Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
- Sistema cardiocircolatorio
2021/2022
FISIOLOGIA CARDIOVASCOLARE - INTRODUZIONE ALLA FISIOLOGIA
CARDIOVASCOLARE E ATTIVITA ELETTRICA DEL CUORE
Questo corso sarà fondamentale non soltanto per il vostro esame di fisiologia, ma anche e più che mai nella
vostra esperienza di medici.
Vascolarizzazione
Elettrofisiologia cardiaca
Il cuore ha delle caratteristiche funzionali che sono ascrivibili a un sistema di cellule dotate di un bagaglio di
spontanea (attività pacemaker del cuore). Gli elementi dotati di queste caratteristiche sono situate:
Quindi abbiamo un sistema che è in grado di generare e di condurre attività elettrica (miocardio di
conduzione) e poi abbiamo un sistema che invece è in grado di rispondere alla stimolazione contraendosi
(miocardio comune).
(dovuti a passaggio di ioni secondo gradiente) ma hanno altre caratteristiche che si accentuano, hanno
depolarizzazione e ripolarizzazioni. Vi sono inoltre dei periodi refrattari molto interessanti di refrattarietà
assoluta.
Il complesso QRS
elettrocardiogramma.
e già depolarizzate
e che si devono ancora depolarizzare e che generano un vettore elettrico cardiaco medio il quale, nelle
diverse fasi di depolarizzazione, assume una direzione variabile.
Attraverso la valutazione del cuore come generatore di correnti vedremo come è possibile visualizzare
, capiremo
come le varie fasi di depolarizzazione e ripolarizzazione si traducono in quelle specifiche onde.
Possiamo già vedere che il complesso QRS ha un salto di voltaggio pari a 1-1,5 mV. La differenza di voltaggio
che invece otteniamo nelle singole cellule è molto diverso, ad esempio
nei miocardiociti è differente, questi partono infatti da un potenziale di membrana a riposo pari a -90 mV
fino ad arrivare a +20, +30 mV, quindi il salto di voltaggio è di 110-120 mV. Invece, come abbiamo detto, il
salt
Muscolo cardiaco
Il muscolo cardiaco è a tutti gli effetti aerobico, infatti i miocardiociti presentano un elevato numero di
mitocondri, producendo moltissima ATP di modo da potersi contrarre e rilassare continuamente.
Tra i vari miocardiociti troviamo tutta una serie di connessoni (riguardare sinapsi elettriche 2ed) necessari
La stretta associazione tra attività elettrica e meccanica del cuore è riscontrabile nel funzionamento cardiaco:
la depolarizzazione generata dal potenziale elettrico infatti varia la concentrazione di calcio nei miocardiociti
che portano alla contrazione. La membrana inoltre, grazie al suo periodo refrattario assoluto, fa sì che non vi
siano altri impulsi mentre varia la concentrazione di calcio e mentre il miocardiocita di contrae e si rilascia. I
miocardiociti quindi non sono tetanizzabili, non possono subire una contrazione prolungata nel tempo.
Il cuore è una pompa aspirante e premente, un organo che è in grado di riempirsi durante le fasi di
rilasciamento (DIASTOLE), e di svuotarsi (SISTOLE).
La funzione del cuore è quella di ricevere sangue dalle vene a bassa pressione (sia le vene cave che le
polmonari) e successivamente, attraverso quello che avviene nei ventricoli, elevare i livelli di pressione di
questo sangue fino a livelli congrui rispetto ai due circoli: il polmonare e il sistemico. Ovviamente i livelli
pressori e di tensione dei due circoli sono completamente diversi. Il circolo polmonare infatti ha livelli pressori
pari a 1/6-1/5 rispetto a quelli del circolo sistemico. Pertanto il lavoro svolto dai due ventricoli sarà
decisamente diverso. Il ventricolo destro ne farà molto meno dato che deve spingere il sangue verso un
circuito a bassa resistenza.
Questa non è altro che la ragione funzionale del dato strutturale, infatti lo spessore del ventricolo di sinistra
è maggiore rispetto a quella del ventricolo di destra. Lo spessore maggiore è necessario per creare un diverso
livello pressorio del sangue in uscita.
La gittata cardiaca è la quantità di sangue che il cuore a riposo è in grado di pompare in un minuto. Questo
valore dipende da due variabili:
La gittata cardiaca si aggira in genere intorno ai 5 l/minuto ed essendo il volume ematico di un normotipo
circa 5l, se ne deduce che in 1 minuto, il sangue compie un giro completo.
Quando infatti sono richieste variazioni della frequenza, il cuore può modificare la gittata in due modi:
I due sistemi, collaborando, ci consentono di variare la gittata cardiaca fino a raddoppiarla o triplicarla.
Introduciamo alcuni
Batmotropismo cuore.
Cronotropismo: indica la variabilità della frequenza. L'azione cronotropa infatti è la variazione proveniente
dal sistema nervoso nella regolazione della frequenza del battito cardiaco.
Dromotropismo:
Queste sono le funzioni del cuore che possono essere regolate e vanno a modificare la prestazione meccanica
del cuore.
Il sangue non è liquido newtoniano, quindi non è un fluido perfetto, è costituito da una componente liquida
plasmatica e una corpuscolata. Il plasma a sua volta è costituito da acqua, elettroliti, proteine ed altre
macromolecole.
Nel circolo venoso viene detenuta più della metà del sangue (64%). Il ritorno venoso è un fattore regolatorio
sulla funzionalità cardiaca: m Il
ritorno venoso può, a sua volta, dipendere da variabili fisiologiche che noi attiviamo e disattiviamo. Ad
esempio, stando fermi in pedi, esponiamo il sangue venoso ad un ristagno verso gli arti inferiori a causa della
bassa pressione che caratterizza i vasi venosi. Questo riduce quindi il ritorno venoso al cuore.
Velocità di flusso
Nel grafico vediamo la variazione delle velocità di flusso nei vari distretti arterioso, capillare e venoso.
Il rallentamento del flusso nei capillari è chiaramente funzionale per favorire gli scambi gassosi che
avvengono e come sappiamo per le leggi dello scorrimento dei fluidi, la velocità è proporzionale alla
sezione del vaso. Quindi nei capillari diminuisce la sezione del vaso, decresce anche la velocità di
scorrimento e così avvengono con più facilità gli scambi gassosi.
In maniera uguale ed opposta, quando si passa dai capillari alle vene, la sezione aumenta e così anche la
velocità torna in parte ad aumentare (chiaramente in misura minore rispetto a quando avveniva nelle
arte
Pressione arteriosa
Quando si misura la pressione, si sentono dei rumori a livello della piega cubitale e questo deriva dal fatto
che noi poniamo sull'arteria brachiale delle stenosi transitorie quindi induciamo delle turbolenze nel sangue
che passa nell'arteria brachiale: si sentono i cosiddetti toni di Korotkoff. Il dato che se ne ricava da questa
misurazione (120mmHg in condizioni fisiologiche), è espressivo di due grossi argomenti della fisiologia
cardiaca: uno, quanto è performante il ventricolo e quanto è rigida la parete aortica delle nostre arterie
riferendosi al valore sistolico, l'altro, il valore diastolico (80 mmHg in condizioni fisiologiche) indica quanto
sono reattive le arteriole perciò di quanto le resistenze periferiche totali siano caratteristiche di questo
getto: se siamo intorno a 90-95 mmHg siamo di fronte a un caso in cui le resistenze periferiche sono
alterate. Se i 3 fattori fisiologici nella sono nella norma ovvero:
resistenza periferica totale
portata= resistenza x volume
altri fattori fisici, come il volume ematico arterioso cioè quanto è il volume del sangue in particolare
del plasma oppure quanto è la compliance arteriosa cioè la distensibilità arteriosa.
Abbiamo quindi sia fattori fisici che fisiologici che determinano la pressione arteriosa.
Quando ci riferiamo ai potenziali d'azione del cuore, ci riferiamo a questi due tracciati che sono quelli
canonici che illustrano i tipi di potenziale d'azione, quindi la modalità di registrazione intra ed extra
cellulare con elettrodo sia all'interno che all'esterno della membrana plasmatica. Guardando le parti che
indicano depolarizzazione e iperpolarizzazione, si vede che il diagramma blu, rispetto a quello rosso,
differisce per morfologia.
Questo ci fa dire che le risposte elettriche della cellula del nodo seno atriale e del miocardiocita sono
rispettivamente risposte di tipo lento o rapido dove la lentezza o la rapidità identificano l'ascesa della
branca di depolarizzazione del potenziale d'azione.
Proseguendo col potenziale d'azione, questo interesserà la membrana della cellula del nodo seno-atriale,
risposta "lenta ", e avrà una fase di ripolarizzazione relativamente regolare con un piccolo cambio di
pendenza che sarà ascrivibile a particolari specie ioniche ma soprattutto differisce dalla ripolarizzazione
caratteristica del miocardiocita. Sono distinguibili delle fasi in questo potenziale d'azione: alla fase di
depolarizzazione che è la fase 0, seguono fasi di ripolarizzazione con una distinzione esattamente in 3 fasi,
cioè la fase 1, fase 2, fase 3, dove abbiamo una parziale ripolarizzazione veramente rapida (1), una fase di
stabilità del potenziale di membrana(2) e poi l'ultima fase in cui ho la discesa del potenziale fino al valore di
riposo(3). Non a caso il potenziale d'azione del miocardiocita è definito anche potenziale d'azione trifasico
Le risposte lente hanno una ripolarizzazione armonica che le distingue dal miocardiocita.
Come si pongono in termini di tempistica queste risposte? Se prendiamo le due risposte estreme, cioè
quella lenta e quella rapida e le sovrapponessimo come se stessimo guardando un cuore in azione, ci si
accorgerebbe che le risposte lente cadono a una frequenza temporale che può variare ma che
canonicamente è di 1 ogni 0.8/0.9 secondi e come a seguito di queste attività ritmiche ve ne siano
successivamente sovrapposte, quelle della fibra ventricolare con uno sfasamento temporale che tiene
conto della conduzione del segnale elettrico dal nodo seno-atriale verso i distretti contrattili atriali e
ventricolari.
Guardando questo profilo temporale ci si accorge come il segnale rosso (del nodo seno-atriale) accende
quello nero (della membrana del miocardiocita).
Un altro aspetto caratteristico di queste risposte è che il potenziale di membrana a riposo è distante tra le
cellule a risposta lenta e le cellule a risposta rapida, tra i miocardiociti e le cellule del nodo seno-atriale. Se
guardiamo le cellule del nodo seno-atriale è intorno a - 60 mv mentre sulla fibra del miocardio ventricolare
siamo a -90 mv quindi abbiamo una differenza di potenziale importante fra le due tipologie di cellule.
Quello che si deve capire sono tutto l'insieme di cinetiche ioniche che governano questo genere di
differenze e un altro elemento è quello che distingue la stabilità o la instabilità del potenziale di membrana
a riposo dei due elementi cellulari. Nelle cellule a risposta lenta, si osserva fin da subito che il potenziale di
riposo è canonicamente instabile nel tempo infatti ci si accorge che dopo un lasso temporale tende a
raggiungere il valore soglia mentre per quanto riguarda il miocardiocita si nota la tipica linea orizzontale
che delinea la stabilità del potenziale di membrana a riposo. Quindi già guardando questi due potenziali
d'azione e potenziali di membrana a riposo si svela qualche altra differenza sostanziale fra le risposte lente
e rapide, cioè che il potenziale di membrana a riposo delle risposta lente è instabile e lo si vede
nell'obliquità della linea azzurra(primo grafico), ciò rivela una certa attività pacemaker, infatti il nodo seno-
atriale è il fisiologico pacemaker del cuore, mentre nella linea rossa(primo grafico) si ha una totale stabilità
del potenziale di membrana a riposo, quindi sono cellule che vanno accese da uno stimolo esterno.
Le specie ioniche che ci interessano dal punto di vista dell'eccitabilità di queste membrane, sono sempre le
stesse, le quali avevamo ritrovato anche dei neuroni . Se si osservano i comparti intra ed extracellulari si
vedono disciolti nell'acqua dei soluti che dal punto di vista dei fenomeni biofisici /bioelettrici hanno dei
gradienti, ad esempio il sodio è dotato di un gradiente elettrochimico dato dalla sua concentrazione
esterna ed interna secondo l'equazione di Nernst, per cui la differenza di concentrazione di sodio tra
comparti extracelluari ed intracellulari è di circa 10 volte, garantendo al sodio un potenziale di equilibrio di
+60 mv, cioè a quel potenziale c'è l'equilibrio tra specie ioniche di sodio entranti ed uscenti. Per il potassio
la concentrazione intracellulare è di 4 mmmol mentre quella extracellulare è di 140 mmmol quindi il
potenziale di equilibrio è di -90 mv, mentre per il calcio si ha una notevole discrepanza tra la
concentrazione extracellulare , che è di 1,2 mmmol e quella intracellulare è di 10(-7) mmmol, per cui il
valore di potenziale di equilibrio è sui 120 mv. Il cloro che va quasi sempre in coppia con il sodio, presenta
un notevole gradiente considerando la sua concentrazione extracellulare intorno a 110 mmmol rispetto ai 4
intracellulari e ciò lo porta ad avere un potenziale di equilibrio che fluttua tra -63 e -83 mv.
Tutto lo si può agganciare a quanto vale la differenza di potenziale a cavallo della membrana plasmatica, ad
es. -60 mv per le cellule a risposta lenta e -90 mv per i miocardiociti. E' importante tenere a mente queste
concentrazioni di specie ioniche non tanto per esercizio mnemonico quanto perché alterazioni
elettrolitiche, soprattutto quelle di potassio sotto forma di ipo/iperpotassemia si traducono in un
importante turbativa di attività elettrica del cuore, vale lo stesso per ipo/ipercalcemia: siamo dotati di un
sistema omeostatico di regolazione di queste concentrazioni affinché le concentrazioni degli elettroliti
permangano in questi range fisiologici.
Per capire le morfologie sia delle condizioni di potenziale di membrana a riposo che del potenziale d'azione
occorre avere bene in mente il corredo di canali sulle membrane plasmatiche, si gioca tutto su alcune
specifiche tipologie di canali ionici. Il canale ionico è una proteina transmembrana che consente per la
presenza di un poro idrofilo, il transito di specie ioniche idrosolubili e in base alla concentrazione della
carica possono occupare o prendere più elettroni spaiati a seconda della potenza della carica. Se non ci
fossero questi canali ionici data l'idrofobicità della membrana, le specie ioniche rimarrebbero separate e
non ci sarebbe possibilità di variazione che invece è propria delle cellule eccitabili. Per le condizioni di
membrana a riposo, intervengono canali di membrana passivi che possono rettificare il valore del
potenziale di membrana in modo più o meno efficiente in funzione del voltaggio di membrana, però sono
sempre aperti.
Il potenziale d'azione che fa riferimento alle risposte lente del tracciato azzurro, si vede già che a fronte
della divisione delle risposte rapide in fasi (0=> depolarizazzione, 1=> parziale ripolarizazzione, 2=> plateau,
3=> ripolarizazzione, 4=> potenziale di membrana a riposo) , le risposte lente si caratterizzano per un salto
rispetto alla fase 1 e 2, ma sono caratterizzate da una depolarizazzione e ripolrizazzione quindi fase 0 e fase
3, e il 4 presenta la sua tipica depolarizazzione spontanea e queste curve sono dovute alle diverse correnti
che troviamo nelle varie fasi che sono fase 4 , fase 0 e fase 3 , che dipendono dall'attivazione di canali ionici
a cavallo della membrana.
Parlando delle risposte lente, si localizza il nodo seno-atriale allo sbocco della vena cava superiore, arriva ad
avere una lunghezza di 2/3 cm e un larghezza di qualche millimetro fino a quasi un cm, al suo interno si
genera la risposta lenta in maniera coenergica, vale a dire che tutte le cellule sinciziali contribuiscono a
generare un potenziale d'azione e poi emergerà e invaderà il cuore. Quindi l'impulso dal nodo seno-atriale
viaggia lungo le vie internodali e poi arriva ad un altro punto fondamentale del sistema di eccitazione-
conduzione del cuore, cioè il nodo atrio-ventricolare, che alloggia tra i setti interatriali e i setti
interventricolari ed è molto importante perché produce un effetto fisiologico che è appunto un ritardo del
segnale elettrico tra atri e ventricoli. Una caratteristica molto peculiare è che può generare una sua attività
elettrica. Il ritardo è di circa 0.2 secondi, questo è fisiologico e crea una asincronia fra gli eventi sistolici
atriali e ventricolari aumentando l'efficienza del riempimento ventricolare. Il nodo è vascolarizzato e quindi
ogni sofferenza di vascolarizzazione si traduce in assenza di attività nodale, un ischemia del nodo quindi
può produrre fibrillazioni atriali acute o croniche in cui non si produce più attività elettrica.
Per capire quali canali ionici ci sono all'interno del nodo possono essere applicate diverse metodiche, per
mostrare come in realtà differiscano diverse zone come la zona del nodo, rispetto alla zona paranodale di
transizione della muscolatura atriale e ventricolare. Ci si accorge riferendoci ai canali del sodio, del
potassio, del calcio o di altri canali particolari HCN di quanto differscono queste 3 stazioni (immagine dei
vari canali). Molto importante, essendo uno dei canali ionici più rappresentati del cuore è il canale NAv 1.5,
si vede la differenza di espressione del NAv 1.5 nell'atrio, dove è maggiore, rispetto al nodo che ne ha poco
te la risposta del nodo seno-atriale rispetto alle risposte elettrica cioè alla
depolarizazzione del miocardiocita è obliqua rispetto alla verticalità del grafico. Nel modello generale di
depolarizazzione, la corrente entrante è tipicamente quella del sodio, cioè quando i canali del sodio si
aprono quindi il sodio seguirà il suo gradiente elettrochimico. Gli altri canali sono canali del calcio CAv 1.2,
CAv 1.3, CAv 3.1, sicuramente nel nodo seno-atriale c'è una buona rappresentatività dei canali del calcio
voltaggio sensibili. Questi sono canali del calcio di tipo L, che si attivano ad un voltaggio relativamente
elevato cioè HVA, quindi ad un voltaggio di membrana di -30/-35 mv, sono anche a lenta inattivazione
infatti L sta per "long lasting ", quindi rimangono aperti parecchio e ce n'è una sottospecie cioè i 3.1 che
sono quelli di tipo T, transienti, che sono LVA, attivati da un voltaggio basso attorno a valori di -50/-60 mv,
possiamo quindi esemplificare tutti questi eventi come una specie di staffetta della depolarizazzione. Il
calcio liberato dal livello del nodo seno-atriale non sarà usato per la contrazione, ma piuttosto per la
depolarizazzione lenta e quindi risposta lenta. Abbiamo poi un altro tipo di canali nel nodo seno-atriale che
sono i canali HCN, di cui il più importante è HCN4, sono canali attivati dall' iperpolarizazzione di membrana,
funzionano quindi in modo non canonico, di solito infatti ci aspetteremmo che i canali ionici si attivino in
seguito ad una depolarizazzione elettrotonica, questi invece si attivano a valori del potenziale di membrana
più negativi di quello a riposo. Per questa proprietà si chiamano anche canali FUNNY o HCN e sono
impotanti e mediano la corrente pacemaker, cioè la corrente che permette di raggiungere la soglia di
attivazione degli altri canali. Questi canali li trovo anche nel SNC, non sono specifici del cuore, infatti ci sono
zone del cervello che propongono un attività ritmica, di pacemaker, come ad esempio a livello del bulbo ci
sono nuclei in cui ci sono neuroni pacemaker responsabili dell'automatismo della respirazione.
Quello che è evidente è la varietà di isoforme dei canali del potassio, nei miocardiociti ventricolari si ha Kv
4.3, presente invece in quantità ridotte nel nodo seno-atriale. Il Kv LQT1 che è un canale del potassio lento
nell'attivazione e nella disattivazione, contribuisce però alla ripolarizazzione della cellula. Poi ci sono i canali
come Kir 2.1 Kir 2.3 e Kir 6.1 chiamati "inward rectifiers " cioè rettificano il potenziale di membrana,
possono essere attivati per gradiente di potenziale di membrana, nel senso di determinare una uscita di
potassio fino a certi valori di potenziale di membrana, circa a -10 , -20, - 30 mv. Quando ci avviciniamo a
valori più negativi di potenziale di membrana, oltre a mediare l 'uscita del potassio secondo il gradiente
elettrico del potassio, possono anche mediare l'entrata di potassio quindi dipende dal potenziale di
membrana se fanno uscire o entrare potassio.
Kir 2.1, Kir 2.3, Kir 6.1 sono presenti nel nodo seno-atriale.
Conoscere i tipi di canali non serve solo per capire la morfologia del potenziale d'azione ma anche perché ci
sono delle canalopatie, cioè alterazioni dei canali ionici che possono, per via ereditaria e congenita,
generare problematiche dal punto di vista della funzione dell'attività elettrica delle cellule del nodo seno-
atriale quindi problemi elettrofisiologici.
A livello del nodo seno atriale (NSA) abbiamo uno specifico pattern di canali ionici che lo differenzia dalle
altre cellule che costituiscono il cuore. Questa diversità è stata dimostrata dalla presenza o assenza di
mRNA che codificano per le varie tipologie di canali ionici a livello cellulare.
La CX43 (connessina 43) è ad esempio relativamente assente a livello del NSA e presente in alti livelli nelle
camere atriali. La composizione delle gap Junction
zone ad alta o a bassa velocità di conduzione. Il NSA ad esempio non è in grado di propagare velocemente
, a diff atrio, ma in uscita
fondamentale per il corretto funzionamento del cuore.
Fase 0
Fase 3
Fase 4
Ad ognuna di queste fasi sono associabili correnti con certe caratteristiche dipendenti dagli specifici canali
ionici che si sono attivati.
1 di 8
Fisiologia FC Attività Elettrica Del Cuore
Fase 0: Depolarizzazione
La depolarizzazione dipende dal passaggio di Ca dal versante extra a intra cellulare. La cinetica di
depolarizzazione è lenta e si parla per questo di cellule con risposte lente.
Canali del Ca
I canali del calcio voltaggio-dipendenti sono costituiti da diverse subunità fra cui quella che costituisce il
poro del canale. Questa subunità è
formata da 4 domini omologhi ripetuti.
Ogni dominio è costituito da 6 segmenti
trasmembrana con struttura -elica; il
tratto S4, sensibile alle variazioni del
potenziale di membrana, rappresenta il
sensore del voltaggio. Questo segmento
è ricco di cariche positivamente che
ente
intracelullare. Esistono anche subunità
accessorie che lo rendono
particolarmente sensibile alle regolazioni
per mezzo di ligandi o dovute a
fosforilazione.
I canali del Ca sono divisi in 3 grandi gruppi: CaV1, CaV2, CaV3; ciascuno dei quali comprende al suo interno
varie isoforme. Queste 3 classi possono essere a loro volte divise in base alla loro soglia di attivazione in
HVA, di cui fanno parte le classe 1 e 2, e LVA, a cui appartiene la 3 classe.
I canali L fanno parte del primo gruppo, in particolare nel NSA sono state ritrovate le isoforme 1.2 e 1.3, e
sono quindi canali HVA che presentano prerogative diverse rispetto ad altri canali HVA che hanno invece
funzioni differenti. Ad esempio i canali N (2.2) e P/Q (2.1) si trovano nei terminali nervosi e la loro
attivazione porta alla liberazione neurotrasmettitore.
2 di 8
Fisiologia FC Attività Elettrica Del Cuore
I canali L del NSA sono sensibili a una serie di antagonisti: le 1,4-diidropiridine, una classe di molecole che
comprende anche numerosi farmaci calcio-antagonisti (cronotropi negativi) quali ad esempio la nifedipina.
Nel NSA sono presenti anche canali di tipo T, LVA, che si presentano nelle loro isoforme 3.1 e 3.2. Questi
canali hanno una corrente transiente e sono importanti per attivazione dei canali L. Hanno una soglia di
attivazione intorno a -45/-50 mV.
membrana sufficiente a causare la successiva apertura dei canali L, i veri responsabili delle risposte delle
cellule del NSA.
Attivazione canali T entra Ca ulteriore depolarizzazione attivazione canali L responsabili della vera
depolarizzazione del NSA.
I canali L sono long lasting: attivazione e inattivazione lenta. Restano aperti anche dopo stimolo
depolarizzazione avendo un ruolo importante insieme ai canali K nella formazione del plateau nelle cellule
contrattili del cuore.
Fase 3: ripolarizzazione
La ripolarizzazione è affidata alla famiglia dei canali voltaggio-dipendenti del potassio Ks, dove S sta per
slow, che hanno cinetica di attivazione relativamente lenta. Questi canali si iniziano ad attivare durante la
depolarizzazione ma la loro attivazione massima si ha a +20/+25 mV e quindi si aprono e creano i
presupposti per la corrente IKv, che è un slow delayed rectified, (delayed perché in ritardo e rectified
perché rettifica la depolarizzazione ovvero è ripolarizzante).
proprio ai canali Kir che stabilizzano il potenziale di membrana a riposo. Questi canali sono presenti anche
nei miocardiociti, dove potenziale di membrana è stabile intorno a -90 mV.
I canali del potassio voltaggio-dipendenti, al contrario di quelli del calcio e del sodio, questi sono fatti da
subunità distinte che si inseriscono nella membrana e creano un tetrametro con separazione fisica tra le
subunità. Anche qua le regioni P hanno a che fare con il poro del canale ionico e poi si hanno i soliti siti di
regolazione.
Fase 4: riposo
3 di 8
Fisiologia FC Attività Elettrica Del Cuore
Guardando il potenziale di membrana a riposo del NSA, ci si accorge che questo non è stabile perché è
presente una corrente detta funny current (If) che tende a depolarizzare le membrane e che possiamo
anche chiamare corrente pacemaker. Tale corrente tende a raggiunge la soglia che porterà poi allo
scate
parametri possono essere modulati in vari modi per modulare, di conseguenza, la frequenza cardiaca.
Le cellule del NSA liberano attraverso il reticolo sarcoplasmatico, in particolare a livello dei recettori
rianodina sensibili, graduali quantità di Ca con un meccanismo ritmico. Si ha attivazione anche di NCX, cioè
scambiatore Na-Ca, che scambia Ca intracitoplasmatico con Na extracitoplasmatico. Si crea così una
corrente depolarizzante inward (in entrata) grazie a:
1. Fuoriuscita di Ca da reticolo
2. Ingresso di Na con scambiatore
Queste due cose avvengono solamente durante la fase 4 (di riposo), sostenendo la corrente funny.
ha prima con eventi submembrana (è un evento ritmico), poi seconda elevazione
dipende da canali L. La ritmicità cardiaca dipende quindi da correnti dovute ai vari canali, e anche da eventi
ritmici della cellula stesa (ciclo Ca o orologio intracellulare).
Esperimento: serve a vedere se dal NSA si diparte un solo impulso fra tutte le cellule e qual è il punto di
origine.
4 di 8
Fisiologia FC Attività Elettrica Del Cuore
Centrale
Superiore
Inferiore
Esterna
Le risposte elettriche che si individuano nei punti di registrazione, ci fanno vedere quanto a prescindere
evento elettrico è contemporaneo, cioè UNICO. Il punto 4
extranodale, non presenta segnale elettrico tuazione ma
Se ci mettessimo nel punto superiore o inferiore (sono i due punti dove esce veramente il segnale
estremo di sx e dx): i segnali elettrici che qui escono sono particolarmente simili. Quello che prevale è
ità ritmica che proviene dalla zona centrale. La genesi del nodo avviene fisiologicamente nella zona
centrale per poi avere il coinvolgimento sulle altre porzioni. Gli effetti della insorgenza del potenziale sono
sovrapponibili nelle tre zone di osservazione.
Mentre procedo con la depolarizzazione a partire dalla porzione centrale del NSA, il fatto che ci sia alta
resis IN TUTTE LE CELLULE DEL NODO. Questo perché la resistenza
impedisce alle cellule nel punto in cui inizia la propagazione del potenziale, di ripolarizzarsi velocemente e
permette così alle altre cellule di allinearsi per permettere poi la fuoriuscita di un unico impulso dal NSA.
Risposta rapida
Ci sono fasi che prima non vi erano: la fase 1 e la fase 2. Qui si inseriscono correnti di natura diversa, quella
del sodio e quella del potassio.
Fase 0 depolarizzazione che è molto veloce, ed è dovuta al sodio invece che al calcio come nelle cellule a
risposta lenta.
Fase 1 corrente transiente del potassio IKto.
Per il resto gli effettori sono gli stessi ma con maggiore efficienza della corrente del potassio Kir che nella
fase 4, questa corrente Kir, mantiene il valore del potenziale di membrana a riposo più bassa: -85/90 mV. La
gradazione del potenziale è di circa un centinaio di mV si arriva infatti a valori di voltaggio di circa
20 mV.
5 di 8
Fisiologia FC Attività Elettrica Del Cuore
La corrente del sodio della fase 0 è dovuta ai Nav1.5, canali molto espressi nei miocardiociti di lavoro.
Questi canali sono costituiti dalle subunità 1 legate fra loro da loop intracitoplasmatici così da formare
tetrameri. Sono canali voltaggio sensibili e sono presenti anche subunità di regolazione, importante
ricordare che 1.5 presenta una insensibilità alla tetradotossina(TTX).
Fase 1:
è determinata dai canali del potassio transienti. La corrente è IKto (indica che sono i canali del potassio
voltaggio sensibili trancient outward), sono una sottospecie di canali del potassio, Kv4.2 e Kv4.3. Questa
tipologia è assente nelle cellule del NSA, infatti in queste
cellule non si presenta un picco di ripolarizzazione durante la
fase iniziale. Questi sono canali transienti, cioè si attivano e
vanno in refrattarietà molto rapidamente. Si attivano, per
quote molto piccole, a +20 si ha il massimo del
canale e così esce il potassio, fino a disattivarsi e quindi
passare successivamente alle correnti mediate dal potassio e dal calcio, ma non saranno più questi canali a
mediare bensì altre due tipologie di canali (Ks e Kv) del potassio (nella fase 2).
La fase 1, la si nota soprattutto nei miocardiociti epicardici (i più esterni). La abbiamo meno in quelli
miocardici e ancora meno evidente in quelli endocardici. Questo è importante per il tempo complessivo di
ripolarizzazione dei miocardiociti: eventuali complicazioni di questi canali del potassio transienti in zona
epicardica predispongono a importanti turbe elettrica del cuore: sindrome del QT lungo.
Questa ripolarizzazione modificata o della fase 1 predispone alla torsione di
punta che è della fibrillazione ventricolare.
Fase 2 dipende dalle correnti legate ai canali del potassio voltaggio-sensibili (non i Kto ma altre) Kv11.1
Kv11.2 e Kv7.1 ed è una corrente relativamente lenta (la slow delayed rectified). È più lenta rispetto i
transienti, sono i canonici canali del potassio voltaggio sensibili. Durante questa fase sono attivi anche i
canali del calcio di tipo L. Il potenziale transmembrana è un potenziale stabile nel tempo: fase di plateau. È
una fase con assenza di variazione del potenziale transmembrana, si rimane stabili a valori positivi
(+10/+12), e a questi valori il tracciato elettrocardiografo non ha alcuna rilevazione di attività elettrica
(segmento S/T).
Questa corrente IKv dipende da due tipologie di canali:
- IKr, rapidi, sono anche nella corrente lenta del potassio che persiste nella fase 2 ci sono due componenti
della corrente, e questa è quella più rapida, la prima che si attiva e che si disattiva. Sono i canali Kv11.1 e
sono più rapidi, si attivano e inattivano.
- IKs, lenti, sono i Kv7.1 che si attivano e si inattivano più lentamente, quindi generano più corrente,
permettendo un passaggio maggiore di ioni K+.
A contrastare queste due correnti si hanno la corrente del calcio legata dei canali del calcio di
tipo L.
6 di 8
Fisiologia FC Attività Elettrica Del Cuore
I canali del calcio si iniziano ad attivare con la depolarizzazione ma i canali del sodio sono molto più rapidi e
intensi di quelli del calcio.
Fase 2:
1. Consente al miocardiocita di esprimere un tempo di esecuzione del potenziale che è allungato: è
una pausa che posticipa la ripolarizzazione, quindi allunga la durata del potenziale
2. di calcio nel miocardiocita ha
conseguenze notevoli su quello che
succederà nella cellula stessa, cioè
indurrà il rilascio di ulteriore calcio da
parte del reticolo sarcoplasmatico.
3. La possibilità di modificare la fase 2 è
una premessa che influenza il rilascio di
calcio da parte del reticolo
sarcoplasmatico: quanto è modulabile la
fase 2 indica quanto è modulabile il
rilascio di calcio. Questo determinerà
anche la regolazione della forza di
contrazione (inotropismo).
Fase 3:
è la fase di ripolarizzazione effettiva, a
causa dei Ks rimane molto attiva la IKs,
quindi il passaggio dalla fase 2 alla fase 3 è affidata:
- inattivazione dei canali L del calcio
- persistenza della corrente lenta del potassio che produce degli effetti a livello della membrana.
Nella fase finale si attiva anche la Ikir, che stabilizza il potenziale di membrana a valori prossimi al valore di
equilibrio del potassio, intorno a -80/-85 mV. Kir2.1 è il canale prevalente nei miocardiociti ventricolari e IK1
è il picco dominante di conduttanza di questi canali ionici anche nella fase 4.
Completa la ripolarizzazione e mantiene stabile il potenziale di membrana ai livelli vicini al potenziale di
equilibrio del potassio.
Durante il potenziale le cellule miocardiocitarie sono refrattarie a causa dei canali ionici che sono
refrattari. Se attribuiamo al miocardiocita un tempo di esecuzione del potenziale di 200-300 ms,
questi corrispondono al suo stato refrattario. La refrattarietà si poggia sul funzionamento dei canali ionici e
sul fatto che se per ragioni diverse applichiamo uno stimolo alla membrana durante questo periodo, la
membrana non risponde e quindi, in questo caso, non si contrae. Quando il miocardiocita esegue il
potenziale il suo apparato contrattile è esposto contemporaneamente alla contrazione e al
rilasciamento: non si può tetanizzare il muscolo cardiaco, perché se applichiamo stimoli ripetuti al
miocardiocita, al primo stimolo questo risponde con contrazione e rilasciamento nel 200-300 ms.
stimolo che potrà sentire è al limite uno stimolo che cadrà nel periodo refrattario relativo. Durante la
ripolarizzazione possiamo avere in cui ancora la membrana è impegnata nella ripolarizzazione ma i
canali ionici, quelli più rapidi (quelli del sodio) saranno già pronti.
Però se nel periodo refrattario relativo applichiamo stimoli, prima lo applichiamo e più la risposta che
otteniamo dalla membrana è una risposta debole che non ha assolutamente le caratteristiche classiche del
potenziale cardiaco. Questo avrà implicazioni anche a livello della forza di contrazione.
Se si colpiscono i miocardiociti con uno stimolo nel periodo refrattario relativo, quindi si verifica per cause
anche fisiologiche la possibilità di stimolare nel periodo refrattario relativo, i miocardiociti rispondono:
- con potenziali relativamente vicini o dissimili rispetto al precedente
- contrazioni più deboli perché non ho permesso di tutto il calcio necessario per una completa
contrazione
7 di 8
Fisiologia FC Attività Elettrica Del Cuore
Questo spiega ovvero una contrazione anticipata che si genera per un segnale elettrico che si
è generato prima. Il risultato è una contrazione non ritmica con delle conseguenti diverse.
Tutto questo contribuisce ad aspetti di natura muscolare e del segnale elettrico che nasce dal
NSA e procede nei vari distretti.
Ogni tanto si può verificare una extrasistole che risulta essere fisiologica.
Si osservano i potenziali nelle diverse stazioni, non solo negli estremi (NSA e miocardiociti
ventricolari).
Nella muscolatura atriale la morfologia del potenziale è una risposta rapida, le correnti del
sodio ci sono perché la fase 0 è verticale, ma è smussata la parte della componente 2, il plateau
(scambio calcio-potassio). Questo è legato al patrimonio di sarcomeri che hanno i miocardiociti e al
patrimonio di architettura muscolare: della contrazione ventricolare è più efficiente
Basta un flusso minimo di calcio per indurre una liberazione di calcio dal REL di modo da
far avvenire una contrazione. La sistole atriale è responsabile solo per un 15% del riempimento
ventricolare. Il contributo del riempimento atriale è scarso.
Quella del NAV è una risposta lenta, soprattutto per il potenziale di membrana a riposo che
depolarizza spontaneamente. Questo significa che anche le cellule del NAV sono in grado di avere
una ritmicità. La composizione di canali ionici è sovrapponibile al NSA, ma la frequenza di scarica
del NAV non è di 60-80 battiti al minuto, ma è allineata su una frequenza che va dai 35-50 al
minuto, quindi una frequenza decisamente inferiore. Essendo più lento subisce la ritmicità del NSA
e ne segue il ritmo.
Fascio comune
Branche del fascio
Fibre del Purkinje
Queste ultime 3 sono tutte risposte rapide pur non avendo apparato contrattile (sarcomeri). Sono rapide
perché nella mappatura temporale della contrazione ventricolare sarà importante che mentre i ventricoli si
depolarizzino, chi ha inviato loro il segnale sia in fase di refrattarietà. Queste stazioni hanno refrattarietà
accentuate così da inglobare la refrattarietà dei miocardiociti ventricolari.
Il primo ad eccitarsi è il NSA, poi temporalmente uno dopo si attivano queste strutture fino ai
miocardiociti ventricolari.
Mentre è in fase 2, le fibre del Purkinje è in fase refrattaria.
Se i ventricoli ancora dovessero depolarizzarsi e intanto le zone a monte fossero già in grado di essere
rieccitate (parlando quindi di refrattarietà), un ulteriore segnale sarebbe in grado di depolarizzare la zona
8 di 8
Fisiologia FC Attività Elettrica Del Cuore
del miocardio ventricolare che deve essere ancora depolarizzata ma sarebbe anche in grado di
depolarizzare anche le zone a monte: avremo un fenomeno di rientro.
La refrattarietà, così concepita, consente al segnale elettrico di passare da un punto più a monte a uno più
a valle e impedisce che il segnale elettrico torni indietro. Non lo può fare perché i segmenti a monte sono
refrattari.
9 di 8
Fisiologia FC03-PROPRIETÀ, CONDUZIONE, CONTRAZIONE
La scorsa volta abbiamo illustrato i meccanismi di natura ionica, sia di correnti che di canali ionici, che
caratterizzano e contraddistinguono i due estremi di risposte elettriche del cuore o dei potenziali
cardiaci; cioè quella che viene identificata come risposta lenta (per esempio di una cellula pacemaker) e
come risposta rapida (per esempio del miocardiocita).
Aver visto la tipologia di canali ionici che contribuiscono alle risposte elettriche ci consente di ragionare sul
concetto di refrattarietà assoluta e relativa, e quindi indicare quanto la refrattarietà sia un elemento di
sorveglianza e di sicurezza per il nostro cuore da un punto di vista di fenomeni elettrici riverberanti.
Poi abbiamo notato come le diverse stazioni del cuore, con riferimento al sistema eccitazione/conduzione,
e con riferimento ai miocardiociti atriali e ventricolari, presentino queste risposte monofasiche,
individuabili e registrabili a cavallo della membrana.
Inoltre abbiamo visto come queste risposte siano simili da alcuni punti di vista e diversi per altri punti di
vista.
Ad esempio abbiamo notato come i sistemi di conduzione a livello del fascio di His e delle fibre del Purkinje
presentino in queste stazioni delle refrattarietà accentuate, tanto da inglobare la refrattarietà del
miocardiocita ventricolare.
La sommatoria di questi può essere traducibile con una registrazione più macroscopica del nostro cuore,
che si fa nel corso del tracciato elettrocardiografico.
vediamo qualcosa di nuovo che vuole essere una sintesi, cioè tre attività elettriche riferite a
tre stazioni:
Cellule del Purkinje (in tipica risposta rapida)
Pacemaker
Cellula atriale
Questi sono i potenziali rilevati a livello delle tre stazioni, e qui una visione delle correnti presenti nelle
diverse fasi del potenziale
La corrente INa, dipendente dal canale Nav 1.5, è concentrata e rapida di tutti gli eventi elettrici, ma
questa è preceduta, nelle cellule lente, da un evento elettrico If (corrente funny) che precede lievemente
della INa, che non è proprio delle cellule lente.
Dissecare le correnti tra le diverse stazioni nelle diverse cellule in base alla specificità, ci consente di notare
certe cose.
Ci aspettiamo che If sia seguito da un aumento della corrente del Calcio slow inward che come
cinetica è contemporanea, anche se con caratteristiche cinetiche lievemente sfasate a quella, ad esempio,
del potassio.
Quella del potassio si può dissecare, andando a rilevare le correnti dipendenti dai diversi canali ionici, nelle:
Corrente Ik transiente caratteristica delle risposte rapide;
Corrente voltaggio sensibile del potassio;
Corrente Ikir finale nella ristabilizzazione del potenziale di membrana a riposo, che spicca parte
della corrente totale del potassio.
Poi possiamo ridentificare If che tende, con le sue caratteristiche a ridursi prima e poi a riaccentuarsi nella
fase eventualmente successiva.
Nella globalità delle tre tipologie delle risposte; con una rapida a valle del NAV, una rapida a monte del
miocardiocita atriale e di una della cellula pacemaker, vediamo come, sovrapponendo queste 3, si possono
identificare tutte le fasi legate alle correnti che mediano depolarizzazione, ripolarizzazione e instabilità del
potenziala di membrana a riposo.
FONDAMENTALI :
Le proprietà fondamentali del cuore sono proprietà che possono presentare la caratteristiche della
regolabilità o della regolazione.
Nel contesto elettrica, il cuore presenta specifiche possibilità di regolazione della sua
frequenza, cioè la rilevazione della scarica del NSA.
da aspettarsi che un aumento o una riduzione della frequenza corrisponda ad un aumento o a una
riduzione della scarica del NSA.
Rilevare la frequenza di scarica del NSA, se il soggetto è pacemaker fisiologico, corrisponde a rilevare un
aumento o riduzione della frequenza cardiaca.
La frequenza di scarica del NSA rientra in una delle proprietà fondamentali del cuore.
Le altre riguardano:
la capacità di contrarsi con forza variabile;
la capacità di condurre con tempi variabili il segnale elettrico da una stazione
la capacità di essere più o meno valorizzato nelle sue funzioni sia elettriche che meccaniche.
Queste che sembrano frasi descrittive in realtà identificano una proprietà che si chiama cronotropismo,
che è tutto ciò che ha a che fare con la frequenza di scarica del NSA o del NAV nel caso ci sia una
sostituzione tra i due nodi per effetto di cause patologiche.
Cronotropismo
Il nostro cuore è potentemente innervato, sia dalla branca neurovegetativa ortosimpatica che
parasimpatica.
ortosimpatica proviene dai mielomeri toracici e primi cervicali del midollo spinale, che
attraverso la catena laterale riesce a raggiungere, con le fibre post gangliari, le stazioni nodali e muscolari,
sia atriali che ventricolari.
La liberazione è di catecolamine, quindi noradrenalina, anche se gli effetti della attivazione
catecolaminergica dipendono anche liberata dalla midollare surrenale.
Per ora evidenziamo cosa può succedere a livello delle nostre cellule a risposta lenta, quindi alle cellule del
NSA, riferendoci al cronotropismo, cioè:
Come fa il nodo seno atriale a manifestare un incremento o decremento della sua frequenza di scarica?
Ogni volta che abbiamo un incremento abbiamo un effetto tachicardizzante, dal momento che abbiamo
una riduzione abbiamo un effetto bradicardizzante.
Tutto si gioca sul fatto che le cellule sono dotate di recettori sia per catecolamine che per acetilcolina,
quindi sono sensibili agli effetti ortosimpatica e parasimpatica vagale.
In entrambi i casi si tratta di recettori metabotropici, cioè recettori associati a secondi messaggeri, non
hanno quindi un effetto ionotropico diretto, come invece fanno i recettori ionotropici (attivati da
neurotrasmettitori o altri ligandi).
Innervazione ortosimpatica:
Vediamo quello che si verifica quando un incremento di rilascio di noradrenalina sul NSA, quindi quando
è attiva ortosimpatica.
Il primo effetto è un incremento del cAMP, perché un azione di stimolo, mediante proteina G, del cAMP
sintetasi. Questo produce risposte molto forti: il cAMP agisce sui canali HCN (citati in correlazione alla
corrente funny): di attivazione sensibile ai secondi messaggeri ciclici o derivanti
In realtà semplicemente tramite cAMP aumenta il reclutamento di canali attivi: ci sono più
canali attivi quindi ci aspettiamo che la corrente aumenti, il che è una premessa sostanziale
della velocita di scarica del NSA.
Il secondo effetto è della PKA, che è una chinasi che accende meccanismi di fosforilazione.
Genericamente tutto ciò che viene fosforilato si attiva, tutto ciò che viene defosforilato si disattiva.
In altre parole si accentua orologio del calcio, cioè la capacità del reticolo di rilasciare più rapidamente il
calcio dalle sue riserve, e quindi accentuare il fenomeno della depolarizzazione spontanea.
Effetto cronotropo:
aperti, a sua volta, determina l intensità di If, che a sua volta incide sulla frequenza di scarica del NSA,
quindi sulla frequenza cardiaca.
Quindi, se la corrente If è più intensa, ovvero più ripida (v. tratto verde nel grafico), la cellula esprime prima
la depolarizzazione; al contrario, un inibizione di questa corrente allunga il periodo nel quale la cellula
rimane iperpolarizzata.
Sempre guardando il grafico notiamo che il punto di arrivo della linea verde è un punto precedente, per cui
la frequenza, da 70 battiti, passa a 80/90 battiti, perché si accentuano le correnti di potassio, per effetto
delle fosforilazioni.
illustrato si dice effetto cronotropo positivo, quindi è un effetto di incremento della frequenza di
scarica della cellula del nodo seno atriale.
cronotropo positivo dipende sia dalla fosforilazione HCN, che dalla fosforilazione dei canali
voltaggio sensibili.
Riferito specificamente ai canali HCN, sensibili a cAMP, vediamo come a parità di potenziale di membrana,
(-40 mV) in assenza di cAMP la percentuale di canali aperti è minore (5-10%), mentre in presenta di cAMP
(sempre a -40 mV) aumenta, quindi la pendenza della If si incrementa, e questo corrisponde
inevitabilmente ad un aumento della frequenza di scarica del NSA.
In questo caso abbiamo poi attivazione della proteina G inibitoria che riduce il
cAMP, agendo sul cAMP sintetasi. Questo riduce il livello di cAMP basale.
Questo come prima conseguenza riduce (seguendo di frecce tratteggiate, v. immagine a pagina
precedente) il livello di fosforilazione dei vari canali ionici ( i sono una conseguenza della riduzione
del rilascio del calcio, dunque una riduzione dei fenomeni di fosforilazione a carico dei canali voltaggio
sensibili).
A questo si aggiunge di un canale del potassio acetilcolina sensibile: IKACh.
netto muscarinica è quello di:
accentuare per effetto di IKACh;
abbattere i livelli di cAMP.
una via intracellulare che ha a che fare con una riduzione della fosforilazione tramite CAMK II. Questa è
una proteina che è della fosfatasi.
La riduzione quindi la diminuzione della fosforilazione promuove (sgancia)
della fosfatasi e quindi mette nella condizione di ridurre i livelli di cAMP intracellulare e diminuire
della PKA.
Partendo da una riduzione della fosforilazione riusciamo a sganciare di un sistema che è quello
delle attività delle fosfatasi, riducendo complessivamente la fosforilazione dei bersagli che prima
valorizzavano le correnti a cavallo della membrana.
ESEMPI DI CANALOPATIE:
Vediamo dei canali ionici cardiaca, con esempi di geni alterati associati
a specifici canali ionici che possono avere a che fare con importanti aritmie cardiache.
Per esempio che ha a che fare con il gene KCNQ1, che corrisponde al canale KvLQT1.
Questo media la corrente IKs, cioè la fase iniziale e terminale della ripolarizzazione durante la fase di
plateau.
Con una mutazione il canale può trovarsi nella condizione di:
perdita di funzione
guadagno di funzione
Con la perdita di funzione abbiamo la sindrome del QT lungo che predispone a tachiaritmie mortali.
In particolare predispone alla torsione di punta (una particolare aritmia ventricolare), e di conseguenza alla
fibrillazione ventricolare.
In questi casi si perturba il tempo di refrattarietà dei miocardiociti, visto quanto è importante questa
corrente nella fase che va dal plateau alla ripolarizzazione.
Questo altera profondamente ofisiologia dei ventricoli e predispone a questa sindrome.
(che sentiremo citare anche tra gli effetti negativi di farmaci assunti in alcune terapie, anche per patologie
non riguardanti il sistema cardiovascolare).
Nel caso di guadagno di funzione la sindrome si inverte: cioè si ha una sindrome del QT breve, che è una
sindrome dove il tempo di ripolarizzazione si riduce.
Possiamo muoverci dal contesto unicellulare o di specifiche stazioni vedendole come stazioni a parte,
oppure possiamo spostarci verso la conduzione elettrico.
Per una serie di prerogative il NSA riesce a costituire un segnale elettrico unico che emerge dal nodo stesso
e invade i nostri atri.
La prima cosa da notare dal punto di vista della conduzione di segnali elettrici è qualcosa di strutturale, che
rappresenta un elemento importante per separare elettricamente gli atri dai ventricoli.
Noi siamo dotati di un tessuto fibroso atrioventricolare (che sia illustrato in modo semplice o in una
costruzione più verosimile, viene sempre fatto notare un setto fibroso che separa atri e ventricoli).
Non è tanto un problema di costituzione fisica, ma di caratteristiche elettrofisiologiche.
Il tessuto connettivo non è un tessuto eccitabile, quindi la presenza di tessuto fibroso a confine tra atri e
ventricoli garantisce la specificità di passaggio, mediante il NAV al fascio di His e le due branche, senza che
vi sia una continuità diretta tra sincizio atriale e sincizio ventricolare.
Questo isolamento elettrico impedisce ipotesi più semplice una contemporaneità di eventi elettrici tra
atri e ventricoli, quindi garantisce successivamente eventi meccanici atriali e ventricolari relativamente
disgiunti, almeno per della contrazione atriale rispetto a quella ventricolare.
Le sinapsi elettriche possono avere resistenze diverse, quindi possono far passare più o meno velocemente
un segnale elettrico attraverso le membrane.
Nel NSA e NAV siamo dotati di connessina 45 e non della connessina 43 (che è quella a minor resistenza).
Questo è interessante perchè crea le basi per del segnale elettrico in piccoli spazi, questo aumenta
appunto le capacità resistive dei due nodi.
Allo stesso tempo cosa interessante è che della connessina 43 protegge nei nodi
da segnali elettrici che provengono
consente di avere dei nodi relativamente isolati rispetto al contesto atriale o ventricolare.
Questo significa perturbare meno la genesi elettrica ritmica che si verifica a livello della
stazione nodale.
Ci sono solo le due vie di uscita che caratterizzano il NSA: la zona centrale dà origine a una tipica risposta
lenta con ascesa del potenziale di membrana a riposo, mentre le zone, superiore e inferiore, rappresentano
le due vie uscita del potenziale generato al centro del NSA.
Quando ci spostiamo sulla zona delle branche (fascio di His o branca destra e sinistra) oltre la connessina
45, emerge la connessina 40.
Nelle fibre di Purkinje che sono già di transizione, cioè verso il bersaglio finale che sono i miocardiociti
ventricolari, abbiamo connessina 40, connessina 45 e connessina 43.
Questo conferisce alle diverse stazioni velocità diverse della conduzione del segnale elettrico e
caratteristiche di refrattarietà diverse nelle diverse stazioni.
Conduzione
Noi ci possiamo spostare su una mappatura temporale del segnale elettrico che colpisce le diverse parti del
cuore.
Possiamo mappare nel cuore (nelle due camere atriali e nelle due ventricolari) del segnale
elettrico e vedere quanto tempo occorre perché il segnale che emerge dal NSA raggiunga le diverse zone
dei due atri o raggiunga le diverse zone dei ventricoli.
Questo è utile perché in realtà ci consente di vedere diverse cose e non fa altro che prendere concetti che
erano emersi dai potenziali e applicarli a una mappatura temporale.
Se il tempo 0 è il tempo insorgenza del potenziale a livello del NSA, ci accorgiamo che dopo
qualche centesimo di secondo il segnale si diffonde nelle diverse parti degli atri.
In altre parole in 9 centesimi di secondo il segnale elettrico ha raggiunto tutte e due le camere atriali e
quindi i miocardiociti atriali, e già dopo 0.03 s ha raggiunto il NAV.
Se andiamo a rilevare la presenza di un segnale elettrico a livello del fascio di His vediamo che sono passati
da 0.03 a 0.13 s, cioè sono passati centesimi di secondo per il riemergere del segnale elettrico a livello del
fascio di His, quindi stato un ritardo fisiologico della conduzione del segnale elettrico a livello del NAV.
Quello che vale 0.13 s si chiama tempo di conduzione atrioventricolare: è quanto ci mette il segnale
elettrico per andare dagli altri ai ventricoli.
Questa funzione di ritardo viene espletata dal NAV, che ha caratteristiche sia strutturali che
elettrofisiologiche tali per cui il ritardo si verifica ed è fisiologicamente di questa entità.
Se riprendiamo la mappatura temporale del segnale elettrico abbiamo un tempo minimo che passa fino a
investire o tratto nel ventricolo di sinistra (zona superolaterale) a 0.22 s.
Con un minimo di 0.16 s e massimo di 0.22 s.
Alla zona superolaterale sinistra (che è ad essere depolarizzata) arriva il segnale elettrico dopo
0.22 s, cioè dopo 6 centesimi di secondo dal riemergere del segnale elettrico dal nodo.
Abbiamo una rapida accelerazione del segnale elettrico che pervade i nostri ventricoli.
evidente che il segnale elettrico raggiunge molto rapidamente il NAV attraverso le vie internodali,
altrettanto rapidamente pervade gli atri, e un tempo che viene speso dal segnale elettrico del
NAV, che poi emerge attraverso il fascio di His e successivamente riscivola via con grande velocità a livello
delle vie di conduzione fino a raggiungere i miocardiociti.
Qui abbiamo la velocità di conduzione, al di là del tempo che qui si riproduce in millisecondi, ma
riconvertibili, delle diverse stazioni disegno.
Nel NSA è 0.05 m/s, quindi molto basso, come è basso a livello del NAV.
1 m/s nel miocardio atriale e nel ventricolo mentre aumenta notevolmente nelle fibre di Purkinje (3-3,5
m/s).
Quindi in realtà la configurazione del nostro sistema, non solo di conduzione ma anche dei miocardiociti
che subiscono il segnale elettrico, rileva:
stazioni molto lente che hanno una velocità di conduzione minima;
stazioni che hanno velocità moderatamente elevata;
stazioni che hanno una velocità di conduzione elevata.
Consideriamo un aspetto: come mai un sistema di cellule che costituisce una parte del sistema eccitazione
conduzione dovrebbe condurre più o meno velocemente?
Ci sono varie ragioni:
Con diametri maggiori riduciamo la resistenza, quindi la velocità subisce un rapido incremento;
La presenza delle correnti del sodio: queste sono presenti e molto massicce nelle risposte rapide,
notiamo che guardando le diverse stazioni nodali e atriali e ventricolari, noi rileviamo nelle vie di
conduzione delle correnti del sodio molto intense a livello delle fibre che conducono più rapidamente (le
fibre di Purkinje sono più eclatante);
Le variazioni del tempo di refrattarietà: possono essere imposte da regolazioni che arrivano al cuore
mediante possono variare notevolmente la velocità di conduzioni.
Ci riferiamo a quello che succederà vedendo effetto inotropo positivo mediato dal sistema nervoso
simpatico, grazie alle catecolamine, dove in realtà la refrattarietà si ridurrà, quindi i miocardiociti atriali e
ventricolari potranno contrarsi e rilasciarsi più velocemente.
La velocità di conduzione del segnale elettrico, attraverso il sincizio funzionale, decisamente aumenterà.
Dromotropismo
dromotropo aumenta o diminuisce la velocità di conduzione a seconda che intervenga la
regolazione simpatica o parasimpatica: a parità di geometria della corrente modifica
la velocità di conduzione.
Questo ha riscontro dromotropo positivo che ha il nostro sistema ortosimpatico una volta che si
attiva e bersaglia il nostro cuore.
pacemaker del NSA ha una frequenza propria che varia tra 60-100 battiti al minuto.
Anche Il NAV ha 40-55 scariche al minuto. Questo si collega alla pendenza spontanea del potenziale di
membrana a riposo del NAV che si può identificare con pacemaker nel caso in cui il NSA sia
malato o alterato, come succede in corso di fibrillazione atriale acuta o cronica.
Un soggetto che abbia pacemaker del NAV è un soggetto bradicardico, cioè il NAV esprime quella
frequenza di scarica considerata intorno ai 55-60 potenziali al minuto.
Questo dipende dalla densità, intensità e dalla frequenza con cui si aprono i canali ionici HCN, da
quanto sono espressi.
Quindi la rapidità e ripidità di If è decisamente inferiore nel NAV, tanto inferiore da subire fisiologicamente
o che proviene da chi è monte, cioè dal NSA, che raggiungendolo prima che lui scarichi
spontaneamente, si sovrappone e inibisce ità di scarica spontanea del NAV.
Quindi la differenza tra la frequenza di scarica impone il proprio ritmo e la propria
differenza di scarica.
Ha senso memorizzare alcuni elementi fondamentali perché quando vedremo meccanica del
cuore, faremo riferimento ad alcuni correlati elettrocardiografici.
Il cuore è in grado di esprimere i potenziali di azione che abbiamo visto, producendo riposte lente e rapide.
Le attività delle singole stazioni possono tradursi in una serie di eventi elettrici che possiamo rilevare
attraverso degli elettrodi posti sulla cute del nostro corpo in posizioni diverse.
Quello che noi rileviamo attraverso gli elettrodi posti per la registrazione elettrocardiografica non è
che una variazione del potenziale, quindi di cariche extracellulare.
Soprattutto quello che rileviamo sono delle differenze di potenziale tra zone del cuore che si sono già
depolarizzate e zone che ancora devono depolarizzarsi.
Questo si riverificherà anche durante il processo di ripolarizzazione.
Teniamo conto che noi abbiamo un sincizio, una superficie, un volume, e quindi è chiaro (questo fa
riferimento ai tempi di conduzione del segnale elettrico) che noi abbiamo nel territorio atriale zone che si
son già depolarizzate e zone che ancora non si sono depolarizzate.
Questo extracellulare crea una differenza di cariche elettriche.
Pertanto tra zone che si sono depolarizzate e zone che ancora non lo sono, abbiamo a tutti gli effetti una
vera e propria differenza di potenziale nello stesso ambiente, cioè quello extracellulare.
Queste differenze di potenziale generano una serie di correnti che possiamo rilevare nelle diverse stazioni.
Vediamo dal quello che stiamo dicendo: la zona blu è la zona che si è già depolarizzata, quindi ha
subito il segnale elettrico che proviene dal NSA. Il segnale accende i miocardiociti atriali che rispondono con
una depolarizzazione (qui vediamo una serie di indicazioni riferite a questi - presenti nel fronte di
depolarizzazione, che vogliono rappresentare la depolarizzazione già avvenuta nella zona in azzurro).
In questa zona, extracellulare diventa elettronegativo.
Di fronte alla zona in blu si ha, invece, un ambiente che ancora non si è depolarizzato
extracellulare presenta ancora la sua tipica elettropositività.
Il fronte di depolarizzazione verso la zona non ancora depolarizzata può essere sintetizzato mediante un
singolo vettore che chiameremo vettore elettrico cardiaco medio e, in base alla direzione, verso e
lunghezza, rappresenta che si stanno studiando.
Essendo un vettore avrà una disposizione variabile nello spazio in base a dove si orientano le correnti di
depolarizzazione che si stanno verificando nel nostro atrio. Nel primo caso della figura, ad esempio, lo
vediamo disposto in
ancora depolarizzata.
origine del vettore corrisponde alla zona già depolarizzata quindi alle zone elettronegative se
consider e il verso corrisponde alle zone che ancora devono depolarizzarsi,
Questo vettore può avere direzioni e versi diversi: ad esempio, iamo al setto
interventricolare, vediamo che la direzione e il verso del vettore cambia.
Può avere anche lunghezze diverse a seconda delle zone già depolarizzate e zone che ancora devono
depolarizzarsi.
Questi orientamenti, a seconda di dove noi posizioniamo gli elettrodi per la valutazione
elettrocardiografica, possono tradursi esattamente nel grafico che vediamo nella pagina dopo: questi
vettori elettrici cardiaci medi, infatti mediante una analisi che chiamiamo analisi vettoriale del tracciato
elettrocardiografico possono tradursi in onde elettrocardiografiche.
Ovviamente tutto nasce dal fatto che questo è legato ai singoli potenziali di azione monofasici che
percorrono il sincizio.
Qui vediamo i due elementi per i ventricoli (complesso QRS e onda T) che corrispondono agli eventi che
abbiamo imparato quando parlavamo di potenz abbiamo quindi una depolarizzazione e una
ripolarizzazione ventricolare.
A questo punto abbiamo una linea isoelettrica che chiamiamo tratto ST, che va dalla parte terminale della
depolarizz
Possi onda QT izio della depolarizzazione alla fine della
ripolarizzazione.
Nella mappatura di prima avevamo visto che il NAV è raggiunto dal segnale elettrico dopo 0,03 secondi, e il
segnale riemerge dopo 0,16 secondi, con un ritardo di conduzione di 0,13 secondi, in quel caso avremmo
dovuto aspettarci non quattro quadratini ma più o meno tre quadratini ad indicare 0,12-0,13 secondi che è
il tempo di conduzione atrio ventricolare.
Il tempo di conduzione ha un limite fisiologico, oltre il quale entriamo in un area di blocco della conduzione
atrio ventricolare. Questo limite corrisponde a 0,20 secondi, che corrispondono a 5 quadratini. Se andiamo
oltre i 0,20 secondi, siamo in una condizione di blocco atrio ventricolare che può essere graduato: parliamo
di primo, secondo e terzo grado. È un problema fisiopatologico.
Riassumendo
Per ora ricordiamo la tripletta elettrocardiografica, cioè onda P, complesso QRS e onda T che indentificano
le conseguenze di un segnale elettrico che si genera nel nostro nodo seno atriale.
Qui nel grafico abbiamo due conseguenze: vediamo due triplette elettrocardiografiche con intervallo RR
che corrisponde, nella scala dei secondi, a circa 1 secondo di distanza.
in questo contesto, la nostra frequenza è di circa 60 battiti al minuto.
Nella descrizione, vediamo che manca la ripolarizzazione atriale, perché è mascherata dalla
depolarizzazione ventricolare. N nalisi vettoriale possiamo ricostruirla e vedere che non è una
na deflessione verso il basso. Fisiologicamente non si vede per questo
ACCOPPIAMENTO ECCITAZIONE-CONTRAZIONE
A questo punto se il segnale elettrico passa presso le varie stazioni del cuore, possiamo arrivare allo studio
di come
forma di contrazione. E quindi parliamo di accoppiamento eccitazione-contrazione.
Infine vediamo anche la presenza di un capillare che si appoggia sul miocardiocita, in cui è rappresentata la
cellula endoteliale con il suo nucleo.
1 questo ragionamento finalistico in fisiologia, in realtà, non è del tutto corretto, ma ci serve
2+
A seguito , abbiamo un altro evento che rappresenta la forza e, a seguire, abbiamo
rispettivamente il decremento di calcio intracellulare e il decremento della forza.
preciso:
esecuzione del .
In altre parole, nella fibrocellula muscolare striata, abbiamo una sequenza di eventi posti
Rispetto a quello che è stato detto prima, possiamo affermare che, generalmente, il muscolo cardiaco non
è tetanizzabile, ovvero non può presentare una sommatoria temporale di scosse muscolari, che
corrispondono a contrazioni che si sommano temporalmente.
Un muscolo si dice tetanizzabile se presenta una contrazione muscolare prolungata nel tempo con
espressioni di forze variabili, che dipendono dalla intensità del tetano. Presenta, quindi, una sommatoria di
eventi mec
Il miocardiocita non può essere tetanizzabile per il fatto che , la genesi della forza e il
rilasciamento avvengono tutti
Se applichiamo degli stimoli ripetuti nel tempo durante il periodo refrattario assoluto abbiamo un muscolo
o una cellula muscolare cardiaca che di fatto si è già contratta e rilasciata, e la persistenza di stimoli, anche
durante il periodo refrattario, rende la cellula indifferente a questi stimoli.
Tornando al concetto di tetanismo, se noi applichiamo stimoli ripetuti anche durante il periodo refrattario
assoluto ma soprattutto nella fase successiva al potenziale di azione
ripetuti che si verificano e si sommano in tempi successivi, crea una curva della forza relativamente
continua nel tempo, dato che la forza è successiva al poten . Questo è ciò che si può verificare
durante il tetano muscolare.
2+
intracellulare
Il calcio è il fattore accoppiante tra eccitazione di membrana e contrazione.
Come abbiamo visto, del miocardiocita è trifasico: tra la fase di depolarizzazione e
ripolarizzazione abbiamo una fase molto accentuata di plateau dove sono presenti correnti entranti e
uscenti di K+ e Ca2+.
Il calcio intracellulare dipende tutto dalla fase di entrata attraverso i canali di tipo L? No.
lulare è dovuta al rilascio di calcio da parte del reticolo
sarcoplasmatico del miocardiocita.
Il fenomeno è però ind raverso i canali di tipo L.
Se, infatti, inseriamo del Bario, che è un bloccante dei canali del calcio di tipo L, noi non vediamo un
particolare incremento dello ione Ca2+, nonostante si ella cellula.
La quantità di Ca2+ che entra dai canali di tipo L è un 10-15% del Ca2+ che vediamo dentro il miocardiocita.
La restante parte, 70-80%, corrisponde al Ca2+ liberato dal RS.
In ordine quantitativo, il sistema di trasporto è affidato per lo più al SERCA poi al controtrasportatore Na+
Ca2+ e, infine, al plasma membra calcio atpase estrude a livello della membrana.
2 Vedi
A mantenere le nostre miosine ben ordinate e relativamente disposte rispetto alla stria
proteina che è la titina la quale conferisce alle due isoformi più importanti della miosina (che sono la M2a e
M2b), e di conseguenza a tutto il miocardiocita, una importante tensione passiva.
La troponina nelle sue varianti globulari TnC, TnL, e TnT si distribuisce intorno ai filamenti di actina. TnC ha
diverse isoformi. I miocardiociti hanno una loro isoforma specifica.
In sintesi, il fenomeno della contrazione muscolare si traduce in un ciclo: il ciclo dei ponti trasversali o del
cross bridge.
Stadio 1
Nel disegno vediamo un frammento di
sarcomero con le sue proteine
globulari e le teste miosiniche. C un
mutuo rapporto tra actina e teste
miosiniche ma queste non
interagiscono fisicamente. Siamo in una
situazione di riposo.
Stadio 2
Arrivo del Ca2+, attiva il meccanismo rianodino-sensibile che perturba questa condizione a livello del
sarcomero. Infatti, la troponina ha una straordinaria affinità per il Ca2+ che quindi la lega, scatenando
vento perturbativo: le proteine, una volta legato il calcio, cambiano conformazione e svelano il sito di
Questo immediatamente interagiscono fra loro.
Stadio 4
È avvenuto il power stroke e le teste delle miosine sono ancora ruotate. Il Calcio è ancora legato al
complesso delle proteine regolatrici.
Il complesso si stacca, ma le teste miosiniche rimangono ancora ruotate. Non hanno ripristinato la loro
posizione originaria. Poiché il ciclo del calcio ha un inizio e una fine, noi sequestriamo il calcio. Quando
questo è risequestrato, anche le teste miosiniche riacquistano la loro posizione di partenza. Tutto ciò
avviene con una spesa energetica.
Nello stadio 5, la miosina lega ATP, per la quale ha una affinità maggiore risp
Questo legame consente il rilascio del muscolo.
La testa miosinica, nello stadio 1, ha legato ADP+Pi. Proprio nella lisi del residuo Pi si genera quella energia
necessaria per il power stroke. Si crea il complesso actina-miosina-ADP.
La miosina ha una maggiore affinità per la actina che e si crea
il complesso più stabile actina-miosina (AM).
Il destino della miosina è continuare a lavorare con ATP. Riaggancia quindi ATP perché ha maggiore affinità
e si crea di nuovo una ADP+Pi si lega alla miosina nella fase di rilasciamento.
Abbiamo delle prove inconfutabili di questo: ad esempio il fenomeno del rigor mortis.
Un altro esempio è quello del crampo muscolare. Questo può sopraggiungere nel caso in cui abbiamo
alterazioni elettrolitiche locali (in cui vengono perturbati i fenomeni bioelettrolitici di membrana) o può
subentrare anche per insufficienza di ATP che dipende da una insufficienza relativa di natura vascolare:
abbiamo una eccessiva acidosi locale, un apporto di ossigeno insufficiente, e quindi una perturbazione del
metabolismo aerobico.
funzione di rimuovere i depositi metabolici di tipo acido e allo stesso tempo si ripristina il circolo. Se ci
rimettiamo in moto troppo presto, il crampo ritorna perché ritorniamo in una condizione di insufficienza di
ATP.
Questo ciclo di ponti incrociati è presente in tutte le cellule del tessuto muscolare.
Se contraiamo i muscoli striati, questi possono rispondere con due tipi di contrazione:
contrazione isotonica: dove spostiamo qualcosa.
Se avvici con capo fisso a livello prossimale omerale e
capo mobile a livello distale, facciamo una contrazione isotonica dove abbiamo un lavoro esterno
che è il risultato del prodotto tra forza per spostamento.
Per misurare una contrazione di tipo isometrica si utilizza uno strumento in cui il ventre muscolare è
misurare lo spostamento.
Ieri abbiamo visto come il segnale elettrico passa con una certa tempistica attraverso il tetto e la base degli
atri, il setto interventricolare e i ventricoli. Abbiamo visto come questo sia caratterizzato da un ritardo della
conduzione atrio-ventricolare (è un ritardo fisiologico). Abbiamo visto come possono essere considerati alcuni
elementi caratterizzanti il sistema di eccitazione e conduzione facendo riferimento a aspetti di refrattarietà e
sommatoria degli eventi elettrici fino ad arrivare alla genesi del tracciato elettrocardiografico. Quindi
abbiamo concluso soffermandoci sul fenomeno di eccitazione-contrazione, in cui il fenomeno elettrico si
traduce in evento meccanico. Questo ha portato a soffermarci su un aspetto fondamentale del muscolo
cardiaco, e cioè che non è tetanizzabile. Questo per via di una serie di eventi di sovrapposizione temporale,
sia elettrici legati al Ca2+ sia meccanici, che distinguono il muscolo cardiaco dal muscolo scheletrico. Facciamo
riferimento a eventi di traffico di calcio: il calcio infatti aumenta grazie al fenomeno di induzione di calcio
Questo si traduce in una contrazione a livello delle molteplici unità sarcomeriche presenti nei miocardiociti.
aspetti energetici connessi. Ci eravamo soffermati ad analizzare un aspetto importante che caratterizza
contrazione sia del muscolo scheletrico che cardiaco, che è il tipo di contrazione (isometrica e isotonica): infatti
vi è una parte della sistole cardiaca che avviene in maniera isotonica e una in maniera isometrica.
accorciarsi (che è il fenomeno che noi chiamiamo propriamente contrazione muscolare). Possiamo
fare numerosi esempi: la contrazione del muscolo bicipide ad esempio permette la flessione
da elementi eccitabili, per cui si può applicare uno stimolo elettrico nel ventre muscolare e utilizzare al di
l
grado di forza che il muscolo genera mediante questa tipologia di contrazione. Dunque il muscolo entra in
tensione senza che vi sia accorciamento macroscopico del ventre muscolare. Questa è una tipica contrazione
isometrica.
2. Nella contrazione isotonica invece, il muscolo ha uno dei due capi mobile, agganciato a un certo
di tensione del
ventre muscolare, e se la forza muscolare è maggiore di quella del peso, in questo caso esposto a
una forza di gravità, si ha un accorciamento del ventre e uno spostamento del peso.
apparato isotonico dunque, a differenza di quello isometrico, evidenzia una tipica contrazione isotonica
del ventre muscolare, delle miofibrille e sarcomeri. Nella contrazione isotonica si
ha uno spostamento, uno scivolamento delle due strie Z dei sarcomeri, e questo coincide con una
sommatoria dei sarcomeri posti in serie e anche in parallelo, che si traduce in un accorciamento delle
miofibrille e del ventre muscolare.
Possiamo quindi dire che la lunghezza dei sarcomeri è una variabile indipendente, che produce effetti su
una variabile dipendente, che è la forza espressa dai sarcomeri stessi.
Qui si vede un sarcomero condizionato a sei lunghezze iniziali diverse, cioè il sarcomero è posto, nella
dovuta al fatto che le strie Z vengono allontanate. Nelle altre situazioni si hanno lunghezze differenti, che
dipendono dal progressivo avvicinamento delle strie Z dei sarcomeri, fino a una lunghezza minima di 1 µm,
che è una lunghezza limitata dalla stessa composizione strutturale del sarcomero, cioè dalla componente
proteica (filamenti spessi e sottili che costituiscono il sarcomero stesso).
Per semplicità consideriamo i due estremi (situazione 1 e situazione 6). In queste due condizioni (sopra i 3 µ,
, il
sarcomero non esprime forza, cioè non esprime tensione (siamo sullo 0
Infatti:
Nella situazione 1: vi è un disallineamento totale tra le teste miosiniche con i filamenti di actina, per
un sovra-stiramento del sarcomero, ovvero vi è una eccessiva applicazione della tensione passiva
Il profilo di tensione che si ottiene invece nelle situazioni da 2 a 5 è ben diverso. Man mano che si procede
dalla situazione 5 alla situazione 2, aumenta progressivamente la tensione che il sarcomero può sviluppare,
fino a due posizioni, la 2 e la 3, in un range di lunghezze pari a 1,9-1,3 µm, in cui il sarcomero sviluppa una
tensione (forza) massima.
è ad esempio espressione della forza di gravità), a questa se il muscolo risponde attivamente con la
contrazione, corrisponde una crescente forza.
Nel caso dei muscoli antigravitari ad esempio, se abbiamo una tensione per mezzo della forza di gravità, i
nostri muscoli paravertebrali subiscono un lieve stiramento (a cui per altro corrisponde un riflesso di natura
miotatica, che è un riflesso posturale), ma a quelle lunghezze imposte dalla tensione passiva determinata in
questo caso dalla forza di gravità, alla quale è esposto il muscolo,si determina una risposta contrattile più o
meno efficiente a seconda della lunghezza iniziale dei sarcomeri. Questa relazione trova una forza massima
quando ci troviamo a livello di questo tratteggio (1,8-2,3µm).
Quando dobbiamo rispondere a uno stimolo con una contrazione, tendiamo a posizionare i nostri muscoli in
modo da avere una risposta quanto più ottimale. Vi è infatti una lunghezza alla quale il muscolo risponde con
una maggior forza. Se ad esempio consideriamo il braccio, qui il muscolo bicipite risponde con una forza
maggiore se gli arti sono flessi piuttosto che iperestesi o iperflessi. A questa lunghezza il muscolo, presenta
infatti la maggior parte dei sarcomeri che si allineano a questa lunghezza iniziale ottimale, e la risposta
contrattile, necessaria per sostenere il carico, sarà superiore.
Tutto ciò dipende da un evento biomeccanico, cioè dalla probabilità che si verifichino i crossbridge, i ponti
trasversari tra actina e miosina.
Il muscolo cardiaco
passiva: qui vi è la stessa relazione che identifica il rapporto che vi è tra la forza e una lunghezza iniziale del
sarcomero. Tale curva blu nel range tra 1,8 a 2,3 µm, ascende più rapidamente, e presenta una tensione
un contributo di forza determinato dai ponti actina-miosina, ma anche un contributo della tensione passiva.
Se trasliamo la linea tratteggiata su quella indicante la forza, notiamo che vi è una sommatoria tra la tensione
passiva e quella attiva. Se osserviamo invece il grafico del muscolo scheletrico, si nota come la forza che si
esprime attraverso tensione passiva rimane bassa.
Anche la tensione passiva, che serve principalmente a imporre una lunghezza iniziale nel ventre muscolare,
produce comunque una tensione che si traduce in resistenza o forza del muscolo.
Il contributo maggiore della tensione passiva dipende, nel muscolo cardiaco, da:
1. Presenza di due isoforme della titina diversa dal muscolo scheletrico, N2A e N2B, che hanno
maggiore elasticità della titina del muscolo scheletrico.
Questi due fattori contribuiscono alla forza che il sarcomero sviluppa per un 10-15 % della forza che il
sarcomero stesso esprime nella contrazione. La tensione passiva quindi, non solo contribuisce a determinare
la lunghezza ottimale per permettere la contrazione, ma contribuisce anche alla forza che è stata generata.
La titina in particolare, contribuisce, perché funziona come un substrato elastico: quando viene stirata (già a
un valore di 2µm), tende a tornare nella sua posizione ottimale (es. meccanismo di compliance polmonare).
La titina è distesa dal carico che fa distendere i sarcomeri, e nel momento in cui questo avviene, essa
A basse lunghezze (1,8-2, µm) agisce di più la titina, e per lunghezze maggiori agisce anche la matrice
extracellulare.
La curva che si ottiene, a esse italica, è la curva di funzione del cuore o curva ventricolare, che può presentare
za
di contrazione del cuore.
Gli eventi meccanici sono successivi a quelli elettrici, che sono stati generati dal pacemaker e diffusi al sincizio
e con la contrazione.
Per parlare di attività meccanica del cuore, occorre far riferimento alle camere ventricolari, atriali, ai vasi
sanguigni, cioè alle grosse vene e arterie che si connettono alle rispettive camere, e alle valvole (semilunari
e atrio-
contenitiva delle valvole atrio-ventricolari).
Non significa parlare di queste quattro strutture, piuttosto di vederle in una condizione dinamica dove si
ver
la diastole.
distinzione tra circolo polmonare e sistemico, ma si ha un parallelismo tra gli eventi meccanici delle camere
descrizione degli eventi rimanendo o nel cuore di destra o di sinistra, e concentrandoci su una singola camera
ventricolare.
Le valvole semilunari hanno una forma semilunare con concavità che guarda verso la camera aortica o
polmonare e convessità rivolte al distretto ventricolare. Questo predispone alla perfetta chiusura delle
valvole qualora le pressioni nel distretto aortico o polmonare siano maggiori di quelle presenti a livello
ventricolare.
Le valvole infatti si aprono e chiudono per gradiente pressorio, cioè per differenza pressoria: non vi è cioè un
meccanismo di apertura e chiusura.
A livello della valvola aortica, in prossimità dei lembi semilunari, si notano i due seni coronarici da dove
partono le due arterie coronarie di destra e sinistra. Dal punto di vista emodinamico, alterazioni della valvola
semilunare sotto forma di calcificazione o stenosi, inducono il verificarsi in questo distretto di accelerazioni
del circolo per stenosi, e questo può penalizzare, attraverso una pressione laterale, la perfusione del cuore
mediante le arterie coronariche. Queste infatti ricevono sangue attraverso un fenomeno di pressione
laterale, che determina una perfusione durante la fase di eiezione cardiaca.
Situazioni di prolasso o dilatazione della valvola semilunare possono alterare la dinamica del reflusso di
sangue verso il cuore.
CICLO CARDIACO
Per studiare il ciclo cardiaco, si può procedere in due modi: si può far riferimento a una serie di eventi collocati
in un contesto di pressioni e volumi, individuati in un diagramma pressione-volume, oppure si può procedere
studiando un diagramma pressione- tempo, dove gli eventi pressori espressi dal cuore destro o sinistro, sono
in funzione del tempo. Noi seguiremo questa seconda modalità, concentrandoci sulla camera ventricolare
sinistra, rilevando la pressione di atrio e ventricolo di sinistra.
e la tensione
passiva e attiva (data dalla contrazione del sarcomero)
nel diagramma tensione-lunghezza prima mostrata. La
tensione passiva quindi è una tensione indotta da
quanto sangue arriva ai ventricoli, se per ragioni
fisiologiche e non, modifichiamo il volume di sangue
in arrivo, varia il volume di riempimento delle camere,
e in dipendenza di questo, varia la distensione e
quindi la lunghezza iniziale del sarcomero (iniziale
perché il riempimento, in termini concettuali, precede
lo svuotamento, per cui la diastole precede la
sistole tto della sistole si vede sotto
forma di pressione sistolica.
Iniziamo considerando:
Punto A: Il ventricolo ha volume di 50 ml. Si parla di volume telesistolico, cioè è un volume di sangue
che permane alla fine della sistole precedente
rispetto a questo ciclo preso in considerazione. È
variabile in termine di quantità, ma è sempre
presente. È anche detto volume di riserva ed è
utilizzabile nei momenti adattativi che il cuore
richiede, soprattutto quando è richiesto
repentinamente, un aumento della portata
cardiaca, e/o della quantità di volume di sangue
eiettata nella contrazione ventricolare nei minuti
considerati. Questo senza che vi siano
adattamenti nel ritorno venoso al cuore.
La pressione intraventricolare è una pressione al di sotto dei 5 mmHg (nel grafico, per semplificazione, è
rappresentata come prossima allo zero, ma ovviamente non è zero).
(la camera sovrastante il ventricolo) è in diastole, quindi rilasciato. Ha pressione dipendente dal fatto
che è pieno di sangue, che riceve dalle vene polmonari. Per questo ha una differenza di volume di 70 ml,
anche se durante la fase 1 (quella che stiamo descrivendo)
che è quello che viene poi rilasciato al ventricolo, ma è più corretto dire quindi che è in diastole e ha circa 50-
La pressione è sopra i 5-10 mmHg, quindi la pressione atriale è maggiore della pressione ventricolare.
80-120 mmHg (80 è il valore di pressione diastolica, 120 è il valore di pressione sistolica). È evidente che visto
In questo caso, a causa del gradiente pressorio tra distretto aortico e ventricolare (80 mmHg contro i 5
mmHg), la valvola semilunare aortica è chiusa.
Quando si apre la valvola atrio-ventricolare (nel punto A) il riempimento ventricolare avviene secondo:
2. Forza di gravità, soprattutto quando si è in posizione ortostatica (il sangue cade favorevolmente
verso la camera inferiore)
Per completare il riempimento ventricolare (fino ad arrivare al punto B), si ha la sistole atriale, cioè la
-atriale,
e si completa mediante la sistole atriale, detta anche pre-sistole, che determina il completamento del
riempimento ventricolare.
Questo volume è detto volume telediastolico, che impone un certo livello di pressione diastolica e una
lunghezza iniziale dei sarcomeri (tensione passiva), che dipende da quanto sangue arriva dagli atri ai
variabile infatti, se consideriamo che nei distretti venosi abbiamo circa il 60 %
del volume totale ematico, ogni volta che produciamo eventi adattativi che nascono da esigenze specifiche
(camminiamo in fretta, corriamo, cambiamo la postura ecc..) cambia il ritorno venoso e di conseguenza anche
la quantità che arriva al ventricolo e a sua volta il volume telediastolico per cui si modificano le lunghezze
iniziali e in risposta le tensioni attive delle unità sarcomeriche ventricolari.
A questo punto (B) la pressione intraventricolare è incrementata per effetto del riempimento
raggiungendo un valore di 10 mmHg,
ed ha subito un abbattimento pressorio; di conseguenza la pressione intraventricolare è maggiore di
quella interatriale e ciò crea il pr
atrioventricolari che è accentuato anche dalla contemporanea contrazione dei ventricoli che è
La chiusura delle valvole genera il 1° tono cardiaco auscultabile al fonendoscopio (che viene
e sx dello sterno
ec..) caratterizzato da bassa frequenza ,più breve ma più intenso, viene detto anche tono sistolico
perché identifica . Questi toni non devono essere confusi con quelli
di Korotkoff che si generano mentre si misura la pressione arteriosa (come poi verrà spiegato nelle
lezioni successive, questi sono dovuti al moto del flusso turbolento del sangue).
Siamo ora nella linea 2 durante la quale si verifica la contrazione isometrica: in seguito
iamento eccitazione contrazioni i ventricoli esprimono una tensione attiva (formazione dei
crossbridge) dipendente dalle condizioni di allungamento iniziale. Questa contrazione avviene nella
condizione in cui il ventricolo è una camera chiusa, cioè sono chiuse entrambe le valvole sia la
atrioventricolare sia la semilunare è chiusa a causa del regime pressorio maggiore
presente Durante questa contrazione
isometrica o isovolumetrica di fatto rascurabile
anche se è presente una piccola torsione. Il ventricolo esprime una tensione attiva sul sangue che è
un fluido e che, per quanto non sia un fluido newtoniano in quanto anisotropo per la sua componente
cellulare, è comunque incomprimibile. Ne consegue un incremento della pressione intraventricolare
che perdura fintantoché che non viene raggiunta e quindi vinta la pressione in aorta, ovvero
valvolare atrioventricolare (congenita o in seguito a fatti ischemici che causano necrosi) si può avere una
quantità di sangue che rigurgita e per via retrograda raggiunge il distretto atriale e di conseguenza seppure
il ventricolo funziona è tuttavia penalizzata l tti arteriosi aortico/polmonare.
Se per caso dovesse aumentare la pressione intraortica (normalmente può variare durante la giornata) il
lavoro del cuore sarà diverso; immaginiamo di rilevare in un soggetto un valore di 95mmHg, patologico,
questo significa che il ventricolo dovrà raggiungere quel valore per aprire la semilunare, cioè per vincere il
postcarico e se questa condizione perdura il cuore va incontro a ipertrofia proprio come avviene nel muscolo
scheletrico dove si ha un incremento della massa muscolare in seguito agli esercizi.
A questo punto, raggiunto il valore di 80 mmHg, si ha la sistole isotonica (linea 3) con un reale
accorciamento dei sarcomeri per cui il ventricolo assume una variazione importante e visibile della
il tetto dei ventricoli, con
accorciamento del setto interventricolare. Si ha quindi una riduzione progressiva del volume
ventricolare in concomitan eiezione ventricolare durante la quale il volume di sangue passa
dal ventricolo all
sangue. Il ventricolo lavora contro un distretto, quello arterioso, che contiene sangue al quale si
aggiunge quello eiettato e proprio si
genera la risposta elastica dell aorta dove attraverso un meccanismo a mantice si dilatano le pareti
che causa un rimbalzo pressorio (Incisura dicrota, vedi dopo)
onda sfigmica o polso arterioso.
Durante questa fase c allineamento tra pressione intraventricolare e intraortica, cioè l aorta ha lo
stesso profilo pressorio del ventricolo. La riduzione del volume intraventricolare corrisponde ad un
aumento della pression rcomeri determina un ulteriore incremento
della pressione fino a un punto max di 120 mmHg che corrisponde al valore sistolico della pressione
arteriosa rilevabile a livello periferico; indice della forza espressa dal
ventricolo sx ammesso che ci sia allineamento tra risposta elastica arteriosa e contrazione perché se
le pareti arteriose si induriscono (come nei soggetti anziani) la pressione sistolica si incrementa a
causa della rigidità delle pareti.
La pressione intraventricolare arriva a 120 mmHg, poi però la forza di contrazione tende ad esaurirsi
fino al punto D (90-100mmHg); a questo valore la pressione
aortica è superiore a quella intrav unari e si
genera un altro rumore, il 2° tono (ta) più schioccante e più alto rispetto al primo (
sono auscultabili meglio in punti diversi). La chiusura delle semilunari per effetto del gradiente tra
distretto aortico e ventricolo sx o distretto polmonare e ventricolo dx diastole
isovolumetrica (linea 4)o meglio della prima fase diastolica ( non il riempimento) per cui il 2° tono è
anche detto diastolico. Ora il ventricolo ha un volume residuo, telesistolico di 50 ml uguale a quello
condizione in cui il ventricolo è una camera chiusa per cui si ha un rilasciamento a volume costante
con una caduta di pressione che da valori di partenza di 80-90 mmHg raggiunge valori prossimi allo
zero, intorno ai 4-5 mmHG e torniamo al punto A di partenza.
DURATA DEL CICLO CARDIACO E CORRELAZIONE DEGLI EVENTI MECCANICI E ELETTRICI NEL
GRAFICO PRESSIONE- TEMPO
Considerando una frequenza cardiaca di 75 battiti al minuto la durata complessiva di ogni ciclo ottenuta
sommando gli eventi meccanici di diastole e di sistole è di 0.8s (60s /75) di cui 0.5s sono attribuiti alla diastole
ventricolare caratterizzata dal rilasciamento isovolumetrico e dal riempimento ventricolare (riempimento
rapido, diastasi e presistole); la presistole, che è inclusa nella diastole ventricolare dura 0,11s che sono quindi
La sistole con le due fasi isometrica e isotonica dura complessivamente 0.3s. Il tempo
di diastole è maggiore rispetto alla sistole, quindi i ventricoli ci mettono di più a rilasciarsi e a riempirsi
rispetto al tempo che ci impiegano per contrarsi e svuotarsi. Questo significa che ogni volta che aumenta la
, per questo non
possiamo sopportare frequenze superiori ai 200-220mmHg altrimenti il tempo di riempimento sarebbe
troppo ridotto. La maggiore durata della diastole si spiega perché questa si avvale non tanto di un evento
attivo (la sistole atriale contribuisce solo al 15 %) ma di un evento passivo guidato dal gradiente pressorio tra
o contribuisce dunque al 85% e ciò rende ragione del fatto che se per ragioni
accidentali o patologiche gli atri non si contraggono (fibrillazioni atriali croniche acute) i problemi ci saranno
ma non saranno così gravi e sarà possibile tollerale assenza della sistole atriale, con un adattamento
quotidiano (ovviamente AV). Tuttavia la
persistenza di sangue nel distretto atriale per l ssenza di sistole predispone il soggetto a rischi
tromboembolici perché si crea una stasi nelle zone atriali: pertanto in questi contesti prima di risolvere la
fibrillazione atriale si va a scoagulare o ridurre il tempo di coagulazione proprio per evitare di mandare in
circolo trombi. Occorre però fare attenzione che in soggetti con scompenso ventricolare quel 15% è
essenziale dovuta a fibrillazione in quel caso è rilevante.
Ogni volta che si genera un segnale elettrico nel nodo SA noi abbiamo queste conseguenze meccaniche sia a
dx che sx, che determinano nel complesso il ciclo cardiaco. In questo diagramma pressione tempo osserviamo
gli eventi prima descritti e vediamo i valori delle pressioni nelle diverse fasi nel distretto aortico, atriale e
ventricolare, inoltre osserviamo anche le variazione volumetriche e in basso (in giallo= onda
elettrocardiografica con la tripletta data da onda p, complesso qrs e onda t che sono gli eventi elettrici
macroscopici concomitanti al ciclo cardiaco.
Ora partiamo dall to elettrico del nodo SA che fa nascere le conseguenze meccaniche onda
p e vediamo che nell atrio c la sistole con incremento della pressione (Onda a, vedi dopo) e nel ventricolo
un piccolo incremento pressorio dovuto al riempimento (che determina il raggiungimento del valore
telediastolico della pressione). Le due fasi precedenti di riempimento le vedremo dopo, perché siamo partiti
in corrispondenza della sistole atriale.
gradiente pressorio atrioventricolare a favore del ventricolo con conseguente chiusura della valvola
atrioventricolare a cui corrisponde il 1° tono cardiaco. La fase di contrazione isometrica importante per
passare da una camera a bassa pressione ad una a alta pressione dura poco, incirca 0,02s in un ciclo di 0,8
s il che è positivo. La sistole isometrica è leggermente anticipata dal complesso qrs ovvero dalla
depolarizzazione ventricolare. Inoltre vediamo come fluttua aorta che durante
efflusso rapido e poi una fase di efflusso lento ) va da 80 a
120mmHg perché si ha un allineamento della pressione intraventricolare e intraortica con ad un certo punto
un disallineame ultima fase (il ventricolo esaurisce la tensione aorta invece accumula sangue, quindi
energia elastica) e a questo punto osserviamo incisura dicrota dovuta al rimbalzo pressorio in
corrispondenza del ritorno elastico impennata della pressione che facilita la chiusura della
valvola semilunare e quindi la generazione del 2° tono cardiaco. Questo succede anche a destra dove è meno
accentuato. A questo punto ho , cioè la ripolarizzazione ventricolare.
Osserviamo ora il profilo pressorio che è caratterizzato da valori tendenzialmente bassi, e rileviamo
delle onde pressorie che identificano delle variazioni che sono in funzione d in
conseguenza alle contrazioni ventricolari. In corrispondenza della sistole atriale dovuta alla
tensione che viene esercitata contro un fluido incomprimibile ,che può raggiungere i 15-18 mmHg (a sx ). La
variazione morfologica dell atrio (durante la sistole) impedisce ,anche se i valori pressori aumentano, che ci
sia un reflusso verso il distretto venoso per cui la via d uscita è solo una, cioè la valvola atrioventricolare.
Durante la sistole ventricolare, soprattutto nella fase isotonica mento del setto
interventricolare che determina non solo una variazione del volume ventricolare ma anche una dilatazione
di atri che divengono camere maggiormente aspiranti con conseguente aumento del ritorno venoso che
onda C. Infine troviamo che corrisponde al completamento del
riempimento atriale. Queste 3 onde le ritroviamo anche nel polso venoso, ad es. a livello della vena giugulare
per continuità strutturale tra atrio dx e giugulare. Queste sono indicative di ciò che fa il ventricolo e di quanto
il ventricolo influenza la pressione e il volume dell atrio .
Ora prendiamo in considerazione i valori pressori delle varie camere a dx e a sx (atriali, ventricolari, aortici e
polmonari) in modo da mettere in luce le principali differenze, che sono in relazione alle resiste
di sangue dei distretti aortici e polmonari. A causa del organizzazione del distretto circolatorio polmonare,
che è più breve ed ha arteriole a minor resistenza, il valore delle resistenze polmonari totali è di 200 dyn s-1
cm-5, pari a 1/5 1/6 delle resistenze sistemiche totali (1100 dyn s-1 -5
). Di conseguenza anche il lavoro che
deve compiere il ventricolo dx è minore rispetto al sx in quanto il postcarico (cioè il livello pressorio o di
resistenze che il ventricolo d ) è minore. Importante considerare che il
rapporto tra postcarico sistemico e polmonare lo ritrovo poi nei valori pressori delle camere atriali,
ventricolari e dei distretti aortici e polmonari.
Cuore dx , facendo riferimento alle onde A (sistole) e V (fine del riempimento atriale) che sono i
picchi pressori maggiori (corrisponde a un rimbalzo dovuto alla chiusura della valvola atrioventricolare e alla
contrazione ventricolare), abbiamo rispettivamente valori di 6 e 5mmHg e un valore medio di 3 mmHg (con
un intervallo da 1 a 5mmHg). Nel ventricolo osserviamo in fase isotonica un picco di 25 mmHg che è legato
alla fase di eiezione (il range fisiologico pressorio intrapolmonare è infatti di 15-30mmHg); la pressione
telediastolica è di circa 4 mmHg e corrisponde al valore presente alla fine del riempimento ventricolare, cioè
in concomitanza del volume telediastolico che determina la lunghezza iniziale dei sarcomeri e quindi il
precarico.
Dunque il precarico corrisponde alla pressione telediastolica, funzione del volume telediastolico che è
espressione di tensione passiva dei sarcomeri e di conseguenza della tensione attiva a seguito
ento. Osserviamo dunque come da un parametro macroscopico come quello del volume si
procede ad uno microscopico quale la lunghezza ottimale/subottimale di sarcomeri. Il valore di 25 mmHg del
picco sistolico può aumentare in condizioni adattative fisiologiche circolatoria
polmonare per e esercizio fisico) o a se ore polmonare
non necessariamente associata a ipertensione
sistemica) che può dipendere da patologie del distretto polmonare (sclerosi polmonare , sclerodermia e
fibrosi) dove si ha un inc ipertrofia del ventricolo dx. Nell arteria polmonare
abbiamo una fluttuazione tra picco sistolico coincidente a quello del ventricolo dx (per eamento delle
due curve) pari a 25 mmHg e un valore diastolico di 9mmHg che corrisponde al valore di pressione del
ventricolo destro raggiunto in seguito alla contrazione isometrica , maggiore rispetto
al valore di pressione telediastolico.
Cuore sx- I valori pressori sono maggiori atrio onda A, attorno a 10mmHg, può arrivare anche a
16mmHg con un valore intorno ai 12 mmHg può arrivare anche a valore fino a 21mmHg e la
pressione media è intorno a 8mmHg. Se però i valori dovessero superare questi range, cioè raggiungere ad
es una media intorno a 12-15-20 mmHg possiamo aspettarci che per via retrograda il sangue ristagna nel
circolo polmonare a causa del fatto che ci sono poche valvole che mediano il passaggio di sangue dalle vene
polmonari all atrio di sx . Infatti quello che troviamo nell atrio di sx lo ritroviamo sottoforma di pressione
anche nel distretto capillare polmonare dove in queste condizioni si ha uno stravaso di plasma negli alveoli
e si manifesta il pre-edema o edema polmonare, cioè una situazione nella quale un insufficienza della
prestazione meccanica dell atrio e ventricolo sx si ripercuote sulla condizione vascolare del polmone.
Non a caso uno dei segni di scompenso cardiaco sx è l nare ovvero la presenza di liquido
(acqua) soprattutto nella base polmonare dove per il fattore idrostatico ristagna di più il sangue nel circolo
polmonare. Il ventricolo sx fluttua tra valori di 120mmHg del picco sistolico ( ) con un valore
di pressione telediastolico di 8 mmHg, le fluttua tra 120 e 80mmHg (il valore
telediastolico rientra in un intervallo di 60-90 che discuteremo successivamente).
Rispetto a quanto detto precedentemente sulle varie fasi del ciclio cardiaco, possiamo aggiungere un
dettaglio che è più che altro di natura semantica, dato che individua una fase che abbiamo già visto ed
analizzato. Stiamo parlando della fase immediatamente precedente alla chiusura della valvola semilunare
aortica o semilunare polmonare, che quindi precede il rilasciamento isovolumetrico, che viene definita anche
protodiastole. Si tratta quindi del momento che segue la sistole isotonica e precede la diastole
isovolumetrica.
POLSO ARTERIOSO
polso
arterioso o onda sfigmica. La nostra aorta riceve una quantità di sangue che identifichiamo come gittata
sistolica, cioè il volume di sangue eiettato ad ogni contrazione isotonica; una
dilatazione elastica della nostra parete aortica dovuto al fatto che
decisamente superiore a tutte le altre arterie periferiche.
Abbiamo quindi il ritorno elastico
generato a
livello aortico.
dato che il
ventricolo si riempie e si svuota in modo intermittente appunto- via via sempre più continuo.
Ciò significa che ogni volta che la componente elastica della nostra aorta tende a ridursi, abbiamo una
concomitante riduzione della continuità di circolo, a discapito della prestazione circolatoria in diversi distretti,
che comunque hanno dei meccanismi di adattamento per sopperire a questo deficit.
Fisiologia FC 05 LAVORO CARDIACO e ECG
POLSO VENOSO
onda a corrisponde
La misurazione della pressione venosa è un aspetto non trascurabile dal punto di vista clinico: se avessimo
di sinistra, questa produrrebbe effetti a ritroso andando ad
Infatti in un paziente con insufficienza cardiaca congestizia, così si chiama, notiamo un importante turgore
Osserviamo la cosiddetta danza
delle giugulari, ovvero i picchi pressori di cui abbiamo parlato sopra.
TONI CARDIACI
Possiamo auscultare ben 4 toni cardiaci, anche se i più importanti, facilmente percepibili sono il primo e il
secondo. (Facciamo sempre riferimento al grafico sovrastante).
Un tono precede il primo vero e proprio ed è generato dalla sistole atriale, nel grafico corrisponde al
quarto tono.
Il primo tono è dovuto alla chiusura della valvola atrioventricolare, anche detto tono sistolico.
Il secondo corrisponde invece alla chiusura della valvola aortica: tono diastolico. Qui siamo nella
protodiastole.
Il terzo
Siamo in fase diastolica.
Se noi avessimo dei toni aggiuntivi tra il primo e il secondo tono, tra il tanto per essere
onomatopeici, questi sarebbero eventi aggiuntivi che avvengono durante la fase sistolica, cioè durante
aortica o polmonare e in questo caso avremo dei soffi da eiezione; oppure ascrivibili a insufficienze delle
valvole atrioventricolari che quindi durante la fase di sistole non si saldano bene e danno origine a dei soffi
da reflusso.
Di contro, se abbiamo dei toni aggiuntivi tra il secondo ed il primo tono, quindi tra potrebbero
essere legati a stenosi delle valvole atrioventricolari, oppure a insufficienze delle valvole aortiche o
polmonari. Il contrario rispetto a sopra.
Approfondendo possiamo notare che la chiusura della valvola mitrale anticipa lievemente la chiusura della
valvola tricuspide, quindi la cinetica del ventricolo di sinistra è una cinetica più rapida di quello di destra.
Il primo tono dura complessavimante circa 0,15 secondi, presenta una frequenza di 15-30 Hz.
Il secondo tono ha una durata di 0,12 secondi e la sua frequenza è sui 50 Hz; in questo caso il tono è
attribuibile ai clic di apertura delle valvole tricuspide e mitrale.
Possiamo inoltre notare che se noi siamo intenti ad auscultare il secondo tono e facciamo compiere al
soggetto una lenta inspirazione, ci accorgiamo che il secondo tono tende a sdoppiarsi, lo sentiamo con due
componenti; questo perchè il ritorno venoso è sensi
più tempo a svuotarsi, dunque la chiusura della valvola semilunare polmonare risulta relativemente
posticipata, generando uno sdoppiamento del secondo tono. Questo è dovuto alla diminuzione di
i, in questo modo
mentre la pressione addominale è positiva e favorevole alla spremitura dei vasi è quindi favorevole
al ritorno venoso.
LAVORO CARDIACO
In arancione abbiamo la cosiddetta energia passiva, meglio identificata come Lavoro Interno, cioè il lavoro
effettuato dal cuore per ripristinare la sua struttura sarcomerica in condizioni di riposo alla fine di ogni ciclo
cardiaco, così da essere pronto per il ciclo cardiaco successivo e quindi per una nuova contrazione. Il lavoro
interno si traduce in calore, quindi in realtà il cuore produce calore. Il lavoro interno consiste nello stiramento
presenti nella parete dei ventricoli che si
contraggono.
Ovviamente entrambe le aree, dunque entrambi i lavori compiuti dal cuore sono variabili, dipendono dal
volume di sangue che il ventricolo deve spostare. Se il lavoro esterno aumenta, anche il lavoro interno
tenderà ad essere maggiore.
FRAZIONE DI EIEZIONE
un correlato somatico delle nostre emozioni) e della forza di contrazione. Questi cambiamenti sono repentini
e non abbiamo in quel preciso momento un meccanismo adattativo che riguardi il ritorno venoso quindi
to dello
stato di paura) in cui il nostro cuore è particolarmente cinetico in termini di frequenza e di forza di contrazione
e nel quale il ritorno venoso è relativamente normale o comunque ai livelli che vi ho indicato (di 70 ml).
remento della gittata sistolica per incremento della forza di contrazione (regolazione
ionotropa positiva del sistema ortosimpatico) e quindi abbiamo un incremento dello svuotamento del nostro
ventricolo che viene a penalizzare il volume di riserva (volume residuo, o telesistolico che è circa di 50 ml),
che è di riserva per questa ragione, cioè consente di essere utilizzato in condizioni adattative repentine, per
cui il cuore è prestante e riesce a perfondere adeguatamente i nostri muscoli e questo avviene
principalmente in seguito a una reazione di attacco o fuga ( i nostri muscoli hanno bisogno di una perfusione
adeguata per farci correre); quindi è un meccanismo adattativo di natura evolutiva che fa riferimento a circa
150.000 anni fa.
Questo meccanismo adattativo ci consente di attingere a quel volume di riserva del sangue e poi è chiaro che
quando ci mettiamo in moto (reazione di attacco o fuga) il ritorno venoso aumenta e ripristina il volume di
riserva e quindi ripristina grazie ritorno un adeguato riempimento ventricolare.
Nel caso di avessimo a che fare con la pressione diastolica del ventricolo di sinistra a seguito di specifici valori
di volumi ventricolari cioè se noi riempiamo il ventricolo sx (mi riferisco alla fase 1) con volumi crescenti di
sangue che vengono dai nostri atri si può notare che la pressione diastolica mantiene livelli relativamente
sangue che torna agli atri e che viene scaricato ai ventricoli ed ecco che la pressione diastolica subisce
certamente un incremento, ma lo subisce entro un volume che è identificabile con una tensione passiva
favorevole.
Questo
si identifica con una certa pressione telediastolica possiamo anche chiamarlo precarico (o preload). Quindi
quando noi incrementiamo il precarico (150/160 ml) la risposta sistolica che il nostro ventricolo può eseguire
aumenta e quindi aumenta la tensione attiva perché in realtà la pressione sistolica non solo raggiunge il
ventricolo ma anche la nostra aorta perché quando si effettua una misurazione della pressione si misura in
realtà la pressione diastolica e la sistolica,
contrazione del ventricolo di sx nella fase di sistole isotonica, per cui quando noi parliamo di pressione
sistolica identifichiamo esattamente la forza di contrazione del ventricolo sx che aumenta la forza e aumenta
la pressione sistolica aumentando la pressione diastolica cioè quella del precarico.
zona riferita al rapporto tra pressione diastolica e pressione sistolica che è decisamente sfavorevole e mi
riferisco fondamentalmente a valori di volume ventricolare sinistro cioè di pressione diastolica (per essere
ti (180-
200 ml) di volume e quindi oltre i 15 mmHg noi abbiamo anche una risposta contrattile cioè di pressione
sistolica che decresce inesorabilmente: è successo che, facendo riferimento alla tensione attiva e alla
tensione passiva, che ci sia il superamento delle lunghezze ottimali quindi significa che siamo oltre i 2,2-2,3
micron e questo crea un disallineamento tra i ponti di actina-
che ne deriva si riduce e praticamente noi abbiamo che molta della tensione passiva è tensione passiva a se
stante cioè sono appunto fenomeni di viscosità, fenomeni su cui peraltro il cuore deve lavorare per
ripristinare la condizione di partenza cioè aumenterà il lavoro interno e quindi la dispersione oltre che di
calore anche di energia per riarrangiare adeguatamente le camere ventricolari per predisporle al ciclo
cardiaco.
Prendiamo in considerazione due esempi; quando noi abbiamo dei meccanismi prima compensativi e poi per
effetto di un circolo vizioso diventano di scompens
seguito di un rimodellamento della parete ventricolare soprattutto di sinistra:
La parete ventricolare si rimodella a seguito di stimoli di natura diversa (ad esempio ipertensione)
sotto forma di ipertrofia concentrica e quindi aumenta lo spessore della parete ventricolare e si
riduce il volume disponibile al riempimento ventricolare ed è quello che succede come conseguenza
spessore ma lo fa per
-carico, cioè la ipertensione,
crea le basi per questo rimodellamento e alla fine riducendo il volume disponibile che ha il ventricolo
a ricevere il sangue, (nell della pressione diastolica ci spostiamo a sinistra). Quindi
(così si chiama perché va verso il centro) è un meccanismo che determina uno scompenso cardiaco
diastolico penalizzato il riempimento diastolico.
S
istiche
opposte.
E quindi vedete quanto sia impattante questo genere di regolazione della forza di contrazione.
ELETTROCARDIOGRAMMA
Figura 2
attraverso queste 3 onde elettrocardiografiche visto che sono molto diverse dalle risposte elettriche
ramma è
arrivare a precisare alcuni aspetti che hanno anche dei correlati di natura pratica e in secondo luogo di
precisare come si formano queste onde quando noi attiviamo la registrazione elettrocardiografica cioè come
mai noi abbiamo delle onde fatte in un certo modo, cioè perché presentano quelle determinate
caratteristiche.
atriale e poi attraverso delle vie preferenziali raggiunge il territorio ventricolare, ma è sempre uno il segnale
che si propaga.
Ora, attraverso il cuore questo impulso elettrico cardiaco, una volta generato dal pacemaker, determina la
presenza di aree che saranno già state depolarizzate rispetto a zone che non lo sono ancora. Pertanto, noi
potremmo prendere il nostro cuore e potremmo osservare in questa rappresentazione molto semplice
(figura 3) come il segnale elettrico è passato attraverso il setto interventricolare, lo ha depolarizzato e a
Figura 3
connotato di elettronegatività mentre le zone ancora non depolarizzate presentano una zona cosiddetta
positiva a+ e altri ioni che la
caratterizzano. Per cui in questo sistema abbiamo esattamente una
differenza di polarità in zone dello stesso organo già depolarizzate e zone
che devono ancora depolarizzarsi e quindi ci sono gli estremi per
generare delle correnti e infatti questa rappresentazione (figura 4) con
queste frecce tonde indica delle correnti che passano attraverso il nostro
stesso cuore tra zone depolarizzate e non depolarizzate ed essendo delle
correnti, possiamo aspettarci che possano essere rilevate da un sistema
di elettrodi che mettiamo sul piano cutaneo, visto che siamo dei buoni
conduttori fatti di acqua ed elettroliti (anche i polmoni conducono
sono dei discreti conduttori) e quindi possiamo
misurare con delle coppie di elettrodi queste correnti sotto forma di
variazione verso valori di elettronegatività o di elettropositività, questo
dipende ovviamente dalla tipologia di correnti che in quel momento
stiamo visualizzando.
Se noi misuriamo le fluttuazioni di potenziale elettrico generate dalle correnti in corso di depolarizzazione e
ripolarizzazione noi facciamo riferimento alla registrazione elettrocardiografica e quindi già questo è il primo
punto di partenza.
Vi ho già fatto riflettere sul concetto della carta millimetrata e sui voltaggi che noi possiamo rilevare a livello
delle onde ECG, sul tempo delle onde o dei tratti vari e mi serviva a correlare gli eventi del tracciato ECG a
ciò che avveniva nel ciclo cardiaco. Vi faccio notare che si parla di millivoltaggi a livello delle nostre onde ECG.
E vi faccio notare anche che in questo contesto noi abbiamo le onde P e T con deflessione positiva, cioè verso
voltaggi positivi mentre il complesso QRS ha due tratti, q
deflessione verso il basso, eppure questa (QRS) è complessivamente la depolarizzazione ventricolare: queste
onda va ver
Quello che può essere molto importante è incominciare a ragionare sulle onde di depolarizzazione e
ripolarizzazione cioè fare un passo in avanti e vedere che cosa significa registrare qualcosa che succede
Figura 5
fibrocellula muscolare ipotetica che presenta un
Di contro se guardiamo il passaggio successivo (C) che è quello che ci aspettiamo quando una cellula eccitabile
esattamente opposta: la ripolarizzazione riparte dalla zona che si era per prima depolarizzata e vedete che
procede verso la zona che da ultima si è depolarizzata e questa discordanza tra elettrodo negativo e polarità
rilevata al di sotto di elettropositività produce quella deflessione verso il basso fino a che una volta che si è
notare quanto dura questo evento cioè 0.30 secondi (300 millisecondi) che
re parole
corrispondono a quello che abbiamo già visto sotto forma di risposta monofasica cioè la depolarizzazione
con la risposta rapida, la fase di plateau e la fase di ripolarizzazione.
(qui il
prof si riferisce al grafico in cui sono
membrana (cioè quello misurato con un elettrodo dentro e uno fuori alla membrana plasmatica). Questa è
invece la registrazione extracellulare con 2 elettrodi uno positivo e uno negativo posti al di sopra del
una straordinaria pertinenza temporale e infatti quando noi parliamo del complesso QRS parliamo di un
complesso che è allineato alla depolarizzazione del nostro miocardiocita e che diremmo essere determinato
ECG
è quello dominante anzi quello che più spesso si cerca di studiare per caratteristiche varie. Però già vediamo
abbiamo anche una deflessione verso il basso anche se prima vi avevo fatto notare che se avessimo avuto
sotto una singola fibra avremmo avuto pe
differenza nasce dal fatto che non stiamo osservando una singola cellula ma un sincizio di cellule dove il
segnale elettrico depolarizzante
polarità delle deflessioni anche verso il basso pur essendo una depolarizzazione (questo comunque lo vedrete
ricost
Poi abbiamo de
grossolanamente alla fase di
linea isoelettrica ma quando prevale, per effetto della cinetica apertura dei canali
del potassio e la chiusura per lo stato di refrattarietà dei canali del calcio, noi abbiamo la ripolarizzazione e
ovo una o. Quindi è chiaro che di
nuovo questo modello della singola fibra vacilla perché davanti non abbiamo un a singola fibra ma un sincizio.
corrisponde a 0,04 secondi allora 5 millimetri sono 0,2 secondi quindi una tripletta da 5 mm sono 0,6 secondi,
Guardate già che quando parliamo di questo identifichiamo il tempo di depolarizzazione e ripolarizzazione
secondi o 1 secondo, infatti qui stiamo parlando ad esempio della sola depolarizzazione e ripolarizzazione
ventricolare e se io stimassi la frequenza cardiaca di questo soggetto e prendessi quindi come riferimento
Vediamo adesso un passaggio che ci avvicina al perché una parte ad esempio del complesso QRS può essere
elettronegativa (o al di sotto della linea isoelettrica) e una parte (la maggior parte) che può essere
elettropositiva. E questo dipende dal fatto che noi non registriamo questo genere di condizione ma
registriamo qualcosa che si avvicina più a questo genere di condizione (figura 3) in cui prendiamo i potenziali
elettrici che provengono da una massa muscolare sinciziale che qui è detta parzialmente depolarizzata perché
si sta depolarizzando e mettiamo gli elettrodi di registrazione di queste tre stazioni di registrazione che
cadono con la loro polarità negativa e positiva su zone diverse del nostro sincizio.
forma di deflessione. Se invece ci spostiamo prima a sinistra e poi a destra vedete che abbiamo esattamente
fenomeni di registrazione opposta quindi onde di depolarizzazione che avranno chiaramente una flessione o
ancora non depolarizzata, viceversa vedete come la polarità positiva cada sotto questa zona già invece
depolarizzata e vedete come la deflessione del misuratore sia verso valori negativi e molto semplicemente
potremmo già ritenere che questa depolarizzazione sia non solo intercettata in modo dissonante dai due
elettrodi ma si stia anche allontanando da quella positiva per la deflessione per questa depolarizzazione sarà
verso il basso. Per contro lo stesso evento studiato con questo voltmetro riportato di qua a destra dove la
polarità positiva cade qui e la negativa cade
In realtà a seconda di dove posizioniamo i due elettrodi (polarità positiva e negativa) noi possiamo ottenere
immediatamente e altre che ancora non lo sono e vediamo che la depolarizzazione insorge in quelle zone
dopo un certo tempo e al massimo fisiologicamente è di 7 centesimi di secondo. Per cui risulta adesso più
nostri atri rileviamo un fronte del nostro sincizio praticamente di cariche negative extracellulari che procede
verso cariche elettriche positive che ancora sono lì in quanto appartenenti a zone che non sono ancora state
depolarizzate. Questo ovviamente crea un flusso di corrente che potrà
essere rilevato a questo punto dai due elettrodi. La cosa procede a livello
ventricolare con specifiche direzioni del fronte di depolarizzazione e
questa freccia indicata qua non indica solo una sorta di direzione della
uando la
vediamo a livello atriale o quando la vediamo a livello settale e poi a
livello dei ventricoli ma quella freccia è una freccia indicativa di
vettore elettrico cardiaco
medio perché in realtà queste correnti, che vediamo lì rappresentate Figura 8. Rappresentazione del
vettore elettrico cardiaco medio
come linee circolari, possono essere sintetizzate dal punto di vista attraverso i ventricoli parzialmente
depolarizzati
Autori: Andrea Maurizi e Kevin Maurizi 12 di 13
Fisiologia FC 05 LAVORO CARDIACO e ECG
eminentemente fisico in un vettore che in base alla sua direzione, al suo verso e alla sua lunghezza, identifica
attraverso il nostro cuore e soprattutto la direzione e il verso di questo
sistema di eccitazione e propagazione del segnale elettrico. Per cui quelle frecce che vedete lì rappresentate
verranno usate successivamente per capire come si formano o come si rappresentano quelle onde
elettrocardiografiche sulle quali stiamo ritornando più volte.
Penso che a questo punto sia giusto incominciare a parlare di dove mettiamo gli elettrodi per registrare
questa attività elettrica del cuore, e quindi cominciamo a svincolarci da questa visione di sincizio, di due
elettrodi buttati lì, uno positivo e uno negativo, messi sul torace, bensì in posizioni molto precise. Questo
ovviamente è molto importante perché sarà il sistema che ci consente di rilevare i numerosi tracciati ECG.
In queste rappresentazioni vediamo pazienti con le braccia e la gamba sinistra immerse in soluzioni
elettrolitiche quindi buone conduttrici e collegate tramite dei fili a delle macchine di registrazione ECG. Gli
arti immersi rappresentano quelle che vengono chiamate derivazioni agli arti che servivano a registrare
quindi significherà anche che la presenza di anomalie elettrocardiografiche in qualcuna di queste derivazioni
ELETTROCARDIOGRAMMA
Si può prendere un misuratore di differenza di potenziale e cominciare a posizionare gli elettrodi esploranti
non casualmente, ma piuttosto in siti specifici che rappresentano dei punti di vista della registrazione degli
eventi elettrici del cuore, da un determinato punto si riescono a svelare eventi elettrici con maggior o minor
dettaglio a seconda che siano eventi elettrici prevalenti a sinistra, a destra e alla base del cuore o sul tetto
del cuore.
In particolare possiamo posizionare un elettrodo nel polso di sinistra, uno su quello di destra, uno sulla
A seconda di dove si vede un certo qualcosa nel tracciato elettrocardiografo si può osservare, ad esempio,
che un infarto h
I due elettrodi del braccio di sinistra e di destra vengono uniti sotto forma di polarità positiva attribuita al
braccio sinistro e negativa al destro e questa derivazione si chiamerà prima derivazione bipolare (DI).
La seconda derivazione bipolare (DII) sarà quella in cui la polarità positiva viene attribuita
caviglia sinistra e quella negativa .
La terza derivazione bipolare (DIII) è quella dove la polarità positiva è alla caviglia sinistra e la polarità
negativa al braccio sinistro.
Fisiologia FC INTERPRETAZIONE ECG
Legge di Einthoven: se i potenziali elettrici registrati da due qualsiasi delle tre derivazioni bipolari degli arti
sono noti in un determinato istante, il terzo può essere matematicamente determinato semplicemente
sommando i primi due.
Quelli utilizzati sono tutti elettrodi la cui polarità è positiva, cioè singoli elettrodi avranno attribuito ad un
elettrocardiografo la polarità positiva mentre gli altri elettrodi sono uniti a formare il terminale negativo (di
fatto anche queste sono derivazioni bipolari). Stiamo generando dei punti fissi che corrispondono ai vertici
del tri
di corrente e in questo caso, solo i vertici del triangolo hanno la polarità positiva mentre gli altri due terminali
Sta ca è legato
perciò non avremmo un punto preciso come nel triangolo di
Einthoven ma avremmo un punto intermedio tra il braccio di destro e la gamba di sinistra, è come se la
precisione di valut
scarsamente affida , che in realtà non dà una localizzazione precisa come le
derivazioni bipolari. Queste derivazioni si definiscono pertanto aumentate unipolari agli arti.
Per quanto riguarda ampiezza e morfologia del complesso QRS in aVR, abbiamo una lieve positività del
complesso di depolarizzazione ventricolare
chiameremo S in quanto negativa, vi ricordo infatti che Q è negativa, S è negativa ed R è positiva quindi si
per lo più abbiamo una R positiva, se guardiamo aVF abbiamo della negatività e della positività. In realtà
questo, prendendo un cuore che ha una normale posizione nel mediastino con un asse cardiaco di circa 59
gradi ci dice già che quando noi guardiamo la depolarizzazione con
Sono tutti elettrodi positivi, si parla infatti di derivazioni precordiali di nuovo unipolari e in questo caso
proviene dalla unione di tutti gli elettrodi presenti alle nostre estremità (polsi sinistro e
destro e caviglia sinistra). Di nuovo, rimanendo in una condizione di asse cardiaco normale, ovvero orientato
a sinistra, mento del principale evento elettrico cardiaco ovvero
depolarizzazione ventricolare, passando da V1 a V6 tende gradualmente a passare da deflessione negativa a
Lo stesso evento viene rilevato in maniera significativamente diversa. Per capire tutto ciò è necessario
vettore elettrico cardiaco medio.
Durante il passaggio del fronte di depolarizzazione, quando la depolarizzazione è ancora marginale, il primo
tratto a essere investito dall onda corrisponde al setto interventricolare, poca massa è depolarizzata
inizialmente rispetto alla molta non depolarizzata, infatti ensità delle correnti è minima. Diventa molto
più evidente tanto più noi accresciamo la depolarizzazione, che procede dal setto fino alla successiva zona
endocardica per diffondersi poi nella apice verso le pareti laterali del ventricolo prima di
destra e poi di sinistra.
Vi aspettereste se
dovessimo tradurre questo vettore elettrico cardiaco mediante il
vettore di proiezione sul tracciato elettrocardiografico della DI vi
o? Verso
Le tre derivazioni bipolari (sei nel sistema esassiale) consentono di rilevare il verso e la lunghezza del vettore
di proiezione del vettore elettrico e, ciò, ha dei riflessi sulla parte di onda elettrocardiografica che viene, in
quel momento, rappresentata (evidenzia la dinamicità del vettore elettrico cardiaco medio secondo la
corrispondente depolarizzazione o ripolarizzazione).
onda di depolarizzazione atriale (onda P), viene considerato un unico vettore elettrico
Essa dal nodo seno atriale giunge al setto
interatriale e si irradia verso il territorio atriale.
Proiettando il vettore elettrico cardiaco medio sulle tre derivazioni assiali, in base alla lunghezza del vettore
elettrico cardiaco di proiezione, si ottengono la lunghezza ridotta del vettore
prime che si ripolarizzano. La ripolarizzazione è rappresentata da un vettore che ha verso opposto del vettore
che descrive la depolarizzazione. viene, solitamente, mascherata
dal complesso QRS.
La depolarizzazione atriale si muove dal nodo seno atriale verso i distretti atriali destro e sin
Nella terza derivazione la lunghezza del vettore di proiezione è più piccola mentre nelle altre due
derivazioni le lunghezze, più o meno, si equivalgono.
rappresentazione del vettore elettrico cardiaco medio (ultima zona che si depolarizza del ventricolo di sinistra
ovvero la zona supero laterale sinistra della parete ventricolare sinistra). Questo vettore si proietta sui tre
assi di osservazione e in un caso tenderà verso la linea isoelettrica , in un altro caso , se il vettore di proiezione
è importante, è presente una deflessione verso il basso nella seconda e terza derivazione.
depolarizzato, non essendoci differenza di potenziale, torniamo alla linea isoelettrica. Abbiamo generato un
complesso R e un complesso RS. Siccome la terza derivazione è isoelettrica, tende ad avere un rapporto tra
le polarità positive e negative approssimativamente uguale.
Il vettore di proiezione risente, oltre che delle zone depolarizzate e iperpolarizzate del cuore, anche
amento del cuore nel mediastino, asse cardiaco. La derivazione che rileva ampiezze
ha la testa di freccia coincidente con le polarità negative). Questa onda (onda T) non si vede sul tracciato
perché mascherata dalla depolarizzazione ventricolare
A.
depolarizzazione procede dal setto
interventricolare verso la zona non
depolarizzata, la lunghezza del
vettore decifra la massa del tessuto
depolarizzato, esso è proiettato sul
primo, secondo e terzo asse di
riferimento tutti e tre hanno verso
diretto alla polarità positiva.
bipolare.
C.
depolarizzata che determina il verso di tale vettore, ciò produce una deflessione minima che
D. QUARTA FASE: il ventricolo si depolarizza completamente (fino alla zona supero-laterale del
lettrica dopo averla lievemente sorpassata a
causa di una deflessione verso il basso (onda S).
Ciò determina uno specifico orientamento del vettore di ripolarizzazione che va sempre dalle aree
elettonegative (ambiente extracellulare ) alle aree elettropositive( ambiente intracellulare) per cui il vettore
di ripolarizzazione ha lo stesso orientamento, con ampiezze diverse (la ripolarizzazione passa per correnti
inferiori a quelle di depolarizzazione perché le correnti entranti di sodio sono molto depolarizzanti e
Proiettando il vettore medio di ripolarizzazione nel sistema esassiale si riscontra che le diverse componenti
delle onde T pres , in quanto il vettore di proiezione avrà sempre verso
coincidente con le polarità positive del sistema bipolare oppure unipolare agli arti
corrente che individuiamo sarà massima poiché coincidente con la seconda derivazione a 160°.
Non sapendo quale sia del soggetto, possiamo dedurlo osservando il tracciato
Possiamo guardare la prima derivazione e AvF ,ovvero analizzare la positività e la negatività del complesso
QRS in prima derivazione bipolare, ovvero tra 0° (prima derivazione) e AvF (90°). Nelle due derivazioni , una
bipolare, una unipolare alla gamba di sinistra, abbiamo, il complesso QRS prevalentemente positivo , ciò
cardiaco elettrico medio cadrà tra 0° e 90° (prevalentemente a 10-20-30-40-50°). Per essere
precisi bisognerebbe guardare, tra le derivazioni bipolari e le unipolari agli arti, il complesso QRS isoelettrico,
ANALISI ECG
Considerando un tipico tracciato, ovvero la tripletta elettocardiografica (onda P, complesso QRS, onda T),
regola pratica per vedere, rapidamente, la frequenza è che ,se un
onda R cade dopo 5mm, la frequenza è 300, se ci si sposta 1cm è 150, se ancora di 0,5cm è 100 ecc. Questa
regola pratica che ci permette, vedendo dove cadono due onde R, di capire il valore della frequenza (se bassa
o elevatissima).
Le situazioni pat
TACHICARDIA SINUSALE: si può osservare uno spazio ridotto tra le onde R; Nella risposta tachicardica
za è intorno a 100/110/120 ci sono tutti i
complessi (no anomalie perché sono presenti tutti i complessi) ma possono essere individuate
anomalie.
Possiamo individuare delle extrasistole, ovvero battiti anticipati , che derivano da un focolaio
ectopico , solitamente, di extrasistole ventricolare
(sarebbe meglio se fossero sopraventricolari). Quando il complesso QRS è piuttosto am
T è alterata, significa che ci sono problemi a livello ventricolare.
sono dei flutter atriali e si dicono tracciati a dente di sega. I flutter sono ad alta frequenza e la risposta
ad alta frequenza è quella della risposta ventricolare (complessi QRS molto vicini 140/150 battiti al
minuto) che presentano un ritmo sganciato da quello atriale.
FIBRILLAZIONE ATRIALE CRONICA: sono presenti complessi QRS che sono intermezzati da
seghettature (indice della fibrillazione atriale), questi complessi però sono irregolari e ciò è dovuto
-
atrio ventricolare. Nella fibrillazione atriale cronica il complesso QRS, ben visibile, è un complesso
isoelettrico. La dentatura tra un c , in parte
perché offuscata dalla fibrillazione atriale per stente e
fibrillante . Perciò gli atri non si contraggono (
atriale) però i ventricoli possono funzionare secondo quel criterio di riempimento ventricolare che ,
stenuto dai meccanismi dias ,
perturbato con un blocco di branca sinistro e sotto una fibrillazione ventricolare. Nella fibrillazione
ventricolare i complessi non sono distinguibili come onda P, asistolia. Il ventricolo
fibrillante presenta attività elettrica confusa e non presenta il coordinamento tra attività elettrica e
co.
lesa determina un vettore elettrico cardiaco medio anche se non sta arrivando la depolarizzazione ;
quindi avremo un vettore identificabile come vettore di un elettricità da lesione (la lesione induce
i deve
depolarizzare) pertanto il vettore è proiettabile sugli assi di osservazione e, anche in condizione di
riposo (pausa tra un ciclo cardiaco e un altro),
completamente sulla funzione ventricolare, non abbia
la linea isoelettrica del tracciato ( dove dovrebbero essere le fluttuazioni delle onde rispetto alla linea
isoelettrica) ma notiamo una distanza tra la linea di riposo (che dovrebbe essere isoelettrica ) e le
linee isoelettriche , quindi identifichiamo una corrente di lesione che è determinata dal fatto che
Esso è presente anche se ancora tutto il cuore non è esposto ad un ciclo di depolarizzazione.
Considerando un cuore normale, senza area lesa, tra un ciclo elettr )è
sempre presente il riallineamento sulla linea isoelettrica. Questa è una linea che non identifica
corrente ma, amo la presenza di un area lesa, quella determinerà un
lettronegativa/depolarizzata mentre
le altre ancora non lo sono. Avremo perciò uno spazio tra la linea isoelettrica del tracciato nella carta
millimetrata e la linea isoelettrica del tracciato che stiamo rilevando e ciò è dovuto alla presenza di
una corrente da lesione. Perciò, quando abbiamo delle aree lese, è presente un complesso QRS
La prestazione meccanica della pompa cardiaca può essere regolata, può incrementarsi e decrementarsi.
ittata cardiaca che è un flusso (volume espresso
in funzione del tempo; un flusso al minuto ovvero la portata della pompa in un minuto del volume di sangue).
lume di
sangue viene già fatto circolare completamente tra il circolo polmonare e il circolo sistemico e in un minuto
fa già due volte il giro
si sposta al circolo polmonare,
Per calcolare la gittata cardiaca possiamo rifarci al principio di Fick che si poggia sul principio di conservazione
della massa una differenza arterovenosa di pressione parziale di ossigeno
tra sistema venoso e arterioso. Un secondo metodo è il principio della diluizione del ssiamo
utilizzare un indicatore, la verde indocianina (o sostanza visibile nel sangue ,inerte), che viene iniettata nel
sistema venoso permettendoci di vedere per quanto tempo mantiene una concentrazione arteriosa media
e, mediante una valutazione di natura matematica, mettendo in relazione la concentrazione di sostanza
iniettata e il valore medio, riusciamo a ottenere il flusso della gittata cardiaca.
Il principio di Fick, applicato al calcolo della gittata cardiaca, dice che a livello dei nostri polmoni è presente
una capacità di introiettare ossigeno mediante diversi atti respiratori con la ventilazione alveolare.
Possiamo misurare il consumo di ossigeno e possiamo metterlo in relazione alla differenza arterovenosa del
quello emesso. Nelle arterie è presente una concentrazione di circa 0,20 mL di ossigeno per 100 mL di sangue.
Nel sangue venoso, invece, vi è una quantità pari a 0,15 mL di ossigeno per 100 mL di sangue. Quindi la
differenza arterovenosa sarà di 0,20-0,15 . Quindi avremo 250mL che inseriamo nel sangue per rimpiazzare
la
di sangue che passa nel circolo polmonare e che consente il ripristino delle adeguate concentrazioni di
ossigeno a livello arterioso.
Quindi si è presa la quantità di ossigeno che incameriamo a livello del sangue che rimpiazza la quantità di
sangue arterioso e venoso (principio di conservazione di massa). Ciò ci consente di vedere quanto sangue
passa attraverso il circolo polmonare al minuto. Quindi 250/0,05 = 5000mL al minuto che rappresenta la
gittata cardiaca calcolata applicando il principio di conservazione della massa. Se consumiamo più ossigeno ,
ad esempio, facendo maggiore attività fisica , la differenza arterovenosa si accentua e quello che risulta è un
incremento della gittata cardiaca. Quando facciamo attività fisica si incrementa il flusso di sangue che viene
eiettato in un minuto
Noi possiamo analizzare la funzione del cuore tenendo conto della gittata cardiaca (GC) che in realtà si
definisce come un flusso ovvero il volume di sangue che il ventricolo destro o quello sinistro immettono in
à di tempo. In condizioni di riposo la gittata del ventricolo sinistro è pari a circa 5L/min; essa
dipende dalla gittata sistolica (GS) e dalla frequenza cardiaca (FC): GC= GS x FC.
Esistono due principi che sono applicabili al sistema cardiocircolatorio per la misurazione della gittata
cardiaca:
1) il principio di Fick;
2) il principio
1) Il principio di Fick si basa sul principio delle leggi della conservazione di massa per calcolare la gittata
cardiaca. In pratica, la quantità di ossigeno O2 a
2 che entra nei capillari polmonari dagli alveoli deve essere pari alla quantità di O2
In sintesi nei polmoni abbiamo la capacità di introiettare O2 attraverso gli atti respiratori. Di fatto in
condizioni basali consumiamo sui 250 mL di O2 al minuto. Quindi possiamo misurare il consumo di O2 sotto
forma di ml al minuto e poi possiamo metterlo in relazione alla differenza arterovenosa della concentrazione
di O2.
iniettato nelle vene centrali o atrio di dx, sfruttiamo il tempo, e facendo ciò calcoliamo la presenza
tore a valle, dopo che è avvenuto tutto il circolo, un flusso nel tempo. Esso compare nel distretto
arterioso dopo un certo intervallo e gradualmente la sua concentrazione sale fino ad un picco massimo per
in relazione la concentrazion
della prima circolazione otteniamo 5mg/ 1.6mg/l x 39/60 min = 4.80 L/min.
Otteniamo la gittata cardiaca e quanto ne è elevato il flusso. Se la persistenza della concentrazione media
si eleva ed il sangue viene pompato più fortemente con maggiori volumi nella unità di tempo. Per ragioni
del cuore sarà accentuata e più performante.
Ciò che ci interessa della gittata cardiaca sono i meccanismi che consentono alla pompa cardiaca di
incrementare o decrementare la prestazione meccanica e di conseguenza la portata o gittata cardiaca.
Trattandosi di un volume per il tempo noi possiamo calcolare la gittata cardiaca moltiplicando la gittata
sistolica per la frequenza cardiaca, un volume per il numero di battiti al minuto che compie la pompa cardiaca,
se noi abbiamo i 70 ml che rappresentano la gittata sistolica per una frequenza di base di 70 bpm noi
otteniamo i 4.900 ml/min.
della attività cardiaca, il primo è la frequenza cardiaca, il secondo è il volume di sangue che i ventricoli
possono eiettare ad ogni contrazione cioè il volume sistolico o gittata sistolica, per cui ogni volta che noi
avremo un aumento della gittata cardiaca potremo avere un aumento o della frequenza, o della gittata
sistolica, od entrambe, essendo entrambe direttamente proporzionali al valore della gittata cardiaca. Se noi
abbiamo una gittata di 5L/min tramite una serie di meccanismi che potenziano o depotenziano la gittata
cardiaca, possiamo quadruplicare o quintuplicare la gittata cardiaca possiamo passare da 5 a 25 L al minuto
come prestazione massima, e rappresenta un salto quantitativo notevole. Noi possiamo anche ridurla e porci
in una condizione di risparmio energetico che in realtà si verifica nel ritmo sonno veglia, quando durante la
notte la frequenza cardiaca tende a ridursi.
1) meccanismi intrinseci del cuore con cui esso può migliorare la sua attività di pompa, dall attività intrinseca
si va verso la gittata sistolica e di conseguenza a quella cardiaca, quindi volumi e forza di contrazione (esempio
Legge di Frank-Starling). Però per arrivare a quei livelli di moltiplicazione meccanica di attività cardiaca si ha
un supporto dato dall innervazione del cuore tramite:
2) meccanismi estrinseci che intervengono sulle funzioni del cuore. Questo sistema è costituito dalla
innervazione neurovegetativa para- ed ortosimpatica che modifica entrambi i parametri, gittata sistolica e
frequenza cardiaca e di conseguenza la gittata cardiaca. La regolazione con questi meccanismi si accentua
ancora di più. Lo vedremo con le curve di attività ventricolare.
GITTATA SISTOLICA:
Per studiare la legge di Frank-Starling e per studiare la risposta intrinseca del cuore a variazioni di prima o
dopo la sistole isovolumetrica isotonica dobbiamo far riferimento ad un preparato classico congeniato per
Preparato cuore-polmone:
meccanismo, il ventricolo di sinistra ha un vaso di uscita con una maggiore resistenza periferica al flusso, del
postcarico ed ovviamente la gittata sistolica converge su questo serbatoio a valle della resistenza. Dal
serbatoio il sangue raggiunge . Il volume di sangue che vi giunge rappresenta il precarico e
quando aumentiamo il volume in entrata a, possiamo vedere come lavora la pompa cardiaca
modificando il postcarico o il precarico. Passeremo dal paradigma sperimentale ad esempi pratici.
Il ventricolo risponde con una contrazione che smaltisce il volume che abbiamo modificando il volume in
precarico e postcarico (in questo caso con un passaggio indiretto) il ventricolo risponde sempre allo stesso
modo; una pompa che a seguito di variazioni di volumi telediastolico risponde eiettando il volume in eccesso.
Si ha un meccanismo adattivo che progredisce con meccanismi suppletivi di modificazione del carico.
Esempio: In caso di ipertensione arteriosa abbiamo un postcarico aumentato, il cuore lavora sempre con una
alternanza di regolazione fra precarico e postcarico finché si ipertrofizza e la sua forza di contrazione per
ipertrofia è stabilmente aumentata (con conseguenze negative da incremento di ipertrofia da postcarico).
isometrica aumentava ed il rapporto fra dP/dt che identifica la pendenza delle linee rosse che rappresenta
rapidità della forza di contrazione con cui il ventricolo si contrae quando aumentiamo il precarico. Questa è
una linea la cui pendenza indica la rapidità di contrazione, se spostiamo la curva da destra a sinistra (curva 6)
a volumi maggiori quando il precarico aumenta la forza di contrazione aumenta. In questo caso aumentando
la rapidità di contrazione cresce anche la capacità ventricolare di raggiungere valori pressori di apertura della
semilunare aortica. el volume aumenta il tempo di riempimento, ma si ha anche un aumento
della rapidità di contrazione. Si ha un effetto inotropo positivo che è intrinseco all attività dei miocardiociti.
Qui si ha una mobilizzazione di specie ioniche che facilita la rapidità della forza di contrazione del nostro
ventricolo.
Starling invece fece un evoluzione delle curve di lavoro del ventricolo di sinistra del cuore e mise in relazione
il volume telediastolico del ventricolo o di destra o di sinistra con la forza di contrazione. Quindi più aumenta
il volume telediastolico, più aumenta la forza di contrazione. Frank ci dice che aumenta anche la rapidità
della contrazione. Nella famiglia delle curve di Starling, le curve le possiamo vedere a tendenze diverse.
Osserviamo il rapporto tra volume telediastolico e forza di contrazione, facendo riferimento alla curva
azzurra. Per esempio, nella
condizione di normale riposo modifichiamo per un aspetto di natura posturale il ritorno venoso, quindi
modi
di sinistra. Quindi anche a riposo il volume telediastolico può modificarsi a seconda di quello che noi facciamo.
Modificando il volume telediastolico noi abbiamo un incremento o un decremento della forza di contrazione
allineato . Il ventricolo anche a riposo,
a seguito delle variazioni riesce a iniettare più o meno sangue.
Perciò ogni volta che variamo la pressione atriale varieremo il precarico, poiché il gradiente pressorio è
direttamente proporzionale al riempimento ventricolare sinistro e destro.
Modificando il precarico ci sono variazioni, infatti la gittata sistolica aumenta con il precarico e poiché la
pressione arteriosa dipende dalla gittata sistolica (che è un flusso) per la frequenza per le resistenze
periferiche totali, modificando solo la gittata sistolica la pressione arteriosa può aumentare. Aumentando il
volume di eiezione aumenta la pressione arteriosa.
Per incremento del postcarico il ventricolo accentua la pressione che raggiunge attraverso la sistole
isometrica, quindi abbiamo un incremento della rapidità di forza di contrazione e soprattutto abbiamo un
incremento del lavoro di pressione. Questo si riflette sul fatto che essendo aumentata la pressione a livello
aortico, il volume che viene iniettato si riduce perché il livello di pressione che vige in aorta è così alto da
Per esempio, nella stenosi
aortica abbiamo u
della valvola e quindi per aprire la valvola. Inoltre, buona parte del lavoro va sotto forma di energia cinetica,
in quanto nella stenosi il sangue si accelera attraverso il segmento vasale con il restringimento.
incremento del riempimento ventricolare, del lavoro ventricolare e una diminuzione del volume di riserva.
Infatti, aumenta la gittata sistolica a spese del volume di riserva. Questo è il tipico esempio di quando viviamo
Quindi in un diagramma pressione volume possiamo identificare il precarico e la prestazione del ventricolo
sotto forma di pressione che il ventricolo raggiunge in fase sistolica.
Come mai se noi modifichiamo il volume telediastolico i sarcomeri dei miocardiociti esprimono una migliore
prestazione meccanica
forza che ogni singolo sarcomero può esprimere. Le lunghezze ottimali dei sarcomeri sono intorno ai 2
micron. Ogni volta che incrementiamo la lunghezza del sarcomero incrementiamo la forza che il sarcomero
produce. Gli elementi passivi del sarcomero, come la tensione passiva, permettono al sarcomero di
raggiungere le lunghezze ottimali. Quando distendiamo il sarcomero, le titine che tengono agganciati i
filamenti alle strie z contribuiscono non solo a mantenere le lunghezze ottimali aumentando il volume
telediastolico, ma rgia elastica che sostiene la tensione attiva: la tensione passiva
infatti contribuisce per il 10-15% alla tensione attiva.
I sarcomeri dei miocardiociti non vanno oltre i 2,4 micron perché il cuore è avvolto dal pericardio, che è una
struttura non distendibile. Questo è un servomeccanismo perché impedisce che i ventricoli si riempiano
troppo, che sarcomeri vadano oltre la lunghezza ottimale, anche perché andando oltre si deteriorerebbero
le titine e soprattutto il lavoro interno del cuore, che è la componente legata alla viscosità, a quello che i
miocardiociti devono spendere per riordinare i filamenti contrattili, eccederebbe rispetto al lavoro esterno.
Perciò abbiamo due elementi limitanti la lunghezza oltre a quella ottimale: il pericardio e il limite di tensione
a cui arrivano le titine, che corrisponde a circa 2,4 micron, per cui in condizioni di riposo, i miocardiociti
lavorano a lunghezze subottimali, cioè sotto 1,8micron.
Quando aumenta il precarico, secondo la legge di Frank-Starling i sarcomeri lavorano a lunghezze ottimali,
Quando distendiamo di più i sarcomeri aumenta la forza di contrazione
perché il calcio intracellulare subisce variazioni della sua concentrazione in funzione della lunghezza dei
sarcomeri. Aumentando il livello di calcio aumentiamo la
probabilità di interazione tra actina e miosina, quindi la
forza di contrazione. La gradazione della concentrazione
di Ca2+ equivale alla migliore prestazione meccanica dei
sarcomeri. Infatti quando lavoriamo sotto 1,8 micron la
forza è relativamente ridotta perché il meccanismo di
liberazione di il calcio intracellulare è ridotto.
Diagramma di Guyton
Perciò gittata cardiaca e ritorno venoso, in condizioni fisiologiche sono interdipendenti. Quando non sono
interdipendenti abbiamo degli scompensi: se il ritorno venoso eccede la gittata cardiaca il circolo polmonare
si congestiona e se invece la gittata cardiaca eccede il ritorno venoso abbiamo un calo drastico della pressione
arteriosa.
BATMOTROPISMO
Per Batmotropismo si intende la regolazione dell eccitabilità del cuore e può essere negativo o positivo.
effetto batmotropo negativo.
Il parasimpatico agisce sui recettori muscarinici aumentando la polarizzazione delle nostre cellule eccitabili,
allontanandole dalla soglia di attivazione.
CRONOTROPISMO
Per Cronotropismo si intende la regolazione della frequenza cardiaca e può essere negativo o positivo.
DROMOTROPISMO
elettrica e meccanic
ventricoli, invece abbiamo una perfetta
diminuisce la velocità
cardiaca: effetto dromotropo negativo.
INOTROPISMO
Se noi aumentiamo la velocità di conduzione aumentiamo anche la mobilità delle specie ioniche nei nostri
miocardiociti e si parla dunque di inotropismo. e quindi può essere
solo valorizzata la forza di contrazio
Anche nella regolazione di Frank-Starling, dove si nota che il passaggio da subottimali a ottimali modifica la
concentrazione intracellulare di Ca2+
una maggiore disponibilità di calcio
intracellulare e non è influenzato dalla lunghezza dei sarcomeri bensì dalla liberazione del reticolo.
Sempre sulla colonna di destra, il Ca++ entra attraverso i canali di tipo L, agisce sui recettori rianodinosensibili
sul reticolo sarcoplasmatico e determina la liberazione di Ca++
secondario a cAMP, e come tutto incida sui meccanismi di fosforilazione. Notiamo due cose:
creb sono fattori nucleari che agiscono promuovendo sintesi proteica e contribuiscono al
Il fosfolambano è una specie di inibitore del sistema di ricaptazione del calcio a livello del reticolo
sarcoplasmatico, dunque questo ha sul SERCA a livello del reticolo:
In terapia farmacologica si parla di farmaci inotropi positivi, betabloccanti, o farmaci che agiscono sulla
contrattilità miocardica, poiché agiscono su queste curve e le spostano verso sinistra o verso destra; il cuore
scompensato ha la curva spostata a destra e quindi si cerca di rispostarla a sinistra.
EFFETTO BOWDITCH
un effetto che riguarda la forza di contrazione dei ventricoli la quale si allinea a un incremento repentino
della frequenza cardiaca (trascinamento). Ciò significa che tutto parte da un aumento repentino della
frequenza cardiaca che si traduce in un contemporaneo incremento parallelo della forza di contrazione. Si
possono vedere do un incremento della forza di
contrazione.
Quanto può andare avanti questo fenomeno? Questo aumento della stimolazione che corrisponde ad
incremento della frequenza e della forza di contrazione non è illimitato, se non si inseriscono fenomeni di
supporto che riguardano il ritorno venoso. Cioè abbiamo una crescente forza di contrazione ma
inevitabilmente, , abbiamo un deficit di volume telediastolico,
perché incrementando la frequenza penalizziamo il tempo di riempimento. Pertanto se la frequenza
continua ad elevarsi la forza di contrazione tenderà ad aumentare, perché viene meno il meccanismo
intrinseco legato alle legge di Frank-Starling.
Abbiamo dunque eventi inotropi, cronotropi e dromotropi positivi che portano ad un riadattamento
venoso, così are e la frequenza può anche aumentare. Se siamo seduti in preda ad
attacco di panico e quindi la nostra frequenza si eleva molto abbiamo incremento della frequenza e
incremento della forza di contrazione. Se la frequenza continua ad aumentare ad un certo punto si
autolimiterà, perché in realtà avremo una necessaria pausa indotta dal fatto che il volume sistolico tenderà
a ridursi. Può succedere che sveniamo e ciò crea una condizione fisiologica perfetta, perché lo svenimento
riproduce un cambio posturale, riproduce condizioni favorevoli al ritorno venoso e quindi al volume
sistolico che è sufficiente per il ripristino della pressione arteriosa; se però noi da seduti ci mettiamo in
moto,
frequenza, la forza di contrazione, la velocità di conduzione ma anche i volumi che vengono gestiti nelle
camere atriali e ventricolari per meccanismo di miglioramento di ritorno venoso.
SISTEMA CIRCOLATORIO
fronti
del distretto arterioso sia del sistema venoso.
intorno a come è dal punto di vista fisiologico il nostro sistema vascolare perché da informazioni sulla
performance cardiaca e sullo stato fisiologico delle arterie.
Prima di arrivare alla pressione arteriosa se parliamo di distretto arterioso, fissiamo alcuni concetti di
emodinamica, su come si comporta il sangue sottoforma di parametri fisici, in termini di flusso, in termini di
velocità, ecc..
Si definiscono macrovasi i vasi con diametro inferiore a 1cm, mentre per quanto riguarda i microvasi ci si
Guardando le caratteristiche della parete dei diversi vasi si nota un aspetto distintivo a livello della parete
tra aor aorta la componente elastica è superiore alla muscolare liscia,
mentre a livello delle arterie di diametro di 4 mm si ha rapporto tra tessuto elastico e muscolare liscio che è
a vantaggio del muscolare liscio, quindi si ha una parete che cambia in termini di composizione. Nelle vene,
Autori: M. Luciani; V. De Angelis 3 di 13
Fisiologia FC08 SISTEMA CIRCOLATORIO
si riducono le componenti elastiche. Se ci spostiamo su vasi molto specifici, le arteriole, ci accorgiamo che
lo spessore della parete è importante rispetto al diametro del vaso e che questo spessore è dato
soprattutto alla componente muscolare. Queste hanno dei veri e propri sfinteri muscolari per cui sono
dotati di regolarità, sono in grado più degli altri vasi di una capacità di autoregolare il loro diametro, quando
il tessuto muscolare liscio è esposto a fenomeni di natura nervosa ortosimpatica e parasimpatica.
Ciò non esclude che tutti i vasi possono essere bersaglio di una regolazione nervosa. Il tono vasale, ovvero
lo stato di contrazione della parete muscolare di un vaso, è variabile in diverse condizioni di stimolazione ed
è differente nei diversi distretti vascolari. Quindi abbiamo tutti i vasi esponibili ad una regolazione
neurovegetativa mediante tono che si accentua o si riduce. Le arteriole possono fare anche di più, possono
aumentare o meno il loro diametro con un ordine di grandezza che diventerà esponenziale, di r4.
La cosa principale da considerare è che nel sistema cardiocircolatorio con tutte le sue componenti siamo in
grado di identificare importanti variazioni di due cose:
1) VELOCITÀ ;
2) PRESSIONE media del sangue lungo i vari distretti circolatori.
RELAZIONI TRA VELOCITÀ E AREA DELLA SEZIONE TRASVERSA DEI VARI DISTRETTI
Nei distretti arteriosi la velocità di scorrimento del sangue è di circa 15-20 cm/s. Nelle strutture vasali con
diametri singoli inferiori si ha un abbattimento della velocità di passaggio del sangue (non del flusso che è
costante) fino ad essere 0.03 cm/s, quindi prossima allo zero, poi riandando verso i distretti venosi la
velocità tende ad aumentare nuovamente.
complesso.
La pressione fisicamente è una forza su superficie, essa tende a calare in funzione della superfice a
disposizione. Se ci riferiamo a una pressione media (non tra sistolica e diastolica), si attesta intorno a
100mmHg che si riducono quando la superficie aumenta per continuare a ridursi a livello delle venule. Qui
subentra non tanto la superficie trasversale delle
vene, ma la compliance delle vene: Il rapporto che
nente elastica e muscolare è
penalizzato per cui le vene a parità di pressione
accolgono volumi maggiori e la pressione pur
distribuendosi su una superficie maggiore è ancora
più bassa perché i serbatoi si vanno a riempire senza
incrementare interno.
Se misuriamo la pressione del sangue mediante tre cannule P1, P2, P3, messe tangenziali con la loro apertura
rispetto al flusso del sangue che scorre da sx a dx, possiamo, mediante le cannule, rilevare la pressione
laterale. I cannula e si può vedere in base alle caratteristiche
di velocità e pressione del sangue nel vaso, quanto il sangue risale la colonna, identificando la pressione
laterale, che esprime sulle superfici laterali del vaso arterioso, avendo questo flusso. Si può vedere che
prima e dopo la stenosi il livello di pressione laterale tra le due condizioni aventi lo stesso diametro è
uguale. La risalita per capillarità, la forza sulla superficie tangenziale del nostro sangue che scorre, è
paragonabile nelle due condizioni. Al centro si ha invece una straordinaria riduzione della pressione
laterale.
Mentre se si osservano le pressioni totali, ponendo delle altre cannule che intercettano frontalmente il
flusso di sangue facendo angolo retto, quindi intercettano direzione e verso del sangue, in tutte e tre le
condizioni si ottiene la stessa pressione. La pressione totale è quella effettiva della stenosi o prima o dopo.
totale, che è frutto della forza sulla superficie, risulta essere
uguale. La forza di impatto del sangue sulla superficie controcorrente è esattamente la stessa, quella che
cambia è invece la pressione laterale, infatti la stenosi produce un presupposto molto importante che è
quello di a parità di flusso.
La penalizzazione della pressione laterale è convertita in energia cinetica che è convertita in energia di
impatto sulla stessa sonda, ecco perché la pressione totale rimane uguale. L
penalizza questa componente pressoria, ma non penalizza la componente pressoria totale che rimane
uguale.
Questa penalizzazione si ripercuote nel caso in cui si verificano condizioni patologiche, esempio della
stenosi aortica: se, come , si ha la valvola aortica stenotica, cioè ristretta
parità di gittata, i due seni di Valsalva (che essendo posti esattamente sulla
superficie posteriore l . Questo perché il sangue ha
una notevole energia cinetica per la stenosi,
penalizzata a seguito della stenosi stessa. L cineti spinge con la contrazione,
ma questa energia cinetica penalizza la pressione laterale secondo questa relazione tra velocità e pressione
laterale, che può verificarsi a seguito di variazioni di diametro del vaso o fisiologica o patologica, nel caso
della stenosi aortica.
Questa è la seconda relazione, se abbiamo variazioni della velocità il sangue acquisisce variabili energie
cinetiche che penalizzano, quindi la velocità arriva a 40-
laterali.
Esempio: se abbiamo aneurismi, dilatazione delle pareti vascolari, si rallenta la velocità per incremento
quindi il rischio è la rottura da pressione, perché la
La possibilità di rendere dinamici i diametri dei vasi sanguigni è fondamentale per la ridistribuzione del
flusso sanguigno. La gittata di 5 L al minuto può aumentare notevolmente, può arrivare a valori molto
elevati. Per riuscire a mantenere quei valori così elevati, occorrerà che in modo molto dinamico alcuni
distretti vascolari si accendano e altri si spengano. Cioè noi abbiamo un sistema molto dinamico di
frazionamento della gittata cardiaca tra i diversi organi. Se la nostra gittata cardiaca arriva a 25 L/min,
realtà abbiamo una sufficienza di quei 25 L/min per alcuni distretti che richiedono molto sangue, ma una
totale insufficienza per altri che non richiederanno sangue. La possibilità di rendere dinamici i diametri dei
vasi sanguigni (di quelli arteriolari) sarà un evento fondamentale per la redistribuzione del flusso sanguigno.
Quindi un evento di variazione
gastrointestinale per esempio è molto scarsa. Viene redistribuito il circolo verso i muscoli che supportano
La legge di Poiseuille identifica quali sono le cause che determinano il flusso. La causa del flusso del sangue
Analizziamo le determinanti del flusso attraverso il vaso sanguigno. Iniziamo a vedere quanto il flusso può
modificarsi in base a delle determinanti ben precise, poi arriveremo alla legge di Poiseuille:
Se prendiamo un singolo vaso sanguigno e ai due estremi imponiamo una differenza di pressione, ci
accorgiamo che il flusso attraverso questo vaso sanguigno è proporzionale al gradiente pressorio.
Se aumentiamo la pressione a valle il sangue scorrerà con un flusso decisamente superiore.
Q P1 - P2
Q 1/l
allo
stesso gradiente pressorio di 100 mmHg. Le variazioni del raggio producono un incremento del
la ridistribuzione del sangue tra un organo e un altro è chiaramente affidata a chi per eccellenza
riesce a modificare in modo selettivo il proprio diametro, cioè le arteriole.
Q r4
A questo punto sapendo che il flusso è proporzionale al gradiente di pressione, inversamente proporzionale
alla lunghezza del vaso sanguigno e proporzionale alla quarta potenza del raggio, possiamo mettere
insieme queste componenti e decifrare le cause determinanti il flusso attraverso il vaso sanguigno, facendo
riferimento alla legge di Poiseuille.
4
; quelli
Inoltre il flusso può essere misurato in base a delle determinanti espresse dalla legge di Poiseuille. In
Da queste leggi possiamo estrarre i determinanti della resistenza al flusso nel nostro sistema circolatorio.
Quindi per un vaso sanguigno noi sappiamo che la resistenza al flusso dipende dalla quarta potenza del
In corso di policitemia o anemia avremo una variazione della viscosità del sangue, un incremento o
decremento, quindi ci sarà un incremento o decremento delle resistenze. Se da un lato questa legge
vedere quali sono le determinanti della resistenza al passaggio di sangue. Ci sarà poi qualche correzione da
vascolare.
Andiamo a quantificare queste resistenze che i vasi sanguigni esprimono al passaggio di sangue. Usiamo
URP, cioè unità di resistenza periferica totale. La resistenza periferica totale
corrisponde a 1 URP. Generalmente il nostro distretto circolatorio successivo al ventricolo di sinistra
esprime 1 di unità periferica, mentre quello coronario (il distretto polmonare più probabilmente) esprime
0,14.
Pe
he totali, cioè quelle che guardano a valle della nostra
aorta. La gittata cardiaca nelle condizioni di riposo è di 5 L/min. Il passaggio al secondo di sangue per una
determinata zona del sistema arterioso (qualsiasi zona è uguale perché il flusso è costante, in quanto a
livello delle percentuali di distribuzione del sangue il flusso è uguale in tutti i vari distretti a valle della
nostra aorta) è di circa 80-100 mL/sec. Infatti, se noi prendiamo 5000 mL e li dividiamo per 60 secondi viene
un flusso di circa 100 mL/sec. Il gradiente pressorio che genera questo flusso è quello tra i due grossi
comparti tra i quali abbiamo un flusso di 5 L/min. Includiamo tutti i capillari, tutte le arteriole e tutte le
venule e dare un punto di entrata e un punto di uscita, come se avessimo un grosso unico vaso. Il gradiente
pressorio tra arterie e vene mediamente è circa 80-100 mmHg, perché le arterie fluttuano come livelli
pressori tra 80-120 mmHg (100-110 di pressione arteriosa media) e le vene fluttuano tra 4-10 mmHg.
100 su 100 ci darà 1 unità di resistenza periferica totale, quella che noi riscontriamo nel nostro distretto
sistemico.
Il distretto polmonare
aumentata, quindi il gradiente pressorio tra arteria polmonare e vene polmonari è decisamente inferiore.
(la superficie di scambio dei capillari polmonari è decisamente superiore a quella dei capillari sistemici,
periferica totale che vale 1 fra il distretto arterioso e il distretto venoso, significa che in mezzo abbiamo
soltanto tutte le resistenze dei vari comparti vascolari, variabili in funzione del diametro dei singoli vasi,
della lunghezza. La resistenza di ciascun comparto vascolare sarà determinata dalle caratteristiche dei vasi.
Però la resistenza periferica totale è la somma di tutte le resistenze poste in serie.
inferiore. Si ha una caduta pressoria per la riduzione delle resistenze. La resistenza totale delle resistenze in
parallelo è la sommatoria della frazione della resistenza stessa. Possono esserci più o meno vasi in parallelo.
mare alle
altre resistenze in serie relativamente bassa; se invece ha pochi vasi in parallelo allora contribuirà molto di
più alla resistenza periferica totale.
Se abbiamo molte resistenze in parallelo abbiamo una alta conduttanza rso della
resistenza. Quindi 1/R rappresenta la conduttanza G di uno specifico distretto vascolare. I capillari sono ad
altissima conduttanza, perché abbattono la resistenza per effetto delle loro disposizioni in parallelo e non
sono neanche modulabili come diametro. Le arteriole possono essere ad alta conduttanza o a bassa
conduttanza a seconda di come variano il loro diametro.
La resistenza arteriosa è sensibile alla quarta potenza del raggio. Quindi se noi riduciamo il raggio
aumentiamo tantissime volte la resistenza e viceversa.
cardiocircolatorio una componente della resistenza in serie e la resistenza totale aumenta perché togliamo
due grossi distretti che hanno molte resistenze in parallelo, che sono ad alta conduttanza. Per cui la
resistenza periferica totale di URP aumenta.
La velocità massima che abbiamo è oltre la velocità media di 15-20 cm/sec, che è una media delle velocità
delle lamine laterali e di quelle centrali.
Fisiologicamente ci sono delle zone in cui il moto laminare diventa turbolento. Infatti ci sono distretti in cui
il vaso si restringe, ad esempio a livello della biforcazione delle arterie iliache comuni o nelle zone di
passaggio tra camera atriale e ventricolare durante la fase di riempimento rapido. In queste condizioni
succede che la velocità di scorrimento cambia in modo significativo perché cambia il diametro con il quale
ha a che fare il nostro sangue.
Quando incrementiamo la velocità per riduzione del diametro, il numero di Reynolds Re varia. Questo
numero di Reynolds (che si misura proprio in Reynolds) si calcola come:
dove d è il diametro dei vasi, la densità del sangue, V la velocità media e la viscosità.
Se noi applichiamo i parametri fisiologici alla formula, cioè una velocità di 15 cm/sec, la viscosità del 38-
42%, la densità pari a 1 e i diametri fisiologici dei nostri vasi, nella gran parte dei casi i nostri vasi sanguigni
arteriosi hanno un Re che si contiene tra 200 e 400 Reynolds. Ci addentriamo nelle proprietà reologiche
Il moto è laminare quando il Re si contiene entro questo intervallo. Questo valore può salire ad esempio per
fenomeni di stenosi fisiologiche, cioè nelle zone di diramazione delle nostre arterie, in cui il flusso è
costante e la capacità aumenta, oppure per brusche e repentine variazioni della forza che sospinge il
sangue come nel distretto atrioventricolare, in cui la velocità impenna notevolmente e si creano delle
turbolenze, cioè il moto diventa da laminare a turbolento, perché il numero di Reynolds supera valori di
2000-3000.
Se il vaso è lineare e i parametri del sangue sono quelli fisiologici il moto è laminare, se il vaso è più
tortuoso e i parametri fisiologici cambiano possono verificarsi delle turbolenze in quanto il numero di
Reynolds si eleva oltre certi valori.
Il moto turbolento è un moto disordinato, non ergonomico. Infatti per sospingere il sangue in moto
disordinato il lavoro cardiaco aumenta agli organi. Il moto
turbolento espone a dei micro traumatismi la superficie endoteliale. Inoltre è un moto rumoroso.
Il numero di Reynolds identifica il passaggio da moto laminare a moto turbolento. Questa cosa la
sfrutteremo molto quando vedremo la misurazione della pressione arteriosa.
VISCOSITÀ
la resistenza periferica totale di 1 URP.
Quindi la resistenza non dipende solo dalle caratteristiche fisiche del vaso, cioè dalla lunghezza e dal
diametro, ma dipende anche dalla viscosità, che è un pesante parametro reologico del nostro sangue.
Facendo riferimento al fatto che il sangue è un liquido imperfetto, con una viscosità che noi identifichiamo
(eritrociti ma anche globuli bianchi, linfociti e piastrine) rispetto al volume del plasma. Fisiologicamente
corpuscolati, soprattutto dei globuli rossi, in caso ad esempio di oligocitemia (anemia) oppure di
policitemia.
I globuli rossi si incrementano ad esempio quando si fa uso di eritropoietina (epo) in cui si aumentano le
quantità di ossigeno superiore per dL si sangue. Gli atleti sono più resistenti ma hanno una viscosità più
elevata.
Infatti, variazioni della viscosità del sangue impattano notevolmente sulla resistenza al flusso sanguigno, e
se modifichiamo la resistenza al flusso sanguigno significa che a parità di pressione modifichiamo il flusso
sanguigno (per la legge di Ohm).
In un soggetto policitemico
policitemia può verificarsi anche in corso di insufficienza cardiaca congestizia perché la scarsa ossigenazione
cuore accende la produzione di
eritropoietina, che in realtà crea un circolo vizioso. Se noi aumentiamo la viscosità abbiamo un aumento
delle resistenze e quindi il flusso diminuisce a meno che il lavoro del cuore non si incrementi. Gli sportivi
che utili
al mantenimento di un flusso elevato a livello del cervello e del cuore è notevole, tanto da poter
determinare degli arresti cardiocircolatori. Il passaggio di sangue è così resistente che solo una pompa
Autori: M. Luciani; V. De Angelis 12 di 13
Fisiologia FC08 SISTEMA CIRCOLATORIO
cardiaca sufficientemente allenata oppure portata ai massimali può creare le condizioni favorevoli. Oltre
tenze
La viscosità incrementata crea non solo delle resistenze al circolo sistemico, ma crea anche delle notevoli
difficoltà al passaggio dei globuli rossi nei piccoli capillari. Il diametro dei capillari sanguigni, circa 8-
del capillare e questo aumenta la prestazione di scambio. La policitemia crea un impacchettamento del
nostro sangue, quindi crea un incremento della viscosità sfavorevole al passaggio cosi ben allineato dei
un soggetto anemico,
determina una riduzione delle resistenze. La riduzione della viscosità
eleva il numero di Reynolds. Infatti i soggetti con anemia, quindi con
oligocitemia, presentano un sacco di turbolenze, cioè soffi da eiezione
ventricolare, soffi nelle diverse zone vascolari e presentano un circolo
Vediamo il . La viscosità
acqua vale 1 ed è insensibile alla scala di ematocrito. La viscosità del
plasma è relativamente costante. Con un ematocrito del 40% abbiamo
significa che per sospingere il sangue per una stessa lunghezza occorre
è lineare ma è esponenziale. Già con un ematocrito del 50% la viscosità ha raggiunto quasi il doppio, quindi
viscosità abbiamo una penalizzazione della perfusione dei tessuti. Perché il flusso dipende dalla P e se
È importante, al fine di valutare la pressione arteriosa, ricordare lo spessore delle pareti dei vasi sanguigni,
parametro necessario per la compliance arteriosa. La compliance, o capacitanza, è la variazione di volume
Il sistema venoso presenta pareti più sottili
e la legge di Poisseuille
to
Riducendo il raggio si influenza anche la resistenza tenendo presente le resistenze totali periferica, pari a
1URP, e polmonare, di 0,14URP.
In corrispondenza della stenosi, ma anche di biforcazioni, inoltre il flusso passa da laminare (numero di
Reynolds di 200/400) a turbolento (numero di Reynolds maggiore di 3000). Ad influenzare questo valore sono
infatti velocità, diametro e viscosità (vedi considerazioni
COMPLIANCE
I vasi presentano pareti ben capaci di rispondere sia a fattori chimici (ormoni) sia meccanici (compressioni,
arteria
presenta la maggior resistenza, e la sua perfusione, è possibile identificare una relazione di tipo esponenziale
tra incremento pressorio e flusso ematico.
neurovegetativa. In caso di azione ortosimpatica, a parità di pressione, si ha un calo del flusso ematico per
irrigidimento parietale, viceversa se invece di inibisce il sistema ortosimpatico. I vasi quindi non subiscono
passivamente il flusso ma hanno un ruolo nella sua regolazione.
La compliance vas
È fondamentale che il sistema arterioso abbia una scarsa capacitanza o compliance per garantire livelli
pressori importanti e di conseguenza la migliore perfusione possibile.
fattori
Nel sistema venoso, ad un volume
di 2500/3500ml (circa 60/64%), la pressione è sempre minore di 20mmHg. Da ciò si deduce che le vene sono
24 volte più complianti delle arterie. Questo dato è importante perché il sistema venoso, grazie a questa sua
caratteristica può agire da serbatoio ematico, svuotabile in caso di necessità (proprio grazie al serbatoio
venoso il sistema arterioso è capace di resistere ad una perdita ematica del 20/25% senza abbassamenti
drastici e repentini di pressione, se si supera tale valore tuttavia si possono riportare gravi danni, cerebrali,
cardiaci e renali in primis se non la morte).
del sistema ortosimpatico.
obbligatorio, per le trasfusioni dato che in questo distretto non si hanno conseguenti impennate pressorie,
mHg, e di breve durata, 20/40minuti, elevazione pressoria
(stress relation). Lo stesso vale per i prelievi, in seguito ai quali si ha leggero calo pressorio poi compensato
dal tono vasale.
POLSO ARTERIOSO
Che il sistema arterioso sia poco compliante, soprattutto a livello di aorta e arterie maggiori, è fondamentale
per non disperdere il lavoro cardiaco.
AORTA
impennata pressoria, ed infine si ha la diastole ventricolare con conseguente decremento pressorio con
attestazione intorno agli 80mmHg.
della pulsazione è dispersa permettendo dunque un flusso continuo. Infatti il cuore agirebbe da pompa
mentre
compressivo sul sangue.
arterioso.
sia al
rigidità vasale.
Precisazioni varie:
o mantice.
POLSO VENOSO
Prendendo come esempio la posizione clinostatica (soggetto disteso) misuriamo la pressione arteriosa media
e venosa media nei tre principali segmenti: cefalico, toracico e podalico. Notiamo come la pressione arteriosa
rimane invariata nei tre casi ad un valore che si aggira intorno a 100mmHg (95 circa a livello cefalico e
podalico, lontani dal cuore). A livello venoso, dove circola il 60% del sangue, i valori sono molto inferiori
8mmHg, 3mmHg, 8mmHg. 3 a livello toracico nel punto piano di differenza idrostatica
dei ventricoli.
inferiore verso gli atri del cuore. Se così non fosse il sangue tenderebbe a ristagnare in basso, privando le
porzioni cefaliche di ossigeno.
Di per sé le valvole
inverte), in presenza, tuttavia, di un sistema che ne garantisca la progressione. Queste valvole possono
divenire insufficienti, basti pensare
tornare in dietro a livello di grande e piccola safena. La pressione aumenta ed essendo la parete della vena
poco elastica questa viene deviata e diventa tortuosa. Le cause che determinano il ritorno venoso sono una
Si crea in questo modo un gradiente pressorio tra il segmento compresso e gli altri due (a valle e a monte):
la valvola successiva si apre e quella precedente si chiude garantendo il flusso anterogrado. Gradualmente si
guadagnano centimetri di ritorno venoso. pompa plantare
quando camminiamo o stiamo in piedi esponia
del corpo sopra ad una piccola superficie). Questa pressione si ripercuote sulle vene plantari che vengono
compresse generando un gradiente. Per tanto se stiamo fermi in piedi il sangue si accumula anche se per un
tra il sistema arterioso (180mmHg) e quello venoso (100mmHg). Dunque abbiamo sempre un effetto di spinta
tra il letto arterioso e quello venoso: vis a tergo. Anche la forza di aspirazione degli atri cardiaci che hanno
pressione negativa causa un ritorno: vis a fronte. Questo meccanismo a riposo però ha un limite che dipende
ra. Può durare da minuti a ore causando la
riduzione del flusso verso il cuore il che si traduce in una riduzione della pressione arteriosa; la pressione
cefalica diminuisce causando uno svenimento. Mettendo il soggetto disteso si riequilibrano le pressioni
venose.
Anche il sistema respiratorio a livello toracico favorisce il ritorno. Il cuore posto nella gabbia toracica
riduzione della pressione intratoracica ad opera di muscoli inspiratori. Questa pressione ha degli effetti sulle
la cava superiore e
inferiore. iaframma che determina un
incremento della pressione intraddominale e la conseguente compressione di alcuni segmenti della vena
inspirazione è un ulteriore sistema per il ritorno venoso mediante decompressione di
una porzione venosa e compressione di una porzione a monte.
pressione intratoracica e ostacola il ritorno invertendo il gradiente. Questo fenomeno è evidente quando si
urla o canta: le vene giugulari si dilatano visibilmente. Individui che hanno insufficienza cardiaca congestizia
(difetto di forza di pompaggio e aspirazione) hanno le vene degli arti superiori collabite e quelle degli arti
inferiori ricche di sangue, tanto da causare una fuoriuscita di plasma negli interstizi (edema).
PRESSIONE ARTERIOSA
La scorsa lezione avevamo iniziato a parlare della misurazione della pressione arteriosa, riprendiamo da lì.
Le turbolenze si verificano nel segmento immediatamente a valle della stenosi. Dal momento che il fIusso è
costante in corrispondenza della riduzione del calibro (stenosi) si ha un aumento di velocità; nel momento in
Fisiologia FC010 PRESSIONE ARTERIOSA
Di seguito alcune indicazioni operative e ulteriori dettagli relativi alla genesi dei
toni di Korotkoff e alla loro natura.
Fino a quanto dobbiamo insufflare aria nel manicotto per essere certi di aver
sormontato la pressione sistolica di quel soggetto? Non possiamo affidarci al
canonico 120/80, perché se il soggetto dovesse avere 150/100 non ha senso
che insuffliamo aria fino a un punto standard, ad esempio di 160 mmHg. La
manovra che si adotta, più classica, è la palpazione del polso radiale, a valle
radiale, in particolare del picco sistolico. Insuffliamo aria fino a quando non palpiamo più il polso
arterioso, canonicamente fino a 30 mmHg sopra il polso sistolico palpabile. Se ci riferiamo ai canonici 120,
insuffliamo aria fino a 150. In realtà poi con la pratica si arriva a farlo intuitivamente, ma non si è poi così
precisi. Le procedure di insufflazione e di desufflazione non devono essere né troppo rapide né troppo lente
perché stiamo stressando l il vaso a una ginnastica a cui
Fase 1. È
di identificare la Ps. La fase 1 coincide con la prima comparsa di rumori percussibili lievi, non
particolarmente forti ma auscultabili, chiamati tapping sounds; questi suoni lievi ma chiari come un
tappo aumentano gradualmente di intensità per due battiti consecutivi. Questo graduale incremento
di intensità per due battiti consecutivi non è in corrispondenza del polso arterioso ma dipende dalla
desufflazione e dalle turbolenze che si vengono a creare localmente. Quando desuffliamo aria e
sentiamo dei rumori potrebbe essere che
quindi, in questo caso, si prendono in considerazione i due simili subito dopo il primo, spesso più
forte, perché abbiamo aspettato troppo tempo nel desufflare aria e quindi si è accumulato sangue
nel segmento a monte; ma se facciamo la procedura perfetta abbiamo subito i due suoni vicini (
Fase 4 improvvisa attenuazione dei suoni che diventano lievi e di qualità soffiante, muffling
sounds, si riducono di intensità.
Fase 5. È il punto in cui tutti i suoni scompaiono e identifica il valore della pressione diastolica.
Identifichiamo il passaggio fisiologico dal moto turbolento al moto laminare, Pd.
Durante le diverse 5 fasi abbiamo quindi una qualia di caratteristiche dei toni che tende a cambiare, con una
fase intermedia, la 2 e la 3, in cui i toni possono diventare particolarmente forti perchè si stanno sviluppando
le turbolenze, fino ad limitarsi completamente. The Diastolic
dilemma : Qual è la pressione diastolica? Oggi si arriva a dire che la pressione diastolica coincide esattamente
con la scomparsa dei toni.
È stata fatta una serie di misurazioni su pazienti in posizione supina, sia nel braccio destro che nel braccio
sinistro. C misurarla anche a destra perché
possiamo avere una reattività delle arterie brachiali di destra e di sinistra diverse o anche una modificazione
strutturale delle due arterie, per cui avere valori inficiati dalla caratteristica strutturale d
esempio una placca; questo ci porterebbe a rilevare una pressione che non è quella sistemica ma è quella
te il confronto sinistro-destro.
Generalmente si inizia con una misurazione abbastanza random. Si fa appoggiare il braccio sul letto,
mente sospeso. Queste misurazioni sono quelle di partenza, per vedere se ci sono
problemi particolari, è un dato random che serve per confrontare dei numeri; poi si fa in modo sistematico
la misurazione della pressione arteriosa del braccio di destra e del braccio di sinistra, lo si fa ponendo con un
sos
ngue risponde al fattore
idrostatico, quindi possiamo dire che risente della forza di
gravità.
pressori cambiano di qualche mmHg. Il braccio sinistro risulta essere più sensibile a questa variazione a
Lo scarto di 4-5 mmHg nella pressione diastolica e sistolica, secondo le categorie di classificazione della normo
tensione e ipertensione, definisce uno spartiacque tra pressione fisiologica e pressione normale alta o
pressione patologica.
Sindrome del camice bianco : quando uno si va a misurare la pressione, per attivazione del sistema
reattività vascolare che eleva la pressione, quindi questo più il braccio sbagliato =
iperteso.
PRESSIONE ARTERIOSA
Vediamo come la pressione arteriosa, parametro che noi rileviamo nei soggetti, sia espressione di quanto
funzioni in generale il sistema cardiovascolare, non è solo un paio di numeri che ci fa decidere se il soggetto
sia iperteso, ipoteso o normoteso, ci dice qualcosa in più. Di seguito sono elencati i fattori che contribuiscono
a regolare, o meglio determinare, la pressione arteriosa.
Fattori fisiologici:
Portata cardiaca, ovvero gittata sistolica X frequenza cardiaca. È il concetto fisico di flusso.
Resistenze periferiche .
Questi fattori fisiologici seguono la legge di Ohm, cioè pressione=flusso x resistenze; il flusso è uguale al delta
p diviso la resistenza .
pareti per cui la pressione è vero che è determinata dal motore e dalla resistenza al flusso secondo la legge
di Ohm, ma è lievemente complicata o lievemente integrata da fattori fisici.
Fattori fisici:
Capacitanza dei vasi, o meglio compliance arteriosa. Una riduzione della compliance si identifica
come un increm
Volume ematico arterioso, dipende da quanto volume di sangue
circuito idraulico. Se riduciamo il volume arterioso riduciamo la PA; se aumentiamo il volume
arterioso ematico aumentiamo la PA.
Volume arterioso e compliance arteriosa sono particolarmente integrati perché la compliance stessa è il
rapporto tra V e p, cioè le variazioni di volume che sono in grado di determinare variazioni della pressione
in base alla capacitanza dei vasi arteriosi.
Possiamo, da quei numeri che identificano la PA, derivare una certa variazione di questi parametri come la
compliance e il volume arterioso, e possiamo anche derivarne la prestazione meccanica del cuore, perché la
portata cardiaca in realtà è questo, cioè quanto volume di sangue riesce ad espellere in un minuto il nostro
cuore, e anche i livelli di resistenze periferiche. Vediamo quanto in realtà possiamo estrarre da quei dati
numerici.
Ogni volta che abbiamo una variazione della portata cardiaca, ogni volta che abbiamo variazione delle
resistenze periferiche, della compliance o del volume, abbiamo variazione e regolazione della PA.
Le resistenze periferiche totali sono prevalentemente determinate dal raggio delle arteriole ovvero dei vasi
con calibro maggiormente modulabile (spesso strato di muscolatura). Importante ricordare che il raggio ha
un elevato peso nella resistenza secondo la legge di Pouseille che evidenzia la proporzionalità inversa tra
resistenza e quarta potenza del raggio. Ovviamente per collegare gli aspetti di compliance arteriosa e
resistenze, possiamo anche dire che se le arteriole sono più vasocostrette, noi incrementiamo il volume di
sangue nel comparto arterioso,
quindi in risposta al decorso del rapporto della
notevolmente la pressione arteriosa (la compliance delle arterie è bassa , la curva di compliance di arterie è
verticale) iche, tra le tante cose,
eleva la pressione non solo perché incrementa le resistenze periferiche ma perché in realtà aumenta il
volume di sangue nel comparto arterioso che è relativamente poco compliante e quindi la pressione tende
ad elevarsi. Vediamo quindi la straordinaria integrazione dei sistemi, cioè di come i sistemi lavorano insieme
per avere la pressione arteriosa, o meglio ancora, per determinare i valori di PA. Questi sistemi non agiscono
uno separato d altro o i
opposta.
PA E RITMO CIRCADIANO
Vediamo anche quanto la frequenza cardiaca è allineata agli aspetti circadiani della PA. Quindi abbiamo una
riduzione della frequenza durante la notte, nello stato di sonno, e un incremento nel risveglio e quando
o
ortosimpatica, ma anche dalla corrispondenza tra Gc e PA. Gc= Gs x f e quindi è tutto bene allineato.
non è più di 40 mmHg ma è di 70-80 mmHg. La pressione differenziale è importante perchè più si eleva, più
il flusso capillare non sarà più continuo come è fisiologicamente.
Un valore
decremento graduale della Pd fino a rimanere nei livelli accettabili, che corrisponde alla continuità di flusso
a livello capillare. Quando la pressione differenziale si eleva e quindi si accentuano significa che la perfusione
degli organi non è ottimale e continuativa come dovrebbe essere.
Pressione arteriosa media. Abbiamo parlato di PA come un unico valore e non come alternanza di valori (es
intorno a 100mmHg). La pressione arteriosa media identifica il grado medio di pressione a livello del nostro
distretto arterioso, non è la pressione frutto della media numerica tra la massima e la minima, tra Ps e Pd. Se
la fase diastolica è più lunga in termini temporali della fase sistolica, durante la giornata il numero di eventi
diastolici determina un tempo maggiore rispetto a quello generato dagli eventi sistolici, anche se il numero
degli eventi è uguale. 10 sistoli durano un tempo minore rispetto a 10 diastoli. Per cui la persistenza del valore
di pressione diastolica sormonta quello della pressione sistolica. Quindi la pressione arteriosa media non è la
media aritmetica di Ps + Pd /2, ma in realtà è un valore che si calcola con il rapporto tra rale della curva
che rappresenta il polso e il tempo. La pressione arteriosa media si attesta intorno a 95/100 mmHg, un valore
lievemente più basso della media numerica, proprio alla luce dei tempi di sistole e diastole
può essere semplificato come un momento acuto della variazione pressoria (questo
-20%,
di queste proporzioni ne abbiamo già parlato).
I sistemi che regolano la pressione arteriosa innanzitutto si sovrappongono e agiscono con tempi di
attivazione ed effetti che sono diversi (basta guardare il diverso andamento temporale delle curve nel
grafico).
il guadagno in termini di feedback del meccanismo ovvero la potenza
del sistema nel correggere la ; osserviamo che
i sistemi hanno guadagni omeostatici differenti, alcuni tendenzialmente infiniti.
La regolazione della pressione arteriosa da parte dei sistemi omeostatici segue i principi del feedback
negativo: la perturbazione della variabile controllata è rilevata da recettori che attivano risposte riflesse
Se la variabile fisiologica è
controllata i sistemi si spengono, o riducono la loro attività. Se la variabile non è aggiustata dentro i range
pressori o i gli intervalli pressori fisiologici, i sistemi continuano a lavorare, però ci sono sistemi che possono
continuare a lavorare ma più di tanto non funzionano, non hanno quindi un guadagno di feedback
straordinario; ci sono sistemi invece che potrebbero continuare a lavorare e ripristinare i livelli pressori anche
se con tempi più lunghi.
Allora, prima di tutto, identifichiamo una specie di sparti acque in base al tempo di attivazione dei sistemi
che contribuiscono a regolare la pressione.
1) Sono sistemi che già dopo secondi, da un intervallo che va dai secondi ai minuti, esprimono la massima
attivazione a seguito di una perturbazione di una pressione arte ipotensione o
tre sistemi:
RIFLESSO BAROCETTIVO- Mediato da barocettori, la cui attivazione diventa massima a seconda della
perturbazione; il guadagno funzionale che noi possiamo avere dal sistema dei baro riflessi in realtà
non è infinito, non è enorme se paragonato al sistema renale.
Ha una buona/intermedia efficacia rispetto ad una scala di valori che va da zero ad infinito. I
baroriflessi intervengono comunemente nella vita quotidiana ad es in presenza di variazioni
posturali.
RIFLESSO MEDIATO DA CHEMOCETTORI I chemiocettori rilevano la concentrazione di ossigeno, di
anidride carbonica e di idrogenioni (pH del sangue) e sono alloggiati in periferia a livello della
glomo aortico e carotideo), inoltre abbiamo anche una
zona chemosensibile centrale (la zona ventrale). Significa quindi che se
una riduzione della pressione arteriosa circa del 40/50 mmHg (pressione arteriosa media) tale per
cui la perfusione di questi glomi diventa insufficiente, i chemiocettori, che di fatto regolano la
respirazione (chemiocettori della regolazione chimica della respirazione), possono intervenire
attivando i sistemi che contribuiscono per via riflessa a regolare la pressione arteriosa.
e si traduce in insufficienza di concentrazione di O2 e/o di
eccesso di concentrazione di CO2 e/o di eccesso di ione idrogeno, attiva il chemiocettori che non
solo attivano la respirazione ma in questo caso attivano i sistemi deputati a regolare la pressione
arteriosa. I sistemi agiranno su cuore e vasi che si metteranno in moto per ripristinare livelli pressori
accettabili e quindi una perfusione accettabile dei chemiocettori. Questo sistema di regolazione per
via riflessa è meno potente degli stessi barocettori che vanno a rilevare proprio la pressione arteriosa
cioè quanto essa vale. Questi vanno invece a rilevare la quantità di ossigeno, di CO2 e di pH che sono
conseguenza, in questo caso della pressione arteriosa e sono meno potenti della risposta mediata
dai barocettori. Trattandosi di una via riflessa mediata dal SNC è decisamente rapida.
RISPOSTA ISCHEMICA CEREBRALE- è molto potente la risposta ischemica del sistema nervoso
centrale: quando la pressione arteriosa media cerebrale cala al di sotto dei 50 o arriva a 15/20 mmHg
(quindi siamo veramente in condizione di ischemizzazione del nostro cervello)allora partono una
serie di attività riflesse che usano sempre le branche del sistema ortosimpatico, che consentono di
renale, può esserci una sospensione momentanea della produzione di urina che è una produzione
cutanea, muscolare e via dicendo. Il senso di risposta fisiologica legato a questo riflesso è che
n è un elemento sopportabile, per cui questa regolazione diventa sovrastante
il flusso cerebrale). Se si abbatte la pressione arteriosa del cervello ci sono risposte di natura riflessa
che sono potentissime e che sono molto più efficaci degli stessi barocettori.
Se i barocettori agiscono tantissimo nella nostra vita quotidiana, questi altri due sistemi, cioè quelli che sono
agganciati a riflessi che nascono dai chemiocettori e riflessi che nascono dal sistema nervoso centrale
(risposta ischemica del SNC) sono due sistemi riflessi di regolazione della pressione arteriosa attivi, in
condizioni più estreme, quando la modificazione della pressione è massiccia. Per modificazione massiccia si
intende una modificazione oltre 40-50% della pressione arteriosa media.
Tutti questi sistemi sopra elencati sono accomunati dalla rapidità di attivazione (si tratta di risposte nervose),
agiscono infatti in secondi, minuti, ma la loro efficacia termina altrettanto rapidamente in quanto sono
soggetti ad un fenomeno di adattamento per cui la durata del loro effetto è breve e nel giro di ore e giorni si
riduce. Questo significa che se abbiamo la persistenza della perturbazione, per ora rimaniamo solo ai
barocettori perché sono quelli più riferibili alle situazioni fisiologiche, la loro attività tende a scemare nei
giorni.
nessuno di noi sarebbe iperteso o ipoteso. Quindi si attivano poi la loro efficacia si estingue e non riescono a
controllare la pressione se le cause della perturbazione permangono. Inoltre la sensibilità dei barocettori e
2) Esistono però delle categorie di sistemi che agiscono a livello intermedio, cioè tra i riflessi e qualcosa che
agisce nei giorni.
STRESS RELAXATION, già visto per le vene che però è molto più rapida rispetto a quella delle arterie
che è invece leggermente più lenta. Più
del vaso stesso. Questo meccanismo può anche persistere per giorni però come impatto sulla
regolazione è decisamente piuttosto basso.
SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA, ne.
interstiziale o riducendo il liquido contenuto nel comparto interstiziale: stiamo parlando degli
In tutti i casi finora esaminati sono state toccate le variabili sia fisiologiche che fisiche, che sono considerate
importanti per determinare la pressione arteriosa; con il discorso dei capillari abbiamo toccato il volume
plasmatico, con il sistema della vaso costrizione (angiotensina) le resistenze periferiche perché la
vasocostrizione, non il tono vasale, è più proprio delle arteriole (r^4), oppure con la stress-relax
fondamentalmente la compliance dei grossi vasi;
3) quindi la terza categoria di sistemi che contribuiscono a regolare la pressione: sono sistemi che si
attivano/agiscono dopo qualche ora e la loro attivazione persiste per giorni.
ALDOSTERONE che in realtà è molto legato alla stessa attivazione del sistema renina-angiotensina-
RIFLESSO BAROCETTIVO
Barocettori: recettori della pressione. Sono dei meccanocettori che si collocano in zone precise e strategiche
del nostro sistema arterioso quali la biforcazione della carotide comune (tra interna ed esterna), a livello del
seno carotideo. Sono tensocettori, cioè terminazioni nervose che rilevano lo stato di tensione della parete
che viene colpita dal flusso sanguigno che avrà una determinata pressione quindi una certa forza sulla
superficie. I barocettori non sono altro che terminazioni che sono in grado di trasdurre
in energia elettrica . La trasduzione è resa possibile dalla presenza di canali ionici
sensibili allo stiramento. NB: Il recettore rileva, non percepisce !!
del tronco encefalico, è il nervo glossofaringeo, in particolare il nervo carotico, che rileva e trasporta i
quindi
il nervo vago. Sono tensocettori sensibili alle alte pressioni perché noi stiamo parlando di pressioni arteriose
medie da 95-100 e di fluttuazioni di questi valori o di sopra o di sotto.
Noi siamo anche dotati di volocettori: recettori per basse pressioni. Le nostre camere atriali, i nostri vasi
polmonari (inclusi i vene polmonari) sono dotati di
diramazioni di natura nervosa che si riferiscono sempre al nervo vago e questi meccanocettori che sono
terminazioni nervose libere rilevano più camera, che è dipendente dal volume
della camera in cui, se abbiamo un incremento del ritorno venoso o abbiamo un eccessivo accumulo di
sangue nei nostri atri, questi volocettori vengono attivati. Si tratta di diramazioni che avvolgono in toto la
camera e le pareti dei vasi e non rilevano dunque una tensione specifica in un determinato punto.
Per cui, nel tronco encefalico abbiamo nuclei che pos pressione e nuclei che
intervengono invece in situazioni opposte con il risultato di ridurre la pressione arteriosa.
Quindi nel tronco encefalico abbiamo il nucleo del tratto solitario, che riceve le afferenze (prima stazione che
riceve i segnali dai barocettori); poi, in funzione della frequenza di scarica del barocettore e quindi del livello
di attivazione del nucleo solitario, si avrà:
In caso di elevata pressione, attivazione del nucleo ambiguo, che potrà avere conseguenze di
riduzione della performance del cuore, effetto mediato dal nervo vago, sistema parasimpatico:
questo nucleo, che agisce come inibitore delle funzioni cardiache, un tempo si chiamava centro
cardio-inibitore.
In caso di bassa pressione, attivazione dei nuclei ventro-laterale caudale e rostrale, che invece
hanno funzioni vaso- o al centro inibitore, quali ad
esempio
uente riduzione della compliance.
IPOTENSIONE Cosa succede se abbiamo un cambio di stimolazione, rispetto alla stimolazione basale (dove
tutto il sistema è allineato e dove nel sistema prevale un certo grado di efferenza dal gruppo ventro-laterale,
i frequenza, il sistema modifica il
proprio output una circuiteria ben precisa a livello del tronco encefalico.
Prendiamo come esempio la riduzione della pressione arteriosa: essa produce una riduzione delle afferenze
barocettive che riduce il livello di attivazione del nucleo del tratto solitario. A ciò consegue:
- defacilitazione del nucleo ambiguo (cardioinibitore), quindi significa che si spegne total
parasimpatica;
- disinibizione del nucleo ventrolaterale rostrale nel quale sono contenuti neuroni di proiezione che attraverso
fibre discendenti attivano i neuroni nelle colonne laterali del midollo spinale (neuroni pregangliari del sistema
ortosimpatico). Si ha disinibizione perché il nucleo del tratto solitario è poco attivo, quindi si ha la
defacilitazione di un interneurone inibitorio (localizzato nel nucleo ventrolaterale caudale) che proietta al
nucleo ventrolaterale rostrale. Spegnere q ortosimpatica sul
cuore, sulla midollare surrenale, sui reni e sui vasi sanguigni.
Quindi la riduzione della frequenza di scarica dei barocettori, frutto del fatto che la pressione arteriosa si è
ridotta, si traduce in uno spegnimento totale del
del
che si traduce in un effetto cromotropo negativo e dromotropo negativo, con conseguente riduzione della
frequenza cardiaca. Già riducendo la frequenza riduciamo la pressione arteriosa (prima risposta mediata dal
sistema parasimpatico). Se funziona bene il baro-riflesso infatti dovrei rilevare nelle prime fasi una certa
bradicardia (polso molto intenso, perché la pressione è nda
sfigmica significativo, però mi accorgo che ha una frequenza di circa 65-60). La pressione è elevata, ma la
iduce i tassi
di pressione nel sangue. Il meccanismo è buonino, ma dovranno intervenire altri meccanismi per ripristinare
i valori pressori (vedi funzione renale). Inoltre, si inibiscono, per effetto della circuteria locale, tutte le
proprietà positive del sistema ortosimpatico sia sulle funzioni cardiache,
inotropo positivo del simpatico (non esiste infatti un effetto inotropo negativo in quanto il vago innerva
prevalentemente il sistema di conduzione e il nodo sa, poco i cardiomiociti atriali e non raggiunge invece i
ventricoli), sia a livello dei vasi determinando una riduzione del tono vasale (aumentiamo la compliance e,
a parità di volume, la pressione arteriosa tende a calare). er le
catecolammine nei nostri vasi sono gli alfa-recettori, mentre i beta-recettori sono quelli cardiaci; quindi i beta
agonisti o antagonisti hanno una funzione sulla forza motrice (pompa cardiaca) mentre gli alfa agonisti o
antagonisti sui vasi sanguigni. Quando noi usiamo le gocce per migliorare la pressione arteriosa sui soggetti
che soffrono di ipotensione, usiamo dei simpatico-mimetici, che agiscono sui recettori alfa e creano una
vasocostrizione, quindi la pressione arteriosa tende ad aumentare.
Abbiamo visto il sistema integrato della regolazione della pressione arteriosa, stavamo evidenziando in
particolare il ruolo dei barocettori e il cosiddetto riflesso barocettivo, gli aspetti di regolazione nervosa molto
rapidi sulla pressione arteriosa e peraltro oggi,
funzione dei barocettori, vedremo quanto interviene il rene nella regolazione della pressione arteriosa,
sicuramente inserendo degli elementi che sono già noti, più dal punto di vista della funzione cardiovascolare
che di quella renale. Vi facevo notare come i barocettori ad alta pressione rispondano a variazioni della
pressione arteriosa e vi avevo anche indicato la presenza di volocettori o barocettori a bassa pressione,
presenti a livello atriale e a livello del circolo polmonare, con un sistema di afferenze che è quello vagale.
Aritmia respiratoria
In realtà i volocettori, sono importanti perché intervengono nella regolazione del volume plasmatico
per evidenziare un aspetto che riguarda proprio i volocettori, ovvero che noi siamo dotati di una sorta
di
attività inibitoria sul nucleo ambiguo da parte della sostanza reticolare che risponde
-accelerazione in virtù
tempo di svuotame
solitario (NTS).
tideo, che
-inibitore e vaso-motore,
fondamentalmente depositari della regolazione parasimpatica e ortosimpatica, nel caso in cui la
pressione arteriosa fosse elevata.
Lo stimolo è la pressione arteriosa elevata, incremento dei polsi elettrici che provengono dal seno
cipale della
sia una risposta del baroriflesso, che da oggi chiameremo omeostatico, sotto forma di decremento della
frequenza cardiaca, dunque effetto cronotropo negativo, dromotropo negativo e soprattutto sotto forma
di inibizione del sistema ortosimpatico quindi del nucleo ventro laterale rostrale.
ortosimpatica.
I baroriflessi dunque attivano sistemi molto più potenti e duraturi di regolazione della pressione, sia
libera
con la volemia. 1
Barocettori arteriosi
Curva di risposta dei barocettori arteriosi
Ci accorgiamo inoltre che la curva di risposta dei barocettori non può essere inferiore a 40 mmHg, al di
sotto di questo valore non ci sono attività di scarica del barocettore, né superiore a 180 mmHg (sempre
riferito a valori di pressione media). Se volessimo essere più descrittivi diremmo che la sensibilità dei
barocettori si attesta tra pressioni che vanno da 40 a 180, con un range pressorio più ristretto, cioè
intorno a 80 fino a 140, dove abbiamo la massima sensibilità del barocettore.
Il barocettore è, come tutti i recettori, sensibile a fenomeni di adattamento, ciò significa che se la
pressione persiste a valori di 140-150 e/o 60-70, oltre a un effetto regolatorio, cioè omeostatico (che è
stimabile in secondi/minuti) determina
punto, se persiste la variazione della pressione, il recettore va incontro a un adattamento, in altre parole
non rileva più la perturbazione. 2
I baroriflessi, riflessi di natura omeostatica, oltre ad essere adattabili, risentono di una regolazione più
complessa che definiamo regolazione comportamentale del baro riflesso. Questa regolazione ha che fare
con processi adattativi comportamentali e vede coinvolte strutture rostrali del SNC che proiettano al
tronco encefalico a livello di circuiti dei riflessi barocettivi.
Per capire la regolazione comportamentale rileviamo nel soggetto reale la pressione arteriosa, sia in una
situazione di riduzione della vigilanza (tra sonno e veglia), sia in una situazione di aumento di vigilanza
(uno stato di allerta). Ci accorgiamo che il rapporto che esiste tra pressione arteriosa e frequenza
cardiaca non è esattamente quello che ci aspetteremmo dal riflesso barocettivo. Come possiamo
osservare nel grafico (fig. 68.9b) quando si riduce la vigilanza, il decremento della pressione arteriosa
media3, non crea un incremento della frequenza cardiaca. Di contro un incremento della pressione
arteriosa non determina una riduzione della frequenza cardiaca ma tende a elevarla ulteriormente.
3 La pressione arteriosa media in realtà subisce un ritmo circadiano con un abbassamento della pressione che va
Quado ci sono modificazioni dello stato di vigilanza (es. stato preipnagogico o di allerta), il baroriflesso
non funziona come ci aspetteremmo.
La causa di ciò è il fatto che il riflesso barocettivo può essere potenziato o depotenziato per effetto del
nostro ipotalamo (soprattutto quello laterale), che è una struttura più rostrale, che interviene sul
circuito del nucleo ambiguo e nucleo ventrolaterale rostrale dorsale e così via. In altre parole la
sensibilità del barocettore può essere modificata. L
strutture appartenenti al sistema limbico, cioè il sistema responsabile dello stato emotivo, che in realtà
ollegate
con la corteccia cerebrale. Ciò significa che se noi mediante la nostra sensorialità rileviamo condizioni
di relativa calma, percepiamo la situazione come poco minacciosa, ciò abbassa la sensibilità del
baroriflesso, la cui azione è immediata e repentina4,
perturbazione pressoria e risposta del cuore, risposte vascolari e così via. Questo sul piano ergonomico
rappresenta un risparmio di riflessi o di azioni che, date le condizioni ambientali, non sono necessarie.
Se invece abbiamo un incremento della vigilanza, dovuta alla percezione di fattori ambientali avversi,
ha senso inibire il baroriflesso perché in realtà noi dobbiamo essere pronti a fuggire. Se il baroriflesso
correggesse, per effetto de
se la frequenza si impennasse e il baroriflesso funzionasse, la pressione arteriosa tornerebbe a un valore
medio di 100, questo per la reazione di fuga non è vantaggioso perché la perfusione dei muscoli non
sarebbe sufficiente.
strutture rostrali.
Quindi se noi ci svegliamo di notte, non necessariamente perché abbiamo paura, e ci alziamo
repentinamente dal letto, dobbiamo ricordarci che il baroriflesso funziona poco. Ciò significa che
alzandoci in piedi, si accentua la stasi del sangue negli arti inferiori e il nostro baroriflesso è
di riduzione della vigilanza; in queste condizioni si può
4 è quello che agisce ogni volta che cambiamo la nostra postura e abbiamo perturbazioni della pressione arteriosa
in risposta alla forza di gravità
Autore: Lucia Salvi e Chiara Scorzoni per Medicina08
6 di 19
Fisiologia FC 11- REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE
verificare una pre-sincope, ci sentiamo girare la testa proprio perché il baroriflesso si era adattato a una
condizione della vigilanza e si verifica una riduzione della perfusione cerebrale.
In aggiunta ricordiamo che ogni volta che noi ci alziamo in piedi abbiamo un calo della pressione e in
ituazione destinata più spesso alle descrizioni del disturbo isterico di conversione, ma non
necessariamente legata a questo, per cui a . In risposta
a un aumento della vigilanza dovrebbero invece potenziarsi le risposte di regolazione pressoria, invece
in queste condizioni abbiamo la sincope vaso-vagale. Questo accade in soggetti particolarmente
asp
A causa della ridotta compliance del sistema arterioso, ogni volta che viene incrementato o
decrementato anche di poche decine di ml il volume arterioso, la pressione aumenta o diminuisce.
Pertanto il sistema più potente di regolazione della pressione arteriosa, oltre a questo meccanismo
subitaneo delle risposte riflesse, si poggia sul volume ematico arterioso e quindi su chi contribuisce a
modificare il volume plasmatico, ovvero i reni. I reni possono promuovere un guadagno funzionale che
potenzialmente potreb , ovviamente ricordatevi che la pressione è dovuta a un
connubio di sistemi integrati.
Sistema che parte come rilevazione dal rene, ovvero sistema renina-angiotensina-aldosterone
Sistema dei fattori natriuretici, di cui uno è il fattore natriuretico atriale, che vi avevo mostrato
come marker dei miocardiociti atriali. Viene liberato dagli atri in seguito a uno stress legato al
ri.
Sistema renina-angiotensina-aldosterone
efferente e tubulo contorto prossimale. Quello che è interessante in questa triade è la presenza nella
parete delle arteriole, di cellule iuxtaglomerulari che producono e liberano renina e di cellule della
macula densa, un sincizio di cellule che rilevano costantemente il carico di NaCl
prossimale e in base a questo producono effetti sulle cellule iuxtaglomerulari. Da notare è la potente
innervazione delle cellule iuxtaglomerulari delle arteriole afferenti ed efferenti, in particolare afferenti,
che ha impatto sul tono arteriolare e sulla secrezione di renina, abbiamo quindi un sistema
ortosimpatico che bersaglia anche le cellule che liberano renina, la cui liberazione non è dovuta solo a
fattori locali ma anche per effetto del simpatico.
Tra le cellule della macula densa e iuxtaglomerulari abbiamo le cellule del mesangio extraglomerulare,
sono cellule interstiziali che mediano i segnali tra le une e le altre.
In condizioni basali, quando la nostra pressione media è attestata su valori fisiologici tra 95 e 100, le
cellule della macula densa rilevano un adeguato livello di NaCl nel liquido tubulare, questo si traduce in
una liberazione costante da parte di queste cellule di adenosina, che è una sorta di controllore della
liberazione di renina da parte delle cellule iuxtaglomerulari. I
arteriole afferenti ed efferenti sono di due tipi, A2a e A1a e questo si traduce in una riduzione della
produzione di renina e quindi della sua attività enzimatica, mentre il grado di costrizione/dilatazione
delle arteriole afferenti ed efferenti è perfettamente bilanciato. Prevale una certa costrizione
con quelle di ultrafiltrazione, ne risulta una pressione netta di ultrafiltrazione di 10-15 mmHg.
Se perturbiamo la preurina nel senso di contenuto di NaCl e/o se perturbiamo il sistema perché si
innesca una potente attivazione della branca ortosimpatica sulle cellule che producono renina, questo
sistema produce appunto renina con delle conseguenze sistemiche.
Le cause per cui si dovrebbe ridurre la quantità di NaCl a livello della macula densa, o per cui dovrebbe
:
Ipertensione di Goldblatt
in una delle due arterie renali, quindi riducendo il flusso renale, dopo qualche giorno la cavia
manifestava ipertensione. Apparentemente ciò si poteva attribuire a un calo della performance renale,
che si verificavano gli estremi di una diuresi da pressione (più aumentava la pressione e più le urine
venivano prodotte). Quindi aveva identificato la presenza a livello renale di un fattore che era liberato
quando la perfusione renale si riduceva, che era proprio la renina. Questo sistema ha effetto
ipertensivante, infatti, e questa ipertensione sperimentale venne chiamata ipertensione di Goldblatt, si
Questo sistema si attiva a seguito della riduzione della perfusione renale. Tenete conto che non solo
risponderà a una riduzione della perfusione renale tramite la produzione di renina e quindi attraverso
effetti sistemici, ma risponderà anche sotto forma di reazione locale, cioè tramite feedback
tubuloglomerulare. Ciò significa che quando si riduce la perfusione renale e quindi la pressione di
ione della produzione di renina, ma soprattutto la riduzione della
produzione di adenosina si traduce ben presto in un effetto autoregolatorio, per cui abbiamo la
ile
tubuloglomerulare, che è una specie di miracolo regolatorio a livello del nostro apparato
iuxtaglomerulare e quindi tende a ripristinare i livelli di filtrazione. (La VFG è uno dei parametri che
vengono mantenuti strettamente costanti tramite autoregolazione renale per rendere il processo di
filtrazione indipendente da variazioni pressorie che invece influenzano il volume urinario tramite gli
effetti a livello midollare renale
La renina è una peptidasi in grado di scindere il legame carbamidico; infatti per dosare la renina nel
ità enzimatica in funzione della
renina nel sangue. Le conseguenze della liberazione della renina riguardano fondamentalmente
prodotto a livello epatico, che è un preproormone, in realtà possiamo considerarlo
così perché poi le consegue angiotensina I, un
peptide di 12 amminoacidi, che è dotato di un minimo di attività biologica. Poi il passaggio
tensina I conversione, che
L ha effetto su un altro attore che ha a che fare con la regolazione della volemia con
Infatti
a
Autore: Lucia Salvi e Chiara Scorzoni per Medicina08
9 di 19
Fisiologia FC 11- REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE
livello della corteccia surrenalica, nel tratto mineralcorticoide, stimolando la liberazione di aldosterone,
un ormone steroideo che contribuisce a determinare a livello renale una riduzione della escrezione
renale di sodio dunque sodio e acqua
one del volume plasmatico. Dal momento
che l angiotensina è liberata in condizione di riduzione del carico di Na, spesso conseguente a riduzione
della pressione arteriosa (ma non necessariamente) è chiaro che attraverso la riespansione del volume
plasmatico, mediante il riassorbimento di sodio e acqua, ripristina i livelli di pressione arteriosa.
questo è un aspetto che collega esattamente la regolazione che avviene in secondi o minuiti con la
regolazione che può avvenire in minuti, ore, giorni. La stessa innervazione simpatica che agisce
regolando la pressione in modo subitaneo, poi trasferisce i suoi effetti su un sistema che è quello che
nale. Quindi i vari sistemi non sono tra loro separati ma
continuità.
Di contro la liberazione della renina viene ridotta (si intende la riduzione della liberazione) per effetto
di:
rostrale;
Incremento del NaCl della macula densa;
Incremento dei livelli di angiotensina II contenuti a livello plasmatico che agiscono tramite un
sistema a feedback negativo, di retroazione;
Fattori natriuretici e diuretici, ad es il fattore natriuretico atriale, che inducono la diuresi, quindi
eliminazione di sodio e acqua.
attraverso i suoi recettori AT1, di innescare la produzione da parte della corteccia surrenalica di
aldosterone. Qua (si riferisce allo schema
un effetto sulle resistenze vascolari (NB: la pressione dipende dalle resistenze vascolari, già nel sistema
integrato di regolazione della pressione arteriosa compariva la renina e il sistema renina-angiotensina
da sole), quindi abbiamo vasocostrizione da renina (ovviamente non è la renina che induce
1. Vasocostrizione diretta attraverso i recettori AT1, i quali elevano la quota di calcio nelle cellule
muscolari lisce e quindi questo crea uno sforzo favorevole alla vasocostrizione specialmente
arteriolare.
2. Aumento del noradrenergica periferica tramite i recettori AT1 sulle terminazioni
ortosimpatiche che, , incrementano la liberazione di
noradrenalina che agendo su recettori determina vasocostrizione.
3. del sistema ortosimpatico a livello centrale per
questo un valorizz
livello centrale.
4. Induzione della liberazione di adrenali
e determina vasocostrizione in sine
1. Innanzitutto aumenta già da sé, sempre con i recettori AT1, il riassorbimento di sodio nel
tubulo contorto prossimale, quel meccanismo di riassorbimento del sodio, che trasla dal liquido
tubulare verso i capillari peritubulari e porta con sé il riassorbimento di tipo isoosmotico.
2. Determina la .
3. Modifica
ortosimpatica a livello renale, quindi amplifica il fenomeno
iuxtaglomerulare.
MODIFICHE STRUTTURALI
1. S tanti modificando l espressione di
protoncogeni.
2. Crea delle condizioni come modificazione del post-carico secondarie ad alterazioni
emodinamiche, cioè in altre parole crea delle condizioni di ipertrofia e rimodellamento cardiaco
e vascolare (riduzione della compliance). È un induttore di processi di rimodellamento, non
sempre favorevoli. Nel trattamento de tra i farmaci utilizzati vi sono gli ACE
inibitori, che inibiscono la conversione di angiotensina I in angiotensina II. Questo enzima (ACE)
tende anche a produrre o a favorire la produzione di bradichinine, che sono fattori locali
favorenti il flusso ematco
bradichinine. Oppure vengono utilizzati i sartani, inibitori del AT1, cioè sono antagonisti
ALDOSTERONE
la cellula principale del tubulo contorto distale, che ha a che fare con
del sodio e del potassio, mentre le cellule intercalari sono coinvolte in quella dello ione idrogeno, quindi
con la regolazione del pH.
Nel
1. Accensione della via SGK (chinasi glucocorticoidi sensibili), chinasi associate alla categoria degli
ormoni glucocorticoidi, derivati dal colesterolo, che sono capaci di inibire NEDD4-2, un fattore
(che è un sistema di degradazione delle proteine). Quindi
degradazione di proteine ben precise, che sono le proteine Enac (endotelial Na+ channel),
proteine endoteliali di trasporto del sodio. Quindi si ha sul lato adluminale della cellula
2. dello stimolo
CHIF, fattore favorente la funzione della neosintesi di pompe Na+/K+ ATP-dipendenti, a
livello della membrana basolaterale della cellula principale. Quindi è vero che in una cellula
entra più sodio ma è anche vero che sono espressi maggiori livelli delle pompe Na+/K+ che
3. Incremento di canali passivi del potassio sulla membrana, sulla zona dove ci sono gli orletti
meccanismo inducibil
netto sarà il riassorbimento di sodio e acqua.
Spironolattone e amiloride sono farmaci diuretici che inducono cioè un incremento della secrezione
di sodio tramite l inibizione del
ono farmaci che riducono la secrezione di
potassio, per cui sono risparmiatori di potassio.
con le urine.
Pertanto un modo molto semplice per valutare se
riassorbimento di sodio e acqua, quindi si ha un perfetto riassorbimento di tipo isoosmotico, che cioè
sma. Questo è molto importante per il confronto con il sistema
della volemia ma determina
variazione di osmolarità.
V1:
H
contribuisce in parte all aumento delle resistenze
periferiche)
V2: sono, tra i tanti distretti, particolarmente concentrati a
livello delle cellule del tubulo collettore nel rene, hanno un
effetto più potente. sistema è l antidiuresi, cioè significa una diminuzione del
volume urinario e un incremento della concentrazione urinaria. Questo si traduce solo ed
esclusivamente nella mobilizzazione di acqua a livello del dotto collettore, dove la presenza di
ADH crea delle conseguenze funzionali sulle sue cellule.
Nel complesso l ADH determina un incremento della pressione arteriosa sia tramite la
vasocostrizione diretta (poco potente) sia soprattutto per effetto dell incremento del volume
ematico; da qui il nome di vasopressina.
Ci sono due stimoli fisiologici che determinano liberazione di questo ormone:
1. del plasma
2. la pressione ma soprattutto il volume del plasma
Quindi sia barocettori che i recettori cardiopolmonari a bassa pressione, chiamati volocettori, possono
stimolare in base alla loro attivazione la liberazione di ADH inoltrando le informazioni attraverso vie
ascendenti dirette dal tronco encefalico (prima stazione di arrivo) all ipotalamo.
Gli osmocettori son ventrale, cioè la zona anteroventrale del III
ventricolo cerebrale. In particolare siamo nella zona della stria terminale, una zona più anteriore del III
ventricolo. Qui abbiamo delle aree osmosensibili perché la barriera ematoencefalica è azzerata (o molto
ridotta) e queste aree risultano bagnate dal plasma.
pla
perdono acqua e quindi i canali ionici sensibili allo stiramento modificano la loro conduttanza ionica;
acqua agli osmocettori, che si rigonfiano e
riducono la loro attività di scarica.
antidiuretico
Qui avete la sensibilità del
osmotico/volumetrico/pressorio.
[Grafico a] retta per
-
-2 mOsm) perché si
impenni la concentrazione plasmatica di ADH. Al contrario, per valori al di sotto di 280 mOsm avremo
-2%.
[Grafico b] Mentre per elevare la produzione di ADH attraverso il circolo portale ipofisario, che poi
arriverà attraverso il circolo sanguigno al rene, abbiamo bisogno di variazioni del volume o della
pressione arteriosa del 15-20%, quindi diciamo che sul piano del volume è meno sensibile (risponde a
variazioni maggiori).
[Grafico c] È però indubbio che se noi abbiamo una riduzione del volume del 15% del volume e vediamo
la risposta in termini di concentrazione di ADH, ci accorgiamo che il sistema è sensibilizzato. Quindi se
Questa cascata intracellulare causa la fusione di vescicole presenti nel lato apicale della membrana
contenenti acquaporine 2 con la membrana della cellula; abbiamo altre acquaporine. La superficie
diviene permeabile (in realtà aumenta la permeabilità perché già in condizioni basali ci sono
acquaporine di tipo 3 e 4)
Autore: Lucia Salvi e Chiara Scorzoni per Medicina08
15 di 19
Fisiologia FC 11- REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE
renali viene riassorbita. Quindi concentriamo le urine e risparmiamo acqua. In questo modo se lo
stimolo era stata la variazione di osmolarità, ripristiniamo -284
mOsm il riassorbimento di acqua ha due effetti:
1. espande il volume plasmatico
2.
Ingestione di acqua
Q ne
del volume plasmatico e
Partiamo da un atto volontario: noi d (½ - 1 l);
il sistema, cioè drico, risponde con lo
infatti abbatte
-angiotensina-aldosterone.
-angiotensina-aldosterone, insieme
della perdita di potassio, sia attraverso la sudorazione sia attraverso il sistema renina-angiotensina-
aldosterone (a
profuse prevedono non solo un ripristino delle condizioni con la ingestione di acqua (che può anche
Per questo nelle competizioni ad alta resistenza sono usati integratori (Gatorade, Polase), si mangiano
nelle pause piccole porzioni di banana o un kiwi, ricchi di potassio.
Emorragia
Qui
plasmatico. Essa determina da un alto una riduzione di volume e
ma, a meno che non si
tratti di una grossa emorragia, perché perdiamo tutto del sangue:
acqua, soluti e cellule. Però abbiamo uno stimolo che proviene dai
volocettori a bassa pressione e dalla riduzione della pressione
ADH e del sistema renina-
angiotensina-
che essa si attiva, produce un riassorbimento di acqua, il sistema
renina-angiotensina-aldosterone di sodio e acqua, e ciò crea una
perché la maggior sensibilità è per
rimangono attivi:
- sistema renina-angiotensina-aldosterone
-
Quindi i due sistemi agiscono prevalentemente insieme, ma ci so
Fattori natriuretici
Il cuore è in grado di liberare fattori natriuretici, che vengono liberati dalle camere atriali, in parte anche
ventricolari (BMP significa brain natriuretic factor, però è liberato anche dalle cellule ventricolari che
non sono eccessivamente stressate) a seguito di un eccessivo incremento di volume. Situazioni che si
Diuresi pressoria
egato allo
Visione complessiva.
secrezione dei fattori natriuretici e la riduzione della secrezione di ADH da parte della neuroipofisi,
-angiotensina-aldosterone. Quindi abbiamo:
1.
tubuloglomerulare il rente (quindi si dilata quella
efferente e si costringe quella afferente);
2. già a livello del tubulo prossimale si riduce il riassorbimento di sodio (abbiamo un incremento
di sodiuria, anche se siamo ancora nei liquidi tubulari, non nelle urine);
3.
poi un altro composto con funzione sodiurica, la urodilatina, che contribuisce insieme al fattore
natriuretico atriale e a BNP a eliminare sodio e acqua.
Nel sistema integrato di regolazione della pressione, al di là di queste due situazioni estreme cioè
attivazione del sistema nervoso centrale e risposta dei chemocettori, in condizioni fisiologiche agiscono
i barocettori, il sistema di vasocostrizione renina angiotensina aldosterone e sicuramente quello della
variazione del volume imposta dalla funzione renale.
Qualcuno nei libri di testo potrebbe trovare che le due forme il meccanismo riflesso e
potrebbero essere identificate come regolazione a breve termine e lungo termine della pressione
arteriosa. nuti ed è
Quando parlerete del trattamento farmacologico dell vedrete che tutti i farmaci
intervengono da qualche parte in questi sistemi:
- ACE inibitori sistema renina-angiotensina-aldosterone
- Sartani sistema renina-angiotensina-aldosterone
- AT1 antagonisti
- beta bloccanti trattamento della pressione arteriosa
- calcio antagonisti agiscono sulla compliance vascolare, quindi possono creare dilatazione,
modificare le resistenze periferiche, oltre a una modificazione calcio
antagonistica
- diuretici che modificano il volume plasmatico
Autore: Lucia Salvi e Chiara Scorzoni per Medicina08
18 di 19
Fisiologia FC 11- REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE
Nella prima parte della lezione il professore introduce gli argomenti che tratterà in seguito. Tali
argomenti comprendono:
succede a livello dei vasi di resistenza, in particolare delle arteriole e più in particolare delle
meta-arteriole, cioè delle arteriole terminali le quali regolano a loro volta in base alla loro attività
loro diametro. La prerogativa di questi vasi è da un lato quella di avere una speciale reattività, dove la
reattività si traduce nella capacità delle arteriole terminali o delle stesse arteriole di modificare il
proprio raggio, ma oltre ad avere questa capacità, cioè quella di rispondere sotto forma di variazione del
per arrivare a quelli di scambio, che sono i capillari, per avere poi effetti verso i distretti a valle che sono
le venule.
La differenza di spessore tra le pareti dei diversi vasi del microcircolo proviene dalla presenza di
meta-arteriole (anche dette arteriole
terminali).
cerchio tratte
dipende dal punto di vista
capillari rendono la funzione delle meta-arteriole piuttosto particolare, nel senso che questi sfinteri
possono alternativamente contrarsi o dilatarsi. In altre parole quando genericamente si parla di sistema
cardiovascolare, e si assume che il flusso capillare sia relativamente continuo (ricordate che avevamo
sangue nella periferia attraverso il meccanismo Windkessel) ovviamente si fa in questa descrizione una
contribuiscono a generare un processo di filtrazione continua che permette di mettere il nostro tessuto
o organo nella condizione di avere un interstizio sufficientemente nutrito e quindi delle cellule
sufficientemente nutrite. Ci riferiamo cioè al concetto degli scambi capillari, i quali saranno accentuati o
ridotti per effetto di processi di regolazione del flusso dipendenti per esempio dalla vasomotilità o
vasomozione. Per capire gli scambi capillari occorre fare riferimento a una classificazione un
endoteli.
Nello schema qui affianco abbiamo una raffigurazione di endoteli che si riferiscono alla componente
capillare del microcircolo.
Nella prima immagine (capillare continuo) abbiamo una straordinaria continuità se non
sovrapposizione tra le componenti citoplasmatiche di due cellule endoteliali poste sullo stesso piano.
Questa è la tipica condizione di capillari sanguigni dove le cellule endoteliali sono dotate di giunzioni
strette o tight junctions che conferiscono ai capillari una notevole impermeabilità (passano solo alcune
iamo quindi una filtrazione trans cellulare, quindi avremo vescicole che
passano attraverso i capillari stessi e/o attraverso le giunzioni strette. Ovviamente il livello di filtrazione
è minimo. Una condizione di questo genere si ritrova nella barriera ematoencefalica, in cui abbiamo
giunzioni serrate così strette a livello di cellule endoteliali e continuità della membrana basale e che
prevede la presenza di cellule gliali che si appoggiano ad essa.
Sotto abbiamo invece la tipica condizione di cellule endoteliali fenestrate, che possono accentuare la
loro apertura o chiusura in funzione di processi di retrazione citoplasmatica delle cellule endoteliali
stesse. Questo è quello che troviamo in maniera più accentuata nel glomerulo renale con la barriera di
filtrazione ma anche nel muscolo o nella milza. Stiamo parlando di pori il cui diametro è compatibile con
ro che
trascurabile.
proteoglicano (che è fatto per lo più di acido ialuronico e di componenti proteiche) che costituiscono il
gel interstiziale, cioè il liquido interstiziale.
Vescicole che contengono liquido libero possono passare per via transcellulare attraverso le cellule
Infine gli spazi bianchi sono rivoli di liquido libero, quindi noi abbiamo un circolazione interstiziale
vivace e un flusso di liquido interstiziale al minuto che potremmo quantificare.
d
descrivendo può andare incontro a processi di disequilibrio. Questo si verifica ad esempio nella
Come si forma il liquido interstiziale? Qui abbiamo una rappresentazione visiva che identifica ciò che
succede nel lume arteriolare e venulare del capillare. Abbiamo delle frecce che nella prima porzione del
capillare fanno riferimento alla funzione di filtrazione del capillare, mentre a livello del lato venulare
abbiamo un intenso processo di riassorbimento
e riassorbimento parlando già solo di capillari. Vedremo che nella filtrazione si eccede rispetto al
riassorbimento ed eccediamo in un quantità che è misurabile sotto forma di pressione netta di
filtrazione tra lato arteriolare e venulare del comparto capillare, cioè di 0.3 mmHg, cioè di quel poco che
che determinano il processo di filtrazione e riassorbimento: vediamo una Pc che indica la pressione
capillare che è una pressione idrostatica e vediamo anche di quanti mmHg stiamo parlando.
proteine che si aggira intorno a 28. Questo è molto importante perché a fronte di processi di filtrazione
attraverso i capillari sanguigni dovremmo considerare proprio questa forza colloidosmotica che è una
pressione che si oppone al processo di filtrazione, cioè tende a trattenere acqua proprio in funzione del
potere osmotico delle proteine, il quale sarà stemperato dal fatto che diverse proteine riescono a
passare attraverso i pori di filtrazione ma allo stesso tempo la fuoriuscita di plasma per effetto della
filtrazione tende a concentrare quelle restanti.
fattore favorente la filtrazione, ovvero la pressione idrostatica del capillare subisce un abbattimento.
Ciò deriva dal fatto che nel lato arteriolare siamo vicino ai vasi di resistenza mentre nel lato venulare
abbiamo vasi a bassissima resistenza. In particolare la pressione sul lato arteriolare si aggira intorno ai
30 mmHg mentre sul lato venulare scende a 10 mmHg. Nelle tabelle sotto abbiamo forze o pressioni
pro-filtrazione e forze pro-riassorbimento che risultano in una sommatoria algebrica delle
forze/pressioni. Prestiamo attenzione alla pressione colloidosmotica a livello del lato arteriolare (28) e
a livello del sistema venulare (sempre 28) quindi pur avendo un decremento sia delle proteine ma
Quindi le forze/pressioni pro-filtrazione sia nel lato arteriolare che in quello venulare non sono solo
riferite alla pressione del sangue nel capillare ma anche alle condizioni sia idrostatica che
c
Abbiamo pressioni che con la sommatoria producono un effetto di somma netta favorevole alla
filtrazione nel lato arteriolare, mentre abbiamo una sommatoria di pressioni favorevole al
riassorbimento nel lato venulare (7 mmHg).
I due lati arteriolare e venulare sono rappresentativi del decorso di sangue tra il capillare verso la meta-
arteriola o del capillare verso la venula. Possiamo però semplificare questo quadro sotto forma di una
esaminare il capillare nella sua interezza senza creare una discontinuità tra lato arteriolare e venulare.
llare) e facciamo
una sommatoria, abbiamo . Torniamo quindi a quello
abbiamo un eccesso di filtrazione rispetto al riassorbimento e questo eccesso se
a che lo determina è stimabile sotto forma di 0.3 mmHg in più per la
filtrazione rispetto al riassorbimento. Nasce da qua di avere un sistema linfatico drenante che
quindi 2 ml al minuto) corrispondente al volume di linfa che
ritorna nel circolo venoso attraverso i dotti linfatici di destra e sinistra. Quindi in realtà noi siamo un
perfetto equilibrio dove la filtrazione eccede rispetto al riassorbimento nei distretti capillari e dove
quella quota in eccedenza di filtrazione viene gestita dal sistema linfatico. Però attenzione perché è
facilissimo avere un aumento e un miglioramento del processo di riassorbimento e/o di drenaggio
linfatico rispetto per esempio alla filtrazione. Se
prendiamo una condizione di edema, quindi di
al soggetto di camminare perché questo aumenta il ritorno venoso e riduce la stasi quindi la pressione
a livello del lato venulare del capillare, quindi significa che oltre a filtrare riassorbe più favorevolmente
e in più la pompa venosa e quella linfatica attivandosi riducono il livello di deposizione di acqua a livello
soluzione di quadri relativamente semplici poggiano su questi aspetti funzionali di microcircolo che può
alterarsi e modificarsi fisiologicamente e/o patologicamente. Ovviamente parlare di capillari non
plasmatica) ma significa anche parlare di processi di diffusione che sono diversi da quelli di filtrazione.
La diffusione più emblematica è quella già vista in maniera più specifica nei capillari polmonari: qui la
vediamo invece in capillari sistemici dove abbiamo una respirazione cellulare o meglio il passaggio
e quindi cellulare (potrei dirvi che qui il
gradiente procede da 90 fino a circa 23/25 mmHg che è la pressione parziale di ossigeno media delle
venulare. Questo è quello che succede sottoforma di diffusione di specie gassose che passano attraverso
le membrane e quindi il citoplasma delle cellule endoteliali. La diffusione è regolata dalla legge che
governa la diffusione di specie gassose e/o di sostanze (ma in questo caso specifico ci riferiamo solo a
sostanze gassose) attraverso delle membrane biologiche, cioè la legge di Fick: quindi la diffusione è
inversamente
proporzionale allo spessore della membrana che il gas deve superare per raggiungere i bersagli, cioè le
cellule.
La cosa interessante è che questi processi di filtrazione e diffusione sono regolati dai tessuti stessi (e qui
latorio che abbiamo introdotto se le
cellule lavorano di più (quindi metabolizzano di più) è chiaro che producono tutta una serie di elementi
chiave che . In questo modo il microcircolo diventa non più
un bersaglio della circolazione ma è la circolazione che diventa un bersaglio del microcircolo poiché dal
gli arriva.
DRENAGGIO LINFATICO Prima di passare agli aspetti regolatori del microcircolo vediamo un aspetto
funzionale molto importante che riguarda il drenaggio linfatico. Prima abbiamo quantificato che il
drenaggio linfatico avviene in condizioni di riposo o basali sottoforma di circa 2/2.5 litri al giorno.
capillari linfatici, cioè di
quanto le cellule endoteliali presenti a verniciare il lume dei vasi linfatici siano in realtà disconnesse le
une rispetto alle altre ma anche dotate di estroflessioni che formano delle vere e proprie micro-valvole
che promuovono il drenaggio solo in un verso e che si chiudono nel caso in cui la linfa tenda a ritornare
enti di ancoraggio delle cellule endoteliali.
Finora abbiamo visto come il microcircolo filtra come la filtrazione eccede rispetto al riassorbimento
come questa quota eccessiva sia compensata dal drenaggio linfatico e come il comparto interstiziale sia
bile, circa 40 % di quelle plasmatiche oltre
ovviamente alla presenza di sostanze nutritive e oltre alla presenza di canoniche concentrazioni di
ossigeno e anidride carbonica che fanno riferimento agli scambi e alla diffusione di queste specie
gassose a livello capillare.
REGOLAZIONE DEL MICROCIRCOLO Adesso vediamo come i diversi distretti possono regolare gli
aspetti del microcircolo come cioè possono intensificare evidentemente non solo la quantità di sangue
ma anche gli scambi a livello dei distretti interstiziali.
A proposito di quanto impattanti sono i diversi organi o i diversi distretti nella distribuzione della gittata
cardiaca (5 litri al minuto), nella tabella 17.1 abbiamo la percentuale di distribuzione della gittata
cardiaca tra i diversi organi, è la cosiddetta distribuzione della gittata cardiaca o frazione della
gittata cardiaca che provvede a irrorare per esempio reni, cervello, cuore e così via in condizioni basali.
Il cervello viene perfuso da circa 700 ml/min per un totale del 14 % della frazione della gittata cardiaca,
il cuore 4 % (sembra bassa ma in realtà è modificabile in base a quanto il cuore lavora e lo vedremo
dopo parlando di circolo coronarico) e così via. Queste sono percentuali piuttosto importanti, però
percentuali a riposo. In condizioni adattative fisiologiche queste percentuali variano; per esempio
attività fisica, i nostri muscoli, che a riposo ricevono il 15 % del nostro sangue (cioè una
quantità piuttosto esigua, pari al cervello, ma i muscoli sono molto più rappresentati quantitativamente
del nostro cervello), iniziano a ricevere una frazione della gittata cardiaca che addirittura può essere 5,
6, 10 volte superiore, cioè significa che può subire un adattamento straordinario.
Il problema è che abbiamo un certo volume di sangue e un limite di azione di pompa del nostro cuore
per cui è chiaro che per poter accedere a queste variazioni così intense di regolazione della frazione di
sangue che perfonde i nostri muscoli, occorre che ci siano redistribuzioni della perfusione, quindi ci
saranno distretti che vengono avvantaggiati rispetto a distretti che vengono svantaggiati. Infatti durante
gue che va a livello portale, che
quindi fa riferimento al sistema gastrointestinale, viene penalizzata e la perfusione a livello cutaneo
potrebbe essere impegnata per effetto della termoregolazione.
Chi decide la redistribuzione? Il sistema nervoso centrale, il cuore? Ovviamente no. Lo decidono i tessuti,
nel senso che il flusso loca
e questo impone una regolazione che non solo ha effetti sul sistema che è più attivo ma ha effetti anche
sugli altri sistemi e quindi in realtà sono i flussi locali che determinano la distribuzione della gittata
cardiaca, la distribuzione del flusso ematico al minuto.
Un altro elemento che non va trascurato è la percentuale di sangue al minuto per 100 grammi di tessuto
e qui avete indici molto importanti di qualità e quantità
grammi di tessuto. Vedete che il cervello, il cuore, ovviamente i reni, ma soprattutto alcune ghiandole
come la tiroide e le surrenali hanno dei livelli di irrorazione per cento grammi che sono elevatissimi:
guardate quanto è elevato il livello di irrorazione per 100 grammi di tessuto a livello del surrene, 300,
quindi è quasi pari a quello che abbiamo a livello renale. Come mai? In realtà questo è importante non
solo perché i surreni producono ormoni regolatori che riguardano la funzione renale, ma per esempio
quando si faceva riferimento alla serie di processi e fenomeni che riguardavano la regolazione della
pressione arteriosa e il contributo della secrezione di adrenalina da parte della midollare surrenalica, è
chiaro che la rapidità di intervento di quantità adeguate di adrenalina dipende dal fatto che il livello di
irrorazione per 100 grammi di tessuto è notevolissimo a livello dei surreni, e quindi basta una piccola
variazione o una piccola necessit
surrene è rapido quasi tanto quanto è rapido il sistema nervoso
di adrenalina a livello del circolo sanguigno.
Cosa si intende per controllo del flusso ematico, in funzione di quello che succede ai distretti tissutali
dei diversi organi?
Se noi abbiamo che il livello normale di irrorazione di qualsiasi distretto (sia quello cardiaco, muscolare,
cerebrale) parte da un livello di 1 (che può significare 300 ml di O2/100 g di tessuto, 1 può essere
diverso a seconda del grado di capillarizzazione del tessuto considerato), vediamo quanto questo livello
considerato normale, se 1 è il metabolismo basale del distretto, tenda ad elevarsi quando aumenta i
metabolismo del distretto (aumento del flusso ematico). Basta che il distretto triplichi, quadruplichi e
vediamo come in via esponenziale il flusso ematico aumenta: ovviamente deve esserci qualche ragione
metabolica per cui del metabolismo determina del flusso ematico, deve
esserci quindi qualcosa che agisce su quelle unità metarteriolari, unità che provvedono
dei capillari, e che le mettono nella condizione di dilatarsi e contrarsi molto più frequentemente, molto
più ritmicamente, e quindi di contribuire ad incrementare il flusso sanguigno.
Chi determina un aumento del flusso sanguigno, in virtù della sua variazione? La pressione parziale di
ossigeno a livello cioè del liquido interstiziale. Un tessuto, che aumenta la sua attività
metabolica, non fa altro che aumentare il consumo di ossigeno. Ciò significa ridurre la pressione parziale
di ossigeno che risente della pressione parziale presente nel lume capillare,
e si vede come la riduzione della pressione parziale in quel determinato tessuto incrementi il flusso
sanguigno.
Come fa la riduzione della pressione parziale di
ossigeno, che è indicatore di quanto le cellule siano
metabolicamente attive nella respirazione
mitocondriale, ad aumentare la perfusione?
Il tasso di ossigeno incide sul grado di vasomotilità,
ossia sul grado di costrizione o contrazione ritmica dei
nostri sfinteri precapillari delle metarteriole. Il
muscolo liscio, per esprimere contrazione, ha bisogno
di ATP, ha bisogno di un tasso di ossigeno che sia
sufficiente a mantenere la contrazione: la riduzione
si traduce in un livello di contrazione
meno ritmica, meno efficiente, la metarteriola
permane in vasodilatazione e i capillari, che
dipendono da quella metarteriola, sono
costantemente perfusi. Tutto questo si traduce in un
aumento della perfusione del nostro distretto
tissutale, quindi il distretto più consuma, più favorisce
di sangue.
Come fa del metabolismo a stimolare
vasodilatazione?
Una molecola chiave coinvolta nel meccanismo locale
di regolazione del flusso ematico dipendente dal
metabolismo è l . Le cellule che aumentano
il loro metabolismo liberano crescenti quantità di
adenosina, perché utilizzano più ATP e non solo al primo grado di utilizzo (prima dissociazione del
gruppo fosforico ad alta energia), ma al secondo grado di utilizzo, e poi al terzo: quindi si eleva la
produzione di adenosina libera, che è un potentissimo vasodilatatore. La condizione locale di
Regolazione umorale
Sul muscolo liscio possono intervenire anche regolazione relativamente esterne al tessuto, o
parzialmente esterne: ciò significa che possiamo avere agenti presenti a livello circolatorio, che possono
accentuare o diminuire quei fenomeni di flusso dipendenti dal metabolismo, dai tassi di ossigeno o dalla
vasomotilità secondaria (riflesso miogeno o metabolico). Questi attori rientrano in quella che viene
definita regolazione umorale della circolazione.
Questi attori sono:
-la noradrenalina, che bersaglia i recettori favorendo dei canali del calcio;
- II che agisce su AT1, favorendo dei canali del calcio;
- (ET) che attiva, mediante vie intracellulari di fosforilazione, la contrazione del muscolo
liscio;
-adenosina (Ado) tramite recettori A2, che determina una condizione di rilasciamento mediante
riduzione della chinasi, bersaglio sulle proteine contrattili;
-ossido nitrico (NO) che aumenta i livelli di cGMP, contribuendo ad e biorilassante, di
rilasciamento delle arteriole.
nitrico è sia un fattore umorale, ma anche locale, perché ogni volta che è esposto ad
una frizione da taglio per un incremento della pressione di perfusione, rilascia elevati livelli di ossido
nitrico, mediante nitrico sintetasi, agendo su distretti locali ma anche a distanza (distanze
piuttosto limitate in quanto è un gas facilmente metabolizzabile).
Da notare che l di vasodilatazione indotto dalla liberazione di Ach dal Vago è mediato proprio
dalla liberazione di NO in seguito dei recettori M3.
Tutta questa regolazione del microcircolo può essere considerata come subitanea, immediata, che può
verificarsi durante processi adattativi che durano minuti o diverse decine di minuti, che quindi possono
contribuire localmente ad incrementare o decrementare la circolazione.
Cosa succede invece se abbiamo effetti a lungo termine, cioè se noi esponiamo un tessuto a ripetute
modificazioni del flusso?
Questi meccanismi sopra illustrati persistono per più tempo, con maggior ritmicità, si aggiungono fattori
che promuovono la crescita (es. VEGF=fattore di crescita vascolare): nel
lungo termine la sollecitazione dei tessuti crea un fenomeno di neo-ontogenesi, cioè tutti questi fattori,
semplicemente più presenti temporaneamente, producono effetti adattativi a lungo termine dei flussi
locali dei nostri distretti. quello che succede quando abbiamo adattamenti fisiologici del microcircolo
muscolare, cardiaco, cerebrale, o adattamenti fisiopatologici, quando si verificano fenomeni di
progressione di circoli collaterali.
Circolazione coronarica
Tutte le circolazioni sono esposte fattori regolatori locali, che determinano una distribuzione della
gittata cardiaca, quindi il flusso % che arriva ai diversi organi.
Il nostro cuore è notevolmente irrorato. dipende da un paio di arterie, arteria coronaria
sinistra e destra, con lo sviluppo di rami circonflessi.
La percentuale di distribuzione del sangue a livello dei soggetti normali è piuttosto variegata, non
abbiamo una regola fissa di prevalenza di destra o di sinistra, più spesso condividono i
territori di vascolarizzazione. Ovviamente il cuore ha un tasso di rapporto tra perfusione e grammo o
grammi di tessuto che è particolarmente elevato, cioè un tasso di irrorazione tra i più alti dei distretti.
I cardiociti sono cellule muscolari aerobiche, quindi hanno sempre bisogno di ossigeno e sostanze
nutritive. Anche in condizioni basali, il grado di estrazione di ossigeno da parte del miocardio è
Nel grafico abbiamo il livello di flusso coronarico misurato durante le fasi del ciclo cardiaco. Presenta
un livello di flusso (andamento) che si contrappone al grado contrazione, o che è favorito dal grado di
rilasciamento del muscolo cardiaco.
Vediamo che il flusso coronarico medio ml/min tende a ridursi nella fase di contrazione isometrica (o
isovolumetrica), dove il livello di tensione o di pressione endocavitaria è così elevato da schiacciare i
vasi coronarci. Quindi durante la fase isometrica, la macrocircolazione coronarica è decisamente
svantaggiata: tuttavia, queste fasi fisiologicamente durano solo
qualche secondo. Se noi incrementiamo la pressione diastolica
che vige in aorta, il nostro cuore risponde secondo la legge di
Frank-Starling, ma la fase isometrica aumenta, mettendo il cuore
nella condizione di avere una relativa riduzione di ossigeno.
Ciò che compensa a livello microcircolatorio è la diffusione di
adenosina, che mantiene dilatati i vasi e consente gli scambi tra
cardiomiociti e interstizio.
Quando facciamo esercizio fisico, lieve o moderato, in realtà è
vero che il nostro cuore è messo nelle condizioni di lavorare più
velocemente e con maggior forza di contrazione, visto
del ritorno venoso e gli effetti inotropi e cronotropi
positivi ortosimpatica, ma abbiamo anche una
riduzione, per effetto del flusso locale, delle
resistenze periferiche totali, perché esse dipendono dalle
resistenze dei singoli organi ristretti: ma se i muscoli sono il
tessuto più rappresentato ogni volta che li
mettiamo in moto per effetto delle regolazioni locali, dove il
flusso aumenta, è chiaro che le resistenze diminuiscono, quindi la
fase isometrica si riduce.
Ecco perché è consigliato camminare, anche per i cardiopatici, perché determina una riduzione della
fase in cui il flusso coronarico si riduce. Durante la fase di sistole isotonica si ha un incremento di flusso
coronarico: alle due arterie coronariche è favorito dalla pressione laterale del sangue (stenosi
aortica è sfavorevole del cuore perché la velocità di afflusso aumenta, la pressione
aumenta, la pressione laterale si riduce). Durante la fase di rilasciamento isovolumetrico abbiamo un
picco di afflusso coronarico: la pressione intraventricolare cade da un valore di 90-100 mmHg a circa 5
mmHg, abbiamo quindi un crollo della tensione di parete e il flusso coronarico aumenta, e continua ad
essere alto durante la fase di diastole (durando di più della fase sistolica aumenta il grado di perfusione
del nostro cuore). Un cardiopatico non riesce ad elevare la sua frequenza oltre un certo livello perché,
se si eleva la frequenza, il tempo di diastole si riduce e quindi in fase diastolica si riduce,
oltre ad aumentare la riduzione del flusso nella fase di sistole isometrica.
Nel nostro cuore, vista la ritmicità di flusso sanguigno dipendente dalle fasi meccaniche del ciclo
cardiaco, possiamo vedere quanto il flusso coronarico medio FCM aumenti quando incrementiamo la
frequenza di scarica, in questo caso indicata con della frequenza del tracciato pressorio
(aumento della frequenza di contrazione meccanica del ventricolo sinistro): più aumentiamo la
frequenza, più aumenta il flusso coronarico medio.
A livello del microcircolo, succede generalmente quello che avviene secondo i principi generali di
adattamento del microcircolo, cioè in particolare attività meccanica del cuore corrisponde ad
un incremento della quantità di adenosina, di CO2, di K+ extracellulare e una riduzione del pH. Il
metabolismo determina quindi un incremento del flusso.
nitrico sintetasi cade notevolmente il flusso coronarico, e questo calo dipende, più che dalla
noradrenalina, dalla mancanza di NO, in quanto la riduzione del flusso è maggiore rispetto a quella
osservata prima del blocco. Quindi, sul circolo coronarico è doppia: da un lato
facilita vasodilatando, vasocostringe mediante la via noradrenergica. Nel secondo
esperimento, inibiamo della noradrenalina e vediamo che il flusso coronarico aumenta, perché
permane nitrico. La riduzione del flusso coronarico mediata è
dipendente dalla noradrenalina, ma mitigata nitrico.
Se non avessimo nitrico, avremmo una riduzione nel periodo postprandiale particolarmente
accentuata, mettendo il cuore in difficoltà. Durante il periodo postprandiale abbiamo un incremento
della frequenza cardiaca e della forza di contrazione, perché uno dei flussi locali che si adatta è il flusso
del circolo mesenterico, e abbiamo
quindi una ridistribuzione della gittata
cardiaca.
Qui abbiamo la riserva coronarica,
che rappresenta quanto può
modificarsi il flusso sanguigno in
situazioni adattative.
Vi sono due curve che corrispondono a
ciò che succede nel cuore quando
aumentiamo la pressione di perfusione
cardiaca, che dipende dalla stessa
pressione che il cuore genera a seguito
della sua attività meccanica.
Abbiamo una dimostrazione del
meccanismo miogeno, cioè
(riflesso di Bayliss):
in un range pressorio che va da 50-100
mmHg, il livello di flusso coronarico è
relativamente costante.
La curva verde, lineare indica quanto
possiamo regolare ulteriormente il
livello di perfusione cardiaca oltre
ovvero quanto i
fattori metabolici sono in grado di
incrementare il flusso locale
sovrastando i fenomeni pressori che
sono responsabili
Quando sovrastiamo
entriamo della riserva
cardiaca, di quello che riusciamo a fare
di più come flusso sanguigno rispetto ai
fenomeni che
sono dipendenti dalla pressione di
perfusione. La curva verde indica una situazione di massima dilatazione dei vasi dove non agisce il
riflesso di Bayliss. La riserva coronarica è data dalla differenza tra la curva verde e le curve di
autoregolazione (che rappresentano due livelli adattativi diversi, dove la curva blu indica una
condizione di flusso aumentato come si può verificare durante di inotropismo). Osserviamo
che la riserva coronarica è maggiore nel caso in cui il flusso è regolato ad un livello più basso (maggiore
differenza). Questo perché in condizioni normali la curva che esprime la relazione tra flusso e pressione
in condizione di vasodilatazione massimale (curva verde) non è influenzata dal flusso ematico di riposo.