DI
MEDICINA INTERNA
A cura di:
Andrea Perna
(e di tutti gli sbobinatori)
SOMMARIO:
- SCOMPENSO CARDIACO
- IPERTENSIONE ARTERIOSA
- ATEROSCLEROSI E DISLIPIDEMIE
- MALATTIE CEREBROVASCOLARI
- ARTEROPATIE OSTRUTTIVE CRONICHE E ISCHEMIA
DEGLI ARTI INFERIORI
- MALATTIE DELLE VENE
- VASCULITI
- MALATTIE EDEMIGENE
CASO CLINICO
- Un uomo di 72 anni si reca allo studio medico lamentando da alcune se%imane una dispnea da sforzo
ingravescente. Riferisce che in precedenza era in grado di svolgere il suo lavoro di giardinaggio, ma
adesso quando fa una passeggiata di 30-40 metri avverte 2ato corto, dispnea.
- Non ha dolore toracico quando cammina, ma in passato ha avuto qualche episodio di dolore
retrosternale di tipo gravativo che si manifestava in occasione di sforzi più intensi.
- Recentemente ha avuto un episodio in cui ha avvertito una sensazione di “vuoto” alla testa e stava per
svenire mentre saliva un piano di scale. Tali disturbi sono poi regrediti nel momento in cui si è seduto
(presincope).
- Ha avuto qualche problema durante la no%e con la necessità di sollevare la propria schiena e dormire
con due cuscini (diversamente da come faceva di solito).
- Occasionalmente si sveglia di no%e avvertendo un po’ di dispnea e tale sensazione passa ponendosi
seduto sul le%o con le gambe penzoloni. Inoltre ha notato che i suoi piedi si sono un po’ gon2ati e
tendono a farlo sopra%u%o verso la 2ne della giornata dopo essere stato in piedi per diverse ore.
- Non ha avuto in passato problemi di salute signi2cativi. Non assume farmaci. Per anni non si è recato
da un medico.
- Non fuma, non beve alcolici.
- All’esame obie%ivo il paziente non ha febbre.
- Presenta una frequenza di 86 bpm , una PA di 115/92 mmHg e una frequenza respiratoria di 16 a%i
respiratori al minuto.
- All’esame della testa e del collo si apprezza una mucosa rosea senza pallore cutaneo o mucoso, la
tiroide è nei limiti. Viene però notata una certa distensione delle giugulari.
- All’esame obie%ivo del torace, all’inspirazione ad entrambe le basi polmonari sono presenti dei rumori
umidi (rantoli).
- Al cuore si sente un I tono senza alterazioni di rilievo , un II tono con uno sdoppiamento espiratorio
(paradosso); alla punta si sente la presenza di un IV tono. L’impulso apicale non è spostato e si sente un
soDo sistolico con picco tardivo rilevabile al livello parasternale destro irradiantesi alle carotidi. Le
carotidi presentano una pulsatilità di ampiezza rido%a.
Il problema che il medico si pone è: qual è la diagnosi più probabile? Gali sono gli eventuali test
diagnostici che ci aiutano a confermare la diagnosi o orientarsi verso possibile diagnosi alternative?
Il sintomo preminente è la dispnea con ortopnea e con qualche episodio probabile di dispnea
parossistica no%urna. Tale tipo di dispnea è probabilmente di origine cardiaca.
La genesi cardiaca è suHragata anche:
- dalla presenza di rantoli bilaterali alle basi polmonari, indicativo di una stasi che si dispone per
motivi di gravità a livello delle basi;
- dall’associazione degli edemi declivi dopo stazione ere%a prolungata
- dal soDo sistolico presente in parasternale destra irradiantesi ai vasi del collo con pulsatilità
rido%a
- dalla presenza del IV tono
- dalla presenza di una storia di presincope
Tu%o ciò potrebbe far pensare ad una stenosi valvolare aortica.
Infa%i tale ipotesi è compatibile con il reperto obie%ivo: soDo sistolico con picco tardivo (con
morfologia “a diamante”), ipopulsatilità delle carotidi, presenza di un IV tono, sdoppiamento paradosso
del II tono (poiché si sdoppia in espirazione e non in inspirazione come 2siologicamente accade) con la
componente aortica che diventa più tardiva del normale.
La diagnosi più probabile è: scompenso cardiaco come possibile risultato di una stenosi aortica.
Per quanto riguarda l’aspe%o diagnostico l’esame fondamentale è un ecocardiogramma che ci consente
di valutare l’area della valvola aortica e al contempo di avere un’idea circa la funzione sistolica del
ventricolo sinistro, che è uno degli elementi che ci fa propendere verso un intervento di sostituzione
valvolare da eseguire in tempi più o meno rapidi in rapporto al grado di performance del ventricolo
sinistro.
La presenza di scompenso cardiaco è supportata dai segni obie%ivi di sovraccarico di volume : edema
periferico, elevazione della pressione venosa giugulare, rumori umidi alle basi come da edema
SCOMPENSO CARDIACO
Lo scompenso cardiaco non è una mala%ia tout court , ma è una sindrome clinica, una condizione
cara%erizzata da un coacervo di fa%ori che intervengono sopra%u%o in relazione ai meccanismi
2siopatologici di ada%amento.
Il primum movens dello scompenso cardiaco è un’inadeguata perfusione dei tessuti periferici che si
associa a meccanismi di ada%amento che intervengono per determinare una migliore perfusione
periferica, ma che paradossalmente innescano un circolo vizioso che peggiora lo stato di scompenso. Il
mal ada%amento relato a meccanismi neuro-ormonali è una delle cause di persistenza e peggioramento
dello scompenso. Infa%i, il tra%amento dello scompenso si basa proprio sull’utilizzo di farmaci che
tendono a bloccare questi meccanismi neuro-ormonali.
Alla base dello scompenso possono esserci due meccanismi:
1. de&cit di pompa ; un de2cit contra%ile del miocardio che determina una incapacità di
espellere il sangue in quantità tali da soddisfare i fabbisogni energetico-metabolici dei tessuti
periferici; (scompenso sistolico)
2. inadeguatezza del cuore a riempirsi di sangue in quantità suDciente per poter poi espellere
in circolo una quantità di sangue suDciente. (scompenso diastolico)
Alla 2ne tu%i questi meccanismi determinano la comparsa di situazioni cliniche di severità variabile.
A questi due quadri clinici corrispondono, rispe%ivamente, una sostituzione di tessuto miocardico con
tessuto 2broso (in caso di ischemia cronica), oppure, nelle forme acute, una zona di necrosi in relazione
all’infarto miocardico. Entrambi i casi determinano una riduzione della contra%ilità e della forza
propulsiva e si riKe%ono in un’insuDcienza dinamica globale del ventricolo.
Lo scompenso è generalmente una mala%ia cronica alla base della quale ci sono delle alterazioni
stru%urali del muscolo e che una volta instauratasi dura per tu%a la vita. Tu%avia ci sono delle forme di
scompenso cardiaco acuto in cui il cuore, 2no a quel momento normale, senza storia di problemi
contra%ili, improvvisamente viene so%oposto ad un sovraccarico meccanico che eccede le sue capacità
di ada%amento. Sopra%u%o il ventricolo sinistro, che è una stru%ura piu%osto forte, spessa, con un
patrimonio di 2brocellule muscolari tale da sopperire ad eventuali sovraccarichi acuti (come in sforzi
estremi), è dotato di elevate capacità di ada%amento.
Però ci sono delle situazioni acute che possono eccedere tali capacità di ada%amento e determinare
l’instaurarsi una situazione di scompenso:
- Crisi ipertensive possono scatenare uno scompenso acuto, un edema polmonare.
Il primum movens è generalmente rappresentato da un danno ai miocardiociti che può essere di natura
ischemica, tossica, metabolica, infe%iva. Ciò determina un rimodellamento del ventricolo che deve far
fronte alla perdita di parte del proprio tessuto contra%ile.
Entra in a%o uno sbilanciamento del sistema neuro-ormonale: consistente nell’espressione di citochine
in2ammatorie, meccanismi di apoptosi delle cellule miocardiche, modi2cazioni energetiche del
metabolismo di queste cellule e la creazione di fenomeni di stress ossidativo.
Alla 2ne ci sono degli eHe%i sulla stru%ura ele%rica del cuore, eHe%i sulla ventilazione, vascolari,
muscolari, renali che portano alla sindrome da scompenso cardiaco. Esiste quindi un meccanismo
complesso di ada%amento che il cuore me%e in a%o e che poi determina un peggioramento della
situazione in termini emodinamici.
Ovviamente l’ipertro2a si valuta in maniera molto più sensibile e più accurata con l’ecocardiogramma.
E’ visibile anche un certo sovraccarico (T negative nelle precordiali sinistre) per soHerenza delle
porzioni sub endocardiche: ciò è dovuto al fa%o che tali porzioni non vengono ben irrorate poiché il
ventricolo è ispessito e l’irrorazione normale non è in grado di garantire sangue a tu%o lo spessore del
ventricolo.
- Le cause scatenanti sono invece dei fa%ori acuti che possono slatentizzare una condizione di
scompenso cardiaco latente. Sono condizioni che determinano un aumento della richiesta metabolica
dei tessuti periferici:
- le infezioni,
- febbre,
- tachicardia,
- ipossiemia,
- aritmie di vario genere (FA parossistica con perdita del contributo di contrazione dell’atrio con minore
riempimento ventricolare e meno sangue che arriva in periferia), fa%ori 2sici (esercizio 2sico estremo),
- fa%ori emotivi ( un forte stress), fa%ori ambientali (esposizione al caldo o all’umidità o al freddo),
- sovraccarico di sodio,
- infarto del miocardio,
- embolia polmonare.
Ci sono anche altre mala%ie che non hanno un eHe%o dire%o sul cuore, ma che possono determinare il
peggioramento di uno scompenso:
- anemia,
- ipertiroidismo,
- sovraccarico di volume durante lo stato gravidico,
- ipertensione non ben controllata,
- miocarditi o endocardite infe%iva.
Adattamento
I baroce%ori presenti a livello del cuore e dei grossi vasi sentono una rido%a perfusione e inviano
segnali che vengono integrati con le stru%ure centrali deputate al raccoglimento di input periferici. Ciò
determina l’a%ivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e del sistema nervoso
simpatico che agiscono a livello renale e a livello della perfusione periferica per determinare quelle
modi2cazioni cara%eristiche dello scompenso.
A livello centrale uno dei meccanismi più importanti è la riduzione della arginin-vasopressina che è
un vasocostri%ore, ma anche una sostanza ad azione sodio-ritentiva. A livello renale c’è una rido%a
perfusione del glomerulo, una rido%a 2ltrazione glomerulare, un aumentato riassorbimento del sodio.
Tale riassorbimento assieme all’azione dell’arginin-vasopressina determina un incremento della volemia
che è responsabile dell’edema e dell’aumento del precarico instaurando un circolo vizioso.
Ricapitolando, lo scompenso sistolico è dovuto a un de2cit contra%ile del ventricolo e poi si manifesta
con un incapacità da parte del cuore di espellere una quantità di sangue suDciente a soddisfare il
fabbisogno da parte dei tessuti.
Lo scompenso diastolico è per de2nizione uno scompenso in cui la frazione di eiezione è superiore al
50%; questo è un parametro che si calcola agevolmente all'Ecocardiogramma, ed è espressione appunto
della quantità di sangue che ritorna al cuore e poi viene espulsa; quindi la quantità di sangue espulsa
rispe%o alla quantità che ritorna deve essere superiore al 50% per avere una frazione di eiezione
conservata.
Nello scompenso diastolico la frazione è superiore al 50% però il cuore ha un'altro problema, l'incapacità
di rilassarsi, quindi di accogliere il sangue che in diastole riempie la cavità ventricolare, generalmente si
ha nelle forme di pericardite costri%iva, oppure nelle cardiopatie restri%ive come la cardiopatia
ipertensiva o la cardiopatia da stenosi aortica o in caso di 2brosi miocardica.
Il parametro che ci consente di fare diagnosi di scompenso diastolico è un parametro ecodoppler.
All'ECG durante il doppler si valuta la fase di riempimento ventricolare con due onde:
l'onda E (early), che è il riempimento precoce: generalmente è predominante, perché gran parte
del riempimento diastolico ventricolare avviene durante la fase precoce della diastole (dopo
- I due ventricoli sono rappresentati come due stru%ure in serie che lavorano contemporaneamente, per
cui la disfunzione del muscolo cardiaco, da una parte si traduce in un sovraccarico e successivamente
una disfunzione anche dell'altra parte.
- Uno scompenso prevalentemente del cuore sinistro ha dato delle ripercussioni a livello polmonare;
spesso è possibile osservare un certo grado di congestione a questo livello. La congestione venosa
polmonare determina un'ipertensione polmonare con sovraccarico del cuore destro, e lo scompenso del
cuore destro si manifesta poi a livello della circolazione periferica.
- A livello renale c'è una rido%a perfusione, che si traduce in una ritenzione di sodio per cercare di
controbilanciare questo meccanismo.
- I due emisistemi cardiaci che lavorano in serie, così come il polmone e il rene, sono organi coinvolti in
maniera altre%anto importante nella 2siopatologia dello scompenso.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
I sintomi predominanti sono di tipo respiratorio:
Dispnea, che può essere a riposo, da sforzo etc. La classi2cazione della New York Heart
Association ci da una espressione della gravità dello scompenso sulla base della severità della
dispnea o della comparsa più o meno rapida della dispnea in relazione alla nostra a%ività 2sica.
Una cara%eristica distintiva della dispnea dello scompenso è l'ortopnea, ovvero la dispnea che
si manifesta in clinostatismo. Un'altra cara%eristica è la dispnea parossistica no%urna, in cui il
pz si deve alzare la no%e e me%ere le gambe fuori dal le%o; a volte questi pz vanno alla 2nestra
a prendere aria per respirare meglio. Poi arriviamo alle forme più avanzate di asma cardiaco, in
cui c'è un broncospasmo o un edema polmonare acuto, in cui invece c'è la presenza di
trasudato a livello degli alveoli.
Una possibile manifestazione respiratoria di scompenso è il cosidde%o respiro periodico di
Cheyne-Stokes, che è dovuto a una modi2cazione della sensibilità dei chemoce%ori all'eHe%o
della CO 2, per cui questi pazienti hanno un respiro che alterna delle fasi di iperpnea a fasi di
apnea. In pratica con l'iperpnea c'è subito una riduzione della CO 2, quindi viene meno il drive,
la spinta, per poter respirare. Il respiro si ferma per un po', poi l'incremento della pCO 2 fa in
modo che i centri respiratori con la complicità dei chemoce%ori centrali colgano questo
aumento e il pz riprende a respirare.
La ipoperfusione periferica dello compenso dà sintomi come astenia, aHaticabilità. L'ipoperfusione
cerebrale determina uno stato di confusione e di0coltà a concentrarsi.
L'interessamento dell'emisistema destro, del fegato ed eventualmente il versamento ascitico, possono
dare senso di peso e distensione addominale.
ESAME OBIETTIVO
Gando visitiamo il paziente possono essere presenti dei rantoli polmonari , che si dispongono
preferenzialmente alle basi per motivi gravitari: il paziente lo visitiamo in posizione seduta,
semiortostatica, e quindi ii rantoli si dispongono alle basi, il che ci orienta verso una genesi cardiogena
delle manifestazioni.
Ci può essere un edema cardiogeno, manifestazione di stasi del circolo periferico, che si manifesta con
edemi declivi ; andiamo a fare il segno della fovea in sede pretibiale. Ci può essere un versamento
pleurico, mono o bilaterale.
In caso di interessamento del cuore destro ci può essere epatomegalia, ittero, ascite, distensione
delle vene giugulari con possibile re4usso epato-giugulare in caso di epatomegalia marcata.
Possono essere apprezzabili un terzo e un quarto tono , può essere presente un polso alternante e
nelle forme più gravi una cachessia cardiaca , in quanto tra le citochine che si a%ivano in corso di
scompenso c'è anche il TNF-alfa, che ha un eHe%o cache%izzante.
- Un pz con scompenso cardico destro dominante mostra conseguenti segni di stasi periferica: cianosi alle
estremità, epatomegalia, versamento ascitico, marcati edemi periferici e turgore delle giugulari.
- Un paziente con scompenso cardiaco prevalentemente sinistro, può avere cardiomegalia visibile all'RX
torace, dispnea e tendenza a disporsi in posizione seduta in quanto il clinostatismo accentuerebbe la sua
fame d'aria e la sintomatologia. A livello polmonare vediamo segni di congestione e presenza di versamento
pleurico alla base toracica di sinistra.
DIAGNOSI STRUMENTALE
L'esame più importante è l'Ecocardiogramma con Kussimetria Doppler, che ci consente di valutare
l'eventuale presenza e severità della disfunzione o sistolica o diastolica con la frazione di eiezione o il
pa%ern di rendimento ventricolare rispe%ivamente e se c'è una disfunzione valvolare o stenosi aortica.
L'ECG raramente risulta normale: possono essere presenti aritmie (extrasistole ventricolare, 2brillazione
atriale), blocchi di branca sopra%u%o sinistra, ma anche destra in pz con ipertensione polmonare da
broncopneumopatia cronica; possono essere presenti segni di ischemia, che ci fanno pensare a una
genesi coronarica di quello scompenso cardiaco. Gindi l'ECG ci può dare delle informazioni che ci
possono indirizzare nell'indagine eziologica dello scompenso.
Altro esame importante è l'esame radiologico del torace, che può evidenziare la presenza di
cardiomegalia, segni di congestione polmonare, versamento pleurico alle basi polmonari etc.
DIAGNOSI BIOCHIMICA
Si utilizza il dosaggio del BNP (Brain Natriuretic Peptide) plasmatico. Si chiama così perché fu
inizialmente isolato nel cervello, ma poi si vide che era prodo%o in grandi quantità a livello del
miocardio ventricolare.
E' un indice di distensione della cavità ventricolare. Gando un eccesso di volume determina una
distensione del miocardio ventricolare, come accade nello scompenso cardiaco, i miocardiociti
rispondono producendo e imme%endo in circolo questo BNP.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Per quanto riguarda la diagnostica diHerenziale dello scompenso abbiamo de%o che i segni e i sintomi
dello scompenso possono andare in diHerenziale con mala%ie polmonari: BPCO, forme di patologia
associata ad edema periferico (stasi venosa, insuDcienza venosa cronica, mala%ie renali, mala%ie
epatiche come cirrosi con sovraccarico di luquido che poi determina ascite ed edemi periferici).
TERAPIA
Prima di passare al tra%amento è necessario stabilire un criterio generale che deve costituire la linea
guida per la terapia dello scompenso cardiaco. E' stata elaborata da pochi anni una classi2cazione un po'
diversa rispe%o alla classe funzionale. La classe funzionale è quella della NYHA, è una classi2cazione
che si basa sopratu%o sui sintomi, che sono non ogge%ivi, perché possono avere delle punte di
sogge%ività in quanto ci sono pz che avvertono i sintomi in maniera più marcata. A tal proposito è stata
elaborata una nuova classi2cazione dello scompenso ai 2ni dell'intervento terapeutico e che è divisa,
anziché in classi funzionali, in stadi di scompenso.
Per quanto riguarda il tra%amento ci sono ovviamente delle misure di cara%ere generale:
comportamenti che si cerca di implementare, per esempio consigli dietetici.
Riduzione dei fa%ori causali, per esempio se il paziente si è scompensato in seguito a un picco
ipertensivo consigliamo un antiipertensivo per cercare di rilassare la pressione.
Riduzione delle cause precipitanti: per esempio se noi abbiamo uno scompenso che si veri2ca
in un pz che, a seguito di un sanguinamento gastroenterico, ha avuto un'anemizzazione
marcata, noi o interveniamo con delle trasfusioni o rimuovendo la fonte di sanguinamento; in
ogni caso cerchiamo di rimuovere la causa che ha precipitato lo scompenso. Oppure se c'è
un'ipertiroidismo, una crisi tireotossica, interveniamo per ridurre l'ormone tiroideo in questi
pazienti.
Altro obie%ivo molto importante della terapia è la prevenzione del deterioramento della funzione
miocardica. Abbiamo visto in precedenza che c'è un processo di rimodellamento che avviene nel
miocardio in condizioni di scompenso. Gesto rimodellamento può essere in qualche modo modi2cato
con degli interventi terapeutici che vedremo fra poco.
In2ne, la cosa più importante per quanto riguarda i segni e i sintomi dello scompenso è il controllo e la
rimozione dello stato congestizio: abbiamo quindi bisogno di eliminare liquidi e sodio.
Proprio per questo uno dei cardini della terapia dello scompenso è la terapia diuretica.
Paradossalmente, l'organo-bersaglio principale dello scompenso non è il cuore perché, al di la di alcune
cause reversibili di scompenso, nella situazione di scompenso il danno cardiaco c'è già stato.
Gindi a livello cardiaco possiamo soltanto intervenire cercando di limitare la possibilità di ulteriori
danni e di limitare la progressione del rimodellamento (e quindi un ulteriore danneggiamento della
funzione contra%ile del cuore), ma non possiamo restituire la capacità contra%ile ad un cuore ormai
s2ancato. Ci sono invece altri organi, in particolare il rene e il sistema vascolare periferico, che possono
essere degli organi bersaglio molto più eDcaci nel tra%amento dello scompenso;
- il rene ovviamente per l'eliminazione dei Kuidi in eccesso e di sodio,
- i vasi periferici per un tentativo di vasodilatazione, che poi si ripercuote in una migliore funzione
cardiaca perché il cuore si trova a dover lavorare contro una resistenza rido%a.
Per quanto riguarda la riduzione del sovraccarico idrico, che è il primo target dello scompenso, c'è la
dieta iposodica e il tra%amento diuretico. Ci sono diverse classi di diuretici che possono essere utilizzati:
I Tiazidici, poco eDcaci.
La Furosemide e gli altri Diuretici dell'ansa sono molto più eDcaci nelle forme di tra%amento
acuto e spesso si usano in associazione con i Risparmiatori di potassio proprio perché i
diuretici dell'ansa possono determinare una deplezione di potassio.
Gesti diuretici si possono usare in maniera combinata in quanto il sito d'azione è diHerente: i tiazidici
agiscono a livello del tubulo contorto distale, i
Diuretici dell'ansa a livello dell'ansa di Henle.
Molto spesso questa azione determina
un'ipokaliemia che può essere corre%a dagli
antagonisti dell'aldosterone, che agiscono
livello del do%o colle%ore e che risparmiando
potassio possono correggere gli eHe%i
ipokaliemici dei diuretici dell'ansa.
Poi ci sono delle situazioni particolari in cui è necessario me%ere in a%o degli interventi non
convenzionali, per esempio l'impianto di de2brillatore oppure l'uso di devices che possono in qualche
modo migliorare la funzione contra%ile di un cuore estremamente stroncato.
Un presidio terapeutico usato circa da 300 anni nel tra%amento dello scompenso è la Digitale, estra%o
di una pianta, che è stata per anni l'unico presidio utilizzato nei pz con scompenso. Però poi sono stati
fa%i, sulla base dell'aHermazione della medicina basata sull'evidenza, diversi studi, diversi trials, per
valutare l'utilità reale dell'uso della Digossina nello scompensato e i risultati sono stati piu%osto
scoraggianti.
Per cui quello della Digitale rimane nello scompenso un utilizzo di nicchia, cioè in pz che
hanno uno scompenso di tipo sistolico (ovviamente non in quello diastolico perché l'e$e%o della
Digitale è quello di incrementare la contra%ilità della muscolatura del cuore) in cui è presente
una (brillazione atriale, perché tra gli eHe%i della Digitale c'è quello di rallentare la frequenza di
conduzione AV, quindi agendo sul nodo AV determina una minore risposta in termini di frequenza
ventricolare media in questi pz e quindi consente al cuore di riempirsi meglio: è questo il motivo per
cui la Digossina può avere indicazione in questa sele%iva forma di scompenso. Tu%avia la Digitale non
si è dimostrata in grado di prolungare la sopravvivenza di questi pz; può migliorare in parte la capacità
di esercizio e ridurre la riospedalizzazione.
I Simpaticomimetici e gli Inibitori della Fosfodiesterasi hanno un utilizzo di nicchia nei pazienti in cui
lo scompenso è estremamente grave e quindi si cerca di recuperare un minimo di funzione contra%ile
del ventricolo.
Anche i vasodilatatori periferici possono essere utili. La Nesiritide, è un farmaco che agisce sul sistema
dei peptidi natriuretrici inibendone la degradazione, ha un eHe%o terapeutico eDcace, come dimostrato
da un recente trial clinico.
La resincronizzazione è il tra%amento nei pz che hanno un QRS largo, quindi pz con blocco di branca,
Gesta qui sopra è la scale%a che mostra la terapia con cui si interviene in base allo stadio. Nella fase in
cui ci sono solo fa%ori di rischio si procede correggendo i fa%ori di rischio. Gando compaiono le
anomalie stru%urali cominciamo con gli ACE-I o i Sartani e/o i β-bloccanti. Nella fase in cui è presente
la congestione usiamo i diuretici e poi nelle fasi di scompenso avanzato queste terapie disperate la cui
utilità rimane in discussione.
Caso clinico:
Uomo di 56 anni, si presenta in ambulatorio medico per la prima volta, riferisce che qualche
anno prima si era so%oposto a uno screening sul luogo di lavoro e che gli erano state
diagnosticate ipertensione e ipercolesterolemia. In quell’occasione il medico gli aveva
prescri%o un diuretico incoraggiandolo a perdere peso con dieta ed esercizio 2sico. Da allora
però non era più andato dal medico e durante i due mesi precedenti la storia 2sica ha avuto
occasionalmente mal di testa che lui aveva a%ribuito a un aumentato stress lavorativo.
Non sono preseti né dolore toracico, dispnea, respiro corto, dispnea da sforzo o dispnea
parossistica no%urna, quindi contrariamente al caso di ieri non sembrano esserci i sintomi di
uno scompenso cardiaco.
All’esame obiettivo si presenta come un paziente obeso, con BMI (body mass index) di 30
Kg/m^2. Ha una pressione arteriosa di 168/98 mmHg al braccio destro e 170/94 al braccio
sinistro. Gindi pressione elevata a entrambi gli arti, e facendogli cambiare posizione il medico
nota che questa pressione è piu%osto stabile, non si modi2ca con le modi2cazioni posturali,
cioè quando il paziente assume la posizione ere%a. La sua frequenza cardiaca è 84 bpm, non ha
aumento di volume della tiroide, né linfoadenomegalie super2ciali.
all’esame del fondo , che il medico fa presso il suo studio, si notano delle arterie ristre%e, ci
sono degli incroci arterovenosi, e ci sono delle emorragie a forma di 2amma con essudati
cotonosi, quindi è presente una retinopatia, poi vedremo di che grado.
l’esame obiettivo cardiaco mostra che l’impulso massimo, generalmente percepito a livello
della punta, è un po’ spiazzato, si posiziona a circa 2 cm a sinistra della linea medioclaveare.
C’è anche un quarto tono pero non si ascoltano soD. L’esame obie%ivo del polmone e
dell’addome sono normali.
Gindi il pz è un iperteso con danno d’organo in cui sono presenti altri fa%ori di rischio
cardiovascolare:
-età
-sesso
-obesità
-abitudine al fumo di sigare%a
Approccio al pz:
- Esami di laboratorio:
– dosaggio ele%roliti plasmatici (vanno fa%i sempre nel paziente iperteso per lo studio delle
forme d’ipertensione secondarie.)
– dosaggio della creatinina (per valutare la funzione renale.)
– esame delle urine (per valutare eventualmente la presenza di microalbuminuria o
albuminuria franca, quindi un interessamento renale in uno stato più o meno precoce.)
– si vanno a valutare i fa%ori di rischio cardiovascolare, quindi il metabolismo glucidico e
lipidico
– Ele%rocardiogramma (per valutare l’eventuale presenza di danno d’organo cardiaco)
Siccome si tra%a di un’ipertensione al secondo stadio(poi vedremo la classi2cazione),si comincia subito
una terapia antipertensiva, molto probabilmente in questo caso al paziente saranno somministrati due
farmaci di cui uno diuretico (tiazinico),sia perché è obeso, sia perché il livello di pressione arteriosa è
piu%osto elevato. Inoltre, gli raccomandiamo di modi2care il suo stile di vita e in particolare di sme%ere
DEFINIZIONI
Ipertensione essenziale: nota anche come ipertensione idiopatica o primaria, non ha una causa nota e
comprende circa il 95 % dei casi d’ipertensione.
Gindi non riconosce un fa%ore eziologico ben de2nito, generalmente c’è una genesi multifa%oriale
sulla base di una predisposizione poligenica e ci sono poi fa%ori ambientali che possono essere:
- fa%ori dietetici,
- nutrizionali,
- fa%ori legati allo stress,
- un aumento ponderale
Per quanto riguarda le modi2cazioni dello stile di vita ,abbiamo già de%o che sono importanti in questi
pazienti: a%ività 2sica regolare di tipo aerobico, perdita di peso,
riduzione consumo di sale, aumento dell’introito di fru%i e
vegetali con riduzioni degli introiti di grassi e riduzione del
consumo di alcool.
Gesti sono i vari stadi dell’ipertensione che poi vedremo
dopo in de%aglio:
L’Ipertensione essenziale come abbiamo de%o è la gran parte
delle forme d’ipertensione, poi ci sono un circa 5/10% di forme
che sono ipertensioni secondarie, in cui vi è una patologia di
base e successivamente l’ipertensione sarà una manifestazione
di questa patologia di base.
Perché l’ipertensione si instauri è necessario che questi baroce%ori vengano rese%ati e quindi il nostro
organismo “si abitua” a dei livelli di pressione più elevati.
Fondamentalmente c'è un' azione centrale a partire appunto da aHerenze, che dai siti di presenza dei
baroce%ori, arrivano ai centri di regolazione del circolo, dai centri di regolazione del circolo poi
partono eHerenze, sia vagali che simpatiche ,che vanno a controllare gli organi bersaglio.
- A livello cardiaco ci sarà aumento del traDco simpatico
- a livello vascolare vasocostrizione,
- a livello surrenalico c’è un a%ivazione del rilascio di catecolammine ,
- a livello renale c’è un aumentato riassorbimento di sodio e un’a%ivazione del sistema renina
angiotensina.
L’importanza di questo meccanismo viene supportata dal fa%o che alcuni interventi per ridurre la
pressione arteriosa si basano proprio sulla disa%ivazione di questo sistema. Per esempio recentemente è
stato messo a punto, per ridurre la pressione arteriosa nelle forme di ipertensione resistente, la
cosidde%a simpaticectomia renale , in cui proprio interrompendo questi meccanismi si cerca di
abbassare la pressione arteriosa.
La simpaticectomia si eHe%ua tramite un catetere che viene inserto per via percutanea a livello
dell’arteria femorale dalla quale si raggiunge l’arteria renale e con la punta del catetere, mediante
emissione di radiofrequenza o mediante emissione di calore, vanno a essere distru%e le terminazioni
nervose simpatiche, ed è uno dei meccanismi che viene utilizzato in alcuni casi particolari di
ipertensione, sopra%u%o nelle forme di ipertensione refra%aria proprio per cercare di ridurre il valore
pressorio nei pazienti che sono non responsivi alla terapia farmacologica.
Un altro meccanismo che interviene nel determinismo della pressione alta, ed è una sorta di circolo
vizioso che s’instaura e tende poi a perpetuare l’ipertensione, è la cosidde%a ipertro&a vascolare.
Le arterie periferiche, sia i grossi vasi sia le arteriole di resistenza, in presenza di una pressione alta
hanno uno stimolo alla proliferazione della media; è un meccanismo di ada%amento(che poi diventa di
mal-ada%amento), in quanto in questo modo i vasi possono fronteggiare il carico dinamico più alto a cui
sono so%oposti.
Ovviamente questo determina delle conseguenze sfavorevoli perché alla 2ne quello che si ha è un
ispessimento della parete vasale che determina un aumento delle resistenze e quindi viene perpetuato
uno dei due meccanismi che sono alla base dell’ipertensione.
IPERTENSIONE SECONDARIA
Ci sono forme di ipertensione secondaria cioè ipertensione che dipende da mala%ie di altri organi ben
precisi, ad esempio le mala%ie renali, che possono risultare in ipertensione, ci può essere ipertensione a
partenza surrenalica, ci possono essere dei meccanismi di tipo neurologico alla base dell’ipertensione, ci
può essere ipertensione nell’ipertiroidismo, nella coartazione aortica, in corso di gravidanza, farmaci o
diete e in corso di apnea da sonno o in caso di aumento della contra%ilità miocardica.
- Stenosi arteria renale : per quanto riguarda l’ipertensione determinata da una stenosi dell’arteria
renale è importante distinguere i meccanismi 2siopatologici diversi quando la stenosi riguarda un solo
rene, una sola arteria renale o entrambe le arterie renali.
Gesto è importante perché con2gura il quadro dell’ipertensione classica di Goldman (il 2siologo
americano che per primo ha descri%o questo meccanismo, egli campando l’arteria renale di un animale
da esperimento notò che questo causava iperproduzione di renina e quindi ipertensione), nel quale c’è
la stenosi di una sola arteria renale; l’ipertensione arteriosa è squisitamente dipendente dall’a%ivazione
del sistema renina angiotensina, perché l’a%ivazione di questo sistema è prodo%a dalla stenosi del rene
interessato dall’arteria stenotica, l’altro rene funziona bene.
In presenza di ipertensione aumenta la 2ltrazione dell’altro rene e quindi aumenta l’escrezione di sodio
da parte dell’altro rene, quindi c’è la cosidde%a natriuresi da pressione che impedisce un’espansione
della volemia per cui si perpetua il rilascio di renina da parte del rene stenotico.
La stenosi di una sola delle arterie renali è il caso classico di ipertensione renino-dipendete.
Nel caso in cui l’arteria renale è stenotica bilateralmente , cosa che può succedere per esempio in
pazienti aterosclerotici, dove la presenza di una placca può interessare il tra%o delle arterie renali,
questo meccanismo che è presente all’inizio(n.d.s. sistema renina/angiotensina) successivamente
regredisce
Infa%i l’a%ivazione del sistema renina angiotensina in questo caso determina sì un aumento del volume,
però l’aumento di volume non si traduce in un aumento della 2ltrazione renale dato che anche dall’altro
lato l’arteria renale è stenotica.
La quantità di sangue che arriva ai reni è sempre la stessa, ed è quel piccolo quantitativo che riesce ad
a%raversare la stenosi, per cui in questo caso c’è un’ ipervolemia che determina una soppressione
dell’a%ività dell’renina- angiotensina (che è dipendete dal volume).
In una fase tardiva nella stenosi renale bilaterale, c’è una modi2cazione di volume che non è dipendete
dal rilascio di renina da parte del rene stenotico.
- Con l’epidemia di obesità che sta colpendo le nostre società occidentali negli anni, è diventata molto
frequente una forma di ipertensione secondaria alla cosidde%a sindrome delle apnee ostruttive da
sonno.
I pazienti obesi, o i pazienti che hanno anomalie delle prime vie aere, durante la no%e, in posizione
clinostatica, sopra%u%o quando dormono in posizione supina, possono avere delle fasi di apnea.
Ciò viene osservato in un tracciato polisonnogra2co in cui vengono registrati diversi parametri che
vanno dall’ele%roencefalogramma al Kusso nasale agli elementi della gabbia toracica alla saturazione
arteriosa di ossigeno all ‘ecg.
Le fasi di apnea si associano a un’a%ivazione del sistema nervoso simpatico e si associano a delle
modi2cazioni anche dell’ecg e a un’importante desaturazione ossimetrica. Tu%e queste componenti
possono determinare un incremento della pressione arteriosa.
Durante la polisonnogra2a si eHe%ua un monitoraggio della pressione arteriosa mediante metodica
Holter.
Generalmente la pressione viene misurata con intervalli di 15 minuti durante le ore diurne, mentre la
no%e si fanno delle determinazioni più rarefa%e per non disturbare troppo il sonno del paziente, perché
è importante che durante queste determinazioni il paziente cerchi di essere il più possibile nelle sue
condizioni abituali.
Con questo sistema noi riusciamo a o%enere diverse determinazioni della pressione nel corso delle 24
ore.
Normalmente esiste un ritmo circadiano, infa%i la pressione arteriosa è maggiore durante la ora diurne
rispe%o le ore no%urne
Gesto ritmo circadiano della pressione prevede che ci sia durante la no%e il cosidde%o dipping cioè
l’abbassamento della pressione.
A parità di pressione durante le ore diurne nei pz con la sindrome ostru%iva nel corso della no%e, sia la
sistolica che la diastolica tendono a mantenersi agli stessi livelli a cui sono durante le ore del giorno,
quindi questi pazienti si de2niscono come non dippers cioè persone a cui la pressione non scende
durante la no%e.
Si è visto che la presenza di questo fenomeno di mancata riduzione no%urna della pressione arteriosa è
associato alla presenza di complicanze vascolari di questi pazienti. I pz infa%i presentano spesso:
- un’ipertro2a miocardica più marcata
- un danno d’organo legato all’ipertensione più marcato,
La sindrome della apnee ostru%ive è un importante fa%ore di rischio per la pressione arteriosa, e per
prevenire le sue conseguenze, sia a livello respiratorio che cardiovascolare, il sistema più utilizzato è
quello di applicare una pressione positiva intermi%ente con degli apparecchi che vengono programmati
per rilasciare aria nelle vie aeree dei pazienti che soHrono di sindrome delle apnee no%urne.
- forme di ipertensione che sono ad eredità mendeliane, quindi relate a delle mutazioni di singoli geni.
Le forme più frequenti in questo gruppo sono dei de2cit enzimatici nella sintesi degli ormoni
corticosurrenalici, che creano degli accumuli dei precursori degli ormoni corticosurrenalici come per
esempio deha, 17OHprogesterone , Androsteneidone, deossicortisolo ecc., che presentano un eHe%o
catecolamminico e quindi determinano ipertensione.
- Nefropatia ipertensiva: si manifesta con un “rene grinzo” cara%erizzato da una vasculopatia dei vasi
arteriosi per cui c’è una progressiva perdita di sostanza con riduzione del numero dei glomeruli e
quindi della capacità di 2ltrazione glomerulare. L’ipertensione è una delle cause principali di
insuDcienza renale terminale che poi porta alla dialisi. In caso di ipertensione maligna si può osservare
una degenerazione ialina delle arterie che assumono un aspe%o a “cipolla” con rapida progressione
verso l’insuDcienza renale.
- In2ne l’organo bersaglio più interessato è il cuore, il quale va incontro ad un processo di ada%amento
per far fronte al sovraccarico idro-dinamico: tu%o ciò porta alla ipertro&a cardiaca.
Nella fase iniziale c’è un aumento dello spessore della parete ventricolare sx (evidenziabile come un
aumento del terzo arco inferiore di sx all’rx torace), mentre all’ecg si osserva un aumento della
profondità delle onde S nelle precordiali dx e un aumento delle deKessioni positive dell’onda R nelle
precordiali sx (in V2-V5 la somma >35mm secondo i criteri di Sokolow).
Successivamente il cuore va incontro ad uno s2ancamento e dilatazione progressiva visibile
dall’aumento in toto dell’aia cardiaca all’rx, con possibili fenomeni trombotici intracardiaci ed infarto
del miocardio.
Se nella fase iniziale il cuore riesce ancora a fronteggiare l’aumento di post-carico mediante un aumento
della velocità di 2ltrazione glomerulare ed un aumento del precarico, nella fase 2nale per lo
s2ancamento del ventricolo si ha un rido%a GC e una conseguente rido%a VFG che come un circolo
vizioso determina un aumento della volemia aggravante lo scompenso.
Per quanto riguarda la misurazione della pressione arteriosa è bene seguire alcune regole
standardizzate:
prendere 2 misurazioni a 5 minuti di distanza l’una dall’altra, eventualmente anche all’arto
controlaterale; pz seduto, a riposo, con braccio a livello del cuore.
in caso di “ipertensione da camice bianco” (ovvero aumento della p.a solo in seguito a stress
emotivo secondario alla misurazione della p.a da parte del medico) è opportuno procedere con
una misurazione holter a domicilio nelle 24H che perme%erà di smascherare questa condizione
di ipertensione 2%izia.
CLASSIFICAZIONE
Pressione arteriosa nomale → sistolica<120mmhg - diastolica<80
Pre-ipertensione → sistolica 120-139 - diastolica 80-89
Ipertensione stadio I → sistolica 140-159 - diastolica 90-99
Ipertensione stadio II → sistolica >=160 - diastolica >= 100
Gesta è l’ultima classi2cazione dell’ipertensione, più sempli2cata rispe%o alle precedenti dal momento
che si riscontrano solo 2 stadi di ipertensione rispe%o ai 3-4 delle classi2cazioni precedenti: questo è
dovuto al fa%o che al di sopra di un determinato livello pressorio gli eHe%i sul nostro organismo sono
gli stessi, ovvero il rischio cardiovascolare rimane immodi2cato.
Ovviamente nella valutazione del pz non è importante solo la misurazione della p.a ma anche le
comorbidità eventualmente presenti ed i fa%ori di rischio cardiovascolare:
- abuso d’alcool,
- ina%ività 2sica,
- diabete,
TRATTAMENTO
Al giorno d’oggi sono presenti 4 grandi classi di farmaci largamente usati:
- A Sartani, ACE-inibitori, Inibitori della renina (agiscono sul SRAA)
- B beta-bloccanti (oltre all’eHe%o sull’a%ività cardiaca hanno anche un eHe%o sull’a%ività reninica
plasmatica, per cui oggi si ritiene che le prime due classi A – B abbiano un eHe%o sovrapponibile nel
tra%amento dell’ipertensione)
- C Calcio-antagonisti (eHe%o vasodilatatore dire%o)
- D diuretici (incremento dell’escrezione urinaria di sodio e modesto eHe%o vasodilatatore dire%o, per
cui anche in questo caso le classi C – D hanno meccanismi in parte sovrapponibili e complementari alle
classi A - B)
D’altro canto, nel momento in cui bisogna prescrivere una terapia di associazione per l’ipertensione in
stadio II, non useremo un farmaco A con uno B bensì un farmaco A o B associato ad uno C o D, essendo
tra di loro complementari e determinanti un eAetto sinergico.
- diuretici tiazidici → sono i più usati, hanno un basso costo a fronte di un o%imo eHe%o
anti-ipertensivo, tu%avia hanno delle controindicazioni che sono in sostanza rappresentate dai
loro eHe%i collaterali: iponatriemia, ipomagnesemia, iperglicemia, insulino-resistenza, diabete,
iperuricemia, riduzione dell’output cardiaco.
L’utilizzo dei beta-bloccanti nel tra%amento dell’ipertensione è in voga dagli anni 70’ quando ci sono
stati due grossi trials che ne hanno mostrato l’eDcacia nel ridurre gli eventi cardiovascolari.
Oggi il loro utilizzo è stato rivisto alla luce di due grossi trials pubblicati negli ultimi dieci anni in cui si
è dimostrato che, confrontando beta-bloccanti e ace-inibitori o sartani, l’eHe%o prote%ivo nei confronti
degli eventi cerebrovascolari era signi2cativamente superiore per i farmaci inibenti il SRAA rispe%o ai
beta-bloccanti.
In sostanza mentre per la mortalità cardiaca i risultati erano sovrapponibili, per l’ictus cerebri erano
sfavorevoli quelli dei beta-bloccanti.
Di conseguenza, alla luce di tali osservazioni, oggi adoperiamo i beta-bloccanti solo in determinati
so%ogruppi di pazienti ipertesi che presentano: aritmie, scompenso cardiaco, coronaropatie, aumento
dell’a%ività simpatica (in questi casi sono i farmaci di prima scelta nel tra%amento dell’ipertensione).
Le linee guida statunitensi aHermano che quando non c’è un’indicazione restri%iva di un farmaco
rispe%o ad un altro è consigliabile l’utilizzo nello stadio I di un farmaco della classe ABCD (di solito un
tiazidico, essendo il meno costoso) mentre nello stadio II è consigliato l’utilizzo di 2 farmaci in
associazione (A o B con C o D).
In altri casi abbiamo invece delle indicazioni certe:
scompenso cardiaco → beta-bloccanti
diabete → ACE-inibitori o sartani (rallentano il danno renale con un eHe%o nefroprote%ivo
evidenziabile da diminuzione della microalbuminuria)
anziani con ipertro2a prostatica → alfa-litici
Studi epidemiologici fa%i su migliaia di persone hanno mostrato che nonostante un adeguato
tra%amento ipertensivo esiste una percentuale di casi in cui non viene raggiunto il target pressorio
voluto.
Le principali cause di ipertensione resistente saranno:
- eccesso di alcool o sodio
- concomitante uso di altri farmaci (es FANS che riducono le prostacicline a livello renale e determinano
diminuzione della VFG)
- dosi inadeguate di farmaco
- inadeguata terapia diuretica
- impropria misurazione della p.a (parliamo di pseudoresistenza)
- scarsa compliance del paziente (es beta bloccanti che possono portare eHe%i collaterali frequenti come
impotenza sessuale), anche in questo caso si parla di pseudoresistenza
- nei pazienti anziani la pseudoresistenza può essere dovuta a problemi tecnici di misurazione dell p.a:
- manovra di Osler : spesso nei pz anziani si hanno arterie rigide tali per cui si può osservare
la permanenza del polso radiale nonostante compressione dell’arteria brachiale da parte della cuDa
dello s2gmomanometro alla misurazione della pressione arteriosa.
Per le forme realmente resistenti si è messo a punto una tecnica di simpaticectomia renale, nel
tentativo di ridurre la p.a nonostante un’adeguata terapia anti-ipertensiva.
Per quanto riguarde le modi&che dello stile di vita, c’è da ricordare che sono utili sopra%u%o nelle
prime fasi dell’ipertensione, mentre in presenza di danno d’organo sono poco rilevanti. Sicuramente
importante è la perdita di peso (riduzione da 5 a 20mmhg per 10kg persi), l’a%ività 2sica (riduzione 4-
9mmhg), dieta ricca di fru%a e verdura e con basso intake di sodio.
Caso clinico
Un ragazzo di 25 anni si presenta in ambulatorio per un controllo generale e un analisi dei valori del
colesterolo. Non prende alcun farmaco regolarmente. Esercizio 2sico regolare. Non fuma. Non assume
stupefacenti. Beve 2/3 birre nel weekend.
Storia familiare: il padre ha avuto un IMA a 36 anni, morto per complicanze cardiovascolari a 49 anni. È
stata recentemente diagnosticata al fratello una ipercolesterolemia.
Non è iperteso, FC regolare, è in sovrappeso.
Colesterolo= 362 mg/dl, trigliceridi= 300 mg/dl, HDL=36 mg/dl, LDL=266 mg/dl, quindi si rileva
un'alterazione complessiva dei lipidi plasmatici in quanto c'è ipercolesterolemia sia in termini di
colesterolo totale sia come colesterolo LDL, c'è ipertrigliceridemia e c'è una riduzione delle HDL.
- Gesiti: qual è la diagnosi più probabile? Cosa facciamo? Gali sono le conseguenze di una
ipercolesterolemia non tra%ata?
ATEROSCLEROSI
L'aterosclerosi è una mala%ia in2ammatoria cronica delle grandi e medie arterie. Le sedi principali
colpite dalla mala%ia sono l'aorta e i suoi rami principali, quindi vasi del circolo cerebrale, carotide,
arterie iliache. Molto colpite sono anche le coronarie, in questo caso una delle conseguenze è la
cardiopatia ischemica.
Epidemiologia
Rappresenta la maggior causa di morte nelle società sviluppate. Entro il 2020 le mala%ie cardiovascolari,
che rappresentano la manifestazione dell'aterosclerosi, saranno la più comune causa di morte. Lo stile di
vita “occidentale” sembra essere un fa%ore di rischio. Mediamente, in USA 13 milioni di persone (circa il
20% della popolazione) sono aHe%i da cardiopatia ischemica. Il numero di pz che presentano ictus
invece è di 4,7 milioni.
Fattori di rischio
Il Framningham Heart Study fu il primo studio a fornire evidenze certe che alcune abitudini, come
ipercolesterolemia, fumo, ipertensione, diabete, età, sesso, siano predi%ive del rischio cardiovascolare. I
fa%ori di rischio individuati da questo studio sono divisi in : modi2cabili, cioè possono essere rido%i o
eliminati cambiando lo stile di vita, e non modi2cabili come il sesso e l'età. A quelli precedentemente
citati si aggiungono sedentarietà, vita povera di fru%a e verdura, fa%ori psicosociali. Insieme questi sono
in grado di determinare il 90% del rischio di infarto al miocardio. È importante valutare l'eHe%o
cumulativo dei fa%ori di rischio, infa%i quando essi sono presenti contemporaneamente il rischio
aumenta di circa 300 volte. L'a%ività 2sica regolare, una dieta ricca di fru%a e verdura, l'astensione dal
fumo riducono sensibilmente il rischio cardiovascolare.
- Età: L'incidenza della mala%ia aumenta proporzionalmente all'età. Un grande aumento si veri2ca sopra
i 45 anni per gli uomini e sopra i 55 anni per le donne.
- Sesso maschile: Il rischio cardiovascolare sembra essere più elevato negli uomini. La relativa
protezione cardiovascolare delle donne prima della menopausa sembra dovuta alla presenza di estrogeni
Nota: la proteina P66 è una proteina che aumenta lo stress ossidativo e serve a potenziare il burst
ossidativo granulocitico e le risposte in2ammatorie. Con l'evoluzione della specie questa proteina è
venuta a mancare in alcuni individui, determinando in essi una maggiore longevità. Negli individui in
cui questa proteina è assente avremo una rido%a formazione di placche aterosclerotiche, una riduzione
dello stress ossidativo, una rido%a produzione di radicali liberi a discapito di una maggiore susce%ibilità
alle infezioni.
- Dislipidemie: Esiste una relazione tra i livelli di colesterolemia e le manifestazioni cliniche
dell'aterosclerosi. In paricolare esiste un rapporto dire%o tra valori ematici di LDL e rischio
cardiovascolare. Esiste anche un rapporto inverso con i valori ematici di HDL che quindi assumono un
ruolo prote%ivo.
L'80% del colesterolo viene prodo%o in sede epatica; il maggior prodo%o sono le VLDL che, tramite
l'azione delle lipoproteinlipasi diventano più piccole e dense a formare le LDL. Un aumento del 10%
delle LDL provoca un aumento del rischio cardiovascolare del 20%. Possiamo schematizzare
semplicemente dicendo che le LDL distribuiscono il colesterolo ai tessuti periferici, tra i quali le pareti
delle arterie, costituendo un importante stimolo aterogeno, mentre le HDL prelevano il colesterolo dai
tessuti periferici, quindi dalle pareti arteriose per ricondurlo al fegato, svolgendo una funzione
prote%iva.
Ipertensione: Diversi studi hanno rivelato che il tra%amento farmacologico dell'ipertensione riduce
signi2cativamente il rischio di infarto al miocardio e di aterosclerosi. Ci sono sempre più evidenze sul
fa%o che l'ipertensione sia il primo stimolo ad innescare il processo aterogenico, ciò è testimoniato dal
fa%o che la presenza delle placche è maggiore nei distre%i dove la pressione arteriosa è più elevata
(biforcazioni, osti delle arterie intercostali).
- Diabete mellito, insulino resistenza e sindrome metabolica: L'obesità in aumento nel mondo
occidentale è la maggior responsabile dell'aumento dell'incidenza di diabete mellito di tipo 2. Il pro2lo
lipemico associato a questa mala%ia è responsabile dell'aumentato rischio cardiovascolare di questi pz.
Infa%i pur essendo i valori di LDL vicini alla norma, le LDL risultano più piccole e dense, quindi più
aterogeniche, inoltre coesiste una riduzione di HDL ed un aumento dei trigliceridi.
Un'entità nosologica emersa negli ultimi anni è la sindrome metabolica ossia la coesistenza di obesità
centrale, dislipidemia, ipertensione ed intolleranza al glucosio. L'insulino-resistenza sembra svolgere un
ruolo chiave in questa patologia. La sindrome metabolica ha un enorme correlazione con il diabete e
con le patologie cardiovascolari.
- Fumo di sigare%a: La combustione del tabacco genera più di 4000 prodo%i. Alcuni di questi hanno
un'a%ività altamente tossica e cancerogena. Tra le modi2che più comuni dei fumatori notiamo una
ipera%ivazione endoteliale, piastrinica ed un pro2lo procoagulante con elevati livelli di 2brinogeno.
Anche solo 3-4 sigare%e al giorno raddoppiano il rischio di infarto; la correlazione tra il fumo ed il
rischio d'infarto è lineare.
- Obesità: Esiste una associazione lineare tra BMI e rischio cardiovascolare. L'associazione è ancora più
stre%a tra l'obesità addominale, misurata come girovita. Gesto sembra dovuto al fa%o che nel grasso
viscerale sono presenti cellule in2ammatorie a%ivate che producono IL-6 e TNF e cellule adipose che
producono adipochine. Tu%e queste sostanze sembrano aumentare il rischio aterogeno.
- Sedentaritetà: La sedentarietà predispone all'aggregazione di fa%ori di rischio, aumentando la stasi
ematica e diminuendo la produzione di NO. Un'a%ività 2sica regolare riduce il rischio cardiovascolare.
- In2ammazione e stress: Uno dei più studiati marcatori dell'in2ammazione è la PCR. Gesta è una
proteina di fase acuta che normalmente aumenta in condizioni infe%ive e in2ammatorie localizzate. Lo
stress e l'obesità centrale se%ano l'organismo in uno stato di in2ammazione generalizzata, infa%i i
sogge%i obesi presentano livelli di PCR più elevati rispe%o a quelli sani.
Patogenesi
L'endotelio non è un semplice epitelio di rivestimento dei vasi. Esso svolge una funzione a%iva nei
processi omeostatici della circolazione sanguigna. Infa%i provvede a mantenere la Kuidità del sangue e a
regolare l'emocoagulazione. Media inoltre l'a%ività dei leucociti e delle cellule in2ammatorie. Una delle
sostanze più importanti per la funzione endoteliale è l'NO, prodo%o dalla NOsintetasi che produce NO a
partire dall'arginina. La produzione di NO viene aumentata all'aumentare dello Shear Stress ossia lo
stress di taglio che il sangue esercita sulla parete vascolare. Tra le funzioni del NO ricordiamo: La
limitazione della proliferazione delle cellule muscolari lisce, la limitazione dell'aggregazione piastrinica
e inibizione della coagulazione (tramite a%ivazione della proteina c) , limitazione dell'ossidazione delle
LDL, riduce l'a%ivazione e l'adesione dei monociti, limita la sintesi delle citochine in2ammatorie.
Possiamo dedurre l?importanza dell'azione anti aterogena dell' NO.
L'endotelio inoltre presenta la capacità di lisare il coagulo fornendo la base d'a%acco al sistema
2brinolitico. Regola ancora l'equilibrio tra sostanze pro-trombotiche ed anti-trombotiche. L'endotelio
inoltre regola la crescita delle so%ostanti cellule muscolari lisce. Nelle mala%ie in2ammatorie croniche,
come l'aterosclerosi, l'endotelio è stimolato a produrre molecole che stimolano l'adesione leucocitaria,
citochine in2ammatorie e sostanze procoagulanti come l'inibitore dell'a%ivatore del plasminogeno (PAI-
1). Gli stimoli in2ammatori aumentano anche la produzione di fa%ore tissutale (TF) un importante
sostanza protrombotica.
Ipercolesterolemia, ipertensione ed iperglicemia danneggiano la funzione endoteliale alterandone lo
stato redox e aumentando la produzione di ROS. Ciò causa un cambiamento fenotipico endoteliale che
comporta un aumento della vasocostrizione, della trombogenicità e del richiamo leucocitario. Un ruolo
chiave sembra essere svolto dalla rido%a biodisponibilità del NO.
Nota: le cellule endoteliali presentano un rece%ore LOX-1 che sembra implicato nel legame e nel
riconoscimento delle LDL ossidate
L'accumulo di LDLox stimola l'endotelio ad esprimere molecole come VCAM-1 e ICAM-1 che
perme%ono l'adesione di monociti, linfociti e piastrine. Geste giunte in sede danno inizio alla
produzione di citochine in2ammatorie come IL-1 e TNF che aumentano a loro volta la presenza di
molecole di adesione sulle cellule endoteliali. Inontre queste citochine inducono la produzione locale di
PDGF e FGF che possono contribuire all'evoluzione della placca aterosclerotica. Geste assieme al TGF
e INF causano una migrazione e proliferazione delle cellule muscolari lisce nella sede del danno. Geste
provengono dalla tonaca muscolare liscia so%ostante alla sede del danno. Le cellule muscolari lisce
producono collagene e matrice extracellulare concorrendo a trasformare la stria lipidica, ancora
Manifestazioni cliniche
Le principali manifestazioni cliniche dell'aterosclerosi sono la stenosi, l'aneurisma e l'embolizzazione.
- stenosi: riduzione del calibro vasale dovuta all'espansione lenta o improvvisa del volume della placca.
Ciò comporta la riduzione della vascolarizzazione nei tessuti a valle della placca. Le condizioni cliniche
più comuni si veri2cano a livello:
Prevenzione
Lo strumento più diHuso per calcolare il rischio cardiovascolare è il Framningham Risk Score che si basa
sull'assunto che il livello di rischio globale aumenta in funzione del numero dei fa%ori di rischio che
operano tra di loro in maniera incrementale. I componenti di questo score sono: età, sesso, LDL, PAM,
diabete, fumo. Il punteggio o%enuto perme%e di stimare il rischio di eventi coronarici a 10 anni. Il
rischio è elevato se la possibilità di sviluppare un evento cardiovascolare nei 10 anni successivi è > 20%,
intermedio tra il 10% e il 20%, basso se <10%. Nei sogge%i a rischio intermedio si deve eHe%ure una
riclassi2cazione che deve tener conto dei fa%ori di familiarità, la sindrome metabolica e valori elevati di
PCR.
La prevenzione dell'aterosclerosi si basa su uno stile di vita sano ed o%imale basato sui seguenti
principi:
- astensione completa dal fumo
- assunzione di una dieta che mantenga il BMI so%o i 24 e il girovita <102 cm negli uomini e <88 cm
nelle donne.
- a%ività 2sica moderata di 30 min 5 volte alla se%imana.
Una dieta o%imale deve contenere il giusto introito di fru%a e verdura e pesce. È controverso l'utilizzo di
un bicchiere di vino rosso, si pensa che oltre al resveratolo (antiossidante del quale sono state esaltate le
proprietà) piccole quantità di alcool possa indurre una vasodilatazione ed abbassare la pressione.
Tra i farmaci più usati riscordiamo le STATINE che essendo inibitori della HMG-CoA redu%asi
impediscono la sintesi epatica di VLDL e di conseguenza la concentrazione plasmatica delle LDL. Le
statine riducono anche la produzione di acido mevalonico coinvolto nella sintesi di isoprenoidi, dei
mediatori della Kogosi.
Altri farmaci meno usati per le dislipidemie sono i 2brati e le resine degli acidi biliari.
- Le lipoproteine
La lipoproteina ha un core lipidico formato da fosfolipidi, colesterolo esteri2cato e trigliceridi (TG)
(quindi tu%e molecole insolubili in acqua), mentre la super2cie esterna è formata da colesterolo libero
(idrosolubile), fosfolipidi e apoproteine.
Le apoproteine provvedono alla stabilizzazione della lipoproteina e fungono da rece%ori.
In base al volume e alla densità si distinguono:
• chilomicroni, più grandi ma con minore densità (perchè i lipidi sono particolarmente leggeri,
quindi una grossa composizione in lipidi si associa a bassa densità), ricchi di TG assorbiti a
livello della parte intestinale
• VLDL (di sintesi epatica) e remnants di chilomicroni (cioè chilomicroni in cui parte del
contenuto lipidico è stato idrolizzato e quindi ceduto ai tessuti periferici)
• IDL
• LDL per il trasporto del colesterolo in periferia
• HDL per il trasporto centripeto del colesterolo al fegato
I lipidi che ingeriamo con l'alimentazione vengono idrolizzati e per il loro assorbimento è necessario
l'intervento della bile che perme%e la formazione delle micelle. Le micelle favoriscono la penetrazione
nel villo intestinale e all'interno del villo avviene il confezionamento della lipoproteina con i TG
(sopra%u%o) e il colesterolo alimentare. Poi i chilomicroni passano nel do%o toracico e parte dei grassi
vanno al fegato tramite il sistema venoso portale, parte vanno nel circolo sistemico.
Nei capillari dei tessuti e degli organi periferici i chilomicroni vengono idrolizzati dalla
lipoproiteinlipasi(LPL) (presente a livello della super2cie endoteliale dei capillari) liberando dai
trigliceridi acidi grassi liberi che saranno utilizzati come substrato energetico dal tessuto muscolare
oppure tra%enuti come riserva nel tessuto adiposo. I chilomicroni che hanno subito questo processo
diventano delle particelle più piccole, i remnants dei chilomicroni.
Gesti ultimi hanno perso apoC2 e si legano ai rece%ori epatici e quindi i grassi così veicolati faranno
parte del pool a disposizione del fegato. Parte di questi lipidi vengono utilizzati per la sintesi degli acidi
biliari (circolo entero epatico), altri vengono incorporati in VLDL (c'è apoB100, che vedremo essere
La dislipidemia può anche essere secondaria a condizioni come l'obesità. il diabete, l'ipotiroidismo, la
sindrome nefrosica. In quest'ultimo caso, il fa%o che ci sia un nefrone che lascia passare le molecole più
grandi, e quindi perde proteine, determina da parte del fegato un incremento compensatorio della
sintesi delle proteine stesse. Il fegato cioè tende a produrre molta più albumina perchè sente che in
periferia è rido%a, ma il meccanismo sintetico epatico non è sele%ivo e quindi vengono sintetizzate
anche altre proteine tra cui apoB100 e di conseguenza aumenta anche la sintesi di LDL con l'instaurarsi
di un quadro di ipercolesterolemia.
Tra le cara%eristiche di questi pazienti possono essere degli xantomi cutanei conseguenti
all'ipercolesterolemia perchè uno dei meccanismi che l'organismo utilizza per eliminare l'eccesso di
colesterolo è l'eliminazione a%raverso l'intestino con la bile del colesterolo in eccesso, ma in presenza di
un i%ero colestatico questo meccanismo è compromesso.
Forme monogeniche
Ci sono delle forme monogeniche in cui l'alterazione di una singola proteina determina dislipidemia.
Il primo ad essere studiato è stato il De&cit del recettore delle LDL (LDLR) . Nella forma omozigote
questo rece%ore non viene per niente sintetizzato.
Un altro esempio è Il difetto di PCSK9.
IPERCOLESTEROLEMIA
Classi&cazione dell'Ipercolesterolemia
Nel classi2care l’ipercolesterolemia, si fa generalmente riferimento ai livelli di LDL plasmatiche,
piu%osto che ai livelli di colesterolo totale.
Cause dell'ipercolesterolemia
Componente Alimentare
Componente Genetica → sopra%u%o ereditarietà di tipo poligenico (ci sono molti geni
implicati della patogenesi della mala%ia); nella minor parte dei casi avremo un’ereditarietà
monogenica.
Obesità
L’ipercolesterolemia avrà delle conseguenze intracellulari, sopra%u%o a livello epatico. Ci sarà una
riduzione della captazione delle LDL circolanti da parte degli epatociti, per la mancata esposizione dei
rece%ori per le LDL, la quale è regolata, appunto, dalle scorte di colesterolo intracellulari.
Il fa%ore nucleare SREBP ( Sterol Regulatory Element-Binding Proteins) ha proprio il compito di
regolare tale esposizione rece%oriale. Oggi, alcuni tra%amenti per l’ipercolesterolemia, prevedono il
ricorso a farmaci che agiscono su questo fa%ore.
Un altro fa%ore importante per la regolazione dell’assorbimento delle LDL a livello epatocitario, è
PCSK9, il quale, una volta prodo%o, interagisce con il rece%ore delle LDL e ne determina l’endocitosi: è
stato prodo%o un Anticorpo Monoclonale che va a bloccare questa proteina, o%enendo la riduzione
marcata dei livelli plasmatici di colesterolo.
Ma se le Statine sono così eDcaci nella terapia dell’ipercolesterolemia, perché utilizzare questi nuovi
farmaci?
Essenzialmente per 2 motivi:
- Ci sono pazienti che presentano una ipersensibilità alle Statine: questa si manifesta sopra%u%o con un
meccanismo di RABDOMIOLISI, associata a dolori muscolari, elevazione della Creatin-chinasi, che può
arrivare a livelli estremi 2no a dare una InsuDcienza Renale Acuta.
- Forme familiari omozigoti di ipercolesterolemia, in cui i livelli di colesterolo sono estremamente
elevati (2no a 800-1000 mg/dl). In questo caso, alle Statine, vanno aggiunti altri farmaci.
Manifestazioni cliniche
Xantelasmi palpebrali : depositi di colesterolo
Xantomi cutanei: depositi sopra%u%o a livello della super2cie estensoria del gomito, del
ginocchio, a livello del tendine d’Achille e a livello dei glutei.
Formazioni xantomatose a livello dell’intima dell’aorta, che può interessare anche la porzione
di emergenza delle arterie coronarie e comportare delle stenosi, che aumentano il rischio
cardiovascolare di questi pazienti.
Una valutazione importante in caso di ipercolesterolemia è l’ANALISI DEL SIERO, il quale si presenterà
LIMPIDO, contrariamente alle condizioni di ipertrigiceridemia in cui il siero è torbido, la%escente.
IPERTRIGLICERIDEMIA
Condizione cara%erizzata da livelli di trigliceridi plasmatici > 200 mg/dl; questo cut oH non vale per per
i pazienti con Sindrome metabolica, nei quali i livelli di trigliceridi risultano aumentati qualora siano >
150 mg/dl.
Da 250 a 500 mg/dl abbiamo le forme di ipertrigliceridemia ENDOGENA, invece per livelli > 500 mg/dl
parliamo di ipertrigliceridemia ESOGENA, in cui sono interessati anche i chilomicroni, 2no ad arrivare
Fattori di rischio
Obesità
Dife%i monogenici -> come il de2cit di ApoE oppure della ApoCIII
Manifestazioni cliniche
Nelle forme di ipertrigliceridemia esogena, si ha una estrinsecazione molto precoce della mala%ia, che si
manifesta già in età infantile con:
Xantomi cutanei: diversi da quelli dell’ipercolesterolemia, perché hanno una maggiore
componente in2ammatoria (tendono ad essere un po’ più rossi rispe%o ai depositi di
colesterolo). Si localizzano sopra%u%o al volto e a livello gluteo.
Depositi di trigliceridi negli organi splancnici: epatosplenomegalia.
Iperlipidemia retinalis: all’analisi del fondo dell’occhio, i vasi retinici appaiono meno rossi, più
biancastri rispe%o alle condizioni 2siologiche.
La principale complicanza di queste forme di ipertrigliceridemia è l’insorgenza di una pancreatite
acuta.
Il siero in questa patologia è, come abbiamo de%o, torbido, la%escente.
Rischio cardiovascolare
La correlazione tra rischio cvs e ipertrigliceridemia sembra abbastanza chiara, infa%i, l’aumento dei
trigliceridi comporta un incremento dei meccanismi in2ammatori, che a livello endoteliale,
conferiscono un aumento del rischio di aterogenesi.
Oltre a questo importante fa%ore, bisogna considerare il ruolo dei trigliceridi all’interno di quella che è
la Sindrome metabolica. Gesta è una condizione cara%erizzata dall’associazione di:
Obesità addominale (misurata con il girovita. VN: 88cm nella donna e 102 cm nell’uomo)
Dislipidemia aterogena (trigliceridi >150 mg/dl, riduzione HDL (VN: < 50 nella donna e < 40
nell’uomo)
Iperglicemia
Ipertensione arteriosa (P sist > 135 mmHg; Pdiast > 80 mmHg).
Il meccanismo 2siopatologico alla base della Sindrome metabolica è quello dell’ insulino-resistenza,
che consiste in un dife%o della sensibilità dei tessuti periferici all’insulina, sopra%u%o del tessuto
muscolare, ma anche del tessuto epatico e dei vasi. Gesti tessuti risponderanno con una maggiore
produzione di insulina (dato che i loro rece%ori sono desensibilizzati) e questo aumento di insulina avrà
delle conseguenze emodinamiche e metaboliche molto sfavorevoli.
Un’altra condizione che aumenta il rischio cardiovascolare è la riduzione del colesterolo HDL ,
comunemente de2nito “colesterolo buono”. Le HDL sono responsabili del cosidde%o “trasporto inverso
del colesterolo”.
Esse vengono sintetizzate a livello epatico: essendo povere di lipidi, hanno inizialmente una forma
discoide. Una volta arrivate alla parete vasale, interagiscono con i macrofagi, i quali, grazie all’enzima
ABCA1, cedono alle HDL native il colesterolo libero.
A questo punto, il colesterolo libero viene esteri2cato grazie all’enzima LCAT (colesterolo
aciltransferasi) che, in questa forma, viene immagazzinato nel core delle lipoproteine, le quali cambiano
conformazione e diventano sferiche. Dopodichè avviene un importante scambio di lipidi tra
lipoproteine, grazie all’enzima CEPT (proteina per il trasferimento degli esteri del colesterolo), le HDL si
caricano di trigliceridi e rilasciano il colesterolo esteri2cato alle lipoproteine inizialmente ricche di
trigliceridi.
Le HDL vengono poi captate dal fegato, all’interno del quale avverrà la loro lisi.
In condizioni di ipertrigliceridemia, le HDL si caricano presto di trigliceridi e, altre%anto presto,
Uno degli algoritmi utilizzati per calcolare il rischio cvs in un sogge%o è il rapporto tra
colesterolo totale e colesterolo HDL, che tende ad essere 5 nell’uomo e 4,3 nella donna in
condizioni di rischio medio, valori superiori conferiscono un rischio elevato.
Si è visto che alcuni pazienti facenti parte di una comunità di un paesino vicino il Lago di Garda, hanno
un rischio cvs diminuito e questo è stato collegato al fa%o che questi sogge%i presentano una mutazione
dell’ApoA1 (che gli studiosi hanno denominato ApoA1 Milano), che impedisce a questa proteina di
essere degradata, aumentando le scorte di HDL colesterolo. Sono state prodo%e ApoA1 mutate proprio a
scopo terapeutico, per innalzare i livelli di HDL nei pazienti con dislipidemie.
Nonostante un aumento dei livelli di HDL possa far ridurre il rischio cvs, alcuni pazienti non
rispondono a questi approcci terapeutici, motivo per cui è stato introdo%o il conce%o di HDL
FUNCTION, ovvero non è importante la quantità ma piu%osto la funzione di queste proteine nel
determinare il rischio cvs, quindi per questi pazienti le terapie sono ancora oggi un po’ scoraggianti.
La complessità del singolo caso clinico ci deve guidare nel tra%amento, molto spesso combinato.
L’obie%ivo principale è quello di ridurre i livelli di LDL: si raggiungono valori diversi in base ai diversi
pazienti, per es. in un paziente in cui voglio fare una prevenzione primaria e cioè un paziente che non
ha avuto eventi cvs in precedenza e che non è diabetico, posso raggiungere livelli di 100 mg/dl di LDL;
un paziente che invece ha già avuto un evento cvs (quindi in prevenzione secondaria) o è diabetico,
devo raggiungere il valore di 70 mg/dl;
Esempi pratici:
- Uomo 35 anni, senza eventi cvs pregressi. Con quanta frequenza deve controllare i suoi livelli di
colesterolo? Anche ogni 7-10 anni.
- Uomo 38 anni, con stile di vita regolare. No mala%ie cardiovascolari. Ad un controllo presenta
colesterolo elevato. Gli consigliamo di continuare a mantenere il suo stile di vita e so%oporsi ad un
ulteriore controllo a distanza di mesi.
In genere non ci riferiamo soltanto ad una patologia delle arterie proprie degli arti inferiori, ma di un
distretto più a monte , cioè quello aorto-iliaco, la cui ostruzione può determinare una condizione di
ischemia cronica degli arti inferiori. Negli arti inferiori onsideriamo tre livelli , quello aorto-iliaco,
quello femoro-popliteo e quello sotto-popliteo.
Possono presentarsi isolatamente, nelle forme più gravi generalmente c’è un’associazione di lesioni ai
diversi livelli ed è evidente che quanto più ampio è il distre%o interessato tanto più grave sarà la
sintomatologia.
L’aterosclerosi non è una mala%ia di un’arteria o di un distre%o arterioso, ma è una malattia
sistemica che quindi interessa diversi distre%i dell’organismo.
A seconda dell’entità dell’ostruzione e dell’ampiezza del distre%o interessato la risultante clinica può
essere estremamente diversa.
Con queste esigenze è stata formulata la classi2cazione di Leriche-Fontaine, che, in base alla
sintomatologia clinica, divide i pz in 4 classi.
Il principale indice della gravità della arteriopatia, non è l’intensità del dolore, ma la compromissione
dell’autonomia di marcia. Il dolore generalmente è così forte che costringe il pz a fermarsi, la cessazione
dell'a%ività 2sica (camminare) riduce il consumo di O2 a livello dei muscoli della gamba ed il dolore
diminuisce. La localizzazione del dolore che sarà in funzione del livello a cui si trova l’ostruzione.
Se l’arteria femorale super2ciale è chiusa chi verrà a risentire della carenza di irrorazione arteriosa
saranno i muscoli di tu%a la gamba, perché l’arteria femorale super2ciale sta nella coscia, è un’arteria di
trasporto praticamente non dà rami e quindi se io ho un’occlusione nell’arteria femorale super2ciale, i
muscoli della coscia continuano ad essere normalmente irrorati, io sentirò dolore ai muscoli del
polpaccio.
Diverso se l’ostruzione è iliaca o addiri%ura un’ostruzione dell’aorta, ostruzione cronica della
biforcazione aortica è quella che si chiama sindrome di Leriche , che lo descrisse per la prima volta, e
che ha come cara%eristiche una claudicatio di coscia e glutea bilaterale, perché le arterie glutee nascono
dalle ipogastriche, quindi se ho un’ostruzione iliaca comune per un problema monolaterale o addiri%ura
della biforcazione aortica la sintomatologia sarà alta, interesserà i muscoli glutei e della coscia.
Un’altra cara%eristica è la costanza della sintomatologia.
Una classi2cazione più moderna, quella di Rutherford presenta più stadi. Ci sono sempre lesioni
asintomatiche, c’è la claudicatio che è molto breve che quasi non costringe a fermarsi, poi una
claudicatio moderata, una claudicatio severa, senza indicare un limite per questo, poi dolori a riposo,
lesioni tro2che con lieve perdita del tessuto, lesioni tro2che con ampia perdita di tessuto, il 4 e il 5
corrispondono a quello che era il 3 stadio della classi2cazione di Leriche e il 6 corrisponde al 4 stadio.
Garto, quinto e sesto stadio (Rutherford), o 3 e 4 della precedente classi2cazione (Fontaine),
de2niscono l’ischemia cronica critica degli arti inferiori, che nell’ambito dell’ischemia cronica
rappresenta le forme più gravi, più evolute di ostruzione arteriosa e quindi di de2cit circolatorio. In
assenza di terapia eDcace questi pazienti vanno incontro ad amputazione.
Diagnosi
La diagnosi, dopo l’esame obie%ivo, a%ualmente un eco-doppler ben fa%o può dare un quadro
topogra2co delle lesioni molto molto preciso, a%ualmente l’esame di secondo livello dal punto di vista
strumentale ormai è l’ angio-tc più che un’arteriogra2a come era 2no a 15 anni fa, anche perché la
qualità delle immagini che riesce a dare l’angio-tc è più che suDciente per avere una descrizione molto
precisa dell’estensione delle lesioni. Al giorno d’oggi l’arteriogra2a è importante nei pz che saranno
so%oposti a terapia endovascolare . Gli esami strumentali saranno completati dal calcolo dell'ABI,
l'indice caviglia braccio, che rappresenta il rapporto tra la pressione sistemica e quella degli arti
inferiori.
Va fa%a una diagnosi diAerenziale , sopra%u%o nei pz anziani in cui possono concomitare patologie
neurologiche, patologie ortopediche, problemi di colonna, ernia del disco, stenosi del canale vertebrale,
artrosi d’anca, artrosi di ginocchio; le limitazioni funzionali di queste patologie hanno in genere delle
cara%eristiche diverse ma non sempre ben discriminabili. Gesta diDcoltà diagnostica c’è sopra%u%o
per i pazienti claudicanti perché se c’è una ischemia critica c’è anche una obie%ività clinica tale che non
è soltanto l’assenza dei polsi, ma anche l’alterazione delle cara%eristiche della pelle, o addiri%ura la
presenza di lesioni tro2che, ischemiche che sono abbastanza facili da individuare.
Terapia
Il primo approccio terapeutico deve essere mirato a ridurre i fa%ori di rischio tramite procedure
igieniche appropriate come il controllo della glicemia, dell'ipercortisolemia, della pressione sanguigna,
abolizione del fumo, dieta appropriata.
Una regolare a%ività 2sica quotidiana è parte integrante della terapia, in quanto consente di sviluppo di
molteplici circoli collaterali di compenso (by-pass naturale).
Nei pz refra%ari alla terapia igienica e gravati da una claudicatio veramente invalidante, si ricorre
all'intervento di rivascolarizzazione chirurgico o endovascolare.
L'intervento chirurgico si impone nei pz con ischemia critica, destinati altrimenti all'amputazione
dell'arto. L'amputazione è indicata nei casi in cui non sussistano le condizioni anatomiche per eseguire
una rivascolarizzazione, o dopo il fallimento di un tentativo di rivascolarizzazione.
Prima di porre l'indicazione all'intervento è importante eseguire una valutazione completa del rischio
chirurgico del pz, in rapporto alle frequenti comorbilità, sopra%u%o cardiovascolari, che cara%erizzano
questi pz.
Epidemiologia
Ci sono pochi dati dal punto di vista epidemiologico. Nuovi eventi ischemici agli arti all’anno: 15 /100.000
persone.
Eziologia
- Embolia su arteria sana o patologica
- Trombosi su arteria sana o patologica
- Traumi
- Dissezione aorto-iliaca (raro)
- TromboKebiti ischemizzanti (raro)
Nelle tromboKebiti ischemizzanti la diminuzione dell’apporto arterioso dell’arto dipende da un blocco
completo e diHuso del ritorno venoso.
Le cause più frequenti sono le prime 3. C’è una piccola prevalenza dell’ischemia acuta embolica rispe%o a
quella trombotica.
Embolia
- cardio-embolie: a partenza cardiaca, sono le più frequenti
- arterio-embolie: a partenza da un’arteria patologica
- trombosi spontanea su placca di un’arteria
- trombosi aneurisma periferico (poplitea)
- trombo&lia
- trauma
A diHerenza dell’aneurisma dell’aorta che ha come complicanza la ro%ura e quindi l’emorragia, gli
aneurismi periferici hanno come complicanze più frequenti quelle ischemiche:
- trombosi dell’aneurisma
- embolie a partenza dal trombo murale dell’aneurisma
Trombo2lia: tendenza patologica alla coagulazione del sangue sulla base di dife%i congeniti di alcune
proteine (carenza di proteina C e di proteina S), che sono fa%ori di rischio per trombosi arteriosa e
venosa.
- Embolia cardiogena (cardio-arteriosa): è causata principalmente da:
- La &brillazione atriale, è la più frequente, sopra%u%o quelle non stabili ma anche quelle
stabili: il momento in cui dalla 2brillazione si torna al ritmo sinusale è il momento di rischio particolare
per il passaggio in circolo di quei trombi che si possono essere formati nell’atrio durante la fase di
2brillazione, cioè di contrazione ineDcace dell’atrio.
- L’infarto miocardico recente : perché nella zona infartuata vi sono sia alterazioni della
motilità sia una condizione di alterazione in2ammatoria che possono determinare la formazione di una
trombosi murale e quindi il conseguente distacco e la partenza di frammenti di trombo. Gando è il
cuore l’origine dell’embolo questo può andare in qualunque distre%o circolatorio e importante e
frequente è il distre%o cerebrale.
- L’aneurisma del ventricolo sinistro è l’esito di un evento infartuale e come tu%i gli
aneurismi produce al suo interno alterazioni del regime di Kusso che favorisce la deposizione di un
trombo sulla sua parete e quindi il suo potenziale distacco.
- La cardiomiopatia dilatativa: ha un po’ lo stesso meccanismo dell’infarto recente; nelle
forme più avanzate la cinetica del ventricolo è estremamente rido%a, se si vede all’eco un cuore con 20%
di frazione di eiezione si ha l’impressione che la parete sia quasi ferma, quindi c’è una condizione di
stasi ventricolare con la possibilità di formazione di trombi.
- Valvulopatie: sopra%u%o le protesi valvolari meccaniche possono favorire la formazione di
trombi e quindi di embolia.
- Endocardite infettiva : è particolarmente pericolosa perché, oltre a esserci la possibilità di
un’embolia, c’è, sopra%u%o nelle prime fasi quando ancora la terapia non è stata instaurata, la
possibilità di un embolo se%ico: questo non va soltanto a chiudere un’arteria che per calibro non gli
consente più di progredire, ma oltre all’evento occlusivo e quindi all’ischemia periferica ci può essere
anche la colonizzazione della parete dell’arteria da parte da parte dei germi e quindi si può avere la
formazione di uno pseudoaneurisma: per coinvolgimento della parete arteriosa in un processo se%ico
- Embolia artero-arteriosa:
Embolia a partenza da un’arteria a monte di quella che sarà chiusa dall’embolo. Si può veri2care per:
- patologia stenosante o aterosclerotica complicata : placche ulcerate sulle quali si è
formato un trombo che si può staccare e, oltre al materiale trombotico puro, può embolizzare il
materiale ateromasico, cioè il contenuto della placca. Ci sono delle placche con prevalente componente
lipidica, spesso nelle carotidi, il cui nucleo è della consistenza delle “pappe%e” (dal greco ateroma
signi2ca “pappa”) e quindi, nel momento in cui il cappuccio 2broso della placca si rompe e il contenuto
della placca viene a conta%o con il sangue, si può avere un’embolia non per un trombo che si è formato
sulla placca ulcerata ma proprio del contenuto della placca
- aneurisma aorto-iliaco, aneurisma arteria poplitea
- Trombosi arteriosa:
- trombosi su placca ateromasica
- arteriti
- trombosi di un aneurisma (AAA, arteria poplitea)
- bassa gittata cardiaca su aterosclerosi
- emopatie (policitemia, trombocitemia)
- CID
- Sindromi discoagulative : de2cit di AT III, proteina C e S, resistenza proteina C a%ivata,
sindrome anticorpi antifosfolipidi
Non bisogna confondere la trombosi murale di un aneurisma con la trombosi come complicanza di un
aneurisma:
- ischemia acuta per trombosi di un aneurisma : c’è stata una chiusura completa del lume
per trombosi dell’aneurisma e quindi ischemia periferica
- trombo murale : può essere all’origine, rarissimamente per quanto riguarda gli aneurismi
dell’aorta, del distacco di frammenti e quindi di embolie periferiche a partenza dal trombo
murale.
La conseguenza clinica di un’ostruzione arteriosa o di un’embolia sarà più o meno grave anche in
funzione della condizione del cuore. Un’adeguata irrorazione periferica richiedere dei buoni tubi ma
anche una buona pompa: se già la pompa è compromessa, è chiaro che la riduzione di Kusso di un certo
grado sarà più grave rispe%o a quello che può succedere a un malato che ha una buona funzionalità
cardiaca.
Poi ci sono delle situazioni non primitivamente vascolari che possono favorire la trombosi: policitemia,
trombocitemia, CID, sindromi discoagulative.
- Traumi:
- traumi chiusi, penetranti
- traumi iatrogeni (angiogra2a, cateterismo cardiaco, coronarogra2a, misurazione cruenta
PA, erronea iniezione intra-arteriosa di farmaci)
- TOS: sindrome dello stretto toracico superiore ( Horacic Outlet Sindrome): in genere è
la conseguenza di una patologia traumatica dell’arteria succlavia compressa a livello dello stre%o
toracico superiore e si può avere un aneurisma post-stenotico, una trombosi murale della succlavia con
embolia periferica.(trombosi di aneurisma post-stenotico, ateroembolia distale o trombosi acuta arteria
succlavia)
I traumi legati alla traumatologia stradale interessano in buona parte i giovani: qui i problemi sono da
un lato le conseguenze anche a lungo termine di un’invalidità (pensiamo se si deve arrivare a
un’amputazione per un’ischemia acuta a seguito di un trauma) in persone giovani, e d’altra parte il fa%o
di avere un sistema arterioso integro al momento del trauma non sempre è un vantaggio: spesso nei
traumi in persone giovani senza patologia importante precedente e quindi senza sviluppo già di una
certa collateralità, ci possono essere conseguenze più gravi.
Il meccanismo può essere:
- tr auma diretto, chiuso , che comprime o stira l’arteria provocando una lesione parietale e una
successiva trombosi
- una dissezione: soluzione di continuo di una porzione delle tonache interne dell’arteria che vengono
Fisiopatologia
Gando si blocca acutamente il Kusso di sangue a un arto e c’è un brusco e importantissimo
rallentamento del Kusso del sangue.
Gesto comporta un passaggio inizialmente da un metabolismo aerobico a uno anaerobico con
accumulo di la%ato e piruvato che porta a una condizione di acidosi.
Dal punto di vista stre%amente circolatorio c’è la formazione di una trombosi più o meno estesa a
livello della rete capillare con un’alterazione della permeabilità, un edema interstiziale , un
abnorme passaggio di Kuidi nell’interstizio.
C’è poi un danno tissutale , cioè di tu%e le membrane. Vi sono tu%i meccanismi sele%ivi a%ivi molto
complessi che regolano gli scambi a%raverso le membrane; se non c’è l’energia aDnché questi
meccanismi possano continuare a funzionare, è chiaro che questa alterazione della permeabilità
comporterà l’ingresso del sodio nella cellula e l’uscita del potassio, il sodio si porta dietro l’acqua e si
può arrivare alla ro%ura della cellula con la fuoriuscita dalle cellule muscolari (stiamo parlando
prevalentemente di cellule muscolari perché il tessuto maggiormente rappresentato negli arti inferiori è
quello muscolare) di potassio e mioglobina.
Gesto inizia nella fase ischemica ma si considera dal punto di vista 2siopatologico un tu%’uno la
condizione di ischemia-riperfusione perché nella fase di rivascolarizzazione, cioè quando si risolve il
blocco circolatorio, la situazione può addiri%ura peggiorare.
Le diverse componenti tissutali dell’arto (muscoli, nervi, cute) hanno una tolleranza all’ischemia
diHerente. Nei nervi le &bre sensitive sono più sensibili di quelle motorie : questo spiega perché
clinicamente c’è prima un dife%o di sensibillità e dopo un dife%o di motilità.
L’alterazione della permeabilità con aumento del liquido interstiziale e rigon2amento cellulare può
portare alla sindrome compartimentale : sindrome cara%erizzata da un aumento di pressione di un
compartimento chiuso, come sono le logge della gamba.
I muscoli della gamba come il tibiale anteriore, l’estensore comune delle dita, l’estensore proprio
dell’alluce sono contenuti in una loggia delimitata da tibia, perone, una fascia 2ssata anteriormente su
Bisogna distinguere:
- EAetti locali : eccesso di radicali liberi dell’ossigeno che sono dannosi perché determinano una
perossidazione dei lipidi della membrana cellulare e degli organuli intracellulari danneggiandoli
ulteriormente aumenta l’edema intra- e extra-cellulare ci può essere una sindrome
compartimentale con aggravamento dell’ischemia si può arrivare a necrosi e gangrena
- EAetti sistemici : La gravità del danno da rivascolarizzazione dipende dalla quantità di tessuto
muscolare interessato. I metaboliti acidi che si sono formati nel territorio ischemico vanno in circolo
insieme al potassio e alla mioglobina e possono avere eHe%o sul cuore:
- l’iperpotassiemia, se elevata, può portare all’arresto cardiaco;
- la mioglobina , sopra%u%o in condizioni di acidosi sistemica, può precipitare nei tubuli
renali e portare a insuDcienza renale.
- i microtrombi che interessavano il le%o capillare e il versante venoso della circolazione
possono essere mobilizzati e andare a determinare una condizione di microembolia
polmonare.
- c’è un’attivazione in&ammatoria importante in un territorio che ha subito un insulto
ischemico.
Gindi ci può essere una condizione di i nsu0cienza cardiaca acuta, un’insu0cienza renale acuta,
un’insu0cienza respiratoria 2no a un’insu0cienza multiorgano che può portare alla morte il
paziente. È importante valutare a seconda della possibile gravità della sindrome da riperfusione se non
convenga amputare dire%amente l’arto, fare un’amputazione primaria, piu%osto che rivascolarizzare a
tu%i i costi, me%endo a rischio la vita del paziente.
Per questo è importante avere l’idea di quali sono i principali determinanti dell'ischemia acuta degli arti
inferiori:
- La sede dell’ostruzione : (che signi2ca anche ampiezza del territorio interessato) è chiaro che se mi si
blocca per una grossa embolia la biforcazione dell’aorta avremo che la metà inferiore del corpo mi va in
ischemia, quindi un territorio estremamente ampio ,in cui tu%i i fenomeni che abbiamo visto si
veri2cano, tanto più quanto è la durata dell’ischemia. I punti critici sono rappresentati dalle
biforcazioni, come la biforcazione dell'arteria ascellare per l'arto superiore e quella femorale comune (da
dove partono femorale super2ciale e profonda) per l'arto inferiore, nell'arteria poplitea il punto più
pericoloso è dopo l'emergenza delle arterie genicolari.
- Il tempo: è l’elemento critico per determinare, insieme all’ampiezza del territorio ischemico, la gravità
degli eHe%i sistemici che noi osserveremo se rivascolarizzassimo.
- Il substrato anatomico dei vasi : se un’ischemia si veri2ca in un paziente che aveva già una
occlusione cronica e aveva già sviluppato una collateralità probabilmente gli eHe%i dell’ostruzione acuta
saranno minori.
- La comorbilità del paziente: in particolare la sua condizione cardiaca.
A seconda della sede ci può essere la possibilità o meno di un compenso più eDcace.
Clinica
Dal punto di vista clinico nella descrizione del fenomeno ischemico troviamo le 6 P di Pratt
- PAIN (dolore)
- PALLOR (pallore)
- PARESTHESIA (parestesie)
- PULSLESSNESS (assenza di polsi)
- PARALYSIS (paralisi)
- PROSTRATION (atonia muscolare)
Che sono però assolutamente inutili ,anche se vere. Perché se io faccio diagnosi di un’ ischemia acuta
- CATEGORIA 2B, arto a rischio imminente, se non si interviene e non si ripristina la situazione.
- il dolore aumenta
-compare un de2cit motorio, espressione della soHerenza ischemica nervoso, ma anche delle
condizioni del muscolo, più teso, più pastoso, più duro
- viene perso il segnale doppler sia arterioso che venoso.
Gesto è il classico quadro in cui non ha alcun senso andare a tentare una rivascolarizzazione anzi è
solo dannoso, sopra%u%o se il territorio è ampio.
Nell’immediato non è tanto importante andare a ricercare la causa ,l’importante è fare diagnosi di
ischemia acuta il più precocemente possibile.
All'ispezione si può osservare:
- Pallore cutaneo
- Cianosi
- Marezzature dovute alla stasi venosa da riduzione del Kusso arterioso
- bisogna fare un a%enta valutazione neurologica
- la consistenza dello stato muscolare
- la valutazione della temperatura ( generalmente dove vedete lo scalino termico, si è un pò al di so%o
dell’ostruzione)
Diagnostica strumentale
In questi casi già con un ECODOPPLER , esame strumentale di primo livello, riusciamo a trarre buona
parte delle informazioni.
L’ANGIOGRAFIA dal punto di vista diagnostico oggi non ha più la stessa importanza di un tempo, può
essere utile comunque come prima fase di un tra%amento[….]
Dal punto di vista diagnostico quindi abbiamo essenzialmente l’ecodoppler
Terapia
In genere si necessita di una diagnosi precoce dopo la quale bisogna collocare l’ischemia nel suo stadio.
L'approccio terapeutico si articola nella seguente maniera:
Secondo la OMS l'ictus è de2nito come: “presenza di segni clinici focali conglobali, di tipo
neurogeno che evolvono molto rapidamente, che perdurano per più di 24h o portano a morte,
senza altra apparente causa che non sia un'origine vascolare.”
Gello che viene invece de2nito A%acco Ischemico Transitorio (TIA) normalmente è qualcosa di simile
al precedente ma che ha una durata de2nita nel tempo ( limitata a 24h). Gindi la de2nizione di TIA
sarà: “segni neurologici focali o di$usi a inizio acuto che in genere hanno una durata breve,
talvolta molto breve, anche di pochi minuti ma in genere mai superiore a 24 ore” . È importante
questa distinzione perché q se è stato un vero TIA non troveremo nessun tipo di lesione e quindi ci sarà
un recupero clinico completo.
Epidemiologia
Lo stroke, con tu%o quello che ruota a%orno ad esso è uno dei cardini della neurologia perché continua
ad essere, purtroppo, in tu%o il mondo non solo in Italia, la terza causa di morte ed è tu%'ora la prima
causa di invalidità permanente anche importante, seria.
L'incidenza in genere è a%orno ai 2 casi su 1000 l'anno in Italia.
Le mala%ie cerebrovascolari sono mala%ie molto frequenti.
Dal punto di vista epidemiologico, nell’ambito delle patologie di tu%o il sistema cardiovascolare, le
mala%ie cerebrovascolari rivestono un ruolo consistente; sono considerate la terza causa di morte nel
nostro Paese.
Con l’avanzare dell’età, aumenta di molto la frequenza di queste mala%ie: in genere, al di sopra dei 75
anni, il 75% dei sogge%i può essere interessato da mala%ie cerebrovascolari, in particolare l’ictus, il
quale ha una mortalità in fase acuta (ovvero legata ai primi 30 giorni) di circa il 30%. Il restante 70%,
rappresentato dai pazienti che sopravvivono all’evento acuto, diventa un paziente con una
sintomatologia cronica.
Sono mala%ie che lasciano il paziente invalido, infa%i circa il 40% dei pazienti colpiti da eventi di tipo
ictale, ha come residuo un’invalidità di tipo motorio e/o sensitivo, talvolta anche di tipo cognitivo molto
grave.
C’è una prevalenza un po’ più alta nel sesso maschile rispe%o al femminile; prevalenza che si inverte
con l’avanzare dell’età.
Con il passare degli anni è sicuramente migliorata la capacità diagnostica nei confronti di queste
mala%ie, per due motivi: il primo è dovuto al fa%o che sono disponibili tecniche diagnostiche sempre
più precise e accurate; il secondo è correlato all’età del paziente: più aumenta l’età media della
popolazione, più sarà facile avere a che fare con eventi del genere.
Fattori di rischio
I fattori di rischio per la mala%ia cerebrovascolare (ed in generale per tu%e le mala%ie vascolari) si
possono suddividere in fa%ori modi2cabili e non. Possiamo agire ovviamente sui fa%ori di rischio
modi2cabili, quali per esempio:
- Fumo
- Ipertensione arteriosa ( fa%ore di rischio maggiore)
- Dislipidemia
- Iperglicemia
- Obesità
- Alcol
- Ina%ività 2sica
- cardiopatie ischemiche
- valvulopatie mitraliche
- endocarditi
Per quanto riguarda i territori di irrorazione delle arterie cerebrali anteriore, media e posteriore (rami
che partono sempre dal poligono di Willis) possiamo dire che:
A. Cerebrale Anteriore: irrora la porzione cerebrale che sovraintende alla regolazione dell’arto
inferiore (porzione antero-mediale degli emisferi);
A. Cerebrale Media: Arto superiore e volto (porzioni laterali degli emisferi); essa è suddivisa, a
sua volta, in una porzione superiore e una inferiore;
Metabolismo energetico
Il tempo che intercorre tra la riduzione marcata o l'assenza di perfusione ed il danno irreversibile è
molto breve.
Anche perché, pur costituendo solo una piccola parte della massa del nostro corpo, il cervello riceve una
parte molto signi2cativa, il 15% del sangue che il cuore pompa. Consuma circa 1\5 dell'ossigeno presente
nel nostro organismo e il 25% di glucosio. Gindi è una stru%ura ad alto consumo energetico che ha
bisogno in continuazione di ricevere zucchero e ossigeno. Il problema è che non ha depositi energetici.
Riceve e consuma energia in continuazione, quindi se l'approvvigionamento energetico ad un certo
punto fallisce il danno è purtroppo immediato o quasi immediato ed è in sostanza perenne.
In un cervello adulto in condizioni normali il consumo di ossigeno è di 170 mmol per grammo al minuto
e il glucosio 30 mmol per grammo al minuto. A livelli normali il Kusso ematico, ricordate questo
numero, è di circa 55 ml per ogni 100 g di tessuto al minuto da cui si estrae il 50% dell'ossigeno
ed il 10% del glucosio arteriosi . Vedremo che questo numero quando scende so%o valori tra 20 e 30
provoca danni importantissimi e quando scende so%o valori 2no a 10 ml provoca la morte de2nitiva del
tessuto cerebrale che non riceve circolazione.
Tu%o ciò non è aHa%o banale perché noi abbiamo situazioni intermedie che ci danno quel lasso di
tempo, quella che è la &nestra temporale, importante per quanto riguarda la terapia, è
importantissima.
È vero che il nostro cervello dopo pochissimi minuti di perdita di perfusione ematica muore, ma è
altre%anto vero che questo quasi mai si instaura. C'è un lungo periodo di ipoperfusione o di “misery
perfusion” degli anglosassoni che dura anche diverse ore. Per cui, se si riesce ad interce%are il paziente
per tempo ed intervenire in quella 2nestra temporale, i dati epidemiologici ci dicono che ci sono ampi
territori di tessuto che sono ampiamente recuperabili che signi2ca una qualità di vita molto diversa
rispe%o a quando non sono recuperabili.
Il tessuto cerebrale quando riceve meno di 20 ml\100g\min a incontro a morte e naturalmente, più si
scende so%o questo valore tanto più rapida ed irreversibile è la morte neuronale, al contrario tanto più
si va vicino o al di sopra di questo valore tanto più si allunga quella 2nestra temporale che perme%e un
recupero, almeno parziale del tessuto dormiente.
Nelle prime fasi dello stroke, esiste un core, un nucleo centrale nella zona ipoperfusa che va incontro a
morte rapida ma a%orno c'è un territorio di situazione grigia, gli inglesi la chiamano “la bella
addormentata”, quindi i neuroni che sono funzionalmente non funzionanti, silenti, ma ancora vivi,
possono essere risvegliati da parte del principe cioè dal ritorno del Kusso e della fornitura di ossigeno e
di zucchero.
- Gando ci avviciniamo a%orno ai 20 ml di Kusso cerebrale regionale comincia ad essere compressa la
funzione ele%rica, infa%i se si fa un EEG (ele%roencefalogramma) in quel momento si inizia a vedere
presenza di a%ività lenta che è segno di lesione, segno di soHerenza neuronale.
- Se il Kusso scende intorno ai 15 ml questa a%ività tende alla isoele%rica, quindi al silenzio ele%rico
vero e proprio. - Se si scende so%o i 10 ml di Kusso si assiste all'uscita di potassio, all'ingresso di tanta
acqua ed alla morte della cellula.
- Diaschisi: signi2ca che se un'area del cervello che è so%oposta ad un'aggressione vascolare
sme%e di funzionare, non soltanto le funzioni governate principalmente da quell'aria saranno
de(citarie ma saranno de(citarie anche alcune altre funzioni sostenute da circuiti di cui
quell'aria è una parte integrante . Per cui, ci sono altre aree che sono in rete con quella danneggiata,
queste altre aree non sono danneggiate esse stesse ma diventano ipofunzionanti perché il Kusso
d'impulsi, che passa a%raverso il nodo che l'area danneggiata rappresenta è meno valido. In genere
questi sintomi di diaschisi sono sintomi temporanei perché il cervello mantiene una sua alta plasticità
ed una capacità di vicariare. Gindi, man mano che l'area danneggiata viene sostituita da altre aree, il
circuito iniziale ricomincia a funzionare e questi sintomi aggiuntivi si risolvono.
- Edema: Gando si va incontro all'edema maligno si fa un tipo di terapia “eroica” in cui si apre la testa
alla persona, si da libero sfogo al cervello che esce fuori come un “cavol2ore” violento, si allarga come
un pallone, perché ha bisogno di spazio e dentro al cranio, che è un contenitore rigido, non lo trova.
Oppure il paziente è destinato a morire. A volte muore nonostante la craniotomia terapeutica.
L'edema è legato al fa%o che l'acqua esce dallo spazio extracellulare ed entra nelle cellule in modo
massivo, accompagnato dall'ingresso di calcio e di sodio e sin dai primi minuti si comincia a rigon2are il
cervello. Ciò comporta un aumento signi2cativo di pressione intracranica che comporta un danno
successivo.
Man mano che la pressione intracranica aumenta, la zona colpita e le zone limitrofe, a causa
dell'aumento di pressione intracranica vanno in ipoperfusione. Poichè le arteriole vengono compresse,
passa meno sangue e quindi c'è un ulteriore insulto legato al danno da edema.
L'edema vasogenico in genere viene più tardivamente, è provocato dall'alterazione vasale della barriera
ematoencefalica, dalla vasodilatazione successiva e in genere si vede nelle zone più periferiche del
territorio infartuato.
- La tromboembolia aterosclerotica: I tubi che rappresentano le nostre arterie, quelli che irrorano il
nostro cervello in particolare, sono dei tubi intelligenti e ricchi di tante sostanze. Prima di tu%o c'è tu%a
una tonaca muscolare che determina, anche in termini di autoregolazione il diametro. Ma abbiamo
anche una continua migrazione di leucociti, perché questi intervengono in situazioni di infezione,
quindi devono essere trasportati a%raverso il Kusso ematico da una parte all'altra del corpo, quindi è
necessaria una certa permeabilità endoteliale. Le cellule endoteliali manifestano anche una certa
capacità di far aderire leucociti, calcio, colesterolo per cui, nel tempo, si possono cominciare a formare
queste aggregazioni che agge%ano nel lume vasale e che nel tempo possono anche portare ad una sua
totale o parziale occlusione.
Per quanto riguarda le carotidi, per esempio, si è visto che per stenosi che stanno so%o il 70-65% si può
mantenere soltanto una terapia medica, che normalmente è quella che tende a ridurre l'aggregazione
piastrinica e quindi a rendere più Kuido il sangue facilitandone il circolo. Se però si va sopra questi
valori rimane soltanto la rimozione chirurgica, l'asportazione, la rimozione di questo “tappo” che tende
ad ostruire il passaggio di sangue.
Naturalmente tu%e le placche non sono uguali.
Ci sono delle placche che sono ad altissimo contenuto di calcio, molto compa%e, molto omogenee e che
se non sono stenosanti.
Ci sono invece delle placche che sono omogenee, che sono friabili, per cui è molto facile che si possano
totalmente rompere con immissione massiva o parziale nel tempo di parti delle medesime placche che
diventano altre%anti emboli.
La formazione di trombi può essere un'altra modalità che può portare all'ischemia cerebrale, il trombo si
accresce 2no ad occludere completamente il vaso, il trombo si propaga inizialmente 2no a occludere
vasi che partono dalla trombosi iniziale, oppure si frammenta dando dei microemboli distali.
- Embolia cardiogena: anche il cuore è un'altra sorgente che in una percentuale non banale,
sopra%u%o nei giovani, può essere sorgente di microembolizzazione. In genere perché o c'è un forame
ovale pervio e c'è la possiblità di un collegamento, di un passaggio tra le due camere atriali destra-
sinistra oppure per la presenza di disturbi del ritmo.
- Situazioni ad alto rischio . Il rischio è altissimo quando avete: una protesi valvolare; una
2brillazione atriale parossistica non nota; un'endocardite ba%erica; un infarto del miocardio pregresso,
sopra%u%o se sulla zona infartuata si sia formato o meno un aneurisma nella parete vascolare dentro il
quale si può essere formato del deposito, della vegetazione, da cui so%o contrazione si possono staccare
degli emboli; presenza di cardiopatia congenita etc.
- Situazioni a basso rischio : FA isolata; mala%ia del nodo SA; sindrome di WPW; tachicardia
parossistica ventricolare; valvulopatie aortiche; placche calci2che dell'aorta ascendente; prolasso
mitralico; endocarditi; dife%i atrio e ventricolo se%ali; pervietà del forma ovale; dilatazione atriale
sinistra; mixoma; aneurisma ventricolare sinistro; 2stola AV polmonare.
Oggi abbiamo a disposizione anche delle tecniche non invasive di analisi del passaggio di microemobli,
a%raverso un doppler transcranico, una sonda che va ad insonare una parte dell'osso temporale e che
legge la cerebrale media ed a%raverso una infusione endovena di un mezzo di contrasto costituito,
- Anche le vasculiti cerebrali sono non frequentissime ma nemmeno tanto rare. Si accompagnano a
numerose mala%ie e possono essere causa di ischemia cerebrale. In questo caso facilmente anche a
carico della popolazione giovanile. Gindi se ci sono patologie autoimmuni, in cui una vasculite diHusa
o più o meno diHusa, è parte integrante bisogna sempre tenere la guardia alta perché le vasculiti
cerebrali possono dare dei danni molto molto importanti. Alcune vasculiti sono primariamente a livello
dei vasi extra cranici, altre invece sono a livello dell'arco aortico, altre invece sono più speci2che del
circolo cerebrale.
- Traumi e sezioni vasali: le ferite, sopra%u%o nella regione del collo, le fra%ure delle vertebre
cervicali, le manipolazioni incongrue di osteopati, di 2sioterapisti, può succedere che si “pizzichi”
un'arteria vertebrale, quindi provochi una lesione della parete e che questo possa portare ad una
dissecazione.
- Le brusche trazioni del collo: non è banale che arrivi un paziente che vi dice che mentre stava
me%endo un libro nella sua biblioteca con il collo iperesteso o stava a%accando una lampadina al
lampadario sul soD%o, ad un certo punto ha sentito una 2%a al collo ed ha perso forza molto
rapidamente ad un lato del collo. Anche in quel caso è un traumatismo compressivo su un'arteria
dovuto ad un passaggio della medesima molto vicino o a conta%o con una stru%ura ossea.
- Meccanismi emodinamici quando si veri2ca una stenosi o una occlusione le regioni più distanti
dall'occlusione sono le prme che vengono danneggiate, perchè lì il sangue nona arriva o arriva in
quantità assolutamente insuDciente. Gesto però ha una progressione disto-prossimale perché il
problema alla 2ne si esprime in tu%a la regione che è irrorata dal vaso colpito.
Anatomia patologica
Dal punto di vista anatomo-patologico possiamo individuare queste cara%eristiche:
- Rammollimento del tessuto cerebrale colpito dall’evento vascolare acuto, che comporta la perdita di
colore, perciò il tessuto risulterà pallido; d’altra parte,invece, il tessuto si può presentare fortemente
colorato (rosso) perché magari, a livello della lesione, c’è stata una lisi dell’embolo che ha causato la
patologia e quindi si veri2ca una raccolta di sangue all’interno della sede infartuata.
- Grandezza: le dimensioni della lesione in genere oscillano tra 1,5 e 3 cm di diametro,ma talvolta
possono interessare buona parte dell’emisfero. Bisogna so%olineare che le dimensioni della lesione non
sempre sono correlate all’entità del danno: ci sono delle lesioni molto piccole che hanno
importantissime conseguenze dal punto di vista clinico (sono delle situazioni che hanno a che fare con
quello che veniva chiamato “infarto strategico” ).
Tra i fenomeni legati ad un infarto recente ricordiamo:
Necrosi del tessuto per mancato apporto di ossigeno e glucosio
Vasoparalisi da accumulo di acido la%ico
Edema: nei primi 2 giorni è citotossico intracellulare e coinvolge gli astrociti, dal terzo
giorno per le due settimane successive è vasogenico extracellulare.
DISTRETTI VASCOLARI
Sistema carotideo
L’immagine mostra il sistema carotideo. Nei
cerchie%i sono indicati i punti dove più
frequentemente si formano circoli collaterali,
che perme%ono, anche in caso di stenosi
importanti, il mantenimento di un Kusso
suDciente e quindi la non-comparsa di sintomi.
Tra la carotide interna e l’esterna il circolo
collaterale si stabilisce a%raverso i vasi
dell’orbita (ex. okalmica laterale).
Tra la carotide esterna e la vertebrale il circolo collaterale si ha tramite il poligono di Willis.
Carotide interna
Se il circolo collaterale compensa bene i sintomi non compaiono, quando compaiono possono essere
dovuti, a seconda delle loro cara%eristiche, sopra%u%o temporali, ad a%acchi ischemici transitori (TIA)
oppure a infarto ischemico o emorragico. Le cause di disturbi ischemici sono legate a fenomeni di
embolismo arterioso in cui un embolo che si stacca da una certa sorgente va in giro 2nché non si ferma
in un’arteriola.
L’andamento clinico dei sintomi è vario: i sintomi possono presentarsi, stabilizzarsi, aggravarsi, oppure
magari possono comparire altri sintomi che si stabilizzano nell’arco di qualche ora (da qui l’importanza
di conoscere tali sintomi, che se non si sanno captare fanno perdere tempo), oppure possiamo avere dei
sintomi transitori, con remissioni e poi magari uno stroke severo.
Gindi l’esordio e l’evoluzione possono essere molto variabili, sopra%u%o nelle prime ore che sono
quelle più preziose.
Segni e sintomi:
Mono- o emi-paresi; quindi interessamento di un solo braccio o un braccio e una gamba.
Emiipoestesia parziale o completa ; è un segno importante e va ricercato, spesso il paziente
si spaventa proprio perché si rende conto che “da degli ordini” al braccio o alla gamba, ma
questi non rispondono.
Emianopsia omonima, compromissione del linguaggio, agnosia
Cecità monoculare transitoria ; si veri2ca se un embolo, in genere a partenza da un trombo
della carotide interna, va ad incunearsi nell’arteria okalmica a livello della retina determinando
una stenosi severa o occlusione.
Gesto sintomo, anche de%o amaurosi transitoria, è estremamente importante e da prendere
subito in considerazione, troppe volte invece viene ignorato.
Storie di TIA precedenti e descrizione di so0 carotidei all’auscultazione (ormai sostituiti da
tecniche come il doppler e l’eco-color-doppler, che hanno sicuramente una 2nezza maggiore
L’arteria cerebrale media sinistra è una diramazione dell’arteria cerebrale media che irrora l’area di
Broca e l’area di Wernicke. Gesto vuol dire che i non-macini, con controllo emisferico sinistro,
rischiano di avere un disturbo afasico.
L’afasia può essere motoria (di espressione) o sensoriale (di percezione).
Nella prima il sogge%o capisce perfe%amente tu%o quello che gli viene de%o ma non riesce ad
esprimere, parzialmente o completamente, il suo pensiero. Il pensiero è costruito in modo corre%o ma
viene a mancare il sistema di connessione che deve muovere la bocca in modo appropriato. Il sogge%o
di questo è consapevole perché si ascolta, e questo può determinare agitazione.
Al contrario il sogge%o con disturbo di percezione parla perfe%amente ma non riesce a comprendere e
decodi2care istruzioni anche semplici (ex. “toccati la punta del naso”) in base alla gravità del quadro.
Nella clinica di tu%i i giorni è diDcile trovare forme purissime, nella maggior parte dei casi si tra%a di
forme miste in cui prevale la componente motoria (non-Kuente) se è interessato maggiormente il
territorio superiore di irrorazione dell’a. cerebrale media sinistra (area di Broca) oppure prevale quella
rece%iva (Kuente) se è interessato maggiormente il territorio inferiore (area di Wernicke).
INFARTO CEREBELLARE
Le cause dell'infarto cerebellare sono più o meno le stesse. Entra in diagnosi diHerenziale con la
patologia vestibolare, con alcune forme di emicrania, tumori, sclerosi multipla ecc..
Il cervelle%o è una delle stru%ure più plastiche, forse la più plastica del nostro sistema nervoso.
Il pz subito dopo l’infarto presenterà una sintomatologia acuta dove non si tiene in piedi, casca,
addiri%ura non sta seduto perché vomita in continuazione, ha un nistagmo gravissimo; se lo rivedete
dopo 6 mesi-1 anno sembra che non abbia avuto nulla, se fate una RM vedrete ancora dei segni di grave
soHerenza cerebellare.
Gando viene colpito il cervelle%o i sintomi sono:
Atassia è la necessità di allargare la base per compensare la tendenza in genere alla
lateropulsione o all’anteropulsione, dovuta alla diDcoltà del sogge%o di mantenere la
proiezione dell’asse corporeo all’interno della base d’appoggio;
Dismetria che noi valutiamo con la prova indice naso o ginocchio calcagno, oppure si
evidenzia quando per prendere un bicchiere lo urta o lo fa cascare, si versa mezza tazzina del
calè quando lo porta alla bocca;
Adiadococinesia è l’incapacità di fare movimenti rapidi ed alternati come palmo-dorso-
palmo-dorso sulle ginocchia in cui vedete che una mano riesce a seguire il ritmo
dell’esaminatore, mentre l’altra è molto anarchica, a volte lo segue a volte no;
Ipotonia è la riduzione del tono muscolare o della resistenza muscolare allo spostamento
Tremore intenzionale è un tremore 2ne, molto rapido che si manifesta nel movimento
volontario;
Disartria: parola scandita ed esplosiva, assomiglia alla cadenza dei sardi. Purtroppo molti dei
nostri pazienti giovani con la sclerosi multipla con danno cerebellare hanno questo modo di
INQUADRAMENTO CLINICO
Il cervello è tempo, quindi bisogna essere rapidi ad identi2care i sintomi e il più possibile
precisi nel cercare di de2nire quando sono iniziati.
Ovviamente dobbiamo avere una buona certezza che l’origine di questi sintomi sia di tipo
vascolare. Esistono delle scale per misurarne la gravità.
Dobbiamo de2nire, se possibile 2n dall’inizio, il territorio.
Dobbiamo valutare la possibile evoluzione spontanea
Il rischio di complicanze mediche o neurologiche è importante e va valutato: se è in terapia
antiaggregante o anticoagulante, se ha fa%o interventi chirurgici nelle se%imane precedenti, se
è un vasculopatico, un 2brillante, ecc…
Una delle scale più utilizzate è quella del Rankin modi&cata (Modi2ed Rankin Scale ) in cui si va da 0
totalmente asintomatico a 6 paziente deceduto. 1 non c’è disabilità importante, riesce a fare tu%o
nonostante la presenza di sintomi, quindi è una scala che si basa sulla funzione residua arrecata dalla
disabilità.
La scala NIH (NIH Stroke Scale NIHSS) invece è quella che entra più nel de%aglio dei sintomi. Da dei
punteggi che prendono in considerazione:
- il livello di coscienza: in tu%e le forme di emorragia cerebrale la presenza di un disturbo del livello
di coscienza ha un indice prognostico molto negativo 2n dall’esordio. Se il paziente arriva in coma o
gravemente soporoso è un bru%o segno 2n dall’esordio.
- La capacità a rispondere a domande
- La capacità di eseguire correttamente dei comand i, naturalmente sia con la parte destra che con
quella sinistra del corpo
- Se ha un postura di sguardo obbligata verso un lato o verso l’altro
- Disturbi campi metrici grossolani evidenziabili con un esame neurologico
- Presenza o meno di paralisi facciale
- Motilità degli arti
- Presenza di atassia
- Sensibilità
- Disartria
- Linguaggio
- Emidisattenzione
Il punteggio normale è intorno a 15, quando cominciamo a scendere so%o 10 sono tu%i punteggi
importanti.
È una scala grossolana che aiuta però a rendere più omogeneo un approccio, a facilitare la trasmissione
delle informazioni per esempio da un elico%ero o da un ambulanza all’ospedale.
La cosa importante è che quando arriva gli dovete sempre fare la TAC senza mezzo di contrasto
subito, perché la prima cosa che dovete vedere è se c’è del sangue o meno nel cervello.
Se ha un emorragia e faccio la trombolisi lo ammazzo. Oltre a questo mi da anche altre informazioni
come la presenza di un edema maligno che si sta sviluppando. Dopodiché si a%ivano tu%a una serie di
possibilità che porta in alcuni casi all’utilizzo di una 2brinolisi endovena e in altri casi no.
Un sogge%o con sintomi riferibili al territorio carotideo, con disturbo del linguaggio, che ha un NIH
importante intorno ai 6, i sintomi sono iniziati da meno di 3h, quindi potrebbe essere un candidato alla
trombolisi. Fa una TAC che non fa vedere sangue, comincia a far vedere qualche segno, perché in realtà
la TAC fa vedere poco, però un occhio esperto può notare per esempio lo spianamento dei solchi delle
convessità del cervello per esempio per un edema. Gesti segni indire%i ci dicono che li si vede poco,
ma che qualcosa si formerà tra breve.
Il sogge%o deve avere un quadro neurologico relativamente stabile, perché se c’è una ingravescenza
rapidissima non si fa in tempo a recuperarlo che evidentemente c’è una situazione gravissima di edema
che si sta sviluppando che sconsiglia ogni perdita di tempo, si necessita in questi casi una “terapia
eroica”.
Oppure sta migliorando molto rapidamente per conto suo, per cui è più plausibile che sia un TIA,
Fate una valutazione medica generale immediata, saturazione d’ossigeno, capacità respiratoria, segni
vitali, preparare un accesso venoso, richiedere un esame del sangue in urgenza, fare uno studio della
coagulazione se il sogge%o non è accompagnato da nessuno o se il sogge%o non è collaborante o non è
lucido per sapere se è so%o terapia anticoagulante o meno, gli fate la glicemia, un ECG per evidenziare
eventuali aritmie, e nel fra%empo è già arrivato il neurologo.
Il livello di coscienza deve essere possibilmente elevato. Il livello di gravità deve essere consistente per
poterlo giusti2care: se è troppo leggero non vale la pena, se il paziente è in coma pure.
Si richiede la TAC senza contrasto, la le%ura viene fa%a immediatamente. Se evidenzia un’emorragia si
chiama il neurochirurgo, se no siamo di fronte ad un ictus ischemico e i sintomi nel fra%empo
permangono.
Fino a pochi anni fasi facevano 2 interventi subito: si abbassava la pressione e si dava un vasodilatatore,
poi si aggiungeva un antiedema glicerolo o mannitolo. Negli anni con l’avvento del neuroimaging, si è
visto che se abbassi troppo la pressione e dai un vasodilatatore, fai un doppio danno perchè la zona di
neuroni vivi ma sonnolenti, perché gli arriva poco sangue.
Infa%i se abbasso troppo la pressione, produco un ulteriore furto, quindi arriva ancora meno sangue
nelle zone in cui ne arrivava già meno, per cui è deleterio. Per questo entro certi limiti non devo
modi2care la pressione sistemica, rea%ivamente il cervello tende ad aumentare un po’ la pressione
sistemica per portare un po’ di sangue dove ce n’è poco, se lo vado a levare questo peggiora la
situazione.
Se questa pressione supera valori molto elevati come 220-230 di sistolica e sopra i 120-140 di diastolica
devo intervenire e abbassarla.
Terapia
- Trattamento in acuto ictus ischemico: oggi l’ictus di tipo ischemico è molto più approcciabile in
fase acuta di quanto avvenisse alcuni anni fa, infa%i possiamo me%ere in a%o un tra%amento
trombolitico per o%enere una riperfusione dell’area che è stata colpita dall’ischemia stessa per rendere
reversibile il danno ischemico instauratosi all’ esordio dell’ictus, ciò deve avvenire entro 4 ore e mezza
dall’esordio dell’ictus (2nestra terapeutica), dopo il tra%amento trombolitico non si può più praticare
allo stato a%uale. La terapia può essere praticata se il paziente non ha coagulopatie o piastrine < 50000.
Per la terapia trombolitica viene utilizzato il TPA (tissue plasminogen activator) è un farmaco
ricombinante che si dà ad una dose di 0,9 mg pro kg. Gesto tra%amento non sempre è in grado di
risolvere i de2cit neurologici instaurati; in una buona percentuale di casi è in grado di modi2care in
senso migliorativo una serie di indici che vengono utilizzati come punteggi di gravità il più comune dei
quali è l’NIH score che riguarda le funzioni motorie, sensitive, di coordinazione e simboliche
(linguaggio) e veri2care il miglioramento del punteggio dopo la terapia trombolitica rispe%o al
momento del ricovero. Gli eHe%i collaterali sono poco frequenti e sono le emorragie, anche se
comunque il rapporto tra rischi e bene2ci resta notevolmente spostato verso i bene2ci.
ICTUS EMORRAGICO
L’altro tipo di ictus, quello di tipo emorragico riguarda una percentuale minoritaria dei sogge%i, circa il
20% e la cosa più importante che dobbiamo ricordare è il tipo di immagine alla TAC, molto riconoscibile.
L’evento emorragico è un evento in acuto più violento e brusco dell’ischemia ed è associato più
frequentemente ad un disturbo dello stato di coscienza come il coma, esso è un elemento che ci
perme%e di distinguerlo dall’ictus ischemico quando non abbiamo la TAC.
L’emorragia intraparenchimale, de%a anche ipertensiva è cara%erizzata da cefalea vomito disturbo stato
coscienza, sintomatologia similare a quella dell’ipertensione endocranica, può essere causato da stress o
da sforzo o legato al cedimento di un’arteria, da sanguinamento di una malformazione artero-venosa
come il cavernoma, l’altro tipo di emorragia è quella subaracnoidea causata dal cedimento di un’altra
malformazione congenita che è l’aneurisma, esso è una patologia più di pertinenza chirurgica;
TROMBOSI VENOSA
La trombosi venosa è un’ostruzione di un segmento venoso ad opera di un trombo. Nella le%eratura
medica corrente il termine 4ebotrombosi si riferisce ad una trombosi del sistema venoso profondo,
più frequentemente degli arti inferiori (anche se può riguardare anche gli arti superiori,il sistema
giugulare, i seni cerebrali). La trombo4ebite invece indica una trombosi del circolo venoso super2ciale
anche in questo caso essenzialmente degli arti inferiori (ma anche dell’arto superiore o della parete
toracica o addominale). Si tra%a di due quadri clinici completamente diversi sia per la localizzazione sia
per la gravità dato che la trombosi venosa profonda può complicarsi con l’embolia polmonare
(tromboembolismo venoso); la tromboKebite super2ciale invece non si complica mai con una embolia se
non quando il trombo dal circolo super2ciale si estende al profondo.
Fattori predisponenti
- Età: a livello dell’endotelio vascolare esiste 2siologicamente il sistema 2brinolitico che normalmente
interviene, qualora ci sia una condizione trombotica, per ridurla. Gesto sistema è costituito dal TPA
(a%ivatore tissutale del plasminogeno) e dal suo inibitore PAI che si trovano in equilibrio costante. Con
l’età l’endotelio diviene sempre meno eDcacie funzionalmente e si esaurisce anche il sistema
2brinolitico contribuendo all’instaurarsi di una condizione pro-trombotica.
- Patologie cardiovascolari : condizioni che provocano una stasi venosa ed edemi a livello degli arti
inferiori.
- Condizioni di immobilità : portano un aumento del rischio trombotico. L’esempio più classico è la
TVP da lungo viaggio aereo (15-20 h), sindrome da TVP da immobilità, per cui bisognerebbe alzarsi,
camminare o fare dei movimenti di Kesso estensione della gamba e del piede per favorire la circolazione.
- Fattori costituzionali: trombo2lia ovvero una tendenza a sviluppare trombosi venose o arteriose su
base congenita o acquisita. Condizioni di trombo2lia congenita ereditaria : de2cit di proteina C, di
proteina S, di antitrombina III, sono tu%i inibitori della coagulazione presenti 2siologicamente nel
sistema vascolare sempre a livello endoteliale.
- Obesità: il sogge%o obeso si muove poco e sopra%u%o c’è un’enorme pressione sul sistema venoso
degli arti inferiori che comporta una stasi.
- Fumo: è meno importante per la patologia venosa rispe%o alla arteriosa.
- Condizioni debilitanti : patologie croniche quali tbc, stati anemici etc…possono comportare
l’alle%amento per lunghi periodi.
- Tumori maligni : molti tumori secernono fa%ori pro-coagulativi come il TNF e la cancer pro-
coagulant proteine.
- Anticoncezionali orali: estrogeni ed estroprogestinici sono fa%ori pro-trombotici.
- Traumatismi: comprtando l’immobiltà prolungata.
- Interventi chirurgici: in ambito ortopedico (chirurgia di femore e bacino sopra%u%o), ginecologico e
di chirurgia generale (in particolare addominale). In questi pz indipendentemente dall’età si eHe%ua una
pro2lassi con eparina a basso peso molecolare, iniziandola 24-48h prima dell’intervento e
prolungandola 2no a 7-10gg dopo.
- Immobilità prolungata: interessa in particolare i pz internistici per patologie croniche. Dagli ultimi
trials si è evinto che conviene fare la pro2lassi anti-trombotica anche nel pz medico iniziando la
pro2lassi dopo 5-6gg dall’inizio dell’alle%amento.
- Gravidanza: per ragioni emodinamicche, aumento del volume sia dell’addome che dell’utero
comporta un aumento di pressione sul circolo venoso degli arti inferiori; e permodi2cazioni ormonali.
- Altri: l’emoglobinuria parossistica no%urna, la re%ocolite ulcerosa, la sindrome nefrosica, la sindrome
da anticorpi antifosfolipidi.
Patogenesi
Si riconosce classicamente nella Triade di Virchow:
- stasi
- ipercoagulabilità
- alterazioni dell’endotelio.
Oggi si è visto che per la TVP i due fa%ori fondamentali sono stasi e ipercoagulabiltà, dove la stasi
Ogni trombo ha una composizione cellulare stabilizzata dal reticolo di 2brina il quale avvolge
l’agglomerato cellulare.
- Bianco: costituito da piastrine, leucociti e 2brina. Arterioso.
- Rosso: con poche pastrine e leucociti ma molti globuli rossi. Venoso.
- Misto: per apposizione successiva di trombi bianchi e rossi.
Ogni vena è provvista di valvole generalmente bicuspidi; la sede di origine del trombo è proprio la tasca
di queste cuspidi. A questo livello si forma il trombo inizialmente ad opera della stasi dei globuli rossi
(che perme%e la formazione del primo nucleo trombotico), successivamente interviene la 2brina a
stabilizzarlo. Il trombo parte dalla tasca della valvola e può estendersi sia in alto che in basso.
Il trombo aderirà in maniera stabile grazie alla reazione conne%ivale della parete venosa nei confronti
del trombo stesso.
L’età e la terapia 2brinolitica sono fa%ori importanti nel determinare i processi di ricanalizzazione del
trombo: un pz giovane avrà tempi di ricanalizzazione più rapidi rispe%o ad una persona più anziana. La
ricanalizzazione può essere parziale o totale e le tempistiche sono estremamente variabili.
Essa è sicuramente un evento positivo perché determina la disostruzione del tra%o, ma può anche
rappresentare un processo lesivo nei confronti delle cuspidi che si trovavano inglobate nel trombo.
Gindi si può avere una perdita di eDcienza delle valvole venose con conseguente reKusso.
Gesto quadro si chiama sindrome post-4ebitica.
Un’altra possibilità “evolutiva” del trombo è il distacco di parti di esso con conseguente embolizzazione
polmonare.
La trombosi venosa può interessare gli arti, ma eccezionalmente anche le giugulari e i seni venosi
cerebrali. In ogni caso il maggiore carico emodinamico si ha a livello degli arti inferiori.
Nell’ambito degli arti inferiori il più colpito sembra l’arto inferiore sinistro perché si veri2ca una
compressione della vena iliaca sx da parte della arteria iliaca comune dx, che va a cavaliere sulla vena
iliaca comune sx e provoca una compressione di questa.
Nell’ambito della trombosi degli arti inferiori distinguiamo una trombosi prossimale e una trombosi
distale. La distale interessa le vene della gamba (dal piede al ginocchio) con una possibile estensione
alla vena poplitea o alla parte prossimale della vena femorale super2ciale.
I vasi interessati sono: vene tibiali posteriori e le vene tibiali anteriori ( va ricordato che le vene
seguono il decorso delle arterie e sono sempre a doppio) , la rete venosa del polpaccio , che decorre
nello spessore del muscolo surale (principale sede di eventi trombotici distali) e in qualche caso si può
avere un interessamento della vena poplitea che si trova lateralmente rispe%o all’arteria poplitea. Le
trombosi venose distali colpiscono prevalentemente sogge%i anziani o alle%ati, hanno un decorso
abbastanza subdolo poiché non danno un quadro clinico particolarmente evidente (spesso mancano
edema e dolore a monte dell'ostacolo, cioè alla periferia dell'organismo) per cui possono essere
scambiate per ematomi o lesioni neuromuscolari.
Gesto porta ad una mis-diagnosi clinica anche con l’ecocolordoppler, sopra%u%o per i vasi più piccoli.
Nel 40% dei casi si complicano con una embolia polmonare. La trombosi venosa prossimale è più
grave. Interessa le vene: femorale super&ciale, femorale comune, vena iliaca esterna, vena iliaca
comune e in qualche caso la vena cava inferiore. Comporta l' edema di tu%o l’arto, dolore più intenso
e un maggiore rischio di embolia polmonare fatale.
Clinica
Segni della Trombosi Venosa Profonda
All’ispezione si possono notare alcuni segni come dei reticoli venosi in tensione, chiamati “vene
sentinella” che sono espressione dello scarico venoso super2ciale. Nel polpaccio c’è la vena sentinella di
Pra%. Gesti non sono segni molto speci2ci ma sono estremamente sensibili.
Sono stati fa%i alcuni studi che rivelano come, mentre l’obesità e il dolore del polpaccio bilaterale sono
neutri per la comparsa di TVP, altre condizioni come l’edema, la storia di una pregressa trombosi, la
mala%ia neoplastica (quest’ultima è molto importante da ricordare in sede d’esame). La disidratazione è
Diagnosi
Il gold standard per la diagnosi di primo livello della trombosi venosa è l’ecocolordoppler, che ci
perme%e di individuare sede, dimensione e gravità della trombosi. In secondo livello si possono
utilizzare l’angioTAC o l’ angioRM.
Faccio l’ecodoppler per cercare il reKusso e in realtà scopro che l’eziologia di questa mala%ia è di tipo
trombotico. Gando il trombo non è presente, schiacciando la vena con l'ecografo essa collassa
completamente, mentre quando è presente il trombo questo non avviene. Gesto è il principio della
CUS (ecogra2a a compressione).
La Kebogra2a con mezzo di contrasto è ormai in disuso. La diagnosi si basa su criteri anamnestici,
clinici e strumentali. È dunque inmportante la ricerca dei fattori di rischio e delle condizioni
predisponenti; ricerca di edema e dolore e, secondariamente, di pastosità, cianosi, rossore dell’arto e
presenza di reticolo venoso super2ciale.
Si possono avere fenomeni di trombosi venosa profonda anche a livello dell'arto superiore e le vene
interessate più frequentemente sono: le vene dell’asse succlavio-ascellare (vena succlavia, ascellare), le
vene del braccio (vena brachiale, cefalica, basilica) e le vene dell’avambraccio.
Le tromboKebiti dell’arto superiore sono diventate sempre più frequenti in relazione alle pratiche
diagnostico-terapeutiche che vengono eHe%uate oggi sempre più nei reparti. Il cateterismo di una
succlavia o di una vena giugulare (si parla di trombosi da catetere), le terapie endovenose prolungate in
pazienti alle%ati, la chemioterapia, i farmaci chemio-terapici sono fa%ori favorenti le trombosi venose
profonde dell’arto superiore.
Il segno clinico fondamentale delle trombosi venose profonde dell’arto superiore è l’edema dell’intero
arto o dell’avambraccio a seconda della localizzazione della trombosi.
Invece per le tromboKebiti super2ciali date da traumatismo del circolo venoso super2ciale (ago per
Keboclisi, cannule messi male) si ha la un cordoncino duro, dolente che non è un problema se non un
fastidio per il paziente.
Ci possono essere altre trombosi venose profonde dell’arto superiore che derivano da manovre di
compressione del fascio vascolo nervoso dell’arto stesso.
Si può avere una sindrome dello stre%o toracico superiore con compressione della vena succlavia e della
vena ascellare e trombosi. Oppure queste trombosi possono derivare da uno sforzo 2sico (giocatori di
basket e pallavolisti) oppure trombosi da sforzo eccessivo (carichi molto pesanti nelle donne sopra%u%o)
perché dovute a traumatismo sulla vena interessata.
La trombosi venosa ci può essere anche a livello del sistema giugulare (vena giugulare interna o esterna)
spesso correlata anche a cateterismi in pazienti gravi, alle%ati. Si possono avere anche trombosi dei seni
venosi cerebrali in cui si è visto che ci sono delle relazioni tra le alterazioni del deKusso venoso
cerebrale e l’insorgenza della sclerosi multipla (la cosidde%a SSVI= sindrome da ostacolato scarico
venoso nel circolo venoso del collo).
SINDROME POST-FLEBITICA
La sindrome post-Kebitica consegue alla ricanalizzazione del trombo, che comporta una lesione
anatomo-funzionale del sistema venoso con distruzione valvolare e reKusso venoso con conseguente
ipertensione venosa, tanto elevata da non poter essere compensata dalla deambulazione. Gesta
Geste hanno una morfologia più irregolare rispe%o alle normali ulcere venose e sono circondate da
una regione bianca de%a atro2a bianca di Milian, connessa con l’ischemia a livello del sistema arteriolo-
capillare. Le ulcere possono estendersi prossimalmente e possono essere anche molteplici. Bisogna
intervenire con una terapia vaso-compressiva con bendaggio mediante calza elastica di seconda-terza
classe. A diHerenza dell’ulcera da stasi la sintomatologia dolorosa non migliora con il posizionamento
dell’arto disteso in alto.
TROMBOFILIA
Trombo2lia è una tendenza ereditaria o acquisita a sviluppare un tromboembolismo venoso.
La trombo2lia ereditaria, come già de%o, è una tendenza determinata geneticamente e a cara%ere
familiare. Si manifesta ad un certo punto nella vita di un individuo in relazione all’età e ad altri fa%ori
ambientali che possono scatenare l’evento trombotico (fa%ori ambientali agiscono su tendenza
genetica).
La trombo2lia ereditaria va sosspe%ata:
- in un pz giovane che sviluppa un tromboembolismo, perché la trombosi venosa colpisce più
frequentemente uomo in età medio-avanzata;
- in caso di trombosi idiopatiche (traumi,interventi);
- paziente giovane con ricorrenza di trombosi ripetute;
- quando sono trombosi in sedi atipiche (tromboKebite spontanea senza traumi dell’arto superiore, della
vena cefalica, basilica, brachiale, trombosi della vena mammaria in giovani donne o uomini);
- quando c’è una storia di tromboembolismo venoso; quando la trombosi si associa a perdita del feto in
gravidanza;
- quando ci sono delle condizioni particolari, rare come la necrosi cutanea da dicumarolici o la porpora
neonatale fulminante.
In questi casi, secondo le linee guida della SISET (società per lo studio dell’emostasi e trombosi)
pubblicate nel 2000, bisogna fare uno screening per la trombo2lia.
Per essere eDcace uno screening per la trombo2lia deve dosare:
- Antitrombina III: inibitore endogeno, 2siologico della trombina, cofa%ore dell’eparina.
- Proteina C
- Proteina S
Stiamo parlando di de2cit quantitativi (molecole stru%uralmente normali ma presenti in quantità rido%e
o assenti) perché ovviamente esistono anche alterazioni qualitative di determinati fa%ori della
coagulazione.
- Fattore V di Leiden (dal nome della ci%adina olandese in cui fu eHe%uato il primo studio che
dimostrò questa anomalia genetica) in cui il fa%ore V non è carente da un punto di vista quantitativo
ma è alterato da un punto di vista qualitativo. In posizione 506 si ha una sostituzione di un’arginina con
una glutammina, il fa%ore V diventa resistente al taglio da parte della proteina C che quindi non riesce
Generalmente questi pazienti più stanno fermi (sia in posizione ere%a che in posizione seduta) e più
stanno male, si accentua il gon2ore, la pesantezza, il dolore, e stanno meglio camminando perché il
“cuore periferico o cuore venoso” è la pompa muscolare del polpaccio che svuota il contenuto venoso e
quindi migliora la sintomatologia.
Gesta è una diHerenza con il paziente arteriopatico (per lo meno ad uno stadio II) che invece sta bene
se sta fermo e comincia ad avere la claudicatio quando deambula. Il fa%o che deambulando la
sintomatologia migliora deve orientare verso un problema di natura venosa.
Bisogna so%oporre il pz ad un ecocolordoppler del circolo venoso che non perme%e solo di evidenziare
una trombosi (per cui è il gold standard) ma anche una insuDcienza venosa a seconda della presenza di
reKusso con le manovre di compressione/decompressione del sistema venoso.
Chiaramente il paziente con insuDcienza venosa verrà poi tra%ato con terapie con Kebotonici e
sopra%u%o si fa una terapia con la compressione elastica (calze elastiche) che perme%ono di
Ogni volta che ci si trova davanti un’ulcera venosa bisognerebbe esaminare il fondo dell’ulcera
sfasciando la gamba del paziente dalle bende elastiche e fare un cure%age del fondo con un bisturi da
pus e provocare un sanguinamento che faciliti la cicatrizzazione. Oltre a ripulirla dovremmo dare una
terapia antibiotica al paziente per eliminare l’infezione. I tempi di guarigione sono molto lunghi: mesi o
anni anche perché spesso questi pazienti vagano da un medico all’altro e vengono spesso curati in
maniera non idonea.
L’altra complicanza della varice è la varicoKebite, cioè una tromboKebite che si instaura su una varice.
Una varice quindi può trombizzarsi, si parla comunque di varici molto grosse a livello sopra%u%o del
terzo superiore di gamba o di coscia. La diagnosi si basa su:
- Criteri clinici: gavocciolo varicoso diviene rilevato, duro, non compressibile, dolente, con la cute
sovrastante arrossata.
- Criteri strumentali: ecocolordoppler evidenzia tromboKebite delle varici, riguardanti sopra%u%o la
grande e piccola safena. In questo caso conviene asportare le varici per evitare il rischio di tromboKebiti
recidive, ricorrenti.
Nell’insuDcienza venosa cronica avremo il quadro, descri%o nella sindrome post-trombotica, cioè le
alterazioni cutanee dermoipodermite derivanti da alterazioni del tro2smo cutaneo, del circolo arteriolo-
veno-capillare. Gindi abbiamo un aumento della pressione a livello del le%o capillare, stravaso di
globuli rossi e macromolecole come il 2brinogeno, deposito di emosiderina, strozzatura dei capillari da
parte di manico%i di 2brinogeno che comporta quell’aspe%o biancastro de2nito atro2a bianca di Milian
che è un paradossalmente un fenomeno di tipo ischemico microcircolatorio in una patologia di tipo
venoso (coesistenza patologia artero-venosa).
Terapia
La pro&lassi antitrombotica è indicata nel paziente trombo2liaco, nelle mala%ie mediche (come lo
scompenso cardiaco congestizio), mala%ia respiratoria grave con ricovero che supera i 3 giorni. In
realtà, qualsiasi patologia che comporti un’ospedalizzazione per più di 3 giorni necessita di pro2lassi
antitrombotica a meno di controindicazioni. Le mala%ie in2ammatorie intestinali (Crohn, re%ocolite
ulcerosa) sono patologie estremamente protrombotiche.
Si utilizzano:
Eparina non frazionata
Tu%e le eparine a basso peso molecolare (la calciparina è indicata in pazienti con insuDcienza
renale)
Pentasaccaride (fondaparinux)
La pro2lassi antitrombotica è controindicata, ad esempio, nel caso di un pregresso intervento chirurgico
di asportazione di un tumore del sistema nervoso centrale. In tal caso è stato dimostrato che la
pressoterapia sequenziale o la calza antitrombo ha un suo ruolo antitrombotico.
La classi&cazione CEAP
CEAP sta per classi2cazione clinica, eziologica, anatomica e 2siopatologica.
- La classi(cazione clinica prevede la C, l’eziologica la E, l’anatomica la A e la 2siopatologica la P. La
cosa più importante sostanzialmente è dare il C corre%o alle persone. Nella classi2cazione clinica il C0
non ha nulla, mentre il C1 ha queste vene reticolari, che già dovreste conoscere. Le vene reticolari sono
le vene da 1 a 3 mm, misurate in ortostatismo con l’ecocolordoppler trasversale con la gamba
interessata non poggiata per terra. Gindi parliamo di vena reticolare tra 1-3 mm, mentre parliamo di
vene varicose, sia safeniche sia extrasafeniche, quando siamo oltre i 3 mm e con le vene varicose si
passa alla classe C2. L’edema, dovuto esclusivamente ad una causa venosa, determina il passaggio alla
classe C3.
Mentre per C0, C1 e C2 parliamo di chronic venous disease (mala%ia venosa cronica), da 3 in poi
parliamo di chronic venous insuf(cience (insuDcienza venosa cronica). Chronic venous disorder ,
che è un termine intraducibile in italiano, in pratica comprende tu%o.
- L’eziologia è molto semplice: può essere C congenita da malformazione, S secondaria (essenzialmente
trombotica, ma anche da 2stola artero-venosa) e P primaria, per la gran parte delle varici.
- Per l’anatomia bastano S super2ciale, P perforante e D profondo, sono i tre distre%i venosi che vanno
valutati con la stessa dignità, come dicevo prima agli specializzandi.
- È importantissima la (siopatologia: abbiamo R reKusso, O ostruzione (in realtà esiste una
distinzione tra ostruzione e ricanalizzazione parziale) oppure R-O per entrambe le cose. Oppure ci può
essere il conce%o senza che ci sia nessuno tra questi meccanismi: se non trovo nessuno tra questi
meccanismi o nessuna tra queste vene non è un edema di origine venosa-
Chi ha CEAP 2 ha solo le varici, mentre chi ha CEAP 2-3 ha varici ed edema; uno che ha CEAP 2-3-4 ha
varici, edema e pigmentazione.
- c’è un punteggio anatomico , che è una cosa che non può tanto prendere piede perché
richiede tanto tempo dal punto di vista culturale;
- ma fondamentale in Kebologia come in tu%a la medicina è fare un punteggio funzionale,
- Punteggio clinico (VCSS: Venous Clinical Severity Score; anamnesi ed esame obie%ivo ): I sintomi
sono classi2cati come lievi, moderati e severi.
Il sintomo venoso può essere un cocktail di sintomi della mala%ia venosa cronica: i pazienti lamentano:
- dolorabilità,
- senso di peso,
- prurito,
- aHaticabilità,
- crampi,
Gesti sintomi sono presenti in forma lieve, se sono occasionali e non limitano le normali a%ività
quotidiane, in forma moderata, se insorgono quotidianamente senza limitare le normali a%ività, e in
forma severa, quando limitano le varie a%ività quotidiane.
- Poi ci sono le varici che sono un dato obie%ivo che fa parte di questo punteggio: possono
essere delle varici sporadiche, cioè non tronculari (piccoli frammenti di varice nel contesto di tu%o il
tessuto so%ocutaneo degli arti). Viene data importanza anche alla corona Kebectasica, che veniva
Gesto ha una grandissima utilità per esempio in un pz che deve essere operata, che ha, un dolore
sogge%ivo quotidiano, multiple varici, edema solo di pomeriggio e quindi ha due punti per ciascuno;
non ha tu%i gli altri segni, la terapia compressiva la fa quasi tu%i i giorni, per cui prende un punteggio
totale di 8.
Viene operato, e il miglioramento lo si noti2ca con un passaggio da 8 a 4 del Venous Clinical Score,
perché non ha più dolore quotidiano, non ha più fastidio venoso, ha poche vene varicose, mentre resta
l’edema soltanto di pomeriggio e l’elastocompressione rimane.
- Punteggio anatomico (VSDS: Venous Segmental Disease Score; ecocolordoppler) : Gesto punteggio
non ha avuto molto successo, perché è un po’ complicato da fare, però classi2cherebbe da un punto di
vista anatomico il sogge%o in maniera estremamente precisa, tu gli daresti un punteggio per il reKusso e
un punteggio per la trombosi.
- Punteggio funzionale (VDS: Venous Disability Score; questionario sempli2cato, eventualmente
QoL): Gesto è estremamente semplice come score, in genere i questionari sulla qualità della vita sono
complicati, sono almeno 13-20-30 domande.
Bisogna chiedere se il pz:
- è sintomatico, ma svolge le normali a%ività anche senza le calze elastiche;
- è obbligato ad usare le calze elastiche per essere sintomatico
- è obbligato a riposarsi periodicamente,
- può succedere che neanche con le calze elastiche, neanche sollevando l’arto, riesca a vivere in
maniera normale.
Caso clinico
Donna di 70 anni è stata ricoverata 3 mesi fa per una fra%ura pelvica in seguito a una caduta che ha
richiesto un interventi chirurgico. In seguito all’intervento ha avuto embolia polmonare segmentaria.
In passato non aveva mai avuto problemi di questo genere.
In seguito a diagnosi ha preso l’anticoagulante orale, una compressa di warfarin ogni sera, mantenendo
l’INR nel range terapeutico, che per le recidive di mala%ie tromboemboliche è compreso tra 2.0 e 3.0.
Adesso lei è asintomatica, non ha dolore toracico, non ha dispnea e non ha edema alle estremità.
Gale consiglio diamo alla paziente che ha avuto tre mesi fa questo episodio di embolia polmonare?
Continuare la terapia come sta facendo per altri 6 mesi
Sospendere la terapia senza altri controlli
Sospendere la terapia solo se una TC mostra una risoluzione dell’embolismo polmonare
Ridurre la dose di anticoagulante e continuare la terapia per altri 3 mesi con un INR tra 1,5 e
2,5
Oppure sostituire il warfarin con un nuovo anticoagulante orale della famiglia degli xabani che
sono antagonisti del fa%ore X a%ivato e quindi esercitano un eHe%o anticoagulante
comparabile con quello dei dicumarolici.
L’approccio terapeutico che si usa è: se si tra%a di un episodio isolato alla base del quale c’è stata una
situazione acuta non ripetibile, come un intervento ortopedico, il periodo di tra%amento anticoagulante
consigliato per una mala%ia trombotica o per una embolia polmonare non complicata è di 3 mesi.
Se invece fosse stata un’embolia massiva si può arrivare 2no ai 6 mesi.
In caso di embolia cosidde%a idiopatica facciamo uno screening della coagulazione senza trovare alcun
fa%ore alterato o causa apparente e prolunghiamo la terapia per 6 mesi, mentre solo in presenza di
diatesi trombotica l’anticoagulante va protra%o per il resto della vita.
7indi la necessità di terapia di questa paziente è di tre mesi e visto che ha iniziato il tra4amento tre mesi
prima è possibile tranquillamente sospendere la terapia senza fare altro.
Nell’ambito della Medicina Interna le vasculiti oHrono spunti importanti dal punto di vista diagnostico
e terapeutico, sopra%u%o perché ad oggi disponiamo di un “armamentario” variegato e poiché in ambito
non specialistico oHrono numerose problematiche di tipo diagnostico diHerenziale. Una diagnosi
circostanziata è pertanto spesso non facile, potendo essere risolta solo a livello bioptico con problemi
pratici nella gestione del paziente.
Le vasculiti sono dei processi Kogistici cronici che causano degenerazione o disregolazione del sistema
vascolare, quindi possiamo avere delle sindromi che nascono da processi ischemici sia a livello sistemico
o con danno d’organo (principalmente cute, sistema cardiovascolare, rene e SNC; nei casi più rari può
essere coinvolto il SNP, con importanti problematiche di tipo diagnostico diHerenziale).
E’ possibile classi2care le vasculiti in:
- Forme primarie (non associate ad altro tipo di patologia);
- Forme secondarie (in genere associate ad Artrite reumatoide e LES).
In base all’estensione anatomica riconosciamo vasculiti:
Organo-speci2che (cute e so%ocute, a volte solo il rene così come il sistema gastro-intestinale
con problemi di diagnosi diHerenziale);
Sistemiche (con interessamento di tu%o l’albero vascolare con sintomatologia variegata e
aspeci2ca, spesso subdola).
Da un punto di vista patogenetico, le vasculiti sono la conseguenza dell’a%ività di:
3. IMMUNOCOMPLESSI: rappresentano il primum movens della risposta in2ammatoria e in
genere si considerano queste reazioni causali della vasculite quando l’Ag rispe%o all’Ab non è
in forte eccesso: la quantità di Ab e Ag è quasi equimolare con possibilità dell’inizio delle
reazioni complemento-mediate che determinano la reazione in2ammatoria vasale;
4. ANCA: sono autoanticorpi i cui target sono una proteinasi a serina dei neutro2li, la Proteinasi-
3 (Pr3), e un enzima utilizzato nel burst ossidativo dei neutro2li che è la mieloperossidasi
(MPO).
5. T-CELLS E GRANULOMI: la lesione anatomo-patologica più importante è il granuloma e la
componente linfocitaria è segnatamente la “T”, importante nello sviluppo della Kogosi.
IMMUNOCOMPLESSI
Si cara%erizzano per un lieve eccesso di Ag rispe%o all’Ab; la formazione degli immunocomplessi in
relazioni equimolari determina un’a%ivazione della via del complemento con creazione della
componente a%ivata dello stesso (come C5a, che ha a%ività chemiota%ica molto intensa nei confronti
dei PMN neutro2li che vengono quindi richiamati nella zona in cui c’è deposizione di immunocomplessi
a livello sub endoteliale e determinano le lesioni in2ammatorie a seguito della dismissione di enzimi
proteolitici e specie radicaliche dell’O2; tale azione è prevalente a livello renale).
Le cause responsabili della formazione degli immunocomplessi sono diverse:
farmaci
sieri utilizzati in terapia (di natura umana o animale)
Ag virali, sopra%u%o HBV e HCV, crioglobulinemie, cioè la presenza di frammenti di
immunoglobuline e altre proteine classiche che precipitano a certe temperature con creazione
degli immunocomplessi che triggerano la reazione in2ammatoria;
Conne%iviti autoimmuni, come la presenza degli anticorpi anti-DNA a singola e doppia catena
nel LES o il fa%ore reumatoide nell’AR.
ANCA
Gli ANCA sono di 2 tipi:
- cANCA: sono diHusi nel citoplasma dei PMN e sono dire%i contro la Pr3; sono tipicamente
presenti nella Granulomatosi di Wegener;
- pANCA: hanno un pa%ern perinucleare e sono dire%i contro la MPO; sono presenti nella
Granulomatosi di Wegener, Churg-Strauss (ha una predisposizione alle vasculiti dell’albero
circolatorio polmonare con in2ltrato anche di eosino2li oltre che neutro2li che da’ luogo a
necrosi 2brinoide)e poliangite microscopica (di diDcile diagnosi, può associarsi all’uso di
alcuni farmaci).
ARTERITE DI TAKAYASU
Interessa sopra%u%o l’arco aortico e i suoi rami, spesso le coronarie.
La frequenza è sempre bassa (3-4/1000000). Spesso sogge%i di sesso F in giovane età (<40aa)
L’eHe%o ultimo è quello di determinare una stenosi e quindi un’ischemia del territorio a valle. Essendo
coinvolto tu%o l’arco, possiamo avere vasculiti dei rami ascendenti (verso il SNC) o discendenti (con
possibile coinvolgimento delle arterie renali e compromissione della funzionalità renale).
Nel caso in cui ci sia un interessamento dell’arteria succlavia è possibile identi2care delle irregolarità
del polso arterioso con riduzione o scomparsa della pulsatilità.
Possibili soD aorto-addominali, con evidenza all’aortogra2a di restringimenti di tra%i dell’aorta o dei
suoi rami principali in assenza di aterosclerosi o displasia 2bromuscolare.
Di frequente riscontro è la presenza di aneurismi, conseguenza dell’indebolimento della parete vasale,
con esito in tromboembolismo o ro%ura.
Dunque nel sospe%o di un’arterite di Takayasu c’è indicazione a un’aortogra2a o una coronarogra2a a
seconda dei sintomi.
POLIARTERITE NODOSA
Colpisce le arterie di medio calibro; incidenza 6/1000000 con età media 40-45aa e nel 10-30% dei casi si
associa a infezione da HBV e HCV.
Sono stati segnalati alcuni casi sporadici a seguito della somministrazione di vaccini. Numerosi studi
hanno proposto che la patogenesi potesse riconoscere una base eredo-familare ma non è stato
dimostrato.
I sintomi sono abbastanza generici, come perdita di peso (tra il 5 e il 20% del peso corporeo di un
adulto). Una cara%eristica invece della poliarterite nodosa il possibile riscontro della Livedo reticularis,
una marezzatura abbastanza cara%eristica a livello degli arti inferiori e della parete toraco-addominale
(spesso alla palpazione è presente una 2ne granulia so%ocutanea, espressione degli in2ltrati
in2ammatori perivascolari). Importante anche l’ipertensione diastolica (>90mmHg), espressione della
riduzione dell’elasticità vasale e quindi aumento delle resistenze periferiche. Gli altri sintomi sono
aspeci2ci:
- miastenia,
- dolenzia agli arti inferiori,
POLIANGITE MICROSCOPICA
E’ forse la vasculite più diDcile da diagnosticare (anche per questa forma la diagnosi è solo su base
bioptica). Non è granulomatosa e la cosa che può aiutare nel sospe%o diagnostico è che spesso da’ una
necrosi dei vasi glomerulari (glomerulonefrite necrotizzante) con aspe%o a semiluna, che evidentemente
può essere evidenziato solo dopo biopsia renale.
Si associa ad ANCA (sopra%u%o pANCA, quindi Ab anti-MPO) e da un punto di vista clinico spesso tali
pazienti vanno incontro a emo%isi per ro%ura ed emorragia intra-alveolare.
Non si associa a infezione da HBV né HCV e, a diHerenza della poliarterite nodosa, non si associa a
ipertensione.
GRANULOMATOSI DI WEGENER
Si tra%a di una vasculite dei vasi di medio calibro e, a volte, anche di piccolo calibro, cara%erizzata
prevalentemente da un in2ltrato di tipo granulomatoso.
Gesta è una vasculite di tipo “sistemico”, quindi cara%erizzata da
un quadro sintomatologico abbastanza pleomorfo, vago. Spesso,
però, vedete come comun denominatore la compromissione della
funzionalità renale, sopra%u%o glomerulare, con queste glomerulo
nefriti necrotizzanti ad aspe%o “a semiluna”. Potete notare una
necrosi granulomatosa, granulomi con necrosi sostanzialmente
colliquativa.
Altra cara%eristica della Wegener è la presenza delle cellule
giganti, spesso plurinucleate (cara%ere patologico abbastanza
patognomonico della Wegener)
La necrosi, a volte, è di tipo 2brinoide e può colpire anche il
sistema respiratorio, c’è una necrosi 2brinoide dei piccoli vasi
polmonari.
La Wegener è, inoltre, cara%erizzata da un’alta positività degli ANCA,
sopra%u%o dei cANCA, quindi per gli anticorpi anti-proteinasi 3. La
Wegener colpisce, comunque, prevalentemente i vasi di medio e piccolo
calibro del sistema respiratorio e, a volte, addiri%ura, del naso. C’è
anche una deformità molto cara%eristica delle ossa nasali che deriva da
una vasculite dei piccoli vasi dell’etmoide e appunto delle ossa nasali,
conferendo questa tipica forma “a sella” al naso.
Poi possono esserci delle formazioni granulomatose, le quali possono
determinare anche delle microemorragie nell’ambito del polmone e
delle piccole lesioni escavative.
Poi abbiamo parlato del rene, poiché i glomeruli vengono in2ltrati,
sono sede di reazioni proliferative granulomatose. Si può notare anche
una paralisi del 6° nervo cranico, quindi dei nervi oculomotori (questa è
una lesione clinica quasi patognomonica della Wegener).
Possiamo, inoltre, osservare una sclerite necrotizzante, con un interessamento dei piccoli vasi della
sclera.
Importante da ricordare, comunque, è che la Wegener presenta questo spiccato tro2smo per la
muscolatura del sist. respiratorio. Ad essere interessato è l’albero respiratorio sia alto che basso.
MALATTIA DI BEHCET
E' una mala%ia in2ammatoria cronica multisistemica
recidivante con un'elevata incidenza nei paesi della via della
seta. I pz con un HLAB51 sono predisposti a sviluppare la
mala%ia. Per diagnosticare la mala%ia sono necessari:
- ulcere ricorrenti del cavo orale, almeno 3 volte l'anno
- ulcere genitali ricorrenti
- uveite antero-posteriore e vasculite retinica
- eritema nodoso, pseudofollicolite, lesioni pseudoacniformi
Si tra%a di una vasculite con un in2ltrato aspeci2co di tipo
linfomonocitario (sopra%u%o linfociti T), ed è una mala%ia
cara%erizzata da una duplice manifestazione:
-ulcere orali , molto dolenti; queste ulcerazioni, di origine
vasculitica, vanno a coinvolgere spesso anche l’esofago, si
riscontrano, dunque, ulcerazioni a livello della mucosa esofagea,
sopra%u%o del tra%o superiore. Può esserci una ulcerazione
talmente diHusa dell’esofago, che si possono manifestare
Porpora di Schönlein-Henoch
È cara%erizzata da una classica triade:
- porpora palpabile,
- artrite,
- dolori addominali.
Le lesioni cutanee hanno la tendenza a localizzarsi sulle natiche e gli arti inferiori.
In tali sedi può essere presente edema. L’artrite colpisce sopra%u%o le caviglie e le ginocchia: la Kogosi
articolare appare limitata nel tempo.
Le lesioni gastroenteriche possono causare dolori crampiformi, intussuscezione, emorragie, enteropatia
protidodisperdente o più raramente perforazione.
L’interessamento renale è presente in circa metà dei casi e, benché in genere sia lieve, può in alcuni casi
portare all’insuDcienza renale cronica.
È più comune nei bambini che negli adulti (età media 4-7 anni): negli adulti si manifesta in modo un po’
atipico in quanto predominano i disturbi articolari e il danno renale.
È una forma la cui patogenesi è chiaramente dovuta ad immunocomplessi. Nei 2/3 dei casi è preceduta
da un’infezione delle vie aree superiori (spesso da streptococco).
Talora esiste una correlazione con l’uso di farmaci (penicilline, tetracicline, sulfamidici, aspirina,
diuretici tiazidici).
Sono di solito presenti in circolo elevati livelli di IgA e la deposizione di tali anticorpi è costantemente
dimostrata a livello cutaneo e renale. Ciò determina una peculiarità di tale mala%ia in quanto il
complemento viene a%ivato per la via alterna anziché per la via classica.
Poiché tale forma si risolve per lo più spontaneamente, la prognosi è buona anche nei pazienti non
tra%ati.
Nelle forme più gravi, specialmente negli adulti, può essere necessario ricorrere agli steroidi. Raramente
Malattia di Buerger
Si tra%a di una mala%ia con prevalente interessamento della parete dei vasi delle estremità (ma anche i
vasi viscerali possono essere coinvolti) e conseguente formazione di occlusioni trombotiche, che si
veri2ca nei fumatori. I vasi interessati sono principalmente le arterie di piccolo e medio calibro e le vene
poste distalmente negli arti, ma non sono impossibili interessamenti in molti altri le%i vascolari: arterie
cerebrali, coronarie, renali, mesenteriche, polmonari, iliache, aorta.
Descri%a all’inizio del Novecento, questa mala%ia fu messa in discussione come entità nosologica
autonoma e nel 1960 fu sostenuta addiri%ura la sua non esistenza, a%ribuendone le manifestazioni
cliniche ad aterosclerosi periferica. Oggi, grazie al più diHuso impiego di tecniche angiogra2che e
all’esame istologico di frammenti arteriosi prelevati nel corso di interventi chirurgici, si è di diverso
parere. Le lesioni trombotiche della mala%ia di Buerger si veri2cano in arterie prossimalmente indenni,
il che non capita nelle occlusioni dovute
ad aterosclerosi. Sono documentate lesioni in2ammatorie della parete delle arterie interessate, che però,
a diHerenza di altre vasculiti, coinvolgono solo gli strati intimali endoluminali, risparmiando la tunica
elastica interna. In corrispondenza di queste lesioni si formano trombi, nel contesto dei quali si
sviluppano dei granulomi. Per di più, le alterazioni non riguardano solo le arterie, ma anche le vene e si
veri2cano tromboKebiti recidivanti.
Il tabacco svolge un ruolo eziologico importante, tanto che l’essere fumatori viene considerato un
elemento indispensabile per la diagnosi. Gesto vale non solo per il tabacco fumato, ma anche per
quello masticato o 2utato.
La mala%ia ha una patogenesi immunopatologica, ma non è chiaro quali siano gli autoantigeni
implicati. In pazienti con mala%ia di Buerger è stata dimostrata una reazione dei linfociti T al collageno
di tipo I e di tipo II.
Nel siero sanguigno sono stati trovati anticorpi contro cellule endoteliali. È possibile che una soHerenza
endoteliale sia importante per la patogenesi della mala%ia, dato che in pazienti con mala%ia di Buerger
è stato dimostrato un dife%o dei meccanismi di vasodilatazione dipendenti dall’endotelio.
La mala%ia è più diHusa in certi gruppi etnici, specialmente di origine asiatica, e negli individui con gli
antigeni di istocompatibilità HLA-A9 e B5. Insorge di regola prima dei 40 anni e colpisce i fumatori. Dal
punto di vista clinico è cara%erizzata da claudicazione intermi%ente, freddezza della cute, pallore e
sensazione di intorpidimento nei segmenti distali degli arti, sopra%u%o inferiori. Si distingue dalla
claudicazione intermi%ente di origine aterosclerotica perché questa provoca dolore sopra%u%o ai
polpacci, mentre la mala%ia di Buerger lo induce prevalentemente ai piedi.
Si distingue da altre vasculiti per la moderata (se pur esistente) alterazione degli indici di laboratorio di
fase acuta. La coesistenza di tromboKebiti recidivanti è pure un forte elemento a favore della diagnosi di
mala%ia di Buerger.
Purtroppo l’evoluzione è spesso sfavorevole e non è rara la gangrena (con successive mutilazioni) a
carico delle estremità. I corticosteroidi e gli immunosoppressori sono di dubbia eDcacia e la sola misura
di qualche possibile, ma incostante, utilità è la soppressione del fumo. Si so%olinea l’importanza della
totale cessazione del fumo, perché anche una o due sigare%e al giorno, o l’assunzione di forme di
rimpiazzamento della nicotina, possono mantenere la mala%ia a%iva. Nessun’altra forma di terapia è
sicuramente eDcace, anche se risultati incoraggianti sono stati o%enuti con l’impiego di ilopoprost (un
analogo delle prostaglandine) per infusione endovenosa giornaliera, con la terapia trombolitica intra-
arteriosa impiegando streptochinasi e con la rivascolarizzazione chirurgica. Il ruolo della
simpaticectomia per prevenire le amputazioni e tra%are il dolore resta poco chiaro.
SCHEMA RIASSUNTIVO
Epidemiologia:
prevalenza: 40/100.000 forme primitive, 0,1% totale
incidenza: 14casi/100.000ab/anno
in Italia: la forma più frequente è la crioglobulinemia mista; la porpora di Shonlein Henoch è la
forma pediatrica più frequente mentre l’arterite gigantocellulare è la più frequente
nell’anziano. L’arterite di Takayasu è rara nel nostro paese e mostra una spiccata predilezione
per il sesso femminile.
Patogenesi: nelle vasculiti dei piccoli vasi e nella PAN prevalgono i meccanismi umorali da depositi da
deposito endoteliale di immunocomplessi mentre nelle vasculiti dei grandi vasi e in quelle
granulomatose prevalgono i meccanismi cellulo-mediati; nelle forme ANCA associate è probabile un
ruolo patogenetico degli Ab stessi.
Clinica: il sospe%o di una patologia vasculitica deve sorgere quando si presenti un quadro di patologia
Vasculiti ANCA-associate
De&nizione: vasculiti che colpiscono i vasi di medio e piccolo calibro con frequente interessamento
polmonare e renale cara%erizzato da GNF necrotizzante pauci-immune. Comprendono:
Granulomatosi di Wegener(GW), più frequentemente associata a c-ANCA
Micropoliangioite(MPA)
Sindrome di Churg-Strauss(sCS)
Altre: forme renali, forme associate a farmaci
Epidemiologia: incidenza: 1,2-2casi/100.000ab/anno; prevalenza: 5-20/100.000.
Patogenesi: possono essere indo%e da alcuni farmaci e sostanze chimiche (Si), oltre che da infezione da
PvB19 o da colonizzazione sta2lococcica persistente(GW) ma nella maggior parte dei casi non si ritrova
un elemento causale. Nella sCS è probabile che abbiano un ruolo particolare gli eosino2li, a%ivati da
una reazione TH2 indo%a da allergeni inalati, farmacologici o infe%ivi.
Gli anticorpi anti-citoplasma dei neutro2li (ANCA) sono dire%i principalmente contro la MPO
(mieloperossidasi) o la PR3 (proteinasi-3) espresse a livello di membrana di granulociti pre-a%ivati e
sono in grado di stimolarne la degranulazione e liberazione di radicali liberi, svolgendo con ogni
probabilità un ruolo patogenetico. Infa%i l’infusione di Ab anti-MPO, anche in topi nude (privati di
linfociti) determina la comparsa di vasculite sistemica e GNF senza deposito di IC.
Clinica: oltre ai sintomi generali di febbre, astenia e calo ponderale è presente un coinvolgimento:
Wegener:
o Naso: dolore e rinorrea purulenta/ematica/crostosa per necrosi e perforazione del
se%o nasale e dei seni paranasali con conseguente deformità “a sella”. Ulcerazioni e
2stole possono anche estendesi a palato e faringe.
o Trachea: stenosi tracheale subglo%ica che può portare alla necessità di un’intubazione
o Occhi: proptosi e diplopia per lo sviluppo di masse retrobulbari pseudotumorali.
o Polmone: noduli polmonari escavati singoli o multipli che possono causare emokoe e
in2ltrati in2ammatori 2ssi
Forma localizzata: lesioni esclusivamente ORL e oculari
Churg-Strauss:
L’edema è un accumulo di liquido a livello tissutale. Ci sono diversi tipi di edema: sistemici e non
sistemici.
Gli edemi sistemici sono dovuti all’interessamento di un organo particolare dell’organismo. Essendo noi
degli organismi viventi sostanzialmente bipedi, il liquido tende ad accumularsi nelle parti declivi del
corpo, quindi verso gli arti inferiori.
In certi casi poi arriviamo all’ anasarca, ovvero un accumulo generalizzato che interessa anche la cavità
peritoneale, le cavità pleuriche e il pericardio.
L’edema non sistemico interessa un solo lato del corpo umano e ne sono un esempio gli edemi della
Kogosi acuta e il linfedema. Chiaramente se abbiamo una trombosi venosa profonda a carico della vena
cava inferiore, avremo un edema bilaterale pur non tra%andosi di edema sistemico.
L’edema sistemico può essere dovuto a un problema cardiaco, in particolare uno scompenso cardiaco,
che causa un aumento di pressione nel circolo venoso a monte; ancora possiamo avere uno stato di
ipoalbuminemia nei casi di cirrosi epatica , di sindrome nefrosica e di enteropatia protido-
disperdente, che determinano una perdita di albumina, la principale proteina coinvolta nel
mantenimento della pressione oncotica e quindi dei Kuidi all’interno del vaso sanguigno.
LINFEDEMA
E' de2nito come un accumulo interstiziale di liquido ad elevata concentrazione proteica (> 1g/dl).
Il sistema linfatico si occupa di drenare i liquidi in eccesso, le proteine e le cellule dall’interstizio: un
dife%o a carico di questo sistema, sia esso congenito oppure acquisito, comporta appunto un edema.
Dal punto di vista epidemiologico, circa 140 milioni di persone al mondo soHrono di questa patologia
e quasi la metà di questi casi è dovuta a una causa congenita.
Tra le cause secondarie sono importanti sopra%u%o le parassitosi, in particolare la 2laria Wuchereria
Bancroki, e le cause iatrogene, ovvero la rimozione delle stazioni linfonodali in chirurgia oncologica e
gli eHe%i del trattamento radioterapico.
In Italia, il 15% dei casi di linfedema evolve verso le forme più gravi, che sono molto diDcili da gestire,
poiché mentre nell’edema sistemico basta usare i diuretici o somministrare albumina, qui ci troviamo di
fronte a un liquido ricco in proteine, quindi diDcile da curare con i farmaci.
Sempre in Italia il 30% dei linfedemi sono congeniti, mentre il 70% sono secondari, quindi questi ultimi
sono di gran lunga più frequenti.
Nel 20% dei casi sono coinvolti gli arti superiori , dove la causa più frequente è la dissezione
linfonodale ascellare nella chirurgia del carcinoma della mammella. Nel restante 80%, sono invece
colpiti gli arti inferiori, sopra%u%o per gli esiti della chirurgia ginecologica (ad esempio per carcinoma
della cervice uterina) e urogenitale (ad esempio per carcinoma della prostata e del testicolo). Le donne
sono molto più interessate da questa patologia rispe%o agli uomini, e i due picchi di incidenza sono
collocati a%orno ai 30 anni per le forme congenite e a%orno ai 60 anni per le forme secondarie.
Eziologia
Dal punto di vista eziologico, le cause principali di edema
linfatico sono grossomodo le stesse dell’edema venoso:
- un aumento della pressione di 2ltrazione,
- una diminuzione dell’albumina del sangue,
- un accumulo di proteine nell’interstizio come avviene nel
processo in2ammatorio.
L’edema compare quando abbiamo uno squilibrio tra il carico
linfatico e la capacità linfatica, che de2niscono uno scompenso
linfatico a basso e ad alto Kusso.
Nello scompenso ad alto 4usso, abbiamo una enorme quantità
di liquido interstiziale che satura la capacità del sistema
linfatico: ne sono esempio lo scompenso cardiaco, la sindrome
nefrosica, la cirrosi epatica e l’enteropatia protido-disperdente.
Man mano che il linfedema evolve, oltre all’edema abbiamo anche un fenomeno di &brosi 2no a quadri
di liposclerosi del derma, con indurimento del tessuto, che sono impossibili o comunque estremamente
diDcili da curare.
Le neoplasie più frequentemente associate a linfedema sono le neoplasie ginecologiche : addiri%ura
dopo un intervento di isterectomia, possiamo avere il fenomeno della linforrea, cioè perdita di linfa per
via vaginale, che fortunatamente è un fenomeno che si autolimita nel tempo. Abbiamo ancora il
melanoma, il colon-re%o e poi la vescica e la prostata, che oltre alla disseminazione linfatica possono
dare anche un quadro di in2ltrazione e compressione dei vasi circostanti, 2no a una vera e propria
trombosi.
Una diagnosi diHerenziale errata può portare alla somministrazione, per esempio, di un diuretico in un
paziente con insuDcienza venosa cronica (paziente con edema in presenza di vene varicose). In questa
circostanza, il diuretico non è eDcace per curare l’edema venoso, ed espone il paziente agli eHe%i
indesiderati del farmaco, come ipokalemia, iperuricemia, dislipidemia ed accelerazione del diabete
(diuretici tiazidici e dell’ansa), ginecomastia nell’uomo e iperprola%inemia nella donna (diuretici
risparmiatori di potassio).
Può sussistere una relazione di interdipendenza tra alcune patologie (come la TVP) e l’edema stesso.
Gando ci sono due patologie comuni che coesistono, questo può avvenire per puro caso, o perché
hanno fa%ori di rischio comuni, oppure l’una altera l’altra e si potenziano a vicenda. Nel caso di TVP ed
edema ciò avviene perché i fa%ori di rischio e i meccanismi eziopatogenetici sono in comune.
Se l’edema non viene corre%o, il paziente (sopra%u%o se anziano) è costre%o a portare del peso in più a
livello delle caviglie derivato dall’edema, di conseguenza si muoverà di meno, avrà perciò un rido%o
tono muscolare e questo farà venir meno la funzione di pompa muscolare aggravando l’edema e
generando un circolo vizioso.
L’edema è anche correlato all’aterosclerosi. Una persona sedentaria, con alimentazione squilibrata ed
edema degli arti inferiori (molte persone presentano questo quadro) apre la porta a tu%a una serie di
patologie dismetaboliche:
Obesità
IFG (alterata glicemia a digiuno), IGT (alterata tolleranza glucidica) o diabete
Ipertensione arteriosa
Aterotrombosi
Tromboembolia venosa (il 50% delle trombosi venose prossimali si complicano con un’embolia
polmonare)
Ulcere venose
È l’ultimo stadio della mala%ia venosa cronica. Si forma un’ulcerazione cronica nel terzo
inferiore della gamba a lentissima evoluzione. Tendenza alla guarigione e alla recidiva.
Varie mala%ie croniche possono rallentare la guarigione delle ulcere venose:
▪ Patologia articolare (caviglia, anca o ginocchio) → diDcoltà a deambulare con
comparsa di edema
▪ BPCO
▪ Mala%ie ematologiche ad elevata viscosità (come l’anemia falciforme)
SOMMARIO:
Ispezione
L’esame ispe%ivo del torace, dopo aver osservato a%entamente la cute e gli a%eggiamenti del pz si
completa con lo studio della conformazione del torace; esistono numerose anomalie della
conformazione toracica che non hanno un equivalente clinico: tra esse, il torace imbutiforme, con
depressione della metà inferiore dello sterno, o quello carenato, con sterno sporgente a forma di carena.
Maggiore rilevanza presentano le deformazioni toraciche che possono condizionare in senso negativo la
meccanica ventilatoria o che rappresentano le conseguenze di una patologia respiratoria. Si riconoscono
così le alterazioni statiche e dinamiche. Tra le prime vanno segnalate le deviazioni del rachide, come la
cifoscoliosi o il gibbo. Tra le alterazioni dinamiche possono essere obie%ivabili in talune circostanze
delle retrazioni o delle dilatazioni circoscri%e ad un solo emitorace, che generalmente si accompagnano
ad una rido%a motilità respiratoria.
Retrazione si può avere in presenza di 2brosi polmonare retraente (de2nita 2brotorace e
frequentemente esito di mala%ie in2ammatorie croniche del parenchima polmonare) o in caso di
atele%asia lobare (collasso degli alveoli polmonari per perdita del loro contenuto aereo). Talora
l’emitorace retra%o presenta notevole rientramento inspiratorio degli spazi intercostali, quale
conseguenza dell’aumentata depressione intrapleurica che si oppone alla minore tendenza alla
distensione del polmone aHe%o.
Palpazione
La palpazione del torace consente di o%enere una migliore de2nizione di alcuni reperti ispe%ivi, quali la
simmetria della gabbia toracica e l’espandibilità dei due emitoraci.
Utilizzando entrambe le mani, saldamente appoggiate sulla super2cie cutanea e unite sulla linea
mediana con l’estremità del primo dito, l’esaminatore ne osserva l’allontanamento dalla linea mediana
durante l’inspirazione. Gesta manovra deve essere ripetuta in più punti dalle regioni apicali a quelle
basali, sia anteriormente che posteriormente. Sarà così meglio apprezzabile una eventuale asimmetria
dinamica già osservata ispe%ivamente.
La più importante informazione o%enibile dall’esame palpatorio del torace consiste tu%avia nel rilievo
del fremito vocale ta%ile (FVT). È questa una sensazione vibratoria percepibile appoggiando la mano a
pia%o sul torace ed esercitando una leggera pressione mentre il paziente pronuncia una parola ricca di
consonanti (33).
Il FVT prende origine dalle vibrazioni delle corde vocali che hanno luogo durante la fonazione e che si
trasme%ono alle parti solide dell’albero respiratorio a%raverso la colonna aerea tracheo-bronchiale. Il
FVT deve essere rilevato appoggiando la mano in regioni simmetriche del torace (per comparare
il reperto di un lato con quello controlaterale) e procedendo dalle zone apicali a quelle basali.
Perché il FVT possa essere normalmente trasmesso sono necessari:
- l’integrità dell’organo di fonazione (corde vocali);
- la pervietà delle vie aeree in tu%o il loro decorso.
Il FVT aumenta ogni qualvolta si ha un aumento della componente solida nel parenchima polmonare
che consenta la pervietà delle vie aeree: ciò si veri2ca in presenza di un addensamento in2ammatorio o
di altra natura, di un infarto emorragico polmonare (necrosi circoscri%a di tessuto polmonare a seguito
di ostruzione di rami dell’arteria polmonare), di una 2brosi o di atele%asia da compressione, non causata
cioè da una completa ostruzione bronchiale (che abolirebbe il FVT). Anche in presenza di cavità
polmonari comunicanti con un bronco e non ripiene di liquido si avvertirà un rinforzo
del FVT.
La riduzione o abolizione del FVT si ha in presenza di una mala%ia delle corde vocali che comprome%a
la capacità di fonazione, e ogni qualvolta si veri2chi un’ostruzione bronchiale (per es., nell’atele%asia
conseguente ad ostruzione bronchiale e successivo riassorbimento dell’aria negli alveoli del territorio
Percussione
In condizioni normali il rumore o%enibile percuotendo la maggior parte delle zone del torace è de2nito
suono chiaro polmonare ed è l’espressione del normale rapporto tra parenchima polmonare ed aria
presente durante una respirazione tranquilla.
Ogni qualvolta la componente solida a livello parenchimale aumenta a scapito di quella gassosa il suono
evocato assume cara%eri di minore intensità e durata e di maggiore frequenza: diviene cioè ipofonetico.
Galora, in particolari condizioni patologiche, il contenuto aereo del polmone venga completamente
sostituito da materiale solido, il suono evocato viene de2nito o%uso (si parla anche di o%usità di coscia).
Al contrario, nelle condizioni in cui il parenchima polmonare subisce un danno che ne aumenti la
componente gassosa a scapito di quella solida, il suono percussorio assume un cara%ere più intenso:
diviene cioè iperfonetico.
In particolari condizioni il suono percussorio acquista una notevole sonorità ed un timbro timpanico,
che ricorda quello emesso da una cassa di risonanza ricoperta da una membrana elastica in tensione.
Le principali condizioni patologiche polmonari che si accompagnano ad ipofonesi plessica sono gli
addensamenti di qualsiasi natura, la 2brosi polmonare, i versamenti pleurici e l’atele%asia, oltre al
cospicuo aumento del pannicolo adiposo so%ocutaneo.
L’iperfonesi si osserva tipicamente nell’en2sema polmonare o in sogge%i estremamente magri.
In presenza di pneumotorace o di cavità estese a contenuto gassoso il suono percussorio può acquistare
un timbro timpanico.
La percussione del torace ha una duplice 2nalità:
quella di delimitare il parenchima polmonare rispe%o agli organi contigui (percussione delimitativa) e
quella di confrontare un eventuale reperto con la regione simmetrica controlaterale (percussione
comparativa).
È possibile, in condizioni normali, delimitare ,a livello clavicolare, delle zone disposte “a bretella” in cui
si avverte un suono chiaro polmonare, contrapposto all’o%usità delle parti molli site medialmente e
lateralmente. Geste due regioni sono de2nite campi di Krönig.
Processi patologici di natura infe%iva o neoplastica a localizzazione apicale possono determinare la
riduzione o la scomparsa dei campi di Krönig, evocando una ipofonesi o una franca o%usità in questa
regione.
Una volta stabilito il punto di passaggio tra il suono chiaro polmonare e l’o%usità degli organi
so%ostanti, l’esaminatore dovrà determinare la mobilità inspiratoria delle basi polmonari; per fare ciò è
necessario porre il dito plessimetro immediatamente al di so%o della fal- da inferiore di suono chiaro
polmonare e invitare il paziente a compiere una profonda inspirazione; eseguendo una percussione
durante questa manovra, si avvertirà, in condizioni normali, una modi2cazione della sonorità
percussoria che da o%usa diverrà chiara, a causa del riempimento dello sfondato costo-frenico da parte
del polmone ripieno d’aria. La normale escursione delle basi polmonari durante un’inspirazione forzata
è di 3-4 cm. In numerose condizioni patologiche tale escursione è rido%a o abolita.
Auscultazione
I rumori respiratori normalmente percepibili all’auscultazione polmonare sono essenzialmente due, cioè
il respiro bronchiale ed il murmure vescicolare.
Il respiro bronchiale è un rumore soDante percepibile in una piccola regione prossimale alla trachea, in
prossimità della linea mediana, sia anteriormente che posteriormente. Esso è generato dal passaggio
dell’aria nella trachea e nell’albero bronchiale e presenta un’intensità crescente durante l’inspirazione e
gradualmente decrescente durante la fase espiratoria. Esso è, nella maggior parte delle regioni toraciche,
mascherato dal rumore proveniente dagli alveoli polmonari, le cui pareti sono messe in vibrazione
dall’arrivo del Kusso aereo durante l’inspirazione; tale rumore, che acquista intensità udibile a causa
SEGNI E SINTOMI
Tosse
La tosse è un fenomeno riKesso, che partendo da rece%ori a carico delle prime e grandi vie aeree, ma
anche dalla pleura e per2no da sedi extrapleuriche, quali l’orecchio medio, percorre la via aHerente del
vago e del glossofaringeo, giunge ad un centro bulbare della tosse e si realizza tramite impulsi che
giungono alla laringe, al diaframma, ai muscoli intercostali e ai muscoli respiratori accessori. Si
distinguono tre fasi:
Cianosi
La cianosi è l’espressione clinica di un de2cit di saturazione in O 2 dell’emoglobina e compare quando
sono presenti almeno 5 g/dl di emoglobina insatura. È una colorazione bluastra che interessa
prevalentemente le estremità e le zone ove la cute è più trasparente (prolabi, le%o ungueale).
Può dipendere da un de2cit di saturazione arteriosa (de2cit del polmone) oppure da un eccesso di
estrazione di O 2 a livello dei tessuti (de2cit di portata cardiaca). La cianosi da de2cit polmonare può
essere corre%a da ossigenoterapia, mentre non lo è quella dovuta a shunt destro-sinistro cardiaco.
L’anemia può mascherare una cianosi, che invece può essere facilitata dalla poliglobulia.
Se la cianosi persiste a lungo, possono comparire le cosidde%e dita a bacche%a di tamburo,
cara%erizzate da convessità dell’angolo fra parti molli e le%o ungueale e da aumento di volume
dell’ultima parte della falange. Esse possono comparire nelle mala%ie polmonari croniche con
desaturazione arteriosa, precocemente nel cancro polmonare, nelle cardiopatie congenite cianogene, ma
anche nella cirrosi epatica e nella colite ulcerosa.
Secondo le cara%eristiche di presentazione, si distinguono una dispnea espiratoria (stenosi delle vie
aeree intratoraciche ed intrapolmonari), una dispnea inspiratoria (stenosi delle vie aeree extratoraciche)
ed una dispnea parossistica (a brusca insorgenza e di notevole intensità).
Dolore toracico
Le principali cause di dolore toracico sono:
infarto
embolia
polmonite
aneurisma dell'aorta
pericardite
pneumotorace
Sono le sei diagnosi principali, non tanto per frequenza, quanto per importanza, sono le principali
patologie che possono comportare un rischio di morte imminente per il pz.
Altre cause frequenti di dolore toracico sono il reKusso gastroesofageo, l'esofagite (l'esofagite dà un
dolore toracico molto forte, che può somigliare a quello da aneurisma dell'aorta), la pleurite, l'herpes
zoster, le neoplasie (mediastiniche o le neoplasie che possono interessare le coste).
E' importante fare una strati2cazione: a tal 2ne dovete vedere la diagnostica cardiologica e quindi
cercare di escludere, a%raverso l'anamnesi, l'esame clinico, l'ECG e i test diagnostici, la cardiopatia
Caso clinico:
- Uomo di 30 anni con storia di asma ha febbre da circa 10 giorni.
- La febbre ha avuto un andamento un po’ particolare: inizialmente si associava a mal di gola e dolori
muscolari diHusi che sono passati dopo 5 giorni di alle%amento; dopo due giorni dalla risoluzione dei
sintomi è ricomparsa la febbre con aHanno e tosse produ%iva.
- Alla visita ha quasi 39° di temperatura, pressione normale e tachicardia (come si conviene per una
temperatura di 39°). Anche la frequenza respiratoria è un pochino aumentata, 24 bpm mentre un
ragazzo di 30 anni respira a meno di 20 a%i al minuto, e ha una desaturazione ossimetrica (saturazione
ossigeno 89% contro un valore normale intorno al 94%).
- All’auscultazione del torace si sentono dei crepitii, ipofonesi o o%usità alla percussione e il fremito
vocale ta%ile è aumentato alla base polmonare sinistra.
(Il termine egofonia, è quello equivalente americano o inglese per indicare un aumento della
trasmissione al fremito vocale ta%ile)
Inoltre essendo il paziente asmatico ci sono anche dei sibili diHusi.
- Il medico eHe%ua un Rx del torace dove appare una ipodiafania al livello del lobo di sinistra (come da
immagine).
L’Haemophilus inKuenzae e la Moraxella Catarrhalis sono cause comuni di polmonite lobare acquisita
in comunità, ma sono meno comuni dopo un’inKuenza rispe%o al S. Pneumoniae.
L’infezione da Pneumocystis jirovecii sarebbe insolita in un paziente immunocompetente essendo un
parassita opportunista. L’inKuenza, invece, ha un classico andamento monofasico.
CONSIDERAZIONI GENERALI
- Le infezioni del polmone profondo e le polmoniti in particolare sono un importante causa di mortalità
sopra%u%o negli anziani.
- Non soltanto in sogge%i in età avanzata la polmonite fa morire di più, ma nei sogge%i in età avanzata,
la polmonite incide anche di più. Gindi la maggior mortalità è legata ad una maggiore gravità , ma
anche ad una maggior frequenza della situazione. La rappresentazione gra2ca a%raverso l’età ha una
forma ad U ; signi2ca che la polmonite incide molto di più nell’età più giovanile, ma incide moltissimo
SINTOMI
I dati sui quali ci si basa per sospe%are una polmonite sono:
- tosse acuta. E’ diDcile che un paziente con polmonite non abbia tosse.
- dolore toracico, specialmente se asimmetrico, qualsiasi esso sia.
- Elementi riguardanti la frequenza del respiro e la confortevolezza del respiro, dunque tachipnea,
dispnea.
- febbre che sia durata più di qua%ro giorni.
Un paziente che abbia una condizione di tosse e almeno uno soltanto di questi sintomi, merita una
radiogra(a del torace.
PREVENZIONE
Esiste un’evidenza dell’a%ività della vaccinazione antinKuenzale; essa provoca una riduzione del rischio
di ospedalizzazione che è di circa il 50 % e una riduzione di mortalità e del rischio che è dell’ordine del 60-
70%. .
Per quel che riguarda la vaccinazione antipneumococcica e l’ ospedalizzazione, si avrà una riduzione del
rischio del 43 % ed una riduzione del rischio per la mortalità del 29 %, e l’associazione delle due porta ad
una diminuzione dell’ ospedalizzazione che è del 72 % , e per quanto riguarda la morte una riduzione
dell’82 %.
CLASSIFICAZIONE
E’ importante prendere in considerazione una classi2cazione che non parta dagli agenti infe%anti, ma
dalle condizioni in cui questa polmonite si veri2ca.
Si tra%a di quattro condizioni:
- CAP: community acquired pneumonia
- HCAP: health care associated pneumonia , che sono delle polmoniti acquisite in comunità, ma in
sogge%i che abbiano qualcosa a che vedere con l’assistenza medica
- HAP o NP: che sono le polmoniti nosocomiali
- VAP: che si veri2cano all’interno dell’ospedale in sogge%i che abbiano la ventilazione assistita.
Gesta distinzione è importante, perché ha delle implicazioni molto forti, so%o vari punti di vista.
Compreso il piano dell’assistenza.
CAP
Epidemiologia
Le CAP sono le polmoniti più frequenti, seguite dalle HCAP. Facendo la somma di queste due classi,
normalmente abbiamo circa 2/3 e anche oltre di tu%e le polmoniti che causano un ricovero in ospedale.
Le altre classi di polmoniti riguardano il 30 % del totale.
La mortalità dei pz con CAP tra%ati a domicilio si aggira tra l'1 e il 5% mentre nei pz ospedalizzati si
arriva al 20% per i ricoverati in reparti internistici ed al 40% per i ricoverati nelle terapie intensive.
Non sapendo quante sono realmente le polmoniti però la diHerenza sulla base della mortalità non ha un
grande signi2cato.
L'incidenza è maggiore negli anziani e nei primi anni di vita assumendo una distribuzione ad U.
I vari agenti eziologici presentano dei periodi preferenziali, ad esempio il primo trimestre per
M.Pneumoniae o il periodo autunnale ed estivo per la Legionella.
L'incidenza in Italia è di 12 pz per 100000 individui l'anno.
Fattori di rischio
Ci sono vari fa%ori che possono esser considerati fa4ori di rischio per l’incidenza di polmonite.
- Fumare è un fa%ore di rischio associato anche ad un’incidenza di polmonite.
- E’ associata, sia in eccesso che in dife%o, ad un’eccessiva variazione di peso.
I problemi che spesso comportano l'ospedalizzazione di un pz con CAP saranno:
- le mala4ie cardiache
- le mala4ie neurologiche,
- le neoplasie,
- la presenza di asma;
- terapia corticosteroidea sistemica,
Eziopatogenesi
La maggior parte delle CAP sono ad eziologia ba%erica, anche se in qualche caso è possibile il
coinvolgimento virale (sopra%u%o nei primi anni di vita).
Lo Streptococcus Pneumoniae è l'agente eziologico più frequente, riscontrato in circa 1/3 dei casi,
ache se si ritiene che possa essere coinvolto in circa il 50% delle CAP.
Tra i patogeni atipici, che causano in genere polmoniti di minore importanza, che non richiedono
l'ospedalizzazione e sopra%u%o in pz giovani, ricordiamo Mycoplasma Pneumoniae, Clamydia
Pneumoniae.
Patogeni che possono comportare l'ospedalizzazione del pz dando una polmonite grave, sono in genere
gram – come Haemophilus InKuenzae ed Enterobacteri.
Nei pz con CAP che richiedono il ricovero in terapia intensiva, sono frequenti la Legionella,
Pseudomonas Aureginosa.
Nella maggior parte dei casi l'eziologia resta ignota.
La decisione circa l'ospedalizzazione del pz con CAP dipende da diverse condizioni come:
- severità della mala%ia
- comorbilità
- fa%ori di rischio
- presenza di una possibile assistenza familiare/domiciliare adeguata
- adesione del pz alle terapie indicate
Sono stati proposti diversi approcci metodologici per stabilire la gravità della mala%ia e la necessità del
ricovero. I due più importanti però sono senza dubbio: il Pneumonia Severity Index (PSI) e il CURB-65
index.
Il PSI a%ribuisce ai pz dei punteggi in base ai parametri descri%i precedentemente ed in base ai risultati
dei test di laboratorio (come azotemia, natriemia, glicemia, ematocrito). Se il punteggio risulta < a 90, il
pz va tra%ato a domicilio, se il punteggio è > di 91 va ricoverato.
L' Indice CURB65 è invece più semplice da utilizzare e si basa su:
Stato confusione pz (si suggerisce di valutarlo con test AMT (test abbreviato mentale) con
punteggio di 8 o meno )
Azoto ureico (BUN superiore a 19mmoli/L)
Frequenza respiratoria superiore a 30 al minuto
Ipotensione : pressione sistolica bassa è sicuramente associata a prognosi negativa
eta > 65 anni
A seconda delle condizioni cliniche il pz che viene ricoverato può essere gestito in un normale reparto
di degenza o necessiterà di un reparto ad alta intensità di cura. Gesta decisione si basa su 3 parametri e
basta che uno dei tre sia alterato perché il pz debba (nei limiti del possibile) essere gestito in un reparto
ad alta intensità di cura.
I 3 parametri sono:
numero focolai presenti: se sono impegnati almeno due lobi polmonari è opportuno che il pz
venga gestito in reparti ad alta intensità di cura
ipotensione arteriosa persistente (sistolica inferiore a 90mmhg)/pz emodinamicamente
instabile
rapporto tra paO2 arteriosa e FiO2 (frazione inalata ossigeno) <250 che corrisponde a quadro
insuDcienza respiratoria severa.
Trattamento
Idealmente il tra%amento delle CAP richiederebbe il riconoscimento dell'agente eziologico per poter
impostare una terapia mirata. Ciò avviene in una percentuale molto bassa di casi. Nella realtà clinica
pertanto è indispensabile riuscire ad impostare una terapia empirica. La tempistica e la scelta della
terapia ha importanti risvolti sulla prognosi della mala%ia. La terapia empirica deve essere impostata
tenendo conto:
- dei possibili patogeni implicati
- delle resistenze antibiotiche
- degli eventuali eHe%i collaterali
La terapia empirica è volta principalmente ad eradicare le infezioni più frequenti come quella da S.
Pneumoniae, M. Pneumoniae e L. Pneumophyla.
In base alla gravità della mala%ia ed alla degenza (domiciliare od ospedaliera) gli agenti terapeutici e gli
HAP
De%e anche polmoniti nosocomiali, si sviluppano durante l'ospedalizzazione, dopo 48 ore dal ricovero.
Alcuni autori includono nella grande famiglia delle HAP anche le VAP associate alla ventilazione
assistita e le HCAP associate ad assistenza sanitaria. Una delle cara%eristiche è la presenza di germi
multiresistenti, pertanto la terapia sarà diversa da quella delle CAP.
Epidemiologia
Le HAP hanno un incidenza del 2% circa nei pz ospedalizzati e rappresentano la seconda infezione più
comune contra%a in ambiente nosocomiale (la prima è quella delle vie urinarie). Il range di mortalità va
dal 30 al 70%.
I principali fa%ori di rischio sono: l'età, il reparto di ricovero, il tipo di ospedali. I pz più giovani sono
meno propensi a sviluppare HAP rispe%o agli anziani.
Le HAP che presentano un tempo di insorgenza lungo (5 gg dal ricovero) hanno una probabilità
maggiore di essere causate da patogeni resistenti e diDcili da tra%are. I pz più a rischio per questa
condizione sono quelli già tra%ati in precedenza con antibiotici e i pz residenti in case di cura.
Diagnosi
La diagnosi clinica è spesso complessa, pertanto è preferibile seguire le linee guida che consigliano
l'utilizzo di una strategia clinica e ba%eriologica.
La diagnosi va presa in considerazione quando si veri2cano nel pz sintomi respiratori di nuova
insorgenza o si aggravano dei sintomi già presenti. Nell'anziano possono prevalere segni non respiratori
quali la confusione mentale.
L'Rx torace consente la localizzazione di opacità diHuse e quindi la diagnosi della mala%ia, nonché la
localizzazione dei focolai.
Gli esami di laboratorio mostrano una leucocitosi ed un aumento di VES e PCR.
Sono necessari gli esami volti ad identi2care il patogeno responsabile. La sua presenza va indagata nei
campioni o%enuti tramite espe%orato, tramite BAL o emocolture.
Terapia
La terapia empirica si deve basare sulla possibilità che il pz presenti un'infezione da patogeni resistenti
(MDR). Pertanto è sconsigliata la monoterapia. Appena riconosciuto il patogeno, laddove sia possibile, è
auspicabile passare alla terapia guidata dall'antibiogramma.
VAP
La polmonite nosocomiale è la seconda più comune condizione di infezione nosocomiale, dopo l’infezione
del tra4o urinario.
Le infezioni da polmonite nosocomiale non sono ovviamente prive di aspe%i che possono essere
Le CAP hanno una degenza in ospedale che è decisamente più corta rispe%o a quella delle VAP,
parliamo di qualcosa che è più di 1/3, e ovviamente anche i costi cambiano notevolmente.
E’ importante sapere quali sono i fa%ori di rischio per un’infezione nosocomiale con polmonite:
- un tubo endotracheale
- un tubo nasogastrico
- dei tubi per la nutrizione enterale
- la posizione supina
- sedazione o uno stato mentale alterato.
- l’alcalinizzazione gastrica; oggi quasi tu%i i pazienti che stanno in ospedale li tra%iamo con un potente
farmaco alcalinizzante per lo stomaco, una famiglia di farmaci che alcalinizzano lo stomaco, nonché un
inibitore di pompa protonica. Sono estremamente eDcaci in questo senso, ma è anche un fa%ore di
rischio per polmoniti nosocomiali. Gindi quando non fosse assolutamente giusti2cato alcalinizzare lo
stomaco, questo va considerato un fa%ore di rischio.
- scarsa igiene, come il non lavarsi le mani tra una visita di un pz ed un' altra.
BRONCOPOLMONITE
Clinica
Il quadro clinico più frequentemente osservabile, ma assai meno cara%eristico di quello della polmonite
lobare. Nella maggior parte dei casi il paziente è anziano o già da tempo portatore di mala%ie ad
andamento cronico (diabete, bronchite cronica, neoplasie). Spesso una broncopolmonite può complicare
la degenza ospedaliera e in questi casi non di rado è causata da germi poliresistenti alla terapia
antibiotica.
L’insorgenza è brusca, con febbre elevata e dispnea, ma raramente il paziente lamenta dolore toracico,
essendo inconsueto l’interessamento pleurico.
L’espe%orato, nella maggior parte dei casi, non è indicativo di un particolare agente infe%ante, anche se
viene descri%o con aspe%o a gelatina di ribes nella polmonite da K. pneumoniae, di colore verdastro in
quella da P. aeruginosa o con odore fetido in quella causata da germi anaerobi.
Nelle broncopolmoniti da pneumococco è molto comune il riscontro di lesioni erpetiche a livello della
rima labiale.
Anche l’esame obie%ivo di un paziente aHe%o da broncopolmonite non apporta elementi decisivi per la
diagnosi, in quanto spesso il processo è circoscri%o e profondo; ispezione, palpazione e percussione del
torace possono risultare del tu%o negative, ad eccezione dei casi in cui i singoli focolai
broncopneumonici abbiano tendenza a conKuire; in questi casi sarà possibile obie%ivare, generalmente
nella regione basale del polmone, un’area più o meno circoscri%a ove si renderanno percepibili un
rinforzo del fremito vocale ta%ile ed una ipofonesi plessica.
Infrequenti, nel caso della broncopolmonite, i segni di interessamento pleurico, a causa della sede
generalmente profonda del processo.
Il circolo polmonare ha un' enorme capacitanza grazie alla considerevole rami2cazione delle arterie
polmonari e una grande capacità di ada%amento. In condizioni di esercizio riesce ad aumentare in
maniera importante la sua capacitanza a%raverso reclutamento vasi. In condizioni normali il circolo
mantiene delle condizioni di pressione basse indipendentemente dal tipo di a%ività che viene svolta. Il
polmone è l’unico organo in cui passa quasi tu%a la gi%ata cardiaca (il 97-98% della gi%ata del
ventricolo dx).
In corso di esercizio 2sico massimale la gi%ata aumenta anche di 5 volte (2no a 25 l/m) e in questa
condizione le pressioni nell’arteria polmonare cambiano di pochissimo.
La variazioni di pressione nel circolo polmonare durante un esercizio 2sico è considerate indicativa di
una condizione di rigidità del circolo polmonare che può precede anche di molto lo sviluppo di una
ipertensione polmonare franca.
Facendo passare il pz dalla posizione ere%a a quella supina il circolo polmonare tende ad espandersi, per
l'espansione della regione declive del polmone (che da supino è rappresentata dalla parte posteriore).
Gesto comporta il reclutamento di vasi. Può essere osservato, mediante tecniche non invasive se si
veri2ca l'aumento della capacitanza (normalmente 150 ml) di 40-50 ml.
Con l’esercizio circolo polmonare si riempie e il livello riempimento sale dalle basi verso gli apici: lo si
può evidenziare con una scintigra2a o anche più semplicemente valutando quanta ventilazione al
minuto è stata utilizzata per eliminare una certa quota di anidride carbonica, man mano che questo
parametro diminuisce vuol dire che la ventilazione diventa più eDciente (alveoli che normalmente non
sono perfusi divengono perfusi).
L’embolia polmonare è un’ostruzione, più o meno estesa, dell’albero arterioso polmonare da parte di
materiale estraneo che proviene da altri distre%i vascolari (vene sistemiche o cuore destro) e raggiunge
il piccolo circolo con la corrente ematica. Il materiale embolico è costituito, nella stragrande
maggioranza dei casi, da frammenti di trombi che si staccano dalla sede in cui si sono formati: si parla
perciò di tromboembolia polmonare. Più raramente l’embolo può essere costituito da altri materiali,
come midollo adiposo o liquido amniotico.
La tromboembolia è una condizione assai frequente, sopra%u%o nei sogge%i ricoverati in ospedale. Si
trovano tracce di embolia recente o passata nel 25-30% del totale delle autopsie. In gruppi di pazienti più
anziani e con fa%ori di rischio l’incidenza può superare, sempre all’autopsia, il 60% dei casi.
La diagnosi clinica in vita è assai meno frequente (non più del 10-30% dei casi riscontrati all’autopsia),
perché spesso l’embolia polmonare decorre inavvertita o quasi. L’ostruzione di una o poche arteriole
polmonari non provoca infa%i, solitamente, grossi danni né locali né generali.
FISIOPATOLOGIA
L' embolia polmonare si veri2ca quando un embolo si ferma in un vaso arterioso polmonare che ha un
diametro critico. A seconda delle dimensioni del coagulo o dei coaguli il si occluderanno vasi più o
meno ampi.
Raramente l'embolo sarà così grande da ostruire un vaso che sia di per sé emodinamicamente critico.
Il circolo polmonare è inoltre estremamente compliante così che nella maggior parte dei casi riesce ad
accogliere emboli di dimensioni rido%e o più emboli senza alterazioni emodinamiche rilevanti, perché è
in grado di reclutare vasi normalmente chiusi.
La grave ostruzione al Kusso polmonare (meccanica o funzionale che sia) produce eHe%i sia a valle che a
monte. A valle, la caduta del Kusso provoca un insuDciente riempimento del ventricolo sinistro, con
riduzione della gi%ata sistemica e comparsa dell'ipoperfusione periferica di vario grado, sino allo shock.
Si a%ivano ovviamente i meccanismi di compenso circolatori (vasocostrizione, stimolazione adre-
nergica, tachicardia) che tendono a mantenere una perfusione suDciente negli organi nobili: cuore e
cervello. Se queste compensazioni non sono suDcienti, vi può essere la sincope (improvvisa perdita di
coscienza da insuDciente irrorazione cerebrale) quando l’ostruzione al Kusso è transitoria, oppure la
Una grossa porzione degli alveoli non è più perfusa dal circolo polmonare, mentre continua a essere
ventilata. Ciò equivale a un aumento rilevante dello spazio morto respiratorio: in altre parole, la
ventilazione della super2cie alveolare non perfusa è “persa” dal punto di vista funzionale.
Negli alveoli non perfusi, rapidamente si riduce la CO 2 (perché questa non viene più rifornita dal
sangue, inoltre si forma un gradiente alveolare di PCO2, che normalmente non esiste. Il fenomeno è
transitorio e rappresenta la prima manifestazione della mala%ia) e l’ipocapnia alveolare è un potente
stimolo alla costrizione di do%i alveolari e bronchioli.
Si tra%a di un meccanismo di compenso che tende a ridurre la ventilazione “inutile” degli alveoli non
perfusi: è un eHe%o speculare rispe%o alla vasocostrizione polmonare indo%a dall’ipossia alveolare, che
riduce la perfusione “inutile” degli alveoli non ventilati.
Col passare delle ore, nel tessuto polmonare colpito dall’embolia si riduce anche la produzione del
tensioa%ivo, ciò facilita il collasso degli alveoli interessati nel giro di 12-24 ore.
Nonostante ciò, l’ossigenazione del sangue non è soddisfacente e si manifestano, quasi regolarmente,
ipossia e rido%a saturazione in O 2 del sangue arterioso sistemico.
Patogenesi
La causa più importante e frequente di embolia polmonare è il tromboembolismo venoso. Il circolo
venoso è estremamente esteso ma quello che nella maggior parte dei casi il distre%o responsabile è
quello degli arti inferiori, delle iliache della cava inferiore (97% dei casi).
I fattori ereditari sono rappresentati dalle condizioni procoagulanti, tra le quali si ricordano l'
alterazione degli anticoagulanti naturali (Antitrombina, Proteina C o S) o alterazioni genetiche di alcuni
fa%ori della coagulazione (la più frequente di tu%e è la modi2ca del fa%ore V di Leiden oppure della
Protrombina)
I più frequenti sono rappresentati dai fattori acquisiti. Tra i più importanti vi è la neoplasia maligna. A
parità di sintomatologia la presenza o meno di neoplasia maligna aumenta il rischio di tromboembolia
di circa 9-10 volte, di ugale importanza è la presenza di disordini mieloproliferativi.
Altri fa%ori acquisiti sono: il fumo, una lunga immobilizzazione post intervento chirurgico
(specialmente se ortopedico), il fa%ore post-partum, l'uso dei contraccetivi orali, l'uso di terapie
ormonali sostitutive, sesso femminile (le donne tendono ad embolizzare di più rispe%o agli uomini ed
hanno un rischio aumentato del 36%), presenza di una mala%ia importante.
I fa%ori di rischio elencati non presentano lo stesso peso in fa%o di rischio tromboembolico.
Sintomi
I sintomi principali dell'embolia polmonare.
Dispnea 85%
Dolore toracico 40%
Tachipnea 29%
Tachicardia 23%
Sincope 10%
Emottisi 2%
Approccio al pz
L'anamnesi serve ad indagare i fa%ori di rischio di cui sopra; l' esame obie%ivo va eseguito a livello
cardiaco, polmonare e vascolare.
- Nella quasi totalità dei casi è negativo, ha la funzione di escludere altre patologie che possono
presentare un quadro sintomatico simile all'embolia polmonare
La positività ai sintomi dell'embolia polmonare ma la negatività agli esami obie%ivi è un buon
presupposto per sospe%are un'embolia polmonare. L'embolia polmonare pura, anche se molto
estese, raramente risulta positiva a qualche obiettività.
- All'EGA, nei vari pz, la PaO2 varia da valori che sono normali a valori che sono decisamente bassi.
La curva è abbastanza simmetrica e si può trovare quindi una dispersione di dati enorme che dipende sì
dall'estensione del problema, ma sopra%u%o da quanto tempo è intercorso tra l'embolia polmonare e
l'esecuzione dell'EGA.
La PaO2 dopo un'embolia polmonare acuta tende a ritornare alla norma in tu%i i pazienti nell'arco di 72
ore. L'alterazione della PO2, accompagnata dai sintomi, dalla negatività degli esami obie%ivi e dalla
presenza dei fa%ori di rischio è ancora più suggestiva per embolia polmonare.
- L'ECG è in genere negativo, a meno che l'embolia non sia molto importante e provochi un blocco di
branca dx o un importante sovraccarico di volume al cuore dx.
Gli esami dirimenti saranno:
- Ecocolordoppler venoso
- Rx torace
- Scintigra&a polmonare
- Angiogra&a polmonare
- TC spirale
Le mala%ie che possono andare in diagnosi diAerenziale con l'embolia pomonare saranno:
- Infarto del miocardio
- Polmonite
- InsuDcienza cardiaca congestizia
- Asma
- Pericardite
- Pneumotorace
- Ipertensione polmonare primitiva
- Fra%ure costali
- Dolore muscoloscheletrico
-Ansia
Per stabilire la probabilità che il pz presenti un'embolia polmonare si ricorre all'utilizzo di alcuni score
come quelli riportati sopra. Il più vecchio, ma più semplice è il Wells' score. L'utilizzo di questi score
consente una certa standardizzazione della procedura diagnostica che consente di ridurre al minimo
l'errore.
- La radiogra&a del torace è un elemento inserito negli score insieme all'EGA. Ha sicuramente una
rilevanza notevole per quanto riguarda l'esclusione. È diDcile che l'rx torace possa dare un quadro che
possa essere univocamente interpretato.
Reperti frequenti saranno:
- esclusione di parte del circolo polmonare
- sollevamento dell'emidiaframma
- opacità ad andamento orizzontale (probabilmente il reperto radiogra2co di un'atelectasia), sopra%u%o
- La scintigra&a si esegue inie%ando endovena microaggregati di albumina marcati con tecnezio 99m
(emi%ente raggi gamma) e fotografando poi, in diverse riprese, la distribuzione del tracciante nei campi
polmonari con uno strumento sensibile ai raggi gamma (gammacamera). Se un’area polmonare è poco
perfusa (per ostruzione embolica), riceverà poca albumina marcata e la gammacamera rileverà in quella
zona una scarsa radioa%ività.
È raro che la scintigra2a sia completamente normale in presenza di embolia. Però anche altri processi
patologici a carico del parenchima polmonare, che riducono localmente il Kusso, danno simili
alterazioni scintigra2che: per esempio polmoniti, atele%asie, pneumotoraci. Per distinguerli, si può
associare una scintigra2a ventilatoria, eseguita facendo respirare al sogge%o aria mista con xenon 133
(gas emi%ente gamma): in caso di embolia le zone ipoperfuse sono normalmente ventilate (la
radioa%ività da xenon si diHonde omogeneamente nel parenchima ed omogeneamente viene espirata),
mentre negli altri casi si rileva anche un’ipoventilazione (le zone ipoperfuse ricevono anche poca
radioa%ività da xenon o la eliminano lentamente).
La scintigra2a perfusionale per essere una buona scintigra2a perfusionale deve essere registrata nelle
proiezioni:
Laterale destra e sinistra
Anteriore e posteriore
Obliqua anteriore destra e sinistra
Obliqua posteriore destra e sinistra
- Ovviamente ora tu%o è stato decisamente integrato con l' angio-TC polmonare che fornisce delle
immagini più palesemente o%enibili. L'angio TC polmonare è un esame che comunque va interpretato.
All'interno dei vasi possono esserci delle cose che hanno cara%eristiche completamente diverse:
Trombi formati localmente, sopra%u%o in sogge%i che hanno un circolo polmonare molto
Terapia
Le terapie che si possono a%uare sono:
Eparina non frazionata per via endovenosa 80UI/Kg in bolo o in infusione continua
con 18UI/Kg/ora. Il parametro da controllare è aPTT o tempo di tromboplastina parziale
a%ivata dopo 4h dall’inizio e dopo 3h da ogni aggiustamento della terapia. E’ una terapia di
riferimento, unica, come terapia anticoagulante, per il paziente a alto rischio.
Eparina a basso peso molecolare è indicata nei pazienti a basso rischio . Tu%avia essa
presenta dei limiti: 1. non ha antidoti come l’Eparina non frazionata ( solfato di
protammina ), e non è possibile inibirne l’a%ività in tempo rapido, qualora ci sia un eccesso di
anticoagulazione; 2. È correlata a condizioni di Insu0cienza Renale e non avendo a
disposizione un test che ci perme%e di controllare abbastanza bene l’a%ività inibente del fa%ore
X dell’eparina, utilizzarla può essere rischioso.
In conclusione un paziente con alto rischio di emorragia al di là dell’alto o basso rischio di mortalità e
un paziente con IR presentano controindicazioni all’uso di eparina non frazionata.
Il meccanismo d’azione dei farmaci eparinici ha come target il Fa%ore X con azione indiretta
mediata dall’antitrombina e la diHerenza è data dalla frequenza della somministrazione ogni 12h o ogni
24h per via so%ocutanea con il limite della mancanza di tecniche di monitoraggio con il test classico del
tempo di tromboplastina parziale.
A%ualemnte stanno emergendo nuovi farmaci con somministrazione per os. L’unico esistente
a%ualmente in commercio è il dabigatran, inibitore dire%o della trombina ed è sogge%o a un
monitoraggio dell’agenzia italiana del controllo della farmacoterapia ( AIFA ). La sola indicazione che
ha in Italia è per la prevenzione dell’Embolia Arteriosa.
L’intento è di sostituire l’a%uale utilizzo degli inibitori della Vitamina K ( dicumarolici ) nei pazienti
so%oposti a terapia indeterminata con gli inibitori della Vitamina K ( es. pazienti portatori di protesi
valvolare ).
Le problematiche associate a tali terapie croniche richiedono uno stretto monitoraggio ( una volta
a se%imanao al massimo ogni 15 giorni ) con il test dell’INR per l’alto rischio di emorragia , inoltre
interferiscono con molti farmaci e hanno una diversa e0cacia a seconda delle c ondizioni del
paziente ( es. pz con scompenaso cardiaco cronico ha una ripercussione della mala%ia sulla funzionalità
del fegato, organo stre%amente correlato alla funzione degli inibitori della Vitamina K ).
Dunque queste problematiche impongono, in un certo senso, la necessità di:
utilizzare farmaci più stabili
Farmaci con minore interazioni con altri farmaci
Farmaci che non dipendono in maniera così importante dall’a%ività metabolica del fegato
Farmaci che non necessitano di un monitoraggio serrato.
A%ualemnte in Italia viene utilizzato, tra questi nuovi farmaci, solo il dabigatran solo per la
&brillazione atriale so%o il monitoraggio dell’Aifa.
Si de2nisce cuore polmonare un'alterazione della stru%ura e/o della funzione del ventricolo dx dovuta
ad un aumento pressorio nell'arteria polmonare. La diagnosi di ipertensione polmonare viene posta
quando la pressione dell'arteria polmonare, misurata tramite cateterismo, risulta superiore a 25 mmHg
in condizioni di riposo.
Spesso l'ipertensione è causata da patologie dell'apparato respiratorio, infa%i una mala%ia che interessa
il parenchima polmonare, la gabbia toracica o i meccanismi di ventilazione può ripercuotersi a monte
causando il quadro del cuore polmonare.
Manifestazioni cliniche
La dispnea da sforzo è il sintomo più frequente del cuore polmonare, tu%avia è un sintomo aspeci2co e
legato ad una grande quantità di patologie.
Altri sintomi meno frequenti ma più speci2ci sono: l'oppressione toracica, la sincope e l'angina da
sforzo.
La patogenesi dei sintomi non è chiara ma essi potrebbero dipendere da un'incapacità del cuore di
aumentare la gi%ata cardiaca in condizioni che lo richiedono.
I segni obie%ivi del sovraccarico ventricolare dx non sono di facile individuazione. Essi sono dati da uno
spostamento dell'i%o e dall'auscultazione di un IV tono dovuto all'energico svuotamento atriale. Gesta
contrazione può anche produrre un'ampia pulsazione giugulare. All'auscultazione inoltre si possono
notare una aumento della componente polmonare del II tono ed un click di eiezione polmonare. Gando
il ventricolo dx diventa insuDciente può comparire anche un III tono legato alla brusca dilatazione della
parete ventricolare poco dopo l'apertura della tricuspide. Se questa valvola diventa insuDciente si viene
a creare un soDo olosistolico di rigurgito sul focolaio tricuspidale. Tu%i questi reperti sono aumentati
con l'ispirazione.
Gando il cuore polmonare si complica con uno scompenso dx compaiono i sintomi della congestione
venosa sistemica, come epatosplenomegalia, turgore delle giugulari e raramente ascite.
Nota: gli edemi periferici possono essere aumentati da condizioni quali ipercapnia ed ipossiemia, dato
che queste provocano una vasocostrizione renale con riduzione della VFG e conseguente ritenzione
idrico-salina.
- ECG: evidenzia i segni classici dell'ipertro2a ventricolare dx, con rotazione dei ve%ori cardiaci medi
verso dx ed in avanti. Le onde R saranno dunque più alte in V1 e quelle S più profonde in V5 e V6. Si
osservano inoltre un'onda iniziale Q in D1 ed un'onda 2nale S in D1, ciò è sintetizzato con la notazione
S1,Q1. Tu%i questi segni hanno un'alta sensibilità ma una bassa speci2cità. Inoltre la BPCO o le
patologie del parenchima polmonare possono alterare i reperti ele%rocardiogra2ciper l'alterazione
anatomica dei rapporti tra cuore, polmoni e parete toracica.
- Rx torace: va sempre eseguita ma la sua utilità può essere rido%a dalla presenza di BPCO in quanto
l'ingrandimento delle cavità dx può essere mascherato dall'espansione dei polmoni malati. Gesto
esame perme%e anche di valutare il grado di ipertensione polmonare; infa%i quando questa è elevata
noteremo un'ampia dilatazione dei grandi rami delle arterie polmonari con brusca potatura dell'albero
vascolare verso la periferia. Nella pratica clinica è però spesso diDcile notare queste alterazioni da un
semplice rx torace, pertanto spesso si ricorre ad altre metodiche di imaging come la TC torace.
- Altri esami utili possono essere l'emocromo che ci perme%e di evidenziare la presenza di una
policitemia e il dosaggio dei peptidi natriuretici atriali.
Il cateterismo cardiaco dx è il gold standard per la diagnosi dell'ipertensione polmonare, tu%avia è un
esame invasivo che va riservato solamente a un ristre%o numero di pz. È indicato quando la diagnosi
con ecocardiogramma non è possibile.
Prognosi
La prognosi del cuore polmonare cronico nella BPCO è stre%amente dipendente dalla mala%ia
polmonare di base ed in genere è comunque grave. La comparsa di segni e sintomi di insuDcienza
ventricolare destra è un ulteriore fa%ore prognostico negativo. In questo caso la sopravvivenza a 5 anni
è del 30%. Inoltre l'ipertensione polmonare ha un'inKuenza negativa sulle riacutizzazioni della BPCO.
Terapia
Nel cuore polmonare dovuto alla BPCO la terapia è volta principalmente a migliorare la patologia di
base. Gindi l'utilizzo di farmaci volto dire%amente a ridurre la pressione polmonare non è indicata in
questi pz. Viceversa ogni terapia in grado di rallentare il decorso della BPCO può risultare utile. Una
delle terapie più utili è l'ossigenoterapia che si è dimostrata capace di migliorare il cuore polmonare e
ridurre la mortalità dei pz con BPCO. Ciò è dovuto al fa%o che l'ossigeno riduce la vasocostrizione
polmonare e quindi le resistenze polmonari. Inoltre sembra agire positivamente anche sulla
vascolarizzazione renale aumentando la VFG e favorendo la risoluzione degli edemi. L'ossigenoterapia
in genere non normalizza la pressione polmonare ma riduce la progressione della BPCO. Anche i
diuretici possono essere usati in questi pz, sopra%u%o quando si instaura uno scompenso dx e questi
Patogenesi
I meccanismi che intervengono nella patogenesi della mala%ia sono:
- vasocostrizione, causata da una disfunzione endoteliale che determina un'aumentata produzione di
sostanze vasocostri%rici come il trombossano ed endotelina-1 e la rido%a produzione di vasodilatatori
come prostaciclina e NO. Le piastrine inoltre liberano serotonina che contribuisce alla vasocostrizione e
all'adesione piastrinica.
- rimodellamento delle cellule muscolari lisce della parete del vaso, è accompagnato da una
proliferazione intimale. Le cellule lisce diventano ipertro2che e le pareti delle arteriole diventano spesse
e rigide, questa condizione peggiora con l'avanzare della mala%ia.
- trombosi in situ, causata dal danno endoteliale, dall'a%ivazione delle piastrine (ipercoagulabilità) e
dalle alterazioni del Kusso che si ritrova rallentato in questi distre%i.
La genesi del danno endoteliale non è stata ancora ben chiarita, tu%avia sembrano coinvolti fa%ori
genetici come il gene BMPR2 che interessa l'accrescimento delle cellule endoteliali. I determinanti
genetici ed i fa%ori ambientali operano in concerto per lo sviluppo della mala%ia. Il risultato 2nale è un
completo sovvertimento della stru%ura arteriolare polmonare con rimodellamento anatomico
irreversibile.
Prognosi e terapia
La prognosi è molto grave, anche se correlata alla classe NYHA, con una riduzione importante della
sopravvivenza passando dalla classe I alla IV. Oltre al valore della pressione polmonare media
inKuiscono sulla prognosi: la pressione media dell'atrio dx, l'indice cardiaco. La tolleranza allo sforzo è
misurata con il test del cammino di 6 minuti, il parametro prognostico più importante è la distanza
percorsa durante il test.
La prognosi inoltre è inKuenzata dalla risposta ai vasodilatatori e da dai valori plasmatici di troponina e
del peptide natriuretico atriale. La maggior parte dei pz muore per l'insuDcienza ventricolare dx.
Manifestazioni cliniche
I principali sintomi in pz con embolia polmonare sono:
- dispnea, nel 73% dei pz
- dolore toracico di tipo pleuritico
- tosse secca non produ%iva, o scarsamente produ%iva, con espe%orato talvolta ematico
- tachipnea
- riduzione del murmure vescicolare all'auscultazione polmonare
- aumento della componente polmonare del II tono cardiaco
- segni e sintomi di trombosi venosa profonda in una percentuale variabile di pz.
Il sospe%o di embolia polmonare insorge quando la dispnea è ad insorgenza improvvisa e sono escluse
le obie%ività di patologie polmonari in grado di determinare una dispnea improvvisa, come un edema
polmonare acuto (rantoli), uno pneumotorace iperteso, l'asma bronchiale (sibili e gemiti) o un massivo
versamento pleurico.
SOMMARIO:
- EPATITI CRONICHE
- INSUFFICIENZA EPATICA E CIRROSI
- EPATITI AUTOIMMUNI
- NASH
- EPATITE DA FARMACI
- IBD
C'è oggi una certa confusione tra il termine epatopatia ed epatite, spesso usati indiHerentemente con
tanta facilità, come sinonimi, mentre sono due conce%i completamente diversi.
- Epatopatia : soHerenza epatica senza alcuna connotazione della mala%ia (gravità, cara%eristiche,
patogenesi). E' un conce%o generico, il pz soHre di fegato, però non ho nessun'altra informazione, se
questa soHerenza sia acuta o cronica, metabolica o virale.
- Epatite: l'epatite è una patologia epatica cara%erizata dalla presenza di in2ammazione, svelata o
evidenziata dall'innalzamento sierico delle transaminasi. Dà una connotazione speci2ca alla patologia
epatica.
TRANSAMINASI
Le aspartato (AST/GOT) ed alanino (ALT/GPT) amminotransferasi sono enzimi che catalizzano il
trasferimento dell'alfa ammino gruppo dell'aspartato o dell'alanina alfa-cheto-glutarato col rilascio di
piruvato, ossalacetato e glutammato.
Sono delle a%ività sieriche che usiamo, sono le due a%ività enzimatiche che servono al processo del
catabolismo proteico, in particolare alla transamminazione.
- AST: si trova a livello del fegato, cuore, muscoli, rene, cervello, pancreas, polmoni, globuli bianchi e
rossi (distribuita nel citosol e nei mitocondri). Gindi abbastanza aspeci2ca, perchè presente non solo
nel fegato ma anche in un'altra serie di organi.
- ALT: quasi esclusivamente nel fegato (citosol). Gindi tipica del fegato.
Perciò, qualora il livello sierico delle transaminasi si dovesse modi2care, bisogna notare quale delle due
transaminasi in particolare risulta alterata ed eventualmente bisogna tenere presente, laddove non ci
tornassero tu%i i conti della presentazione del quadro clinico, che oltre al fegato sono coinvolti altri
organi.
Non è raro il caso di bambini delle scuole elementari con le transaminasi elevate non per patologie
epatiche, bensì a causa di distro2e muscolari.
La prevalenza dell'alterazione degli enzimi epatici nella popolazione varia dal 12% al 17%, è dunque
molto rilevante, sulla base di studi epidemiologici su popolazioni piu%osto consistenti. E' evidente che la
problematica delle patologie epatiche è molto importante.
CAUSE DI EPATITI
- Cause epatiche
Epatite cronica B, D, C
alcol
farmaci
autoimmunità
steatosi e NASH: capitolo che si aggancerà dire%amente alla sindrome metabolica ed al diabete,
problematica tra le più diHuse del mondo, legata alle patologie epatiche croniche
potenzialmente evolutive, a maggior ragione per il fa%o che oggi stiamo vivendo l'era della
probabile scon2%a dell'epatite cronica c
emocromatosi
Wilson
de2cit alfa-1-AT
EPATITE
L'epatite è una patologia epatica cara%erizata dalla presenza di in2ammazione, svelata o evidenziata
dall'innalzamento sierico delle transaminasi.
Epatite: può essere acuta o cronica, in funzione del criterio temporale.
Epatite cronica
Epatite cronica (de2nizione secondo Desmet del 1994, ancora oggi valida): sindrome clinico bioumorale
da varie cause, cara%erizzata dal rialzo delle transaminasi perdurante per almeno sei mesi e sostenuta
da un danno istologico evidenziante gradi e tipi diversi di in2ammazione e 2brosi.
L'entità del danno isto-patologico può essere de2nita soltanto a%raverso la biopsia epatica.
E' necessario un frustolo di tessuto epatico di una lunghezza minima >20mm, perchè possa contenere
un suDciente numero di spazi portali, 11-15 spazi portali, aDnchè la biopsia epatica sia diagnostica e
non lasci adito a dubbi.
Gli obbie%ivi di questa oricedura saranno de2nire:
1) grado: gravità della necroin2ammazione
2) stadio: gravità della 2brosi
Grading:
Staging:
intensità 2brosi
Ciascun parametro, a seconda della stima, si associa ad un numero più o meno elevato, perme%endo di
tracciare uno score di valutazione che poi ritroveremo quando dovremo scegliere il tra%amento.
Per esempio la terapia dell'epatite C oggi, alla luce della biopsia epatica, può variare: si può aspe%are o
iniziare immediatamente, varia anche il tipo di terapia da a%uare.
Sono quadri che oggi, grazie alla terapia, riusciamo a far regredire, anche quadri di 2brosi avanzata:
oggi è possibile, grazie alla terapia, avere un recupero di una quasi pseudo normalità dell'archite%ura
lobulare con smantellamento della 2brogenesi.
- Fbroscan: Un altro strumento per lo studio della 2brosi in un pz con epatopatia cronica oltre la
biopsia epatica è il FibroScan. Si tra%a di uno strumento non invasivo, con una percentuale di rischio
minore della biopsia epatica, che consente la realizzazione di un esame assolutamente innoquo,
ripetibile anche più volte al giorno. Si serve di un trasdu%ore che, con un sistema di puntamento
monofocale, perme%e di visualizzare la rigidità del fegato e di de2nire un valore di durezza del fegato
che viene espresso in kilopascal (kPa). In eHe%i oggi il 2broscan è un grandissimo aiuto, sopra%u%o nel
monitoraggio dei pazienti nel tempo.
E' riportato sia l'equivalente dei kilopascal (kPa) sia l'entità della 2brosi, espressa secondo i gradi di
metavir. Per una rigidità modesta o non patologica si hanno valori <7,2 kPa (F2) (il valore medio delle
misurazioni in individui sani è compreso nell'intervallo 3 - 7 KPa, considerando che le donne spesso
hanno valori leggermente inferiori rispe%o agli individui di sesso maschile). Invece per valori >7,2 Kpa
la 2brosi che comincia ad essere signi2cativa, 2no ad avere quadri severi avanzati per valori >11 kPa.
Per i quadri avanzati è utile la palpazione all'esame obbie%ivo.
Gesta è una metodica non invasiva, facile da ripetere nel tempo ma ha una scarsa discriminazione
degli stadi intermedi (identi2ca bene F3\F4 vs F0\F1, ma non F1 vs F2 o F2vsF3), obesità, ascite,
ipertransaminasemia.
Nota: L'elastogra2a epatica, conosciuta anche con il nome commerciale FibroScan, è un sistema di
misurazione non invasivo della "rigidità" del tessuto epatico (in inglese stiHness). Tale misurazione,
espressa in kPa, utilizza una tecnica de%a "elastogra2a ad impulsi". L'elastogra2a prevede l'uso di una
sonda ecogra2ca che trasme%e un'onda di vibrazione di media ampiezza e bassa frequenza (50 Hz), la
quale si propaga a%raverso il fegato, consentendo di valutarne l'elasticità. Sono presi come unità di
valutazione una sezione cilindrica di circa 4 cm di lunghezza e 10 mm di diametro alla profondità di 2.5
cm so%o la super2cie cutanea. La velocità di propagazione dell'onda è maggiore nel fegato 2brotico che
nel normale.
L' HBV è un virus a DNA con stru%ura capsulata con un core, un envelope e antigeni di super2cie.
Gello che è importante so%olineare la diHerenza tra i virus HBV, HCV e HIV. Il primo è a DNA e dopo
aver infe%ato la cellula permane, anche a infezione risolta, so%o forma di circular supercoiled DNA (ccc
DNA) e in presenza di immunosoppressione può ria%ivarsi, mentre il secondo, che è un virus a RNA,
resta fuori dal nucleo e possiamo pensare di eradicarlo o%enendo una guarigione totale.
Di conseguenza nel paziente con storia di infezione da HBV possiamo avere una ria%ivazione ad
esempio con terapie immunosoppressive in corso di patologie ematologiche, mentre il paziente con
storia di infezione da HCV, una volta guarito, potrebbe presentarsi con una nuova infezione solo se è
stato contagiato una seconda volta.
Gello che succede nei vari step della replicazione del virus sicuramente lo ricordate alla perfezione,
quindi non ve ne parlo. Parliamo invece della storia naturale dell’infezione, perché vi interessa
In ogni caso il paziente che si presenta con epatite B cronica ha una lunga storia alle spalle. Dopo
l’infezione (T0) abbiamo la comparsa di segni clinici e di laboratorio dopo 4-8 se%imane e nella maggior
parte dei casi c’è i%ero (ma può essere anche ani%erica) con innalzamento degli indici di citonecrosi,
quindi delle transaminasi, e degli indici sierici di replicazione virale, cioè l’antigene di super2cie
(HBsAg) e dell’envelope (HBeAg). La durata di questa fase acuta è di 4-6, ma anche 8 se%imane, quindi
2no a 2 mesi. Dopo avrete la scomparsa degli antigeni e la comparsa progressiva del titolo anticorpale
con il suo timing tipico (prima IgM e poi IgG) prima per l’antigene del core (HBcAb), poi per l’antigene
di super2cie (HBsAb) e per l’envelope (HBeAb) con la contestuale scomparsa dell’ HBsAg sierico.
Gello esposto è il caso del l’epatite B acuta non cronicizzata , con paziente guarito clinicamente e
laboratoristicamente e a noi non interessa se non anamnesticamente (possibilità di ria%ivazione in
immunosoppressione).
Gando non si va verso la risoluzione possiamo avere diversi andamenti di cronicizzazione più o meno
stazionari o progressivi che si presentano alternativamente in forma più o meno stabile, ma in ogni caso
c’è qualcosa del virus replicante, che sia l’HBsAg, l’HBeAg oppure vari livelli di HBV DNA determinato
con le varie tecniche più o meno sensibili, con vari livelli di sieroconversione (es. per HBeAg) e con la
possibilità di avere le transaminasi mosse.
Gando vediamo una qualsiasi di queste cose dobbiamo avere il sospe%o di epatite B cronica. La storia
naturale di un’infezione non risolta è data da un equilibrio continuo tra ospite e virus e abbiamo la
possibilità che si sviluppino quadri vari con ria%ivazioni e ricadute, condizionate dalla situazione
medica di base del paziente o da eventi intercorrenti.
Gli estremi sono una mala%ia stabile e una mala%ia cronicamente a%iva con danno cronico, che per un
certo periodo può essere reversibile e poi diventa irreversibile e porta alla cirrosi e alle sue complicanze.
La storia clinica evolve così in un tempo di 10-20 anni, a meno di interventi terapeutici, tra cui il
trapianto di fegato è quello che rappresenta il sovvertimento della prognosi del paziente con cirrosi
virus relata e non solo.
- Ci sono pazienti che hanno le transaminasi per la maggior parte del tempo nel range di normalità e
2no agli ultimi anni della storia naturale della mala%ia non li vedrete mai, non giungeranno mai
all’a%enzione del medico, a meno che il medico curante non chieda la sierologia per l’epatite B e C come
screening, ad esempio all’interno delle norme generali di prevenzione di base prima di un intervento
chirurgico. Gindi c’è una categoria di pazienti che va dall’epatologo per osservazione occasionale di
sieropositività per questi virus.
- I pazienti che invece hanno periodici Kares di ria%ivazione li vedrete più facilmente, spesso perché si
sentono peggio clinicamente e si sentono periodicamente astenici.
- Anche i pazienti che hanno le transaminasi sempre alte, arrivano spesso precocemente all’a%enzione
del medico perché un medico di base o un medico qualsiasi in un controllo di routine può vedere le
transaminasi mosse e fa qualche accertamento.
Oltre tu%o un paziente può arrivare all’a%enzione del medico già nel suo episodio acuto i%erico (la fase
acuta clinica 4-8 se%imane dopo il contagio) ed essere seguito da quel momento per lo sviluppo di
un’eventuale epatite cronica, ma ricordate sempre che la forma acuta può anche essere ani%erica e
quindi passare inosservata.
- Patologia cronica con immunotolleranza: ci sono markers di replicazione virale (HBsAg e HBeAg) e
livelli sierici alti di HBV DNA, ma le transaminasi sono normali. Signi2ca che il virus c’è ma
l’organismo lo tollera tanto da non dare una sindrome epatitica, e infa%i se fate una biopsia avrete un
grading e uno staging molto modesti e quindi un danno acce%abile. Ricordate sempre che è importante
l’istologia, sopra%u%o per guidare il tra%amento.
- Portatori inattivi : HBeAg negativo, HBsAg positivo, HBV DNA basso (credo intenda inferiore a
2000copie/ml) o non dosabile, transaminasi normali. Hanno bassi livelli di replicazione e tu%o sommato
è una delle condizioni migliori.
- Infezione occulta : sono quelli sieroconvertiti per l’antigene s (HBsAg negativi e HBsAb positivi) e
con HBV DNA dosabile a livelli minimi solo se usate tecniche ad elevata sensibilità. Gesti pazienti
hanno comunque ccc DNA virale nell’epatocita.
Dall’inquadramento dipende l’indicazione alla terapia. Oggi abbiamo a disposizione terapie eDcaci
anche soltanto nel controllo dell’evoluzione della mala%ia. Migliorare la storia clinica signi2ca ridurre il
potenziale di evolutività in cirrosi, oppure vedere la regressione di casi di 2brosi ancora reversibile, o
ancora ridurre le complicanze e lo scompenso e ridurre le percentuali di sviluppo di HCC e quindi
migliorare la sopravvivenza. Sono tu%i obie%ivi raggiungibili e a portata di mano con le terapie a%uali.
Terapia
- L’interferone è potenzialmente curativo, quindi da la possibilità di sieroconvertire per l’antigene s
con percentuali del 15-20% /anno con una terapia 2nita nel tempo (12-24 mesi).
- Gli antivirali diretti sono in grado di indurre soppressione virale cioè scomparsa viremia (nel 95% dei
casi) ma non sieroconversione e non si possono sospendere una volta iniziati.
La terapia per le fasi iniziali è una terapia basata sul tentativo di guarire i pazienti dandogli
l’interferone, mentre per la mala%ia più avanzata si preferisce controba%ere la mala%ia cercando solo di
azzerare i livelli circolanti di virus e normalizzare le transaminasi.
Si tende a tra%are molto precocemente e in generale comunque si tende a tra%are perché, se pensiamo
ai Kair della mala%ia si tra%a ragionevolmente della forma di mala%ia ondulante,che è una forma
progressiva, per cui siamo più motivati a cominciare la terapia. (
La terapia dell’epatite B cronica è una terapia che si basa :
Sulla gravità della mala%ia iniziale
Sull’entità dell’in2ammazione
Sulla carica virale
Inoltre è una terapia:
6. A tempo(2nita nel tempo,a tempo determinato) nelle fasi iniziali ,sia per l’epatite HBeAg
positiva che per quella negativa
7. Che prevede i farmaci antivirali dire%i nelle fasi più avanzate
Gli Antivirali diretti sono i cosidde%i analoghi nucleosidici e nucleotidici . I due farmaci che oggi
rappresentano la terapia di prima linea sono:
Tenofovir(gravato da maggiore tossicità renale, ma alla lunga ha una buona maneggevolezza)
Entecavir
Sono sostanzialmente analoghi e sono i farmaci cardine per la terapia antivirale dire%a orale per il
paziente con epatite cronica HBV relata.
Epatite B in Gravidanza
L’impa%o della gravidanza sull’epatite è relativamente modesto. Il rischio di trasmissione verticale è
una problematica ancora non secondaria, però c’è il fa%o che i farmaci antivirali sono potenzialmente
teratogeni. Per questo motivo abbiamo a disposizione soltanto due farmaci che sono Tenofovir(classe
B) e Telbivudina(classe C).
Nella classe A ci sono farmaci a basso rischio. Nella classe B ci sono farmaci relativamente tranquilli e si
prescrivono con un ragionevole rischio da correre laddove il bilancio tra rischio e bene2cio è a favore
del rischio. Classe C e D non si prescrivono in gravidanza(sono da croce rossa..)
L’infezione cronica può mantenersi nel tempo con transaminasi persistentemente normali o può nella
maggior parte dei casi dare un’epatite cronica cara%erizzata da movimento di transaminasi modesto e
mai con un quadro eclatante.
Nei casi con transaminasi normali il paziente può essere ignaro per tu%a la vita e muore senza sapere di
aver avuto l’epatite C.
Gei pazienti con epatite cronica con movimento delle transaminasi sono quelli che vanno incontro a
monitoraggio e a tra%amento e hanno un rischio di progressione a cirrosi del 20%, con sviluppo di
Epatocarcinoma dell’1-4% annuo.
Tra epatite B e C c’è diversità nell’epatocarcinoma sia nella comparsa, che nel tra%amento e nelle
possibilità terapeutiche. (ma non è questa la sede per tra4are tale argomento.)
L’epatocarcinoma è nella storia naturale dell’epatite cronica C. Distinguiamo tra evoluzione lenta e
rapida della storia della mala%ia:
- Evoluzione lenta: sesso femminile, età<40 anni
- Evoluzione rapida: razza nera, alcol, co-infezione HBV/HIV ,>BMI, steatosi(sindrome metabolica).
Gesti sono fa%ori di rischio che vanno valutati nella gestione iniziale del paziente con infezione da
virus C.
L’epatite C è associata con alta probabilità a manifestazioni extraepatiche di tipo sistemico . Tra
Terapia
Obie%ivi terapia epatite C
Eradicare l’infezione in modo da azzerare l’in2ammazione,prevenire la 2brosi, l’evoluzione in
cirrosi e la complicanza dell’epatocarcinoma e cambiare la prognosi di questi pazienti
Endpoint 2nale : Sustained Virological Response [risposta virologica sostenuta con
negativizzazione della viremia](valutata a 24 se%imane)
Endpoint intermedi : determinazione della scomparsa della viremia (HCV-RNA) . Viene
valutata a 4,12 e 24 se%imane (risposta rispe%ivamente Rapid,Early e Flat). A 24 se%imane la
scomparsa della viremia viene valutata come alta probabilità o addiri%ura certezza della
guarigione del paziente. Se dopo 24 se%imane è ancora presente parliamo di risposta “moscia”
L’eradicazione dell’HCV porta alla 2ne del processo necroin2ammatorio e blocca l’evoluzione
in cirrosi ed epatocarcinoma
Fino al 2011 la migliore risposta era visibile per i genotipi 2,3 con associazione di PEG IFN
(ifn=interferone) con RBV(ribavirina).
Fa%ori positivi di risposta alla terapia erano:
- il genotipo,
- la razza,
- la carica virale bassa,
- 2brosi modesta,
- interferon-sensibilità dovuta all’IL-28.
Fa%ori negativi invece erano rappresentati dalla razza africana/afro-americana.
Il problema è che i risultati positivi si o%enevano a prezzo di eHe%i collaterali pesantissimi. I pazienti
che facevano terapia interferonica infa%i stavano male , avevano eHe%i ematologici importantissimi.
Circa il 50% andavano incontro a modi2che o interruzione di terapia. L’inizio del tra%amento era
pesante sia per il paziente che per il medico nel gestire questi quadri. Di conseguenza l’arrivo dal 2011
di questa classe di farmaci che ha permesso di interferire con la replicazione virale su vari step con la
possibilità di avere dei farmaci inibenti questi passaggi.
Oggi abbiamo gli antivirali diretti in grado di indurre risposte sostenute nell’80-90% dei casi.
In questa classe di farmaci il primo che è arrivato è il Sofosbuvir( inibitore della Polimerasi) e il
secondo è il Simeprevir.
I primi due sono stati il Boceprevir e il Telaprevir che hanno avuto una vita breve perché si è passati ad
altri farmaci della stessa categoria.
LESSICO
- Si parla di ascite quando c’è un accumulo anomalo di oltre 25mL di Kuido all’interno della cavità
addominale. Già in presenza di una piccola quantità di liquido si parla di ascite anche se questa non
dovesse essere apprezzata clinicamente ma solo con tecnica ecogra2ca. Inizialmente si dispone nei mesi
e poi dire%amente nella cavità addominale.
- L’epatite cronica, che è una condizione predisponente alla base della cirrosi, è sostanzialmente
la presenza di una in(ammazione con annessa necrosi epatica evidenziabili con un’elevazione
degli indici di citonecrosi del fegato che duri per almeno 6 mesi.
- Lo stadio successivo è la comparsa di cirrosi, che è un danno epatico cronico e irreversibile laddove le
alterazioni morfologiche cara%eristiche delle epatiti vengano in qualche modo soppiantate da processi
di 2brosi e di rigenerazione.
- L’ipertensione portale si riferisce ad un incremento oltre i 10 mmHg della pressione portale
generalmente causata da una ostruzione del Kusso.
- La peritonite batterica spontanea è un’infezione ba%erica del liquido ascitico in cui non c’è un’altra
sorgente intraaddominale di infezione. Possiamo avere, per esempio un paziente ascitico con una
diverticolosi del colon che si è complicata in diverticolite. In questo caso dei germi possono stravasare
ed entrare nella cavità addominale dando un’infezione del liquido ascitico; oppure la ro%ura di un
diverticolo con la perforazione della parete intestinale.
Il paziente che presenta una epatopatia cronica spesso, se questa è in una fase precoce del suo sviluppo,
presenta una situazione in cui è diDcile distinguere se si tra%a di un processo di epatite cronica o di
cirrosi, questo perché le due condizioni da un punto di vista epidemiologico e clinico rappresentano un
continuum.
La cirrosi rappresenta l'evoluzione naturale dell'epatite cronica, per cui a volte ci possono essere delle
fasi in cui i processi non sono chiaramente distinguibili e determinati.
Le cause più comuni sono:
8. Epatite virale da virus B o C
9. Epatopatia alcolica
10. Epatite Autoimmune
11. Esposizione cronica a farmaci o altri agenti tossici (es. AKatossine, presenti come contaminanti
in alcune farine, prodo%i cerealicoli che danno abbastanza immancabilmente epatite cronica
che poi sfocia in cirrosi; ci possono essere altri farmaci che possono essere responsabili di un
processo Kogistico cronico del fegato ad evoluzione cronica)
12. Emocromatosi (disturbo del metabolismo del ferro)
13. Morbo di Wilson (dife%o del metabolismo del rame)
14. De2cit di alfa1-antitripsina
Esistono dei test diagnostici speci2ci per la diagnosi di queste diverse condizioni morbose.
- Per quanto riguarda l'epatite C comunemente eseguiti nella pratica clinica sono il dosaggio degli
anticorpi e l'identi2cazione dell'RNA virale.
- Per quanto riguarda l'epatite B c'è l'antigene Australia (HbsAg), la presenza di HBeAg, la persistenza
dell'antigene Australia in presenza di HBeAg,
- Nelle forme autoimmuni anticorpi antinucleo, nella emocromatosi si fa il dosaggio della ferritina o si
calcola la percentuale di saturazione della transferrina, generalmente i limiti alti nella persona normale
sono 2no al 45%; è un calcolo molto semplice che si fa me%endo la sideremia al numeratore e la
transferrina al denominatore. (E' un indice che noi utilizziamo più frequentemente nell'anemia
sideropenica, sopra%u%o nelle forme in cui c'è associato uno stato Kogistico cronico. Siccome voi sapete
che la ferritina è una proteina della fase acuta che in caso di Kogosi cronica può essere elevata, in quel
caso i livelli di ferritina non ci danno una indicazione precisa circa lo stato del metabolismo marziale ed
arriviamo a fare il rapporto tra sideremia e transferrina calcolando la percentuale di saturazione o
capacità ferrolegante).
- Per quanto riguarda il Wilson si fa il dosaggio della ceruloplasmina, che è basso perché c'è un enorme
accumulo di rame nell'organismo e quindi risulta tu%a utilizzata e in2ne, nel caso di de2cit di alfa1-
antitripsina facciamo il
dosaggio della a%ività
enzimatica.
E' un quadro clinico abbastanza complesso che dipende in parte da dife%i dire%i della cirrosi a livello
epatico e in parte da dife%i indire%i a livello sistemico.
Guardando l'immagine aggiunge tra le manifestazioni cliniche:
I%ero sclerale, fetor hepaticus, epatomegalia (può essere presente o meno; nel caso di cirrosi
micronodulare il fegato può essere addiri%ura di dimensioni rido%e), splenomegalia, prurito, edemi
declivi, edemi nelle porzioni presacrali,versamento ascitico, atro2a testicolare, reticolo venoso
super2ciale, urine ipercromiche.
Dal punto di vista clinico per poter esprimere un giudizio prognostico e per poter eHe%uare una
accurata valutazione terapeutica nel paziente cirrotico si utilizzano due sistemi di classi2cazione:
Gesto punteggio viene assegnato valutando alcuni parametri clinici o di laboratorio.
Albumina e tempo di protrombina sono i parametri che noi utilizziamo quando abbiamo i primi esami
del paziente per valutare la capacità di sintesi del fegato.
Altri parametri di facile valutazione sono il colesterolo (il colesterolo di sintesi epatica rappresenta la
gran parte del colesterolo circolante oltre alla più modesta quota di provenienza alimentare); il dosaggio
della 2brinogenemia e quello della pseudocolinesterasi (enzima prodo%o dal fegato la cui
concentrazione plasmatica ci da un indice del grado di produzione del fegato).
Il MELD utilizza dei parametri in parte diHerenti perché oltre all'INR e alla bilirubina (presenti anche
nel CHILD), è presente anche una valutazione della funzione renale tramite i livelli plasmatici di
creatinina a dimostrazione di come il rene sia un organo assolutamente importante nel decorso della
cirrosi perché viene ad essere interessato molto da vicino dalle modi2cazione indo%e dalla cirrosi ed è
importante anche da un punto di vista prognostico.
Ascite
Un'altra conseguenza della cirrosi epatica è rappresentata dall'ascite, la formazione di una quota liquida
a livello della cavità addominale. Nella 2siopatologia dell'ascite in corso di cirrosi intervengono diversi
fa%ori, per esempio c'è lo stato del Kusso ematico, il ristagno , l'ipoalbuminemia che scaturisce dalla
riduzione della funzione sintetica del fegato che quindi contribuisce alla cirrosi. Ci sono delle
manifestazioni ostru%ive del drenaggio linfatico che contribuiscono alla formazione, modi2cazioni della
permeabilità capillare e modi2cazioni nella fase iniziale della 2ltrazione renale, che determinano un
maggiore riassorbimento di sodio e quindi uno stadio di estrazione di volume che contribuisce all'ascite.
L'ascite può dipendere anche da uno scompenso del cuore destro che si ripercuote a monte sul fegato e
determina un impegno emodinamico a livello del circolo portale, con conseguente comparsa del
versamento ascitico.
L'ascite è una conseguenza importante della cirrosi e lo studio delle sue cara%eristiche ci fornisce delle
importanti indicazioni sia diagnostiche che terapeutiche.
Encefalopatia epatica
Un altro aspe%o importante della cirrosi epatica e della capacità del fegato di svolgere il ruolo di organo
detossi2cante è rappresentato dalla encefalopatia epatica.
Molto spesso il paziente giunge alla nostra osservazione per delle alterazioni del comportamento che
vanno da forme più lievi a forme più avanzate, 2no al coma; ritroveremo il cara%eristico fetore epatico e
delle alterazioni ele%roencefalogra2che.
L’encefalopatia del cirrotico può essere classi2cata a seconda della gravità in qua%ro stadi:
- uno stadio iniziale, cara%erizzato da alterazioni dell’umore , facile irritabilità e di5coltà di
concentrazione.
- una seconda fase di progressione del quadro clinico con alterazione dell’eloquio , della memoria,
di5coltà ad articolare le parole, 2no ad una riduzione dello stato di coscienza con preservata capacità di
risposta agli stimoli
- uno stadio 2nale del coma epatico con incapacità di risposta agli stimoli nervosi.
Varici esofagee
Tra gli aspe%i più preoccupanti della cirrosi epatica ci sono le varici esofagee, delle ectasie venose del
terzo inferiore dell’esofago, che si vengono a formare per cercare di detendere il circolo portale iperteso a
causa delle diDcoltà che incontra il sangue nel passaggio all’interno del lobulo epatico cirrotico per lo
scompaginamento stru%urale; la formazione delle varici può rappresentare un pericolo di vita
immediato per il paziente, potendo determinare uno shock emorragico 2no alla morte del sogge%o
stesso.
All’interno del fegato cirrotico c’è una serie di modi2cazioni dei meccanismi di controllo del Kusso
ematico; a livello locale in tu%i i vasi arteriosi e venosi sistemici, ma sopra%u%o nei vasi arteriosi, il
circolo è regolato da mediatori che vengono prodo%i e rilasciati all’interno dell’endotelio del vaso e, in
particolare, si è visto che il controllo dell’endotelio sul circolo locale è fondamentale e avviene
a%raverso la secrezione di sostanze vasodilatatrici o vasocostri%rici, in grado di regolare il tono vasale.
Le due sostanze principali, prodo%e dall’endotelio, sono l’ ossido nitrico , che ha un eHe%o
vasodilatatore, e l’ endotelina, che ha un eHe%o vasocostri%ore; nel corso della cirrosi epatica c’è una
diHerenziazione della regolazione del tono vasale sia a livello epatico, dove prevale la vasocostrizione,
sia a livello dei circoli collaterali, che portano alla formazione delle varici, dove abbiamo un meccanismo
opposto, una prevalenza della vasodilatazione. E’ questo il primum movens della formazione delle
varici ma la vasodilatazione è un meccanismo che può essere utilizzato e anche sfru%ato per vari scopi
La TIPS è uno dei sistemi più utilizzati per detendere il circolo portale; si entra dalla giugulare e si pone,
all’interno del sistema portale, un meccanismo di collegamento, uno shunt, che serve a favorire
l’aqusso di sangue nel sistema della vena cava inferiore.
E’ possibile detendere il circolo portale e ridurre il rischio di sanguinamento delle varici esofagee e, con
questi sistemi, in generale, siamo in grado di prevenire la formazione del versamento ascitico o
dell’ascite refra%aria, condizione in cui non si riesce a o%enere un controllo con il solo tra%amento
clinico; esistono poi altri sistemi come lo shunt tra la vena porta e l’arteria renale e l’omentopessi, in cui i
vasi dell’omento vengono ria%rezzati a livello cutaneo e si eHe%uano shunt porto-cavali. Ci sono vari
sistemi chirurgici o parachirurgici per cercare di ridurre il grado di ipertesione portale e prevenire
queste complicanze della cirrosi epatica.
Sindrome epato-renale
Una complicanza ancora più temibile della cirrosi è rappresentata dalla sindrome epato-renale.
Il rene è un organo molto importante come ostacolo alla progressione della mala%ia dal momento che
una riduzione della volemia e una riduzione dell’albuminemia, associate ad acidosi, me%ono il rene in
una condizione di stress particolare in cui viene chiamato a compensare le alterazioni emodinamiche,
cara%eristiche della cirrosi; da un lato avremo l’ipertensione portale con vasodilatazione del circolo
splancnico, mediata dall’ossido nitrico, dalla prostaciclina e da altre sostanze vasodilatatrici, con un
aumento del le%o vascolare e, dall’altro lato, interverrà la vasocostrizione a livello renale, rappresentata
dalla riduzione di volume e di calibro delle arterie renali.
La dilatazione splancnica viene percepita a livello centrale, a livello baroce%oriale, e vengono messi in
a%o dei meccanismi di compenso sia cardiaci che vascolari per cercare di mantenere il più possibile la
Oltre a questi meccanismi emodinamici c’è un’altra componente importante che interviene nella
2siopatologia della sindrome epato-renale, cioè la trans-migrazione di batteri dalla rete intestinale
ai linfonodi splancnici, con a%ivazione di citochine e altri vasodilatatori.
Le citochine in2ammatorie portano all’aumentata espressione di Toll-like receptor e NFkB che sono
molecole che, qualche volta, sono coinvolte nei meccanismi immunitari per o%enere la produzione di
ossido nitrico e quindi quel meccanismo di vasodilatazione spancnica a cui fa%o cenno in precedenza.
Tra le cause della disfunzione renale, oltre alla peritonite ba%erica spontanea, in relazione alla
traslocazione di questi germi, ritroviamo il problema tra compenso e scompenso che si basa sopra%u%o
sulla volemia dato che il meccanismo con cui si cerca di compensare questo sequestro del plasma nel
distre%o splancnico è quello di aumentare la volemia con l’ ipoperfusione renale e con la ritensione di
sodio; ci sono situazioni però in cui la volemia non viene più mantenuta e la perfusione renale viene ad
essere ulteriormente compromessa, 2no alla comparsa del quadro di sindrome epato-renale.
A volte, nel tentativo di determinare uno stato di compenso di questi pazienti che presentano edemi
periferici o che presentano una eccessiva distensione del volume addominale, come nel caso della
paziente del nostro caso clinico, il medico tende a sovraccaricare di diuretici, al 2ne di o%enere una
situazione di compenso più possibile vicina alla normalità e questo, sopra%u%o in presenza di
ipoalbuminemia, può aggravare l’ipovolemia e scatenare la sindrome epato-renale.
Si tra%a in genere di pazienti i%erici per la presenza di un’epatopatia cronica, in fase avanzata, che
hanno un’ascite tesa e quindi grosse quantità di liquido all’interno dell’addome; la comparsa del danno
renale si manifesta con una progressiva, rapida o più lenta elevazione dei parametri di funzionalità
renale, che sono l’ azoto ureico e la creatinina, e un tentativo di compenso rappresentato come
unirinuria, quindi escrezione di urine concentrate.
Se dosiamo gli ele%roliti nelle urine, in questi pazienti, la frazione di escrezione del sodio e quindi la
diHerenza tra il sodio urinario e il sodio plastico è inferiore all’1%; questo indica che il meccanismo con
cui l’organismo tende a preservarsi è quello di conservare più sodio, di eliminarlo il meno possibile con
le urine.
Concludendo, il dato di aumento progressivo di azoto ureico e creatinina, insieme alla riduzione della
frazione di escrezione di sodio, sono le manifestazione della sindrome epatorenale.
Per quanto riguarda invece la diagnosi, i criteri diagnostici sono:
- presenza di cirrosi e di ascite
- livelli di creatinina maggiori di 2.5 mg/dl; se sospendiamo i diuretici per 48h, non abbiamo un
miglioramento della creatinina e questo è un criterio che ci conforta, così come l’assenza di una
riduzione della creatinina, pur in presenza dell’infusione di albumina a scopo terapeutico,
rappresenta un criterio diagnostico per indicare la sindrome epato-renale.
- assenza di shock, criterio diagnostico, perché se c’è un’ipoperfusione sistemica il problema non
è la sindrome epatorenale.
La prognosi nel caso di una sindrome epato-renale di tipo 1 è estremamente grave e la sopravvivenza a
4 mesi si è praticamente azzerata; in quella di tipo 2 è leggermente migliore ma è comunque una
prognosi di tipo infausto.
Le due sindromi si diHerenziano perchè nella 1 c’è un più rapido deterioramento della funzione renale
in due se%imane mentre nella sindrome epato-renale di tipo 2 l’incremento della creatinina avviene in
modo più insidioso ma più graduale; la velocità di sviluppo della sindrome condiziona la prognosi.
Bisogna esporre le altre forme in quanto ci possono essere delle cause di ipovolemia che non sono
necessariamente inquadrate in questo quadro perché danno un problema sistemico; se il paziente ha 60
mmHg di pressione arteriosa sistolica e 40 mmHg di diastolica, c’è un ipoperfusione di tu%i gli organi.
Da un punto di vista terapeutico si utilizzano sostanze come i vasocostrittori, dato che abbiamo visto
che il primum movens di questa sindrome è il sequestro abnorme di sangue nel distre%o spancnico,
oltre alle infusioni di albumina ad alte dosi , unica condizione in cui viene consentito, in modo da
determinare l’incremento della volemia per richiamo osmotico del liquido ascitico in circolo e
miglioramento della perfusione.
Come esiste questa sindrome epato-renale, esiste anche una sindrome cardio-renale, cioè
un’insuDcienza renale che si sviluppa in condizioni di ipoperfusione in pazienti con scompenso
cardiaco; c’è un circolo vizioso per cui anche un problema renale primitivo può esitare in un problema
cardiaco.
Sindrome cardio-renale
La sindrome cardio-renale è una condizione morbosa del cuore e dei reni dove la disfunzione di un
organo può determinare una disfunzione dell’altro ed esistono vari criteri di classi2cazione; ad esempio
esistono forme di tipo 1, acute, e di tipo 2, croniche, in cui il problema cardiaco è preminente, è
primitivo e determina secondariamente il problema renale.
In altre forme, che vengono chiamate reno-cardiache, può capitare che ci sia un peggioramento
primitivo della funzione renale che si ripercuote poi a livello cardiaco perché, se un cuore è predisposto
ad una fase di scompenso, la presenza di un danno renale, in termini di decremento o di non
decremento della volemia per riduzione della capacità escretrice renale, si può poi trasme%ere a livello
cardiaco, 2no alla forma di tipo 5 in cui ci sono, invece, delle condizioni sistemiche, come il diabete e la
sepsi, che determinano conseguentemente un danno sia al cuore che al fegato.
I fa%ori precipitanti di una sindrome cardio-renale di tipo 1 sono scompenso cardiaco e danno renale; se
la perfusione renale non è adeguata per un problema cardiaco o per un problema epatico, allora si posso
instaurare le sindromi cardio-renali e epato-renali.
Un’altra condizione con cui si pone una diagnosi diHerenziale importante, per quanto riguarda la cirrosi
biliare primitiva, è rappresentata dalla colangite sclerosante; qui il problema non è quello della necrosi o
della proliferazione, ma è quello dell’in2ammazione con 2brosi che avviene a livello delle vie escretrici
biliari, all’interno del fegato, che si associa spesso alla presenza di re%ocolite ulcerosa. In sostanza colite
ulcerosa, associata a colestasi intra-epatica, ci fa pensare al quesito diagnostico della colangite
sclerosante.
A volte la cirrosi biliare primitiva si associa ad un’altra mala%ia, cioè la sindrome da overlapping in cui
coesistono un epatite autoimmune e una cirrosi biliare primitiva; l’autoimmune si sviluppa sulla base di
meccanismi immunitari e ci sono chiaramente dei marker che ne cara%erizzano la diagnosi ed è
possibile un’associazione, nell’ambito della stessa patologia, tra l’epatite autoimmune e colangite
sclerosante.
- Anatomia Patologica
La biopsia epatica è fondamentale per de2nire il quadro e
confermata la diagnosi: dal punto di vista istopatologico, è una
cosidde%a epatite da interfaccia , cara%erizzata da in2ltrati
intorno alla vena centro lobulare e forme di aggregazione e
concentrazione di 2bre tra gli spazi interlobulari.
- Epidemiologia
Prevalenza di circa 50-200 pazienti per milioni di abitanti in
Europa e nella porzione Nord degli Stati Uniti.
Rapporto sesso maschile sesso femminile pari a 1/3,6.
- Patogenesi
Esistono una serie di fa%ori che giocano un ruolo fondamentale
nello sviluppo della patologia:
predisposizione genetica
difetti degli immunoregolazione
fattori trigger (farmaci o sostanze tossiche)
- Diagnosi
Nella diagnosi, è importante valutare la seguente tetrade
quadro in&ammatorio con danno cellulare necrotico evidente
anticorpi antinucleo presenti
alta iperglobulinemia
assenza di altri fattori che de&niscono diagnosi per altre patologie (come ad esempio
Wilson, HCV, HBV NASH)
La diagnosi laboratoristica di epatite autoimmune si basa su vari evidenze quali il titolo di
immunoglobuline, il titolo anticorporale, sulla cara%eristiche istologiche cara%eristica istologia nonchè
sull'assenza di marker virali di epatiti. Il gruppo della Mayo Clinic ha introdo%o uno score diagnostico
molto utilizzato oggi.
- Classi(cazioni
Sulla base della sierologia positiva è sul tipo di anticorpi possiamo classi2care le epatiti autoimmuni in
tre gruppi.
- Terapia
La terapia delle epatiti autoimmuni si basa su cortisone e immunosoppressori . Si può decidere se
fare una terapia con combinazione di farmaci già in prima istanza oppure utilizzare una terapia mono
farmaco basata sul solo utilizzo di cortisone (si utilizzano naturalmente dosaggi diHerenti in base al tipo
di iter terapeutico scelto). La terapia di “a%acco” dura 4 se%imane, dopo le quali (siamo quindi al
secondo mese) si instaura una terapia di mantenimento che può essere di tipo combinato, utilizzando il
minimo dosaggio standard di cortisone (valore diverso tra protocolli europei e protocolli americani; noi
ci facciamo riferimento a un protocollo standard che li riassume). I fa%ori che ci indicano eDcacia della
terapia saranno:
abbassamento delle transaminasi
abbassamento delle gammaglobuline
sieroconversione degli anticorpi (alcuni casi)
Tra i triggers di questa forma di epatite vi sono anche quegli infe%ivi. Ci chiediamo dunque come
possiamo combinare questa terapia cortisonica con gli eventi infe%ivi.
In questo caso, non consideriamo gli episodi virali transitori o i casi correlati a una slatentizzazione
dell’infezione con herpes virus o citomegalovirus (che tipicamente hanno un andamento autolimitante)
ma un quadro, ovvero quello dell'epatite C associato alle epatite autoimmune. Gesti sono rari casi in
cui si pone un serio dubbio al medico sul come debba cominciare il tra%amento. Egli può:
Eseguire il tra%amento sequenziale cominciando con il cortisone per modulare l’a%ività
Risposta al tra%amento
Un’alta percentuale va incontro a remissione
Una minima parte dei pazienti, in seguito alla diminuzione della dose di cortisone
somministrata, presenta ricaduta.
Di questo secondo gruppo, in seguito all’a%ivazione di un altro ciclo terapeutico
75% va incontro a remissione
15% hanno risposta incompleta e necessitano di tra%amenti alternativi
È cara%erizzata da:
distruzione dei dotti biliari intraepatici interlobulari con una reazione granulomatosa
a inizio portale con colestasi intralobulare
positività di anticorpi anti mitocondrio nel 95% dei casi con una speci&cità che
possiamo de&nire al 100%
Il caso più frequente, è quello di una donna giovane che si presenta con ecogra2a negativa e con esami
di laboratorio recanti indici necrotici nella norma, un'impronta di colestasi (che può essere anche una
pre colestasi) ed assenza di aumento di bilirubina ma soltanto alterazioni di gamma-GT e fosfatasi
alcalina.
Essendo una donna giovane, dobbiamo richiedere subito gli anticorpi anti mitocondrio e capire se si
tra%a di una cirrosi biliare primitiva. Parliamo quindi di una forma precoce e non di una condizione
grave, mortale, alla quale oggi, tramite una diagnostica precoce molto avanzata, cerchiamo di non
arrivare.
La mala%ia autoimmunitaria colestatica della cirrosi biliare primitiva si può associare a malattie
sistemiche di tipo autoimmuni:
Tiroidite
Sclerodermia
Patologie renali
Artropatie autoimmunitarie
Sindrome di Sjogren
Gastrite autoimmune
Collagenopatie di vario genere
Gesta patologia, a decorso molto spesso asintomatico, presenta una diagnosi (a volte casuale) di tipo
laboratoristico. Il quadro può essere anche richiamato dalla comparsa del prurito (primo sintomo
speci2co) o da altri sintomi quali stanchezza o secchezza delle secrezioni (sindrome sicca).
- Diagnosi
Il gold standard diagnostico è rappresentato dalla positività agli anticorpi anti-mitocondrio mentre
altri criteri di laboratorio utili per la diagnosi sono:
Aumento della fosfatasi acida
Aumento della gamma-GT
Aumento dei sali biliari sierici
Ipercolesterolemia
Aumento della bilirubina (quota sia dire4a e indire4a)
Aumento delle immunoglobuline di classe IgM.
La diagnosi può essere eHe%uata anche solo rispe%ando i primi due punti. Il passo successivo, sarà
indirizzare il paziente verso l'esame istologico tramite biopsia epatica.
La conferma de2nitiva avverrà solo con la biopsia epatica che, oltre alla presenza del quadro
conclamato de2nito dalla presenza delle lesioni di tipo colestatiche, mostrerà la presenza di noduli
rigenerativi. Vediamo dunque come ritorna il conce%o della rigenerazione nodulare durante lo stadio
avanzato ovvero quello 2brotico.
- Terapia
La terapia è basata sull’utilizzo di acido ursodesossicolico (10-15 milligrammi L/kg). Gesta terapia
conviene somministrarla precocemente, in quella fase cara%erizzata da assenza di sintomi e sola
alterazione degli indici laboratoristici poiché è capace di bloccare il progresso della mala%ia. Terapie di
secondo livello le utilizziamo o se quelle di primo livello falliscono (sopra%u%o) nell'ambito della
“sindrome overlap” in cui l'acido ursodesossicolico deve essere associato a uno di questi farmaci (perché
la componente colestatica è associata alla componente in2ammatoria).
In base alla fase della patologia che consideriamo avremo una durata media della vita diHerente
Evento terapeutico importante è il trapianto di fegato. ADnché questo possa essere eHe%uato, è
necessario che siamo rispe%ati dei criteri speci2ci: uno di questi è il prurito intra%abile che rappresenta
uno dei criteri di elezione per il trapianto.
COLANGITE SCLEROSANTE
È un quadro colestatico cara%erizzato dalla progressiva obliterazione dei do%i biliari. La possiamo
distinguere in:
Primitiva, cara%erizzata dalla mancanza di causa scatenante apparente. Si presenta con una
sclerosi dei do%i biliari con porzioni in parte dilatate in parte ristre%e (quella che con2gura dal
punto di vista morfologico come “albero biliare a catena di rosario”)
Secondaria, correlata ad episodi infe%ivi ricorrenti (pazienti con infezioni gastrointestinali o
colpiti da colangiti ascendenti come nel caso di interventi di plastica della via biliare o per
papillostomia)
Importante da ricordare sintomi quali la febbre (più presente nei casi di CSP) e la colangite (più
frequente nel caso di CBP) nella diagnosi diHerenziale tra le due forme. Inoltre, notiamo nella CSP
negatività per anticorpi anti-AMA ma positività per anticorpi anti-neutro2li e anti-muscolo liscio.
Gli anticorpi sono importanti perché il quadro laboratoristico è molto simile se non consideriamo gli
anticorpi. Nei pazienti con colangite sclerosante, possiamo utilizzare un esame strumentale meno
cruento e speci2co che è la colangio-RM che ci perme%e di avere un’esa%a con2gurazione dell’albero
biliare e di compiere una diagnosi più agevolmente.
Anche in questo caso, abbiamo associazione con altre patologie di cui la principale è la patologia
in2ammatoria cronica intestinale (RCU e morbo di Crohn) che molto spesso rappresentano quadri
clinici sono cara%erizzati da alterazione del gut microbiota e da una più facile capacità di sovra
infezioni.
In seguito all’aumentata permeabilità intestinale, aumenta a livello portale la disponibilità dei prodo%i
di degradazione ba%erica intestinale che sono dei potenti in2ammatori. Vediamo dunque come questa
patologia può associarsi o può avere un'alta opportunità di essere incontrata lungo la storia clinica dello
stesso paziente. La storia naturale di questo quadro è cara%erizzata da un’importante sindrome
colestatica progressiva che evolve verso un quadro colestatico-cirrotico con ipertensione portale e
sindrome clinica secondaria.
- Terapia
A dispe%o della cirrosi biliare primitiva, la colangite sclerosante non deve essere tra%ata con l'acido
ursodesossicolico. Gest’ultimo può essere utilizzato per evitare complicanze di tipo litiasico ma non ha
nessuna eDcacia nel tra%amento della colangite sclerosante. Non esiste terapia speci2ca vera e propria:
In alcuni quadri particolari, dove sono presenti stenosi signi2cative condizionanti la colestasi,
sono utilizzati degli stent per via endoscopica
Altri casi, laddove le condizioni stenosanti (magari della parte principale segmentaria delle vie
biliari) siano riternute dal curante resposabili dell’importanza dell’evento colestatico, vengono
tra%ati con terapia chirurgica cercando di evitare una chirurgia che possa comprome%ere i
criteri per un trapianto di fegato
Un ruolo importante è rivestito dall’aspe%o autoimmunitario che può essere associato sia ad un quadro
di colestasi da colangite sclerosante sia ad un quadro di tipo cirrosi biliare primitiva.
Noi dobbiamo diHerenziare la nostra diagnosi a seconda se si parli di “sindrome in2ammatoria
autoimmunitaria del fegato a prevalente componente PBC” o “ a prevalente componente colangite
sclerosante”.
A%enzione merita anche l’ associazione con altre patologie sistemiche: per esempio la presenza di
vitiligo, artrite reumatoide, diabete, patologie della tiroide, sindromi collagenosiche; e in funzione di
questa associazione potete vedere che la presenza autoanticorpale è poco presente nella colangite
sclerosante, invece è francamente positiva nella PBC.
Criteri diagnostici
Proposti da Chazouilleres e tu%ora usati nelle linee guida,sono dei criteri di composizione; cioè nel
sogge%o con questa peculiare condizione noi dobbiamo vedere la possibilità che siano presenti criteri
dell’una o dell’altra e confermati da una evidenza istologica di presenza della epatite da
interfaccia(autoimmune).
Gindi almeno 2-3 di questi criteri per i rispe%ivi quadri dovrebbero essere presenti e confermati da
esami istologici :
PBC criteria AIH criteria
1.AP>2 x ULN or gammaGT>5xULN 1.ALT>5xULN
2.AMA≥1:40 2.IgG >2xULN
3.liver biopsy 3.liver biopsy
Terapia
Tu%o questo è importante per impostare la terapia di un paziente con overalap: steroidi per l’aspe%o
autoimmune,acido ursodesossicolico per la PBC. (terapia combinata)
Caso clinico:
Si tra%a di un sogge%o di 64 anni, pensionato, ex dipendente Fiat. AHe%o da ipotiroidismo per tireopatia
multinodulare. Bevitore sociale (colui che si limita a piccole quantità d'alcool in compagnia, 125mL di
vino rosso per esempio).
- Maggio 2010: primo riscontro di transaminasi elevate con sindrome colestasica, movimento delle γ-
GT a 160. Risoluzione spontanea in circa due mesi.
- Maggio 2012: nuovo incremento delle transaminasi con successiva normalizzazione in due mesi, però
questa volta il medico curante so%opone il paziente a qualche accertamento: TC e PET-Tac negative.
- Aprile 2013: terzo incremento delle transaminasi, stavolta molto più alto (631-1007), dunque una
sindrome epatitica sostanziosa.
Il paziente si ripresenta all'osservazione con tali valori: procediamo con il controllo virologico e lo
screening immunitario. Aggiungiamo il dosaggio della ferritina e la valutazione di eventuale so%ostante
patologia da accumulo.
- Aggiungiamo un'informazione: ad aprile 2012, il paziente aveva fa%o cinque giorni di LevoKoxacina,
un chinolonico, per bronchite asmatica. Analogo ciclo di terapia nei primi giorni di Aprile 2013, però
con MoxiKoxacina. Anamnesticamente, si comincia a delineare una possibile causa iatrogena. A questo
punto ripetiamo gli esami, risultati negativi. PET-TAC negativa, sierologia infe%iva negativa, l'ecogra2a
si presenta normale. Non passiamo a esami morfologici di secondo livello, ma alla biopsia epatica, che
come abbiamo visto ci aiuta a discernere in quel 20% in cui rientrano pazienti con presentazione clinica
sfumata e incerta. La biopsia epatica evidenzia aspe%i di epatite cronica da interfaccia con necrosi focale
a ponte come da forma autoimmune. Vi ricordate che inizialmente era stato fa%o lo screening
ematologico, risultato negativo? Probabilmente i due cicli di terapia con LevoKoxacina e MoxiKoxacina
hanno messo in moto un danno epatico da farmaci. Il paziente ha dunque espresso dei neoantigeni con
associata reazione immunologica, e ha slatentizzato un’epatite autoimmune. Il paziente dunque ha fa%o
un'epatite autoimmune da farmaci. Il paziente aveva anche colestasi, quindi probabilmente si tra%a di
un over lap: epatite autoimmune con espressione colestatica citonecrotica. In questo caso avevamo le
cara%eristiche sia di un'epatopatia autoimmune che di una iatrogena, e tra l'altro qui abbiamo anche il
rechallenge del farmaco, il paziente non lo sapeva ha ripreso un chinolonico, infa%i il calcolo dello score
dava come altamente probabile un'epatite da farmaci, con una presentazione tipica della forma
colestatica autoimmune da sindrome overlap.
La nostra diagnosi 2nale è stata quella di un'epatite autoimmune con overlap colestatico ad alta
probabilità iatrogena, ed il paziente è stato messo in terapia con cortisone ed acido ursodesossicolico.
Dopo qua%ro mesi, il quadro è completamente rientrato, il paziente è stato diDdato dal prendere
chinolonici e viene controllato regolarmente in ambulatorio.
La NASH è una patologia cara%erizzata da un quadro clinico- patologico, scoperto ormai 35 anni fa, con
danno da alcool senza una storia di consumo d’alcool.
Diversi studi, anche su campioni molto estesi hanno messo in evidenza la presenza di una semplice
steatosi senza movimento di transaminasi, in percentuali diverse che oscillano dal 2-8% 2no al 15-20%,
si è notato che queste prevalenze variavano in senso positivo in base alla tipologia delle popolazioni
screenate, sempre senza una storia pregressa di alcoolismo, ma in presenza di altri quadri clinici
correlabili come:
- diabete,
- obesità,
- dislipidemia;
La società italiana che avvalora tu%i gli studi sul fegato è l’AISF, in uno studio coordinato da questa
società si è osservato come in Italia, indipendentemente dalla zona di provenienza, le percentuali di
presenza di steatosi diventano signi2cativamente progressive in funzione della presenza di obesità e
che questa condizione era presente costantemente sia nelle donne che negli uomini in modo omogeneo.
Pertanto, la steatosi epatica la possiamo proporre ed inserire in quella che de2niamo “Sindrome
La ragione per cui l’insulino resistenza è stata giudicata alla 2ne come il comune determinatore di
tu%a la patologia è perché da una parte vi è la patologia conclamata della insulino resistenza
scompensata, quindi la comparsa del diabete e dall’altra la insulino resistenza compensata che poi è una
fase di mala%ia ed è responsabile della creazione dei vari quadri clinici in cui si ha la vera e propria
sindrome metabolica.
Oggi a maggior ragione la steatosi epatica la possiamo inserire nella de2nizione del quadro clinico delle
manifestazioni della SM per quanto concerne il versante epatico.
Nella cascata della patogenesi della steatosi epatica, così come è vista ed acce%ata oggi, in quanto è
possibile anche de2nire i quadri metabolici che nell’ insieme creano la base della SM.
L’ insulino resistenza è quella condizione in cui gli organi bersaglio: fegato,vmuscolo e tessuto adiposo,
non rispondono al messaggio di a%ività indo%a dall’azione insulinica, per carenza di espressione
rece%oriale, di conseguenza a livello epatico abbiamo un accumulo di acidi grassi liberi che non
vengono corre%amente avviati all’a%ività metabolica ed invece accumulati so%o forma di trigliceridi
all’interno del parenchima epatico; questa condizione di accumulo determina una steatosi epatica
proprio per de2nizione.
L’accumulo di acidi grassi all’interno del parenchima epatico è un meccanismo quasi prote%ivo per la
presenza dell’insulino resistenz ,ma ad un certo punto diventa un elemento estremamente tossico ed
instabile a livello energetico e respiratorio, in quanto il mitocondrio soHre e in seguito allo stress
ossidativo.
Gesto meccanismo a cascata rappresentato proprio dall’insulino resistenza, dell’accumulo di grasso nel
fegato, a%ivazione della cascata in2ammatoria e quindi creazione della condizione steato-epatitica ,
quindi (steato=grasso nel fegato ed epatitico= quadro in2ammatorio). In questo modo si con2gura la
teoria dei due colpi.
Vi sono però dei sogge%i che possono avere la steatosi o presentare all’ecogra2a come evento
incidentale scardinato dalla presenza di altre alterazioni, un quadro conclamato di NASH, ciò vuol dire
che questa teoria da sola non è in grado di darci tu%e le spiegazioni
In eHe%i è così perché vi è in gioco un’ altra condizione che è rappresentato da un altro organo:
l’intestino. Anch’esso è inserito nell’ interplay del danno epatico da accumulo di grasso, a%raverso
un’azione tossica o a%raverso la produzione di citochine in2ammatorie, prodo%e a%raverso la
perossidazione del grasso viscerale.
Esso è un grasso metabolicamente ed endocrinologicamente a%ivo, quindi gioca un ruolo nella tossicità
epatica nel determinare quella condizione di steatosi e steatoepatite epatica, questo tipo di danno è
determinato dall’ overlap ba%erico e dall’aumentata permeabilità intestinale.
Un ruolo importante nell’equilibrio intestinale viene svolto dal MICROBIOTA INTESTINALE, il quale è
un biorea%ore che gioca un ruolo di “organismo nell’organismo” ed è in grado di metabolizzare,
consumare e restituire energia e di degradare, a%raverso la Kora ba%erica intestinale, i grassi altrimenti
non trasformabili.
Gando questo sistema si sbilancia, da condizione prote%iva, cioè da svolgere un ruolo di
collaborazione con il superorganismo, diviene una fonte di tossicità per azione della Kora ba%erica
intestinale.
Un’alterazione di quest’ultima è determinata da condizioni come le intolleranze alimentari, come la
celiachia, ma anche da alterazioni nei sogge%i che hanno avuto un incremento del peso corporeo.
La composizione della Kora ba%erica intestinale è inKuenzabile anche dal peso corporeo e tu%o passa
dal sistema, sopra%u%o quando la Kora ba%erica diventa sovrabbondante e quindi sbilanciata in termini
di composizione, diventa motivo di in2ammazione e di alterazione della permeabilità della parete
intestinale. I prodo%i di degradazione dei ba%eri intestinali traslocano a%raverso il sistema linfatico
intestinale nel sistema portale venoso ed è il meccanismo della traslocazione ba%erica.
Sia nel modello sperimentale che in quello umano si è osservata la presenza a livello epatico di una serie
di tossine con partenza intestinale. Esse hanno come target le cellule stellateche so%o questo stimpolo
sono indo%e a fenomeni di metaplasia in cellule in2ammatorie 2brogenetiche che innescano un
meccanismo di danno epatico.
Possiamo de2nire varie tipologie consumo facendo riferimento ai dati della società italiana di alcologia:
- Binge drinking: il consumo di 6 o più bicchieri di bevanda alcolica in un unica occasione;
- Consumo giornaliero non moderato: quindi gli abusatori: > 2/3 unità nell’uomo o > 2 unità nella
donna, anziani >65 anni >1 unità e di qualsiasi entità nei sogge%i tra gli 11 e 17 anni.
I criteri che portano alla biopsia epatica sono stati sanciti dalla società americana sullo studio del fegato,
rivisti nel 2010 oltre che dalla società americana anche dalla società italiana, l’AISF; l’istologia perme%e
di creare dei quadri di NASH che derivano dal punteggio derivante da delle variabili:
15. Grading steatosi : 1-3;
16. Grading in2ammazione : 1-3;
17. Staging 2brosi :1-4.
È un quadro che, se non verrà gestito in modo o%imale, potrà evolversi in un quadro di cirrosi e in
alcuni casi di epatocarcinoma(HHC).
Nel corso dello studio della steatosi epatica, il primo avversario nell'approfondimento diagnostico è
stata proprio classe medica: a dispe%o di ciò che cominciava a delinearsi dal punto di vista della
potenziale evoluzione, la steatosi veniva concepita come una patologia assolutamente benigna e, molto
spesso, so%ostimata e quasi trascurata.
Oggi, nel 2015, il conce%o che deve passare è che la patologia correlata all’accumulo di grasso nel fegato
è un quadro potenzialmente evolutivo, 2no a complicanze gravi quali cirrosi e, eventualmente,
epatocarcinoma. A sostegno di tale conce%o, abbiamo numerose evidenze statistiche riscontrate nel
corso degli anni.
L’esempio tipico di quadro che possiamo incontrare comprende un’evidente degenerazione
balloniforme, con grossi vacuoli grassosi visibili anche a basso ingrandimento, abbondante in2ltrato
in2ammatorio e se%i che iniziano a mostrarsi signi2cativamente 2brosi. Il sistema di riferimento della
classi2cazione della steatosi e della sua diagnosi istologica è il Kleiner score: Kleiner è l'autore dello
studio che analizza lo staging e il grading della steatosi, la sua istologia e la sua severità.
Nella storia naturale della patologia, dobbiamo concepire la possibilità che un terzo dei casi di steatosi
evolva nella più severa delle sue forme, la steatoepatite, con gradi inizialmente lievi di 2brosi che vanno
peggiorando 2no alla 2brosi severa, e un quadro ingravescente che può giungere alla cirrosi epatica. La
stessa cirrosi, in ultima istanza, può a sua volta essere complicata dell'elemento neoplastico.
Oggi sappiamo che un 10-15% dei casi che vengono so%oposti alla nostra a%enzione risultano negativi
all'eziologia virale e risultano invece derivare da un'iniziale steatosi. Ci sono tantissimi studi di coorte
che analizzano l'evoluzione della patologia epatica.
Chiaramente si tra%a di studi di coorte, ma sono comunque evidenze a supporto del fa%o che il quadro
in2ammatorio è poi quello che più frequentemente porta ad una 2brosi più severa e, possibilmente, ad
un'evoluzione nodulare cirrotica.
A%ualmente si è abbastanza convinti che il passaggio da cirrosi a carcinoma sia un’evoluzione quasi
obbligata, tu%avia il contrario non è sempre vero: la cirrosi non è sempre necessaria per lo sviluppo di
epatocarcinoma.
Se è vero che nelle popolazioni studiate vediamo che l'epatocarcinoma si manifesta spesso in pazienti
con cirrosi correlata alla NASH, quindi correlata alla componente più severa della NAFLD, è altre%anto
vero che l'epatocarcinoma si presenta anche in pazienti non cirrotici.
Gesto, dal punto di vista patologico, è un conce%o importantissimo: l'intermediazione della cirrosi non
è necessaria, e ciò signi2ca che la carcinogenesi non è necessariamente correlata alla rigenerazione
tissutale della cirrosi.
Se invece parliamo di riduzione della componente in2ammatoria, abbiamo a disposizione diverse classi
di farmaci:
- antiossidanti,
- citoprote%ori,
- UDCA (acido ursodesossicolico).
L'acido ursodessosicolico ha dimostrato di avere eHe%i positivi nel controllo dell'evoluzione della 2brosi
e nella stabilizzazione del quadro patologico generale. Con questo, si conclude il quadro delle strategie
di terapia a cascata implicate nel controllo della steatosi e successivamente della steatoepatite, con le
sue complicanze 2brotiche e in2ammatorie.
Presentazione clinica
A volte le le presentazioni cliniche possono riportare solo alterazioni laboratoristiche, come ad esempio
un movimento dei valori da sindrome colestatica. A volte riscontriamo disturbi aspeci2ci come astenia,
febbricola, dimagrimento, in altri casi il riscontro casuale di positività per infezioni virali,
principalmente HBV ed HCV.
Per quanto riguarda le anomalie in corso di indagine ecogra2ca, abbiamo visto la possibilità di
evidenziare la steatosi o quadri più importanti, talvolta lesioni epatiche che esulano da questa
presentazione o, più raramente, quadri più severi.
Talvolta si tra%a di screening nell'ambito familiare: un paziente ha avuto un problema e di conseguenza
i familiari vengono invitati a fare degli accertamenti, che possono evidenziare una patologia non nota
per cui il paziente di so%opone all'osservazione medica.
È chiaro che in funzione della presentazione viene fa%a la vostra anamnesi, che deve essere completa ed
a%enta e toccare alcuni punti cardine generali, come abitudini alimentari, assunzione abituale di farmaci
(abbiamo visto quanti farmaci di largo consumo sono correlati a quadri di epatiti iatrogene), abitudini
volu%uarie particolari.
Il discorso delle abitudini volu%uarie, come uso di stupefacenti o comportamenti e promiscuità sessuale,
sono domande che dobbiamo porre con un certo ta%o.
Il modo giusto di farle è innanzitu%o correlato a chi accompagna il paziente: se viene da solo, il nostro
lavoro è certamente avvantaggiato. Se il paziente si presenta in coppia o con genitori/2gli, è necessario
domandare al paziente se desidera rimanere da solo. In tal caso, con grande gentilezza si può far
accomodare fuori gli accompagnatori, e a quel punto possono essere poste domande più personali circa
abitudini sessuali e volu%uarie o possibili rapporti extraconiugali.
Sono domande necessarie, per quanto personali e scomode, pertanto si può rassicurare il paziente
facendogli presente che il medico è tenuto alla riservatezza, in modo da me%erlo in condizioni di aprirsi.
Alla presenza degli esami di primo livello che ci perme%ono di orientarci nel quadro, il passo successivo
è capire quale sia la causa eziologica della patologia. Faremo dunque esami di secondo livello che ci
perme%ono di de2nire o stadiare la patologia:
- la sierologia autoimmunitaria se cominciamo a sospe%are un’epatite autoimmune,
- la sierologia degli anticorpi anti-mitocondrio se sospe%iamo una cirrosi biliare primitiva,
eventualmente si ricercano patologie immunitarie extraepatiche, patologie neuromuscolari
degenerative, altre patologie rare.
Gesto quadro va poi complementarizzato con gli esami speci2ci per le varie eziologie, perché
l'accertamento dell'eziologia de2nirà i passi successivi.
- Se abbiamo un'eziologia che sospe%iamo virale, si andrà a controllare gli antigeni speci2ci virali e si
farà il dosaggio quantitativo e qualitativo della viremia e la ricerca del citotipo.
- Se pensiamo di aver davanti un'emocromatosi, si faranno la saturazione della transferrina e i test
genetici, come pure lo studio della ceruloplasmina con cupremia e cupruria.
- Se abbiamo davanti anticorpi anti-endomisio positivi, faremo una duodenoscopia con prelievo bioptico
per valutare l'ipotro2a villare.
Gindi completiamo la nostra indagine diagnostica dopo aver stabilito l'eziologia dell'epatopatia che ha
portato il paziente alla nostra osservazione.
A questo punto, con questi screening a tappe e metodologicamente sequenziali per il nostro paziente,
noi dovremmo avere le idee chiare: la presentazione clinica è il motivo dell'osservazione, l'anamnesi
implementa le nostre conoscenze e ci conduce ai test eziologici di primo livello che, se esibiti nel corso
della prima visita, orientano i test eziologici di secondo livello ed eventuali indagini complementari.
L'ecogra2a in genere si fa insieme ai test di primo livello e, a questo punto, abbiamo il quadro completo
del paziente che nell'80% dei casi dovrebbe poter uscire con la nostra diagnosi, mentre nel restante 20%
c'è ancora un margine di incertezza.
In tal caso, la biopsia epatica dovrebbe fornirci le informazioni mancanti: diventa il momento 2nale che
ci perme%e di de2nire il grading e lo staging della patologia in esame, ma è funzionale anche in quella
sopracitata percentuale di pazienti in cui la diagnosi si manifesta incerta o incompleta, per de2nire la
natura del danno so%ostante. L'a%o 2nale sarà dunque la costruzione di una terapia a%a ad eradicare la
patologia emersa da tu%o quest'iter diagnostico.
(fase3)
secondario coniugato eliminazione ;
quindi molti farmaci vedono nel fegato o la propria 2ne o la propria a%ivazione e di conseguenza anche
l’eliminazione a livello del polo biliare come sostanza idro2la che può essere eliminata.
Evento idiosincrasico : Evento non prevedibile che si manifesta con la classica sintomatologia
ana2la%oide. Non è dose dipendente e si manifesta anche in caso di conta%o con dosi più basse di quelle
terapeutiche.
Evento tossico: evento prevedibile, dose dipendente, dovuto al meccanismo d'azione del farmaco o
all'accumulo dei suoi metaboliti, è un evento ripetibile.
Negli Stati Uniti il metodo più economico usato dai giovani per suicidarsi è quello di fare assunzione
massiva di paracetamolo e magari associarci l’alcol in modo da o%enere l’eHe%o tossico dell’epatite
fulminante.
A partire da dosi di :6-7 g, cioè 10-7 compresse da 1g assunte tu%e in una volta l’ epatite acuta è
garantita, se poi ci aggiungiamo l’alcol l’eHe%o è sicuro.
Il metabolismo del paracetamolo è quello meglio conosciuto dal punto di vista scienti2co e il modello di
epatite acuta tossica da paracetamolo è stata molto studiata proprio perchè è venuta all’a%enzione
Ci sono tanti farmaci che portano a questo tipo di quadri; in particolare, in uno studio eHe%uato a
Milano su 5000 donne in terapia ormonale adiuvante con tamoxifene in seguito a mastectomia, circa il
15-45% di queste donne, presentava quadri di steatosi/steatoepatiti a distanza di 5-15 anni.
Sulla base di questi criteri, possiamo avere una scala di numeri che ci perme%e di dire che quel quadro
è altamente probabile per una epatite da farmaci.
Gello delle mala%ie in2ammatorie croniche intestinali è un capitolo molto frequentemente osservato
nella pratica clinica abbastanza complesso e delicato, in quanto la diagnostica diHerenziale pone alcuni
aspe%i che non sono di facile risoluzione e quindi dobbiamo stare molto a%enti sopra%u%o nella fase
anamnestica, ma anche nella valutazione dei dati che emergono sia dall'esame obie%ivo, sia da esami di
laboratorio e radiologici.
La gran parte delle IBD sono rappresentate dalle 2 condizioni paradigmatiche, Rettocolite ulcerosa e
Morbo di Crohn , ma non è trascurabile la quota delle coliti de%e indeterminate, che oggi superano
anche il 15% dei casi, raggiungendo il 20%.
Il primo dato utile per diHerenziare le due patologie è che il Morbo di Crohn può colpire qualsiasi
tra%o del canale GI, nella minoranza dei casi colpisce la parte superiore, addiri%ura l'esofago, ma nella
maggior parte dei casi coinvolge la giunzione ileo-ciecale (47%) e il colon.
La RCU colpisce prevalentemente il colon discendente e il re%o (60%) e può colpire anche cieco (1%),
colon ascendente (14%) colon trasverso (25%).
Gesto aspe%o si va a riKe%ere nella clinica: si ha dunque un ampio spe%ro di manifestazioni cliniche
nel Morbo di Crohn (a volte ci sono delle lesioni molto alte che determinano esofagiti) a seconda del
tra%o coinvolto, mentre la RCU è dominata da fenomeni diarroici, perdita di sangue rosso vivo, spesso
frammista a muco e feci.
Epidemiologia
- MDC In Italia: la prevalenza è di circa 50-60 casi su 100.000 abitanti (0,5-0,6 su 1000, non è una
condizione rara) e colpisce l'età giovanile, sopra%u%o sogge%i <20 anni, infa%i tra i 15 e i 25 anni è la
più frequente causa organica di dolore addominale ricorrente, sopra%u%o nell'ipocondrio di destra.
E' lievemente più frequente in maschi e negli ebrei ashkenaziti presenti nella zona della penisola
interna.
L'incidenza (è un dato dinamico, che varia nel corso del tempo) oggi è di: 5-6 casi su 100.000 abitanti per
anno. A Roma vi sono circa 100-200 nuovi casi all' anno.
L'incidenza è aumentata progressivamente negli ultimi 50 anni stabilizzandosi negli anni '80. Si pensa
che l'aumento sia dovuto all'aumento dell'inquinamento ambientale.
- RCU E' più frequente del Morbo di Crohn. In Italia: Prevalenza di 0,8-1,5 su 1000. Incidenza di 6-15 pz
per 100000 abitanti per anno. Gindi a Roma circa 400-500 persone si ammalano ogni anno di Crohn o
RCU.
Per quanto riguarda l'età, si hanno 2 picchi: uno intorno ai 40 anni e l'altro tra la sesta e la se%ima
decade di vita.
L'incidenza è rimasta stabile nei decenni, si ha una uguale prevalenza nei due sessi.
Eziopatogenesi
Il capitolo eziopatogenetico delle IBD è quanto di più complesso si trovi in medicina interna. Geste
sono patologie multifa%oriali in cui sono importanti fa%ori genetici, fa%ori ambientali e fa%ori di tipo
immunologico.
- Genetica è stato dimostrato che i fa%ori genetici sono molto importanti: gli studi sui gemelli
omozigoti hanno dimostrato che se uno dei due gemelli si ammala di Crohn, la possibilità che l'altro
gemello si ammali è molto elevata, è circa il 50%.
Se c'è un parente di primo grado aHe%o il rischio per un determinato sogge%o aumenta da 17 a 35 volte.
L'inKuenza dei fa%ori genetici è maggiore nel Morbo di Crohn rispe%o alla RCU.
Esistono molti loci su diversi cromosomi signi2cativamente associati allo sviluppo delle IBD:
• CARD15 ( caspase recruitment domain-containing protein 15) localizzato sul cromosoma 16,
sul locus de2nito appunto IBD1. Gesto gene codi2ca per la proteina NOD2 (nucleotide-
binding-oligomerization-domain-2), che è deputata al riconoscimento della componente
muramil-dipeptidica della parete ba%erica dei ba%eri gram + ma anche gram – che colonizzano
l'intestino. Dopo il riconoscimento dà dei segnali che sono volti al silenziamento o
all'a%ivazione della risposta contro l'agente esterno. Sono state identi2cate circa una decina di
mutazioni che inKuenzano in vario modo l'a%ività di questa proteina.
• Altri geni sono posti sul cromosoma 5, sul locus IBD5. I geni presenti in questo locus
codi2cano per trasportatori cationici (OCTN1, OCTN2), che regolano insieme al catione anche
• Altri geni sono posti sul cromosoma 6, sul locus IBD3. Gi vi sono i famosi loci che codi2cano
per il sistema maggiore di istocompatibilità i cui polimor2smi non sono associati solo alle IBD,
ma anche ad altre partologie: HLA DRB*0103, HLA-B27 (associato anche all'artrite
reumatoide), HLA-B35 (associato anche ad artropatie), HLA-B44 e HLA-DRB*0103 (associati
anche alle uveiti). Già questo ci dice che le artropatie e le uveiti hanno delle analogie, dal
punto di vista della reazione in2ammatoria, con le IBD.
- Fa%ori immunologici : Sono stre%amente correlati con lo sviluppo della patologia. Sono state
identi2cate delle forme geneticamente determinate in cui dei ceppi familiari sono aHe%i, da padre a
2glio, con le classiche leggi mendeliane.
Tali forme sono cara%erizzate da una riduzione della tolleranza alla risposta in2ammatoria (legate a
mutazione di rece%ori per le interleuchine) e da un aumento della permeabilità della parete intestinale,
che favorisce la trasmigrazione di microrganismi che a loro volta stimolano una profonda risposta
in2ammatoria di tipo rea%ivo, che in questi sogge%i non è controllata, è disorganizzata, e nel tempo,
sopra%u%o nella RCU, porta alla trasformazione neoplastica della mucosa coinvolta nel processo
in2ammatorio.
- Fa%ori ambientali:
• Inquinamento ambientale: molti studi hanno messo in evidenza come ci sia una stre%a
associazione tra l'aumento dell'inquinamento ambientale (fumo di sigare%a, polveri so%ili,
inquinamento alimentare) e l'aumento dell'incidenza delle IBD
• Per quanto riguarda il Morbo di Crohn, è stata evidenziata anche una connessione con una
particolare allergia alimentare al Saccaromyces Cerevisiae, che determina la produzione di
elevati livelli di anticorpi. Infa%i la ricerca di tali anticorpi fa parte della ba%eria di esami che
possono essere richiesti per eHe%uare una diagnosi diHerenziale tra MDC e RCU.
Manifestazioni cliniche
• Forma stenosante (20%): è cara%erizzata da una 2brosi della parete talmente imponente che è
un po' il risultato 2nale del processo Kogistico cronico, da stenosare il lume intestinale. Gando
la stenosi è particolarmente rilevante, si ha una dilatazione prestenotica che deriva dalla
pressione che il materiale intestinale svolge contro la parete per l'ostruzione a valle. In questa
forma si può avere anche una 2brosi mesenterica e molto spesso questo porta alla formazione
di aderenze tra la parete esterna del tubo intestinale e la zona dello scavo pelvico.
In queste tabelle sono presenti le principali cara%eristiche che perme%ono di eHe%uare una diagnosi
diHerenziale tra Morbo di Crohn e Re%ocolite ulcerosa.
Innanzitu%o il Crohn può colpire qualsiasi segmento del tubo digerente, prevalentemente il tra%o
digiunale e ileale, ma anche il colon. La RCU invece colpisce i tra%i distali.
Cancro colon retto (è una raro (più frequente nella È associato più alla RCU perchè
delle complicanze più gravi) localizzazione colica) le manifestazioni in2ammatorie
della RCU riguardano
principalmente la mucosa che è
so%oposta a processi di morte e
rigenerazione cellulare, che sono
ripetuti nelle fasi di a%ività della
mala%ia. Gesto può
determinare, ad un certo punto
della mala%ia, la comparsa di
cloni neoplastici veri e propri.
Non è infrequente trovare in
questi sogge%i inizialmente delle
poliposi che ad un certo punto
determinano un cancro.
Viene consigliata a questi
sogge%i una colonscopia,
eventualmente con biopsia, a
distanza di un determinato arco
di tempo, in maniera seriata, per
monitorare l'eventuale
trasformazione neoplastica di
queste formazioni polipose, ove
presenti.
Ovviamente la diagnosi di queste forme, oltre ad anamnesi, esame obie%ivo e indagini di laboratorio, si
basa sull'endoscopia ed eventualmente sulla biopsia
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Ci sono poi tu%a una serie di coliti che abbiamo de%o essere non appartenenti né all’uno né all’altra;
queste possono essere infe%ive e non.
COLITI INFETTIVE
Sono ba4eriche, parassitarie, virali e micotiche.
Molte di queste sono ba%eriche, motivo per cui nel nostro iter diagnostico dobbiamo fare anche un
esame ba%eriologico e parassitologico delle feci, per escludere che ci troviamo di fronte a infezioni,
principalmente date da ba%eri gram -, ad esempio il Campylobacter.
Nelle forme parassitarie invece ricordate che c’è anche una certa eosino2lia.
Tra le forme virali ricordiamo in particolare quella da Cytomegalo e delle forme rare da HIV.
- In(ammatorie: Da ricordare le diverticoliti, la cui diagnosi può essere fa%a con esami radiologici e
con la colonscopia, che ci perme%e di vedere i diverticoli in2ammati, cosa che può essere anche molto
grave.
Un’altra forma è una mala%ia reumatologica, il morbo di Behçet, citato a proposito delle vasculiti.
Possiamo infa%i avere delle vasculiti dei vasi della parete colica con manifestazioni tipiche di una colite
che però non ha nulla a che vedere con le IBD.
- Tossiche: Ad esempio da chemioterapici, i quali tra l’altro sopprimono il sistema immunitario del pz
favorendo a loro volta le infezioni ba%eriche.
- Maligne: Da adenocarcinomi del colon o linfomi. Ai linfomi intestinali bisogna stare a%enti: quando si
localizzano a livello dello stomaco o dell’intestino tenue danno un tipico coinvolgimento della mucosa e
della parete che può simulare un MC; sarà la presenza di linfoadenopatie mesenteriche di maggior
entità rispe%o a quelle presenti nelle IBD ad indirizzarci, in questo caso si vedono dei veri e propri
pacche%i linfonodali. Sono chiamati anche maltomi.
Vi so%olineo però l’importanza di escludere in primis delle forme infe%ive sia ba%eriche che causate da
altri microorganismi.
- Con un esame ecogra2co , con e ecocolordoppler, possiamo valurareun aumento della vascolarizzazione
della parete ed un notevole ispessimento della stessa, la quale è tra l’altro ispessita, segno
patognomonico del Crohn che spesso cara%erizza le forme stenosanti. Anche con l’ecogra2a possiamo
vedere le 2stole entero-enteriche che in base alla localizzazione possono dare problemi di
malassorbimento, calo ponderale ed alterazioni ematologiche derivanti dalla carenza di nutrienti. Le
2stole entero-cutanee ovviamente si vedono anche all’EO.
- Con un pasto baritato , si possono osservare i quadri occlusivi o sub-occlusivi che spesso si
accompagnano alla mala%ia.
- All'esame endoscopico macroscopico si osserva mucosa gon2a, in2ammanta, il tipico aspe%o ad
Terapia
I farmaci che possono essere utilizzati sono gli antin&ammatori (sopra%u%o corticosteroidi) che
possono essere somministrati per via orale o a%raverso un clisma.
- Ci sono i farmaci immunosoppressori, come l’azatioprina.
- Oggi abbiamo a disposizione anche dei farmaci biologici che vanno ad agire sui vari step del
meccanismo patogenetico che abbiamo visto all’inizio. Gesti farmaci sono comunque molto costosi. Il
più utilizzato è l’inKiximab, molecola anti-TNFα che ha pochi eHe%i collaterali e eHe%i positivi sulla
mala%ia.
- Un altro farmaco è l’ adalimumab, che invece agisce sull’a%ivazione linfocitaria di alcune
so%opopolazioni di linfociti.
- Ce ne sono anche altri ma per ora sono solo farmaci sperimentali utilizzati nei trial clinici; ad esempio
c’è il fontolizumab, un anticorpo dire%o contro l’interferon gamma, o altri dire%i sele%ivamente
contro i linfociti T. Sono tu%i anticorpi umanizzati dire%i contro diversi target in base al processo
immunologico che si vuole andare a colpire.
- In2ne c’è il trattamento chirurgico, sopra%u%o per le forme che riguardano il cieco e il colon.
Le forme 2stolizzanti richiedono la terapia antibiotica per evitare infezioni e peritoniti, in più anche
qui si usano farmaci immunosoppressori e biologici.
RETTOCOLITE ULCEROSA
Eziopatogenesi
18. Infettiva: anche in questo caso sono state fa%e molte teorie sull’eziologia infe%iva, sopra%u%o
riguardo la produzione di enterotossine da parte di alcuni ceppi di E.Coli, torna sempre questo
gram-
19. Allergie alimentari: anche qui moltissime teorie, la più citata è quella che riguarda
l’intolleranza al la4osio , tant’è vero che si era tolto l’uso del la%e nei sogge%i con diagnosi di
RCU.
20. Fattori ambientali: fumo, contracce4ivi orali, e c’è questa strana teoria dell’ appendicectomia
come fa%ore prote%ivo. La RCU è più frequente nei sogge%i che hanno l’appendice in situ,
probabilmente perché questa zona intestinale può essere sede di sviluppo di ceppi di ba%eri che
a loro volta possono favorire l’insorgenza della mala%ia.
Sintomi
Sono molto simili a quelli del MC.
- Diarrea
- Sangue nelle feci: quasi sempre presente, spesso rosso vivo proprio per l’interessamento dell’ultima
parte dell’intestino.
- Dolore addominale: prevalentemente nel QIS (il prof dice destra, ma penso volesse dire sinistra, nds).
- Malessere generale
- Dolori articolari
- Febbre
- Nausea, vomito
- Anoressia
Decorso
Una cara%eristica della RCU è il suo andamento intermittente (75% dei casi), ci sono periodi di
riacutizzazione con presenza di tu%i i sintomi elencati prima alternati a fasi di quiescenza della mala%ia.
Esami strumentali
- Ecogra2a
- Rx dire%a addome: per visualizzare eventuali livelli idroaerei.
- Endoscopia: gold standard, fondamentale per fare diagnosi di IBD e successivamente per diHerenziare
la RCU dal MC, può me%ere in evidenza micropolipi, essi possono poi degenerare e dare luogo al
carcinoma del re%o o del colon..
- istologia, evidenzia cara%eristiche granulomatose, le cripte spesso sono invase da cellule
in2ammatorie, ciò ne causa la distorsione dell’archite%ura.
- PET con Kuorodesossiglucosio che mostra un processo Kogistico continuo che procede in maniera
caudo-craniale, interessando solamente il grosso intestino.
Una complicanza importante della RCU è il megacolon tossico.
Obiettivi diagnostici
Certezza della diagnosi: dd con altri coliti, identi2care la speci2ca mala%ia tra le IBD
Determinare Sede della lesione
Determinare Estensione della lesione
Identi2care le complicanze
Identi2care manifestazioni extraintestinali
Valutare l’a%ività della mala%ia
La diagnosi certa viene sempre fa%a sulla base dell’endoscopia e dell’esame istologico.
COLITI INDIFFERENZIATE
Gando il patologo vede un’in2ltrazione linfo-monocitaria, macrofagica, lesioni ulcerative non molto
profonde spesso parla di coliti indiAerenziate. Gesto è un capitolo molto più complesso che riguarda
una situazione clinica più sfumata, che può anche avere un cara%ere evolutivo e rappresentare
eHe%ivamente un primo stadio di un MC o di una RCU, oppure può rimanere indiHerenziata per tu%a la
mala%ia.
Patogenesi
Senza entrare nei de%agli anche la RCU presenta delle alterazioni prevalentemente nelle cellule T
regolatorie che comunque poi determina a livello mucosale un aumento dell’a%ività del TNFα, il quale
incide sui processi apoptotici delle cellule mucosali.Esso determina questo processo in2ammatorio
cronico, un aumento del turnover cellulare che può favorire la trasformazione neoplastica.
RCU ereditaria
Terapia
Nella RCU possiamo avere una pancolite oppure una proctite;
- anche qui usiamo farmaci antin&ammatori (corticosteroidi) dati per clisma o per via orale, inKiximab
che è leggermente più eDcace perché abbiamo visto come il TNFα abbia un ruolo fondamentale nella
RCU.
- Abbiamo gli immunosoppressori come la ciclosporina, il tacrolimus, questi sono inibitori delle
Gli autori hanno proprio dimostrato questo eHe%o: hanno stimolato cellule monocitiche con IL-10 e
hanno veri2cato che nei pazienti la risposta in termini di produzione di TNFα era molto maggiore
rispe%o ai controlli in cui la risposta era minima o quasi inesistente a causa dell’inibizione esercitata
dalla STAT3, assente invece nei membri della famiglia.
Gindi in questo caso non c’era una spinta intrinseca alla produzione di TNFα quanto una mancata
inibizione della secrezione della stessa. L’eHe%o 2nale è però lo stesso: abbiamo una Kogosi e
manifestazioni 2siopatologiche della mala%ia classica.
SOMMARIO:
- IRA
- IRC
L’insuDcienza renale acuta (IRA) e ̀ una condizione clinica frequente in ambito ospedaliero. E’ rilevata
nel 15% dei pazienti adulti ricoverati negli ospedali dei paesi industrializzati e la sua prevalenza è
particolarmente elevata nei pazienti anziani, nei quali è responsabile di importante morbilità e
mortalità.
L’utilizzo di diversi tipi di farmaci, molto spesso in contemporanea, determinano lesioni a carico dei
vari segmenti renali.
E’ una condizione patologica importante da riconoscere in tempo, poiché il mancato riconoscimento
può determinare la morte del paziente.
Le forme più gravi non controllate possono provocare la morte del paziente in breve tempo, mentre
quelle meno gravi possono cronicizzare e richiedere supporto dialitico ( dialisi peritoneale , emodialisi)
o trapianto renale.
Epidemiologia
E’ associata a circa l’1-2% dei ricoveri in ambito ospedaliero e vede coinvolti sopratu%o i pazienti di
terapia intensiva e rianimazione.
In uno studio condo%o recentemente sull’IRA severa si è evidenziato un tasso di mortalità del 30-40%.
Secondo dati statistici provenienti dal Regno Unito, una migliore assistenza ospedaliera dei pazienti con
IRA, potrebbero salvare circa 12.000 vite e risparmiare £ 150m.
Diagnosi
La diagnosi di IRA si basa sul monitoraggio di un biomarker fondamentale, la creatininemia e la VFG ,
associato o meno alla produzione di urina: le tabelle 1 e 2 riportano le de2nizioni di IRA per adulti e
bambini, ma non sono prive di aspe%i controversi (Box delle incertezze).
Ganto riportato rappresenta dati che hanno una valenza in pazienti adulti con IRA e sono indicazioni
per la terapia sostitutiva.
Molte condizioni , come l’infarto del miocardio acuto di tipo massivo con conseguente scompenso
cardiaco , o politraumi , avranno una prognosi negativa qualora venissero complicati da IRA.
CRITERI NICE
Molte patologie hanno una correlazione di causalità con l’IRA , ciò giusti2ca la sua elevata presenza in
termini epidemiologici. Pertanto bisogna v alutarne la presenza se è probabile o certa una di queste
condizioni, misurando la creatininemia e comparandola con i valori basali dei pazienti adulti con
mala%ie acute :
InsuDcienza renale cronica : i pazienti con un tasso presunto di 2ltrazione glomerulare(eGFR) <60
mL/min/1.73 m2 sono particolarmente a rischio
InsuDcienza cardiaca
Il razionale della valutazione seriale della creatininemia, risiede nel fa%o che l’IRA è molto spesso
correlata alle patologie sopra riportate.
Per i pazienti pediatrici i criteri da considerare per la diagnosi sono riportati in “Tabella2” ed i criteri
Nice sono uguali a quelli adulti.
E’ di fondamentale importanza rilevare prontamente l’IRA nei pazienti pediatrici ed è importante
considerare che le condizioni correlate ad essa sono sopra%u%o due: le nefriti e le neoplasie
ematologiche come i linfomi e leucemie linfobllastiche , responsabili di in2ltrazioni importanti in modo
particolare proprio a livello renale.
CONDIZIONI FISIOPATOLOGICHE
Le cause 2siopatologiche possono essere suddivise in tre classi:
• Prerenale - correlata a problematiche di tipo funzionale , correlata a condizioni di bassa pressione
arteriosa sistemica e basso volume plasmatico circolante ;
Postrenale - correlata a condizioni di tipo otru%ivo ;
Renale - correlata a patologie organiche , che più facilmente evolvono in forme croniche
Al di so%o dei 60 mmHg si osserverà una caduta esponenziale della VFG che determinerà una
clearance renale < 15 mmL / min , determinando :
• aumento di creatininemia;
• contrazione importante della diuresi ( < 150 cc in 24 h ) con conseguente oligoanuria.
La diagnosi si avvale dell’anamnesi, della clinica e degli esami laboratoristici e spesso viene riconosciuta
precocemente. risulta essere la forma più frequente di IRA , colpendo globalmente un’importante fe%a
di questi pazienti, presentandosi con una frequenza del 70-80% dei casi dei pazienti con IRA .
La terapia è di tipo restri%ivo ed è molto spesso correlata ad un’o%ima prognosi. Nella maggior parte
dei casi il paziente guarisce con restitutio ad integrum e solo una piccola percentuale dei pazienti con
tale condizione vanno incontro ad un’ IRC.
Ciò è correlato alle condizioni di base del paziente; per esempio un paziente con sdr epatorenale grave o
importante scompenso cardiaco possono presentare prognosi non o%imale.
Le forme di tipo postrenale si presentano con una frequenza globale compresa tra il 10-20%.
L’eziopatogenesi è correlata ad una qualsiasi causa che determina l’impedimento dell’escrezione
urinaria e sono suddivisibili in due grandi classi di cause :
• INTRINSECHE
• ESTRINSECHE
I pazienti con questa forma di IRA talvolta lamentano oligoanuria, ma più frequentemente sono pazienti
con anuria, rapidamente identi2cabile, con dolore vescicale localizzato all’altezza del basso ventre.
Tu%e queste condizioni danno un eHe%o massa, con compressione delle vie escretrici e problematiche
che si ripercuotono a monte dell’ostruzione stessa, potendo interessare anche il bacine%o renale.
Talvolta i linfomi di tipo non Hodgking, spesso a grandi cellule B, possono provocare un ingrossamento
linfonodale, tale da determinare importanti fenomeni compressivi con conseguente restrizione
meccanica urinaria.
Altre patologie neoplastiche da considerare saranno sia i sarcomi retroperitoneali possono essere causa
importante di compressione delle vie urinarie in quanto sono processi neoplastici a lenta crescita che
Diagnosi
La diagnosi si avvale di:
- anamnesi,
- diuresi,
- esami strumentali,
- clinica
- esami di laboratorio .
Gli esami strumentali utilizzabili, potranno essere semplici , come l’ecogra2a o, nei casi complicati
come la 2brosi o il sarcoma retroperitoneale, è indicato eseguire indagini più invasive come
l’UROGRAFIA DISCENDENTE , che si avvale del Mdc.
La clinica è dominata dall’oligoanuria e dai segni e sintomi della patologia so%ostante.
In caso di calcolosi renale , possiamo notare un’alternanza della sintomatologia: i calcoli a causa di
un’aumento di pressione si potranno spostare, determinando un quadro di poliuria improvvisa e la
tendenza del paziente a formarne di nuovi, potrà far variare il quadro verso una condizione oligoanurica
nuovamente, in breve tempo.
Con gli esami di laboratorio nelle forme di IRA Postrenale , si potranno osservare delle urine normali,
sia qualitativamente che nelle proprietà chimico-2siche (ph, peso speci2co, osmolalità) a causa del fa%o
che il problema risiede in un ostacolo meccanico. Uremia e creatininemia saranno invece aumentate.
Il tra%amento rende queste condizioni assolutamente reversibile, senza esiti negativi. Nei rari casi in cui
non si riesce a trovare la causa dell’ostruzione, si potrà osservare un importante coinvolgimento di aree
a monte 2no al bacine%o pelvico, responsabili di IRC. Grazie alla diagnostica strumentale , sopratu%o
radiologica, queste situazioni sono assolutamente rare, poiché la maggior parte delle cause sono
riconosciute precocemente.
Le forme di insuDcienza renale di tipo organico possono essere ricondo%e in termini di movente
patogenetico a due condizioni fondamentali:
Dal punto di vista patogenetico anche i vasi renali possono essere causa di insuDcienza renale acuta
organica: le grosse embolie ba%eriche o lipidiche dell’arteria renale, le dissezioni o gli aneurismi, le
vasculiti, come per esempio la Takayasu, che può colpire l’arco aortico e scendere verso il basso e
andare a coinvolgere l’aorta addominale e le arterie renali e poi ci sono le forme di trombosi venosa
splacnica delle vene renali, quindi il circolo reKuo del rene.
Poi abbiamo le forme squisitamente glomerulari che possono essere in2ammatorie o ematologiche: le
microangiopatie renali, che si manifestano a%raverso un’occlusione dei vasi glomerulari sia una forma
emolitico uremica sia le forme di porpora trombotica trombocitopenia.
Geste forme possiamo ritrovarle anche nei pazienti so%oposti a terapia immunosoppressiva, farmaci
tra cui tacrolimus, sirolimus, che inibiscono alcune stru%ure endocellulari determinando apoptosi delle
cellule glomerulari e quindi degenerazione del glomerulo stesso.
Geste alterazioni tubulari, poiché i tubuli sono la sede dell’assorbimento e dell’escrezione di acqua e di
ioni, danno luogo a situazioni legate a disturbi idroele%rolitici, iposodiemia, ipercaliemie.
La forma più eclatante di necrosi tubulare acuta spesso si può avere in alcuni sogge%i per reazioni a
farmaci anestetici, adoperati in anestesia generale e quindi può insorgere dopo recenti interventi
chirurgici e ha un’evoluzione abbastanza cara%eristica: se adeguatamente tra%ata può essere reversibile
ma in genere determina dopo la guarigione del sogge%o una condizione funzionale e organica del rene
che non ritorna mai nelle condizioni iniziali, c’è sempre qualche piccola alterazione che è retaggio di
questa necrosi che si è veri2cata .
Le tossine che determinano la necrosi tubulare possono essere quindi esogene: tra queste bisogna
ricordare anche la forma di necrosi tubulare acuta, più frequente in passato in alcune tipologie di
lavoro, legata all’esposizione a collanti, glicole etilenico.
Esistono inoltre forme di necrosi tubulare acuta da sostanza endogene, quali la bilirubina, la mioglobina
legate alla liberazione di alti livelli del gruppo prostetico sia dell’emoglobina che della mioglobina e
quindi iperbilirubinemie importanti, danni muscolari estesi da politraumi. Il gruppo prostetico
danneggia con diversi meccanismi, non ultimo il danno ossidativo, queste cellule tubulari, che quindi
vanno in necrosi.
Annoveriamo inoltre le forme dell’interstizio con estese in2ltrazioni mesangiali di cellule neoplastiche,
sopra%u%o in ambito ematologico leucemie linfoblastiche, LNH ad alta malignità, patologie di tipo
disrea%ivo, vagamente autoimmune con patogenesi ancora non chiara come la sarcoidosi, spesso le
vasculiti coinvolgono anche il circolo renale e possono inKuenzare il tubulo con necrosi tubulare acuta
poi ovviamente c’è la componente infe%iva che può essere presente nelle forme virali e da candida.
Galsiasi condizione che determini un ipoaqusso e quindi ischemia provoca anche necrosi tubulare, in
questo caso però è più speci2ca e coinvolge primariamente la zona tubulare: comunque le condizioni
che determinano necrosi tubulare acuta sono esa%amente le stesse che provocano insuDcienza
prerenale.
Spesso è anche la velocità e l’estensione della forma ischemica che può determinare nel primo caso una
forma di insuDcienza prerenale che è più facilmente reversibile a diHerenza della necrosi tubulare acuta
dove l’ischemia è più estesa e coinvolge il sistema tubulare ma le cause sono esa%amente le stesse.
Tra le patologie lavorative in passato c’era anche un’intossicazione da mercurio, che è stato bandito
dalle preparazioni industriali, un’intossicazione da arsenico e da uranio.
Un’altra situazione che può determinare necrosi da tossine endogene può essere il tetano, non è tanto
l’infezione di per sé quanto le contrazioni muscolari estese che il tetano determina (oggi fortunatamente
più rare) le quali creavano situazioni di mioglobinuria e quindi danno a livello tubulare.
Decorso clinico
Per quanto concerne il decorso clinico di insuDcienza renale con necrosi tubulare acuta è possibile
individuare diverse fasi:
fase oligurica: l’oligoanuria deve esserci quasi sempre;
fase diuretica precoce, grazie alle capacità costituzionali dell’epitelio tubulare esso tende a
rigenerare e quindi a ricostituire le proprie capacità funzionali legate ad assorbimento ed
escrezione di acqua e ioni: dopo alcuni giorni dall’eliminazione della causa dell’IRA il paziente
comincia a rieme%ere 400/500 cc di urina nelle 24 ore, urine con peso speci2co e osmolarità
bassi dovuto al fa%o che la competenza funzionale relativa all’assorbimento di acqua e ioni è
ancora bassa;
fase diuretica tardiva, molto delicata in quanto in questa fase il paziente può eme%ere litri di
urina ipostenica e con osmolarità molto bassa: bisogna prestare a%enzione in questa fase
perché l’epitelio tubulare non ha ancora ricostruito perfe%amente gli equilibri funzionali per il
riassorbimento di acqua e ioni, il paziente, qualora non si faccia un accurato bilancio
idroele%rolitico, può andare incontro a disidratazione che colpisce in maniera prevalente il
sistema nervoso centrale
fase della convalescenza, più o meno lunga cara%erizzata da una quasi totale restituito ad
integrum, non perfe%a ricostruzione della competenza funzionale delle cellule tubulari renali.
Nella fase oligurica è presente sempre azotemia e ipercreatininemia, il paziente si accorge di aumentare
improvvisamente di peso, c’è un aumento della potassiemia, altro biomarker di insuDcienza renale sia
acuta che cronica, c’è un’acidosi che può incidere sulla funzionalità respiratoria in quanto i centri
bulbari sono sensibili a stati acidosici; in2ne il quadro clinico è il più vario in base alla causa che ha
scatenato l’insuDcienza renale.
È opportuno per la diagnosi tenere a mente certi parametri, ad esempio rapporti tra creatinuria e
creatininemia, rapporti che risultano molto utili sopra%u%o nella valutazione in fase acuta, un altro
parametro che invece è utile nelle forme glomerulari è il rapporto tra microalbuminuria e creatinuria.
Nella fase diuretica tardiva sono riportati casi di addiri%ura 4-5 l nelle 24 h: in questa fase c’è inoltre un
aumento della velocità di 2ltrazione glomerulare e una diminuzione dell’azotemia e creatininemia, la
perdita di acqua ed ele%roliti determina disidratazione, il paziente ha un calo ponderale, ha sete ma
sopra%u%o c’è un’iponatriemia che è responsabile di stati ipotensivi e catatonici, sopra%u%o qualora
non venisse corre%o questo stato e poi ipopotassiemia per questa estrema eliminazione di urina con
danni neurologici che vanno dall’iporeKessia all’astenia 2no alle alterazione all’ECG.
Nel 25% dei casi delle forme di insuDcienza renale acuta c’è un interessamento dei glomeruli e dei vasi:
in relazione alle glomerulopatie le più frequenti oggi sono su base dismetabolica, diabetica. Una delle
forme importanti glomerulari causa di insuDcienza renale acuta è la necrosi corticale acuta .
Geste sono le forme infe%ive, esistono poi anche delle forme congenite di SEU, una vasta gamma di
alterazioni congenite del complemento che determinano, con un meccanismo simile alle sindromi
emolitiche uremiche infe%ive ma non lo stesso, un’occlusione del glomeruli e quindi una sindrome
emolitico uremica.
Come dice il nome stesso la sindrome emolitico uremica si compone di due fa%ori fondamentali,
l’emolisi dovuta al passaggio delle emazie in questi trombi del microcircolo renale e quindi si
frammentano e poi l’uremia perché c’è l’insuDcienza renale.
Oggi le sindromi da necrosi corticale si hanno anche nel rige%o iperacuto del trapianto renale, già in
seconda, terza o quarta giornata post trapianto possiamo avere un rige%o con necrosi corticale che deve
necessariamente portare il paziente al tavolo operatorio, il tu%o per incompatibilità di qualche
componente del sistema HLA.
Spesso in queste situazioni l’oligoanuria è un po’ più prolungata perché la forme hanno un andamento
più cronico, sono iperacute quando si associano a CID.
I pazienti con sindrome emolitico uremica hanno un quadro clinico estremamente grave, devono essere
tra%ati molto rapidamente.
Gando avete davanti un bambino con una sindrome emolitico uremica, con IRA, con oligoanuria, con
In questi casi la terapia di supporto deve essere importante per mantenere la funzione renale ma con il
passare del tempo una volta debellata l’infezione esita in una restituito ad integrum della funzionalità
renale.
In relazione alla prognosi si capisce quanto sia importante fare una diagnosi precoce: si ha una ripresa
parziale nel 15% dei casi, insuDcienza renale cronica nell’80% dei casi ed exitus prima della dialisi nel
90% dei casi.
La tossina speci2ca O157H può essere riconosciuta con metodiche microbiologiche basate su tecniche di
biologia molecolare. Per quanto riguarda le forme infe%ive bisogna fare l’anamnesi per capire se il
paziente sopra%u%o quello pediatrico ha soHerto di diarrea, a volte c’è necessità di fare dialisi
temporaneamente e poi la terapia speci2ca quale quella antibiotica.
Le società medico scienti2che hanno stabilito inoltre qual è lo stadio di danno renale: è possibile
individuare cinque gradi di compromissione sulla base del 2ltrato glomerulare, che normalmente è > 90
ml/min (stadio I) per arrivare ad una situazione di insuDcienza renale terminale, <15ml/min (stadio V).
Gesta stima del grado di danno renale è importante in quanto diversi farmaci che nei pazienti più
anziani vengono somministrati sono eliminati per via renale: bisogna dunque conoscere il grado di
insuDcienza renale del paziente per determinare la clearance di questi farmaci e quindi l’eHe%o tossico.
Per esempio recentemente sono entrati in commercio dei farmaci, i nuovi anticoagulanti orali che
risentono molto della funzionalità renale, gli inibitori dire%i della trombina quali il dabigatran, il quale
non deve essere somministrato nel paziente con IRA; il paziente che va incontro a IRA deve sospendere
questo farmaco per proseguire con tra%amenti alternativi.
L’altro punto importante del graduare l’insuDcienza renale acuta e ovviamente cronica è anche quella
di de2nire il grado di gravità della complicanza della patologia di base che poi ha determinato
l’insuDcienza renale: nel caso in cui non sia perfe%amente reversibile l’insuDcienza renale e
quindi si vada incontro ad una cronicizzazione questo ci dice anche come il paziente abbia
subito le conseguenze della patologia di base, ad esempio cardiopatia o diabete, e quindi
formulare un giudizio prognostico sull’evoluzione appunto della forma di base.
L’insuDcienza renale cronica (IRC) è una condizione cara%erizzata da una depressione delle capacità di
2ltrazione glomerulare che si instaura lentamente.
A diHerenza dell' insuDcienza renale acuta, nella IRC la lentezza con la quale progredisce il dife%o fun-
zionale renale consente la messa in opera di una serie di meccanismi di compenso.
Gesti sono tali da perme%ere la vita in condizioni ragionevolmente tollerabili 2no a quando il 2ltrato
glomerulare è rido%o di circa il 90% e qualche sorta di vita (in presenza cioè di gravi manifestazioni
morbose) anche quando il 2ltrato glomerulare è rido%o del 97-99%.
La IRC è irreversibile e, gene- ralmente, progressiva.
Nella fase iniziale la IRC è completamente asintomatica, nella fase intermedia i suoi sintomi e segni
comprome%ono poco il benessere del paziente, ma nelle sue fasi avanzate e terminali la IRC determina
una grave sindrome clinica che viene indicata con il termine di uremia.
Si stima che nell’Europa occidentale e negli USA l’in- cidenza della IRC sia di circa 10-15 casi per
100.000, ri- conosciuti ogni anno.
Eziopatogenesi
La IRC può essere determinata da una pluralità di cause che interferiscono:
- con l’integrità anatomica dei nefroni;
- con l’apporto ematico dei glomeruli;
- con la pressione idrostatica nella capsula di Bowman (aumentandola per ostruzione delle vie urinarie).
È comprensibile che le glomerulopatie si trovino in un posto importante tra le cause di IRC, ma anche le
nefropatie interstiziali e il rene policistico, potendo comportare l’obliterazione di interi nefroni, possono
dare un contributo importante alla riduzione del 2ltrato glomeru- lare.
Un diminuito apporto ematico ai glomeruli coincide con un abbassamento della pressione di 2ltrazione.
Inoltre, l’ostruzione delle vie urinarie determina IRC per gli stessi motivi spiegati a proposito
dell’insuDcienza renale acuta.
La diHerenza è solo di grado (ostruzione parziale) e di tempo (ostruzione cronica).
Occorre, tu%avia, aggiungere che questa causa di IRC si osserva raramente al giorno d’oggi, perché è
comune che le ostruzioni delle vie urinarie siano corre%e chirurgicamente.
I primi due problemi sono spiegati dalla cosidde%a “teoria emodinamica”. Gesta assume che, se il
2ltrato glomerulare è in un certo grado cronicamente rido%o, i glomeruli residui funzionanti sono
esposti ad una iper- perfusione compensatoria e ad iper2ltrazione.
Gesto stato comporta una serie di eventi dannosi a carico delle cellule dei glomeruli con progressiva
distruzione dei nefroni residui. Una volta avviato, perciò, il processo tende ad aggravarsi. Che questo
possa avvenire nelle nefropatie glomerulari è intuitivo. Tu%avia, anche nelle mala%ie tubulo-interstiziali
l’obliterazione del lume di un certo numero di tubuli abolisce la funzione glomerulare corrispondente. Il
Più complicato è spiegare il terzo problema e cioè come una nefropatia primitivamente glomerulare si
estenda successivamente all’interstizio.
Esistono varie teorie in proposito e ne ricordiamo due basate su meccanismi immunologici. Secondo la
prima, esistono sulle cellule dei glomeruli e dei tubuli antigeni identici o cross-reagenti. Una
glomerulopatia, di qualsivoglia origine, rompe la tolleranza immunologica a questi antigeni e perciò la
reazione autoimmune, nata nei glomeruli, si estende ai tubuli e all’interstizio nel quale sono contenuti.
Un’altra teoria si riferisce al fa%o che la maggior parte delle mala%ie glomerulari hanno una patogenesi
immunologica. Perciò i complessi immuni, le frazioni a%ivate del complemento e i mediatori in2am-
matori generati nei glomeruli possono essere trasportati, per via linfatica e a%raverso le arteriole
eHerenti, verso l’interstizio. In ogni caso la conseguenza è un’in- 2ltrazione dell’interstizio con
macrofagi e linfociti e la liberazione da queste cellule di mediatori con varie azioni patogene.
Il movente iniziale sta nel fa%o che il traumatismo meccanico induce la liberazione di vari mediatori
a%ivi da parte di cellule che stru%uralmente fanno parte dei glomeruli (cellule endoteliali, cellule
mesangiali), o che vi aquiscono in quantità au- mentata dal sangue (monociti che vengono localmente
a%ivati a macrofagi), o da parte delle piastrine che più facilmente aderiscono alle pareti glomerulari e
vengono a%ivate. Gesti mediatori hanno varie funzioni, tra le quali ricordiamo le più importanti.
- Vasodilatazionei ntrarenale. Il mediatore più importante che esercita questa azione è il cosidde%o
Insulin-like Growth Factor-1 (IGF1), prodo%o dalle cellule mesangiali e dal- le cellule principali dei do%i
colle%ori. L’IGF1 ha anche un’a%ività mitogena sulle cellule mesangiali.
- Sollecitazioni proliferative su cellule mesangiali . Geste sono esercitate da vari fa%ori, tra i quali
il più importante è il cosidde%o Platelet Derived Growth Fac- tor (PDGF), esso è prodo%o non solo dalle
piastrine, ma anche dalle cellule endoteliali, dai macrofagi e dalle stesse cellule mesangiali. Tra le so-
stanze che pure stimolano la proliferazione delle cellule mesangiali ci sono due citochine (ormoni a
breve raggio): l’interleuchina-1 (IL-1) e l’interleuchina-6 (IL-6) prodo%e dai macrofagi. In2ne, anche
l’angiotensina II ha un eHe%o favorente la proliferazione delle cellule mesangiali (e anche di quelle
muscolari lisce e di quelle epiteliali dei tubuli prossimali).
- Aumentata sintesi di matrice extracellulare, dovuta al cosidde%o Transforming Growth Factor-
beta (TGF-beta), una sostanza prodo%a da molte cellule nell’organismo e, in questo caso, principalmente
da macrofagi e piastrine, e che agisce sulle cellule endoteliali e mesangiali inducendole a secernere
proteoglicani, 2bronectina e collageno.
Da quanto sopra de%o risulta evidente il ruolo centrale delle cellule mesangiali nella progressione della
IRC. Infa%i, esse producono l’IGF1 che determina l’iperperfusione e l’iper2ltrazione glomerulare. In
conseguenza di questi eventi si concentrano nei glomeruli macrofagi e piastrine che, a%raverso altri
mediatori, come il TGF-beta, il PDGF, le IL-1 e IL-6, inducono alla proliferazione le cellule mesangiali.
- Ipertensione arteriosa . Può accelerare la progressione di una nefropatia verso l’insuDcienza renale
cronica. Si pensa che l' ipertensione arteriosa aggiunga un danno emodinamico ulteriore a quello
conseguente all’iperperfusione dei glomeruli residui funzionanti.
- Proteinuria. La proteinuria può comportare, con il passare del tempo, vari tipi di danno renale. In
primo luogo, il passaggio in quantità eccessive di proteine a%raverso la membrana glomerulare, ed il
loro riassorbimento tubulare, può comportare un danno delle cellule epiteliali della capsula di Bowman
e di quelle che costituiscono la parete dei tubuli prossimali.
In secondo luogo, se la proteinuria è tale da superare la capacità riassorbitiva dei tubuli prossimali, si
possono formare cilindri nella porzione distale dei nefroni e ciò può portare a danno epiteliale a questo
livello, con susseguente in2ammazione interstiziale.
Meccanismi di compenso.
Si è visto che, nella IRC, i nefroni residui tentano un compenso per il dife%o di funzione dovuto ai
nefroni perduti. Esiste un solo modo per farlo e cioè che ciascun nefrone residuo elimini più soluti di
quanto faccia normalmente: una quantità tanto maggiore quanto più elevata è la frazione di nefroni che
sono andati perduti e la cui funzione deve essere supplita.
Gesto risultato può essere o%enuto con due meccanismi:
- Il primo è proprio di quei soluti che non vengono so%oposti aHa%o, o lo sono poco, ad operazioni di
riassorbimento o secrezione nei tubuli, come nel caso della creatinina e dell’urea. Per queste sostanze,
una maggiore escrezione per singolo nefrone può essere o%enuta solo grazie ad un aumento della loro
concentrazione nel plasma e quindi nel 2ltrato glomerulare.
Gesto non può essere considerato un vero meccanismo di compenso, in quanto la maggiore escrezione
di soluti è o%enuta a spese di un aumento della loro concentrazione nel plasma, proprio ciò che sarebbe
compito del rene di evitare. Tu%avia la concentrazione plasmatica di queste sostanze risulta inver-
samente proporzionale al 2ltrato glomerulare e perciò aumenta signi2cativamente solo quando
quest’ultimo è molto rido%o. È per questo che la creatininemia resta nell’ambito della norma 2no a
quando il 2ltrato glomerulare è circa dimezzato.
- Un secondo meccanismo che può consentire, in corso di IRC, una maggiore escrezione di soluti in
ciascuno dei nefroni residui riguarda quelle sostanze che sono riassorbite e secrete dai tubuli in quantità
rilevante. In queste circostanze è suDciente che una sostanza sia riassorbita in misura minore, o secreta
in misura maggiore, perché la sua escrezione per singolo nefrone sia aumentata, senza che la sua
concentrazione nel plasma si discosti dalla norma. Gesto processo, che è un genuino meccanismo di
compenso, ha eHe%ivamente luogo nei nefroni residui in corso di IRC, ma non si veri2ca per tu%i i
soluti con la stessa eDcienza. Per fosfati, urati, potassio e idrogenioni è tale da impedire l’aumento della
loro concentrazione nel plasma 2no a gradi avanzati di insuDcienza renale cronica (anche se, nel caso
degli idrogenioni, l’organismo dispone di altri meccanismi di compenso per tentare di mantenere co-
stante il pH del liquido extracellulare. Per il sodio questo tipo di compenso si svolge meglio che per gli
altri soluti.
Nella realtà clinica, tu%avia, un certo accumulo di sodio nell’organismo è comune nelle fasi avanzate
della IRC.
- IRC allo stadio dei sintomi iniziali . Il primo dato che può a%irare l’a%enzione del paziente e del
medico è la tendenza alla poliuria. La quantità di urine nelle 24 ore sarà variabile in dipendenza del
carico obbligato di soluti che deve essere escreto nelle urine, ma con facilità vengono raggiunti valori
oltre i 2000 ml.
È facile che la poliuria sfugga nelle ore diurne e che venga rilevata solamente la nicturia. Gesta è molto
più facile a constatarsi dato che normalmente, nelle ore no%urne, quando non vi è introduzione di
liquidi, è più probabile che le urine vengano concentrate.
Non potendo eHe%uare questo processo, il paziente con IRC dovrà urinare anche di no%e. Il fenomeno
colpisce particolarmente i giovani (gli anziani urinano più facilmente di no%e per ragioni connesse con
la continenza vescicale) e nei bambini, nei quali può assumere l’aspe%o dell’enuresi no%urna.
Alla poliuria fa seguito una polidipsia. Altri sintomi e segni possono essere scarsi e poco cara%eristici.
Esami di laboratorio.
Un singolo esame delle urine può essere molto poco signi2cativo e, al massimo, può dare notizie su una
nefropatia che ha determinato la IRC (eventuale presenza di proteinuria, ematuria, piuria, cilindruria).
Spesso, comunque, un singolo esame delle urine può risultare normale.
Le notizie importanti sono quelle riguardanti l’osmolalità urinaria che può essere dire%amente misurata
o, molto pratica- mente, stimata a%raverso il peso speci2co delle urine.
Gando ci si avvicina all’isostenuria il peso speci2co delle urine di discosta di poco da valori intorno a
1010- 1012. Ancora una volta deve essere so%olineato che trovare questi valori di peso speci2co in un
singolo campione di urine non signi2ca nulla, perché ciò può casualmente capitare in qualsiasi sogge%o
normale e sano. È solo la persistenza di questi valori in numerosi campioni di urine, raccolti lungo tu%o
l’arco della giornata, che può suggerire l’esistenza di un’isostenuria.
Gli esami ematochimici dimostrano un aumento della concentrazione di urea nel sangue e di creatinina
nel siero. La determinazione della clearance della creatinina documenta la riduzione del 2ltrato
glomerulare. Se, nell’esame emocromocitometrico, si dimostra anemia, questa risulta del tipo
normocitico, normocromico.
Diagnosi.
UREMIA
Il termine uremia dovrebbe signi2care la presenza di costituenti delle urine nel sangue. In realtà è
impiegato per indicare la sindrome clinica che si ha nelle fasi molto avanzate della IRC.
Nell’uremia vengono superati quei meccanismi di compenso che a lungo mantengono l’omeostasi
dell’organismo nonostante il grave e progressivo deterioramento della funzione renale. Possono perciò
veri2carsi eventi 2siopatologici che non sono presenti nella fase di compenso della IRC. Tra i più
importanti ricordiamo:
- Il raggiungimento di livelli molto elevati nel sangue della concentrazione di urea e di altre scorie
metaboliche.
- Il superamento dei limiti entro i quali sono suDcienti i compensi tubulari nell’escrezione di varie
sostanze importanti per l’omeostasi dell’organismo.
- Nell’uremia si hanno livelli molto elevati nel sangue di sostanze come l’urea, la creatinina ed
altre, per l’escrezione delle quali non esistono meccanismi di compenso a livello tubulare. L’ accumulo
nel sangue di sostanze potenzialmente tossiche è sempre stato considerato il fa%ore fondamentale
dell’uremia, tanto da es- sere in realtà quello che ha dato il nome a questa con- dizione morbosa.
Le molecole che sembrano esercitare la maggiore azione tossica sono i prodo%i intermedi del
metabolismo proteico ed aminoacidico, la cui escrezione avvie- ne quasi esclusivamente a%raverso il
rene.
L’urea sembra essere la molecola maggiormente responsabile dal punto di vista quantitativo. Essa
rappresenta più dell’80% dell’azoto escreto nelle urine in pazienti con IRC che hanno un apporto
dietetico di 40 g o più di proteine al giorno. L’urea provoca la comparsa di alcuni sintomi quali l’astenia,
l’anoressia, il vomito, la cefalea.
La creatinina, che di per sé non è tossica, potrebbe generare sintomi disturbanti negli uremici in
seguito alla conversione in altre sostanze come la sarcosina e la metilguanidina. Esistono vari indizi che
fanno pensare che un ruolo tossico importante è svolto, negli uremici, da alcune sostanze polipeptidiche
a peso molecolare maggiore di quelle f inora ricordate.
Un argomento a favore di questa possibilità è che la neuropatia degli uremici sembra migliorare di più
con la dialisi peritoneale intermi%ente che con l’emodialisi cronica, nonostante che con la prima delle
due tecniche terapeutiche la creatininemia e l’urea plasmatica si riducano di meno. La dialisi peritoneale
intermi%ente sembra più ada%a a rimuovere proprio le sostanze di peso molecolare più elevato. In realtà
molti ricercatori hanno dimostrato nel siero degli uremici un’aumentata concentrazione di sostanze con
peso molecolare tra 300 e 3500, che analiticamente hanno rivelato una natura polipeptidica.
- Nell’uremia salgono pure, ma in misura minore, i livelli ematici di altre sostanze, per
l’escrezione delle quali il meccanismo di compenso a livello tubulare è operativo 2no a stadi avanzati
della IRC. Tra queste modi2cazioni si possono ricordare l’iperuricemia, l’acidosi metabolica e
l’iperpotassiemia.
L’acidosi metabolica si instaura quando, nella fase avanzata della IRC, il rene è menomato nella sua
capacità di eliminare gli idrogenioni. Dato che per ogni H+ eliminato un HCO3– viene riassorbito,
l’eHe%o iniziale sarà un’acidosi ipercloremica, nella quale la diminuita concentrazione plasmatica di
bicarbonati è bilanciata da un corrispondente aumento della concentrazione dei cloruri.
Nelle fasi più avanzate si ha ritenzione nell’organismo di acidi 2ssi (non volatili) provenienti dal
metabolismo di aminoacidi solforati (acido solforico) e di composti organofosforici (acido fosforico): la
Clinica dell’uremia
Il passaggio dallo stadio dei sintomi iniziali della IRC a quelli dell’uremia vera e propria avviene con
gradualità, anche se possono darsi eventi accidentali che peggiorano criticamente la funzione renale e
scatenano bruscamente il quadro clinico dell’uremia: una perdita di acqua e sodio (vomito, diarrea) che
determina ipovolemia, oppure l’impiego di un farmaco nefrotossico.
Il quadro conclamato dell’uremia è molto complesso ed è conveniente descriverlo in riferimento ai
singoli organi e apparati che risultano compromessi.
- Apparato digerente . La concentrazione dell’urea è aumentata non solo nel sangue, ma anche nella
saliva e nelle altre secrezioni dell’apparato digerente, ove può andare incontro a fermentazione
ammoniacale ad opera di microrganismi. L’ammoniaca ha un notevole eHe%o irritativo. Si comprende,
perciò, perché i disturbi a carico dell’apparato digerente siano molto comuni negli uremici e talora i più
precoci. Essi comprendono una sensazione di ca%ivo sapore in bocca, l’anoressia, la nausea e il vomito.
Le emorragie dal tubo gastroenterico (ematemesi, melena) sono particolarmente facili, sia perché questi
pazienti sviluppano con facilità ulcera peptica, sia perché hanno dife%i di funzione delle piastrine.
Un segno importante che negli uremici può essere riferito all’apparato digerente è il cosidde%o fetore
uremico, ossia un alito cara%eristicamente urinoso. Gesto è dovuto non solo all’azione dei
microrganismi sulle sostanze azotate che compaiono in concentrazione maggiore nella saliva, ma anche
alla eliminazione per via respiratoria di cataboliti volatili che non sono elimi- nati per via urinaria.
L’esame del cavo orale può dimostrare lingua impatinata, un diHuso arrossamento della mucosa ed
anche la formazione di ulcere.
- Cute . Il paziente può avvertire prurito. La cute è pallida, con una sfumatura giallo-sporco (che si
pensa sia conferita dalla deposizione di cataboliti azotati combinata con un certo grado di genuina
iperpigmentazione).
La pigmentazione gialla è particolarmente evidente a livello del le%o ungueale. L’eccesso di urea nel
sudore può determinare fenomeno di irritazione cutanea so%o forma di manifestazioni eritemato-
papulose (uremidi). L’evaporazione del sudore lascia sulla pelle un so%ile strato di cristalli di urea.
- Apparato circolatorio . Circa metà degli uremici sono ipertesi e si pensa che questa condizione sia
dovuta all’eccesso di sodio che si viene ad avere nell’organismo nelle fasi più avanzate della IRC.
Tu%avia, la rido%a introduzione di sodio con la dieta, o la perdita di questo elemento con vomito o
diarrea, comporta frequentemente una diminuzione della pressione arteriosa e talora addiri%ura il
passaggio all’ipotensione.
Al contrario, se l’apporto di sodio viene bruscamente aumentato, è facile che l’ipertensione si aggravi e
che si possa avere sovraccarico ventricolare sinistro ed edema polmonare acuto.
Comunque, un certo grado di congestione polmonare può veri2carsi anche in assenza di sovraccarico di
Una cara%eristica alterazione dell’uremia è la cosidde%a pericardite uremica. Si tra%a di una pericardite
essudativa, tale da poter comportare il tamponamento cardiaco.
Si pensa che sia dovuta all’eHe%o irritante di cataboliti tossici oltre che ad emorragie intrapericardiche
favorite dal dife%o di funzione delle piastrine.
Altre alterazioni cardiache importanti sono quelle legate all’iperpotassiemia.
Le manifestazioni cliniche legate a questa alterazione compaiono quando i valori oltrepassano i 5 mEq/l
e se si raggiungono valori di 8-9 mEq/l il paziente raramente sopravvive.
- Sistema neuromuscolare . I disturbi a carico del sistema neuromuscolare negli uremici sono
provocati dalla convergenza di varie cause, quali la ritenzione di urea ed altri metaboliti tossici, gli
aumentati livelli di secrezione del PTH, l’acidosi e gli squilibri ele%rolitici. A carico del sistema nervoso
centrale i primi sintomi sono sfumati e rappresentati dalla diDcoltà di concentrazione e dall’insonnia. In
seguito compaiono perdita di memoria e disturbi del comportamento, tremori, agitazione psicomotoria,
convulsione e, nei casi estremi, coma.
- Sangue . L’anemia negli uremici è dipendente non solamente dal dife%o di produzione di
eritropoietina da parte dei reni, ma anche da altri fa%ori che divengono importanti in questa fase
estrema della IRC: una diminuita sopravvivenza degli eritrociti (per un dife%o extracorpuscolare
collegato verosimilmente con le alterazioni biochimiche dell’ambiente plasmatico) e il possibile
sanguinamento dell’apparato digerente.
La funzione delle piastrine nei processi emostatici è menomata dall’uremia: sembra che questo eHe%o
sia dovuto all’accumulo di acido guanidino-succinico.
- Alterazioni metaboliche ed endocrine. Alcuni sintomi e segni degli uremici sono dipendenti da
alterazioni metaboliche. Un esempio è l’ipotermia che è collegata con un dife%o della ATPasi Na+, K+
dipendente e con una riduzione dell’energia spesa nella pompa del sodio e del potassio.
Un altro è il respiro di Kussmaul, cara%erizzato da a%i respiratori profondi, frequenti e regolari, dovuto
all’acidosi.
Tra le alterazioni metaboliche ed endocrine un posto di rilievo merita la cosidde%a osteodistro2a renale,
che assume aspe%i diversi a seconda del fa%ore patogenetico prevalente:
- osteopatia 2brocistica quando prevale l’iperparatiroidismo secondario;
- rachitismo (nel bambino) e osteomalacia (nell’adulto) quando prevale il dife%o di vitamina D.
I disturbi più evidenti sono quelli dell’accrescimento nel bambino e, a tu%e le età, i dolori ossei e la
tendenza alle fra%ure spontanee.
Tra le alterazioni più genuinamente endocrine quelle più evidenti a livello clinico riguardano le funzioni
sessuali: nell’uomo si ha impotenza e oligospermia e nella donna amenorrea.
Esami di laboratorio.
Le indagini sulle urine e gli esami ematochimici danno lo stesso tipo di informazioni di cui si è già
parlato a proposito della IRC allo stadio dei sintomi iniziali. Solamente, verranno trovate molto elevate
(10 volte i livelli ematici normali e più) le concentrazioni di urea nel sangue e di creatinina nel siero. La
determinazione della clearance della creatinina fa rilevare valori del 2ltrato glomerulare di pochi
ml/min.
Diagnosi.
Il quadro clinico dell’uremia è così cara%eristico da non porre problemi diagnostici. Solo quando le
alterazioni di apparati si presentano isolatamente possono porre il problema della loro dipendenza da
altre condizioni morbose. Il riconoscimento, con gli esami di laboratorio, del dife%o di funzione renale
risolve facilmente questa incertezza.
Decorso e prognosi.
In assenza di tra%amento dialitico l’uremia è mortale in un periodo relativamente breve (se la durata
debba essere calcolata in mesi o in se%imane dipende dal fa%o che sia più o meno precoce il termine dal
quale viene calcolato il decorso della sindrome uremica).
Galche soddisfazione terapeutica anche in assenza di dialisi può essere o%enuta in quei pazienti nei
quali una IRC solo modestamente sintomatica viene precipitata da fa%ori intercorrenti.
In questi casi la correzione della volemia o la sospensione di un farmaco nefrotossico può ristabilire la
situazione prece- dente anche per un periodo relativamente lungo.
L’avvento della dialisi ha permesso di prolungare notevolmente la vita del paziente con IRC. Bisogna
comunque ricordare che questi sogge%i presentano una notevole vulnerabilità nei confronti degli agenti
infe%ivi (per es., nei pazienti dializzati si ha un’elevata inci- denza di epatiti virali), la quale può
seriamente com- prome%ere il decorso della mala%ia.
Terapia.
Nella fase terminale la IRC può essere tra%ata solamente con la dialisi e il trapianto renale Prima che
queste misure estreme si rendano indispensabili, interventi utili possono essere eseguiti per rallentare
quei fa%ori di progressione della IRC che sono stati precedentemente ricordati.
I farmaci più impiegati sono quelli necessari per la riduzione della pressione arteriosa.
In questo senso gli inibitori dell’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE-inibitori) e i farmaci
bloccanti i canali del calcio (calcio-antagonisti) sembrano rallentare la progressione della IRC più di
quanto non sia spiegabile con la sola diminuzione dei livelli pressori.
Altri farmaci che possono essere impiegati sono quelli volti alla riduzione dei livelli ematici di
colesterolo e di trigliceridi.
In2ne, farmaci che ostacolano l’aggregazione piastrinica, come l’acido acetilsalicilico e il dipiridamolo,
possono ostacolare la progressione della IRC a%raverso l’inibizione degli eHe%i nocivi delle piastrine a
livello dei glomeruli lesi.
SOMMARIO:
Meccanismi a feed-back
Di seguito sono rappresentati i soliti meccanismi a feed-back fra
ipotalamo-ipo2si-tiroide e quindi fra l’ormone tiroideo, il TSH ipo2sario ed il TRH ipotalamico. E’
importante ricordarli perché a%raverso essi, in certe situazioni, si può risalire alla patologia che causa la
tireotossicosi o anche l’ipertiroidismo sub-clinico. Gesto è un circolo stre%amente regolato che però in
certe condizioni non lo è più, in particolar modo a causa di patologie tiroidee oltre che ipo2sarie.
IPERTIROIDISMO E TIREOTOSSICOSI
De&nizioni
Per ipertiroidismo si intende un'iperfunzione della tiroide con un aumento della sintesi della secrezione
degli ormoni tiroidei. La tireotossicosi invece è una condizione clinico-metabolica che si manifesta in
presenza di elevati livelli di ormoni tiroidei. Ne deriva che la tireotossicosi può essere presente anche in
assenza di ipertiroidismo, per un aumento degli ormoni in circolo non dovuto ad un aumento
dell'a%ività della ghiandola, come nel caso delle tireotossicosi. Gesta distinzione è iportante sia ai 2ni
diagnostici che terapeutici.
Infa%i la terapia tireostatica, composta da chirurgia, terapia farmacologica e terapia radiometabolica, si
riserva ai pz che presentano ipertiroidismo, mentre non è raccomandata per le tireotossicosi.
Eziologia dell’ipertiroidismo
- nel morbo di Basedow-Graves ci sono Ab anti TSHr;
- vi sono anche forme congenite per il passaggio trans-placentare di ab IgG, perciò nelle forme
che riscontriamo nel neonato è importante indagare la storia clinica della madre;
IL MORBO DI GRAVES-BASEDOW
Eziologia
Il morbo di Graves-Basedow (M.G.B.) raggiunge come
prevalenza circa l’80% dei casi. Osservando il quadro istologico, c’è
un iperplasia diHusa della ghiandola. Inoltre per la cara%eristica di
essere causato da Ab TSHr è spesso associato ad una patologia
autoimmune; questo spiega anche perché vi è, in generale, una
maggiore associazione con il sesso femminile, proprio perchè è più
sogge%o a patologia autoimmune.
IPERTIROIDISMO DA IODIO
- L’ipertiroidismo da iodio nello Jod-Basedow è dovuto all’eccessiva supplemento di iodio per
gozzo endemico . In questo caso la semplice eliminazione della supplementazione determina
un quadro maggiormente reversibile, quindi progressivamente nel tempo la ghiandola ritorna
al suo volume ed anche alle sue funzioni più o meno normali. Oggi tale forma si vede molto di
meno proprio perché le zone endemiche di gozzo, sostanzialmente, non esistono più, almeno
nell’ambiente europeo.
- A volte questo succede anche nei sogge%i dove l’eccessiva somministrazione di iodio è dovuta
ad un precedente episodio di tiroidite post-partum oppure di distiroidismo dovuto alla
somministrazione di amiodarone.
IPERTIROIDISMO SUB-CLINICO
L’ipertiroidismo sub-clinico è importante perché abbiamo una doppia condizione:
livelli soppressi di TSH (<0.1 mU/L);
con normali livelli di FT4 e FT3.
Gesta è la tipica situazione in cui comincia ad esserci una stimolazione del feed-back negativo sul TSH,
sebbene non abbiamo ancora gli aumentati livelli di ormoni circolanti e sopra%u%o non abbiamo gli
eHe%i tossici, quindi non abbiamo eHe%i sui vari sistemi, che abbiamo visto essere poi coinvolti nella
patologia; infa%i la sintomatologia è assente o minima.
E’ opportuno però riconoscere l’ipertiroidismo subclinico , innanzitu%o andando a riconoscere le
cause che lo determinano, quindi facendo esami scintigra2ci per capire se vi è una condizione di
adenoma tossico in fase iniziale o di M.B.G. oppure se tale condizione è legata ad assunzione di farmaci
ed anche eventualmente per de2nire le condizioni che possono simulare quadri di ipertiroidismo, dovuti
per es. a patologie ipotalamo-ipo2sarie.
In questa tabella sono riportate le situazioni che ci possono perme%ere di valutare, a%raverso la
determinazione dei livelli circolanti degli ormoni tiroidei, di TSH e delle cara%eristiche di captazione del
radio-marcato, le varie situazioni che possono determinare un ipertiroidismo.
In parte sono state già tra%ate nell'ora precedente, comunque questi sono alcuni esempi:
nel Basedow vi è la soppressione del TSH e l'aumento di FT4 e FT3 mentre la captazione può
essere o aumentata o normale negli stati subclinici;
nell'adenoma tossico (morbo di Plummer), ci possono essere normali o aumentati livelli di
ormoni tiroidei (anche qui dipendono dallo stato della mala%ia), c'è soppressione del TSH e c'è
la stessa situazione del Basedow a livello della captazione di radio-marcato;
nella tiroidite post-partum vi è aumento dell'FT4, l'FT3 può essere normale o aumentato, c'è
soppressione anche qui del TSH, ma c'è una bassa radio-captazione.
Esami di laboratorio
I valori normali dell'FT3 sono solo in minima parte indice dell'a%ività secretoria della tiroide in quanto
per il 90% quest'ormone viene prodo%o dalla deiodazione periferica del T4, tant'è che in alcuni ospedali
il T3 non viene neanche misurato.
Invece, l'FT4 è indice dire%o dell'a%ività secretoria della tiroide e le sue variazioni possono essere
espressione di inibizione dell'a%ività secretoria o anche di casi di alterazione di proteine che fanno da
carrier degli ormoni tiroidei.
Il TSH è prodo%o a livello dell'ipo2si. I valori normali arrivano 2no a 5 microU/ml (o mU/l) ed è
importante per la diagnosi diHerenziale.
Si possono eHe%uare anche dei test di stimolazione con il TRH, l'ormone ipotalamico, in maniera tale da
constatare se il funzionamento dell'ormone è normale e quindi valutare la risposta del TSH a livello
ipo2sario.
In2ne si eHe%ua tu%a la ba%eria degli esami degli autoanticorpi: anticorpi anti-tireoglobulina, anti-
microsomi, anticorpi che sono particolarmente utili nelle forme autoimmuni, sopra%u%o
nell'Hashimoto.
La tireoglobulina libera a volte può essere un indice molto importante e viene utilizzata anche come
bio-marker nei sogge%i che abbiano soHerto di cancro della tiroide (e che quindi ne abbiano subito
Indagini strumentali
L'ecogra2a è l'esame più semplice, di prima
ba%uta, per evidenziare eventuali noduli tiroidei
la cui natura poi ovviamente deve essere indagata
con la scintigra2a per vedere se viene captato o
meno il radiomarcato.
Successivamente, sopra%u%o in patologia
neoplastica tiroidea, possono essere impiegate la
TAC e la risonanza magnetica.
Si passa, in seguito, alle indagini invasive:
a%raverso l'ago aspirato, so%o guida ecogra2ca,
possiamo eseguire un aspirato e un esame
citologico su di esso.
Gesto (immagine) è un nodulo tiroideo ben
evidenziato dall'ecogra2a: si può capire se
all'interno c'è materiale liquido o solido e se ne possono determinare le dimensioni.
Per noduli molto piccoli l'ecogra2a può essere impiegata per monitorizzare l'eventuale crescita nel
tempo essendo un esame non invasivo e facile da eseguire.
La scintigra2a tiroidea, invece, ci me%e in evidenza l'eventuale ipocaptazione su un nodulo
precedentemente identi2cato per via ecogra2ca e così è possibile constatare se è funzionalmente a%ivo
o no.
Il fa%o di avere un nodulo cosidde%o "freddo" cioè ipo o non-captante indica la presenza di cellule che
hanno delle atipie, quindi delle cara%eristiche che le rendono non funzionali, a diHerenza delle cellule
tiroidee normali e queste indicano la presenza di neoplasia tiroidea.
Gesto è tipico del cancro follicolare della tiroide, ha un indice prognostico importante e dà anche
indicazioni per l'asportazione della tiroide stessa.
Ovviamente la TAC, sopra%u%o nei casi neoplastici, o anche
nelle iperplasie o nell'adenoma tossico, è utile perché dà
indicazioni sulle stru%ure vicino alla ghiandola e sulle
eventuali compressioni, per esempio, meccaniche che la
ghiandola iperplastica può svolgere su quelle stru%ure vicine
(sopra%u%o sulla trachea).
La citologia va fa%a eseguire in mani esperte perché può
portare a delle conclusioni misleading per quanto riguarda la
diagnosi, quindi c'è la necessità di patologi che
speci2camente si dedicano a questo se%ore e che sono in
grado corre%amente di dare validità ai reperti.
A volte anche il semplice Rx del torace, nei casi di gozzi molto grandi o anche di neoplasie, (sopra%u%o
l'Rx dell'esofago con pasto baritato) può dare indicazioni sulle compressioni meccaniche che una tiroide
iperplastica può svolgere sulle stru%ure .
Nei casi più gravi o più complessi, si possono fare esami più invasivi come la laringotracheoscopia.
Gesto aspe%o della trachea (immagine) è de%o "a clessidra" dovuto alla compressione della parte
mediana dell'organo da parte della ghiandola iperplastica. Ovviamente, questa compressione, dà luogo a
sintomatologia respiratoria dispoinica, con segni obie%ivi (a volte addiri%ura di sibili e/o di 2schi
all'auscultazione) e con ingombro talmente imponente da essere motivo di asportazione.
Gesto (immagine) è un altro quadro: un gozzo calci2co. Un caso in cui anche un semplice Rx del torace
può dare delle indicazioni (casi rari).
IPOTIROIDISMO
Al pari di quello che è stato de%o per l'ipertiroidismo e la tireotossicosi, parlando di riduzione degli
Tra le varie cause è possibile notare che vi sono rare forme congenite, la carenza iodica, una disgenesia
delle regioni del collo (e quindi anche della ghiandola), dife%i molto rari dell'ormonogenesi speci2ca, il
passaggio transplacentare di farmaci e sopra%u%o di anticorpi anti-tiroide.
Le tiroiditi possono essere o anche non essere associate ad un iniziale aumento degli ormoni ma,
sopra%u%o se sono forme non dolorose, se si perpetuano, cioè se durano anni, possono ad un certo
punto portare anche a distruzione della ghiandola stessa perché gli elementi linfomonocitari
determinano una distruzione progressiva della ghiandola 2no a giungere alla condizione di
ipotiroidismo.
Ecco perché è importante seguire nel tempo la funzione della ghiandola tiroidea quando viene fa%a una
diagnosi di tiroidite anche se non ci sono segni di ipertiroidismo nella fase iniziale: è sempre opportuno
monitorizzare la situazione sia anatomica che funzionale della ghiandola.
Le forme iatrogene sono in larga parte dovute all'asportazione della ghiandola, per esempio nei casi di
cancro della tiroide in cui i pazienti devono andare in terapia sostitutiva degli ormoni tiroidei oppure in
terapia con radio-iodio (che si faceva prevalentemente in passato) per l'eliminazione di noduli
neoplastici.
A volte si può ancora osservare qualche caso di ipotiroidismo dovuto a terapie radianti fa%e con
metodiche un po' più grossolane che si facevano in passato e che non erano mirate nella zona da
irradiare per presenza di patologia neoplastica.
Le tiroiditi sub-acute sono già state tra%ate precedentemente e poi ci sono i casi da rido%a funzione per
carenza iodica o per assunzione di alcuni farmaci che inibiscono la ghiandola: a volte ci sono dei casi di
ipotiroidismo dovuti ad utilizzo di 2tofarmaci che in modo incontrollato ne diminuiscono la funzione.
Le forme centrali sono quelle dovute a carenze di TSH o addiri%ura di TRH. Il panipopituitarismo è
dovuto a svariati processi quali: adenoma, sella vuota, agenesia, etc.
Tra i casi più rari 2gurano le forme di resistenza alle iodotironine per uno scarso controllo a feedback
tra ormoni periferici e ormoni centrali.
Diagnosi diAerenziale
La diagnosi diHerenziale dell'ipotiroidismo subclinico viene valutata con:
malattie sistemiche (sopra%u%o quelle a sfondo autoimmune);
non adeguata compliance alla terapia sostitutiva dell'ipotiroidismo (quindi pazienti che
non seguono adeguatamente la terapia prescri%a);
insu0cienza renale cronica perché nell'IRC ci sono molti segni e sintomi che simulano lo
stato di ipotiroidismo;
insu0cienza surrenalica primitiva cara%erizzata nel morbo di Addison (anche se ci sono
altri segni che la diHerenziano) da situazioni di ipotensione, estrema sensibilità al freddo, uno
stato di scarsa rea%ività
all'ambiente circostante, uno
stato di sonnolenza, stanchezza
cronica che simulano il
mixedema;
artefatti dovuti ad anticorpi
etero&li contro il TSH.
Nella diagnosi sono molto importante
l'anamnesi, l'esame obie%ivo e gli esami di
laboratorio che valutano l'eventuale
riduzione dei livelli sierici di FT3 e FT4 e
l'aumento o riduzione del TSH (a
secondo che sia primitivo o secondario).
Tra gli altri valori anomali c'è una
ipercolesterolemia nel mixedema molto
marcata (così come nell'ipertirodismo c'è un ipocolesterolemia), sopra%u%o dell'LDL e quindi questi
sogge%i, qualora non adeguatamente diagnosticati, hanno un aumento di incidenza di patologia
cardiovascolare, sopra%u%o dell'infarto del miocardio.
Poiché questi pazienti presentano modi2cazioni a livello del tessuto miocardico con scompenso
cardiaco, si ha il classico connubio fra scompenso cardiaco e patologia ateromasica che favorisce i
fenomeni cardiovascolari maggiori.
A%raverso questi esami di laboratorio per quanto riguarda il TSH (immagine) si può vedere, rispe%o
alla normalità, come nel caso di ipertiroidismo clinico i livelli molto soppressi di TSH,
nell'ipertiroidismo subclinico livelli intermedi e poi nell'ipotiroidismo clinico, il TSH è estremamente
elevato ma nell'ipotiroidismo subclinico i livelli sono leggermente aumentati o normali.
La tabella seguente riporta le variazioni degli ormoni TSH, FT4 e FT3 nei vari casi:
INTRODUZIONE
L'argomento odierno è molto rilevante nella medicina interna, poiché presenta notevoli spunti di
riKessione sia per quello che concerne l'ambito dismetabolico sia quello cardiovascolare.
Il diabete mellito è una tra le problematiche maggiori della società moderna sopratu%o per quello che
riguarda, dal punto di vista epidemiologico, le mala%ie cardiovascolari.
Si ritiene che oltre il 40% della popolazione mondiale nel 2020 sarà aHe%a da diabete mellito sopratu%o
di tipo II.
La carenza d'insulina provoca variazioni della glicemia. Ciò è possibile grazie alla stre%a relazione che si
instaura tra insulinemia e glicemia. Si parla di una reazione di proporzionalità inversa, in quanto
all'aumentare della concentrazione insulinica si riduce la glicemia.
Inoltre, dove si veri2ca una carenza insulinica, viene anche meno il rapporto di vicendevole controllo
tra l'insulina e il principale ormone iperglicemizzante, il glucagone.
Nei casi di carenza insulinica o di rido%a risposta insulinica va posta molta a%enzione alla
somministrazione di farmaci che alterano questo equilibrio, o addiri%ura lo peggiorano come i
corticosteroidi (possono essere anche endogeni, e nel caso ci sia una loro iperproduzione si manifesta la
mala%ia di Cushing).
Gando la glicemia basale aumenta, sopra%u%o dopo i pasti principali, (colazione, pranzo e cena)
aumenta parallelamente e proporzionalmente la secrezione insulinica. Nell'equilibrio insulina/glicemia
svolgono un ruolo importante anche degli altri fa%ori, tra i quali le incretine intestinali che verranno
aHrontate in un secondo momento.
- Metabolismo lipidico
- favorisce la sintesi epatica di trigliceridi
- stimola la sintesi e accumulo di grassi a livello del tessuto adiposo, con eHe%o
antichetogenico, ciò è dimostrato dal fa%o che una riduzione dell'insulinemia provoca il fenomeno della
chetoacidosi.
EPIDEMIOLOGIA
Il diabete, sopratu%o quello di tipo II, è ormai diventata una piaga sociale. Si è veri2cato un ne%o
aumento della prevalenza del diabete nella popolazione generale, questo perché c'è una stre%a
correlazione tra l'età e la comparsa della mala%ia. Con l'aumento dell'età media infa%i stanno
aumentando anche le prevalenze delle mala%ie legate all'invecchiamento, ed il diabete è una di queste.
Nelle popolazioni ad alto tenore socio-economico e con un buon sistema sanitario, il diabete mellito è
diagnosticato nella maggior parte dei casi. Nelle popolazioni in via di sviluppo (dove sempre più spesso
si assumono comportamenti alimentari simili a quelli del mondo occidentale ma non c'è un sistema
sanitario altre%anto eDciente) è spesso poco diagnosticato, quindi le incidenze sono so%ostimate. La
condizione meno diagnosticata nei paesi in via di sviluppo è quella del pre-diabete, che spesso coincide
con la sindrome metabolica. È una condizione rara nei paesi so%osviluppati.
Nel 2010 è stato stimato che nel mondo vi fossero 285 milioni di persone aHe%e da diabete di tipo 2 e
che costituissero circa il 90% dei casi di diabete. Ciò equivale a circa il 6% della popolazione adulta
mondiale.
Le donne sembrano essere a maggior rischio come alcuni gruppi etnici, come sud-asiatici, abitanti delle
isole del Paci2co, latino-americani e nativi americani
Negli USA, come nei paesi industrializzati dal 1900 al 1986 si è veri2cato un incremento esponenziale
dell'incidenza.
LA SINDROME METABOLICA
La SM corrisponde alla condizione del prediabete, pertanto, è di fondamentale importanza, per il pz e
per il sistema sanitario, che venga precocemente identi2cata, anche perché è uno stadio reversibile del
dismetabolismo glucidico, quindi intervenendo in questa fase si evita la progressione della mala%ia
DIAGNOSI
- Galsiasi glicemia a digiuno sopra i 200 mg/dl magari ripetuta, per essere sicuri che non ci sia un
errore di dosaggio, è suDciente a determinare la diagnosi di diabete.
- Classicamente, il pz con diabete mellito di tipo I è pediatrico, beve ed urina molto, cosa che è molto più
a%enuata nel diabete di tipo II, dove i pz spesso sono obesi, brachitipi, che bevono poco e quindi non
hanno polidipsia e poliuria, tranne che in quelle situazioni di scompensi osmolari tali da portare la
glicemia ad 800 mg/dl, dove il pz presenta acutamente polidipsia e poliuria.
- Astenia ed aHaticamento sono tipici del I tipo. Spesso i genitori del pz riferiscono che il pz è sempre
stanco, svogliato, iporesponsivo nelle a%ività sportive. Ciò è dovuto alla mancanza di glucosio a livello
cellulare, sopra%u%o cerebrale e muscolare. Inoltre nel diabetico insulino dipendente si manifesta un
incremento del catabolismo proteico con diminuzione delle masse muscolari che vanno in ipotro2a.
- Polifagia con perdita di peso, sempre tipica del tipo I, tanto da de2nire il diabete di tipo uno la mala%ia
delle 3 P (poliuria, polidipsia, polifagia), la polifagia associata al calo ponderale e ad un de2cit di crescita
viene spesso riconosciuta dai genitori che si preoccupano per questo.
- Altri sintomi sono più tipici invece del diabete mellito di tipo due, sopra%u%o quelli che concernono le
complicanze cardiovascolari e neurovascolari. Tra i sintomi che spesso si riscontrano nei diabetici di
tipo II vanno citati:
- visione oHuscata ricorrente, con problematice sia a livello del cristallino (catara%a) sia a
livello retinico per via della microangiopatia diabetica, la condizione può essere molto grave e può
condurre addiri%ura a cecità.
- vulvovaginite e prurito
Le COMPLICANZE ACUTE sono quei quadri metabolici che insorgono in modo improvviso e sono
raggruppabili nella classe dei comi metabolici.
Scompenso (coma) iperosmolare non chetoacidosico
È un quadro che si instaura lentamente con sintomi sfumati (astenia, poliuria, polidipsia).
È una condizione legata sopra%u%o all’aumentata osmolarità plasmatica causata dall’iperglicemia
e riguarda quasi esclusivamente il paziente aHe%o da diabete di tipo II o diabete non insulino-
dipendente. A rischio sono gli anziani e i sogge%i femminili, sopra%u%o in presenza di
comorbidità.
Tra le cause più frequenti si annoverano le infezioni, eventualmente una complicanza
Per quanto riguarda le COMPLICANZE CRONICHE, queste riguardano in particolare i pazienti con
diabete di tipo II, in quanto il diabete di tipo I esordisce più spesso in modo acuto con un coma
chetoacidosico rendendo più facile e precoce la diagnosi di stato diabetico.
Nel diabete di tipo II, invece, l’esordio più subdolo dà il tempo di danneggiare progressivamente gli
organi bersaglio, in particolare OCCHIO e RENE che sono la sede delle complicanze microvascolari.
Gest’ultimo è un quadro molto importante anche dal punto di vista socio-sanitario e spesso non è
gestito in maniera o%imale dal personale medico e infermieristico.
Rappresenta la sommatoria 2nale di un disturbo neuropatico e distro2co ed è de2nito come la sintesi di
queste due alterazioni autonomiche.
Gindi l’alterazione tro2ca e l’alterazione funzionale del piede nel complesso determinano danni anche
devastanti del piede: il paziente presenta ulcere con cercine 2broso perilesionale, le quali compaiono
inizialmente a livello malleolare, in seguito a livello della pianta del piede; spesso non vengono
riconosciute dal paziente e non tendono alla cicatrizzazione, per cui si infe%ano, approfondendosi nel
so%ocute e raggiungendo addiri%ura periostio ed osso, dando quindi osteomieliti, in particolare a livello
metatarsale dando il cosidde%o piede di Charcot.
Il paziente spesso si rende conto dell’ulcera solo quando viene interessato il periostio, che è ricco di
nocice%ori.
Insieme all’alterazione del tro2smo cutaneo, a volte l’alterazione dell’appoggio dovuto alla neuropatia
sensoriale provoca delle dislocazioni o delle sublussazioni metatarso-falangee o intermetatarsee, per cui
alcuni pazienti presentano spesso, anche nella deambulazione, una progressiva alterazione d’appoggio
ed avaria del piede.
La gravità di questo danno comporta, in base ai modelli d’appoggio, una alterazione del tro2smo. Infa%i
l’errore nell’appoggio esita nelle ulcerazioni. Gando queste ultime sono complicate anche da
distro2smo irrorativo si arriva alla fase più avanzata del piede diabetico.
TERAPIA
La conoscenza sulla 2siopatologia del diabete si è ulteriormente ampliata negli ultimi anni grazie alla
scoperta di ormoni che cooperano con le cellule beta del pancreas nel controllo glicemico.
Agli inizi degli anni ’90 un esperimento ge%ò le basi della terapia con le Incretine: si analizzò
l’insulinemia (tramite dosaggio ematico del peptide C) dopo aver somministrato la stessa quantità di
glucosio prima ev e poi per os e si vide che la quantità di insulina prodo%a in seguito a
somministrazione per os era di gran lunga maggiore rispe%o a quella ev, sia per quanto riguarda il picco
insulinemico e sia per quanto riguarda l’aera so%o la curva.
Gesto diHerenziale ha fa%o ipotizzare la presenza di fa%ori prodo%i in seguito alla somministrazione
orale di glucosio e studi successivi hanno evidenziato che tali fa%ori sono le INCRETINE, di cui la più
importante è il GLP-1 che è prodo%o dalle cellule della mucosa dell’intestino tenue dopo il transito
intestinale del cibo.
Gesto sistema a sua volta è controregolato da una metalloproteinasi a zinco, la dipeptidil peptidasi 4
(DPP-4) che idrolizza il GLP-1 inibendone l’a%ività biochimica ed evitando quindi stati di
iperinsulinemia e quindi di ipoglicemia.
Sono stati successivamente prodo%i dei farmaci, utilizzati in clinica sopra%u%o per il diabete di tipo II,
che inibiscono la DPP-4 e quindi aumentano l’emivita delle incretine e del GLP-1 consentendo una
maggiore stimolazione alla produzione insulinica.
Un algoritmo generale per la terapia per il diabete di tipo II prevede una serie di approcci progressivi
che partono dalla modi2ca dello stile di vita e delle abitudini alimentari all’utilizzo di ipoglicemizzanti
orali, alla valutazione di indici glicemici assoluti 2no all’utilizzo successivo di altre sostanze che
sensibilizzano i tessuti all’azione dell’insulina. Talvolta è necessario il contemporaneo utilizzo di
ipoglicemizzanti orali (metformina, sulfaniluree…) ed insulina stessa.
SOMMARIO:
- ANEMIE
- SINDROMI EMORRAGICHE
Caso clinico:
Uomo di 52 anni si presenta presso lo studio del medico lamentando fatica ingravescente negli
ultimi 4-5 mesi. Svolge a%ività 2sica quotidianamente, ma ultimamente ha notato la comparsa
di 2ato corto e aHanno durante la corsa.
Nega ortopnea, dispnea parossistica no%urna e edemi alle caviglie. Occasionalmente riferisce
dolori articolari, per cui fa uso di un FANS, l’ ibuprofene.
Nega modi2cazioni dell’alvo, melena, re%orragia. Saltuariamente lamenta un vago dolore al
lato sinistro dell’addome, non relato a ingestione di cibo. Sembrerebbe essere una condizione
tipo colon irritabile. È apire%ico. Non ha nausea, vomito e altri sintomi gastroenterici.
Ha perso qualche chilo intenzionalmente, mediante dieta ed esercizio 2sico.
Pesa 93 kg.
Lieve pallore congiuntivale, cutaneo, alle palme delle mani. Non presenta linfoadenopatie.
Torace chiaro all’auscultazione bilateralmente (murmure vescicolare presente). A livello
cardiocircolatorio, frequenza e ritmo regolari. C’è un soDo sistolico da eiezione 2-3/6.
Addome tra%abile, non dolente, assenza di epatosplenomegalia. Peristalsi valida.
Non presenta edemi periferici, cianosi o ippocratismo digitale che possa far pensare ad una
patologia respiratoria cronica.
Polsi palpabili, normos2gmici e simmetrici.
All’esame emocromocitometrico Hb = 8,2 g/dL
Analisi dell’emocromo
- Volume corpuscolare medio (MCV) : per determinare se l’anemia è microcitica, compatibile con
un’anemia da carenza di ferro
Confermare questo sospe%o diagnostico mediante l’analisi di tu%i i parametri del metabolismo
marziale: la capacità ferro-legante totale e la ferritina.
In un pz di sesso maschile la causa più probabile delle perdite ematiche croniche, che determinano
un’anemia da carenza marziale, è un sanguinamento del tra%o gastro-intestinale. Gindi, ogni volta che
ci troviamo di fronte ad un pz che presenta un’anemia da carenza marziale è fondamentale andare a fare
un’indagine diagnostica relata al tra%o gastroenterico. Tra le varie possibilità quella più temibile è
rappresentata dal carcinoma del colon, in termini di prevalenza. Un’altra temibile causa è il carcinoma
dello stomaco o quello dell’esofago, ma si tra%a di evenienze meno frequenti.
Nel caso presentato dal, si tra%a di un uomo relativamente giovane (52 anni) per una patologia di tipo
neoplastico. Anche se, in presenza di fa%ori predisponenti, è possibile sviluppare un carcinoma del
colon persino all’età del nostro pz. Ma, tipicamente, non si tra%a di una patologia di questa età.
Nel caso di nostro interesse c’è un uso cronico di un FANS che può predisporre alla gastrite erosiva.
Potrebbe essere questa la causa del sanguinamento gastroenterico.
Una volta che il sospe%o diagnostico è stato confermato a livello ematologico, è necessario l’esame
endoscopico, sia del tra%o superiore (EGDS), sia di quello inferiore (colonscopia), per escludere
patologie che possono determinare un sanguinamento gastroenterico.
A livello di ogni singolo tra%o di questo apparato, dalla bocca alla regione perianale, è possibile la
presenza di patologie che possono determinare sanguinamento gastroenterico. Nella maggior parte dei
casi si tra%a di un sanguinamento non palese, ma occulto, nel senso che il sangue non è evidente ad
occhio nudo, non ci sono cara%eristiche né della melena né della re%orragia, però è presente il sangue a
livello delle feci. Può essere identi2cata la presenza di sangue raccogliendo un campione di feci e
analizzandolo. In precedenza si usava la soluzione di Guaiac. Adesso si usa un metodo immunologico.
La soluzione di Guaiac non era molto accurata perché poteva dare dei falsi positivi, per cui non si
De&nizione di anemia
L’anemia è una riduzione dei globuli rossi che determina una rido%a capacità di trasporto di ossigeno. Si
parla di anemia in presenza di livelli di Hb < 13 g/dL nell’uomo e < 12 g/dL nella donna. Poiché nella
donna, la massa di emazie è 2siologicamente minore che nell’uomo, ci sono due valori di cut-oH
diHerenti per l’anemia nei due sessi.
Reticolociti: emazie più giovani che generalmente hanno da 1 a 1,5 giorni di vita. Sono emazie
appena rilasciate dal midollo. Gesti ci consentono di calcolare la conta reticolocitaria, che è la
frazione di emazie rappresentate da reticolociti e indica indire%amente l’a%ività della linea
eritrocitaria del midollo. In condizioni normali i reticolociti rappresentano l’ 1,5% delle emazie
totali (4,5 milioni di GR).
Anemie microcitiche
Da carenza marziale (di questo gruppo fa parte il caso clinico presentato dal
prof all’inizio della lezione).
Emoglobinopatie: talassemie, anemie sideroblastiche o sideroacrestiche (in
queste è presente un dife%o del metabolismo basale che riguarda
l’incorporazione del ferro nella molecola di emoglobina, per problemi della
componente non metallica dell’emoglobina stessa)
Anemie macrocitiche
da carenze vitaminiche: vitamina B12 e acido folico
altro: emolisi, perdita ematica acuta, aplasia
Anemie normocitiche: il MCV è normale, si maniente nel range tra 80 e 100
- da insuDcienza primaria del MO (aplasia, mielokisi): si ha un dife%o nella
sintesi da parte del midollo. In questo caso non viene interessata soltanto la
linea rossa, ma anche le altre serie ematiche. Gindi, ad un’anemia si associa
anche una riduzione del numero sia di globuli bianchi che di piastrine, anche
se è possibile che vi sia un interesse prevalente, se non sele%ivo, di una delle
diverse linee cellulari.
- Secondaria a mala%ie croniche:
o mala%ie in2ammatorie croniche
o insuDcienza renale cronica, in cui vi è un dife%o di
produzione di eritropoietina
Esami di laboratorio
Gli esami di laboratorio che ci sono utili, in aggiunta alla conta reticolocitaria e al MCV , nella diagnosi
diHerenziale delle anemie, sono:
Sangue periferico: ci possono essere condizioni di policromasia, in cui i GR hanno diversi
colori
Midollo osseo: si può avere la presenza di un’iperplasia eritroide o di un’aplasia che ci
orientano nella diagnosi
a livello plasmatico:
bilirubina indire%a: un aumento ci può far pensare ad un’anemia emolitica
LDH: un aumento ci indirizza verso un’aumentata distruzione di emazie,
tipica dei pz con protesi valvolari
Aptoglobina: proteina che lega in circolo l’Hb. Una sua riduzione indica che
essa è quasi tu%a legata all’Hb e quindi è espressione di anemia emolitica.
Urine: il riscontro di emoglobinuria o la presenza di emosiderina nel sedimento urinario sono
dati che supportano la diagnosi di anemia emolitica intravascolare. L’anemia emolitica può
essere anche extravascolare per riduzione delle emazie negli organi emocatererici, cioè
fondamentalmente a livello della milza.
Sangue periferico di un pz con anemia da carenza marziale
Gando le perdite di ferro sono eccedenti rispe%o all’introito, i depositi marziali vengono
progressivamente depleti. L’emoglobina ed i livelli ematici di ferro possono restare normali negli stadi
iniziali, ma i livelli di ferritina (depositi di ferro) cominciano a ridursi.
Con la riduzione dei livelli plasmatici di ferro, la saturazione percentuale di transferrina si riduce e la
capacità ferro-legante totale (TIBC) aumenta, portando ad una progressiva riduzione del ferro
disponibile per la formazione di RBC. A questo punto, si sviluppa anemia, cara%erizzata inizialmente da
RBC che appaiono normali. Gando la carenza marziale diventa più severa, compaiono microcitosi ed
ipocromia.
Più avanti nel progresso della mala%ia, la carenza di ferro interessa anche altri tessuti, portando ad una
varietà di segni e sintomi.
Con l’ aumentare dell’ età la ferritina tende
aumentare sia nell’ uomo che nella donna. Mentre
in caso di carenza marziale diminuisce ed è maker
del depauperamento degli store.
Lo studio del metabolismo del ferro è utile non solo per confermare la diagnosi di anemia da
carenza marziale, ma anche per aiutarci nella diagnosi di$erenziale con altre forme di anemia,
come quella da mala%ie croniche e l’anemia sideroblastica.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
- Le malattie in&ammatorie croniche possono dare un’ anemia normocromica e normocitica o
anche ipocromica e microcitica.
Le citochine in2ammatorie sopra%u%o TNF e IL1 vanno ad interferire a livello midollare con la
formazione dei precursori delle emazie per cui si manifesta una rido%a sintesi di emazie, quindi un‘
anemia normocromica normocitica.
Inoltre il problema va ad investire un’ altra proteina epatica, l’ epcidina. Per eHe%o della IL-6 durante l‘
in2ammazione viene indo%a la produzione di epcidina a livello epatico che agisce legando una proteina
di membrana, la ferroportina, sia a livello del fegato stesso che a livello intestinale (duodeno) inibendo il
rilascio di ferro con conseguente diminuzione di ferro disponibile per il trasporto midollare e per la
sintesi di emazie. Gindi si può avere un‘anemia microcitica ipocromica.
- L’anemia sideroblastica è comunemente microcitica e ipocromica . Il metabolismo del ferro
nell’anemia sideroblastica evidenzia aumento della sideremia, della ferritina e della saturazione della
transferrina. Un indizio importante della presenza di anemia sideroblastica è la presenza di RBC
punteggiate nello striscio del sangue periferico.
Le anemie sideroblastiche sono un gruppo eterogeneo di disordini che hanno come cara%eristica
comune:
- la presenza di un largo numero, nel midollo, di sideroblasti ad anello (eritroblasti contenenti
aggregati di ferro non-eme evidente in granuli positivi al blu di Prussia al microscopio o%ico),
- eritropoiesi INEFFICACE,
- aumentati livelli di ferro tissutale.
Possono essere ereditarie o acquisite.
Le cara%eristiche distintive sono elencate in tabella.
Gando l’anemia si sviluppa durante un lungo arco di tempo, i tipici sintomi, quali fatica e dispnea,
possono non essere evidenti. Numerosi pazienti con anemia da carenza marziale, infa%i, possono essere
asintomatici. L’assenza di sintomi riKe%e proprio lo sviluppo molto lento della de2cienza di ferro e
l’abilità dell’organismo di ada%arsi a minori riserve marziali ed anemia.
Parametri di laboratorio
L’ampiezza di distribuzione delle emazie (red blood cell distribution width; RDW) è un indice calcolato
che quanti2ca le variazioni nelle dimensioni delle RBCs.
- La RDW è una misura quantitativa di anisocitosi che aiuta a distinguere i de2cit di ferro dalla
talassemia. Una normale RDW in presenza di anemia microcitica può essere più suggestiva di mala%ia
cronica, talassemia, o anche di carenza marziale associata con anemia da mala%ia cronica. Una storia
de%agliata, l’esame 2sico ed ulteriori dati di laboratorio possono essere necessari per o%enere una
diagnosi conclusiva.
- La conta reticolocitaria è un altro importante parametro nella diagnosi diHerenziale delle anemie. Una
nuova RBC rimane reticolocita per 1 - 1.5 giorni, dopodichè la RBC resta in circolo per circa 120 giorni. I
reticolociti possono anche essere espressi in un numero assoluto. La conta reticolocitaria assoluta è
normalmente 50,000 - 70,000 reticolociti/mm3. Il sangue normalmente contiene circa 1,5 reticolociti per
100 RBCs. La conta reticolocitaria, generalmente espressa come percentuale di reticolociti per 100 RBCs,
può essere falsamente elevata in presenza di anemia. Pertanto, la percentuale reticolocitaria corre%a si
calcola moltiplicando la conta reticolocitaria per l’ematocrito del paziente e dividendo per 45 (normale
ematocrito)
Correzione per l'anemia: in un pz con una conta reticolocitaria > del 9%, ed ematocrito del 23% la
conta reticolocitaria corre%a sarà: 9 x 23/45)= 4.5%
Terapia
Per quanto riguarda il tra%amento delle anemie da carenza marziale la cosa da fare è la
somministrazione di ferro.
Ci vogliono 6 se%imane di terapia per rintegrare i depositi midollari. Gando abbiamo la necessità di
ripristinare questa carenza in maniera rapida o quando la carenza di ferro è relata ad un dife%o dell’
assorbimento intestinale si può somministrare ferro a livello endovenoso, comincinado con estrema
cautela perché le preparazioni di cui disponiamo possono causare reazioni avverse come shock
ana2la%ici.
Gindi bisogna somministrare in maniera lenta e graduale, diluendo il ferro in una congrua quantità di
soluzione 2siologica. Se non vi è la necessità di ripristinare le quantità di ferro in maniera rapida si
ricorre alla somministrazione orale.
Uno dei problemi che frequentemente insorgono sono gli eHe%i avversi a livello gastrointestinale:
crampi addominali, nausea, alterazioni dell' alvo (più frequentemente stipsi).
Per cercare di minimizzare questi problemi se ne consiglia l’ assunzione durante i pasti per aumentare la
tollerabilità anche se l’ assorbimento è rido%o.
- FASE PIASTRINICA
- Piastrinopatie = sono rare e le più importanti sono la sindrome di Bernard-Soulier e la
Tromboastenia di Glanzmann che nascono da mutazioni di glicoproteine di membrana.
- Piastrinopenie = sono le più frequenti e molto spesso sono associate a cause iatrogene
come nei pazienti che si so%opongono a chemioterapia tradizionale oppure nell’ambito di mala%ie
autoimmuni.
- FASE DELLA COAGULAZIONE , come nell’emo2lia A e B , rispe%ivamente per carenza del fa%ore
VII e del fa%ore IX, ma anche in una terza forma de%a C, molto peculiare, meno grave che va a colpire
la popolazione ebraica (Ashkenaziti) . Di solito l’emo2lia C si manifesta come sindrome post chirurgica,
sono pazienti che non sanno di avere mala%ia e lo scoprono grazie alla formazione di ematomi di solito
muscolari (post chirurgici).
- FASE DELLA FIBRINOLISI , può essere esaltata in alcune condizioni con aumento della lisi dei
coaguli da parte della plasmina come può accadere per i dife%i di PAI-1 (Plasminogen activator
inhibitor-1) che normalmente inibisce la 2brinolisi. L’iper2brinolisi la possiamo anche ritrovare in
alcuni pazienti particolari come nei cirrotoci visto che il PAI-1 è prodo%o dal fegato. In questi pazienti
a%raverso farmaci che inibiscono la plasmina tento di tenere so%ocontrollo le emorragie per un
eventuale trapianto.
- COINVOLGIMENTO GLOBALE, come accade nella CID dove abbiamo un completo sovvertimento
dell’equilibrio tra i processi pro e anti-coagulanti. Oggi la vediamo molto frequentemente su base
MANIFESTAZIONI CLINICHE
I difetti dell’emostasi primaria che coinvolgono prevalentemente le piastrine e il fa%ore di von
Willebrand portano a manifestazioni cliniche a livello muco-cutaneo.
Esempio: donna con fenomeni di meno/metrorragia senza cause apparenti che diventano via via più
imponenti ci devono far pensare a questi dife%i sia di natura quantitativa che qualitativa.
Parlando delle epistassi è utile considerare l’ età, nei bambini sono eventi “para2siologici” ma non negli
adulti/anziani
Per i sanguinamenti del tubo digerente invece faccio una valutazione in base al livello del
sanguinamento. Sopra%u%o in caso di emorragie occulte o di melena, senza cause apparenti devo
sospe%are un quadro del genere.
Nel caso invece di un coinvolgimento dell’emostasi secondaria con de2cit di fa%ori della
coagulazione le manifestazioni cliniche saranno correlate sopra%u%o a emorragie interne. La particolare
associazione nasce dal fa%o che questi territori sono sogge%i a importanti stress meccanici ripetuti e
spesso anche violenti. Le microemorragie che normalmente nascono non sono bloccate dal sistema
dell’emostasi con accumulo di sangue, dolore e pesantezza nei grossi muscoli e nelle articolazioni.
Sopra%u%o in quelli retro peritoneali come ileo psoas dove possono dare compressioni meccaniche a
grandi fasci nervosi. Importante è anche l’ingresso di sangue nelle articolazioni dove sopra%u%o l’Hb ha
una azione irritativa che stimola un processo in2ammatorio con sinovite e propagazione della Kogosi
sui cavi articolari con dolore e impotenza funzionale.
In entrambe le tipologie di manifestazione emorragica, non bisogna dimenticarsi della possibilità di
alterazioni vascolari congenite o acquisite (Rendu-Osler, sindrome di Ehlers-Danlos, cortisonismo)
Immagine: sogge%i con tipiche manifestazione teleangiectasiche , aspe%o rubizzo, che lamentano
epistassi violentissime tanto da non poter uscire di casa. Ovviamente è ben più serio negli organi interni
dove sono diDcilmente controllabili, quindi studiamo subito il SNC, il polmone, il fegato e il tubo
digerente. Nei polmoni causano la creazione di shunt, cianosi e variazioni osservabile all’emogas.
Anamnesi e EO
All’esame obie%ivo valutiamo la presenza di petecchie, porpore, epistassi, la localizzazione e l’aspe%o
delle lesioni, il viso (aspe%o rubizzo) .
Per l’ anamnesi indaghiamo invece sul numero di episodi, la frequenza, la durata, eventuali situazioni
precipitanti come:
Estrazioni dentarie : molto spesso sopra%u%o nei de2cit del fa%ore di von Willebrand si
possono avere delle emorragie tali da richiedere addiri%ura trasfusioni. E a proposito di questo
ricordiamo che per questa mala%ia posso valutare la sua presenza in base ad uno score
anamnestico facendo delle semplici domande, a%ribuendo un determinato punteggio a queste e
avendo quindi una probabilità alta, media o bassa di avere questa patologia in base agli score
o%enuti. Il tu%o ovviamente va confermato con dei dati di laboratorio.
Mestruazioni, chiedere più che la lunghezza del ciclo, la frequenza del sanguinamento e quanti
Parto
Intervento chirurgico
Dobbiamo poi indagare la familiarità o altre patologie acquisite presenti tra cui la più importante è
l’insuDcienza renale più di quella epatica, mala%ie del conne%ivo per immunocomplessi che alterano le
stru%ure vasali o mala%ie mieloproliferative dove si altera la funzione delle piastrine.
E non dimentichiamo mai di chiedere se il paziente è so%o particolari terapie farmacologiche : molte
persone assumono antiaggreganti come l’aspirina anche in maniera impropria; questa se non necessaria
può dare proprio microemorragie come eHe%o avverso. Per gli anticoagulanti abbiamo farmaci anti vit.
K e anche i nuovi farmaci dire%i contro la trombina e contro il fa%ore X a%ivato. Prestiamo molta
a%enzione a questi ultimi proprio perché non alterano i normali test di coagulazione.
Test di laboratorio
- emocromo
- PT
- APTT
- Fibrinogeno
- Tempo di emorragia
- ETP
La normalità di questi esami di norma esclude la presenza di coagulopatoa severa e:
ALGORITMO DIAGNOSTICO
Se la piastrinopenia è
diagnosticata solamente sulla
base della conta laboratoristica,
senza segni o sintomi di mala%ia,
è necessario escludere la
possibilità di una piastrinopenia
"falsa" o pseudopiastrinopenia,
derivante da un artefa%o di
laboratorio correlabile all'uso di
EDTA come anticoagulante. Tale
inconveniente si veri2ca nello
0,3% dei casi circa, e per
escluderlo occorre ripetere la
conta con metodiche diverse o
basarsi sullo striscio di sangue
periferico che potrebbe anche
essere diagnostico di forme
particolari come la sindrome di
Bernard-Soulier dove abbiamo
delle piastrine molto grandi.
In caso di piastrinopenia vera, occorre ricercarne la causa. L'anamnesi e l'esame obie%ivo, come
accennato in precedenza, sono fondamentali nella diagnosi diHerenziale. L'esposizione a farmaci,
radiazioni, sostanze tossiche, la presenza di mala%ie sistemiche, l'anamnesi positiva per recenti
infezioni, la rilevazione clinica di una splenomegalia o di un emangioma, sono alcuni dei fa%ori che
possono dirigere la diagnosi. In particolare, la palpazione della milza non deve essere mai tralasciata in
un paziente piastrinopenico; se necessario, si possono eseguire una ecogra2a o una TC per
approfondire la valutazione. L'esame emocromocitometrico può me%ere in evidenza la coesistenza di
un de2cit delle altre linee midollari. In alcuni casi possono rendersi necessari altri test di laboratorio
(anticorpi antipiastrine, anticorpi anti-fosfolipidi, funzionalità tiroidea, ecc.). La biopsia midollare può
mostrare un aumento del numero dei megacariociti (nelle piastrinopenie da aumentata distruzione) o
una loro riduzione (nelle forme da diminuita produzione).
Per quanto riguarda l’approccio al pz con piastrinopenia le recenti linee guida sostengono che la
diagnosi di piastrinopenia autoimmune è sostanzialmente d’esclusione ovvero va fa%a quando sono
state escluse tu%e le eventuali cause, come:
- emopatie
- patologie sistemiche autoimmuni che si associano a piastrinopenia come LES, forme da
immunocomplessi,
- patologie linfoproliferative ma anche
- l’ utilizzo di alcuni farmaci come eparina (HIT) e chinidina (antiaritmico).
Nei casi dubbi bisogna rapidamente eHe%uare uno striscio di sangue midollare a%raverso aspirato
midollare per vedere l’ iperplasia megacariocitaria che è un segno patognomico, quando è dissociato
dalla piastrinopenia.
La società americana di ematologia è andata oltre ha de%o che l‘aspirato midollare non è richiesto nei
giovani adulti al di so%o dei 60 anni di età se la presentazione è tipica quindi una piastrinopenia che è
andata gradualmente accentuandosi, che non è accompagnata da altri segni che possano suggerire
l’esistenza di patologia autoimmune sistemica come le conne%iviti o tu%e le collagenopatie oppure
patologia linfoproliferativa.
Ovviamente pone anche dei limiti in quando ITP ha come primo presidio terapeutico la terapia
corticosteroidea , oggi abbiamo anche altri farmaci che sono gli analoghi della trombopoietina. Gando
la situazione non è più revertibile dal punto di vita farmacologico si procede alla splenectomia, dato che
la milza è l’organo emocataretico per eccellenza.
L‘aspirato midollare è necessario prima della splenectomia terapeutica proprio per avere piena
conferma della forma da consumo periferico mentre il midollo è iperplastico e continua a far proliferare
i progenitori megacariocitari.
Gesto questionario ci perme%e , in base al punteggio o%enuto, di stabilire la probabilità che il pz abbia
o meno una HIT.
- la prima T è legata al grado della piastrinopenia che è l’evento cardine in cui si fonda poi tu%a la
sindrome. Ad ogni risposta c’è un punteggio associato: il punteggio più alto è 2 quando la conta
piastrinica scende oltre il 50% della conta iniziale pre-tra%amento ,1 quando si ha una piastrinopenia
meno signi2cante, tra il 30-50% di caduta di punta e 0 se è meno del 30%. Gesta caduta di punta, questa
piastrinopenia si può anche manifestare in pz che fanno uso di eparine frazionate, ma in genere sono
modeste appunto <30%, questo però non è suDciente per porre diagnosi di HIT. La HIT è una sindrome
in cui la piastrinopenia si deve associare anche a una trombosi.
- La seconda T è il tempo nel quale si manifesta la caduta della conta piastrinica in relazione all’inizio
della terapia eparinica. Anche qui c’è un punteggio : 2 quando l’inizio della piastrinopenia si ha 5-10
giorni dopo l’inizio, 1 se dopo più di 10 giorni ecc. Gesto perché il tempo che trascorre tra l’inizio della
terapia eparinica e l’inizio della piastrinopenia è il tempo necessario aDnchè ci sia la risposta
immunologica dell’organismo. Gindi se un pz è stato, anche in passato, tra%ato con eparina e poi l’ha
sospesa, quindi c’è stato un primo conta%o del sistema immunologico con questo agente, e poi la
riprende per un altro motivo a distanza, c’è quella che viene chiamata memoria immunologica e quindi
in pochi giorni può sviluppare la formazione di questi anticorpi che sono poi responsabili della
piastrinopenia. E sono anticorpi non legati come nella ITP alla super2ce della membrana piastrinica ma
a una proteina che è contenuta all’interno della piastrina stessa che è il PF-4. Il PF-4 è una proteina
molto particolare , contenuta negli alfa granuli piastrinici, è una proteina cationica molto ricca di
residui basici, arginine sopra%u%o, che legano molto avidamente dei poliele%roliti anionici come
l’eparina stessa. Gando si creano questi addo%i eparina-PF4 si può avere una risposta appunto di
anticorpi che si legano a questo addo%o e a loro volta questi complessi si legano alla super2ce della
membrana piastrinica e a%ivano la piastrina stessa. Gindi la piastrinopenia deriva da una a%ivazione
delle stesse cellule e quindi da un’aggregazione piastrinica che è stata triggerata dalla presenza di questi
immunocomplessi autoanticorpi contro l’addo%o PF4-eparina. Ovviamente la maggiore incidenza di
questo processo in chi usa eparina non frazionata è giusti2cato dal fa%o che più grande è l’eparina
(quindi quella non frazionata) e più facile è la formazione dell’addo%o PF4-eparina.
- La terza T , è un punto fondamentale senza il quale non si può fare diagnosi di HIT, indica la
presenza di trombosi o altre sequele. La trombosi è generata da questa a%ivazione piastrinica e
sopra%u%o nel microcircolo va ad occludere i vasi e a creare danno a valle dell’ostruzione stessa con
rischio in primis di IMA o stroke anche se più comunemente è coinvolto il microcircolo del so%ocute
infa%i potremmo avere delle vaste aree necrotiche a livello cutaneo dovute proprio alla soHerenza
ischemica per occlusione del microcircolo cutaneo.
Anche qui il punteggio varia 2=nuove trombosi, 1=ricorrenti trombosi, lesioni cutanee eritematose,
Dai dati di questo questionario si giunge alla sommatoria dei punteggi che abbiamo a%ribuito a queste
voci e vedremo che uno score globale con un punteggio che va da 0-3 ci rende assai improbabile
diagnosi di HIT prima che noi facciamo il test speci2co ELISA, uno score di 4-5 ci da una probabilità del
10-30%, se lo score supera 6-8 la probabilità di HIT alta 2no all 80% e dipende al quadro clinico e dalla
storia del pz.
Oggi abbiamo per fortuna delle molecole con funzione anticoagulante che non sollecitano la risposta
all’eparina come il Fondaparinux (pentasaccaride) o i nuovi anticoagulanti orali (ma principalmente il
primo).
- Test del tempo di sanguinamento : con una macchine%a si provocano delle piccole lesioni
all’avambraccio ponendo il bracciale a 40 mmHg e poi con una carta assorbente si valuta quando il
sanguinamento cessa. Normalmente è circa 5-7 minuti, ci sono dei dife%i primari, per esempio la
mala%ia di Von Willebrand, in cui questo tempo si allunga enormemente tanto che a un certo punto
bisogno stoppare il test perché altrimenti continuerebbe la fuoriuscita di sangue.
- Il PFA 100, mostra anche i dife%i dell’emostasi primaria, è un presidio molto elegante in cui il sangue
viene fa%o passare ad alto Kusso tale da simulare il sangue nel circolo capillare. Il sangue quindi passa
a%raverso un 2ltro che è ricoperto da un materiale che è in grado di a%ivare le piastrine, c’è sempre
collagene che a%iva la piastrina e poi ci possono essere anche altri agonisti piastrinici quali ADP e
serotonina. Se il sangue passa ad alto Kusso e viene stimolato da questi agonisti che stanno adesi al
reticolo del 2ltro, la piastrina inizialmente passa poi quando si comincia ad a%ivare si aggrega ad altre
piastrine e il Kusso viene stoppato.
Il PFA 100 è uno strumento che misura l’emostasi primaria in questo modo ed è un po’ più quantitativo
perché da un test in secondi abbastanza standardizzato.
Classi&cazione e &siopatologia.
Per una de2nizione esa%a dei vari tipi della mala%ia di von Willebrand devono essere eseguiti:
• la determinazione della dose soglia di ristocetina necessaria per indurre l’agglutinazione delle
piastrine nel plasma ricco in piastrine; il test è essenziale per identi2care i pazienti con risposta
aumentata alla ristocetina;
• la misura della concentrazione dell’antigene del fa%ore von Willebrand e dell’a%ività di cofa%ore
ristocetinico nel plasma e nelle piastrine;
• l’analisi della stru%ura dei multimeri del fa%ore von Willebrand del plasma e delle piastrine;
• la misura dell’a%ività procoagulante del fa%ore VIII:C nel plasma.
Tenendo conto di questi parametri è stata proposta una classi2cazione di tipo funzionale che distingue
le seguenti tipologie:
- 1. Pazienti con anomalie quantitative del fa%ore von Willebrand, senza evidenza di anomalie
funzionali di questo fa%ore. Il gruppo comprende il 50% o più degli individui con mala%ia di von
Willebrand, appartenenti quasi tu%i ai diversi so%otipi del tipo I. I pazienti hanno per lo più bassi livelli
plasmatici di antigene del fa%ore von Willebrand e corrispondenti bassi livelli di a%ività del cofa%ore
ristocetinico; anche la proteina procoagulante del fa%ore VIII è rido%a.
La patogenesi delle emorragie è dovuta ai livelli insuDcienti del fa%ore von Willebrand circolante e del
fa%ore VIII:C; le manifestazioni emorragiche sono meno gravi negli individui che hanno una normale
concentrazione di fa%ore von Willebrand nelle piastrine.
- 2. Pazienti il cui fa%ore von Willebrand ha bassa a%ività di cofa%ore ristocetinico. In prevalenza si
tra%a di individui che hanno nel plasma un’anomala ripartizione tra le varie forme molecolari del
fa%ore von Willebrand, con diminuzione o assenza dei multimeri più grandi.
L’a%ività di cofa%ore ristocetinico è sempre più bassa dei livelli dell’antigene del fa%ore von
Willebrand, che può essere rido%o o anche normale; i livelli della proteina procoagulante del fa%ore
VIII sono solitamente proporzionali ai livelli dell’antigene di fa%ore von Willebrand.
La patogenesi delle emorragie è correlata all’assenza dei multimeri di maggiori dimensioni.
- 3. Pazienti con risposta aumentata alla ristocetina. Sono i pazienti del gruppo I New York e del
so%otipo II B. Il plasma ricco in piastrine mostra un’aggregazione a concentrazioni di ristocetina più
basse di quelle necessarie per il plasma normale; in questo gruppo i multimeri del fa%ore von
Willebrand sono legati in vivo alle piastrine più che di norma, e questo fa%o determina l’aumentata
risposta alla ristocetina. Corrispondentemente si riscontra nel plasma assenza dei multimeri più grandi,
presumibilmente dovuta alla loro interazione con le piastrine.
Alcuni pazienti presentano piastrinopenia transitoria o persistente, in modo apparentemente spontaneo
o associato a stress, sforzo 2sico o gravidanza, evenienzeche provocano un aumento dei livelli di fa%ore
vonWillebrand nel plasma.
- 4. Pazienti con mala%ia di von Willebrand di tipo piastrinico. Recentemente si sono identi2cati
pazienti portatori di anomalie del fa%ore von Willebrand, con aumentata risposta alla ristocetina ed
episodi di piastrinopenia, analogamente a quanto si è visto per i pazienti del so%otipo II B della mala%ia
di von Willebrand, ma essi rappresentano un gruppo distinto in quanto hanno un’anomalia piastrinica
intrinseca consistente in una capacità aumentata delle piastrine di legare il fa%ore von Willebrand,
peraltro normale. Gesta mala%ia è anche denominata pseudo-von Willebrand.
Ad ogni tipo di sanguinamento c'è associato un punteggio a seconda del numero, della gravità, della
necessità di interventi medici per far fronte all'emorragia e alla necessità di trasfusione.
Vedete il sanguinamento nasale, tipicamente mucoso:
Totale punteggio
Totale punteggio
Lo stesso dicasi per la chirurgia: si indaga se il paziente ha avuto emorragie riferite importanti e
sopra%u%o se ha avuto bisogno di interventi medici di supporto; se ha avuto bisogno di reinterventi,
quindi se è stato riportato in sala il paziente perchè si è veri2cata un'emorragia imprevista, e vedete che
ad ogni situazione si a%ribuisce un punteggio.
Gesto questionario che stiamo osservando è una seconda edizione, in cui si prende in considerazione
anche un punteggio negativo (-1) se, a fronte di una chirurgia, in particolar modo in almeno due
interventi, non si è mai veri2cato un evento emorragico. Gesto ci predice negativamente la presenza di
una mala%ia di Von Willebrand, perchè ci dice che, pur essendo stata testata la competenza emostatica
del paziente, essa si è dimostrata essere eDciente, e questo esclude l'eventuale presenza della mala%ia di
Von Willebrand.
Stesso discorso anche per i sanguinamenti cutanei. Bisogna far presente una cosa: in clinica si utilizza,
anche dal punto di vista diagnostico, un farmaco, che è la desmopressina, analogo della vasopressina
(agente anti-diuretico). La desmopressina è un agente che induce il rilascio del fa%ore Von Willebrand
dai granuli delle piastrine, ed è utilizzata per capire se il paziente ha questa mala%ia; quindi vedete che
serve chiedere al paziente se sa, o se ha qualche referto che dica che ha fa%o uso di desmopressina per
far fronte a delle emorragie post chirurgiche: se ciò è presente, dà luogo ad un punteggio elevato.
Sanguinamenti ginecologici, che sono sempre presenti quando si raccoglie la storia clinica.
Un medico deve perdere un quarto d'ora per somministrare questo questionario, ma è estremamente
importante.
Nessuno 0 Nessuno 0
Sanguinamenti da ferite minori. Si pone a%enzione sopra%u%o alle estrazioni dentarie, che sembrano
banali, ma in realtà hanno un valore predi%ivo superiore addiri%ura a quello degli interventi chirurgici
PUNTEGGIO GLOBALE
In ordinata c'è la probabilità di avere la mala%ia di Von Willebrand. Gesta va oltre 10 quando il
Bleeding Score supera 3, per poi andare a 2nire a punteggi mostruosi. Gindi se uno ha 7, la probabilità
di avere l mala%ia di Von Willebrand rispe%o a un altro sogge%o sale a 500: il Bleeding Severity Score
oltre 3 indica una sempre maggiore e signi2cativa probabilità di avere la mala%ia di Von Willebrand.
Alterazioni dei test coagulativi globali nel paziente con sindrome emorragica
Il paziente presenta delle alterazioni nei test coagulativi di base che sono:
- tempo di protrombina (PT)
- il tempo di tromboplastina parziale a%ivata (aPTT);
- il paziente ha anche una sindrome emorragica.
Un aPTT particolarmente lungo, a fronte di un emartro, vi suggerirà la presenza di un'emo2lia; un
modesto aPTT può suggerire la presenza della mala%ia di Von Willebrand.
Ci sono poi delle situazioni più complesse, che prevedono la produzione di paraproteine o anticorpi che
fungono da inibitori ai fa%ori; la iper2brinolisi che cara%erizza alcuni stati patologici, fra i quali le
epatopatie.
Con la microscopia a forza atomica si può vedere che in condizioni di basso Kusso le 2liere di fa%ore
Von Willebrand sono raggomitolate su sè stesse formando una stru%ura globulare; si ha poi un cambio
conformazionale spiccato: la stessa molecola, a shear più alti (quindi a forze di scorrimento più elevate)
comincia a svolgersi 2no ad assumere un aspe%o a lunga 2liera di monomeri, che si de2nisce "stretch
VWF" (VWF: fa%ore Von Willebrand). Proprio quando è in questa stru%ura ad alto Kusso il fa%ore Von
Gando non viene a presentarsi questa forma ad alto peso molecolare, perchè è in qualche modo
limitata nel suo processo pro-emostatico per l'intervento dell' ADAM TS-13 che la frammenta un po', si
possono creare delle situazioni che si riscontrano nelle microangiopatie trombotiche.
La gestione dei pazienti aHe%i da mala%ia di Von Willebrand si fa a%raverso dei concentrati di questo
fa%ore che si hanno sia in forma ricombinante, sia come plasmaderivati (più frequentemente utilizzati).
In questi pazienti non c'è la stessa necessità degli emo2lici di tra%arsi con questi concentrati, poichè le
manifestazioni emorragiche, tranne per alcune forme, non sono così gravi da spingere inesorabilmente
il paziente al tra%amento.
Ci sono svariati so%otipi del tipo 2: qui ci sono sia riduzioni di livello ma specialmente gravi
riduzioni di attività (difetto qualitativo).
Per esempio nel so%otipo 2a ci sono alterazioni nel gene del fa%ore von Willebrand che impediscono la
multimerizzazione, quindi abbiamo carenza delle forme a più alto peso, che sono quelle con la maggiore
potenzialità emostatica.
Sono pazienti che frequentemente hanno emorragie gastrointestinali e complicanze delle stesse, spesso
ci sono gemizi cronici, vanno incontro a anemizzazione cronica e quindi necessità di terapia
trasfusionale qualora non facciano pro2lassi con i concentrati del fa%ore di Von Willebrand (l'emivita
del fa%ore è di 13-14 ore, quindi la somministrazione deve esser fa%a almeno due volte a se%imana, per
una pro2lassi ben fa%a; oppure il paziente può essere tra%ato al bisogno, cioè quando comincia ad
avvertire la problematica emorragica).
La forma 3 è quella più grave, manca completamente il fa%ore Von Willebrand e si rasenta la
stessa frequenza, incidenza e gravità delle manifestazioni emorragiche dell'emo2lia. Manca il
fa%ore VIII, quindi misurandolo si trova il 2-3-4%, perciò si comportano come i pazienti
emo2lici; ci sono le complicanza dell'emo2lia: artropatia e ematomi muscolari. Gesta forma
necessita di una pro2lassi cronica.
EMOFILIA A
L'emo2lia A è una patologia congenita X-linked che determina una carenza più o meno grave del
fattore VIII della coagulazione.
È una mala%ia rara; nella regione Lazio esistono 500 emo2lici gravi e in Italia gli emo2lici sono circa
5000-6000, a seconda delle statistiche.
Gesta mala%ia deve essere riconosciuta, sopra%u%o in età pediatrica, perchè può essere causa di gravi
alterazioni muscolo-scheletriche, oltre che ovviamente di emorragie anche talmente gravi da provocare
shock emorragico con eventualmente un exitus del paziente.
È X-linked, a trasmissione diaginica, quindi le donne sono in genere portatrici; i maschi possono
prendere una X malata dalla madre e, poichè hanno una sola X, presentare la patologia; nella donna,
essendoci due X, la probabilità di essere aHe%a è rarissima: una donna può essere malata, per esempio,
se ha un padre emo2lico grave e una madre portatrice.
Le patologie emo2liche A e B rientrano nelle patologie congenite monogeniche in cui c'è una perfe%a
corrispondenza tra livello e gravità clinica della forma emorragica.
La clinica è eterogenea a seconda dell’anomalia molecolare e quindi in base alla a%ività coagulante del
fa%oreVIII ( FVIII:C ), che in un sogge%o normale oscilla tra il 50 e il 200%
L'emo2lia lieve può essere cara%erizzata da dife%i dei risultati ai test di laboratorio comuni, abbastanza
lievi, ma sempre presenti: allungamento dell'aPTT (che può durare 45-50 secondi, a fronte dei 30-32
normali), ma che spesso questi sogge%i non hanno nessuna manifestazione clinica nella vita; la possono
avere però, perchè possono causare emorragie dopo interventi chirurgici, perciò bisogna essere a%enti
all'anamnesi familiare e alla corre%a valutazione dell'aPTT.
Gindi nell'emo2lia A e nella B c'è una grande corrispondenza tra livello di fa%ore VIII e gravità della
manifestazione emorragica.
Gesto non è sempre vero per le altre forme di coagulopatie emorragiche congenite, come per esempio
accade nel de2cit di fa%ore VII, che ha una maggiore variabilità di espressione clinica (in termini di
gravità di emorragie).
Geste situazioni vanno evitate, potendo ora addiri%ura fare una diagnosi prenatale, con l'analisi dei
villi coriali o con delle tecniche nelle quali dal sangue materno si estrae il DNA fetale circolante e si va a
cercare, se c'è un sospe%o, le alterazioni più frequenti che riguardano il gene del fa%ore VIII.
Il fa%ore VIII è una molecola piu%osto consistente, quindi la ricerca delle mutazioni non è semplice;
oggi abbiamo svariate tecniche di biologia molecolare: l'alterazione più frequente che determina una
forma grave è un' inversione dell'introne 22 del gene del FVIII , responsabile da solo di circa il 50%
delle forme di emo2lia grave; il restante 50% è causato da una miriade di altre mutazioni: inserzioni,
delezioni, inversione di altri introni che possono essere evidenziati mediante, ad esempio, la next
generation sequencing, o a%raverso il classico sequenziamento del DNA.
Gli emo2lici più vecchi sono stati inizialmente tra%ati con prodo%i derivati dal plasma, perchè non
erano ancora in uso le tecniche di biologia ricombinante, ma purtroppo spesso sono stati aHe%i da
forme di mala%ie infe%ive virali molto gravi, come l'HIV e l'HCV. Gesto perchè negli anni '60 e '70 si
usavano i derivati dal plasma di donatori, ma non si conosceva ancora la mala%ia dell'HIV e dell'HCV. I
pazienti, allora, oltre a essere aHe%i da emo2lia, si infe%avano con questi virus.
Oggi i pazienti emo2lici vengono tra%ati con fa%ori ricombinanti sicuri, così come sono anche sicuri i
plasmaderivati, perchè subiscono dei processi che prima non venivano eseguiti e che li rendono sicuri
dal punto di vista infe%ivologico; anche nel caso in cui presentino queste infezioni (spesso anche
combinate HIV e HCV) hanno la possibilità di essere tra%ati farmacologicamente e di controllare
entrambe le forme.
I pazienti emo2lici sono per lo più pazienti pediatrici che, già all'età di uno o due anni devono
cominciare a fare pro2llassi primaria inizialmente con monosomministrazione se%imanale (ma
immaginate la diDcoltà di infondere a un bambino di un anno per via endovenosa); se poi avranno
sanguinamenti, ematomi o emartri dovranno aumentare il rate infusionale, passando a due e poi tre
somministrazioni a se%imana e questo è estrememente favorevole per prevenire l'artropatia emo2lica
ma chiaramente è gravoso per la famiglia e il paziente pediatrico.
Gindi il controllo per questi pazienti si basa sul prevenire l'artropatia, gli ematomi muscolari, i
sanguinamenti cerebrali (non dimentichiamo che durante il parto, qualora non si sappia che il paziente
è aHe%o da emo2lia grave, si possono avere degli episodi emorragici gravi con sanguinamenti
intracranici, che possono anche essere letali per il nascituro) e (anche se meno frequentemente presenti)
EMOFILIA B
L'emo2lia B è circa cinque volte meno frequente della A, interessa circa 1:25000 nati, interessa il gene
del fa%ore IX che è presente sul cromosoma X, quindi la trasmissione è sempre di tipo diaginico.
La gravità delle manifestazioni emorragiche, che si manifestano sempre con emartro e ematomi
muscolari, ha una cara%eristica di minore gravità clinica, a pa%o che il paziente sappia di essere
emo2lico.
Anche per l'emo2lia B ci sono casi in cui i pazienti presentano HIV e HCV.
Da so%olineare che comunque, anche per queste due mala%ie infe%ive gravi, oggi esistono terapie
molto eDcaci; in particolar modo di recente è stata introdo%a la possibilità di usare un farmaco, il
sofosbuvir,che riesce ad eradicare al 98-99% il virus dell'epatite C senza usare l'interferon, che è un
farmaco che è utilizzato ma può luogo a eHe%i collaterali non trascurabili, per i quali deve essere
sospeso.
Gesti malati hanno una serie anche di altre comorbilità che derivano dalla loro mala%ia primaria.
Si so%olinea l'importanza di fare una pro&lassi già in età pediatrica per evitare patologie muscolo-
scheletriche degenerative.
Oggi, in virtù delle terapie disponibili, i pazienti fanno una vita assolutamente normale; un tempo, tra i
40 e i 50 anni questi pazienti inesorabilmente morivano, oggi invece la durata della vita media rasenta
quella della popolazione non emo2lica e inizia a porsi il problema di gestione del paziente emo&lico
che va incontro alle patologie dell'anziano : processi aterosclerotici, cardiopatia ischemica, ictus; la
gestione clinica di una mala%ia emorragica grave come l'emo2lia in queste condizioni non è
semplicissima, perchè magari il paziente dovrebbe essere tra%ato con aspirina o con altri farmaci anti
trombotici per queste comorbilità: quindi ci sono problematiche di equilibrio tra farmaci procoagulanti
e anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici.
SOMMARIO:
- GOTTA ED IPERURICEMIA
- OSTEOPOROSI
- FUO
- COMA
- SINDROME NEFRITICA E SINDROME NEFROSICA
Caso clinico:
- Un uomo di 48 anni, iperteso, si lamenta per l’insorgenza acuta di un dolore severo al ginocchio destro
della durata di circa 8 ore
- Precedentemente, egli nega dolore interventi chirurgici, o lesioni a quel ginocchio
- Un anno prima, aveva avuto dolore ed edema all’alluce sinistro per alcuni giorni, che si erano risolti
con ibuprofene
- Assume idroclorotiazide e, di tanto in tanto, bevande alcooliche.
- All'esame 2sico, la sua temperatura corporea è di 38,1 °, la frequenza cardiaca di 104 bpm, e la
pressione arteriosa di 136/78 mmHg
- Il suo ginocchio destro è gon2o, con un moderato versamento, ed appare eritematoso, caldo, e molto
dolente alla palpazione
- Non è in grado di estendere completamente il ginocchio a causa del dolore
- Non ha altro edema, dolore o deformità alle articolazioni, e non presenta eruzioni cutanee.
➤ Diagnosi più probabile:
Artrite acuta monoarticolare, verosimilmente cristallina o infe%iva, più probabilmente go%a (a causa
della storia clinica)
➤ Step successivo:
Aspirazione del Kuido articolare (artrocentesi) per eHe%uare conta cellulare, coltura, ed analisi dei
cristalli
➤ Miglior trattamento iniziale:
Se l’analisi del liquido sinoviale è compatibile con infezione, è necessario un drenaggio del Kuido infe%o
mediante aspirazione ed è opportuna la somministrazione di antibiotici
Se l’analisi è suggestiva per artrite indo%a da microcristalli, il paziente può essere tra%ato con
colchicina, farmaci antiKogistici non steroidei (FANS) o
corticosteroidi.
GOTTA
La go%a è un disturbo del metabolismo dell’acido urico
che si veri(ca sopra%u%o negli uomini, cara%erizzata
da in(ammazione dolorosa delle articolazioni, in
particolare dei piedi e delle mani; gli a%acchi artritici
derivano da elevati livelli di acido urico nel sangue e
da deposizione di cristalli di urato in sede
periarticolare.
È una patologia dell’età avanzata e raggiunge i valori di
picco intorno ai 75-85 anni.
Per la terapia si utilizza l’allopurinolo che è un inibitore
della xantina ossidasi, ma è controindicato quando è
presente un a%acco acuto perché potrebbe aumentare la
deposizione di cristalli di urato, in questo caso si tra%a con
antin2ammatori e poi esso viene utilizzato per la pro2lassi.
Nell’uomo manca l’enzima che metabolizza l’acido urico
(uricasi) probabilmente esso svolge compiti essenziali
probabilmente a livello cerebrale.
Importante dal punto di vista quantitativo è il carrier
tubulare urat1, le cui mutazioni sono implicate nella
2siopatologia dell’iperuricemia e quindi della go%a.
Approccio clinico
Gasi ogni mala%ia articolare può esordire come monoartrite; tu%avia, la preoccupazione principale è
sempre l'artrite infe%iva, perchè può portare alla distruzione articolare con conseguente grave morbilità
Pertanto, una monoartrite acuta deve essere considerata un’emergenza medica, e va indagata e tra%ata
in modo aggressivo
Una monoartrite può infa%i essere un risultato di diverse infezioni (ba%eriche, fungine, mala%ia di
Lyme, tubercolosi).
Meno spesso, una monoartrite può essere la presentazione di una mala%ia sistemica, tipicamente
associata con interessamento poliarticolare, come l'artrite reumatoide o il lupus eritematoso sistemico
Può anche essere il risultato di cause nonin2ammatorie, come traumi o osteoartrosi
Una diagnosi accurata inizia con una buona storia ed un esame 2sico integrato da test diagnostici
aggiuntivi, come l'analisi del liquido sinoviale, radiogra2a, ed occasionalmente biopsia sinoviale.
Una storia di episodi di artrite suggerisce una mala%ia da cristalli o altre artropatie non infe%ive
I pazienti con artrite indo%a da cristalli possono avere una storia ricorrente, di episodi autolimitantesi
Un a%acco può essere precipitato da interventi chirurgici o altri stress e può veri2carsi in entrambe le
forme di artrite da cristalli, ma la go%a è molto più comune della pseudogo%a
Il decorso clinico può fornire alcuni indizi circa l'eziologia: l’artrite se%ica di solito peggiora se non
tra%ata, l'artrosi peggiora con l'a%ività 2sica.
La sede del coinvolgimento articolare può essere utile per la diagnosi
La go%a più comunemente coinvolge la prima articolazione MTF (podagra), le caviglie, il metarso o il
ginocchio
La pseudogo%a più comunemente colpisce le grandi articolazioni, come il ginocchio, ma può anche
colpire il polso o la prima articolazione MTF (da qui il nome pseudogo%a)
Nell’artrite gonococcica, ci sono sovente artralgie migranti e tenosinovite, che spesso coinvolgono il
polso e le mani, associate a lesioni cutanee pustolose, prima della comparsa di una monoartrite
purulenta o di oligoartrite
Cause non gonococciche di artrite se%ica comportano spesso l’interessamento di grandi articolazioni,
come ginocchio e anca.
Ho riportato un metodo gra2co perché aiuta nel
completare l’esame obie%ivo, rendendolo più
agevole e pratico, apponendo una croce%a
sull’articolazione interessata.
Diagnosi diAerenziale
Due patologie rientrano in diagnosi diHerenziale:
artrite reumatoide e l’osteoartrosi. L’artrite
reumatoide ha un interessamento più prossimale,
colpisce la spalla ed è bilaterale, a diHerenza
dell’osteoartrosi che è monolaterale e non
interessa la spalla
Altra diagnosi diHerenziale è quella che riguarda
l’in2ammazione dei tessuti periarticolari come
cellulite e borsite. Tu%e le stru%ure possono
andare incontro a in2ammazioni possiamo avere:
miositi, borsiti, in2ammazione cartilaginee (osteoartrosi), tendinee o sinovite ( artrite reumatoide.
La vera artrite è cara%erizzata da edema ed eritema in tu%a l’articolazione, con limitazione dolorosa del
movimento in tu%i i piani, durante il movimento sia a%ivo che passivo
Decorso clinico
Tipicamente il decorso clinico della go%a è cara%erizzato da 4
fasi che si sviluppano nel corso del tempo e richiedono anni per
estrinsecarsi nella maniera più completa e de2nitiva.
- La prima fase è quella dell’iperuricemia asintomatica: in
questa fase i pazienti giungono alla nostra osservazione per
altri problemi ed eHe%uando un dosaggio routinario plasmatico
si evidenzia iperuricemia.
Gesti pazienti possono trascorrere anni o tu%a la vita senza
avere manifestazione sintomatica della mala%ia, in quanto
l’estrinsecazione clinica (ex. artriti/calcoli) è legata non solo all’esposizione al fa%ore di rischio
(iperuricemia) ma anche ad altri fa%ori propri del paziente.
Da notare come la probabilità di sviluppare il quadro clinico della go%a a partire dalla fase 1 correla con
i valori di uricemia e con la durata del periodo in cui l’acido urico persiste elevato nel sangue.
Ad esempio può accadere che i livelli plasmatici di acido urico siano intorno ai 6.5 mg/dl, per tanti anni
non succede niente, pure in presenza di un problema generalmente pre-esisente (per quanto riguarda il
maccanismo di riassorbimento ed escrezione di acido urico), poi con l’età (30-50 anni) compare l’artrite
go%osa nella sua classica manifestazione e poi si sviluppa, nel corso degli anni, la fase cronica di artrite
go%osa.
Insorgenza
improvvisa di dolore articolare durante la no%e perché nelle ore no%urne i livelli di cortisolo
plasmatico sono più bassi
Localizzazione metatarso-falangea, più caviglia e ginocchio come altre sedi
Si sviluppa edema ed eritema
A volte ci possono essere sintomi sistemici come quelli che aveva il nostro pz
Una volta regredito l’a%acco acuto go%oso –può regredire spontaneamente o in seguito a tra%amento
anti in2ammatorio-, il paziente può permanere in forma asintomatica per qualche tempo, ore 2no ad
alcune se%imane
A. piede con a%acco acuto go%oso, localizzato nella sede tipica sede classica con edema, erìtema
circostante, cute con colorito bluastro
B. edema della caviglia in paziente con
localizzazione in questa sede
Una volta che riusciamo a superare la fase
acuta dell’a%acco go%oso si passa alla fase 3:
la coside%a
- go%a tofacea: Generalmente si instaura 10 o più anni di vari a%acchi intermi%enti di go%a acuta e in
questa fase i periodi intercritici non sono asintomatici ma esiste uno stato di Kogosi cronica delle
articolazioni coinvolte che si presenta con un disagio che si aggrava nel tempo e i pazienti possono
sviluppare depositi tofacei (di urato monosodico) anche in sede so%ocutanea.
Una sede carateristica è il padiglione auricolare e, molto spesso, capita al le%o del pz, di visitarlo per
altri motivi e di vedere queste cara%eristiche localizzazioni auricolari che sono dei depositi di cristalli di
acido urico: in questo caso è agevole riconoscerli (per chi è a conoscenza di questa possibile
localizzazione).
Importante è la diagnosi diHerenziale tra i noduli di Heberdèn o di Bouchard che sono cara%eristici
rispe%ivamente dell’artrite reumatoide e dell’osteoartrosi e la manifestazione tofacea: la localizzazione
tofacea può essere asimmentrica (monolaterale) mentre quelle artritiche sono generalmente
Localizzazioni inusuali
A questo proposito si riporta un caso descri%o recentemente del numero di 2ne gennaio del NEJM: pz di
77 anni si presenta dal medico per lesioni della cuticola periungueale comparse da due giorni senza
dolore. Al paziente era stata diagnosticata la go%a nella se%imana precedente quando aveva avuto una
in2ammazione acuta del gomito sx e l’analisi dell’aspirato sinoviale aveva mostrato la presenza di urati;
questo pz aveva già dei to2 in entrambi i gomiti. Era stata prescri%a terapia con prednisone e colchicina,
due dei farmaci usati nel tra%amento dell’a%acco go%oso.
Alla visita successiva queste lesioni bianche della cuticola periungueale hanno fa%o sospe%are che si
tra%asse di un'altra localizzazione di go%a e dopo 4 mesi di tra%amento con allopurinolo (inibitore della
xantino-ossidasi, capace quindi di ridurre la produzione di acido urico) c’era stata scomparsa completa
di questi depositi periungueali e riduzione di volume dei to2.
(>50000)
LEZIONI DI MEDICINA INTERNA 234 A cura di ANDREA PERNA
- Evidenza di Cristalli→ go%a o pseudogo%a
- Coltura negativa → artrite in2ammatoria (artrite reumatoide, LES, spondilite anchilosante, artrite
psoriatica)
- Coltura positiva/identi2cazione dire%a di germi all’esame ba%eriologico→ artrite se%ica (cellularità
liquido sinoviale elevata -può superare 50.000cell/mm 3-).
Pertanto è bene tenere a mente come si possa riscontrare un numero estremamente elevato di cellule
nel liquido sinoviale, che supera addiri%ura la concentrazione di queste cellule nel sangue (fa%a
eccezione per alcune forme leucemiche) anche in corso di sepsi.
A volte questi “aghi” di acido urico si trovano all’interno di cellule in2ammatorie che sono migrate
all’interno della cavità articolare ed hanno fagocitato questi cristalli in qualità di corpi etranei dando il
via alla risposta in2ammatoria.
Dunque generalmente per l’artrite da microscristalli è suDciente il prelievo di una piccola quantità di
liquido sinoviale per poter fare la diagnosi.
- Biopsia è una procedura un po’ più complessa perché prevede il prelievo di una piccola porzione di
sinovia, quindi di tessuto sinoviale (non si può fare con un ago so%ile come avviene invece per il
prelievo di liquido sinoviale); essa può essere necessaria quando una monoartrite rimane
indiagnosticata, non si riesce a raggiungere una de2nizione diagnostica de2nitiva oppure in casi
particolari per esempio quando si deve fare diagnosi di artrite tubercolare o emocromatosi.
- Rx: Le radiogra2e non aiutano in caso di artrite in2ammatoria perché si osserva una tumefazione di
tessuti molli ma non alterazioni dell’ osso a meno che non si tra%i di artrite reumatoide nel cui caso è
possibile che ci siano delle erosioni perché il processo sinovitico, una Kogosi intensa della sinovia,
interessa la super2cie ossea so%ostante e quindi la liberazione di sostanze in2ammatorie e cellule
determina un’ erosione ossea, unico caso in cui è possibile vedere delle alterazioni ossee in caso di
sinoviti in2ammatorie; invece quando c’è la condrocalcinosi si trova nella cartilagine articolare una
deposizione lineare di calcio.
Invece quando si sviluppa l’artrite è necessario usare farmaci anti in2ammatori per ridurre la
migrazione cellulare conseguente alla presenza di cristalli.
- Inoltre si usa la colchicina che viene data per via sistemica: generalmente si preferisce fare delle dosi
refra%e non particolarmente elevate perché dando una dose ripetuta piu%osto che la dose intera tu%a
insieme si può avere vantaggio sugli eHe%i collaterali come nausea e diarrea che sono molto frequenti
in seguito o in corso di terapia con colchicina.
- Nei pazienti invece che hanno insuDcienza renale, perché come abbiamo visto, l’iperuricemia ha come
organi bersaglio non solo le articolazioni ma anche il rene, i FANS e la colchicina possono essere
controindicati e quindi si usano in alternativa i glucocorticoidi che si possono utilizzare per via
sistemica, più raramente per os, o per iniezione intra articolare.
Si segnala una precauzione che bisogna sempre me%ere in a%o cioè il fa%o che gli steroidi si possono
usare solo quando si è esclusa la genesi infe%iva della monoartrite perché potrebbero determinare
ovviamente un aggravamento della infezione, una acquisizione di maggiore virulenza dell’infezione per
la immunosoppressione indo%a da steroidi.
Il tra%amento per ridurre i livelli di acido urico ( allopurinolo) non si inizia nell’episodio acuto perché
una modi2cazione (in senso sia di aumento che di diminuzione) insorta improvvisamente dei livelli
plasmatici di acido urico: può favorire l’insorgenza di ulteriori a%acchi modi2cando le cara%eristiche di
solubilità (che già sono basse) di acido urico nel sangue o nel liquido articolare.
Gindi prima si fa passare l’a%acco acuto e poi si fa la prevenzione della recidiva: infa%i nella go%a
intercritica si agisce con i farmaci che determinano una riduzione di acido urico per prevenire a%acchi
successivi.
- Circa la restrizione dietetica , è importante ridurre l’ingestione di cibi ricchi di purine, fegato e
fra%aglie sono ricchi di purine (nei secoli scorsi la go%a era la mala%ia dei ricchi e dei re); l’alcool può
determinare l’insorgenza di a%acchi quindi andrebbe evitato, oppure i pazienti ipertesi in tra%amento
con diuretici dovrebbero essere tra%ati con altri antipertensivi che non hanno eHe%i sull’acido urico.
- Un altro meccanismo che possiamo me%ere in a%o per ridurre l’uricemia è l’uso di farmaci come il
Probenecid che determina un aumento dell’escrezione renale di acido urico agendo sui meccanismi di
trasporto presenti a livello del tubulo però l’ uso degli uricosurici diventa poco eDcace nei pazienti con
insuDcienza renale per due motivi:
- perché se l’acido urico non viene 2ltrato nel glomerulo per l’insuDcienza renale, è inutile
che andiamo ad agire sulla quota di riassorbimento,
- gli uricosurici sono controindicati in pazienti con storia di litiasi renale da acido urico perché
l’uricosurico ne aumenta l’escrezione e quindi aggrava la litiasi renale che ha un eHe%o
controproducente in questi pazienti.
I pazienti con go%a tofacea allo stadio 4 si tra%ano con allopurinolo, e avete visto nel caso del NEJM
dopo 4 mesi di terapia con allopurinolo, i to2 presenti a livello del gomito di questo paziente, si erano
rido%i di volume.
- A volte può essere necessaria una terapia chirurgica in questi pazienti e talvolta la colchicina oltre che
per tra%are pazienti in fasi acute di go%a e pseudogo%a può essere usata nei periodi intercritici quando
ci sono pazienti che presentano degli a%acchi ricorrenti.
PSEUDOGOTTA O CONDROCALCINOSI
Più o meno le cara%eristiche cliniche sono le stesse della go%a, cioè dolore e in2ammazione articolare
dovuti al deposito di cristallo la cui forma abbiamo visto essere diHerente, che è già una cara%eristica
distintiva della go%a rispe%o alla pseudogo%a.
L’ età è sempre quella medio-elevata però la prevalenza non varia più così marcatamente in relazione al
sesso, donne e uomini sono parimenti interessati.
Si chiama così perché c’è un deposito di calcio a livello delle cartilagini articolari.
Immagine A: è un’artropatia degenerativa della spalla per deposito di cristalli di calcio pirofosfato.
Immagine B:degenerazione, un’artropatia in2ammatoria a livello delle articolazioni metacarpo-falangee
e interfalangee prossimali.
Un’altra localizzazione possibile è quella geniena con la rotula che sembra essere tu%a avvolta dal
deposito di pirofosfato di calcio. Polso, localizzazione geniena, sin2si pubica
Tu%e le super2ci articolari possono esser interessate dalla deposizione di calcio.
2) Un uomo di 30 anni che ha un ginocchio che si è gon2ato acutamente e appare rosso. L’aspirato
sinoviale mostra leucociti e polimorfonucleati ma non organismi alla colorazione di Gram. L’analisi
mostra alcuni cristalli birifrangenti: qual è il miglior tra%amento iniziale?
A. Cortisonici per os
B. Cortisonici per via intra articolare
C. Antibiotici endovena
D. Colchicina orale
E’ un ragazzo di 30 anni con aspirato di liquido sinoviale che mostra la presenza di leucocitosi, qualche
cristallo. Risposta di uno Peter il Barbaro: Colchicina per via orale! Prof: Perché? Studente: aspirato
in2ammatorio, non vi sono microrganismi al Gram ed è in linea con l’andamento della mala%ia a circa
30 anni. Prof: A 30 anni, a meno che uno non abbia una iperuricemia importante per dife%o enzimatico,
la go%a è piu%osto rara. Piu%osto il fa%o che ci siano pochi cristalli birifrangenti non è necessaria per la
diagnosi: questa era una domanda a trabocche%o perché la patologia è la stessa del caso precedente cioè
il fa%o che sia negativo al Gram con l’artrite gonococcica ci sta bene, il fa%o che i cristalli precipitano
non signi2ca necessariamente che siano la causa dell’ in2ammazione, però a 30 anni con l’analisi del
tampone uretrale si è visto che era artrite gonococcica e la terapia antibiotica endovena è la più
indicata. La presenza di cristalli è fuorviante per quanto riguarda una corre%a diagnosi.
Caso Clinico
Donna di 75 anni si presenta al Pronto Soccorso con dolore al polso destro dopo una caduta in casa.
Riferisce di essere inciampata e caduta mentre preparava la cena e di aver provato a fermare la caduta
con la mano. Ha udito un suono, uno “snap”, e provato immediatamente dolore.
Lal è il fa%ore di rischio che può aver favorito la fra%ura di questa donna? Lali sono le
cause di questo fa%ore favorente? E cosa si può fare per prevenire il rischio di future fra%ure?
I dati clinici che si rilevano all’osservazione sono quelli di una fra%ura senza coinvolgimento vascolare.
Il sospe%o diagnostico che viene confermato dalla Rx è una fra%ura della testa del radio e si ha anche
evidenza di osteopenia.
DEFINIZIONE
L’osteoporosi è una condizione in cui si riduce la resistenza ossea per una demineralizzazione e un
aumentato turnover osseo, come risultato di rido4i livelli di steroidi sessuali (estrogeni, come in questo caso,
ma anche testosterone) o per alcuni farmaci o conseguenza di un rido4o assorbimento di calcio.
Per proteggere i pz dal rischio di eventuali fra%ure abbiamo a disposizione diversi farmaci per
aumentare la densità ossea. Ovviamente oltre a fare questo dobbiamo me%ere in a%o altre strategie
preventive come per esempio: l’uso di farmaci neurole%ici o benzodiazepine, che possono aumentare la
stabilità nella marcia; valutare se ci sono disturbi nell’equilibrio, nel tono muscolare; valutare l’acuità
visiva e il sistema sensoriale periferico; in2ne consigliare alla paziente di sme%ere di fumare perché
anche il fumo rappresenta un fa%ore di rischio per l’osteoporosi.
Le considerazioni che possiamo fare sul caso
sono che questa signora probabilmente ha
avuto una fra%ura dopo una banale caduta a
causa dell’osteoporosi. I suoi fa%ori di rischio
per osteoporosi sono:
- il fumo,
- lo stato post-menopausale in assenza di
terapia ormonale sostitutiva
la sua stru%ura 2sica esile.
Inoltre l’osteoporosi stessa pone la paziente a
rischio di complicanze importanti in caso di
future cadute, quali dolorose compressioni da
fra%ure vertebrali o rido%a mobilità da
fra%ure dell’anca. Sono pertanto necessari
interventi per ridurre il suo rischio di fra%ure, ma anche il rischio di cadute.
Nel gra2co si nota che, sopra%u%o per le femmine, l’osteoporosi, come la go%a, è una mala%ia dell’età
Il t-score si calcola nel seguente modo: Si fa uno studio su donne adulte giovani, tra 18 e 30 anni, per
o%enere vari valori di densità ossea, poi si calcola la media e in2ne si userà questa per vedere di quante
deviazioni standard il paziente è sopra o so%o la media. Se siamo tra -1 e -2,5 parliamo di osteopenia, se
siamo oltre (ad es. -3) si parla di osteoporosi.
Uno dei tra%amenti più comunemente usati per il tra%amento dell’osteoporosi sono i bifosfonati, cioè
dei fosfati di carbonio sintetici che aumentano la massa ossea e impediscono il riassorbimento degli
osteoclasti.
L’immagine rppresenta una tomogra2a
microcomputerizzata in cui si vede la
stru%ura dell’osseo trabecolare di una
vertebra dell’osseo normale contrapposta
a quella di un sogge%o osteoporotico.
Chiaramente si può vedere una forte
riduzione dell’osso e si può avere un’idea
del perché sia più facile che una vertebra
di un sogge%o osteoporotico possa andare
facilmente incontro a fra%ura o crollo
vertebrale per trauma o in maniera
spontanea.
APPROCCIO AP PZ OSTEOPOROTICO
Dobbiamo innanzitu%o dire che l’osteoporosi è un importante problema sanitario perché le fra%ure
ossee che ne conseguono causano morbidità importante in termini di dolore cronico, perdita di
autonomia, perdita di funzione, ed anche mortalità.
Geste condizioni causano un aumento di perdita ossea che, insieme alla scarsa qualità e la bassa
densità ossea al picco giovanile, determina una predisposizione alle fra%ure.
Geste sono cause di osteoporosi primitiva idiopatica ma esistono anche osteoporosi secondarie ad
altre condizioni morbose. La più comune è in relazione ad un eccesso di glucocorticoidi, per esempio nel
Cushing vi è un aumentata demineralizzazione ossea.
Ciò si può manifestare anche in seguito a terapie steroidee protra%e, infa%i nei pazienti con mala%ie
in2ammatorie croniche che fanno uso di steroidi per lungo tempo possono esserci problemi di
osteoporosi secondaria.
Una patologia indicata è l'artrite reumatoide, sia perchè può richiedere l'uso di steroidi sia perchè questi
pazienti di per se sono susce%ibili ad un aumentato riassorbimento osseo e per questo motivo le
erosioni ossee da eccesso di citochine in2ammatorie sono una delle cara%eristiche radiologiche e
cliniche della mala%ia.
Altre forme di osteoporosi possono veri2carsi a causa di un de2cit gonadico come ad esempio
l'amenorrea che viene nelle ginnaste o nei maratoneti, oppure come conseguenza di un problema
ormonale come nelle iperprola%inemie o nei maschi con ipogonadismo.
Anche l'iperparatiroidismo può indurre un aumentato riassorbimento osseo, con la particolarità che
mentre nell'iperparatiroidismo cronico l'aumento cronico di ormone in circolo favorisce il
riassorbimento e quindi l'osteoporosi, la somministrazione intermi%ente di ormone paratiroideo o
analoghi paradossalmente ha un eHe%o opposto favorendo la deposizione.
La comparsa di osteoporosi mediante un aumento di riassorbimento osseo si può veri2care anche in un
ipertiroidismo di vecchia data, a causa di malnutrizione in pazienti con sindromi da malassorbimento
come la mala%ia celiaca, per l'abuso di alcol o a causa di farmaci che possono accellerare la perdita
dell'osso (glucocorticoidi, ciclosporina, farmaci citotossici, il litio, l'eparina).
Fattori di protezione
Possono essere fa%ori genetici, un adeguato introito di calcio e l'a%ività 2sica (il sollevamento pesi ad
esempio ha un eHe%o prote%ivo portando un incremento degli androgeni).
In età adolescenziale, il picco di ormoni steroidei e sessuali determina la densità ossea di picco, che ha
un ruolo fondamentale nella prevenzione dell'osteoporosi, dato che più è alta la densità ossea di picco
più è basso il rischio osteoporotico.
Il tipo di accrescimento che avviene nella fase di raggiungimento della densità ossea di picco è de2nito
modellamento osseo.
I due a%ori principali nel determinare la stru%ura ossea complessiva sono gli osteoclasti e gli
Screening
L'osteoporosi può avere importanti implicazioni sia cliniche che sociali e quindi è utile poter fare uno
screening diagnostico. Ovviamente non è possibile eHe%uare una mineralometria ossea in tu%e le
donne postmenopausa ma bisogna avere un approccio mirato.
La densitometria si raccomanda in individui con storia familiare o altri fa%ori di rischio per
l'osteoporosi quindi in pazienti in terapia steroidea, donne in età avanzata che hanno già avuto una
fra%ura, donne con carenza di estrogeni, in presenza di anomalie vertebrali e tu%e le condizioni in cui vi
è uno stimolo al riassorbimento come nell'iperparatiroidismo primario.
- Lo screening si fa con il Dexa Scan che è quella che noi chiamiamo mineralometria ossea.
Generalmente per l'eHe%uazione del test si usa più di un distre%o osseo, solitamente le zone migliori
sono una vertebra del rachide dorsolombare e l'anca.
I risultati di questo test si possono esprimere come Z Score e T Score. Lo Z score è meno accurato perchè
tiene in considerazione il confronto tra due persone della stessa età (che potrebbero essere già
osteopeniche) mentre è preferibile il T score che confronta il paziente con la popolazione di giovani
adulti di quel centro con il conce%o di deviazione standard rispe%o alla media.
Una deviazione del T score di 2,5 deviazioni standard corrisponde ad una deviazione dello Z score di
circa 1 deviazione standard, proprio perchè il T score è rapportato ai giovani e lo Z score alle persone
della stessa età. Una riduzione del T score di 1 deviazione standard raddoppia il rischio di fra%ure.
Grazie a dei calcolatori noi siamo in grado, imme%endo dei parametri antropometrici (uso di farmaci,
presenza di artrite reumatoide e il T score (più importante di tu%i)), di valutare il rischio osteoporotico.
- Altre indagini di laboratorio che vengono eHe%uate in pazienti con osteoporosi includono i livelli di
calcio e fosforo e i livelli di fosfatasi alcalina perchè consentono di fare una diagnosi diHerenziale con
altre patologie che possono interessare l'osso come il morbo di Paget o altre condizioni in cui il turn
over osseo può essere modi2cato o aumentato: calcemia, fosforemia e fosfatasi alcalina dovrebbero
essere normali nei pazienti con osteoporosi.
- Nella pratica clinica possono essere usati alcuni marker di metabolismo osseo . Marker di
formazione ossea sono la fosfatasi alcalina, l'osteocalcina e il procollagene di tipo 1 mentre alcuni
peptidi come la deossiprolina possono essere usati come marker di aumentato assorbimento. Gesti
valori possono predire la perdita di osso e sono molto importanti perchè con un singolo test possiamo
prevedere una situazione che può essere anche piu%osto complicata.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Alcune condizioni che possono essere prese in diagnosi diAerenziale con l' osteoporosi sono
l'ipertiroidismo e l'osteomalacia.
Mentre l'osteoporosi è una demineralizzazione associata ad una rimozione della matrice ossea,
nell'osteomalacia c'è un problema legato esclusivamente alla mineralizzazione dell'osso, la
matrice viene deposta normalmente.
Gesto avviene a causa di de2cit, solitamente di vitamina D o di fosfati, che fanno venire meno le
materie prime utilizzate nel processo di mineralizzazione ossea; quindi nell'osteoporosi l'osso è
Trattamento dell’osteoporosi
Per prima cosa dobbiamo assicurarci che il sogge%o abbia livelli di calcio e di vitamina D in quantità
normali, altrimenti interveniamo con una supplementazione.
La quantità normale di calcio da assumere ogni giorno è di 1,2 gr.
Una considerazione particolare riguarda l’uso degli estrogeni:
- gli estrogeni sono necessari per ridurre il riassorbimento osseo, tant’è vero che in età post-
menopausale il riassorbilmento osseo avviene con velocità molto maggiore che in precedenza. Per
questa ragione negli anni 80 e 90 si è esagerato con l’uso di estrogeni come rimedio per prevenire
l’osteoporosi senile. Poi si è visto che questa terapia aveva dei rischi nella globalità dei pazienti tra%ati
che erano superiori ai bene2ci, perché aumentava l’incidenza di carcinoma della mammella, di altre
neoplasie ginecologiche e della mala%ia tromboembolica, e questo aumento del rischio era maggiore
rispe%o al bene2cio che si o%eneva in termini di riduzione dell’osteoporosi.
- Oggi non si danno più gli estrogeni a tu%e le donne, ma solo se sono presenti determinate condizioni
di rischio per le complicanze dell’osteoporosi.
- Si sono utilizzati anche i cosidde%i SERMs, (Selective estrogen receptor modulator) che non sono veri
e propri estrogeni, ma sono delle sostanze che modulano (possono sia stimolare sia inibire) e si sono
rivelati utili nel prevenire il riassorbimento osseo, però a scapito di eHe%i collaterali.
Per quanto riguarda il controllo ormonale del riassorbimento osseo, bisogna considerare che ci sono
vari ordini di fa%ori che si bilanciano.
- I farmaci più spesso utilizzati sono i Bifosfonati, di prima generazione o i più recenti (e più potenti)
amino-bifosfonati. Gesti si legano e si accumulano nell’osso determinando un rimodellamento della
funzioni degli osteoblasti-osteoclasti.
Singolare è la modalità di somministrazione: solitamente vengono dati per os, la ma%ina a digiuno,
inducendo il paziente ad assumere parecchia acqua e a stare mezz’ora o più in piedi; questo perché un
eHe%o collaterale temibile è l’insorgenza di un’esofagite (esofagite da bifosfonati).
Sono anche presenti bifosfonati per uso endovenoso, utilizzati per il tra%amento dell’ipercalcemia
sopra%u%o da tumori.
Un'altra complicanza, per fortuna rara, è l’osteonecrosi della mandibola.
- Poi si usa per il tra%amento dell’osteoporosi, un analogo del paratormone, l’ hPTH 1-34 , che viene
La risposta è A.
Durante quale dei seguenti periodi della vita di una donna, la gran parte della massa ossea si
accumula:
◦ Tra 15 e 25
◦ Tra 25 e 35
◦ Tra 35 e 45
◦ Dopo 45
La risposta è A.
Una donna di 60 anni ci porta i risultati del suo DEXA-scan. Ha un T-score inferiore a 1,5 SD
all’anca e -2,5 alla colonna. Gal è l’interpretazione migliore per questi risultati?
◦ Ha un osteoporosi della colonna e osteopenia dell’anca
◦ Ha osteoporosi in entrambe le aree
◦ L’esame è normale
◦ Ha osteoporosi dell’anca e osteopenia della colonna
◦ È necessario calcolare lo Z score
La risposta è A.
Una donna di 70 eHe%ua un checkup di routine. Ha un T-score di -2,5 alla colonna e -2,6
all’anca. Gale tra%amento è più accurato?
◦ Terapia sostitutiva con estrogeni
◦ Consigliamo nuoto per migliorare la massa ossea
◦ Bifosfonati per ridurre il rischio di fra%ure del 50%
La risposta è C. è necessario tener presente che la terapia sostitutiva è utile se data nei primi anni della
menopausa per prevenire il rischio di osteoporosi, in quanto è in grado di rallentare la
demineralizzazione, non di ripristinare la corre%a archite%ura. Se si aspe%a troppo tempo diventa
ineDcace.
De&nizione
- Negli anni ’60: TC > 38,3° per più di tre se%imane in diverse occasioni in assenza di diagnosi dopo 7
giorni di ricovero ospedaliero.
- Negli anni ‘90(meno stringente): TC>38.3° per più di tre se%imane in diverse occasioni in assenza di
diagnosi dopo 3gg di ricovero ospedaliero, dopo 3 visite ambulatoriali o dopo 1 se%imana di esami
anche invasivi ambulatoriali.
TIPI DI FEBBRE
• Febbre continua: TC sempre >37 nell’arco delle 24h e per diversi giorni con oscillazioni
inferiori ad 1°.
Cause: polmonite, tifo
• Febbre remittente: TC sempre > 37 per diversi giorni ma con oscillazioni > 1°.
Cause: sepsi, endocardite subacuta, ascessi, tifo
• Febbre intermittente: fasi di apiressia alternate a TC > 37°
• Gotidiana: un accesso febbrile al giorno
• Biquotidiana: due accessi febbrili e due remissioni nelle 24h
Cause: leishmaniosi viscerale, morbo di Still dell’adulto, TBC miliare, malaria “mista”,
gonococcosi, forme indo%e da tachipiretici
• Terzana, quartana, quintana: la temperatura sale di colpo con un brivido e poi scompare
rispe%ivamente per 1,2 o 3 giorni per poi ricomparire per un giorno
Cause: P.Vivax (terzana), P.Malariae(quartana), Ricke%siosi (quintana)
• Erratica: accesso febbrile di 24h o poco più e remissione di diversi giorni e durata molto
variabile da un ciclo all’altro
Cause: foci se%ici cronici, cistopieliti croniche, LH, carcinoma renale
• Febbre ricorrente: alternanza di fasi di iperpiressia (>40C) continua a fasi di apiressia di
durata variabile.
Cause: mala%ia di Lyme, febbre Q, FMF e altre forme autoin2ammatorie, LES, vasculiti
• Febbre del ‘dromedario’ : periodi febbrili alternati a fasi con febbre a minori temperature
Cause: leptospirosi, brucellosi
• Febbre bizzarra/febbricola: febbre continua con TC < 37.5°;
Cause: CMV, EBV, TBC, neoplasie
• Febbre “factitia”: simulata; bisogna pensarci dopo aver fa%o l'iter diagnostico completo.
Cara%eristiche: assenza di variazioni nictemerali, febbre elevata, per lo più intermi%ente,
bradicardia relativa.
Altre particolarità:
Spike febbrili al mattino: nella febbre solitamente si mantiene il ritmo nictemerale, ma ci sono delle
situazioni in cui lo spike non è di pomeridiano/serata ma al ma%ino; ad esempio: febbre tifoide, TBC,
periarterite nodosa, eHe%o farmacologico
Bradicardia relativa: in generale c'è una relazione prevedibile tra aumento della temperatura corporea
e aumento della frequenza cardiaca, anche se questo conce%o non è applicabile né nei bambini nè
ovviamente in caso di terapia con beta-bloccanti, diltiazem, verapamil o con ritmo indo%o da PM.
Esempi di febbre con bradicardia relativa sono la febbre tifoide, i disturbi del SNC, la febbre da farmaci e
alcuni linfomi.
Febbre da farmaci
Si può presentare dopo un tempo variabile dall’inizio dell’assunzione del farmaco a seconda del
meccanismo implicato; tipicamente la febbre si risolve 2-3 giorni dopo la sospensione del farmaco (o
dopo una se%imana nel caso di farmaci a metabolismo lento).
Il meccanismo di genesi dell’ipertermia o della febbre può essere dovuto:
• riduzione della dissipazione di calore
• aumento del metabolismo basale
• induzione di una risposta immunitaria da ipersensibilità umorale o cellulo-mediata
• mimica di un pirogeno endogeno
• induzione di un danno tissutale che induce una risposta in2ammatoria
In caso di reazione da ipersensibilità si associa frequentemente ipereosino2lia o reazioni cutanee.
I farmaci più frequentemente associati sono: antimicrobici, antineoplastici o farmaci neurotropici.
Clinica
E' cara%erizzata da episodi brevi di febbre della durata di 24-48 h, associata a sierositi(dolore toracico,
addominale, scrotale, articolare), mialgie ed eritema simil-eresipela. La frequenza degli a%acchi è molto
variabile da bi-trise%imanali a 1 ogni 2-3mesi.
Complicanze: c’è un rischio aumentato di sviluppare amiloidosi-AA data la costante produzione di SAA
(serum amyloid A) ad ogni a%acco; la localizzazione è più frequentemente renale, cardiaca, g.i., tiroidea,
splenica.
Diagnosi
Trattamento
La colchicina (tra%amento per almeno 4mesi) riduce la frequenza degli a%acchi e la risposta alla terapia
rappresenta uno dei criterio diagnostici (vedi tabella; non essendo presente normalmente nelle altre
febbri periodiche).
Nel 5-10% dei pz che sono resistenti alla colchicina è stato utilizzato con eDcacia l’anakinra, inibitore
del rece%ore per l’IL-1.
La terapia sintomatica si avvale ovviamente di FANS durante gli a%acchi.
Sindrome di Schnitzler
È una sindrome molto rara, tipica degli adulti, con prevalenza maggiore nelle donne.
La patogenesi è dubbia ma anch’essa risponde all'anakinra, anti-IL1. Ha una prognosi favorevole.
Gesti pz presentano tipicamente un aumento delle IgM e un rash orticarioide pruriginoso.
L'aumento delle IgM va monitorato nel tempo come i pz con MGUS perchè presentano un aumentato
rischio di mala%ie linfoproliferativa, sopra%u%o la macroglobulinemia di Waldenstrom.
- Criteri maggiori
Rash orticariode cronico pruriginoso
IgM monoclonale (o IgG)
- Criteri minori
Malattia di Kikuchi-Fujimoto
Rara, presente in tu%o il mondo ma con prevalenza più alta nella popolazione Giapponese. I pz vanno
monitorati nel tempo perchè possono sviluppare il LES ma in generale si tra%a di una condizione
benigna in genere autolimitantesi nell'arco di 1-4 mesi.
Si è a lungo ricercato senza risultati un agente eziologico infe%ivo; a%ualmente si postula tra%arsi di
un’ipera%ivazione su base di susce%ibilità genetica a vari stimoli ambientali possibili (infe%ivi, chimici,
2sici).
Cara%erizzata da linfadenopatia molle della regione cervicale, di solito accompagnata a febbre lieve e
sudorazione no%urna. Può essere facilmente confusa con una linfoadenopatia da tubercolosi, linfoma o
adenocarcinoma regionale.
La diagnosi è istologica : la biopsia linfonodale evidenzia frammentazione, necrosi e carioressi,
sopra%u%o nelle persone giovani con linfoadenopatia cervicale posteriore.
Il tra%amento è sintomatico (FANS e, raramente, corticosteroidi).
Anamnesi:
- Patologica prossima : esordio, durata, andamento, curva termica, sintomi associati; ricoveri
e interventi chirurgici; anamnesi familiare. Importante valutare se ha risposto a farmaci o
tra%amenti particolari in passato. Ad es. una febbre che si riduce con spugnature fredde ma
non con antipiretici deve fare pensare a un’ipertermia più che a una febbre.
Gali sono le manifestazioni associate alla febbre?
• infezioni: brividi, correlati alla rapidità di insorgenza della febbre (anche se possono
presenti anche in caso di emolisi acuta, alcuni linfomi e FMF), sudorazioni no%urne, lieve
perdita di peso con appetito conservato;
• mala4ie autoin2ammatorie/autoimmuni: Fenomeni di Raynaud, artro-mialgie, ake orali,
sierositi, manifestazioni cutanee;
• mala4ie neoplastiche: calo ponderale con perdita dell’appetito.
- Patologica remota:
TBC, HIV, precedenti endocarditi, interventi chirurgici (sono frequenti infezioni da protesi, da
pacemaker, di valvole protesiche), precedenti trasfusioni ematiche (possono orientare verso
infezioni virali, sopra%u%o se eseguite prima degli anni '80), diabete (fa aumentare sospe%o che
il pz possa essere aHe%o da mala%ie infe%ive), mala%ie autoimmuni (se già ne ha una è
probabile che ne abbia un'altra autoimmune).
Per escludere febbri factitie indagare l'aspe%o emotivo del pz.
- Anamnesi sociale e &siologica
Il paese d’origine (molti extracomunitari hanno riportato in Italia la TBC), precedenti paesi di
residenza, vaccinazioni, ambiente lavorativo(un pastore fa pensare a brucellosi), a%ività
sessuale, esposizione ad animali o punture di inse%i, conta%i con familiari o conoscenti malati
o con gli stessi sintomi (brucellosi, toxoplasmosi, mala%ia da graDo di ga%o, leismaniosi
frequente in India e anche a Salerno, febbre Q); dieta, pasti consumati fuori (uova: salmonellosi,
la%e non pastorizzato: brucellosi), hobby: giardinaggio(sporotricosi), pesca o nuoto nei laghi o
mari inquinati(leptospirosi), esplorazione di gro%e(istoplasmosi), viaggi all’estero(chiedere
destinazione, a%ività svolte durante il viaggio, consumazione di cibo e acqua, eventuali
vaccinazioni o farmaci assunti); uso di droghe per via endovenosa (endocarditi, osteomieliti).
- Anamnesi familiare
Chiedere se i genitori sono consaguinei, non infrequente, e la presenza di altri familiari aHe%i
Esame obiettivo: Occhi (uveiti nel morbo di Behcet), orofaringe (ake orali nel LES),
palpazione dell’arteria temporale (arterite temporale), cute (eritema nodoso nella TBC e
sarcoidosi), esame obie%ivo cardiaco (soDo nell’endocardite), addome (sierositi nel LES, FMF,
dolore nel morbo di Chron). Valutare il ba%ito: bradicardia relativa (assunzione di beta-
bloccanti e calcioantagonisti?), tachicardia eccessiva (si può riscontrare nelle miocarditi).
Test farmacologici : Test al Naprossene: può aiutare nella diagnosi diHerenziale tra mala%ia
oncologica o infe%iva; viene somministrato Naprossene 375mgx2/die per 3gg. Se si o%iene una
defervescenza e la febbre si ripresenta dopo il terzo giorno è molto probabile l’eziologia
neoplastica (ma anche reumatologica/autoin2ammatoria), se la curva termica non subisce
mofìdi2che durante il test è probabile l’eziologia infe%iva.
Esami strumentali
• Ecocardiogra2a/ecocardio transesofageo se sospe%o di endocardite
• Ecogra2a/TC/RM: se sospe%o di ascessi/empiema
• EGDS/colonscopia + biopsie: se sospe%o patologia g.i. (es. m. di Whipple, m. di Crohn)
• Medicina nucleare:
• La PET-TC con FDG: è senza dubbio l’esame più costoso ma anche quello più
sensibile sopra%u%o nello scovare cellule neoplastiche, così come anche
mala%ie infe%ive e non infe%ive.
- Stupor (stato di shock): viene mantenuta la risposta a stimoli vigorosi, sopra%u%o se dolorosi.
- Stato vegetativo: perdita delle funzioni neurologiche cognitive e la consapevolezza dell'ambiente
intorno a sé e mantenimento delle funzioni non cognitive.
CAUSE
Patologie che coinvolgono ENTRAMBI gli emisferi cerebrali, il troncoencefalo (formazione reticolare
a%ivante) o lesioni che interessando un emisfero, ma comprimono l'altro per eHe%o massa:
- Intossicazioni (stupefacenti, alcol, tossine)
- Alterazioni metaboliche (ipo e iperglicemia, chetoacidosi, acido la%ico, iper e iponatriemia,
ipercalcemia, insuH epatica, uremia, ipercapnico)
- Danni dire%i al SNC (ischemia, traumi, infe%ive, tumori)
CLASSIFICAZIONE
1) Coma senza rigidità nucale o segni neurologici focali:
- Metabolico: diabetico, ipoglicemico, uremico, epatico, iposurrenalico, mixedematoso;
- Tossico: alcool, oppiacei, barbiturici e psicofarmaci, salicilato, CO, CO2
2) Coma con segni neurologici focali: accidenti cerebrovascolari, trauma cranico, lesioni occupanti
spazio;
3) Coma con rigidità nucale: emorragia subaracnoidea, meningite o encefalite.
COMA METABOLICO
Pz simmetrico (il danno NON è localizzato, ma generalizzato!), assenza di rigor, tronco inta%o, p.a.
normale o bassa, esordio graduale e tendenza alla progressione, pupille simmetriche, reagenti,
leggermente miotiche, lenti movimenti oculari sul piano orizzontale, presenza riKesso oculo-cefalico
(occhi di bambola), iperrea%ività Kessoria, mioclonie multifocali, tremori, Kapping, asterixis (per
diminuita inibizione corticale del II motoneurone), respiro di Cheyne- Stokes, possibili episodi
convulsivi generalizzati (da ipossia o ipoglicemia).