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Benenzon - Manuale di musicoterapia (riassunto)

Psicologia della musica (Università di Bologna)

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BENENZON – MANUALE DI MUSICOTERAPIA

Benenzon afferma che il suo obiettivo è stato quello di far parte di un'equipe terapeutica,
lavoro terapeutico e di ricerca. La musicoterapia è intervenuta nel momento in cui si è
compreso che il linguggio verbale si è trasformato in un sistema difensivo, come
un'armatura che nasconde i sentimenti, le emozioni e le verità. L'uomo utilizza i mezzi
audiovisivi e le parole per collocare una distanza fra sé e i suoi sentimenti, le sue verità, i
suoi desideri.
Lavorare nel non-verbale dunque significa rimuovere la polvere dalla nostra memoria, darci
ancora un territorio in cui collocarci.

Capitolo primo – Definizioni

La musicoterapia può essere definita di due modi: secondo l'aspetto scientifico e secondo
l'aspetto terapeutico. 1) Dal punto di vista scientifico la musicoterapia è "una disciplina
scientifica che si occupa dello studio e della ricerca del complesso suono-essere umano con
l'obiettivo di ricercare diagnosi e metodi terapeutici". 2) dal punto di vista terapeutico, la
musicoterapia è "una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica, il movimento,
per aprire canali di comunicazione, con obiettivo di attivare il processo di socializzazione e
inserimento sociale". Comunque la definizione che Benenzon preferisce dare è "la
musicoterapia è una tecnica psicoterapica, che utilizza il suono, la musica, il movimento
corporeo, con l'obiettiivo di migliorare la qualità della vit e recuperare i pazienti per la
società", precisando che comunque si tratta di una disciplina scientifica.

Concettualizzazione delle definizioni

Esempio storico: nella Bibbia, nel passo che parla di Saul e Davide, che suonava la cetra per
calmarlo e per "allontanare lo spirito maligno".
Esempio scientifico: Ferè de la Salpetriere, fisiologo francese che studiò l'influenza della
musica sulla capacità di lavoro dell'uomo, e rilevò che l'intensità era in rapporto alla
tonalità: l'effetto stimolante era più intenso nella tonalità maggiore che nella minore.
La musicoterapia si occupa della ricerca del complesso suono-essere umano: questo
complesso è formato da elementi capaci di produrre stimoli sonori; gli elementi come il
silenzio, i suoni interni del corpo, i suoni armonici, ritmici e melodici; le vie di
propagazione delle vibrazioni sonore; gli organi recettori di questi stimoli; la ricezione da
parte del sistema nervoso e la sua relazione col sistema endocrino, parasimpatico ecc; la
reazione psicobiologica e l'elaborazione della risposta; la risposta comportamentale,
motoria, sensoriale, di comunicazione attraverso il grido, le lacrime, la danza..

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Il suono può essere musicale o non


Non è solo la musica a essere utilizzata nel processo terapeutico, ma anche il suono, e il
movimento. Movimento – musica – suono sono una stessa entità.

Ricercare elementi di diagnosi...


un esempio di possibilità di diagnosi per mezzo della musica ci è offerto dalle turbe latenti
del ritmo. Esistono suoni che in alcuni pazienti, sia a causa di qualità del suono, sia
attraverso associazioni mnemoniche, possono produrre apparizione di turbe latenti del
ritmo. Questo consente una diagnosi nelle epilessie temporali, che possono essere scatenate
da stimoli uditivi e non presentano manifestazioni motorie, convulsive.
Un altro esempio di diagnosi per mezzo della musica è offerto dalle modifiche di disegni
eseguiti sotto influenza di stimoli ritmici predominanti, quali una marcia o un valzer
(esempio, l'esperimento di Wolff: il tipo di disegno cambiava in sintonia con il ritmo di
musica). Boissier ne ha ricavato un test proiettivo sonoro, partendo dall'idea che ogni
individuo ha una propria percezione uditiva, che può essere modificata da problemi della
personalità. Questo permetterebbe una diagnosi differenziale tra soggetti adattati o soggetti
che presentano una struttura nevrotica o psicotica.

La musicoterapia è una disciplina paramedica


Collabora con la medicina, ha come scopo l'inserimento del paziente nella società e la
prevenzione delle malattie fisiche e mentali. Benenzon vuole convincerci che uno studente
di medicina deve studiare pure la musicoterapia.

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Utilizza il suono, la musica e il movimento...


Sono convinto che movimento e suono sono la stessa cosa, insomma l'uno completa l'altro.
In ogni movimento è implicito un suono, e ogni suono genera ed è generato da un
movimento.

..per produrre effetti regressivi...


uno dei fenomeni più profondi, prodotti dal suono, è la capacità di provocare stati regressivi
nell'essere umano. Per quanto concerne il termine regressione, facciamo riferimento alla
spiegazione di tipo psicanalitico. Sappiamo che esistono il concetto di fissazione e quello di
regressione. In caso di turbe dello sviluppo si registrano alterazioni o movimenti regressivi
che riconducono a stati anteriori (stadio orale, anale o fetale). L'individuo che sperimenta
frustrazione, tende a rimpiangere periodi più gratificanti, e stadi interiori soddisfacenti:
quindi la regressione è un meccanismo di difersa dell'io [due tipi di regressione: a) da tappe
adulte a tappe infantili della sessualità; b) la regressione al narcisismo primario cioè a quella
tappa di sviluppo che precede la distinzione dell'io e dell'es. ]. Nel soggetto psicotico si può
creare possibilità di transfert: la musica, il suono, il movimento, sono elementi di
comunicazione tipici dello stadio primitivo di sviluppo. Chiameremo complesso non-
verbale l'insieme di elementi sonori e musicali, movimenti, che provocano effetti regressivi.

..e aprire canali di comunicazione, con l'obiettivo di attivare il processo di apertura e


reinserimento.
In questo processo di reinserimento la musicoterapia occupa il primo anello perché viene
utilizzata come tecnica di approccio. A volte è un aiuto lungo tutto il processo, come nel
caso in cui l'obiettivo è di ottenere movimenti compensatori nell'educazione motoria o nello
sblocco di strutture ossessive nelle psicoterapie profonde.
"Processo", come sinonimo di progresso, è il termine che caratterizza la musicoterapia, in
quanto una sola seduta di musicoterapia non costituisce di per sè un'azione terapeutica. La
musicoterapia richiede cicli, un percorso terapeutico.

Capitolo secondo – Basi della musicoterapia

Biologia del suono


ripasso della figura 1: a) elementi produttori di stimoli sonori; b) stimoli sonori che
impressionano il nostro sistema sensoriale; c) sistemi percettivi di stimoli sonori; d) il
sistema nervoso e l'interrelazione con altri sistemi (la musica ad esempio è connessa alle
funzioni del linguaggio: i ritardi nelle funzioni musicali sono quasi sempre connessi a
inibizioni delle funzioni psicomotorie); e) risposta agli stimoli (gli effetti sono stati registrati
persino sullo sviluppo di specie vegetali, attualmente in Canada si utilizza la musica nelle
coltivazioni intensive, e la musica è capace di distruggere il parassita del mais). Esperienze
varie dimostrano insomma l'influsso della musica sulla crescita vegetale; un'esperienza
storica è stata realizzata dal fisiologo italiano Patrici che potè individuare l'effetto della
musica sulla circolazione del sangue nel cervello. Nel 1945-55 Fraisse e Mousson misero in
evidenza le caratteristiche dell'emozione musicale sulla motricità, il sistema neuro-
vegetativo e la corteccia cerebrale; utilizzarono un E.E.G., lo strumento che registra il
riflesso psico-galvanico della pelle, un dispositivo per i ritmo cardiaco e la capacità
respiratoria. Notatono un riflesso psico-galvanico della pelle soprattutto quando si metteva
in onda un tema musicale noto al soggetto. Lo psichismo è in grado di differenziare le

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sensazioni uditive durante il sonno --> quantità di engrammi sonori che vengono
inconsciamente inscritti nel corso della nostra vita e che faranno parte della nostra identità
sonora. Come ultimo esempio limite, faremo riferimento agli esperimenti sul DNA e RNA,
elemento fondamentale delle cellule del sistema nervoso: per mezzo di determinati suoni, è
possibile provocare un'alterazione della biosintesi di proteine nelle cellule viventi,
provocando mutamenti nell'acido desossiribonucleico.
Riassunto degli effetti biologici del suono e della musica sull'essere umano (influisce su):
 energia muscolare – respirazione – pressione sanguigna e funzione endocrina –
rudice l'impatto degli stimoli sensoriali differenti – ritarda la fatica – aumento di
attività volontaria – mutamenti nei tracciati elettrici dell'organismo.

Psicologia del suono

L'essere umano, fin dai primi mesi, è a contatto con sensazioni vibratorie, ritmo cardiaco,
respiratorio, che diventano essenziali per la propria vita. Questi stimoli provenienti dalla
madre, sia esterni che interni, faranno parte non solo dei complessi non verbali ma anche
dell'engramma mnesico dell'essere in gestazione. In questo engramma mnesico c'è un
mosaico genetico nel quale si collocherebbero esperienze del passato folkloristico del
soggetto, corrispondente alla vita dei suoi antenai, alla propria razza, al proprio contesto
culturale, ecc.. (Naturalmente il feto non percepisce i suoni per mezzo del sistema uditivo,
ma ha una percezione vibratoria: questa è da intendersi come unità di percezione sensoriale,
come un tutto indifferenziato del quale il movimento sarebbe il fattore più importante). Ci
sono diversi esempi che mostrano la sensibilità del bambino, a diversi mesi di gravidanza,
che reagisce a diversi stimoli sonori, soprattutto quelli musicali. Alcuni esperti parlano di
imprinting uditivo del battito del cuore della madre. Salk afferma che musica e danza sono il
risultato dell'imprinting e l'uomo le crea e le vive nel proprio tentativo di restare vicino agli
stimoli dell'imprinting; esse rappresenterebbero tentativi umani inconsci volti
all'appropriazione di esperienze sensoriali simili a quelle recepite nella vita prenatale. [nel
capitolo dedicato alle basi della musicoterapia si discuteranno le differenze dell'ISO e
l'imprinting]. Attraverso alcuni esperimenti sarebbe confermata l'ipotesi secondo cui si
riceverebbero nella regione ombelicale le prime sensazioni ritmiche generate dal battito
dell'arteria ombelicale, durante lo stato uterino. Qui infatti è presente il plesso solare, un
importante elemento del sistema nervoso autonomo.
E' stato notato poi, attraverso alcuni esperimenti con gruppi di handicappati mentali, come è
possibile attuare un ritorno allo stadio iniziale dello sviluppo evolutivo, attraverso
l'ascoltazione di suoni come il battito cardiaco, che producevano un clima di conforto e
benessere tra i pazienti. Sono stati fatti esperimenti che confermano gli stati regressivi
indotti dal battito del cuore.
Se seguiamo il processo evolutivo dell'essere umano troviamo altre relazioni di ordine
psicologico nelle quali incontriamo il fenomeno sonoro musicale.
Nel neonato il riflesso di Moro si manifesta molto precocemente in risposta a un suono
forte: il bambino stende le braccia in avanti, tende le estremità, abbassa la testa e fa una
smorfia; dopo un secondo o due unisce lentamente le braccia in una specie di abbraccio,
emette un grido e poi si distende. Questo riflesso compare fin dalla quarta-sesta settimana
ed è sostituito dal sussulto che compare negli adulti in risposta a un rumore forte. Levarie
sostiene che via via che il bambino cresce: fisicamente, intellettualmente ed
emozionalmente, è minacciato da pericoli specifici a ogni tappa dello sviluppo psico-
sessuale. Rumori specifici evocano contesti specifici, e la sensibilità a essi può fornire un

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soluzione per quanto riguarda il punto di fissazione regressivo. Ci sono suoni improvvisi
che ingenerano panico (esempio, a un ebreo dei tempi di Hitler faceva meno paura una
pattuglia che il suono del campanello a casa). Il significato misterioso di un suono, in un
contesto di pericolo, comporta un effetto paralizzante. Non solo i suoni inattesi generano
paura, anche i suoni monotoni, ripetuti, aumentano la tensione e possono ingenerare panico.
In vari campi si è notato l'utilizzo psicologico del suono, ad esempio durante la seconda
guerra mondiale i tedeschi cercarono di seminare il panico nelle truppe alleate con
l'aggiunta di sirene alle bombe. Questi esempi confermano l'idea che l'organizzazione
mentale arcaica, tipica del bambino e dell'uomo primitivo, tende a percepire il suono come
una minaccia diretta e di riflesso la riattiva.
Se l'ambiente è gratificante, numerosi suoni sono considerati, nelle associazioni simboliche
primarie, come avvenimenti. Tali associazioni variano in base allo sviluppo della libido, ma
anche in base a situazioni specifiche della vita adulta. Alcune associazioni: i primitivi
piaceri erotici di natura cinestetica (dondolamento della culla) anticipano il piacere per la
danza e possono associarsi a modelli definitivi del ritmo; l'identificazione col solista, ma
spesso col suono isolato o predominante di un pezzo musicale, può sottendere implicazioni
col piacere di tipo fallico, esibizionistico. Il silenzio, in tappe più evolute dello sviluppo,
può essere sperimentato come minaccioso, poiché se l'io concepisce l'ambiente umano come
buono, il silenzio significa solitudine. La musica, in quanto esperienza di gruppo, consente
il sollievo da questa paura e una componente del piacere della musica è appunto il fatto di
costituirsi come esperienza di gruppo. Dunque, la musica rappresenta per l'adulto una
difesa di fronte a situazioni paranoidi e melanconiche (esempio, il fischiettare nell'oscurità,
in silenzio e solitudine). Si prova così per mezzo del suono, a dissipare l'ansia paranoide
creando l'illusione di un gruppo di sostegno. Sono tanti gli esempi che confermano questa
ipotesi in ambito storico e mitologico (es. Nel mito di Orfeo si dice che egli con la sua lira
dominava i crudeli, i quali rappresentano tutte le pulsioni aggressive, distruttive). Inoltre,
possiamo affermare che fare musica, produrre un ritmo, equivale a conquistare il "tempo"
esterno. Fontana dice che anche i pianti, i balbettii, il canto e la parola sono forme, sempre
più evolute, dell'espressione di una integrazione del mondo interno con quello esterno.

Capitolo terzo – Principi della musicoterapia

La musicoterapia si fonda sui seguenti principi:


 il principio dell'ISO
 l'oggetto intermediario.
Questi sono sono appannaggio esclusivo della musicoterapia, poiché possono essere alla
base di altre tecniche cliniche non-verbali.
Principio dell'ISO
ISO vuol dire uguale e sintetizza la nozione di esistenza di un suono o di un insieme di
suoni interni che ci caratterizzano e ci individualizzano. Si tratta di un fenomeno sonoro e di
movimento interno che riassume i nostri archetipi sonori, il nostro vissuto sonoro intra-
uterino e il nostro vissuto sonoro della nascita, del'infanzia, fino all'età attuale. Spiegato in
parole più semplici: per generare un canale di comunicazione tra terapeuta e paziente, il
tempo mentale del paziente deve coincidere col tempo sonoro musicale eseguito dal
terapeuta. L'ISO è dinamico, ma il canale di comunicazione è veramente aperto quando si
riesce a scoprire l'ISO del paziente attraverso la coincidenza di quello del terapeuta.
L'ISO gestaltico è il mosaico dinamico, descritto inizialmente, che caratterizza l'individuo; è
l'ISO che ci consente di scoprire quello che è il canale di comunicazione per eccellenza del

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soggetto. Il soggetto non percepisce un insieme di suoni elementari, ma una sensazione


globale.
L' ISO complementare è l'insieme di piccole modifiche che si attenuano ogni giorno o in
ogni seduta di musicoterapia sotto l'effeto di circostanze ambientali e dinamiche.
Rappresenta la fluttuazione momentanea dell'ISO gestaltico.
L' ISO gruppale è connesso allo schema sociale all'interno del quale l'individuo evolve.
Occore un certo lasso di tempo affinché si instauri, dipenderà spesso dalla buona
composizione del gruppo e dalla conoscenza dell'ISO individuale di ciascun paziente.
La nozione di ISO gruppale porta direttamente al concetto di identità etnica poiché l'identità
culturale etnica non può essere separata dall'identità sonora (ISO).
All' ISO di gruppo dobbiamo aggiungere l'idiosincrasia o l'insieme delle idiosincrasie dei
signoli individui componenti del gruppo, questo conferma che l'ISO dipende dalla storia
della gestazione e dalla storia infantile dell'individuo. Quello che Grebe chiama ISO
culturale, invece, esclude questi elementi ed è il prodotto della configurazione culturale
globale della quale l'individuo e il suo gruppo fanno parte.
L' ISO universale è un'identità sonora che caratterizza o identifica tutti gli esseri umani.
Fanno parte di essa le caratteristiche particolari del battito del cuore, dei suoni di
inspirazione ed espirazione, nonché la voce della madre al momento della nascita. (Detto
così potrebbe somigliare all'imprinting, tra i due la differenza sta nel fatto che l'ISO è un
fenomeno dinamico, in costante evoluzione, mentre l'imprinting è un engramma statico).
Per stabilire un contatto di comunicazione è necessario imitare l'altro o ripetere esattamente
le azioni compiute da lui. Ad esempio, per entrare in comunicazione con un bambino molto
piccolo è efficace balbettare come lui. Nei casi clinici l'imitazione di alcune espressioni
corporee, sonore e musicali del bambino autistico produce un'apertura della comunicazione.
Ho notato che si manifestavano alcuni fenomeni naturali di espressione, le cui variazioni
diventavano dei veri e propri messaggi. Questi fenomeni corporei e musicali erano il battito
cardiaco, i suoni della respirazione, i rumori intestinali, i movimenti di tensione e
distensione, i suoni gutturali, lo scricchiolio dei denti.. ho capito che quei codici corporei
dipendevano dalla loro storia e dalla loro eredità. Ho concettualizzato che il principio ISO
condensa gli archetipi sonori ereditati ontogeneticamente e filologicamente. A questi
archetipi si aggiungono, nel percorso evolutivo, i vissuti sonori, vibrazionali, e tutte le
esperienze vissute dopo il parto. Il principio ISO si trova nell'inconscio dell'uomo e andrà
potenziandosi con il trascorrere del temo evolutivo di ogni individuo. Questi depositi
dinamici hanno formato modelli originali e primari, veri prototipi che si potrebbero
paragonare agli archetipi di Jung. L' ISO universale sarebbe plasmato da archetipi sonori; è
un'identità dinamica sonora che caratterizza gli esseri umani indipendentemente dai loro
contesti sociali, culturali, storici e psicofisiologici (rumore del vento, battito cardiaco,
rumore dell'acqua, ninne nanne....).L' ISO gestaltico comincia a formarsi su questi prototipi
sonori, e si svilupperà a partire dalla gestazione (rumori intestinali, voce materna, flusso
sanguigno, suoni esterni.. tutti provenienti da 3 grandi fonti: dall'esterno, attraverso il
liquido amniotico; dall'interno della madre; dallo stesso corpo del feto. I suoni sono
percepiti come un insieme vitale percepito in forma di istinto di vita e di morte). Queste
strutture energetiche sono in perpetuo movimento dinamico, e tendono alla scarica. Il parto
e la nascita provocano cambiamenti importanti in queste strutture: nell'area mentale appare
il preconscio e il conscio (il preconscio si differenzia dall'inconscio perché non è infinito,
atemporale e prelogico). È nel preconscio che si forma l'ISO culturale. Questo è legato
anche all'ISO gestaltico, entrambi si nutriranno reciprocamente.

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L'oggetto intermediario
è uno strumento di comunicazione in grado di agire terapeuticamente sul paziente in seno
alla relazione, senza dar vita a stati di allarme intensi. Per esempio Bermudez notò che i
messaggi di alcune marionette ottenevano una risposta che il terapeuta non era in grado di
ottenere; il paziente aveva il timore di essere invaso o penetrato dalla fonte emittente
quando presentava caratteristiche umane. Basandosi sulla sua qualità di oggetto-cosa e della
sua funzione di intermediario, lo chiamò oggetto inntermediario, definendolo come un
mezzo di comunicazione che gli permette di agire terapeuticamente sul paziente con le
seguenti caratteristiche: esistenza reale e concreta, innocuità (non da reazioni d'allarme),
malleabilità, adattabilità, assimilabile a se stessi, strumentale, identificabile (riconoscibile
immediatamente). Possiamo notare che gli strumenti musicali possono essere considerati
oggetti intermediari, perché possiedono quasi tutte queste caratteristiche. La corretta scelta
di un soggetto intermediario nella relazione terapeutica dipenderà dall'abilità del
musicoterapeuta nell'identificazione dell'ISO gestaltico del paziente. Ma anche nel normale
rapporto madre-neonato ci sono oggetti che forniscono il passaggio energetico: il primo
elemento è il corpo della madre ("oggetto intermediario corporale"), il contatto, poi lei
cercherà oggetti inanimati che sostituiranno le sue parti del corpo e avranno la stessa
funzione (es. Userà un sonaglio, agiterà un fazoletto, tenterà di imitare qualche suono che il
neonato possa percepire). Nella seconda fase quindi l'oggetto intermediario si svincola dal
corpo materno e comincia a entrare in relazione con l'ISO gestaltico, universale e culturale
del lattante; l'oggetto intermediario assume le caratteristiche proprie di ciascun individuo.
Nella terza fase l'oggetto intermediario perde le sue caratteristiche individuali e assume le
caratteristiche del fenomeno culturale connesso con la crescita e l'integrazione dell'individuo
nell'ambiente sociale [è per questo che nel processo terapeutico è necessario intraprendere il
cammino inverso partendo dall'oggetto intermediario della terza fase e andare verso la
prima].

L'oggetto integratore
è lo strumento musicale che in un gruppo di musicoterapia prevale sugli altri strumenti e
assorbe in sé la dinamica del legame tra pazienti del gruppo e il terapeuta. L'oggetto
integratore è connesso innanzitutto all'ISO gruppale e secondariamente all'ISO culturale.
Precisa Grebe che l'ISO, il processo di apprendimento culturale (endocultura) e la
valorizzazione della propria cultura (etnocentrismo) sono strettamente connesse nella pratica
della musicoterapia. Il modello proposto da Grebe tenta di individuare le relazioni della
musicoterapia con l'individuo (paziente) e la sua cultura per mezzo di interrelazioni multiple
che formano una configurazione dinamica complessa.

Capitolo quarto – Elementi tecnici

Il laboratorio di musicoterapia
Deve essere convenientemente isolato dai suoni esterni, questo consente di lavorare in una
condizione di asetticità nel contesto non verbale (nel contesto non verbale ogni emissione
sonora rappresenta una perturbazione in grado di disturbare la comunicazione). Il
laboratorio deve essere areato e chiaro, di dimensioni normali, nè troppo grande nè troppo
piccolo (se il locale è troppo grande genera dispersione e perdita di nozione dello spazio,
dovuta a una diminuzione di punti di riferimento, mentre se è molto piccola impefisce gli
spostamenti o il movimento). I muri non devono avere oggetti decorativi e devo essere di un
colore riposante, pavimento in legno, ci devono essere due armadi a muro per evitare

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sporgenze che ostacolano gli spostamenti (in questi saranno riposti gli strumenti musicali, e
le apparecchiature elettroniche).

Lo strumentario
Ogni elemento in grado di produrre un suono udibile o che produca un movimento come
messaggio, come mezzo di comunicazione, farà parte degli strumenti tecnici della
musicoterapia. Si utilizzeranno anche il corpo, la voce, le mani, strumenti elettronici, o
persino gli strumenti crati dal paziente. Ogni strumento può essere utilizzato non solo in
modo classico ma in tutta la gamma delle sue possibilità. Dunque:
 strumenti musicali propriamente detti. Devono possedere queste caratteristiche:
manipolazione semplice, facilità di spostamento, potenza sonora, strutture ritmiche e
melodiche facilmente comprensibili, presenza sufficiente. I tamburi, ad es. sono
strumenti ideali, tendono ad imitare il battito cardiaco, se suonati in piedi permettono
il movimento del corpo di chi suona, il suono tende a dirigersi verso l'esterno.. più lo
strumento è primitivo, più è adatto. Dopo gli stumenti a percussione troviamo gli
strumenti melodici, xilofoni, metallofoni, marimbe, passaggio tra ritmico e melodico,
poi dalla melodia all'armonia. Il flauto dolce e la chitarra sono strumenti melodici più
complessi e infatti solitamente vengono introdotti successivamente. In ultimo
possono subentrare anche il pianoforte, l'organo, strumenti più strutturati;
 il corpo umano: è lo strumento musicale più completo. È all'origine degli strumenti
musicali poiché questi sono semplicemente un prolungamento del corpo umano; noi
abbiamo implicitamente il membrafono, l'idiofono e l'aerofono. All'inizio
l'utilizzazione deve essere fatta a distanza, per evitare il corpo a corpo. Voce e canto
sono gli elementi più regressivi e capaci di risonanza, direttamente connessi all'ISO
del musicoterapeuta;
 strumenti elettronici;
 strumenti creati dal paziente: sono buoni oggetti intermediari che possono facilmente
diventare oggetti integratori. Questi sono legati all'ISO di chi ha creato lo strumento
(musicoterapeuta o paziente), ma se il terapeuta conosce l'ISO del paziente può
costruire un buon oggetto intermediario ottimale per la comunicazione.
Lo strumento in musicoterapia può essere utilizzato in 6 modi diversi:
1. come oggetto di sperimentazione (è la prima fase, il paziente prenderà uno strumento
e cercherà di farlo suonare); 2. come oggetto di catarsi (energie che si liberano
attraverso ritmi semplici binari suonati con strumenti a percussione) 3. come oggetto
difensivo (il paziente tiene con se lo strumento, si muovono solo le parti per
suonarlo, lo strumento fa da scudo per nascondere il corpo e le espressioni, diventa
un oggetto difensivo che impedisce la manifestazione delle sue pulsioni interne); 4.
come oggetto incistato (in casi gravi lo stumento è soltanto un semplice elemento da
manipolare; a volte la sua manipolazione sembra un atto masturbatorio e lo
strumento diventa un tutt'uno col corpo); 5. come oggetto intermediario; 6. come
oggetto integratore.

Il G.O.S. (Gruppo Operativo Strumentale)


con questo insieme di strumenti il musicoterapeuta lavorerà con i pazienti, sia
individualmente, sia in gruppo. Quanto più a lungo egli manterrà nel suo percorso
professionale il Gruppo Operativo Strumentale, tanto più chiare saranno le sue percezioni e
la compresione del legame con il paziente, e più facile la scelta dell'oggetto intermediario.
Un G.O.S. sarà formato da una serie di strumenti idiofoni, membranofoni, aerofoni e

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cordofoni e da tante combinazioni quanti gli strumenti usati.


Il musicoterapeuta creerà un gruppo convenzionale, costituito da un minimo di sei idiofoni,
quattro aerofoni, sei membramofoni, due cordofoni (nella scelta verranno valutate le
dimensioni, la potenza, il volume, l'intensità e la facilità di suonarli).

Capitolo quinto – Formazione del musicoterapeuta

Personalità e caratteristiche del musicoterapeuta


egli non deve essere un musicista, pretenzioso dell'estetica musicale, ma piuttosto un
terapeuta, con una grande conoscenza teorica e pratica dell'utilizzazione del mondo sonoro e
musicale e del movimento. Non deve essere uno psicologo, tendente all'intellettualizzazione
dei meccanismmi psichici e alla interpretazione verbale. Però è fondamentale per il
musicoterapeuta individuare i nodi regressivi inconsci del paziente; per poter lavorare in
musicoterapia è necessario sottoporsi a un trattamento psicoterapeutico incentrato sulla
conoscenza e sulla presa di coscienza di aspetti inconsci profondi, e a un trattamento di
musicoterapia didattico. Questo tipo di trattamento didattico si incentrerebbe anche sulla
scoperta del proprio ISO. C'è da precisare che il musicoterapeuta non fa la psicoterapia al
paziente, ma lo aiuta a esplorare in profondità i numerosi nodi inconsci e mobilizza le
ansietà rigide. Il musicoterapeuta apre diversi canali di comunicazione per tentare il
processo educativo, per questo motivo deve integrarsi con l'equipe psicopedagogica. Deve
quindi lavorare in equipe. Senza dubbio, infatti, nel campo della musicoterapia confluiscono
e si mescolano tecniche che potrebbero appartenere ad altri settori specialistici, quindi viene
a crearsi una sorta di "campo comune". Tra le tecniche e specializzazioni troviamo lo
psicodramma, la psicodanza, l'espressione corporea , la psicomotricità, e altrei tecniche non
verbali, rilassamento, ecc..
Il musicoterapeuta deve saper aspettare, ascoltare e capire il paziente. Il paziente è tale
perché non è stato aspettato, nè ascoltato, nè capito. E ascoltare, aspettare e capire nel non
verbale è un apprendimento più complesso perchè ci riporta all'esperienza pià primitiva in
cui il vissuto di essere aspettati, ascoltati e capiti è un fatto immediato, istintivo, percettivo,
legato al fatto di essere vivi.
Le caratteristiche del contesto non-verbale che un musicoterapeuta dovrà imparare a
cooscere sono:
 la ripetizione delle forme espressive;
 le scariche di energie interne senza la modificazione dei meccanismi di difesa;
 il riconoscimento dell'ISO,
 la scelta degli oggetti intermediari,
 la possibilità di rivivere relazioni più primitive, materno-infantili..
Dunque, dopo un impegnativo training, il musicoterapeuta deve mettere a disposizione il
suo corpo per: approfondire il sistema globalizzatore di percezione, dando attenzione non
tanto a ciò che si ascolta, ma a ciò che produce a livello di sentimenti, vibrazioni,
movimenti interni; recepire l'espressione dell'altro, e accettare i tempi e le modalità di
risposta; tollerare la frustrazione connessa con la mancanza di coincidenza tra le aspettative
e le risposte ricevute.
Esiste, poi, per il musicoteraputa l'ordine etico di sottoporre a supervisione il proprio lavoro
clinico, soprattutto perché egli lavora in ambiente non-verbale. La supervisione deve avere
le seguenti caratteristiche: creare nel musicoterapeuta una tecnica; fare in modo che egli sia
consapevole del fondamento dello spazio in cui si è collocato; sviluppare la conoscenza del
transfert e del controtransfert; riconoscere la propria identità sonora e i propri oggetti

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intermediari; maturare un'etica professionale; stabilire un quadro di ricerca. Quindi la


formazione comprende quattro settori fondamentalmente: un settore medico (corsi di
anatomia, fisiologia, neurologia), un settore psicologico, un settore musicale, e un settore
applicativo. Durante il terzo anno è obbligatoria la pratica clinica. Durante gli anni di
formazione ogni gruppo dovrà realizzare un gruppo di musicoterapia didattica.

Capitolo sesto – Il paziente

Certe caratteristiche del paziente potranno facilitare l'applicazione della musicoterapia. È


preferibile che egli sia privo di conoscenze musicali poiché il paziente musicista, invece,
entrerà in competizione con il musicoterapeuta e sarà difficile rompere le difese musicali
che opporrà al tentativo di lavoro negli aspetti più regressivi.
Ci sono casi che rappresentano sindromi specifiche ad indicazione privilegiata per la
musicoterapia. Per esempio, il caso di isolamento o d'autismo, o nella schizofrenia. La
musicoterapia è in questi casi la prima tecnica di approccio. Il paziente comunque deve
conoscere il significato della tecnica musicoteraputica e deve essergli chiarito come si
intende operare ed egli deve accettare l'applicazione della musicoterapia.

Capitolo settimo – Metodologia generale

Dopo anni di lavoro ho individuato una metodologia generale, composta di due parti
essenziali: la prima di carattere diagnostico, la seconda di carattere terapeutico.
Parte diagnostica: l'obiettivo è scoprire l'ISO del paziente o del gruppo col quale si lavorerà,
l'oggetto intermediario e l'oggetto integratore che faciliteranno la terapia.
Innanzitutto si redige una scheda di musicoterapia sulla base di domande fatte al paziente
e/o ai genitori, sulla storia sonora e musicale del paziente. Durante l' esame di
inquadramento non-verbale, viene osservata la comunicazione del paziente raggiunta
tramite alcuni strumenti che gi vengono presentati. Poi si deve istituire un canale di
comunicazione di livello regressivo, o si deve aprire dei nuovi canali di comunicazione.

La scheda di musicoterapia
è la raccolta degli antecedenti del paziente, dei ricordi d'infanzia e il ricordo di suoni,
conoscere la storia sonora e musicale del paziente, del suo ambiente. Domande vengono
rivolte a lui e/o ai famigliari. Conoscenza delle origini, anche geografiche, sono importanti
per la conoscenza di esperienze sonore. Il musicoterapeuta si aprirà facilmente una strada se
fa comprendere al paziente che cnosce il suio linguaggio. È importante comprendere il
significato sociale delle canzoni e i contenuti simbolici.
Freud, inoltre, aveva rilevato l'importanza della melodia: essa viene utilizzata dal paziente
specialmente nell'intento di gestire il transfert emotivo, questo però ci fornisce la chiave del
conflitto. Freud diceva infatti che la melodia che affiora nella nostra mente è proprio quella
che, per diversi motivi, la occupa senza che il soggetto se ne renda conto. Spesso, come
rivela il caso di Hannet, la melodia d'un testo è una voce del preconscio, e deve essere vista
come un frammento di sogno, un fantasma o un atto mancato. Di frequente il paziente
proporrà tipi di comunicazione fatti di melodie e di canti; il ruolo del musicoterapeuta non
sarà id interpretare questo materiale, ma di dare il via a una comprensione, a un dialogo, a
una possibilità di manifestazione musicale del transfert. I musicoterapeuti De Weisse, Gallo

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e Ricioppo rilevarono che di fronte alla ripetizione di circostanze vissute dal paziente, come
le visite di genitori o i tentativi di fuga, ritorna sempre uno stesso canto o un altro simile.
Abbiamo visto dunque, che nella scheda bisogna registrare il passato culturale dei genitori,
dei suoni graditi o rifiutati; le info riguardanti la "gravidanza sonora", che ci aprono una
strada nella regressione del paziente; info riguardanti l'allattamento sonoro, musicale. Sono
numerosi gli esempi di pazienti che effettuano una ricerca inconscia di suoni musicali che
hanno accompagnato il periodo di allattamento.
L'esperienza sonoro-musicale si sviluppa nel non-verbale, queste esperienze permettono al
musicoterapeuta di acquisire conoscenza delle difficoltà di espressione del paziente nel non-
verbale e dei conflitti che lo possono inibire.

L'esame di inquadramento non-verbale


E' un prolungamento della scheda di musicoterapia, possiamo osservare le sue inibizioni, i
suoi blocchi, i suoi stereotipi, i suoi desideri. Lo strumentario per l'esame sarà composto da
un pianoforte, una chitarra, un tamburo, degli strumenti a percussione. È importante che il
musicoterapeuta conservi sempre gli stessi strumenti, anche lo stesso ordine di prestazione:
potrà così avere un chiaro piano di osservazione. Si avrà un magnetofono a disposizione e si
procederà con quattro estratti: un ritmo primitivo, di tipo binario – un ritmo melodico - un
frammento armonico – un brano di musica elettronica. Si osserverà il paziente: gli strumenti
che prende, come lo fa, se produce suoni, le melodie che produce, le forme di resistenza che
rivela, ecc.. poi si passa al secondo compito, si avverte il paziente che ascolterà una serie di
pezzi sonori registrati e che potrà continuare a comportarsi come ha fatto, si metterà in
funzione il magnetofono e si ascolteranno gli estratti. Occorre evitare il dialogo.

La seduta di musicoterapia
Costituisce la parte attiva e terapeutica del trattamento. Il nusicoterapeuta dispiegherà tutta
la propria capacità d'elaborazione dei pensieri non-verbali, la propria comprensione del
paziente l'esecuzione di molteplici forme d'espressione sonora musicale e di movimenti che
servano da stimolo, la scoperta dell'ISO del paziente e l'abilità nell'impiego di oggetti
intermediari e integratori. Una seduta di musicoterapia è composta da 3 fasi:
 riscaldamento o catarsi. In questa fase si ottiene una scarica di tensione simultanea al
riscaldamento: la catarsi è molto agevolata dalla presenza dello strumento, in quanto
questo consente la canalizzazione di energie fisiche e psichiche trattenute.
 Percezione e osservazione dell'esame non-verbale. Il musicoterapeuta scopre ed
elabora un'ipotesi sull'ISO complementare del paziente, elaborerà intuitivamente il
miglior progetto per aprire un canale di comunicazione. È a questo punto che entra in
gioco anche l'ISO del musicoterapeuta. Nel paziente, le energie che provengono
dall'ISO gestaltico e che erano mescolate nell'inconscio a quelle dell'ISO
complementare del preconscio, diventano coscienti e si aprono verso l'esterno. Tutto
ciò viene recepito sotto forma di messaggio dall'altro paziente. L'energia penetra e va
a toccare direttamente l'ISO complementare e l'ISO gestaltico donde sorge la risposta
verso l'esterno con una direzione variabile: o verso un altro paziente o verso il
gruppo, o come libera scarica. È proprio la ripetizione del messaggio non-verbale che
faliciterà l'apertura di canali di comunicazione.
 Dialogo sonoro: ora il canale di comunicazione è stabilito, siamo nel processo
terapeutico in cui si restituisce al paziente la rielaborazione di modelli dinamici del
suo psichismo, della sua interrelazione e si offrono sensazioni gratificanti. È il
momento in cui si giunge a far rivivere situazioni inconsce che porteranno ricchezza

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di informazioni sul paziente. Si giunge prima o poi al cosiddetto dialogo sonoro.

Espressioni non-verbali: individuo comune, artista, psicotico


L'individuo tende a scaricare in forma cosciente le energie che provengono dalla somma dei
suoi ISO (tutta l'energia corporea, sonora e musicale serve ad esprimere all'altro ciò che si
vuole, si sente, si desidera). Questa energia è volta a colpire l'ISO dell'altro e si produce così
una circolazione di alimentazione energetica. Ogni individuo può favorire questa scarica
energetica utilizzando l'oggetto intermediario.
Le scariche energetiche di un artista emergono soprattutto dall'ISO gestaltico e universale,
solo marginalmente vengono influenzate dall'ISO culturale. Queste scariche energetiche si
indirizzano direttamente verso l'ISO gestaltico e universale di molti individui, e riassumono
fenomeni archetipici primitivi immediatamente riconosciuti da molti altri individui.
L'oggetto intermediario utilizzato è il suo proprio corpo.
Al contrario, nell'individuo psicotico, le energie partono dagli ISO gestaltici e universali e
vanno direttamente all'esterno, senza passare attraverso gli ISO culturali e complementari.
Queste energie non sono indirizzate all'altro e sembrano cadere nel vuoto; in realtà le
energie si aprono a ventaglio verso diverse alternative percettive. È questo il motivo per cui
essi rimangono isolati e le loro scariche diventano ripetitive, stereotipate o deliranti.
L'oggetto intermediario non è usato per la comunicazione, esso serve solo come sostituito
dell'altro.
Ora vediamo in breve la differenza tra il setting educativo di un educatore musicale, un
informatore e un ricercatore.
 l'educatore musicale utilizza le energie provenienti dall'ISO culturale, ha la funzione
di favorire i canali di comunicazione tra lo strumento, la sua produzione e l'allievo.
Non è richiesto il riconoscimento dell'ISO gestaltico perché nel caso
dell'apprendimento dell'esecuzione musicale potrebbe essere controproducente,
tranne nel caso in cui il paziente è un compositore musicale. Nel rapporto tra allievo-
educatore sono implicati il preconscio e il conscio e gli ISO culturali e
complementari.
 L'informatore è la persona che impartisce l'insegnamento, egli trasmette in forma
verbale ciò che accade in ogni fase del processo non-verbale. Utilizza le parole e i
mezzi audiovisi; i suoi ISO e il suo corpo non sono coinvolti nell'attività.
 Il ricercatore focalizza e approfondisce alcuni aspetti del processo musicoterapeutico
e permette di scoprire nuove conoscenze per lo sviluppo.

Il setting terapeutico nel contesto non-verbale


1 - la prima differenza fondamentale tra un musicoterapeuta e un paziente sta nel desiderio.
In uno c'è il desiderio di modificare l'altro, nell'altro di essere modificato. Per quanto
riguarda il musicoterapeuta, egli dovrà affrontare un percorso di istruzione e preparazione,
inoltre dovrà sperimentare su se stesso; in questo modo egli potrà conoscere le sue identità
sonore, potrà distinguere ciò che è in lui espressione dell'ISO culturale da ciò che proviene
dall'ISO gestaltico e universale. È così che imparerà a distinguerli anche sugli altri
individui.
2- l'elemento che dà l'impronta al setting musicoterapeutico è il contesto non-verbale. Il
codice non-verbale sarà la risultante dell'intonazione, del timbro, della cadenza, la densità e
la molteplicità dei parametri che fanno parte di qualunque fenomeno sonoro.
3 – non esiste possibilità di presenza sonora senza il trascorrere del tempo, quindi non esiste
possibilità teraputica senza un processo che si svolga in un tempo determinato. In un setting

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musicoterapeutico si distinguono tre tempi caratteristici: il tempo cronologico (quello che si


misura con l'orologio); il tempo biologico (quello che risale al nosto periodo fetale e che
perdiamo nel corso della convivenza con la civiltà; è il tempo dei nostri organi, del nostro
istinto, delle nostre energie); il tempo terapeutico (si forma durante la relazione fra paziente
e musicoterapeuta).
4 – è necessario che ci sia un processo di relazione ovvero la storia che si intreccia fra il
musicoterapeuta e il paziente durante le sedute. La storia terapeutica si svilupperà attraverso
cicli ripetuti
5 – altro elemento del setting terapeutico è lo spazio. Esso modifica, condizionandoli, i
canali di comunicazione e favorisce o interferisce sull'impatto che le energie espressive
hanno sugli ISO. Ci sono tre spazi per il lavoro musicoterapeutico: il laboratorio di
musicoterapia; la natura; l'ambiente acustico (generalmente piscine con condizioni acustiche
particolari, quasi a riprodurre le condizioni di vita intrauterina).
6 - il contenitore, cioè l'istituzione intesa come insieme gobalizzante. L'edificio, le leggi, le
politiche che stabiliscono gli obiettivi, le lotte tra i poteri. L'istituzione deve essere
flessibile, rispettare le esigenze delle cure musicoterapeutiche.
7- la supervisione: il quadro descritto dovrà essere supervisionato da un professionista
d'esperienza.

Capitolo ottavo – Aspetti tecnici

Si potrebbe lavorare con un solo strumento, oggetto intermediario, che sancisce l'unione tra
due o anche più e diventa un oggetto integratore. Il lavoro senza strumento può generare
ansia, soprattutto perché non ci sarebbe un oggetto intermediario per la scarica immediata.
Ma non dimentichiamo che il nostro corpo è uno strumento multiplo, anche un battito di
mani può sostituirsi all'oggetto intermediario.
La scelta degli strumenti è importante nelle prime sedute di gruppo. Troppi strumenti
rendono difficile l'integrazione, o generano dispersione. Sono consigliati certi strumenti,
sconsigliati altri. Se un paziente perde il ritmo può essere sintomo di isolamento, in questo
caso si possono consigliare due atteggiamenti:
 introdursi nello stesso ritmo del paziente, seguirlo; si chiamerà "ritmo patologico";
 allontanarsi ritmicamente fino a trovare il polo opposto al suo ritmo, e anche
allontanarsi fisicamente con lo strumento, facendo percepire la sensazione di
isolamento.
Nel caso di pazienti che restano immobili il musicoterapeuta sceglierà uno strumento e
indurrà la possibilità di dialogo sonoro. Certi pazienti, come quelli adolescenti, hanno
bisogno di istruzioni direttive, il musicoterapeuta li guiderà verso obiettivi precisi.

Capitolo nono - Fine dei trattamenti

La chiusura del trattamento di musicoterapia è importante, perché in talune circostanze si


produce una sorta di simbiosi tra paziente e musicoterapeuta che ricorda il binomio madre-
bambino. Bisogna curare degli aspetti tecnici nell'ultimo periodo di trattamento ad esempio
bisogna intensificare la verbalizzazione, le consegne devono essere sempre più direttive,
l'inserimento di strumenti più strutturati, complicati e intellettuali.

Capitolo decimo – L'uso inadatto della musica e della


musicoterapia. Controindicazioni

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Fino ad oggi l'uso della musica è rimasto su un piano empirico: non esistono prove
scientifiche che dimostrano gli effetti prodotti dall'esposizione a determinati fenomeni
sonori-musicali. I fenomeni regressivi che avvengono durante il processo terapeutico
possono trasformarsi, per cattivo o esagerato uso, in un oggetto vero e proprio e non
assolvere al ruolo di oggetto intermediario, determinando il rafforzo dell'autismo.

La musica funzionale..
Alla luce di varie esperienze si deve tener conto di alcune conclusioni: la musica aumenta il
metabolismo; seguendo il ritmo aumenta l'energia muscolare; accelera la respirazione o la
diminuisce; influisce sulla pressione arteriosa; diminuisce l'impatto di stimoli sensoriali;
aumenta il rendimento di attività volontarie; tende a ritardare l'apparire della fatica; può
facilitare o attivare l'attenzione..
La musica funzionale risponde a certi principi che sono:
 la misura, poichè la musica in forma continua crea la sua propria monotonia;
 la sua programmazione vitale.
È stato notato che durante la giornata di lavoro ci sono due marcati abbassamenti del
rendimento medio del lavoratore: uno nel mezzo della mattinata, e l'altro nel pomeriggio: e
la musica si fa più stimolante proprio quando il lavoratore ha più bisogno di essere
stimolato, rompendo la monotonia del lavoro e dando l'impressione che il tempo passi più in
fretta. Riguardo allo strumento, la scala tiene conto dell'effetto del fondo musicale prodotto
dai diversi strumenti: il più dolce e allo stesso tempo il più basso della scala è costituito
dalle corde ovvero violino, viola, violoncello. Più impulsivi sono gli strumenti a fiato; i più
dominanti ed emozionalmente eccitanti sono gli ottoni. La musica funzionale evita i pezzi
che distraggono, con cambiaenti di chiave, variazioni, arpeggi o trilli. La principale
caratteristica è che non si rivolge mai alla percezione cosciente.
..e controindicazioni..
Esistono varie critiche alla musica funzionale, ad esempio c'è chi sostiene che essa possa
essere uno schermo protettivo di conflutti interni; ogni individuo avrebbe bisogno di un tipo
di musica determinato per un momento preciso della sua giornata e della sua vita, in base
agli ISO.
L'epilessia musicogena può costituire una controindicazione al trattamento di musicoterapia;
essa è una delle forme più rare di epilessia riflessa (quella più comune è l'epilessia
fotosensibile). La musica è lo stimolo che libera l'attacco, e in questi casi rari provoca
attacchi convulsivi. Lo studio più importante a tal riguardo è quello di Crithley (1937), che
dichiara che lo stato emozionale è il fattore più importante dell'origine patologica. Crithley
descrive tre tipi di epilessie acustiche e motorie. La prima costituisce una risposta alla
sorpresa o alla paura, una seconda a stimoli musicali insopportabili, evocatori, o che
producono dispiacere. Il terzo tipo, più raro, è provocato da uno stimolo di carattere
monotono. Sotto il profilo psicologico, Crithley vede l'epilessia musicogenica come una
manifestazione isterica. È un fatto comune che nell'isteria si possa facilmente passare dalla
suggestione all'incoscienza. Il ruolo della musica, quale catalizzazione di episodi isterici, è
constatato attraverso esempi storici , come la taranta. Bisogna comunque sapere se ll'attacco
è il risultato di uno o di più stimoli che eccitano la corteccia o se è l'associazione della
natura del suono e della memoria che provoca l'attacco.
Poskanzer divide neurologicamente l'incontro in tre fasi:
 ricezione del sono nella coclea e sua conversione in impulsi elettrici;
 trasmissione di questi impusi al sistema nervoso centrale e sua ricezione da parte dei

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centri nervosi corticali e subcorticali;


 percezione e associazione del suono e suo apprezzamento in quanto musica.
Alcuni studiosi integrando tale versione considerano l'epilessia musicogena come funzione
totale del terzo livello: avanzano l'ipotesi che un attacco si produca attraverso la percezione
della musica, il suo riconoscimento, e la sua produzione di associazioni ed emozioni che
essa evoca. Dal punto di vista psicologico, propendo per l'ipotesi che lo stimolo sonoro
produca una serie di cambiamenti di dinamica dell'inconscio, uno dei quali sarebbe
l'apertura di nodi molto regressivi, che tendono a una scarica somatica (stimolazione dell'io
e caduta delle sue difese).
Particolare è il caso della musica elettronica, che risulta, secondo alcune ricerche ed
esperimenti, la più "efficace", o la più pericolosa. Penso che i suoni elettronici possono
rompere meccanismi di difesa ben strutturati; inoltra facilitano la ricerca, possono essere
riprodotti quante volte si voglia; si possono trovare parametri coincidenti con quelli di altri
suoni naturali; il facile uso del suono elettrico permette di gestire in modo separato i
parametri di intensità, volume, timbro, ecc..;

Capitolo undicesimo – Il test proiettivo sonoro

ogni individuo possiede una propria percezione uditiva del suono, tale percezione può
essere modificata dai problemi della personalità. Questo consentirebbe la diagnosi
differenziale tra soggetti adattati e quelli che presentano una struttura nevrotica e psicotica.
Il test consiste nell'ascolto di un nastro magnetico sul quale sono stati registrati 28 suoni
figurativi divisi in tre serie. La consegna è "ascolterete certi suoni, ci direte che suoni sono e
ciò che vi suggeriscono".
Il test proiettivo sonoro si compone di tre esempi sonori che chiamerò "immagini sonore",
ciascuno di 5 minuti circa. Queste hanno la capacità di non poter essere chiaramente
riconosciute a causa della cattiva qualità della registrazione e di interferenze, ma nello
stesso tempo possiedono connotazioni suggestive della vita quotidiana. Si può
somministrare il test individualmente o collettivamente; si domanda al soggetto di preparare
tre fogli di carta e una matita. Gli si chiede di disegnare sul primo foglio delle parole, frasi o
testi che verranno in mente durante l'ascolto, su un altro foglio dovrà scrivere una storia o
un racconto su ciò che ha ascoltato, in 5 minuti. Questa procedurà si ripeterà per 3 volte.
Alcuni casi danno vita a una storia completa che inizia col primo esempio per terminare col
terzo.

Capitolo dodicesimo – Applicazioni cliniche della musicoterapia

La musicoterapia agisce essenzialmente come tecnica psicologica, il suo apporto terapeutico


risiede nella modificazione di problemi emotivi, di atteggiamenti.. il suo contributo non è
solo quello di un'eccellente tecnica di comunicazione ma anche un aiuto ad altre tecniche
terapeutiche con le quali la musicoterapia potrà collaborare. Modifica la patologia da cui è
affetto un essere umano, sia essa somatica o psichica.

Il deficit mentale
In questo caso il musicoterapeuta deve dimenticare le proprie conoscenze sul Q.I e
l'effettiva età del paziente, e indirizzare una serie di messaggi che serviranno allo sviluppo
dell'individuo. La musicoterapia, poiché si serve di un linguaggio non-verbale, consente
l'invio di messaggi che sembrerebbero difficili e complicati invece sono facilmente

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compresi. Generalmente, il disabile mentale è trattato in gruppo perché l'azione terapeutica è


pià efficace, ma prima è necessario stabilire individualmente il contatto con lui (4-10 sedute
individuali).
I metodi utilizzati con questo tipo di paziente sono soprattutto metodi di rinforzo della
struttura egoica e d'apprendimento: non utilizzeremo tecniche regressive. Saranno presenti
in sala gli strumenti musicali e strumenti che invitano al movimento. Il paziente deve essere
invitato al contatto col proprio corpo; elementi come il pavimento, il tavolo, il muro,
rappresentano il primo passo verso l'esterno. Innanzitutto, bisogna tener conto di ciò che il
bambino può fare e di ciò che propone attraverso il contesto non verbale.
Una metodologia di base potrebbe essere quella indicata da Hirsch. Egli parte con l'analisi
su diversi aspetti: aspetto sintetico, aspetti ritmici-metrici, aspetto sonoro, aspetto legato alla
coscienza.
La musica vissuta può aiutare a creare una cornice rassicurante, che invece di mantenere in
vita gli stereotipi, sia in grado di far diminuire gli automatismi di difesa; può aiutare a
combattere la rigidità dei disabili mentali. Ricordiamo inoltre che la ripetizione in un
contesto non-verbale non è affatto monotonia, ma rappresenta la scoperta e la comprensione
di un messaggio. Il musicoterapeuta si servirà spesso anche dell'improvvisazione.
Nel disabile mentale il "tempo" biologico è molto importante, è un ritmo più meno regolare
che si ricava dalla velocità dell'andatura, dai battiti del cuore, dalla respirazione. Bisogna
comunque saper cogliere i momenti di ricettività per non lavorare invano nei momenti in cui
è assente.

I disabili motori
Faremo riferimento a un soggetto con lesioni cerebrali, è possibile che in queste condizioni
essi presentino turbe della percezione, del pensiero e della condotta emotiva. Sappiamo
comunque che le parti indenni del cervello hanno riserve dalle quali l'organismo può
ricavare elementi di sostituzione, di compensazione, delle carenze dovute ai danni. È questa
riserva che il musicoterapeuta aiuterà a sviluppare, ma avendo come obiettivo altre terapie,
per esempio la fisioterapia, lo stimolo motorio predominerà. Per arrivare direttamente alla
stimolazione motoria è necessaria l'apertura di canali di comunicazione, cosa che attraverso
la musica può essere attuata in forma diretta, secondo il principio dell'ISO. È fondamentale:
creae una buona relazione terapeuta-paziente, fare in modo che ci siano risposte da parte del
paziente, avere fiducia nelle sue possibilità, attuare una valutazione periodica del trattament.
Se lo stimolo endogeno ed esogeno sono combinati, si avranno maggiori risultati. La musica
dà al paziente l'emozione del movimento poiché è collocata nello spazio e nel tempo.
Questa sensazione di movimento che precede la possibilità di realizzarlo è il primo obiettivo
da raggiungere.
Essendo questi dei pazienti molto particolari, è sbagliato lavorare in gruppo. Ad esempio, si
è notato che un pazente spastico può diventare più controllato sotto l'influenza della musica
stimolante, al contrario il paziente atetosico può venire seriamente disturbato da questo tipo
di musica. Inoltre, dobbiamo tentare di far prendere coscienza del movimento al bambino
che abbia una paralisi cerebrale, attraverso l'immagine mentale del movimento prodotto,
attraverso i suoni associati con un'emozione e non dobbiamo lasciare che il movimento
diventi automatico.
Il musicoterapeuta è di grande aiuto nell'equipe di psicoterapeuti. L'approccio per questi
pazienti handicappati motori si potrebbe dividere in 3 fasi:
apertura dei canalii di comnicazione e ricerca dell'ISO – utilizzazione di elementi di
comunicazione propri di questi pazienti (esempio, il rumore prodotto dalla bocca può

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sostituire altri mezzi espressivi) – inserimento di altre tecniche di lavoro come l'ergoterapia
che consentirà di adattare gli strumenti musicali alle diverse possibilità del paziente.

I disturbi dell'udito
Consideriamo che ci sono tre tipi di disabilità uditiva: c'è colui che ha avuto un'esperienza
uditiva, l'ipoacusico cioè parzialmente sordo, e colui che è totalmente sordo dalla nascita. In
questi casi bisogna far riferimento ad altri sistemi capaci di percepire il suono: il sistema di
percezione interna, il sistema tattile, il sistema visivo. Di questi il più importante è il sistema
sensorio-tattile, che potrebbe arrivare a sostituire il sistema uditivo. Attraverso il suono e il
movimento il sordo potrà aprirsi al mondo e prendere coscienza di ciò che lo circonda. Le
onde sonore possono essere recepite tramite la pelle, i muscoli, le ossa, il sistema nervoso
autonomo. Le sedute saranno individuali o di gruppo, ma si tenderà a integrare il soggetto
sordo in gruppi di individui dall'udito normale, per motivarlo all'espressione. Il suono sarà
percepito da un sistema globale, non solo uditivo; il paziente stesso è un sistema di
emissione dunque lo strumento più importante è il suo corpo e quello del musicoterapeuta, e
gli altri membri del gruppo.
Ricordiamo che i suoni gravi sono percepiti più facilmente di quelli acuti, la lira è uno
strumento che piace ai bambini deboli di udito perché quando l'appoggiano sulle ginocchia
possono sentire le vibrazioni attraverso tutto il corpo; il tamburino ha molti vantaggi: può
essere messo su qualcunque parte del corpo, si possono sentire le sue vibrazioni quando lo si
percuote, il sordo può far percepire all'altro certe vibrazioni che lui sente, permette di
camminare, danzare.
Teniamo presente anche che il debole d'udito s'interessa più al ritmo che alla melodia. In
questi casi, il movimento è il primo passo della musicoterapia.

L'autismo infantile
la musicoterapia è per il bambino autistico la prima tecnica d'approccio poiché il contesto
non verbale è ciò che consente a questi bambini di stabilire i canali di comunicazione.
L'autismo è un prolungamento patologico e deformato dello psichismo fetale. Per lavorare
con questi pazienti bisogna creare situazioni ambientali e stimoli che producano
reminiscenza del periodo di gestazione. Le difficoltà comunque sono individuare l'ISO del
paziente e l'oggetto intermediario adatto.
Possiamo dividere il lavoro in tre fasi:
 livello di regressione: il paziente è sottoposto a suoni in rapporto con lo stato
regressivo, allo scopo di produrre l'apertura di canali di comunicazione e la rottura di
nodi difensivi. Verrà effettuata anche musicoterapia passiva, cioè ascolto di suoni
senza consegne precise.
 Livello di comunicazione: il paziente comunica col musicoterapeuta, che fruisce dei
canali di comunicazione aperti al primo livello.
 Livello di integrazione: il paziente comunica con l'ambiente che lo circonda e il suo
gruppo familiare.
I primi suoni utilizzati sono quelli di inspirazione-espirazione, suoni d'acqua, frammenti
sinfonici e suoni elettronici. Nella fase seguente si sceglierà uno stumento, come oggetto
intermediario, per riprodurre il suono che tocca l'io del bambino.
Musicoterapia per i malati oncologici terminali
La musicoterapia può essere molto utile per i malati oncologici terminali, per accompagnare
il paziente in maniera degna e gratificante fino alla fine della sua vita, contribuire alla
diminuzione delle angoscie, affrontare le crisi depressive, aprire nuovi canali di

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comunicazione o attivare quelli che si sono bloccati.


Il musicoterapeuta ha un ruolo importante proprio perché a differenza degli altri medici egli
agisce in un contesto non-verbale, inoltre egli resterà estraneo alla storia reale della malattia,
della sua evoluzione e della prognosi. Verranno evitate domande a riguardo della malattia, e
il musicoterapeuta agirà prendendo in considerazione la parte sana del paziente.

Capitolo tredicesimo – Musicoterapia nel gruppo familiare

Esiste una tecnica che è nata per il lavoro con le famiglie di bambini autistici o psicotici, che
si adatta a ogni gruppo familiare che abbia un bambino disturbato. Una delle regole
fondamentali per recuperare un bambino è il lavoro parallelo e simultaneo col suo gruppo
familiare. Esso infatti crea quotidianamente un sistema di comunicazione stereotipato che
lungo gli anni si trasforma in "cisti di comunicazione" (esse sono forme ripetitive di
messaggi ed espressioni, che i genitori usano col bambino autistico e delle quali non sono
coscienti; la maggior parte di esse sono espressioni verbali). Tra le differenti forme di
incistamento se ne possono distinguere quattro: (1) l'assenza quasi totale di stimoli, o stimoli
in proporzione ridotta; (2) la situazione inversa cioè l'iperstimolazione; (3) la situazione
intermedia è rappresentata da una serie di messaggi e stimoli quotidianamente ripetuti,
genitori che hanno una condotta ossessiva e uniforme che procede per ordini, affermazioni,
negazioni; (4) infine l'utilizzo di stimoli stereotipati che si trasformano in vere anomalie di
messaggio, si tratta del genitore che a causa delle caratteristiche della sua personalità
trasforma il messaggio in uno stimolo stravagante. Ovviamente genitori di questi tipi hanno
difficoltà a comprendere le espressioni del bambino oppure le fraintendono.
Uno degli obiettivi della musicoterapia è diagnosticare le cisti di comunicazione del gruppo
famigliare, romperle e strutturare nuove forme di messaggio. L'equipe di musicoterapia
lavora innanzitutto sul bambino, tentando di aprire il massimo di canali di comunicazione,
servendosi dei soliti mezzi. Un mezzo nuovo in questo tipo di terapia è la coppia terapeutica
che permette al bambino di esprimersi più liberamente e spontaneamente. Parallelamente
l'equipe deve preparare il gruppo famigliare, senza la presenza del bambino. I genitori
devono immaginare la presenza dl bambino in diversi momenti della giornata e registrare
come gli parlano, poi sarà osservata la reazione dei bambini all'ascolto dei messaggi. Dopo
qualche mese devono provare a registrare messaggi immaginando che il loro bambino
possieda maggiore capacità di comprensione e percezione; possono dirgli cose che
avrebbero desiderato dirgli, ma non avevano potuto, perché sentivano che non sarebbero
stati ascoltati nè capiti.
Durante la seduta di musicoterapia col gruppo famigliare si procede attraverso tre fasi:
l'osservazione (il bambino è condotto dalla musicoterapeuta verso i genitori, si osserca il
contatto e si possono visualizzare le cistidi comunicazione che erano state ascoltate sulle
registrazioni); seconda fase è la dimostrazione (la musicoterapeuta lavora col bambino e i
genitori osservano i progressi); terza fase è l'integrazione (il lavoro del musicoterapeuta e
quello del gruppo famigliare si uniscono).

Capitolo quattordicesimo - Musicoterapia didattica

La musicoterapia didattica è una tecnica non-verbale che si usa per la formazione di


professionisti che lavorano nell'ambito della salute, dell'educazione specialistica e della
comunicazione tra gli esseri umani.
Il professionista impara ad aumentare la percezione dei fenomeni non-verbali; ad usare

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espressioni corporee, sonore e musicali; a manipolare e creare strumenti che servono come
oggetti intermediari; a riconoscere l'ISO gestaltica, culturale, gruppale; a controllare
l'evoluzione degli stati di comunicazione regressiva. Precisiamo che contesto non-verbale
non vuol dire assenza di parola ma tutto quello che non si interpreta simbolicamente di essa.
La musicoterapia didattica può essere individuale o gruppale. Per quella gruppale consiglio
un numero di componenti non superiore a dodici professionisti; il gruppo dev'essere chiuso
dall'inizio alla fine della formazione. La durata di ogni seduta sarà di circa 3 ore: nella prima
ora si lavora esclusivamente nel non-verbale, nelle altre due nel verbale commentando ciò
che è avvenuto prima.
Le consegne sono il mezzo con cui il musicoterapeuta si presenta: esse possono essere (1)
direttive; (2) semi-direttive; (3) non direttive. Le prime due possono essere sia verbali sia
non verbali, le ultime sonos solo non verbali. Le consegne del professionista compaiono nel
non-verbale attraverso la sua postura, la scelta degli strumenti, il saluto ai componenti del
gruppo, il tono di voce, il timbro, la cadenza. La migliore consegna è quella non direttiva,
essa sfugge ai meccanismi di difesa. La scelta del tipo di consegna dev'essere adeguata al
guppo a cui va indirizzata (es. pazienti psicotici, adolescenti, anziani, ecc).
La consistenza delle sedute successive alla prima e il tipo di consegne dipende anche dal
numero di sedute previste, oltre che dalla personalità del musicoterapeuta. È importante
comunque il setting terapeutico. A volte si può cadere in errori, in uso improprio degli
oggetti intermediari.
Nella prima seduta, una modaità tipica del musicoterapeuta è quella di disporre gli strumenti
al centro della sala, si può chiamare "posizione del fuoco": notiamo che il gruppo si disporrà
in cicolo e avrà un certo distacco dagli strumenti avvertiti come un fuoco pericoloso,
saranno timorosi e frettolosi nella scelta dello strumento. L'oggetto infatti più che
intermediario potremo chiamarlo oggetto "difensivo", o oggetto "incistato", perché viene
usato come una corazza che permette all'individuo di sentirsi più tranquillo.
Se uno strumento non esiste nell'archetipo dinamico dell'ISO gestaltico, universale,
culturale, nessun individuo lo potrà riconoscere. Gli strumenti fabbricati con materiali
naturali avranno un legame più stretto con le identità etniche rispetto a quelli di plastica e
metallo.
L'oggetto integratore è quell'oggetto intermediario che riesce ad agglutinare più di un
soggetto in un determinato gruppo; in genere compare nella seconda seduta.
Inoltre, bisogna pensare agli oggetti intermediari in funzione della parte del corpo che li
produce e di quella che fanno vibrare: i codofoni fanno vibrare il cuore, il petto; i
membranofoni la zona del ventre; gli aerofoni la zona cerebrale.
Lo spazio in una seduta di musicoterapia didattica: in musicoterapia dobbiamo considerare 3
elementi correlati tra loro: lo spazio; il movimento e i gesti.
Lo spazio è il contenitore limitato dalla struttura del laboratorio, del luogo in cui avviene
l'azione terapeutica; esso è occupato dai componenti del gruppo, dal musicoterapeuta, dagli
osservatori, dagli oggetti intermediari. Solitamente nella posizione iniziale gli strumenti
sono posti al centro dello spazio e questa posizione (chiamata del fuoco) tende ad intimidire
i pazienti: i movimenti corporei sono minimi, quelli necessari e il posto è gelosamente
conservato come unica possibilità di riparo.
Nella seconda fase, il gruppo, disposto nella posizione unificante del falò, trova un ritmo
binario, che tranquillizza.

Scaricato da Flora Nocera (floranocera12@hotmail.com)

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