastica, che determina in maniera
spuria un incremento della ferritina, dobbiamo utilizzare un altro parametro, la capacità ferro-legante
totale (TIBC), che è espressione della saturazione della transferrina.
La transferrina è la proteina di trasporto ematico del ferro.
Per calcolare la TIBC facciamo il rapporto sideremia/transferrina. Sono normali dei valori (no
al 45%. Al di so%o di questa percentuale si ha una deplezione delle riserve marziali
dell’organismo.
Per la diagnosi di anemia sideropenica e in generale per la diagnosi di tu%e le anemie due sono i
parametri più importanti che ci consentono di fare diagnosi diHerenziale: MCV e conta retiolocitaria.
Con l’aggiunta di qualche altro parametro, come il dosaggio dell’aptoglobina, utile nelle forme di
anemia emolitica, riusciamo ad avere il quadro completo di tu%e le anemie.

 MCV: volume medio dei GR. Consente di classi2care le anemie in


- microcitiche (MCV<80 fL)
- normocitiche (MCV di 80-100 fL)
- macrocitiche (MCV> 100 fL)

 Reticolociti: emazie più giovani che generalmente hanno da 1 a 1,5 giorni di vita. Sono emazie
appena rilasciate dal midollo. Gesti ci consentono di calcolare la conta reticolocitaria, che è la
frazione di emazie rappresentate da reticolociti e indica indire%amente l’a%ività della linea
eritrocitaria del midollo. In condizioni normali i reticolociti rappresentano l’ 1,5% delle emazie
totali (4,5 milioni di GR).

Classi&cazione delle anemie


L’anemia può essere dovuta a:
 dife%o di produzione dei GR
 aumentata distruzione delle emazie
 perdita ematica acuta
 Generalmente le forme da ridotta produzione sono delle forme acquisite, che iniziano in
maniera insidiosa e lenta. Hanno una conta di reticolociti inappropriatamente bassa e questo

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 204 A cura di ANDREA PERNA


rappresenta un parametro importante per l’orientamento diagnostico. Con la conta dei
reticolociti possiamo già distinguere fra questi due grossi gruppi di anemie.
Nella forma da rido%a produzione i reticolociti sono bassi, nella forma da aumentata
distruzione sono elevati. Anche il volume delle emazie può darci delle informazioni aggiuntive.
L’aspirato midollare è generalmente necessario per fare la diagnosi de(nitiva di anemia
da rido%a produzione.

 Le forme da aumentata distruzione , cioè da aumentata emolisi, possono essere più


frequentemente delle forme congenite, per esempio a causa di emoglobinopatie (talassemie o
anemia falciforme) oppure per dife%i congeniti della membrana dei globuli rossi (sferocitosi
ereditaria, ellissocitosi, de2cit di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi). A secondaa del meccanismo
2siopatologico, possono essere sia a esordio brusco che a esordio insidioso. La conta dei
reticolociti è elevata perché il midollo risponde alla riduzione delle emazie, quindi all’ipossia,
con un incremento, mediato dall’eritropoietina, della sintesi di nuove emazie e quindi
troveremo un aumento dei reticolociti in periferia.
C’è un indice, l’indice eritrocitario corre%o , che ci dà delle informazioni de2nitive, perché è
necessario correggere la conta reticolocitaria per l’ematocrito di quel singolo sogge%o. Anche
qui si possono ricavare delle informazioni aggiuntive dalla morfologia delle emazie (sferocitosi,
ellissocitosi). Gindi sullo striscio andiamo a guardare la morfologia delle emazie. In questo
caso, siccome la conta reticolocitaria è elevata, non andiamo a fare un esame del midollo,
perché sappiamo già che funziona bene, perché produce tanti reticolociti.
 Le forme da perdita ematica acuta rappresentano una categoria di anemie a sé stante, che
ovviamente può essere immediatamente diagnosticata a%raverso la storia clinica del pz. Se
abbiamo un pz che ha appena avuto un trauma, che ha perso grosse quantità di sangue, è
chiaro che in questo caso la prima causa di anemia è rappresentata proprio dal sanguinamento
acuto.

Forme da ridotta produzione


Abbiamo una cara%erizzazione aggiuntiva per quanto riguarda la diagnostica diHerenziale, utilizzando
il volume delle emazie. Nell’ambito delle forme da rido%a produzione distinguiamo un’anemia
microcitica, macrocitica, normocitica. Il parametro che ci dà questa informazione è il MVC.

 Anemie microcitiche
 Da carenza marziale (di questo gruppo fa parte il caso clinico presentato dal
prof all’inizio della lezione).
 Emoglobinopatie: talassemie, anemie sideroblastiche o sideroacrestiche (in
queste è presente un dife%o del metabolismo basale che riguarda
l’incorporazione del ferro nella molecola di emoglobina, per problemi della
componente non metallica dell’emoglobina stessa)
 Anemie macrocitiche
 da carenze vitaminiche: vitamina B12 e acido folico
 altro: emolisi, perdita ematica acuta, aplasia
 Anemie normocitiche: il MCV è normale, si maniente nel range tra 80 e 100
- da insuDcienza primaria del MO (aplasia, mielokisi): si ha un dife%o nella
sintesi da parte del midollo. In questo caso non viene interessata soltanto la
linea rossa, ma anche le altre serie ematiche. Gindi, ad un’anemia si associa
anche una riduzione del numero sia di globuli bianchi che di piastrine, anche
se è possibile che vi sia un interesse prevalente, se non sele%ivo, di una delle
diverse linee cellulari.
- Secondaria a mala%ie croniche:
o mala%ie in2ammatorie croniche
o insuDcienza renale cronica, in cui vi è un dife%o di
produzione di eritropoietina

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 205 A cura di ANDREA PERNA


Forme da aumentata distruzione
Si tra%a di anemie emolitiche. Vi sono diverse cause:
 Forme autoimmuni: dovute alla presenza di anticorpi contro le emazie con conseguente
distruzione delle emazie stesse.
 Tossine e agenti infe%ivi, che possono comportare aumentata distruzione delle emazie. Tipica è
l’anemia che si ha nella malaria.
 Trauma meccanico: porpora trombotica trombocitopenica, sdr. uremico emolitica →
aumentata distruzione delle emazie a livello del microcircolo (anemia dovuta ai traumatismi
che le emazie subiscono quando passano a livello del circolo capillare). Un altro tipo esempio di
aumentata distruzione di emazie è quella che si veri2ca nei pz che sono portatori di valvole
protesiche aortiche dove le emazie, sba%endo ad alta velocità di Kusso contro queste protesi,
vengono distru%e e si ha anemia.
 Dife%i di membrana
- Sferocitosi o ellissocitosi ereditaria
- Emoglobinuria parossistica no%urna, che è un’anomalia di una proteina di
ancoraggio della membrana eritrocitaria, che rende i GR più susce%ibili alla
lisi da parte di alcuni fa%ori del complemento. La lisi determina poi
un’emoglobinuria con emissione di urine scure, sopra%u%o nel corso della
no%e, da cui la de2nizione di “emoglobinuria parossistica no%urna”
 Dife%i all’interno della cellula: emoglobinopatie (talassemia, anemia falciforme), enzimopatie
(favismo, cioè de2cit di G6PDH)

Esami di laboratorio
Gli esami di laboratorio che ci sono utili, in aggiunta alla conta reticolocitaria e al MCV , nella diagnosi
diHerenziale delle anemie, sono:
 Sangue periferico: ci possono essere condizioni di policromasia, in cui i GR hanno diversi
colori
 Midollo osseo: si può avere la presenza di un’iperplasia eritroide o di un’aplasia che ci
orientano nella diagnosi
 a livello plasmatico:
 bilirubina indire%a: un aumento ci può far pensare ad un’anemia emolitica
 LDH: un aumento ci indirizza verso un’aumentata distruzione di emazie,
tipica dei pz con protesi valvolari
 Aptoglobina: proteina che lega in circolo l’Hb. Una sua riduzione indica che
essa è quasi tu%a legata all’Hb e quindi è espressione di anemia emolitica.
 Urine: il riscontro di emoglobinuria o la presenza di emosiderina nel sedimento urinario sono
dati che supportano la diagnosi di anemia emolitica intravascolare. L’anemia emolitica può
essere anche extravascolare per riduzione delle emazie negli organi emocatererici, cioè
fondamentalmente a livello della milza.
Sangue periferico di un pz con anemia da carenza marziale

Ci sono due aspe%i importanti:


 È un’anemia ipocromica e microcitica
 Alterazione nella volume (anisocitosi) e nella forma (poichilocitosi): ci sono diHerenze tra le
diverse emazie nella forma e nelle dimensioni. Gesto aspe%o è tipico delle forme da carenza
marziale. Gando noi, in presenza di un’anemia ipocromica e microcitica, dobbiamo
distinguere tra una carenza di ferro e una talassemia, senza avere lo studio del metabolismo
marziale a disposizione, con questo parametro possiamo fare una distinzione tra queste due
forme. Nella talassemia l’anisocitosi non è così spiccata come in presenza di anemia da carenza
marziale. Nella talassemia le forme sono diverse, ma il volume delle emazie non è così
cangiante come si osserva nelle anemie da carenza marziale. Gindi l’anisocitosi è minore
nelle talassemie, rispe%o alle anemie da carenza marziale, pur essendo entrambe le forme
ipocromiche e microcitiche.
- Sangue periferico di un pz con anemia da rido%a produzione di GR
Da carenza di folati o B12. Le emazie sono più grandi (macrocitosi). Il termine di paragone è

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 206 A cura di ANDREA PERNA


rappresentato dai linfociti. Generalmente i GR sono più piccoli dei linfociti. Invece, in questo caso, le
emazie sono più grandi dei linfociti e di forma ovale.
- Aspirato di midollo con anemia megaloblastica
Gli elementi che precorrono le emazie sono più grandi. In condizioni normali l’1,5% delle emazie è
rappresentata da reticolociti. All’interno di queste cellule sono presenti residui di RNA. Non sono
emazie complete che contengono soltanto Hb e sono 2nalizzate esclusivamente al trasporto di ossigeno
ai tessuti periferici. Tali residui di RNA sono evidenziabili mediante colorazione con blu di metilene.

ANEMIA DA CARENZA MARZIALE


L’ anemia da carenza marziale è la forma più comune di anemia. Il ferro è essenziale per la sintesi
dell’ emoglobina.
L' ingestione giornaliera di ferro è generalmente è intorno ai 15-20 mg di ferro ma soltanto un 10%
viene assorbito (1-2mg). Le perdite quotidiane sono all’ incirca equivalenti e per le donne in età fertile le
mestruazioni comportano una perdita aggiuntiva di 30 mg, quindi un bisogno marziale maggiore. Oltre
alle mestruazioni ci sono altre cause nelle donne come il sanguinamento cervicale.
In questa diapositiva si può vedere il ciclo del ferro: l’
assorbimento intestinale, il passaggio al circolo
a4raverso la transferrina., il ruolo centrale del fegato
e del midollo dove è presente in forma di ferritina con
meccanismo di stoccaggio per la sintesi dell’ emazie e
in2ne gli organi emocateretici dove avviene la
distruzione delle emazie e il ricircolo del ferro.

Cause di carenza marziale (le più frequenti):


- Condizioni in cui è cresciuto il fabbisogno da
parte dell’ organismo:
- fasi di accrescimento (infanzia e adolescenza),
- gravidanza,
- terapia con eritropoietina alla quale si deve associare molto spesso la somministrazione di ferro;
- Aumento delle perdite di ferro:
- perdite ematiche croniche,
- mestruazioni;
- Rido%a assunzione o rido%o assorbimento:
- dieta inadeguata, morbo di Crohn, post chirurgia (postgastrectomia), in2ammazione acuta e
cronica).

Gando le perdite di ferro sono eccedenti rispe%o all’introito, i depositi marziali vengono
progressivamente depleti. L’emoglobina ed i livelli ematici di ferro possono restare normali negli stadi
iniziali, ma i livelli di ferritina (depositi di ferro) cominciano a ridursi.
Con la riduzione dei livelli plasmatici di ferro, la saturazione percentuale di transferrina si riduce e la
capacità ferro-legante totale (TIBC) aumenta, portando ad una progressiva riduzione del ferro
disponibile per la formazione di RBC. A questo punto, si sviluppa anemia, cara%erizzata inizialmente da
RBC che appaiono normali. Gando la carenza marziale diventa più severa, compaiono microcitosi ed
ipocromia.
Più avanti nel progresso della mala%ia, la carenza di ferro interessa anche altri tessuti, portando ad una
varietà di segni e sintomi.
Con l’ aumentare dell’ età la ferritina tende
aumentare sia nell’ uomo che nella donna. Mentre
in caso di carenza marziale diminuisce ed è maker
del depauperamento degli store.

Si può notare la progressione da una situazione di


normalità ad una situazione di carenza di ferro
che porta ad anemia. Vi è una prima fase in cui
un bilancio negativo di ferro porta ad una
riduzione della ferritina e ad un aumento della

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 207 A cura di ANDREA PERNA


capacità ferro-legante. Poi c' è la fase in cui oltre al depauperamento degli store di riserva vi è una
diminuzione del ferro nelle emazie e quindi si hanno le prime manifestazioni midollari (rido%a sintesi).
Alla 2ne si arriva ad un’ anemia conclamata microcitica ipocromica (manifestazione periferica).

Lo studio del metabolismo del ferro è utile non solo per confermare la diagnosi di anemia da
carenza marziale, ma anche per aiutarci nella diagnosi di$erenziale con altre forme di anemia,
come quella da mala%ie croniche e l’anemia sideroblastica.

Le concentrazioni di ferritina sierica sono un indicatore aDdabile di carenza marziale. I livelli di


ferritina, tu%avia, sono aumentati nelle mala%ie in2ammatorie croniche, nelle neoplasie, o in caso di
danno epatico; pertanto, la ferritina può essere superiore al normale anche quando una carenza di ferro
coesiste con una mala%ia cronica, quale artrite reumatoide, mala%ia di Hodgkin, o epatite.
La misurazione della sideremia, della TIBC, ed il calcolo della saturazione percentuale di transferrina
sono quindi usati per la diagnosi di carenza marziale. Una carenza reale di ferro è fortemente sospe%a in
presenza di rido%a sideremia e normale o elevata TIBC, che risulta in una rido%a saturazione calcolata.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE
- Le malattie in&ammatorie croniche possono dare un’ anemia normocromica e normocitica o
anche ipocromica e microcitica.
Le citochine in2ammatorie sopra%u%o TNF e IL1 vanno ad interferire a livello midollare con la
formazione dei precursori delle emazie per cui si manifesta una rido%a sintesi di emazie, quindi un‘
anemia normocromica normocitica.
Inoltre il problema va ad investire un’ altra proteina epatica, l’ epcidina. Per eHe%o della IL-6 durante l‘
in2ammazione viene indo%a la produzione di epcidina a livello epatico che agisce legando una proteina
di membrana, la ferroportina, sia a livello del fegato stesso che a livello intestinale (duodeno) inibendo il
rilascio di ferro con conseguente diminuzione di ferro disponibile per il trasporto midollare e per la
sintesi di emazie. Gindi si può avere un‘anemia microcitica ipocromica.
- L’anemia sideroblastica è comunemente microcitica e ipocromica . Il metabolismo del ferro
nell’anemia sideroblastica evidenzia aumento della sideremia, della ferritina e della saturazione della
transferrina. Un indizio importante della presenza di anemia sideroblastica è la presenza di RBC
punteggiate nello striscio del sangue periferico.
Le anemie sideroblastiche sono un gruppo eterogeneo di disordini che hanno come cara%eristica
comune:
- la presenza di un largo numero, nel midollo, di sideroblasti ad anello (eritroblasti contenenti
aggregati di ferro non-eme evidente in granuli positivi al blu di Prussia al microscopio o%ico),
- eritropoiesi INEFFICACE,
- aumentati livelli di ferro tissutale.
Possono essere ereditarie o acquisite.
Le cara%eristiche distintive sono elencate in tabella.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 208 A cura di ANDREA PERNA


MANIFESTAZIONI CLINICHE
Sintomi tipici di anemia includono fatica, respiro corto, vertigini, cefalea, palpitazioni e de2cit della
concentrazione.
In aggiunta, i pazienti con de2cit marziale cronico severo possono anche sviluppare desiderio di
ingerire sporco, colore (PICA) e ghiaccio (PAGOFAGIA).
Possono inoltre comparire glossite, cheilosi, o coilonichia (unghie a cucchiaio) e, in rari avanzati casi,
disfagia, associata con un reticolato membranoso esofageo postcricoideo (sindrome di Plummer-
Vinson).

Gando l’anemia si sviluppa durante un lungo arco di tempo, i tipici sintomi, quali fatica e dispnea,
possono non essere evidenti. Numerosi pazienti con anemia da carenza marziale, infa%i, possono essere
asintomatici. L’assenza di sintomi riKe%e proprio lo sviluppo molto lento della de2cienza di ferro e
l’abilità dell’organismo di ada%arsi a minori riserve marziali ed anemia.

Parametri di laboratorio
L’ampiezza di distribuzione delle emazie (red blood cell distribution width; RDW) è un indice calcolato
che quanti2ca le variazioni nelle dimensioni delle RBCs.
- La RDW è una misura quantitativa di anisocitosi che aiuta a distinguere i de2cit di ferro dalla
talassemia. Una normale RDW in presenza di anemia microcitica può essere più suggestiva di mala%ia
cronica, talassemia, o anche di carenza marziale associata con anemia da mala%ia cronica. Una storia
de%agliata, l’esame 2sico ed ulteriori dati di laboratorio possono essere necessari per o%enere una
diagnosi conclusiva.
- La conta reticolocitaria è un altro importante parametro nella diagnosi diHerenziale delle anemie. Una
nuova RBC rimane reticolocita per 1 - 1.5 giorni, dopodichè la RBC resta in circolo per circa 120 giorni. I
reticolociti possono anche essere espressi in un numero assoluto. La conta reticolocitaria assoluta è
normalmente 50,000 - 70,000 reticolociti/mm3. Il sangue normalmente contiene circa 1,5 reticolociti per
100 RBCs. La conta reticolocitaria, generalmente espressa come percentuale di reticolociti per 100 RBCs,
può essere falsamente elevata in presenza di anemia. Pertanto, la percentuale reticolocitaria corre%a si
calcola moltiplicando la conta reticolocitaria per l’ematocrito del paziente e dividendo per 45 (normale
ematocrito)
Correzione per l'anemia: in un pz con una conta reticolocitaria > del 9%, ed ematocrito del 23% la
conta reticolocitaria corre%a sarà: 9 x 23/45)= 4.5%

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 209 A cura di ANDREA PERNA


I reticolociti non sono solo importanti per la diagnostica diHerenziale delle anemie ma sono anche
molto importanti per valutare la capacità di risposta alla terapia di supplementazione marziale.
- Se l’ indice reticolocitario è inferiore a 2,5 ci si orienta o su un’ “anemia iporigenerativa” ( forme
normocitiche e normocromiche ) o su un’ “anemia dovuta ad un’ alterazione della maturazione” ( forme
microcitiche e ipocromiche o forme macrocitiche ): per capire con quale dei due casi si ha a che fare si
prende in considerazione la morfologia. e si analizza il VCM.
- Fa%a questa distinizione per poter classi2care ulteriormente le anemie di questi due gruppi
devono essere presi in considerazione altri parametri
- Nelle forme di anemie normocitiche normocromiche iporigenerative, le forme più comuni
sono le anemie da in2ltrazione midollare, le anemie aplastiche, poi forme da rido%a stimolazione come
forme da in2ammazione cronica o forme da insuDcienza renale cronica in cui il de2cit di eritropoietina
si associa ad una rido%a produzione midollare.
- Nelle forme ipocromiche microcitiche abbiamo invece forme da carenza marziale e l’ anemia
sideroblastica. Le forme macrocitiche sono sopra%u%o da de2cit da folato molto più frequentemente che
da de2cit di vit. B12.
- Se l’ indice è superiore a 2,5 si pensa ad un’ “anemia emolitica/emorragica”. Gindi ci sono anemia
post-emorragica, anemie emolitiche dovute a dife%i metabolici (de2cit 6GPDH) o ad anomalie della
membrana (emoglobinuria parossistica no%urna, ellisocitosi o sferocitosi ereditarie) o ad
emoglobinopatie, anemia emolitica autoimmune o anemia dovuta a frammentazione delle emazie come
nel caso di caso di protesi valvolari o sindrome uremico emolitica

Terapia
Per quanto riguarda il tra%amento delle anemie da carenza marziale la cosa da fare è la
somministrazione di ferro.
Ci vogliono 6 se%imane di terapia per rintegrare i depositi midollari. Gando abbiamo la necessità di
ripristinare questa carenza in maniera rapida o quando la carenza di ferro è relata ad un dife%o dell’
assorbimento intestinale si può somministrare ferro a livello endovenoso, comincinado con estrema
cautela perché le preparazioni di cui disponiamo possono causare reazioni avverse come shock
ana2la%ici.
Gindi bisogna somministrare in maniera lenta e graduale, diluendo il ferro in una congrua quantità di
soluzione 2siologica. Se non vi è la necessità di ripristinare le quantità di ferro in maniera rapida si
ricorre alla somministrazione orale.
Uno dei problemi che frequentemente insorgono sono gli eHe%i avversi a livello gastrointestinale:
crampi addominali, nausea, alterazioni dell' alvo (più frequentemente stipsi).
Per cercare di minimizzare questi problemi se ne consiglia l’ assunzione durante i pasti per aumentare la
tollerabilità anche se l’ assorbimento è rido%o.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 210 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 24 SINDROMI EMORRAGICHE
La prima cosa che dobbiamo capire in un paziente con sindrome emorragica è il sistema interessato
dalla lesione:
- FASE VASCOLARE
-FORME CONGENITE
come l’HTT ( teleangiectasia
emorragica ereditaria conosciuta anche
col nome di mala4ia di Rendu-Osler )
dovuta ad una serie di diverse
mutazioni di alcune proteine di
trasduzione del segnale a livello
vascolare ( nella fa%ispecie sub
endoteliali) che deteriorano la
resistenza vascolare tra il le%o
arteriolare e quello capillare. È infa%i
cara%erizzata da una connessione
dire%a tra vene e arterie senza
frapposizione di capillari. I vasi
anormali risultano fragili e predisposti
al sanguinamento. Le malformazioni vascolari che riguardano i piccoli vasi sono de%e teleangectasie,
quelle dei grossi vasi sono, invece, chiamate malformazioni artero venose (MAV). Le teleangectasie
(dilatazioni puntiformi o diramazioni a stella, di colore rosso-violaceo) compaiono sul viso e sulle
labbra, sulla mucosa orale e sulla lingua, sulla mucosa nasale, sui polpastrelli delle dita delle mani, sulle
orecchie e sulla testa, nel tra%o digerente, sul fegato, sui polmoni e nel cervello. Geste teleangiectasie
possono rompersi e causare emorragie imponenti. Le indaghiamo con una TAC con mdc e andiamo
sopra%u%o a analizzare quelle negli organi più nobili.
-FORME ACQUISITE che possono essere suddivise in porpore non palpabili e porpore
palpabili. La porpora è uno stravaso ematico sottocutaneo con aspetto a carta geogra&ca
mentre la petecchia risulta essere emorragia lenticolare con estensione massima di 2-3 mm.
Comune è la porpora senile in regione malleolare per invecchiamento della parete; forme che ora si
vedono di meno sono quelle associare allo scorbuto con de2cit di sintesi del collagene o per alterazione
della parete dovute a deposizione di proteine anomale come succede nell’ amiloidosi con
compromissione anche della funzione glomerulare. Oppure possiamo avere forme di porpora palpabile
come nelle vasculiti sistemiche per patologie linfoproliferative con incremento delle catene pesanti o
nelle crioglobulinemie associate a patologia infe%iva epatica come nell’ HCV. Forme rare si associano
invece al Sarcoma di Kaposi.

- FASE PIASTRINICA
- Piastrinopatie = sono rare e le più importanti sono la sindrome di Bernard-Soulier e la
Tromboastenia di Glanzmann che nascono da mutazioni di glicoproteine di membrana.
- Piastrinopenie = sono le più frequenti e molto spesso sono associate a cause iatrogene
come nei pazienti che si so%opongono a chemioterapia tradizionale oppure nell’ambito di mala%ie
autoimmuni.

- FASE DELLA COAGULAZIONE , come nell’emo2lia A e B , rispe%ivamente per carenza del fa%ore
VII e del fa%ore IX, ma anche in una terza forma de%a C, molto peculiare, meno grave che va a colpire
la popolazione ebraica (Ashkenaziti) . Di solito l’emo2lia C si manifesta come sindrome post chirurgica,
sono pazienti che non sanno di avere mala%ia e lo scoprono grazie alla formazione di ematomi di solito
muscolari (post chirurgici).

- FASE DELLA FIBRINOLISI , può essere esaltata in alcune condizioni con aumento della lisi dei
coaguli da parte della plasmina come può accadere per i dife%i di PAI-1 (Plasminogen activator
inhibitor-1) che normalmente inibisce la 2brinolisi. L’iper2brinolisi la possiamo anche ritrovare in
alcuni pazienti particolari come nei cirrotoci visto che il PAI-1 è prodo%o dal fegato. In questi pazienti
a%raverso farmaci che inibiscono la plasmina tento di tenere so%ocontrollo le emorragie per un
eventuale trapianto.

- COINVOLGIMENTO GLOBALE, come accade nella CID dove abbiamo un completo sovvertimento
dell’equilibrio tra i processi pro e anti-coagulanti. Oggi la vediamo molto frequentemente su base

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 211 A cura di ANDREA PERNA


se%ica da gram (-).

MANIFESTAZIONI CLINICHE
I difetti dell’emostasi primaria che coinvolgono prevalentemente le piastrine e il fa%ore di von
Willebrand portano a manifestazioni cliniche a livello muco-cutaneo.
Esempio: donna con fenomeni di meno/metrorragia senza cause apparenti che diventano via via più
imponenti ci devono far pensare a questi dife%i sia di natura quantitativa che qualitativa.
Parlando delle epistassi è utile considerare l’ età, nei bambini sono eventi “para2siologici” ma non negli
adulti/anziani
Per i sanguinamenti del tubo digerente invece faccio una valutazione in base al livello del
sanguinamento. Sopra%u%o in caso di emorragie occulte o di melena, senza cause apparenti devo
sospe%are un quadro del genere.
Nel caso invece di un coinvolgimento dell’emostasi secondaria con de2cit di fa%ori della
coagulazione le manifestazioni cliniche saranno correlate sopra%u%o a emorragie interne. La particolare
associazione nasce dal fa%o che questi territori sono sogge%i a importanti stress meccanici ripetuti e
spesso anche violenti. Le microemorragie che normalmente nascono non sono bloccate dal sistema
dell’emostasi con accumulo di sangue, dolore e pesantezza nei grossi muscoli e nelle articolazioni.
Sopra%u%o in quelli retro peritoneali come ileo psoas dove possono dare compressioni meccaniche a
grandi fasci nervosi. Importante è anche l’ingresso di sangue nelle articolazioni dove sopra%u%o l’Hb ha
una azione irritativa che stimola un processo in2ammatorio con sinovite e propagazione della Kogosi
sui cavi articolari con dolore e impotenza funzionale.
In entrambe le tipologie di manifestazione emorragica, non bisogna dimenticarsi della possibilità di
alterazioni vascolari congenite o acquisite (Rendu-Osler, sindrome di Ehlers-Danlos, cortisonismo)

Immagine: sogge%i con tipiche manifestazione teleangiectasiche , aspe%o rubizzo, che lamentano
epistassi violentissime tanto da non poter uscire di casa. Ovviamente è ben più serio negli organi interni
dove sono diDcilmente controllabili, quindi studiamo subito il SNC, il polmone, il fegato e il tubo
digerente. Nei polmoni causano la creazione di shunt, cianosi e variazioni osservabile all’emogas.

L'emostasi viene valutata:


- in pz con sanguinamento in a%o o con anamnesi positiva per diatesi emorragica
- nell' interpretazione di un valore anomalo di un test di screening o%euto casualmente
- nella valutazione della probabilità di sanguinamento in pz da so%oporre a procedure ad alto rischio
emorragico

Anamnesi e EO
All’esame obie%ivo valutiamo la presenza di petecchie, porpore, epistassi, la localizzazione e l’aspe%o
delle lesioni, il viso (aspe%o rubizzo) .
Per l’ anamnesi indaghiamo invece sul numero di episodi, la frequenza, la durata, eventuali situazioni
precipitanti come:
 Estrazioni dentarie : molto spesso sopra%u%o nei de2cit del fa%ore di von Willebrand si
possono avere delle emorragie tali da richiedere addiri%ura trasfusioni. E a proposito di questo
ricordiamo che per questa mala%ia posso valutare la sua presenza in base ad uno score
anamnestico facendo delle semplici domande, a%ribuendo un determinato punteggio a queste e
avendo quindi una probabilità alta, media o bassa di avere questa patologia in base agli score
o%enuti. Il tu%o ovviamente va confermato con dei dati di laboratorio.

 Mestruazioni, chiedere più che la lunghezza del ciclo, la frequenza del sanguinamento e quanti

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 212 A cura di ANDREA PERNA


assorbenti si cambiano in una giornata.

 Parto

 Intervento chirurgico

Dobbiamo poi indagare la familiarità o altre patologie acquisite presenti tra cui la più importante è
l’insuDcienza renale più di quella epatica, mala%ie del conne%ivo per immunocomplessi che alterano le
stru%ure vasali o mala%ie mieloproliferative dove si altera la funzione delle piastrine.
E non dimentichiamo mai di chiedere se il paziente è so%o particolari terapie farmacologiche : molte
persone assumono antiaggreganti come l’aspirina anche in maniera impropria; questa se non necessaria
può dare proprio microemorragie come eHe%o avverso. Per gli anticoagulanti abbiamo farmaci anti vit.
K e anche i nuovi farmaci dire%i contro la trombina e contro il fa%ore X a%ivato. Prestiamo molta
a%enzione a questi ultimi proprio perché non alterano i normali test di coagulazione.

Test di laboratorio
- emocromo
- PT
- APTT
- Fibrinogeno
- Tempo di emorragia
- ETP
La normalità di questi esami di norma esclude la presenza di coagulopatoa severa e:

- Il PT è utile se fortemente alterato, se l’a%ività è intorno al 20 - 30 % accertandoci che il nostro


paziente non sia so%o farmaci anticoagulanti. Se ritroviamo questa alterazione importante dovremo
pensare subito a un de2cit congenito del fa%ore VII. Un de2cit subdolo perché può dare le
cara%eristiche alterazioni emorragiche interne ma coinvolgere anche zone muco cutanee.
- Gando invece l' aPTT è lungo ed e fortemente alterato la situazione è molto più complessa e
facciamo riferimento a pazienti con emo2lia A o B. Ricordiamo anche l’esistenza di emo2lie acquisite
dove si producono anticorpi anti fa%ore VIII che diventano sempre più frequenti nel corso di altre
patologie come in alcuni linfomi, come nell’ artrite reumatoide, in collegenopatie miste o in condizioni
associate a sindromi paraneoplastiche in corso di adenocarcinomi gastrointestinali. Lo sospe%iamo in
pazienti magari anziani con aPTT lunghissimo (100 sec) che improvvisamente sviluppano ematomi
muscolari.
- Il Tempo di emorragia invece lo valutiamo con un apparecchie%o che ha una lama a sca%o automatico,
applichiamo uno s2gmomanometro sul braccio a 40 mmHg e valutiamo il tempo di arresto del
sanguinamento raccogliendo il sangue su carta bibula. È un esame molto rudimentale ma può essere
utile per valutare l’emostasi primaria in vivo .
- Rare eccezioni
Con rarissime eccezioni la normalità di questi test esclude la presenza di coagulopatia severa.
 de2cit di fa%ore XIII, colpisce circa 1:1000000 abitanti e si associa a poliabortività.
 de2cit di a1 antiplasmina
 emo2lie lievi

Valutazione conta piastrinica


- PTLs <150x10^9/L (soglia normale)
- >50 trombocitopenia lieve
- > 30 <50 trombocitopenia moderata
- < 30 trombocitopenia grave
- < 10 emorragie spontanee irrefrenabili
La valutazione delle piastrine interessa molto gli internisti ma anche i medici della rianimazione e della
medicina di urgenza perché è una spia della situazione clinica globale dell’organismo e oHre un valore
predi%ivo sulla mortalità. Il limite al di so%o del quale comincia ad essere signi2cativo il rischio
emorragico sono 50x10^ 9 /L. So%o 25-30 x10^ 9 /L diventa importante anche l’incidenza di emorragie
intracraniche sopra%u%o in alcuni pazienti come quelli se%ici.
Nelle unità di terapia intensiva le cause più comuni delle emorragie sono:
- la sepsi
- sopratu%o gram (-) come la Klebsiella
- poi la CID, leucemie, linfomi,
- mala%ie epatiche croniche.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 213 A cura di ANDREA PERNA


L’incidenza di sanguinamento inizia tra 50-100 x10^ 9 /L e raggiunge l’acme tra 21-50 x10^9 /L

ALGORITMO DIAGNOSTICO
Se la piastrinopenia è
diagnosticata solamente sulla
base della conta laboratoristica,
senza segni o sintomi di mala%ia,
è necessario escludere la
possibilità di una piastrinopenia
"falsa" o pseudopiastrinopenia,
derivante da un artefa%o di
laboratorio correlabile all'uso di
EDTA come anticoagulante. Tale
inconveniente si veri2ca nello
0,3% dei casi circa, e per
escluderlo occorre ripetere la
conta con metodiche diverse o
basarsi sullo striscio di sangue
periferico che potrebbe anche
essere diagnostico di forme
particolari come la sindrome di
Bernard-Soulier dove abbiamo
delle piastrine molto grandi.
In caso di piastrinopenia vera, occorre ricercarne la causa. L'anamnesi e l'esame obie%ivo, come
accennato in precedenza, sono fondamentali nella diagnosi diHerenziale. L'esposizione a farmaci,
radiazioni, sostanze tossiche, la presenza di mala%ie sistemiche, l'anamnesi positiva per recenti
infezioni, la rilevazione clinica di una splenomegalia o di un emangioma, sono alcuni dei fa%ori che
possono dirigere la diagnosi. In particolare, la palpazione della milza non deve essere mai tralasciata in
un paziente piastrinopenico; se necessario, si possono eseguire una ecogra2a o una TC per
approfondire la valutazione. L'esame emocromocitometrico può me%ere in evidenza la coesistenza di
un de2cit delle altre linee midollari. In alcuni casi possono rendersi necessari altri test di laboratorio
(anticorpi antipiastrine, anticorpi anti-fosfolipidi, funzionalità tiroidea, ecc.). La biopsia midollare può
mostrare un aumento del numero dei megacariociti (nelle piastrinopenie da aumentata distruzione) o
una loro riduzione (nelle forme da diminuita produzione).

Per quanto riguarda l’approccio al pz con piastrinopenia le recenti linee guida sostengono che la
diagnosi di piastrinopenia autoimmune è sostanzialmente d’esclusione ovvero va fa%a quando sono
state escluse tu%e le eventuali cause, come:
- emopatie
- patologie sistemiche autoimmuni che si associano a piastrinopenia come LES, forme da
immunocomplessi,
- patologie linfoproliferative ma anche
- l’ utilizzo di alcuni farmaci come eparina (HIT) e chinidina (antiaritmico).

Nei casi dubbi bisogna rapidamente eHe%uare uno striscio di sangue midollare a%raverso aspirato
midollare per vedere l’ iperplasia megacariocitaria che è un segno patognomico, quando è dissociato
dalla piastrinopenia.
La società americana di ematologia è andata oltre ha de%o che l‘aspirato midollare non è richiesto nei
giovani adulti al di so%o dei 60 anni di età se la presentazione è tipica quindi una piastrinopenia che è
andata gradualmente accentuandosi, che non è accompagnata da altri segni che possano suggerire
l’esistenza di patologia autoimmune sistemica come le conne%iviti o tu%e le collagenopatie oppure
patologia linfoproliferativa.
Ovviamente pone anche dei limiti in quando ITP ha come primo presidio terapeutico la terapia
corticosteroidea , oggi abbiamo anche altri farmaci che sono gli analoghi della trombopoietina. Gando
la situazione non è più revertibile dal punto di vita farmacologico si procede alla splenectomia, dato che
la milza è l’organo emocataretico per eccellenza.
L‘aspirato midollare è necessario prima della splenectomia terapeutica proprio per avere piena
conferma della forma da consumo periferico mentre il midollo è iperplastico e continua a far proliferare
i progenitori megacariocitari.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 214 A cura di ANDREA PERNA


TROMBOCITOPENIA INDOTTA DA EPARINA (HIT)
La forma che si riscontra (adesso con minor frequenza) in ambiente ospedaliero in particolare nei
reparti di cardiochirurgia e nefrologia sopra%u%o dove si fa circolazione extracorporea e dialisi è la
trombocitopenia indotta da eparina (HIT). A volte la vera sindrome da piastrinopenia in un pz che
fa uso di eparina, quindi un pz che ha una patologia trombotica o che necessita di terapia eparinica per
scoagulare il sistema circolatorio per esempio per fare interventi cardiochirurgici è dovuta all’eparina
stessa.
L’eparina non frazionata si associa in una percentuale non indiHerente a sviluppo successivo di
piastrinopenia. Gesta piastrinopenia ha un meccanismo immunologico di base ed è stimolato dalle
lunghe catene saccaridiche che fanno parte dell’eparina.
Prima della diagnosi più raDnata che si fa con saggi ELISA, anche in questo caso l’anamnesi è
fondamentale.
Poiché il meccanismo è immunologico, si creano degli anticorpi che si legano a una proteina
piastrinica, il fa%ore piastrinico 4 (PF4).
Tramite test ELISA si vanno a misurare i livelli di anticorpi anti-PF4. Non tu%i i centri ce l’hanno e non
tu%i i centri possono eseguire il test rapidamente; questa è una cara%eristica importante perché il pz
che presenta piastrinopenia dopo aver fa%o uso di eparina non frazionata può andare paradossalmente
in contro ad una piastrinopenia, o meglio la piastrinopenia è una conseguenza dello stato trombotico
che può determinare ischemie in vari organi del sogge%o sopra%u%o a livello cutaneo in cui
improvvisamente si può andare incontro a vaste aree necrotiche cutanee che ovviamente sono
accompagnate da trombosi del microcircolo di organi interni e che possono portare a morte il pz. Poiché
in questo caso è necessaria urgenza nella diagnosi, perché noi abbiamo la possibilità di tra%are
rapidamente il pz e revertire questa situazione, si fa uso di uno strumento diagnostico molto semplice,
puramente clinico, che è il 4T’s score .

Gesto questionario ci perme%e , in base al punteggio o%enuto, di stabilire la probabilità che il pz abbia
o meno una HIT.
- la prima T è legata al grado della piastrinopenia che è l’evento cardine in cui si fonda poi tu%a la
sindrome. Ad ogni risposta c’è un punteggio associato: il punteggio più alto è 2 quando la conta
piastrinica scende oltre il 50% della conta iniziale pre-tra%amento ,1 quando si ha una piastrinopenia
meno signi2cante, tra il 30-50% di caduta di punta e 0 se è meno del 30%. Gesta caduta di punta, questa
piastrinopenia si può anche manifestare in pz che fanno uso di eparine frazionate, ma in genere sono
modeste appunto <30%, questo però non è suDciente per porre diagnosi di HIT. La HIT è una sindrome
in cui la piastrinopenia si deve associare anche a una trombosi.
- La seconda T è il tempo nel quale si manifesta la caduta della conta piastrinica in relazione all’inizio
della terapia eparinica. Anche qui c’è un punteggio : 2 quando l’inizio della piastrinopenia si ha 5-10
giorni dopo l’inizio, 1 se dopo più di 10 giorni ecc. Gesto perché il tempo che trascorre tra l’inizio della
terapia eparinica e l’inizio della piastrinopenia è il tempo necessario aDnchè ci sia la risposta
immunologica dell’organismo. Gindi se un pz è stato, anche in passato, tra%ato con eparina e poi l’ha
sospesa, quindi c’è stato un primo conta%o del sistema immunologico con questo agente, e poi la
riprende per un altro motivo a distanza, c’è quella che viene chiamata memoria immunologica e quindi
in pochi giorni può sviluppare la formazione di questi anticorpi che sono poi responsabili della
piastrinopenia. E sono anticorpi non legati come nella ITP alla super2ce della membrana piastrinica ma
a una proteina che è contenuta all’interno della piastrina stessa che è il PF-4. Il PF-4 è una proteina
molto particolare , contenuta negli alfa granuli piastrinici, è una proteina cationica molto ricca di
residui basici, arginine sopra%u%o, che legano molto avidamente dei poliele%roliti anionici come
l’eparina stessa. Gando si creano questi addo%i eparina-PF4 si può avere una risposta appunto di
anticorpi che si legano a questo addo%o e a loro volta questi complessi si legano alla super2ce della
membrana piastrinica e a%ivano la piastrina stessa. Gindi la piastrinopenia deriva da una a%ivazione
delle stesse cellule e quindi da un’aggregazione piastrinica che è stata triggerata dalla presenza di questi
immunocomplessi autoanticorpi contro l’addo%o PF4-eparina. Ovviamente la maggiore incidenza di
questo processo in chi usa eparina non frazionata è giusti2cato dal fa%o che più grande è l’eparina
(quindi quella non frazionata) e più facile è la formazione dell’addo%o PF4-eparina.
- La terza T , è un punto fondamentale senza il quale non si può fare diagnosi di HIT, indica la
presenza di trombosi o altre sequele. La trombosi è generata da questa a%ivazione piastrinica e
sopra%u%o nel microcircolo va ad occludere i vasi e a creare danno a valle dell’ostruzione stessa con
rischio in primis di IMA o stroke anche se più comunemente è coinvolto il microcircolo del so%ocute
infa%i potremmo avere delle vaste aree necrotiche a livello cutaneo dovute proprio alla soHerenza
ischemica per occlusione del microcircolo cutaneo.
Anche qui il punteggio varia 2=nuove trombosi, 1=ricorrenti trombosi, lesioni cutanee eritematose,

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 215 A cura di ANDREA PERNA


0=non c’è nulla.
- La quarta T sta per “ober cause for thrombocytopenia” infa%i se un pz ha fa%o uso di un
chemioterapico particolarmente aggressivo per il midollo osseo , chiaramente , potremmo ipotizzare che
la piastrinopenia è dovuta all’uso di quel farmaco e quindi si esclude la diagnosi di HIT.

Dai dati di questo questionario si giunge alla sommatoria dei punteggi che abbiamo a%ribuito a queste
voci e vedremo che uno score globale con un punteggio che va da 0-3 ci rende assai improbabile
diagnosi di HIT prima che noi facciamo il test speci2co ELISA, uno score di 4-5 ci da una probabilità del
10-30%, se lo score supera 6-8 la probabilità di HIT alta 2no all 80% e dipende al quadro clinico e dalla
storia del pz.
Oggi abbiamo per fortuna delle molecole con funzione anticoagulante che non sollecitano la risposta
all’eparina come il Fondaparinux (pentasaccaride) o i nuovi anticoagulanti orali (ma principalmente il
primo).

- Test del tempo di sanguinamento : con una macchine%a si provocano delle piccole lesioni
all’avambraccio ponendo il bracciale a 40 mmHg e poi con una carta assorbente si valuta quando il
sanguinamento cessa. Normalmente è circa 5-7 minuti, ci sono dei dife%i primari, per esempio la
mala%ia di Von Willebrand, in cui questo tempo si allunga enormemente tanto che a un certo punto
bisogno stoppare il test perché altrimenti continuerebbe la fuoriuscita di sangue.
- Il PFA 100, mostra anche i dife%i dell’emostasi primaria, è un presidio molto elegante in cui il sangue
viene fa%o passare ad alto Kusso tale da simulare il sangue nel circolo capillare. Il sangue quindi passa
a%raverso un 2ltro che è ricoperto da un materiale che è in grado di a%ivare le piastrine, c’è sempre
collagene che a%iva la piastrina e poi ci possono essere anche altri agonisti piastrinici quali ADP e
serotonina. Se il sangue passa ad alto Kusso e viene stimolato da questi agonisti che stanno adesi al
reticolo del 2ltro, la piastrina inizialmente passa poi quando si comincia ad a%ivare si aggrega ad altre
piastrine e il Kusso viene stoppato.
Il PFA 100 è uno strumento che misura l’emostasi primaria in questo modo ed è un po’ più quantitativo
perché da un test in secondi abbastanza standardizzato.

MALATTIA DI VON WILLEBRAND


È la più comune delle mala%ie emorragiche ereditarie, segnalata per la prima volta da Erik von
Willebrand nel 1926, in parecchi membri di una famiglia di un paese delle isole Aland, in Finlandia.
A%ualmente il termine “mala%ia di von Willebrand” de2nisce una mala%ia emorragica assai eterogenea
nelle sue modalità di trasmissione genetica, nelle manifestazioni cliniche e nei risultati delle prove di
laboratorio.
Patogenesi.
Per la comprensione del meccanismo patogenetico è necessaria una premessa sulla composizione e sulle
proprietà funzionali del fa%ore VIII.
È stato recentemente riconosciuto che in condizioni normali nel plasma circola un complesso costituito
da due componenti: fa%ore VIII:C-fa%ore VIIIR; il fa%ore VIIIR (proteina correlata al fa%ore VIII) o
fa%ore von Willebrand è la porzione ve%ore, di supporto, legata in modo non covalente ad una molecola
molto più piccola, il fa%ore VIII:C, componente proteica ad a%ività procoagulante. Il fa%ore von
Willebrand è de2nito anche come:
• fa%ore VIIIR:Ag: determinanti antigenici identi2cati mediante anticorpi eterologhi, presenti nelle
piastrine normali e nella parete vascolare;
• fa%ore VIIIR:RC (cofa%ore ristocetinico): proprietà del fa%ore VIIIR del plasma normale di agglutinare
piastrine normali in presenza dell’antibiotico ristocetina.
È da notare che questi due diversi modi di valutare il fa%ore von Willebrand hanno un signi2cato
diverso: la misura dell’VIIIR:Ag è una stima quantitativa globale, mentre quella dell’VIIIR:RC rispecchia
anche la prevalenza di multimeri di maggiori dimensioni del fa%ore presenti nel plasma e la loro
capacità di legame con le piastrine.
Il fa%ore von Willebrand (vW) è una glicoproteina di grandi dimensioni consistente di una popolazione
eterogenea di multimeri, legati con legami disulfurici, di peso molecolare variante tra 800.000 e
12.000.000, con subunità di peso molecolare 200.000. Esso è sintetizzato nelle cellule endoteliali, nei
megacariociti e nelle piastrine; la concentrazione plasmatica è di 8/ml, circa 100 volte maggiore di quella
dell’VIII:C.
La funzione 2siologica del fa%ore von Willebrand nell’emostasi sembra essere, come si è già visto, la
stabilizzazione delle interazioni tra piastrine e pareti vasali, essenziale per l’adesività piastrinica al

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 216 A cura di ANDREA PERNA


subendotelio: in questo senso sono maggiormentea%ivi i multimeri ad alto peso molecolare.
La causa primitiva della mala%ia di von Willebrand è una rido%a disponibilità, per condizionamento
genetico, del fa%ore von Willebrand nel plasma e, nelle varianti più gravi della mala%ia, anche a livello
degli endoteli e delle piastrine.
Come si è de%o la mala%ia non è un’entità omogenea ma comprende diverse varianti genetiche,
raggruppate quasi tu%e nei tipi I e II, ognuno con numerosi so%otipi distinti in base alla modalità di
trasmissione ereditaria, autosomica dominante o autosomica recessiva; ai livelli plasmatici di antigene
del fa%ore von Willebrand; ai livelli plasmatici di fa%ore VIII:C; alle modalità di agglutinazione
piastrinica indo%a dalla ristocetina; al comportamento dei multimeri del fa%ore von Willebrand nel
plasma e nelle piastrine, se cioè si ha semplicemente una riduzione quantitativa di tu%i i multimeri o
una alterata distribuzione dei multimeri di diverse dimensioni, con de2cit dei multimeri più grandi; se i
multimeri hanno stru%ura abnorme ed in2ne se si trovano reperti discordanti nel plasma e nelle
piastrine.

Classi&cazione e &siopatologia.
Per una de2nizione esa%a dei vari tipi della mala%ia di von Willebrand devono essere eseguiti:
• la determinazione della dose soglia di ristocetina necessaria per indurre l’agglutinazione delle
piastrine nel plasma ricco in piastrine; il test è essenziale per identi2care i pazienti con risposta
aumentata alla ristocetina;
• la misura della concentrazione dell’antigene del fa%ore von Willebrand e dell’a%ività di cofa%ore
ristocetinico nel plasma e nelle piastrine;
• l’analisi della stru%ura dei multimeri del fa%ore von Willebrand del plasma e delle piastrine;
• la misura dell’a%ività procoagulante del fa%ore VIII:C nel plasma.
Tenendo conto di questi parametri è stata proposta una classi2cazione di tipo funzionale che distingue
le seguenti tipologie:
- 1. Pazienti con anomalie quantitative del fa%ore von Willebrand, senza evidenza di anomalie
funzionali di questo fa%ore. Il gruppo comprende il 50% o più degli individui con mala%ia di von
Willebrand, appartenenti quasi tu%i ai diversi so%otipi del tipo I. I pazienti hanno per lo più bassi livelli
plasmatici di antigene del fa%ore von Willebrand e corrispondenti bassi livelli di a%ività del cofa%ore
ristocetinico; anche la proteina procoagulante del fa%ore VIII è rido%a.
La patogenesi delle emorragie è dovuta ai livelli insuDcienti del fa%ore von Willebrand circolante e del
fa%ore VIII:C; le manifestazioni emorragiche sono meno gravi negli individui che hanno una normale
concentrazione di fa%ore von Willebrand nelle piastrine.
- 2. Pazienti il cui fa%ore von Willebrand ha bassa a%ività di cofa%ore ristocetinico. In prevalenza si
tra%a di individui che hanno nel plasma un’anomala ripartizione tra le varie forme molecolari del
fa%ore von Willebrand, con diminuzione o assenza dei multimeri più grandi.
L’a%ività di cofa%ore ristocetinico è sempre più bassa dei livelli dell’antigene del fa%ore von
Willebrand, che può essere rido%o o anche normale; i livelli della proteina procoagulante del fa%ore
VIII sono solitamente proporzionali ai livelli dell’antigene di fa%ore von Willebrand.
La patogenesi delle emorragie è correlata all’assenza dei multimeri di maggiori dimensioni.
- 3. Pazienti con risposta aumentata alla ristocetina. Sono i pazienti del gruppo I New York e del
so%otipo II B. Il plasma ricco in piastrine mostra un’aggregazione a concentrazioni di ristocetina più
basse di quelle necessarie per il plasma normale; in questo gruppo i multimeri del fa%ore von
Willebrand sono legati in vivo alle piastrine più che di norma, e questo fa%o determina l’aumentata
risposta alla ristocetina. Corrispondentemente si riscontra nel plasma assenza dei multimeri più grandi,
presumibilmente dovuta alla loro interazione con le piastrine.
Alcuni pazienti presentano piastrinopenia transitoria o persistente, in modo apparentemente spontaneo
o associato a stress, sforzo 2sico o gravidanza, evenienzeche provocano un aumento dei livelli di fa%ore
vonWillebrand nel plasma.
- 4. Pazienti con mala%ia di von Willebrand di tipo piastrinico. Recentemente si sono identi2cati
pazienti portatori di anomalie del fa%ore von Willebrand, con aumentata risposta alla ristocetina ed
episodi di piastrinopenia, analogamente a quanto si è visto per i pazienti del so%otipo II B della mala%ia
di von Willebrand, ma essi rappresentano un gruppo distinto in quanto hanno un’anomalia piastrinica
intrinseca consistente in una capacità aumentata delle piastrine di legare il fa%ore von Willebrand,
peraltro normale. Gesta mala%ia è anche denominata pseudo-von Willebrand.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 217 A cura di ANDREA PERNA


La gravità del fenotipo che è legata ai livelli circolanti del fa%ore di vW ha uno spe%ro continuo che va
da gravità molto bassa 2no a fenotipo molto grave nella mala%ia di vW di tipo 3.
I gruppi sanguigni inKuenzano i livelli del fa%ore di vW , in maniera particolare i gruppi sanguigni 0,
a diHerenza dei gruppi sanguigni A, B e AB, hanno i livelli del fattore di vW il 30-40% più basso.
Clinica.
La sintomatologia emorragica più comune di tu%i i tipi di mala%ia di von Willebrand è costituita da
ecchimosi, epistassi ed emorragie gengivali, che simulano un dife%o piastrinico primario e sono
secondarie alla rido%a adesività piastrinica al so%oendotelio.
Inoltre si hanno anche emorragie in seguito ad estrazione dentaria, tonsillectomia o altre semplici
procedure chirurgiche; emorragie a livello del tubo gastroenterico, menorragie ed eccessive emorragie
post partum. I pazienti con forma grave di mala%ia di von Willebrand, carenti anche in fa%ore VIII:C:
vanno incontro ad emartri ricorrenti, emorragie post traumatiche, ematomi muscolari profondi.
Cenni di terapia.
Lo scopo della terapia è di correggere l’allungamento del tempo di emorragia e, quando presenti, le
alterazioni dell’emocoagulazione. Per o%enere ciò bisogna innalzare i livelli plasmatici sia del fa%ore
von Willebrand che del fa%ore VIII:C e la terapia sostitutiva è la sola possibilità nei pazienti con tipo III
che hanno livelli molto rido%i di fa%ore von Willebrand sia nel plasma che nei depositi tissutali. Nei
pazienti di tipo I in cui si hanno notevoli depositi tissutali di fa%ore von Willebrand qualitativamente
normale si può provocarne la liberazione, con correzione conseguente del dife%o emostatico, mediante
infusione o somministrazione per via endonasale di DDAVP (1-deamino-8-d-arginina vasopressina).
L’aPTT va a misurare l’a%ività della via intrinseca quindi l’a%ività del FXII, FXI, FIX e FVIII. Una delle
cara%eristiche del fa%ore di vW è che lega in maniera estremamente avida e con grandissima aDnità il
FVIII il quale non circola libero nel sangue ma sempre complessato al fa%ore di vW che lo scarrozza per
il sangue.
Il fa%ore di vW si lega esa%amente nel punto in cui c’è una lesione vascolare, dato che si lega ad alta
aDnità al collagene che sta so%o l’endotelio, ma intanto è so%oposto alle forze di scorrimento del
sangue, che è sempre ad alto Kusso, e queste forze chiamate “forze di scorrimento” o “shear forces”,
agiscono sulla molecola e la fanno estendere esa%amente nel punto in cui c’è la lesione vascolare, e lì ci
si fermano anche le piastrine.
L'aPTT è importante perchè serve per tu%i i de2cit della via intrinseca della coagulazione. Se noi
abbiamo una riduzione del fa%ore Von Willebrand nella mala%ia di Von Willebrand, avremo
necessariamente anche una riduzione del fa%ore VIII perchè tu%o il fa%ore VIII circola insieme al
fa%ore Von Willebrand, quindi se non c'è fa%ore Von Willebrand ci sarà proporzionalmente anche meno
fa%ore VIII.
Gindi dobbiamo fare molta a%enzione quando abbiamo una sindrome emorragica, magari anche non
particolarmente grave ma presente costantemente e magari che aqigge membri della stesa famiglia, con
un Bleeding Severity Score a un punteggio superiore a 3 o 4, e che in più presenta una aPTT
leggermente lunga (ovviamente non vi aspe%ate grossi allungamenti dell'aPTT: questo accade perchè la
carenza del fa%ore Von Willebrand non è mai così mostruosa da determinare anche carenze mostruose
del fa%ore VIII; ci sarà un 20-30% di fa%ore Von Willebrand e di conseguenza ci sarà un 20-30% di
fa%ore VIII; a fronte di questa riduzione del fa%ore VIII, l'aPTT si può allungare di 5-6-7 secondi rispe%o
al limite massimo consentito).
Vedete che l'aggiunta della misura del tempo di tromboplastina parziale a%ivata, al punteggio del
Bleeding Severity Score di un certo livello, ha aumentato signi2cativamente il valore predi%ivo negativo
del punteggio di sanguinamento (=99,6%).
Gindi in caso di un Bleeding Severity Score alto e un aPTT leggermente allungato, siete di fronte con
alta probabilità ad una mala%ia di Von Willebrand; se voi avete questi parametri negativi, escludete la
presenza della mala%ia di Von Willebrand.

Ad ogni tipo di sanguinamento c'è associato un punteggio a seconda del numero, della gravità, della
necessità di interventi medici per far fronte all'emorragia e alla necessità di trasfusione.
Vedete il sanguinamento nasale, tipicamente mucoso:

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 218 A cura di ANDREA PERNA


Sanguinamenti nasali Punteggio Sanguinamenti cavità orale Punteggio

Nessuno o banale (meno di 5 episodi) 0 Nessuno 0

Oltre 5 episodi 1 Riferito almeno 1 1

Sanguinamentio per cui è stato solo 2 Sanguinamento per cui è stato 2


necessario consultare un sanitario necessario consultare un sanitario

Sanguinamenti con necessità di 3 Necessità di punti di sutura o di 3


eHe%uare un tamponamento o una farmaci anti2brinolitici (Tranex,
cauterizzazione o usare un Ugurol, etc.)
anti2brinolitico
(Tranex, Ugurol, etc.)

Sanguinamenti con necessità di 4 Sanguinamenti con necessità di 4


trasfusione di sangue, plasma o uso di trasfusione di sangue, plasma o uso
desmopressina (Minirin, Emosint) di desmopressina (Minirin, Emosint)

Totale punteggio
Totale punteggio

Lo stesso dicasi per la chirurgia: si indaga se il paziente ha avuto emorragie riferite importanti e
sopra%u%o se ha avuto bisogno di interventi medici di supporto; se ha avuto bisogno di reinterventi,
quindi se è stato riportato in sala il paziente perchè si è veri2cata un'emorragia imprevista, e vedete che
ad ogni situazione si a%ribuisce un punteggio.
Gesto questionario che stiamo osservando è una seconda edizione, in cui si prende in considerazione
anche un punteggio negativo (-1) se, a fronte di una chirurgia, in particolar modo in almeno due
interventi, non si è mai veri2cato un evento emorragico. Gesto ci predice negativamente la presenza di
una mala%ia di Von Willebrand, perchè ci dice che, pur essendo stata testata la competenza emostatica
del paziente, essa si è dimostrata essere eDciente, e questo esclude l'eventuale presenza della mala%ia di
Von Willebrand.

Chirurgia Punteggio Ematomi muscolari Punteggio

Nessuna emorragia in almeno 2 interventi -1 Nessuno 0

Mai eseguiti interventi o nessun 0 Post-traumatico senza 1


sanguinamento in 1 intervento nessun intervento medico

Sanguinamenti in meno di ¼ degli interventi 1 Spontaneo senza nessun 2


eseguiti (es. 1 episodio emorragico in 5 diversi intervento medico
interventi)
Sanguinamenti in più di ¼ degli interventi 2 Spontaneo o post-traumatico 3
eseguiti (es. 2 episodi emorragici in 5 diversi con necessità di
interventi senza necessità di eHe%uare una desmopressina (Minirin,
emostasi chirurgica Emosint) o di terapia
trasfusionale

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 219 A cura di ANDREA PERNA


Sanguinamenti con necessità di eHe%uare 3 Spontaneo o post-traumatico 4
emostasi chirurgica o usare un anti2brinolitico con necessità di intervento
(Tranex, Ugurol, etc.) chirurgico o trasfusione di
sangue
Sanguinamenti con necessità di trasfusione di 4
sangue, plasma o uso di desmopressina
(Minirin, Emosint)

Totale punteggio Totale punteggio

Stesso discorso anche per i sanguinamenti cutanei. Bisogna far presente una cosa: in clinica si utilizza,
anche dal punto di vista diagnostico, un farmaco, che è la desmopressina, analogo della vasopressina
(agente anti-diuretico). La desmopressina è un agente che induce il rilascio del fa%ore Von Willebrand
dai granuli delle piastrine, ed è utilizzata per capire se il paziente ha questa mala%ia; quindi vedete che
serve chiedere al paziente se sa, o se ha qualche referto che dica che ha fa%o uso di desmopressina per
far fronte a delle emorragie post chirurgiche: se ciò è presente, dà luogo ad un punteggio elevato.

Sanguinamenti cutanei Punteggio Sanguinamenti gastro- Punteggio


intestinali

Nessuna emorragia o banale 0 Nessuno 0


(inferiore 1 cm diametro)

Emorragia superiore 1 cm senza 1 Associato alla presenza di 1


trauma ulcere, emorroidi, malformazioni
vascolari intestinali

Emorragia cutanea per cui è stato 2 Spontaneo 2


solo necessario consultare un
sanitario
Sanguinamenti con necessità di 3
trasfusione di sangue, plasma o
uso di desmopressina (Minirin,
Emosint) o anti2brinolitici
(Tranex, Ugurol, etc,)

Totale punteggio Totale punteggio

Sanguinamenti ginecologici, che sono sempre presenti quando si raccoglie la storia clinica.
Un medico deve perdere un quarto d'ora per somministrare questo questionario, ma è estremamente
importante.

Sanguinamenti ginecologici Punteggio Sanguinamenti articolari Punteggio

Nessuno 0 Nessuno 0

Sanguinamenti per cui è stato solo 1 Post-traumatico senza nessun 1


necessario consultare un sanitario intervento medico

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 220 A cura di ANDREA PERNA


Sanguinamenti che hanno richiesto l’uso 2 Spontaneo senza nessun intervento 2
di anti2brinolitici (Tranex, Ugurol, etc.) o medico
di pillola anticoncezionale

Sanguinamenti che hanno richiesto 3 Spontaneo o post-traumatico con 3


piccola emostasi chirurgica o terapia con necessità di desmopressina
ferro (Minirin, Emosint) o di terapia
trasfusionale
Sanguinamenti con necessità di 4 Spontaneo o post-traumatico con 4
eHe%uare emostasi chirurgica, usare un necessità di intervento chirurgico o
anti2brinolitico resfusione di sangue
(Tranex, Ugurol, etc.) o eHe%uare
isterectomia

Totale punteggio Totale punteggio

Sanguinamenti da ferite Punteggio Estrazioni dentarie Punteggio


minori
Nessuna emorragia o banale 0 Nessun sanguinamento in -1
(inferiore a 5) almeno 2 estrazioni

Superiori a 5 1 Mai eseguite estrazioni o 0


sanguinamento in 1
estrazione
Necessità solo di consultare un 2 Sanguinamenti in meno di 1
sanitario ¼ delle estrazioni eseguite
(es. 1 episodio emorragico
in 5 diversi interventi)

Sanguinamenti che hanno 3 Sanguinamenti in più di ¼ 2


richiesto piccola emostasi delle estrazioni eseguite (es.
chirurgica 2 episodi emorragici in 5
diversi interventi senza
necessità di eHe%uare una
emostasi chirurgica
Sanguinamenti con necessità di 4 Sanguinamenti per cui è 3
eHe%uare terapia con stato necessario eseguire
anti2brinolitici, terapia una nuova sutura
trasfusionale chirurgica o tamponamento
(Tranex, Ugurol, etc.) o
desnopressina (Minirin, Emosint)
Sanguinamenti con 4
necessità di trasfusione di
sangue, plasma o uso di
desmopressina (Minirin,
Emosint)

Totale punteggio Totale punteggio

Sanguinamenti da ferite minori. Si pone a%enzione sopra%u%o alle estrazioni dentarie, che sembrano
banali, ma in realtà hanno un valore predi%ivo superiore addiri%ura a quello degli interventi chirurgici

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 221 A cura di ANDREA PERNA


(per la mala%ia di Von Willebrand).

Emorragie da parto e sanguinamenti cerebrali.

Emorragie da parto Punteggio Sanguinamenti cerebrali Punteggio

Nessuna emorragia in almeno 2 parti -1 Nessuno 0

Nessun parto o episodio emorragico in 1 0 - 1


parto

Necessità solo di consultare un sanitario 1 - 2

Sanguinamenti che hanno richiesto 2 Emorragia subdurale con 3


piccola emostasi chirurgica, terapia con necessità di qualsiasi tipo di
ferro o anti2brinolitici (Tranex, Ugurol) terapia

Sanguinamenti con necessità di eHe%uare 3 Emorragia intracranica con 4


terapia trasfusionale o con necessità di qualsiasi tipo di
emocomponenti o desnopressina (Minirin, terapia
Emosint)

Sanguinamenti per cui è stato necessario 4


asportare l’utero
Totale punteggio Totale punteggio

PUNTEGGIO GLOBALE

In ordinata c'è la probabilità di avere la mala%ia di Von Willebrand. Gesta va oltre 10 quando il
Bleeding Score supera 3, per poi andare a 2nire a punteggi mostruosi. Gindi se uno ha 7, la probabilità
di avere l mala%ia di Von Willebrand rispe%o a un altro sogge%o sale a 500: il Bleeding Severity Score
oltre 3 indica una sempre maggiore e signi2cativa probabilità di avere la mala%ia di Von Willebrand.

Alterazioni dei test coagulativi globali nel paziente con sindrome emorragica
Il paziente presenta delle alterazioni nei test coagulativi di base che sono:
- tempo di protrombina (PT)
- il tempo di tromboplastina parziale a%ivata (aPTT);
- il paziente ha anche una sindrome emorragica.
Un aPTT particolarmente lungo, a fronte di un emartro, vi suggerirà la presenza di un'emo2lia; un
modesto aPTT può suggerire la presenza della mala%ia di Von Willebrand.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 222 A cura di ANDREA PERNA


Ci possono essere delle sindromi emorragiche, associate alle coagulopatie, che non sono congenite, ma
aquisite.
Gesto si ha sopra%u%o nelle forme epatopatiche, perchè i fa%ori vengono sintetizzati speci2camente
dal fegato.
Un altro caso è quando c'è un de2cit nell'apporto di vitamina K. Assumiamo questa vitamina
principalmente a%raverso i vegetali sempre che ci sia una corre%a funzionalità epatica, perchè la
vitamina K è fortemente liposolubile e qualora la sintesi e la presenza di bile non sia suDciente, anche
l'assorbimento della vitamina K è de2citario. Nei pazienti cirrotici il tempo di protrombina è alterato
perchè c'è un sovvertimento del fegato e magari è anche ipoprodo%a la bile, che dovrebbe solubilizzare
la vitamina K e perme%erne l'assorbimento.

Ci sono poi delle situazioni più complesse, che prevedono la produzione di paraproteine o anticorpi che
fungono da inibitori ai fa%ori; la iper2brinolisi che cara%erizza alcuni stati patologici, fra i quali le
epatopatie.

Fattore di Von Willebrand


Il fa%ore Von Willebrand pesa circa 550 kilodalton. Ci sono zone dove ci sono molte cisteine, che fanno
ponti disolfuro e si creano lunghe catene. Nel nostro sangue girano le molecole Von Willebrand
costituite da 8, 16, 24 unità monomeriche quindi grano più multimeri a diverso peso molecolare e quelli
a più alto peso molecolare sono quelli che hanno una maggiore capacità emostatica . All'interno
del monomero ci sono tu%e le stru%ure che perme%ono le numerosissime interazioni che il fa%ore Von
Willebrand ha sia con altre proteine che con cellule.
- Nel dominio A1 c'è un importante sito di legame per una glicoproteina piastrinica: la Glicoproteina 1b
(GP Ib), la cui carenza può essere causa di una pastrinopenia congenita (morbo di Bernard-Soulier).
- Nel dominio A2 c'è un sito di interazione del fa%ore Von Willebrand con una metalloproteasi a zinco
(ADAM TS-13), che è una proteasi in grado di interagire speci2catamente con il fa%ore Von Willebrand,
spezzandolo in un punto. Gesto serve a limitare la capacità emostatica delle forme a più alto peso
molecolare per evitare che si possano creare in circolo degli aggregati piastrinici in maniera non
2nalizzata a un processo emostatico e che possano essere responsabili di processi di trombosi del
microcircolo.
Ci sono altri siti di legame: il fa%ore VIII si lega ad alta aDnità con il Von Willabrand, che lo veicola nel
sangue circolante.

Con la microscopia a forza atomica si può vedere che in condizioni di basso Kusso le 2liere di fa%ore
Von Willebrand sono raggomitolate su sè stesse formando una stru%ura globulare; si ha poi un cambio
conformazionale spiccato: la stessa molecola, a shear più alti (quindi a forze di scorrimento più elevate)
comincia a svolgersi 2no ad assumere un aspe%o a lunga 2liera di monomeri, che si de2nisce "stretch
VWF" (VWF: fa%ore Von Willebrand). Proprio quando è in questa stru%ura ad alto Kusso il fa%ore Von

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 223 A cura di ANDREA PERNA


Willebrand espone i suoi siti di interazione sia con le piastrine che con il collagene: è questa la forma
emostaticamente a%iva.

Gando non viene a presentarsi questa forma ad alto peso molecolare, perchè è in qualche modo
limitata nel suo processo pro-emostatico per l'intervento dell' ADAM TS-13 che la frammenta un po', si
possono creare delle situazioni che si riscontrano nelle microangiopatie trombotiche.

La gestione dei pazienti aHe%i da mala%ia di Von Willebrand si fa a%raverso dei concentrati di questo
fa%ore che si hanno sia in forma ricombinante, sia come plasmaderivati (più frequentemente utilizzati).
In questi pazienti non c'è la stessa necessità degli emo2lici di tra%arsi con questi concentrati, poichè le
manifestazioni emorragiche, tranne per alcune forme, non sono così gravi da spingere inesorabilmente
il paziente al tra%amento.

Esistono tre tipi di mala%ia di Von Willebrand:


 il primo tipo è dovuto a una riduzione quantitativa e qualitativa del fa%ore di Von
Willebrand tra il 20 e il 40% (quindi Von Willebrand factor antigene e a%ività del fa%ore vanno
di pari passo): il paziente ha meno fa%ore Von Willebrand circolante.
Gesta è la forma più frequente e gravata da minor incidenza di gravi complicanze emorragiche, le
quali sono di tipo cutaneo-mucoso: epistassi, sanguinamenti gastrointestinali.

 Ci sono svariati so%otipi del tipo 2: qui ci sono sia riduzioni di livello ma specialmente gravi
riduzioni di attività (difetto qualitativo).
Per esempio nel so%otipo 2a ci sono alterazioni nel gene del fa%ore von Willebrand che impediscono la
multimerizzazione, quindi abbiamo carenza delle forme a più alto peso, che sono quelle con la maggiore
potenzialità emostatica.
Sono pazienti che frequentemente hanno emorragie gastrointestinali e complicanze delle stesse, spesso
ci sono gemizi cronici, vanno incontro a anemizzazione cronica e quindi necessità di terapia
trasfusionale qualora non facciano pro2lassi con i concentrati del fa%ore di Von Willebrand (l'emivita
del fa%ore è di 13-14 ore, quindi la somministrazione deve esser fa%a almeno due volte a se%imana, per
una pro2lassi ben fa%a; oppure il paziente può essere tra%ato al bisogno, cioè quando comincia ad
avvertire la problematica emorragica).

 La forma 3 è quella più grave, manca completamente il fa%ore Von Willebrand e si rasenta la
stessa frequenza, incidenza e gravità delle manifestazioni emorragiche dell'emo2lia. Manca il
fa%ore VIII, quindi misurandolo si trova il 2-3-4%, perciò si comportano come i pazienti
emo2lici; ci sono le complicanza dell'emo2lia: artropatia e ematomi muscolari. Gesta forma
necessita di una pro2lassi cronica.

EMOFILIA A
L'emo2lia A è una patologia congenita X-linked che determina una carenza più o meno grave del
fattore VIII della coagulazione.
È una mala%ia rara; nella regione Lazio esistono 500 emo2lici gravi e in Italia gli emo2lici sono circa
5000-6000, a seconda delle statistiche.
Gesta mala%ia deve essere riconosciuta, sopra%u%o in età pediatrica, perchè può essere causa di gravi
alterazioni muscolo-scheletriche, oltre che ovviamente di emorragie anche talmente gravi da provocare
shock emorragico con eventualmente un exitus del paziente.
È X-linked, a trasmissione diaginica, quindi le donne sono in genere portatrici; i maschi possono
prendere una X malata dalla madre e, poichè hanno una sola X, presentare la patologia; nella donna,
essendoci due X, la probabilità di essere aHe%a è rarissima: una donna può essere malata, per esempio,
se ha un padre emo2lico grave e una madre portatrice.
Le patologie emo2liche A e B rientrano nelle patologie congenite monogeniche in cui c'è una perfe%a
corrispondenza tra livello e gravità clinica della forma emorragica.
La clinica è eterogenea a seconda dell’anomalia molecolare e quindi in base alla a%ività coagulante del
fa%oreVIII ( FVIII:C ), che in un sogge%o normale oscilla tra il 50 e il 200%

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 224 A cura di ANDREA PERNA


De2niamo tre forme: grave, moderata e lieve.
- EMOFILIA GRAVE: FVIII:C = 0-1% del normale
- EMOFILIA MODERATA: FVIII:C= 2-5% del normale
- EMOFILIA LIEVE: FVIII:C= 5-40% del normale

L'emo2lia lieve può essere cara%erizzata da dife%i dei risultati ai test di laboratorio comuni, abbastanza
lievi, ma sempre presenti: allungamento dell'aPTT (che può durare 45-50 secondi, a fronte dei 30-32
normali), ma che spesso questi sogge%i non hanno nessuna manifestazione clinica nella vita; la possono
avere però, perchè possono causare emorragie dopo interventi chirurgici, perciò bisogna essere a%enti
all'anamnesi familiare e alla corre%a valutazione dell'aPTT.

Gindi nell'emo2lia A e nella B c'è una grande corrispondenza tra livello di fa%ore VIII e gravità della
manifestazione emorragica.
Gesto non è sempre vero per le altre forme di coagulopatie emorragiche congenite, come per esempio
accade nel de2cit di fa%ore VII, che ha una maggiore variabilità di espressione clinica (in termini di
gravità di emorragie).

Le manifestazioni cliniche più tipiche dell'emo2lia A sono:


- gli ematomi muscolari
- sopra%u%o gli emartri;
L'artropatia emo&lica è molto importante in ambito pediatrico perchè il bambino emo2lico non
tra%ato corre%amente svilupperà inesorabilmente un'artropatia, che ha questa evoluzione:
- sanguinamento intra-articolare , il quale è fortemente Kogogeno e interessa la sinovia, quindi
conseguente
- sinovite, che diventa cronica e la sinovia va incontro a un'ipertro2a e un'iperplasia su base
in2ammatoria molto intensa e a questo punto viene anche ad essere coinvolta la super2cie ossea del
capo articolare che fa parte di quella articolazione.
- anchilosi articolare
Geste condizioni si presentano pricipalmente a carico delle ginocchia, della caviglia e del gomito.
Generalmente la famiglia, che non è consapevole dello stato di questo bambino, comincia a capire che
c'è qualcosa che non va quando il bambino inizia a muoversi e a ga%onare, perchè 2no ad allora, a meno
che non sia successo qualcosa di clamoroso durante il parto, il bambino non soHre di manifestazioni
emorragiche evidenti, le quali quindi, cominciano a prensentarsi quando comincia a muoversi: da allora
può avere gomiti gon2 e può lamentarsi per il dolore. Gindi sarebbe opportuno che, chi va a
interessarsi si valutare lo stato di salute del bambino, vada 2n da subito ad indagare se in altri membri
della famiglia ci siano mai state manifestazioni di coagulopatie emorragiche congenite.
Una cosa da evitare è fare l'artocentesi a fronte di un'articolazione gon2a, calda e fortemente dolente,
quando anche l'ecogra2a vede sangue all'interno dell'articolazione. Gesta manovra va fortemente
evitata nell'emo2lico, perchè dà un eHe%o contrario, favorendo un' emorragia ex vacuo : si toglie
sangue, ma viene maggiormente richiamato sangue all'interno dell'articolazione e la Kogosi va avanti.
L'esito 2nale di questa artropatia emo2lica è l' anchilosi dell'articolazione : i vecchi emo2lici (degli
anni '50-'60-'70) hanno subito questa triste conseguenza, cioè l'artropatia che ha indo%o anchilosi del
braccio, della caviglia con zoppie e andature assolutamente cara%eristiche.

FOCUS ON: ARTROPATIA EMOFILIACA


I punti maggiormente interessati sono gomito, caviglia, ginocchio e un po’ meno l’anca, rappresentano
oltre l’85% degli episodi di sanguinamento dell’emo2lia. Inizia molto precocemente, dall’età di 2 anni.
Viene interessata la cartilagine e la sinovia che ricopre la super2cie articolare. A seguito di traumi o
dello stesso meccanismo di funzione dell’articolazione iniziano ad esservi dei micro sanguinamenti.
Dopo un sanguinamento acuto, il sangue entra all’interno dello spazio articolare, i globuli rossi vanno
incontro a ro%ura e si libera emoglobina. Gest’ultima è fortemente tossica perché a%raverso il ferro del
gruppo eme determina uno stress ossidativo importante. Tu%o ciò richiama cellule in2ammatorie a
livello dello spazio articolare, cellule deputate all’eliminazione del sangue accumulato e si libera ancora
più emoglobina. Più il danno a livello articolare si ripete e maggiore è la probabilità che si abbiano
ulteriori sanguinamenti e conseguenti stimoli in2ammatori generando un circolo vizioso.
L’articolazione va in contro a delle modi2cazioni, tende a gon2arsi, a essere molto dolente, arrossata e

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 225 A cura di ANDREA PERNA


calda. La sinovia danneggiata cambia stru%ura istologica, si ipervascolarizza, si formano nuovi vasi e
microvilli normalmente non presenti. Chiaramente più villi si formano, più neoangiogenesi c’è, e più
micro sanguinamenti si veri2cano alimentando il circolo vizioso.
Gesta Kogosi cronica della sinovia inevitabilmente si ripercuote sui capi articolari, che cambiano
forma, con la formazione di microcisti che progressivamente determinano l’anchilosi dell’articolazione.
È necessaria la pro2lassi e anche l’esercizio muscolare, perché quanto migliore è il tono muscolare in
presenza di pro2lassi, tanto più è preservata l’integrità anatomica dell’articolazione. I primi segni
dell’artropatia sono il dolore, il calore, l’arrossamento e la rigidità. In questi casi bisogna provvedere
tempestivamente, quindi tra%are col fa%ore il prima possibile. Gando invece c’è un sanguinamento e
quindi un emartro, il paziente deve essere messo a riposo, l’articolazione deve essere raHreddata
a%raverso l’apposizione di ghiaccio preceduto da un bendaggio. Dopo il tra%amento con il concentrato
ad adeguati dosaggi bisogna riprendere la funzione articolare e preservare il tono muscolare a%raverso
una moderata a%ività 2sica, preferendo ad esempio il nuoto che favorisce, senza carico, l’esercizio
muscolare.

Geste situazioni vanno evitate, potendo ora addiri%ura fare una diagnosi prenatale, con l'analisi dei
villi coriali o con delle tecniche nelle quali dal sangue materno si estrae il DNA fetale circolante e si va a
cercare, se c'è un sospe%o, le alterazioni più frequenti che riguardano il gene del fa%ore VIII.
Il fa%ore VIII è una molecola piu%osto consistente, quindi la ricerca delle mutazioni non è semplice;
oggi abbiamo svariate tecniche di biologia molecolare: l'alterazione più frequente che determina una
forma grave è un' inversione dell'introne 22 del gene del FVIII , responsabile da solo di circa il 50%
delle forme di emo2lia grave; il restante 50% è causato da una miriade di altre mutazioni: inserzioni,
delezioni, inversione di altri introni che possono essere evidenziati mediante, ad esempio, la next
generation sequencing, o a%raverso il classico sequenziamento del DNA.

È, quindi, importante la diagnosi prenatale e il counseling genetico perchè, se si sa che un bambino è


aHe%o, nel momento in cui comincia a camminare, a muoversi e ad avere conta%o con la realtà esterna,
si comincia la pro&lassi primaria somministrando fattore VIII al paziente, il quale oggi è presente
in due tipi farmacologici:
 fa%ore VIII puri2cato da plasma di donatori,
 forma ricombinante (diverse preparazioni, cara%erizzate più o meno da integrità della molecola
completa, cosidde%e "full lenght" oppure forme che hanno capacità emostatica ma sono in
parte rido%e nella sequenza per facilitare il processo di produzione).

Gli emo2lici più vecchi sono stati inizialmente tra%ati con prodo%i derivati dal plasma, perchè non
erano ancora in uso le tecniche di biologia ricombinante, ma purtroppo spesso sono stati aHe%i da
forme di mala%ie infe%ive virali molto gravi, come l'HIV e l'HCV. Gesto perchè negli anni '60 e '70 si
usavano i derivati dal plasma di donatori, ma non si conosceva ancora la mala%ia dell'HIV e dell'HCV. I
pazienti, allora, oltre a essere aHe%i da emo2lia, si infe%avano con questi virus.
Oggi i pazienti emo2lici vengono tra%ati con fa%ori ricombinanti sicuri, così come sono anche sicuri i
plasmaderivati, perchè subiscono dei processi che prima non venivano eseguiti e che li rendono sicuri
dal punto di vista infe%ivologico; anche nel caso in cui presentino queste infezioni (spesso anche
combinate HIV e HCV) hanno la possibilità di essere tra%ati farmacologicamente e di controllare
entrambe le forme.

I pazienti emo2lici sono per lo più pazienti pediatrici che, già all'età di uno o due anni devono
cominciare a fare pro2llassi primaria inizialmente con monosomministrazione se%imanale (ma
immaginate la diDcoltà di infondere a un bambino di un anno per via endovenosa); se poi avranno
sanguinamenti, ematomi o emartri dovranno aumentare il rate infusionale, passando a due e poi tre
somministrazioni a se%imana e questo è estrememente favorevole per prevenire l'artropatia emo2lica
ma chiaramente è gravoso per la famiglia e il paziente pediatrico.
Gindi il controllo per questi pazienti si basa sul prevenire l'artropatia, gli ematomi muscolari, i
sanguinamenti cerebrali (non dimentichiamo che durante il parto, qualora non si sappia che il paziente
è aHe%o da emo2lia grave, si possono avere degli episodi emorragici gravi con sanguinamenti
intracranici, che possono anche essere letali per il nascituro) e (anche se meno frequentemente presenti)

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 226 A cura di ANDREA PERNA


i sanguinamenti gastrointestinali.
Tra tu%i questi, sono importanti da ricordare gli ematomi muscolari : essi sono micidiali, possono
raccogliere anche 1 litro, 1 litro e mezzo di sangue, sopra%u%o quando è colpito un grosso muscolo (per
esempio il quadricipite femorale) che può raccogliere quantitativi di sangue notevoli, determinando
addiri%ura shock emorragico nel paziente; il sangue 2nisce in sede extra-vascolare, nel compartimento
muscolare, so%opone il muscolo ad uno stress che determina quasi sempre una grave ipotro2a e può
rendersi responsabile di uno shock emorragico, il paziente diventa gravemente anemico in pochissimo
tempo e deve essere sostenuto con trasfusioni.

Facendo riferimento ai dati di laboratorio, si è de%o che è importante:


 allungamento dell'aPTT, che dipende dalla gravità della riduzione dei livelli di fa%ore VIII
 si misura speci2catamente l'a%ività coagulante del fa%ore VIII
 si possono eHe%uare delle indagini non funzionali, ma di ricerca dell'antigene del fa%ore VIII,
ma molto più raramente.

EMOFILIA B
L'emo2lia B è circa cinque volte meno frequente della A, interessa circa 1:25000 nati, interessa il gene
del fa%ore IX che è presente sul cromosoma X, quindi la trasmissione è sempre di tipo diaginico.
La gravità delle manifestazioni emorragiche, che si manifestano sempre con emartro e ematomi
muscolari, ha una cara%eristica di minore gravità clinica, a pa%o che il paziente sappia di essere
emo2lico.
Anche per l'emo2lia B ci sono casi in cui i pazienti presentano HIV e HCV.
Da so%olineare che comunque, anche per queste due mala%ie infe%ive gravi, oggi esistono terapie
molto eDcaci; in particolar modo di recente è stata introdo%a la possibilità di usare un farmaco, il
sofosbuvir,che riesce ad eradicare al 98-99% il virus dell'epatite C senza usare l'interferon, che è un
farmaco che è utilizzato ma può luogo a eHe%i collaterali non trascurabili, per i quali deve essere
sospeso.
Gesti malati hanno una serie anche di altre comorbilità che derivano dalla loro mala%ia primaria.
Si so%olinea l'importanza di fare una pro&lassi già in età pediatrica per evitare patologie muscolo-
scheletriche degenerative.
Oggi, in virtù delle terapie disponibili, i pazienti fanno una vita assolutamente normale; un tempo, tra i
40 e i 50 anni questi pazienti inesorabilmente morivano, oggi invece la durata della vita media rasenta
quella della popolazione non emo2lica e inizia a porsi il problema di gestione del paziente emo&lico
che va incontro alle patologie dell'anziano : processi aterosclerotici, cardiopatia ischemica, ictus; la
gestione clinica di una mala%ia emorragica grave come l'emo2lia in queste condizioni non è
semplicissima, perchè magari il paziente dovrebbe essere tra%ato con aspirina o con altri farmaci anti
trombotici per queste comorbilità: quindi ci sono problematiche di equilibrio tra farmaci procoagulanti
e anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE IN PZ CON ALTERAZIONE DEI TEST DELLA COAGULAZIONE


- Nei casi in cui è presente un aPTT (tempo di tromboplastina parziale a%ivata) prolungato, con un PT
(tempo di protrombina) normale (vi ricordo che il PT analizza solo la via estrinseca, quindi i fa%ori VII,
X e V) possiamo avere:
 Dife%i dei fa%ori VIII, IX, XI;
 Anticorpi dire%i contro gli stessi fa%ori sopra de%i. Gesti anticorpi possono causare forme
acquisite di emo2lia di tipo A, B o C;
 La mala%ia di von Willebrand;
 L’uso di eparina non frazionata;
 Gli inibitori dire%i del sito a%ivo della trombina che sono in uso anche nel nostro paese da un
paio di anni.
- Nei casi in cui è presente invece un aPTT normale ed un PT prolungato:
 Nella maggior parte dei casi si tra%a di un de2cit del fa%ore VII;
 Inibitori del fa%ore VII;
 De2cienza di vitamina K perché appunto il VII è un fa%ore K-dipendente;
 Patologia epatica;
 Uso di anticoagulanti.
- Nei casi in cui sia l’aPTT che il PT sono prolungati (forme un po’ più rare):

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 227 A cura di ANDREA PERNA


 Una carenza o inibizione di protrombina (ci possono essere carenze congenite), di 2brinogeno,
di fa%ore V o X;
 Anche in questo caso ci possono essere delle sovra-scoagulazioni da farmaci anti vitK come
coumadin o sintrom, che determinano una tale alterazione delle proteine K dipendenti (che
comprendono anche il fa%ore IX e quindi anche l’aPTT aumenta).

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 228 A cura di ANDREA PERNA


PARTE 7
ALTRE MALATTIE

SOMMARIO:

- GOTTA ED IPERURICEMIA
- OSTEOPOROSI
- FUO
- COMA
- SINDROME NEFRITICA E SINDROME NEFROSICA

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 229 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 25 IPERURICEMIA E GOTTA

Caso clinico:
- Un uomo di 48 anni, iperteso, si lamenta per l’insorgenza acuta di un dolore severo al ginocchio destro
della durata di circa 8 ore
- Precedentemente, egli nega dolore interventi chirurgici, o lesioni a quel ginocchio
- Un anno prima, aveva avuto dolore ed edema all’alluce sinistro per alcuni giorni, che si erano risolti
con ibuprofene
- Assume idroclorotiazide e, di tanto in tanto, bevande alcooliche.
- All'esame 2sico, la sua temperatura corporea è di 38,1 °, la frequenza cardiaca di 104 bpm, e la
pressione arteriosa di 136/78 mmHg
- Il suo ginocchio destro è gon2o, con un moderato versamento, ed appare eritematoso, caldo, e molto
dolente alla palpazione
- Non è in grado di estendere completamente il ginocchio a causa del dolore
- Non ha altro edema, dolore o deformità alle articolazioni, e non presenta eruzioni cutanee.
➤ Diagnosi più probabile:
Artrite acuta monoarticolare, verosimilmente cristallina o infe%iva, più probabilmente go%a (a causa
della storia clinica)
➤ Step successivo:
Aspirazione del Kuido articolare (artrocentesi) per eHe%uare conta cellulare, coltura, ed analisi dei
cristalli
➤ Miglior trattamento iniziale:
Se l’analisi del liquido sinoviale è compatibile con infezione, è necessario un drenaggio del Kuido infe%o
mediante aspirazione ed è opportuna la somministrazione di antibiotici
Se l’analisi è suggestiva per artrite indo%a da microcristalli, il paziente può essere tra%ato con
colchicina, farmaci antiKogistici non steroidei (FANS) o
corticosteroidi.

Tra le cause infe%ive la più frequente è quella sta2lococcica


ma importante è l’artrite gonococcica che si presenta
solitamente con un rash cutaneo e uretrite dimostrabile con
l’analisi del tampone uretrale

GOTTA
La go%a è un disturbo del metabolismo dell’acido urico
che si veri(ca sopra%u%o negli uomini, cara%erizzata
da in(ammazione dolorosa delle articolazioni, in
particolare dei piedi e delle mani; gli a%acchi artritici
derivano da elevati livelli di acido urico nel sangue e
da deposizione di cristalli di urato in sede
periarticolare.
È una patologia dell’età avanzata e raggiunge i valori di
picco intorno ai 75-85 anni.
Per la terapia si utilizza l’allopurinolo che è un inibitore
della xantina ossidasi, ma è controindicato quando è
presente un a%acco acuto perché potrebbe aumentare la
deposizione di cristalli di urato, in questo caso si tra%a con
antin2ammatori e poi esso viene utilizzato per la pro2lassi.
Nell’uomo manca l’enzima che metabolizza l’acido urico
(uricasi) probabilmente esso svolge compiti essenziali
probabilmente a livello cerebrale.
Importante dal punto di vista quantitativo è il carrier
tubulare urat1, le cui mutazioni sono implicate nella
2siopatologia dell’iperuricemia e quindi della go%a.

I meccanismi che causano la go%a sono:


- un’ iperproduzione di esso: dife%i metabolici o
pazienti neoplastici con tra%amento chemioterapico, o
assunzione di cibi ricchi di acido urico (carni rosse), conosciuta come mala%ia dei ghio%oni,o anche

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 230 A cura di ANDREA PERNA


mala%ia dei re, anche Carlo V ne era colpito
- un dife%o di escrezione: nei casi di insuDcienza renale, obesità, ipertensione e forme più rare come
acidosi sistemica e nefropatia da piombo, oppure assunzione di diuretici e alcool.

Approccio clinico
Gasi ogni mala%ia articolare può esordire come monoartrite; tu%avia, la preoccupazione principale è
sempre l'artrite infe%iva, perchè può portare alla distruzione articolare con conseguente grave morbilità
Pertanto, una monoartrite acuta deve essere considerata un’emergenza medica, e va indagata e tra%ata
in modo aggressivo
Una monoartrite può infa%i essere un risultato di diverse infezioni (ba%eriche, fungine, mala%ia di
Lyme, tubercolosi).
Meno spesso, una monoartrite può essere la presentazione di una mala%ia sistemica, tipicamente
associata con interessamento poliarticolare, come l'artrite reumatoide o il lupus eritematoso sistemico
Può anche essere il risultato di cause nonin2ammatorie, come traumi o osteoartrosi

Una diagnosi accurata inizia con una buona storia ed un esame 2sico integrato da test diagnostici
aggiuntivi, come l'analisi del liquido sinoviale, radiogra2a, ed occasionalmente biopsia sinoviale.
Una storia di episodi di artrite suggerisce una mala%ia da cristalli o altre artropatie non infe%ive
I pazienti con artrite indo%a da cristalli possono avere una storia ricorrente, di episodi autolimitantesi
Un a%acco può essere precipitato da interventi chirurgici o altri stress e può veri2carsi in entrambe le
forme di artrite da cristalli, ma la go%a è molto più comune della pseudogo%a

Il decorso clinico può fornire alcuni indizi circa l'eziologia: l’artrite se%ica di solito peggiora se non
tra%ata, l'artrosi peggiora con l'a%ività 2sica.
La sede del coinvolgimento articolare può essere utile per la diagnosi
La go%a più comunemente coinvolge la prima articolazione MTF (podagra), le caviglie, il metarso o il
ginocchio

La pseudogo%a più comunemente colpisce le grandi articolazioni, come il ginocchio, ma può anche
colpire il polso o la prima articolazione MTF (da qui il nome pseudogo%a)
Nell’artrite gonococcica, ci sono sovente artralgie migranti e tenosinovite, che spesso coinvolgono il
polso e le mani, associate a lesioni cutanee pustolose, prima della comparsa di una monoartrite
purulenta o di oligoartrite
Cause non gonococciche di artrite se%ica comportano spesso l’interessamento di grandi articolazioni,
come ginocchio e anca.
Ho riportato un metodo gra2co perché aiuta nel
completare l’esame obie%ivo, rendendolo più
agevole e pratico, apponendo una croce%a
sull’articolazione interessata.

Diagnosi diAerenziale
Due patologie rientrano in diagnosi diHerenziale:
artrite reumatoide e l’osteoartrosi. L’artrite
reumatoide ha un interessamento più prossimale,
colpisce la spalla ed è bilaterale, a diHerenza
dell’osteoartrosi che è monolaterale e non
interessa la spalla
Altra diagnosi diHerenziale è quella che riguarda
l’in2ammazione dei tessuti periarticolari come
cellulite e borsite. Tu%e le stru%ure possono
andare incontro a in2ammazioni possiamo avere:
miositi, borsiti, in2ammazione cartilaginee (osteoartrosi), tendinee o sinovite ( artrite reumatoide.
La vera artrite è cara%erizzata da edema ed eritema in tu%a l’articolazione, con limitazione dolorosa del
movimento in tu%i i piani, durante il movimento sia a%ivo che passivo

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 231 A cura di ANDREA PERNA


L’assenza di limitazione al movimento articolare passivo
suggerisce un disturbo dei tessuti molli, come una borsite,
piu%osto che un'artrite.

Decorso clinico
Tipicamente il decorso clinico della go%a è cara%erizzato da 4
fasi che si sviluppano nel corso del tempo e richiedono anni per
estrinsecarsi nella maniera più completa e de2nitiva.
- La prima fase è quella dell’iperuricemia asintomatica: in
questa fase i pazienti giungono alla nostra osservazione per
altri problemi ed eHe%uando un dosaggio routinario plasmatico
si evidenzia iperuricemia.
Gesti pazienti possono trascorrere anni o tu%a la vita senza
avere manifestazione sintomatica della mala%ia, in quanto
l’estrinsecazione clinica (ex. artriti/calcoli) è legata non solo all’esposizione al fa%ore di rischio
(iperuricemia) ma anche ad altri fa%ori propri del paziente.
Da notare come la probabilità di sviluppare il quadro clinico della go%a a partire dalla fase 1 correla con
i valori di uricemia e con la durata del periodo in cui l’acido urico persiste elevato nel sangue.
Ad esempio può accadere che i livelli plasmatici di acido urico siano intorno ai 6.5 mg/dl, per tanti anni
non succede niente, pure in presenza di un problema generalmente pre-esisente (per quanto riguarda il
maccanismo di riassorbimento ed escrezione di acido urico), poi con l’età (30-50 anni) compare l’artrite
go%osa nella sua classica manifestazione e poi si sviluppa, nel corso degli anni, la fase cronica di artrite
go%osa.

- Fase cronica con tofo e in


persistenza di acido urico
elevato: dopo la fase 1 che è
la fase asintomatica si passa
alla fase 2 che è la fase di
artite go%osa vera e prorpria,
la fase in cui si trovava il
paziente del nostro caso
odierno, cara%erizzata da:

 Insorgenza
improvvisa di dolore articolare durante la no%e perché nelle ore no%urne i livelli di cortisolo
plasmatico sono più bassi
 Localizzazione metatarso-falangea, più caviglia e ginocchio come altre sedi
 Si sviluppa edema ed eritema
 A volte ci possono essere sintomi sistemici come quelli che aveva il nostro pz

Una volta regredito l’a%acco acuto go%oso –può regredire spontaneamente o in seguito a tra%amento
anti in2ammatorio-, il paziente può permanere in forma asintomatica per qualche tempo, ore 2no ad
alcune se%imane
A. piede con a%acco acuto go%oso, localizzato nella sede tipica sede classica con edema, erìtema
circostante, cute con colorito bluastro
B. edema della caviglia in paziente con
localizzazione in questa sede
Una volta che riusciamo a superare la fase
acuta dell’a%acco go%oso si passa alla fase 3:
la coside%a

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 232 A cura di ANDREA PERNA


- go%a intercritica : Nel caso del nostro pz si tra%a di quell’anno che è intercorso tra il primo accesso
di dolore all’articolazione metatarso-falangea di sin e la comparsa della sintomatologia a%uale al
ginocchio dx
In questa fase i pazienti sono asintomatici e la grande maggioranza sviluppa un a%acco acuto entro i
due anni.
La presenza di questi periodi completamente asintomatici è una cara%eristica abbastanza peculiare
dell’artrite go%osa ed è raro in altre condizioni e viene spesso usata come criterio diagnostico
diHerenziale per la go%a.
In2ne dalla fase della go%a intercritica si passa alla fase cronica che è la fase 4 :

- go%a tofacea: Generalmente si instaura 10 o più anni di vari a%acchi intermi%enti di go%a acuta e in
questa fase i periodi intercritici non sono asintomatici ma esiste uno stato di Kogosi cronica delle
articolazioni coinvolte che si presenta con un disagio che si aggrava nel tempo e i pazienti possono
sviluppare depositi tofacei (di urato monosodico) anche in sede so%ocutanea.
Una sede carateristica è il padiglione auricolare e, molto spesso, capita al le%o del pz, di visitarlo per
altri motivi e di vedere queste cara%eristiche localizzazioni auricolari che sono dei depositi di cristalli di
acido urico: in questo caso è agevole riconoscerli (per chi è a conoscenza di questa possibile
localizzazione).

Altre localizzazioni tipiche sono:

 super2ci estensorie dei gomiti,


 polso,
 articolazioni metacarpo-falangee o interfalangee,
 ginocchio
 rene: localizzazione deleteria a causa delle conseguenze che comporta perchè il deposito di
acido urico e i depositi tofacei a questo livello possono determinare a lungo andare un rene
grinzo e predisporre a insuDcienza renale cronica. La situazione può essere aggravata da litiasi
di urati per la precipitazione di acido urico a livello di bacine%o renale o pelvi e ureteri con la
patologia ostru%iva che accelera il decorso verso l’insuDcienza renale
 articolazione metatarso-falangea

Importante è la diagnosi diHerenziale tra i noduli di Heberdèn o di Bouchard che sono cara%eristici
rispe%ivamente dell’artrite reumatoide e dell’osteoartrosi e la manifestazione tofacea: la localizzazione
tofacea può essere asimmentrica (monolaterale) mentre quelle artritiche sono generalmente

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 233 A cura di ANDREA PERNA


simmetriche, coinvolgendo entrambi i lati del corpo.

Localizzazioni inusuali
A questo proposito si riporta un caso descri%o recentemente del numero di 2ne gennaio del NEJM: pz di
77 anni si presenta dal medico per lesioni della cuticola periungueale comparse da due giorni senza
dolore. Al paziente era stata diagnosticata la go%a nella se%imana precedente quando aveva avuto una
in2ammazione acuta del gomito sx e l’analisi dell’aspirato sinoviale aveva mostrato la presenza di urati;
questo pz aveva già dei to2 in entrambi i gomiti. Era stata prescri%a terapia con prednisone e colchicina,
due dei farmaci usati nel tra%amento dell’a%acco go%oso.
Alla visita successiva queste lesioni bianche della cuticola periungueale hanno fa%o sospe%are che si
tra%asse di un'altra localizzazione di go%a e dopo 4 mesi di tra%amento con allopurinolo (inibitore della
xantino-ossidasi, capace quindi di ridurre la produzione di acido urico) c’era stata scomparsa completa
di questi depositi periungueali e riduzione di volume dei to2.

B. Microscopia di campione del


tessuto con cristalli di urato
monosodico;
C. campione alla luce
poralizzata e
D. alla luce polarizzata
compensata.

Per la diagnosi di certezza di artrite go%osa è necessario procedere:


- all’artrocentesi: In condizioni normali le articolazioni contengono una piccola quantità di Kuido
essenzialmente acellulare fa%a eccezione per la presenza di qualche cellula (cellule apoptotiche e in
rigenerazione).
I versamenti non in2ammatori hanno un numero di globuli bianchi rido%o (<2000/mm 3) e di queste
cellule la quota di neutro2li polimorfo
nucleati è circa del 25%.

Gando invece c’è un versamento


in2ammatorio con sospe%o di artrite se%ica
il discorso cambia.

Le forme non in2ammatorie vengono


generalmente classi2cate come osteoartrite,
le forme emorragiche possono essere post-
traumatiche, neoplastiche o tubercolari
mentre quando c’è un versamento
in2ammatorio (con più di 2000cellule/mm 3)
si eseguono altri esami come l’analisi dei
cristalli, ba%eroscopio dire%o e analisi
colturale.

(>50000)
LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 234 A cura di ANDREA PERNA
- Evidenza di Cristalli→ go%a o pseudogo%a
- Coltura negativa → artrite in2ammatoria (artrite reumatoide, LES, spondilite anchilosante, artrite
psoriatica)
- Coltura positiva/identi2cazione dire%a di germi all’esame ba%eriologico→ artrite se%ica (cellularità
liquido sinoviale elevata -può superare 50.000cell/mm 3-).
Pertanto è bene tenere a mente come si possa riscontrare un numero estremamente elevato di cellule
nel liquido sinoviale, che supera addiri%ura la concentrazione di queste cellule nel sangue (fa%a
eccezione per alcune forme leucemiche) anche in corso di sepsi.

Le cara%eristiche dei cristalli alla


luce polarizzata ci fanno fare
diagnosi diHerenziale tra
pseudogo%a (A) e go%a (B): nella
go%a i cristalli di acido urico
somigliano a degli aghi, hanno
forma allungata; mentre i cristalli
di calcio pirofosfato possono essere
di varia forma come ad esempio
rotondeggianti, romboidi, quadrati, simili a bastoncini ma non hanno la forma ad ago dei cristalli di
acido urico.

A volte questi “aghi” di acido urico si trovano all’interno di cellule in2ammatorie che sono migrate
all’interno della cavità articolare ed hanno fagocitato questi cristalli in qualità di corpi etranei dando il
via alla risposta in2ammatoria.
Dunque generalmente per l’artrite da microscristalli è suDciente il prelievo di una piccola quantità di
liquido sinoviale per poter fare la diagnosi.

- Biopsia è una procedura un po’ più complessa perché prevede il prelievo di una piccola porzione di
sinovia, quindi di tessuto sinoviale (non si può fare con un ago so%ile come avviene invece per il
prelievo di liquido sinoviale); essa può essere necessaria quando una monoartrite rimane
indiagnosticata, non si riesce a raggiungere una de2nizione diagnostica de2nitiva oppure in casi
particolari per esempio quando si deve fare diagnosi di artrite tubercolare o emocromatosi.

- Rx: Le radiogra2e non aiutano in caso di artrite in2ammatoria perché si osserva una tumefazione di
tessuti molli ma non alterazioni dell’ osso a meno che non si tra%i di artrite reumatoide nel cui caso è
possibile che ci siano delle erosioni perché il processo sinovitico, una Kogosi intensa della sinovia,
interessa la super2cie ossea so%ostante e quindi la liberazione di sostanze in2ammatorie e cellule
determina un’ erosione ossea, unico caso in cui è possibile vedere delle alterazioni ossee in caso di
sinoviti in2ammatorie; invece quando c’è la condrocalcinosi si trova nella cartilagine articolare una
deposizione lineare di calcio.

TERAPIA DELLA GOTTA


Per quanto riguarda la terapia, in generale, l’uricemia asintomatica non richiede un tra%amento
speci2co; questo è un argomento piu%osto discusso perché da un lato si ritiene che il fa%o che se un
determinato paziente, nonostante l’iperuricemia, non abbia sviluppato la presenza di go%a o danno
renale da uropatia da acido urico, non sia necessario intraprendere un tra%amento, però, negli ultimi
anni c’è una scuola di pensiero che considera di intraprendere un tra%amento dell’uricemia
asintomatica.
Gesto non solo per le conseguenze articolari o renali dell’ iperuricemia, ma perché l’acido urico può
essere considerato un fa%ore di rischio cardiovascolare: il deposito di acido urico all’interno della parete
vasale determina un incremento dello stress ossidativo, quindi si tra%a l’iperuricemia per ridurre il
rischio cardiovascolare piu%osto che per prevenire le conseguenze articolari e renali della go%a.

Invece quando si sviluppa l’artrite è necessario usare farmaci anti in2ammatori per ridurre la
migrazione cellulare conseguente alla presenza di cristalli.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 235 A cura di ANDREA PERNA


- I FANS, sopra%u%o i più forti ed eDcaci in termini antidolori2ci e antin2ammatori, come
l’indometacina, sono un cardine della terapia in acuto.

- Inoltre si usa la colchicina che viene data per via sistemica: generalmente si preferisce fare delle dosi
refra%e non particolarmente elevate perché dando una dose ripetuta piu%osto che la dose intera tu%a
insieme si può avere vantaggio sugli eHe%i collaterali come nausea e diarrea che sono molto frequenti
in seguito o in corso di terapia con colchicina.

- Nei pazienti invece che hanno insuDcienza renale, perché come abbiamo visto, l’iperuricemia ha come
organi bersaglio non solo le articolazioni ma anche il rene, i FANS e la colchicina possono essere
controindicati e quindi si usano in alternativa i glucocorticoidi che si possono utilizzare per via
sistemica, più raramente per os, o per iniezione intra articolare.
Si segnala una precauzione che bisogna sempre me%ere in a%o cioè il fa%o che gli steroidi si possono
usare solo quando si è esclusa la genesi infe%iva della monoartrite perché potrebbero determinare
ovviamente un aggravamento della infezione, una acquisizione di maggiore virulenza dell’infezione per
la immunosoppressione indo%a da steroidi.

Il tra%amento per ridurre i livelli di acido urico ( allopurinolo) non si inizia nell’episodio acuto perché
una modi2cazione (in senso sia di aumento che di diminuzione) insorta improvvisamente dei livelli
plasmatici di acido urico: può favorire l’insorgenza di ulteriori a%acchi modi2cando le cara%eristiche di
solubilità (che già sono basse) di acido urico nel sangue o nel liquido articolare.
Gindi prima si fa passare l’a%acco acuto e poi si fa la prevenzione della recidiva: infa%i nella go%a
intercritica si agisce con i farmaci che determinano una riduzione di acido urico per prevenire a%acchi
successivi.

- Circa la restrizione dietetica , è importante ridurre l’ingestione di cibi ricchi di purine, fegato e
fra%aglie sono ricchi di purine (nei secoli scorsi la go%a era la mala%ia dei ricchi e dei re); l’alcool può
determinare l’insorgenza di a%acchi quindi andrebbe evitato, oppure i pazienti ipertesi in tra%amento
con diuretici dovrebbero essere tra%ati con altri antipertensivi che non hanno eHe%i sull’acido urico.

- Un altro meccanismo che possiamo me%ere in a%o per ridurre l’uricemia è l’uso di farmaci come il
Probenecid che determina un aumento dell’escrezione renale di acido urico agendo sui meccanismi di
trasporto presenti a livello del tubulo però l’ uso degli uricosurici diventa poco eDcace nei pazienti con
insuDcienza renale per due motivi:
- perché se l’acido urico non viene 2ltrato nel glomerulo per l’insuDcienza renale, è inutile
che andiamo ad agire sulla quota di riassorbimento,
- gli uricosurici sono controindicati in pazienti con storia di litiasi renale da acido urico perché
l’uricosurico ne aumenta l’escrezione e quindi aggrava la litiasi renale che ha un eHe%o
controproducente in questi pazienti.

I pazienti con go%a tofacea allo stadio 4 si tra%ano con allopurinolo, e avete visto nel caso del NEJM
dopo 4 mesi di terapia con allopurinolo, i to2 presenti a livello del gomito di questo paziente, si erano
rido%i di volume.

- A volte può essere necessaria una terapia chirurgica in questi pazienti e talvolta la colchicina oltre che
per tra%are pazienti in fasi acute di go%a e pseudogo%a può essere usata nei periodi intercritici quando
ci sono pazienti che presentano degli a%acchi ricorrenti.

PSEUDOGOTTA O CONDROCALCINOSI
Più o meno le cara%eristiche cliniche sono le stesse della go%a, cioè dolore e in2ammazione articolare
dovuti al deposito di cristallo la cui forma abbiamo visto essere diHerente, che è già una cara%eristica
distintiva della go%a rispe%o alla pseudogo%a.
L’ età è sempre quella medio-elevata però la prevalenza non varia più così marcatamente in relazione al
sesso, donne e uomini sono parimenti interessati.
Si chiama così perché c’è un deposito di calcio a livello delle cartilagini articolari.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 236 A cura di ANDREA PERNA


Si vede una condrocalcinosi delle
interfalangee prossimali delle mani
con aspe%o a becco di pappagallo
degli osteo2ti che si depositano a
livello delle cartilagini di queste
articolazioni.
Fase avanzata di condrocalcinosi in
cui si hanno delle deformazioni
articolari che la fanno somigliare
alla deformità che assumono le
mani di un paziente con artrite reumatoide, sono persone generalmente
anziane in cui c’è stata la durata di numerosi anni della mala%ia.
Si vede anche qui il deposito in sede articolare, a livello della cartilagini articolari, di cristalli di calcio
che determinano la reazione in2ammatoria e il quadro clinico della condrocalcinosi.

Immagine A: è un’artropatia degenerativa della spalla per deposito di cristalli di calcio pirofosfato.
Immagine B:degenerazione, un’artropatia in2ammatoria a livello delle articolazioni metacarpo-falangee
e interfalangee prossimali.

Un’altra localizzazione possibile è quella geniena con la rotula che sembra essere tu%a avvolta dal
deposito di pirofosfato di calcio. Polso, localizzazione geniena, sin2si pubica
Tu%e le super2ci articolari possono esser interessate dalla deposizione di calcio.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 237 A cura di ANDREA PERNA


Domande relative all’ argomento:
1) Una ragazza di 18 anni ammessa al college si presenta in ambulatorio lamentando dolore al dorso del
polso e a livello della caviglia destra, ha febbre e rush cutaneo con delle pustole sulla super2cie
estensoria di entrambi gli avambracci, dolori articolari, eruzione cutanea. Gesta ragazza ha un modesto
edema con eritema alla caviglia e ha dolore alla estensione passiva del gomito. Il prelievo di una piccola
quota di Kuido articolare dalla caviglia mostra un numero di polimorfonucleati di 8000 per campo, però
non si evidenzia alcun microrganismo alla colorazione di Gram. In questo caso, qual è il tra%amento più
appropriato per questa ragazza?
A. Indometacina (FANS) orale
B. Ampicillina (antibiotico) endovena
C. Colchicina orale
D. Prednisone intra articolare
E. Cekriaxone (cefalosporina 3 generazione) endovena
Ricapitoliamo: è una ragazza molto giovane in cui questa oligoartrite (perché interessa il dorso del polso
e la caviglia destra, due articolazioni), ha delle cara%eristiche di una artrite in2ammatoria perché sono
più di 2000 i polimorfonucleati, ma non di una se%ica sia perché i polimorfonucleati sono meno di 5000,
sia perché non ci sono germi alla colorazione di Gram e all’esame ba%erioscopico dire%o non si è
evidenziato alcun germe. Nell’ambito delle monoartriti quale potrebbe essere la monoartrite in
questione? Gal è la monoartrite con eruzione cutanea di tipo pustoloso? L’artrite gonococcica: ci sta
bene con l’età della paziente, probabilmente per trasmissione sessuale, ha le cara%eristiche dell’artrite
in2ammatoria, il gonococco non si riesce a identi2care perché la sede di infezione è uretrale e si ritiene
che le altre manifestazioni cutanee e articolari avvengano per fenomeni di ipersensibilità e non per
esposizione dire%a. Gindi in questo caso dovrebbe essere il Cekriaxone, il Roce2n, il tra%amento
ada%o in quanto questo germe è sensibile a questo antibiotico endovena.

2) Un uomo di 30 anni che ha un ginocchio che si è gon2ato acutamente e appare rosso. L’aspirato
sinoviale mostra leucociti e polimorfonucleati ma non organismi alla colorazione di Gram. L’analisi
mostra alcuni cristalli birifrangenti: qual è il miglior tra%amento iniziale?
A. Cortisonici per os
B. Cortisonici per via intra articolare
C. Antibiotici endovena
D. Colchicina orale
E’ un ragazzo di 30 anni con aspirato di liquido sinoviale che mostra la presenza di leucocitosi, qualche
cristallo. Risposta di uno Peter il Barbaro: Colchicina per via orale! Prof: Perché? Studente: aspirato
in2ammatorio, non vi sono microrganismi al Gram ed è in linea con l’andamento della mala%ia a circa
30 anni. Prof: A 30 anni, a meno che uno non abbia una iperuricemia importante per dife%o enzimatico,
la go%a è piu%osto rara. Piu%osto il fa%o che ci siano pochi cristalli birifrangenti non è necessaria per la
diagnosi: questa era una domanda a trabocche%o perché la patologia è la stessa del caso precedente cioè
il fa%o che sia negativo al Gram con l’artrite gonococcica ci sta bene, il fa%o che i cristalli precipitano
non signi2ca necessariamente che siano la causa dell’ in2ammazione, però a 30 anni con l’analisi del
tampone uretrale si è visto che era artrite gonococcica e la terapia antibiotica endovena è la più
indicata. La presenza di cristalli è fuorviante per quanto riguarda una corre%a diagnosi.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 238 A cura di ANDREA PERNA


3) Gale test diagnostico è più eDcace per fare diagnosi nel caso n° 1?
A. Analisi dei cristalli del liquido articolare
B. Cultura liquido articolare
C. Emocultura
D. Cultura cervicale
La risposta corre%a è la D perché si tra%a di una infezione da Gonococco che ha determinato questa
presentazione.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 239 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 26 OSTEOPOROSI

Caso Clinico
Donna di 75 anni si presenta al Pronto Soccorso con dolore al polso destro dopo una caduta in casa.
Riferisce di essere inciampata e caduta mentre preparava la cena e di aver provato a fermare la caduta
con la mano. Ha udito un suono, uno “snap”, e provato immediatamente dolore.

All’anamnesi riferisce 3 gravidanze condo%e regolarmente a termine, menopausa a 50 anni ed


ipertensione arteriosa tra%ata con diuretici. Ha fumato per diversi anni circa 1 pacche%o di sigare%e al
giorno.
È una signora minuta, pesa 52 kg ed è alta 160 cm.
I parametri vitali sono nella norma, l’unica cosa che notiamo è edema e deformazione dell’avambraccio
e del polso dx con rido%a mobilità a causa del dolore.
Il medico per valutare l’integrità delle stru%ure vascolari riporta che i polsi radiali sono validi ed il
riempimento capillare a livello dei le%i ungueali dx è conservato.
Viene fa%a una Rx, che conferma una fra%ura della testa del radio dx mostrando contestualmente
osteopenia.

Lal è il fa%ore di rischio che può aver favorito la fra%ura di questa donna? Lali sono le
cause di questo fa%ore favorente? E cosa si può fare per prevenire il rischio di future fra%ure?

I dati clinici che si rilevano all’osservazione sono quelli di una fra%ura senza coinvolgimento vascolare.
Il sospe%o diagnostico che viene confermato dalla Rx è una fra%ura della testa del radio e si ha anche
evidenza di osteopenia.

Il fa%ore di rischio della pz è osteoporosi post-menopausale.

DEFINIZIONE
L’osteoporosi è una condizione in cui si riduce la resistenza ossea per una demineralizzazione e un
aumentato turnover osseo, come risultato di rido4i livelli di steroidi sessuali (estrogeni, come in questo caso,
ma anche testosterone) o per alcuni farmaci o conseguenza di un rido4o assorbimento di calcio.

Per proteggere i pz dal rischio di eventuali fra%ure abbiamo a disposizione diversi farmaci per
aumentare la densità ossea. Ovviamente oltre a fare questo dobbiamo me%ere in a%o altre strategie
preventive come per esempio: l’uso di farmaci neurole%ici o benzodiazepine, che possono aumentare la
stabilità nella marcia; valutare se ci sono disturbi nell’equilibrio, nel tono muscolare; valutare l’acuità
visiva e il sistema sensoriale periferico; in2ne consigliare alla paziente di sme%ere di fumare perché
anche il fumo rappresenta un fa%ore di rischio per l’osteoporosi.
Le considerazioni che possiamo fare sul caso
sono che questa signora probabilmente ha
avuto una fra%ura dopo una banale caduta a
causa dell’osteoporosi. I suoi fa%ori di rischio
per osteoporosi sono:
- il fumo,
- lo stato post-menopausale in assenza di
terapia ormonale sostitutiva
la sua stru%ura 2sica esile.
Inoltre l’osteoporosi stessa pone la paziente a
rischio di complicanze importanti in caso di
future cadute, quali dolorose compressioni da
fra%ure vertebrali o rido%a mobilità da
fra%ure dell’anca. Sono pertanto necessari
interventi per ridurre il suo rischio di fra%ure, ma anche il rischio di cadute.

Nel gra2co si nota che, sopra%u%o per le femmine, l’osteoporosi, come la go%a, è una mala%ia dell’età

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 240 A cura di ANDREA PERNA


senile. Il rischio di fra%ure aumenta con l’aumentare dell’età.
Infa%i con il passare degli anni la densità ossea della corticale si riduce 2no ad arrivare ad un livello di
soglia che predispone alle fra%ure.

Nel secondo gra2co si vede come la


densità ossea si riduce in entrambi i sessi
con il tempo anche se la cara%eristica
distintiva delle donne è un quasi crollo
che si veri2ca in epoca post-menopausale.
Infa%i in una prima parte i due declini
sono paralleli, ma dopo la menopausa c’è
un crollo e quindi la forbice che indica la
diversità del rischio di fra%ure o il tempo
di raggiungimento della soglia di fra%ure
diventa molto più marcata.

L’osteopenia è uno stadio precoce,


precedente all’osteoporosi. Si tra%a di
diagnosi che vengono fa%e alla
densitometria ossea, so%oponendo i
pazienti al DEXA-scan e confrontando i dati del singolo paziente con i dati in un archivio che
generalmente viene costituito presso ogni singolo centro usando come valori di riferimento quelli del
singolo centro sulla popolazione locale. Gando si parla di osteopenia si ha un t-score tra -1 e -2,5
deviazioni standard dalla media.

Il t-score si calcola nel seguente modo: Si fa uno studio su donne adulte giovani, tra 18 e 30 anni, per
o%enere vari valori di densità ossea, poi si calcola la media e in2ne si userà questa per vedere di quante
deviazioni standard il paziente è sopra o so%o la media. Se siamo tra -1 e -2,5 parliamo di osteopenia, se
siamo oltre (ad es. -3) si parla di osteoporosi.

Uno dei tra%amenti più comunemente usati per il tra%amento dell’osteoporosi sono i bifosfonati, cioè
dei fosfati di carbonio sintetici che aumentano la massa ossea e impediscono il riassorbimento degli
osteoclasti.
L’immagine rppresenta una tomogra2a
microcomputerizzata in cui si vede la
stru%ura dell’osseo trabecolare di una
vertebra dell’osseo normale contrapposta
a quella di un sogge%o osteoporotico.
Chiaramente si può vedere una forte
riduzione dell’osso e si può avere un’idea
del perché sia più facile che una vertebra
di un sogge%o osteoporotico possa andare
facilmente incontro a fra%ura o crollo
vertebrale per trauma o in maniera
spontanea.

APPROCCIO AP PZ OSTEOPOROTICO
Dobbiamo innanzitu%o dire che l’osteoporosi è un importante problema sanitario perché le fra%ure
ossee che ne conseguono causano morbidità importante in termini di dolore cronico, perdita di
autonomia, perdita di funzione, ed anche mortalità.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 241 A cura di ANDREA PERNA


Fattori di rischio per l'osteoporosi:
 storia personale di fra%ura nell'adulto e nei parenti di primo grado
 una bassa densità ossea di picco raggiunta nell’età adulta perché ovviamente più alta è la
densità ossea nel momento di picco, che si ha tra i 17 e i 18 anni, più basso sarà il rischio di
osteoporosi nell’età adulta;
 carenze nutrizionali;
 sesso femminile
 età avanzata
 razza caucasica (Approssimativamente, il 14% delle donne e dal 3 al 5% degli uomini di razza
caucasica sviluppano osteoporosi durante la loro esistenza. La prevalenza di osteoporosi è,
invece, minore in altri gruppi etnici.)
 presenza di demenza
 fumo di sigare%a
 basso peso alla nascita
 riduzione nella produzione di ormoni steroidei (dovuta 2siologicamente a menopausa o
patologicamente ad ipogonadismo);
 alcolismo
 cadute ricorrenti e tu%e le condizioni a rischio di cadute
 scarsa a%ività 2sica
 riduzione di densità ossea geneticamente determinate.

Geste condizioni causano un aumento di perdita ossea che, insieme alla scarsa qualità e la bassa
densità ossea al picco giovanile, determina una predisposizione alle fra%ure.

Geste sono cause di osteoporosi primitiva idiopatica ma esistono anche osteoporosi secondarie ad
altre condizioni morbose. La più comune è in relazione ad un eccesso di glucocorticoidi, per esempio nel
Cushing vi è un aumentata demineralizzazione ossea.
Ciò si può manifestare anche in seguito a terapie steroidee protra%e, infa%i nei pazienti con mala%ie
in2ammatorie croniche che fanno uso di steroidi per lungo tempo possono esserci problemi di
osteoporosi secondaria.
Una patologia indicata è l'artrite reumatoide, sia perchè può richiedere l'uso di steroidi sia perchè questi
pazienti di per se sono susce%ibili ad un aumentato riassorbimento osseo e per questo motivo le
erosioni ossee da eccesso di citochine in2ammatorie sono una delle cara%eristiche radiologiche e
cliniche della mala%ia.

Altre forme di osteoporosi possono veri2carsi a causa di un de2cit gonadico come ad esempio
l'amenorrea che viene nelle ginnaste o nei maratoneti, oppure come conseguenza di un problema
ormonale come nelle iperprola%inemie o nei maschi con ipogonadismo.
Anche l'iperparatiroidismo può indurre un aumentato riassorbimento osseo, con la particolarità che
mentre nell'iperparatiroidismo cronico l'aumento cronico di ormone in circolo favorisce il
riassorbimento e quindi l'osteoporosi, la somministrazione intermi%ente di ormone paratiroideo o
analoghi paradossalmente ha un eHe%o opposto favorendo la deposizione.
La comparsa di osteoporosi mediante un aumento di riassorbimento osseo si può veri2care anche in un
ipertiroidismo di vecchia data, a causa di malnutrizione in pazienti con sindromi da malassorbimento
come la mala%ia celiaca, per l'abuso di alcol o a causa di farmaci che possono accellerare la perdita
dell'osso (glucocorticoidi, ciclosporina, farmaci citotossici, il litio, l'eparina).

Fattori di protezione
Possono essere fa%ori genetici, un adeguato introito di calcio e l'a%ività 2sica (il sollevamento pesi ad
esempio ha un eHe%o prote%ivo portando un incremento degli androgeni).
In età adolescenziale, il picco di ormoni steroidei e sessuali determina la densità ossea di picco, che ha
un ruolo fondamentale nella prevenzione dell'osteoporosi, dato che più è alta la densità ossea di picco
più è basso il rischio osteoporotico.

Il tipo di accrescimento che avviene nella fase di raggiungimento della densità ossea di picco è de2nito
modellamento osseo.
I due a%ori principali nel determinare la stru%ura ossea complessiva sono gli osteoclasti e gli

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 242 A cura di ANDREA PERNA


osteoblasti.
- Gli osteoclasti sono grosse cellule polinucleate che derivano da cellule ematopoietiche progenitrici e
determinano il riassorbimento osseo mediante una serie di sostanze ad azione proteolitica.
- Gli osteoblasti invece derivano da precursori mesenchimali e sono cellule ad elevata a%ività sintetica
che intervengono nella deposizione di collagene e sieroproteine che vanno incontro al processo di
calci2cazione con apposizione di calciofosfato e quindi formazione di materiale osseo.
Gindi in età postpuberale abbiamo la fase di modellamento 2no a raggiungere la densità ossea di picco,
successivamente inizia la fase del rimodellamento.
Gesta fase è 2nalizzata a riparare eventuali danni del tessuto osseo, a raHorzare l'osso preesistente ma
sopra%u%o a modulare il rilascio di calcio necessario al mantenimento dell'omeostasi dei livelli
plasmatici.
Mentre nella precedente fase l'a%ività osteoblastica era prevalente rispe%o a quella osteoclastica, ora si
raggiunge un equilibrio dinamico tra le due a%ività in modo tale da mantenere stabile la densità ossea
globale. Intorno ai 35 anni si entra in una fase successiva in cui questo rimodellamento prevede un
azione prevalente degli osteoclasti, per cui il riassorbimento è predominante sull'apposizione. Gesto
fenomeno diviene molto marcato nelle donne dopo la menopausa.

Screening
L'osteoporosi può avere importanti implicazioni sia cliniche che sociali e quindi è utile poter fare uno
screening diagnostico. Ovviamente non è possibile eHe%uare una mineralometria ossea in tu%e le
donne postmenopausa ma bisogna avere un approccio mirato.
La densitometria si raccomanda in individui con storia familiare o altri fa%ori di rischio per
l'osteoporosi quindi in pazienti in terapia steroidea, donne in età avanzata che hanno già avuto una
fra%ura, donne con carenza di estrogeni, in presenza di anomalie vertebrali e tu%e le condizioni in cui vi
è uno stimolo al riassorbimento come nell'iperparatiroidismo primario.
- Lo screening si fa con il Dexa Scan che è quella che noi chiamiamo mineralometria ossea.
Generalmente per l'eHe%uazione del test si usa più di un distre%o osseo, solitamente le zone migliori
sono una vertebra del rachide dorsolombare e l'anca.
I risultati di questo test si possono esprimere come Z Score e T Score. Lo Z score è meno accurato perchè
tiene in considerazione il confronto tra due persone della stessa età (che potrebbero essere già
osteopeniche) mentre è preferibile il T score che confronta il paziente con la popolazione di giovani
adulti di quel centro con il conce%o di deviazione standard rispe%o alla media.
Una deviazione del T score di 2,5 deviazioni standard corrisponde ad una deviazione dello Z score di
circa 1 deviazione standard, proprio perchè il T score è rapportato ai giovani e lo Z score alle persone
della stessa età. Una riduzione del T score di 1 deviazione standard raddoppia il rischio di fra%ure.
Grazie a dei calcolatori noi siamo in grado, imme%endo dei parametri antropometrici (uso di farmaci,
presenza di artrite reumatoide e il T score (più importante di tu%i)), di valutare il rischio osteoporotico.
- Altre indagini di laboratorio che vengono eHe%uate in pazienti con osteoporosi includono i livelli di
calcio e fosforo e i livelli di fosfatasi alcalina perchè consentono di fare una diagnosi diHerenziale con
altre patologie che possono interessare l'osso come il morbo di Paget o altre condizioni in cui il turn
over osseo può essere modi2cato o aumentato: calcemia, fosforemia e fosfatasi alcalina dovrebbero
essere normali nei pazienti con osteoporosi.
- Nella pratica clinica possono essere usati alcuni marker di metabolismo osseo . Marker di
formazione ossea sono la fosfatasi alcalina, l'osteocalcina e il procollagene di tipo 1 mentre alcuni
peptidi come la deossiprolina possono essere usati come marker di aumentato assorbimento. Gesti
valori possono predire la perdita di osso e sono molto importanti perchè con un singolo test possiamo
prevedere una situazione che può essere anche piu%osto complicata.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Alcune condizioni che possono essere prese in diagnosi diAerenziale con l' osteoporosi sono
l'ipertiroidismo e l'osteomalacia.
Mentre l'osteoporosi è una demineralizzazione associata ad una rimozione della matrice ossea,
nell'osteomalacia c'è un problema legato esclusivamente alla mineralizzazione dell'osso, la
matrice viene deposta normalmente.
Gesto avviene a causa di de2cit, solitamente di vitamina D o di fosfati, che fanno venire meno le
materie prime utilizzate nel processo di mineralizzazione ossea; quindi nell'osteoporosi l'osso è

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 243 A cura di ANDREA PERNA


interessato nella sua totalità, nell'osteomalacia è presente solo un problema di minerali.
I sintomi sono più evidenti che nell'osteoporosi, per esempio possono esserci dolori diHusi, livelli
elevati di fosfatasi alcalina perchè c'è un rimaneggiamento osseo più cospicuo.
La calcemia invece può essere rido%a proprio perchè viene a mancare la materia prima.
Un'altra mala%ia che entra in diagnosi diHerenziale è la malattia di Paget in cui c'è una
disorganizzazione del rimodellamento osseo in cui troveremo elevati livelli di fosfatasi alcalina.
Il rimodellamento avviene in maniera disorganizzata ma non carente e quindi ci sarà indebolimento
dell'osso e comparsa di deformità scheletriche.
Il quadro clinico di Paget si manifesta prevalentemente al cranio. Alla radiogra2a si vedono aree in cui è
aumentato il riassorbimento osseo e delle aree in cui è l'apposizione a risultare aumentata: la presenza
di aree di osteorarefazione e aree di osteosclerosi unite ad elevati livelli plasmatici e renali di
idrossiprolina fanno sorgere il sospe%o diagnostico di malatia di Paget.
Nel caso di fra%ure patologiche altre condizioni che intervengono nella diagnosi diHerenziale sono
neoplasie maligne, mielomi, mala%ia metastatica e mala%ie in2ammatorie.

Trattamento dell’osteoporosi
Per prima cosa dobbiamo assicurarci che il sogge%o abbia livelli di calcio e di vitamina D in quantità
normali, altrimenti interveniamo con una supplementazione.
La quantità normale di calcio da assumere ogni giorno è di 1,2 gr.
Una considerazione particolare riguarda l’uso degli estrogeni:
- gli estrogeni sono necessari per ridurre il riassorbimento osseo, tant’è vero che in età post-
menopausale il riassorbilmento osseo avviene con velocità molto maggiore che in precedenza. Per
questa ragione negli anni 80 e 90 si è esagerato con l’uso di estrogeni come rimedio per prevenire
l’osteoporosi senile. Poi si è visto che questa terapia aveva dei rischi nella globalità dei pazienti tra%ati
che erano superiori ai bene2ci, perché aumentava l’incidenza di carcinoma della mammella, di altre
neoplasie ginecologiche e della mala%ia tromboembolica, e questo aumento del rischio era maggiore
rispe%o al bene2cio che si o%eneva in termini di riduzione dell’osteoporosi.
- Oggi non si danno più gli estrogeni a tu%e le donne, ma solo se sono presenti determinate condizioni
di rischio per le complicanze dell’osteoporosi.
- Si sono utilizzati anche i cosidde%i SERMs, (Selective estrogen receptor modulator) che non sono veri
e propri estrogeni, ma sono delle sostanze che modulano (possono sia stimolare sia inibire) e si sono
rivelati utili nel prevenire il riassorbimento osseo, però a scapito di eHe%i collaterali.
Per quanto riguarda il controllo ormonale del riassorbimento osseo, bisogna considerare che ci sono
vari ordini di fa%ori che si bilanciano.

Gesti fa%ori sono:


 L’osteoprotegerina
 RANK (Receptor activator NFKB)
 RANKL
Sulla super2cie degli osteoclasti sono presenti i RANK-Ligand a cui si lega il RANK che determina un
eHe%o di a%ivazione degli osteoclasti che aumentano il riassorbimento osseo. Invece l’osteoprotegerina
funziona come ligando naturale del RANK, lo blocca e ne impedisce il legame con il RANKL
determinando riduzione del riassorbimento osseo.
Gesto è importante perché ci sono moderne terapie dell’osteoporosi che si basano su questo sistema
dell’Osteoprotegerina-RANK/RANK-Ligand.

- I farmaci più spesso utilizzati sono i Bifosfonati, di prima generazione o i più recenti (e più potenti)
amino-bifosfonati. Gesti si legano e si accumulano nell’osso determinando un rimodellamento della
funzioni degli osteoblasti-osteoclasti.
Singolare è la modalità di somministrazione: solitamente vengono dati per os, la ma%ina a digiuno,
inducendo il paziente ad assumere parecchia acqua e a stare mezz’ora o più in piedi; questo perché un
eHe%o collaterale temibile è l’insorgenza di un’esofagite (esofagite da bifosfonati).
Sono anche presenti bifosfonati per uso endovenoso, utilizzati per il tra%amento dell’ipercalcemia
sopra%u%o da tumori.
Un'altra complicanza, per fortuna rara, è l’osteonecrosi della mandibola.
- Poi si usa per il tra%amento dell’osteoporosi, un analogo del paratormone, l’ hPTH 1-34 , che viene

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 244 A cura di ANDREA PERNA


somministrato in maniera intermi%ente e riesce a ridurre il rischio di fra%ure e a determinare un
miglioramento della trama ossea.
- In2ne c’è il Denosumab, che è un anticorpo monoclonale dire%o contro il ligando del RANK. È stato
sperimentato con successo, oltre che nelle forme gravi di osteoporosi, anche in neoplasie metastatiche
dell’osso, nel mieloma multiplo e i tumori ossei primitivi. Somiglia molto all’osteoprotegerina, va a
legare il RANK e va a impedire il legame al rece%ore.
Poi ci sono tu%a una serie di stru%ure addizionali, quali il contenimento, per prevenire l’incidenza di
fra%ure.

Gindi riassumendo la terapia per l’osteoporosi si avvale di:


- Somministrazione di calcio o vitamina qualora mancassero
- Terapia estrogenica o con SERMS
- BIfosfonati, sono il farmaco centrale per questo genere di patologia
- Denosumab, anticorpo monoclonale dire%o contro il RANKL
- hPTH 1-34, analogo del paratormone
- Presidi per ridurre il rischio di fra%ure

Chiudiamo con alcune domande.


 Gale di questi pazienti può giovarsi di uno screening con mineralometria ossea?
◦ Donna bianca, corporatura so%ile di 65 anni fumatrice, in menopausa da 15 anni
◦ Donna di 40 anni che fa esercizio 2sico ogni giorno e che ha ancora il ciclo
◦ Un uomo di 75 anni, sedentario
◦ Una donna sovrappeso di 60 anni di razza afroamericana
◦ Donna asmatica di 35 anni che ha preso cortisone per due se%imane

La risposta è A.
 Durante quale dei seguenti periodi della vita di una donna, la gran parte della massa ossea si
accumula:
◦ Tra 15 e 25
◦ Tra 25 e 35
◦ Tra 35 e 45
◦ Dopo 45
La risposta è A.
 Una donna di 60 anni ci porta i risultati del suo DEXA-scan. Ha un T-score inferiore a 1,5 SD
all’anca e -2,5 alla colonna. Gal è l’interpretazione migliore per questi risultati?
◦ Ha un osteoporosi della colonna e osteopenia dell’anca
◦ Ha osteoporosi in entrambe le aree
◦ L’esame è normale
◦ Ha osteoporosi dell’anca e osteopenia della colonna
◦ È necessario calcolare lo Z score
La risposta è A.
 Una donna di 70 eHe%ua un checkup di routine. Ha un T-score di -2,5 alla colonna e -2,6
all’anca. Gale tra%amento è più accurato?
◦ Terapia sostitutiva con estrogeni
◦ Consigliamo nuoto per migliorare la massa ossea
◦ Bifosfonati per ridurre il rischio di fra%ure del 50%
La risposta è C. è necessario tener presente che la terapia sostitutiva è utile se data nei primi anni della
menopausa per prevenire il rischio di osteoporosi, in quanto è in grado di rallentare la
demineralizzazione, non di ripristinare la corre%a archite%ura. Se si aspe%a troppo tempo diventa
ineDcace.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 245 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 27 FUO (fever of unknown origin)

De&nizione
- Negli anni ’60: TC > 38,3° per più di tre se%imane in diverse occasioni in assenza di diagnosi dopo 7
giorni di ricovero ospedaliero.
- Negli anni ‘90(meno stringente): TC>38.3° per più di tre se%imane in diverse occasioni in assenza di
diagnosi dopo 3gg di ricovero ospedaliero, dopo 3 visite ambulatoriali o dopo 1 se%imana di esami
anche invasivi ambulatoriali.

TIPI DI FEBBRE
• Febbre continua: TC sempre >37 nell’arco delle 24h e per diversi giorni con oscillazioni
inferiori ad 1°.
Cause: polmonite, tifo
• Febbre remittente: TC sempre > 37 per diversi giorni ma con oscillazioni > 1°.
Cause: sepsi, endocardite subacuta, ascessi, tifo
• Febbre intermittente: fasi di apiressia alternate a TC > 37°
• Gotidiana: un accesso febbrile al giorno
• Biquotidiana: due accessi febbrili e due remissioni nelle 24h
Cause: leishmaniosi viscerale, morbo di Still dell’adulto, TBC miliare, malaria “mista”,
gonococcosi, forme indo%e da tachipiretici
• Terzana, quartana, quintana: la temperatura sale di colpo con un brivido e poi scompare
rispe%ivamente per 1,2 o 3 giorni per poi ricomparire per un giorno
Cause: P.Vivax (terzana), P.Malariae(quartana), Ricke%siosi (quintana)
• Erratica: accesso febbrile di 24h o poco più e remissione di diversi giorni e durata molto
variabile da un ciclo all’altro
Cause: foci se%ici cronici, cistopieliti croniche, LH, carcinoma renale
• Febbre ricorrente: alternanza di fasi di iperpiressia (>40C) continua a fasi di apiressia di
durata variabile.
Cause: mala%ia di Lyme, febbre Q, FMF e altre forme autoin2ammatorie, LES, vasculiti
• Febbre del ‘dromedario’ : periodi febbrili alternati a fasi con febbre a minori temperature
Cause: leptospirosi, brucellosi
• Febbre bizzarra/febbricola: febbre continua con TC < 37.5°;
Cause: CMV, EBV, TBC, neoplasie
• Febbre “factitia”: simulata; bisogna pensarci dopo aver fa%o l'iter diagnostico completo.
Cara%eristiche: assenza di variazioni nictemerali, febbre elevata, per lo più intermi%ente,
bradicardia relativa.
Altre particolarità:
Spike febbrili al mattino: nella febbre solitamente si mantiene il ritmo nictemerale, ma ci sono delle
situazioni in cui lo spike non è di pomeridiano/serata ma al ma%ino; ad esempio: febbre tifoide, TBC,
periarterite nodosa, eHe%o farmacologico
Bradicardia relativa: in generale c'è una relazione prevedibile tra aumento della temperatura corporea
e aumento della frequenza cardiaca, anche se questo conce%o non è applicabile né nei bambini nè
ovviamente in caso di terapia con beta-bloccanti, diltiazem, verapamil o con ritmo indo%o da PM.
Esempi di febbre con bradicardia relativa sono la febbre tifoide, i disturbi del SNC, la febbre da farmaci e
alcuni linfomi.

Sono stati poi de2niti 4 gruppi principali di cause di FUO:


 FUO classica:
 Infe%iva(36%): ascessi, endocarditi, tubercolosi, UTI complicate, EBV, CMV,
toxoplasmosi
 Neoplastica (19%): linfomi, carcinomi renali, leucemie
 Reumatica/in2ammatoria(22%): arterite temporale, polimialgia reumatica, morbo di
Still, LES, AR, tiroidite subacuta
 Miscellanea (19%): febbre da farmaci, epatite alcolica, mala%ie granulomatose
 Idiopatiche (7%)

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 246 A cura di ANDREA PERNA


 FUO nosocomiale (2.9% pz ospedalizzati): febbre in paziente ospedalizzato per almeno 24h,
apiretico al momento dell'ammissione. Le cause possono essere: colite da C. diDcile, sinusiti da
SNG, infezioni legate a cateteri urinari o CVC, embolia polmonare, febbre da farmaci.
 FUO neutropenica : conta di neutro2li < 500/microL; sopra%u%o di tipo infe%ivo (es.
Candidosi, Aspergillosi, ascessi) in pazienti immunode2cienti (tra%amenti immunosoppressivi,
chemioterapia, neoplasie ematologiche).
 FUO associata ad HIV : può essere sia infe%iva che non infe%iva: infezione TBC o da
micoba%eri atipici, LNH, farmaci.

Febbre da farmaci
Si può presentare dopo un tempo variabile dall’inizio dell’assunzione del farmaco a seconda del
meccanismo implicato; tipicamente la febbre si risolve 2-3 giorni dopo la sospensione del farmaco (o
dopo una se%imana nel caso di farmaci a metabolismo lento).
Il meccanismo di genesi dell’ipertermia o della febbre può essere dovuto:
• riduzione della dissipazione di calore
• aumento del metabolismo basale
• induzione di una risposta immunitaria da ipersensibilità umorale o cellulo-mediata
• mimica di un pirogeno endogeno
• induzione di un danno tissutale che induce una risposta in2ammatoria
In caso di reazione da ipersensibilità si associa frequentemente ipereosino2lia o reazioni cutanee.
I farmaci più frequentemente associati sono: antimicrobici, antineoplastici o farmaci neurotropici.

Cause in2ammatorie di FUO:


 Mala4ie autoimmunitarie (LES, AR, sarcoidosi, vasculiti come arterite di Horton, arterite di
Takayasu, PAN)
 Sindromi auto in2ammatorie: sindromi cliniche cara%erizzate da episodi ricorrenti di febbre
associati a sintomi sistemici, che individuano come patogenesi alterazioni del sistema
immunitario innato, quindi neutro2li e natural-killer.

Si dividono in due grandi categorie:


22. Ereditarie: febbre mediterranea familiare(FMF); più rare:
a. TRAPS: sindrome periodica associata al TNF; da mutazioni del TNFR
b. HIDS: sindrome da iperIgD; da mutazione della mevalonato kinasi, parte della via
dell’HMG-CoA redu%asi
c. FCAS: una criopirinopatia, in cui a%acchi di febbre, artralgia, congiuntivite e orticaria
sono indo%i dal freddo; da mutazioni di NALP3 che codi2ca per la criopirina, una
proteina che interagisce con la pirina (vedi FMF).
23. Multifa%oriali: Morbo di Still dell’adulto, forma rara ma non così rara, sindrome di
Schnitzler, che va riconosciuta perchè i pz possono sviluppare nel tempo mielomi multipli,
morbo di Behcet , alcuni la me%ono so%o la categoria delle vasculiti, altri delle mala%ie
autoimmuni, in le%eratura di recente è stata inserita tra le forme autoin2ammatorie.
FMF (febbre mediterranea familiare)
Sindrome genetica autosomica recessiva indo%a da mutazione del gene MEFV che codi2ca per la pirina,
una proteina con funzione anti-in2ammatoria tramite l’inibizione delle caspasi che tra le altre cose
portano all’a%ivazione dell’IL-1.

Clinica
E' cara%erizzata da episodi brevi di febbre della durata di 24-48 h, associata a sierositi(dolore toracico,
addominale, scrotale, articolare), mialgie ed eritema simil-eresipela. La frequenza degli a%acchi è molto
variabile da bi-trise%imanali a 1 ogni 2-3mesi.
Complicanze: c’è un rischio aumentato di sviluppare amiloidosi-AA data la costante produzione di SAA
(serum amyloid A) ad ogni a%acco; la localizzazione è più frequentemente renale, cardiaca, g.i., tiroidea,
splenica.

Diagnosi

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 247 A cura di ANDREA PERNA


Clinica, confermata da test genetici. Gli episodi di febbre sono associati ad aumento della conta dei
neutro2li, di VES e PCR, mentre nelle fasi di apiressia tu%i gli indici di Kogosi si normalizzano. È
sicuramente più facile
pensarci in pz giovani (nel
90% dei casi la prima
manifestazione avviene
prima dei 18aa.) che sono
sintomatici da più di due
anni, diventando molto
improbabili l’eziologia
neoplastica e infe%iva.
I criteri di Tel-Hashomer
possono essere di aiuto.
DD: rispe%o alle altre febbri periodiche gli a%acchi sono solitamente più brevi (HIDS:4-5gg, TRAPS 2no
a 1-3 se%imane)

Trattamento
La colchicina (tra%amento per almeno 4mesi) riduce la frequenza degli a%acchi e la risposta alla terapia
rappresenta uno dei criterio diagnostici (vedi tabella; non essendo presente normalmente nelle altre
febbri periodiche).
Nel 5-10% dei pz che sono resistenti alla colchicina è stato utilizzato con eDcacia l’anakinra, inibitore
del rece%ore per l’IL-1.
La terapia sintomatica si avvale ovviamente di FANS durante gli a%acchi.

Morbo di Still dell’Adulto (AOSD)


Ha una distribuzione per età bimodale: 15-25aa. e 35-45aa. E’ una diagnosi di esclusione, dopo aver
considerato mala%ie infe%ive e neoplastiche, non essendoci esami di laboratorio speci2ci né test
genetici (l’eziologia è sconosciuta; si sa solo che risponde alla terapia anti-IL-1, che si suppone quindi
essere coinvolta a valle).
La prognosi è solitamente favorevole ma in alcuni casi può presentare complicanze potenzialmente
fatali come la sindrome emofagocitica.

Criteri classi(cativi (Yamaguchi, 1992):


- Criteri maggiori
 Artralgie per più di 2 se%imane,
 Febbre >39 ° a cara%ere intermi%ente per più di una se%imana, di solito con picco
biquotidiano, al ma%ino e la sera.
 Eritema cutaneo non pruriginoso color salmone
 Leucocitosi (>10.000/microL) con neutro2lia (>80% neutro2li)
- Criteri minori
- Negatività per ANA e per fa%ore reumatoide,
- Incremento delle transaminasi,
- Splenomegalia e/o linfoadenomegalie
- Faringodinia ase%ica.
La diagnosi di AOSD viene posta quando siano soddisfa4i 5 criteri di cui almeno 2 maggiori.

Sindrome di Schnitzler
È una sindrome molto rara, tipica degli adulti, con prevalenza maggiore nelle donne.
La patogenesi è dubbia ma anch’essa risponde all'anakinra, anti-IL1. Ha una prognosi favorevole.
Gesti pz presentano tipicamente un aumento delle IgM e un rash orticarioide pruriginoso.
L'aumento delle IgM va monitorato nel tempo come i pz con MGUS perchè presentano un aumentato
rischio di mala%ie linfoproliferativa, sopra%u%o la macroglobulinemia di Waldenstrom.
- Criteri maggiori
 Rash orticariode cronico pruriginoso
 IgM monoclonale (o IgG)
- Criteri minori

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 248 A cura di ANDREA PERNA


 Febbre intermi%ente
 Artralgia/artrite (grandi articolazioni)
 Dolore osseo (tibia, bacino)
 Linfoadenopatia (ascellare, inguinale)
 Epato-o splenomegalia
 Ipersedimetria e/o leucocitosi
 Anormalità ossee (all’RX o all’esame istologico)
Per la diagnosi di certezza: 2 criteri maggiori + 2 minori

Malattia di Kikuchi-Fujimoto
Rara, presente in tu%o il mondo ma con prevalenza più alta nella popolazione Giapponese. I pz vanno
monitorati nel tempo perchè possono sviluppare il LES ma in generale si tra%a di una condizione
benigna in genere autolimitantesi nell'arco di 1-4 mesi.
Si è a lungo ricercato senza risultati un agente eziologico infe%ivo; a%ualmente si postula tra%arsi di
un’ipera%ivazione su base di susce%ibilità genetica a vari stimoli ambientali possibili (infe%ivi, chimici,
2sici).
Cara%erizzata da linfadenopatia molle della regione cervicale, di solito accompagnata a febbre lieve e
sudorazione no%urna. Può essere facilmente confusa con una linfoadenopatia da tubercolosi, linfoma o
adenocarcinoma regionale.
La diagnosi è istologica : la biopsia linfonodale evidenzia frammentazione, necrosi e carioressi,
sopra%u%o nelle persone giovani con linfoadenopatia cervicale posteriore.
Il tra%amento è sintomatico (FANS e, raramente, corticosteroidi).

APPROCCIO DIAGNOSTICO delle FUO

 Anamnesi:
- Patologica prossima : esordio, durata, andamento, curva termica, sintomi associati; ricoveri
e interventi chirurgici; anamnesi familiare. Importante valutare se ha risposto a farmaci o
tra%amenti particolari in passato. Ad es. una febbre che si riduce con spugnature fredde ma
non con antipiretici deve fare pensare a un’ipertermia più che a una febbre.
Gali sono le manifestazioni associate alla febbre?
• infezioni: brividi, correlati alla rapidità di insorgenza della febbre (anche se possono
presenti anche in caso di emolisi acuta, alcuni linfomi e FMF), sudorazioni no%urne, lieve
perdita di peso con appetito conservato;
• mala4ie autoin2ammatorie/autoimmuni: Fenomeni di Raynaud, artro-mialgie, ake orali,
sierositi, manifestazioni cutanee;
• mala4ie neoplastiche: calo ponderale con perdita dell’appetito.
- Patologica remota:
TBC, HIV, precedenti endocarditi, interventi chirurgici (sono frequenti infezioni da protesi, da
pacemaker, di valvole protesiche), precedenti trasfusioni ematiche (possono orientare verso
infezioni virali, sopra%u%o se eseguite prima degli anni '80), diabete (fa aumentare sospe%o che
il pz possa essere aHe%o da mala%ie infe%ive), mala%ie autoimmuni (se già ne ha una è
probabile che ne abbia un'altra autoimmune).
Per escludere febbri factitie indagare l'aspe%o emotivo del pz.
- Anamnesi sociale e &siologica
Il paese d’origine (molti extracomunitari hanno riportato in Italia la TBC), precedenti paesi di
residenza, vaccinazioni, ambiente lavorativo(un pastore fa pensare a brucellosi), a%ività
sessuale, esposizione ad animali o punture di inse%i, conta%i con familiari o conoscenti malati
o con gli stessi sintomi (brucellosi, toxoplasmosi, mala%ia da graDo di ga%o, leismaniosi
frequente in India e anche a Salerno, febbre Q); dieta, pasti consumati fuori (uova: salmonellosi,
la%e non pastorizzato: brucellosi), hobby: giardinaggio(sporotricosi), pesca o nuoto nei laghi o
mari inquinati(leptospirosi), esplorazione di gro%e(istoplasmosi), viaggi all’estero(chiedere
destinazione, a%ività svolte durante il viaggio, consumazione di cibo e acqua, eventuali
vaccinazioni o farmaci assunti); uso di droghe per via endovenosa (endocarditi, osteomieliti).
- Anamnesi familiare
Chiedere se i genitori sono consaguinei, non infrequente, e la presenza di altri familiari aHe%i

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 249 A cura di ANDREA PERNA


(criterio diagnostico minore di Tel-Hashomer per la FMF).
- Anamnesi farmacologica
Va indagata l’assunzione di qualsiasi farmaco sia per escludere una possibile febbre/ipertermia
da farmaci che per indagarne la risposta.
Per quanto riguarda l'anamnesi farmacologica è importante indagare l’assunzione di:
o Antibiotici: Defervescenza(la TBC risponde ai chinolonici)? Colite da C. DiDcile?
o FANS: vedi test al Naprossene
o Steroidi: la sospensione della terapia steroidea può dare un’insuDcienza surrenalica
che in acuto può manifestarsi con febbre
o Risposta al tra%amento con colchicina (FMF)

 Esame obiettivo: Occhi (uveiti nel morbo di Behcet), orofaringe (ake orali nel LES),
palpazione dell’arteria temporale (arterite temporale), cute (eritema nodoso nella TBC e
sarcoidosi), esame obie%ivo cardiaco (soDo nell’endocardite), addome (sierositi nel LES, FMF,
dolore nel morbo di Chron). Valutare il ba%ito: bradicardia relativa (assunzione di beta-
bloccanti e calcioantagonisti?), tachicardia eccessiva (si può riscontrare nelle miocarditi).

 Test farmacologici : Test al Naprossene: può aiutare nella diagnosi diHerenziale tra mala%ia
oncologica o infe%iva; viene somministrato Naprossene 375mgx2/die per 3gg. Se si o%iene una
defervescenza e la febbre si ripresenta dopo il terzo giorno è molto probabile l’eziologia
neoplastica (ma anche reumatologica/autoin2ammatoria), se la curva termica non subisce
mofìdi2che durante il test è probabile l’eziologia infe%iva.

 Esami di laboratorio : all’inizio non speci2ci (considero patologie infe%ive, neoplastiche,


in2ammatorie) poi rivaluto il paziente con esami di II livello (sierologia infe%iva, ba%eria
anticorpale)
 Generali
 Esame emocromocitometrico con conta dei GB (individuare la presenza di
leucocitosi, neutropenia, anemia, trombocitopenia e o trombocitosi,
linfocitosi ecc..)
 Routine ematochimica (inclusi LDH, bilirubina ed enzimi epatici) (LDH
aumentate si riscontrano nei linfomi, leucemia, istoplasmosi, polmonite da
pneumocisti)
 Indici di 6ogosi PCR, VES, ferritina
 Infe%ivi
 Emocolture: preferibilmente al picco febbrile e in assenza di terapia
antibiotica; per essere de2nita negativa bisogna aspe%are 5gg, nel caso in cui
si sospe%i un'endocardite, 2 se%imane per escludere ba%eri a lenta crescita.
 Esame urine con esame microscopico e urino coltura
 Sierologia per febbre Q, EBV, CMV, HIV, BK e JC virus, Bartonella (più utile la
sierologia rispe%o ad emocolture in cui magari non crescono, come per la
febbre Q la Coxiella Brunetii); in pz immunodepressi per i farmaci o aHe%i da
HIV possono avere sierologia parzialmente negativa.
 PCR per il virus che si sospe%a.
 Mantoux: falsamente negativa per chi assume steroidi
 Pannello anticorpale: ANA, FR , p e c-ANCA, ENA, antiDNA, ACE, crioagglutinine, Anticorpi
antitiroide se si sospe4a tiroidite
 Ricerca sangue occulto fecale, dg diHerenziale per crohn o sospe%o k del colon

 Esami strumentali
• Ecocardiogra2a/ecocardio transesofageo se sospe%o di endocardite
• Ecogra2a/TC/RM: se sospe%o di ascessi/empiema
• EGDS/colonscopia + biopsie: se sospe%o patologia g.i. (es. m. di Whipple, m. di Crohn)
• Medicina nucleare:
• La PET-TC con FDG: è senza dubbio l’esame più costoso ma anche quello più
sensibile sopra%u%o nello scovare cellule neoplastiche, così come anche
mala%ie infe%ive e non infe%ive.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 250 A cura di ANDREA PERNA


La PET non vede soltanto alcuni tipi di tumori a lenta crescita come i tumori
neuroendocrini e il carcinoma bronchiolo-alveolare.
• Scintigra2a con Gallio: è sensibile sopra%u%o nella ricerca di infezioni a
livello toracico in quanto avendo escrezione epato-biliare non da buone
immagini addominali. Può essere quindi utile nella ricerca di sarcoidosi o di
infezioni toraciche, in pz HIV+ in cui la sierologia è spesso negativa o di
neoplasie toraciche. Ha lo svantaggio di una lunga emivita (3gg) che espone il
pz a una dose non irrilevante di radiazioni.
• Scintigra2a con neutro2li marcati con Tecnezio: viene utilizzata sopra%u%o in
ambito pediatrico o nel caso si sospe%i un'infezione, specie a livello
addominale. Di solito nei pazienti con FUO classica questo tipo di scintigra2a
si utilizza se la FUO ha una storia di qualche se%imana. Nel caso in cui si
sospe%i un'infezione linfomonocitaria, per esempio una TBC, sicuramente
non sceglieremo questo tipo di mezzo. Gesto tipo di scintigra2a è però
importante anche nella diagnosi di IBD, quindi studia bene sopra%u%o le
regioni extratoraciche, in particolare quelle addominali ma anche i vasi. Le
immunoglobuline si comportano come i globuli bianchi marcati e hanno una
maggiore sensibilità nell'artrite reumatoide.
• biopsia: guidata dagli studi preliminari di imaging (che non consente da DD infezione vs
neoplasia) o, nel caso ad esempio di biopsia midollare, emocromocitometrici, a livello do
linfonodi(linfomi, linfoadeniti infe%ive), fegato(sarcoidosi, linfoma, mala%ie infe%ive
sistemiche a localizzazione epatica),peritoneale(TBC), midollare(mala%ie ematologiche,
leishmaniosi, brucellosi).

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 251 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 28 COMA
Depressione del livello di coscienza con mancanza di risposta a stimoli esterni o necessità interne,
sebbene movimenti riKessi e posturali possano essere presenti. Non è uguale alla morte cerebrale,
perché talvolta reversibile.

- Stupor (stato di shock): viene mantenuta la risposta a stimoli vigorosi, sopra%u%o se dolorosi.
- Stato vegetativo: perdita delle funzioni neurologiche cognitive e la consapevolezza dell'ambiente
intorno a sé e mantenimento delle funzioni non cognitive.

CAUSE
Patologie che coinvolgono ENTRAMBI gli emisferi cerebrali, il troncoencefalo (formazione reticolare
a%ivante) o lesioni che interessando un emisfero, ma comprimono l'altro per eHe%o massa:
- Intossicazioni (stupefacenti, alcol, tossine)
- Alterazioni metaboliche (ipo e iperglicemia, chetoacidosi, acido la%ico, iper e iponatriemia,
ipercalcemia, insuH epatica, uremia, ipercapnico)
- Danni dire%i al SNC (ischemia, traumi, infe%ive, tumori)

CLASSIFICAZIONE
1) Coma senza rigidità nucale o segni neurologici focali:
- Metabolico: diabetico, ipoglicemico, uremico, epatico, iposurrenalico, mixedematoso;
- Tossico: alcool, oppiacei, barbiturici e psicofarmaci, salicilato, CO, CO2
2) Coma con segni neurologici focali: accidenti cerebrovascolari, trauma cranico, lesioni occupanti
spazio;
3) Coma con rigidità nucale: emorragia subaracnoidea, meningite o encefalite.

STADI DEL COMA (sonnolenza->sopore->stupore->coma)


1) Stadio I (precoma): rido%a risposta allo stimolo verbale, non esegue gesti semplici, ammiccamento
oculare conservato, risposta al proprio nome e a forti rumori, deglutizione e rea%ività al dolore
conservata;
2) Stadio II (coma propriamente de%o): turbe più profonde della percezione e della rea%ività, riKesso
fotomotore conservato, abolizione della deglutizione volontaria, modi2cazioni del respiro;
3) Stadio III (coma profondo): perdita completa di percezione e rea%ività, ipotonia muscolare,
soppressione riKesso corneale, fotomotore e faringeo, areKessia tendinea e Babinski positivo,
perturbazione delle funzioni neurovegetative (respiro stertoroso=rantolante x catarro, ipertensione,
iperemia, turbe ritmo cardiaco)
4) Stadio IV (coma dèpassè): completa assenza funzioni neurovegetative, dipendenza da assistenza
cardio-ventilatoria, EEG pia%o.
SCALA DI GLASGOW

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 252 A cura di ANDREA PERNA


SCALA AVPU: A= Alert; V= Verbal stimulation; P= Painful stimulation; U= Unresponsive

EEG NEL COMA


- Stadio I: ritmo di fondo rallentato, con eventuali "boulèes di onde delta sulle regioni frontali;
- Stadio II: scomparsa ritmo alfa, e sostituzione con ritmi delta e teta, sopra%u%o nelle regioni anteriori;
- Stadio III: ritmo di fondo appia%ito, con inscrizione di ritmi lenti delta;
- Stadio IV: EEG senza a%ività corticale.

COMA METABOLICO
Pz simmetrico (il danno NON è localizzato, ma generalizzato!), assenza di rigor, tronco inta%o, p.a.
normale o bassa, esordio graduale e tendenza alla progressione, pupille simmetriche, reagenti,
leggermente miotiche, lenti movimenti oculari sul piano orizzontale, presenza riKesso oculo-cefalico
(occhi di bambola), iperrea%ività Kessoria, mioclonie multifocali, tremori, Kapping, asterixis (per
diminuita inibizione corticale del II motoneurone), respiro di Cheyne- Stokes, possibili episodi
convulsivi generalizzati (da ipossia o ipoglicemia).

COMI CORRELATI A DIABETE


1) Chetoacidosico: solitamente all'esordio di un diabete di tipo I; in generale si presenta in casi de2cit
assoluto o relativo di insulina; cara%erizzato da acidosi (pH<7,4 e HCO3-<15mEq/l), iperglicemia
(>250mg/dl), chetonuria, chetonemia questo porta a diuresi osmotica e ipovolemia, tachicardia,
disidratazione, ipotonia e iporeKessia, alito acetonico, respiro di Kussmaul, midriasi.
2) Iperglicemico/iperosmolare: nel diabete di tipo II mal controllato; cara%erizzato da iperglicemia
(>600mg/dl), iperosmolalità (>310mOsm/Kg), ipernatriemia (>170mEq/l), HCO3- >15mEq/l, glicosuria
massiva, disidratazione (ematocrito > 70%), IR pre-renale da ipovolemia, gap anionico normale, NO
alterazioni respiratorie; decorso lento e insidioso, si hanno alterazioni dello stato di coscienza 2no al
coma (<20%)

COMA IPOGLICEMICO
Triade diagnostica di Whipple: glicemia < di 50mg/dl, sintomatologia neuroglicopenica e adrenergica,
risoluzione immediata con la normalizzazione della glicemia.
La sintomatologia neuroglicopenica e adrenergica si può avere anche solo per cali bruschi della glicemia
(ad es.: da 250 a 100mg/dl).
Sintomi adrenergici: palpitazioni, tremore, ansia, fame, sudorazione…
Sintomi neuroglicopenici: cefalea, astenia, sonnolenza, diplopia, alterazioni stato di coscienza,
ipo/ipertermia.
EO: pallore, sudore, ipertensione, iperpnea (poi bradipnea), tachicardia (poi bradicardia), midriasi (poi
miosi), ipertono muscolare, Babinski talora presente.
Ipoglicemia:
1- a digiuno, per < produzione (insuH surrenalica, dife%i enzimatici, malnutrizione grave, epatopatie,
uremia…) o >utilizzo (insulina, ipoglicemizzanti orali, insulinoma, sepsi)
2- post prandiali rea%ive, precoci (2-3 ore dopo il pasto), per rapido svuotamento dei carboidrati per
interventi chirurgici, dumping, o tardive (3-5 ore dopo il pasto);

COMI DA SQUILIBRI ELETTROLITICI

1) Iponatriemia: Na+<135mEq/l
si parla di iponatriemia ipotonica (iponatriemia vera) se l'osmolarità sierica è <280mOsm/kg; può essere
inoltre:
- ipovolemica, secondaria a perdita di sale e liquidi per diarrea, vomito, diuretici (sodio urinario alto);
- euvolemica, per SIADH, ipotiroidismo (per aumento dei livelli di ADH, polidipsia psicogena, de2cit
CRH;
- ipervolemica, per stati edematosi su base cardiaca, epatica o renale
Il coma sopraggiunge in casi di iponatriemia grave (Na+<120-115 mEq/l), dopo cefalea, letargia,
convulsioni, dando danno cerebrale permanente, arresto respiratorio, erniazione cerebrale (seguente a
ipertensione da edema intracellulare) e morte;

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 253 A cura di ANDREA PERNA


2) Ipernatriemia: Na+>145mEq/l
Cause comuni di ipernatriemia sono:
- eccesso di intake di soluti accidentale, deliberato o iatrogeno,
- insuDciente intake di H2O per mancata disponibilità o incapacità di avvertire la sete,
- aumentate perdite di H2O, accompagnate (diarrea, vomito, diuresi osmotica) o meno (febbre, diabete
insipido) da perdite di Na+;
le conseguenze sono disidratazione cellulare, che può portare a ipertermia, delirio e coma.

3) Ipercalcemia: Ca++ plasmatico o ionizzato > 9-10,3 mg/dl


Cause di ipercalcemia sono:
- iperparatiroidismo primario -> ipercalcemia LIEVE, < 11 mg/dl
- neoplasia (per metastasi ossee)-> ipercalcemia GRAVE, >14mg/dl
SINTOMI:
- G.I.: stipsi, nausea, vomito;
- Urinari: nefrolitiasi;
- Cardiaci: extrasistolia ventricolare;
- Neurologici: debolezza, sonnolenza, letargia, coma.

COMA DA ACIDOSI LATTICA


Secondario a:
- TIPO A: ipossia tissutale (> produzione);
- TIPO B: uso di biguanidi (es. fenformina) che interferiscono con la piruvato carbossilasi o ipoglicemia
(> metabolismo anaerobio), insuDcienza epatica O renale(< eliminazione);
- collasso circolatorio (entrambe);
- cara%erizzato da iperla%emia (> 150 mg/dl), modesta o assente chetonemia (=4 mM/l), acidosi
(pH<7.3), iperventilazione, astenia, cefalea, aritmie, oligoanuria. Ha un'elevata mortalità (80%).

COMA IPERCAPNICO-IPOSSICO
Ipercapnia: dovuta a insuDcienza respiratoria tipo II (ipercapnica = PaCO2>50mmHg), causata da
bronchite cronica, en2sema, asma grave, miastenia gravis, edema polmonare, avvelenamenti.

Causa sonnolenza, cefalea, tremore convulsioni e coma.


Ipossia: dovuta a insuDcienza respiratoria di tipo I (ipossica = PaO2 < 60 mmHg), causata da bronchite
cronica, asma, edema o embolia polmonare, cardiopatie cianogene, anomalie gabbia toracica, obesità.
Causa de2cit funzioni cognitive, apatia, nausea, vomito, allucinazioni, coma.
La terapia è l'ossigenoterapia a più basse [O2] per evitare un'iperproduzione di CO2 per ipoventilazione;
si fa quando la SaO2<90% o PaO2<60mmHg; quando questo non basta si ricorre alla ventilazione
meccanica.

COMA EPATICO
Dovuto a insuDciente clearance epatica di prodo%i tossici (falsi neurotrasme%itori, ammoniaca,
glutammina, benzodiazepine endogene) e shunt porto-sistemici, che risultano in un'alterazione
dell'a%ività del SNC, che viene depressa (si distinguono 4 stadi);
la situazione può precipitare per stipsi (>ritenzione urea), alcalosi, >intake proteine, infezioni,
ipopotassiemia da diuretici, paracentesi con ipovolemia, shunt portosistemici, TIPS, ipnotici, emorragia
digestiva.
Si distinguono 4 stadi a seconda della compromossione delle funzioni cerebrali.

COMA UREMICO
Si realizza quando la GFR <10-15ml/min.
L'eHe%o tossico non è a%ribuibile all'urea, ma più probabilmente agli altri metaboliti tossici presenti a
causa dell'IRC.
La sintomatologia comprende respiro di Kussmaul o iperventilazione, mioclonie multifocali, crisi
tetaniche o epile%iche, stato confusionale, coma.

COMA TOSSICO
Da farmaci, acidi o prodo%i di degradazione degli acidi, inibitori enzimatici come metalli pesanti,
cianuro, salicilati e sostanze d'abuso.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 254 A cura di ANDREA PERNA


APPROCCIO AL PAZIENTE
Anamnesi ed EO: far riferimento agli accompagnatori per pregresse patologie, terapie e segni e sintomi,
distinguere tipo di esordio, respiro, termia, petecchie. segni neurologici, pupille, riKessi,

Assicurare pervietà vie aeree, ventilazione, paO2, buona temp corporea e buona circolazione
(A=Airways, B=Breathing, C=Circulation).
Valutazione coscienza con scala di Glasgow e AVPU.
Esami di 1°livello: glicemia, ele%roliti, emogas, emocromo, coagulazione, tossicologia, funzionalità
epatica e renale.
Esami si 2°livello: TC cranio, RMN cranio, esame liquor.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 255 A cura di ANDREA PERNA


Capitolo 29 SINDROME NEFROSICA E NEFRITICA

SINDROME NEFROSICA
Condizione rara (1-2casi/100.000 ab/anno)
Eziologia: si distinguono forme
 Primarie (60% negli adulti e 95% nei bambini): patologia idiopatica esclusivamente renale:
GNF membranosa, nefrosi lipoidea, glomerulosclerosi focale segmentale.
 Secondarie: in un contesto di mala%ie sistemiche: LES, amiloidosi, infezioni, neoplasie, farmaci.

Clinica
Sindrome cara%erizzata da:
- Proteinuria >3,5g/die
- Albuminemia <3,5g/dL
- Edemi: subedema (solo malleolare e/o sacrale), edema localizzato (antigravitario), anasarca
(versamenti pleurici e ascite)
Può essere de2nita sindrome nefrosica compensata (più propriamente “proteinuria nefrosica”) se
assenza di ipoalbumemia severa (<3,5g/dL) e quindi di edemi.

Altri segni tipici sono:


 Dislipidemia(trigliceridi, colesterolo totale, VLDL, LDL): dovuta a:
o aumento della sintesi epatica come compenso all’ipoproteinemia
o perdita urinaria di lipasi lipoproteica e LCAT deputate al catabolismo lipoproteico
Le HDL vengono invece frequentemente perse determinando lipiduria.
 Trombo2lia: per:
o aumentata sintesi epatica compensatoria di 2brinogeno e fa%ori della coagulazione (II,
V, VII, VIII, X)
o perdita urinaria di fa%ori anticoagulanti e 2brinolitici (plasminogeno alfa-1-AT, ATIII,
proteina S)
C’è un rischio di trombosi venosa molto consistente con rischio di trombosi venosa degli arti
inferiori e trombosi della vena cava del 25% e di trombosi delle vene renali del 10%; ne
consegue un rischio di TEV-EP del 10% con una mortalità dello 0,5%. Anche le trombosi
arteriose sono possibili ma meno frequenti (meno del 5%).
 Aumentata susce%ibilità a infezioni (peritoniti, celluliti, sepsi): dovuta alla perdita urinaria di
Ig, proteine del complemento, opsonine, fa%ore B della properdina oltre che agli edemi.
 Osteoporosi: per perdita della proteina legante la vitamina D e iperparatiroidismo secondario

Trattamento
 Sintomatico: diuretici dell’ansa (furosemide orale o e.v. in bolo), eventualmente associati a
diuretici tiazidici(più lunga durata d’eHe%o) e spironola%one(se ipokaliemia).
 Poi a seconda dell’eziologia:
o Primitiva, terapia patogenetica: prednisone 0,5-1mg/Kg/die per 3-6mesi; se sintomi
gravi boli per i primi 3gg di 250-1000mg/die. In caso di mancata risposta associazione
con ciclofosfamide o rituximab. L’eventuale terapia di mantenimento può essere fa%a
con ciclosporina o rituximab.
o Secondaria, terapia eziologica: tra%amento della mala%ia autoimmune, della neoplasia,
dell’infezione o rimozione del farmaco.

SINDROME NEFRITICA
Nefropatia in2ammatoria acuta cara%erizzata da:
 macroematuria
 oliguria (diuresi <500ml/die)
 ipertensione arteriosa
 proteinuria subnefrosica ed edema

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 256 A cura di ANDREA PERNA


Con rapida evoluzione(gg); può essere presente una riduzione della GFR ( aumento della creatininemia).

Eziologia
E' solitamente dovuta a una reazione immunomediata scatenata da diversi fa%ori; cause comuni in età
pediatrica sono:
 primarie: nefropatia da IgA
 secondarie: HUS (hemolytic uremic syndrome), porpora di Henoc-Shonlein, GNF post-
streptococcica (rara in occidente ma ancora frequente nei paesi in via di sviluppo nei quali si
può assistere a vere e proprie epidemie)
Le cause più frequenti negli adulti sono:
 primarie: GNF membranoproliferativa, GNF rapidamente progressiva (a volte considerata
come sindrome a parte per la cara%eristica riduzione rapidamente progressiva della GFR)
 secondarie: Ascessi addominali, sindrome di Goodpasture, endocardite infe%iva e altre
patologie virali/parassitarie, LES, vasculiti

Fisiopatologia
L’eventuale riduzione della GFR è da me%ere in relazione con il ricco in2ltrato in2ammatorio acuto e/o
con la proliferazione mesangiale che si determina a livello glomerulare; in caso invece di origine tubulo-
interstiziale con alterazioni dell’interstizio glomerulare o dell’equilibrio tubulo-glomerulare.
L’ipertensione e gli edemi sono proprio da me%ere in relazione con la riduzione della GFR con
conseguente ritenzione idrosalina.

Prognosi
I fa%ori prognostici principali sono l’entità della proteinuria (o l’eventuale associazione con sindrome
nefrosica) e dell’ipertensione.

Terapia
Idem sindrome nefrosica; evitare sartani e ACE-i per non comprome%ere ulteriormente la GFR.

LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 257 A cura di ANDREA PERNA

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