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e il training autogeno
Roberto Baruzzo
CISSPAT – Padova e Didatta ECAAT
Università IUSVE – Venezia Mestre
L’ansia onnicomprensiva
Nella esperienza delle persone i sintomi fisici, cognitivi, emotivi possono esprimere tipi d’ansia diversi:
Ansia esistenziale: che senso ha la mia vita? Cosa farò della mia vita?
Ansia psichiatrica: persecutoria, fobica, di separazione, di fusione, di castrazione, sociale, da
prestazione, ecc.
Ansia quotidiana: come affrontare la giornata, come affrontare gli altri, una situazione difficile;
Ansia legata ad una prestazione specifica: una gara sportiva, un impegno lavorativo particolare, una
malattia, un esame, il parto.
Secondo Albert Ellis (1989 e 1993), ideatore dell’approccio psicoterapeutico noto come “terapia
razionale-emotiva”- RET, i problemi d’ansia si possono suddividere in due ampie categorie:
Ansia egoica (ego-anxiety): è uno stato di forte apprensione per l’integrità della propria persona,
giudicando le proprie prestazioni inadeguate, pensando ad un giudizio negativo da parte degli altri e
considerando insopportabile che ciò avvenga;
Ansia da disagio (discomfort anxiety): è uno stato di eccessiva preoccupazione per il proprio benessere
in senso psicofisico, pensando che il proprio benessere sia minacciato e che sia catastrofico affrontare
qualsiasi sacrificio o disagio. E’ strettamente collegata alla bassa tolleranza alla frustrazione.
Il significato dell’ansia
Oltre a rappresentare una reazione universale, primitiva, aspecifica (uguali sintomi per cause diverse),
in alcuni contesti arriva ad assumere modalità autoinibitorie.
Riferendosi a queste ultime situazioni, Freud (1925) la definì un “segnale di pericolo dato dall’Io”, che a
sua volta reagisce producendo i “sintomi, creati per sottrarre l’Io dalla situazione di pericolo”.
I sintomi hanno valore difensivo per evitare la condizione di angoscia, vissuta in situazioni e contesti
diversi e spesso associata alla “madre di tutti i traumi” (O. Rank), cioè la nascita.
“Il ruolo originario degli affetti inibitori per l’evoluzione era quello di autoregolazione e autocontrollo,
ma nella patologia tali sentimenti e le relative rappresentazioni mentali si sono intensificati al di là della
funzione adattiva di controllo e finiscono per esercitare un certo grado di inibizione, sabotaggio, o, in
casi estremi, attacco punitivo al Sé.
Ciò è talvolta determinato dall’inadeguatezza delle cure infantili e talvolta da cause ignote.
Qualunque sia la causa, quando tali emozioni che inibiscono o attaccano il Sé sono innaturalmente
esagerate, esse costituiscono una fonte primaria di comportamenti difensivi e quindi una delle cause
principali di psicopatologia delle relazioni.”
(McCullough Vaillant, 1997)
L’esperienza dell’ansia
Davanloo (1990) individua tre canali principali di scarica dell’ansia:
a livello somatico conscio: muscolatura striata
a livello somatico inconscio: muscolatura liscia
a livello cognitivo: processi ideativi
A livello di muscolatura striata, volontaria, che presiede alle funzioni motorie (tensione fisica). L’ansia
in questo caso è vicina alla coscienza e la persona ha le idee abbastanza chiare sull’oggetto dell’ansia.
A livello di muscolatura liscia, che interessa la maggior parte degli organi e dei visceri, influenzata
anche dal sistema endocrino. L’ansia in questo caso produce somatizzazioni involontarie, senza che ci
sia consapevolezza del legame tra disturbo fisico (cefalea tensiva, alterazioni del ritmo cardiaco,
diarrea, colon irritabile, ecc.) e stato di ansia e nervosismo.
A livello di alterazione dei processi ideativi: perdere il filo, difficoltà di concentrazione, incapacità di
esprimere il pensiero, disorganizzazione del pensiero fino a forme ossessive o deliranti. L’ansia in
questo caso manifesta una fragilità dell’Io che non è in grado di controllare le problematiche inconsce.
La regolazione neurobiologica dell’ansia
Gli studi e le ricerche degli ultimi anni hanno dimostrato che la regolazione delle emozioni, inclusa
l’ansia, è concepita come una intricata interazione di fattori centrali e periferici.
La regolazione neurobiologica dell’ansia potrebbe essere rappresentata sinteticamente dai seguenti
passi esemplificativi (J. Have de Labije, 2008).
Le informazioni provenienti dal mondo esterno vengono registrate attraverso i nostri otto sensi (D.
Siegel, 2009):
i primi cinque (vista, udito, olfatto, tatto e gusto) ci mantengono in contatto con l’ambiente circostante
il sesto, la propriocezione, ci informa sullo stato interno del nostro corpo,
il settimo, la vista della mente, ci permette di dirigere l’attenzione sui pensieri,
l’ottavo senso, la risonanza emotiva, ci permette di relazionarci con gli altri (vicinanza emotiva e
sentimento di sicurezza) e di sentirci parte di un tutto più grande.
Quando percepiamo una minaccia, l’informazione viene elaborata attraverso le vie sensoriali, il midollo
spinale, il tronco cerebrale, fino al talamo (stazione di collegamento sensoriale). Dal talamo
l’informazione sensoriale è trasmessa all’amigdala e alla corteccia.
Il talamo invia in circa 12 millisecondi l’informazione sensoriale primitiva all’amigdala. Questo diretto e
veloce input talamico consente risposte emozionali primitive a breve latenza e prepara l’amigdala per
la ricezione di informazioni più sofisticate provenienti dalla corteccia.
Il talamo invia segnali sensoriali più sofisticati alla corteccia (in 30-40 millisecondi) affinché analizzi ed
elabori accuratamente ciò che sta accadendo.
Le queste regioni corticali e l’amigdala (in cooperazione con l’ippocampo, coinvolto nella regolazione
della memoria) elaborano le informazioni.
Se traducono queste informazioni come indicatori di pericolo, l’amigdala invia segnali all’ippocampo,
sia direttamente sia indirettamente attraverso il locus coeruleus, situato nel tronco cerebrale.
L’amigdala invia altresì segnali alle aree corticali associative (percorso importante per la percezione
cosciente dell’emozione-ansia).
Il locus coeruleus funziona come una sorta di snodo neuronale. Questo gruppo di neuroni
coordina la via breve del sistema dello stress,
collega le regioni cerebrali (ipotalamo) che secernono il CRH (corticotropina, ormone dello stress) con il
sistema nervoso autonomo.
La via breve: l’amigdala invia segnali all’ipotalamo e alle regioni del troncoencefalo che regolano le
risposte del sistema nervoso autonomo alla minaccia.
La via lunga: il locus coeruleus invia segnali all’ipotalamo, che innesca il percorso lungo dello stress
(asse ipotalamo-ipofisi-surrene). La corticotropina (CRH) stimola l’ipofisi che rilascia l’ACTH
(adrenocorticotropina) nel sangue. L’ACTH stimola le ghiandole surrenali a produrre ormoni
glucorticoidi (cortisolo e corticosterone), che mettono il corpo in stato di allerta e incrementano il
glucosio ematico, fornendo energia a muscoli e nervi. In caso di stress acuto inoltre l’ipotalamo secerne
vasopressina per attivare ulteriormente le ghiandole surrenali.
Quando la percezione di una minaccia si conclude, il sistema coinvolto nella regolazione dell’ansia deve
essere disattivato rapidamente, in modo che gli organi interessati possano ripristinare le loro funzioni.
In situazioni croniche di stress tuttavia, questo sistema di regolazione dell’ansia, essendo ripetutamente
stimolato, lascerà molti tessuti vulnerabili al danneggiamento.
Quando l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene è troppo attivo e i livelli di corticotropina nel cervello sono
contemporaneamente troppo alti, le trasmissioni al nervo vago si bloccano.
Il nervo vago è la maggiore via di transito del sistema nervoso autonomo; controlla le contrazioni dello
stomaco e del tratto digerente ed invia impulsi nervosi al cuore e alla muscolatura motoria. Alcuni studi
suggeriscono che la sindrome del colon irritabile sia causata da un eccessivo rilascio di corticotropina
(CRH) (H. Englert, 2004).
Vie di scarica attraverso la muscolatura striata
Pollici stretti, mani serrate a pugno
Braccia, spalle, tensioni cervicali
Muscoli intercostali: sospiri
Addome, gambe e piedi
Fibromialgia, iperventilazione, svenimento
Distorsioni cognitivo-percettive
Dissociazione, vuoto mentale, perdere il filo dei propri pensieri, difficoltà mnemoniche
Visione offuscata, visione a tunnel, cecità
Malfunzionamento/perdita degli altri sensi (disturbi delle percezione)
Allucinazioni
Problematiche di tipo neurologico, vertigini, svenimenti, conversione
Quando l’ansia colpisce questo sistema non c’e’ tensione nei muscoli, il paziente sembra calmo e
“indifferente” anche se in realtà è confuso ecc.
Meccanismi di difesa
(J. Have de Labije, 2008)
I meccanismi di difesa sono comunemente concepiti come modo di gestire l’ansia da minacce sia
esterne che interne.
Regolare l’ansia
La quota di emozioni inibitorie di pertinenza della psicoterapia è dunque quella “innaturalmente
esagerata”.
L’ansia, insieme al dolore emotivo, al senso di colpa e alla vergogna o ad altre emozioni utilizzate in
funzione inibitoria segnala insomma la presenza di sentimenti, impulsi, desideri, che vengono sentiti
come pericolosi e che per tale motivo sono diventati in tutto o in parte inconsci. Le difese hanno il
compito di tenere lontani dalla coscienza i sentimenti conflittuali (Osimo, 2001).
Le psicoterapie dinamiche a breve termine (Es.: la Psicoterapia Autogena, la STAPP, la ISTDP, la PBD-E)
hanno elaborato tecniche per rispondere all’esigenza di regolare l’ansia e di conseguenza favorire una
“esperienza emotiva correttiva” (Alexander) dei conflitti sottostanti.
Ma nel qui e ora della seduta è essenziale che il livello dell’ansia sia “sopportabile e non schiacciante”
(McCullough Vaillant, 1997).
L’essenza del concetto di regolazione dell’ansia risiede nel non limitarsi a far emergere dall’inconscio
materiale ansiogeno, ma aiutare anche il paziente ad affrontare l’ansia che gliene deriva (Osimo, 2001),
mediante la consapevolezza che favorisce un senso alla propria ansia.
La regolazione dell’ansia diviene dunque una attività fondamentale del processo terapeutico (Malan e
Osimo, 1993 e Osimo 2001) con lo scopo di ridurre la quota di ansia che eccede la capacità del paziente
i tollerarla e copre le altre emozioni.
Si tratta di
monitorare costantemente il livello dell’ansia,
identificare i modi in cui avviene l’esperienza dell’ansia,
esplorare i vissuti, pensieri e rappresentazioni mentali collegati all’esperienza dell’ansia,
mantenerne il livello sopportabile,
favorire la consapevolezza del collegamento tra ansia e sentimenti conflittuali inconsci,
aumentare la capacità di fronteggiamento,
aiutare a vedere l’ansia come normale emozione umana.
Per un efficace intervento terapeutico è fondamentale procedere ad una attenta valutazione
preliminare
della “forza dell’Io” del paziente, cioè della capacità di organizzare e tollerare l’ansia suscitata dai
conflitti
della sua struttura di personalità, cioè del livello di maturità e di efficacia della difese
della incisività e velocità che è possibile e desiderabile imprimere al processo terapeutico
delle caratteristiche personali del terapeuta (carattere, esperienza, condizioni psico-fisiche, padronanza
delle tecniche…).