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SISTEMA

NERVOSO CENTRALE
INDICE
Introduzione Sistema Nervoso 1
Encefalopatie Vascolari 6
Malattia Cerebrale Oschemica 7
Malattia Cerebrale Emorragica 13
Idrocefalo 18
Meningite 19
Ascesso Cerebrale 22
Patologie Mieliniche: 23
- Sclerosi Multipla 24
- Leuncoencefalopatia Multifocale Progressiva 28
Patologie Neurodegenerative (Disordini del movimento e cognitivi) 29
- Parkinson Idiopatico 32
- Corea di Huntington 34
- Sclerosi Laterale Amiotrofica 35
- Demenza Vascolare 37
- Morbo di Alzheimer 38
- Malattia di Pick 42
- Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili 43
Tumori del Sistema Nervoso: 45
- Tumori Astrocitari e Oligodendriali 51
- Altri Astrocitomi 55
- Tumori Neuronali e Misti Neurogliali 56
- Altri Gliomi 57
- Tumori Embrionali 57
- Tumori della Regione Pineale 62
- Tumori dei Plessi Corioidei 62
- Meningiomi 63
- Tumori dei Nervi Cranici e Periferici 65
- Linfomi del SNC 65
- Tumori Germinali 66
- Tumori della Regione Sellare 66
- Tumori del SNC e Sindromi Familiari Tumorali 67
- Neoplasie Secondarie del SN (Metastasi) 67
INTRODUZIONE SNC
Il sistema nervoso centrale è composto da encefalo e midollo Spinale, entrambi contenuti in un involucro
rigido rappresentato, rispettivamente, da scatola cranica e canale vertebrale.

Malignità in sede → il fatto di essere contenuti in una scatola chiusa, una massa benigna dotata di capacita
espansiva che in un’altra sede si espande ma non infiltra ne da metastasi, all’interno del SNC creerà
situazioni che sfociano (dopo una fase di compenso) verso l’ipertensione endocranica e sulla possibile
compressione dei centri vitali (respiratori per esempio): quindi anche una massa benigna può essere molto
pericolosa nel SNC per l’effetto massa. Questo non succede solo per le masse neoplastiche ma anche per
eventuali edemi imponenti poichè l’effetto è il medesimo (effetto massa).
Il concetto di malignita in sede vale anche per la terapia: l’aggressione chirurgica dipende molto dalla sede
del tumore, infatti, le masse del verme cerebellare, ad esempio, sono facilmente aggredibili con un approccio
posteriore, mentre diverso è il caso della lesione mesencefalica, quindi importante determinante di malignita
in sede è il criterio topografico.

Principali differenze tra encefalo fetale e adulto


- nell’encefalo del feto non si ha una netta distinzione tra sostanza grigia e sostanza bianca
- nell’encefalo del feto i ventricoli non sono ancora completamente espansi;
- nell’encefalo fetale sono presenti meno circonvoluzioni i virtu di una minore sinaptogenesi e perche
il SNC (dopo l’apparato tegumentario) è uno degli ultimi tessuti a maturare (penultimo).

Neuroblastoma → è una massa neoplastica immatura costituita da cellule fortemente immature


(riscontrate nella prima infanzia) del SNC orientate in senso gangliare. Uno dei criteri prognostici del
neuroblastoma, accanto all’istologia, alle mitosi, alla biologia molecolare, è il fatto che insorga prima o
dopo il 1 anno di età. Questo fa la differenza perchè, quando il neuroblastoma insorge molto precocemente,
alla nascita o pochissimi mesi dopo, può andare incontro a maturazione: mentre si è sempre sentito parlare di
neoplasie che tendenzialmente progrediscono in senso sfavorevole, progressioni neoplastiche in termini di
perdita di differenziazione, e quindi di maggiore aggressività, paradossalmente alcuni neuroblastomi (ma non
tutti), quando si riscontrano quasi nei primissimi mesi di vita, possono andare incontro a maturazione, perche
seguono l’input del tessuto nervoso che e ancora in corso di maturazione

Nella teca del bambino si nota la fontanella non ancora chiusa, che può rappresentare (vista la mancata
saldatura) nelle prime fasi di un idrocefalo connatale, un meccanismo di compenso. I bambini, infatti, che
nascono con un infezione da toxoplasma (contraggono la malattia durante la gravidanza) spesso hanno un
idrocefalo con una fronte a sole nascente, perche si verifica la protrusione della fontanella che permette un
minimo di capacita di sviluppo.

SEZIONI DELL’ENCEFALO
Sezioni orizzontali di Flechsig → condotte dall’alto verso il basso, permettono di vedere l’encefalo e di
mettere in evidenza le zone e le strutture in maniera differenziata.
Sezione sagittale → il piano sagittale è verticale e decorre in senso antero-posteriore e divide il corpo in due
metà (destra e sinistra). La sezione sagittale si effettua a livello della scissura interemisferica e permette di
vedere il corpo calloso, il talamo, il mesencefalo ecc.... La sezione sagittale mostra che non tutte le zone
dell’encefalo sono accessibili chirurgicamente. La zona accessibile per eccellenza e la zona del verme del
cervelletto.
Sezione coronale di Charcot → il piano coronale (frontale) è un piano verticale che corre parallelo alla
fronte e divide il corpo in una porzione ventrale e in una dorsale. Tramite tale piano si vede l’arteria
cerebrale media.

L’arteria cerebrale media è implicata in maniera rilevante nella patologia vascolare encefalica. Quando si
parla di grossa emorragia cerebrale, di emorragia che interessa proprio il parenchima cerebrale, una delle
regioni piu frequentemente interessata è quella dei nuclei della base: quindi si fa riferimento proprio alla sede
di emergenza dell’arteria cerebrale media.

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Dalla stessa regione partono varie altre arterie, come le lenticulostriate, che sono quelle che irrorano i nuclei
della base. In sezione coronale si apprezza anche la regione dei nuclei della base: capsula interna, putamen,
sostanza bianca che separa il talamo, globo pallido, claustro e capsula estrema.

MENINGI
Il SNC è avvolto dalla pachimeninge (dura madre) e dalle leptomeningi ( aracnoide e pia madre).
La dura madre è percorsa dalle arterie meningee medie che risultano suscettibili a rottura quando c'è un
trauma severo: la rottura del tavolato osseo determina una emorragia epidurale (tra dura madre e tavolato
osseo).
La Pia Madre segue la superficie encefalica e, a livello delle scissure, si invagina. L’aracnoide, invece,
passa a ponte dei solchi e delle scissure, di conseguenza, si viene a determinare uno spazio tra pia madre e
aracnoide (spazio subaracnoideo), nel quale decorre il liquor.
Quando avvengono meningiti (che quasi sempre interessano la leptomeninge), lo spazio subaracnoideo viene
obliterato da un essudato infiammatorio di granulociti neutrofili che puo, tramite i vasi, permeare gli spazi di
Virchow-Robin (il batterio e al riparo dalla risposta immune) per portarsi direttamente all’encefalo
(comportando lo sviluppo di una meningoencefalite).

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CIRCOLAZIONE ENCEFALICA
Il giusto apporto ematico all’encefalo è garantito dal circolo di Willis che rappresenta un circolo
anastomotico tra le arterie cerebrali anteriori, arterie cerebrali media e arterie cerebrali posteriori le quali
derivano dalle arterie vertebrali. Tutti i vasi decorrono nello spazio subaracnoideo. Quindi è un circolo
anastomotico divisibile in una sezione anteriore e una posteriore:
 Porzione anteriore → è determinata dalle arterie
cerebrali anteriori che si anastomizzano tra loro
grazie al ramo comunicante anteriore e prendono
rapporti anche con l’arteria cerebrale media.
Quest’ultima deriva dalla penetrazione intracranica
dell’arteria carotide interna che non da rami lungo
il suo decorso.
 Porzione posteriore → formata dalla fusione delle
due arterie vertebrali che danno il tronco basilare
che da rami per il tronco encefalico e i nuclei della
base. Il tronco basilare dara le arterie cerebellari
superiori e le cerebrali posteriori che vanno a irrorare
le porzioni posteriori dell’encefalo. Grazie al ramo
comunicante posteriore, si realizza un’anastomosi
tra le cerebrali posteriori e le cerebrali medie e, di
conseguenza, si realizza un legame tra circolo
anteriore e posteriore che assicura e protegge
il SNC dagli eventi ischemici.

In realta, nei diversi individui il circolo cerebrale non è del


tutto sovrapponibile, ma esistono una serie di varianti
normali di anatomia e distribuzione. In ogni caso, i circoli
terminali non si anastomizzano, ovvero non ci sono
collaterali, pertanto in caso di ipossia globale i territori
che andranno immediatamente in sofferenza, perche meno
irrorati, saranno quelli di confine tra i circoli terminali
delle arterie cerebrali anteriore, media e posteriore che, non godendo di anastomosi e circoli collaterali,
rimarranno senza flusso (in passato concetto noto come “teoria dell’ultimo prato”).
Inoltre, il circolo di Willis decorre nello spazio subaracnoideo ed è la sede piu frequente di aneurismi (a
livello delle biforcazioni o triforcazioni).

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LIQUOR E BEE
Il liquor è fisiologicamente secreto dai plessi corioidei nel dei ventricoli cerebrali e viene riassorbito a livello
delle granulazioni del Pacchioni (leptomeningi) ed è, infine, immesso nuovamente nel torrente circolatorio
(venoso). Dai due ventricoli laterali il liquor passa al III ventricolo grazie ai forami interventricolari di
Monro; dal III al IV ventricolo passa grazie all’acquedotto di Silvio.
Dal IV ventricolo accede allo spazio subaracnoideo grazie ai fori laterali di Luschka e al foro mediano di
Magendie. All’interno dello spazio subaracnoideo si trova anche nel midollo spinale fino alla cisterna
cerebro-medullare (sede della puntura spinale).
I plessi corioidei non si trovano nell’acquedotto di Silvio (in cui non si sviluppa neanche idrocefalo).
Plessi corioidei→ sono delle strutture vascolari formati dall’adesione di alcuni vasi piali con l’ependima che
riveste i ventricoli cerebrali. L’ependima è un epitelio cubico-colonnare che riveste i ventricoli ed è formato
da cellule ependimali che sono elementi gliali.
In particolare, il plesso corioideo è formato dall’interazione di cellule ependimali modificate (taniciti) con i
vasi piali. Inoltre, l’affrontarsi di vasi piali ed ependima forma la barriera emato-liquorale.

Barriera ematoencefalica
Rappresenta una struttura anatomico-funzionale dei capillari della circolazione cerebrale e risulta formata dai
capillari senza fenestrature sui quali giungono i processi astrocitari delle cellule gliali. La barriera
ematoencefalica ècostituita dall’endotelio dei capillari e dalla loro membrana basale.
Le cellule dell’endotelio dei capillari del tessuto nervoso sono unite mediante tight junction e giunzioni
aderenti; queste giunzioni non lasciano speranza di passaggio alle sostanze, farmaci o batteri, dall’interstizio
verso i vasi. Inoltre la membrana basale gioca un ruolo importante, scherma i neuroni da possibili variazioni
di pH, alle quali sarebbero molto sensibili. La barriera ematoencefalica è permeabile a ossigeno, anidride
carbonica e alcuni farmaci liposolubili; glucosio, vitamine e nucleosidi sono trasportati da recettori
(trasporto transcellulare).
La barriera ematoencefalica è assente nelle regioni circumventricolari cosicche l’area dell’eminenza mediana,
l’ipofisi posteriore e l’epifisi possono essere in contatto con i sangue e rilasciare nello stesso i propri ormoni
secreti.
È possibile permeabilizzare temporaneamente la barriera, agli antibiotici per esempio, impiegando soluzioni
ipertoniche di mannitolo.

CELLULE DEL SNC


Entrambe le cellule del SNC, neuroni e glia, derivano da un precursore unico con capacità differenziata
multipla chiamato pNET (concetto valido anche per le loro neoplasie visto che esistono tumori come il
ganglioglioma con capacita differenziate e di maturazione verso entrambe le vie).
Dalle cellule immature non committed (ne neuroni ne glia) nascono i tumori pNET (centrali o periferici).
Poi ci sono altre neoplasie delle cellule immature committed come il neuroblastoma (cellule committed in
senso neuronale) e come l’ependimoblastoma (cellula immatura committed in senso gliale-ependimale).

Neuroni
I neuroni prima erano identificati esclusivamente con le cellule gangliari, ovvero, cellule triangolari o
poligonali, con un grosso nucleo e un nucleolo centrale, ma con rapporto nucleo/citoplasma rispettato
(ematossilina-eosina).
Sono cellule dotate di una serie di prolungamenti: dendriti, assone (meglio visti con l’impregnazione
argentica). Recentemente, grazie all’immunoistochimica si è visto che le cellule nervose mature possono
avere anche una morfologia piu rotondeggiante e vengono detti neurociti.

Neurocitoma centrale → tumore nervoso maturo che fa riferimento alla componente cellulare a morfologia
rotondeggiante (neurociti)
Gangliocitoma → tumore nervoso maturo che fa riferimento alla proliferazione delle cellule nervose a
morfologia classica (gangliari).

Sono cellule perenni che, grazie alla capacita di sviluppare enormi reti sinaptiche, sono responsabili dei
processi cognitivi, motori e sensoriali del nostro SNC. Si classificano in base all neurotrasmettitore secreto

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(colinergici, adrenergici ecc...), oppure in base alla capacita di fare sinapsi (unipolari, pseudounipolari,
bipolari ecc...).
Hanno dei prolungamenti molto numerosi ma corti chiamati dendriti e dei prolungamenti, spesso singoli,
ma molto lunghi (fino a 1m, nervo sciatico) chiamati assoni informano la periferia dei comandi neurali.

Glia
Comprende tutti i citotipi che sostituiscono i tessuti di sostegno non presenti nell’encefalo: il tessuto
connettivo qui è sostituito dall’astroglia che crea, sostiene e ripara eventuali danni (cicatrice astrogliale o
astrocitaria) per i neuroni.
Gli astrociti rappresentano i citotipi piu diffusi della glia e sono messi ben in evidenza con colorazioni
immunoistochimiche o con le impregnazioni argentiche (morfologia stellata).
Oligodendroglia (Oligodendrociti)→ svolge la funzione di nutrimento della mielina, rappresenta
l’equivalente delle cellule di Schwann nel SNP. Queste cellule (a ricco contenuto lipidico, principalmente la
proteina basica della mielina) costituiscono la mielina e fungono da nutrimento per l’assone (svolgendo un
ruolo di conduzione). Dal punto di vista morfologico si presentano tondeggianti con un citoplasma molto
bianco a causa dello scioglimento lipidi indotto dalla colorazione con ematossilina-eosina.
Con la colorazione Sudan-Black vediamo i lipidi in nero. È una glia specializzata che puo anche andare
incontro a proliferazione neoplastica → oligodendrogliomi.
Infine, la microglia rappresenta le cellule spazzino del SNC (macrofagi).

Per quanto riguarda il cervelletto, le cellule fondamentali sono quelle del Purkinje che possiedono una
disposizione particolare (ad ulivo) e che mediante le loro arborizzazioni dendritiche creano connessioni e
sostegno per il tessuto cerebellare.

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ENCEFALOPATIE VASCOLARI
Le encefalopatie vascolari sono delle patologie per le quali, dal punto di vista diagnostico, non esiste un
corrispettivo bioptico in vivo: si tratta di lesioni che si vedono sul tavolo settorio, oppure, che non si vedono
affatto perche non vengono bioptizzate. In realta tutte le patologie hanno un quadro anatomopatologico alla
base, ma non tutte necessitano di una diagnosi istopatologica nell’iter diagnostico di un paziente (es.
ipertensione).
Le malattie vascolari dell’encefalo si dividono fondamentalmente in due gruppi:
 Malattia ischemica (infarto cerebrale o secondo l’antica dicitura rammollimento), che nella
maggior parte dei casi deriva da una base aterosclerotica
 Malattia emorragica

Il flusso ematico cerebrale (v.n. 50 mL/100 g/min) risponde ad una pressione di perfusione cerebrale che si
autolimita e si mantiene entro determinati valori e che deriva dalla differenza tra la pressione sistemica (80-
120) e la pressione intracranica (15-0).
L’encefalo dipende totalmente dal metabolismo aerobio; esso consuma piu di quello che riceve, ovvero
riceve il 15% della gittata cardiaca, ma consuma moltissimo O2.
Esattamente come il circolo sistemico che ha la capacità, entro determinati valori, di aggiustare il tono e le
resistenze vascolari, mantenendo cosi un flusso entro certi limiti, cercando di irrorare quelle zone che
necessitano di un maggiore apporto ematico, anche il distretto encefalico è dotato di questa capacita di
autoregolazione del flusso, per valori di pressione sistemica che non siano inferiori a 40 mmHg.

Il cervello ha un elevato consumo di ossigeno e diventa dipendente in maniera drammatica, ad esempio,


durante il periodo post-prandiale il livello attentivo cala per la maggiore affluenza di sangue ossigenato a
livello splancnico per i processi digestivi.

LESIONE ISCHEMICA E IPOSSICA


Per ipossia si intende un ridotto apporto di O2 anche con flusso normale. Sulla base di ciò, si possono avere
ipossie su base funzionale, ovvero causate da spasmi, elevate altitudini, senza che questo presupponga una
anomalia del circolo ematico cerebrale.
Per ischemia si intende invece l’interruzione/riduzione del flusso, che può essere:
 Globale → ad esempio su base cardiogena, overdose, o da danno cerebrale. A soffrire saranno
le zone periferiche, meno irrorate.
 Locale → dovuta ad una interruzione locale di un determinato vaso (stenosi, tromboembolia).
La zona che soffre è la tributaria del vaso colpito.

Classificazione ipossia
- Ipossia ipossiemica (basso contenuto di O2 ematico con flusso normale)
- Ipossia stagnante (in presenza di una lesione ischemica o emorragica si verifica un ristagno di sangue
del circolo ematico perilesionale con conseguente inadeguato apporto di sangue ossigenato)
- Ipossia istotossica (dovuta ad incapacita di utilizzare l’O2 per competizione da parte dei tessuti, ad
esempio, con CO in caso di avvelenamento da CO).

Variabili che condizionano l’effetto dell’ischemia o della lesione ipossico-ischemica


- Durata dell’insulto (meno dura e più facilmente reversibili sono le lesioni)
- Intensita dell’insulto
- Livello del glucosio ematico (l’encefalo ha un metabolismo strettamente dipendente dai livelli di
glucosio)
- Temperatura (vasocostrizione e vasodilatazione t-dipendenti molto importanti)
- Tempo di intervento

Vulnerabilità selettiva
Non tutti gli elementi cellulari del SNC sono vulnerabili allo stesso modo: alcune cellule sono piu sensibili,
mentre altre saranno piu resistenti.

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Innanzitutto, i neuroni sono piu vulnerabili della glia e, in particolare, tra queste, le cellule dell’ippocampo.
In seconda posizione si trovano le cellule nervose delle lamine 3 e 5 della corteccia (corteccia motoria), poi
le cellule del Purkinje del cervelletto, poi le cellule del talamo, poi quelle dei nuclei della base e, infine,
quelle del tronco cerebrale, dell’ipotalamo e del midollo spinale.

Questa diversa suscettibilità indica che, allo stesso insulto, i vari elementi cellulari rispondono in maniera
diversa, per cui potranno andare in sofferenza piu o meno precocemente o, al contrario, avere una maggiore
resistenza.
Questa vulnerabilità selettiva, per cui alcuni gruppi di cellule sono piu sensibili di altre, si basa su:
- Maggiore richiesta di O2;
- Attivazione di geni pro-apoptotici (Hsp, c-fos) da parte dei radicali liberi indotti dall’ischemia
- Maggiore densità di recettori per il glutammato (neurotrasmettitore eccitotossico, per cui, nel
momento in cui aumenta la loro densità, la cellula diventa piu labile.

Differenza adulto-neonato → In più, si riscontra una diversa sensibilità anche tra le cellule di un adulto
e quelle di un neonato. I punti cardine di oggi riguardo le cellule staminali neurali sono due: sono
organizzate in nicchie come in qualsiasi altro organo e sono compartimentalizzate in modo da avere un
destino segnato (alcune sono committed verso un citotipo e altre sono committed verso altri citotipi).
Il fatto di essere obbligate a differenziarsi in un certo citotipo, dopo il danno ne rende impossibile la
rigenerazione (contrariamente ad altri tessuti).
Tuttavia, è stato dimostrato che i neuroni in età infantile e neonatale hanno una maggiore spinta rigenerativa
e maturativa rispetto a quella degli adulti.
Questa diversa suscettibilita dei vari citotipi è valida sia nel caso di un danno ischemico su base
vascolare, sia nel caso di un danno di tipo neurodegenerativo.
Quindi, la clinica della patologia del SNC è sede dipendente: qualsiasi evento va rapportato al distretto
colpito (funzione alterata o soppressa), più che al tipo di lesione (la base biochimica è quella dei fattori di
crescita come il NGF).

ICTUS (Stroke)
La parola “ictus” non indica un quadro anatomopatologico, bensi un quadro clinico caratterizzato da un
deficit neurologico ad esordio improvviso dovuto a cause di natura vascolare e che può essere sia di natura
ischemica sia emorragica. Può essere dato da:
- eventi ischemici 82%
- emorragia cerebrale 14%
- emorragia subaracnoidea 3%
- eventi cerebrovascolari mal definiti 2%

MALATTIA CEREBRALE ISCHEMICA


L’ischemia consiste nella la riduzione del flusso ematico e diventa organica nel momento in cui si determina
una zona di necrosi.
Dal punto di vista anatomopatologico, la lesione cerebrale tipica dell’ictus ischemico (necrosi) è l’infarto
cerebrale (un vecchio termine sinonimo di infarto cerebrale è il rammollimento, poichè il SNC è privo
di impalcatura stromale e la zona colpita acquisisce consistenza poltacea).
Per più del 50% dei casi trova la sua causa nel cardioembolismo, ovvero, l’ostruzione embolica di una
carotide interna da parte di una patologia cardiaca (es. fibrillazione atriale). Una quota inferiore di ictus
ischemico è invece dovuta alla lesione aterosclerotica della carotide (a livello della biforcazione carotidea).

TIA → Il TIA (attacco ischemico transitorio) non ha un corrispettivo anatomopatologico, si risolve nel
giro di 24 ore, per cui si tratta di lesioni ipossiche o ischemico-ipossiche cosi rapide e fugaci che non
arrivano a determinare una vera e propria lesione anatomopatologica (non danno sequele).
Si presenta con episodi transitori di cecita monoculare (amaurosi fugax) ed emiparesi monolaterale.
Il TIA è un campanello di allarme, poichè spesso alla base si trovano placche aterosclerotiche: il 10-20% dei
soggetti con TIA va incontro a ictus.

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Alla base di una lesione infartuale si può avere:
- Patologia dei grossi vasi (macroangiopatia, principalmente aterosclerosi e arteriti dei grossi vasi)
- Patologia dei piccoli vasi (microangiopatia, arteriosclerosi, arteriolosclerosi, lipojalinosi etc)
- Patologia su base embolica (macroembolie a partenza cardiaca, microembolie da placca carotidea)
- Trombosi venose (piuttosto rare, si sviluppano di solito nel contesto dei seni della dura madre).
- Fattori emodinamici (ipotensione ortostatica, furto della succlavia, compressione a. extracraniche
etc)
- Coagulopatie familiari (deficit proteina C, fattore V di Leiden, variante G20210 protrombina etc)

Placca aterosclerotica → L’aterosclerosi è una patologia dei grossi vasi, ovvero interessa le carotidi,
le vertebrali, per cui è molto difficile che ci sia l’occlusione di un vaso di tale calibro. Tuttavia, considerando
l’anatomia patologica dell’aterosclerosi, nella fase della placca complicata è frequente il dislocamento di
coaguli fibrino-piastrinici che poi vengono veicolati a valle, fino a causare l’occlusione di un vaso di calibro
minore ed il danno relativo (lesione infartuale triangolare con apice rivolto verso il vaso colpito).
Anche la arterie intracraniche possono essere interessate dal processo aterosclerotico: rami maggiori del
poligono di Willis e sistema vertebro-basilare. I vasi extracranici più colpiti sono invece: l’arteria vertebrale
e la biforcazione carotidea.

Arteriti dei grossi vasi → Le arteriti dei grossi vasi sono cause di lesioni infartuali meno frequenti rispetto
all’aterosclerosi (arterite a cellule giganti, malattia di Kawasaki e arterite di Takayasu).

Microangiopatie → sono patologie che colpiscono i vasi di calibro <250μm e sono: arteriolosclerosi,
arteriosclerosi, lipojalinosi, angiopatia cerebrale amiloide e angite primitiva del SNC (PACNS).
Ad esempio, nella angiopatia amiloide, l’amiloide si deposita nella parete dei vasi, mentre nel caso della
malattia di Alzheimer si riscontra come placche e grovigli microfibrillari. Nelle vasculiti (PACNS,
granulomatosi di Wegener etc) si riscontra una flogosi granulomatosa con cellule giganti e necrosi fibrinoide
dei vasi leptomeningei e intraparenchimali.

Embolia → gli emboli si possono formare nel circolo venoso, arterioso o possono essere di provenienza
esterna. A differenza di un embolo che si origina nel contesto di una lesione aterosclerotica (microembolia
cronica), l’embolo a provenienza esterna ha un esordio brusco. Inoltre, se l’embolo è di origine cardiogena,
può andare il lisi e si deve fare diagnosi differenziale con l’emorragia cerebrale. Gli emboli possono essere:
aterogeni, cardiogeni (FA, IMA, endocarditi, embolia paradossa, neoplasie, miocardiopatie), adiposi (fratture
e chirurgia), neoplastici (rari), iatrogeni (nelle prime angiografie), miscellanei (malattia dei cassoni).

Trombosi venosa → a seguito dello stagnamento dei vasi, si ha l’infarto e lo stravaso ematico da stasi
(necrosi emorragica). La lesione è rossastra ed emorragica (ematomi intraparenchimali). A volte, puo
essere complicata: ci possono essere trombosi settiche su base flebitica. Si presenta con mal di testa,
papilledema, deficit sensitivo-motorio, epilessia, ipertensione endocranica isolata, deficit neurologico
focale.

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EVENTI FISIOPATOLOGICI DELL’ICTUS ISCHEMICO
A seguito dell’ipossia, c’è un aumento della glicolisi anaerobia e, di conseguenza, l’aumento di lattato e
pCO2 con riduzione del pH intracellulare.
Contemporaneamente c’è il depauperamento dell’ATP intracellulare e aumento degli acidi grassi liberi con
danno funzionale dei mitocondri. Aumenta la perossidazione lipidica con formazione di ROS, ridotta attività
delle pompe ioniche e aumento intracellulare di Na, Cl e Ca.
L’aumento degli ioni intracellulari per rallentamento della pompa Na/K principalmente, porta all’edema che,
nei primi giorni (1-2) quindi, è su base citotossica cellulare.
L’edema, nei giorni successivi, diviene su base vasogenica extracellulare.
L’edema puo essere riassorbito nel circolo attraverso l’uso di sostanze come il mannitolo che, vista la sua
polarità, richiama acqua nei vasi.
Il rammollimento (cioè il processo di riassorbimento del tessuto cerebrale dovuto a edema ed emorragia) è
prima pallido e successivamente diviene rosso (per via dell’infarcimento emorragico della sede infartuale,
che può essere indotto da farmaci antiaggreganti).
L’ictus può colpire una piccola parte di dimensioni inferiore ai 2 cm oppure può coinvolgere gran parte
dell’emisfero.
Si controlla con TAC seriate l’evoluzione della lesione.
Manifestazioni cliniche → La sintomatologia è variabile in base all’interessamento del circolo anteriore o
posteriore. Nel momento in cui si ha un evento acuto ischemico, si riscontreranno deficit funzionali con
manifestazioni immediate. Le manifestazioni sono dovute, nei primi momenti, alla distruzione necrotica e
sicuramente anche all’edema (effetto massa). Se non c’è stata distruzione cellulare le funzioni perse per
l’edema si riacquisiscono dopo riassorbimento o drenaggio chirurgico; di contro, tutte le manifestazioni
legate alla distruzione tissutale sono irreversibili.

CARATTERISTICHE MACROSCOPICHE DELL’INFARTO CEREBRALE


Un encefalo colpito da infarto cerebrale, tradizionalmente definito come “rammollimento”, si caratterizza
macroscopicamente per una perdita della consistenza del parenchima interessato dall’ischemia,
principalmente perchè l’encefalo non è sorretto da un’impalcatura stromale.
Il rammollimento è dunque un’area di necrosi, la quale consegue all’ischemia e alla interruzione del flusso di
sangue ossigenato. Si distinguono:
1. Fase acuta
2. Fase subacuta
3. Fase cronica

Lesioni della fase acuta


A 5-8 ore → non ci sono lesioni visibili (in maniera analoga all’infarto del miocardio). Le prime alterazioni
sono sempre molecolari, enzimatiche, per cui dal punto di vista macroscopico non è possibile apprezzare
nessuna alterazione morfologica.
Intorno alle 12-36h c’è lo scolorimento della sostanza grigia per maggiore sensibilita dei neuroni
all’ischemia rispetto alla glia (perdita di confine tra la sostanza bianca e la sostanza grigia) e riduzione di
consistenza.

Lesioni della fase subacuta (2-5 giorni)


Intensificazione dei fenomeni precedenti e comparsa dell’edema, che si instaura per reazione flogistica e che
può determinare effetto massa e rendere cosi poco funzionali determinate cellule, causando una certa clinica.
Sull’edema si interviene con gli anti-edemigeni come il mannitolo, che possono determinare una regressione
delle manifestazioni cliniche ed un parziale miglioramento dei sintomi in un soggetto che ha subito un
insulto; naturalmente i territori che sono andati distrutti non possono piu essere recuperati, per cui si avrà,
associata a ciò, una clinica permanente, mentre quelle manifestazioni dovute a compressione edemigena
possono andare incontro a miglioramento.

NB → il termine infarto puo essere applicato a qualsiasi organo, mentre il concetto di rammollimento e
invece limitato al SNC, dove indica la lesione infartuale.

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Vi sono alcune situazioni in cui, a seconda del meccanismo responsabile, è possibile il riscontro (importante
soprattutto dal punto di vista medico-legale) di alcune caratteristiche macroscopiche particolari: in caso di
avvelenamento da CO, ad esempio, le aree ischemiche del parenchima si contraddistinguono per il loro
aspetto rosa brillante e per la presenza di edema (vedi immagine).

Lesioni della fase cronica


Sempre dal punto di vista macroscopico, il focolaio di necrosi verra smaltito e, non essendoci rigenerazione
nervosa, la zona infartuale ha due possibili destini:
 Se piccola : verrà sostituita da una cisti, che potra essere una cisti gliale o gliomesenchimale
(cicatrice)
 Se grande : può dare luogo ad una cavitazione cistica (Stadio I: necrosi a cavitazione; stadio II:
cavitazione cistica circondata da tessuto atrofico).

La cicatrice che ne deriva può poi dare luogo ad un focus epilettogeno o ad altri residuati associati alla
distruzione di zone ben precise.

CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE DELL’INFARTO CEREBRALE


Anche dal punto di vista istopatologico, si distingueranno fasi acuta-subacuta e cronica.

Microfase acuta
I neuroni si raggrinziscono a causa della lesione ischemica e diventano fortemente eosinofili (eosinofilia
neuronale con picnosi): le cellule appaiono piu rosee, piu eosinofile per la maggiore captazione del colorante
da parte del citoplasma, che, come il nucleo, è in involuzione a causa della sofferenza ischemica; il nucleo
diventa piccolo e raggrinzito, segno che sta andando incontro ad involuzione, ed appare blu-nerastro per la
condensazione di tutte le strutture nucleari. Si verifica la scomparsa del nucleo poiche meno resistente del
citoplasma e la necrosi cellulare con rottura delle membrane nucleare e citoplasmatica.

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NB → Bisogna ricordare che la necrosi della lesione ischemica e dappertutto coagulativa, tranne
nell’encefalo che e di tipo colliquativo (rottura delle proteine e degli enzimi cellulari).
Eosinofilia citoplasmatica con nuclei picnotici

Microfase subacuta
Per lo smaltimento del focolaio necrotico intervengono i leucociti polimorfonucleati e la componente
monocito-macrofagica; quest’ultima deriva in parte dall’attivazione delle cellule stanziali residenti nel SNC
(microglia) e, in parte, dai monociti circolanti del sangue reclutati con conseguente formazione di istiociti
schiumosi (a scavenger; “schiumosi” perchè fagocitano detriti contenenti anche lipidi e mielina).
A 5-12 giorni c’è la proliferazione endoteliale e rivascolarizzazione.

Istiociti Schiumosi

Microfase cronica
 Prevalgono gli istiociti schiumosi;
 Necrosi laminare (specie delle lamine 3 e 5 se è
coinvolta la corteccia prerolandica);
 Si puo avere necrosi corticale a tutto spessore
(zone di confine);
 Perdita di neuroni e conseguente neurodegenerazione
con gliosi per tentativo di riparazione dell’astroglia;
 Astrocitosi reattiva;
 Depositi di ferro o calcio;
 Cicatrice o cisti.
INFARTO DEI TERRITORI DI CONFINE

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Quando si ha un’ischemia generale/globale, gli infarti li si ritrova nei territori di confine, ovvero in quelle
zone in assoluto meno vascolarizzate.
Sono tipici dell’eta anziana, spesso in soggetti con aterosclerosi in cui man mano si riduce il flusso cerebrale
e le prime regioni a non essere piu ben irrorate sono proprio le zone più periferiche.
Possono anche essere una complicanza dell’ipertensione endocranica.

Diagnosi differenziale con lesione emorragica → In passato, la diagnosi differenziale tra una lesione su
base infartuale ed una su base emorragica teneva in considerazione che la lesione infartuale, in quanto
lesione su base ischemica, ha un colorito grigiastro, mentre la lesione emorragica, in cui si ha uno
stravaso ematico dovuto alla rottura di un vaso, è una lesione tipicamente rossa ed emorragica.

Bisogna però tenere in considerazione che a volte l’infarto può essere “rosso” per la stagnazione del circolo,
complicando la diagnosi differenziale.
Uno dei principali criteri morfologici che consente diagnosi differenziale prende in considerazione proprio la
forma della lesione: mentre l’infarto ha una forma tipicamente triangolare, in quanto viene interessata la
zona tributaria del vaso colpito, la lesione emorragica invece ha una morfologia più casuale perchè non segue
dei canoni topografici.
Gli infarti dei territori di confine sono dunque cuneiformi, con la base verso la pia madre, a volte sono
simmetrici e, talvolta, parzialmente emorragici. Gli infarti delle regioni di confine, da un punto di vista
anatomopatologico, possono a volte coincidere con gli infarti lacunari.

Infarti lacunari
La definizione di infarto lacunare si riferisce a delle lesioni solitamente con diametro < 1 cm. Di solito sono
causati da patologia dei piccoli vasi, da emboli e da infarti di confine.
Essi possono essere asintomatici oppure dare delle sindromi molto mirate a seconda della sede interessata (ad
esempio emiparesi motoria pura per lesione capsulare oppure sindrome disartria-mano goffa per lesione
della base del ponte). In genere le regioni colpite sono i nuclei della base, il ponte, la capsula interna (regioni
sede di alterazioni ipertensive).

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MALATTIA CEREBRALE EMORRAGICA
Per emorragia intracranica si intende uno stravaso ematico che interessa l’encefalo, regione posta all’interno
della teca cranica, e che può estendersi fino ai ventricoli laterali. A seconda del meccanismo che la determina,
l’emorragia intracranica potrà avere una sede diversa e, in base a questa, si potra ulteriormente distinguere:
 Emorragia epidurale (localizzata tra teca cranica e dura madre);
 Emorragia subdurale (stravaso ematico interessa dura madre e l’aracnoide, almeno
inizialmente);
 Emorragia subaracnoidea
 Emorragia encefalica o intraparenchimale (cerebrale, cerebellare o del tronco cerebrale)
Questa diversa compartimentalizzazione dipende dal vaso interessato e dall’eziologia. Nel caso
dell’emorragia epidurale, il processo tende a rimanere confinato, in quanto sia la teca che la dura madre
sono delle strutture relativamente contenitive.
Invece, a partire dall’emorragia subdurale in poi, lo stravaso ematico può iniziare a diffondersi via via nello
spazio subaracnoideo, ma può guadagnare l’encefalo senza alcuna difficolta.
In ogni caso, è bene sapere che la lesione anatomopatologica (stravaso, necrosi, smaltimento focolaio e
riparazione) sarà sempre uguale indipendentemente dalla sede coinvolta.

Cause
- Ipertensione
- Trauma
- Angiopatia cerebrale amiloide
- Aneurismi a bacca
- Malformazioni vascolari
- Diatesi emorragica
- Vasculiti
- Stupefacenti
- Neoplasie
- Infezioni

EMORRAGIA EPIDURALE
La causa principale è rappresentata dai traumi cranici, spesso si può associare ad un’emorragia subdurale e
alla presenza di fratture del cranio e a rottura di arterie meningee (in particolare la media), che hanno un
decorso superficiale.
La distribuzione tende a variare tra bambini (fossa posteriore) ed adulti (fossa temporale), cosi come diversa
è anche l’incidenza (minore nei bambini).

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Di fondamentale importanza è ricordare che la lesione si sviluppa dopo un certo periodo di latenza dal
trauma: la lesione esprime il suo potenziale compressivo (e dunque letale) nel momento in cui il sangue
coagula.
In una prima fase infatti il sangue può anche spandersi tra teca e dura, ma non dare compressione; se pero
l’emorragia è quantitativamente importante e tende alla coagulazione, nel momento in cui si forma
l’ematoma, esso puo dare luogo ad una compressione che può anche essere letale.

Fattori che hanno rilevanza nell’entità dell’ematoma


- Entità del trauma
- Calibro del vaso fissurato
- Entita dello stravaso

Morfologia ematoma → L’ematoma ha tipicamente un aspetto biconvesso e, quando supera i 75-80 mL di


volume, può essere fatale a causa dell’effetto massa, responsabile di distorsione, ipertensione endocranica
ecc..; l’encefalo ha infatti dei meccanismi di compenso (erniazione etc) limitati, per cui ad un certo punto
l’ipertensione endocranica diventa fatale.
Dopo le 24h ematoma e coagulo si retraggono.
Per tale ragione, a seguito di un trauma, è importante che il paziente non si addormenti, cosi da evidenziare
anche una clinica meno grave ed evitare che si possano realizzare degli ematomi non previsti.

EMORRAGIA SUBDURALE
L’emorragia subdurale si caratterizza per uno stravaso ematico che in prima battuta si localizza tra la dura
madre e le leptomeningi. Sono strutture che non hanno barriere, quindi l’emorragia subdurale puo evolvere
in una subaracnoidea che, a sua volta, può transitare nel parenchima.

Forma acuta → un trauma (es. incidente automobilistico) con accelerazione e decelerazione mette in
trazione alcuni vasi, ovvero le vene a ponte che collegano la dura madre con l’encefalo che si possono
rompere. L’emorragia subdurale acuta puo interessare qualsiasi età, e spesso post-traumatica, la
presentazione clinica e rappresentata da segni e sintomi generali (mal di testa, sonnolenza); a volte puo
essere bilaterale e, se su base acuta e traumatica, si puo associare a contusione encefalica.
La prognosi è peggiore dell’emorragia epidurale per l’assenza di strutture contenitive.

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Forma cronica → rottura delle vene a ponte, con cicli di organizzazione e sanguinamento con formazione di
tessuto di granulazione. I pazienti interessati da emorragie subdurali croniche hanno tipicamente età > 50
anni e sono tipicamente dei soggetti con atrofia cerebrale, responsabile della trazione a carico delle vene a
ponte.
Un trauma anche di lieve entita in un encefalo atrofico, con vene già soggette a stiramento, può iniziare a
determinare delle microfissurazioni che poi si organizzano con cicli di granulazione e di sanguinamento
progressivo ma che, ad un certo punto, esitano in un quadro emorragico che, misconosciuto nella sua fase di
origine, darà segno di se in una fase più avanzata, tanto che possono insorgere problemi di diagnosi
differenziale tra una demenza secondaria alla malattia di base ed una demenza dovuta ad emorragia
subdurale.
Dal punto di vista clinico si ha una lenta progressione della sintomatologia (episodi ictus- like o demenza).
Dal punto di vista anatomopatologico invece si riscontra il tessuto di granulazione con coaguli, fratture,
contusioni encefaliche e lo spandimento di sangue che tende alla coagulazione.
Altre possibili cause di emorragia subdurale sono i meningiomi (molto vascolarizzati) o le metastasi o
emangiomi della dura madre, oppure le coagulopatie e aumento di rischio di emorragia subdurale spontanea,
acuta e cronica.

EMORRAGIA SUBARACNOIDEA
È uno stravaso ematico nello spazio subaracnoideo, dove decorre il poligono di Willis.
La causa tipica è la rottura degli aneurismi poichè questi si trovano piu spesso a livello delle biforcazioni o
della triforcazione Silviana (a livello del poligono di Willis). Spesso gli aneurismi sono definiti congeniti, ma,
per definizione, congenito è qualcosa che si trasmette geneticamente; in realtà ciò che è trasmissibile sono i
fattori predisponenti, per cui sara piu corretto definire un aneurisma su base congenita, ovvero che si
determina precocemente per malattie o altre lesioni a trasmissione ereditaria.

Cause
- Post traumatica
- Spontanea (aneurismi a bacca, fusiformi, malformazioni artero-venose, angiopatia amiloide
cerebrale)
Aneurismi a bacca (sacciformi) → Si tratta di dilatazioni sacciformi con un colletto, in cui il sangue che
entra difficilmente esce, il progressivo accumulo di sangue espande la sacca, causando un progressivo
assottigliamento della parete, finchè ad un certo punto, a causa ad esempio di un picco ipertensivo, va
incontro a rottura.
Gli aneurismi a bacca sono quelli che comunemente sono definiti di tipo congenito. I fattori predisponenti
per gli aneurismi a bacca sono: ipertensione, malformazioni artero-venose (congenite), displasia fibro-
muscolare (difetti del collagene, difetti elastina etc), coartazione aortica (ipertensione).
Aneurismi fusiformi → da aterosclerosi
Malformazioni artero-venose → possono dare luogo anch’esse a dilatazione aneurismatica

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Angiopatia amiloide cerebrale → da un lato può ispessire il vaso e quindi portare all’occlusione e
all’ischemia, dall’altro puo irrigidire il vaso e renderlo meno resistente ed elastico e maggiormente
suscettibile di rottura.

Sedi più frequenti


- Triforcazione Silviana
- Giunzione carotide interna/comunicante posteriore
- Giunzione cerebrale anteriore/comunicante anteriore

L’emorragia subaracnoidea da rottura di aneurismi ha incidenza massima tra la 5a e la 6a decade. È fatale in


2/3 dei casi: 1/3 muore entro 72 ore, mentre 1/3 puo morire in seguito per complicanze quali idrocefalo,
vasospasmo, complicanze chirurgiche.
Gli aneurismi possono anche andare incontro a fissurazioni che a volte provocano dei sintomi premonitori
come mal di testa lancinanti.
Gli aneurismi possono essere uni- o multilobulari; il primo elemento che viene perso sono le quote elastiche
e ciò determina la riduzione del tono e la dilatazione; si puo avere un grado variabile di fibrosi.
Soprattutto negli aneurismi giganti (>2cm) si possono riscontrare calcificazioni intramurali e trombosi con
o senza ricanalizzazione.

Clinica
La maggior parte degli aneurismi di solito non supera 1 cm di diametro, ma, nel momento in cui dovesse
essere > 2 cm, si parlera di aneurisma gigante e potrà dare sintomi da effetto massa.
Emorragia massiva → si avrà coma e morte entro pochi minuti;
Emorragia circoscritta → si avranno segni a focolaio (emiparesi, mutismo acinetico, paresi arti inferiori).

L’anatomia patologica è povera di peculiarità: le meningi scoloriscono anche dopo tempo, ci puo essere una
reazione mesenchimale e fibrosi (non ci sarà reazione gliale perchè siamo nelle meningi). La fibrosi può
causare anche idrocefalo per compressione e alterazione dei meccanismi di riassorbimento delle granulazioni
di Pacchioni.
Nel momento in cui c’è una compromissione vascolare, ci possono essere lesioni ischemiche del SNC per
insorgenza di spasmi vascolari.

EMORRAGIA CEREBRALE INTRAPARENCHIMALE


La grande emorragia cerebrale può essere: encefalica, cerebellare e del tronco cerebrale.
In quanto emorragia intraparenchimale, tende ad estendersi nel parenchima e ad andare verso l’interno
inondando i ventricoli laterali, dando luogo ad un quadro definito “emocefalo”, oppure, può estendersi verso
l’esterno e provocare un’emorragia secondaria subaracnoidea.
Le cause sono identiche a quelle degli altri tipi di emorragie: ipertensione, traumi, aneurismi, malformazioni,
amiloidosi ecc....

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Anatomia patologica del focolaio emorragico
1. Massa rossastra ben distinta dal parenchima:La massa ha dei contorni indefiniti, ovvero non ha la
tipica topografia triangolare della lesione ischemica;
2. Edema ed erniazione: La presenza di edema, cosi come lo stesso versamento ematico, si accompagna
ad appiattimento delle circonvoluzioni e ad effetto massa;
3. Formazione di un ematoma con tendenza al coagulo piu edema;
Quanto detto, rappresenta la storia naturale del focolaio in soggetti che sopravvivono e, anche in questo caso,
l’area di spandimento emorragico causa necrosi, per cui segue il reclutamento dei leucociti polimorfonucleati
e dei macrofagi (2-3 gg), eventualmente un tentativo di riparazione, smaltimento del focolaio e cavitazione
cistica (cisti apoplettica); se però si ha inondazione ventricolare si determina un emocefalo, incompatibile
con la vita, infatti, a questo si accompagna la distruzione e la degenerazione walleriana degli assoni.

EMORRAGIA CEREBRALE IPERTENSIVA


L’emorragia cerebrale su base ipertensiva costituisce circa la metà dei casi di grande emorragia cerebrale,
dunque spesso l’anamnesi è rivelatrice, in quanto si associa ad una storia di ipertensione.
L’ipertensione naturalmente è una condizione sistemica, dunque in teoria tutti i vasi dovrebbero essere
interessati in egual misura. In realtà, ci sono delle arterie e dunque delle zone maggiormente a rischio: la
regione dei nuclei della base.

Nuclei della base → una delle regioni colpite più frequentemente è la regione dei nuclei della base, in
quanto le arterie lenticulo-striate (originano dalla cerebrale media) hanno una distribuzione anatomica
caratteristica, ovvero si dipartono dalla a. cerebrale media con una particolare disposizione ad angolo retto,
per cui proprio a livello di questo angolo retto si crea un locus minoris resistentiae che, nel momento
in cui è sottoposto a gittate ipertensive, subisce un danno maggiore rispetto ad altri vasi e quindi può dare
luogo ad un evento emorragico.

Lo stravaso ematico interessa una regione che comprende il ventricolo laterale il talamo, lo striato, la capsula
interna, la capsula esterna ecc... Se lo stravaso va verso l’esterno, incontra delle strutture un pò più
contenitive (capsula esterna e capsula estrema); di contro, se lo stravaso è un pò più mediale, i nuclei vanno
incontro a distruzione.

In particolare, quando viene interessato il fascio piramidale, che attraversa la parte anteriore del braccio
posteriore della capsula interna, i pazienti avranno emiparesi spastica controlaterale (e spastica per
interessamento del primo motoneurone che è inibitorio; se invece l’interessamento riguarda il secondo
motoneurone midollare si ha paralisi flaccida, ad esempio da poliomielite).
Condizioni predisponenti ipertensione maligna
- Glomerulonefriti
- Vasculite sistemica
- Sclerodermia

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- Feocromocitoma (benigno e maligno)

Caratteristiche ipertensione maligna


- emorragie petecchiali
- microinfarti acuti
- frammentazione delle pareti vasali con trombi fibrinoidi
- lesioni che possono interessare altri organi, specie i reni

Caratteristiche anatomopatologiche del vaso sottoposto a ipertensione


Il vaso è maggiormente esposto a rottura poiche:
1. Sostituzione del muscolo con tessuto connettivo (ialinosi) che ne compromette l’elasticità;
2. Frammentazione della tonaca elastica
3. Dilatazione focale con formazione di aneurismi e di microaneurismi di Charcot-Bouchard.

ANGIOPATIA AMILOIDE CEREBRALE


È spesso associata con la malattia di Alzheimer o con l’invecchiamento.
Si caratterizza per la presenza, tra le fibre muscolari della media, di depositi di microfilamenti con proprietà
tintoriali dell’amiloide, che danno luogo alla formazione di ematomi cerebrali superficiali che si estendono
verso gli spazi subaracnoidei.

MALFORMAZIONI VASCOLARI
Costituiscono meno del 5% di tutte le cause di emorragia cerebrale intraparenchimale.
Esse sono: le malformazioni artero-venose, l’emangioma cavernoso, l’angioma venoso, fistole artero-venose,
aneurismi a bacca.

IDROCEFALO
L'idrocefalo è una condizione in cui si ha un accumulo di liquido cefalorachidiano a livello dei ventricoli
cerebrali che si dilatano.
La complicanza di un idrocefalo è l'ipertensione intracranica che causa danni al tessuto cerebrale.
L'idrocefalia è quindi un versamento di liquido cefalorachidiano in eccesso esclusivamente all'interno delle
cavità ventricolari (idrocefalo non comunicante, od ostruttivo) o nei ventricoli e nell'intero spazio
subaracnoideo (idrocefalo comunicante o non ostruttivo).
In caso l'idrocefalo si sviluppi in un neonato, in un lattante o comunque prima della saldatura fisiologica
delle suture craniche, verrà a configurarsi un quadro di macrocefalia.

IDROCEFALO IPERTESO
In questo caso l’aumento del volume del liquor puo essere dovuto alla sua ipersecrezione da parte dei plessi
corioidei, a un’ostruzione nell’ambito del suo circolo oppure a una diminuzione del suo riassorbimento.

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L’idrocefalo iperteso che insorge prima o subito dopo la nascita provoca l’aumento delle dimensioni del capo,
vene craniche prominenti e congeste, suture craniche beanti, fontanella anteriore molto allargata, protrusione
della fronte. Comuni sono le convulsioni, frequente l’atrofia ottica e la deficienza mentale.

Può essere:
 Idrocefalo ipersecretivo → si determina per un’aumentata produzione di liquor. È un
idrocefalo iperteso e si ha, in genere, in presenza di patologie dei plessi corioidei: per esempio
un papilloma, o un carcinoma non ben differenziato che mantiene la capacità secernente,
possono dare un idrocefalo ipersecretivo, oppure anche una condizione flogistica dell’epitelio,
che assume una maggiore capacità di produzione.
 Idrocefalo ostruttivo → è sempre di tipo ipertensivo e si determina per ostruzione delle vie di
circolo del liquor. È la forma piu frequente. Può esser provocato da neoplasie dentro i ventricoli
cerebrali, per compressione dei forami interventricolari o per ostruzione del terzo ventricolo e
dell’acquedotto di Silvio (stenosi congenite, tumori dell’epifisi e del mesencefalo). Anche
anomalie e malformazioni congenite ostruenti il quarto ventricolo possono causare l’idrocefalo
ipertensivo di tipo ostruttivo.
 Idrocefalo da mancato riassorbimento del liquor → è detto anche asesorptorio, si verifica
nei casi di compressione dei seni venosi da tumore intracranico, per aderenze meningitiche che
obliterano i villi aracnoidei o per impedimento toracico al drenaggio venoso.

IDROCEFALO NORMOTESO
Si verifica dopo emorragie subaracnoidee (per rottura di aneurisma o trauma cranico), dopo una meningite o
per polisaccaridosi.
L’aumento lento e progressivo della produzione di liquor è in questo caso in equilibrio con il suo
riassorbimento, cosi che la pressione dello stesso è di poco superiore alla norma: i ventricoli cerebrali sono
molto dilatati.
Si presenta con disturbi lentamente progressivi nella marcia, a volte cadute e instabilità, incontinenza
sfinterica e deterioramento cognitivo. Terapia con rachicentesi per drenaggio.

Idrocefalo ex vacuo → idrocefalo in cui non c’è un aumento assoluto del liquor, ma un suo aumento relativo,
perchè diminuisce il parenchima (idrocefalo normoteso). Per esempio, qualsiasi malattia neurodegenerativa,
o anche l’aterosclerosi, e in genere condizioni in cui il parenchima cerebrale è diminuito di volume, portano
ad un’espansione relativa degli altri compartimenti, in particolare del liquor.

MENINGITE
La meningite è un processo infiammatorio, generalmente di origine infettiva, che colpisce più
frequentemente le leptomeningi e il LCR all’interno dello spazio sub-aracnoideo.
Le pachimeningiti sono rare e si presentano come ascessi peridurali (tra dura e periostio) o empiemi
subdurali (tra dura e aracnoide).
La meningoencefalite si riferisce ad un’infiammazione delle meningi e del parenchima cerebrale, secondaria
a infezioni, o anche in risposta a irritanti di natura non batterica introdotti nello spazio subaracnoideo
(meningite chimica).
La meningite può essere:
1. Meningite Settica (batterica) → si ha liquor torbido per presenza dei m.o. e dei PMN. La
valutazione deve essere sia macro- che microscopica. Tra i batteri il più frequente è N. meningitidis,
poi S. pneumoniae, H. influenzae, E. coli K1, P. aeruginosa, S. aureus ecc... Tra i miceti Mucorales e
Candida albicans, tra i protozoi Acantameba e Naegleria Fowleri.
2. Meningite Asettica (virus, protozoi) → si ha liquor limpido e privo di cellule. Può anche essere
data da alcuni batteri (M. tuberculosis, Brucella, L. monocytogenes, Treponema, Clamidie e
Rickettsie). Tra i virus vi sono gli Enterovirus (Coxsackie, Echo, Polio), Virus della parotite, HSV-2,
CMV, EBV, VZV, Parvovirus B19. Tra i protozoi vi sono toxoplasma e tripanosomi.
Tra i miceti C. neoformans, Candida e Histoplasma capsulatum.

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La meningite in base al suo decorso può essere:
 Fulminante → evoluzione rapida, porta in poche ore a coma o shock; non si accompagna a
guarigione.
 Acuta → si ha nel giro di poche ore o giorni, ma si ha il tempo di intervenire.
 Subacuta → ha un decorso piu lento (piu di due settimane) e insidioso. Questa forma è di
particolare attenzione perchè spesso la sintomatologia puo essere sfumata e non indurre ad
un intervento immediato. (es bacillo tubercolare e miceti in pz immunocompromessi come
AIDS)
 Cronica → supera il mese di decorso. (sifilide, la Lyme disease, miceti, TBC, AIDS)
 Ricorrente → sono legate ad episodi che si ripetono anche a distanza, in genere espressioni
di malformazioni anatomiche o di difese immunologiche carenti (trauma cranico, pazienti
HIV+)
 Decapitata → forma di meningite il cui decorso è interrotto dal tempestivo intervento della
terapia antibiotica (non siamo in grado di definire l’agente eziologico).

MENINGITI INFETTIVE
La meningite è considerata una delle piu importanti urgenze in microbiologia, e la sua diagnosi andrebbe
orientata laboratoristicamente entro un’ora dal momento in cui il campione arriva in laboratorio, per poter
attuare una terapia mirata ed evitare reliquati e danni irreversibili (e talvolta anche la morte del paziente
stesso). Si distinguono in:
 Meningiti Primarie → in assenza di altre infezioni extracerebrali
 Meningiti Secondarie → l’infezione diffonde da foci infettivi vicini o distanti (tifo, TBC,
polmoniti).

Possono essere:
- Meningite acuta piogenica
- Meningite acuta asettica
- Meningoencefalite batterica cronica

MENINGITE PIOGENICA ACUTA


È causata da microrganismi specifici per vari gruppi di eta:

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L’introduzione della immunizzazione nei confronti dell’Haemophilus Influenzae ha marcatamente ridotto
l’incidenza di questa infezione nei paesi industrializzati, in particolare tra i neonati.

I segni sistemici di infezione sulla base dell’evidenza di irritazione meningea e di alterazione neurologica, tra
cui: emicrania, fotofobia, irritabilita, perdita di coscienza, rigidita nucale e LCR torbido.

Rachicentesi → LCD torbido o francamente purulento, con pressione aumentata, neutrofilia > 90.000
elementi/mm3, un’alta concentrazione di proteine e una marcata riduzione del contenuto di glucosio. I
batteri sono osservabili a un esame microscopico a fresco oppure possono essere messi in coltura.
Se non trattate queste patologie possono essere fatali, mentre un trattamento efficace con antibiotici
riduce notevolmente la mortalità.
Sindrome di Waterhouse-Friderichsen → è causata da setticemia associata a meningite con infarto
emorragico delle ghiandole surrenali e petecchie cutanee. Si verifica piu frequentemente con la meningite
pneumococcica e meningococcica.
Nei pazienti immunodepressi, la meningite purulenta può essere causata da altri microrganismi come la
Klebsiella o i microrganismi anaerobici, e può avere un decorso atipico con reperti del LCR non caratteristici
che rendono difficile la diagnosi tempestiva.

Morfologia → essudato nelle leptomeningi, sulla superficie cerebrale. I vasi meningei appaiono congesti e
prominenti. La distribuzione anatomica dell’essudato è variabile: basale (H. influenzae) e convessità del seno
sagittale (meningite pneumococcica). Strie suppurative seguono i vasi sanguigni sulla superficie cerebrale e
quando la meningite e fulminante la flogosi puo estendersi ai ventricoli (ventricolite).

Microscopia → i neutrofili riempiono l’intero spazio sub-aracnoideo e nei casi meno gravi, si riscontrano
maggiormente a livello dei vasi leptomeningei. Nella meningite fulminante, le cellule infiammatorie
infiltrano le pareti delle vene leptomeningee e possono estendersi localmente nel parenchima cerebrale
(encefaliti).
La flebite può portare all’occlusione e all’infarto emorragico del tessuto cerebrale sottostante. Una fibrosi
leptomeningea puo seguire una meningite piogenica e causare idrocefalo; in particolare nella meningite
pneumococcica, grosse quantita di polisaccaride capsulare del microrganismo producono un aspetto
gelatinoso che favorisce la fibrosi aracnoidea (aracnoidite cronica adesiva).

MENINGITE ACUTA ASETTICA


È un termine clinico che si applica a una situazione caratterizzata dall’assenza di microrganismi in coltura
batterica, in un paziente che manifesti segni di meningite.
Nell’80% dei casi ha eziologia di enterovirus, ma può essere di origine batterica, autoimmune o da Rickettsie.
Il decorso clinico è meno fulminante e anche i reperti liquorali sono diversi.

Liquor → LCR sterile, pleiocitosi linfocitaria, aumento delle proteine moderato e glucosio nella norma.
Sono generalmente ben tollerate, autolimitanti e si curano soltanto da un punto di visto sintomatico. Si

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può verificare anche un quadro simile a meningite asettica anche in seguito a rottura di cisti epidermoide
nello spazio sub aracnoideo.

MENINGOENCEFALITE BATTERICA CRONICA


L’infezione batterica cronica delle meningi e del cervello può essere causata da Mycobacterium tuberculosis,
Treponema pallidum e Borrellia.
Il tipo più comune di interessamento tubercolare è la meningoencefalite diffusa. Lo spazio sub-aracnoideo è
caratterizzato da un essudato gelatinoso o fibrinoso, che interessa caratteristicamente la base encefalica,
obliterale cisterne e circonda i nervi cranici.

Microscopia →sono presenti granulomi o aree con infiltrati cellulari infiammatori.

Sintomi → vomito, cefalea, malessere, confusione mentale. Le complicanze sono: fibrosi che porta a
idrocefalo ostruttivo, arterite obliterante e compressione delle radici spinali.

Neurosifilide → manifestazione dello stadio terziario della sifilide e colpisce solo il 10% circa dei pz
con infezione non trattata. Esiste pure la tabe dorsale e la neuro sifilide paretica.

Neurosifilide meningovascolare → meningite cronica che interessa la base del cervello e in maniera
più variabile le convessita cerebrali e le leptomeningi midollari. Inoltre, può comparire un’endoarterite
obliterante concomitante (arterite di Heubner), accompagnata da una caratteristica reazione infiammatoria
perivascolare , ricca di plasmacellule e linfociti.
Possono essere presente nelle meningi le gomme cerebrali (lesioni ricche di plasmacellule con effetto massa).

Neuroborrelliosi (malattia di Lyme) → coinvolgimento del SNC, causata da spirocheta Borrellia


Burgdorferi.

ASCESSO CEREBRALE
Focolaio localizzato di necrosi del tessuto cerebrale, associato a infiammazione, di solito causato da
infezione batterica.
Esso si verifica o per impianto diretto di microrganismi, estensione locale dai focolai adiacenti (mastoidite,
sinusite paranasale) o per diffusione ematogena proveniente dal cuore, polmoni, ossa, estrazione dentaria
(endocardite batterica, cardiopatie congenite).

Morfologia→ lesioni ben definite con necrosi colliquativa circondate da edema cerebrale, con tessuto di
granulazione e neovascolarizzazione sul margine esterno. Successivamente i fibroblasti producono una
capsula di collagene ed esternamente una gliosi reattiva.

LCR→ conta leucocitaria aumentata, aumentata concentrazione proteica, livelli di glucosio normali. Con
la terapia chirurgica e il trattamento antibiotico la percentuale di mortalità, altrimenti molto elevata, può
essere ridotta al di sotto del 10%.

EMPIEMA SUBDURALE
Le infezioni batteriche o raramente quelle micotiche delle ossa del cranio o dei seni paranasali possono
anche diffondersi allo spazio subdurale e causare un empiema subdurale, mentre l’aracnoide e lo spazio sub
aracnoideo sottostanti normalmente non sono interessanti.
Si presenta con febbre, cefalea, rigidita nucale. Il profilo del LCR, e simile a quello degli ascessi cerebrali.
Si tratta con drenaggio chirurgico.

ASCESSO EXTRADURALE
Comunemente associato all’osteomielite, origina spesso da un focolaio di infezione adiacenti, come una
sinusite, o in seguito a una manovra chirurgica.
Quando il problema si verifica nello spazio epidurale spinale, si può avere la compressione del midollo,
evento che configura un’emergenza neurochirurgica.
22
PATOLOGIE MIELINICHE
Le patologie mieliniche interessano in prima istanza la mielina con o senza danno neuronale secondario
associato. Possono essere suddivise in due categorie: congenite e acquisite.
- Congenite (Dismielinizzanti o Leucodistrofie) → la mielina non si forma. Sono spesso legate ad
errori del metabolismo, e risultano essere di natura congenita, tipiche dell’età pediatrica (neuropatie
periferiche pediatriche).
- Demielinizzanti → patologie che compaiono tardivamente. La mielina si forma ma viene distrutta e
possono avere eziologia idiopatica o autoimmune. Venivano, prima, annoverate tra le patologie
neurodegenerative, in quanto la fase finale coincideva con una neurodegenerazione, con atrofia
cerebrale. Ad oggi vengono annoverate tra le patologie autoimmuni, con un problema alla base di
natura flogistica.

PATOLOGIE DEMIELINIZZANTI
Il concetto di neurodegenerazione, che viene generalmente individuata come la fase finale del processo, oggi
non è piu cosi scontato, grazie alla messa a punto di nuove terapie che vanno a contrastare il processo
flogistico.
Quindi è cambiato il modo di vedere, diagnosticare e trattare la patologia demielinizzante.
Il presupposto delle patologie demielinizzanti è che cio che viene intaccato è la mielina(gli oligodendrociti),
mentre l’assone, per definizione, in una prima fase è integro.
Il fatto che si tratti di una patologia su base flogistica, viene confermato dalla presenza di un edema
imponente che rende la lesione, nelle fasi acute, una lesione che occupa spazio, e questo è un elemento
importante ai fini della diagnosi differenziale. La mielina viene distrutta e si rigonfia, i detriti vengono
fagocitati dalle cellule della microglia e dai monociti reclutati dal sangue.
A questo punto c’è un tentativo di riparazione, di natura astrogliale, a protezione del cilindrasse, messo
in opera appunto dall'astroglia. A questa fase, nei soggetti immunocompetenti, segue un processo di
rimielinizzazione. Dunque:
1. Danno primitivo a carico della mielina → il cilindrasse e integro.
2. Fase infiammatoria acuta → edema, si comporta come lesione occupante spazio (diagnosi
differenziale con le neoplasie).
3. Digestione della mielina e tentativo di riparazione.
4.

Sezione coronale di encefalo


fresco → Si tratta di un
encefalo edematoso, si nota
l’asimmetria dei ventricoli
(dilatazione dei ventricoli) e
riduzione di parenchima,
modifica morfologica tipica
dell’encefalo demielinizzato.

23
Le patologie sono:
 Sclerosi multipla e sue varianti (SM, solo in seguito riconosciuta come patologia
infiammatoria)
 Encefalomielite acuta disseminata (ADEM, considerata variante della SM)
 Leucoencefalopatia acuta emorragica (tipica dei bambini e presentante lesioni emorragiche
anulari)
 Leucoencefalopatia multifocale progressiva (su base virale che riguarda gli immunodepressi)

SCLEROSI MULTIPLA E SUE VARIANTI


Fino a 30 anni fa era considerata una malattia neurodegenerativa per il deficit neurologico associato
all’aspetto istologico a placche, tuttavia, oggi è definibile come malattia autoimmune, infiammatoria,
demielinizzante e degenerativa (nella sua fase finale) del SNC.
È una patologia che, nella maggior parte dei casi, segue un andamento classico (a ondate), ma non sempre il
decorso è uguale, perchè vi sono una serie di varianti della patologia. Queste varianti sono identificate in tal
modo:
 Relapsing-Remitting MS (RRMS) → sintomatologia neurologica con pieno o parziale
recupero, mancata progressione tra le recidive. Man mano che ci sono gli intervalli, infatti, non
saranno presenti recidive su recidive. Non c'è una significativa progressione.
Questa tipologia rappresenta l'85% di diagnosi di sclerosi multipla e ha esordio giovanile.
Questa malattia si caratterizza per l’alternanza clinica di acuzie e remissioni, in relazione
all’attivita del sistema immunitario, pertanto è stata definita “a ondate” (a poussees) o, meglio
ancora, Relapsing-Remitting.
Il 50% dei pazienti evolve in secondary progressive (SPMS).
 Primary-Progressive MS (PPMS) → presuppone un sistema immunitario meno reattivo e
un'evolutività molto maggiore verso la fase neurodegenerativa, ed eventualmente anche la
morte. Questo avviene perche manca la fase di remissione.
Interessa il 10-15% dei pazienti.
 Secondary-Progressive MS (SPMS) → si innesca sulla Relapsing-Remitting. Sui pazienti che
sperimentavano periodi di recidiva-remissione si presentava, a un certo punto, una fase di
progressivita, per cui divenivano sempre piu frequenti le fasi di recidiva e sempre meno
frequenti e più brevi le remissioni.
 Progressive-Relapsing MS (PRMS) → è la forma piu rara, c'è una patologia progressiva
dall'esordio e, di fatto, ci sono anche recidive e remissioni, ma ogni recidiva progredisce,
contrariamente a quanto avviene nelle tipologie prima elencate (la prima in particolare).

La sclerosi multipla è maggiormente diffusa nei paesi industrializzati, quali Europa, Australia e Nord
America.

Eziopatogenesi
Nei parenti di primo grado c’è un rischio maggiore del 10-12%, cosi come nei gemelli monozigoti (25%)
rispetto ai dizigoti (10%). Cntribuiscono:
- Fattori ambientali (vit. D e EBV, rosolia, adenovirus, retrovirus, herpes, tossine batteriche,
clamidie etc)
- Fattori genetici (HLA-DRW2, HLA-B7, HLA-DQ6, A3, polimorfismi geni per IL-2R e per IL-7R,
CXCR5, IL-12A, IL12beta, TNF-alfa)
- Fattori immunologici (titoli elevati Ab anti-morbillo o anti-antigeni sostanza bianca)

Esistono le forme di natura autoimmunitaria legate al mimetismo molecolare. La risposta immunitaria viene
innescata da un antigene esterno che, per omologia di epiteti e di sequenza, trova come bersaglio un antigene
self espresso dalla mielina:
- proteina basica della mielina
- proteina proteolipidica
- glicoproteina degli oligodendrociti

24
- glicoproteina associata alla mielina

I citotipi immunitari implicati sono gli helper, ed in particolare i Th1 e Th17, i primi perche sono quelli che
stimolano, tramite la produzione di INF-gamma, il reclutamento dei macrofagi, mentre i secondi sono
protagonisti del reclutamento leucocitario.
Si è visto anche che c’è un deficit di T-reg e, inoltre, dal 2014 si stanno studiando le implicazioni dei NK.

In realtà l'identificazione del ruolo degli helper ha portato allo studio, sul fronte terapeutico, di meccanismi
di inibizione di risposta T cellulare e quindi al controllo degli oligocloni (delle bande oligoclonali).
Le azioni delle cellule immuni interferiscono con le MFKB, cioè con tutte le vie implicate nella trasduzione
del segnale (STAT3).
Gli attori del processo, oltre ai linfociti, sono i mastociti.
L'assone fino ad un certo punto è rivestito di mielina, poi viene in qualche modo esposto, la mielina è
danneggiata, e vi è un tentativo dell'astroglia di cicatrizzare.

Fisiopatologia
Essendo una patologia infiammatoria, si vede un infiltrato leucocitario e macrofagico perivascolare che
forma un manicotto attorno ai vasi (negli spazi di Virchow-Robin).
Il danno infiammatorio porta all’interruzione della barriera ematoencefalica con accumulo proteine sieriche e
distruzione della mielina.
L’assone perde la mielina e, di conseguenza, anche la capacita di conduzione saltatoria dell’impulso: questo
procedera punto-punto e la velocita di conduzione si riduce notevolmente.

Caratteristiche cliniche
L’esordio si ha tra i 20-40 anni con prevalenza per il sesso femminile. Classici sono i sintomi "temporo-
spaziali" (sensoriali, motori, visivi) legati ad alterata conduzione, per mancata integrita della mielina: lo
stimolo viene correttamente generato a livello sinaptico, ma condotto in maniera anomala e disfunzionale.
Nel momento in cui si ripristina la mielina, anche la conduzione viene ripristinata (remissione).
La durata della malattia è variabile:
- Malattia cronica (dura anni) "a poussees" o “a ondate” (RR) o progressiva (SP)
- Malattia direttamente progressiva (PP)
La sopravvivenza media è di 13-20 anni.
Questo dato fa riferimento alla forma naturale (classica) della malattia, ed è avulsa dal riferimento alle
sopravvivenze legate ai trattamenti.

Caratteristiche anatomopatologiche
Nei pazienti immunologicamente competenti vi è l’alternanza di fasi di demielinizzazione e
rimielinizzazione che ha un corrispettivo clinico, ovvero, l’alternanza delle acuzie con le remissioni.
Nella fase acuta, trattandosi di una flogosi, si ha un infiltrato flogistico e un edema di accompagnamento che
può portare a sofferenze di natura compressiva.
Il reperto caratteristico sono le placche, ovvero, zona di perdita di sostanza variabili per numero, forma,
distribuzione e dimensione. Da notare che la placca, in tale patologia, non è un qualcosa che si sovrappone
ma è una perdita di sostanza a margini netti. Si nota anche, nelle fasi avanzate, un tentativo di riparazione
(gliosi).
Si ha dunque:
- Infiltrato flogistico
- Demielinizzazione
- Placche
- Edema
- Gliosi

1. Fase flogistica (placche attive) → sono lesioni ipercellulari ricche in linfociti


(prevalentemente Th nelle lesioni recenti, poi cominciano a diminuire a favore dei T-
suppressor nelle lesioni antiche), aumenta il rapporto Th4/Th8. Si vedono i macrofagi
schiumosi (fagocitano la mielina ricca in lipidi). Rari gli astrociti, assone integro. L’area

25
demielinizzata si vede che è una zona fortemente attiva, perchè vi sono numerose cellule
quali granulociti, istiociti (si dispongono a livello perivascolare).
L’ipercellularita della placca si vede colorando con ematossilina-eosina (zone distrutte e
zone sane).
Meglio ancora è la colorazione Luxol (colorazione istochimica), secondo la quale tutto il
tessuto mielinizzato si vede in azzurro, mentre la parte demielinizzata non si colora e ha il
criterio di placca (andamento rotondeggiante con margini netti).

2. Fase delle placche inattive → Man mano che si va avanti ci si avvia verso una
cronicizzazione: si spegne la flogosi, si riduce tutta la quota cellulare e l'assone scoperto
vede un tentativo di riparazione da parte dell'astroglia, mentre ancora non è iniziata la
rimielinizzazione. L'assone a questo punto è ridotto di calibro perche la
mielina(oligodendrociti) ha anche una funzione trofica.
È vero quindi che l'assone non è danneggiato in prima battuta, ma risente di una mancata
azione trofica che l'astroglia, pur riparando e cicatrizzando, non è in grado di vicariare.
Dunque, la fase di placca inattiva si caratterizza per: gliosi reattiva, pochi oligodendrociti e
assone ridotto di calibro (mancato trofismo).
3. Fase delle placche silenti (4-8sett) → si formano dopo le placche inattive e si vedono con
difficolta perchè si è riformata la mielina, ma è una mielina piu giovane. Quindi la fase delle
placche ombra (nomenclatura morfologica) corrisponde con la ricomparsa degli
oligodendrociti (con conseguente ricostituzione della funzione trofica) e la remissione.
Avviene dopo settimane e si caratterizza per: rimielinizzazione e ricomparsa oligodendrociti.

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Diagnosi della sclerosi multipla
 Risonanza magnetica: mette in evidenza zone aumentate di consistenza ed edematose
 Elettroforesi liquor: gamma-globuline e comparsa bande oligoclonali B (costituite da IgG
all’80-90%)
 Diagnosi differenziale tramite RM e TAC tra fasi di acuzie e processi occupanti spazio

Se si parte dalla clinica, nel momento in cui vi sono episodi clinici ripetuti, intervallati da un periodo di
remissione, la diagnosi, gia clinicamente, bypassando qualsiasi ipotesi diagnostica (RM e liquor), è certa.
Nel momento in cui c'è un solo episodio tipico e poi una fase di remissione prolungata la RM diventa
diagnostica a sua volta. In quei casi che sono Primary-Progressive, in cui la clinica progressivamente
incrementa, subentra la RM, anche in altre parti del corpo, oltre che la valutazione del liquor.
La clinica nei casi classici è quindi estremamente diagnostica, mentre nei quadri meno tipici o atipici la
diagnosi viaggia attraverso altre metodiche.

SM VARIANTE CLASSICA (Charcot-Type) → caratterizzata da placche variabili a distribuzione


asimmetrica. Le placche sono variabili per aspetto: coesistono placche antiche, recenti, attive e inattive
poichè insorgono in età diverse. Le zone maggiormente piu colpite sono: giunzione sostanza grigia/bianca,
cervelletto e peduncoli cerebrali. Può estendersi al tronco cerebrale e al midollo.
I sintomi sono temporo-spaziali e, col progredire della patologia, si assiste a neurodegenerazione con
riduzione delle circonvoluzioni. Diagnosi differenziale con la sindrome di Marchiafava-Bignani.

SM VARIANTE FULMINANTE (Morbo di Marburg) → Decorso monofasico rapido ed exitus entro un


anno nelle forme non trattate. Colpisce bambini e giovani adulti. Si caratterizza per placche attive con
infiltrato perivascolare: sono soggetti che, spesso, non hanno un sistema immunitario estremamente forte e
competente, per cui la progressività aumenta.
Quindi nei soggetti con un sistema immunitario incompetente, una volta che la patologia si sviluppa, essi non
saranno in grado di risolvere la flogosi cronicizzando e andando in remissione (decorso iperacuto). Le
placche hanno margini distinti ed è presente edema (diagnosi differenziale con neoplasie).
NEUROMIELITE OTTICA (M. di Devic) → è una variante topograficamente mirata al nervo ottico
(problemi del visus), il midollo allungato (bulbo) e il midollo spinale. Si presenta neurite ottica e mielite
trasversa acuta (disturbi del visus, paraplegia e perdita di sensibilita). 1/3 regressione o exitus in fase
acuta o sopravvivenza per anni: nella maggior parte dei casi si parla di una Relapsing-Remitting, ci può
essere una percentuale di Primary Progressive.
Perdita della mielina a livello del nervo ottico.

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SCLEROSI CONCENTRICA DI BALÒ → Decorso monofasico e rapidamente progressivo che porta
all’exitus. Multiple placche attive (a tronco d'albero) con necrosi centrale e alternanza di strati
demielinizzanti e mielinizzanti. È una variante estremamente rara.

LEUCOENCEFALOPATIA MULTIFOCALE PROGRESSIVA


È una patologia multifocale che riguarda la sostanza bianca, prevede una distruzione molteplice, ha una fase
di progressione che si conclude con l'exitus.
È una patologia che interessa gli oligodendrociti ed è su base virale per infezione da Polyomavirus,
principalmente sierotipi JC e BK.
Si manifesta nei soggetti immunodepressi (AIDS, neoplasie, trapiantati), infatti, il BK virus provoca
infezioni opportunistiche nei defedati. Può anche essere dovuta alla re-infezione da virus latente, infatti,
l’infezione è asintomatica poichè tali virus si localizzano nei nuclei degli oligodendrociti causando
demielinizzazione; si assiste al reclutamento macrofagico non flogistico al fine di rimuovere i resti della
mielina (si formano macrofagi schiumosi).
Le cellule possono morire o per l’effetto citopatico del virus o a causa della risposta(Linfociti T citotossici).
È una patologia neurodegenerativa galoppante (atassia e demenza) e puo portare all’exitus in 6 mesi.

La sostanza bianca appare scolorita e sono presenti focolai multipli, confluenti con necrosi

Papovavirus → provocano infezione perchè hanno un tropismo per gli oligodendrociti, ed effetto citopatico
nei confronti degli stessi.
La patologia si caratterizza per uno scoloramento della sostanza bianca maggiore rispetto alla sostanza grigia.
Si vedono multipli focolai confluenti con necrosi centrale colliquativa.
Caratteristiche anatomopatologiche → all’ematossilina si evidenziano inclusioni citoplasmatiche
negli oligodendrociti che sono appunto i virus. Si puo anche usare la reazione immunoistochimica con
Ab-antivirus. Si notano segni di demielinizzazione, macrofagi schiumosi, scarsi infiltrati perivascolari
(permette la DD con sclerosi multipla) ma c’è una gliosi astrocitaria.

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PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE
Accomunate dalla perdita di sostanza(e di funzione) delle diverse componenti del SNC. La caratteristica di
queste patologie è la degenerazione del neurone in assenza di flogosi.
Sono patologie più o meno irreversibili con decorso variabile.
Si possono suddividere nel seguente modo:
1. Disordini del movimento (sono colpiti i motoneuroni, es. SLA)
2. Disordini cognitivi (coinvolge sfera cognitiva, es demenze)
3. Misti
Il quadro clinico delle diverse malattie è in correlazione diretta con la sede della lesione. Quando si parla di
demenze, si parla sempre di disordini di tipo cognitivo proprio perchè è l'aspetto cognitivo ad essere
interessato.

MECCANISMI DI DEGENERAZIONE NEURONALE (non c’è flogosi)


- Accumulo di proteine intracellulari (corpi di inclusione) ed extracellulari
- Eccitotossicità
- Apoptosi neuronale accelerata
- Pathway citochinici
- Fattori genetici

1. Accumulo di proteine
Originano da proteine del citoscheletro (o correlate) e sono modificate per varie cause, ad esempio patterns
anomali di fosforilazione della proteina (es proteina prionica).
La modificazione della proteina, che cambia la sua conformazione, comporta una precipitazione: si pensava
ad un qualcosa che viene indotto e che può essere veicolato e trasmesso, pero le malattie neurodegenerative
non sono malattie trasmissibili.
Morbo di Creutzfeldt-Jakob → la proteina prionica è normalmente presente nel citoscheletro ma modificata
assume struttura a β-foglietto e viene resa insolubile e precipita. Determina l’encefalopatia spongiforme
(rara) e si trasmette per via alimentare (nel cibo è contenuto il prione).
L’accumulo di proteine intracellulari consiste nell’accumulo della proteina in eccesso, che non può essere
smaltita, precipita e distrugge il neurone. Questo non si rigenera e, moltiplicando il tutto per l'estensione
della lesione, abbiamo la base anatomica della malattia.
Se le proteine precipitano, e sono visibili, formeranno corpi di inclusione in sede intracellulare (es. tangles
dell’Alzheimer). Con l’impregnazione argentica si possono vedere le placche amiloidi extracellulari come
aree marroni.

2. Eccitotossicità
È dovuta all’eccessiva stimolazione del neurone da parte del glutammato: la sensibilità del neurone a questo
tipo di danno dipende dal numero di recettori per il neurotrasmettitore. Il glutammato in eccesso determina

29
l’entrata degli ioni calcio nel citoplasma neuronale e l’espressione di geni pro-apoptotici (c-fos, c-jun, jun-A
e jun-B). lI danno iniziale è il rigonfiamento dei dendriti ma, se l’insulto persiste, si può arrivare alla morte
neuronale per apoptosi.

3. Induzione dell'apoptosi
L’apoptosi viene indotta da diversi stimoli come eccitotossicita, deprivazione dei fattori di crescita
neurotrofici, tossicita di citochine locali, effetti tossici di accumuli proteici. Diminuendo metabolismo,
aumenta l’espressione di geni precoci e si ha la sintesi di endonucleasi che frammentano il nucleo.
Il nucleo frammentato viene fagocitato e la cellula scompare.

4. Ruolo delle citochine


Pathway correlati a disfunzione neuronale e morte: TNF-alfa, IL-1, IL-4, IL-7, IFN etc.

5. Fattori genetici
Le mutazioni possono essere di un singolo gene, oppure possono esserci espansioni di triplette come
nell'Huntington, questo però è un meccanismo di mutazione meno comune.

Età e neurodegenrazione
Declino dei meccanismi metabolici + Danno cumulativo da esposizione a fattori ambientali =
- Riduzione efficienza meccanismi proteolitici (accumulo proteine e precipitazione)
- Diminuzione dei fattori trofici neuronali
- Danno ossidativo di mitocondri e proteine citoplasmatiche
- Scatenamento inappropriato di apoptosi

DISORDINI DEL MOVIMENTO


I disturbi del movimento possono interessare il movimento volontario e anche la sfera del movimento
involontario.
Disordini del movimento volontario → vengono interessati i motoneuroni (es SLA)
Disordini del movimento involontario → coinvolgimento del cervelletto e gangli della base. I disordini che
interessano i gangli della base vengono detti extrapiramidali (es. sostanza nigra nel Parkinson).
Sintomi sono l'acinesia e la rigidita, si tratta di elementi tipici del Parkinson: acinesia, amimia, che si
associano al tremore, all'andatura festinante. C'è un eccesso di involontarietà, una perdita di controllo.
Un altro esempio di disordine del movimento, questa volta di tipo ipercinetico, è dato dalla Corea di
Hungtinton (ipercinesia incontrollata).

MALATTIA DEGENERATIVA DEI NUCLEI DELLA BASE E DEL TRONCO


ENCEFALICO
- Parkinson idiopatico
- Paralisi sopranucleare progressiva (PSP)
- Degenerazione corticobasale Forme correlate al Parkinson
- Degenerazione nigrostriatale

Tutte queste sopraelencate sono malattie caratterizzate da parkinsonismo, ovvero, sindrome clinica
conseguente all’interessamento della sfera extrapiramidale, con perdita dell’inibizione e del controllo e i
sintomi che ne vengono fuori sono: facies inespressiva, posizione immobile e rigida del corpo, lentezza nei

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movimenti volontari, andatura festinante, tremore a riposo (“a contar moneta” dalle mani) e bradicinesia.

Per quanto riguarda la patogenesi, sono implicati fattori esogeni (farmaci e tossine) e il danno alla via
nigrostriatale (dopaminergica).
Per capire la patogenesi del Parkinson bisogna spiegare le vie dei nuclei della base: diretta, indiretta e nigro-
striatale.

Via diretta → il neostriato (nucleo caudato e putamen) riceve fibre efferenti glutammatergiche dalla
corteccia che eccitano il neostriato stesso.
Dal neostriato di dipartono fibre inibitorie (GABA e sostanza P) che vanno verso il segmento interno del
Globo pallido e verso la pars reticulata della sostanza nera.
Dal segmento interno del pallido e dalla pars reticolata della sostanza nera si diparte una efferenza inibitoria
(GABA) nei confronti del talamo che, a sua volta, manda un’efferenza eccitatoria alla corteccia motrice
supplementare. Dunque, la via diretta è una via eccitatoria che facilita il movimento (via facilitante),
perchè la corteccia eccita l’efferenza inibitoria del neostriato che inibisce il segmento interno del pallido e la
pars reticolata della sostanza nera.
Queste strutture inibite, non possono esercitare la loro efferenza inibitoria sul talamo che, svincolatosi, può
effettuare la sua azione facilitante sulla corteccia.
Via indiretta → dalla corteccia parte una efferenza glutammatergica (eccitatoria) verso il neostriato
(inibitore). Il neostriato eccitato dalla corteccia va ad inibire (encefalina e GABA) il segmento esterno del
pallido che, a sua volta, e una struttura che inibisce il nucleo subtalamico di Luys (unico nucleo eccitatorio
nel sistema nuclei della base). Il risultato dell’inibizione (dal neostriato) di una inibizione (quella del pallido
esterno) risulta una facilitazione del nucleo di Luys.
Il nucleo di Luys quindi eccita a tutto spiano il pallido interno che è un nucleo inibente sul talamo: il risultato
dell’eccitazione di una inibizione è il potenziamento dell’inibizione che il pallido interno esercita sul
talamo. Dunque, la via indiretta è una via che inibisce il movimento.
Via nigro-striatale → è composta da fasci che dalla pars compacta della substantia nigra arrivano al
neostriato. La via diretta e, in particolare, la via di proiezione verso il globo pallido interno è ricca di
recettori D1, mentre la via indiretta è ricca di recettori D2 della dopamina.
La sostanza nera tramite i recettori D1 potenzia l’attivita di facilitazione dei neuroni talamici, poichè facilita
l’inibizione del pallido interno e libera il talamo dall’inibizione. Sulla via indiretta i recettori D2 sono posti
in abbondanza sulla via di uscita dal globo pallido esterno e, quindi, la loro stimolazione porta all’inibizione

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del nucleo di Luys che, di conseguenza, eccitera meno il globo pallido interno, riducendo cosi l’inibizione
talamica.
I recettori D1 sono stimolatori, mentre i recettori D2 sono inibenti ma, agendo su entrambe le vie (diretta e
indiretta), la via nigro-striatale porta ad una facilitazione del movimento.

PARKINSON IDIOPATICO
È una patologia che interessa l’età avanzata con prevalenza di 1-2/1000 soggetti, eziologia ignota e
frequenza simile in uomini e donne. Si trasmette con modalità autosomica dominante.
Droghe → anni fa vi furono alcuni casi di Parkinson irreversibile dovuti all’abuso di droghe mal
tagliate con una sostanza chiamata MTTP che produceva, nel SNC, una tossina neurotossica per i
neuroni dopaminergici della pars compatta.

Il danno è a livello della produzione di dopamina, ovvero si ha un deficit di produzione dopaminergica


della substantia nigra sui neuroni D1 dello striato. Questo causa, a sua volta, una riduzione dell’inibizione
GABAergica sui globus pallidus interno e sulla substantia nigra reticulata che, non essendo inibiti
adeguatamente, essi sono liberi di inibire il talamo che quindi non riuscirà a produrre il glutammato,
necessario all’attivazione della corteccia motrice.
Il risultato sara un’inibizione della via diretta e un effetto inibente il movimento: ci saranno movimenti
involontari e perdita degli stessi.
Ci sara anche un danno sui recettori D2 con effetto di mal-controllo e inibizione dei movimenti.
La morte cellulare avviene per eccitotossicità che scatena in modo inappropriato l’apoptosi e l’autofagia.
Questo meccanismo induce un interessamento citochinico e, quindi, la presenza di processi
neuroinfiammatori (infiammazione assente nella malattia dei prioni).

Si determinano anche
- Alterato controllo di qualita delle proteine
- Stress ossidativo e disfunzione mitocondriale
- Attivita chinasica alterata
Ad oggi, bisogna ancora capire se le alterazioni di questi pathway provocano entita differenti di malattia di
Parkinson o se convergono verso un’alterazione unica che rappresenta il comune denominatore patogenetico
della malattia di Parkinson.

Caratteristiche anatomopatologiche
Si nota lo scolorimento (pallore) della sostanza nera e del locus coeruleus, infatti, la degenerazione non
coinvolge solamente il sistema nuclei della base ma vengono alterati anche i nuclei del rafe, il nucleo motore
del vago e lo stesso locus coeruleus. Si ha:
- Perdita dei neuroni pigmentati catecolaminergici (locus coeruleus e pars compacta della sostanza
nera);

32
- Gliosi reattiva;
- Corpi di Lewy dati dalla precipitazione dell’α-sinucleina (N. della base, midollo spinale e corteccia);
- Corpi di Lewy corticali.
Pallore di Substantia Nigra e
Locus Coeruleus

Corpi di Lewy

Con l’ematossilina-eosina alcuni neuroni in degenerazione si possono vedere con aspetto bolloniforme e con
la presenza di inclusi citoplasmatici.
L’α-sinucleina si colora in marrone con preparati immunoistochimici (vedi sotto).

Clinica e terapia
I tre sintomi tipici del Parkinson sono:
1. tremore a riposo (a bassa frequenza)
2. rigidità (articolazione si muove a scatti, a troclea dentata)
3. acinesia.

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Altri sintomi sono l’andatura a piccoli passi, amimia, postura in flessione, riduzione della rima palpebrale e
compromissione della sinergia cerebellare.
Il soggetto con Parkinson è molto lento ad iniziare i movimenti (bradicinesia) però, se aiutato, non ha
difficolta ad iniziare il movimento.
Emiparkinson → quando un insulto (es. emorragia) ha danneggiato solo la sostanza nera omolaterale e
il tremore si ha solamente da un lato.

La terapia farmacologica si basa su agonisti dopaminergici per compensare l’assenza del neurotrasmettitore.
Non possiamo somministrarla direttamente poichè non passa la BEE, quindi diamo L-DOPA, precursore
della dopamina che attraversa la BEE e viene convertita dagli enzimi del SNC in dopamina.
Altra soluzione è la DBS (Deep Brain Stimulation) che va a stimolare il nucleo di Luys, inibendolo, oppure
si inibiscono il pallido esterno, interno e la sostanza nera reticolata.

DISORDINI IPERCINETICI
- Malattia di Huntington
- Ballismo/emiballismo
- Mioclono

MALATTIA DI HUNTINGTON
È sempre una malattia neurodegenerativa, in cui si ha la perdita del controllo inibitorio. La corteccia quindi
non viene più inibita e il paziente andra incontro ad una sindrome ipercinetica con movimenti incontrollati.
È una malattia che si trasmette in modalità autosomica dominante, insorge nella 4-5 decade di vita con
frequenza di 10/100.000.
Ha una durata di circa 15 anni (nella forma precoce si può avere anche un decorso di 8 anni), ma assume
significati completamente diversi se la patologia si presenta in un paziente di 70 anni o di 40 anni.

Patogenesi
La degenerazione colpisce i neuroni del nucleo striato. In questo modo viene meno l’effetto inibitorio sul
globus pallidus esterno, che sarà cosi in grado di inibire il nucleo subtalamico.
Quest’ultimo, poichè inibito, non potrà attivare l’inibizione del globus pallidus interno e della substantia
nigra reticulata sul talamo. Ne consegue che il talamo sarà privo di qualsiasi controllo inibitorio e potrà
esplicare la sua azione eccitatoria sulla corteccia.
Tale patologia riconosce causa genetica, è infatti presente una mutazione del gene MH, sito nel cromosoma 4.
Il gene fisiologicamente è caratterizzato dalla ripetizione di triplette CAG e codifica per l’Huntingtina. La
differenza tra una condizione fisiologica e patologica risiede appunto sul grado di espansione delle triplette
che: sono da 9-36 nel gene normale, invece sono 37-100 nel gene patologico.
Si ritiene che l’espansione patologica avvenga durante la spermatogenesi, il che significa che l’espansione
viene trasmessa in modo ereditario. L’ereditarietà giustifica l’insorgenza precoce rispetto alle altre malattia
neurodegenerative

Anatomia patologica
Macroscopicamente, si notano i ventricoli dilatati con idrocefalo ex vacuo, oltre alla presenza di nucleo
caudato e putamen atrofici; si vede anche l’atrofia secondaria del globo pallido. Microscopicamente si vede
la perdita dei neuroni spinosi dello striato e una gliosi fibrillare bizzarra.

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Caratteristiche cliniche
La sintomatologia tipica è quella coreoateosica: movimenti irregolari, rapidi, a scatti, degli arti come quelli
di una ballerina (corea), associati al movimento sinuoso di torsione dei muscoli distali (ateosi).
Sintomi motori → disturbi di tipo coreiforme, movimenti volontari a scatto, movimenti similcontorsionali
alle estremità, deambulazione danzante.
Sintomi cognitivi → è tardiva per l’interessamento encefalico ampio. Disattenzione, disordini dell’ideazione
e dell’affettività, alterazioni delle capacità di giudizio per coinvolgimento del lobo frontale, alterazioni di
eseguire attività mirata. Alterazioni dell’articolazione del linguaggio e progressione verso la demenza.

Esiste anche una forma acinetico-rigida (poco frequente), caratterizzata da rigidità, atassie, crisi convulsive e
declino cognitivo.

MALATTIE DEI MOTONEURONI


Sono malattie degenerative che interessano i motoneuroni. La degenerazione puo interessare i motoneuroni
centrali (protoneurone) o i motoneuroni secondari. Le zone più colpite sono:
- Motoneuroni superiori (cellule di Betz)
- Neuroni motori inferiori dei nuclei dei nervi cranici V-VII-IX-XII;
- Neuroni motori inferiori delle corna anteriori del midollo spinale.

Perdita centrale del primo motoneurone → viene meno il controllo inibitorio della corteccia sui nuclei
troncoencefalici. Si avrà una paralisi spastica poiche si amplifichera l’effetto del secondo motoneurone;
Perdita del secondo motoneurone → ci sarà una totale denervazione muscolare con paralisi flaccida, con
atrofia e debolezza.
Sono malattie che possono interessare ogni età, hanno decorso variabile e si caratterizzano per:
- Denervazione muscolare con atrofia, debolezza e fascicolazioni.
- Paresi
- Spasticità
- Riflesso estensorio plantare di Babinski

Classificazione
-Sclerosi laterale amiotrofica (SLA)
-Sindrome di Kennedy (atrofia muscolare bulbo-spinale)
-Atrofia muscolare spinale (forma localizzata)

SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA)


La sclerosi laterale amiotrofica nota anche come Malattia di Lou Gehrig è caratterizzata dal punto di vista
epidemiologico da una maggiore frequenza nei maschi rispetto alle femmine, interesse soprattutto dei
pazienti dalla V decade in poi, e una sopravvivenza media di 3-5 anni.
Interessa 1-3/100.000 persone, circa 500/anno negli USA: 90% dei casi sono sporadici, mentre il 10-15% dei
casi sono ereditari (autosomica dominante).
È una patologia a decorso veloce poichè la progressiva diffusione dell’inattivazione motoria coinvolgerà
prima o poi anche funzioni vitali.
Si ha un coinvolgimento della muscolatura volontaria ma non della sfera cognitiva.

Eziopatogenesi
È multifattoriale: genetica, virale (scatenante?), immune, neurotossica.
- Neurotossica → eccessivo ingresso di calcio e glutammato con morte cellulare per eccitotossicita.
Metalli, sostanze chimiche e dopanti, sostanze alimentari.
- Genetica → SOD1 (cr21), ALS2 (cr2) e KIAA0625 (cr9).
- Autoimmune → si suppone che ci possa essere una reazione autoimmunitaria inappropriata
innescata da una cross-reattività verso un epitopo virale.
Tutto ciò dovrebbe poi innescare una precipitazione delle proteine con conseguente degenerazione delle
cellule nervose

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Caratteristiche anatomopatologiche
Si può notare come nel paziente con SLA ci sia un evidente assottigliamento, quasi filiforme, delle radici
anteriori del midollo spinale, con associata demielinizzazione delle radici stesse.
All’ematossilina-eosina si evidenzia come uno scoloramento delle radici motorie, depauperate rispetto a
quelle di un soggetto sano. Quindi mentre le radici sensitive si mantengono intatte, quelle motorie vengono
depauperate e sostituite da sclerosi connettivale che non è in grado di vicariare le funzioni neuronali

Istologia → riduzione del numero di neuroni delle corna anteriori, gliosi reattiva che tenta di riparare il
danno senza risultati e cromatolisi (si vede grazie alla reazione rossastra delle cellule)

Clinica
Se è presente la degenerazione dei motoneuroni inferiori ci sarà paralisi flaccida; se invece la degenerazione
interessa i motoneuroni superiori la paralisi sarà spastica.
 Sintomatologia precoce e limitata → Crampi, debolezza asimmetrica delle mani, spasticità di
braccia e gambe.
 Sintomatologia tardiva → Diminuzione della forza e della massa muscolare (atrofia perchè il
muscolo è inattivo e viene meno anche la funzione trofica del nervo), fascicolazioni, difficoltà
deglutitorie, infezioni per coinvolgimento dei muscoli respiratori paralizzati.

Si pone grande speranza sulla possibilità di utilizzare le cellule mesenchimali del midollo, che sono le cellule
multipotenti per eccellenza e che potrebbero essere sottoposte ad un commitment verso la filiera delle cellule
nervose. Sono state supposti altri interventi per favorire la rigenerazione del tessuto nervoso che
fisiologicamente non ha capacita rigenerative.

DISORDINI COGNITIVI (Demenze)


Secondo la definizione clinica, la demenza è il declino di almeno due delle funzioni cognitive in assenza di
un disturbo dello stato di coscienza.
Questa condizione di demenza si manifesta con una sindrome afasica-aprattoagnosica:
 Afasica → poichè sono presenti disturbi della parola visto che il centro del linguaggio è spesso
coinvolto;
 Aprassica → sono presenti disturbi dell’ideazione, basati sull’incapacità dal punto di vista
materiale di garantire una connessione tra l’idea cognitiva e la sua realizzazione;
 Agnosica → disturbi della memoria e della conoscenza in senso lato.

Se parliamo di corteccia e ippocampo si avra degenerazione parietale e temporale, e quindi tutte le


disfunzioni cognitive del lobo parietale mentre, per quanto riguarda il temporale, verrà interessata la
memoria.

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Se ci si sposta verso il lobo frontale viene coinvolta la sfera comportamentale: disinibizione, disturbi della
memoria.
Si puo avere anche una degenerazione multifocale, per esempio anche su base vascolare (vedasi
l'aterosclerosi, che è causa di un ipoafflusso che causa una neurodegenerazione), con una costellazione
clinica e sintomatologica più ampia e più variegata.

La clinica del SNC è sede dipendente, è sufficiente quindi conoscere la sede della lesione per poter dedurre
la sintomatologia.

Lobo frontale → anomalie comportamentali, alterata capacità di giudizio, alterata capacità di compiere
ragionamenti astratti, alterato controllo dell’appetito, della motilità e della continenza. Modificata capacità di
compiere una pianificazione strategica.
Lobo temporale mediale → allucinazioni e alterazioni della memoria.
Lobo parietale → perdita dell’orientamento spazio-temporale e scarsa integrazione degli impulsi sensitivi
(aprassia e agnosia).
Lobo occipitale → disturbi del visus.

Si è notato che non c’è una vera e propria concordanza speculare tra i vari loci nei due emisferi cerebrali,
quindi potrebbe essere messa in dubbio l’esistenza di un vero e proprio emisfero dominante. Inoltre, è stato
dimostrato che in genere il primo lobo interessato nella normale degenerazione senile cerebrale è quello
temporale, ciò spiegherebbe il motivo per cui con l’età i primi segni dell’invecchiamento si manifestano in
lievi problemi della memoria.

Demenze primitive (80%)


 Demenza di Alzheimer (50%)
 Demenza fronto-temporale (di Pick)
 Demenza vascolare (18%)
 Lewy Body Dementia (determinata dalla precipitazione di sinucleina che forma i corpi di
Lewy)
 Parkinson’s disease dementia (PDD)
Demenze secondarie (18%)
 Tossico-metaboliche (Encefalopatia portosistemica, ipoglicemia, deficit B12)
 Traumi (demenza pugilistica)
 Prioni (M. di Creutzfeldt-Jacob)
 Infettive (HIV, neurosifilide, poliomavirus)

DEMENZA VASCOLARE (multinfartuale)


Soggetti spesso vasculopatici cronici, in genere aterosclerotici, soffrono di una riduzione progressiva del
flusso e quindi dell’ossigenazione, che si traduce in un depauperamento nel fabbisogno.
Il deficit di ossigeno causa inizialmente piccole lesioni in modo parcellare o lacunare e successivamente si
traduce in una riduzione della superficie cerebrale.
Naturalmente tanto più sarà ubiquitaria la patologia vascolare, quanto più si presentera una forma di
neurodegenerazione sistemica, che interessera i vari distretti in modo più o meno simmetrico e correlato al
differente fabbisogno di ossigeno, che renderà un distretto a sua volta piu o meno sensibile ad un deficit di
ossigenazione.

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MORBO DI ALZHEIMER
È una malattia neurodegenerativa caratterizzata da perdita della memoria e della capacità cognitiva,
responsabili del quadro di demenza.
Il decorso clinico è di 7-8 anni, con un rapporto M:F=2:1.
È la quarta causa di morte nel mondo perche:
 Non esiste una terapia
 È aumentata l’età media (invecchiamento principale fattore di rischio)
 Declino progressivo
 Irreversibilità del danno neuronale

Interessa il 10% della popolazione con età superiore ai 65 anni e il 50% con età superiore a 85 anni; nella
forma precoce può esordire a 55 anni.
Ci sono circa 4 milioni di pazienti negli USA con un impiego di 100 miliardi di dollari.
La grande maggioranza dei pazienti è in casa sotto cura dei propri familiari. È una patologia:
- Cronicita → indipendentemente dall’età di insorgenza c’è una fase cronica che dura 10 anni in media.
- Progressiva (peggiora col tempo)
- Irreversibilita (non c’è rigenerazione neuronale)

Fase 1→ lieve deficit della memoria: interessa la memoria a breve termine rispetto a quella a lungo termine,
che rimane intatta per più tempo e potrà essere coinvolta nelle fasi successive. Compaiono alterazioni
comportamentali e disnomia (incapacità e difficoltà ad usare la parola esatta quando necessaria, si manifesta
tipicamente con difficolta a chiamare un oggetto col proprio nome).
Fase 2→ aggravamento del deficit cognitivo e disorientamento temporo-spaziale, perdita dell’autosufficienza
e incontinenza.
Fase 3→ sindrome da immobilizzazione, nutrizione parenterale e complicanze infettive (broncopolmonite)
per disturbi della deglutizione e patologia de decubito. Morte.

Eziopatogenesi
L’eziologia è ignota, tuttavia si attribuisce una origine multifattoriale, che comprende:
- Virus (fattori eventualmente scatenanti)
- Agenti tossici e ambientali;
- Accumulo proteico
- Reazioni autoimmuni
- Depositi di amiloide nei neuroni (causa piu immediata);
- Base genetica.

S. di Down → In questo caso l’elemento caratteristico non sarà l’età avanzata ma la presenza della trisomia
del cromosoma 21, in cui è presente un gene per la proteina precursore dell’amiloide.

La causa genetica sembra essere la piu importante, è stata dimostrata un’associazione su base familiare nel
10% dei casi.
La familiarità rappresenta un importante fattore di rischio, tanto che la possibilità di sviluppare la patologia è
4 volte maggiore in coloro che hanno parenti di primo grado con Alzheimer.
Malattia prima dei 50 anni → implicati saranno mutazioni riguardanti diversi geni. Il gene APP del cr 21
che codifica per la proteina precursore dell’amiloide, poi troviamo il gene per la preselenina I sul
cromosoma 14 (30-70% dei casi). La preselenina è una proteina intracellulare che, se alterata, causa la
formazione di beta-amiloide (non degradabile e insolubile), che precipita sia come elemento intracellulare
che extracellulare. Infine, implicato è anche il cromosoma 1 che contiene il gene per la preselenina II (5%
dei casi).
Malattia dopo i 70 anni → in questo caso bisogna attenzionare il gene per l’ApoE che normalmente è
implicata nei processi di metabolizzazione e ridistribuzione del colesterolo. È stata individuata anche una
funzione nella riparazione delle membrane neuronali, per questo motivo una sua alterazione influisce sulla
fisiologia del neurone. In particolare la subunita ε-4 dell’ApoE lega la β-amiloide e prende cosi parte
attivamente al processo fisiopatologico.

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Caratteristiche anatomopatologiche
A livello macroscopico si notano l’atrofia dei lobi frontali, temporali e parietali, contrazione dell’amigdala e
dell’ippocampo. Si assiste all’incremento dei solchi (segno di riduzione encefalica) e dilatazione dei
ventricolo cerebrali.

L’atrofia, diversamente da quella su base vascolare, non è armonica ma interessa esclusivamente le zone
affette: in genere vengono interessate le aree del linguaggio e della memoria.

Sulla base autoptica vi sono segni istologici tipici:


- Placche senili → placche di amiloide, è la lesione extracellulare.
- Angiopatia amiloide → altera la struttura del vaso nelle sue componenti di tono e di compliance,
quindi interessa soprattutto le sue componenti elastiche e muscolari. Col Rosso Congo si vede
l’amiloide nello spessore del vaso.
- Groviglio neurofibrillare (NFT) → definita anche tangle, rappresenta la lesione intracellulare,
particolarmente tossica per il neurone. La proteina che è alla base della formazione di questi grovigli
è la proteina Tau.
- Degenerazione vaculo-granulare → corpi granulo vacuolari di Simchowicz, sono dei piccoli
vacuoli nei neuroni piramidali dell’ippocampo contenenti uno o piu granuli composti da proteine
precipitanti (tubulina e neurofilamenti).
- Corpi di Hirano → strutture bastoncellari eosinofile adiacenti ai neuroni piramidali dell’ippocampo,
composti da proteine associate a microfilamenti (actina, alfa-actina e vinculina).

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Groviglio neurofibrillare
Placche senili

Angiopatia Amiloide Corpi granulo-fibrillari di Simchowicz

Corpi di Hirano

Tutte questi elementi porteranno alla lesione neuronale che è la lesione fondamentale alla base della
patologia.

Amiloide
Famiglia di proteine extracellulari evidenziabili con il rosso Congo e birifrangenti alla luce polarizzata e di
color verde mela. In seguito alla colorazione con rosso Congo, al microscopio ottico si notano delle zone
chiare intervallate ad aree rosse, ovvero quelle con la β-amiloide.
Sicuramente con la microscopia sia ottica che a luce polarizzata si potrà esclusivamente riconoscere la
presenza dell’amiloidosi senza identificare la proteina che ne è la causa.
Per scoprire il tipo di amiloidosi e quindi anche la proteina coinvolta nella formazione, ci si avvale di
tecniche di immunoistochimica, basate sull’uso di anticorpi specifici diretti verso gli antigeni proteici di
nostro interesse.
Tuttavia quest’ultima tecnica generalmente non viene eseguita perchè spesso il tipo di amiloide è deducibile
dal contesto patologico di cui fa parte.

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Ad esempio, in un quadro di Alzheimer è ovvio che la causa è la β- amiloide; l’accumulo è favorito da:
- Iperproduzione di precursori peptidici;
- Presenza di proteine accessorie che facilitano la sintesi della struttura;
- Squilibri del sistema proteolitico.

Tutto ciò portera alla formazione di amiloide, la cui precipitazione portera a dei danni per:
- Tossicita diretta sui neuroni;
- Tossicita indiretta si manifesta principalmente quando la precipitazione è extracellulare e si ha per
attivazione della microglia e per induzione delle secrezioni citochiniche.

La proteina β-amiloide deriva dall’APP (la proteina precursore dell’amiloide), il cui gene si trova sul cr. 21.
Una fase importante è quella di clivaggio in cui agiscono le secretasi. Quest’ultime in genere agiscono sui
punti di clivaggio α e β sull’APP, dando dei residui eliminabili.

Tuttavia, le secretasi possono essere inattivate e possono agire in modo non convenzionale; di conseguenza
potra esserci un eccesso di APP con alterazione conformazionale e impossibilità di degradazione della stessa,
quindi precipitazione dei grovigli proteici intracellulari e formazione di placche di amiloide extracellulari.

Diagnosi dell’Alzheimer
Anche se il riscontro istopatologico viene considerato teoricamente come l’unico modo per fare diagnosi di
certezza, nella pratica non viene mai eseguita una biopsia in questa patologia e quindi non viene eseguito uno
studio su vetrino. La diagnosi per questa patologia è infatti prevalentemente clinica e si avvale di un supporto
all’imaging.
- Anamnesi, EO ed indagini metaboliche
- TC, RMN
- PET e SPECT
L’ideale è la SPECT che coniuga il dettaglio morfologico della TC a quello funzionale della PET. Alla
SPECT, per ogni encefalo, la colorazione gialla-arancione e rappresentativa del tessuto cerebrale presente, si
può notare come tra un soggetto normale e uno con Alzheimer si abbia una differenza non solo quantitativa
ma anche qualitativa delle aree giallo-arancione (meno aree nel malato di Alzheimer), che presenta un suo
corrispettivo alla clinica.

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MALATTIA DI PICK
Forma di demenza ad esordio nella 5°-7° decade, si caratterizza per alterazioni comportamentali e della
personalità, definiti segni lobari anteriori (dovuti ad un’atrofia primitiva del lobo frontale tanto da poter
definire un quadro di sindrome del lobo frontale). Possono esserci disturbi del linguaggio, definiti segni
lobari posteriori.

Si presenta con:
- Irritabilità
- Disinibizione
- Disturbi del linguaggio (afasia, ecolalia, poverta del linguaggio e mutismo)

Caratteristiche anatomopatologiche
Macroscopicamente, si vede l’atrofia simmetrica dei lobi frontali e temporali, mentre i lobi parietale e
occipitale sono pressoche risparmiati: si vedono le circonvoluzioni a lama di coltello, condizione di
idrocefalo ex-vacuo con riduzione dell’encefalo.
- Perdita neuronale nei tre strati esterni della corteccia → lo strato piramidale esterno e lo strato
piramidale interno sono quelli in cui c’è un maggiore depauperamento delle cellule neuronali;
- Degenerazione bolliforme → diversa da quella nell’Alzheimer che faceva assumere al neurone una
caratteristica forma triangolare con il groviglio.
- Corpi di Pick → conseguenza sempre della precipitazione di inclusi proteici.

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ENCEFALOPATIE SPONGIFORMI TRASMISSIBILI
Patologie che possiedono un decorso clinico di circa 6-7 mesi. Vengono definite spongiformi poichè c’è la
formazione di un encefalo a spugna, determinato da vacuoli intracellulari che tendono a confluire causando
la perdita di sostanza grigia. La vacuolizzazione confluente è comunque un processo piu rapido in termini di
distruzione encefalica rispetto alle altre patologie neurodegenerative.
Sono, invece, dette trasmissibili poichè c’è una certa capacita di diffondere intraspecie.

Eziologia e classificazione
Tutte queste patologie hanno una comune entita eziologica, ovvero forme anomale di una proteina specifica:
la proteina prionica. Questa, in seguito ad uno stimolo eziologico, subisce una modifica conformazionale e
tende a precipitare.
È la precipitazione stessa ad essere causa dell’effetto tossico sul neurone. Inoltre è la stessa proteina prionica
a fungere da vettore; riesce a trasferirsi nelle cellule nervose attraverso il contatto cellulare ed è quindi
responsabile della caratteristica della trasmissibilità.

La malattia rappresentativa di questo gruppo è la Creutzfeldt-Jacob (CJ) della quale esistono 4 forme. Tutte
le forme hanno come ospite l’uomo e la forma più frequente è quella sporadica (85% dei casi), tuttavia, è
una patologia poco frequente (1/1000.000 nel mondo).
Un’altra modalità di origine di questa patologia è l’uso dell’ormone della crescita.

Clinica → è una demenza rapidamente progressiva (in circa 7 mesi con prognosi infausta) e presenta un
mioclono sussultivo alla stimolazione improvvisa.
Sia nella forma sporadica che in quella familiare e presente una mutazione genetica a carico dei geni della
proteina prionica, presenti sul cromosoma 20. Nella forma familiare la mutazione è germinale e si eredita,
nelle forme sporadiche la mutazione e su base somatica quindi non si eredita ma si acquisisce con l’età.
La forma iatrogena è una forma più ottocentesca perchè è correlata soprattutto ai primi trapianti di cornea.
Lo stesso principio di trasmissibilità è evidente anche nella forma variante, successiva all’ingestione di carne
di bovini affetti da Encefalopatia spongiforme bovina (BSE).
Quest’ultima era un’infezione che i bovini contraevano a causa di un’alimentazione “contro natura” con
farine proteiche allestite con animali infetti da prioni.

Patogenesi CJ
La malattia si verifica quando la proteina Prp, normalmente presente all’interno del neurone, modifica la sua
struttura ad α-elica (Prpc)3 in planare pieghettata-β (Prpsc), seguendo i vari steps:
- Ingresso proteina prionica
- Interazione Prpc/ Prpsc
- Modifica conformazione Prpc indotta dall’interazione
- Resistenza alla protein-chinasi K (la forma pieghettata non è degradata)
- Accumulo con precipitazione della proteina
- Distruzione cellulare

La modifica della Prpc è tanto piu efficiente e rapida quanto maggiore è l’affinità tra le 2 proteine Prp, quindi
Prp di specie differenti si modificano in modo meno efficiente perchè minore è l’affinità (concetto di
barriera di specie).

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Anomalie anatomopatologiche della CJ
Si vede una lieve atrofia dell’encefalo con allargamento dei ventricoli e ippocampo risparmiato, meningi e
vasi normali.
Alterazioni spongiformi → presenza di piccole vacuolizzazioni microscopiche, apparentemente vuote,
di dimensioni variabili nel neuropilo o nel pericario dei neuroni;
Perdita neuronale e perdita sinaptica → causata dalle alterazioni spongiformi;
Gliosi reattiva (astrocitosi) → la glia cerca di reagire alla perdita neuronale e sinaptica, ma ciò è poco
utile dal punto di vista funzionale.
Placche del Kuru (aspetto stellato) → depositi di proteine prioniche anormali aggregate, positive al
rosso Congo e al PAS, in genere extracellulari.
Accumulo di Prp patologica → è il vero e proprio segno caratteristico della patologia. Scarsezza di
infiltrato flogistico.

Diagnosi
La diagnosi è prevalentemente clinica e si avvale dell’EEG.
Clinicamente si vede un declino subacuto o cronico di funzioni cognitive e, contestualmente, motorie.
La certezza diagnostica di queste malattie, tuttavia, si ottiene solo attraverso l’identificazione della Prpc con
metodiche immunoistochimiche.
Le autopsie in caso di sospetta malattia prionica, tenendo conto della patogenesi della malattia e
dell’esistenza di una variante iatrogena, con trasmissione attraverso il trapianto di cornea, non possono essere
considerate procedure esenti da rischi per l’operatore.
CJ probabile → demenza, EEG tipico + almeno 2 tra: mioclono, disfunzione visiva o cerebellare,
disfunzione piramidale o extrapiramidale e mutismo acinetico.
CJ possibile → demenza progressiva, assenza di EEG tipico + due tra i segni tipici della malattia
(mioclono, disfunzione piramidale etc), durata < 2anni (per distinguerla da qualsiasi altro tipo di
demenza che ha tempi piu lunghi)

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TUMORI DEL SISTEMA NERVOSO
CENTRALE
La differenziazione del neuroectoderma in neuroepitelio embrionale vede la formazione della placca neurale,
che poi, tramite l’incisura neurale, viene a chiudersi nel tubo neurale, con i neuropori anteriore e posteriore.
La sua crescita comincia intorno ai 20-25 giorni, quindi abbastanza precocemente, ma comunque la sua
maturazione è più tardiva rispetto a quella degli altri organi.

Le prime porzioni del tubo si differenziano in prosencefalo, mesencefalo e rombencefalo:


- Il prosencefalo si differenzia a sua volta in telencefalo (neocortex) e diencefalo (zona ipotalamica)
- Il mesencefalo resta tale,
- Il rombencefalo si differenzia in metencefalo (ponte e bulbo) e mielencefalo (midollo osseo).

Il neuroectoderma si differenzia in cellule che daranno origine alla glia e cellule che daranno origine ai
neuroni. È importante ricordarlo perchè i tumori del SNC possono derivare dall’uno o dall’altro ceppo,
oppure possono avere composizione mista (per esempio il ganglioglioma, con una componente gangliare
frammista a una componente gliale).
Un altro tipo di epitelio è l’epitelio dei plessi corioidei, che si trovano nei ventricoli cerebrali laterali, nel
terzo e nel quarto.
Le neoplasie dei plessi corioidei mantengono la nomenclatura delle neoplasie epiteliali, perchè esprimono
delle citocheratine (papilloma per le neoplasie benigne e carcinoma per quelle maligne).

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CARATTERISTICHE DELLE NEOPLASIE DEL SNC
Nell’età pediatrica prevalgono i tumori embrionali, nell’età adulta i tumori maturi a carattere di benignità e
nell’età anziana prevalgono i tumori maturi maligni.
Inoltre, negli adulti prevalgono i tumori della fossa anteriore, mentre nei bambini prevalgono quelli della
fossa anteriore.
La fossa posteriore e quella mediana sono separate dal tentorio del cervelletto:
- Organi sovratentoriali: cervello, gangli della base, talamo, ipotalamo;
- Organi sottotentoriali: cervelletto e tronco cerebrale.

I tumori con l’aggettivo “anaplastico” sono sempre di terzo grado (necrosi, aumento di cellularità e indice
mitotico). Quasi tutti i tumori del SNC hanno una variante anaplastica.
Spesso gli astrocitomi anaplastici sono recidive di precedenti astrocitomi diffusi (di secondo grado).

Malignità di sede
Al di la delle caratteristiche istologiche ed embriologiche di una neoplasia, molti problemi nascono
dall’accrescimento, dall’espansione e dall’effetto massa che una lesione, ancorchè con caratteri di benignità,
determina nel contesto della teca cranica, a volte complicato dalla compressione di centri vitali.

Presentazione clinica comune


Si manifestano frequentemente con ipertensione endocranica, quindi necessita la diagnosi differenziale con
altre patologie.
Altra caratteristica sono i sintomi a focolaio, correlati strettamente alla sede della massa.
Con la terapia chirurgica, l’encefalo non è aggredibile allo stesso modo in tutte le sedi, per motivi di tipo
tecnico e per motivi di tipo funzionale → Infatti, aree facili da raggiungere spesso non possono essere
toccate perchè il rischio è di ledere zone deputate a funzioni vitali.
Per lo stesso motivo, spesso non ci si può neanche permettere di “allargare” l’escissione, asportando margini
di tessuto sano, come si fa per le neoplasie in altri organi e la conseguenza è un altissimo tasso di recidive.
Sulle recidive si manifesta la progressione tumorale, ovvero, l’insorgenza di un tumore recidivante spesso
più indifferenziato e maggiormente maligno rispetto a quello iniziale.
Inoltre, il prodotto della neurochirurgia non è quasi mai una massa, ma quasi sempre materiale
frammentato, privo di capsula, anche se a volte è presente un contenimento dell’astroglia di tipo reattivo.

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Aree silenti (accessibili) (Imm. a sx) → lobi frontali anteriormente alla corteccia motoria, lobo temporale
dell’emisfero non dominante, cervelletto e lobo occipitale.
Aree inaccessibili (imm. a dx) → lobi parietali (specie dell’emisfero dominante), aree del linguaggio
extraparietale,
regione precentrale del lobo frontale, braccio posteriore della capsula interna e nuclei sensitivi del talamo.

DIAGNOSI
Si basa sulla valutazione clinica (sintomi focali e ipertensione endocranica), sull’imaging (RMN con
gadolinio), sulla citologia (agoaspirato, apposizione e strisci) e istologia (biopsie stereotassiche, esami
intraoperatori, valutazione istologica definitiva).
La valutazione istologica definitiva è affidata alla IIC (immunoistochimica per caratterizzare markers),
microscopia elettronica (non si usa molto) e alla biologia molecolare (in espansione).

Immunoistochimica di markers dei tumori del SNC


- Proteina acida gliofibrillare GFAP (marker gliale espresso da tutte le neoplasie gliali)
- Sinaptofisina
- Enolasi neurone-specifica (NES)
- Neurofilamenti (markers neuronale)
- Cheratina / EMA (diagnosi di metastasi, tumori dei plessi corioidei e meningiomi)
- Vimentina (diagnosi di meningiomi e neoplasie di origine mesenchimali)
- Markers emopoietici (diagnosi linfomi)
Immunoistochimica nei secondarismi (per capire origine metastasi)
- TTF (Thyroid Transcription Factor, per metastasi di tiroide e polmone)
- CAM 5.2
- CK7 e CK20 (CK20+/CK7- indicano metastasi dal grosso intestino; CK20+7CK7+ dalle vie biliari)
- CK 5-6
- RCCM + CD10 (metastasi da rene)
- GCDFP-15 (Gross cystic disease fluid protein-15 per il carcinoma della mammella)
- ER / PR (metastasi da mammella
- Melan-A/S100 /HMB45 (metastasi da melanoma)
- CA-125 / CA 19.9 (metastasi di pancreas, ovaio etc)
- PSA (metastasi di prostata)

Valutazione prognostica e terapia


Un concetto che deve guidare il diagnosta che preleva, o il neurochirurgo che opera, o il radiologo che fa la
biopsia stereotassica, è il concetto dell’adeguatezza del materiale e delle strutture primaria, secondaria e
terziaria:
1. Struttura primaria → la vera e propria istologia del tumore, cellule e organizzazione interna.
2. Struttura secondaria → fa riferimento alla parte periferica del tumore e, di conseguenza, ai
rapporti della periferia con la glia reattiva. Una biopsia estremamente periferica può essere

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confondente perchè la glia reattiva imbastardisce e può falsare il quadro, venendo scambiata
per astrocitoma.
3. Struttura terziaria → fenomeni sovraimposti, cioe necrosi ed emorragie. È vero che necrosi
ed emorragie sono segno indiretto di malignità, ma non permettono di fare diagnosi di
istotipo. Dunque se per chi manda il prelievo è necessaria una conferma di malignità, va
bene; se invece è necessaria una diagnosi, il preparato risulta inadeguato per fornirla.
Esempio di struttura terziaria è la necrosi “a strada” tipica del glioblastoma (chiamata a
strada poichè le cellule si dispongono a palizzata).

Quando non esisteva l’immunoistochimica


La diagnosi era solo morfologica. I tumori nervosi, sia quelli differenziati (soprattutto quelli ependimali), ma
anche i tumori embrionali poco differenziati, hanno la caratteristica di fare delle strutture circolari che sono
definite rosette:
- Rosette (le vere rosette sono quelle che hanno al centro tipicamente vuoto)
- Pseudorosette
- Rosette embrionali (rosette fatte tutte di cellule)
- Rosette pseudovascolari (al centro hanno un vaso).

CLASSIFICAZIONE WHO 2016


La classificazione WHO, fatta salva la distinzione tra metastasi e tumori primari, comprende 12 gruppi
tumorali diversi. La classificazione del 2007 era una modifica di quella del 2000, in cui si introdussero i
PNET (Tumori Neuro-Ectodermali Primitivi) che, con la WHO 2016 sono stati eliminati.
La WHO 2007 era la quarta edizione, mentre quella del 2016 è la IV edizione revisionata, in cui si tenta di
attribuire delle caratteristiche molecolari alle neoplasie, pur non avendo ancora un quadro completo.
Vi sono infatti ancora molte neoplasie classificate come NOS (non altrimenti specificato) perchè la
classificazione è in progressione:
Pro della WHO 2016
- Linguaggio comune
- Approccio multidisciplinare (patogenetico, prognostico e predittivo)
- Sistema aperto alle nuove entita tumorali
Contro della WHO 2016
- Entità rare con incerti criteri di identificazione
- Eccessiva specializzazione
- Presenza di categorie wastebasket (NOS)
L’introduzione della biologia molecolare ha fatto saltare i vecchi parametri di classificazione morfologica,
perchè si è visto che alcuni astrocitomi condividono delle alterazioni molecolari con gli oligodendrogliomi,
dimostrando di essere molto piu imparentati con questi ultimi che non con altri astrocitomi come il diffuso e
il pilocitico.
La via è quindi quella di raggruppare le neoplasie sulla base delle caratteristiche molecolari e non su quelle
istologiche e differenziative.

La diagnosi istologica diventa quindi una base di partenza e non un punto di arrivo. La presenza della
categoria NOS permette l’utilizzo della classificazione anche a chi non è attrezzato per la biologia
molecolare, nonchè l’inserimento di neoplasie non ancora sufficientemente caratterizzate.

Principali novità di questa classificazione


- Diagnosi sulla base di caratteristiche molecolari, qualora possibile
- Ristrutturazione di alcune neoplasie gliali (imparentamento fra alcuni astrocitomi e gli
oligodendrogliomi)
- Possibilità di distinzione fra astrocitoma e gliosi reattiva
- Riclassificazione dei medulloblastomi in tumori del verme cerebellare tipici dell’infanzia e molto
aggressivi
- Divisione degli ependimomi
- Eliminazione del termine PNET in quanto troppo generico

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NEOPLASIE PRIMITIVE
 Astrocitomi e oligodendrogliomi (due tumori a livello molecolare imparentati)
 Altri tumori astrocitari (non condividono alterazioni molecolari fra di loro e con gli
oligodendrogliomi)
 Altri gliomi
 Tumori neuronali e misti neuronali-gliali (neurogliali)
 Ependimomi
 Tumori dei plessi corioidei
 Tumori della regione pineale
 Tumori embrionali (es. medulloblastoma)
 Tumori dei nervi cranici e paraspinali (fanno parte del SNP, ma si trovano in sede centrale)
 Meningiomi (origine mesenchimale, spesso di grado primo perchè ben differenziati, periferici)
 Tumori della regione sellare (craniofaringioma, centrale solo in senso topografico, non include
adenomi)
 Tumori mesenchimali (non meningei)
 Tumori melanocitari (melanocitoma se benigno, melanoma se maligno)
 Tumori a cellule germinali (da c.germinali rimaste ingabbiate durante la chiusura del neuroporo
anteriore
 Tumori istiocitari
 Linfomi (maggiormente negli immunodepressi, gruppo ampliato rispetto al 2007)

NEOPLASIE SECONDARIE (metastasi)


- Per via ematica (da qualsiasi parte del corpo)
- Per contiguita (testa e collo)

WHO GRADING SNC


Tutti i tumori del SNC hanno un grado (1-4), sia i tumori maligni che quelli benigni. Oltre ai classici criteri
(cellularità, atipie, presenza di necrosi, indice mitotico e proliferazione vascolare), per i tumori del SNC si
tiene anche conto della sede.
Se un tumore è ben differenziato, benigno istologicamente e per di più in una sede favorevole (es. parti
periferiche, verme cerebellare), si trovera in G1.
Se invece un tumore altrettanto benigno e localizzato in sede emisferica, sara G2 (importanza della sede).
Un grado 1 puo indicare eradicazione completa e guarigione; un grado 2 non è invece immune da recidiva;
un grado 3 sara di malignità relativa, un grado 4 e di franca malignità. Dunque si valutano:
- Cellularità
- Atipia cellulare (determina un G2)
- Necrosi (indica un G4)
- Proliferazione vascolare (e associata a necrosi e indica un G4)
- Indice Mitotico
- Sede

Grading 1→ tumore benigno per istologia, biologia e topografia, quindi facilmente resecabili con
bassissimo tasso di recidive (es. astrocitoma pilocitico)
Grading 2 → tumori benigni istologicamente e biologicamente, ma suscettibili a recidive e, dunque,
progressione.
Grading 3 → tumore maligno, tipicamente riferito agli anaplastici
Grading 4 → tumore francamente maligno con metastasi, tipico dei tumori embrionali (es. glioblastoma).

La maggior parte delle volte vale la regola "un'entità tumorale = un grado", tuttavia, in alcune classi e
all’interno delle stesse, si hanno tumori a diverso grading. Esempio sono i tumori mesenchimali non
meningoteliali (forme maligne distinte dalla controparte benigna, i meningiomi), tra i quali si ha il tumore
fibroso solitario, classico esempio di tumore dei tessuti molli, a cui viene dato un grado variabile in relazione
alla sua istologia. Un discorso simile si può applicare anche per i tumori della regione pineale.

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TUMORI ASTROCITARI E OLIGODENDROGLIALI
I tumori astrocitari sono stati divisi in due gruppi (entità IDH1 positive e altri astrocitomi), di cui uno è
stato incluso assieme agli oligodendrogliomi e glioblastomi poichè si e visto che, a livello molecolare, c’è un
certo grado di correlazione.
La mutazione puntiformi del gene IDH1 (isocitrato deidrogenasi-1) costituiscono quelle piu frequenti (70%)
nei gliomi di II e III grado (astrocitoma e oligodendroglioma) e sono rare in altri tumori primitivi del SNC
(tranne nel glioblastoma secondario, glioblastoma IDH-mutato).
La mutazione più frequente è quella R132H ed è disponibile un anticorpo in grado di identificare la proteina
mutata IHD1-R132H (clone H09).
Quindi, ci sono degli astrocitomi, degli oligodendrogliomi e dei glioblastomi che ormai vengono identificati
per mutazione di IDH, ed allora un astrocitoma che esprime IDH è un’entità nosografica caratteristica.

Quindi di fatto la classificazione ha prodotto l’entità IDH positivo di astrocitomi, oligodendrogliomi e


glioblastomi. L’indice di proliferazione mi dà la quantità e la quota delle cellule proliferanti, che tendono
ad avere la mutazione di IDH.
Questa nuova classificazione permette di capire che alcune volte il glioblastoma si evolve dall’astrocitoma
attraverso le tappe: astrocitoma diffuso → astrocitoma anaplastico → glioblastoma.

Il glioblastoma ha un modello di carcinogenesi che si conosce da sempre, perchè è sempre stato conosciuto
in vivo, per via delle recidive.
Anche prima di sapere qual era la sommatoria delle alterazioni molecolari alla base, l’idea della progressione
neoplastica era conosciuta. Infatti, quando veniva operato la prima volta risultava sempre avere
caratteristiche di astrocitoma diffuso, che poi recidivava in un tumore meno differenziato; questo veniva
definito astrocitoma anaplastico sulla base di caratteristiche istologiche, ma recidivava ancora in una forma
sempre meno differenziata, e veniva allora denominato glioblastoma.
Le recidive ci hanno mostrato nel tempo la caratteristica tumorale della progressione verso forme più
maligne, ed ora conosciamo anche le alterazioni molecolari che stanno alla base del processo.

Glioblastoma → Il glioblastoma è un tumore poco differenziato, molto aggressivo, con una tempistica
nella progressione di 12-15 mesi nell’IDH-mutante, di 7 mesi nel primitivo (le due entità non sono
sovrapponibili). Il glioblastoma IDH-wild-type teoricamente potrebbe derivare da un IDH-mutante, ma
solitamente viene diagnosticato quando gia wild-type, e quindi non si sa; si sa che alla terapia rispondono
meglio quelli IDH-mutanti.

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Il tumore imparentato, un oligodendroglioma IDH-mutato, si differenzia dall’astrocitoma per il fatto che
vi si trovano le cellule classiche oligodendrocitarie con il citoplasma chiaro, e che l’oligodendroglioma, a
differenza dall’astrocitoma, ha la co-delezione 1p-19q.
Quindi, paradossalmente, un tumore che istologicamente è un astrocitoma, che è IDH- mutato, con co-
delezione 1-19, viene chiamato oligodendroglioma.
Questo sarà importante in futuro quando, sulla base delle caratteristiche molecolari, verranno definite
prognosi e terapie.

Algoritmo diagnostico nella nuova classificazione


La diagnostica, oltre che molecolare, può essere anche immunoistochimica, perchè esiste in commercio un
anticorpo in grado di reagire con la proteina codificata dal gene IDH. La diagnosi molecolare puo aiutare ad
ovviare al dubbio di cui si parlava prima, nella diagnosi di struttura secondaria.
Per esempio, un astrocitoma, in fase periferica, si puo imbricare con una gliosi reattiva; se si valuta la zona
periferica con l’IDH, la gliosi reattiva non lo esprime, perchè non è mutata.
1. Si parte dall’istologia, infatti, un astrocitoma può avere istologia tipicamente di astrocitoma,
tipicamente di oligodendroglioma o misto (piu raro).
2. Poi bisogna vedere se e IDH-mutato o wild-type. Se è IDH-mutato bisogna sottotipizzare. Se
ha la codelezione 1-19 lo si chiama oligodendroglioma IDH-mutato 1-19 codeleted. Se
invece non l’ha, ed ha la TRX, che è un’altra mutazione, lo si chiamera astrocitoma.
3. Il wild-type è solo una diagnosi di esclusione, per escludere altre entità.

Lo stesso procedimento vale per il glioblastoma. La dizione NOS si utilizza o per tutto quello che non
risponde (si fa la biologia molecolare e non si trova nessun risultato), oppure quando la biologia molecolare
non può essere sfruttata. Quindi è una diagnosi di esclusione perchè non si può procedere nella
caratterizzazione molecolare.

ASTROCITOMA DIFFUSO
Con la nomenclatura –oma e –carcinoma si identificano proliferazioni uniche, mentre con il suffisso –osi si
identificano neoplasie differenziate dal punto di vista istologico ma che non sono aggredibili chirurgicamente
poichè molto diffuse.
Nella nuova classificazione è stato eliminata la gliomatosis cerebri, ovvero, una patologia maligna diffusa a
tutto il tessuto gliale con clinica pesantissima: oggi si parla di astrocitoma diffuso e non più di gliomatosi.

Classificazione astrocitoma diffuso


- Astrocitoma diffuso IDH mutante (grado II)
- Astrocitoma diffuso IDH wild-type
- Astrocitoma diffuso NOS
L’aspetto è microcistico, con una cellularita discreta, e delle cellule a volte piu grandi.
Troviamo una zona meno cellulata, con una minore quota cellulare, ed una maggiore quota di fibrille, che
comunque è indice di differenziazione.

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ASTROCITOMA ANAPLASTICO
Incremento della cellularità, riduzione delle fibrille con cellule meno differenziate, e con nuclei
preponderanti rispetto alla taglia della cellula.
Con un aspetto tipicamente microcistico, all’ematossilina eosina non si vedono nemmeno bene gli aspetti
dendritici degli astrociti, che danno carattere stellato, e poi ogni tanto troviamo delle cellule più grosse, con
un nucleo stellato.

Classificazione astrocitoma anaplastico


- Astrocitoma anaplastico IDH mutante (grado III)
- Astrocitoma anaplastico IDH wild-type
- Astrocitoma anaplastico NOS

OLIGODENDROGLIOMA
Ha un aspetto istologicamente diverso dall’astrocitoma pilocitico, molto meno fibrillare, con fibre più tozze;
la caratteristica è un aspetto rotondeggiante delle cellule, con i nuclei immersi in un citoplasma, che, essendo
ricco di lipidi, diventa bianco.
L’indice molecolare dell’oligodendroglioma e la co-delezione 1p-19q, che può essere visualizzato in FISH.
Anche l’oligodendroglioma può andare incontro a progressione, formando un oligodendroglioma anaplastico.
In questo caso l’indice di sopravvivenza si riduce da 10 a 2 anni, e si sovrappongono altre mutazioni come
quella di CKN2A.
Classificazione oligodendrogliomi
- Oligodendroglioma IDH mutante con co-delezione 1p-19q (grado II)
- Oligodendroglioma NOS
- Oligoastrocitoma NOS (è un tumore misto, presenta sia caratteristiche oligodendrogliali, che
astrogliali)

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GLIOBLASTOMA
Il glioblastoma è un tumore estremamente maligno, caratterizzato da proliferazione cellulare elevatamente
atipica, con mostruosita cellulare, con aree di necrosi, localizzazione tipicamente emisferica, con tendenza al
passaggio nell’emisfero controlaterale tramite l’attraversamento e l’invasione del corpo calloso (tumore a
farfalla).
È presente un’area amorfa centrale di necrosi, con cellule in periferia disposte a palizzata, e poi il resto del
compartimento cellulare. Il tumore presenta un aspetto variegato e disomogeneo, perchè naturalmente la
presenza delle necrosi e delle emorragie (strutture terziarie) ne condiziona l’aspetto in maniera evidente.
Criteri di malignità → In questo tumore si trova una conta mitotica atipica, una GFAP (Proteina fibrillare
Acida della Glia) e una Ki67 elevatissima (sono tutti criteri di malignità), ma basterebbe il riscontro delle
aree di necrosi, definite necrosi a carta geografica (non lo spottino piccolo, il focolaio, ma le aree estese), per
potere fare diagnosi.

Quindi la diagnosi in questi casi è relativamente facile, ma è bene fare sempre l’immunoistochimica perchè
la possibilità di un tumore atipico metastatico deve essere messa in conto, però in genere l’espressione della
GFAP è determinante.
Il glioblastoma è classificato anch’esso in IDH-Mutato (10%) e wild-type (90%).
Come gia detto, nel wild-type non c’è una lesione precursore, cioè il glioblastoma viene identificato, e
diagnosticato, direttamente, non preceduto da lesione; mentre l’IDH-mutato è quasi sempre preceduto da un
astrocitoma diffuso, ed, eventualmente, da un anaplastico.

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Classificazione glioblastomi (grado IV)
- Glioblastoma IDH mutante (glioblastoma secondario che deriva dall’astrocitoma anaplastico)
- Glioblastoma IDH wild-type (è quello primitivo tipico dell’età avanzata, decorso rapido)
- Glioblastoma NOS

Età di insorgenza → Un tumore che deriva da una recidiva, come l’IDH-mutato, insorge ad un età
mediamente più giovane, rispetto al glioblastoma primitivo wild-type, che invece ha il suo bacino di età
in una fase piu avanzata, negli anziani, con una media poco sopra i 60 anni.
Storia clinica → Si passa dai 4 mesi ai 12 nell’IDH-mutato, mentre il secondo riesce ad arrivare anche a
31 mesi con terapia chirurgica, chemio e/o radioterapica.
Differenze molecolari → troviamo spesso mutazioni di p53 nelle forme IDH- mutato, mentre nelle wildtype
se ne trovano altre.

I modelli per spiegarne la genesi sono:


Modello di progressione clonale → si parte da una cellula normale che va ad accumulare mutazioni, e via
via muta, fino a dare origine alla cellula neoplastica.
Modello di progressione ieratico → è un modello asimmetrico, che prevede l’evoluzione da una cellula che
da un lato da origine al suo analogo progenitore, e dall’altro al progenitore differenziato. Con questo modello
possiamo spiegare, e non vale solo nel SNC, tutte quelle neoplasie in cui abbiamo delle quote differenziate,
che perdono staminalità e che magari sono suscettibili di terapia, e il bacino di cellule “staminali” che invece
non rispondono ai trattamenti, e che possono essere responsabili della resistenza alle terapie e alle recidive.

ALTRI ASTROCITOMI
 Astrocitoma pilocitico (grado I)
 Astrocitoma supependimale a cellule giganti (grado I)
 Xantoastrocitoma pleomorfo (grado II)
 Xantoastrocitoma pleomorfo anaplastico (grado III)

TUMORE PILOCITICO
Il tumore pilocitico è tipicamente un tumore di primo grado perche, oltre ad essere un tumore molto ben
differenziato, con fibre molto compatte, è quasi sempre localizzato nel verme cerebellare, e quindi,
tecnicamente, resecabile in maniera adeguata.
Il fatto che i tumori siano difficili da identificare e che si confondano con le strutture circostanti è un criterio
di benignità, che indica quasi sempre tumori ben differenziati.
L’astrocitoma pilocitico si evidenzia proprio per le fibre abbondanti, che tendono a compattarsi, facendo
delle strutture eosinofile, che sono chiamate fibre di Rosenthal, e che ne rappresentano l’aspetto
istologico caratteristico.

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TUMORI NEUORNALI E MISTI NEUROGLIALI
Si parla di neoplasie che sono maturate in senso neuronale e non più gliale (ricordando che il precursore con
differenziazione in parte gliale, in parte neuronale o mista neuro-gliale).
 Tumore neuroepiteliale disembrioblastico (grado 1)
 Gangliocitoma (grado 1)
 Ganglioglioma (grado 1, tumore maturo misto poco frequente che possiede anche variante
anaplastica)
 Ganglioglioma anaplastico (grado 3)
 Gangliocitoma cerebellare displastico (grado 1, sindrome di Lhermitte-Duclos)
 Ganglioglioma e astrocitoma infantile desmoplastico (grado 1)
 Tumore glioneurale papillare (grado 1)
 Tumore glioneurale formante rosette (grado 1)
 Tumore glioneurale diffuso alle leptomeningi
 Neurocitoma centrale (grado 2)
 Neurocitoma extraventricolare (grado 2
 Liponeurocitoma cerebellare (grado 2)
 Paraganglioma

GANGLIOCITOMA
È un tumore maturo composto principalmente da cellule gangliari, ovvero quelle cellule che hanno la tipica
morfologia gangliare con pirenoforo, dendriti, neuriti ecc....
Queste neoplasie hanno una scarsa cellularità perchè sono tumori assolutamente differenziati il che comporta
benignità sia istologica che biologica, oltre ad essere tumori poco frequenti.
Morfologia → presenta corpi cellulari, scarsa densità e forte prevalenza di un feltro fibrillare dovuto ai
dendriti e ai prolungamenti delle cellule che sono mature. La cellula gangliare si caratterizza per un aspetto
atipico con nucleo grosso, nucleolo evidente e rapporto nucleo- citoplasma a favore del citoplasma, il che fa
capire che queste cellule, sebbene non abbiano un aspetto rassicurante, sono tutte mature.

NEUROCITOMA CENTRALE
Il neurocitoma centrale è un altro tumore maturo a differenziazione neuronale pura. Fu individuato
successivamente perchè, per molto tempo, da un punto di vista morfologico, la cellula matura della linea
neuronale era la cellula gangliare con la sua particolare morfologia.
In epoca di immunoistochimica si è visto che esistevano anche delle cellule nervose mature con una
morfologia tondeggiane e con poco citoplasma (diverse quindi da quelle gangliari) che sono state chiamate
neurociti.
L'esistenza dei neurociti implica anche l'esistenza di un corrispettivo neoplastico (neurocitoma centrale).

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Prima dell'individuazione dei neurociti esso veniva assimilato morfologicamente ad un oligodendroglioma
per la somiglianza. Quando fu possibile la caratterizzazione immunoistochimica si è visto che queste cellule
non esprimevano antigeni gliali ma nervosi (sinaptofisina, neurofilamenti, ecc.) cambiando la
classificazione.
Il neurocitoma si localizza principalmente a ridosso dei forami di Monro, posto in posizione centrale.
Morfologia → neoplasia caratterizzata da cellule monomorfe rotondeggianti con nessuna somiglianza con
gli elementi gangliari espressi nel gangliocitoma. Tuttavia, esprimono sinaptofisina e neurofilamenti,
molecole tipiche delle cellule nervose mature, e si vanno a localizzare solitamente in posizione centrale in
prossimita del forame di Monro, talvolta in sede altra (neurocitoma extraventricolare).
Esistono report che hanno trovato il neurocitoma anche in condizione periferica, oggi nella classificazione in
vigore si ritrovano sia il neurocitoma centrale sia il neurocitoma extraventricolare, ovvero posto in periferia,
ancora piu raro del primo.

NB → Sia il neurocitoma che il gangliocitoma, macroscopicamente, danno lesioni espansive con aspetto
omogeneo-compatto, colorito biancastro senza aree di necrosi o di emorragie. Anche la crescita e di
tipo espansivo senza quadri di invasione macroscopica del tessuto encefalico.

ALTRI GLIOMI
Neoplasie estremamente rare che presentano una differenziazione gliale, spesso diagnosticate per esclusione.
La loro conoscenza risulta quindi utile solo qualora le diagnosi più probabili non abbiano dato una risposta.
 Glioma cordoide del III ventricolo (grado 2)
 Glioma angiocentrico (grado 1)
 Astroblastoma

TUMORI EMBRIONALI (tutti grado IV)


I tumori embrionali sono le neoplasie classiche dell'oncologia pediatrica e che sono dovute a cellule
immature, a blasti nella fase di sintesi dei tessuti.
Si deve ricordare che tutti i tumori embrionali sono di IV grado!
Secondo la WHO 2007 esistevano 3 classi di tumori embrionali:
1. Medulloblastoma → tumore embrionale indicato come neoplasia a localizzazione
posteriore nel verme del cervelletto, motivo per il quale alcuni ritengono i medulloblasti
connessi embriologicamente con le cellule del cervelletto più che con quelle dell'encefalo.
Di medulloblastoma esistevano alcune varianti istologiche (desmoplastico, con estesa
nodularita, anaplastico, con grandi cellule)
2. PNET → tumori neuroectodermali, oggi cancellati perchè la loro nomenclatura non risultava
più adeguata. Essi erano i tumori embrionali piu o meno differenziati e distinti, in base alla
localizzazione, in centrali e periferici.
3. Pinealoblastomi → rimossi dai tumori embrionali e posizionati nella categoria della
ghiandola pineale. Questo perchè sebbene istologicamente facciano parte del gruppo
embrionale, topograficamente sono prettamente localizzati nell'epifisi.

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I tumori embrionali centrali devono il loro nome alla loro localizzazione, principalmente intracranica, come
il medulloblastoma e le sue varianti.
Tuttavia, dalla cellule nervose indifferenziate possono derivare anche dei tumori periferici: tumore di Askin,
sarcoma di Ewing e neuroepitelioma.

Inoltre, proseguendo per le linee che partono dalle cellule indifferenziate si hanno:
 Tumori embrionali della linea gliale come l'ependimoblastoma ed il pinealoblastoma;
 Tumori embrionali della linea neuronale come neuroblastoma e ganglioneuroblastoma
In qualche modo quindi la linea differenziativa della cellula nervosa segue questo percorso con tumori a
cellule indifferenti e poi tumori embrionali con un commitment un pò più spinto.

Tumore di Askin → localizzato in cavita toracica associato a versamento mediastinico e/o sindrome
mediastinica. Il concetto è dunque che i tumori embrionali colpiscono cellule indifferenziate e possono
essere centrali o periferici. Quindi, il tumore di Askin è un tumore embrionale nervoso, ma il tumore di
Askin è solo quello periferico perchè quello descritto è un quadro clinico (edema a mantellina, sindrome
mediastinica, ecc.) e non puo prescindere da quella localizzazione.
Il vetrino quindi non dice Askin ma dice tumore centrale, l'integrazione del vetrino con le altre informazioni
(topografia, clinica, ecc.) permette di dire Askin.
S. di Ewing →Tra i tumori assimilabili agli PNET, si ritrova anche il sarcoma di Ewing, tumore osseo a
cellule indifferenziate embrionali senza alcun accenno alla differenziazione in senso osteoblastico, al
contrario dei tumori mesenchimali come il sarcoma osteogeno.
Si è visto che il sarcoma di Ewing, che spesso presenta la traslocazione 21-22 e/o 11-22 Ewing Sarcoma -
FLI1, puo essere anche a localizzazione extra-scheletrica.
Questa forma presenta alterazioni molecolari simili ai tumori embrionali (ex-PNET), il che ha mostrato che
le cellule estremamente indifferenziate di questa neoplasia possono poi mostrare un commitment nervoso o
mesenchimale.
L'Ewing scheletrico tendera infatti ad un commitment piu mesenchimale sebbene rudimentale,
mentre quello extrascheletrico sembra insorgere con cellule con un commitment nervoso sebbene ancestrale,
al punto di essere imparentato geneticamente con i tumori embrionali del SNC.

NUOVA CLASSIFICAZIONE WHO 2016


Si vede che rispetto a quella del 2007, buona parte della lista è composta dal medulloblastoma.
 Medulloblastomi
 Tumore embrionale con rosette multistrato
 Medulloepitelioma
 Neuroblastoma
 Ganglioneuroblastoma (deriva dalla maturazione del neuroblastoma)
 Tumori embrionali NOS
 Tumore atipico rabdoide/teratoide (rarissimo, con caratteristiche simili ai rabdomioblasti)
 Tumore embrionale con caratteristiche rabdoidi
Nelle prime 3 categorie si trovano tumori indifferenziati, procedendo aumenta il grado di differenziazione.

Medulloblastomi
Dato che precedentemente la classificazione del 2007 divideva i medulloblastomi sfruttando il loro aspetto
istologico, nella nuova WHO si cerco di ricondurre i vari pattern istologici alla mutazione genetica che stava

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alla base. Purtroppo pero non vi è una diretta associazione per tutti i tumori tra istologia e genetica, dunque si
è conservata in parte (1b) la vecchia classificazione istologica.
1a) Medulloblastomi definiti su base genetica
- con attivazione di WNT
- con attivazione di SHH (SonicHedgeHog) e
mutazione di TP53
- con attivazione di SHH e TP53 wild-type
- non WNT / non SHH, divisi in due gruppi
(gruppo 3 e gruppo 4)
1b)Medulloblastomi definiti su base istologica
- m. classico
- desmoplastico/nodulare
- con nodularita estese(MBEN)
- m. a grandi cellule/anaplastico
1c)Medulloblastoma NOS
Qualora non si sia riusciti a tipizzare esattamente il tumore,
lo si inserisce nella categoria NOS.

Tumore embrionale con rosette multistrato


La rosetta è un marcatore morfologico che indica la capacità di queste cellule nervose di disporsi attorno
qualcosa, che sia uno spazio vuoto come un aggregato di fibrille o un vaso ecc. La rosetta di un tumore
maturo è costituita da un monostrato con dei prolungamenti mentre la rosetta di un tumore anaplastico
embrionale immaturo e multistrato con molte cellule.
2a) con alterazione di C19MC
2b) NOS (non si riesce a documentare l’alterazione tipica in presenza di istologia sospetta)

Medulloepitelioma
È un tumore embrionale totalmente indifferenziato, rarissimo, con la caratteristica morfologica di riproporre
strutture tubulari somiglianti alle costituenti del tubo neurale.

Neuroblastoma
Tumore immaturo francamente maligno. Si presenta con piccole cellule rotonde (come tutti i tumori
embrionali) indifferenziate ma committed in senso neuronale per l'espressione di sinaptofisina, antigeni
nervosi e per l'assenza di componente gliale.
È l'unico tumore che va incontro ad una progressione differenziativa, ovvero, nei bambini molto piccoli, puo
divenire un ganglioneuroblastoma, andando contro la classica visione della progressione verso la perdita di
differenziazione tipica dei tumori.
Questo è un criterio diagnostico importante perche se il tumore viene diagnosticato in età neonatale esso
potrà crescere come la parte neuronale sana e dunque avere una prognosi nettamente migliore.
Il neuroblastoma è, insieme al nefroblastoma (o tumore di Wilms), il tumore più frequente dell'età infantile a
livello periferico, individuabile come una massa addominale dovuta ai feocromociti della midollare surrenale,
cellule nervose a tutti gli effetti.

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MEDULLOBLASTOMA
Macroscopicamente il medulloblastoma si presenta come una massa necrotica, variegata con aree di
emorragia che puo invadere cervelletto e IV ventricolo, con caratteristiche tipiche di malignita e con la
capacità di dare le tipiche metastasi gravitazionali per via liquorale, capaci di raggiungere in basso la cauda
equina.

Cervelletto e tronco rappresentano la classica localizzazione del medulloblastoma, che, per via della sua
localizzazione, deve essere distinto dall’astrocitoma pilocitico, tumore gliale tipico dell’infanzia nettamente
più benigno, poichè consistente in una lesione circoscritta.
La massa maligna descritta corrisponde al tipico aspetto dei tumori blastici, a cui si possono associare
caratteristiche tipiche dei singoli tumori.
- T. Wilms → alla massa necrotica si associano abbozzi epiteliali, tubuli e glomeruli abortivi.
- Medulloblastoma → si associano rosette indici di un tentativo di differenziazione neuronale.
- Epatoblastoma → si ritroveranno accenni di trabecole tipiche del fegato.

Medulloblastoma classico → piccole cellule rotonde, indifferenziate senza citoplasma costituite prettamente
da nucleo, capaci di produrre, nei bambini, acido vanilmandelico, dosabile con le urine e classicamente
associato a questa neoplasia. Presenta cellule con gravi atipie citologiche ed elevato indice mitotico.
Medulloblastoma MBEN → sono le stesse del medulloblastoma classico, solo con una organizzazione
istologica diversa (noduli e zone internodulari). Ovviamente oltre all’istologia bisogna valutare
immunoistochimica, clinica e sede della lesione

Non c’è un corrispettivo stabile e fisso tra istologia, prognosi e profilo genetico del medulloblastoma, ecco
perchè è importantissimo, nei referti, segnalare quale sia il profilo genetico e qual’è il pattern istologico del
tumore (ai fini terapeutici).
Sebbene l'associazione genetica-prognosi ci sia in linea di massimo, l'istologia risulta importantissima per
indicare il rischio. Importantissima anche perchè, a parità di mutazione, l'istologia cambia il rischio
drammaticamente (es, il riscontro di cellule anaplastiche).
Risulta ovvio, infatti, che un tumore che presenta cellule anaplastiche e atipiche avra sicuramente altre
mutazioni oltre a quelle prese in esame. Le mutazioni che possono essere presenti sono:
 WNT mutato → è un medulloblastoma a istologica classica e, raramente, a grandi
cellule/anaplastico. Le metastasi sono molto rare, pertanto è un tumore a basso rischio e
prognosi eccellente. Presenta la mutazione di CTNN81 con alterazione del pathway di Wnt e
iperespressione di MYC.
Colpisce maggiormente i bambini, meno gli adulti e per niente i neonati.
 SHH attivato e TP53 mutato → poco frequente, ad alto rischio. Comune sopra i 7 anni e nei
teenagers. È presente nelle varianti istologiche classico, desmoplastico/nodulare e a grandi
cellule/anaplastico. Metastasi infrequenti, mostra una buona prognosi nei bambini e una

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prognosi intermedia negli adulti. Presenta le mutazioni di SMO, SUFU e PTCH1 con
amplificazione di MYCN e GU2. Colpisce di piu bambini e adulti rispetto ai neonati.
 SHH attivato con TP53 wildtype → tumore a rischio standard o che varia in base alla
morfologia.
 Gruppo 3 →Esiste nella variante classica e a grandi cellule/anaplastica, le metastasi sono
molto frequenti e la prognosi è scarsa per la variante anaplastica, a rischio standard per la
variante classica. Iperespressione di MYC. Colpisce maggiormente i bambini, nessun adulto.
 Gruppo 4 → tumore a rischio standard se morfologia classica, ad altro rischio se anaplastico.
A differenza del gruppo 3, minima espressione di MYC e MYCN e amplificazione di CDK6.
Ha una prognosi intermedia e non è ancora ben caratterizzato da un punto di vista genetico.
Colpisce maggiormente i bambini e meno gli adulti.

Tumore residuo post intervento di rimozione


A seconda che vi siano o meno i seguenti fattori, cambia il rischio di recidiva e i danni connessi:
- presenza/assenza di tumore residuo
- massa inferiore/superiore ad 1,5 cm2
- infiltrazione del tronco cerebrale
- infiltrazione in sede extracraniale
- presenza / assenza di metastasi
La somma di tutto quanto detto sino ad ora (istologia, classificazione molecolare, tumore residuo etc) viene
poi tirata per dare quindi l'indicazione generale sul rischio derivante dal medulloblastoma, diviso in basso
rischio, rischio standard, alto rischio e rischio molto alto.

Esempio di diagnosi → Medulloblastoma classico (istologia) WNT (sottotipo molecolare) con MYC
amplificato (dato molecolare) di grado IV (grado WHO).
Se non è possibile caratterizzarlo in questo modo, si parla di NOS.

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TUMORI DELLA REGIONE PINEALE
 Pineocitoma (piccole dimensioni, maturo, grado 1)
 Tumore pineale parenchimale di intermedia differenziazione (grado 2 o 3)
 Pineoblastoma (tumore embrionale di grado 4)
 Tumore papillare della regione pineale (introdotto nel 2007, grado 2 o 3)

PINEOBLASTOMA
Si presenta come un classico tumore embrionale. È la sede che permette la diagnosi.
Tende ad organizzarsi in rosette. Sulle rosette in passato, quando la diagnosi era solo morfologica, si è molto
discusso in letteratura.
Oltre alle rosette intese come marcatore morfologico della linea neurale in generale che presentano al centro
una struttura fibrillare (il punto al centro della rosetta), si sono individuate:
- Rosette di Homer-Right, tipiche del medulloblastoma
- Rosette ependimali
- Pseudo-rosette, localizzate intorno ai vasi
- Rosette pineali, tendenzialmente ovalari

TUMORI DEI PLESSI CORIOIDEI


 Papilloma (benigno, grado 1)
 Papilloma atipico (intermedio, grado 2)
 Carcinoma (maligno, grado 3)

Poichè i plessi corioidei sono rivestiti da un epitelio, le loro neoplasie hanno una terminologia che richiama
quella dei tumori epiteliali. Le cellule di queste neoplasie sono caratterizzate dall'espressione dell'antigene
epiteliale di membrana EMA e da alcune citocheratine che rendono conto della loro origine.
Nel caso in cui ci si trovi davanti ad un papilloma iperproduttivo, evento abbastanza raro, l'esaltata
produzione di liquor dovuta all'espansione di un epitelio differenziato e specializzato in questo compito può
causare idrocefalo. È comunque piu probabile che l'idrocefalo sia dovuto ad ostruzione per una massa.
Papilloma benigno → le papille sono molto differenziate, con un core, costituite da monostrati, indice di
benignità.
Carcinoma anaplastico → la struttura papillare e riconoscibile ma molto piu grossolana con cellule più
"brutte" che presentano numerose mitosi e disposte su piu piani.

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MENINGIOMI
Meningioma (I)
 Meningioma meningoteliale
 Meningioma fibroso
 Meningioma transizionale
 Meningioma psammomatoso
 Meningioma angiomatoso
 Meningioma microcistico
 Meningioma secretorio
 Meningioma ricco di linfoplasmacellule
 Meningioma metaplastico
 Meningioma cordoide
Meningioma a cellule chiare (II)
Meningioma atipico (II)
Meningioma papillare (III)
Meningioma rabdoide (III)
Meningioma anaplastico (maligno) (III)

I primi 10 meningiomi sono tutte varianti morfologiche di meningiomi di I grado (con linfociti, con aspetto
meningoteliale, ecc.). Scendendo in basso, si trovano meningiomi di II grado fino all'ultimo della lista, il
meningioma anaplastico che risulta essere di III grado.
Anche questa volta quindi, nonostante sia da tenere in considerazione la variante istologica, l'informazione
cercata è il grado.
Il meningioma è quasi sempre un tumore di primo grado per via della sua localizzazione periferica e perchè,
rispetto al parenchima cerebrale, è ben enucleabile.
Gia quando si raggiunge il II grado, come nel caso del meningioma atipico può avere una maggiore tendenza
a infiltrare il parenchima cerebrale, il tasso e il rischio di recidive aumenta.
Le prime 10 varianti della classificazione sono considerate di I grado perche hanno una struttura definita,
che sia meningoteliale, microcistica o altra. Quando le cellule del meningioma cominciano ad avere una
crescita solida in maniera diffusa senza seguire un pattern, si ha un segno chiaro di perdita di
differenziazione, sino al raggiungere la componente a piccole cellule con citoplasma sempre più ridotto
con inversione del rapporto nucleo/citoplasma a favore del nucleo con tendenza, quindi, alla
sdifferenziazione.

Naturalmente accanto al percorso istologico che va dal meningioma di I grado al meningioma anaplastico,
passando per le forme intermedie, si ha anche un percorso molecolare dato dalla sommatoria di tutti gli
eventi che accadono alla cellula (delezioni cromosomiche, gain of functions oncogeni e loss of functions
oncosoppressori).

MORFOLOGIA MENINGIOMI BENIGNI


La lesione è facilmente individuabile rispetto alle strutture vicine. È un tumore netto e demarcato
dall'encefalo nonostante la sua dimensione e i fenomeni da compressione derivanti. Questo lo rende ben
resecabile dal parenchima circostante.
Il tessuto è compatto e simil-fibroso, date le origini mesenchimali delle meningi, con aspetto omogeneo. In
generale, la struttura tipica del meningioma richiama quella della cellula dei meningoteli, cioe le cellule
dell'aracnoide.
M. meningoteliale → presenta una struttura vorticoide facilmente riconoscibile.
M. fibroso → le cellule assumono una morfologia fusata simil-fibroblasti.
M. transizionale → presenza di piu pattern nello stesso meningioma.
M. psammomatoso → gli psammoni sono strutture concentriche calcifiche dovute alla deposizione di
Ca2+ a seguito di apoptosi. Poichè sono riscontrabili, oltre che nei meningiomi, anche nel carcinoma
papillare della tiroide, nei carcinomi sieriosi dell'ovaio ed altri, queste lesioni non sono specifiche.
Le strutture vorticose del meningioma possono causare apoptosi e dunque formazione di psammoni che, se
presenti in gran numero, danno il loro nome alla variante del tumore.
M. angiomatoso → meningioma particolarmente ricco di vasi .

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M. secretorio → il tumore produce un materiale Alcian-positivo (mucine acide).
M. xantomatoso → presenta cellule schiumose che costituiscono la maggior parte della lesione

MENINGIOMA ATIPICO
Iniziano a subentrare caratteristiche come perdita della struttura, aumento della cellularità, crescita più
diffusa, aumento delle aree di necrosi (da pochi spot nel meningioma classico a chiare aree di necrosi nel
meningioma anaplastico), aumento dell'attività mitotica.
Alla conta mitotica si associa efficacemente l'anticorpo fondamentale per la valutazione della quota
proliferante della neoplasia, cioe l'anticorpo diretto contro ki67.

Meningioma atipico

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Criteri di individuazione
- Invasione del parenchima cerebrale
- Dopo escursione del vetrino con zoom 40x e dopo aver numerato 10 campi, presenza di > 4 mitosi
- Presenza di tre caratteristiche (cellularità aumentata, necrosi, nucleoli prominenti, crescita diffusa)

Meningioma Anaplastico

TUMORI DEI NERVI CRANICI E PERIFERICI (PARASPINALI)


 Schwannoma (cellulare o plessiforme)
 Schwannoma melanocitico (le cellule tumorali hanno il citoplasma pigmentato di melanina)
 Neurofibroma (atipico o plessiforme)
 Perineurinoma
 Tumore ibrido della guaina del nervo
 Tumore maligno della guaina del nervo periferico (epitelioide o con differenziazione perineurale)

Sono lesioni che si riscontrano soprattutto in periferia


Secondo la WHO 2007 si avevano:
 Schwannoma (comune, benigno)
 Neurofibroma (comune, benigno)
 T. maligno delle guaine dei nervi periferici (MPNST) → tumore maligno di IV grado con le
sue varianti (epitelioide, mesenchimale, melanotico, con differenziazione ghiandolare)
Oggi, nella classificazione del 2016, alcune cose sono state cambiate, in particolare:
- è stato espanso il MPNS
- aggiunzione di una forma ibrida
- separazione dello Schwannoma melanotico (comportamento diverso)

LINFOMI DEL SNC


 Linfoma diffuso a grandi cellule B del SNC (DLBC)
 Linfoma associato all’immunodepressione (AIDS-DLBC, EBV-DLBC, granulomatosi linfomatoide)
 Linfoma a grandi cellule B intravascolare
 Linfoma a cellule B di basso grado
 Linfoma a cellule T e NK
 Linfoma anaplastico a grandi cellule (ALK positivo)
 Linfoma anaplastico a grandi cellule (ALK negativo)
 Linfoma MALT della dura madre
I linfomi primitivi del sistema nervoso centrale spesso sono una condizione correlata all'immuno-
soppressione.
Guardando la classificazione, la prima voce, ovvero quella dei linfomi diffusi B a grandi cellule rappresenta
la maggioranza dei linfomi primitivi del SNC, sebbene siano ovviamente classificati solitamente tra le
patologie linfoproliferative. Molti linfomi della classificazione sono ad esempio correlati ad immunodeficit
da AIDS, associati ad EBV, ecc. Sempre nel 2016, e stato aggiunta la classificazione dei tumori ad origine
istiocitaria.

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Tumori ad origine istiocitaria
 Istiocitosi a cellule di Langerhans
 Sindrome di Erdheim-Chester
 Sindrome di Rosai-Dorfman
 Xantogranuloma giovanile
 Sarcoma istiocitico

TUMORI GERMINALI
Sono tutti tumori di IV grado tranne i teratomi, i quali risentono molto del grado di maturità. Infatti, il
teratoma può non essere maligno se totalmente maturo o molto maligno se immaturo.
 Germinoma
 Carcinoma embrionario
 Tumore del sacco vitellino (Yolk sac tumor)
 Coriocarcinoma
 Teratomi (maturi e immaturi)
 Teratoma maligno
 Tumore misto
I tumori a cellule germinali solitamente si localizzano principalmente a livello delle gonadi, ma possono
anche trovarsi a livello della linea mediana del corpo, motivo per il quale vengono studiati nell'SNC. I tumori
di questo gruppo fanno riferimento all'indirizzo che segue la cellula.
Quando la neoplasia deriva da cellule germinali propriamente dette si avranno:
- Seminoma (testicolo)
- Disgerminoma (ovaio)
- Germinoma (lungo la linea mediana)

Quando la neoplasia si differenzia verso strutture extraembrionali (non fanno parte dell’embrione)
- Yolk sac tumor dal sacco vitellino (con i tipici corpi di Schiller–Duval e produzione di α-
fetoproteina)
- Coriocarcinoma dal trofoblasto con produzione di hCG

Esistono tumori con differenziazione verso strutture somatiche dell'embrione, cioe carcinoma embrionario
(struttura organoide francamente maligna di IV grado), o verso i 3 foglietti, ovvero i teratomi.
Vi è la possibilità che questi tumori teratomatosi possano avere una composizione mono, bi- o trifillica a
seconda che vi siano strutture derivanti da 1,2 o tutti e 3 i foglietti embrionali.

TERATOMA
I teratomi possono avere diverso grado di maturazione.
Per i teratomi, data la grande variabilità maturativa, non vi è un grading in base alla sua istologia, si trova
solo l'indicazione del grado di maturità e l'eventuale associazione con un carcinoma embrionario, entità
neoplastica indicata come teratocarcinoma, tumore maligno.
Quindi, in conclusione, il teratoma è l'unico tra i tumori germinali che puo avere un comportamento benigno
o maligno, al contrario di tutti gli altri che vengono considerati di IV grado.
Esempio della cisti dermoide → Essa è una lesione cistica al cui interno si trovano sebo, peli e abbozzi
dentari, cioè essa è un teratoma monofillico, poichè costituito solo da strutture neuroectodermali ma cistico e
maturo.
A volte nella cisti dermoide è riscontrabile tessuto nervoso, quasi sempre immaturo, il che indica che stavolta
si è di fronte un teratoma immaturo, non biologicamente maligno, che però necessita di molta attenzione dato
che deriva da una cellula non differenziata.

TUMORI DELLA REGIONE SELLARE


Strani tumori, classificati in base alla loro topografia. Tra questi non si trovano gli adenomi ipofisari perche
essi fanno parte dei tumori del sistema endocrino.
 Craniofaringioma (papillare e adamantinomatoso)
 Tumore a cellule granulari

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 Pituicitoma (tumori non funzionanti che derivano dai pituiciti)
 Oncocitoma a cellule mandrino

TUMORI DEL SNC E SINDROMI TUMORALI FAMILIARI


I tumori del SNC spesso possono trovarsi in associazione a sindromi genetiche, come la Sindrome di von
Hippel-Lindau, la Sclerosi tuberosa, le Neurofibromatosi (con le classiche "macchie di caffe-latte cutanee") e
la Li-Fraumeni (dovuta a mutazione di p53, primo caso in cui venne studiato)
 Sindrome di Cowden (polipi associati a tumori cerebrali)
 Sindrome di Turcot
 Sindrome di Gardner
 Sindrome del nevo displastico

METASTASI DEL SNC


Le metastasi a livello del SNC possono solitamente arrivare per via ematica o per contiguità.
Importante è ricordare che le neoplasie delle regione testa-collo hanno spesso una modalita di diffusione
definita via perineurale. Le neoplasie secondarie tendono ad avere una multilocalizzazione, soprattutto
qualora la metastasi sia di origine ematica.

I secondarismi più frequenti sono quelli dati dai tumori "classici":


 carcinoma polmonare (50%)
 carcinoma mammella (15%)
 cute/melanoma (10%)
 primitività sconosciuta (11%)
Il melanoma è un classico esempio di tumore encefalotilo, poichè mostra spiccato tropismo per l'encefalo.
L'incidenza delle metastasi da melanoma risulta dunque bassa non per la difficoltà di questo tumore nel dare
metastasi in questa regione, ma grazie alla facilità dello screening e dell'individuazione delle lesioni primarie.
Si utilizza quindi l'immunoistochimica per risalire alla lesione primaria per adottare la terapia migliore
possibile nella speranza di trovarla.

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