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INTRODUZIONE
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IPERTENSIONE ARTERIOSA
DEFINIZIONE: E' quella condizione in cui si crea uno squilibrio tra i vari
meccanismi di regolazione della a pressione arteriosa che risulta elevata rispetto
agli standard fisiologici, quindi quando abbiamo livelli di pressione sistolica >140
mmHg e di pressione diastolica >90mmHg.
Ci sono poi cause ormonali che interessano il surrene, nello specifico i tumori iper-
secernenti della midollare e la corticale del surrene. La prima di queste è la
Sidrome di Cushing che è un tumore della corticale del surrene che produce
cortisolo. Quest’ultimo favorisce la ritenzione idrica e quindi un aumentata
pressione (oltre a questo causa altre svariate problematiche come obesità
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centrale, ipertricosi e la formazione di strie addominali). Ma abbiamo anche
un'iperaldosteronismo primario (legato ad Adenoma o ad un’iperplasia surrenale)
che causa una produzione cronica dell’aldosterone che, anzitutto, è il precursore
dell'angiotensina II (che come sappiamo è un potente vasocostrittore).
L’aldosterone determina ritenzione di Na e perdita di K (poco potassio con
conseguente aumento della funzione cardiaca) con conseguente aumento della
pressione arteriosa ma avremo la copresenza di ipokaliemia, quindi di una
diminuita concentrazione di potassio che viene eliminato maggiormente dal rene.
Ancora, un tumore sercernente della midollare del surrene è il Feocromocitoma
che causa una maggiore produzione di catecolamine quali 'adrenalina e
noradrenalina la cui massiccia produzione porta ad un aumento della PA.
Man mano che si sale con i livelli di ipertensione arteriosa associandola agli altri
fattori di rischio, aumenta il rischio cardiovascolare. Anche l'età influenza la
progressione, infatti intorno ai 40 anni può superare il 60% dei casi, sopra i 70
anni la popolazione è sicuramente ipertesa.ECG: la maggior parte dei pazienti
ipertesi ha un ECG normale. Tuttavia, se durante l’ECG avessimo trovato
per esempio ipertrofia ventricolare sinistra, con o senza anomalie,
saremmo a conoscenza del fatto che il paziente è iperteso da lunga data.
5
L’esempio classico di resistenza periferica è data dalla vasocostrizione periferica
che però , cronicamente, porta ad una ipertrofia (aumento del volume) della
tonaca media delle arteriole in periferia tandendo poi a consolidare questa
aumentata resistenza nel tempo. Gli stimoli pressori che agiscono sulla periferia
sono diversi, per esempio le catecolamine, l’angiotensina ll, l’endotelina e
l’insulina che amplifica ulteriormente gli stimoli vasocostrittori e quindi mantiene
l’elevata pressione arteriosa (diminuisce i fenomeni di vasodilatazione).
Esistonoda
Esistono dadiversi
diversianni
annidiverse
diverseclassificazioni:
classificazioni:
Pas(mmHg)
Pas (mmHg) Pad(mmHg)
Pad (mmHg)
Ottimale < 120 <80
Ottimale < 120 <80
Normale 120-129 80-84
Normale
Normale alta 120-129
130-139 80-84
85-89
Normale
Stadio 1 alta 130-139
140-159 85-89
90-99
Stadio12
Stadio 160-179
140-159 100-109
90-99
Stadio23
Stadio >180
160-179 >110
100-109
Sistolica
Stadio 3 isolata >140
>180 <90
>110
Sistolica isolata >140 <90
DIABETE
Esiste il diabete di tipo I (quello giovanile) dovuto alla mancanza di insulina per
mancato funzionamento delle cellule beta pancreatiche, ma il diabete più
frequente è il diabete di tipo II dato dall'insulino-resistenza iniziale, tipico
dell'obeso, e poi si associa anche al deficit di insulina. Perché si arriva all’insulino-
resistenza? Ci sono diversi fattori che possono incidere, ovvero fattori genetici,
obesità, inattività fisica. Il tessuto adiposo è caratterizzato da cellule attive che
producono sostanze che hanno effetto diretto per rendere l’organismo insulino
resistente, quindi l’obesità e l’inattività fisica sono i fattori che incidono
maggiormente. Il diabete di tipo 2 accelera il processo aterosclerotico, e aumenta
il rischio di malattia cardiovascolare di ben 4 volte.
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IPERCOLESTEROLEMIA
Valori di colesteromia:
LDL <130mg/dl
HDL >40 mg/dl nell'uomo e >50mg/dl nella donna.
L'ipercolesterolemia si è vista incrementare dopo una certa età nelle donne con
la comparsa della menopuasa. Esistono poi altre lipoproteine che hanno
comunque un'importanza minore e comunque un'influenza a portare una
cardiopatia ischemica. Inoltre ci sono i trigliceridi, un altro tipo di grassi importanti
per l’impatto di queste malattie; se aumentano, soprattutto in associazione con
l’aumento di LDL, aumenta il rischio di CAD.
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Agiamo contro il colesterolo andando a modificare:
OBESITA‘
Seguire una dieta sana e regolare, ricca di potassio e fibre, e povera di sale e
di grassi saturi
Bere molta acqua
Non fumare
Praticare almeno 30 minuti di esercizio fisico al giorno
Non bere alcolici
Ridurre lo stress
In caso di sovrappeso/obesità, seguire una dieta ipocalorica
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RISCHIO ASSOLUTO
Queste sono le carte del rischio per gli uomini sani (non diabetici); i colori ci
dicono appunto il rischio. Dal celestino inferiore <al 3 % fino al viola intenso
superiore 20%. Col progredire dell’ età i colori si spostano più verso il rischio
aumentato rispetto a età più basse. Abbiamo nella laterale la P.A. che più sale più
aumenta il rischio. Abbiamo in verticale la colesterolemia e vedete che abbiamo
due gruppi, fumatori e non. Nei fumatori i colori sono spostati in basso a sinistra,
cioè hanno un rischio molto maggiore. Nelle carte delle donne tutto è spostato
verso l’alto perchè le donne hanno un rischio basso o molto basso in età fertile,
quindi sotto i 50 anni è difficile che ci siano eventi cardiovascolari maggiori. E
quindi sono le stesse carte però con un rischio spostato verso l’alto. Vedete i
soggetti diabetici. Vedete che essere diabetico peggiora notevolmente il rischio.
Solo guardando ce ne rendiamo conto. Diventa quasi completamente viola
rispetto a come lo avevamo negli uomini non diabetici.
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TRATTAMENTO FARMACOLOGICO secondo Mara
Tutti questi fattori sono controllati da una rete complessa di interazioni che
coinvolgono il sistema nervoso simpatico, il rene e il sistema renina-
angiotensina-aldosterone. I farmaci antipertensivi abbassano la PA riducendo il
volume plasmatico e/o gittata cardiaca e/o le resistenze periferiche.
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3) BETABLOCCANTI: Determinano la riduzione della gittata cardiaca e la ridu-
zione della liberazione di renina.
DIAGNOSI
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-Il bracciale deve essere adeguato al paziente che abbiamo di fronte e quindi deve
essere scelto in base alla misura del braccio e della stazza.
-Il braccio deve essere sempre al livello del cuore per non falsare la misurazione.
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Nei pazienti ad alto rischio in cui si riscontra anche elevati valori pressori si può
procedere già con una terapia, mentre nei pazienti a basso rischio bisogna dare
degli accorgimenti igienico-dietetici. Bisogna inoltre tenere conto dei vari “goals”
di pressione; nei pazienti ad alto rischio dovremo tenere dei goal più bassi. Nel
paziente diabetico per esempio si tende ad avere dei maggiori danni vascolare al
livello periferico rispetto al paziente non diabetico. Se nel paziente non diabetico
dovremo avere dei valori sotto i 140-90 nel paziente diabetico dovremo tenere dei
valori al di sotto del 130-80.
Quali sono le norme igienico dietetiche che dobbiamo suggerire al paziente? Sono
essenzialmente modificazioni dello stile di vita che serviranno a ridurre i valori
della pressione arteriosa e di ridurre il rischio cardio- vascolare.
Essi sono:
-abolizione del fumo di sigaretta
-calo ponderale in caso di paziente sovrappeso
-introduzione di una dieta iposodica
-esercizio fisico
-apporto alimentare di frutta e verdura
-abolizione della dieta ricca di grassi
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ATEROSCLEROSI
CONSEGUENZE:
Man mano che si accumula questo materiale il vaso
si rimodella, cioè si modifica strutturalmente per
cercare di non ostacolare il flusso ematico fino a
quando non sarà più capace di contenere
l’accrescimento della placca che tenderà poi a
ridurre il lume del vaso creando una stenosi.
Questo perchè i macrofagi tendono ad accumulare
queste sostanze sotto l’endotelio stesso, e
progressivamente favoriscono la formazione di una vera e propria placca. Con il
passare del tempo i macrofagi tendono a rompersi e a liberare i lipidi e radicali
liberi (il cui rilascio è favorito dalle LDL ossidate), creando quindi un ulteriore
danno.
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Alla rottura della placca può conseguire:
Trombosi parziale che porta poi ad un aggra-
vamento della rottura della placca che porta
alla chiusura improvvisa del vaso e all’infarto
Occlusione totale che determina un blocco
improvviso del flusso ematico, e se ciò avvie-
ne in un vaso cardiaco si ha l’infarto acuto del
miocardio; compariranno i sintomi che sono tipicamente angina, angina da
sforzo e angina instabile. Abbiamo quindi forme cliniche differenti a secon-
da dell’evento sottostante che abbiamo.
CENNI DI ANATOMIA: I vasi che portano sangue al cuore sono le coronarie che si
origirano a livello dell‘ostio delle coronarie che si trova nel bulbo aortico. Sono
due, ma noi le consideriamo tre, perché a livello della coronaria sinistra troviamo
un tronco comune delle coronarie che è una porzione particolarmente delicata, in
quanto un‘occlusione in questa regione molto spesso porta alla morte del
paziente. Successivamente il tronco comune si biforca in due vasi che sono
l’arteria ascendete anteriore (ramo interventricolare anteriore) e l’arteria
circonflessa. L’abbocco delle coronarie parte dai Seni di Valsava, sopra la valvola
aortica, ed è da qui che parte l’irrorazione. L’irrorazione del cuore avviene sia
durante la fase sistolica che diastolica; tuttavia avviene prevalentemente durante
quella diastolica in quanto durante quella sistolica, la colonna di sangue che ha
mandato in circolo tende a tornare indietro per via della componente elastica dell
aorta. È fondamentale che l’aorta si distenda e che generi una forza che
mantenga la perfusione in circolo durante la diastole; questa colonna di sangue
andrà a perfondere le coronarie.
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L’ascendente anteriore è uno dei vasi più importanti perchè irrora la parte
anteriore del cuore e generalmente la circolazione coronarica è terminale, quindi
un occlusione a qualsiasi livello di uno di questi vasi porta alla necrosi del tessuto
(visibile tramite risonanza). Esistono delle variazioni anatomiche delle coronarie
da persona a persona, alcuni soggetti mostrano una dominanza a sinistra; noi
quindi ci dobbiamo concentrare sulla coronaria dominante che è quella che
distribuisce il sangue a tutto l’apice cardiaco. L‘infarto nell’apice cardiaco
determina una necrosi e può portare alla formazione di aneurismi.
Quindi l’occlusione di un vaso può non portare a una necrosi del tessuto a valle,
perchè il sangue può arrivare da un altro vaso, da un'altra coronaria grazie a
questi circoli collaterali.
Quali sono i fenomeni alla base degli eventi ischemici delle coronarie? In che modo
l’aterosclerosi evolve e porta alla CAD? Si può avere la rottura improvvisa di una
placca non stenosante, però possiamo avere anche una placca che col tempo
tende a occludere il lume. Parliamo di placca critica quando abbiamo
un‘occlusione del lume superiore al 70%, spesso sintomatica. Quando abbiamo
una stenosi invece inferiore al 50% parliamo di placca stenosante. Inoltre i vasi
hanno un ruolo molto attivo, favorisce il
rilasciamento e contrazione dei vasi e
quindi in questi pazienti possiamo avere
un altro fenomeno che è il vasospasmo
cioè la porzione del vaso che è interessata
dalla placca non è in grado di contrarsi,
perchè appunto a questo livello l’endotelio
è danneggiato. Mancheranno gli effetti di
bilanciamento, cioè vasocostrizione e
rilasciamento. E non solo, durante una
21
stenosi aumenta la velocità del flusso e questo è un fenomeno dinamico di
idraulica. Quando restringiamo un vaso a quel livello deve passare la stessa
portata di fluido e quindi per passare alla stessa portata aumenta la velocità, ma in
proporzione si riduce la pressione. E qui in presenza di una placca aumenta la
velocità del flusso, si riduce la pressione del vaso e la sua porzione sana tende a
collassare sulla porzione che presenta la placca. Questo può creare dei fenomeni
di vasospasmo che portano a un’occlusione temporanea del vaso e poi a un
rilasciamento e a fenomeni di occlusione temporanea che possono dare angina
pectoris che può essere stabile o instabile, e possiamo arrivare fino a un processo
occlusivo completo cronico se questo fenomeno avviene molto lentamente, e
non è detto che si manifesti un infarto acuto se si creano circoli collaterali.
Oppure possiamo avere le sindromi coronariche acute che sono caratterizzate da:
Infarto del miocardio; l’infarto acuto è caratterizzato da occlusione improv-
visa della coronaria data appunto dalla rottura di una placca dalla trombosi
acuta del vaso.
Angina instabile.
Morte ischemica improvvisa.
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FATTORI DI RISCHIO
-Età -> Più aumenta l'età e più aumentà il rischio per entrambi i sessi; tuttavia gli
uomini si ammalano 10 anni prima delle donne.
Età media per il rischio cardiovascolare per gli uomini: 60-65 anni
Età media per il rischio cardiovascolare per le donne: 70-71 anni (correlato
agli estrogeni)
-Sesso -> Le malattie cardiovascolari sono più frequenti nell'uomo rispetto alla
donna, ma non la donna in generale, la donna in età fertile, questo perchè sono gli
ormoni, gli estrogeni, che proteggono la donna dalle malattie cardiovascolari. In
menopausa questa differenza si annulla, infatti è un evento critico per la donna
perchè il rischio cardiovascolare và ad aumentare, tende a raggiungere l'uomo
circa 10 anni dopo. In menopausa nella donna abbiamo una maggiore espressività
dei fattori di rischio, come l'ipertensione, ipercolesterolemia, ipertrigleciridemia, il
diabete, o l'obesità. È importante sottolineare che nella donna i sintomi sono più
blandi, è questo fa sì che la cardiopatia ischemica (CAD: è la prima causa di morte
rispetto anche alle neoplasie) nella donna venga trascurata.
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-Predisposizione familiare -> Parliamo di predisposizione familiare quando il
paziente riferisce una cardiopatia ischemica precoce, prima dei 55 anni negli
uomini e prima dei 65 anni nelle donne tra familiari consanguinei (genitori e
fratelli), e si associa un rischio incrementale associato sia dalla precocità
dell'evento.
-Fattori esterni -> Stile di vita, alimentazione. Andiamo poi a valutare la storia
clinica del paziente.
-Fumo di sigaretta -> E' una miscela di sostanze gassose originate dal processo di
combustione del tabacco che hanno tutta una serie di effetti negativi, come la
nicotina che da dipendenza, il monossido di carbonio, sostanze cancerogene, che
portano problematiche anche neoplastiche; tutte le sostanze irritanti e ossidanti
vanno ad alterare i lipidi circolanti, ossidandoli e rendendoli dannosi per
l'endotelio. Infatti i lipidi ossidati hanno un'azione infiammatoria nei confronti
dell'endotelio che attiverà quindi l'infiammazioe delle cellule infiammatorie per
cercare di contrastare il danno dei lipidi ossidati e questo sarà il primo passo per
la formazione della placca aterosclerotica, che è fortemente legata al sistema del
processo infiammatorio.
25
Diagnosi di aterosclerosi
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Terapia dell’aterosclerosi secondo Mara
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ANGINA PECTORIS
ANGINA INSTABILE
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DOLORE TORACICO
Il dolore toracico tipico è riferito all’uomo, nella donna più spesso abbiamo dolore
atipico. La donna più spesso ha angina vasospastica, spasmo delle coronarie, ha più
spesso un interessamento dei piccoli vasi, microcircolo delle coronarie, rispetto
all’uomo.
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SINDROME X: La sindrome X è fondamentalmente l’angina microvascolare. È
stata chiama X perchè all’inizio non se ne conosceva l’origine, poi si è visto che è
legata al microcircolo. I pazienti con sindrome X fanno un’angiografia e hanno i
grossi vasi funzionali ma i piccoli vasi hanno perso la capacità di vasodilatarsi e
vasocostringersi come dovrebbero, per questo possono creare ischemia. Quando
abbiamo una malattia dei piccoli vasi sicuramente non possiamo agire
rivascolarizzando il paziente, però sicuramente il dolore toracico di questo
paziente è sempre legato all’ischemia. La prognosi è migliore. La donna ha più
frequentemente la sindrome X rispetto all’ uomo.
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FORME STABILI - Angina da sforzo, da riposo e mista
ANGINA DA SFORZO: Questa, detta anche stabile o cronica, è legata a una placca
sottostante stabile, a un’ischemia miocardica che si crea acuta ma transitoria che
non porta a necrosi e in genere è associata a uno sforzo fisico o un’emozione. È
una sindrome cronica costante (perchè la lesione è stabile) che si manifesta più
frequentemente come angina da sforzo, da freddo o da stress. Tipicamente il
dolore tipico durante sforzo, non dura più di 5min e deve essere inferiore a 20min.
20 minuti è un tempo critico perchè ci permette di distinguere un evento anginoso
da un evento ischemico che da necrosi. Se dura più di 20min in genere porta
necrosi delle cellule quindi non parliamo più di angina ma di infarto del miocardio.
Sarà quindi sempre sotto i 20.
ANGINA MISTA: una forma caratterizzata da episodi anginosi sia a riposo che
sottosforzo.
ANGINA DI PRINZMETAL
33
Nella prima immagine abbiamo angina
con sottoslivellamento del segmento
ST.
ANGINA PRIMARIA: È dovuta a una primaria riduzione del flusso sanguigno alle
coronarie. Si verifica tipicamente a riposo ed è dovuta a un'ostruzione temporanea
di un vaso coronarico, causata da spasmo coronarico, da trombosi coronarica tran-
sitoria o da entrambi.
34
35
RIASSUNTO
RIASSUNTO
La
La causa
causa principale
principaledell'angina
dell'anginapectoris
pectorisèèlalamalattia
malattiaaterosclerotica
ateroscleroticaa carico delle
a carico delle
arterie
arterie coronarie.
coronarie. InIn senso
sensostretto
strettol'angina
l'anginanon
nonèèuna
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malattiama maunun
sintomo
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ogni qualvolta
qualvolta ilil cuore
cuore soffre
soffre per
per una
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temporanea mancanza
mancanza didisangue.
sangue.Le
Le cause
cause di di questaischemia,
questa ischemia,nella
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casi, sono
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riconducibili a
apatologie
patologiecoronariche.
coronariche.
Questi
Questi vasi
vasi che,
che, inin condizioni
condizioninormali
normaliassicurano
assicuranoil ilgiusto
giustoapporto
apportodidisangue
sangueal al
cuore,
cuore, possono
possono diventare
diventare inefficaci
inefficaci nel
nelsoddisfare
soddisfarea apieno
pienotali
talirichieste
richiesteper
perdue
due
ragioni
ragioni principali:
principali:
Per
Per una
una riduzione
riduzione dell'apporto
dell'apporto didi sangue
sangue al
al cuore
cuore (ANGINA
(ANGINA PRIMARIA)
PRIMARIA)
Per
Per un aumento delle
un aumento delle richieste
richieste metaboliche
metabolichedel delcuore
cuore(ANGINA
(ANGINASECONDARIA)
SECONDA-
RIA)
36
COMPONENTI SECONDARIE:
COMPONENTI SECONDARIE:L'attacco anginoso
L'attacco può
anginoso insorgere
può anche
insorgere a riposo
anche ma
a riposo
in genere
ma si manifesta
in genere nelle
si manifesta situazioni
nelle situazioniin cui le richieste
in cui di ossigeno
le richieste di ossigenoda da
parte del
parte
miocardio
del aumentano:
miocardio aumentano: sforzi
sforzifisici
fisici(più
(piùoo meno
meno intensi
intensi aa seconda
seconda della
dellagravità
gravità
dellapatologia),
della patologia),stress
stresseeiningenerale,
generale,colpo colpodidifreddo,
freddo,spavento,
spavento,collera,
collera,intense
intense
emozioni,rapporto
emozioni, rapportosessuale,
sessuale,pasti
pastipesanti,
pesanti,combinazioni
combinazionididiquesti
questifattori.
fattori.
Spesso l'angina
Spesso l'angina pectoris
pectoris èè dovuta
dovuta alla
alla contemporanea
contemporaneapresenzapresenzasia siadidicause
cause
primarie che
primarie che secondarie
secondarie aggravate
aggravate da da fattori
fattoriscatenanti
scatenanticomecomegliglisforzi
sforzifisici
fisici
intensi. Alcuni
intensi. Alcuni pazienti,
pazienti, come
come abbiamo
abbiamovisto,
visto,accusano
accusano dolore
dolore giàgià
a riposo
a riposo(si parla
(si
parla in questo caso di angina spontanea, classe di rischio alta) mentre altridi
in questo caso di angina spontanea, classe di rischio alta) mentre altri soffrono
angina soltanto
soffrono di anginainsoltanto
situazioniin prevedibili come l'intensa
situazioni prevedibili comeattività
l'intensafisica (angina
attività fisicada
sforzo classe
(angina di rischio
da sforzo classe bassa).
di rischioTrabassa).
questiTra
duequesti
estremi
duesiestremi
colloca sil'angina
collocamista
l'anginauna
formauna
mista caratterizzata da episodidaanginosi
forma caratterizzata episodi sia a riposo
anginosi sia che sottosforzo
a riposo (classe di
che sottosforzo
rischiodimedia).
(classe rischio media).
37
ESAMI STRUMENTALI
Gli esami che noi utilizziamo per fare la diagnosi sono diversi:
L’elettrocardiogramma. È il primo esame che si effettua, in quanto può
essere eseguito facilmente e a basso costo. Non è invasivo, può essere fatto
direttamente in ambulanza o addirittura a casa del paziente.
Ecografia: Con gli ultrasuoni possiamo vedere le camere cardiache, vediamo
la contrattilità del cuore, vediamo i flussi. Se sospettiamo un infarto vediamo
che tutte le pareti di contraggono in maniera perfetta iniziamo a capire qual
è la diagnosi. Ci permette anche di quantificare il danno. Dopo l’infarto
possiamo anche valutare la riperfusione (sta sempre parlando
dell’ecografia), vedere cioè se quelle zone recuperano o meno. Possiamo,
inoltre, fare la diagnosi delle complicanze meccaniche (la rottura di cuore, la
presenza di cicatrice, l’assottigliamento della parete). Ancora, ci aiuta a
statificare il rischio e identificare la funzionalità globale residua, perciò
sapremo qual è il rischio che si vada incontro ad uno scompenso cardiaco.
L’ecocardiogramma: Ci consente di studiare le camere cardiache, vedere la
contrattilità del muscolo, identificare le zone del muscolo che non si
contraggono. Ad ogni zona corrisponde un vaso che la perfonde, quindi
possiamo già dare un’informazione importante all’emodinamista.
L’ecocardiografia: Tramite gli ultrasuoni andiamo a vedere il cuore e questo ci
aiuta molto perché l’ischemia può portare a delle alterazioni della cinetica
regionale, cioè il cuore quand’è ischemico avrà delle zone che non si
contraggono più in maniera adeguata.
Ci sono altri esami come la medicina nucleare, la scintigrafia o la angiografia
(ci permette di vedere direttamente le coronarie).
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TEST PROVOCATORI
Per effettuare la diagnosi di angina pectoris sono importanti i test provocativi, che
si utilizzano quando non riusciamo a capire da subito la possibile diagnosi. Sono
dei test da sforzo in cui si deve simulare lo sforzo per cercare di vedere se,
aumentando il consumo di ossigeno del cuore, compare nuovamente il dolore.
Tutto questo con l’ipotesi che, in caso di stenosi coronarica, se noi facciamo
lavorare di più il cuore, aumenterà il consumo di ossigeno e quindi
slatentizzeremo il dolore, cioè si passerà da uno stato silente ad uno sintomatico.
Ovviamente non saremo in grado di identificare tutti quei pazienti che non hanno
una stenosi significativa e che hanno avuto uno spasmo su quest’ultima. I test
provocativi sono fondamentalmente dei test da sforzo con il treadmill (tappeto
rotante) o un cicloergometro (bicicletta): il paziente è sulla cyclette o sul tapis
roulant. Queste prove vengono fatte anche nei reparti di osservazione breve,
presenti ormai in quasi tutti gli ospedali, in cui il paziente viene tenuto sotto
osservazione un tot di ore, viene fatto poi il test provocativo e, se risulta tutto
negativo, il paziente può tornare a casa.
L’ecostress possiamo farlo con dei farmaci, che sono degli inotropi (dopamina e
dobutamina) o dei vasodilatatori (adenosina). I farmaci inotropi aumentano il
consumo di ossigeno, quindi aumenta la FC. I vasodilatatori, invece, creano un
furto coronarico e, anche questi, sono in grado di generare ischemia.
Ancora non siamo arrivati a sostituire l’angiografia e non verrà mai sostituita
perché tramite quest’ultima effettuiamo le procedure interventistiche.
Sicuramente la TC ci permette in tutti quei pazienti intermedi, quindi non ad alto
rischio, di evitare di fare una corionariografia. Anche perché se la TC è negativa
siamo sicuri che quel paziente per 7-8 anni non avrà problemi di tipo ischemico o
comunque cardiologico. Immaginate che le nuove TC, ossia quelle a più alta
risoluzione, sono in grado di acquisire tutto il volume cardiaco in un solo battito
cardiaco (2 secondi circa), dando pochissimi raggi (pari a 7-8 radiografie del
torace). L’evoluzione di queste metodiche in futuro ci permetterà di fare meno
raggi ai pazienti e di fare meglio la diagnosi. IMPORTANTE: sia nell’angina che
nell’IMA non esiste una posizione antalgica che possa alleviare il dolore.
42
Diagnosi e trattamento secondo Mara
43
-SCINTIGRAFIA: può essere eseguita sia a riposo che sottosforzo tramite l'introdu-
zione di uno speciale mezzo di contrasto radioattivo (innocuo per l'organismo) in
grado di fissarsi molto bene alle cellule del cuore. In questo modo è possibile valu-
tare la distribuzione del tracciante e lo stato di salute delle coronarie (omogenea=
cuore sano, disomogenea=difetto di perfusione reversibile o irreversibile).
-ECOGRAFIA: esame di routine, indolore che consente, tramite speciali onde
acustiche, di esaminare lo stato di salute del cuore
-TC: TC cuore o tomografia computerizzata (TC) è un esame diagnostico per
immagini per valutare la presenza di calcificazioni dovute a placche
aterosclerotiche nei vasi coronarici, indicatore indiretto di un rischio elevato di
patologia coronarica maggiore. Con gli apparecchi attuali, somministrando anche
mezzo di contrasto per via endovenosa, è possibile ricostruire il lume coronarico
e ottenere informazioni su eventuali restringimenti critici.
-CORONAROGRAFIA o angiocardiografia: Solitamente effettuato nei casi più gravi
è in grado di fornire informazioni utili anche in vista di un eventuale intervento
chirurgico. È l’esame che consente di visualizzare le coronarie attraverso
l’iniezione di mezzo di contrasto radiopaco al loro interno. L’esame viene effettua-
to in un’apposita sala radiologica, nella quale sono rispettate tutte le misure di
sterilità necessarie. L’iniezione del contrasto nelle coronarie presuppone il catete-
rismo selettivo di un’arteria e l’avanzamento di un catetere fino all’origine dei vasi
esplorati.
44
TRATTAMENTO secondo Mara
L'obiettivo del trattamento per l'angina (soprattutto nella sua forma stabile) è la
prevenzione dell'infarto al miocardio e della morte: per questo motivo, è
indispensabile ridurre al massimo l'insorgenza di alterazioni ventricolari e di
trombosi. Va misurata la pressione prima della somministrazione e bisogna far
coricare sempre il paziente.
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Si somministrano per via orale e/o endovenosa, da soli o associati ai
nitroderivati. Riducono quindi il rischio di ischemia e prevengono le aritmie.
46
7) STATINE: Le statine sono farmaci che inibiscono la sintesi del colesterolo endo-
geno, quindi sono indicate per minimizzare l'eventualità di malattie cardiovascolari
nei pazienti a rischio (limitano quindi l’accumulo del colesterolo sulle pareti delle
arterie, rallentando lo sviluppo o la progressione dell’aterosclerosi); per la pre-
venzione a lungo termine dell'angina, si consiglia una cura con il nicorandil, attiva-
tore dei canali del calcio con una componente nitrato.
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ATTENZIONE: I livelli di troponina aumentano ben prima di quelli dell’isoenzima
CK-MB (entro 2-3 h, e possono rimanere elevati per diversi giorni). I livelli di CK
di solito non aumentano fino a 6 ore dopo un infarto e tornano alla normalità
entro 48h. Ricorda inoltre che le troponine possono aumentare in altre condi-
zioni, quali embolia polmonare, sepsi, insufficienza respiratoria e renale.
Mioglobina
Colesterolo (se associato ad altre patologie)
Esame urine per funzionalità renale
Fattori di rischio
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INFARTO ACUTO DEL MIOCARDIO
La locuzione infarto miocardico acuto (IMA) o attacco cardiaco indica la necrosi dei
miociti provocata da ischemia prolungata, a seguito di un‘inadeguata perfusione
del miocardio per squilibrio fra richiesta e offerta di ossigeno, spesso secondaria
all'occlusione di una coronaria causata da un trombo.
ATTENZIONE: Sebbene l’ECG tipicamente evolva attraverso queste tre fasi durante
l’infarto acuto, solo uno qualsiasi di questi cambiamenti può essere presente senza
gli altri due. Inoltre molti infarti non generano nuove onde Q.
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Come si presenta questa patologia? Il dolore
è il sintomo che si manifesta più
frequentemente all’esordio. Dura più di 20-
30 minuti e spesso si associa a una serie di
sintomi accessori, come irrequietezza,
sudorazione, astenia, nausea, vomito,
dispnea e a volte anche sincope che può
essere sintomo di esordio.
Quando noi abbiamo un caso infarto acuto del miocardio, prima di tutto di
effettua un elettrocardiogramma; vediamo il tratto ST, che è sopraslivellato.
Vediamo poi per esempio un infarto antero-laterale di grandi dimensioni. A
questo punto il paziente va direttamente in sala di emodinamica dove, con i
cateteri, si accede alle coronarie. Viene trovata la coronaria occlusa. Dopo
l’angioplastica viene posizionato una stent e si riperfonde il muscolo cardiaco.
Dopo che viene riperfuso tutto il trombo, il flusso sanguigno nel vaso
riperfusonecessita di 3-4 battiti per arrivare alla periferia, questo perché nella fase
acuta dell’infarto, dopo che il vaso è rimasto occluso, si crea edema, si crea
vasocostrizione. Dopo aver effettuato l’angioplastica vediamo che regredisce il
sopraslivellamento a 20 minuti dalla procedura stessa. Però, nelle derivazioni
anteriori V1, V2 e V3 abbiamo prevalentemente delle Q, questo perché una buona
parte del muscolo ormai è morta.
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SEGMENTO ST
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ONDA Q
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COMPLICANZE DELL’IMA
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questo porta appunto al tamponamento cardiaco e alla morte del paziente se non
si interviene. Se abbiamo bisogno di vedere tutti questi fenomeni in maniera più
dettagliata, oggi è possibile utilizzare anche l’ecografia tridimensionale.
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BLOCCO ATRIO-VENTRICOLARE
- PRIMO GRADO: Il primo tipo è solo un ritardo della conduzione, quindi si allunga
il tratto PR di 0,2s (dalla depolarizzazione degli atri ai ventricoli c’è un tempo più
lungo). Solitamente è asintomatico e non necessita di trattamento.
- SECONDO GRADO: Nel secondo grado abbiamo ogni tanto un battito che non
viene condotto ai ventricoli, quindi abbiamo l’onda P e poi manca la conduzione ai
ventricoli; questo si divide a sua volta in:
Tipo di Mobiz I dove abbiamo l’allungamento progressivo dell’intervallo PR
fino a quando viene a mancare un comlesso QRS
Tipo di Mobiz II in cui i complessi QRS vengono a mancare senza
allungamento dell’intervallo PR
Non è necessario alcun trattamento, a meno che il blocco non determini
bradicardia; a questo punto il trattamento consiste nell’impianto del pacemaker.
- TERZO GRADO: Nel terzo grado, detto anche blocco completo, abbiamo le P che
non conducono ai ventricoli, perciò alla fine l’attività elettrica del ventricolo è
garantita solamente da dei pacemaker ventricolari spontanei, che hanno però una
frequenza di depolarizzazione molto bassa, intorno ai 20-30 battiti al minuto; il
paziente può avere infatti una sincope.
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DIAGNOSI DIFFERENZIALE DEL DOLORE TORACICO
Ci sono tanti tipi di dolore toracico che possono essere o meno di origine cardiaca.
Quelli di origine cardiaca abbiamo visto quali sono; questi sono prevalentemente
ischemici, ma ci sono anche quelli di origine non ischemica, come le pericarditi o la
dissezione aortica. Nella dissezione aortica si crea un distacco della tonaca intima
dalla media e si crea una fessurazione dove entra il sangue; quindi il sangue va ad
infilarsi nei vari strati della parete e a dissecare la parete dell’aorta. Anche questo
dà dolore toracico ed entra in diagnosi differenziale con l’infarto acuto del
miocardio, questo perché alle volte si può associare ad un’ischemia cardiaca
(dipende ovviamente da che tipo di dissezione abbiamo; ad esempio può
accadere se la dissezione avviene nel primo tratto ascendente perché può
interessare anche gli osti delle coronarie). Ancora, si può creare una rottura del
primo tratto del bulbo aortico che porterà ad un’insufficienza aortica acuta.
I dolori di origine non cardiaca sono diversi: abbiamo quello gastroenterico, quello
psicogeno, quello pleuro-polmonare, quello mediastinico e quello neuromuscolare.
DOLORE GASTROENTERICO
EMBOLIA POLMONARE
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INFARTO POLMONARE
Anche l’infarto polmonare può dare dolore toracico. Più frequentemente abbiamo
però anche dei dolori della parete toracica, come i dolori pleurici o le nevralgie
intercostali, le costocondriti, dolori da fratture, dolori da osteoporosi, dolori legati
ad uno sforzo eseguito dal paziente o dolore dovuto ad una bronchite acuta. Tutte
queste tipologie di dolore hanno una caratteristica che dobbiamo andare a
cercare: si modificano gli atti del respiro, la pressione sul torace, la postura.
Possiamo, inoltre, notare che il paziente che effettua un’inspirazione profonda
presenta un dolore più intenso. Tutto questo ci aiuta a capire che non si tratta di
un dolore ischemico cardiaco, ma di un dolore della parete toracica.
Ancora, abbiamo i dolori infiammatori e infettivi (es. herpes zooster), che possono
dare un interessamento toracico accompagnato da dolori talvolta intensi. Vi sono
anche i dolori psicogeni. Alle volte può trarci in inganno anche un attacco di
panico: un paziente ansioso, che ha un attacco di panico, può presentarsi al Pronto
Soccorso con un senso di oppressione al petto e con un senso di fastidio, per cui
avrà dispnea e dolore. Ovviamente non è facile da distinguere, bisogna capire se è
un paziente ansioso, che magari ha una storia di depressione o ansia. In ogni caso
la diagnosi differenziale si fa con gli esami strumentali, quindi l’ECG, che sarà
negativo, l’ecocardiografia, anch’essa negativa, e gli esami ematochimici.
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DOMANDA E OFFERTA DI O2
Il post-carico non è altro che la forza che il cuore deve cercare di vincere per
mandare il sangue nell’aorta; si tratta, quindi della pressione sistemica, perciò se il
paziente ha una pressione molto alta, cioè una crisi ipertensiva, il cuore per
spingere il sangue in aorta deve farlo contro una resistenza molto alta. Ciò vuol dire
che le resistenze periferiche sono molto alte e abbiamo una vasocostrizione
sistemica. All’aumentare del post carico aumenta il consumo di ossigeno e di
conseguenza la fatica che il cuore deve fare.
Il pre-carico del cuore corrisponde a quanto sangue arriva al cuore stesso ogni
battito cardiaco: più sangue gli arriva, più le fibre muscolari si distendono e più il
cuore è in grado di dare energia. Questi sono i due sistemi su cui il cuore di regola
per mantenere la gittata cardiaca. Il precarico è un sistema che serve al cuore per
regolare la gittata cardiaca. Le fibre muscolari sono fatte in modo che, più
vengono distese e più sono in grado di generare energia. Più è disteso il cuore, più
aumenta la forza di contrazione e più aumenta il consumo di ossigeno.
L’offerta nella cardiopatia ischemica è ridotta perché possiamo avere una stenosi,
uno spasmo coronarico e quindi ci sono tutta una serie di fenomeni che agiscono
per ridurre il flusso. In caso di cardiopatia ischemica con la terapia dobbiamo
cercare di ridurre gli episodi di angina, dobbiamo migliorare la tolleranza
all’esercizio fisico, cercare di migliorare la sopravvivenza del paziente e ridurne la
mortalità.
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VALVULOPATIE
Gli edemi possono essere periferici, pleurici, addominali con un essudato che porta
all’ascite. Può insorgere in alcuni pazienti anche l’emottisi per via della rottura di
piccole vene bronchiali (per le aumentate pressioni al livello del microcircolo
polmonare). Ancora possiamo avere un embolismo sistemico dato dallo
scompenso improvviso della fibrillazione atriale. Questo embolismo sistemico è
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dato dal fatto che nella stenosi mitralica essendoci un ingrandimento degli atri, e
una difficoltà di riempimento ventricolare si ha un ristagno di sangue al cui interno
si formano dei trombi. E questi trombi possono embolizzare nel circolo sistemico e
ciò è estremamente pericoloso soprattutto al livello periferico (i tronchi sovra
aortici in primis). La fibrillazione atriale è responsabile di questo fenomeno, in
quanto è il momento di maggior stasi (Il 30% dei casi di ictus è causato dal FA).
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INSUFFICIENZA MITRALICA
È una valvulopatia molto frequente legata al fatto che la valvola mitrale non si
chiude perfettamente durante la sistole e quindi abbiamo un rigurgito di sangue
dal ventricolo all'atrio sinistro. Questo avviene perchè durante il ciclo cardiaco la
valvola mitrale si apre e il ventricolo sx si riempie, il ventricolo entra in pressione
e tende a spremere il sangue per mandarlo verso il circolo sistemico, si apre la
valvola aortica e il sangue dovrebbe andare verso il circolo sistemico. Quest'ul-
timo però ha una sua pressione, quindi il cuore deve spingere il sangue verso il
circolo sistemico, e il post carico che il cuore deve vincere è dato dalle resisten-
ze periferiche. L'atrio sx (si trova a monte dove il sangue non dovrebbe tornare
indietro perchè la valvola mitrale è chiusa) è una camera vuota a bassa pressio-
ne. È quindi ovvio che se la valvola non chiude, in sangue tende a tornare indietro
anziché andare avanti dove vi sono resistenze.
Eziologia: È legata ad una alterazione di una qualsiasi tra le componenti della val-
vola ossia lembi mitralici, anello fibroso (struttura che sorregge la valvola), corde
tendinee (anche queste sorreggono la valvola e fanno si che la valvola non si ribal-
ti al contrario), muscoli papillari (a cui sono legate le corde tendinee), alterazione
del miocardio parietale (è una dilatazione che fa si che il miocardio non sorregga
la valvola).
Cause: È degenerativa (legate all'invecchiamento), su base ischemica, funziona-
le, reumatica, congenita oppure legata a infezioni. Le corde tendinee possono
essere allungate congenitamente (per malattie del collagene ad esempio) e ciò
può portare al prolasso della valvola mitrale nell'atrio sx. I pz che hanno un pro-
lasso mitrale e quindi hanno le corde tendinee più lunghe sono più inclini ad ave-
re rottura delle corde tendinee. Altre cause della rottura delle corde possono es-
sere una dilatazione acuta del ventricolo sx, infezione della valvola che può dan-
neggiare le corde, un trauma e altre patologie che interessano il collagene come
osteogenesi imperfetta o policondriti. Un'altra causa è la cardiopatia ischemica,
infatti se abbiamo un'ischemia che interessa il muscolo papillare che sorregge la
valvola, vuol dire che quel muscolo papillare non si contrae più, e la valvola non
si chiude e si genera un'insufficienza. Una dilatazione dell'anello legata a una di-
latazione del ventricolo sx può portare a una dislocazione del muscolo papillare,
ad uno stiramento della valvola mitrale che non chiude più perchè è stirata e
questo porta a insufficienza mitralica.
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VALVULOPATIE CRONICHE
Quando abbiamo un'insorgenza in forma acuta, per esempio per rottura di cor-
da tendinea improvvisa, si hanno dei problemi più seri perchè all'atrio sx arriverà
una grande quantità di sangue che troverà un atrio piccolo e quindi con bassa
compliance. Questo fa si che aumentano le pressioni sull'atrio sx e sul circolo
polmonare e questo può portare a edema polmonare, a ipotensione, a shock
cardiogeno perchè il cuore non è preparato a questo evento improvviso.
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PROLASSO DELLA VALVOLA MITRALE
Può essere alla base di un'insufficienza mitralica. È una patologia che interessa il
3% della popolazione generale, interessa più il sesso femminile, ed è legato al
fatto che la valvola sia costituita da tessuto un pò più fragile ossia tessuto mixo-
matoso con infiltrazione di mucopolisaccaridi ed è frequentemente associata a
malattie del tessuto connettivo. L'aspetto della valvola: i due lembi saranno ri-
dondanti con le corde tendinee allungate e sottili e la valvola avrà un movimento
anomalo ossia avrà una protrusione, durante la sistole, di uno o entrambi i lembi
oltre il piano valvolare. Ovviamente che sia un lembo o entrambi a prolassare
condiziona le anomalie della valvola stessa. L'insufficienza si genera a seconda
della ridondanza dei lembi, delle corde tendinee, della dilatazione dell'anello.
Questi pz hanno rottura spontanea delle corde tendinee, ma più spesso hanno
un'infezione della valvola e questo può portare un danno alla valvola stessa con
un'insufficienza secondaria.
I sintomi in questi pz sono legati alle aritmie che si generano per stiramento della
valvola e corde tendinee e quindi i pz accusano: palpitazioni (queste palpitazioni
non sono legate sempre ad aritmie), astenia, esauribilità durante lo sforzo, e poi
possono sentire dolore toracico atipico ma che non è molto significativo. Posso-
no avere vertigini e lipotimia. Per quanto riguarda la sincope, è rara, in caso è le-
gata ad aritmie più importanti o anche legata al fatto che sulla valvola ridondante
si possono formare dei trombi piastrinici che possono embolizzare.
La diagnosi si fa con l'ecografia, vedremo lo spostamento della valvola oltre il pia-
no valvolare (di oltre 2 mm) e questo ci permette di fare la diagnosi. Esistono di-
verse forme. Le forme lievi sono le più importanti (90%).
Le caratteristiche: all'auscultazione si sentono dei ''click sistolici'' (quando la val-
vola tende a protrude verso l'atrio sx si sentono dei rumori particolari detti click
sistolici). Possiamo avere un rigurgito valvolare che può essere lieve.
Nelle forme lievi non vi sono aritmie in genere. Nelle forme moderate la prognosi
è meno favorevole, aumenta l'insufficienza, aumentano le aritmie perchè si è vi-
sto che la valvola ha una torsione verso l'atrio sx e ciò crea un'alterazione cronica
della parete valvolare che tende a prolassare; crea attorno alla base valvolare
un'area di fibrosi, e quest'area può essere l'innesco di aritmie importanti.
Le forme gravi sono associate ad insufficienza valvolare grave, spesso sono legate
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a rottura di piccole corde tendinee secondarie e, in genere, quando abbiamo que-
ste forme abbiamo già una dilatazione del ventricolo sx e dell'atrio e un'evoluzio-
ne rapida verso lo scompenso cardiaco, e la prognosi ovviamente è meno favo-
revole. In questi casi l'approccio è chirurgico, e se la valvola non è molto alterata
(soprattutto quando il prolasso riguarda una parte della valvola e non tutta) il
chirurgo la ripara, tagliando la parte eccessiva della valvola e quindi aggiustarla
senza sostituirla. Questo intervento consiste nell’inserimento della protesi a vita.
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INSUFFICIENZA AORTICA
I sintomi insorgono gradualmente negli anni, possono essere assenti per molti
anni e quando compaiono abbiamo la debolezza, l'affatticabilità, la dispnea e nel-
le forme avanzate la dispnea sarà maggiore, comparirà per forzi lievi fino all' orto-
pnea dove il pz si deve sedere per ridurre il ritorno venoso e respirare meglio. In
questi pz, vi è un sintomo tipico ossia l'angina pectoris detta "emodinamica".
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Guardando un'immagine di taglio dell'aorta, vediamo che il bulbo aortico è il
punto dove c'è l'imbocco delle due coronarie. Il cuore viene perfuso durante la
diastole, perchè si chiude la valvola aortica, la colonna di sangue tende a tornare
indietro. L'aorta, che ha una parete elastica, rende la forza di contrazione che il
cuore ha dato durante la sistole per mantenere la perfusione anche durante la
diastole di tutto l'organismo; quindi durante la diastole questa colonna di sangue
tende a perfondere le coronarie e quindi a irrorare anche il muscolo cardiaco.
Però durante la diastole, se abbiamo un'insufficienza aortica importante la colon-
na di sangue tende a tornare verso il ventricolo sx e avrà difficoltà a incunearsi
verso gli osti coronarici perché si creerà un effetto di risucchio del sangue dagli o-
sti coronarici e la perfusione delle coronarie sarà ridotta, perciò, il pz può avere
un'ischemia cardiaca perché il sangue non riesce ad entrare nelle coronarie.
L'angina non è legata a stenosi delle coronarie ma a questo fenomeno emodina-
mico. L'insufficienza può anche insorgere acutamente, la valvola può improvvisa-
mente diventare insufficiente; questo è un fenomeno che non avviene frequen-
temente però può avvenire in caso di infezione della valvola come per un'endo-
cardite batterica. I sintomi insorgono improvvisamente e anche qui troveremo il
ventricolo sx che ha una ridotta compliance come l'atrio che può dilatarsi se
questo fenomeno avviene rapidamente fino a un certo punto ma poi si scom-
pensa.
Quindi un'insufficienza aortica può portare anche qui a edema polmonare acuto,
shock cardiogeno e quindi il pz deve essere subito sottoposto a intervento chirur-
gico. Un'altra causa di insufficienza aortica acuta è la dissecazione aortica ossia
rottura improvvisa della parete aortica che porta alla perdita del supporto della
valvola stessa.
Diagnosi:
-Rx torace: troveremo un cuore di grandi dimensioni;
-Ecografia: ci fa vedere la struttura della valvola, l'eziologia e si identifica il grado
di insufficienza. Anche qui in base a una serie di informazioni, si decide il timing
chirurgici migliore.
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STENOSI AORTICA
Patologia importante, che ha una frequenza non bassissima, può essere legata a
diverse cause come alterazioni della valvola stessa in genere degenerativa, ma
possiamo avere cause congenite come stenosi sopravalvolari che interessano l'a-
orta stessa, alterazioni dell'aorta congenite o stenosi sottovalvolari per ostruzione
del tratto di deflusso del ventricolo sx. Anche la malattia reumatica può interessa-
re la valvola aortica. Le cause degenerative sono le più frequenti, cioè che la val-
vola diventi stenotica per un processo di invecchiamento. È una patologia dell'an-
ziano in cui raramente abbiamo un'insufficienza aortica associata però spesso ci
può essere un'alterazione della valvola mitrale con delle calcificazioni e spesso
in questi pz ci sono patologie associate essendo anziani. Dal punto di vista ezio-
logico, è importante la bicuspidia aortica: l'aorta normalmente ha 3 cuspidi però
una quota della popolazione nasce con 2 cuspidi. Ciò favorisce una maggiore tur-
bolenza del flusso a carico dell'aorta e ciò tende a danneggiare la valvola che ten-
de a diventare fibrotica e calcifica. La stenosi aortica compre tra 40/50 anni in
questi pz. Qui abbiamo un sovraccarico di pressione cronico, cioè la valvola si apre
male e quindi il cuore deve vincere questa resistenza all'eiezione e quindi, come
tutti i muscoli, tende a ipertrofizzarsi. In questo caso parleremo di ipertrofia con-
centrico; a differenza di prima, abbiamo un aumento dello spessore di parete, i-
pertrofia dei sarcomeri in parallelo e un ventricolo sx che diventerà grosso. L'iper-
trofia al ventricolo sx non è mai un fattore positivo: essa si associa non solo ad
aumento della dimensione del muscolo ma anche aumento della fibrosi e questo
fa si che il ventricolo sia più rigido e quindi avrà più difficoltà a riempirsi e si avrà
una disfuzione diastolica importante.
I sintomi sono 3: dispnea, angina pectoris e sincope. Anche qui compaiono tardi-
vamente.
La dispnea è il primo sintomo che compare perchè abbiamo un ventricolo ipertro-
fico che ha una diastole difficoltosa, le pressioni elevate all'interno del ventricolo
sx si scaricano sull'atrio e poi sul polmone: quindi si avrà una congestione venosa
polmonare che porta a dispnea, prima da sforzo e poi anche a riposo e all'orto-
pnea.
La sincope è legata al fatto che il cuore durante la sistole genera una certa forza:
ci sono dei barocettori all'interno del ventricolo sx che servono a controbilanciare
il post-carico rispetto alle pressioni all'interno del ventricolo sx. Quando le pres-
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sioni all'interno del ventricolo sx salgono in maniera importante a causa della ste-
nosi, abbiamo una vasodilatazione periferica per favorire l'eiezione del ventricolo
sx. Però alla vasodilatazione periferica non segue un aumento della portata car-
diaca perchè c'è una stenosi aortica, quindi improvvisamente abbiamo un calo di
pressione a livello cerebrale che determina una sincope.
L'angina pectoris perchè all'ipertrofia non segue un aumento della circolazione
dei vasi, quindi non aumenta la densità dei vasi, il sangue che arriva al muscolo
cardiaco ipertrofico non è sufficiente e questo fa si che si generi ischemia. Quan-
do compaiono i sintomi, improvvisamente precipita la prognosi e la sopravviven-
za. Essendo un problema meccanico, non esiste alternativa alla chirurgia che risul-
ta essere il trattamento più efficace ossia la sostituzione di valvola. È una patolo-
gia dell'anziano, quindi sostituire la valvola aortica con un intervento con circo-
lazione extracorporea in un pz ultra 80enne, spesso non è fattibile, perchè in
questi pz ci sono una serie di comorbilità che fanno si che aumenti la mortalità
in modo drastico.
Come vengono messe? Si sale con un catetere dall'arteria femorale fino alla val-
vola aortica, con un pallone si va a schiacciare la valvola alla parete e viene messo
uno stent che tiene la valvola aortica calcifica schiacciata alla parete; all'interno
dello stent c'è una nuova valvola che si apre come si esce col pallone. Questa
procedura si fa nei pz a maggior rischio operatorio. Questa procedura può essere
fatta entrando dalla femorale oppure nei pz che hanno un'aorta piena di calcio e
trombi che possono embolizzare, si può passare facendo un buco sull'apice del
ventricolo sx facendo un intervento mini-invasivo. Ultimamente sono state messe
valvole percutanee simili a questa anche per la mitrale.
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ECG
Dal punto di vista morfologico il QRS, che è appunto dato da depolarizzazione dei
ventricoli, può avere diverse forme.
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TRIANGOLO DI EITHOVEN e LE 12 DERIVAZIONI
Le derivazioni che noi vediamo nell'ecg non sono altro che punti di vista differenti
di uno stesso fenomeno e questo fa si che noi possiamo trarre tutta una serie di
informazioni. Il cuore è un organo tridimensionale, e anche la sua attività elettri-
ca deve essere interpretata in modo tridimensionale. Il cuore si trova all'interno
del torace come se fosse un dipolo, si può pensare che il cuore si trovi all'interno
di un triangolo detto triangolo di Eithoven; considerando che il torace viene visto
come volume conduttore omogeneo e la somma delle forze elettriche prodotte in
un certo istante o la media di queste forze durante il ciclo cardiaco possono esse-
re considerate come se prendessero origine all'interno di un dipolo situato al cen-
tro del cuore.
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Le 3 derivazioni aumentate, aVR, aVF e aVL, si ottengono rendendo positivo un
solo elettrodo; tutti gli altri sono negativi, ed è la loro media a costituire
l’elettrodo di riferimento. Sono chiamate derivazioni aumentate perchè
l’elettrocardiografo deve amplificare i tracciati per ottenere una registrazione
adeguata:
La derivazione aVL si ottiene rendendo il braccio sinistro positivo e le altre
parti negative. Il suo angolo di riferimento è -30°.
La derivazione aVR si ottiene rendendo il braccio destro positivo e le altre
parti negative. Il suo angolo di riferimento è -150°. È l'unica derivazione ne-
gativa.
La derivazione aVF si ottiene rendendo le gambe positive e le altre parti ne-
gative. Il suo angolo di riferimento è +90°.
DERIVAZIONI
DERIVAZIONI INFERIORI:
INFERIORI: D2,
D2, D3,
D3, aVF
aVF
DERIVAZIONI
DERIVAZIONI LATERALI
LATERALI SINISTRE:
SINISTRE: D1,
D1, aVL
aVL
DERIVAZIONE
DERIVAZIONE DESTRA:
DESTRA: aVR
aVR
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ONDE
ONDA
ONDA P: P: ÈÈ piccola
piccola ee di solito positiva nelle derivazioni laterali sinistre e inferiori.
Spesso
Spesso èè bifasica
bifasica in
in D3
D3 ee V1,
V1, mentre
mentre èè più
più negativa
negativa inin aVR.
aVR.
ONDA
ONDA Q: Q:NonNon visible,
visible, negativa
negativa inin D1,
D1, aVL,
aVL, V5,
V5, V6.
V6.
ONDA
ONDA R: R: Aumenta
Aumenta sempre
sempre nelle
nelle precordiali;
precordiali; in in V3
V3 bifasica,
bifasica, in
in aVR
aVR negativa.
negativa.
ONDA
ONDA S: S: In
In aVR
aVR negativa,
negativa, inin aVL
aVL positiva,
positiva, in
in V3
V3 bifasica.
bifasica.
ONDA
ONDA T: T: Rappresenta
Rappresenta la la ripolarizzazione ventricolare. È importante perchè si al-
tera
tera in
inpresenza
presenzadidiischemia.
ischemia.Normalmente
Normalmentepossiamo possiamoavere
averedelle
delleonde
ondeT Tnegative
negati-
nelle prime
ve nelle primederivazioni V1 eV1
derivazioni V2,e mentre è positiva
V2, mentre nelle nelle
è positiva derivazioni con alte
derivazioni cononde
alte
R. Se R.
onde è negativa nelle derivazioni
Se è negativa lateralilaterali
nelle derivazioni sicuramente vi è qualcosa
sicuramente di patologi-
vi è qualcosa di pa-
co. Tuttavia,
tologico. T è variabile.
Tuttavia, T è variabile.
COMPLESSO
COMPLESSO QRS: QRS: D1/aVF
D1/aVF positiva,
positiva, D3
D3 bifasico.
bifasico.
Ci sono altre patologie che possono alterare il tratto ST come patologie infiamma-
torie come la pericardite che porta a sottoslivellamento del tratto ST che però ha
caratteristiche particolari: anziché essere un sottoslivellamento rigido, è a ciotola
verso l'alto, non ha una localizzazione specifica nelle derivazioni e quindi è diffuso
in tutto l'ecg quindi è difficile che il pz abbia un infarto con chiusura di tutte le co-
ronarie anzi è impossibile. Queste informazioni quindi la morfologia del ST e la
localizzazione delle alterazioni ci aiutano a fare diagnosi. ST si può alterare anche
nell'ipertrofia ventricolare sinistra: anche qui bisogna vedere bene le caratteristi-
che, la simmetria dell'onda T.
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BLOCCO DI BRANCA
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RITMI CARDIACI
Il ritmo cardiaco normale si chiama sinusale perchè è dato dal nodo del seno:
quindi abbiamo un'onda P normale, con PR normale con una frequenza cardiaca
tra i 60 e i 100 bpm; sotto i 60 si parla di bradicardia sinusale, sopra i 100 si parla
di tachicardia sinusale. Possiamo avere anche un'aritmia sinusale, normalmente
abbiamo un ritmo costante cioè la costanza dei complessi QRS è costante nel
tempo quindi è un ritmo regolare. Quando il complesso QRS ha una distanza di-
versa ma le P sono tutte uguali siamo di fronte a un'aritmia sinusale (è tipica dei
bambini che tende a scomparire
man mano che si va avanti nella vita
e non è quindi una condizione pato-
logica). Andare a studiare l'onda P è
importante perchè possiamo avere
tutta una serie di alterazioni: pos-
siamo avere un ritmo che parte non
più dal nodo del seno ma anche da
altre sedi degli atri. Possiamo avere
per esempio delle extrasistoli: dei
battiti che si originano da altre zone
degli atri e quindi avremo improvvi-
samente un'onda P diversa da quelle
che vediamo nel tracciato e sarà an-
ticipata: si chiamo extrasistoli sopra-
ventricolari.
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ARITMIE SOPRAVENTRICOLARI
BRADIARITMIE
BRADIARITMIE
L’attività degli atri è disgiunta da quella degli atri → blocco complesso (questa deve
L’attività degli atri è disgiunta da quella degli atri → blocco complesso (questa de-
essere sempre tratta con impianto di pacemaker perchè il ritmo cardiaco può esse-
ve essere sempre tratta con impianto di pacemaker perchè il ritmo cardiaco può
re estremamente lento e quindi pericolosa per la vita del pz).
essere estremamente lento e quindi pericolosa per la vita del pz).
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FIBRILLAZIONE ATRIALE
Chi colpisce e come si manifesta? La maggior parte dei pazienti affetti ha quindi
più di 65 anni; gli uomini sono generalmente più colpiti rispetto alle donne. In
alcuni casi si presenta in assenza di apparenti condizioni favorenti, ossia in assenza
di una cardiopatia strutturale o di condizioni sistemiche (come l'ipertiroidismo)
che la possano determinare. Si parla quindi di fibrillazione isolata e rappresenta in
genere meno del 30% dei casi.
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Vi sono anche condizioni che possono favorire la fibrillazione atriale: ipertensione
arteriosa (presente in circa il 50% dei casi), insufficienza cardiaca, diabete mellito,
patologie delle valvole cardiache, esiti di chirurgia cardiaca.
Trattamenti
Nel percorso terapeutico della fibrillazione atriale va valutata la modalità di
presentazione (parossistica, persistente, permanente), la presenza di una
cardiopatia strutturale o di altre condizioni favorenti. È necessario inoltre
riconoscere il momento di insorgenza e la presenza di una grave condizione di
instabilità secondaria alla fibrillazione atriale.
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A seguito di queste valutazioni si deciderà riguardo ad un tentativo di ripristino del
ritmo sinusale:
In genere al primo episodio si procede a cardioversione farmacologica,
indipendentemente dai sintomi. Se l'episodio ha un'insorgenza databile a meno di
24-48 ore è possibile la cardioversione con farmaci antiaritmici come
AMIODARONE (eventualmente accompagnati da terapia anticoagulante nei
pazienti a rischio).
Prevenzione
La fibrillazione atriale talora è secondaria all'ipertensione arteriosa o ad altre
cardiopatie, quali ad esempio scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica. È quindi
necessario, per quanto possibile, effettuare dei controlli regolari del profilo
pressorio e, quando presenti, impostare un corretto iter terapeutico delle
cardiopatie al fine di prevenire le ricorrenze dell'aritmia.
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ARITMIE VENTRICOLARI
Se invece si origina nel cuore dx sarà tipo blocco di branca sx con QRS slargato. Poi
ci sono i battiti di scappamento quando ci sono le pause eccessive; tutte le cellule
del cuore sono in grado di depolarizzarsi spontaneamente però più si scende dal
nodo seno-atriale fino ai ventricoli più la frequenza di depolarizzazione dei ven-
tricoli scende cioè il nodo seno-atriale è quello che di depolarizza più frequente-
mente quindi è quello più veloce ed è quello che ha il comando del ritmo invece i
ventricoli si depolarizzano spontaneamente solo se manca la depolarizzazione
degli atri.
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ENDOCARDITE e PERICARDITE
Sono due patologie del cuore diverse che hanno in comune il fatto di avere
infiammazione ed infezione delle sierose che in un caso avvolgono il cuore, quindi
le pericarditi (infiammazione delle membrane che avvolgono il cuore
esternamente), e le endocarditi che invece interessano la membrana sierosa
dell'endocardio, cioè la membrana che si trova e fa da interfaccia tra il flusso
ematico e il muscolo cardiaco.
PERICARDITE
La funzione del pericardio è quella di proteggere il cuore dalle strutture esterne del
mediastino e di non creare degli attriti durante le fasi di movimento del cuore. Le
patologie che interessano questi foglietti possono portare a delle variazioni del
volume del liquido pericardico, che appunto può influenzare fortemente la
funzione cardiaca. Proprio perché appunto un'infezione, un'infiammazione, dei
foglietti pericardici può portare alla formazione di un essudato all'interno dei
foglietti e alla variazione di volume aumenta la pressione all'interno dei foglietti.
Diciamo che i foglietti sono indistensibili, come la maggior parte delle strutture
del cuore, o almeno lo sono nel breve periodo. Questo vuol dire che se noi
abbiamo uno stravaso acuto di liquido all'interno dei foglietti pericardici la
pressione, a minime variazioni di volume, sale notevolmente. Se il liquido invece
si forma all'interno del sacco pericardico lentamente allora i foglietti possono
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distendersi. Quindi, se questo fenomeno avviene lentamente possiamo avere
l'accumulo anche di grandi quantità di liquido senza che la pressione all'interno del
Sacco pericardico aumenti notevolmente. Quindi è un fenomeno importante
perché come vedremo dopo dal punto di vista clinico un accumulo di liquido
all'interno del Sacco pericardico porta ad una variazione di pressione che può
essere pericolosa. Se le pressioni all'interno del Sacco pericardico aumentano
notevolmente, questo può portare ad un fenomeno che viene chiamato
TAMPONAMENTO CARDIACO. Questa è un'emergenza cardiologica che se non
trattata rapidamente può portare alla morte.
Quali sono le forme più frequenti di pericarditi? Quelle di tipo virale. Vengono
anche chiamate idiopatiche, spesso è difficile trovare una causa vera e propria;
sono circa l'80%. Anche un banale virus dell'influenza può dare un'infezione delle
vie aeree superiori dando delle volte anche una polmonite, ma può dare anche
una pericardite. Poi c'è il restante 20% di cause che sono diverse: possono esserci
forme batteriche, per accumulo di acidi urici come per esempio in pazienti
predisposti come quelli in dialisi; possono esserci forme tubercolari; forme
neoplastiche, in genere per localizzazioni metastatiche; forme traumatiche, a
seguito di trauma per incidente stradale per esempio, tipicamente il paziente
sbatte sul volante provocandosi un trauma sternale, arrivando ad essere
traumatizzato anche il cuore con un'infiammazione o anche uno stravaso ematico
all'interno del Sacco pericardico nel caso in cui il trauma sia stato particolarmente
importante; ne esistono poi alcune che sono legate alla cardiopatia ischemica:
queste sono di 2 tipi, e sono post-infartuali.
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Classificandole in generale le dividiamo in PERICARDITI ACUTE e PERICARDITI
CRONICHE.
TIPI DI VERSAMENTO:
-Liquido sieroso nelle forme da scompenso cardiaco da ipoalbuminemia,
secondario a terapia radiante, come in quei pazienti che hanno dei tumori e che
fanno una terapia radiante del mediastino; oppure anche pericarditi virali
classiche danno un accumulo di liquido sieroso.
-Liquido siero emorragico tipicamente nelle forme neoplastiche, quando abbiamo
delle metastasi nel sacco pericardico, oppure nel caso di traumi come dicevamo
prima negli incidenti stradali.
-Liquido siero fibrinoso quando abbiamo forme batteriche.
-Liquido emorragico, post chirurgico, post infartuale, da traumi toracici penetranti
o tumori vascolari che si vanno a rompere all'interno del Sacco pericardico.
-Liquido chiloso per le forme appunto da funzione linfatica, quindi per l'accumulo
di materiale linfatico all'interno del Sacco pericardico.
102
Poi possiamo avere il versamento pericardico: può non essere presente nelle prime
fasi del dolore toracico in fase di comparsa della patologia. Tipicamente quando
compare il versamento pericardico e quindi i foglietti si scollano perché si
accumula liquido, scompaiono gli sfregamenti perché appunto non sfregano più
tra di loro, e si riduce quasi scomparendo anche il dolore toracico.
DIAGNOSI
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ECG: Le alterazioni dell'elettrocardiogramma sono abbastanza tipiche: in questi
pazienti è importante ricordare che questa patologia entra in diagnosi differenziale
con l'infarto acuto del miocardio perché, ve l'ho accennato quando abbiamo visto
l'elettrocardiogramma, le alterazioni ECG della pericardite sono il
sopraslivellamento del tratto ST. Il sopraslivellamento del tratto ST é un segno
tipico dell'infarto acuto del miocardio. Il fatto che una patologia infiammatoria
possa dare questo tipo di alterazione ci rende più complicata appunto la diagnosi.
La differenza è che il sopraslivellamento del tratto ST da pericardite è
leggermente diverso. ST é concavo verso l'alto, al posto di essere rettilineo e
sopraslivellato, e poi un'altra caratteristica importante che ci deve far pensare ad
una diagnosi differenziale è che è diffuso e lo troviamo in tutte le derivazioni. É
impossibile che ci sia una occlusione di tutte le coronarie contemporaneamente,
quindi che ci sia un sopraslivellamento diffuso in tutto l'elettrocardiogramma.
DURATA: Nella pericardite il dolore non dura minuti o ore, ma dura dei giorni! Il
paziente arriva e ci dice che ha dolore da due giorni per esempio, e questo è
difficile che avvenga nell’infarto acuto del miocardio. Per quanto riguarda lo sforzo
fisico, non c'è nessuna relazione con la pericardite mentre invece nelle forme di
angina stabili può comparire in seguito ad uno sforzo fisico (anche nell'infarto in
genere non c'è relazione).
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POSTURA: Un’altra caratteristica che distingue due tipi di dolore è la postura:
questo perché ci sono delle posizioni tipicamente antalgiche nella pericardite. Il
dolore nei pazienti con pericardite si allevia inclinando il torace in avanti. Invece il
dolore aumenta quando il paziente tende a coricarsi. Nella cardiopatia ischemica
la posizione non ha nessuna influenza sul dolore toracico.
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L'ENDOCARDITE
PATOGENESI
Per quel che riguarda la patogenesi, noi abbiamo una lesione endoteliale che crea
l'esposizione del collagene sul quale appunto si forma un trombo sterile tendendo
a guarire quel tipo di lesione. Se noi abbiamo una batteriemia, che creiamo noi, ad
esempio a seguito di una procedura odontoiatrica, come l'estrazione di un dente,
se abbiamo un’infezione in corso, andiamo comunque a mettere in circolo i germi!
Le procedure odontoiatriche sono quelle più incriminate, ma anche altre
condizioni come il parto, gli aborti, le tonsillectomie, le adenoidectomie, drenaggi
di ascessi e comunque tutte quelle condizioni in cui abbiamo un'infezione che
però può passare in circolo.
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FORMA ACUTA: come tutte le forme acute è un'infezione particolarmente
aggressiva caratterizzata da dei germi particolarmente aggressivi, gli
STAFILOCOCCHI. Gli stafilococchi crescono molto rapidamente e danno
un'infezione acuta di una valvola del cuore caratterizzata da febbre elevata e tutti i
segni tipici di una infezione acuta in atto.
In genere il prelievo viene fatto al momento del brivido, al momento del rialzo della
febbre. Il problema è che le emocolture spesso sono negative perché gli stessi
pazienti o i medici di famiglia, tendono a dare in presenza di febbre subito una
terapia antibiotica. In quel caso potremmo avere dei germi che non crescono
nell'emocoltura proprio perché il paziente é stato trattato già con antibiotici da
alcune settimane o perché magari sono dei germi difficili da coltivare e quindi
può essere difficile identificarli. Quando riusciamo ad identificare il germe
ovviamente facciamo la diagnosi ma è comunque fondamentale l'emocoltura
perché possiamo fare su quel germe anche l'antibiogramma. Andremo quindi a
vedere qual è l'antibiotico migliore per cui quel germe è sensibile dando quindi una
terapia mirata ed efficace.
109
avere una telecamera sulla punta ha una sonda ecografica. Quindi noi
introduciamo una sonda nell'esofago e andiamo a guardare il cuore dall'esofago.
Come sappiamo l'esofago si trova esattamente dietro l'atrio sinistro e quindi
dall'esofago noi andiamo a vedere il cuore con una definizione e una qualità delle
immagini molto superiore rispetto a quando noi andiamo a farla attraverso il
torace. Riusciamo quindi a vedere con maggiore dettaglio le valvole ed
eventualmente la presenza di una vegetazione che potremmo non riuscire a
vedere con l'esame transtoracico. Con l'ecocardiogramma riusciamo ad
identificare tutta una serie di complicanze come la presenza di ascessi e la
presenza di alterazioni delle valvole o anche la presenza di un’insufficienza di
nuova insorgenza, ma anche rottura di corde tendinee, perforazioni delle valvole e
quindi tutte quelle complicanze che si associano appunto alla endocardite.
110
LO SCOMPENSO CARDIACO o INSUFFICIENZA
CARDIACA
É definito come una sindrome clinica complessa risultato di ogni disordine cardiaco
strutturale o funzionale che causa un ostacolo del riempimento o dello
svuotamento ventricolare. Il cuore non è in grado di pompare una quantità di
sangue adeguata alle richieste metaboliche dell'organismo e può essere in grado di
farlo solo a discapito di pressioni di riempimento ventricolare elevate. Questo a
lungo andare può portare a scompenso cardiaco. Le cause dello scompenso
cardiaco sono tante e sono diverse, però possono portare la fine a quella che è
definita insufficienza cardiaca. L’insufficienza cardiaca può essere di due tipi:
ACUTA o CRONICA.
Per capire cosa succede a livello cardiaco parleremo dei meccanismi che sono alla
base del rimodellamento cardiaco e dell'adattamento delle fibre muscolari
cardiache. Quali sono quindi questi meccanismi di adattamento? Ad esempio il
meccanismo di FRANK-STARLING, l'attivazione dell'ipertrofia miocardica e del
rimodellamento cardiaco, una ridistribuzione della gittata cardiaca (l'organismo
cerca di ripristinare la gittata cardiaca favorendo la perfusione degli organi vitali -
come cuore e cervello - con una vasocostrizione, sfavorendo invece gli organi meno
importanti che stanno appunto alla periferia, come la cute); ci sono poi quindi
tutta una serie di meccanismi neuroormonali che vengono messi in campo per
cercare di controbilanciare le necessità dell'organismo.
Altro concetto importante è che il cuore lavora in base a queste tre funzioni
fondamentali: pre-carico e post-carico e la sua contrattilità intrinseca.
Infatti, la contrattilità è una proprietà intrinseca del cuore e delle fibre muscolari
cardiache e può essere stimolata con una stimolazione adrenergica: possiamo
aumentare la contrattilità delle fibre muscolari o anche deprimerla con appunto
anche dei farmaci specifici. E ci sono comunque tutta una serie di patologie che
possono influenzare la contrattilità dei miociti.
112
Questi due fattori quindi influenzano fortemente la funzione del cuore. Il pre-
carico gioca appunto sul meccanismo di FRANK STARLING. È la relazione tensione-
lunghezza delle fibre. Infatti, le fibre muscolari più noi le stiriamo e più sono in
grado di generare energia. Quindi più la fibra è allungata e più è in grado di
generare forza. Questo è il pre-carico, cioè il fatto che il cuore cerca di dilatarsi
allungando di più le proprie fibre per cercare di generare più forza quando
ovviamente è in una condizione di aver meno forza. Un esempio é dopo un infarto
acuto del miocardio dove si ha una perdita delle fibre muscolari e il cuore tende a
rimodellarsi nel senso dilatativo proprio per cercare di mantenere la giusta gittata
cardiaca. Quindi cerca di generare più forza riempiendosi di più e mantenendo
quindi la stessa gittata cardiaca. La forza di contrazione del ventricolo sinistro, in
funzione della lunghezza del muscolo cardiaco alla fine della diastole, a sua volta
é stata correlata al volume ventricolare.
Il Cuore Sano e più sensibile al pre-carico. Invece il cuore scompensato è molto più
sensibile al post-carico, perché ha già esaurito la riserva del pre-carico. Abbiamo in
genere un evento iniziale che crea un danno cardiaco, il quale danno porta
all'attivazione di una riduzione della funzione con una serie di meccanismi di
compenso fino a che non compaiono i sintomi, quando appunto il compenso non
ce la fa più.
113
Dal punto di vista fisiopatologico ci sono tutta una serie di situazioni che il cuore
mette in campo in presenza di danni cronici sul muscolo cardiaco (cardiopatia
ischemica, cardiopatia ipertensiva, infezioni virali - pericarditi, endocarditi o
miocarditi quindi tutto il muscolo). Quindi abbiamo tutta una serie di attivazioni
neurormonali che vengono attivate per cercare di controbilanciare la perdita di
contrattilità che sono date appunto dall'attivazione del sistema simpatico e del
sistema renina-angiotensina-aldosterone che agiscono sia sulla vasocostrizione
periferica, sia sull'aumentare del pre-carico, tutte condizioni che a breve termine
sono efficaci per mantenere la portata cardiaca, ma che a lungo termine portano
ad una progressiva riduzione della contrattilità.
114
Il cuore poi tende ad esprimere delle forme alterate di proteine contrattili: per
esempio le proteine contrattili del cuore sono l'actina e la miosina e il cuore tende
ad esprimere delle forme fetali di miosina che consumano meno ossigeno.
Ovviamente queste forme di miosina non hanno la stessa efficacia delle forme
dell'adulto e quindi alla lunga anche questo meccanismo porta ad un’alterazione
ulteriore. Il cuore scompensato poi ha anche un alterata produzione di energia,
ridotta produzione di ATP che alla lunga può creare dei problemi e anche una
ridotta espressione dei recettori. Di fatto, nel muscolo scompensato ci sono dei
rimodellamenti ma ci sono anche dei meccanismi neurormonali che vengono
messi in campo. Vengono attivati tutta una serie di assi (meccanismi neurormonali)
che ci servono per controbilanciare lo scompenso cardiaco.
Tutti questi meccanismi che vengono attivati hanno un'azione a breve termine. La
ritenzione di sodio e acqua serve appunto ad aumentare il pre-carico ed a
aumentare la contrattilità, ma porta a lungo termine alla congestione polmonare.
Si avrà quindi un accumulo di liquidi un po' in tutto l'organismo che poi
potrebbero diventare un problema.
Quindi sono tutti i sistemi che vengono attivati dal cuore scompensato che
all'inizio servono per cercare di mantenere lo status quo però alla lunga portano
appunto all'insufficienza cardiaca e ai segni e sintomi appunto dell'insufficienza
cardiaca. Si arriverà all'interessamento di tutti gli organi e per esempio avremo un
peggioramento della funzionalità renale, dove il rene tenderà a danneggiarsi e ad
essere meno perfuso, ma avremo anche accumulo di liquidi sul polmone che
tenderà ad alterarsi è passivamente in maniera retrograda sul fegato che tenderà
progressivamente a dilatarsi e ad aumentare di dimensioni. Quindi la funzione
cardiaca rimane stabile per anni poi la progressione è inizialmente lenta per
accelerare quando abbiamo esaurito i meccanismi di compenso. Il ventricolo
andrà a dilatarsi, diminuirà il rapporto tra lo spessore parietale e la cavità,
aumenta lo stress di parete del miocardio fin quando alla fine si scompensa.
Quindi il cuore si rimodella progressivamente e anche dal punto di vista
geometrico cambia la sua forma in una forma più sferica. Questa nuova forma
porta ulteriormente ad un peggioramento della funzione perché il cuore sfrutta la
sua forma geometrica per cercare di funzionare meglio.
116
In pre-carico, cioè il riempimento del ventricolo sinistro, più il cuore si riempie e
più il grado di generare forza, quindi cercherà di sfruttare questo meccanismo per
cercare di generare una placca cardiaca maggiore; agirà sul post carico per dila-
tare la periferia, quindi ridurre le resistenze periferiche e quindi il carico da vincere
ogni ciclo cardiaco. Questo lo fa utilizzando dei meccanismi neuroromonali, che
sono legati alla ridotta perfusione renale che si viene a creare nella riduzione della
placca cardiaca e quindi l’attivazione dell’asse renina-angiotensina-aldosterone,
che agiscono su questi fronti, cioè l’aldosterone crea una ritenzione idrosalina e
quindi trattiene liquidi all’interno dell’organismo e aumenta il pre-carico;
l’angiotensina seconda agisce aumentando le resistenze periferiche per cercare di
ridistribuire il flusso verso gli organi mobili.
Poi viene attivata anche l’asse del sistema nervoso simpatico e quindi adrenalina e
noradrenalina, per cercare di aumentare la contrattilità intrinseca del cuore e per
agire sulla circolazione periferica. Aumenta però il consumo di ossigeno; aumenta il
lavoro che il cuore deve fare e questo porta ad un ulteriore perdita di cellule; la
formazione di una fibrosi e quindi l’irrigidimento del cuore e quindi alla lunga,
un’ulteriore riduzione della funzione ventricolare, cioè un circolo vizioso che co-
munque sul breve periodo è positivo ma sul lungo periodo è negativo.
Quello che succede in questi pazienti è l’inizio di una acidosi sistemica con l’effetto
di modificare la liberazione di ossigeno nella periferia per poter dare più ossigeno
agli tessuti periferici, visto che c’è una riduzione della gittata cardiaca. Come vi di-
cevo abbiamo una ritenzione idrosalina di sodio e acqua per aumentare il pre-
carico, però questo alla lungo porta ad una congestione e quindi all’accumulo di li-
quidi eccessivo, cioè congestione polmonare e anche sistemica. Abbiamo la vaso-
costrizione, che serve per mantenere la pressione di iperfusione agli organi vitali,
però alla lunga peggiora la funzione di pompa aumentando la spinta energetica
cardiaca e poi abbiamo la stimolazione simpatica che serve per aumentare la fre-
quenza cardiaca, la contrattilità ma anche questo alla lunga è negativo.
117
FARMACI
Questi fenomeni sono importanti perché sono i punti chiave su cui noi dobbiamo
agire con i farmaci; i farmaci per lo scompenso cardiaco sono farmaci mirati per
cercare di controbilanciare l’accumulo di liquidi:
Un
Un altro
altro concetto
concetto importante
importante èè che che ilil cuore,
cuore, essendo
essendo una una pompa
pompa alal centrocentrodel delsi-si-
stema,
stema, èè certamente
certamente interconnessa
interconnessacon conancheanchegliglialtri
altriorgani:
organi:quindi quindicon conil polmo-
il pol-
ne, infatti avete visto che l’accumulo di liquidi si scarica sul
mone, infatti avete visto che l’accumulo di liquidi si scarica sul polmone e questo polmone e questo lavo-
rerà peggio,
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peggio, congesto;
congesto; sul rene che che
sul rene attiverà questi
attiverà assi assi
questi grazie alla alla
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produzione di renina
di reninamama allaalla
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lunga avremo
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congestioneche che poipoi si scaricherà sul
si scaricherà sul fegato
fegatoche che
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andrà progressivamente
progressivamente incontroincontro aa epatomegalia.
epatomegalia. Quindi Quindi in in questi
questi pazienti
pazienti con con
scompenso
scompenso cardiaco
cardiaco di fatto la
di fatto la funzione
funzione cardiaca
cardiaca può può rimanere
rimanere stabile stabile per
per anni,
anni,
questi
questi sistemi
sistemi possono
possonoaiutare
aiutarea acontrobilanciare
controbilanciareper anni,
per inizialmente
anni, inizialmente la progres-
la pro-
sione versoverso
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lo scompenso è lenta, peròperò
è lenta, poi poi
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certopuntopunto accelera
accelerae sie va in-
si va
contro
incontro adad episodi
episodidi scompenso.
di scompenso. Il ventricolo,
Il ventricolo, sfruttando
sfruttando il pre-carico,
il pre-carico,tende pro-
tende
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progressivamente a dilatarsi,
a dilatarsi,diminuisce
diminuisce il rapporto
il rapporto tratra
lo lospessore
spessore della parete
della paretee ela
cavità, quindi
la cavità, amplifica
quindi amplifica lo stress sulsul
lo stress muscolo
muscolo e questo
e questo fa sifache
si cheil cuore si rimodelli,
il cuore si rimo-
perda la sualaforma
delli, perda e diventi
sua forma sferico
e diventi e tutto
sferico questo
e tutto peggiora
questo peggioraulteriormente
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la
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funzione,poiché la forma
poiché la formadel del
cuore è una
cuore è unaforma che che
forma gli permette
gli permette di funzionare
di funzionare me-
glio
meglioe che serve
e che perper
serve mantenere
mantenere la funzione
la funzione in maniera
in maniera efficace.
efficace. La geometria
La geometria del
ventricolo
del ventricolosinistro è molto
sinistro è molto importante
importante proprio
proprio perché
perché la la
disposizione
disposizione delle
dellefibre
fi-
cardiache
bre cardiachefanno si che
fanno funzioni
si che grazie
funzioni a quella
grazie geometria.
a quella geometria.
118
Quali sono le cause principali di insufficienza cardiaca? Come vedete la prima cau-
sa è legata alla cardiopatia ischemica, cioè i pazienti che hanno avuto un evento
ischemico, quindi una perdita di cellule miocardiche, alla lunga possono andare
incontro ad uno scompenso cardiaco; ma ancora altre patologie come la cardio-
miopatie, patologie primitive del muscolo cardiaco di origine genetica, come la
cardiomiopatia dilatati o ipertrofica; l’ipertensione polmonare, un’altra patologia
che non è frequentissima ma quando è presente è una patologia grave; e le val-
vulopatie che abbiamo visto, quando ve ne ho parlato, le insufficienze, le stenosi
valvolari, creano un sovraccarico di pressione sul cuore che alla lunga portano a
scompenso cardiaco. Quindi i 2/3 dei pazienti che va incontro a scompenso cardia-
co, in realtà ha poi una cardiomiopatia. Ricordatevi che la cardiomiopatia ischemi-
ca è la prima causa di morte ma anche lo scompenso cardiaco di fatto è una pato-
logia importante come prima causa di ospedalizzazione.
Ma ancora oltre alle cardiomiopatie e alle valvulopatie di cui abbiamo già parlato,
anche farmaci e TOSSINE possono portare ad uno scompenso cardiaco; farmaci
che utilizziamo noi, come per esempio uno dei problemi che si sta verificando
maggiormente sono i pazienti con scompenso cardiaco secondari a trattamenti
oncologici: i farmaci oncologici sono sempre più efficaci proprio perché si stanno
scoprendo nuovi farmaci sempre più efficaci verso il tumore, quindi i pazienti on-
cologici che sopravvivono alla neoplasia sono sempre di più, però molti di questi
farmaci oltre a distruggere il tumore, hanno effetti tossici sul cuore e quindi il pa-
ziente magari sopravvive alla neoplasia ma va incontro allo scompenso cardiaco o
ad un danno miocardico.
Ancora tossine, gli alcolici, la droga, la cocaina o altre tossine come l’arsenico e il
mercurio, possono danneggiare il muscolo cardiaco.
119
TIPI DI INSUFFICIENZA CARDIACA
Dal punto di vista eziologico abbiamo le forme acute e le forme croniche: le forme
acute possono essere con o senza insufficienza miocardica e quindi con o senza di-
sfunzione ventricolare sinistra, e possono essere quelle da sovraccarico acuto di
pressione e tipica è la crisi ipertensiva o l’ipertensione maligna, cioè un improvviso
aumento delle resistenze periferiche in modo incontrollato, che porta ad una capa-
cità del cuore di mandare sangue in circolo e si scompensa acutamente con insor-
genza di edema polmonare. L’embolia polmonare, data dall’embolizzazione degli
emboli dalla periferia verso il circolo polmonare, che crea un’ostruzione acuta del
circolo polmonare e quindi uno scompenso del ventricolo destro; l’ipertensione
polmonare invece cronica è una forma cronica. Possiamo avere ancora un sovrac-
carico del volume, che possiamo avere quando abbiamo una valvulopatia acuta
come la rottura di una cuspide aortica, una endocardite di una valvola che porta ad
un’improvvisa insufficienza aortica e quindi un sovraccarico del ventricolo sinistro
che il cuore non riesce a gestire. Possiamo avere le forme acute con insufficienza
miocardica, queste sono tipiche della perdita improvvisa di funzione e quindi tipi-
che dell’infarto acuto del miocardio, cioè un infarto di grande dimensioni fa si che
una grossa fetta del muscolo cardiaco viene a mancare e il cuore non riesce a
mandare più sangue in circolo e quindi si va incontro a shock cardiogeno; questo
può avvenire anche per una infezione virale acuta del muscolo cardiaco, tipica nei
giovani, che è una complicanza di una infezione cardiaca, così come possiamo a-
vere una polmonite, possiamo avere anche una miocardite. La miocardite può es-
sere anche molto grave, con una perdita grave di funzione del muscolo cardiaco
che può portare allo shock cardiogeno e molte volte l’unico trattamento per questi
pazienti, può essere il trapianto cardiaco.
Ancora le forme croniche con e senza insufficienza miocardica; quando non hanno
insufficienza miocardica in genere sono forme legate ad alta portata cioè a un iper
lavoro del cuore e possiamo averlo per una tireotossicosi cioè una iperproduzione
di ormoni tiroidei da parte della tiroide; oppure fistole arterovenose che legano si-
stema venoso e sistema arterioso e che portano ad un sovraccarico acuto di volu-
me sul circolo arterioso. Ancora le forme di alterato riempimento e queste sono
forme che irrigidiscono in maniera importante il cuore come le cardiopatie restrit-
tive, che sono forme che fanno si che il cuore si restringa, diventa molto molto ri-
gido, non riesce a riempirsi e si scompensa. Quelle da insufficienza miocardica so-
no forme da bassa gittata, cioè l’evoluzione finale di tante patologie come la car-
121
diopatia ipertensiva, le valvulopatie in stadio terminale, cardiopatie dilatative di
vario origine, cioè cuori che alla lunga hanno un deficit di funzione molto impor-
tante che portano il paziente allo shock cardiaco. Quando parliamo di insufficienza
cardiaca parliamo di una famiglia di patologie che di fatto sono tante le forme che
possono portare a insufficienza cardiaca di tipo acuto e di tipo cronico, e di fatto
è una patologia molto importante e anche di elevata prevalenza.
I sintomi: quand’è che dobbiamo sospettare l’insufficienza cardiaca? Uno dei pri-
mi sintomi è la dispnea, che è legata principalmente all’accumulo di liquidi e ad un
sovraccarico di pressione che si scarica sul polmone quando il cuore diventa insuf-
ficiente; inizialmente sarà un’insufficienza da sforzo, cioè il paziente quando fa uno
sforzo fisico aumentano le pressioni a monte, il cuore non riesce a pompare una
quantità di sangue che gli viene richiesta quando aumentano le esigenze e questo
porta ad aumentare le pressioni sul polmone e ad una dispnea da sforzo; pro-
gressivamente con l’andare avanti della patologia la dispnea aumenterà con sforzi
minori fino ad avere una dispnea a riposo per sforzi minimi. Il paziente con uno
scompenso più avanzato inizia ad avere anche l’ortopnea, cioè la dispnea nello sta-
re in clinostatismo, cioè il paziente si corica e determina il ritorno venoso sul cuore,
ma la pompa non riesce a gestire l’aumento di sangue che arriva verso il cuore, e
quindi quando il paziente si corica, il paziente affanna e vedrete che cercherà di
stare seduto o comunque col torace sollevato perché altrimenti aumenta la conge-
stione e non riesce a respirare. Possiamo avere la dispnea parossistica notturna,
anche questa legata ad una ridistribuzione del flusso legata alla notte, il paziente
va a dormire, si corica e aumenta il ritorno venoso legato al clinostatismo e la ridi-
stribuzione del flusso fa si che progressivamente aumentino le pressioni sul pol-
mone, si crea un progressivo edema a livello peribronchiale e perialveolare, e im-
provvisamente il paziente non riesce più a respirare come si sveglia ha una dispnea
acuta, si deve alzare in piedi per cercare di riuscire a respirare in maniera efficace,
però l’edema che si è creato a livello peribronchiale e quindi alveolare, non passa
immediatamente ma ci impiega 20-30 minuti per ritornare a respirare in maniera
efficace; è un sintomo che il paziente lamenta con grande distress poiché viene
svegliato durante la notte, non respira bene e non passa subito ma deve rimanere
in piedi per un tempo abbastanza lungo per riuscire a stare di nuovo bene.
Altri segni che ci devono far pensare ad uno scompenso cardiaco, sono la compar-
sa degli edemi, che sono la congestione di cui abbiamo parlato prima. Il fatto di
avere un’aumentata ritenzione idrosalina per cercare di aumentare il precarico, alla
122
lunga porta alla comparsa degli edemi periferici. I pazienti poi avranno oliguria,
cioè urineranno meno, poiché nel paziente scompensato si riduce anche la funzio-
ne renale e ci sarà una maggiore ritenzione di liquidi. Altri sintomi tipici sono: aste-
nia, debolezza, la comparsa di palpitazioni che possono essere segni di aritmie as-
sociate a queste patologie che portano ad uno scompenso.
Dal punto di vista clinico possiamo notare sul paziente segni abbastanza tipici, cioè:
l’aumento della pressione venosa centrale, che possiamo vedere dalle giugulari, i
vasi del collo saranno turgidi e ingranditi proprio perchè abbiamo un aumento del-
le pressioni venose centrali.
Ma ancora nel torace possiamo sentire i rumori da stasi polmonare, cioè possiamo
sentire delle crepitazioni facendo respirare il paziente, legate all’aumento di liquidi
a livello polmonare. Ma poi il liquido non si accumula solo in periferia, a livello
delle gambe, quello che vediamo immediatamente visitando il paziente, ma il li-
quido quando abbiamo anche edemi periferici, lo possiamo trovare a livello della
pleura: quindi versamenti pleurici; a livello di altre sierose e a livello addominale,
l’ascite.
Il paziente con disfunzione ventricolare severa, sarà pallido, freddo, perché la per-
fusione periferica è ridotta dovuta alla vasocostrizione per ridistribuire il flusso ver-
so gli organi nobili; il paziente avrà anche una sudorazione fredda, tipica di questi
pazienti. Sarà inoltre tachicardico, la tachicardia legata all’attivazione neurormona-
le che appunto troveremo in quanto anche questo è un meccanismo di compenso.
123
tamente. Nelle fasi avanzate dello scompenso cardiaco abbiamo il paziente con
dispnea a riposo, può essere legata a una disfunzione polmonare e cioè
all’accumulo di liquidi a livello polmonare, con aumento delle resistenze nelle vie
aeree. Ovviamente mentre un paziente con dispnea a riposo deve essere ospeda-
lizzato, rischia di andare incontro a edema polmonare acuto che è un evento im-
provviso, più grave, che può portare a morte il paziente se non viene trattato im-
mediatamente, è un’emergenza medica poiché il paziente ha un improvviso ac-
cumulo di liquido a livello polmonare, con una quantità di liquidi che si accumu-
lano a livello degli alveoli e che porta a edema della membrana alveolo capillare,
che non riesce più a scambiare e quindi il liquido aumenta, si interpone tra alveo-
lo e capillari, non abbiamo più scambi poiché gli alveoli non funzionano e i liquidi
si riversano negli alveoli.
Il paziente con edema polmonare arriverà con schiuma alla bocca, i liquidi li ve-
dremo con schiuma alla bocca rosata tipica di paziente con edema polmonare,
quindi il paziente è come se stesse affogando, cioè non riesce più a respirare e sa-
rà estremamente sofferente, tachipnoico, tachicardico, con estremità fredde e su-
date. Altri sintomi accessori possono essere legati alla patologia di base come il do-
lore toracico che può essere presente se magari la causa principale è la cardiopa-
tia ischemica e anche se c’è un’embolia polmonare possiamo avere un dolore to-
racico. Le palpitazioni che possono essere legate alle aritmie e anche ad una tachi-
cardia sinusale, cioè al fatto che il paziente ha una frequenza cardiaca aumentata;
la debolezza, l’astenia, l’intolleranza all’esercizio fisico legata alla perfusione dei
muscoli periferici e oliguria e nicturia. L’oliguria è tipica dello scompenso termina-
le, c’è una bassa perfusione renale e quindi il paziente urinerà di meno ma anche
legata alla ritenzione idrosalina; la nicturia è invece legata al fatto che il paziente
con deficit di pompa la notte, quando sarà in posizione supina, avrà una migliore
perfusione renale e quindi avremo un aumento della diuresi rispetto alle ore diur-
ne in cui il paziente è in ortostatismo.
Nelle fasi avanzate possiamo avere anche sintomi da iperperfusione cerebrale con
confusione mentale, disturbi della memoria, ansia, insonnia, psicosi, allucinazioni
di vario tipo soprattutto nel paziente anziano. Riassumiamo i segni che troviamo
nel paziente cardiaco: abbiamo il turgore delle giugulari; la cianosi periferica che
vediamo nel viso e nella periferia del paziente; pallore e molte volte anche l’ittero
perché avremo una epatomegalia con aumento delle pressioni, un aumento del vo-
lume di liquidi a livello epatico e quindi il fegato tenderà ad ingrandirsi e a funzio-
124
nare male; possiamo avere ascite, edemi declivi e negli stadi più avanzati terminali
avremo una cachessia del paziente. Ci sono tutta una serie di sintomi che possono
essere notati nel paziente dal punto di vista obiettivo, sono sintomi tipici della pa-
tologia di base che possono essere sia a livello cardiaco che a livello polmonare;
già alla prima visita dobbiamo notare epatomegalia, edema a livello periferico.
ESAMI LABORATORIO: Dal punto di vista del laboratorio è necessario fare degli
esami importanti, il paziente con scompenso cardiaco avrà una serie di alterazioni
che possono essere legate alla patologia di base che l’ha portato allo scompenso:
per esempio se esegue una tireotossicosi possiamo vedere un aumento degli or-
moni tiroidei, ma abbiamo a disposizione un esame di laboratorio che ci può dare
un idea sul fatto che il paziente ha uno scompenso cardiaco ed è il dosaggio del
BNP, o del suo precursore il pro-bnp, che è il peptide natriuretico atriale, cioè un
peptide che aumenta la sua concentrazione quando aumentano le pressioni di ri-
empimento del cuore quando il cuore si dilata. A cosa serve? Ha un effetto diureti-
co molto importante ed è un altro ormone che utilizza il cuore per ridurre le pres-
sioni di riempimento quando il cuore si riempie in maniera eccessiva; è un ormone
che nel paziente scompensato troviamo aumentato, quindi un paziente che arriva
in ps con edema, il livello di bnp ci può dare un’idea su quale può essere la dia-
gnosi; se troviamo un bnp normale, è molto verosimile che il paziente non abbia
uno scompenso cardiaco ma magari ha una polmonite o altra patologia che gli ha
determinato dipnea.
125
ESAMI STRUMENTALI: Altri esami strumentali sono quelli di cui abbiamo già
parlato e che utilizziamo anche nelle altre patologie, partiamo sempre da quello
meno invasivo, quello più semplice da fare: l’elettrocardiogramma che ci può già
dare delle informazioni e quindi mettere in evidenza se ci sono alterazioni di ba-
se; l’RX torace che ci farà vedere i segni di sovraccarico e l’ecografia fondamentale
che ci fa vedere la patologia di base, le dimensioni del cuore e effettivamente se
c’è una problematica a livello cardiaco. L’RX torace che ci fa vedere la presenza di
epatomegalia, congestione polmonare, eventuali versamenti pleurici, e ci permette
di escludere altre cause di dispnea come la polmonite. L’ecografia è sicuramente
un esame che non può mancare poiché vediamo direttamente il cuore in maniera
rapida, i volumi e la presenza della funzione, le pressioni di riempimento che pos-
siamo andare a misurare e quindi riusciamo a capire se il responsabile di quel
quadro clinico è il cuore.
Poi sono selezionati gli esami di approfondimento che ci servono per capire me-
glio, in un determinato paziente, cosa c’è e cosa possiamo fare: angiografia coro-
narica, risonanza magnetica, la tac delle coronarie, la scintigrafia, una biopsia mio-
cardica se sospettiamo una miocardite. Sono importanti, nel paziente con scom-
penso, i test di valutazione funzionale sono il test del cammino e il test cardiopol-
monare.
Il test del cammino è molto semplice che viene utilizzato per la sua semplicità e
può essere utilizzato da chiunque anche non cardiologi che possono fare una va-
lutazione funzionale del paziente, e di fatto si fa camminare il paziente per 6 mi-
nuti, viene fatto anche in un corridoio di una certa lunghezza e si fa passeggiare il
paziente avanti e indietro per sei minuti, la distanza che il paziente percorre senza
fermarsi ci darà una indicazione della capacitò fisica, ovviamente stiamo prenden-
do in considerazione pazienti con una ridotta capacità fisica e quindi non riescono
a fare tutti i 6 minuti senza fermarsi.
Un test molto più specifico è il test cardio-polmonare in cui facciamo fare un eser-
cizio fisico al paziente in genere con una cyclette e durante l’attività misuriamo i
gas che il paziente respira e quindi il consumo di ossigeno e siamo in grado di avere
tutta una serie di informazioni importanti su quel paziente che ci dicono come fun-
ziona il sistema cardiovascolare di quel paziente. Misurare il volume di ossigeno
massimale è importante per rilevare uno scompenso cardiaco avanzato e per capi-
re se ha l’indicazione per il trapianto cardiaco oppure no.
126
Vengono misurati tanti parametri legati alla CO2 emessa, alla soglia anaerobica
che siamo in grado di misurare e quindi ci dà tante informazioni sulla funzione
cardiovascolare e sul sistema. Il parametro più importante però è il consumo di O2
che cambia in relazione alla funzione cardiovascolare. Viene fatta anche negli atleti
poiché ci permette di misurare la soglia anaerobica il test cardiopolmonare che
cambierà in base al tipo di atleta, c’è uno shifting poiché i nostri muscoli produco-
no quando si passa da un metabolismo muscolare aerobico a uno anaerobico, ini-
zia a produrre acido lattico che possiamo andare a valutare. La soglia anaerobica
quando abbiamo lo shift, cioè quando il consumo di ossigeno e produzione di e-
nergia anaerobica ci dice lo stato di allenamento.
Questa
Questa èèuna unaclassificazione
classificazioneimportante,
importante,lala“New“NewYork Yorkheart
heartassociation”,
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all’attività fisica,
fisica,l’attività
l’attivitàfisica
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ordinaria nonnoncausa
causadebolezza,
debolezza,palpitazioni, dispnea
palpitazioni, dis-
epnea
quindi non causa
e quindi non sintomi; la classe
causa sintomi; la 2classe
è il primo
2 è ilstadio
primodistadio
scompenso in cui abbiamo
di scompenso in cui
solo una lieve
abbiamo solo limitazione all’attività all’attività
una lieve limitazione fisica mentre l’attività
fisica mentrefisica ordinaria
l’attività fisicacausa
ordinaria
astenia, palpitazioni
causa astenia, e dispnea;
palpitazioni classe 3 abbiamo
e dispnea; classe 3una marcata
abbiamo difficoltà
una marcatanell’attività
difficoltà
fisica, non abbiamo
nell’attività sintomi
fisica, non abbiamoa riposo ma basta
sintomi unama
a riposo lieve attività
basta unafisica
lieveper averli;fisica
attività la
classe 4 è uno
per averli; stadio4più
la classe avanzato
è uno stadioinpiù
cuiavanzato
abbiamoin sintomi a ripososintomi
cui abbiamo e anchea unriposo e
minimo
anche un movimento crea sintomi
minimo movimento al sintomi
crea paziente.al paziente.
Uno dei Device che viene utilizzato più spesso in paziente con scompenso avanzato
è il defibrillatore, il paziente con scompenso avanzato che ha una funzione inferio-
re al 35%, la frazione di funzione normale è intorno al 60% e quando scende sotto
la metà, intorno al 35%, la funzione di pompa del cuore aumenta il rischio di morte
improvvisa, cioè legata ad aritmie maligne improvvise e quindi questi pazienti han-
no l’indicazione all’impianto di un defibrillatore che viene impiantato sotto cute
come il pacemaker, e se il paziente ha una aritmia mortale la riconosce e defibrilla
il paziente e gli salva la vita.
Infine, il trapianto cardiaco che è una soluzione efficace che può essere definitiva,
ovviamente ci possono essere indicazioni e limitazioni specifiche perché il pazien-
te non può essere troppo anziano, non deve avere patologie di altri organi poiché
ci potrebbe essere una bassa probabilità di sopravvivenza.
129
LA TROMBOSI VENOSA PROFONDA E L'EMBOLIA
POLMONARE
Come torna il sangue al cuore? Essendo un sistema a bassa pressione esistono dei
meccanismi che vengono utilizzati per cercare di favorire il ritorno del sangue al
cuore. I sistemi principali sono la pompa respiratoria (quando noi respiriamo
creiamo un gradiente di pressione all'interno del torace NEGATIVO che favorisce il
ritorno del sangue verso il cuore), la pompa muscolare e la pompa plantare che
spingono il sangue verso il cuore grazie a un sistema valvolare che fa in modo che il
sangue non torni indietro e che venga bloccato appunto dall'azione delle valvole. Il
ritorno del sangue al cuore dx è un "problema" perchè quando noi siamo in
posizione eretta il sangue è come se dovesse risalire e farlo non è cosi semplice
ed è per questo che viene aiutato dalla pompa muscolare che è quella che ha il
ruolo più importante in assoluto. La presenza della fascia muscolare costringe
muscoli e vasi in uno spazio ben ristretto e quando i muscoli si contraggono vanno
a schiacciare le vene e spingono il sangue verso l'alto il quale non tenderà a
tornare verso il basso perchè bloccato dal sistema valvolare. Il sistema arteriso
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invece avendo un'elevata pressione non è comprimibile. Avviene inoltre una
risposta tonica della parete vasale la quale possiede una tonaca muscolare che in
generale non è molto efficace ma il linea di massima aiuta nella risalita del sangue
al cuore dx. Anche la sistole fa in modo che i vasi venosi vengano schiacciati e
quindi anche il sistema arterioso, attraverso la sistole, aiuta nella risalita del sangue
al cuore dx.
131
LA TROMBOSI VENOSA PROFONDA (TVP)
Si formano dei trombi all'interno dei vasi e questo può essere legato a uno
squilibrio dei fattori pro trombotici e trombo resistenti dell'organismo ma
fondamentalmente i fattori pro trombotici sono legati anche alla stasi stessa e
quindi al fatto che ci sia un evento emodinamico che crei un rallentamento critico
del sistema. Possono esserci quindi cause coagulative o cause strutturali o anche a
causa del sistema fibrinolitico endogeno. I trombi tendono a formarsi
principalmente in presenza di stasi e quindi quando non c'è un buon movimento
del sangue e si formano principalmente a livello delle cuspidi dove il sangue si
accumula. Ovviamente quando le dimensioni del trombo si fanno importanti,
questo crea un occlusione del vaso venoso e fa si che il vaso venoso stesso si alteri
in quanto si dilaterà e tenderà a danneggiare le valvole in quella zona. Il
danneggiamento valvolare farà si che il sangue non verrà bloccato a modo e
questo causerà un insufficienza venosa in quanto il sangue non riuscirà a tornare al
cuore dx in modo adatto. Il fatto che si formino i trombi a livello periferico è
collegato allo stato del flusso ematico, del sistema di coagulazione e del sistema
fibrinolitico.
Un altro dato da ricordare è che dal punto di vista laboratoristico quando abbiamo
una trombosi venosa profonda e un'embolia polmonare, abbiamo un aumento del
DIDIMERO. Il didimero lo si può misurare con gli esami del samgue e lo si può avere
aumentato in tante altre patologie croniche come quelle renali ma quando questo
valore è negativo sicuramente esclude la presenza di trombosi venosa o embolia
polmanre.
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EMBOLIA POLMONARE
E' la patologia più grave che si orirgina da trombosi venosa profonda. I fattori di
rischio e l'eziologia sono identica a quella della trombosi. Questa patologia è legata
all'occlusione acuta di un'arteria polmonare e la gravità a livello clinico sarà data
dalle dimensioni di questo trombo: se i trombi sono piccoli e occludono pochi vasi
a valle del circolo polmonare il circolo polmanre riesce comunque a sopportare
una perdita del flusso; se l'occlusione è a livello dei grossi vasi polmonari abbiamo
una situazione più importante. L'incidenza è bassa e la mortalità alta in quanto
spesso è difficile diagnosticare questa patologia. La metà dei pz hanno una TVP
pelvica o comunque prossimale e asintomatiche e per questo è più difficile fare la
disgnosi.
Nei pz con embolia pomonare abbiamo un occlusione che determina una riduzione
importante del flusso sanguigno e un aumento delle resistenze arteriose
polmonari, questo fa si che il cuore dx troverà un'aumentata resistenza e non
riusirà più a spingere il sangue verso il circolo polmonare. Questa situazione fa si
che il ventricolo dx si dilati e questa dilatazione crea problemi in quanto la parete
del ventricolo dx è piu sottile di quella del ventricolo sx e non è quindi in grado di
generare grande forza di contrazione in modo rapido e veloce. In questi pazienti
avremo un aumento degli MP e l'aumento del volume del cuore dx sarà a discapito
del cuore sx, infatti questo verrà schiacciato e non riuscirà più a riempirsi, gli
arriverà meno sangue e questo causerà una riduzione improvvisa della gittata
sistolica e quindi un improvviso scompenso biventricolare.
Esistono diverse forme cliniche legate all'embolia polmonare acuta che si può
risolvere spontaneamente o con terapia, in questo caso si ha un embolia massiva e
questa se non trattata ha un alta mortalità e alle volte possono subentrare
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complicanze come l'infarto polmonare. Quando si hanno embolie ricorrenti e non
massive il quadro clinico può non essere riconosciuto e questi pz possono
evolvere verso un cuore polmonare cronico cioè una parte del circolo venoso
resta ostruito, il pz guarisce ma in maniera incompleta, aumentano quindi le
pressioni a carico del cuore dx e alla lunga andrà incontro a uno scompenso dx.
-DIAGNOSI: La diagnosi si fa tenendo conto della storia del pz, l'ECG e l'emogas
analisi che ci fa vedere un'alterazione della pressione dell'ossigeno a livello alveolo-
arterioso. Identificare un trompo in periferia ovviamente aiuta nella diagnosi e
anche l'ecografia del cuore può farci vedere la dilatazione del cuore dx, lo
schiacciamento del cuore sx e alle volte si possono vedere anche i trombi.
Quando non si ha la dilatazione del ventricolo dx la diagnosi si fa con un angiotac
che ci fa vedere il circolo arterioso polmonare e i difetti. La scintigrafia polmonare
infusionale ventilatoria è un esame che ci consente di vedere la ventilazione degli
alveoli, la perfusione degli alveoli e le differenze, cioè vedremo zone ventilate ma
non perfuse. Se invece alla base del danno c'è una patologia polmonare avremo
delle zone non ventilate e non perfuse.
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