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ANESTESIA IN NEUROCHIRURGIA

L'anestesia per il paziente sottoposto a procedura neurochirurgica ed endovascolare presenta


considerazioni speciali. Il cervello è un organo altamente vascolare racchiuso all'interno di un cranio
rigido. Gli aspetti centrali della gestione dell'anestesia degli interventi intracranici sono il
mantenimento dell'omeostasi cerebrale e la prevenzione del danno cerebrale secondario.
L'attenzione si concentra sul metabolismo cerebrale e sulla pressione di perfusione, sul flusso
sanguigno cerebrale e sulla pressione intracranica. Garantire l'equilibrio di questi parametri è il
compito essenziale dell'anestesista.

Concetti di base:
METABOLISMO CEREBRALE:
Il metabolismo cerebrale coinvolge sia la produzione che l’utilizzo di energia. Per la formazione di
energia il principale processo catabolico è la scomposizione del glucosio con la formazione finale di
energia sotto forma di adenosina trifosfato (ATP). Il glucosio è infatti la principale sostanza utilizzata
per la produzione di energia nel cervello.
Il glucosio non può attraversare liberamente la barriera ematoencefalica, il trasporto prevede quindi
l’utilizzo di un trasportatore che ne permette il passaggio secondo gradiente di concentrazione.
Normalmente i livelli ematici di glucosio sono ben regolati in modo che le concentrazioni nel cervello
siano adeguate; tuttavia, se i livelli ematici diminuiscono, l'apporto di glucosio non può soddisfare il
fabbisogno energetico del cervello, quindi livelli adeguati di glucosio nel sangue sono fondamentali
per la normale attività cerebrale. La normale funzione cellulare richiede anche il mantenimento
dell'omeostasi ionica, che per i neuroni richiede una grande quantità di energia.
Quando i livelli di glucosio ed ossigeno sono sufficienti più del 90% del glucosio viene metabolizzato
a piruvato con il processo di glicolisi aerobica, dando origine alla produzione di ATP, una piccola
quantità invece con il processo anaerobio determina la produzione di lattato. In assenza di ossigeno i
processi di glicolisi vengono modificati in forma di glicolisi anaerobica. Questo processo produce
ioni idrogeno, che possono accentuare il danno neuronale se il pH intracellulare diminuisce. Un
grosso problema con la glicolisi anaerobica, oltre ad abbassare il pH, è che sono solo due le molecole
di ATP che si formano per ogni molecola di glucosio metabolizzato. Questo livello di produzione di
ATP è insufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico del cervello.
I meccanismi fisiopatologici delle lesioni cerebrali sono compresi solo in modo incompleto ma per la
maggior parte essi sembrano essere determinati da un fallimento dei processi anabolici nel mantenere
normale la funzione cellulare.
Il metabolismo e l’attività cerebrale sono strettamente collegati, e allo stesso modo anche il
metabolismo ed il flusso ematico cerebrale: se l’attività cerebrale aumenta, aumentano anche il
metabolismo cerebrale e il flusso ematico cerebrale. Anche la temperatura corporea influisce sul
metabolismo cerebrale: l’ipotermia riduce il metabolismo ed il flusso ematico cerebrale, l’ipertermia
invece aumenta entrambi i parametri.
FLUSSO EMATICO CEREBRALE:
La mancanza di una riserva di substrato nel SNC e la sua incapacità di sostenere il metabolismo
anaerobico per più di pochi minuti richiede un flusso sanguigno costante che sia finemente adattato
alle esigenze metaboliche del tessuto. Il SNC è un organo complesso e diversificato che comprende
molteplici suddivisioni funzionali. I neuroni rappresentano circa la metà del volume cerebrale; il resto
è costituito da elementi gliali e vascolari.
Flusso e metabolismo sono accoppiati e in condizioni fisiologiche, compreso sedazione e anestesia
generale, questo accoppiamento è generalmente conservato. Agenti anestetici endovenosi come il
propofol sembrano preservare l'accoppiamento flusso-metabolismo meglio degli agenti volatili.
Quindi l’importanza del flusso ematico cerebrale in neuroanestesia è legata prevalentemente alla
stretta correlazione esistente tra: perfusione cerebrale, volume ematico cerebrale e pressione
intracranica: un aumento del flusso ematico cerebrale e del volume ematico cerebrale provoca un
aumento della pressione intracranica.
L’apporto ematico cerebrale avviene quasi esclusivamente da parte dell’arteria carotide interna e
delle arterie vertebrali. Le due arterie vertebrali si uniscono all’altezza della base cranica per formare
l’arteria basilare, che viene messa in comunicazione con l’arteria carotide interna attraverso il circolo
di Willis. Le arterie cerebrali originano dal circolo di Willis. Le vene cerebrali, caratterizzate da una
parete sottile molto elastica e senza valvole, convogliano il sangue verso i grossi seni venosi della
dura madre. Il sangue defluisce quindi in gran parte nelle vene giugulari interne, in quantità minore
invece nelle vene vertebrali e spinali.
Il flusso ematico cerebrale (CBF) è influenzato essenzialmente da due parametri: la pressione di
perfusione cerebrale (CPP) e le resistenze vascolari cerebrali (CVR).
Concettualmente, un modo conveniente per modellare la circolazione cerebrale è immaginare un
sistema parallelo di tubi rigidi in cui si applicherebbe la legge di Ohm:

dove F è flusso, Pi è la pressione in ingresso, Po è la pressione in uscita e R è resistenza.


La pressione di perfusione cerebrale (CPP) è la differenza tra la pressione arteriosa media (PAM o
MAP) e la pressione endocranica (PIC o ICP).
CPP = PAM – PIC (mmHg)
La resistenza circolatoria può invece essere descritta in termini di Relazione Hagen-Poiseuille, come
segue:

dove l è la lunghezza del condotto; μ è la viscosità del sangue; e r è il raggio del vaso.
Il flusso ematico cerebrale ed il metabolismo presentano una grande differenza nelle diverse aree
cerebrali; la perfusione totale cerebrale rimane però relativamente costante, indipendentemente dallo
stato di attività; il volume ematico cerebrale è perciò in qualsiasi momento circa 100-150 ml.
Grazie al meccanismo di autoregolazione cerebrale il cervello mantiene costante la sua perfusione,
indipendentemente dalla PAM, dalla gittata cardiaca e dalla pressione di perfusione cerebrale. Il
flusso ematico cerebrale rimane costante perché le arterie cerebrali modificano il loro calibro in base
alle variazioni della pressione di perfusione cerebrale:
 Se la pressione di perfusione cerebrale diminuisce, si ha una dilatazione delle arterie cerebrali;
 Se la pressione di perfusione aumenta, si assiste ad una vasocostrizione arteriolare cerebrale.
Se però viene oltrepassato il limite inferiore o superiore dell’autoregolazione, il flusso ematico
cerebrale segue passivamente le modificazioni della pressione di perfusione cerebrale. È importante
notare quindi che questo meccanismo funziona soltanto in un range di pressione arteriosa sistemica
media compreso fra 50 e 160 mmHg. Sotto o sopra questi estremi l’autoregolazione è già massimale.
L'autoregolazione cerebrale è quindi un processo che mira a mantenere un adeguato e stabile flusso
sanguigno nel cervello. Mentre la maggior parte dei sistemi del corpo mostrano un certo grado di
autoregolazione, il cervello è molto sensibile alla iper- e all'ipoperfusione. La perfusione del cervello
è essenziale per la vita dal momento che il cervello ha un elevato fabbisogno metabolico. Attraverso
l'autoregolazione cerebrale il corpo è in grado di fornire sufficiente sangue contenente ossigeno e
nutrienti al tessuto cerebrale per questa sua necessità e rimuovere l'anidride carbonica e altri prodotti
di scarto. Tuttavia, a causa delle importanti influenze dei livelli del tasso arterioso del diossido di
carbonio cerebrale, dell'attivazione neurale, dell'attività del sistema nervoso simpatico, della postura,
nonché altre variabili fisiologiche, l'autoregolazione cerebrale è spesso interpretata come la più ampia
regolamentazione nel campo del flusso sanguigno cerebrale.
La diminuzione dell'efficacia di questi meccanismi può verificarsi ad esempio dopo ictus, traumi o
anestesia, nei neonati prematuri o lesioni cerebrali recidivanti. La misurazione non invasiva di segnali
fisiologici importanti come il flusso ematico cerebrale, la pressione intracranica, la pressione
sanguigna, i livelli di anidride carbonica, il consumo di ossigeno cerebrale, eccetera è piuttosto
impegnativo e ancor di più la successiva valutazione dei sistemi di controllo.
Cosa causa il fallimento dell'autoregolazione?
L'approccio semplicistico è invocare acidosi tissutale o accumulo locale di “metaboliti nocivi", ma
non tiene conto di tutti i casi.
Paulson e colleghi hanno coniato il termine "vasoparalisi dissociata" per descrivere la reattività alla
CO2 conservata con perdita di capacità di autoregolazione alle variazioni della pressione sanguigna.
Questa risposta può essere osservata nelle regioni controlaterali al tumore o infarto o durante
iperperfusione. Tale dissociazione tra due preminenti stimoli vasomotori sottolinea che la regolazione
della pressione è molto più vulnerabile della perdita di reattività alla CO2 o, possibilmente, di altri
influenze sui meccanismi regolatori. La perdita totale di reattività alla CO2 è probabilmente un evento
preterminale. Un fenomeno correlato è la diaschisi, il verificarsi di ipoperfusione e ipometabolismo
lontano da un'area danneggiata.
L’autoregolazione può inoltre essere facilmente danneggiata oppure abolita da molteplici fattori,
come:
 Ipossia
 Ipercapnia
 Ischemia
 Traumi cerebrali
 Anestetici
Se l’autoregolazione è abolita i pazienti possono andare incontro a: ischemia cerebrale con un
conseguente danno funzionale e strutturale, oppure iperemia cerebrale con aumento della pressione
endocranica e danneggiamento del tessuto cerebrale.
Vi sono diversi legami regionali di suscettibilità all'ischemia e alla "svolta" circolatoria. L'ippocampo,
per esempio, è squisitamente sensibile all’ischemia. In precedenza si pensava che questa funzionalità
fosse semplicemente a funzione dello stato metabolico basale del tessuto, cioè maggiore è il tasso
metabolico, più il tessuto è suscettibile all’ischemia. Tuttavia, questa sensibilità coinvolge
indubbiamente altri meccanismi.
Il flusso ematico cerebrale è regolato anche da fattori metabolici, chimici e neurogeni:
 Se aumenta il metabolismo cerebrale, aumenta il flusso ematico cerebrale regionale; nello
stato di coma entrambi si riducono; durante le crisi generalizzate sono invece aumentati.
 Lo stimolo del dolore aumenta il consumo di ossigeno cerebrale e il flusso ematico cerebrale.
 La CO2 può produrre cambiamenti marcati nella resistenza cerebrovascolare (CVR) e nel
CBF. In un intervallo di valori di PaCO2 da 20 a 80 mmHg, per ogni aumento o diminuzione
di 1 mmHg della PaCO2 c'è un aumento o una diminuzione dal 2% al 4% del CBF.
L’ipocapnia causa una vasocostrizione cerebrale con riduzione del flusso ematico cerebrale;
l’ipercapnia causa una dilatazione dei vasi cerebrali con aumento del flusso.
La risposta vascolare cerebrale alla CO2 è mediata dalla concentrazione degli H+, cioè del
pH del liquor e del liquido cerebrale extracellulare.
 Variazioni di paO2 nei limiti fisiologici non influenzano il flusso ematico cerebrale;
L'ipossiemia, tuttavia, è un potente stimolo per la dilatazione arteriolare quindi diminuisce il
CBF, producendo una modesta diminuzione dal 10% al 15%. Solo se la paO2 scende al di
sotto di 50 mmHg aumenta di molto il flusso e all'incirca raddoppia a una PaO2 di 30 mmHg.
Valori molto bassi di paO2 si accompagnano ad un aumento dei lattati cerebrali e quindi ad
un’acidosi lattica cerebrale con aumento degli ioni H+.
Pressioni parziali di ossigeno elevate provocano invece una vasocostrizione cerebrale con
riduzione del flusso ematico cerebrale. L’iperossia diminuisce il CBF, producendo una
modesta diminuzione dal 10% al 15%.

 FARMACI ANESTETICI: Gli effetti degli anestetici o dei farmaci correlati alla dose (p.
es., isoflurano, des flurane e sevoflurano) possono alterare le risposte vasoattive come fanno
la pressione sanguigna e la CO2. Gli effetti vasodilatatori degli agenti anestetici volatili sono
evidenti a concentrazioni alveolari minime (MAC) superiori a 1,5. A MAC più elevati, gli
agenti anestetici volatili possono attenuare la risposta alla CO2 o rendere passiva la pressione
CBF. La reattività assoluta alla CO2 viene invece preservata durante l'uso intraoperatorio di
un narcotico, come come fentanil o remifentanil. Viene preservata anche la reattività alla
CO2 con anestesia endovenosa con propofol.
L'anestesia endovenosa totale con propofol e remifentanil generalmente preserva la
risposta alla CO2 e protegge meglio l'autoregolazione della pressione rispetto a quella con
agenti anestetici volatili.
A causa dell'accoppiamento del metabolismo e del flusso, l'aumento progressivo della
profondità dell'anestesia con propofol provoca una diminuzione del CBF. Al contrario, gli
agenti anestetici volatili in concentrazioni superiori a 1,5 MAC sono associati ad un aumento
sproporzionato del CBF.
L'effetto della ketamina, un antagonista del recettore N-metil-D-aspartato (NMDA)
utilizzato con frequenza crescente come anestetico endovenoso adiuvante, sul CBF è
complesso. In pazienti svegli volontari, dosi sub-sedative di ketamina hanno aumentato il CBF
in alcune regioni del cervello. Nei pazienti anestetizzati, tuttavia, questi effetti possono essere
ridotti dalla somministrazione concomitante di benzodiazepine e ventilazione controllata.
La dexmedetomidina, un agonista del recettore α2 per via endovenosa, riduce il CBF.
Molti degli eventi fisiopatologici che portano a irreversibile danno neuronale sono probabilmente
dovuti a lesioni subite durante la riperfusione del tessuto ischemico, forse per riossigenazione. Il
significato dell'ipoperfusione in relazione al danno neuronale non è chiaro e sembra essere coinvolta
la sindrome di ipoperfusione ritardata.
L'ipoperfusione porta all'ischemia cerebrale.
La distinzione di ischemia completa o incompleta, tuttavia, potrebbe avere conseguenze metaboliche
e, soprattutto, l'ischemia regionale o focale comporta la possibilità di fornitura collaterale di CBF.
Man mano che il CPP diminuisce verso il limite inferiore di autoregolazione (circa 50 mmHg), i
vasi di resistenza arteriolare si dilatano e il CBV aumenta. Al limite inferiore di autoregolazione,
tuttavia, la capacità di vasodilatazione è esaurita, la circolazione non può diminuire la resistenza
ulteriormente per mantenere il flusso e CBF inizia a diminuire passivamente poiché il CPP diminuisce
ulteriormente. All'inizio, un aumento dell'estrazione di ossigeno compensa il declino passivo del
CBF. Quando l'estrazione di ossigeno è massima, CMRO2 inizia a diminuire. Di conseguenza, la
trasmissione sinaptica diventa compromessa e alla fine fallisce completamente, come manifestato da
un EEG isoelettrico. A questo punto è disponibile energia sufficiente per mantenere i neuroni vivi,
ma il “lavoro” neuronale è abolito. Procedendo, livelli di flusso ancora più bassi provocano un
"cedimento della membrana" (Na+, Ca2+, e acqua entrano, e K+ esce dalla cella; cioè, edema
citotossico). Tali riduzioni di CBF sono nell'intervallo letale e provocano un infarto se non corretti.
PRESSIONE INTRACRANICA:
Il cranio è una struttura rigida semiaperta all’interno della quale si trovano: tessuto cerebrale, volume
ematico, liquor cerebrospinale.
Le varie e complesse funzioni del CSF comprendono la protezione, supporto e regolazione chimica
del cervello. La bassa gravità specifica del liquido cerebrospinale (1.007) rispetto a quella del cervello
(1.040) riduce la massa effettiva di un cervello di 1400 g a soli 47 g. In continuità con il cervello ECF,
CSF fornisce una fornitura stabile di substrati, principalmente glucosio. Il liquido cerebrospinale
mantiene l'ambiente chimicamente preciso come richiesto per la neurotrasmissione e rimuove i
prodotti metabolici indesiderati, farmaci e sostanze nocive derivanti da lesioni al SNC.
La pressione intracranica (PIC) è determinata dalla somma delle pressioni esercitate da questi
singoli componenti. Il parenchima cerebrale occupa la maggior parte della scatola cranica, non è
comprimibile e in presenza di una lesione espansiva intracranica reagisce con uno shift seguito da
disturbi neurologici. Il volume cerebrale può aumentare a causa di una massa tumorale, edema o
iperemia cerebrale. In condizioni fisiologiche la pressione liquorale è determinata dall’equilibrio tra
la produzione ed il riassorbimento del liquor.
Valutazione preoperatoria:
I pazienti neurochirurgici variano ampiamente nella loro presentazione, da un paziente vigile e
coerente che si presenta per una procedura elettiva a un paziente con uno stato neurologico depresso
a causa di un devastante insulto neurologico per una procedura emergente. Pertanto, la diagnosi, lo
stato fisico e neurologico preoperatorio dettagliato e l'urgenza della procedura sono considerazioni
preoperatorie importanti per formulare un piano anestetico appropriato.
Oltre alla valutazione e alla preparazione di routine di qualsiasi paziente preoperatorio, si dovrebbe
porre l'accento sulla revisione del sistema neurologico e sulle comorbidità della malattia e del
paziente. Un'anamnesi neurologica è obbligatoria e dovrebbe includere il tipo e la sede della lesione,
i sintomi e i farmaci correlati al problema neurologico, nonché il piano di trattamento che può
comportare sia un intervento chirurgico che/o una terapia endovascolare. Le domande che aiuteranno
a ottenere ulteriori informazioni illecite includono una storia di convulsioni, deficit neurologici, segni
e sintomi di aumento della pressione intracranica (ICP) come mal di testa, nausea, vomito, confusione
e una storia di attacchi ischemici transitori (TIA) o ictus.
La presenza di una lesione occupante spazio all’interno del cranio determina una compressione del
tessuto sano circostante. Questo determina spesso alterazioni della barriera ematoencefalica con
edema peri lesionale e perdita dell’autoregolazione cerebrale. La riduzione della compliance
cerebrale viene valutata nel preoperatorio mediante TC o RM encefalo che possono mostrare segni
indiretti di aumento della pressione intracranica: scomparsa dei solchi e/o dei ventricoli, obliterazione
delle cisterne della base, shift della linea mediana. Si valuta inoltre la sede della lesione e i suoi
rapporti con altre strutture, in particolare i vasi intracranici. Si valuta inoltre la vascolarizzazione della
lesione: meningiomi, lesioni di alto grado o metastatiche sono spesso ipervascolarizzate ed espongono
quindi il paziente a rischio di sanguinamento intraoperatorio. Per questi pazienti è spesso necessario
predisporre un predeposito di emazie concentrate compatibili.
In caso di lesioni espansive dell’ipofisi bisogna valutare anche i segni sistemici della patologia, (es.
ipertensione, acromegalia – i pazienti acromegalici da lesione ipofisaria ipersecernente GH possono
avere un rischio aumentato di intubazione difficile) ed eseguire una valutazione della funzionalità
endocrina con valutazione degli elettroliti sierici.
Nel caso di lesioni della colonna vertebrale da sottoporre ad intervento chirurgico è fondamentale
annotare la presenza di sintomi associati e di un eventuale livello sensitivo e motorio prechirurgico.
La revisione e l'ottimizzazione del sistema respiratorio è importante per garantire un'adeguata
ossigenazione e ventilazione intra e postoperatoria. I pazienti con malattie polmonari acute e croniche
devono stabilizzare la loro malattia prima dell'intervento. I pazienti con disturbi neurologici possono
avere complicazioni respiratorie come l'aspirazione del contenuto gastrico e la polmonite, che
possono influenzare negativamente l'esito neurologico e la sopravvivenza. Nei pazienti con danno
cerebrale, emorragia subaracnoidea (SAH) e ictus può verificarsi edema polmonare neurogeno.
Anche altri disturbi medici come il diabete, l'insufficienza renale e le malattie epatiche influenzeranno
la gestione del paziente e dovranno essere ottimizzati. Esiste un'associazione avversa di iperglicemia
ed esito neurochirurgico. In generale, la glicemia deve essere monitorata frequentemente con
l'obiettivo di evitare l'ipo o l'iperglicemia e il mantenimento dei livelli di zucchero tra 100 mg/dl e
150 mg/dl.
Nel periodo preoperatorio i pazienti neurochirurgici presentano spesso rapide variazioni del volume
intravascolare precipitate da emorragia, disidratazione, somministrazione di diuretici e mannitolo e
restrizione di liquidi. La gestione dei fluidi nel paziente neurochirurgico prende in considerazione il
ripristino del volume intravascolare, il mantenimento della pressione di perfusione cerebrale e
l'evitamento di fluidi iperglicemici e ipotonici. Vengono utilizzate soluzioni iso-osmolari, come
soluzione salina allo 0,9% in quanto non modificano l'osmolalità plasmatica e quindi non aumentano
il contenuto di acqua nel cervello. Le soluzioni contenenti glucosio e le soluzioni ipo-osmolari, come
il Ringer lattato, vengono evitate poiché l'osmolalità plasmatica è ridotta, di conseguenza aumenta il
contenuto di acqua nel cervello, peggiorando l'edema cerebrale. Le somministrazioni di farmaci,
come il mannitolo, dovranno essere attentamente titolate in presenza di insufficienza renale e
insufficienza cardiaca congestizia.
La continuazione preoperatoria della maggior parte dei farmaci in corso è generalmente semplice,
ma la continuazione dei farmaci specifici per i disturbi neurologici dipenderà dalle raccomandazioni
del neurochirurgo o del neurologo.
Quando il paziente è già in terapia con farmaci antiepilettici occorre continuare la loro
somministrazione per tutto il periodo perioperatorio. Anche i Cortocosteroidi iniziati prima per la
presenza di edema perilesionale vanno continuati nel periodo perioperatorio. I farmaci antipiastrinici,
compreso acido acetilsalicilico, andrebbero sospesi in caso di craniotomia. Nel caso di pazienti ad
alto rischio di trombosi coronarica si può valutare un bridge therapy con inibitori dei recettori
piastrinici. Fattori da considerare sono l'urgenza della procedura e la presenza di rischi trombotici o
emorragici.
Diversi studi recenti dimostrano che i pazienti sottoposti a intervento chirurgico per tumore al cervello
hanno un rischio particolarmente elevato di TEV (tromboembolismo venoso). I fattori di rischio per
la TEV nei pazienti sottoposti a craniotomia includono un intervento chirurgico per tumore al
cervello, debolezza alle gambe, durata dell'intervento chirurgico e assenza di tromboprofilassi.
Nei pazienti sottoposti a craniotomia a rischio particolarmente elevato di tromboembolismo venoso,
le linee guida europee sulla profilassi del tromboembolismo venoso perioperatorio suggeriscono di
considerare l'inizio della tromboprofilassi meccanica con IPC preoperatoriamente con l'aggiunta di
eparina a basso peso molecolare (LMWH) nel postoperatorio quando si presume che il rischio di
sanguinamento sia diminuito (Grado 2C). Nei pazienti con emorragia intracranica non traumatica, si
suggerisce la tromboprofilassi con IPC (Grado 2C). Per i pazienti che hanno avuto un'emorragia
intracranica non traumatica, suggeriamo di prendere in considerazione l'inizio di EBPM o eparina
non frazionata a basse dosi quando si presume che il rischio di sanguinamento sia basso (Grado 2C).
Si suggerisce di continuare la tromboprofilassi fino alla completa mobilizzazione del paziente.
L'esame fisico del paziente deve enfatizzare il sistema neurologico, nonché quello cardiaco e
respiratorio. La documentazione della valutazione del sistema neurologico è utile per la cura continua
del paziente. Ciò include la funzione cognitiva preoperatoria del paziente (livello di coscienza,
comunicazione e intelletto) e il linguaggio (capacità di comunicare in forma scritta e verbale). La
Glasgow Coma Scale (GCS) è un mezzo standard di valutazione dello stato neurologico. Il GCS può
assistere l'anestesista nella valutazione del paziente e nell'urgenza della necessità di intubazione e
intervento neurochirurgico. È necessario un breve esame della funzione sensoriale e motoria con
documentazione di eventuali deficit, come debolezza o perdita di sensibilità delle estremità.
Il coinvolgimento o la disfunzione di uno o più nervi cranici può influenzare la gestione del paziente
durante l'anestesia. Ad esempio, il nervo oculomotore controlla le dimensioni pupillari e la risposta
alla luce; le dimensioni della pupilla preoperatoria devono essere documentate per la successiva
valutazione della profondità dell'anestetico e per il confronto con i cambiamenti della pupilla
postoperatori.
Gestione intraoperatoria
Gli obiettivi principali dell'anestesia neurochirurgica sono fornire un'adeguata perfusione tissutale
al cervello (e al midollo spinale) in modo da soddisfare la domanda metabolica regionale e fornire le
adeguate condizioni chirurgiche (un "cervello rilassato"). Se i farmaci anestetici o le tecniche
anestetiche vengono utilizzate in modo improprio, possono peggiorare la condizione patologica
intracranica esistente e possono produrre nuovi danni.
Alcuni anestetici o tecniche anestetiche possono inoltre aiutare a proteggere il cervello sottoposto a
stress metabolico o persino migliorare il danno da un tale insulto. Quindi, la conoscenza degli effetti
degli anestetici e delle tecniche anestetiche sulla circolazione cerebrale, il metabolismo e la pressione
intracranica (ICP) sia in condizioni normali che patologiche è importante.
Inoltre, una particolare attenzione deve essere prestata nel caso di neurochirurgia funzionale o
chirurgia mininvasiva, come chirurgia da sveglio, chirurgia stereotassica, identificazione di focolai
epilettici e procedure interventistiche neuroradiologiche, in cui gli anestesisti dovrebbero considerare
l'uso di anestetici e farmaci adiuvanti che consentono il controllo dello stato di sonno-veglia-sonno o
sedazione con analgesia e nessuna o minima interferenza con monitoraggio elettrofisiologico
cerebrale o reperti neurologici. Pur fornendo un tale stato, l'anestesista dovrebbe garantire la pervietà
delle vie aeree con una ventilazione ben mantenuta e stabilità circolatoria.

POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE:


È fondamentale verificare il corretto posizionamento del capo in modo da garantire un adeguato
deflusso del sangue venoso intracranico. Il capo viene fissato con una testiera al letto operatorio (e.g.,
testiera di Mayfield, testiera a ferro di cavallo). Controllare sempre che il collo non sia
eccessivamente flesso o ruotato per evitare compressioni delle vene giugulari interne. Negli interventi
di craniotomia la testa del paziente è coperta dai teli chirurgici sterili e spesso lontana dall'anestesista,
pertanto l'accesso alle vie aeree può risultare difficoltoso. È quindi fondamentale assicurare una
fissazione del tubo endotracheale e dei tubi di raccordo al ventilatore prima dell'inizio dell'intervento,
al fine di evitare estubazione o dislocazione accidentale del tubo endotracheale.
Nel caso di interventi eseguiti in posizione prona è importante controllare che i bulbi oculari risultino
protetti che non siano a diretto contatto con superfici che determinano la loro compressione per evitare
lesioni oculari. L’assistito può essere posizionato con due supporti per il torace che si estendono dalle
clavicole alle creste iliache, i supporti per il torace devono consentire la completa espansione toracica
e addominale. Il seno, l’addome e i genitali devono essere posizionati evitando torsioni o pressioni.
Imbottire in corrispondenza delle ginocchia, le dita dei piedi devono essere sollevate dal materasso,
posizionando delle imbottiture/cuscini/posizionatori sotto le gambe.

In caso di chirurgia a livello cervicale, l'intervento può essere eseguito in posizione supina (accesso
chirurgico anteriore) o in posizione prona. In presenza di lesioni instabili della colonna a questo
livello, sarà molto importante mantenere in asse il capo evitandone l'iperestensione. Quando il
paziente va posizionato in decubito ventrale è molto importante mantenere in asse la colonna
vertebrale (soprattutto in presenza di pazienti con lesioni instabili della colonna c danno neurologico
associato); è necessario inoltre porre attenzione che il tubo endotracheale non si dislochi e che non vi
sia pressione diretta a livello dei globi oculari. Una potenziale complicanza degli interventi eseguiti
da prono è la neuropatia ottica ischemica la cui eziologia non è chiara: nella sua insorgenza sembrano
essere implicati la lunga durata dell'intervento, l'infusione di grandi quantità di liquidi ev, eventuali
perdite ematiche importanti e l'ipotensione.
Nel caso di pazienti candidati ad intervento NCH da eseguire in posizione seduta, a causa dell'elevato
rischio di embolia gassosa, occorre eseguire una valutazione cardiologica con ecocardiogramma o
esecuzione di Doppler transcranico con "bubble test per escludere la presenza di forame ovale pervio
(FOP) o altri shunt intracardiaci, controindicazioni relative all'esecuzione di intervento in posizione
seduta per l'alto rischio di embolia gassosa paradossa. Occorre inoltre informare il paziente sulla
necessità di posizionamento di catetere venoso centrale, per rimuovere eventuali emboli gassosi in
atrio, ed eventualmente di sonda ecocardiografica transesofagea per monitoraggio intraoperatorio in
continuo.
AGENTI ANESTETICI:
I farmaci utilizzati in anestesia hanno effetti diretti o indiretti sul Flusso ematico cerebrale, CMR02
(consumo cerebrale di ossigeno) e PIC (pressione intracranica).
 GABAergici (barbiturici, benzodiazepine, propofol}:
si legano ai recettori GABAergici facilitando l'azione del GABA (neurotrasmettirore inibitorio) che
determina un'iperpolarizzazione del neurone postsinaptico, rendendolo così ineccitabile. Questo
determina una riduzione dose-dipendente del CMR02 per riduzione dell'attività elettrica neuronale (e
non dell'attività metabolica basale), a sua volta causa della riduzione del del FECe della PIC. A livello
elemoencefalografico, questo effetto è visibile come progressivo rallentamento del tracciato di fondo
fino a un quadro di EEG isoelettrico: con questi agenti è fondamentale monitorizzare la profondità di
anestesia.
 ketamina:
è un antagonista dei recettori NMDA del glutammato e determina un blocco dell'attività eccitatoria
stnaptìca. In condizioni di ischemia cerebrale questo recettore è stimolato da un eccesso di
glutammato (il principale neurotrasmettitore eccitatorio): la ketamina sembrerebbe avere un ruolo
protettivo in queste situazioni. Determina inoltre vasodilatazione, con aumento del flusso ematico
cerebrale, della pressione intracranica, e aumento del consumo cerebrale di 02. Tuttavia, quando usata
in associazione con altri agenti anestetici e in condizioni di normocapnia, non determina un aumento
della PIC.
 dexmedetomidina:
è un agonista a2 adrenergico che esercita la propria azione principalmente a livello del locus
coeruleus, determinando una riduzione dei livelli di coscienza, e a livello del midollo spinale, dove
esercita effetti analgesici. La dexmederomidina ha inoltre proprietà simpaticolitiche per riduzione dei
livelli di catecolamine in circolo, determinando bradicardia e vasodilatazione periferica, riduzione dei
radicali liberi dell'ossigeno e dei livelli di glutammato (con diminuzione del rischio di eccitotossici):
questo sarebbe alla base dell'azione neuroprotettiva della dexmedetomidina
 Alogenati:
causano tutti una vasodilatazione cerebrale dose-dipendente (isoflurano > desflurano > sevoflurano)
con reattìvità alla CO2 mantenuta. All'aumentare della concentrazione minima alveolare (MAC), si
riduce la CMRO2 e ad alte concentrazioni di alogenato si ha un'attenuazione fino alla scomparsa del
meccanismo di autoregolazione cerebrale: con sevoflurano è mantenuta fino a valori di MAC 1.5,
mentre nel caso di desflurano è alterata già a partire da MAC pari a l. Il sevoflurano è epilettogeno,
soprattutto a concentrazioni elevate (> o uguali a MAC 2), mentre il desflurano ha effetto
antiepilettico. È importante tenere presente che in caso di monitoraggio intraoperarorio dei potenziali
evocati sornarosensoriali (PESS), uditivi (PEA) e visivi (PEV), l'utilizzo degli anestetici alogenati
può determinare allungamento della latenza e riduzione dell’ampiezza, fino alla scomparsa, delle loro
componenti; è pertanto sconsigliato il loro utilizzo in questi casi.
 Oppiacei:
effetti minimi su FEC, CMR02, e PIC. Sono importanti per garantire un’analgesia adeguata durante
le fasi di maggiore stimolazione algica. Gli oppiacei più utilizzati in NCH sono il fentanil e il
remifentanil in infusione continua. Durante la neuroanestesia vi sono periodi di stimolazione intensa
(es. laringoscopia e intubazione, incisione del cuoio capelluto, craniotomia) alternati a periodi di
stimolazione minima (es. preparazione del sito chirurgico, dissezione intracranica). La tecnica ideale
a base di oppioidi per la neuroanestesia consentirebbe rapidi cambiamenti nella profondità
dell'anestesia durante l'intervento chirurgico fornendo al contempo un breve tempo di recupero
indipendentemente dalla durata dell'intervento. Questi requisiti sembrano essere facilmente raggiunti
con remifentanil. La rapida emergenza dall'anestesia è importante per la valutazione precoce della
funzione neurologica postoperatoria. Ci si può aspettare un'emergenza ritardata se il tumore ha un
diametro maggiore di 30 mm o mostra un effetto massa.
Durante la craniotomia le fasi ad elevato stimolo doloroso sono, oltre all'intubazione, il
posizionamento della testiera di Mayfìeld nei casi in cui ne è richiesto l'utilizzo, e le fasi di incisione
e di chiusura dello scalpo, del periostio e della dura madre. Durante questi tempi è importante
mantenere un'analgesia adeguata e un piano di anestesia relativamente profondo. Il parenchima
cerebrale è privo di innervazione sensitiva, pertanto le richieste di analgesico durante questo periodo
sono ridotte. È inoltre di fondamentale importanza il controllo intraoperatorio delle perdite ematiche,
che possono essere abbondanti in corso di specifici interventi come quelli di stabilizzazione della
colonna vertebrale, di asportazione di meningioma intracranico o in caso di rottura di aneurisma
cerebrale durante il clipping.

VENTILAZIONE:
Occorre mantenere una normocapnia (pCO2 35-40 mmHg) e un'adeguata ossigenazione, evitando
l'ipossiemia (che determina vasodilatazìone cerebrale) e l'iperossiemia (che aumenta la produzione di
radicali liberi dell'ossigeno).
Il moniroraggio intraoperatorio della ventilazione alveolare è assicurato dalla curva di ETCO 2 (v.n.
30-35 mrnHg), che va rapportata ai valori ematici di pCO2 in quanto il gap pCO2-ETCO2 può essere
elevato in condizioni patologiche (es. in pazienti BPCO o ipovolemici).
In condizioni dì aumento improvviso della PIC, l'iperventilazione con valori di pCO2 compresi tra
25 e 30 mmHg permette di detendere il parenchima cerebrale determinando vasocostrizione. Questa
può essere una misura solo temporanea in attesa degli effetti di altre terapie alla luce dell'elevato
rischio di riduzione del FEC indotta dalla vasocostrizione cerebrale. E importante riportare la
ventilazione a valori normali in modo graduale per evirare una vasodilatazione cerebrale come effetto
rebound.
MONITORAGGIO INTRAOPERATORIO:

Oltre a un monitoraggio estensivo, come il monitoraggio emodinamico invasivo, applicato nel


periodo perioperatorio di procedure chirurgiche ad alto rischio, i neuroanestesisti desiderano fornire
una protezione del sistema nervoso centrale (SNC) contro gli eventi ischemici intraoperatori. Questo
può anche facilitare il lavoro del neurochirurgo allo stesso tempo.
Scopo del monitoraggio specifico in neuroanestesia è quindi quello di rilevare, il più rapidamente
possibile, gli insulti ischemici intraoperatori in modo che il cervello e il midollo spinale possano
essere protetti da eventi dannosi e spesso inevitabili.

La pressione arteriosa durante intervento di craniotomia dovrebbe essere mantenuta intorno a range
di 75-90 mmHg, corrispondenti a valori di pressione di perfusione cerebrale (PPC) compresi tra 65 e
80 mmHg in condizioni di PIC nella norma (< 10 mmHg). Valori maggiori sono auspicabili per
pazienti cronicamente ipertesi per lo spostamento della curva di autoregolazione cerebrale verso
destra.
 Parenchima cerebrale
È importante mantenere un'adeguata detensione del parenchima cerebrale durante procedure a livello
cranico, prima dell'apertura della dura madre: questo consente le migliori condizioni dì lavoro per il
neurochirurgo ed è ottenuta attraverso una moderata iperventilazione transitoria, ritorno venoso
all'encefalo garantito, un'adeguata profondità di anestesia e rilassamento neuromuscolare. Si può
eventualmente ricorrere alla somministrazione di diuretici osmotici (mannitolo 0,5-1 g/kg ev in 10-
20 minuti) o di soluzioni saline ipertoniche (NaCl 7,5% 100 ml cv in 20 minuti) per ottenere un
rilassamento cerebrale ottimale. Il mannitolo induce una diuresi osmotica abbondante, per cui bisogna
mantenere un adeguato input fluidico al fine di prevenire un'ipovolemia imporrante con riduzione del
flusso ematico cerebrale.

 Monitoraggio intraoperatorio della profondità di anestesia


È di fondamentale importanza nel caso in cui si decida di ricorrere ad un'anestesia di tipo totalmente
endovenoso (TIVA) ma è utile anche nel caso dell'impiego di anestetici inalatori, in quanto la MAC
misura la loro concentrazione negli alveoli polmonari ma non l'effetto dell'anestetico a livello
centrale. Lo scopo è quello di evitare sia l'awareness sia un piano anestetico eccessivamente profondo.
 Ossigenazione cerebrale
L'ossigenazione neuronale è l'obiettivo finale di tutte le procedure cliniche in neuroanestesia. I
monitor attualmente disponibili per l'ossigenazione cerebrale sono solo in grado di fornire un quadro
incompleto di ciò che sta accadendo. Il monitoraggio della saturazione di ossigeno venoso giugulare
(SjvO 2) è un indice di assorbimento di ossigeno cerebrale. La sua utilità è in gran parte dovuta alla
disponibilità e alla facilità di reperimento delle informazioni. Il normale SjvO 2 è del 55–75%. Questo
valore presuppone un normale apporto di ossigeno (flusso sanguigno cerebrale × contenuto di
ossigeno arterioso) e una normale concentrazione di emoglobina circolante quando la saturazione di
ossigeno è del 100%.
 Ecografia Doppler transcranica
L'esame ecografico transcranico Doppler (TCD) delle arterie intracraniche è possibile. Viene
utilizzato con facilità al letto del paziente o durante l'intervento. La forma d'onda assomiglia a quella
di un polso arterioso ed è facilmente quantificabile in velocità del flusso sistolico, medio e diastolico
e indice di pulsatilità.
 Attività elettrofisiologica
Il monitoraggio neurofisiologico eseguito durante le procedure operative fornisce informazioni
sull'integrità funzionale delle vie neuronali accessibili. La modalità del test neurofisiologico deve
valutare la porzione del sistema nervoso a maggior rischio di lesioni.
I potenziali evocati più comunemente usati sono quelli prodotti dalla stimolazione del sistema
sensoriale, i potenziali evocati somato-sensoriali (SSEP). Numerosi studi hanno confermato
l'efficacia e l'economicità del monitoraggio intraoperatorio. Gli standard di cura hanno definito questo
monitoraggio essenziale nella riparazione della scoliosi. Durante la chirurgia della fossa posteriore
l'attività elettromiografica (EMG) spontanea o evocata, le risposte SSEP o evocate uditive del tronco
cerebrale sono frequentemente monitorate.
Il potenziale evocato motorio neurogeno (NMEP) comporta la stimolazione del midollo spinale
mediante elettrodi posti vicino o sui corpi vertebrali cefalea alla regione della chirurgia spinale. Le
risposte possono essere misurate nel midollo spinale distale, nei nervi periferici e nei muscoli. Questo
monitoraggio, come la stimolazione epidurale, sembra valutare i tratti motori e sensoriali del midollo
spinale. Il monitoraggio del tratto motorio puro si ottiene al meglio utilizzando la stimolazione della
corteccia motoria mediante stimolazione elettrica o magnetica transcranica.
I potenziali evocati uditivi (AEP) vengono utilizzati per monitorare la consapevolezza, la profondità
dell'anestesia e la sedazione. I cambiamenti nella latenza delle onde sono altamente correlati con il
passaggio dallo stato di veglia a quello inconscio. Le successive diminuzioni e aumenti dell'ampiezza
delle onde riflettono l'interazione degli anestetici generali con le risposte alla stimolazione chirurgica,
che sono modificate dagli effetti degli analgesici.
 Elettroencefalografia
L'elettroencefalogramma (EEG) è utile per il rilevamento dell'attività convulsiva elettrica e per il
rilevamento dell'ischemia corticale. L'EEG è quindi diventato indispensabile per la mappatura
intraoperatoria dei focolai convulsivi che devono essere rimossi, ma non sono associati ad alcuna
anomalia strutturale come un tumore.
 Elettromiografia (EMG)
Il monitoraggio del nervo facciale è considerato uno standard di cura in chirurgia per il neuroma
acustico. Con grandi lesioni angolari cerebropontine, il monitoraggio dell'attività EMG spontanea o
innescata nel dominio motorio dei nervi cranici può aiutare a identificare le strutture e guidare la
dissezione chirurgica. Per facilitare il monitoraggio dell'EMG, l'intensità del blocco neuromuscolare
viene ridotta in modo ottimale e vengono utilizzati agenti anestetici o oppioidi endovenosi
supplementari per prevenire la tosse o il contraccolpo.
 Pressione intracranica
Il monitoraggio della pressione intracranica, intraventricolare o intraparenchimale, è estremamente
prezioso nelle lesioni craniche gravi. Tuttavia, il suo utilizzo in chirurgia è limitato a situazioni
specifiche (es. tumori di grandi dimensioni con effetto massa, chirurgia per idrocefalo, edema
cerebrale, ecc.) in cui è importante registrare le pressioni soprattutto quando il paziente non può essere
svegliato dopo l'intervento chirurgico.
 Neuroprotezione: temperatura e glicemia
È raccomandato il mantenimento di una normotermia intraoperatoria evitando, così, rialzi di
temperatura corporea e il conseguente aumentano il CMRO2. È fondamentale inoltre mantenete la
glicemia a valori compresi tra 110 e 160 g/dl, in quanto sia l'ipoglicemia che l'iperglicemia sono
deleterie: l'ipoglicemia determina danno neuronale mentre l'iperglicemia è associata a riduzione della
sopravvivenza dopo asportazione chirurgica di rumore cerebrale.

Peculiarità di alcuni interventi chirurgici specifici


CHIRURGIA DELLA FOSSA CRANICA POSTERIORE (FCP):
Riguarda lesioni espansive del cervelletto, del tronco e dei nervi cranici.
La chirurgia della fossa posteriore fornisce preoccupazioni e problemi unici per l'anestesista. I
pazienti possono presentare vari sintomi come disfagia, perdita del riflesso del vomito, disfunzione
del nervo laringeo e stati alterati di coscienza. La documentazione preoperatoria di questi è importante
per la valutazione dello stato neurologico all'emergenza e per la pianificazione dell'assistenza
postoperatoria.
È frequentemente necessario il monitoraggio intensivo postoperatorio per l’elevato rischio di
complicanze gravi quali lesioni nervose (ad es. di nervi vago e glossofaringeo con alterazione del
riflesso della tosse e rischio di inalazione, bradicardia e ipotensione), dilatazione del quarto ventricolo
e compromissione dei centri del respiro a livello bulbare.
Questo tipo di chirurgia è spesso effettuata in posizione seduta, la cui complicanza più temibile è il
venoembolismo gassoso: in questa posizione, il sito operatorio risulta al di sopra del livello del cuore,
determinando un elevato rischio di passaggio di aria a livello dei seni venosi della dura madre e quindi
in circolo. In caso di presenza di FOP o altro shunt intracardiaco si può venire a creare un quadro di
embolia paradossa. In posizione seduta aumentano anche i rischi di tetraplegia, paraplegia, edema
facciale, macroglossia.
ANEURISMA CEREBRALE:
L'entità della valutazione preoperatoria di un paziente con un aneurisma cerebrale sarà determinata
dalla loro presentazione clinica. I pazienti con aneurismi intatti possono essere completamente
asintomatici, a differenza del paziente con SAH acuta.
L'emorragia subaracnoidea aneurismatica è associata a un'elevata mortalità. La comprensione
della fisiopatologia sottostante è importante poiché un intervento precoce può migliorare l'esito.
La storia classica della SAH è l'insorgenza improvvisa di un forte mal di testa, spesso descritto come
il "peggiore immaginabile". Altri sintomi includono rigidità del collo, vomito, crisi epilettiche e
lesioni neurologiche che variano tra incoscienza, coscienza depressa, deficit neurologici focali e
paralisi dei nervi cranici isolati.
Per la standardizzazione della valutazione del rischio chirurgico e per la stima della prognosi, scale
di grading clinico come quella di Hunt e Hess.

La tomografia computerizzata cranica (TC) non potenziata è lo strumento diagnostico iniziale di


scelta in tutti i casi di sospetta ESA. I risultati della TC sono classificati secondo la scala a quattro
punti di Fisher.

Intraoperatoriamente, è auspicabile uno stretto controllo della pressione sanguigna e un adeguato


rilassamento cerebrale, in modo da evitare la rottura accidentale dell'aneurisma riducendo al minimo
la pressione transmurale (TMP) mantenendo contemporaneamente un'adeguata pressione di
perfusione cerebrale (CPP). Come principio generale, la pressione sanguigna del paziente dovrebbe
essere ridotta al 20–25% al di sotto del valore di base e la profilassi per la normale risposta ipertensiva
all'intubazione deve essere istituita prima di tentare l'intubazione tracheale.
Le due complicazioni principali che contribuiscono a significativa morbilità e mortalità dopo SAH
sono risanguinamento e vasospasmo, ciascuna delle quali rappresenta circa il 7% della mortalità.
CHIRURGIA PER MALFORMAZIONI ARTERO-VENOSE:
Queste lesioni congenite sono ad alto rischio di sanguinamento intraoperatorio, per cui spesso
vengono sottoposte a procedura di embolizzazione per via endovascolare prima di essere sottoposte
a rimozione per via chirurgica. La gestione anestesiologica di questo tipo di intervento è simile a
quella per gli aneurismi intracerebrali, con controllo stretto dei valori di pressione arteriosa.
Bibliografia:
- Cottrell and Patel’s – NEUROANESTHESIA - sixth edition
- ARTID - 2020 EDIZIONI IDELSON-GNOCCHI 1908 srl
- [Synopsis Neuroanesthesia: Brain, Anesthetics and Skills] [Article in German] Patrick
Mölders, Jörg Benedikt Alders.
- [Larsen – Anestesia illustrata – vol.3] – principi basilari di neuroanestesia.
- Preoperative Assessment of Adult Patients for Intracranial Surgery - Vanitha Sivanaser1 and
Pirjo Manninen.
- European guidelines on perioperative venous thromboembolism prophylaxis Neurosurgery -
Faraoni, David; Comes, Raquel Ferrandis; Geerts, William; Wiles, Matthew D. for the ESA
VTE Guidelines Task Force
- REVIEW - Monitoring in neuroanaesthesia: update of clinical usefulness - Fàbregas, N.;
Gomar, C. (European Journal of Anaesthesiology: July 2001 - Volume 18 - Issue 7 - p 423-
439).

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