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ALESSANDRO ANTONIETTI

ELISABETTA BUFFATTI

LESLI FARRUGGIO

PATRIZIA LAZZATI

MUSICOTERAPIA: GUIDA DI ORIENTAMENTO

Scaffale
Lorenzetti L.M. e Antonietti A.

La musicoterapia attraverso i suoi scritti. Ricerca bibliografica 1973-1983

Franco Angeli Editore, Milano 1985. Seconda edizione: 1986


Lorenzetti L.M. e Antonietti A. (a cura di)

Processi cognitivi in musica

Franco Angeli Editore, Milano 1986


Antonietti A. e Lazzati P.

Musicoterapia cognitiva. Schede per l'attivazione di operazioni mentali di base attraverso il suono

Omega, Torino 1992

Ricerche del Dipartimento di Psicologia

Varie sono le prospettive a partire dalle quali si muovono, in Italia e all'estero, gli interventi
musicoterapeutici. Tuttavia, sinora non esistevano in lingua italiana pubblicazioni tali da fornire un
quadro panoramico dei principali orientamenti nella musicoterapia contemporanea. Il presente
strumento intende sopperire a questa mancanza. Più precisamente, lo scopo è quello di descrivere le
tendenze maggiormente diffuse nel nostro Paese nel campo della terapia musicale.

Nella prima parte sono presi in esame gli autori e le scuole di musicoterapia le cui idee sono state
elaborate o divulgate in Italia. Per ciascun autore o scuola, dapprima si sono enucleati gli aspetti
teorici di fondo, in seguito si sono illustrate le tecniche messe a punto e infine gli ambiti di
applicazione dell'intervento musicoterapeutico.

La seconda parte offre la bibliografia ragionata in lingua italiana sulla musicoterapia. Le indicazioni
bibliografiche raccolte - libri, atti di convegni, articoli - sono state analizzate e quindi catalogate
sulla base dei temi in esse affrontati. Questa parte offre la possibilità di una rapida consultazione a
chi sia interessato ad aspetti particolari della musicoterapia.
INDICE

INTRODUZIONE

I principali indirizzi della musicoterapia contemporanea

La musicoterapia in Italia

PRIMA PARTE: GUIDA ALLE SCUOLE E AGLI AUTORI DI MUSICOTERAPIA

1. JULIETTE ALVIN

Fondamenti teorici

Metodologia e tecniche

Ambiti di intervento

2. THERESE HIRSCH

Fondamenti teorici

Metodologia e tecniche

Ambiti di intervento

3. LA MUSICOTERAPIA IN FRANCIA

4. GETRUD ORFF

Fondamenti teorici

Metodologia e tecniche

Ambiti di intervento
5. PAUL NORDOFF E CLIVE ROBBINS

Fondamenti teorici

Metodologia e tecniche

Ambiti di intervento

6. ROLANDO BENENZON

Fondamenti teorici

Metodologia e tecniche

Ambiti di intervento

7. ALTRI ORIENTAMENTI STRANIERI

Hillman Boxill

Knill & Knill

Bence & Mereaux

8. PANORAMA DELLE PROSPETTIVE DELLA


MUSICOTERAPIA IN ITALIA

Fulvio Agresta

Giordano Bianchi

Luca Carrozzini

Nella De Angeli

Marco Gilardone

Loredano Matteo Lorenzetti

Concetta Rasano

Carla Savio
SECONDA PARTE: GUIDA ALLA LETTERATURA ITALIANA
SULLA MUSICOTERAPIA

1. REPERTORI BIBLIOGRAFICI E BIBLIOGRAFIE RAGIONATE


SULLA MUSICOTERAPIA

2. STORIA DELLA MUSICOTERAPIA

3. DATI ADDOTTI A SOSTEGNO DI PROPOSTE TEORICHE ED OPERATIVE


NELL'AMBITO DELLA MUSICOTERAPIA

4. ASPETTI TEORICI DELLA MUSICOTERAPIA

5. OBIETTIVI SPECIFICI DELLA MUSICOTERAPIA

6. METODOLOGIE E TECNICHE DI INTEVENTO IN AMBITO MUSICOTERAPEUTICO

7. STRUTTURA DELL'INTERVENTO DI MUSICOTERAPIA

8. STRUMENTI DELL'INTERVENTO DI MUSICOTERAPIA

9. LA FIGURA DEL MUSICOTERAPEUTA

10. APPLICAZIONE DELLA MUSICOTERAPIA ALLE VARIE FORME DI PATOLOGIA

11. DESCRIZIONE DI INTERVENTI A CARATTERE MUSICOTERAPEUTICO


INTRODUZIONE

I PRINCIPALI INDIRIZZI DELLA MUSICOTERAPIA CONTEMPORANEA.

La musicoterapia è una disciplina che ha raggiunto uno statuto autonomo soltanto negli ultimi
quarant'anni. E' tuttavia possibile individuare, a partire dalla fine del secolo scorso, idee precorritrici
avanzate da Autori che hanno elaborato metodi di educazione musicale rivolti a bambini ed adulti
con lo scopo di trovare modalità alternative, più efficaci e rapide rispetto a quelle tradizionali, per
far apprendere la musica. Per esempio, il viennese E. Jacques Dalcroze concepì la possibilità di
educare il bambino con la musica, agendo soprattutto attraverso il ritmo: quest'ultimo deve essere
sperimentato con tutto il corpo per stimolarne il movimento. Il metodo di Dalcroze mira al
coordinamento delle funzioni sensoriali ed insieme psicomotorie. Anche il belga Edgar Willems
elaborò un metodo di educazione musicale con il quale insegnare ai bambini a discriminare i singoli
suoni, affinando in tal modo le funzioni sensoriali, affettive ed intellettive. Egli propose
inizialmente delle esperienze di ritmi tracciati sul tempo del battito cardiaco e della respirazione.

Le proposte di questi studiosi e di altri -quali, per esempio, Zoltan Kodaly-, pur rientrando ancora
nell'ambito dell'educazione musicale dei bambini normodotati, hanno offerto spunti didattici
successivamente sfruttati dalla musicoterapia. In questo ambito, tuttavia, non si giunge ad una
precisa distinzione tra educazione alla musica e terapia musicale. Thérèse Hirsch (1967, p.23), che
ha operato a Ginevra, è tra le prime ad aver proposto una distinzione tra musicoterapia ed
educazione musicale basata sui diversi obiettivi delle due discipline: l'educazione dovrebbe
"formare i musicisti", e quindi in questo caso la musica è considerata come il fine del processo
educativo; quando la musica è utilizzata come mezzo per favorire lo sviluppo integrale di un
bambino, anche e soprattutto handicappato, allora si può parlare di terapia e di rieducazione.
Condividendo questa distinzione di obiettivi, Juliette Alvin (1981, p.14) espone la sua definizione di
musicoterapia come "uso controllato della musica nel trattamento, nella riabilitazione, nella
educazione e nell'addestramento di bambini ed adulti che soffrono di disturbi fisici, mentali ed
emotivi" Il fine ultimo della terapia è la socializzazione - infatti la Alvin ritiene la musica "la più
sociale" tra tutte le arti -, e l'instaurarsi di una comunicazione che si apre quando è stato dato inizio,
tramite l'esperienza sonora, ad una maturazione delle potenzialità latenti ed alla costruzione della
fiducia e della sicurezza in sé e negli altri.

In prospettiva psicoanalitica Rolando Benenzon (1983, p.9) individua due indirizzi paralleli nella
musicoterapia. Innanzi tutto egli reputa la musicoterapia una disciplina scientifica il cui oggetto di
studio e di indagine è "il complesso suono-essere umano, con l'obiettivo di ricercare elementi di
diagnosi e di metodi terapeutici". Questo complesso è costituito da elementi che producono stimoli
sonori (generalmente gli strumenti musicali e il corpo), dai suoni interni del corpo e da quelli
percepiti dagli organi recettori, dalla reazione biologica e psicologica. Nella seconda prospettiva la
musicoterapia è definita "disciplina medica" perché ricorre al suono e al movimento per indurre una
regressione psicoanalitica al fine di sciogliere i complessi e le difese emotive; successivamente si
potrà stabilire un contatto umano tra paziente e terapeuta come primo passo verso la
socializzazione.
Una conoscenza medico-scientifica dello sviluppo neurofisiologico del bambino è alla base della
musicoterapia di Gertrud Orff (1982, p.17). La definizione della musicoterapia come "terapia
multisensoriale" è derivata dalla convinzione che si possa intervenire con stimoli sensoriali diversi
per rafforzare o sostituire un canale percettivo inattivo o danneggiato. La musicoterapia Orff agisce
impiegando la parola, il canto, la manipolazione degli strumenti, il movimento. Lo spunto per il
ricorso simultaneo a queste forme di espressione è rinvenuto dalla Orff nel significato della parola
greca musiké, con la quale si intende l'espressione dell'uomo in parola, suono e movimento. Anche
per la terapeuta bavarese la musica ha una forte componente socializzante, perché essa, permettendo
al bambino la presa di coscienza di sé e la fiducia nella propria iniziativa, apre la strada alla
proiezione di sé e delle proprie conquiste all'esterno, portando l'individuo verso l'integrazione
sociale.

Nella terapia con bambini definiti dagli americani Paul Nordoff e Clive Robbins "eccezionali" -
bambini che vivono in condizioni non usuali dovute alla patologia di cui sono affetti - la musica
svolge un ruolo di rilievo perché è dotata di svariate possibilità di espressione, adattabili alle diverse
sensibilità dei bambini. Per questi bambini i sentimenti e gli affetti sono essenziali per conoscere e
valutare la realtà, poiché spesso è presente in loro una carenza a livello di pensiero astratto. In
queste condizioni la musica, grazie alla forte carica emozionale che la connota, si rivela strumento
indispensabile per entrare con immediatezza nella loro vita interiore, permettendo ai bambini di
vivere i propri contenuti affettivi.

LA MUSICOTERAPIA IN ITALIA

Negli anni Sessanta, mentre in Europa e in America la musicoterapia aveva raggiunto ormai una
posizione di rilievo nell'ambito degli interventi psicologici, in Italia tale disciplina si trovava ancora
in sensibile ritardo rispetto alla situazione straniera. Solo in questi anni infatti cominciano ad essere
conosciute nel nostro paese le varie scuole che nel frattempo si erano affermate all'estero. Venne
divulgata per prima l'esperienza inglese, promossa da Juliette Alvin che individuava nella
socializzazione l'obiettivo primario della musicoterapia. Successivamente venne conosciuta la
scuola tedesca ed austriaca, legata in particolare a Gertrud Orff, che ricorreva alla musicoterapia per
attivare una stimolazione sensoriale. Presto si resero note anche le esperienze di scuole di dichiarata
tendenza psicoanalitica, quella francese dei coniugi Guilhot, di Jost e della Lécourt, e quella di
Rolando Benenzon.

Fino al 1970 gli operatori scolastici avevano applicato l'educazione musicale nelle scuole con i
bambini normodotati. Successivamente, in seguito alla divulgazione della musicoterapia, anche in
Italia si provò ad estendere proposte a base musicale ai bambini portatori di handicap e si manifestò
l'esigenza di un confronto e di uno scambio di esperienze, al fine di sollecitare la ricerca scientifica
- ancora carente in Italia - e di costituire un'associazione di musicoterapia. Dopo il primo seminario
nazionale di musicoterapia tenuto nel 1973, nel quale erano emerse proposte di approfondimento,
nacque a Bologna nel 1975 l'Associazione Italiana Studi di Musicoterapia (A.I.S.M.t.), con la
funzione di collegamento, di scambio e di promozione dei singoli gruppi regionali fondati sino ad
allora.

Alla fine degli anni '70 si profilavano in Italia tre orientamenti musicoterapeutici che si
diversificano per scopi e per tecniche:
1. pedagogico e psicopedagogico, impiegato generalmente nelle strutture scolastiche e caratterizzato
da un aspetto preventivo perché con la musica si vuole collaborare all'organizzazione di una
personalità matura ed equilibrata;

2. clinico-psichiatrico, che si occupa di individui affetti da patologie che causano condizioni di


emarginazione;

3. promozionale-sociale, rivolto a contesti di animazione e ricreazione nei quartieri o nelle


comunità.

Attualmente esistono in Italia, secondo Lorenzetti (1987), tre indirizzi di ricerca e applicazione
della musicoterapia:

1. la corrente che si rivolge prevalentemente alle scuole straniere e alle loro tecniche;

2. quella che utilizza l'elemento musicale per indurre delle modificazioni psicofisiologiche. A
questo riguardo si può ricordare anche la ricerca del medico e psichiatra R. Assagioli sugli effetti
emozionali e curativi affidati a musiche scelte appositamente per le loro proprietà rilassanti o
stimolanti;

3. l'"indirizzo psicodinamico transdisciplinare", che "muove dall'uso della globalità dei linguaggi
verso una concezione di terapia psicocorporea" che possa interagire con l'arte-terapia (Lorenzetti,
1987, p.47), di cui è promotore il Gruppo di Psicologia delle Arti della Università degli studi di
Milano. Questo indirizzo si augura in un futuro che la musicoterapia possa diffondersi capillarmente
nei settori a carattere preventivo, educativo e socio-riabilitativo.

E' poi possibile individuare un quarto orientamento, quello cognitivo del maestro Bianchi,
finalizzato prevalentemente ad una educazione logico-matematica attraverso gli elementi musicali.

Sono da citare ancora alcune esperienze isolate in cui si applica la musica a fini terapeutici secondo
orientamenti originali senza l'adesione a un indirizzo specifico. Nella De Angeli utilizza uno
strumento a corda - la lyra nova - che produce suoni calmanti o eccitanti scegliendo sempre il ritmo
giusto per ogni paziente. Concetta Rasano propone la musicoterapia con la particolare finalità di
permettere all'individuo di attuare nel contesto sociale le sue possibilità, consigliando di scegliere
attività musicali e canti che permettano al bambino la partecipazione alla vita di gruppo e un senso
di appagamento e di sicurezza. La Rasano riconosce infatti alla musica la possibilità di essere
strumento di comunicazione di sensazioni interiori spesso inesprimibili con il linguaggio comune.

Riferimenti:

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma -Benenzon R. (1983), Manuale di


musicoterapia, Borla, Roma -Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma

-Lorenzetti L.M. (1987), Musicoterapia critica, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Suono e
comunicazione, UNICOPLI, Milano, pp.41-61

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi
PRIMA PARTE:

GUIDA ALLE SCUOLE E AGLI AUTORI DI MUSICOTERAPIA

1. JULIETTE ALVIN

La prima esperienza di musicoterapia, documentata con sufficiente rigore scientifico, divulgata in


Italia è stata quella di Juliette Alvin. Violoncellista diplomata al Conservatorio di Parigi, la Alvin
negli anni '50-'60 abbandonò l'attività concertistica e condusse una serie di esperienze volte ad
alleviare la sofferenza fisica e psichica di bambini ricoverati in istituti della Gran Bretagna.

La Alvin promosse nel 1958 la fondazione della "Society for Music Therapy and Remedial Music",
attualmente denominata "British Society for Music Therapy", e istituì, presso la "Guildhall School
of Music and Drama" di Londra, un corso post-universitario, riconosciuto ufficialmente, che rilascia
un diploma di musicoterapeuta.

L'approccio musicoterapeutico della Alvin è stato fondato su principi tratti dall'attenta osservazione
del comportamento dei pazienti e da una profonda sensibilità per la sofferenza; successivamente,
nel corso della stesura delle opere che racchiudono la testimonianza della sua esperienza, l'Autrice
ha acquisito una più matura consapevolezza dei presupposti dei propri interventi. La Alvin passa
infatti da una mera trascrizione di esperienze (quale emerge nei volumi, La musica come terapia, e
Terapia musicale) al tentativo di teorizzazione quale quello compiuto nell'ultimo libro da lei scritto,
La terapia musicale per il ragazzo autistico.

FONDAMENTI TEORICI

Ponendo le basi di quello che sarà uno dei principali presupposti dell'orientamento
musicoterapeutico inglese - il quale privilegia la lettura del fenomeno psicologico in chiave sociale -
la Alvin ritiene che la musica possa essere un mezzo che permette al bambino di migliorare le
proprie relazioni interpersonali stimolando una comunicazione più matura.

La terapia musicale, adottata dalla Alvin nella riabilitazione dei soggetti disabili fisici e psichici,
deve conformarsi a due caratteristiche fondamentali del suono: il potere "catartico" (che facilita,
nelle terapie individuali, l'espressione delle emozioni e degli stati interiori) e il potere "aggregante"
(che favorisce, nelle terapie di gruppo, la socializzazione e l'assunzione delle regole sociali).

Alla base risiede il proponimento di agire sulla totalità dell'individuo, integrando le varie
dimensioni della personalità. Infatti la terapia è volta a produrre effetti positivi sullo sviluppo:
1) emotivo, offrendo all'individuo la possibilità di una gratificazione immediata e un mezzo di
identificazione;

2) intellettivo, rafforzando l'autocontrollo, la memoria, l'attenzione, la consapevolezza della propria


personalità;

3) sociale, migliorando l'interazione di gruppo e l'accettazione delle norme, nonché l'assunzione di


responsabilità.

La causa di un rallentamento nel processo maturativo del soggetto handicappato è attribuita dalla
Alvin ad un'inefficienza nella percezione e nella decodificazione sensoriale della realtà. L'Autrice
presuppone infatti una maturazione della conoscenza sensoriale come "antefatto" per un potenziale
sviluppo cognitivo completo. Il bambino handicappato ha difficoltà ad usare le sue potenzialità a
causa della minorazione che gli impedisce di sviluppare adeguatamente le capacità sensoriali. La
Alvin ritiene che la musica sia un mezzo particolarmente adatto per il recupero dell'handicap poiché
opera una stimolazione che integra efficacemente i diversi aspetti maturativi: la musica può aiutare
il perfezionamento della percezione visiva e tattile e del controllo motorio poiché coinvolge, oltre
alla modalità sensoriale acustica, anche il tatto e la vista.

L'attività musicale interviene quindi in aiuto al bambino per rendere operanti tramite il suono e il
movimento alcuni processi mentali implicati nell'apprendimento, quali il riconoscimento, la
memoria, la capacità di porre in relazione suono e movimento. Inoltre apprendere a suonare in
modo elementare un semplice strumento contribuisce al controllo dei movimenti nel tempo e nello
spazio, alla durata dell'attenzione, all'acutezza dell'osservazione e alla ritenzione del messaggio
appreso, facilitata anche dall'associazione mentale del suono o del brano musicale con elementi
familiari.

Per lo sviluppo della sfera socio-relazionale la Alvin si basa sul principio che la musica può
suscitare nei bambini ritardati delle associazioni affettive e mentali, poiché può interessare lo stato
d'animo del bambino, suscitare immagini mentali o permettere una libera espressione delle
emozioni. Tuttavia, prima di impostare dei rapporti sociali stabili è importante che il bambino abbia
elaborato dei sentimenti di fiducia e di sicurezza verso se stesso.

La Alvin pensa che il raggiunto controllo del proprio movimento accresca la fiducia e l'autostima
del bambino e soprattutto la sicurezza, permettendo di muoversi con maggior scioltezza in mezzo
agli altri e di stabilire una relazione sociale più matura perché più rispettosa dei limiti spaziali e
psicologici altrui.

Le risposte psicologiche ad una esperienza musicale, vissuta sia come semplici ascoltatori che come
produttori, dipendono dalla capacità del soggetto di identificarsi con essa e dalle caratteristiche del
brano in questione, ovvero dalla possibilità della musica di agire - secondo la termilogia
psicoanalitica - livello dell'Io, dell'Es e del Super-Io. Le immagini e le associazioni che la musica fa
insorgere nell'individuo non sono create ex-novo: la musica non ha questo potere, ma è certamente
in grado di risvegliare istinti primitivi e di portare in luce materiale rimosso, di suscitare emozioni
per poi sublimarle, di stimolare la conoscenza di sé, di ricreare quindi un Sé più armonico ed
equilibrato.

La musica riesce inoltre a introdurre nel mondo del bambino malato un fattore fondamentale per il
suo sviluppo e la sua crescita armonica: la musica si pone come mezzo di gratificazione, di
soddisfazione personale, di autoespressione, divenendo un notevole incentivo al miglioramento
personale attraverso lo sfruttamento delle proprie potenzialità. Occorre inoltre ricordare che sovente
quello musicale è l'unico ambito in cui il soggetto malato riesce a mettere a frutto i pochi mezzi
fisici o mentali che possiede.

METODOLOGIA E TECNICHE

Nel suo approccio musicoterapeutico, la Alvin intende avvalersi di due diverse applicazioni:

1) la tecnica ricettiva, basata sul processo di ascolto e volta a risvegliare l'interesse per il suono al
fine di aprire un canale di comunicazione alternativo rispetto a quello verbale;

2) la tecnica attiva, che conduce l'individuo al contatto con lo strumento e all'azione libera su di
esso (fase di scoperta e di immedesimazione), alla ricerca e all'improvvisazione (fase di proiezione
di sé) ed infine al processo di apprendimento (fase della conoscenza di sé e del proprio ruolo, della
consapevolezza del proprio schema corporeo raggiunta anche con l'ausilio del movimento).

La terapia si può svolgere individualmente. In questo caso, in particolare con soggetti autistici ed
ansiosi, si creano le condizioni per la libera espressione delle emozioni e si produce un conseguente
riequilibrio affettivo. Raggiunto questo obiettivo, si può avviare il soggetto alla terapia di gruppo, in
modo che egli possa verificare la propria capacità di controllo e la fiducia in se stesso e partecipare
al lavoro collettivo quale presupposto per la successiva maturazione a livello relazionale.

Analizzando le varie componenti della musica (l'altezza, l'intensità, il timbro, l'intervallo e il ritmo)
e i rispettivi effetti terapeutici, la Alvin sottolinea come sia possibile reintegrare o sostituire le
capacità compromesse dei bambini utilizzando l'interesse che essi possono avere per il suono, il
ritmo, le vibrazioni e il contatto fisico con gli strumenti. Questi elementi si presentano come
modalità di conoscenza e di relazione dirette ed accessibili perchè "naturali" ed istintive.

La Alvin individua nel ritmo l'elemento della musica più dinamico e rilevante e lo definisce "una
successione regolare di suoni di durata ed accentuazione differenti" (Alvin, 1981 a, p.28), la cui
velocità è posta in relazione con i ritmi biologici. L'Autrice sottolinea in particolar modo questa
primordiale correlazione tra ritmo musicale e ritmo fisico; numerosi ritmi sembra siano stati
collegati già dai popoli primitivi a certe funzioni fisiche, come la respirazione e il battito cardiaco,
di cui rispecchiano l'alternarsi di tensione e distensione, di ansia e di riposo.

Dal percorso musicale vissuto con i bambini svantaggiati la Alvin ha potuto constatare che
l'approccio effettuato attraverso il ritmo comporta risultati migliori rispetto alle esperienze in cui si
ricorre ad elementi musicali più complessi (quali l'armonia o le melodie troppo articolate). La Alvin
consiglia quindi di ricorrere in primo luogo al ritmo perché può essere assimilato istintivamente con
il corpo senza dover essere insegnato. Favorendo nei bambini la familiarità con il ritmo, si può
indurre una regolazione del coordinamento motorio come presupposto per un ordine globale della
psiche. A questo proposito nella terapia con i bambini ipoacusici fondamentale è la vibrazione
ritmica: infatti la Alvin sostiene che il bambino sordo è sensibile al ritmo, in particolare alle basse
frequenze perché hanno una forte caratteristica ritmica, e gli stimoli fisici che arrivano al bambino
possono essere tradotti in movimento e quindi in comunicazione.

Attraverso la musicoterapia non si intende formare dei musicisti; suo obiettivo è ricercare delle
tecniche di utilizzo della musica che possano favorire il processo riabilitativo del soggetto malato.
La Alvin ritiene che una di queste tecniche sia l'uso della improvvisazione ritmica atonale
spontanea, attuata da un individuo o dal gruppo. Questa procedura, chiamata anche "musica
estemporanea", non richiede nessuna specifica abilità musicale. Il soggetto si può abbandonare al
piacere di suonare uno strumento senza l'obbligo di seguire determinate regole. In tal modo egli
esprime se stesso in forma immediata, spesso a livello inconscio. Questa tecnica si è rivelata molto
utile per sviluppare la consapevolezza di sé, per superare timidezze o paure gettando un ponte tra il
mondo della fantasia e l'esperienza concreta, per rispondere alla esigenza creativa dell'uomo che
spesso rimane frustrata.

Nei momenti di improvvisazione spontanea collettiva ogni partecipante alla seduta è invitato a
scegliere uno strumento; non c'è un direttore, ma ognuno, di volta in volta, può diventare la guida.
L'esecuzione nasce da un momento di silenzio autoimposto che, pur essendo molto difficile da
ottenere, è molto utile per creare una profonda unione tra i membri del gruppo. L'esecuzione di
gruppo è altamente vantaggiosa per quei pazienti psicotici che suonano in modo quasi ipnotico e
sono perciò indotti a interrompere questa loro operazione dalla musica dei compagni che,
penetrando nella loro esecuzione, ne induce la variazione.

La stimolazione delle modalità senso-motorie, attivata dal bambino operando sugli strumenti, è
applicata dalla Alvin con i soggetti di lieve e media gravità. Infatti avvalendosi della naturale
disposizione infantile a manipolare gli oggetti, la Alvin offre al bambino lo strumento perché possa
esaminarlo con le mani e con gli occhi, oltre a tentare di ricavarne suoni. Dapprima conviene che
egli attraversi una fase intuitiva, ricercando liberamente il suono e il canto spontaneo di
accompagnamento affinché acquisti gradualmente confidenza con il mondo musicale per arrivare ad
un'elementare discriminazione ed organizzazione dei suoni.

La Alvin dedica particolare attenzione agli strumenti da impiegare nelle sedute musicoterapeutiche.
Occorre tenere presente che nell'assegnare ai bambini gli strumenti musicali va preso in
considerazione il loro livello intellettivo e l'attitudine fisica. Gli strumenti più semplici sono quelli a
percussione; seguono poi quelli a fiato che richiedono una maggior discriminazione uditiva, e infine
gli strumenti a corde, molto più complessi. L'Autrice è solita utilizzare il violoncello, strumento che
permette una visualizzazione dei movimenti ascendenti e discendenti del suono, così che il bambino
possa accompagnarli con movimenti corporei.

Inoltre la Alvin ritiene che validi strumenti siano anche la voce in forma di canto (il bambino infatti
inizia prima a cantare che a parlare), in cui il linguaggio ha solo una funzione fonica, e soprattutto il
corpo, in virtù dei suoni emessi (battito cardiaco, respiro) e prodotti con le mani, nonché del
movimento-danza che si può accompagnare naturalmente all'evento musicale, favorendo una più
completa integrazione dello schema corporeo nello spazio e nel tempo.

La Alvin dedica inoltre una particolare attenzione alle figure parentali dei ragazzi disturbati. Vi è
infatti, da parte dell'Autrice, un tentativo costante di rendere partecipe l'intero gruppo familiare al
processo maturativo che il bambino compie durante le sedute, nella consapevolezza che la
collaborazione, il confronto, il dialogo costruttivo tra le persone chiamate in causa nella
riabilitazione sono fattori indispensabili alla buona riuscita della terapia.

AMBITI DI INTERVENTO

La Alvin ha verificato che i soggetti affetti da handicap sono in grado di recepire gli stimoli sonori e
di reagirvi dimostrando sensibilità musicale pari a quella dei ragazzi normali. La musicoterapia
quindi può costituire una forma di comunicazione più diretta quando viene meno la possibilità di
utilizzare i codici linguistici tradizionali, soprattutto perché la musica può essere fruita a diversi
livelli, corrispondenti a diversi gradi di sviluppo intellettivo. L'applicazione della musicoterapia può
così interessare i bambini affetti da ritardo mentale, da paralisi cerebrale, da minorazioni fisiche e
sensoriali, da disadattamento e da autismo.

L'ambito di applicazione - come appare - è molto vasto, ma può essere racchiuso nella
"inadattabilità". Quest'ultima può derivare da varie cause fisiche o psicologiche, ma mantiene
comunque una propria specificità nel senso di inadeguatezza, di estraneità, di non partecipazione
alla realtà.

Qualora la patologia sia determinata da una lesione cerebrale che causa incapacità motorie - è il
caso dello spastico - l'emozione va suggerita con il movimento - ascendente o discendente, lento o
veloce - dell'archetto del violoncello (strumento utilizzato dalla Alvin) o delle mani sul pianoforte.
Volendo coinvolgere più attivamente un piccolo cerebroleso la Alvin ha escogitato un esercizio con
il quale rendere il soggetto ugualmente partecipe del movimento collettivo: battere sul tamburo il
tempo dei compagni che marciano si rivela un'esperienza molto gratificante ed il bambino può
migliorare la coordinazione abitualmente incontrollata e costruirsi uno schema mentale dei
movimenti impiegati per suonare lo strumento.

Con il bambino affetto da ritardo mentale il procedimento da seguire con la tecnica suono-
movimento è diverso, perché sono da tenere presenti la carente consapevolezza del proprio corpo e
la scarsa attenzione e memoria degli eventi. La Alvin propone allora esercizi di imitazione e
ripetizione di movimenti semplici mirati a rendere il bambino consapevole di ogni parte del suo
corpo e delle possibilità espressive dello stesso. Il bambino può così costruirsi lo schema corporeo e
comprendere il suo ruolo in relazione con lo spazio circostante. La Alvin si propone con questi
esercizi di portare il bambino alla "conquista dell'equilibrio fisico e... dell'integrazione motoria"
nonché di una "certa attività mentale" nel cogliere "il rapporto esistente tra la musica e il
movimento corrispondente" (Alvin, 1968, p.154).

Con le minorazioni sensoriali ci troviamo di fronte ad una difficoltà di altro tipo, poiché la
mancanza di attività di uno dei sensi - in particolare la vista e l'udito - compromette il rapporto del
bambino con se stesso e con gli altri. Il bambino ipovedente, proprio a causa del proprio handicap, è
dotato di una maggior consapevolezza del corpo, affinata dall'attenzione con la quale deve muoversi
nello spazio. Avvalendosi di questa consapevolezza e di adeguate capacità mnestiche, la Alvin
interviene proponendo movimenti guidati per far prendere all'ipovedente confidenza e sicurezza con
lo spazio e spingerlo a conquistare un miglior controllo motorio.

Con il bambino ipoacusico l'intervento della Alvin mira soprattutto a rendere familiare al soggetto il
mondo dei suoni dai quali egli è quasi completamente escluso; sfruttando le capacità che ha il corpo
di cogliere le vibrazioni dei suoni più bassi, si può stimolare il movimento per poter scoprire in esso
una nuova via di espressione. Un momento di grande soddisfazione per il bambino sordo sarà
riuscire ad anticipare con il proprio movimento il ritmo trasmessogli dalle vibrazioni colte a
contatto con lo strumento o con il pavimento.

L'intervento musicoterapeutico diventa più complesso quando si tratta di applicare musica e


movimento con il soggetto autistico. Il primo approccio deve essere volto ad aprire un contatto con
la personalità isolata e chiusa alla comunicazione del bambino autistico. Per esempio, la Alvin ha
constatato che, dopo un'iniziale indifferenza per l'esecuzione musicale del terapeuta, il bambino
comincia a manifestare una certa attenzione con il proprio comportamento - ad esempio
interrompendo la propria attività stereotipata durante l'esecuzione musicale - fino a provare egli
stesso a battere sul tamburo con il terapeuta.
La terapia si distingue in tre stadi finalizzati a favorire nel ragazzo autistico una progressiva presa di
coscienza di ciò che lo circonda. Nel primo stadio il soggetto è lasciato libero di usare gli strumenti
o la voce a suo piacimento: attraverso questi mezzi, che assumono la funzione di oggetti
intermediari, si instaura una primitiva relazione col terapeuta. Grazie al contatto con gli strumenti
l'individuo migliora il rapporto con le cose e con le persone: la resistenza fisica che lo strumento
oppone alla pressione stimola infatti la consapevolezza.

L'utilizzo di strumenti a fiato, grazie alla resistenza che essi oppongono nel processo respiratorio,
stimola la consapevolezza della pressione dell'aria che entra nei polmoni, delle labbra, della lingua,
delle mascelle. Per favorire la presa di coscienza dell'andamento di un suono la Alvin cerca di
tradurre quest'ultimo in una linea grafica che diventa la rappresentazione metrica di questo e ne
evidenzia la durata e gli intervalli. Questa tecnica, che va resa via via più complessa, coinvolge i
processi cognitivi e favorisce l'emergere di una certa attività mentale per cui il bambino incomincia
ad acquisire un primitivo concetto di causalità. Il primo stadio del lavoro si conclude quando si è
riusciti a fornire all'individuo un certo grado di consapevolezza e la capacità di produrre suoni in un
contesto ambientale vissuto come sicuro e tuttavia non privo di occasioni di scoperta.

Nel secondo stadio aumentano i contatti con il terapeuta che può comunicare con il soggetto
inserendosi nella sua produzione musicale spontanea. La produzione musicale si arresta però allo
stadio dell'improvvisazione: il ragazzo deve imparare a sviluppare un comportamento musicale e
sociale in modo da acquisire un autocontrollo che gli permetta di fare musica anche in gruppo. Non
si vuole fare di lui un musicista, ma incentivarlo a porre in atto alcuni schemi cognitivi che gli
permettano di raggiungere una rudimentale cultura musicale e di allargare i propri orizzonti
espressivi ed emozionali. La fase dello studio sistematico della teoria musicale costituisce il terzo
stadio.

Con pazienti nevrotici o psicotici le sedute di musicoterapia sono immediatamente precedenti quelle
di psicoterapia, in quanto le prime facilitano l'emergere di materiale rimosso molto interessante e
migliorano la capacità di introspezione del paziente. Spesso l'ascolto di musica opportunamente
scelta stimola la comunicazione permettendo un alleviamento dell'angoscia e favorendo
l'allentamento dei sistemi di difesa: l'individuo così "alleggerito" lascia liberamente sgorgare da sé
una quantità di emozioni dolorosamente represse.

Alcuni disturbi del linguaggio possono essere causati da difficoltà respiratorie. Per questo si sono
rivelate vantaggiose attività di canto o attività richiedenti una spiccata articolazione vocale. Anche il
suonare certi strumenti a fiato, in particolare l'armonica a bocca, può favorire un buon meccanismo
respiratorio di ispirazione ed espirazione.

Sono apprezzate attività di canto corale in cui gli insufficienti mentali possono memorizzare i testi
delle canzoni attraverso l'imitazione e la ripetizione. La scelta del repertorio musicale deve tener
conto dell'età mentale dei bambini: la Alvin consiglia canti con ripetizioni o ritornelli frequenti. E'
necessario stimolare continuamente la creatività evitando la monotonia attraverso diverse modalità
di esecuzione dello stesso brano, cambiandone l'intensità, la velocità, l'espressività vocale.

Anche suonare uno strumento può costituire un'ottima stimolazione emotiva ed intellettuale, purché
esso sia scelto con accortezza, nel rispetto delle reali potenzialità del bambino e del suo livello
intellettivo. In genere sono da evitare gli strumenti che richiedono un'eccessiva coordinazione di
movimenti, anche se può comunque essere vantaggiosa una loro utilizzazione che esuli dai canoni
tradizionali di esecuzione.
Il bambino disadattato non ha il ritmo interiore, rifiuta ogni forma di ordine e di armonia: le attività
musicoterapeutiche dovrebbero essere finalizzate a ricreare un certo equilibrio interiore e a restituire
serenità. Si sono ottenuti risultati con la tecnica dello psicodramma, in cui il soggetto riesce a
sciogliere i nodi conflittuali rivivendoli in una scena e quindi affrontandoli a livello consapevole. In
questi casi il suono musicale, immateriale, elusivo e continuo, può incoraggiare il processo di
analisi interiore avviato dallo psicodramma. In alcuni soggetti la musica può condurre alla
sublimazione attraverso le sollecitazioni che essa produce a livello del Super-Io.

2. THERESE HIRSCH

Thérese Hirsch è stata collaboratrice dell'équipe coordinata da J. De Ajuriaguerra, docente di


Clinica Psichiatrica dell'Università di Ginevra e direttore della Clinica di Bel-Air presso la quale la
Hirsch ha lavorato negli anni Sessanta. Nella propria formazione psicomotoria di base la Hirsch ha
integrato molti spunti attinti dalla didattica musicale di E. Willems e dalla ritmica di J. Dalcroze.

FONDAMENTI TEORICI

Lavorando al seguito di De Ajuriaguerra, la Hirsch inserisce la musica in un progetto di educazione


psicomotoria. Affermatasi negli anni Sessanta, la psicomotricità conferma il ruolo svolto dalla
mediazione corporea, e dalla coscienza del corpo nella sua dimensione spazio-temporale, nel
contesto dell'educazione e della rieducazione. Muovendo dagli studi di De Ajuriaguerra sulla
motricità e sulla postura come modalità di incontro con la realtà esterna, l'Autrice intende il corpo
come relazione e in tale prospettiva considera la musica come fattore riabilitativo perché si rivolge
al corpo direttamente senza mediazioni concettuali, aprendo così un canale comunicativo con
soggetti che a causa di handicap fisici e psichici sono incapaci di intessere relazioni e di comunicare
avvalendosi del tradizionale linguaggio verbale.

Le motivazioni che hanno condotto la Hirsch ad applicare la musica nella riabilitazione


dell'handicap nascono dalla consapevolezza che la musica è un mezzo espressivo che interessa
l'uomo nella globalità delle sue facoltà e quindi costituisce un linguaggio privilegiato perchè
immediato, le cui strutture primitive sono rinvenibili anche in soggetti handicappati.

Le attività musicoterapeutiche descritte dalla Hirsch sono volte a rendere i bambini con ritardi nello
sviluppo sufficientemente padroni di se stessi, affinché possano partecipare attivamente ad una vita
quotidiana semplice ma gratificante. Si tratta di risvegliare l'attenzione, rendendo gli individui
ricettivi ed almeno parzialmente coscienti delle loro azioni.

L'obiettivo finale è, sostanzialmente, quello di fornire ai pazienti la possibilità di uscire da se stessi


e di organizzarsi in relazione al mondo esterno. Il progresso che ci si propone di produrre muove in
due direzioni:

1) individualizzazione (maturazione della personalità e acquisizione della propria identità);


2) socializzazione (relazione matura con gli altri).

La musica può far sviluppare il bambino nella dimensione fisica e sensoriale per mezzo il ritmo e il
suono e in quella affettiva tramite la melodia, aprendo così la via ad un potenziale sviluppo mentale.

Per quanto riguarda più precisamente il ritmo, secondo la Hirsch educare la coscienza ritmica del
soggetto implica innanzitutto esercitare il senso del movimento. Essendo il ritmo elemento
dinamico e connesso con gli eventi ritmici del corpo umano, il bambino ritardato lo può percepire
adeguatamente solo se lo vive nei muscoli, con tutto il corpo. Osservando i movimenti spesso rigidi
e stereotipati dei bambini, la musicoterapeuta ha potuto individuare il loro tempo naturale
inconscio. Questo ritmo naturale è quindi il punto di partenza anche dell'educazione speciale della
Hirsch. Muovendo da questo ritmo fisico ancora istintivo, si deve procedere utilizzando il
movimento per ordinare la disarmonia spesso irruente del bambino, inducendo una percezione
corretta del ritmo attraverso i muscoli ed educando il soggetto al controllo motorio.

METODOLOGIA E TECNICHE

L'obiettivo della terapia attuata attraverso la musica non è quello di formare dei musicisti, ma
piuttosto quello di offrire una possibilità in più per aiutare lo sviluppo globale della persona: il
primo passo in questa direzione sta nel cercare di stabilire, attraverso la musica, una comunicazione
tra il bambino e il mondo esterno.

Il compito è molto delicato e implica che l'educatore sappia padroneggiaare gli effetti della musica,
che li abbia già sperimentati su se stesso, che sappia farsi osservatore attento ed obiettivo.

E' possibile trarre un quadro delle caratteristiche della personalità del piccolo paziente che si ha di
fronte studiando le sue modalità di risposta allo stimolo musicale: si può ricavare una prima
immagine globale del bambino esaminando come esegue brevi canzoncine o giochi musicali; il
senso ritmico indica le capacità motorie e fisiche e rivela la capacità e la libertà di espressione, la
plasticità o rigidezza dei movimenti, il tempo interiore e la memoria muscolare; il senso metrico
rivela se l'intelligenza è organizzata e se l'individuo sa raggruppare gli elementi; le modalità di
risposta al suono denotano la finezza dell'orecchio, la ricettività, la memoria sensoriale; l'esattezza
dell'intonazione, il modo di cantare la scala e gli intervalli e la reazione agli accordi indicano la
sensibilità affettiva; le risposte all'ascolto di musica armonica possono rivelare la sensibilità
sensoriale ed affettiva.

Da questi principi generali vengono ricavate alcune considerazioni metodologiche a riguardo del
modo in cui strutturare la seduta di musicoterapia. Una delle tecniche d'approccio più importanti è
la decontrazione: la si ritrova in molte pratiche di educazione o rieducazione musicale e si distingue
dal rilassamento propriamente detto, in quanto è una distensione provocata dalla musica, finalizzata
a favorire l'esattezza di un movimento.

Altri due presupposti fondamentali da rispettare sono la sinteticità e la ripetizione costruttiva.


Riguardo al primo presupposto, mentre con i bambini normali si può isolare una difficoltà per
superarla, ciò è molto difficile con i bambini ritardati. Per questo motivo gli esercizi richiedono una
certa sinteticità e nel contempo devono essere analitici: deve cioè essere sempre molto chiaro quale
sia l'obiettivo educativo, quale l'elemento da mettere in risalto e su cui lavorare.
Il secondo presupposto - la "ripetizione costruttiva" - si riferisce a questo fatto: spesso succede che i
soggetti ritardati ripetano in modo rigido e stereotipato motivi e canzoni; come avviene per la
ripetizione di movimenti automatici e ripetuti, questo comportamento, esteso al campo musicale,
diventa un meccanismo di difesa. E' però importante saper sfruttare positivamente il desiderio di
ripetere eliminando da esso ogni carattere automatico e cercando di conferirgli vitalità e
significatività.

La Hirsch sottolinea l'importanza di saper utilizzare la tendenza alla ripetizione tipica dei bambini
ritardati, con la condizione che venga dotata di un contenuto e di uno scopo concreto: ripetere serve
ai bambini per trattenere nella memoria l'oggetto dell'apprendimento dopo averne compreso il
senso.

Rifiutando l'ascolto passivo dell'esecuzione musicale, - tecnica della musicoterapia valorizzata da


altri Autori - la Hirsch pone l'accento su una ricettività che però sia attiva, intendendo con ciò
l'adesione alla musica con tutto il corpo. Questa musica-attività non esclude però l'ascolto, a
condizione che vengano proposte melodie semplici che esercitino l'orecchio e il senso del ritmo. Il
ritmo è infatti l'aspetto più primitivo e più diretto della musica e per essere percepito dal bambino
deve essere sentito nei muscoli.

Avvalendosi dei vari elementi della musica - quali il suono, il ritmo, l'intensità, la melodia - la
Hirsch vuole creare nel bambino i primi fondamenti di una vita cosciente: la conoscenza del corpo e
dei suoi movimenti orientati nello spazio esterno. Significativa e fondamentale si presenta così la
relazione tra l'aspetto musicale e l'aspetto motorio, presupposti per l'apprendimento, il cui
consolidamento può essere facilitato se al bambino svantaggiato si fa ripetere più volte l'esercizio.
Inoltre, il ritmo permette un certo controllo delle proprie reazioni per la sua intrinseca componente
di ordine ed armonia.

Gli esercizi che vengono proposti al bambino, di cui vanno tenuti presenti attitudini e desideri,
vanno strutturati in forma di gioco musicale nel quale si utilizza uno strumentario vario rispondente
alle diverse esigenze. Il primo e più completo strumento che la Hirsch propone è il corpo, strumento
tanto di movimento quanto di percussione. Gli strumenti di più facile apprendimento sono quelli a
percussione in quanto più accessibili e in quanto permettono anche il movimento del corpo; quelli
melodici invece necessitano di un certo apprendimento tecnico non conseguibile da tutti. E'
comunque importante che il bambino possa avere un contatto diretto ed attivo con lo strumento e,
nel caso di ascolto, viva l'esperienza della musica prodotta davanti ai suoi occhi.

La Hirsch, sulla base dell'esperienza vissuta nell'istituto di Bel-Air che ospita bambini con deficit
psichici, mentali e motori molto gravi, ha individuato le seguenti tappe dell'intervento
musicoterapeutico. L'Autrice ha dovuto impostare la stimolazione sensoriale partendo da un
atteggiamento di ascolto più che da un'azione investigativa dello strumento, almeno nelle fasi
iniziali dell'intervento. La Hirsch si è giovata del suono per insegnare ai bambini ad ascoltare e per
sensibilizzarne l'apparato uditivo. Prima cerca di interessare il bambino con suoni e rumori che
differiscono per durata, intensità, altezza e timbro, stabilendo un primo contatto tramite la parola
cantata; in un secondo momento il bambino manifesta un certo interesse per il suono fino a
desiderare di emetterne anch'egli: è il primo passo verso la sensibilizzazione al suono. Il primo
intervento sui sensi è determinato quindi dall'ascolto e dall'espressione cantata come primitiva
esplorazione di sé e dell'ambiente. Con la musica la Hirsch tenta di indurre l'emissione della voce
con canti costituiti da parole semplici e familiari per facilitare lo sviluppo del linguaggio. Tuttavia la
risposta al canto non viene fornita solo con il linguaggio bensì con tutto il corpo perché esso è
influenzato in tutte le sue dimensioni (percettiva, motoria, affettiva, intellettiva) dai messaggi
sensoriali: il bambino infatti, quando percepisce un suono, vi reagisce in modo sincretico e globale.
Per questo motivo è opportuno associare messaggi diversi - per esempio il suono con il gesto - per
facilitare la comprensione e l'apprendimento; accompagnare il suono ascendente o discendente con
analoghi movimenti delle braccia, oppure sottolineare la velocità del ritmo con passi lenti o veloci.
Questi accorgimenti sono molto utili per portare i bambini ad una presa di coscienza del corpo e dei
suoi movimenti tracciati nello spazio.

Per la Hirsch la stimolazione sensoriale deve favorire la sensibilizzazione al suono. Da un ascolto


inizialmente solo sensoriale - e quindi solo ricettivo - lentamente il bambino passa ad un ascolto
affettivo, quando riesce a cogliere coscientemente i primi "rapporti sonori" (Hirsch, 1967, p.92): la
melodia sarà accompagnata anche da movimenti del corpo, finalizzati ora all'espressione di
sentimenti e alla sollecitazione dell'attenzione e del contatto sociale.

La Hirsch precisa che non si parla di "rieducazione motoria" - nella quale la musica ha solo
funzione di accompagnamento dell'esercizio - ma di "terapia musicale", nel corso della quale si
eseguono dei movimenti stimolati dalla musica che possono anche rappresentare visivamente le
caratteristiche del suono stesso (altezza, durata, intensità,...). La terapista ha elaborato il "gioco
musicale", che riguarda più direttamente la motricità perché aiuta il bambino a conoscere le
potenzialità del proprio corpo, ad adeguarsi alla dimensione spaziale e ad agire in coordinazione
con gli altri (aspetto sociale del movimento). Il gioco consiste nell'eseguire insieme ai bambini una
canzone semplice accompagnandola con gesti e movimenti che mimino - grossolanamente - il
contenuto o che riprendano quelli naturali del corpo (saltellare, correre, fermarsi,...). La Hirsch
sottolinea a questo proposito la necessità di fornire ad ogni movimento sempre uno scopo concreto
ed una direzione per non indurre sterili automatismi senza contenuto. Il bambino dovrebbe riuscire,
con il tempo, ad acquisire la cadenza ritmica della canzone e a disciplinare così il proprio
movimento.

AMBITI DI INTERVENTO

Contrariamente ad altri autori che nella trattazione hanno suddiviso in modo sistematico le attività
in base alla patologia riguardo cui hanno trovato applicazione, la Hirsch preferisce evitare qualsiasi
catalogazione cercando di avvicinare gli individui senza darne definizioni a priori.

Sappiamo che la clinica presso cui ha operato ospita bambini affetti da handicap fisici e psichici ma
l'Autrice non ne dà tanto una definizione medica o psicopatologica, quanto piuttosto li descrive così
come le sono apparsi nel corso del lavoro svolto con loro.

Per aiutare il bambino ad esprimere coscientemente se stesso, è necessario innanzi tutto stabilire
con lui un contatto tramite alcuni elementi musicali che più facilmente possono colpirlo perché
interessano il piano fisico e fisiologico del suo essere: il ritmo e il timbro per i ritardati gravi, la
melodia per gli psicotici e i disturbati. Per mezzo della musica si può anche stimolare l'emissione
della voce e l'udito, invitando all'uso del linguaggio attraverso canzoni con parole semplici e cariche
di valenze affettive. Con l'ausilio della musica si concorre ad aiutare il ragazzo a sviluppare la
propria personalità e lo sviluppo integrale della propria psiche.

Con i cerebrolesi la Hirsch sostiene la necessità di un'educazione spaziale del suono: i bambini
vengono esercitati a riconoscere le qualità del suono rappresentandole concretamente con
movimenti delle braccia progressivamente discendenti o ascendenti a seconda dell'altezza, ampi o
più piccoli a seconda dell'intensità e della durata. Lo stesso procedimento si può applicare suonando
uno strumento: in questo modo il bambino potrà vedere e "sentire" nei muscoli il movimento del
suono prodotto con lo xilofono o con il flauto.

La Hirsch stimola il bambino ritardato a suonare un ritmo facile, possibilmente in accordo con il
suo tempo interiore, imparando a dosare la forza e a sapere quando suonare e quando fermarsi,
controllando l'agitazione o l'inibizione; esercitando i meccanismi fondamentali del controllo
motorio il bambino si avvia quindi all'espressione autonoma.

3. LA MUSICOTERAPIA IN FRANCIA

Jean e Marie-Aimeé Guilhot, Jacques Jost e Edith Lécourt costituiscono un'équipe di psicoterapisti
e psicologi che applicano la musicoterapia per la rieducazione della vita emozionale ed affettiva. A
Parigi sono stati cofondatori della "Associazione di Ricerca e di Applicazione della Tecniche
Psicomusicali". Da questo centro diretto da Jost, si è separata la Lécourt che ha fondato
l'"Associazione francese di musicoterapia" ed è stata direttrice della Rèvue Francaise de
Musicothérapie.

L'azione terapeutica della scuola francese si muove in un'ottica psicoanalitica: l'attenzione è infatti
rivolta al potere affettivo e catartico della musica. In altre parole, i risultati che si possono ottenere
con la musicoterapia sono interpretati alla luce di una psicoterapia analitica.

La musicoterapia viene valorizzata come guida e stimolo nell'esplorazione dell'universo interiore


dei pazienti affetti da disturbi della personalità, essendo la musica atta a mobilitare le forze che
possono favorire l'avvio della riabilitazione.

Attualmente l'esponente più nota della scuola francese della musicoterapia è J.Verdeau-Pailles.

Gli sviluppi recenti della musicoterapia non sono stati divulgati in Italia. Nel presente capitolo si
richiameranno pertanto, nelle loro linee essenziali, le caratteristiche salienti di questa impostazione
musicoterapeutica.

I coniugi Guilhot hanno impostato la propria proposta musicoterapeutica sulle motivazioni


fondamentali delle condotte umane, individuali e collettive, e sull'analisi della personalità umana e
dei fattori che ne assicurano l'equilibrio. Essi hanno elaborato un metodo di intervento che associa
diverse tecniche psicoterapeutiche e psicopedagogiche, compresa quelle a base musicale. La
relazione terapeutica in musicoterapia ricalca quella della psicoterapia basata sul transfert
relazionale tra paziente e terapeuta; nell'intervento con la musica, tuttavia, la presa di coscienza
prodotta dalla terapia è mediata da un oggetto intermediario - la musica appunto - che costituisce il
terzo polo relazionale.

La catarsi provocata dall'ascolto musicale determina la liberazione di sentimenti patogeni e la


scarica di affetti aggressivi; essa è seguita da una presa di coscienza delle dinamiche psichiche e
infine porta ad un'investimento in affetti positivi della parte sana della personalità.
Nelle parole degli Autori: "sia che la musicoterapia si indirizzi alla ricettività del soggetto attraverso
le tecniche d'ascolto o che solleciti l'espressione esteriorizzata del soggetto in creazioni personali o
creazioni di gruppo, gli effetti ricercati sono sempre gli stessi: permettere la liberazione talvolta
violenta di emozioni e di affetti, permettere la presa di coscienza del loro significato e della loro
portata, e, infine, permettere una rieducazione ed una riorganizzazione dell'universo emozionale ed
affettivo, e beninteso, delle funzioni immaginarie e simboliche che gli sono collegate" (Guilhot,
Jost, Lécourt, 1974, pag. 171).

A motivo delle proprie caratteristiche pre-verbali ed arcaiche, la musica può penetrare al di là delle
difese intellettuali, favorendo la regolarizzazione dei ritmi biologici e un miglior controllo tonico-
emozionale. A questo proposito sono state condotte ricerche sul potere affettivo e psicofisiologico
dei singoli elementi musicali. Per esempio, a riguardo degli effetti delle varie componenti dei brani
musicali, sono emerse risposte così caratterizzate: la presenza dei diesis in una melodia produce una
sensazione di tumulto, di agitazione, la presenza dei bemolle invece accresce la dolcezza, il
languore.

Sperimentazioni effettuate al fine di evidenziare le relazioni tra armonia e risposte emotive hanno
permesso di formulare le seguenti conclusioni: gli accordi consonanti provocano sensazioni di
ordine, equilibrio, riposo, gli accordi dissonanti invece suscitano inquietudine, desiderio, tormento,
agitazione; l'accordo perfetto induce stabilità, calma.

Anche il tempo pare avere notevole influenza sullo stato d'animo stimolandolo diversamente e a
seconda che esso sia lento (in questo caso suscitano serenità, tranquillità. tristezza) o sia veloce (in
questo caso suscitano gioia e vigorosità).

Gli studi sul potere espressivo della melodia hanno dato risultati contrastanti. Alcuni hanno
associato le melodie ascendenti a gaiezza, serenità, quelle discendenti a solennità. Altri hanno
voluto associare il primo tipo di melodia alla rimozione, e il secondo tipo alla presa di coscienza.

Le associazioni al timbro sono determinate da convenzioni per cui il flauto avrebbe un carattere
"agreste", l'organo un carattere "religioso", la fisarmonica un carattere "popolare".

Data la molteplicità di risposte emotive che la musica può provocare, i valori terapeutici di
quest'ultima sono stati raggruppati in quattro categorie fondamentali:

a) la musica intesa come strumento di disciplina del pensiero, di espressione delle emozioni;

b) la musica che ristabilisce i ritmi fondamentali dell'organismo e la loro sincronia;

c) la musica che contribuisce a migliorare l'atmosfera degli ambienti;

d) la musica come intermediaria nella presa di contatto con la realtà.

La musica può essere utilizzata per risolvere i blocchi di comunicazione con gli altri e come
preparazione ad una psicoterapia a base verbale, in quanto facilita l'apertura della comunicazione e
produce rilassamento psicofisico e alleviamento dell'ansia.

Nel proprio metodo musicoterapeutico, Jost distingue sei tecniche principali:

1) tecniche utilizzanti suoni isolati, per indurre stati emotivi;


2) tecnica con opere musicali, utilizzate per la ricchezza delle tonalità affettive suscitate;

3) tecnica individuale, considerata da Jost la più appropriata perché la musica è scelta proprio in
funzione dello stato psicologico del paziente;

4) tecnica di gruppo, per facilitare la comunicazione condividendo l'ascolto;

5) tecnica d'ascolto, in cui agisce solo l'attività intellettiva e affettiva;

6) tecnica attiva, per fare interpretare brani musicali al paziente, permettendogli di esprimersi in
maniera più intensa.

Il metodo-chiave è quello individuale, proposto per soggetti di tipo ansioso, iper-emotivo,


schizofrenici e melanconici. Esso è costituito dall'associazione di tre opere musicali; il primo brano
deve evocare i disturbi emotivi del soggetto, il secondo deve contenere linee melodiche che
neutralizzino l'effetto del primo, infine il terzo pezzo deve portare un sentimento di tranquillità,
favorendo il superamento dei conflitti. In genere la prima opera va scelta sulla base delle preferenze
del paziente.

Il metodo della terapia di gruppo invece ha altri obiettivi: far scoprire all'ammalato altre tonalità
affettive che non corrispondono alle proprie, facilitare la verbalizzazione e lo scambio
interpersonale, innescare discussione sui motivi che sottostanno alle varie associazioni emotive
suscitate dalla musica.

Le condizioni di una soddisfacente riuscita dell'intervento risiedono innanzitutto nell'abilità del


terapeuta, nella sua capacità di cogliere con prontezza le esigenze dei pazienti e di adattare ad esse
la terapia, nel suo accorto conformarsi ad un programma specifico.

4. GERTRUD ORFF

Gertrud Orff ha adottato i principi e le tecniche della didattica del marito Carl - volte ad
un'educazione musicale creativa e spontanea - applicandoli sulla base delle proprie esperienze
condotte con soggetti affetti da diverse forme di handicap. Ne è derivato un metodo utilizzato
specificamente per il bambino minorato, affidato all'ausilio dei tre mezzi basilari della Orff-
Schulwerk: lo strumentario Orff, il linguaggio e il movimento.

Le esperienze musicoterapeutiche della Orff -le prime dei paesi di lingua tedesca ad essere note
all'estero - sono state in seguito sviluppate da vari allievi che hanno esteso le modalità e l'ambito di
applicazione del metodo Orff all'handicap. L'interesse suscitato dall'opera pionieristica di Gertrud
Orff ha portato alla fondazione di centri di formazione per musicoterapeuti dapprima a Vienna e
poi, nel 1972, a Berlino.

Anni di esperienza compiuta con bambini in difficoltà hanno permesso a Gertrud Orff di formulare i
due principi-base irrinunciabili della sua proposta terapeutica: la elementarità e la stimolazione
multisensoriale.
A riguardo del primo concetto, è chiarificatrice la seguente definizione: "Movimento, canto, suono,
formano un tutto unico: musica elementare, strumentario elementare, forme elementari di
linguaggio e di movimento. La musica elementare non è mai soltanto musica, essa è legata al
movimento, alla danza, alla parola, è una musica che si deve fare spontaneamente, nella quale si è
coinvolti come collaboratori, non come ascoltatori. Essa è pre-mentale, non conosce le grandi
forme, è terra-terra, naturale, fisica, può essere appresa da ognuno, vissuta da ognuno a misura di
bambino" (Orff G., 1982, p.10).

Per stimolazione multisensoriale si intende invece il tentativo di strutturare attività che possono
rivolgersi a tutti gli organi di senso in modo da compensare l'organo eventualmente meno attivo.

FONDAMENTI TEORICI

La musica con le sue tre componenti - suono, movimento, linguaggio - investe globalmente la
personalità psico-fisica del bambino e viene recepita attraverso i canali di comunicazione rimasti
intatti nell'handicappato.

La Orff si avvale del principio di elementarità in quanto il bambino minorato ha bisogno di attività
che, pur nella loro semplicità, si adattino alle sue difficoltà: il lavoro del terapeuta è quindi
un'incessante ricerca di tecniche di approccio che si sviluppano a partire dal bambino, dalla sua
situazione concreta, dalla convinzione che la comunicazione non si può imporre, ma si deve
instaurare spontaneamente.

Elementarità significa anche sfruttare le potenzialità musicali insite in ogni individuo, la musica che
ogni essere umano ha in se stesso, la sua capacità di farsi guidare da essa, di rispondere a un ritmo e
di riviverlo nel proprio intimo. Ciò implica il credere nelle possibilità di recupero del soggetto
disabile, possibilità che si attualizzano grazie a una terapia musicale che si sforza di provocare
cambiamenti interiori ed esteriori coinvolgendo il paziente in un vortice di suoni e di movimenti.

Secondo il principio della multisensorialità, la musicoterapia Orff è tesa a sviluppare l'acutezza di


tutti i sensi per cui, laddove un organo di senso non è in grado di assolvere il suo compito,
intervengono altri a sostituirlo.

La base biologica di questo principio è fornita dagli studi secondo cui l'eccitazione di una cellula
nervosa attraverso gli assoni viene trasmessa alle altre cellule nervose e in parecchi punti connettivi
avviene un collegamento incrociato tra i singoli canali. Inoltre, le indagini sul funzionamento del
cervello hanno rivelato che una qualità essenziale dei neuroni è di prendere decisioni senza
elaborare ogni singolo segnale. Il segnale deve superare una determinata soglia: se il neurone viene
eccitato troppo debolmente rimane passivo. Per questo motivo la Orff sostiene che gli stimoli
trasmessi devono essere penetranti, stimolanti e affascinanti.

Il punto di partenza dell'intervento deve essere il bambino, la cui minorazione lo costringe


all'isolamento. E' compito del terapeuta "penetrare nell'animo del bambino", ma l'apertura
comunicativa deve instaurarsi spontaneamente, tenendo presenti le sue esigenze e proposte. Bisogna
escludere ogni meta premeditata, poiché il cammino da percorrere con il bambino va stabilito di
volta in volta e deve lasciare spazio all'improvvisazione e all'elemento sorpresa. Costante e ben
definito resta invece il proposito di base della terapia: condurre il soggetto all'acquisizione di una
comunicazione non-verbale in tre direzioni:
1) tra il bambino e il materiale;

2) tra il bambino e il terapeuta tramite il materiale;

3) tra bambino e bambino.

Dopo l'iniziale instaurarsi di un clima di fiducia e di stabilità tramite il rapporto con il terapeuta e il
materiale (non solo strettamente lo strumento musicale), si dovrebbe agire quindi verso una triplice
esperienza conoscitiva:

1) della propria persona, coscienza che nasce dall'esperienza di manipolazione e di conoscenza


dell'oggetto;

2) della strutturazione sociale, alla cui base risiede la capacità di tolleranza e di interazione;

3) dell'ambiente, tramite la comprensione del tempo e dello spazio, degli oggetti, dell'ordine.

Tutto il lavoro del terapeuta va orientato nella direzione di questo processo volto ad instaurare una
comunicazione globale con sé e con il mondo.

METODOLOGIA E TECNICHE

L'Autrice fonda la propria tecnica terapeutica sul significato originario del termine greco musikè
inteso come "articolata rappresentazione dell'uomo in parole, suoni e movimenti" (Orff, 1982, p.8).
Con questa definizione la Orff giustifica il ricorso, nella sua terapia, alle tre forme espressive di
suono, movimento e linguaggio. Nel corso delle sedute terapeutiche questi tre moduli espressivi
devono trovare unificazione. La loro coordinazione può avvenire attraverso delle associazioni per
contiguità temporale (lineari) o per simultaneità (verticali), in analogia con il funzionamento dei
sistemi sensoriali. Sollecitando i sensi con differenti stimoli simultanei, almeno uno di questi ultimi
dovrebbe entrare nel sistema sensoriale del bambino e aprire una possibilità di comunicazione.

La Orff prospetta tre momenti nell'intervento: la preparazione, l'azione, la rielaborazione.


Rifacendosi al modo di esprimersi del mondo greco, i tre momenti sono rapportabili alla formazione
della memoria, lo sviluppo del cantus e la stimolazione della meditatio. Ma come si sviluppano
questi tre elementi? La memoria si sviluppa fornendo materiale diverso sul piano della parola, del
movimento, dello strumentario; tale materiale verrà elaborato tramite la ripetizione e l'imitazione.
L'apprendimento sarà migliore se il terapeuta saprà fornire un sostegno affettivo. Il cantus è in
relazione con l'esporre ciò che si è fissato nella memoria: in esso si esplica l'agire personale, la
creatività, il senso di realtà. Infine la meditatio, direttamente causata dall'azione, è il momento della
riflessione sul lavoro svolto sia dal soggetto che dagli altri membri del gruppo: da essa sgorga la
critica costruttiva e la progettualità.

La seduta di musicoterapia può essere sia di gruppo che individuale. La Orff propone quattro
atteggiamenti da attuare nelle prime sedute sia di gruppo che individuali:

1) il terapeuta dovrebbe fin dal primo approccio col bambino sforzarsi di instaurare un clima di
fiducia tramite una corretta presa di contatto;
2) il terapeuta sarà attento nel verificare le reazioni del bambino e si porrà in un atteggiamento di
accettazione di qualsiasi sua manifestazione;

3) dall'osservazione attenta il terapeuta potrà formulare piani individuali di terapia;

4) infine si cercherà di instaurare nel bambino un atteggiamento positivo, di accettazione della


terapia.

Nella terapia individuale (consigliata con bambini che manifestano aggressività verso sé e gli altri),
la seduta deve iniziare in un rapporto di fiducia stabilito dal terapeuta, per poi percorrere tre tappe:

1) la preparazione, basata sull'azione precedente e quindi sulla memoria stimolata dall'imitazione e


dalla ripetizione;

2) l'azione, affidata all'improvvisazione del bambino;

3) la riflessione, seguente all'appropriamento della tecnica e del senso di responsabilità.

Nelle sedute di gruppo il terapeuta crea prima, con il suono e il movimento, un clima adatto per poi
presentare l'elemento nuovo che andrà sviluppato con l'apporto creativo dei bambini. L'azione può
essere dominata da alcuni espedienti, quali il momento "ostinato" (che crea la concentrazione con la
ripetizione), il momento "contrastante" ( che sollecita la flessibilità) e il momento di "sorpresa" (per
ricondurre all'ordine).

Le attività si avvalgono dello strumentario suggerito dallo Orff-Schulwerk, costituito da strumenti


ritmici, melodici (di cui alcuni tratti dalle culture dell'Africa e dell'Asia). L'originalità non consiste
nella creazione di nuovi strumenti, ma piuttosto nell'uso che se ne fa, nel tentativo di adattare lo
strumento al bambino, perché tra i due si possa creare una sorta di dialogo, di comunicazione che
sarà poi allargata, con lo strumento nella funzione di intermediario, al terapeuta e agli altri.

Per la Orff il primo passo della stimolazione sensoriale è attuato direttamente dal bambino, nel
momento in cui questi esplora, con tutti i canali sensoriali, gli oggetti e gli strumenti musicali a sua
disposizione. Contemporaneamente egli esplora anche il proprio corpo attraverso il movimento,
esercitando la potenzialità ricettiva degli organi sensoriali e i suoni che il corpo stesso produce.

Degli strumenti la terapista tedesca consiglia una triplice conoscenza:

1) tattile (per percepire il calore, la superficie, l'elasticità, la vibrazione);

2) ottica (la grandezza, la forma, la posizione);

3) acustica (il timbro, la sonorità).

La sperimentazione sonora sugli strumenti e sul corpo è indispensabile per sollecitare, con la loro
componente ritmico-melodica, anche il movimento del bambino handicappato. La carenza di
movimento - tipica ad esempio del ritardato mentale - può essere superata sollecitando il bambino
con stimoli visivi ed uditivi, proponendogli di seguire con gli occhi un oggetto in moto o
invitandolo a raggiungere uno strumento posto lontano da lui e da cui è attratto. Nei casi di
audiolesione la Orff sottolinea un efficace esempio di felice sostituzione di una capacità intatta ad
una compromessa: il movimento va sollecitato perché può aiutare a rappresentare visivamente il
suono permettendo anche al bambino incapace di sentire di giungere ad una rappresentazione del
suono.

Gli strumenti (tamburi, timpani, maracas, xilofoni,...) possono venire suonati nello "stile pre-
melodico", senza una ben definita melodia, e anche in modo "pre-ritmico" (senza una vera cadenza
ritmica) per giungere poi alla scoperta del ritmo, del suono e anche della melodia.

L'esigenza di permettere che i bambini improvvisino sugli strumenti durante la seduta è condivisa
anche dalla Orff che ha potuto verificare come il ritmo del movimento venga spontaneo se il
bambino è lasciato libero di scegliere quali unità ritmiche suonare. La legge dell'ISO (v. Benenzon)
consiglia di assecondare la tendenza ritmica interiore del bambino, tenendo presente che
generalmente i soggetti handicappati mentali sono in grado di "eseguire in modo organico un ritmo"
(Orff, 1982, p.91) che memorizzano meglio se sollecitati a ripeterlo più volte. Permettendo al
bambino di esplorare la dimensione musicale spontaneamente, lo si aiuta a raggiungere una certa
sicurezza nell'esecuzione ritmica. Inoltre, adottando l'accorgimento tecnico della ripetizione dei
ritmi proposti si stimola il rafforzamento della capacità di concentrazione e dell'attenzione.

Nell'utilizzo degli strumenti, la Orff suggerisce di attenersi a due principi. Innanzitutto non si
dovrebbe mai alterare la natura dello strumento. In secondo luogo, dal momento che la terapia è
finalizzata a favorire la concentrazione e a stimolare la fantasia, si dovrebbe usare il materiale con
parsimonia in modo tale che il bambino, posto di fronte a pochi strumenti, sia costretto a sviluppare
un comportamento creativo nella ricerca delle potenzialità di utilizzo di un singolo strumento.
Inoltre, una seduta terapeutica condotta con l'apporto di un solo strumento non solo stimola la
fantasia del bambino, ma induce i membri del gruppo alla condivisione, alla tolleranza, a dosare gli
interventi e a proporli al momento giusto, nel rispetto dei tempi e delle dinamiche altrui.

Con gli strumenti si possono attuare giochi musicali in cui si accosta il suono dei vari strumenti alle
immagini di una filastrocca. Altrettanto importante infatti è la dimensione del linguaggio, inserito
come elemento "ritmico-sonoro". Innanzi tutto la fonetica prevale sulla semantica e quindi
l'accostamento di vocali e consonanti va studiato per rendere una situazione marcatamente ritmica.
Successivamente si potrà anche arrivare alla comprensione del linguaggio stesso.

Un ulteriore elemento, sfruttato nella musicoterapia Orff, è il movimento: esso aiuta a prendere
coscienza del proprio corpo e dei suoi ritmi ed anche della dimensione spazio-temporale.
Generalmente nei bambini handicappati il movimento è disturbato e quindi non è armonico;
mancando il movimento, interviene una carenza anche a livello di socializzazione. E' essenziale
quindi che sia concessa ai bambini la possibilità di ritrovare il movimento come espressione di sé,
proponendo un legame tra la musica e l'attività motoria. Quest'ultima si può manifestare in atti
mimico-gestuali e in movimenti locomotori, attivati da esercizi proposti dal terapeuta ed imitati dal
bambino. Quest'esperienza ha una portata considerevole dal punto di vista sociale perchè rafforza
l'autonomia e la facoltà di decisione.

Nel caso dell'autismo manca quasi del tutto quel movimento dall'interno verso l'esterno che instaura
la comunicazione: il movimento infatti indica un'attenzione per il mondo esterno. L'azione motoria
sarà eseguita più facilmente se guidata da una motivazione - ad esempio l'incontro e lo scambio
sonoro con gli altri - e rafforzerà la capacità decisionale e relazionale del bambino.

La Orff individua due espressioni del movimento: quella mimico-gestuale - che non necessita uno
spostamento globale del corpo ma si limita a movimenti della testa e delle braccia - e quella
locomotoria - consistente nello spostamento del corpo, da un punto all'altro dello spazio, motivato
dall'incontro e dalla comunicazione con gli altri membri del gruppo. L'obiettivo di quest'ultima
espressione motoria è il rafforzamento della concentrazione e delle capacità di riconoscimento, dal
momento che la percezione uditiva viene rinforzata dalla percezione visiva di movimenti che
visualizzano la scansione ritmica e le proprietà del suono (altezza, intensità,...).

I giochi proposti dalla Orff per i bambini emiplegici sono finalizzati a far lavorare anche la parte del
corpo malata, attraverso l'utilizzo di strumenti a percussione volti alla coordinazione delle parti del
corpo; ai soggetti che sono in grado di stare in piedi la Orff propone giochi ritmico-sonori con i
quali invita al movimento che rafforzi il senso di equilibrio e il desiderio di muoversi.

La Orff segnala la necessità di intensificare gli esercizi per la coordinazione oculo-manuale con
l'uso degli strumenti per aiutare i bambini con ritardo mentale a migliorare i movimenti goffi ed
impacciati; il ritmo del movimento va sostenuto con la ripetizione perché così si imprime più
stabilmente nella memoria del bambino.

La Orff precisa che il ritardato sviluppo della percezione acustica spesso comporta una riduzione
dell'attività motoria. Il bambino sordo infatti mostra diffidenza anche verso il proprio movimento
perché non può percepire il rumore-suono corrispondente allo spostamento del corpo; ne risulta
un'andatura ed una manualità spesso non ben coordinate. Il recupero deve procedere avvalendosi di
movimenti che siano percepibili con la vista, inventando dei segnali sonori con diversi strumenti e
collegandoli a movimenti, quali il saltello, la corsa, ecc. Il gioco ha il duplice scopo di rafforzare la
percezione della vibrazione sonora e la sincronia tra il suono-segnale e il movimento
corrispondente, sviluppando la confidenza con un'attività motoria autonoma.

A verifica dell'utilità del ricorso al movimento anche con il bambino autistico la Orff ha constatato
che il movimento si è rivelato efficace nell'inserirsi nella stereotipia motoria e nel provocarne una
rottura; si dovrebbe proporre come alternativa al movimento altalenante costante del bambino un
movimento ritmico nuovo che generalmente desta nel soggetto un interesse ed una risposta, aprendo
in tal modo il passo ad uno scambio relazionale.

AMBITI DI INTERVENTO

La Orff sottolinea come nel suo lavoro sia sorta la necessità di attuare trattamenti differenziati a
seconda delle minorazioni che sono oggetto della terapia. Ogni handicap infatti presenta dei
comportamenti e deficit diversi caso per caso. Più precisamente, la musicoterapia si trova ad
affrontare problemi quali: difficoltà di contatto e di comprensione sociale, difficoltà di
coordinazione psicomotoria, disturbi di linguaggio, udito e vista, ritardo mentale.

La minorazione dell'udito implica quasi sempre una minorazione sociale. Il minorato dell'udito vive
isolato nell'ambito di una comunità, gli sfuggono segnali e informazioni importanti provenienti
dall'ambiente. Le attività dovranno cercare di suscitare interesse e attenzione nel bambino
sviluppando giochi di movimento, piacevoli dal punto di vista visivo in modo da compensare la
sensazione di perdita di vita delle cose mute con la sensazione di una vivacità proveniente dal loro
movimento e dalla loro forma o colore.

Le persone non vedenti trovano una compensazione attraverso l'udito per mezzo del quale esse
possono mettersi in relazione con il mondo circostante.

Con i bambini affetti da disturbi del linguaggio la stimolazione è incentrata sul ritmo delle parole e
alternativamente si può operare in una "situazione meditativa" in cui, attraverso la ripetizione di
versi su un ritmo libero, si offre la possibilità di indugiare ad ogni verso, di giocare con le parole, di
riflettere sulla situazione proposta. Nei casi di bambini affetti da balbuzie, trovano buona
applicazione attività di canto con melodie cadenzate. La Orff ha anche sperimentato positivamente
attività richiedenti movimenti oscillanti di danza.

Con gli insufficienti mentali la Orff attua giochi finalizzati alla coordinazione oculo-manuale,
consistenti in varie modalità di percussione degli strumenti ed esercizi di movimento per sviluppare
l'equilibrio e la deambulazione. Se la capacità di concentrazione ha durata breve, il terapeuta, pur
cercando di tenere costantemente desta l'attenzione cambiando frequentemente esercizio, dovrà
cercare di renderla più elastica basandosi su proposte racchiuse in piccole unità che possono essere
facilmente ampliate o ristrette.

Per i disturbi di comportamento la Orff propone due forme musicali: la forma di rondò con singole
parti soliste e la forma di "imitazione". La forma di rondò unisce tutti i membri del gruppo in un
gioco comune e promuove l'integrazione musicale. Ognuno è obbligato a suonare con gli altri,
dall'inizio alla fine del gioco ed è continuamente stimolato ad allontanarsi dall'io per conformarsi al
noi, all'esecuzione e alla tonalità degli altri membri del gruppo. La forma di imitazione consiste
invece nel ripetere un gesto proposto da un compagno facendo propria una "caratteristica spirituale
degli altri".

Nei confronti del bambino autistico il terapeuta deve porsi in un atteggiamento di estrema
attenzione, pronto a cogliere anche i più piccoli messaggi: imparerà così a penetrare lentamente nel
mondo del bambino, cercando di sgretolare a poco a poco gli atteggiamenti stereotipati e le
compulsioni che ne costituiscono il sistema di difesa. La Orff non suggerisce attività specifiche, ma
invita ad osservare quasi empaticamente il comportamento del piccolo paziente: ogni momento può
essere idoneo per scoprire la chiave di accesso alla mente confusa e spaventata dell'autistico.

5. PAUL NORDOFF E CLIVE ROBBINS

Paul Nordoff, musicista e compositore, e Clive Robbins, educatore specializzato, hanno svolto la
loro opera terapeutica lungo l'arco di un decennio (1959-1967) in istituti europei e statunitensi
ospitanti bambini subnormali.

I presupposti teorici del loro lavoro trovano supporto negli studi svolti da Seashore e da Révész
sull'esistenza di alcune attitudini semplici, basilari e innate, del talento musicale, quali la
discriminazione dell'altezza, dell'intensità, del timbro e del ritmo e la memoria tonale.

L'originalità della proposta musicoterapeutica di Nordoff e Robbins risiede nel fatto che non esiste
una programmazione formulata a priori: ogni seduta si struttura rispondendo alle esigenze del
paziente che, invitato ad esprimersi musicalmente, rivela, attraverso le modalità di utilizzo degli
strumenti e le caratteristiche dei suoni prodotti, i propri conflitti interiori.

Con l'improvvisazione musicale, attraverso un procedimento per tentativi ed errori, il terapeuta si


sforzerà di trovare la musica più adatta per instaurare col paziente un dialogo sonoro. Solo a questo
punto la seduta terapeutica potrà avere uno svolgimento più preciso e prevedibile.
FONDAMENTI TEORICI

I due Autori partono dal presupposto che la musica può costituire un mezzo di comunicazione unico
nel suo genere che permette anche al subnormale grave una qualche possibilità di apprendimento e
di reinserimento sociale. Essi intrecciano il lavoro pedagogico - volto allo sviluppo delle
potenzialità del bambino svantaggiato - al lavoro psicologico - finalizzato al rafforzamento dell'Io,
delle relazioni interpersonali e della socializzazione.

A fondamento della terapia risiede la convinzione che la musica sia un'esperienza universale perché
accessibile a tutti e costituita da elementi - quali ritmo, melodia, armonia - che esercitano
un'attrazione psicologica notevole. L'universalità della musica è dovuta anche al fatto che il suo
messaggio può contenere tutta la gamma del sentimento e dell'esperienza umana. I destinatari della
musicoterapia sono bambini che vivono in una condizione di isolamento e le cui difficoltà
comunicative limitano l'assimilazione delle esperienze e l'adattamento. Inaspettatamente, per questi
bambini la musica può diventare la possibilità di vivere un'esperienza stimolante e un mezzo di
comunicazione per la loro integrazione individuale e sociale.

Nordoff e Robbins sono dell'opinione che la musica costituisca la via ideale per entrare nella
personalità dei bambini handicappati, per aiutarli a sviluppare il loro potenziale e rafforzare le
funzioni psicologiche non compromesse.

Nordoff e Robbins, più che mirare ad integrare le singole funzioni sensoriali da un punto di vista
fisico-psichico, tentano di raggiungere - come prima tappa - la sfera emotiva del bambino, creando
un ambiente ricco di stimolazioni che dia spazio alle potenzialità inespresse dei bambini. Consci
che lo sviluppo dei bambini handicappati è fortemente inibito da capacità percettive spesso distorte
ed incomplete, i due Autori utilizzano la proposta musicale per risvegliare le strutture interiori e
permetterne un'espressione più organizzata e matura.

Nordoff e Robbins, ponendo in rilievo l'esistenza di un rapporto tra la funzionalità dell'organismo e


la vita emotiva, hanno potuto constatare che la risposta ritmica che il bambino dà alla battuta
proposta dal terapista - interpretatane la struttura più o meno disordinata - rivela lo stato patologico
del bambino stesso. Lasciato libero di improvvisare almeno all'inizio della seduta, battendo sullo
strumento (in genere a percussione) il bambino manifesta quasi subito "l'immagine ritmico-musicale
di sé" (Nordoff e Robbins, 1982, p.58). Nell'attimo in cui il tempo interiore del bambino trova la sua
corrispondenza nella musica, la comunicazione ha inizio ed il bambino stesso ne prende lentamente
coscienza, innescandosi così un progresso psicologico che lo porterà ad acquisire sicurezza e fiducia
ed a rimediare ai limiti evidenziati dall'analisi delle battute ritmiche iniziali.

Il terapeuta potrà così lavorare sulle risposte ricevute, cercando di stabilire un canale di
comunicazione e inducendo poco per volta una serie di cambiamenti di personalità.

METODOLOGIA E TECNICHE

Gli Autori intervengono inizialmente attuando una terapia individuale, che ruota attorno
all'esperienza dell'improvvisazione. Le prime prove rivelano che ogni bambino reagisce alla musica
in modo diverso, evidenziando una connessione significativa tra la sua patologia, la sua personalità
e la reazione musicale. Osservando l'improvvisazione musicale, il terapeuta deve rendersi conto
fino a che punto il bambino può fare musica, come la fa e il significato che ha per lui il farla. Sulla
base di queste osservazioni, Nordoff e Robbins hanno elaborato una categorizzazione delle risposte
- basata sulla sensibilità ai tempi, ai ritmi e alle melodie e sull'abilità a ritmare sul tamburo - rivelate
dal bambino.

Dopo un intenso lavoro condotto su 145 bambini e protratto per circa un anno, Nordoff e Robbins
hanno raggruppato i tipi di risposte date all'improvvisazione in tredici categorie:

1^ categoria: Libertà ritmica completa.

Questa categoria è caratterizzata da sensibilità immediata ai tempi, alle dinamiche, ai modelli e alle
strutture ritmiche e melodiche: i bambini che reagiscono in questo modo mostrano un'intelligenza
musicale intesa non solo come facilità di percezione della musica come suono, ma anche come
sensibilità ad essa quale mezzo espressivo. Il bambino, pur reagendo attivamente allo stimolo
musicale, mantiene comunque l'autocontrollo.

2^ categoria: Libertà ritmica instabile.

Pur essendoci libertà ritmica e percezione musicale, la risposta è carente, perché, a causa di una
reazione eccessiva allo stimolo musicale, il bambino ha perso l'autocontrollo. La risposta può essere
di tipo psicologico o neurologico. Nel primo caso, il bambino attratto dal mondo stimolante della
musica e dalla possibilità di autoaffermazione, produce un'attività disorganizzata battendo
disordinatamente sul tamburo nel tentativo di manifestare bisogni e scaricare energie. Nel caso di
risposta neurologica, invece, il bambino non è in grado di controllarsi negli "accelerando" e nei
tempi veloci, diventa sovraeccitato e il ritmo gli sfugge oppure può rimanere invischiato nella
ripetizione di modelli e riprodurre una battuta in modo ossessivo. La causa di questa reazione
sembra sia di origine organica, in quanto, a differenza della risposta psicologica, la scelta di
comportamento non è autonoma ma dettata da una costrizione interna.

3^ categoria: Libertà ritmica limitata.

In questo caso, una carenza di sviluppo provoca lunghi ritardi nella risposta e goffaggine nel seguire
il tempo. Esiste una certa sensibilità alle dinamiche musicali, ma il soggetto è incapace di riprodurre
i modelli ritmici; egli può essere in grado di reagire alle variazioni tonali, ma il senso del tempo e
del ritmo è assente.

4^ categoria: Battuta compulsiva.

Il bambino batte inflessibilmente uno stesso tempo, dando quasi l'impressione che la sua battuta sia
coatta: le qualità di questa risposta sono la scarsa flessibilità e l'assenza di variazioni e di accenti.
Anche se potrebbe esistere una certa consapevolezza della musica, essa è comunque soffocata dalla
battuta compulsiva che sembra assorbire completamente il bambino.

5^ categoria: Battuta disorganizzata.

La battuta disorganizzata può essere di diverso tipo:

- impulsiva: il bambino risponde energicamente allo stimolo musicale pur essendo incapace di
sostenere lo sforzo della battuta.
- paralitica: il bambino è incapace di battere a tempo, o segue il ritmo solo in parte; in alcuni casi è
incapace di coordinare una mano con l'altra e batte con ciascuna tempi diversi. E' comunque
consapevole della musica ed è evidente il suo sforzo.

- compulsivo-disorientata: il bambino batte simultaneamente con le due mani il ritmo di battute


sfasate.

-emozionale-disorientata: il bambino è passivo e produce una battuta che segue la battuta di base; se
invece è stimolato, la sua battuta diviene rapida e violenta.

6^ categoria: Battuta evasiva.

Il bambino rifiuta di conformare la sua battuta con quella del terapeuta, fermandosi quando si
accorge che i due suoni coincidono o coprendo il suono dell'improvvisazione. Questo
comportamento può essere determinato dalla incapacità emotiva di tollerare il contatto con il
terapeuta.

7^ categoria: Battuta con forma emozionale.

Il bambino non dà risposte ritmiche stabili o costruttive, ma esprime la sua forza emozionale con un
suono incontrollato. La sua attenzione è tesa a soddisfare i suoi impulsi emotivi e muscolari.

8^ categoria: Battuta caotico-creativa.

La battuta è incompleta, ipercreativa e non sufficientemente stabile; la relazione con


l'improvvisazione è impercettibile e imprevedibile.

9^ categoria: Suonare al pianoforte.

Potrebbe essere la fase preliminare all'accompagnamento col tamburo: il bambino collabora con il
terapeuta suonando con lui sul pianoforte; questa attività è utile per favorire una buona interazione
terapeuta-paziente ed evitare uno stato di indipendenza precoce nel bambino che si verificherebbe
se dovesse suonare su uno strumento diverso da quello del terapeuta.

10^ categoria: Risposte con il canto.

Il reagire cantando è tra le modalità di risposta più immediate. Il canto può essere di tipo
autoespressivo, corresponsivo, tonale o ritmico: nel primo tipo il canto improvvisato rispecchia
nella melodia e nelle parole i sentimenti del bambino; nel secondo tipo il canto è suscitato dalle
particolari condizioni della terapia (esempio: canti augurali, canti per accompagnare il suono del
tamburo ecc.); nel terzo tipo, - il quale si ritrova in bambini affetti da disturbi gravi o totali del
linguaggio - avviene una emissione di suoni tonali, ritmici o con intonazioni esclamative.

11^ categoria: Risposte al canto.

Il bambino reagisce al canto del terapeuta; in tal modo si migliora la qualità del rapporto e si guida
il bambino verso esperienze attive.

12^ categoria: Risposte a linguaggi musicali specifici.


L'abilità del terapeuta sta nel saper ampiamente variare la complessità ritmica e melodica della
proposta musicale: potrà così essere d'aiuto per lo sviluppo di un linguaggio che il bambino farà
proprio e dal quale sarà attratto. E' significativo il fatto che i bambini che non possono rispondere
ritmicamente o vocalmente manifestano mutamenti nell'espressione facciale, nel comportamento,
nei movimenti ritmici del corpo e anche nelle variazioni nella respirazione.

13^ categoria: Risposte allo stato d'animo musicale o a sue variazioni. Nessun genere di musica è
privo di carica emotiva e questa sarà tanto maggiore nella terapia con musica improvvisata: ci sono
alcuni bambini che dimostrano nelle loro reazioni una sensibilità spiccata a ogni mutamento di
umore che emerge dall'improvvisazione.

I primi interventi ritmici del bambino autistico sul tamburo - ci informano Nordoff e Robbins -
rivelano una "battuta compulsiva", ossia un'ostinata ripetizione di un ritmo senza alcuna intenzione
comunicativa. Interrompendo la battuta del bambino con elementi dissonanti e contrastanti i
terapisti americani osservano un graduale esaurirsi dell'ossessività ed un inizio di interesse per una
cadenza ritmica più regolare e controllata, non più automatica e quindi usata dal bambino autistico
per tentare l'esplorazione del mondo circostante e per maturare la propria personalità. Pare, inoltre,
che la "dissonanza espressiva" - parte integrante della musica contemporanea - che traspare nelle
sequenze armoniche da loro proposte si sia rivelata un "elemento vitale di vivacità e sostegno"
(Nordoff e Robbins, 1982, p.52) perché risveglia nel bambino l'attenzione nonché il movimento,
sensibilizzandolo all'attività musicale che sta vivendo.

Raggiunta con la terapia individuale l'acquisizione del senso dell'ordine, della fiducia e
dell'indipendenza, il terapeuta può passare in un secondo momento al coinvolgimento in esperienze
musicali di gruppo. I bambini elaborano allora un nuovo tipo di attività collettiva che comprende
esercizi vocali e canori, giochi in cerchio e momenti di drammatizzazione. I giochi musicali
elaborati dagli Autori si basano sulla realizzazione pratica di una storia tramite l'interazione del
movimento e dell'elemento musicale di suono e di canto. Queste esperienze per essere significative
devono essere stimolanti e possedere un contenuto emotivo che provochi l'interesse e la
partecipazione dei bambini.

Gli obiettivi che Nordoff e Robbins si propongono con la terapia di gruppo sono molteplici: innanzi
tutto l'integrazione sociale tra soggetti molto diversi tra loro la cui complementarietà è stimolo a
trovare punti di contatto e ad essere di esempio agli altri; l'assunzione di precisi ruoli e
responsabilità; la conoscenza di se stessi e soprattutto delle proprie capacità, connessa con una
progressiva crescita interiore e la realizzazione di sé.

Accanto all'improvvisazione terapeutica Nordoff e Robbins riconoscono la valenza del movimento


che - nei giochi musicali creati da loro - ha lo scopo di stimolare nel bambino il desiderio e la
capacità di assumersi una precisa responsabilità. Un esempio è costituito dal gioco del Pif Paf
Poltrie, nel quale il bambino deve raccogliere accuratamente un mucchio di foglie: lo scopo è di
iniziare il soggetto all'assunzione di un ruolo responsabile e alla consapevolezza di un ordine
necessario nei propri movimenti e nella vita stessa. La musica cantata e danzata rende più sciolti e
liberi i movimenti grossolani e spesso incontrollati dei bambini, induce rilassamento e, a livello
emotivo, produce una grande soddisfazione.

Nella terapia individuale, allo scopo di inferire la situazione psicologica del bambino dalla sua
battuta improvvisata, gli Autori suggeriscono l'utilizzo del tamburo, a motivo della sua forte
componente ritmica. Successivamente nei giochi musicali, la cui realizzazione viene attuata tenendo
conto anche dei suggerimenti dei bambini, l'esecuzione dei momenti musicali che accompagnano
l'azione drammatica verrà affidata a diversi strumenti (arpa, violoncello monocorde, cembalo,
campanelli,...). Svolgono un ruolo altrettanto fondamentale le canzoni, concepite appositamente per
aiutare i bambini ad acquisire una maggior consapevolezza. Nei canti si trova un mezzo diretto per
stimolare l'espressione verbale e la vita emotiva e mentale del bambino. A tal fine, il canto deve
contenere idee semplici che appartengano all'esperienza del bambino e suscitino il suo interesse e
l'identificazione con le parole. Il cantare deve risultare naturale e i ritmi usati devono seguire
l'inflessione musicale del parlato.

AMBITI DI INTERVENTO

Dagli esempi pratici descritti da Nordoff e Robbins si può individuare una vasta gamma di sindromi
alle quali viene applicata la terapia musicale: dai bambini caratteriali e disadattati ai ritardati
mentali e ai soggetti con difficoltà di comunicazione, dagli affetti da minorazioni senso-motorie agli
autistici. Per il bambino con deficit intellettivo l'attività musicale può fornire esperienze
intelleggibili intense che non richiedono il pensiero astratto. Al bambino affettivamente immaturo
melodie e forme musicali costanti forniscono sicurezza. Il bambino con disabilità fisiche può essere
stimolato dall'evento musicale ad usare espressivamente il corpo o la voce, favorendo il
miglioramento della coordinazione dei movimenti.

Studi particolari sono stati condotti dagli Autori con bambini autistici con i quali la musica si è
rivelata uno strumento efficace per interrompere il comportamento stereotipato e dare inizio ad una
relazione significativa, volta alla riorganizzazione dell'Io del bambino e alla scoperta del piacere
prodotto dall'attività e dalla fiducia.

E' estremamente difficoltoso stabilire un contatto con i bambini affetti da autismo, e questi a loro
volta non sono in grado di mantenere la comunicazione con gli altri. Con questi bambini le attività
musicoterapeutiche possono iniziare favorendo una graduale affermazione delle capacità di risposta,
in modo da consentire il superamento di paura o confusione, grazie alla scoperta del piacere e alla
fiducia derivante dalla positività della risposta. Da questo stadio è possibile sviluppare forme
individuali di attività musicali, volte ad aumentare l'interesse e la soddisfazione e a rendere le
risposte sempre più elastiche, il che favorisce una maggiore intensità di partecipazione. Con i
bambini più piccoli o affetti da forme di autismo più grave le attività terapeutiche si inseriscono sui
modelli di comportamento abituali e li assecondano per avvicinarli il più possibile alla normalità.

In conclusione, la musica è un'attività che si appella innanzi tutto alla globalità del sentimento e
dell'emotività e quindi può essere percepita, appresa e ricordata anche da bambini handicappati.
Attraverso il lavoro musicale questi ultimi possono elaborare attivamente i loro contenuti emotivi,
acquisire sicurezza e fiducia, esercitare la riflessione, l'autocontrollo e la responsabilità. Infine,
l'esperienza del suono e del canto porta ad un miglioramento della parola come presupposto per una
corretta interazione con l'ambiente.

6. ROLANDO BENENZON
Rolando Benenzon, pedagogista, psichiatra e musicista, è caposcuola della musicoterapia in
America Latina. Nel 1966 ha fondato in Argentina, con altri specialisti, l"Associazione Argentina di
Musicoterapia". Ha collaborato anche alla fondazione delle associazioni degli altri stati
sudamericani. In seguito, al primo convegno argentino di musicoterapia tenutosi nel 1969 è nata
l'"Associazione Medica di Musicoterapia". Successivamente Benenzon si è interessato della
protezione della professionalità del musicoterapeuta istituendo associazioni volte a questo scopo.

L'opera di Benenzon è stata diffusa in molti paesi e alcuni concetti introdotti dal musicoterapeuta
argentino sono stati ripresi da altri autori, quali, per esempio, la Alvin. La visione della
musicoterapia come disciplina che utilizza il suono e il movimento per provocare effetti regressivi
rivela alla base della concezione della musicoterapia di Benenzon presupposti teorici psicoanalitici.

Benenzon considera la musicoterapia una disciplina paramedica, che trova le sue basi scientifiche
nell'ambito clinico-terapeutico. Il musicoterapeuta necessita tuttavia, secondo Benenzon, di una
formazione approfondita che comprenda anche le terapie psicologiche.

FONDAMENTI TEORICI

Fondamentalmente la musicoterapia di Benenzon si occupa dello studio e della ricerca del rapporto
suono-essere umano, considerando il suono e il movimento come aspetti integrantisi. In base alle
reazioni del paziente allo stimolo musicale Benenzon cerca di diagnosticare la malattia e di
elaborare la terapia di intervento.

Insistendo particolarmente sullo studio scientifico del suono anche nella vita intrauterina, l'Autore
elabora un principio che ritiene importante nell'approccio terapeutico al malato: si tratta del
principio dell'ISO, ossia la ricerca da parte del terapeuta del tempo mentale del paziente al quale
adeguare il tempo sonoro musicale. Questa processo è il punto di partenza per aprire un canale di
comunicazione con il paziente. Benenzon sostiene che l'evento musicale terapeutico può ricreare la
relazione perduta madre-bambino, permettendo il riemergere di situazioni conflittuali inconsce. In
questo modo il materiale emerso nella seduta musicale può essere utilizzato nell'ambito della seduta
psicoterapeutica.

Muovendo da studi di neurofisiologia, Benenzon afferma che il ritmo, e forse anche la melodia,
viene sviluppato a livello subcorticale (nel sistema limbico) ed è presente tanto negli uomini quanto
negli animali. Inoltre, secondo le ipotesi correnti a riguardo della vita prenatale, il feto durante la
gravidanza vive un'esperienza ritmica percependo i suoni della madre prodotti dal battito cardiaco,
dalla respirazione, dai movimenti esterni e dai rumori degli organi interni. Sulla base di questi dati
Benenzon ha potuto formulare questa teoria: "la base della relazione tra il ritmo e l'essere umano va
ricercata nel contatto sonoro del feto" e inoltre " la musica è l'evocazione della madre, una
riedizione della relazione con lei e con la natura" (Benenzon, 1983, p.29).

Sulla base di queste premesse Benenzon ha pensato il concetto di ISO. Esso è un elemento che
caratterizza ogni individuo ed è costituito dalla somma del vissuto sonoro durante la gravidanza (e
quindi legato alle percezioni interne) e della nascita (frutto della percezione esterna). Questo
"tempo" biologico - ritmo desunto dalla velocità dell'andatura, del battito cardiaco e della
respirazione - è unico per ognuno di noi e si manifesta in tutte le nostre attività. Il termine ISO
significa "uguale" ed allude ad una identità da ricercare; infatti è compito del terapeuta - come detto
- individuare il tempo mentale del paziente per accordarvi un determinato tempo sonoro o musicale,
con l'obiettivo di aprire un canale di comunicazione attraverso il quale operare poi il recupero.
L'intervento musicoterapeutico si fonda su tre principi in parte formulati interamente da Benenzon,
in parte tratti dalla psicoanalisi: il principio dell'ISO, dell'oggetto intermediario e dell'oggetto
integratore.

Il principio dell'ISO - il quale afferma, come già ricordato, l'esistenza di un insieme di fenomeni
sonori interni che caratterizzano ogni uomo e che sono determinati dagli archetipi sonori della
specie, dal vissuto sonoro intra-uterino, è successivo alla nascita. Esistono quattro tipi di ISO: l'ISO
gestaltico, l'ISO complementare, l'ISO gruppale, l'ISO universale.

L'ISO gestaltico è il mondo sonoro proprio di ogni individuo e ci permette di scoprire il canale di
comunicazione peculiare del soggetto. L'ISO complementare è costituito dalle minime variazioni
dell'ISO gestaltico che si verificano sotto l'influenza di particolari condizioni ambientali. L'ISO
gruppale rispecchia lo schema sociale entro cui l'individuo si evolve. L'ISO universale è un'identità
sonora che caratterizza tutti gli esseri umani indipendentemente dal contesto sociale, culturale,
storico.

Il principio dell'oggetto intermediario deriva dal concetto di oggetto transizionale di Winnicott ed è


definito come lo "strumento di comunicazione in grado di agire terapeuticamente sul paziente in
seno alla relazione, senza dar vita a stati di allarme intensi" (Benenzon, 1983, pag.47). Uno
strumento musicale si presta bene al ruolo di oggetto intermediario in quanto può avere delle
proprietà - sonorità, forma, ecc. - che incidono sull'ISO gestaltico, universale o culturale del
paziente, creando di conseguenza canali di comunicazione extrapsichici e aprendo quelli
sclerotizzati e stereotipati.

L'oggetto integratore è invece quello strumento che in un gruppo di musicoterapia prevale sugli altri
strumenti e assorbe in sé la dinamica del rapporto tra paziente e terapeuta.

Nell'approccio musicoterapeutico con il paziente Benenzon distingue tre livelli di lavoro:

1) Livello di regressione: il paziente è sottoposto a suoni in rapporto con lo stato regressivo


raggiunto per produrre la rottura di nodi difensivi e aprire canali di comunicazione; in questo livello
vengono attuate tecniche di musicoterapia sia attiva che passiva.

2) Livello di comunicazione: il musicoterapeuta sfrutta i canali di comunicazione aperti nel primo


livello favorendo l'espressione del paziente.

3) Livello di integrazione: la comunicazione si dilata anche all'ambiente circostante e al gruppo


familiare.

Relativamente al primo livello Benenzon ritiene che esista una categoria di suoni - i cosiddetti suoni
regressivo-genetici - che, essendo legati a stati passati o addirittura alla vita intrauterina, possono
indurre un ritorno a condizioni di vita primarie in cui esperienze attualmente vissute come frustranti
furono più gratificanti. La regressione è quindi un meccanismo di difesa dell'io e può essere di due
tipi:

a) da tappe adulte a tappe infantili della sessualità (origine della nevrosi);

b) regressione al narcisismo primario, cioè a quella tappa di sviluppo che precede la


differenziazione Io-Es (origine di schizofrenie, psicosi infantili, autismo, stati simbiotici).
Benenzon pensa che la buona riuscita della terapia sia favorita dalla collaborazione della famiglia,
la quale è costantemente invitata ad approfondire il lavoro iniziato durante le sedute. Sottoposta
anch'essa alla terapia, viene accuratamente analizzata nei seguenti aspetti: la modalità di strutturarsi
del sistema comunicativo, l'accettazione dell'handicap all'interno del contesto familiare e il grado di
scompenso che la presenza di un soggetto malato provoca nell'interazione dei suoi membri.

METODOLOGIA E TECNICHE

Alla base della tecnica musicoterapeutica di Benenzon si collocano il principio dell'ISO e l'oggetto
intermediario (generalmente lo strumento musicale e il suono) che costituisce lo strumento di
comunicazione indiretto con il terapeuta, strumento accettato dal paziente perché impedisce - al
contrario di quanto avviene con il contatto diretto - il crearsi di uno stato d'ansia.

La metodologia generale di approccio con il paziente o con il gruppo comprende due momenti
fondamentali, quello diagnostico e quello terapeutico. Il momento diagnostico ha l'obiettivo di
scoprire l'ISO del paziente e del gruppo, di scoprire l'oggetto intermediario, di scoprire l'oggetto
integratore. Il momento terapeutico comprende la compilazione della scheda di musicoterapia,
redatta sulla base di domande rivolte al paziente e ai suoi genitori, relativa alla storia musicale del
paziente.

A questo punto inizia la seduta di musicoterapia vera e propria che si suddivide in tre fasi che sono
rispettivamente:

- una prima fase di riscaldamento e catarsi in cui si attuano dei procedimenti per preparare
l'organismo all'azione e simultaneamente si ottiene una scarica di tensione (catarsi).

- una seconda fase di percezione e osservazione dell'esame non verbale: questa fase inizia quando il
terapeuta scopre l'ISO complementare del paziente ed elabora un progetto specifico per aprire il
canale di comunicazione.

- infine una terza fase di dialogo sonoro: a questo punto il canale di comunicazione si è ormai
stabilito ed è il momento in cui si giunge a far rivivere dinamiche inconsce che forniranno numerose
informazioni sul paziente.

Per quanto riguarda le sedute di gruppo, Benenzon avverte che la gestione è più complessa per le
diversità e rivalità dei soggetti partecipanti: l'obiettivo è promuovere l'integrazione dei pazienti e
l'inter-scambio musicale, individuando l'ISO del gruppo e l'oggetto integratore.

Ampliando l'accezione del termine "strumento", Benenzon definisce come tale qualsiasi elemento
che sia in grado di produrre un suono percepibile o un movimento vissuto come messaggio. Gli
strumenti musicali propriamente detti vanno utilizzati in tutta la gamma delle loro possibilità. Gli
strumenti più adatti devono possedere alcuni requisiti importanti: semplicità di impiego, potenza
sonora e struttura ritmica comprensibile, apertura verso l'esterno. I tamburi sono gli strumenti ideali
perché più regressivi (in quanto favoriscono il ritorno alle fasi psichiche infantili e agli eventuali
blocchi psicologici), mentre i più elaborati sono quelli melodici, dei quali i più accessibili sono gli
xilofoni e i metallofoni.

Il più completo tra tutti è indubbiamente il corpo umano, di cui gli strumenti sono solo un
prolungamento; esso tuttavia va usato con cautela perché il contatto diretto con il corpo può
provocare ansia, e quindi all'inizio l'utilizzazione va effettuata a distanza. La voce e il canto sono gli
elementi più regressivi e difficili da gestire nel corso della terapia.

Anche la musica elettronica trova un buon impiego: l'iter di applicazione segue tre fasi. In una
prima fase vengono inviati suoni elettronici puri; segue una seconda fase di rumore bianco con la
raccolta delle impressioni e associazioni libere dei pazienti. Durante la terza fase si inviano
messaggi definiti con l'intento di provocare determinate reazioni (tristezza, angoscia, gaiezza, ...).

L'impostazione psicoanalitica motiva in Benenzon il recupero della stabilità emotiva come meta
degli stimoli sonori regressivi forniti al paziente psichiatrico; la dimensione emotiva è infatti il
campo d'indagine e d'azione della psicoanalisi.

A questo riguardo Benenzon finalizza la stimolazione sensoriale alla "modificazione di problemi


emotivi" (Benenzon, 1983, p.125) innescati dalla patologia da cui è affetto il paziente. Infatti lo
scopo dell'utilizzazione di stimoli sonoro-musicali e del movimento è quello di indurre una
regressione volta a permettere la liberazione dei nodi conflittuali. Questa fase regressiva è stimolata
da suoni che richiamano quelli dell'ambiente intrauterino - il battito cardiaco, la respirazione - e di
suoni dell'ambiente naturale. Benenzon si dimostra in accordo con la Hirsch e la Alvin nell'applicare
la stimolazione sonora anche con soggetti affetti da minorazione intellettiva, sensoriale e motoria: in
questi casi gli stimoli forniti dal terapista svolgono la funzione di gettare un ponte comunicativo con
il bambino, indirizzandolo verso il suono e le sue qualità. Benenzon rivolge una particolare
attenzione alla sindrome dell'autismo al cui riguardo la stimolazione sensoriale con il suono e il
tatto si presenta quasi come l'unico mezzo per stabilire un contatto significativo.

A questo proposito Benenzon suggerisce come strumenti ideali per la manipolazione quelli a
percussione, i membrafoni, che sono dotati di molti elementi favorevoli: essendo facilmente
maneggiabili permettono il movimento di chi li suona, possono venire suonati anche da due persone
contemporaneamente stimolando così la comunicazione e possono produrre ogni sorta di suono
anche sfiorandoli o grattandoli (l'esplorazione tattile ne viene così affinata). Benenzon inoltre
affianca l'utilizzazione del corpo e del suo movimento per sollecitarne la presa di coscienza e di
possesso nonché il riconoscimento e la memorizzazione del suono dopo averne visualizzate l'altezza
e la durata con movimenti delle braccia o delle gambe.

Benenzon assegna un'importante ruolo, nell'ambito della terapia musicale, anche al movimento. Il
binomio suono-movimento costituisce nella vita del feto il principale strumento comunicativo. A
partire da questa premessa Benenzon può dichiarare che la fase essenziale della terapia musicale
con pazienti psichiatrici è costituita dall'applicazione di suoni e movimenti "regressivo-genetici"
(Benenzon, 1983, p.18) - quali il battito cardiaco, dondolamenti ritmici, ecc. - per provocare in loro
una regressione alla relazione primaria con la madre ed ai suoni con lei condivisi. Per quanto
riguarda gli aspetti tecnici della seduta, l'Autore ricorda che il lavoro deve ruotare attorno allo
spazio sonoro ed espressivo-gestuale. Il movimento che viene suscitato dalla proposta musicale
deve essere significativo e finalizzato alla trasmissione ed allo scambio di un contenuto: ogni
manifestazione espressiva scoperta dal paziente sarà valida per stabilire una comunicazione.

AMBITI DI INTERVENTO

Le applicazioni della musicoterapia che Benenzon predilige sono quelle in campo psichiatrico.
Tuttavia, l'Autore pensa si possa applicare tale terapia, purché si apportino alcuni aggiustamenti,
anche con l'insufficiente mentale, con il quale si deve stabilire un contatto che tenga conto di ciò
che il bambino propone per trovare il mezzo adeguato (ritmo, rumore, suono, melodia,...) che gli
consenta di esprimersi. Analogamente la musica è applicabile all'handicap motorio perchè essa,
essendo collocati i suoni in una dimensione spazio-temporale, dà al bambino la sensazione e
l'emozione del movimento. La musicoterapia può essere proposta anche agli ipoacusici perchè il
suono può essere percepito tramite le vibrazioni suscitate in tutto il corpo.

Benenzon propone una prima integrazione del bambino sordo nel gruppo suggerendo la
partecipazione ad un movimento danzato: la danza è un linguaggio che il bambino può più
facilmente capire e realizzare senza frustrazione. Dopo aver cercato in se stesso il ritmo naturale, il
bambino va aiutato ad attuarlo sviluppandone i movimenti corrispondenti nello spazio esterno e
integrandolo nel ritmo collettivo. Il risultato sociale che ne consegue è reso evidente dalla
soddisfazione e dalla sicurezza emotiva raggiunta dal bambino.

7. ALTRI ORIENTAMENTI STRANIERI

HILLMAN BOXILL

Edith Hillman Boxill possiede un master in musicoterapia e il un bacca-laureato in musica.


Attualmente detiene la carica di Direttore di Musicoterapia al Manhattan Borough Developmental
Services Office dello Stato di New York, dell'’Office of Mental Retardation and Developmental
Disabilities nella Città di New York e di Professore Associato di Musicoterapia all’Università di
New York ed infine, è riconosciuto quale autorità nella musicoterapia per i disabili mentali.

Il maggiore impegno professionale mantenuto dall’autrice si caratterizza con il condividere la


propria conoscenza per sviluppare la professione di musicoterapeuta, incoraggiando la
comprensione del valore di questo lavoro per i disabili mentali.

La musicoterapia per i disabili mentali rappresenta un approccio innovativo alla musicoterapia per i
soggetti appartenenti ad una delle seguenti categorie di disabilità di sviluppo: ritardo mentale,
autismo, paralisi cerebrale, epilessia, altre menomazioni neurologiche. Il termine "mentale" designa
una grave disabilità cronica, ad inizio di solito alla nascita, attribuibile ad una menomazione
mentale o/e fisica che si manifesta con una reale limitazione nella cura di sé, nel linguaggio,
nell’apprendimento, nei movimenti e nella capacità di vivere autonomamente.

Il contesto dell’approccio della Boxill è "un continuum di consapevolezza"; si tratta di un metodo


creativo che utilizza la musica in modo funzionale, come strumento di coscienza per espandere ed
accrescere la consapevolezza di sé, degli altri e dell’ambiente, verso un’attiva partecipazione ed un
apprendimento reale. Il procedimento della Boxill pone l’accento sull’auto-motivazione,
sull’integrazione intrapersonale e interpersonale e sull’autonomia ed escogita tre principi applicabili
a qualsiasi tipo di ritardo mentale o disabilità di sviluppo, a qualsiasi età o livello prestazionale:

- la riflessione, rispecchiare e confrontare, in forme musicali e non, la condizione presente


dell’assistito;

- l’identificazione, la rappresentazione simbolica della condizione dell’assistito e del terapeuta;


- la canzone del contatto composta o improvvisata, che testimonia l’avvenuto rapporto tra terapeuta
ed assistito.

La Boxill determina la funzione del terapeuta il quale cerca di far entrare la persona assistita nella
condizione di essere consapevole a tutti livelli, fisico, mentale ed emotivo, e di aiutarla a scoprire e
sfruttare le risorse interne, portandola dall’azione interna a quella esterna.

Tali affermazioni trovano fondamento nella psicologia umanistica che afferma la dignità e il valore
dell’essere umano e la possibilità di sviluppare la propria personalità e il proprio essere uomo nel
modo più completo possibile; anche, e in questo caso soprattutto, attraverso la musica, l’autrice,
appoggiandosi a tale teoria, crede che acquisendo autoconsapevolezza si diviene anche liberi di
evolversi nelle direzioni proprie dell’uomo.

L’autrice sottolinea la sostanziale differenza tra musicoterapia e educazione musicale. La


differenziazione si trova nello scopo a cui tendono: lo scopo della seconda è il raggiungimento di
un’abilità musicale mentre quello della musicoterapia è il conseguimento di abilità di vita attraverso
la musica. La musica è un agente di cambiamento dal momento in cui viene utilizzata per stabilire
un rapporto terapeutico, per promuovere la realizzazione dell’essere e per alimentare la crescita,
divenendo così musicoterapia e utilizzando consciamente la musica per l’ottimizzazione del vivere,
dell’essere e del divenire.

La Boxill crede anche che l’uso della musicoterapia quale agente terapeutico sia efficace perché, in
primo luogo, è un modulo espressivo comune a culture diverse ed, essendo di natura non verbale, è
un mezzo di comunicazione universale; inoltre, quale stimolo sonoro, suscita sensazioni ed
emozioni e stimola i sensi.

La musicoterapia viene considerata dall’autrice, allo stesso tempo, arte e scienza, in quanto l’arte e
la scienza sono, secondo l’autrice, atti di scoperta che danno origine ad un’espressione, da un lato,
simbolica ed estetica e, dall’altro, verificabile: nel primo caso in quanto lo strumento di terapia, la
musica, è una forma d’arte e il processo di terapia lo diventa quando lo strumento è foggiato dal
musicoterapeuta; nel secondo caso, invece, la musicoterapia si presenta come scienza quando il
terapista sperimenta, esplora e indaga e nel momento in cui la ricerca fornisce le linee di condotta
che il musicoterapeuta mette in pratica.

La Boxill ritiene necessario che la musicoterapia si occupi delll’intera gamma dei disordini che
presentano i disabili di sviluppo e proprio perché la musica, come mezzo terapeutico, offre
un’opportunità non verbale di creare contatti, la musicoterapia diviene ancor più necessaria e di
importanza vitale per coloro che sarebbero inaccessibili al linguaggio parlato. La musica, quindi,
usata come strumento terapeutico crea contatto diretto con i disabili, spesso irraggiungibili in altro
modo e facilita l’espressione in questi soggetti privi di verbalità, serve a stabilire, mantenere e
potenziare il rapporto assistito-terapeuta e crea l’opportunità di esperienze sociali positive.

L’autrice è convinta che, dal momento in cui si coglie il carattere interdisciplinare della musica, è
semplice mettere a fuoco l’ambito stesso della terapia; il trattamento, infatti, concerne il
miglioramento di abilità motorie, di abilità cognitive, di situazioni emotive e di adattamento e di
abilità sociali.

La musica, quindi, ha un effetto diretto sull’organismo umano sia come "linguaggio" fisiologico sia
come "linguaggio" psicologico e diviene un agente di "eccitabilità e gioco sull’organismo sensibile
in modo istantaneo ed immediato ".
Una chiave di riflessione per entrare nel metodo concreto della Boxill è l’analisi della procedura di
valutazione del trattamento. Questa viene stabilita, " sul campo", dal terapista qualificato che deve
essere in grado di:

identificare la necessità di valutazione primaria dell’assistito;

scegliere, progettare e attuare metodi efficaci di valutazione con l’uso della musica sulla situazione;

osservare e registrare le reazioni del soggetto;

determinare l’affidabilità e la validità dei dati ottenuti dalla valutazione;

interpretare ed utilizzare i risultati valutativi delle altre discipline.

La valutazione di un trattamento musicoterapico comporta l’identificazione di abilità di sviluppo, di


deficit e ritardi nelle tappe evolutive, dei problemi comportamentali e delle patologie. Tali
informazioni sono raccolte attraverso un’osservazione diretta del soggetto, attraverso la storia
evolutiva, i colloqui con la famiglia e attraverso dei racconti scritti e orali.

La comprensione dei dati ottenuti con la valutazione è un altro passo fondamentale e richiede la
conoscenza delle tappe evolutive dello sviluppo normale; in particolare, giocano un ruolo
importante nel determinare la crescita evolutiva, quattro elementi:

le caratteristiche biologiche, come il patrimonio genetico, il carattere;

l’appartenenza al gruppo culturale;

l’esperienza individuale del soggetto e la relazione con gli altri;

situazioni e stimoli nel proprio ambiente.

In particolare, si afferma che il soggetto disabile non è riuscito a progredire al ritmo normale se non
ha acquisito le abilità motorie, le abilità comunicative, cognitive e sociali, definendo così il
comportamento adattivo come il grado o l’efficacia con cui un soggetto si conferma agli standard
dell’indipendenza e della responsabilità sociale attesi per i membri di quell’età e del medesimo
gruppo.

Uno strumento per valutare questo comportamento, utilizzato dall’autrice, è la Scala di


Comportamento Adattivo (ABS) che illustra una varietà di aree comportamentali. L’ABS, quindi,
misura, la cura di sé e la socializzazione e, in un secondo momento, giudica i disadattamenti
interpersonali ed intrapersonali.

I problemi di sviluppo misurati e determinanti un ritardo sono, specificatamente, a livello:

motorio;

comunicativo;

cognitivo;

affettivo
sociale.

Un ritardo nello sviluppo motorio è spesso il primo segno visibile di un problema di sviluppo e,
anche in mancanza di un danno organico, una grave deprivazione ambientale e sensoriale può
interferire in modo significativo con lo sviluppo. Le cause che portano alla deviazione del normale
sviluppo motorio sono diverse: a causa di un difetto che interferisce con l’acquisizione di abilità
motorie proprie dell’età, o la velocità del progresso attraverso le sequenze motorie potrebbe essere
più lenta di quanto si attende dall’età.

Un altro dei denominatori comuni dei soggetti disabili è la mancanza di abilità comunicative in
senso primario e quindi l’espressione, la mimica facciale, la socializzazione, le tracce tattili, il
linguaggio orale; in alcuni casi il soggetto che preferisce un linguaggio non parlato, in quanto
ritiene inadeguato quello non parlato a causa di fattori individuali o di ordine fisico o di ordine
cognitivo e intellettuale.

Per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo l’autrice riprende Piaget e la sua suddivisione dello stesso
in due periodi, le cui funzioni sono differenti sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo: il
periodo delle operazioni sensorio-motorie e il periodo dello sviluppo dell’intelligenza concettuale; i
bambini ritardati, pur seguendo lo stesso ordine di stadi, spesso lo seguono ad un ritmo più lento del
bambino normale.

La Boxill per chiarire cosa intende per sviluppo affettivo, invece, riprende Erikson che chiama
"fiducia di base" la base della forza emotiva e della coscienza e secondo cui la sfiducia nei primi
anni di vita porta risposte emotive che rimangono in ambito tra l’apatia e l’angoscia e che possono
provocare e permanere come danni a livello psicologico ed emotivo.

Infine, lo sviluppo dell’intelligenza sociale, o la capacità di capire e occuparsi degli eventi sociali e
interpersonali, ha implicazioni con le abilità sociali e dipende dall’età. Per lo sviluppo sociale, come
per quello emotivo o affettivo, il rapporto interpersonale è fondamentale, soprattutto nel primo anno
di vita in cui si definisce il tipo di attaccamento in special modo con la madre.

La metodologia della Boxill si basa su tre categorie:

improvvisazione in senso clinico;

composizione musicale;

adattamento musicale.

L’improvvisazione musicale in senso clinico è, secondo l’autrice, l’espressione spontanea della


musica e dei suoi componenti, vocale e strumentale, per fini terapeutici; questa categoria, con la
voce, gli strumenti e il corpo, è un modo per prendere contatto e comunicare e nella seduta
terapeutica è utilizzata per stabilire un legame musicale tra l’assistito e il terapeuta, il quale cerca di
aiutare il primo ad ottenere un controllo interiore sul comportamento e stimolare le rispose e i
bisogni.

La composizione della musica viene utilizzata dalla Boxill in quanto ritiene indispensabile che il
terapeuta, che suona un brano, non dipenda da una partitura ma la musica debba sgorgare
naturalmente; ciò significa "avere l’abilità di proiettare il potere della musica liberamente e
pienamente verso i bisogni e le finalità dell’assistito.
Infine, per quanto riguarda l’arrangiamento della musica, l’autrice sostiene i medesimi fini
dell’improvvisazione, richiedendo abilità musicali creatività, capacità di esprimersi musicalmente in
modo spontaneo e conoscenza di un’ampia gamma di brani musicali. In particolare l’arrangiamento
di una musica consiste, pur perseverando le caratteristiche del brano, nel cambiare il tempo e le
parole, o semplificare lo schema ritmico, le linee melodiche o la struttura; inoltre, in modo simile
all’improvvisazione, ha il fine di confrontare o rispecchiare lo stato d’animo, l’umore o il livello
dinamico del soggetto esprimendo, quindi, i bisogni dell’assistito.

Inoltre la metodologia della Boxill si fonda su tre moduli di attività musicale:

cantare, intonare;

suonare uno strumento;

movimento legato alla musica.

Queste tre modalità sono punto di passaggio verso lo sviluppo della consapevolezza mente-corpo, la
cui integrazione si sviluppa attraverso la stimolazione sensoriale.

Innanzitutto, il canto è la prima forma di espressione musicale spontanea e cantare o canticchiare


una melodia, significa anche usare uno strumento che è il prolungamento di sé; inoltre, il canto e i
vocalizzi, anche a livello più elementare, mobilitano l’energia e la focalizzano in modo da creare un
sentimento di integrità, per gli individui o il gruppo.

Suonare uno strumento è, invece, una via verso l’impegno musicale, verso tutti i gradi di
consapevolezza e prestazionalità, che stimola la comunicazione, lo sviluppo cognitivo e l’auto-
espressione, sia musicalmente che non. Gli strumenti offrono la possibilità di fare musica su molti
piani in una gamma che si estende dalla manipolazione per ottenere semplici suoni all’uso
espressivo in arrangiamenti semplici o complessi. La Boxill, nonostante riconosca la diversità di
preferenza dei musicoterapisti, considera essenziali per la pratica di musicoterapia:

il pianoforte;

la chitarra;

l’autoharp, strumento polifonico a corda che produce i suoni pressando i tasti dell’accordo e
strimpellando le corde con le dita;

miniharp, è un autoharp a cinque accordi;

il casiotone, tastiera elettronica portatile che produce effetti e timbri strumentali diversi oltre ad un
accompagnamento ritmico;

gli strumenti ritmici, quali a percussione, con tasti melodici e a fiato.

In ultimo, il concetto musica-movimento esprime, per l’autrice, l’intrecciarsi di due modalità che
includono l’attività ritmica, l’attività percettivo motoria, riprendendo il concetto della Orff secondo
la quale musica e movimento costituiscono un’entità indivisibile.
La Boxill è convinta, infine, che non è sufficiente conoscere la musica se non si è in grado di
comunicare il suo potere a fini terapeutici, ma è necessario saper usufruire di essa come mezzo
terapeutico e coinvolgere ogni persona con sensibilità ed espressività musicale. La musica,
composta, improvvisata o legata al movimento, vuole incontrare e riflettere i bisogni della persona
in terapia in quanto la musicoterapia si concentra sul concetto di salute e non su quello di malattia di
un individuo.

KNILL & KNILL

Marianne e Christopher Knill si occupano dal 1973 di bambini, giovani e adulti pluriminorati gravi,
utilizzando la musica per stabilire un contatto e comunicare con loro. Essi hanno condotto una serie
di programmi educativi sperimentali in Gran Bretagna, Canada e Scandinavia, presentando i loro
studi a conferenze e seminari internazionali.

Marianne, diplomata in musica a Oslo, e Christopher, nato e vissuto in Inghilterra, si sono laureati
in Educazione Speciale al Norwegian Institute of Special Education.

L’obiettivo del programma di attività motorie, frutto di un pluriennale lavoro dei due autori con
persone con handicap mentali e fisici, è quello di fornire una sorta di "ambiente" speciale che
favorisca lo sviluppo del contatto sociale, del movimento e delle capacità di interagire nella persona
con handicap.

Lo sviluppo della persona umana dipende dalla capacità e dalla possibilità di acquisire, organizzare
e utilizzare una serie di informazioni essenziali riguardo se stessi cosicché, familiarizzando con il
proprio corpo, si impari ad usarlo; chi, invece, ha difficoltà nel ricevere e elaborare queste
informazioni interagisce con l’ambiente circostante in modo limitato e l’immagine che si sviluppa
del proprio corpo è distorta.

La musica può diventare uno strumento utile per aiutare i disabili soprattutto per stabilire dei
contatti fisici ed emozionali con altre persone divenendo un mezzo efficace e stimolante per
suscitare e attirare l’attenzione del soggetto fornendo una valida base per il processo di
apprendimento. Per esempio, ogni movimento che è accompagnato da un motivo musicale diviene
il "segnale distintivo" di ogni attività, incoraggiando così la partecipazione e favorendo la
comprensione degli eventuali elementi linguistici correlati. In questo modo il soggetto disabile
dipenderà sempre meno dall’aiuto fisico esterno ed userà il proprio corpo in modo indipendente.

Knill e Knill mettono a disposizione di qualsiasi persona che abbia contatti regolari con "l’allievo"
(così chiamati dai due autori, per ragioni pratiche, i bambini, i giovani e gli adulti con diversi livelli
di handicap) quattro programmi di attività motorie, oltre ad uno preparatorio e ad un programma
speciale per persone con gravi handicap fisici. Questa serie di attività sono da utilizzare come parte
integrante di un insieme di attività educative ben strutturate e pianificate e non devono essere
considerati come una strategia educativa completa.

I due autori inoltre, sottolineando il fatto che l’efficacia dei programmi da loro stessi proposti
dipende dalla capacità dell’insegnante di rispondere ai bisogni dei singoli allievi, adattano le attività
a soggetti con handicap fisici, o videolesi e audiolesi, o con gravi difficoltà di comunicazione.

Lo scopo delle attività con bambini con handicap fisico è quello di fornire loro il maggior numero
possibile di informazioni sistematiche sul corpo e i suoi rapporti con l’ambiente circostante; le
attività, quindi, cercheranno di sviluppare la conoscenza dell’allievo sul corpo, nella sua interezza,
sulle varie parti del corpo e sulla relazione tra loro, sui modi di usare le varie parti e, infine, sulla
relazione del corpo con le altre persone, gli oggetti e lo spazio.

È difficile che gli allievi con gravi handicap fisici adattino subito i loro movimenti
all’accompagnamento ritmico-melodico. È, quindi, necessario far ascoltare i brani prescelti prima di
iniziare per familiarizzare con la musica e con la struttura del programma, dato che la musica stessa
crea un quadro di riferimento per il movimento dell’allievo che acquisisce un sempre maggior
controllo sulle parti del corpo.

Inoltre, se un allievo non riesce a muovere certe parti del corpo è importante, secondo gli autori, che
sia l’insegnante a toccare, anche a tempo di musica, le parti inattive dando la possibilità al soggetto
ad imparare a collegare l’ascolto della musica alle sensazioni tattili ricevute attraverso le parti del
corpo che sono state toccate.

Marianne e Christopher ritengono molto importante che ogni allievo con handicap fisico, anche
grave, abbia esperienza del proprio corpo come unità globale e sviluppi un’immagine corporea,
anche se non è in grado di usarlo attivamente.

I programmi con allievi ciechi o parzialmente vedenti e con quelli audiolesi comportano attività
tattili con il sostegno del ritmo e del movimento. Le minorazioni alla vista e all’udito hanno
entrambe dirette conseguenze sulla capacità di ricevere ed organizzare le informazioni provenienti
dall’esterno ed è necessario, quindi, sviluppare la consapevolezza del proprio corpo come capacità
di scoprire il rapporto esistente tra ciò che viene fatto e ciò che viene visto e sentito.

I programmi di attività motorie rappresentano un mezzo per attivare ed orientare l’attenzione, al


fine di creare una struttura di riferimento all’interno della quale la relazione tra attività corporea e
input sensoriale possa essere rinforzata; le attività, infatti, mirano a far capire il rapporto esistente
tra le parti del proprio corpo, i movimenti ed il contatto con gli altri e l’accompagnamento ritmico-
melodico.

In particolare, con gli audiolesi è importante utilizzare, in relazione a ciascuna attività, dei segnali
visivi o dei simboli linguistici aiutando l’allievo ad organizzare le impressioni visive, tattili e
ritmiche e a collegarle alle attività; per gli allievi videolesi, invece, per mantenere l’attenzione del
soggetto e per prepararlo alle situazioni successive, è necessario sfruttare le qualità dinamiche della
voce, quali l’intonazione e l’altezza.

Infine, con gli allievi con gravi difficoltà di comunicazione, gli autori presentano delle attività
nuove che cercano di sostituirsi a quelle patologiche proprie die bambini autistici e psicotici.
Innanzittutto è di grande importanza la sensibilità rispettando, quindi, la distanza che l’allievo
mantiene tra sé e gli altri e cercando di avvicinarsi gradualmente fino a quando il soggetto è in
grado di accettare il contatto fisico, anche se in modo superficiale; è necessario riuscire a stabilire il
contatto visivo come parte naturale del rapporto di interazione e riuscire a sviluppare il contatto
fisico fino a divenire contatto sociale.

Gli allievi con tratti autistici/psicotici, inoltre, presentano un ritmo ben stabilito poco influenzabile
dall’esterno e dall’ambiente circostante ed è quindi necessario sviluppare nell’allievo un senso di
fiducia, lasciandolo muovere liberamente e solo quando ha acquistato familiarità con la struttura
musicale e la situazione nel suo insieme incoraggiarlo a mettere in relazione il proprio ritmo con
quello della musica.
Spesso questi soggetti imitano il movimento meccanicamente e superficialmente perdendo il
contatto con il proprio corpo. Ciò può essere evitato variando i movimenti e attirando l’attenzione
dell’allievo sulle sue azioni usando segni, movimenti ed espressioni verbali chiari e precisi.

La musica, in questo contesto, crea motivazione e struttura l’attenzione dell’allievo, modificando ed


alternando i movimenti stereotipati ed incontrollabili ed usandoli come punto di partenza, per
instaurare un rapporto interattivo e comunicativo; dopo aver attirato così l’attenzione del soggetto, è
possibile orientare e modificare i suoi movimenti variando l’andamento ritmico e cercando di
utilizzare il contatto fisico, sviluppando una maggiore consapevolezza corporea e iniziando a
sentirsi più sicuro nel contatto con l’insegnante e con gli altri.

Le attività dei Programmi 1 e 2 sviluppano il movimento di diverse parti del corpo secondo varie
modalità: il primo si concentra sulla parte superiore del corpo e il secondo su quella inferiore;
inoltre i primi due programmi possono essere usati a diversi livelli, secondo le capacità di
partecipazione dell’allievo.

Il Programma 3 presuppone la conoscenza dei due precedenti e richiede una sempre maggiore
consapevolezza interpersonale, mobilità e coordinazione ed il Programma 4 richiede un elevato
grado di conoscenza del proprio corpo ed un maggior autocontrollo, oltre ad un grado superiore di
comprensione concettuale, concentrazione e sensibilità sociale.

Il Programma preparatorio, inoltre, ha lo scopo di facilitare l’applicazione dei programmi con


quegli allievi che sono iperattivi, molto giovani o che hanno un basso livello di attenzione e viene
anche usato come punto di partenza per il lavoro con allievi con i quali è difficile stabilire o
mantenere dei contatti fisici o emozionali, come con i soggetti psicotici o autistici.

Il Programma speciale GHF, invece, è stato pensato dagli autori per gli allievi con gravi handicap
fisici o che hanno bisogno di più tempo.

Secondo gli studi e le esperienze sul campo degli autori è molto importante scegliere il momento
della giornata e il luogo in cui l’allievo sia pronto e maggiormente attento e deve essere preceduto o
seguito da altre situazioni in cui il soggetto fa qualcosa con l’insegnante; inoltre l’utilizzo di un
materassino trova una soluzione per chi si sente minacciato dal pavimento, in quanto crea un
perimetro di riferimento e, scelto di un determinato colore e materiale, aiuterà l’allievo a
riconoscerlo e a considerarlo parte integrante del programma.

Marianne e Christopher caratterizzano l’inizio dei programmi, tenendo conto delle differenze dei
soggetti, con una sigla che segnerà sempre l’inizio del programma e che accompagnerà l’allievo per
tutta la durata del percorso terapeutico.

Le attività che caratterizzano i primi due programmi sono i seguenti:

- dondolare: all’inizio del programma aiuta l’allievo a sviluppare la consapevolezza del proprio
corpo come unità globale e ad avere fiducia nell’insegnante;

- battere le mani: questo movimento viene utilizzato per attirare l’attenzione sulla parte del corpo
che si andrà ad utilizzare con i seguenti esercizi caratterizzati dal dare colpetti su specifiche parti del
corpo;
- rilassamento: conclude il programma con un "riposo", fornendo alle attività una struttura di
riferimento rassicurante e l’allievo, familiarizzando con il programma, riconoscerà la musica di
quest’ultimo momento e capirà che la sequenza delle attività è finita.

Inoltre il Programma 1 comprende attività che riguardano la parte superiore del corpo e quindi che
interessano le braccia, i pugni, i gomiti, la testa le dita delle mani; mentre le attività del Programma
2 si caratterizzano per movimenti alla parte inferire del corpo, interessando i piedi, le ginocchia, le
cosce, le dita dei piedi, la schiena e la pancia.

Le attività del Programma 3 sono caratterizzati da movimenti quali "sdraiarsi, rotolare camminare,
strisciare", sviluppando il concetto di schiena/dietro, pancia/davanti, fianco/di lato; il Programma 4,
invece, ha lo scopo di sviluppare un’estesa coscienza del corpo e quindi le attività cercheranno di
sviluppare la coordinazione, la conoscenza di concetti quali relazione e posizione e favoriranno la
fiducia e le interazioni sociali, per esempio facendo un esercizio a coppie.

Marianne e Christopher Knill sperimentano e mettono a punto una procedura di osservazione,


analisi e valutazione, pensato soprattutto come supporto per gli insegnanti che devono identificare i
progressi, anche minimi, degli allievi e pianificare il lavoro seguente.

Le schede sono organizzate in modo tale che le osservazioni possono venire registrate sotto tre voci
diverse che riflettono la qualità dell’interazione tra allievo e insegnante: partecipazione, attenzione e
comportamenti problematici.

La "partecipazione" viene usata per registrare l’iniziativa autonoma presa dall’allievo accanto al
sostegno fornito dall’insegnante, secondo sei livelli:

- passività;

- interesse;

- riconoscimento;

- aspettativa;

- cooperazione;

- iniziativa.

La categoria dell’attenzione è molto importante poiché da essa dipende la partecipazione e il buon


andamento del programma; sarà importante, quindi, registrare quanto a lungo l’allievo partecipa in
ciascuna attività valutando tale categoria su una scala di quattro punti:

- livello 0: l’allievo non è attento;

- livello 1: l’allievo partecipa per un po’;

- livello 2: l’allievo partecipa per la maggior parte del tempo;

- livello 3: l’allievo partecipa per tutto il tempo.


Infine è necessario osservare i comportamenti problematici e in altre parole annotare in che misura
alcuni comportamenti deviino l’attenzione dell’allievo dall’interazione. Questi possono essere dei
movimenti stereotipati, azioni autolesionistiche, tirare i capelli o tentare di evitare la situazione; il
livello di gravità, a questo proposito, viene valutato secondo una scala di tre punti:

- livello 1: esiste un comportamento problematico, ma disturba l’attività molto relativamente;

- livello 2: la gravità del comportamento problematico è tale da rendere difficile l’esecuzione


dell’attività;

- livello 3: il comportamento è gravissimo e l’esecuzione è completamente impossibile.

La scheda, inoltre, dà spazio alla registrazione di altri informazioni, quali l’impressioni


dell’insegnante sull’utilizzo dei programmi e/o su episodi particolari che non sono adeguatamente
trattati sotto le voci principali della scheda; l’insegnante può anche registrare l’umore dell’allievo e
deve essere conscio del fatto che il proprio atteggiamento incide molto sulla volontà dell’allievo di
partecipare alle attività.

Marianne e Christopher Knill considerano come fattore molto importante il modo in cui
l’insegnante si pone nei confronti dell’allievo, ritenendolo il fattore più importante per lo sviluppo
della comunicazione in quanto "il tono di voce, gli occhi e il tatto, il modo di muovere il corpo e le
espressioni del volto forniscono informazioni chiare agli allievi" e il coinvolgimento personale,
l’umorismo aiutano a stabilire un punto di partenza per la comunicazione interpersonale che ha
come prerequisito il rispetto dell’altro nonostante le diversità e le differenti potenzialità.

BENCE & MEREAUX

Leon Bence, medico e studioso delle bioterapie, e Max Mereaux, compositore e musicologo,
condussero per parecchi anni ricerche per dimostrare e per definire la musicoterapia non solamente
come un’efficace tecnica di rilassamento o di rieducazione psicoterapica, ma come "una vera terapia
di terreno", basata sull’individualizzazione del paziente.

Innanzitutto sono convinti che la musica e la medicina siano due arti complementari. Il legame
medicina-musica segue inizialmente tre tappe: la prima, all’epoca dello stregone-medico che
utilizzava l’incantesimo secondo la legge dell’imitazione, fondata su un’azione esercitata sul simile
attraverso il simile e secondo il ritmo che incitava una danza rituale ugualmente basata sull’azione
del simile sul simile. La seconda tappa coincide con l’epoca del sacerdote medico il quale
abbandona l’incantesimo per sostituirlo con un canto di lode rivolto ad un dio che ha donato agli
uomini la musica e la medicina. Infine nella terza tappa, la medicina ippocratica, i concetti medici
entrano in relazione con la teoria dell’armonizzazione universale in cui la salute diviene sinonimo
d’armonia e bellezza e la musica è considerata come igiene mentale.

I due autori hanno riconfermato la validità di questa connessione sostenendo una musicoterapia
"moderna" qualificata da un protocollo scientifico che impone ricerche chiare in modo da stabilire
gli effetti della musica, del suono e del ritmo sull’uomo.

Secondo Bence e Mereaux la musica, prodotta dalle oscillazioni vibratorie di corpi sonori che
tendono a ritornare allo stato di riposo, diventa l’eco dell’interiorità soggettiva dell’uomo e "tocca
l’Io mettendolo in movimento". Questo movimento dell’Io è ottenuto attraverso gli elementi della
musica, il ritmo, la melodia e l’armonia: il ritmo è legato alle reazioni fisiologiche, la percezione
della melodia impegna la totalità dell’essere con la presa di coscienza del corpo e l’armonia, la
sensazione provocata dall’ascolto di più suoni simultanei e distinti, si riferisce al valore affettivo.

Queste riflessioni ritrovano i fondamenti teorici nella musicoterapia ricettiva, base della
"musicoterapia di terreno" proposta dai due autori. Bence e Mereaux considerano, in particolare,
due grandi metodi musicoterapici: musicoterpia attiva e ricettiva, utilizzando poi la seconda per
approfondire il proprio metodo.

La musicoterapia attiva è creata dal paziente con l’ausilio di strumenti messi a sua disposizione e
assumendo come imperativo tecnico il creare la comunicazione; essa è il metodo più usato per il
bambino e permette la rottura della quotidianità, l’esorcismo della paura attraverso il gioco, la
riabilitazione del vissuto corporeo, lo sviluppo della possibilità d’espressione e del desiderio di
comunicazione, infine, la scoperta della sensibilità dell’altro e del gruppo.

La tecnica più frequentemente utilizzata in questo metodo prevede l’uso dello stumentario Orff e
rivestono un ruolo importante l’improvvisazione e l’imitazione.

La musicoterapia ricettiva, chiamata anche passiva, consiste nell’ascoltare una musica creata da un
compositore, scelta appositamente e prescritta dal terapeuta. Essa permette l’insorgere d’effetti
regressivi e l’apertura di canali di comunicazione che danno accesso alla dinamica psichica, il
flusso di reazioni affettive, la rieducazione emozionale, l’attenuazione dell’aggressività, il recupero
di ritmi biologici (in quanto ogni corpo vivente è animato da vibrazioni ritmiche) e il rilassamento e
la distensione.

Da questi fondamenti teorici i due autori formularono un metodo basato sull’individualizzazione e


distensione del paziente. Inizialmente la musicoterapia di terreno prevede l’individuazione di
condizioni necessarie per una buona terapia ricercata attraverso una "cabina di musicoterapia",
fisicamente situata in un luogo silenzioso e adattato al singolo paziente; il paziente, infatti, dispone
di una poltrona che gli permette di sollevare le gambe e quindi di distendersi e di ascoltare la
musica attraverso delle cuffie che danno l’impressione di personalizzare la musica, in quanto udita
solamente dal paziente.

E', inoltre, fondamentale la scelta dei colori e della loro corrispondenza con la musica,
scientificamente stabilita dalle lunghezze d’onda. In particolare nella cabina saranno utilizzati il
verde, colore equilibrante.

La musicoterapia di terreno prevede, secondo il metodo di Bence e Mereaux, una cura di


rilassamento "standard" composta da tre frammenti programmati dagli autori stessi. Il primo ascolto
consiste in una musica capace di evocare lo stato psicologico attuale del soggetto per portarlo
progressivamente alla condizione voluta; in seguito il secondo frammento tende a neutralizzare le
reazioni emotive provocate dall’ascolto del primo frammento ed, infine, il terzo deve suscitare un
movimento nella direzione desiderata.

Gli autori, infine, prevedono un quarto brano musicale personalizzato da ascoltare in stato di
rilassamento e determinato attraverso i criteri del compositore della tonalità e del modo della
composizione che è ricercata in base al carattere, la costituzione e la diatesi di un paziente.

Bence e Mereaux sono convinti che la musica, linguaggio stesso dell’emozione, può tradurre con i
suoni stati d’animo che le parole non saprebbero esprimere e il compositore, identificabile
solamente attraverso il proprio stile e l’opera musicale che riflette la propria immagine, permette
all’Io del paziente di rilassarsi e di "muoversi terapeuticamente".

Il modo e la tonalità di una composizione sono altri criteri per la scelta di un brano, da programmare
in una seduta di musicoterapia, e assumono un aspetto più o meno particolare secondo il
compositore.

In particolare gli autori difendono la loro idea sul potere affettivo dei modi e della tonalità
affidandosi alla medicina cinese che poggia su un’applicazione di principi filosofici e su
concordanze tra i cinque elementi (legno, fuoco, terra, metallo e acqua), i cinque pianeti (Giove,
Marte, Saturno, Venere, Mercurio), i cinque organi (fegato, milza, cuore, polmoni e reni) e le cinque
note: king (fa), chang (sol), kio (la), tche (do), yu (re). Secondo la medicina cinese esiste una
corrispondenza vibratoria note/ organi, che si manifesta con una reazione affettiva alla percezione
dei suoni e quindi esiste una corrispondenza della dominante caratteriale dell’uomo alla funzione
legata ad un organo.

Bence e Mereaux, molti aperti a confronti e apporti con altre terapie e punti di vista, sono convinti
che la musicoterapia non debba utilizzata sola ma associata ad altri strumenti terapeutici come le
bioterapie ed altri metodi di rilassamento.

In particolare si affidano al "Rilassamento progressivo " di Jacobson e il "Training Autogeno" di


Schultz. Il primo fa appello alla volontà del paziente che prende coscienza della sensazione
provocata dalla contrazione e distensione muscolare e consta di diversi esercizi, locali e generali,
con l’obiettivo di insegnare al paziente a distendersi completamente.

Il Training di Schultz, invece, è un trattamento psicoterapico supportato dall’autoipnosi e si struttura


in due cicli: il ciclo inferiore consiste in una serie di messaggi ciascuno dei quali interessa un campo
differente e un ciclo superiore controllato da un neuropsichiatra, e per questo non considerato da
Bence e Mereaux.

I due autori, inoltre prendono in considerazione altri metodi tra i quali lo Zen, la sofrologia che
crede nell’esistenza d’energie inutilizzate nella nostra mente e lo yoga. Diffidano, invece,
dell’associazione della musicoterapia a sonniferi, tranquillanti e altri farmaci chimici moderni in
quanto deformano la percezione, l’assimilazione personale e la proiezione psichica della musica.

8. PANORAMA DELLE PROSPETTIVE DELLA MUSICOTERAPIA IN ITALIA

FULVIO AGRESTA

I principi teorici dell'opera riabilitativa di Agresta, compiuta soprattutto nei confronti di bambini,
sono in parte tratti da esperienze compiute da altri musicoterapeuti, quali la Hirsch o la Alvin, in
parte emergono dalla terapia attuata dall'autore su specifici casi clinici.
Gli obiettivi del trattamento musicoterapeutico risiedono nel favorire la socializzazione e lo
scioglimento delle difese per aiutare la ricostruzione dell'Io, permettendo nel processo riabilitativo
la massima espressione e valorizzazione della creatività personale.

Agresta opera principalmente con soggetti affetti da nevrosi o da psicosi: con questi pazienti il
vantaggio offerto dalla musica deriva dalla sua capacità di risolvere i nodi conflittuali che
impediscono una normale strutturazione della personalità.

Premesso che esistono frasi musicali universali - i cosiddetti archetipi musicali collettivi, costituiti
da quelle strutture armoniche presenti nei canti popolari, nelle ninne-nanne e nei canti tradizionali -
funzione della musicoterapia diviene quella di avvicinare il paziente a livelli profondi, inconsci, in
modo tale da scoprire "l'individualità" per stabilire "un linguaggio comunicativo e creativo, una
metacomunicazione con il bambino diverso, il quale si sente stimolato a rispondere senza che gli si
chieda direttamente di farlo" (Agresta, 1984, pag.52).

In psicoterapia l'attività musicale è finalizzata non solo ad ottenere la regressione a stadi più
primitivi dello sviluppo emotivo-individuale del paziente, ma anche a favorire il riemergere di
materiale simbolico e di archetipi musicali collettivi. Sfruttando questa proprietà della musica, il
terapeuta può scoprire l'individualità del paziente senza avvalersi di mezzi di analisi che potrebbero
indurre la messa in atto di ulteriori sistemi di difesa e programmare di conseguenza attività di
recupero confacenti a ciascun caso.

Nell'ambito dell'handicap e del disadattamento, la musica assume un valore di rieducazione


psicologica e neuropsicologica. Le esperienze musicali non solo alleviano o eliminano i sintomi, ma
coinvolgono globalmente la persona. Da queste considerazioni derivano alcuni obiettivi prossimi
del trattamento musicoterapeutico, quali la socializzazione, lo scioglimento delle difese, l'aiuto nella
ricostruzione dell'Io, il rifugio attivo nella fantasia, inteso non come estraniamento e perdita del
senso di realtà, ma come creatività personale, stimolazione e soddisfazione. Tramite i movimenti
indotti dal suono, inoltre, viene fornito un aiuto alla percezione del proprio corpo e dello spazio: di
conseguenza si crea una corrispondenza biunivoca tra lo sviluppo di questa abilità e lo sviluppo del
linguaggio.

La musica è un mezzo di comunicazione non verbale molto efficace in un ambito, quale quello
dell'handicap o del disadattamento, dove talvolta il linguaggio verbale può essere bloccato da cause
fisiche o psichiche. Attraverso la musica il linguaggio psicoterapeutico si arricchisce nel rapporto
educatore-educando di emotività, spontaneità, acriticità, non direttività, privilegiando qualsiasi
aspetto comunicativo, da quello mimicorporeo a quello grafico.

Le attività musicoterapeutiche si distinguono in base all'ambito di applicazione; Agresta ne


individua tre: quello psichiatrico, quello psicoterapeutico e l'ambito del trattamento dei soggetti
disadattati.

1) Ambito psichiatrico: prima di iniziare un trattamento è importante conoscere le problematiche del


paziente, il suo vissuto, i tratti salienti della sua personalità e la sua struttura biologico-musicale.
Sono state formulate 3 tecniche per questo studio:

a) La prima tecnica consiste nell'applicazione del test di Cattel di preferenza musicale per lo studio
della personalità in cui si propone l'ascolto di una serie di associazioni costituite da brevi frasi
musicali di diversa tonalità affettiva.
b) La seconda tecnica è fondata sull'analisi degli intervalli musicali: viene avanzata l'ipotesi che ad
ogni intervallo corrisponda simbolicamente una figura dell'ambiente familiare del soggetto e la
problematica affettiva che è a questi collegata. Somministrando una serie di coppie di intervalli al
paziente, questi deve indicare quale intervallo preferisce e quale lo irrita.

c) In ultima istanza è possibile effettuare il rilevamento dell'ISO (identità sonora individuale),


concetto formulato da Benenzon. Una volta individuata la "struttura" musicale del soggetto, il
terapeuta lavorerà su di essa per aprire nuovi canali comunicativi e per sciogliere i nodi conflittuali
inconsci.

2) Ambito psicoterapeutico: dopo la fase di rilassamento vengono proposte sequenze musicali


appositamente scelte per provocare determinate sensazioni, per favorire l'introspezione, per portare
in superficie ansie, timori, conflitti mai risolti né rimossi. In altri momenti della psicoterapia,
invece, sono introdotti suoni ricavati dal contesto vitale ed archetipici, quali lo squillo di un
telefono, il battito di un tamburo, il grido di un bambino... Le risposte emotive dei pazienti a questi
stimoli, inserite in un quadro generale di studio e osservazione del paziente, possono essere
interpretate secondo le modalità dei test proiettivi.

3) Ambito terapeutico con soggetti disadattati e con problemi di inserimento scolastico: le


esperienze di questi soggetti abbisognano di una traduzione comunicativa a diversi livelli, per
l'allargamento e il recupero di tutte le loro possibilità intellettive ed umane. Viene così valorizzata la
comunicazione gestuale che permette una esplicazione del proprio Io. Il linguaggio verbale non si
riduce al semplice "parlare", ma è strutturato per produrre suoni insoliti e originali: la voce si
trasforma in strumento per creare nuovi suoni, per imitarne alcuni e per modificarne altri. Il
paziente è invitato a "giocare" con il mondo sonoro, creando strutture musicali, inventando canzoni
e armonie.

A conclusione di questa attività è importante cercare di dare una certa "concretezza" all'esperienza
sonora in modo tale da farla penetrare in modo più stabile nel soggetto, il quale, a questo proposito,
traduce con disegni, istogrammi o nello psicodramma le sensazioni emerse durante la terapia.

GIORDANO BIANCHI

Giordano Bianchi, insegnante di scuola elementare, all'inizio degli anni Sessanta, in clima di
persistente incomprensione per l'educazione musicale nell'ambito della scuola elementare, cominciò
a sviluppare alcune intuizioni per avviare i suoi alunni alla conoscenza degli elementi base del
linguaggio musicale e per approdare poi alla sonorizzazione di situazioni teatrali. Da questa
esperienza prese il via l'elaborazione del suo "metodo linguistico-musicale", finalizzato allo
sviluppo di una globale percezione audio-tattile-visiva attraverso la manipolazione del materiale
sonoro.

In seguito fu tra i fondatori della S.I.E.M. (Società Italiana per l'Educazione Musicale), nata a
Milano nel 1969. Tale evento comportò un miglioramento sia di metodo che di insegnamento per gli
insegnanti, ma solo con l'apertura della sezione del C.E.M.B. (Centro per l'Educazione Musicale di
Base) ci si occupò dell'educazione nella scuola materna ed elementare, valorizzando l'aspetto della
globalità e interdisciplinarità dei metodi Dalcroze, Kodaly, Orff.

In seguito Bianchi ha iniziato a condurre esperienze in cui ha tentato di applicare le proprie


intuizioni didattiche al recupero di funzioni intellettive in soggetti handicappati
Bianchi ha scelto di fare un'esperienza educativo-terapeutica con la musica perché l'elemento
sonoro-musicale può favorire lo sviluppo delle capacità espressive e di apprendimento anche nei
bambini in difficoltà. Alla base della proposta c'è la considerazione del legame stretto tra suono e
gestualità. Da questo spunto prende il via un tipo di educazione musicale che utilizza in modo
creativo il rumore e il suono, scoprendo come strumento non solo la voce, ma anche il corpo.

Il metodo di Bianchi consente così di venire a conoscenza del proprio corpo, sviluppandone le
capacità di orientamento e di coordinamento motorio e le facoltà psicomotorie ed espressivo-
creative. Inoltre si propone di raggiungere, in una fase successiva, la crescita delle capacità di
discriminazione ed espressione ortofonica e grafico-verbale, tramite la ricerca di associazioni tra
simboli gestuali, suoni e fonemi. Il fine ultimo sarà lo sviluppo di facoltà logico-matematiche.

Il maestro Bianchi sostiene che l'udito è il canale sensoriale più raffinato, sensibile ed intelligente
perché è strettamente legato alla parola che nell'uomo è lo strumento più adatto all'elaborazione e
alla comunicazione del pensiero. Ritenendo che la sensibilizzazione dell'udito sia la fase ultima
della stimolazione sensoriale, Bianchi sollecita innanzitutto i sensi più primitivi - il tatto e la vista -
e li integra finalizzandone poi le potenzialità esercitate ad una percezione acustica più completa ed
affinata.

Bianchi ritiene che le esperienze basate sul suono e sulla musica possano avere una valenza
riabilitativa "nella convinzione che la musica costituisca un medium non verbale assai efficace nel
favorire l'instaurazione dei migliori rapporti interpersonali, il superamento di paure, fobie, di
tendenze all'isolamento; un potente attivatore di operazioni percettivo-intellettive di osservazione,
analisi, confronto, classificazione, nonché la base per fondamentali esperienze di sviluppo
psicomotorio e della conoscenza di sé" (Vaccaroni, 1985, pag. 24).

Il compito della terapia musicale consiste cioè nel riattivare, riorganizzare, reintegrare le funzioni e
attitudini fisiche e psichiche degli individui in difficoltà, il che equivale al proposito di fornire alla
persona opportunità maturative laddove il processo di crescita non si compie normalmente.

Naturalmente,con il bambino handicappato gli scopi prefissati sono meno ambiziosi, ma non meno
essenziali per lo sviluppo globale del soggetto. Fondamentale è il creare una comunicazione iniziale
positiva senza sentimenti di angoscia e di paura da parte del bambino per iniziare la costruzione
della sua autostima e della capacità operativa: il bambino deve potersi "sentire utile" e provare
piacere in quello che fa, poiché la realizzazione di sé e il piacere sono alla base della motivazione, a
sua volta motore dell'azione umana.

Innanzi tutto Bianchi sottolinea come il fare musica insieme possa:

1) migliorare i rapporti con gli altri, facendo acquisire con la comunicazione indiretta attraverso lo
strumento una maggior sicurezza e adattamento alla vita e agli altri;

2) mettere in azione le attitudini di base, quali l'attenzione, la concentrazione, l'osservazione, la


percezione, l'analisi e la sintesi;

3) aiutare lo sviluppo psicomotorio favorendo un'accettazione positiva del proprio corpo e


migliorandone il coordinamento;

4) promuovere l'espressione creativa offrendo al bambino stimoli nuovi ai quali poter rispondere di
propria iniziativa.
Infine, si vuole far acquisire la capacità di leggere e scrivere, che permetterebbe una comunicazione
alla pari con i coetanei normodotati.

Secondo Bianchi il terapeuta deve approntare l'intervento in una prospettiva di globalità,


considerando il bambino come "persona" e quindi partendo da ciò che egli sa fare, cioè dalla sua
parte "sana": è essenziale che egli possa sentirsi protagonista del lavoro proposto. Infatti,
assumendo alternativamente i ruoli di esecutore e direttore nel gioco musicale, egli acquisterà il
rispetto per il lavoro altrui e la responsabilità per il proprio.

Due elementi in particolare sono tenuti presenti: da un lato lo spazio dato alla spontaneità e
all'improvvisazione, dall'altro il lavoro volto all'organizzazione e alla strutturazione controllata e
ordinata. I bambini vengono guidati a sviluppare innanzi tutto i sensi più primitivi per poi giungere
alla percezione uditiva, che è la più raffinata. Gli elementi sonori (silenzio, rumore, intensità,
grandezza,...) vengono perciò presentati attraverso l'animazione, associando i vari concetti con
immagini affettive sicuramente note e quindi comprese dai bambini handicappati. Saranno poi i
bambini stessi a guidare il gioco delle associazioni tra immagine e suono e, in seguito, la loro
correlazione con una rappresentazione grafica: questo segna il passaggio dal sonema (il suono
verbalizzato dello strumento) alla sillaba e infine al fonema, aprendo la fase di pre-lettura.

Il punto di partenza del metodo è lo "scarabocchio sonoro", inteso come l'insieme disordinato di
suoni che il bambino, con l'aiuto della manipolazione degli strumenti, dei giochi psicomotori e di
animazione deve imparare ad ordinare discriminando alcune caratteristiche salienti, quali intensità,
timbro, altezza. Questa attività è fondamentale per favorire gli ulteriori sviluppi del metodo e per
estendere la valenza educativa anche all'area linguistica e a quella logico-matematica. Nel
primocaso l'associazione tra timbro e suono onomatopeico, oltre a favorire una migliore presa di
coscienza delle caratteristiche di un evento sonoro, facilita l'apprendimento della lettura e della
scrittura; nel caso dell'area logico-matematica, il giocare con i suoni permette di svolgere attività
finalizzate all'acquisizione delle nozioni proprie dell'insiemistica, quali quelle di associazione,
corrispondenza, relazione, simmetria, ecc.

Bianchi, e la sua collaboratrice Clerici Bagozzi, hanno messo a punto alcune schede operative che
descrivono proposte finalizzate a più scopi:

- per sviluppare la conoscenza del proprio corpo vengono descritte attività di imitazione a specchio
di movimenti secondo un ritmo proposto con conseguente memorizzazione dei gesti eseguiti;

- per il coordinamento senso-motorio e lo sviluppo della lateralizzazione si consigliano giochi di


associazione suono-movimento;

- per lo sviluppo dei concetti di piccolo-grande, prima-dopo, per stimolare la prontezza dei riflessi,
la memorizzazione uditiva e visiva vengono eseguite attività che utilizzino due tamburi di due
diverse dimensioni, ciascuno associato a un animale diverso (per esempio: il tamburo piccolo è
associato al gatto, quello grande al cane);

- per avviare il processo di lettura e di scrittura hanno dato buoni risultati attività di associazione o
dissociazione di sonemi (per esempio: sonema DAN associato ad una campana, più sonema DON
associato ad un'altra campana, con l'eliminazione della consonante N: questa operazione permette di
ottenere la parola DADO) e giochi di lettura ritmica per evidenziare l'accento tonico.
Per "fare musica insieme" (espressione che sottolinea la parte attiva che hanno i bambini) vengono
utilizzati da Bianchi strumenti semplici appartenenti allo strumentario Orff e anche creati
appositamente. Il maestro utilizza abitualmente una serie di cinque campane dai suoni in
successione che stimolano la creazione di favole che facilitano l'acquisizione e la memorizzazione
delle cellule sonore elementari (ossia determinate sillabe corrispondenti per lo più ai suoni degli
strumenti). Del tamburo ci si serve per creare l'associazione tra la battuta, la sua immagine grafica e
il sonema.

L'ascolto musicale va anche associato alla partecipazione del corpo: quando il ritmo viene collegato
alla parola, vengono effettuate interpretazioni corporee dei brani musicali e si associa il gesto con il
suono. Il maestro si premura di avviare i bambini alla conoscenza della segmentazione dello schema
corporeo, proponendo a ciascuno di servirsi di ogni parte del corpo per inviare un segnale che
imponga, ad esempio, l'alternanza tra rumore e silenzio. L'intento è di far scoprire al bambino che il
corpo è un meraviglioso ed efficace strumento di comunicazione, consapevole del fatto che questo è
il primo passo del percorso che porterà il bambino dalla trasmissione di segnali gestuali a quella di
simboli grafici, obiettivo finale del metodo linguistico-musicale.

Per indurre il bambino a mettere a fuoco il proprio schema corporeo Bianchi presenta una serie di
giochi sonori, motori e di animazione volti a rendere il bambino consapevole delle coordinate
spazio-temporali, della lateralizzazione (destra-sinistra), delle posizioni alto-basso, davanti-dietro,
dentro-fuori, del concetto di grandezza, del coordinamento oculo-manuale ed audio-manuale, della
durata e del ritmo. Quando il bambino ha appreso ad orientarsi nello spazio, con l'aiuto della
gestualità può rafforzare la propria percezione ed imparare a discriminare i suoni contenuti nella
musica.

RENZO LUCA CARROZZINI

Renzo Luca Carrozzini, psicologo clinico e sociologo, è docente di Psicoterapia Autogena e di


Psicoterapie Brevi presso il Centro Italiano per lo Sviluppo delle Psicoterapie e del Training
Autogeno di Padova.
Amante da sempre della musica, del suono e del ritmo, studiò la batteria e incominciò a proporre
interventi con un personale metodo che vede abbinate le tecniche di rilassamento, dell’ipnosi, e
delle psicoterapie brevi alla musica stessa.
Carrozzini inserisce il proprio metodo nella musicoterapia ricettiva o d’ascolto distinguendola dalla
musicoterapia attiva maggiormente adatta a bambini o adulti portatori di handicap, menomazioni,
lesioni cerebrali e malattie mentali. La musicoterapia ricettiva è generalmente usata per le nevrosi e
l’autore la utilizza con pazienti con problemi psicologici e psicosomatici con, alla base, un’alta
percentuale di stati d’ansia o di tensione.
Carrozzini propone un modello di musicoterapia che procede per gradi partendo dall’idea che
esistano diversi livelli d’ansia e, quindi, che ogni paziente è differente da un altro. Questa
riflessione porta ad affermare, anche, che non esistono musiche che diano la certezza d’essere
“neutre”, “vicine” o “lontane” dallo stato d’animo di chi lo ascolta. Questa musicoterapia per gradi
tenderebbe ad avvicinare sempre di più il paziente al linguaggio musicale, adattando quest'ultimo
agli stati d’animo, alle tematiche individuali e ai cambiamenti del paziente.
Il metodo proposto dall’autore è chiamato musicoterapia immaginativa e si avvale di modalità di
intervento differenziate, modulabili e adattabili ai singoli utenti e alle diverse sintomatologie e si
divide in due grandi livelli: musicoterapia di base e musicoterapia superiore.
La musicoterapia di base può essere definita “musica in terapia” dal momento che utilizza la musica
come elemento di sfondo (dabàr) per interventi terapeutici. In ebraico “dabàr” significa parola: nella
Bibbia è il Verbo; per l’uomo è la parola attraverso cui egli è e si distingue da tutto il resto del
mondo creatore. Infatti la parola è stata intesa nei tempi e o ovunque come il simbolo più puro della
manifestazione dell’essere e dell’esistenza, è stata incarnata nel suono e nella musica come simboli
della necessità di uno sfondo su cui appoggiare le proprie paure e i propri bisogni; il dabàr è la
parola-suono su cui l’uomo ha riposto fiducia per milioni di anni come fonte di sicurezza, come una
ninna nanna.
La musicoterapia di base si può suddividere in due fasi: la prima riguardante le applicazioni alle
varie tecniche di rilassamento nelle quali la musica serve come accompagnamento alle tecniche
distensive e la seconda individuata dall’applicazione dell’ipnosi e dalla visualizzazioni guidate nella
quali, invece, la musica diventa parte integrante dell’intervento e si integra con le parole.
La prima fase viene anche chiamata “musica in terapia relativa alle sensazioni” dal momento che si
rivolge essenzialmente a ciò che si prova sia fisicamente che psichicamente ed è quindi quella che
cade sotto i nostri sensi, mentre la seconda fase della musicoterapia di base viene denominata
“musica in terapia relativa ai sentimenti e agli stati d’animo più profondi” dal momento che utilizza
musica e parole assieme, entrando più intimamente nell’animo del paziente mediante un programma
terapeutico che prevede l’impiego di tecniche elaborate che tengono meno conto delle sensazioni
psicofisiche.
Il primo livello del metodo di Carrozzini (musicoterapia di base) pone sullo stesso piano parole e
musica ed è utilizzato con pazienti con cui semplici tecniche distensive risultano insufficienti;
infatti, come già accennato, l’autore supporta il proprio metodo attraverso altre tecniche di
psicoterapie brevi* come ad esempio l’Ipnosi fantasmatica, la Visualizzazione Guidata, il Training
Autogeno e l’Oniroterapia.
L’ipnosi fantasmatica è di origine psicoanalitica e fu proprio Freud ad introdurre il termine
“fantasma” affermando che l’Io ad un certo punto del suo sviluppo deve sottomettersi al principio di
realtà, sacrificando il principio di piacere e compensando questa rinuncia con una nuova attività
mentale compensatoria, qual è il “fantasma”.
Nell’ipnosi fantasmatica le immagini che sono proposte dal terapeuta sono rappresentate su uno
“schermo mentale”, sul quale sono visualizzate le cose più vicine e piccole e più grandi e lontane
proprie del paziente. Questa tecnica ottiene buoni risultati su uno stato profondo di coscienza a
differenza delle visualizzazioni guidate che agiscono su uno stato più superficiale soprattutto
quando si ritiene più opportuno rimanere a tale livello per il paziente che, per esempio, nutre timore
verso l’ipnosi.
Il denominatore di queste due tecniche è l’utilizzo dell’immagine mentale attraverso la quale si
cerca di coinvolgere il soggetto dal punto di vista dei sentimenti e degli affetti per attuare il
cambiamento terapeutico: infatti Carrozzini utilizza l’ipnosi fantasmatica e le visualizzazioni
guidate nella seconda fase della musicoterapia di base, chiamata ”musicoterapia dei sentimenti”.
Il livello di musicoterapia superiore, invece, è definito dall’autore “musicoterapia creativa” ed è
quella delle emozioni. In essa non sono più utilizzate le tecniche distensive né l’ipnosi o le
visualizzazioni guidate ma, mancando totalmente la comunicazione verbale, si predilige un dialogo
strutturato attraverso la musica.
L’ascolto della musica a fini terapeutici dovrebbe essere, per l’autore, “un abbandonarsi acritico”
nei confronti della stessa e, data l’esistenza di differenti capacità di mettersi in ascolto, si tengono
conto delle diverse caratteristiche della musica, della musicalità e della disponibilità alla musica di
ogni singolo paziente.
Il passaggio da una musicoterapia di base a una musicoterapia superiore è paragonata da Carrozzini
al passaggio della musica in terapia alla musicoterapia nella quale musica, immagine e sentimento
diventano trinomio base di una musicoterapia dei sentimenti.
L’autore realizza questo passaggio per gradi e sostenendo la tesi che se la musica è ricca di melodia,
in quanto si rivolge al sentimento, e se la melodia è la successione di suoni e di intervalli
organicamente concepiti, allora la musica si può insinuare nella personalità dell'individuo.
Carrozzini sostiene anche che “a ciascuno la propria musica” in quanto molteplici fattori
influiscono sulla scelta e preferenza musicale, legati soprattutto alla cultura, alla tradizione
d’appartenenza, all’istruzione, alla sensibilità personale, allo stato d’animo e alla moda del
momento.
L’autore è convinto che alla base delle nostre preferenze ci siano fattori emotivi, affettivi e cognitivi
che hanno radici profonde nella nostra personalità ed origini lontane nel nostro passato e che
ognuno di noi esprima i propri gusti in base anche alle proprie caratteristiche sonore fondamentali
come il ritmo, l’altezza, il timbro, che fanno parte integrante della nostra musicalità.
La musicalità, infatti, comprende le capacità acustiche e le attitudini individuali a cogliere la
particolare melodia insita nella musica.
Carrozzini utilizza immagini, metafore o figure aventi strette analogie con il problema del soggetto
e le inserisce negli itinerari del lavoro psicoterapeutico secondo delle fasi: innanzitutto considera il
reale problema del paziente incominciando a costruire gli elementi chiave del nucleo centrale di
un’eventuale immagine o metafora e successivamente cerca di capire la vera motivazione del
paziente al cambiamento per, infine, definire gli ostacoli e le resistenze che impediscono al soggetto
di raggiungere le mete.
Dopo questa fase iniziale di osservazione e programmazione si inserisce la metafora nell’itinerario
terapeutico al fine di facilitare nel paziente una totale consapevolezza del proprio problema
costruendo le metafore in forma di racconto, di storia o di aneddoto per fissare l’attenzione del
soggetto in terapia così da facilitare l’apprendimento terapeutico e smobilitare le resistenze.
Le metafore, create, studiate ed adattate ad ogni singolo paziente, sono elaborate in modo da
costituire una serie di sedute ciascuna delle quali tende a mirare agli obiettivi della terapia; dunque,
tali serie di sedute, chiamate dall’autore itinerari terapeutici, contengono immagini, metafore e
musiche che miscelate tra loro fanno risultare l’itinerario stesso omogeneo, equilibrato e adattabile
alla realtà del soggetto stesso. Usando un’analogia dell’autore “ogni seduta diviene una specie di
anello di una lunga e preziosa collana che rappresenta la terapia e in cui ogni anello deve
concatenarsi con il successivo”.
Carrozzini rivolge prevalentemente la sua azione terapeutica al paziente nevrotico caratterizzato
principalmente da una fragilità o debolezza dell’Io e da una non accettazione della propria
situazione conflittuale, strutturando un programma terapeutico suddiviso in itinerari terapeutici.
Ogni itinerario si struttura in nove sedute. Le prime, comuni a tutti, sono finalizzate a favorire
l’autoaccettazione; seguono quelle relative al rinforzo dell’Io, quelle che tendono a sollecitare
l’esplorazione di sé, quelle elaborate per stimolare il recupero e l’utilizzo delle potenzialità
personali ed infine l’abbattimento delle paure verso un concreto cambiamento.
Per l’autore, infine, è molto importante il setting della terapia: uno studio accogliente e rassicurante,
quasi rappresentante, dal punto di vista simbolico, l’utero materno, non troppo grande e ben isolato
acusticamente.
La seduta è settimanale per la durata di 45 minuti ed è richiesto al paziente di tenere una specie di
diario, chiamato dall’autore “protocollo” sul quale osservare sensazioni, emozioni ed altro.
La seduta è caratterizzata da tre momenti importanti : il primo caratterizzato dal silenzio, cioè
dall’assoluta mancanza di espressioni verbali da parte del musicoterapeuta durante la proposta
d’ascolto della musica; il secondo, invece è riferito alla musica ed infine l’ascolto caratterizzato da
“un’attenzione fluttuante”, cioè da una concentrazione eccessiva della musica che tende a bloccare
la creatività e le emozioni.

NELLA DE ANGELI

L'opera musicoterapeutica di Nella De Angeli costituisce un'esperienza isolata. L'approccio con i


pazienti è dettato maggiormente da considerazioni di carattere personale e da intuizioni istintive,
piuttosto che da una vera e propria formulazione teorica. La De Angeli stessa nelle sue
Considerazioni di Musicoterapia dichiara di aver voluto semplicemente formulare alcune riflessioni
terapeutiche emerse dal suo pluriennale lavoro con i pazienti psicotici e nevrotici.

L'Autrice insiste molto sull'importanza che riveste la figura del terapeuta, a cui non è tanto richiesto
di essere dotato di talento musicale, quanto piuttosto di doti di intuizione psicologica, comunicativa,
capacità di creare con il paziente una sorta di rapporto empatico.

La De Angeli propone per la terapia un repertorio musicale costituito in prevalenza da musiche con
ritmo lineare e distensivo adatte al rilassamento, che è uno degli obiettivi primari da conseguire per
garantire un buon andamento riabilitativo. Nel tentativo di trovare uno strumento che producesse un
suono sufficientemente dolce e che rispondesse ai requisiti suddetti, la De Angeli ha ideato la "lyra
nova" che, grazie al suo particolare timbro e all'originale accordatura, ha trovato una buona
utilizzazione terapeutica con i pazienti psicotici e nevrotici.

La finalità della musicoterapia risiede principalmente nello stimolare il paziente ad aprire canali di
comunicazione. Per raggiungere questo obiettivo, il terapeuta non può improvvisare, ma deve
possedere una serie di doti che lo caratterizzino per una profonda capacità di creare rapporti
comunicativi e per una spiccata sensibilità psicologica.

Per praticare la musicoterapia non è necessario essere compositori, anche se è richiesta una minima
conoscenza musicale, soprattutto una certa capacità di improvvisare musica per saper, a seconda
delle circostanze, "parlare e dialogare" musicalmente. Il musicista di professione che desiderasse
diventare musicoterapeuta dovrebbe aggiungere alle qualità già elencate anche doti di grande umiltà
e semplicità, per poter mettere a disposizione in modo vantaggioso le proprie capacità. Infine,
nell'approccio con il paziente, il musicoterapeuta dovrebbe saper dare un'immagine di sé ben
delineata, un insieme di dolcezza e fermezza, mai di debolezza.

La seduta di musicoterapia inizia con il tentativo di sintonizzarsi immediatamente con il soggetto: il


primo contatto interattivo si produce attraverso lo sguardo. Quindi, quando si è creato un clima
sufficientemente "dialogante" tra terapeuta e paziente, si può passare all'espressione musicale
terapeutica. Si consiglia di evitare gli strumenti a percussione che farebbero emergere spinte a
liberare istinti negativi; al contrario è bene scegliere strumenti con suono dolce e armonioso. Anche
a riguardo della scelta del repertorio musicale si è constatato che le musiche con ritmo lineare e
preciso, con intervalli relativi al tono minore, contribuendo a creare un clima distensivo e rilassante,
sono in genere preferite dai soggetti disturbati. Le musiche sincopate o troppo ritmate, invece,
creano un pericoloso stato di inquietudine.

Nella ricerca di uno strumento che rispondesse ai requisiti suddetti, la De Algeli ha ideato - come
detto - la "lyra nova": si tratta di uno strumento a pizzico, in metallo e legno (imbevuto di una
speciale miscela), di limitate dimensioni, con due cordiere e un cristallo; è accordata a intervalli non
esattamente corrispondenti a quelli della scala temperata in uso oggi. E' dotata di 24 corde: 12
accordate per la melodia e 12 di risonanza per gli arpeggiati. Produce un suono dolce e penetrante.
La lyra nova, per la sua particolare strutturazione, non si presta all'esecuzione delle musiche
tradizionali, per cui richiede un repertorio o appositamente composto o improvvisato.

La De Angeli insiste su un approccio musicoterapeuta-paziente che sia il più spontaneo possibile.


Afferma che se il musicoterapeuta possiede una spiccata e pronta sensibilità psicologica, non
occorre che conosca la storia del soggetto; anzi è preferibile che si faccia guidare da impressioni che
emergono lungo il corso della seduta, senza essere condizionato da resoconti preesistenti.
Anche il dialogo verbale viene inizialmente evitato e rimandato dopo una prolungata terapia: si
preferisce la comunicazione attraverso il corpo, un corpo che assume diverse posizioni nello spazio,
si muove trasportato dalla musica e in questo modo crea un clima di unità teso a favorire
l'attenzione e la capacità di risposta ai suggerimenti del terapeuta.

MARCO GILARDONE

Marco Gilardone, medico e foniatra, considera la musicoterapia una disciplina che riguarda attività
di studio e di ricerca finalizzate all’applicazione terapeutica dell’elemento sonoro-musicale,
occupandosi dell’integrazione tra i disturbi della comunicazione e le applicazioni della musica
nell’ambito clinico.

L’autore cerca di chiarire lo stato dell’arte in musicoterapia attraverso una ricerca storica e un esame
delle definizioni della disciplina da parte d’alcuni autori che, in campo internazionale, hanno
contribuito ad una crescita culturale. Innanzi tutto riprende Benenzon, il quale definisce la
musicoterapia "come la disciplina che utilizza il suono, la musica e il movimento per provocare
effetti regressivi e aprire canali di comunicazione, con l’obiettivo di attivare il processo di
socializzazione e d’inserimento sociale", e Lecourt che la delinea come "una modalità di approccio
sensoriale". L’autore rileva in questi due musicoterapeuti una matrice prettamente psicodinamica
rilevando l’intento o l’equivoco dei due autori di identificare la musicoterapia come una forma
espressiva di psicoterapia. Successivamente riflette sulle definizioni date da Guaraldi e Schindler
che rappresentano una visione più eclettica volta all’individuazione di aree di intervento
musicoterapico, identificabili in un settore "cognitivo-percettivo", e maggiormente utilizzata
dall’autore come un’area "relazionale", all’interno della quale l’intervento assume una connotazione
psicoterapeutica, un’altra definita "riabilitativa delle turbe neuromotorie e sensoriali" e infine
un’area comprendente "interventi musicoterapici di supporto" in vari settori della medicina.

L’autore insieme a Manarolo, psichiatra e musicoterapeuta, e De Maestri, musicista e


musicoterapeuta, nel II Convegno Europeo di Musicoterapia a Bologna nel 1994,propose un
modello di suddivisione della musicoterapia in quattro ambiti d’azione:

a) Musicoterapia relazionale indicata nelle turbe psichiche;

b) Musicoterapia cognitiva;

c)Musicoterapia riabilitativa nei disturbi neuromotori e della sensopercezione;

d) Musicoterapia di supporto in medicina generale.

Gilardone intende applicare il suo lavoro su soggetti, in età evolutiva, che presentano un quadro di
insufficienza mentale, tentando di qualificare il proprio lavoro, con un intervento che svolge una
funzione "riattivatrice" in quei soggetti che appaiono isolati dall’ambiente.

La scelta dell’autore di definire e sostenere una musicoterapia cognitivo-percettiva giustifica un


modello teorico e operativo che sia attivo sulle funzioni cerebrali superiori e che sfrutta
prevalentemente il canale uditivo, come modalità percettiva e processo complessivo, integrante sia
aspetti estesiologici sia decodificativi.

Il metodo elaborato da Gilardone si basa, quindi, sulla percezione uditiva intesa come "quel
complesso evento neuro-fisiologico che dipende dalla presenza e relativa integrità di strutture",
quali l’orecchio, il sistema uditivo periferico e quel nervoso uditivo centrale. I parametri per la
percezione uditiva sono, per l’autore, i seguenti:

coordinazione uditivo-motoria, in base all’avvicinamento o allontanamento nei confronti di una


sorgente sonora;

separazione figura/sfondo, che si configura nell’isolamento di uno stimolo che si presenta


contemporaneamente ad altri stimoli omogenei;

percezione della costanza timbrica, che consiste nella capacità di riconoscere un determinato timbro
associandolo alla fonte di produzione;

separazione silenzio/sonorità;

differenziazione suono/rumore, per distinguere le sonorità regolari da quelle irregolari;

percezione delle dinamiche di altezza, per discriminare due suoni di frequenza diversa e individuare
gli intervalli tra suoni successivi;

percezione delle dinamiche di intensità, per saper discriminare i suoni in relazione alla loro
intensità;

differenziazione sonorità impulsive/sonorità continue;

differenziazione sonorità continue/sonorità continue periodicamente interrotte.

Il trattamento musicoterapico, secondo la metodologia dell’autore, consta di otto fasi, ognuna delle
quali possiede un obiettivo specifico. La prima si propone di riconoscere ed eseguire una pulsazione
ritmica costante, la seconda di associare la pulsazione ad un segno grafico, nella terza fase si deve
sostituire al simbolo analogico un simbolo digitale; le fasi quattro, cinque, sei e sette, invece, hanno
lo scopo di riconoscere diversi simboli musicali e, infine, l’ultima fase prevede la lettura ed
esecuzione delle sequenze ritmiche.

Gilardone, inoltre, prevede che le sedute abbiano un carattere ludiforme in quanto consentono uno
svolgimento semplice e sereno; anche i gruppi per il trattamento musicoterapico non sono numerosi
e sono formati secondo il criterio dell’omogeneità clinica e secondo quello dell’omogeneità
prestazionale, attraverso i quali si cercano di accomunare soggetti con medesime diagnosi. L’autore
prevede un trattamento individuale nel caso in cui vi sia impossibilità di inserire il soggetto in
gruppi in cui valgano i criteri di omogeneità, o per un’eventuale presenza di consistenti turbe
nell’area emotivo-relazionale o nel caso in cui sia necessario far svolgere al paziente un’attività
differenziata per un periodo limitato in vista di un successivo inserimento nel gruppo.

Gilardone struttura le sedute una o due volte la settimana con una durata di 45 minuti ciascuna
suddivisa in tre sezioni; l’ambiente di lavoro ideale si caratterizza con una stanza insonorizzata, con
pavimento di legno o ricoperto da moquette. Il materiale necessario comprende un set di
strumentario Orff, un pianoforte, una lavagna, un registratore, alcuni microfoni e almeno due
diffusori acustici.

LOREDANO MATTEO LORENZETTI


Loredano Matteo Lorenzetti è musicista e psicopedagogista. Il suo contributo è teso ad affrontare il
problema del rapporto tra educazione musicale e musicoterapia in modo vario e poliedrico,
coinvolgendo questioni disciplinari, professionali e istituzionali e tenendo conto dell'apporto
dell'epistemiologia, della pedagogia e della psicologia.

Il suo libro Dall'educazione musicale alla musicoterapia costituisce una sorta di trattazione
riassuntiva dei molti contributi pubblicati dall'Autore. Una costante degli interventi di Lorenzetti è
rappresentata dalla critica alla modalità di proposta musicale quale avviene nella scuola odierna,
proposta nozionistica che nulla ha a che fare con un impiego culturale alternativo, terapeutico,
socializzante, "liberante" della stessa. L'Autore sostiene la proposta per una scuola diversa, per una
istituzione - di qualsiasi tipo essa sia - più umana, che si ponga non solo in una prospettiva
riabilitativa, ma anche e soprattutto preventiva.

Un'altra questione nodale, su cui Lorenzetti si è più volte soffermato, riguarda lo studio del proto-
linguaggio della relazione madre/bambino durante il periodo prenatale, già ricco di affettività, già
carico di messaggi che fanno percepire al feto la madre quale "buono o cattivo contenitore". Su
questa base emerge la necessità di sfruttare il suono e la musica nella pedagogia educativa e
rieducativa del linguaggio in termini preventivi, chiamando in causa modalità, contenuti e
destinatari dell'azione preventiva: dalla coppia genitoriale, agli operatori del reparto ospedaliero di
maternità, al personale dei servizi pediatrici, ecc.

A questo riguardo così afferma Lorenzetti: "Il suono e il movimento come primi organizzatori del
comportamento - sensoriale percettivo, conoscitivo, esplorativo, relazionale, emozionale, affettivo,
fantastico, simbolico, creativo, espressivo - si pongono nell'ambito musicoterapeutico come vettori
di forza direzionanti e organizzanti il campo preventivo e riabilitativo in tutti quei casi dove il
rapporto dell'uomo con il suono-movimento può apparire un mezzo facilitante, privilegiante, da
anteporre, più adatto, sensibile, sostitutivo di quello verbale, attivante altri linguaggi non verbali e
così di seguito, per mettere in atto strategie di consolidamento, rafforzamento, potenziamento di un
altro rapporto: il rapporto salute/malattia, letto e agito interamente sul versante del primo dei due
stati relazionantesi, cioè la salute, la "parte sonora", la realtà in positivo della vita-storia di una
persona; quindi su ciò che ha e non su ciò di cui non dispone" (Lorenzetti, 1985, Assisi, pp.64-67).

Si può notare quante potenzialità di intervento racchiuda in sé la musicoterapia: il problema è quello


di saperla intendere nel modo corretto, non confondendola con una sorta di educazione musicale, di
farmacopea, di animazione-riabilitazione o con altre strategie educativo-curative.

Lorenzetti invita a riflettere sulla possibilità di inglobare la musicoterapia entro il discorso


educativo per cui la terapia perderebbe la propria specificità di intervento, laddove la patologia lo
richiedesse, per porsi invece in funzione di prevenzione. E' quest'ultimo uno dei concetti più
ricorrenti nella trattazione dell'Autore: è il tentativo di sradicare il problema della malattia non
apportando rimedi alla parte malata, ma sforzandosi di intervenire prima che la patologia si sia
verificata. A questo punto si inserisce tutta la discussione sulla "ri-forma" delle istituzioni, nel senso
vero e proprio di un rifacimento tutto dal nuovo, nel costante tentativo di valorizzare comunque la
persona che resta in ogni caso tale anche se ad essa si aggiungono termini quali "con handicap",
"con disadattamento", "con difficoltà".

Lorenzetti propone così una riforma della istituzione partendo dal suono, riforma come recupero
della naturalità del contatto tra l'uomo e il mondo sonoro-musicale, un mondo che accompagna
l'individuo fin dal grembo materno e per questo è vissuto come visceralmente proprio.
La musicoterapia ha impegnato circa mezzo secolo per crearsi una propria identità epistemiologica.
Confusa inizialmente con le attività occupazionali, con quelle espressive, ricreative e socializzanti,
è riuscita solo in quest'ultimo decennio a delimitare la sua area di intervento con principi, tecniche,
metodologie e fini propri.

Per evitare la confusione fatta in passato sulla identità della musicoterapia, l'Autore cerca di
formularne una definizione precisandone il contenuto dapprima in negativo:

- non è un corpo di tecniche per l'apprendimento del linguaggio musicale, in quanto non prevede
progettualità e finalità strettamente legate alla alfabetizzazione musicale;

- non è una semplice e semplicistica variante acculturativo-musicale e non svolge compiti di


addestramento cognitivo ed estetico-espressivo alla musica;

- non è un'area in più per la riabilitazione;

- non è un settore che richiede plurispecializzazione dell'operatore perché, al contrario, si integra


nelle competenze del lavoro di équipe;

- non intende adoperare la musica come prescrizione farmacologica;

- non è un momento riabilitativo di animazione;

- non è un modo terapeutico di intervenire sulla sofferenza sempre e comunque opportuno e non
dannoso;

- non è un patrimonio di conoscenze e una pratica che possono essere introdotti nell'ambito
preventivo, riabilitativo, terapeutico senza opportuna formazione;

- non è un'area scollegata dalle altre metodiche riabilitative.

Dopo aver definito la musicoterapia in negativo, Lorenzetti delinea tre percorsi ideali che
dovrebbero far risalire dalla educazione musicale alla musicoterapia. Nel primo percorso la terapia
viene intesa come una forma evoluta di educazione finalizzata alla prevenzione, alla valorizzazione
della diversità. In questo caso educazione e terapia sono gerarchicamente collocate in una sequenza
che necessariamente deve condurre l'educazione a sfociare nella terapia.

Il secondo percorso si esprime come un rapporto dinamicamente biunivoco, secondo il quale


esisterebbe uno scambio funzionale tra terapia ed educazione a livello di presupposti
epistemiologici e di principi utilizzabili per affrontare il soggetto in difficoltà. Inoltre sarebbe
possibile l'elaborazione di principi terapeutici in chiave psicopedagogica, che possano essere inseriti
nelle pratiche didattiche.

Il terzo percorso, inteso come espressione circuitante ed autoriflessiva, tenderebbe invece a proporre
un rinnovamento educativo globale dell'educazione in termini terapeutici: si esplicherebbe in questa
dimensione il concetto di "prendersi cura di" e si attuerebbe così la scoperta delle modalità di essere
nel mondo di ogni bambino.

Di fatto però la scuola non prevede nessuno di questi tre aspetti, ma si configura piuttosto come un
miscuglio tra educazione e terapia. Secondo Lorenzetti si tratterebbe quindi di attuare un
ribaltamento di prospettive: passare dal "bambino al servizio della musica" che emerge dal progetto
culturale scolastico, alla "musica al servizio del bambino" secondo il naturale rapporto esistente tra
uomo e suono.

Questo vorrebbe dire condurre le istituzioni (scolastica, sanitaria, sociale...) verso una prospettiva di
comunità terapeutica. Secondo le parole dell'Autore: "un modo di pensare a ri-formare i servizi
socio-sanitari di territorio in uno spirito innovativo, che permetta all'utente di autoeducarsi alla
salvaguardia della propria salute e al miglioramento della qualità della sua esistenza toccata dal
disagio, dalla sofferenza, è quello di offrirgli la possibilità di trovare, in tali servizi, un'attenzione e
una cura per la sua persona intesa come persona "tutta intera" e non soltanto come persona con
"parti malate" da consegnare al tecnico specialista che se ne occupi. In altri termini si tratta di
pensare a servizi che si interessino della malattia" (Lorenzetti L.M., 1987, p.13).

In questo senso pertanto Lorenzetti parla di "conduzione" delle istituzioni verso una prospettiva di
comunità terapeutica, intesa non come addetta a curare una malattia, un handicap, a risolvere un
disagio, ma attenta in primo luogo a una persona, la quale può essere malata, handicappata,
disadattata. La persona è primariamente relazionalità, innata tendenza a comunicare: per questo la
musicoterapia, la danzaterapia, la drammaterapia -metodiche che si fondano su processi
comunicativi e relazionali profondi - ben si prestano per interventi a carattere preventivo,
riabilitativo e terapeutico.

La proposta di Lorenzetti va evidentemente oltre l'idea dell'intervento terapeutico laddove se ne


scopra la necessità, per spaziare in un ambito in cui la terapia si muova come prevenzione prima che
come riabilitzione.

Ma per quale motivo proprio alla musica vengono riconosciute tali potenzialità terapeutiche e
riabilitative? Perché proprio alla musica spetta un compito così impegnativo? Lorenzetti cerca di
spiegare le ragioni di questa scelta definendo la musica "madre delle arti", "poiché essa è legata al
suono e al ritmo nella originaria esperienza di vita del feto che è luogo privilegiato e primario degli
affetti e delle emozioni" (Lorenzetti, 1989, pag.65). Egli collega cioè l'esperienza musicale alla
percezione dei suoni ante-nascita: durante i nove mesi di vita intrauterina il feto non conosce il
silenzio, è costantemente immerso in un bagno di suoni. Questo mondo sonoro che accompagna la
vita nel corpo della madre, fa sì che il suono, i ritmi, il movimento, divengano aspetti fondamentali
anche dell'esperienza post-natale.

Proprio questo recente interesse per l'inizio della vita, per il periodo di evoluzione intrauterina, ha
accomunato ambiti di ricerca, da quello medico a quello psicologico: si tende cioè a riaffermare
l'unità psicobiologica dell'essere umano che nel periodo di gestazione è animato da una serie di
suoni, ritmi, movimenti tratti direttamente dalle esperienze sensorie della madre. Il vissuto sonoro-
ritmico-motorio di questa fase fungerebbe così da precognitore di quello post-natale, attivatore di
competenze, facilitatore dell'adattamento all'ambiente esterno.

In sintesi è possibile affermare che l'esperienza sonoro-musicale, intesa come intervento di


prevenzione di certe disarmonie dell'individuo, come riabilitazione o come attività semplicemente
ricreativa, distensiva, rispetta l'uomo nella sua integrità, considerandolo non come essere isolato,
quasi sospeso in una dimensione senza spazio e senza tempo, ma inserito in un processo evolutivo
che ha avuto origine nel pre-natale e che non riscontra "scollamenti" di sorta nel caso della sua
crescita proprio perché l'esperienza sonora ne costituisce una sorta di leit-motiv.

La musicoterapia viene valorizzata anche per la sua capacità di favorire l'esercizio della globalità
dei linguaggi espressivi, comunicativi, conoscitivi, relazionali: questo aspetto fondamentale della
musicoterapia deriva dal suo muoversi dal vissuto psicocorporeo, da suoni, voci, parole, ritmi della
realtà vissuti dal corpo-storia di ciascuno. La scuola crede in un corpo che apprende introducendovi
parole, la musicoterapia vuole invece un corpo attivo da cui escono parole, suoni, espressioni. La
musicoterapia non vuole dunque alfabetizzare, ma rendere armonici e costruttivi i rapporti del
bambino con gli altri. Ecco che ancora una volta emerge la funzione preventiva della musicoterapia
per cui non si pretende di conformare l'individuo a schemi prestabiliti, ma piuttosto permettere
l'espressione personale, l'emergere della propria atipicità.

CONCETTA RASANO

Per Concetta Rasano obiettivo fondamentale della musicoterapia è avviare nei soggetti disabili un
processo di socializzazione che permetta di instaurare rapporti soddisfacenti con il contesto
esperienziale e con gli individui che in esso operano. Tra le caratteristiche della musica, l'elemento
maggiormente atto a stimolare il desiderio di uscire dalla propria individualità per porsi in
interazione con l'altro è il ritmo. Il ritmo possiede il magico potere di suscitare il movimento che
ordinandosi si trasforma in danza e richiama quindi più persone ad esprimersi insieme, a
condividere un'attività, quindi a socializzare. "In musicoterapia non è solo il fare, ma il fare insieme
che ha importanza e dà soddisfazione. Il ritmo induce una persuasione ad agire e ad agire insieme.
Per molti pazienti di ospedali psichiatrici e di istituti per bambini minorati, l'obiettivo finale è un
comportamento sociale accettabile" (Rasano, 1977, pp.16-17). Per parecchi soggetti la
socializzazione resta l'unico obiettivo, per altri invece essa costituisce la base su cui innestare
attività volte alla riabilitazione delle funzioni rese inattive.

Un'ulteriore finalità della musicoterapia consiste nella creazione del senso di sicurezza, uno dei
bisogni più profondi del soggetto malato. Gli elementi indispensabili a questo scopo sono la
strutturazione di un ambiente di lavoro prevedibile e regolato, che non induca il paziente a sforzi
eccessivi di adattamento, l'utilizzo di musica uniforme con costante ripetizione della stessa struttura
melodica in modo da indurre un'aspettativa positiva e alleviante il timore dell'ignoto. Il senso di
sicurezza può anche derivare dalla ripetizione di attività in concomitanza con la musica, attività che
pur comportando di volta in volta piccole varianti finalizzate a conferire un minimo di creatività
all'esercizio, mantengono comunque un largo margine di prevedibilità.

Tutti questi fattori permettono al soggetto disabile di eseguire le attività in modo sufficientemente
esatto e di conseguire un buon grado di soddisfazione personale e di autostima, sentimenti
indispensabili per avviare un buon processo riabilitativo. La buona riuscita in attività musicali è
fonte di profondo appagamento e induce nell'individuo un senso di realizzazione personale
altamente positivo, soprattutto se considerato nel contesto esperienziale del soggetto disturbato,
dove il numero delle esperienze frustranti supera quello dei momenti gratificanti.

In conclusione, per la Rasano gli obiettivi generali del trattamento musicoterapeutico risiedono nel
processo di socializzazione, nello sviluppo della capacità di comunicazione e della sicurezza di sè.

L'organizzazione di attività musicoterapeutiche efficaci, a parere della Rasano, dipende da una serie
di competenze irrinunciabili del terapeuta. Questi deve possedere un acuto senso dell'osservazione
accompagnato alla capacità di riferire in modo oggettivo le caratteristiche salienti del paziente. In
particolare, il musicoterapeuta dovrebbe orientare la sua osservazione verificando:

- se e a quale livello di funzionamento il paziente fa uso di simboli astratti;

- se il paziente sa organizzare il ritmo;


- quanto dura l'attenzione del paziente e qual è il suo livello di capacità mnestica;

- quali motivazioni inducono il paziente a certe reazioni;

- qual è il livello di integrazione del paziente nel gruppo;

- come il paziente reagisce a situazioni di frustrazione;

- quali difese il paziente assume quando teme l'insuccesso;

- quale rapporto interpersonale è vissuto dal paziente come meno allarmante.

Solo dopo un'attenta analisi di questo tipo, è possibile organizzare le attività specifiche.

Per gli audiolesi la Rasano prospetta giochi per stimolare la capacità di distinguere vari aspetti degli
stimoli musicali - ritmo, tonalità, timbro, intensità. Queste attività si fondano sul principio che tutti
gli audiolesi, di qualsiasi grado, avvertono le vibrazioni dei rumori ed è quindi possibile, tramite
una somministrazione graduale di suoni, da tonalità gravi a tonalità più acute, riorganizzare e
riattivare le funzioni uditive.

Per i minorati della vista si sfruttano i principi dell'euritmica, stimolando l'esecuzione di movimenti
e gesti a ritmo: queste attività dovrebbero favorire nel paziente l'esplorazione dell'ambiente e un
movimento non impacciato.

Per i disturbi del linguaggio sono proposti esercizi delle labbra e della lingua e lo studio di
strumenti a fiato per apprendere una corretta respirazione.

Per il trattamento dei deficit motori la Rasano propone attività di studio di strumenti musicali il cui
utilizzo favorisca l'aumento della forza muscolare, i movimenti articolari e la coordinazione.

L'esperienza suggerisce alla Rasano che le attività più confacenti al trattamento dell'insufficienza
mentale siano costituite dall'esecuzione di canti ripetitivi con melodia e parole semplici rispondenti
all'interesse e al livello sociale del paziente e dall'esecuzione di danze e di giochi che favoriscono la
strutturazione e la conoscenza dello schema corporeo. Secondo la Rasano il dialogo tra terapeuta e
paziente può rivelarsi proficuo se avviene in modo non verbale attraverso l'utilizzo di uno
strumento.

Per gli ipoacusici la musica si rivela un importante strumento diagnostico per la determinazione del
grado di sordità, soprattutto di bambini piccoli incapaci di eseguire le istruzioni impartite con i
reattivi acustici. Gli obiettivi terapeutici derivano dalla considerazione che i bambini affetti da
sordità soffrono anche di difficoltà nel campo relazionale e dell'apprendimento: la musica può così
essere un supporto per migliorare il linguaggio mediante esercizi di ritmica vocale con accento e
ritmo corretti e per favorire l'abilità di lettura delle labbra strettamente collegata all'organizzazione e
coordinazione motoria. Si è potuto inoltre constatare che i bambini sordi possono attuare
apprendimenti anche nel campo strettamente musicale: se esposti a suoni adeguatamente amplificati
riescono a distinguerli e ad intonarsi alla loro altezza e imparano a rispondere al ritmo; essi possono
quindi essere portati ad un certo apprezzamento della musica ed essere favoriti in una buona auto-
espressione personale.
Per ciechi, ambliopi e dibliopi gli obiettivi terapeutici fondamentali sono il favorire un movimento
esplorativo sufficientemente sciolto e sicuro e l'addestrare gli altri sensi a vicariare le funzioni della
vista.

Per i logopatici e i palatoschisici l'intervento musicoterapeutico è volto a favorire e migliorare


l'articolazione della parola e del linguaggio, sviluppando il controllo della respirazione.

In relazione ai deficit motori derivanti da paralisi cerebrale o da distrofia muscolare, gli obiettivi
terapeutici risiedono nell'aumentare la forza muscolare e nel migliorare il controllo del movimento.

Infine, per i disadattati le esperienze musicali dovrebbero offrire la possibilità di sfogare gli impulsi
inaccettabili e di incanalare positivamente le proprie energie, in modo da permettere un buon
inserimento nel gruppo dei pari.

La Rasano ritiene che la musica si addica molto bene anche al trattamento degli anziani. Ci si può
avvalere di attività ritmiche per riattivare il piacere del movimento corporeo, fornire un esercizio
rimediale per i disturbi scheletro-muscolari dell'età senile, offrendo altresì un mezzo di espressione
sul piano verbale. Le attività interessanti e creative, inoltre, se svolte con senso di soddisfazione,
possono produrre benefici psicologici e una vera e propria ri-creazione del comportamento.

CARLA SAVIO

Carla Savio dal 1964 insegna a Roma Educazione Musicale nella scuola media statale e nel
frattempo inizia una ricerca sperimentale sull’uso della musica come armonizzazione della
personalità, inventando il suo “Test Proiettivo Sonoro della Personalità”. Diventata Vice Segretario
Nazionale del Sindacato Musicisti Italiani si dedica all musicoterapia organizzando il 1°Seminario
Nazionale di Musicoterapia a Bologna.
Fonda, nel ‘74, il “Gruppo Studi Terapie Musicali di cui i lavori furono presentati al 3° Congresso
Mondiale di Musicoterapia a Buenos Aires; solo più tardi, in particolare a partire dal ‘85,
incomincia a sistematizzare le sue ricerche e gli sviluppi e, solo nel 1987, elabora il “Manuale di
Musicoterapia”per i corsi biennali polivalenti di specializzazione del Provveditorato agli Studi di
Roma. Nel ‘92 il test da lei stessa elaborato, P.P.I.T., è inserito nella cartella clinica informatizzata
della “Fondazione Italiana per lo Studio della Schizofrenia”.
Carla Savio pone come principale obiettivo del proprio metodo musicoterapico l’analisi della
reazione del bambino o dell’adulto di fronte allo strumento, osservando come lo manipola e quale
significatogli attribuisce.
Il metodo dell’autrice consiste, principalmente, in un’osservazione del comportamento, nella
constatazione del bisogno di stimolazioni o incentivazioni e di interruzioni attraverso la voce, un
oggetto musicale reale, il corpo e la scrittura musicale con i relativi stati d’animo.
Secondo una descrizione analitica il metodo della Savio é suddiviso in cinque parti:
1. manipolazione;
2. musica come scoperta di sé;
3. musica come scoperta sonora dell’ambiente;
4. musica come ambiente sonoro;
5. musica come sostituzione dell’oggetto e come rapporto con il bambino.
Innanzitutto la manipolazione dell’oggetto permette all’autrice di controllare la sensorietà, la
socializzazione, il coordinamento psicofisico, la respirazione, la durata dell’attenzione e
l’autonomia decisionale sull’uso dell’oggetto. Attraverso l’osservazione della manipolazione con
l’oggetto da parte dell’utente si può anche notare la necessità di associazione proiettiva verbale sul
“qui e ora” e, secondo l’autrice, l’analisi dei sogni che esso fa, siccome un sogno equivale ad
un’improvvisazione musicale inconscia.
In secondo luogo la Savio è convinta che la musica possa essere riscoperta come uno strumento per
la scoperta di sé, riconoscendo nel respiro il primo contatto sonoro con il proprio sé in modo
musicale; definisce, così, il respiro come “il motore che ci permette di vivere come una delle tante
azioni automatiche congenite”.
Avvertire il proprio respiro, per l’autrice, è sentirsi in un momento in rapporto con quella parte del
sé interno che esclude, invece, quella parte di sé che socializza all’esterno; infatti, per sentire il
proprio suono basta, secondo l’autrice, chiudere gli occhi e in silenzio ascoltare i rumori che ci
circondano, i quali piano piano affievoliscono mentre il respiro cresce d’intensità.
La Savio é altrettanto convinta che il musicoterapeuta debba essere il primo a “saper respirare”, a
sentire il proprio “io”, il proprio “sé” per comprendere cosa provano gli utenti.
La scoperta sonora dell’ambiente attraverso la musica è utilizzata come uno strumento musicale,
utilizzando e considerando qualsiasi oggetto, suonandolo in tutti i modi, scrivendo i suoni prodotti
perché diventino comprensibili a chi volesse leggerli e risuonarli. In questo modo, secondo
l’autrice, la musica diventa un ambiente sonoro o anche in qualsiasi luogo è possibile creare musica.
L’ultima parte del metodo della Savio prevede la musica come sostituzione dell’oggetto, perché la
comunicazione non è fatta solo con gli strumenti musicali ma può avvenire attraverso qualsiasi
oggetto, e come rapporto con il bambino attraverso gli stati d’animo. Codificando e decodificando
quest’ultimi, si può impostare una comunicazione non verbale che impressiona l’utente in quanto
riconosciuto nell’intimo e nel non espresso.
Utilizzando come parametri principali del proprio metodo i cinque pilastri sopra citati, la Savio
prevede una metodologia terapeutica basata sulla registrazione delle sedute, sull’uso della voce e
degli strumenti e sul metodo della maschera junghiana.
L’utilizzo del registratore permette di ascoltare la “musica che nasce durante il dialogo” e per
documentare l’avvenuta seduta; la voce, invece, permette di analizzare il corpo in quanto
rappresenta sia la fluidità corporea e mentale della persona sia la coerenza fra l’idea interna ed
esterna.
Il bambino comunica i propri sentimenti ed esteriorizza le proprie reazioni, oltre che con la voce,
attraverso gli oggetti musicali reali o più semplicemente detti strumenti musicali. Per esempio le
varie forme del tamburo servono a mettere in contatto simbolico il soggetto con il ventre della
madre e la scelta della dimensione testimonia la paura o meno del rapporto e il bisogno o non di
aggressione; i gong e i piatti, invece, sono utili per affrontare la tematica della morte e per far
entrare in contatto con il sacro.
L’autrice utilizza, inoltre, altri strumenti come i triangoli, i cimbali, gli strumenti a fiato che
stimolano l’istinto del soggetto a rivivere emotivamente una fase precedente della vita; la riflessione
sull’utilizzo di tali strumenti come modello di adattamento conduce la Savio all’utilizzo della
“maschera junghiana”, il cui uso è paragonato alle tavole di Rorschach. Quindi, come nel test
proiettivo della personalità in cui la sensazione dell’oggetto-stimolo deve essere immediata così la
maschera permette di agire sensorialmente e in modo rilassato: il bisogno della maschera è
giustificato come strumento temporaneo evidente ma non reale e fisso.
Gli antichi l’avevano inventata chiamandola “persona” affinché potessero essere aderenti al ruolo
imposto sulla scena, proprio perché ogni maschera rappresentava una situazione fissa e se qualcosa
cambiava interveniva un’altra “persona”; secondo l’autrice, invece, oggi molte persone sono
disturbate dalla destabilizzazione del ruolo e della propria identità all’interno della società perché
non capaci di adeguarsi alle richieste mutevoli del nostro tempo ed a questo punto che è utilizzata la
maschera la quale, in ogni modo, si deve essere capaci anche di togliere.
Un altro punto fondamentale del metodo della Savio è l’interpretazione del metodo stesso attraverso
test e questionari appositamente elaborati dall’autrice stessa e sistematizzati in cinque strumenti di
analisi:
1. il test d’associazione suono-simbolo;
2. il test proiettivo sonoro della personalità;
3. il questionario;
4. la cartella;
5. la scheda d’osservazione psicosomatica.
Questi strumenti sono, per l’autrice, di fondamentale utilità per “leggere” il bambino dal punto di
vista psicoanalitico, per vedere la sua identità nell’ambito della famiglia e della società e
approfondire quale coscienza avesse il soggetto in terapia della propria difficoltà.
Specificatamente e riassumendo, la Savio crede che ciò che fa mantenere il soggetto in relazione
allo spazio che lo circonda, inteso come spazio vitale, è l’energia, l’elaborazione di quanto si pensa,
si vede, si sente; inoltre, nell’energia di questo spazio vitale, che per l’autrice è sonoro e dinamico,
che il soggetto produce quest’energia. La percezione e la conoscenza del proprio corpo e del proprio
spazio vitale, o anche spazio psichico, emotivo, affettivo muscolare, permettono alla comunicazione
non verbale, e quindi alla musicoterapia, di “vivere” e anche, secondo l’autrice, di divertirsi; in
questo modo la Savio vuole colmare un vuoto presente nella cultura contemporanea di massa
dimostrando che la musica diverte e rende attivi gli ascoltatori.

SECONDA PARTE:

GUIDA ALLA LETTERATURA ITALIANA SULLA MUSICOTERAPIA

1. REPERTORI BIBLIOGRAFICI E BIBLIOGRAFIE RAGIONATE SULLA MUSICOTERAPIA

La bibliografia italiana e straniera sulla musicoterapia reperita nel periodo 1973-1983 è


documentata nel seguente volume:

-Lorenzetti L.M. e Antonietti A. (1986), La musicoterapia attraverso i suoi scritti. Ricerca


bibliografica 1973-1983, Franco Angeli, Milano (II edizione)

Tale bibliografia, relativamente agli scritti in lingua italiana, è stata successivamente aggiornata per
il periodo 1984-1988 nel seguente contributo:

-Lorenzetti L.M. e Antonietti A. (1989), Annotazioni bibliografiche sulla musicoterapia, Musica


Domani, n.72-73, pp.12-16

Bibliografie italiane parziali e indicazioni di lettura sono reperibili in:

-Lorenzetti L.M. e Pavoni F. (1987), Scheda bibliografica di musicoterapia, Scuola Lariana, nuova
serie, n.15, pp.78-79

-Piatti M. (1982), Indicazione bibliografica, in Piatti M. (a cura di), Educazione musicale o


musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.133-136

-Rossi Pritoni L. e Lorenzetti L.M. (1981), Articoli e libri su argomenti di musicoterapia,


Laboratorio Musica, 3 (n.25), p.38
-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp. 198-207

-Zucchini G.L. (1977), Bibliografia, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e


prospettive, Cittadella, Assisi, pp.229-233

2. STORIA DELLA MUSICOTERAPIA

Informazioni sulla storia della musicoterapia in generale possono essere acquisite in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.15-19, 42

-Antonietti A. e Lazzati P. (1992), Musicoterapia Cognitiva. Schede per l’attivazione di operazioni


mentali di base attraverso il suono, Omega Edizioni, Torino, pp.10-12

-Fusco A. e Tomassoni R. (1985), Musica e psicologia ieri e oggi, in Piatti M. (a cura di), Disturbi
dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.109-123 (vedi pp.109-117)

Per quanto riguarda le applicazioni - storicamente documentate o soltanto aneddotiche - della


musica a fini terapeutici attuate nel lontano passato si può consultare:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.20-23

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma (ed. orig. 1978), p.10

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.15-57, 88-91

-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealizzazione, Bulzoni, Roma, pp.15-47

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.11-16

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.9-10, 39, 167-170

-Boxill E. H. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.25-26

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.29-34

-Demartini V. (1993), "La musica nel ricettario medico" dalla origini ai giorni nostri, Consonanza.
Fare musica insieme, n°43, Consonanza e Amicitia, pp.32-34

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.10

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un’attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), p.8

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, p.5


-Sorce Keller M. (1988), Alcune considerazioni etnomusicali in tema di musicoterapia, in Mutti G.
(a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.75-78

-Susca A. (1988), Il canto liturgico terapia dello spirito. Indagine sui contenti storici, culturali e
simbolici della primitiva melurgia cristiana, in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e
futuro, Omega, Torino, pp.79-82

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.144-145

-Zucchini G.L. (1977), Indagine pedagogica della musicoterapia per l’integrazione del "diverso", in
Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.25-38 (vedi
pp.27-28)

Per quanto concerne gli indirizzi contemporanei della musicoterapia si leggano gli atti del
Convegno tenutosi al riguardo:

-Rossi Pritoni L. (a cura di ) (1995), La musicoterapia applicata. Atti del II Convegno Europeo di
musicoterapia C.E.F.I.G.-A ntoniano (Bologna, 29-30 Aprile 1994), Edizioni del Cerro, Pisa,
pp.13,15,16

Si leggano inoltre:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.20-23

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.139-143

-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealizzazione, Bulzoni, Roma, pp.10-12

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.22 e 113)

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.175-178

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162 (vedi pp.146-147)

-Guaraldi G.P. (1983), voce "Musicoterapia", in La nuova enciclopedia della musica, Garzanti,
Milano

-Lorenzetti L.M. (1989), Dall’educazione musicale alla musicoterapia, Zanibon, Padova, p.73

-Mauro L. (1985), Esperienze di musicoterapia con bambini disturbati, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.205-210 (vedi p.206)

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.5-8

-Zatelli S. (1984), Musica e linguaggio verbale in funzione terapeutica, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.105-119 (vedi pp.105-107)
-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.8-10

Un più preciso riferimento alla storia della musicoterapia in Italia si può trovare in:

-Cesa-Bianchi M. (1987), Contributi dell’Istituto di Psicologia della Facoltà Medica dell'Università


degli Studi di Milano allo studio, alla ricerca e alla informazione nel campo della musicoterapia, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Musicoterapia e strutture socio-sanitarie di territorio, Educazione e
Scuola, Ancona, pp.27-30

-Guaraldi G.P. (1977), Situazione della musicoterapia in Italia, in Autori Vari, La musicoterapia in
Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.11-24 (vedi pp.11-12, 18-20)

-Lorenzetti L.M. (1982), La musicoterapia in Italia, in Universo della psicologia, F.Motta, Milano,
vol.IV, pp.2015-2017

-Lorenzetti L.M. (1983), La musicoterapia: aspetti critici ed evolutivi. Colloqui con Gian Paolo
Guaraldi, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Arte e psicologia, Franco Angeli, Milano, pp.219-231

-Lorenzetti L.M. e Guaraldi G.P. (1981), Profilo dell’Associazione Italiana Studi di Musicoterapia,
Laboratorio Musica, 3 (n.25), p.35

-Lorenzetti L.M. (1987), La musicoterapia in Italia, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Musicoterapia e
strutture socio-sanitarie di territorio, Educazione e Scuola, Ancona, pp.33-53

-Zucchini G.L., Lorenzetti L.M. (1980), Breve storia del sorgere dell’AISMT nazionale,
Laboratorio Musica, 2 (n.10), p.28

Sull’evoluzione della musicoterapia in altri Paesi si leggano gli atti del Convegno tenutosi al
riguardo:

-Rossi Pritoni L. (a cura di) (1992), La musicoterapia. Implicazioni cliniche e psicopedagogiche.


Atti del I Convegno europeo di musicoterapia C.E.F.I.G.-Antoniano (Bologna, 23 maggio 1992),
Edizioni del Cerro, Pisa, pp.49-51

-Rossi Pritoni L. (a cura di ) (1995), La musicoterapia applicata. Atti del II Convegno Europeo di
musicoterapia C.E.F.I.G.-A ntoniano (Bologna, 29-30 Aprile 1994), Edizioni del Cerro, Pisa,
pp.133-143

Si leggano inoltre:

-Alexander D. (1988), La musicoterapia in Canada, in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà


e futuro, Omega, Torino, pp.297-299

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi pp.129-130)

-Jeppson O.B. (1988), Panorama della musicoterapia in Svezia, in Mutti G. (a cura di), La
musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.311-312
-Jost J. (1988), La musicoterapia in Francia e le tecniche associate, in Mutti G. (a cura di),
Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.313-316

-Murai Y. (1988), Situazione attuale della musicoterapia in Giappone, in Mutti G. (a cura di), La
musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.317-318

-Oldfield A. (1988), Musicoterapia in Finlandia, Rivista di Musicoterapia, 3 (6), pp.71-72

-Orff G. (1985), Esperienze di musicoterapia in Austria, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Nevrosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.175-190

-Rocchietta S. (1969), La musicoterapia in Unione Sovietica, Minerva Medica, 60 (n.95), p.44

3. DATI ADDOTTI A SOSTEGNO DI PROPOSTE TEORICHE ED OPERATIVE


NELL'AMBITO DELLA MUSICOTERAPIA

Gli autori che avanzano teorizzazioni ed elaborano tecniche di intervento nell’ambito della
musicoterapia si rifanno talvolta, per sostenere le proprie argomentazioni, ad acquisizioni
scientifiche concernenti gli effetti del suono - o di elementi del linguaggio musicale, sul
funzionamento mentale. Sono qui di seguito segnalati i principali riferimenti di tal genere.

Ai correlati fisiologici dell’ascolto musicale rimandano:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.24-27, 31-32

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.69-71

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.22-24, 82-86

-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealizzazione, Bulzoni, Roma, pp.56, 74-80,
86-88

-Antonietti A. e Lorenzetti L.M. (1986), Musicoterapia per due cervelli e una mente, Rivista di
Musicoterapia, 1 (n. 2), pp.93-96

-Antonietti A. e Stramba-Badiale P. (1987), L’anziano e i suoni. Gli obiettivi della musicoterapia in


geriatria, Acta Gerontologica, 37 fasc.2-3, pp.157-158

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.23 e 113

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.27, 48

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.19-25, 133

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.72-74

-Chiriacopol E. (1983), Un’esperienza francese, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.137-144 (vedi p.141)
-De Angeli N. (1977), La Lyra-Nova e le sue esperienze, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia:
problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.183-193 (vedi p.184)

-Gilardone M. (1995), musicoterapia e disturbi della comunicazione, Omega, Torino, pp.87-90

-Giordanella Perilli G. e Orazzini Maconi F. (1987), Lo sviluppo della conoscenza di sé attraverso


tecniche psicomotorie e attività musicoterapiche, in Guerra Lisi S. (a cura di), Psiche-corpo, suono-
movimento, musica-danza, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.153-188 (vedi p.163)

-Guilhot J., Guilhot A.M., Jost J. e Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.26-31

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.34-35

-Kamin A. (1988), Gli effetti della musica nella preparazione degli interventi chirurgici, in Mutti G.
(a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.360-361

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), p.16

-Savio C. (1994), Manuale di musicoterapia, Capone, Lecce, pp.50-52

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.96-97

Gli studi circa gli influssi delle esperienze sonore sul feto e sul neonato sono ricordati in:

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.20-23,
88

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.26-30, 36, 38, 40, 46-47

-Lorenzetti L. M. (1986), Il bambino e la musica. Prevenzione, Riabilitazione e Terapia, Rivista di


Musicoterapia, 1 (n.2), pp.82-84

-Munoz F. (1977), La comunicazione sonoro-affettiva fra il bambino e l’ambiente, in Autori Vari,


La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.119-142 (vedi pp.119-138)

-Tomatis A.(1990), Un medico all’ascolto dei bambini, Natom, n.68, pp.28-31

Per quanto concerne invece gli influssi psicologici generali esercitati dalla musica e dal suono si
veda:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.33, 37, 42, 46, 52, 58-61, 73-74

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), pp.17-19, 21-30

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.15-16, 21, 57-58

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.69-82
-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealizzazione, Bulzoni, Roma, pp.50-56

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento (vedi p.23)

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.52-54

-Cesa-Bianchi M. (1977), Prospettive e funzione della psicologia nella musicoterapia, in Autori


Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.39-55

-Cesa-Bianchi M. (1987), Aspetti transdisciplinari nello studio del suono-comunicazione e del


suono-terapia, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Suono e comunicazione, Unicopli, Milano, pp.25-29

-Chiriacopol E. (1983), Un'esperienza francese, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.137-144 (vedi pp.139-142)

-Guilhot J., Guilhot A.M., Jost J. e Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.32-64 e 84-86

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.10, 44, 87

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), p.61

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.43-44, 46-48

Per gli influssi psicologici esercitati dal tempo musicale:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.34

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.62-63

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, p.133

-Guilhot J., Guilhot A.M., Jost J. e Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze. p.35

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.79

-Leskovar J. (1984), Le stimolazioni musicali nel metodo verbo tonale, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.85-94 (vedi pp.92-93)

-Lorenzetti L.M. (1981), Il tempo artificiale come simbolo nell'arte e nella cultra contemporanea e
come strumento terapeutico in alcune tecniche di Behavior Modification, Ricerche di Psicologia,
17, pp.213-221

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, p.53

Per gli influssi psicologici esercitati dal ritmo:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, p.20-21, 28-29, 61
-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.62-64, 84-85

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, p.56

-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.115-116, 119)

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi pp.134-135)

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.38-40

-Gervasoni B. (1984), Stimolazioni, ritmi e giochi musicali fonetici, in Piatti M. (a cura di), Disturbi
del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.95-104 (vedi pp.96-97)

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.149-150

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.10, 29-30, 37, 43,
71-76, 78-79, 81-82

-Leskovar J. (1984), Le stimolazioni musicali nel metodo verbo tonale, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.85-94 (vedi pp.86-90)

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.17, 33, 40, 58, 68-74, 128

-Rossi Pritoni L. (1985), I gruppi di recupero e l'introduzione delle attività musicali nella scuola
elementare, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.193-204 (vedi p.199)

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.52-53

-Zatelli S. (1984), Musica e linguaggio verbale in funzione terapeutica, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.105-119 (vedi pp.112-115)

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.34-36

Per gli influssi psicologici esercitati dall'intensità del suono:

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.59-60

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.44-46

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.79

-Leskovar J. (1984), Le stimolazioni musicali nel metodo verbo tonale, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.85-94 (vedi p.92)
-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.53-54

Per gli influssi psicologici esercitati dal timbro del suono:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.34

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.60-61

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.38, 42-43

-Guilhot J., e A.M., Jost J., Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.36-37

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.153-154

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.19, 40, 91

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.51-52

Per gli influssi psicologici esercitati dalla tonalità:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.34

-Guilhot J., e A.M., Jost J., Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.32-34

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, p.60

Per gli influssi psicologici esercitati dal modo (maggiore o minore):

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.37

-Guilhot J., e A.M., Jost J., Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.40-41

Per gli influssi psicologici legati all’altezza dei suoni e all’andamento della melodia:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.46

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.26-28

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.59, 61-62

-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealizzazione, Bulzoni, Roma, pp.90-93


-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.56-57

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, p.75

-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.117, 121)

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi p.135)

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.38-41

-Dorfles G. (1986), Valore psicologico e psicoterapeutico dell'intervallo, in Fusco A. e Lorenzetti


L.M. (a cura di), Psicologia in letteratura, musica, arti figurative, La Goliardica, Roma, pp.427-436

-Dorfles G. (1987), Funzioni dell’intervallo nell'esperienza terapeutica musicale, in Lorenzetti L.M.


(a cura di), Suono e comunicazione, Unicopli, Milano, pp.93-96

-Guilhot J., Guilhot A.M., Jost J. e Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.35-36

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.150, 151-152

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.10, 20, 28-29, 52,
63, 87, 91-95

-Leskovar J. (1984), Le stimolazioni musicali nel metodo verbo tonale, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.85-94 (vedi pp.90-92)

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.41, 128

-Rossi Pritoni L. (1985), I gruppi di recupero e l'introduzione delle attività musicali nella scuola
elementare, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.193-204 (vedi p.198)

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.50-51

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, p.61

Per gli influssi psicologici esercitati dall’armonia:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.34

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.57-58
-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.119-120)

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi p.135)

-Guilhot J., Guilhot A.M., Jost J. e Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, p.34

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.150-151

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.10, 20, 26

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.33-34, 48-49, 52-53

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.48-49

4. ASPETTI TEORICI DELLA MUSICOTERAPIA

Per una definizione della musicoterapia si leggano gli atti del Convegno tenutosi al riguardo:

-Rossi Pritoni L. (a cura di) (1992), La musicoterapia. Implicazioni cliniche e psicopedagogiche.


Atti del I Convegno europeo di musicoterapia C.E.F.I.G.-Antoniano (Bologna, 23 maggio 1992),
Edizioni del Cerro, Pisa, pp.34-39

-Rossi Pritoni L. (a cura di ) (1995), La musicoterapia applicata. Atti del II Convegno Europeo di
musicoterapia C.E.F.I.G.-A ntoniano (Bologna, 29-30 Aprile 1994), Edizioni del Cerro, Pisa, pp.90-
96

Si leggano inoltre:

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.13-14

-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealizzazione, Bulzoni, Roma, pp.9-10

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.125-126

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.9-11

-Bonardi G. (1998), Handicap e musicoterapia, Scuola Materna, n°14, Inserto , La Scuola, Brescia,
pp.1-2

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.85-89

-Cesa-Bianchi M. (1977), Prospettive e funzione della psicologia nella musicoterapia, in Autori


Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.39-55 (vedi pp.45-46)
-Diambrini P. (1998), L’alfabetizzazione musicale nella scuola materna, Scuola Materna, n°16, La
Scuola, Brescia, p.20

-Guaraldi G.P. (1977), Situazione della musicoterapia in Italia, in Autori Vari, La musicoterapia in
Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.11-24 (vedi pp.12-13)

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.29-32, 41,
105-109

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.10

-Mutti G. (1999), Definizioni e lineamenti metodologici della musicoterapia, Babele, n.11, pp.21-23

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.28, 133

Per quanto riguarda più precisamente la distinzione tra musicoterapia ed educazione musicale si
segnalano gli atti del convegno specificamente dedicato al tema:

-Piatti M. (a cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi

Si evidenzia inoltre il seguente saggio:

-Lorenzetti L.M. (1989), Dall'educazione musicale alla musicoterapia, Zanibon, Bologna

Si ricordano infine i seguenti contributi:

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.96

-Benenzon R.O. (1989), Musicoterapia ed educazione musicale, Musica Domani, n.72-73, pp.7-11

-Bianchi G. (1977), Educazione musicale e nuovi criteri psico-pedagogici, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.168-171

-Cattanei G. (1988), Musicoterapia e scienze dell’educazione, in Mutti G. (a cura di), La


musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.30-32

-Cesa-Bianchi M. (1986), La musicoterapia nella educazione al suono e alla musica nella scuola
primaria. Colloquio a cura di L.M. Lorenzetti, in Lorenzetti L.M., L'asino di Buridano va a scuola,
Educazione e Scuola, Ancona, pp.125-129

-Guaraldi G.P. (1977), Situazione della musicoterapia in Italia, in Autori Vari, La musicoterapia in
Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.11-24 (vedi pp.21-22)

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.23, 28

-Laeng M. (1988), Educazione musicale e musicoterapia, in La musicoterapia: realtà e futuro,


Omega, Torino, pp.107-112

-Lanuzza D. (1990), Prospettive e metodi dello studio psicologico della musica in funzione
educativa, Educazione e Scuola, 9 (n.33), pp.51-70
-Lorenzetti L.M. (1977), Istituzione scolastica e istituzione psichiatrica, in Autori Vari, La
musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp. 98-107

-Lorenzetti L.M. (1982), Distinzione tra musicoterapia e educazione musicale, in Piatti M. (a cura
di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.11-28

-Parker B.L. (1988), L’insegnante di musica come musicoterapeuta de facto, in Mutti G. (a cura di),
La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.374-376

-Rossi Pritoni L. (1977), Dall’educazione musicale alla musicoterapia, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.153-160

-Rossi Pritoni L. (1985), I gruppi di recupero e l’introduzione delle attività musicali nella scuola
elementare, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.193-204

-Zucchini P.L. (1981), Aspetti pedagogici della musica. Integrazione, formazione degli operatori e
attività musicali, Pedagogia e Vita, 24 (6), pp.623-633

-Zucchini P.L. (1982), Musica e handicap: problematiche pedagogiche e questioni di metodo,


Cultura e Scuola, 82, pp.156-164

Le concezioni di base cui si ispirano le varie tipologie di intervento a carattere musicoterapeutico e i


presupposti e le finalità di questi ultimi possono essere reperiti nelle seguenti fonti::

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.45, 50, 54, 58, 62, 70

-Alvin J. (1976), Problematica sociale e ruolo della musicoterapia, in Zucchini G.L., Animazione
musicale e disadattamento, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.63-73

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.10, 12-13, 32-33

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.99-101

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento (vedi pp.7, 23, 26,
88-89, 97-101, 113)

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.14, 16-18, 67

-Benenzon R. e Wagner G. (1988), La musicoterapia didattica, in Mutti G. (a cura di),


Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.233-240 (vedi p.233)

-Boccardi G. (1987), Prospettive terapeutiche e riabilitazione in musicoterapia, in Lorenzetti L.M.


(a cura di), Musicoterapia e strutture socio-sanitarie di territorio, Educazione e Scuola, Ancona,
pp.55-60

-Bonistalli E. (1976), Musica e riabilitazione, Psicologia Contemporanea, n.17, pp.56-57


-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.107-110, 116, 121-122, 124, 128)

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162 (vedi pp.148-149)

-Buffoli G., Campanile P. e Montagner P. (1977), Esperienze in alcuni casi di autismo infantile
precoce, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi,
pp.143-152 (vedi p.144)

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi p.131-135)

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.49-52, 67-70, 74-81

-Chiriacopol E. (1983), Un'esperienza francese, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.137-144 (vedi pp.137, 142-143)

-Contardi R., Ba G., Pavesi R. e Sibilio P. (1988), Utilizzazione di tecniche psico-musicali.


Esperienze con pazienti psichiatrici, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega,
Torino, pp.250-254 (vedi p.250)

-Cremaschi Trovesi G. (1985), Dalle intuizioni della Montessori e di Laura Bassi all’attualità
attraverso un percorso storico, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro
Civitate Christiana, Assisi, 1985, pp.173-192 (vedi pp. 174-176, 183, 185-188)

-Croatto L. (1984), Il ruolo della musicoterapia nello sviluppo del linguaggio del bambino
audioleso, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.41-49 (vedi pp.43, 45, 48)

-Cuomo F. (1983), La musicoterapia, Scienze Psicologiche, 1 (4), pp.55-58

-De Angeli N. (1977), La Lyra-Nova e le sue esperienze, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia:
problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.183-193 (vedi p.184)

-De Cecco I. (1983), Appunti sulla musicoterapia, Scienze Psicologiche, 1 (4), pp.101-104

-Della Bella R. (1989), Sulla musicoterapia, Musica domani, n.72-73, pp.4-6

-Faggioni L. e Nasturzio M.L. (1977), Esperienze di musicoterapia con insufficienti mentali adulti,
in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.172-176
(vedi pp.172-173, 176)

-Fallace P., Giorgio D. e Volpe E. (1988), Influenza della musicoterapia sulla psicomotricità, in
Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.179-183 (vedi p.179)
-Gervasoni B. (1984), Stimolazioni, ritmi e giochi musicali fonetici, in Piatti M. (a cura di), Disturbi
del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.95-104 (vedi pp.95-96)

-Gilardone M. (1995), musicoterapia e disturbi della comunicazione, Omega, Torino, pp.24-35

-Guaraldi G.P. (1977), Situazione della musicoterapia in Italia, in Autori Vari, La musicoterapia in
Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.11-24 (vedi pp.13-15, 22)

-Guaraldi G.P. e Postacchini P.L. (1987), Le applicazioni riabilitative e terapeutiche della musica, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Suono e comunicazione, Unicopli, Milano, pp.63-85

-Guaraldi G.P., Postacchini P.L., Camerini G.B. e Agresta F. (1988), Applicazioni cliniche della
musicoterapia, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.261-266

-Gusberti I. e Luccini A. (1977), Contributo della musica alla pratica logopedica, in Autori Vari, La
musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.203-208 (vedi p.207)

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.105-108

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.16-17, 28, 48, 77

-Landi Pereira L. (1982), La musicoterapia: espressione personale e comunicazione, in Piatti M. (a


cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp. 93-97 (vedi
p.95)

-Leskovar J. (1984), Le stimolazioni musicali nel metodo verbo tonale, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.85-94 (vedi pp.85-86, 91, 94)

-Lorenzetti L.M. (1985), Per uno studio del rapporto uomo-suono. L’impegno scientifico della
musicoterapia, Scuola Viva, 21 (6/7), pp.11-12

-Lorenzetti L.M. (1986), La musicoterapia nel dibattito epistemologico contemporaneo, Rivista di


Musicoterapia, 1 (1), pp.15-21

-Lorenzetti L.M. (1987), Musicoterapia critica, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Suono e
comunicazione, Unicopli, Milano, pp.41-61

-Lorenzetti L.M. (1989), Dall'educazione musicale alla musicoterapia, Zanibon, Padova, p.72

-Lorenzetti L.M. e Boccardi G. (1984), Un’attività sperimentale di musicoterapia presso la scuola


G.Negri di Milano, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.133-147 (vedi pp.133-134, 138-139)

-Mauro L. (1985), Esperienze di musicoterapia con bambini disturbati, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.205-210 (vedi pp.206,
208-209)

-Mayr A. (1977), Interventi di musicisti nell'ospedale psichiatrico di Volterra, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.209-215 (vedi pp.210-211)
-Munoz F. (1977), La comunicazione sonoro-affettiva fra il bambino e l’ambiente, in Autori Vari,
La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.119-142 (vedi pp.137-138)

-Nava V. e Savio G. (1977), Presupposti e obiettivi della terapia musicale, Rassegna di Studi
Psichiatrici, 56, pp.1027-1044

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.18, 31,33,122

-Oldfield A. (1988), Modalità di valutazione dell'intervento musicoterapeutico per handicappati


mentali, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.218-223 (vedi
pp.218-219)

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 29-30, 32-35, 37

-Piatti M. (1986), Musica e handicap: oltre la terapia, Rivista di Musicoterapia, 1 (1), pp.59-62

-Piatti M. (1986), Musica e handicap: ipotesi formative, Rivista di Musicoterapia, 1 (2), pp.145-149

-Postacchini P.L. (1978), Musicoterapia e neuropsichiatria, Nuova Rassegna di Studi Musicali, 2


(2), pp.9-30

-Postacchini P.L. (1986), Musicoterapia e pratica clinica, Rivista di Musicoterapia, 1 (1), pp.23-32

-Postacchini P.L. (1985), La psicologia della musica per la terapia, in Stefani G. e Ferrari F. (a cura
di), La psicologia della musica in Europa e in Italia, CLUEB, Bologna, pp.149-173

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.24, 84

-Rossi Pritoni L. (1985), I gruppi di recupero e l’introduzione delle attività musicali nella scuola
elementare, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.193-204 (vedi pp.196-199, 201)

-Savio C. (1994), Manuale di musicoterapia, Capone, Lecce, pp.59-62

-Stuppner H. (1976), Vecchi problemi di una nuova disciplina: la terapia musicale, in Zucchini G.L.,
Animazione musicale e disadattamento, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.27-48

-Stuppner H. (1982), Musica funzionale a uno scopo, in Piatti M. (a cura di), Educazione musicale o
musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.51-57

-Torboli L. (1985), Relazione sul metodo Orff: prevenzione e terapia di disturbi


dell'apprendimento,, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.211-218 (vedi pp.211-212)

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.140-142, 150

-Zatelli S. (1984), Musica e linguaggio verbale in funzione terapeutica, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.105-119 (vedi p.111)
-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.8-16

-Zucchini G.L. (1977), Indagine pedagogica della musicoterapia per l’integrazione del "diverso", in
Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.25-38 (vedi
pp.25, 30, 32-33, 37-38)

Per un puntale riferimento al principio dell'ISO:

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.18, 61, 73-74

-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealizzazione, Bulzoni, Roma, pp.66-67

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, p.50

-Benenzon R.O. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.43-51, 84-86, 134

-Benenzon R.O. (1989), Musicoterapia ed educazione musicale, Musica Domani, n.72/73, pp.7-11

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.70-72

-Zucchini G.L. (1977), Indagine pedagogica della musicoterapia per l’integrazione del "diverso", in
Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.25-38 (vedi
p.37)

Per quanto riguarda gli apporti della psicoanalisi alla musicoterapia si veda:

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.132-134

-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealiz- zazione, Bulzoni, Roma, p.56

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.16-17

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.102-106

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.56-61, 143,
157-159

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.14, 86-
89

Per un più specifico riferimento al transfert nell’ambito della musicoterapia:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.62.

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162 (vedi pp.149-150, 152, 161)
-Guilhot J., e A.M., Jost J., Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.92-102

-Savio C. (1994), Manuale di musicoterapia, Capone, Lecce, pp.54-55

5. OBIETTIVI SPECIFICI DELLA MUSICOTERAPIA

La musicoterapia quale intervento finalizzato al recupero di deficit motorio è illustrata in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.45

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.24-25, 54, 61, 79,
83, 88-90

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.102-105

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento (vedi pp.25, 48-54,
62, 80-86, 98)

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi p.132)

-Capirci C., Quatraro A.P., Vergine E., Orazi T.O. e Noris G. (1977), La musica in ordine agli effetti
psicologici della minorazione della vista, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e
prospettive, Cittadella, Assisi, pp.194-202 (vedi pp.195-197)

-Cremaschi Trovesi G. (1985), Dalle intuizioni della Montessori e di Laura Bassi all'attualità
attraverso un percorso storico, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro
Civitate Christiana, Assisi, pp.173-192 (vedi pp. 174-5, 178)

-Faggioni L. e Nasturzio M.L. (1977), Esperienze di musicoterapia con insufficienti mentali adulti,
in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.172-176
(vedi p.173)

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp. 50, 97-99

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.61-62

La musicoterapia quale strumento di rilassamento fisico-corporeo è descritta in:

-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealizzazione, Bulzoni, Roma, pp.58-63

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.109-123
(vedi pp.109-110)

-Delle Chiaie R., Guerani G. e Biondi M. (1981), EMG-BFB con segnale di rinforzo musicale nella
terapia dell'ansia cronica, Rivista di Psichiatria, 16 (6), pp.455-472
-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.97-99

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.550-551

-Oselin-Marini N.R. (1974), Stress e malattia mentale: terapeutica musicale, Rivista Internazionale
di Psicologia e Ipnosi, 15 (1-2), pp.61-74

L’impiego della musicoterapia volto al recupero di funzioni percettive e cognitive è sviluppato in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.45

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.28, 52-54, 60, 70

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.76-79

-Antonietti A. e Stramba-Badiale P. (1987), L’anziano e i suoni. Gli obiettivi della musicoterapia in


geriatria, Acta Gerontologia, 37 fasc.2-3, pp.158-159

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento (vedi pp.35, 47-57,
66-67, 88, 100-101)

-Ba G. (a cura di ) (1997),Metodologia della riabilitazione psicosociale, Angeli, Milano

-Bianchi G. (1977), Educazione musicale e nuovi critteri psico-pedagogici, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.168-171 (vedi pp.169-170)

-Bianchi G. e Clerici Bagozzi A. (1984), Crescere con la musica. Esperienze cognitive e


terapeutiche vissute in classe attraverso il linguaggio dei suoni, il movimento, il simbolo e il
sonema, Franco Angeli, Milano, pp.60-61

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi p.132)

-Gilardone M. (1995), musicoterapia e disturbi della comunicazione, Omega, Torino, pp.18-21

-Giordanella Perilli G. e Orazzini Maconi F. (1987), Lo sviluppo della conoscenza di sé attraverso


tecniche psicomotorie e attività musicoterapiche, in Guerra Lisi S. (a cura di), Psiche-corpo, suono-
movimento, musica-danza, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.153-188 (vedi p.164)

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.42-43

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.10, 53, 56, 89
-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.48-49, 59, 126-130

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, p.43

La musicoterapia volta alla dimensione emotiva della persona è illustrata in:

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.79-80

-Antonietti A. e Stramba-Badiale P. (1987), L’anziano e i suoni. Gli obiettivi della musicoterapia in


geriatria, Acta Gerontologica, 37 fasc.2-3, p.158

-Capirci C., Quatraro A.P., Vergine E., Orazi T.O. e Noris G. (1977), La musica in ordine agli effetti
psicologici della minorazione della vista, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e
prospettive, Cittadella, Assisi, pp.194-202 (vedi pp.198-199)

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.93-95, 100-102

-Giordanella Perilli G. e Orazzini Maconi F. (1987), Lo sviluppo della conoscenza di sé attraverso


tecniche psicomotorie e attività musicoterapiche, in Guerra Lisi S. (a cura di), Psiche-corpo, suono-
movimento, musica-danza, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.153-188

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.33-34, 42-43, 48-49, 52-53, 60, 100-102, 129

-Ricci Bitti P. E. (a cura di) (1998), Regolazione delle emozioni e arti terapie, Carrocci Editore,
Roma, cap.5

La musicoterapia quale strumento per l’acquisizione e il rafforzamento dell’identità personale e


dell’autoconsapevolezza è trattata in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.46-50

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), pp. 32-35

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.32-33, 61, 79

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.73-74

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, p.117

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.17, 31, 81-82

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.96-97

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), p.12
-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.46-47

-Warren B.(a cura di) (1995), Arteterapia in educazione e riabilitazione, Erikson, Trento

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, p.62

Le possibilità di incidenza della musicoterapia sulla personalità sono enucleate in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.42-45

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, p.44

-Antonietti A. e Stramba-Badiale P. (1987), L’anziano e i suoni. Gli obiettivi della musicoterapia in


geriatria, Acta Gerontologica, 37 fasc.2-3, p.159

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi p.132)

-Faggioni L. e Nasturzio M.L. (1977), Esperienze di musicoterapia con insufficienti mentali adulti,
in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.172-176
(vedi p.173)

-Giordanella Perilli G. e Orazzini Maconi F. (1987), Lo sviluppo della conoscenza di sé attraverso


tecniche psicomotorie e attività musicoterapiche, in Guerra Lisi S. (a cura di), Psiche-corpo, suono-
movimento, musica-danza, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.153-188 (vedi p.164)

-Postacchini P.L. (1984), Psicologia della musicoterapia nel paziente geriatrico, in Piatti M. (a cura
di), Musica, adulti, terza età, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.107-109 (vedi pp.93-112)

-Verdeau-Pailles J. (1988), Il contributo dell’indagine psicomusicale ricettiva nell’intervento


musicoterapeutico, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.277-
282

-Zucchini G.L. (1977), Indagine pedagogica della musicoterapia per l'integrazione del "diverso", in
Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.25-38 (vedi
pp.33, 36)

Le valenze della musicoterapia sulla motivazione sono esposte in:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.32, 121

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento (vedi p.24)

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi p.133)
-Postacchini P.L. (1984), Psicologia della musicoterapia nel paziente geriatrico, in Piatti M. (a cura
di), Musica, adulti, terza età, Pro Civitate Christiana, Assisi 1984, p.109 (vedi pp.93-112)

Le possibilità della musicoterapia nell’ambito della riattivazione dei processi di comunicazione e


socializzazione sono esplorate in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.50-52

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), capitolo 4

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.13, 34-35, 41, 94

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.73, 81-82, 117-118, 143

-Antonelli F. (1982), Il problema droga, in Piatti M. (a cura di), Musica e droga: un possibile
rapporto?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.29-46 (vedi p.45)

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento (vedi pp.20, 24)

-Capirci C., Quatraro A.P., Vergine E., Orazi T.O. e Noris G. (1977), La musica in ordine agli effetti
psicologici della minorazione della vista, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e
prospettive, Cittadella, Assisi, pp.194-202 (vedi p.201)

-Faggioni L. e Nasturzio M.L. (1977), Esperienze di musicoterapia con insufficienti mentali adulti,
in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.172-176
(vedi p.173)

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.18, 33, 60

-Landi Pereira L. (1982), La musicoterapia: espressione personale e comunicazione, in Piatti M. (a


cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp. 93-97 (vedi
p.94)

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.19, 36-37, 49, 128-129

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), p. 106

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.36, 41-42, 52

-Rossi Pritoni L. (1982), Al convegno francese di musicoterapia le tecniche di recupero degli


handicappati, in Piatti M. (a cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.99-113 (vedi pp.104-105)

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, p.60

-Zucchini G.L. (1977), Indagine pedagogica della musicoterapia per l’integrazione del "diverso", in
Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.25-38 (vedi
pp.29-31, 35, 37)
-Zucchini G.L. (1982), La programmazione delle attività in ambito psicomusicale: esempio di un
caso di psicosi ossessiva in soggetto inserito in una scuola elementare, in Piatti M. (a cura di),
Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.29-49 (vedi p.30)

6. METODOLOGIE E TECNICHE DI INTERVENTO IN AMBITO MUSICOTERAPEUTICO

Per una descrizione generale di tecniche specifiche impiegate negli interventi di musicoterapia si
possono prendere in esame:

-Abbadini A., Salvati R. e Carrozzini R.L. (1990), Musicoterapia immaginativa e malattia peptica,
Psyche Nuova, nuova serie, 10 (2), pp.35-45

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.36, 44-45

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.92-94

-Antonietti A. e Lazzati P. (1995), La musicoterapia per gli anziani, in Lanzetti C. e Marchetti A. (a


cura di), L’animazione nelle case di riposo, Franco Angeli, Milano, pp.75-77

-Antonietti A. e Lazzati P. (1992), Musicoterapia Cognitiva. Schede per l’attivazione di operazioni


mentali di base attraverso il suono, Omega Edizioni, Torino, pp.12-15

-Autori Vari (1981), Musicoterapia. Il far musica come prevenzione e rieducazione, Quaderni di
Animazione e Aggiornamento n.1, Centro di Documentazione per l’Animazione, Torino

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento

-Baron Guinazu A. (1988), Tecniche musicoterapeutiche in acqua per soggetti fisici e mentali, in
Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.35-355

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.61-62

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.17-18

-Bianchi G. e Clerici Bagozzi A. (1984), Crescere con la musica. Esperienze cognitive e


terapeutiche vissute in classe attraverso il linguaggio dei suoni, il movimento, il simbolo e il
sonema, Franco Angeli, Milano

-Bianchi G. (1988), Il metodo linguistico-matematico-musicale. Una nuova didattica per portatori di


handicap, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.333-336

-Bianchi G. e Clerici Bagozzi A. (1984), Crescere con la musica. Esperienze cognitive e


terapeutiche vissute in classe attraverso il linguaggio dei suoni, il movimento, il simbolo e il
sonema, Franco Angeli, Milano, parte seconda

-Bianchi G. e F. (1996), Gru gatto e il Paradiso degli Animali, Editore Franco Angeli, Milano

-Bianchi G. (1998), Educazione col suono e con la Musica, Editore S.G.M., Milano
-Capirci C. (1988), La musica nelle prime fasi dell'educazione motoria dei bambini pluriminorati
privi della vista, in Piatti M. (a cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.85-91

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.47-48, 53-59

-Della Bella R. (1989), Sulla musicoterapia, Musica domani, n.72-73, pp.4-6

-Gilardone M. (1995), musicoterapia e disturbi della comunicazione, Omega, Torino, pp.76-79

-Granone F. (1979), La musica come facilitante processi psicoterapeutici, Minerva Medica, 64,
pp.320-322

-Guilhot J., Guilhot A.M., Jost J. e Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.105-109

-De Angeli N. (1978), Considerazioni in musicoterapia, Patron, Bologna, pp.35-39, 43-46

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.100-107

-Savio C. (1994), Manuale di musicoterapia, Capone, Lecce, pp.39-44

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.148-149

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.40, 50-
51, 92-96, 120-122

Tecniche di ascolto e, in generale, recettive si leggano gli atti del Convegno tenutosi al riguardo:

-Rossi Pritoni L. (a cura di) (1992), La musicoterapia. Implicazioni cliniche e psicopedagogiche.


Atti del I Convegno europeo di musicoterapia C.E.F.I.G.-Antoniano (Bologna, 23 maggio 1992),
Edizioni del Cerro, Pisa, pp.91-93

Inoltre sono descritte in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.37-38, 44, 58-68

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.14-17, 19-21, 41-
42, 49-50

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.101, 115-121, 132-136

-Antonietti A. e Lazzati P. (1992), Musicoterapia Cognitiva. Schede per l’attivazione di operazioni


mentali di base attraverso il suono, Omega Edizioni, Torino, pp.20-45

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.25, 62, 70-72

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.71-80
-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.30-36, 69, 101-102, 142-145

-Bonardi G. (1999), La prassi musicoterapica"relazionale individuale", Scuola Materna, n°14,


Inserto, La Scuola, Brescia, p.2

-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.111-112, 126)

-Buffoli G., Campanile P. e Montagner P. (1977), Esperienze in alcuni casi di autismo infantile
precoce, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi,
pp.143-152 (vedi p.149)

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162 (vedi pp.146-147)

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.60-61

-Chiriacopol E. (1983), Un'esperienza francese, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.137-144 (vedi pp.143-144)

-Cima E. e Manarolo G. (1988), Esperienza di musicoterapia di gruppo con tecniche di tipo


recettivo. Resoconto di un’esperienza di musicoterapia condotta presso il Centro di Riabilitazione di
Casalnoceto (Alessandria), Rivista di Musicoterapia, 3 (6), pp.61-66

-Contardi R., Ba G., Pavesi R. e Sibilio P. (1988), Utilizzazione di tecniche psico-musicali.


Esperienze con pazienti psichiatrici, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega,
Torino, pp.250-254 (vedi p.251-252)

-Cremaschi Trovesi G. (1988), Il silenzio: strumento di lavoro. Esperienze in terapia musicale,


Rivista di Musicoterapia, 3 (5), pp.35-41

-Cremaschi Trovesi G. (1988), Il silenzio: terapia di rinforzo, Rivista di Musicoterapia, 3 (6), pp.67-
70

-De Angeli N. (1977), La Lyra-Nova e le sue esperienze, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia:
problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.183-193 (vedi pp.183-184, 188-193)

-De Angeli N. (1978), Considerazioni in musicoterapia, Patron, Bologna, pp.17-19

-Faggioni L. e Nasturzio M.L. (1977), Esperienze di musicoterapia con insufficienti mentali adulti,
in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.172-176
(vedi pp.174-176)

-Gilardone M. (1995), musicoterapia e disturbi della comunicazione, Omega, Torino, pp.38-42

-Guilhot J., Guilhot A.M., Jost J. e Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.109-151
-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.24, 42, 87-88, 90-91

-Lorenzetti L.M. e Boccardi G. (1983), Il bambino "nì", in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo,
psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp. 163-168 (vedi p.166)

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.39, 73-74

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), p.8

-Rossi Pritoni L. (1985), I gruppi di recupero e l'introduzione delle attività musicali nella scuola
elementare, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.193-204 (vedi p.201)

-Zucchini G.L. (1974), L’ascolto musicale: motivi psicoterapeutici della musica, Didattica
Integrativa, 7, pp.24-26 e 53-54

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.21-23,
29-31, 110-122

Per le tecniche attive si veda invece:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.22-25, 48-49, 83,
96-97

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.101-114

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.62-71

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.92, 94, 96, 131, 135, 139-141,
148-149

-Bianchi G. (1977), Educazione musicale e nuovi criteri psico-pedagogici, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.168-171 (vedi p.170)

-Buffoli G., Campanile P. e Montagner P. (1977), Esperienze in alcuni casi di autismo infantile
precoce, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi,
pp.143-152 (vedi p.149)

-De Angeli N. (1978), Considerazioni in musicoterapia, Patron, Bologna, pp.57-59

-Ginevra S. (1977), Esperienza con un gruppo di handicappati gravi, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.216-228 (vedi pp.224-228)

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.27-30, 38-40, 48-49,
50-53, 77-85

-Mauro L., Esperienze di musicoterapia con bambini disturbati, in Piatti M. (a cura di), Disturbi
dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, 1985, pp.205-210 (vedi p.208)
-Moll H.O. (1988), La terapia musicale attiva, in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e
futuro, Omega, Torino, pp.368-370

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.17, 43, 52, 58, 82-83, 116

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 9, 61-64, 68, 73, 85 (si vedano anche le pagine relative alla voce n.
"casi")

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.48-56

-Zatelli S. (1984), Musica e linguaggio verbale in funzione terapeutica, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.105-119 (vedi pp.112-113)

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.26-28,
40-77, 92-95, 105-105, 122-125

-Zucchini G.L. (1977), Indagine pedagogica della musicoterapia per l’integrazione del "diverso", in
Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.25-38 (vedi
p.33)

Per le tecniche di gruppo si rinvia a:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.45, 58, 63-70

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp-35-36, 110-113

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.81-82, 115-121

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.48-54, 88-95

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.87-89

-De Angeli N. (1978), Considerazioni in musicoterapia, Patron, Bologna, pp.47-52

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.124-130

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.84

-Hudolin V. (1981), La psichiatria sociale e la musica, in Autori Vari, Musica e terapia, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.75-86 (vedi pp.81-82)

-Keller W. (1981), Musica di gruppo con bambini normodotati e handicappati, in Autori Vari,
Terapia musicale, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.53-59

-Mauro L. (1985), Esperienze di musicoterapia con bambini disturbati, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.205-210 (vedi pp.208-209)
-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.55, 132-133

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 56-57, 68-101

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.135-138

-Zucchini G.L. (1977), Indagine pedagogica della musicoterapia per l’integrazione del "diverso", in
Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.25-38 (vedi
p.35)

Per l’utilizzo di procedure di improvvisazione si leggano gli atti del Convegno tenutosi al riguardo:

-Rossi Pritoni L. (a cura di) (1992), La musicoterapia. Implicazioni cliniche e psicopedagogiche.


Atti del I Convegno europeo di musicoterapia C.E.F.I.G.-Antoniano (Bologna, 23 maggio 1992),
Edizioni del Cerro, Pisa, pp.46-48

Inoltre si rimanda a:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.30-32, 45-48, 52-
54

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.96-99

-Capirci C., Quatraro A.P., Vergine E., Orazi T.O. e Noris G. (1977), La musica in ordine agli effetti
psicologici della minorazione della vista, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e
prospettive, Cittadella, Assisi, pp.194-202 (vedi p.198)

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.130-131

-Mauro L. (1987), Considerazioni sulla musica elementare (Orff-Schulwerk) e sua possibilità di


applicazione a vantaggio dei bambini disturbati, in Guerra Lisi S. (a cura di), Psiche-copro, suono-
movimento, musica-danza, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.231-238 (vedi pp.232-233)

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.31, 57-60, 67-78

Attività a base vocale (canto, linguaggio verbale, ecc.) sono considerate in:

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), pp.133-134

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.21, 27, 34, 48-49,
85

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.106-107, 111-112

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, p.58-61

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.95, 127-128, 131-132


-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.113-114)

-Capirci C., Quatraro A.P., Vergine E., Orazi T.O. e Noris G. (1977), La musica in ordine agli effetti
psicologici della minorazione della vista, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e
prospettive, Cittadella, Assisi, pp.194-202 (vedi pp.198-199)

-Chiodini W. (1965), Il canto corale nelle scuole per minorati psichici, Rassegna di Pedagogia, 4,
pp.330-333

-Faggioni L. e Nasturzio M.L. (1977), Esperienze di musicoterapia con insufficienti mentali adulti,
in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.172-176
(vedi pp.174-176)

-Gervasoni B. (1984), Stimolazioni, ritmi e giochi musicali fonetici, in Piatti M. (a cura di), Disturbi
del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.95-104 (vedi pp.98-102)

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.62-63, 65-66, 69

-Mauro L. (1987), Considerazioni sulla musica elementare (Orff-Schulwerk) e sua possibilità di


applicazione a vantaggio dei bambini disturbati, in Guerra Lisi S. (a cura di), Psiche-copro, suono-
movimento, musica-danza, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.231-238 (vedi pp.232-233

-Monteleone A. e Vigorelli L. (1987), Proposte interdisciplinari in musicoterapia: psicomotricità e


danza terapia, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Musicoterapia e strutture socio-sanitarie di territorio,
Educazione e Scuola, Ancona, pp.117-125

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.18, 33, 36-37, 41, 73-74, 77, 81, 84, 115, 127-128

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 29-30, 36-59, 94-98, 138-147

-Orff G. (1985), Esperienze di musicoterapia in Austria, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Nevrosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.175-190 (vedi pp.189-190)

-Postacchini P.L. (1986), Intonazione e ritmi della mano e conoscenza del sé, Rivista di
Musicoterapia, 1 (2), pp.97-106

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, p.51

-Rossi Pritoni L. (1985), I gruppi di recupero e l'introduzione delle attività musicali nella scuola
elementare, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.193-204 (vedi pp.200-201)

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.56, 69-
70, 75-80

Attività centrate sul movimento sono illustrate in:


-Alexander D. (1988), L’utilizzazine della ritmica nello sviluppo motorio dei soggetti affetti da
morbo di Parkinson, in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino,
pp.139-143

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), capitolo 12

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.28-29, 33, 54-55,
61, 79, 88-89

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.102-105, 111-112

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.35, 48, 55, 62,
80-85

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.16, 133-137, 139-141

-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.118, 122, 125-127)

-Capirci C., Quatraro A.P., Vergine E., Orazi T.O. e Noris G. (1977), La musica in ordine agli effetti
psicologici della minorazione della vista, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e
prospettive, Cittadella, Assisi, pp.194-202 (pp.196-197)

-De Leonibus R. e Delicati F. (1988), Laura Sheelen: soggettività e proiezione nell'improvvisazione


corporea (Lavoro su base musicale), Rivista di Musicoterapia, 3 (6), pp.77-84

-Faggioni L. e Nasturzio M.L. (1977), Esperienze di musicoterapia con insufficienti mentali adulti,
in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.172-176
(vedi pp.174-176)

-Gervasoni B. (1984), Stimolazioni, ritmi e giochi musicali fonetici, in Piatti M. (a cura di), Disturbi
del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.95-104 (vedi pp.97, 100-101)

-Guerra Lisi S. (1986), , Globalità dei linguaggi e musicoterapia, Rivista di Musicoterapia, 1 (1),
pp.33-43

-Guerra Lisi S. (1986), Homo tono-fono-simbolicus. Corporeità e suonoterapia, Rivista di


Musicoterapia, 1 (2), pp.129-139

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.29-31, 38-40, 51-
52,, 61, 79-84, 97-98

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.33-34, 38-39, 63

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), p. 104

-Orff G. (1985), Esperienze di musicoterapia in Austria, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Nevrosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.175-190 (vedi pp.188-189)
-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.52-55, 58,60, 62,
88, 90

-Torti Mandirola E. e Ceva M. (1988), La danzaterapia: gioia di vivere, in Mutti G. (a cura di), La
musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.125-130

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.61-69

Attività di animazione - quali giochi, mimi, ecc. - si possono trovare in:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.105, 113

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.48-61, 66-67,
70-79, 85-86,

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.131-132, 148-149

-Capirci C., Quatraro A.P., Vergine E., Orazi T.O. e Noris G. (1977), La musica in ordine agli effetti
psicologici della minorazione della vista, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e
prospettive, Cittadella, Assisi, pp.194-202 (vedi pp.200-201)

-Cremaschi Trovesi G. (1985), Dalle intuizioni della Montessori e di Laura Bassi all'attualità
attraverso un percorso storico, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro
Civitate Christiana, Assisi, pp.173-192 (vedi pp.182, 185-186)

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.33, 51-52, 55-56,
59-61

-Lorenzetti L.M. (1977), Istituzione scolastica e istituzione psichiatrica, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp. 98-107 (vedi pp.105-107)

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.33-37, 53, 57, 87-88, 93, 95, 117-119, 121- 124, 129

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 30-34, 38-40, 44-45, 53-55, 69-75, 108-109

-Pignedoli I., Bonacini M. e Neulicheld R. (1988), Laboratorio musicale di Castelnovo ne’ Monti:
un’esperienza di animazione musicale, in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro,
Omega, Torino, pp.113-118

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.49-50, 52, 87-88

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.40-41,
43-44, 49-53, 56, 92-95, 104-105, 122-125

L’impiego di tecniche collegate all’espressione grafica è tratto in:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.27-29
-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.52-56, 63-64

-Cremaschi Trovesi G. (1985), Dalle intuizioni della Montessori e di Laura Bassi all’attualità
attraverso un percorso storico, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro
Civitate Christiana, Assisi, pp.173-192 (vedi p.175)

-Savio C. (1994), Manuale di musicoterapia, Capone, Lecce, pp.112-114

7. STRUTTURA DELL'INTERVENTO DI MUSICOTERAPIA

Indicazioni a riguardo delle operazioni preliminari da effettuarsi antecedentemente all’attivazione di


un intervento di musicoterapia sono esposte in:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma (ed. orig. 1978),
pp.88, 91

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.27-30, 54-55

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.11-14, 71-74, 79-80, 82-83, 92,
119-123

-Buffoli G., Campanile P. e Montagner P. (1977), Esperienze in alcuni casi di autismo infantile
precoce, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi,
pp.143-152 (vedi pp.145-146)

-Ginevra S. (1977), Esperienza con un gruppo di handicappati gravi, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.216-228 (vedi pp.217-222)

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.43-46

-Knill M.- Knill C. (1991), Motricità e musicoterapia nell’handicap, Erikson, Trento, p.14

-Lorenzetti L.M. e Boccardi G. (1984), Un’attività sperimentale di musicoterapia presso la scuola


G.Negri di Milano, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.133-147 (vedi pp.136-137)

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.17, 44-46, 49-50, 58, 68-74, 114, 119, 128

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, p.190

Le operazioni iniziali di un intervento di musicoterapia sono descritte in:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma (ed. orig. 1978),
pp.19-21

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162 (vedi pp.151, 155)
-Buffoli G., Campanile P. e Montagner P. (1977), Esperienze in alcuni casi di autismo infantile
precoce, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi,
pp.143-152 (vedi pp.146-147)

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136 (vedi pp.131-132)

-Knill M.- Knill C. (1991), Motricità e musicoterapia nell’handicap, Erikson, Trento, p.13

-Mauro L. (1985), Esperienze di musicoterapia con bambini disturbati, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.205-210 (vedi p.207-208)

Le modalità con cui può essere condotta una seduta di musicoterapia possono essere reperite in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.62-70

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.111-112, 114, 118-119, 126-
127

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.83-89, 126, 135-137, 142-143,
158-161

-Benenzon R. e Wagner G. (1988), La musicoterapia didattica, in Mutti G. (a cura di),


Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.233-240

-Contardi R., Ba G., Pavesi R. e Sibilio P. (1988), Utilizzazione di tecniche psico-musicali.


Esperienze con pazienti psichiatrici, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega,
Torino, pp.250-254 (vedi pp.252-254)

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.251-252

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.45, 53-54, 74, 77-
78, 84, 89-90, 94-95

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.31, 33-34, 39-40, 48-54, 57-60, 63, 67-68, 75-88, 98, 132-134

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 118-125

-Schiller DeMoura Costa M.C. e Negreiros DeSampaio Vianna M. (1988), Musica: un linguaggio
terapeutico per gli psicotici, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino,
pp.271-276 (vedi p.274)

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.190-197

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, p.20

Le fasi di un intervento di musicoterapia sono poste a tema in:


-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.22-23, 27, 30-32,
34-37, 110

-Antonietti A. (1990), Un intervento musicoterapico in ambito psicogeriatrico, Neurologia


Psichiatria Scienze umane, 10 (n.6), pp.982-987

-Bonardi G. (1998), Handicap e musicoterapia, Scuola Materna, n°14, Inserto , La Scuola, Brescia,
pp.10-12

-Bonardi G. (1999), La prassi musicoterapica "relazionale individuale", Scuola Materna, n°14,


Inserto, La Scuola, Brescia, pp.2-3

-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.117-118)

-Buffoli G., Campanile P. e Montagner P. (1977), Esperienze in alcuni casi di autismo infantile
precoce, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi,
pp.143-152 (vedi p.144)

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.114-116, 139-145

-Ciocia D. (1987), Musicoterapia e unità socio-sanitarie locali: studi, ricerche, sperimentazioni e


prospettive, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Musicoterapia e strutture socio-sanitarie di territorio,
Educazione e Scuola, Ancona, pp.23-25

-De Angeli N. (1978), Considerazioni in musicoterapia, Patron, Bologna, p.41

-Foschini F. (1988), Una esperienza in un servizio di igiene mentale di assistenza psichiatrica,


Rivista di Musicoterapia, 3 (6), pp.73-76

-Guilhot J., Guilhot A.M., Jost J. e Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.152-159

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.251-252

-Knill M.- Knill C. (1991), Motricità e musicoterapia nell’handicap, Erikson, Trento, p.11

-Lorenzetti L.M. (a cura di) (1987), Musicoterapia e strutture socio-sanitarie di territorio,


Educazione e Scuola, Ancona

-Lorenzetti L.M., Boccardi G. e Poggioli M. (1990), Esperienze di arteterapia nelle istituzioni: modi
di prendersi cura del "prendersi cura" di una persona, Educazione e Scuola, 9 (n.34), pp.61-67

-Magnani A. (1987), Musicoterapia ed enti pubblici, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Musicoterapia e
strutture socio-sanitarie di territorio, Educazione e Scuola, Ancona, pp.113-116
-Rossi Pritoni L. (1985), I gruppi di recupero e l’introduzione delle attività musicali nella scuola
elementare, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.193-204 (vedi p.197)

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, p.44

A riguardo dell’attenzione da porre all’ambiente in cui vengono condotte le attività di musicoterapia


si veda:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.18-19, 42-43, 74-
75, 81

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.89, 103-
107

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.53-54, 127, 139

-Bonardi G. (1998), Handicap e musicoterapia, Scuola materna, n°14, Inserto , La Scuola, Brescia,
p.4

-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi p.124)

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162 (vedi p.155)

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.154-155

-Ginevra S. (1977), Esperienza con un gruppo di handicappati gravi, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.216-228 (vedi p.222)

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, p.251

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, p.32

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, p.29

Considerazioni circa l’integrazione degli interventi di musicoterapia con altre forme di intervento
sono svolte in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.38, 54

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), p.128

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.126-128, 134-135, 139,
143-144
-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, p.26

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.163-174

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.63-66

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162 (vedi pp.148-149)

-De Angeli N. (1978), Considerazioni in musicoterapia, Patron, Bologna, pp.55-56

-Gervasoni B. (1984), Stimolazioni, ritmi e giochi musicali fonetici, in Piatti M. (a cura di), Disturbi
del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.95-104 (vedi pp.95-103)

-Gusberti I. e Luccini A. (1977), Contributo della musica alla pratica logopedica, in Autori Vari, La
musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.203-208 (vedi pp.206-207)

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.265-268

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.11

-Lorenzetti L.M. (1989), Dall'educazione musicale alla musicoterapia, Zanibon, Padova, pp.39, 87-
88

-Nordoff P., Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), p.16

-Zatelli S. (1984), Musica e linguaggio verbale in funzione terapeutica, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.105-119 (vedi pp.112-113)

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, p.20

Per quanto concerne il coinvolgimento della famiglia nell’intervento di musicoterapia si può


leggere:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma, pp.115-121

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.151-166

-Bianchi G. e Clerici Bagozzi A. (1984), Crescere con la musica. Esperienze cognitive e


terapeutiche vissute in classe attraverso il linguaggio dei suoni, il movimento, il simbolo e il
sonema, Franco Angeli, Milano, pp.150, 153, 160 e il capitolo 5

-Lorenzetti L.M. e Boccardi G. (1984), Un'attività sperimentale di musicoterapia presso la scuola


G.Negri di Milano, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.133-147 (vedi p.140)

-Nordoff P., Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.118-119
-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp.133-137

8. STRUMENTI DELL'INTERVENTO DI MUSICOTERAPIA

Le caratteristiche degli strumenti da impiegare nelle attività di musicoterapia sono prese in


considerazione in:

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), p.85

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.85, 103-104, 109-113

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.48-49, 55-60, 94-96, 125-127,
139

-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi p.123)

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.107-108, 133-135, 154-155

-De Angeli N. (1977), La Lyra-Nova e le sue esperienze, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia:
problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.183-193 (vedi p.183)

-De Angeli N. (1978), Considerazioni in musicoterapia, Patron, Bologna, pp.21-27, 33, 65-66

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.258-265

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.37-42, 96

-Keller W. (1981), Musica di gruppo con bambini normodotati e handicappati, in Autori Vari,
Musica e terapia, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.53-59 (vedi pp.55-58)

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.36, 44-45, 53, 69-73, 81-83, 126-127

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 11, 18, 20-22

-Piatti M. (1984), Adulti e strumenti musicali: riflessioni sull’uso elementare degli strumenti e sulla
costruzione di oggetti sonori, in Lorenzetti L.M. e Piatti M. (a cura di), Musica, adulti, terza età, Pro
Civitate Christiana, Assisi, pp.179-186
-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.34-35, 53, 55-56,
111-116, 125-128

-Savio C. (1994), Manuale di musicoterapia, Capone, Lecce, pp.62-79, 85-93

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.39-55,
128-139

-Zucchini G.L. (1982), La programmazione delle attività in ambito psicomusicale: esempio di un


caso di psicosi ossessiva in soggetto inserito in una scuola elementare, in Piatti M. (a cura di),
Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.29-49 (vedi pp.37-39)

Per le funzioni che gli strumenti ricoprono all'interno dell’intervento di musicoterapia si rinvia a:

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), pp.129-133

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma (ed. orig. 1978),
pp.22-26, 41-42, 52-54, 59, 95

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.24-25, 42-43, 105-107, 115

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.66, 93, 95

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.48-49, 58-60

-Bianchi G. e Clerici Bagozzi A. (1984), Crescere con la musica. Esperienze cognitive e


terapeutiche vissute in classe attraverso il linguaggio dei suoni, il movimento, il simbolo e il
sonema, Franco Angeli, Milano, pp.44-45

-Buffoli G., Campanile P. e Montagner P. (1977), Esperienze in alcuni casi di autismo infantile
precoce, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi,
pp.143-152 (vedi p.147)

-Carrozzini R. L. (1991), Manuale di musicoterapia immaginativa, Edizioni Universitarie Romane,


Roma, pp.109-114, 156-158

-Cremaschi Trovesi G. (1985), Dalle intuizioni della Montessori e di Laura Bassi all'attualità
attraverso un percorso storico, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro
Civitate Christiana, Assisi, pp.173-192 (vedi p.176)

-Croatto L. (1984), Il ruolo della musicoterapia nello sviluppo del linguaggio del bambino
audioleso, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.41-49 (vedi pp.43-44)

-Faggioni L. e Nasturzio M.L. (1977), Esperienze di musicoterapia con insufficienti mentali adulti,
in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.172-176
(vedi pp.174-176)

-Gervasoni B. (1984), Stimolazioni, ritmi e giochi musicali fonetici, in Piatti M. (a cura di), Disturbi
del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.95-104 (vedi p.97)
-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 23, 26, 107

-Paccagnini A. (1977), Proposta per un laboratorio e un corso di musicoterapia, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.72-86 (vedi pp.75-79)

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.85-87

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.38-39

9. LA FIGURA DEL MUSICOTERAPEUTA

Per quanto riguarda le competenze di cui deve essere dotato il musicoterapeuta si veda:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma (ed. orig.1978),
pp.13, 34, 43-44, 74

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.140-141

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.61-63

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162 (vedi pp.149, 151-154)

-Ferrarotti W., Stefani G. e Lorenzetti L.M. (1982), La professionalità del musicoterapeta, in Piatti
M. (a cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.115-132

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, p.147

-Zatelli S. (1984), Musica e linguaggio verbale in funzione terapeutica, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.105-119 (vedi pp.113-115)

La funzione che il musicoterapeuta assolve nell'ambito dell’intervento musicoterapeutico è


esaminata in:

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.55-57, 113-114

-Buffoli G., Campanile P. e Montagner P. (1977), Esperienze in alcuni casi di autismo infantile
precoce, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella Editrice,
Assisi, pp.143-152 (vedi pp.150-151)

-Cremaschi Trovesi G. (1998), L’identità del musicoterapeuta, Babele, n.10, pp.75-77

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, p.256
-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.61-62, 109, 123, 129-134

-Savio C. (1994), Manuale di musicoterapia, Capone, Lecce, pp.21-22

Sulla formazione del musicoterapeuta si segnalano gli atti del convegno tenutosi al riguardo:

-Rossi Pritoni L. (a cura di) (1982), La formazione del musicoterapista. Atti del I Convegno AISMt
(Bologna, 29-30/11/1980), Ponte Nuovo, Bologna

-Rossi Pritoni L. (a cura di) (1992), La musicoterapia. Implicazioni cliniche e psicopedagogiche.


Atti del I Convegno europeo di musicoterapia C.E.F.I.G.-Antoniano (Bologna, 23 maggio 1992),
Edizioni del Cerro, Pisa, pp.46-48

Si leggano inoltre:

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma (ed. orig. 1978),
p.115

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.140-142

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.109-112

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.61, 66-68

-Benenzon R. (1988), Considerazioni fondamentali di verifica e revisione del corso di formazione


per musicoterapeuti, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.300-
303

-Cattanei G. (1988), Profilo professionale del musicoterapeuta, in Mutti G. (a cura di),


Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.304-307

-Cervi N. (1987), Esperienze e linee di formazione in musicoterapia, in Lorenzetti L.M. (a cura di),
Suono e comunicazione, Unicopli, Milano, pp.115-120

-Cervi N. (1987), Formazione in musicoterapia, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Musicoterapia e


strutture socio-sanitarie di territorio, Educazione e Scuola, Ancona, pp.91-97

-Cesa-Bianchi M. (1977), Prospettive e funzione della psicologia nella musicoterapia, in Autori


Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella Editrice, Assisi, pp.39-55 (vedi
pp.46-47, 50)

-Di Franco G.L. (1984), Sperimentazione vocale e sonora come espressione di gruppo per la
formazione di operatori musicoterapeuti del settore psichiatrico, in Lorenzetti L.M. e Piatti M. (a
cura di), Musica, adulti, terza età, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.149-162

-Eschen J. (1982), Musicoterapia. La formazione a Vienna (Austria), Conservatorio per la Musica e


l'Arte Espressiva, Bequadro, 2 (8), pp.25-30

-Ferrarotti W., Stefani G. e Lorenzetti L.M. (1982), La professionalità del musicoterapeta, in Piatti
M. (a cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.115-132
-Goitre R. (1977), Proposta per l’istituzione di corsi nell'ambito dei conservatori, in Autori Vari, La
musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella Editrice, Assisi, pp. 87-92

-Guaraldi G.P. (1977), Situazione della musicoterapia in Italia, in Autori Vari, La musicoterapia in
Italia: problemi e prospettive, Cittadella Editrice, Assisi, pp.11-24 (vedi p.18)

-Hesser B., Hillman Boxill E. e Bruscia K. (1988), La formazione professionale del


musicoterapeuta negli Stati Uniti, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega,
Torino, pp.308-310

-Hillman Boxill E. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.27-28, 283

-Hudolin V. (1981), La psichiatria sociale e la musica, in Autori Vari, Musica e terapia, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.75-86 (vedi pp.83-85)

-Lorenzetti L.M. (1982), La formazione del musicoterapista in Italia: aspetti curricolari e


professionali, Bequadro, 2 (8), pp.23-25 e 31

-Lorenzetti L.M. (1983), Musicoterapia ed enti pubblici: prospettive di formazione e inserimento


della figura professionale del musicoterapista, Bequadro, 3 (10), pp.29-30

-Mutti G. (1988), La scuola di formazione per musicoterapeuti in Italia, in Mutti G. (a cura di),
Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.319-322

-Nastari C. (1988), La formazione professionale del musicoterapeuta in Brasile, in Mutti G. (a cura


di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.323-325

-Oldfield A., La formazione professionale del musicoterapeuta in Gran Bretagna, in Mutti G. (a cura
di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, p.326

-Paccagnini A. (1977), Proposta per un laboratorio e un corso di musicoterapia, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella Editrice, Assisi, pp.72-86 (vedi pp.81-83)

-Piatti M. (1985), Formazione, competenza, creatività degli operatori musicali in campo educativo e
terapeutico, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Nevrosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.141-151

-Postacchini P.L., Mancini M., Manarolo M., Bonanomi C. (1995), La formazione in ambito
musicoterapico: lineamenti per un progetto di modello formativo, Musica & Terapia, vol.3 n°2,
Stamperia Ugo Bocassi Editore, Alessandria, pp.15-20

-Pretsch S. (1982), La formazione del musicoterapista in Europa, Bequadro, 2 (8), pp.23-31

-Scardovelli M. (1985), La formazione del musicoterapeuta: premesse epistemologiche e


cambiamento, Edizioni Coop 77, Genova

-Schmalz A., La scuola di musicoterapia di Vienna e la formazione del musicoterapeuta in Austria,


in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.327-330

10. APPLICAZIONE DELLA MUSICOTERAPIA ALLE VARIE FORME DI PATOLOGIA


Sull’utilizzo della musicoterapia per il recupero di deficit sensoriali si considerino i seguenti
contributi:

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.10, 56

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), p.66

Per un più preciso rimando ai disturbi visivi:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.45

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), pp.139-145, 160-161

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.108

-Burger G. e Liard C. (1984), La microinformatica per bambini non vedenti. Un sistema di


composizione musicale, Età Evolutiva, 19, 1984, pp.99-101

-Capirci C. (1975), Esperienze di educazione musicale con bambini non vedenti, L'Educazione dei
Minorati della Vista, 1 (2), pp.22-29

-Capirci C. e Gruppo di musicoterapia dell’Istituto "A.Romagnoli" di Roma (1982), La musica nelle


prime fasi dell'educazione motoria dei bambini pluriminorati privi della vista, in Piatti M. (a cura
di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.85-91

-Capirci C., Quatraro A.P., Vergine E., Orazi T.O. e Noris G. (1977), La musica in ordine agli effetti
psicologici della minorazione della vista, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e
prospettive, Cittadella, Assisi, pp.194-202

-Knill M.- Knill C. (1991), Motricità e musicoterapia nell’handicap, Erikson, Trento, pp.17-18

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 52, 77-78, 80-83

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.57-62

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.186-187

E per i disturbi uditivi si leggano gli atti del Convegno:

-Rossi Pritoni L. (a cura di) (1992), La musicoterapia. Implicazioni cliniche e psicopedagogiche.


Atti del I Convegno europeo di musicoterapia C.E.F.I.G.-Antoniano (Bologna, 23 maggio 1992),
Edizioni del Cerro, Pisa, pp.41-43

Si leggano inoltre:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.43
-Allegretti Camerini E. (1984), Voce = strumento di comunicazione anche per gli ipoacusici, in
Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.65-72

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), pp.46-47, 144-150,
159-160

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.108

-Bang C. (1978), Musicoterapia e logoterapia musicale nella sordità e nei bambini plriminorati, in
Giovanardi Rossi P. e Simeti F. (a cura di), Strutturazione dei ritmi, musica e logoterapia, Oppici,
Parma, pp.1-18

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.59, 137-141

-Biondi E. (1988), Tentativo di spiegazione dei risultati conseguiti dalla musicoterapia per sordi, in
Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.342-345

-Cervellini N.H. (1988), La musicoterapia e il bambino con deficit uditivo, in Mutti G. (a cura di),
La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.342-345

-Cremaschi Trovesi G. (1981), Stimolazione sensoriale alla base della coordinazione motoria del
linguaggio, in Autori Vari, Musica e terapia, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.61-74 (vedi pp.68-
69)

-Cremaschi Trovesi G. (1985), Dalle intuizioni della Montessori e di Laura Bassi all'attualità
attraverso un percorso storico, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro
Civitate Christiana, Assisi, pp.173-192 (vedi p.182)

-Cremaschi Trovesi G. e De Filippis A. (1986), Interagenza fra musicoterapia, psicomotricità e


logopedia nel recupero del bambino sordo,Rivista di Musicoterapia, 1 (2), pp.141-144

-Croatto L. (1984), Il ruolo della musicoterapia nello sviluppo del linguaggio del bambino
audioleso, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.41-49 (vedi pp.42-47)

-Gitti G. e Fondelli P. (1978), L'intervento educativo nel bambino sordo da zero a tre anni, in
Giovanardi Rossi P. e Simeti F. (a cura di), Strutturazione dei ritmi, musica e logoterapia, Oppici,
Parma, pp.63-70

-Guberina P. e Baroni S. (1988), Le stimolazioni musicali nel metodo verbo-tonale per la


riabilitazione degli audiolesi, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino,
pp.96-101

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.88-89

-Knill M.- Knill C. (1991), Motricità e musicoterapia nell’handicap, Erikson, Trento, pp.17-18

-Leskovar J. (1984), Le stimolazioni musicali nel metodo verbo tonale, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.85-94 (vedi pp.86, 91-92)
-Migliari G. (1974), Esperienze di educazione musicale con sordi e sordastri, Strmenti e Musica, 3,
p.52

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 33-34, 52, 67-68, 72, 74, 76

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.62-66

-Schindler O. (1984), Musicoterapia come operazione di educazione e allenamento delle gnosie o


percezioni uditive, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.73-84

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.187-188

-Vianello L. (1988), Rafforzamento del tratto sonologico nel soggetto ipoacusico mediante attività
vibrosinestesica, in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.131-
135

-Wagner G. (1988), La musicoterapia nella cura dei soggetti adulti con allucinazioni uditive, in
Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.283-287

-Zatelli S. (1984), Musica e linguaggio verbale in funzione terapeutica, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.105-119 (vedi pp.112-113)

L’impiego della musicoterapia in casi di ritardo mentale e, più in generale, di deficit intellettivi e
problemi di apprendimento si leggano gli atti del Convegno:

-Rossi Pritoni L. (a cura di ) (1995), La musicoterapia applicata. Atti del II Convegno Europeo di
musicoterapia C.E.F.I.G.-A ntoniano (Bologna, 29-30 Aprile 1994), Edizioni del Cerro, Pisa, pp.71-
75

Inoltre è documentato in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.42

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), capitoli 5 e 6

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.131-132

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, pp.35, 48, 60, 62

-Ba G. (a cura di) (1997), Metodologia della riabilitazione psicosociale, Angeli, Milano

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.82,84

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.25-133

-Chiodini W. (1965), Il canto corale nelle scuole per minorati psichici, Rassegna di Pedagogia, 4,
pp.330-333
-Cima E., Scarsi F.J. e Manarolo G. (1988), Specificità dell'intervento musicoterapeutico nel campo
della riabilitazione dell'handicappato psichico, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e
futuro, Omega, Torino, pp.346-347

-Di Gennaro C., Gentile C., De Augustinis M., Fatone C., Lacavalla F. e Valente F. (1988), La
musica come presidio terapeutico nell'educazione psicomotoria dell'insufficiente mentale, in Mutti
G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.166-177

-Faggioni L. e Nasturzio M.L. (1977), Esperienze di musicoterapia con insufficienti mentali adulti,
in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.172-176
(vedi pp.172-176)

-Ferrarotti W. (1982), La musica e i bambini con insufficienza mentale, in Piatti M. (a cura di),
Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.77-84

-Ferrarotti W. (1988), Sviluppo dell'organizzazione dell’azione e del pensiero in soggetti isfficienti


mentali con l'uso di musica riprodotta dai mass media, in La musicoterapia: realtà e futuro, La
musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.89-95

-Ginevra S. (1977), Esperienza con un gruppo di handicappati gravi, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.216-228

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.15, 19, 26, 49-52,
63-64, 74, 77-85

-Mazzuccato A. (1988), Esperienze di musicoterapia su ragazzi affetti da sindrome di Down, in


Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.365-367

-Mutti G. e Cima E. (1988), L’autoproduzione sonora nell'individazione di canali di comunicazione


nel soggetto handicappato grave, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega,
Torino, pp.188-217

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.28, 39-40, 76-77, 110-111

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 88-90

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.25-32, 44-46

-Scardovelli M. (1986), Musicoterapia con il grave insufficiente mentale, Edizioni Coop 77,
Genova

-Sekeles C. (1988), Suono e musica nel trattamento di bambini affetti da sindrome di Down, in
Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.380-382

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.178-185

-Wigram A. (1988), La musicoterapia per il grave handicappato adulto, in Mutti G. (a cura di), La
musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.224-229
-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.35, 78,
109-110

In relazione ai disturbi del linguaggio si possono prendere in esame gli atti dei seguenti due
convegni:

-Giovanardi Rossi P. e Simeti F. (a cura di) (1978), Strutturazione dei ritmi, musica e logoterapia,
Oppici, Parma, pp.83-90

-Piatti M. (a cura di) (1984), Disturbi del linguaggio e musica. Quaderni di musica applicata n.5,
Pro Civitate Christiana, Assisi

Si evidenziano inoltre i contributi:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.44-45, 53

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.105-107

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, p.62

-Bang C. (1978), Interventi di musicoterapia individuale e di gruppo, in Giovanardi Rossi P. e


Simeti F. (a cura di), Strutturazione dei ritmi, musica e logoterapia, Oppici, Parma, pp.83-90

-Cavallini C. (1978), Musica e linguaggio: rapporti nell’ambito di un’opportunità pedagogica, in


Giovanardi Rossi P. e Simeti F. (a cura di), Strutturazione dei ritmi, musica e logoterapia, Oppici,
Parma, pp.19-32

-Cippone De Filippis A. (1978), L’impiego della percezione vibro-tattile in appoggio alla


protesizzazione, in Giovanardi Rossi P. e Simeti F. (a cura di), Strutturazione dei ritmi, musica e
logoterapia, Oppici, Parma, pp.57-62

-Cremaschi Trovesi G. (1985), Dalle intuizioni della Montessori e di Laura Bassi all'attualità
attraverso un percorso storico, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro
Civitate Christiana, Assisi, pp.173-192 (vedi pp.185, 190)

-Cremaschi Trovesi G. (1981), Stimolazione sensoriale alla base della cordinazione motoria e del
lingaggio, in Autori Vari, Terapia musicale, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.61-74

-Croatto L. (1984), Il ruolo della musicoterapia nello sviluppo del linguaggio del bambino
audioleso, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.41-49 (vedi pp.44-45)

-D’Asero L. (1988), Obiettivi e scopi di tecniche nero-sonoro-musicali per pazienti afasici, in Mutti
G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.348-349

-Gervasoni B. (1984), Stimolazioni, ritmi e giochi musicali fonetici, in Piatti M. (a cura di), Disturbi
del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.95-104
-Giordanella Perilli G. (1986), Prevenzione dei disturbi nell'espressione verbale mediante tecniche
psicomotorie e musicoterpiche, Rivista di Musicoterapia, 1 (1), pp.51-57

-Giordanella Perilli G. (1988), La musicoterapia nella patologia dell’espressione, Rivista di


Musicoterapia, 3 (6), pp.85-93

-Gusberti I. e Luccini A. (1977), Contributo della musica alla pratica logopedica, in Autori Vari, La
musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.203-208 (vedi pp.206-207)

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp. 65-70

-Hudolin V. (1981), La psichiatria sociale e la musica, in Autori Vari, Musica e terapia, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.75-86 (vedi p.81)

-Leskovar J. (1984), Le stimolazioni musicali nel metodo verbo-tonale, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.85-94

-Lorenzetti L.M. e Boccardi G. (1984), Un'attività sperimentale di musicoterapia pressola scuola


G.Negri di Milano, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.133-147 (vedi p.139)

-Mastrangeli C. (1988), La musicoterapia vocale nella rieducazione dei disturbi del lingaggio e in
particolare delle balbuzie, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino,
pp.184-187

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.65-67, 77-78, 127-128

-Orazzini Maconi F. (1986), Prevenzione dei disturbi nell’espressione verbale mediante tecniche
psicomotorie e musicoterapiche, Rivista di Musicoterapia, 1 (2), pp.117-121

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 32, 37, 67, 72

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.66, 68-71

-Rossi Pritoni L. (1985), I gruppi di recupero e l'introduzione delle attività musicali nella scuola
elementare, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.193-204 (vedi pp.199-200)

-Santi P. (1987), Dimensioni linguistico-musicali nella terapia. Per una pratica terapeutica centrata
sull'esperienza acustica, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Musicoterapia e strutture socio-sanitarie di
territorio, Educazione e Scuola, Ancona, pp.31-32

-Scardovelli M. (1986), Il dialogo sonoro: ascolto, rispecchiamento, facilitazione, Edizioni Coop


77, Genova

-Simeti F. (1984), La musica e il linguaggio: note per la terapia, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del
linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.121-131

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.188-189


-Zatelli S. (1984), Musica e linguaggio verbale in funzione terapeutica, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.105-119

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.55-59

A riguardo degli interventi musicoterapeutici con soggetti affetti da deficit motori si ricordano:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.42

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), pp. 151-156

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.101-105, 134

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.133-137

-Bianconi R.A. (1986), Ruolo dell’accompagnamento sonoro nelle terapie di movimento, Rivista di
Musicoterapia, 1 (1), pp.63-66

-Cremaschi Trovesi G. (1981), Stimolazione sensoriale alla base della cordinazione motoria e del
lingaggio, in Autori Vari, Terapia musicale, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.61-74

-Fallace P., Giorgio D. e Volpe E. (1988), Influenza della musicoterapia slla psicomotricità, in Mutti
G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.178-183

-Held J. (1984), Attività_ di insegnamento strumentale con handicappati fisici, Bequadro, 4 (14),
1984, pp.15-18

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.10, 30, 60-61, 72-
75, 78, 97-99

-Knill M.- Knill C. (1991), Motricità e musicoterapia nell’handicap, Erikson, Trento, pp.15-17

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.28, 38-39, 63, 79-88, 94-96

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 83-84, 86

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.71-73

-Rossi Pritoni L. (1985), I gruppi di recupero e l'introduzione delle attività musicali nella scuola
elementare, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.193-204 (vedi p.199)

-Tognazzi D., Ballarani P. e Brutti V. (1988), Esperienze di utilizzazione della musica in un reparto
di riabilitazione, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.388-390

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.35, 39,
47, 50-51, 106
-Zucchini G.L. (1977), La musica e il bambino spastico, Scuola Materna, 64 (12), pp.733-734

A riguardo degli interventi musicoterapeutici nell’ambito delle nevrosi in generale si veda:

-Alvin J. (198), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.96-99

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.80-81

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.17, 59, 119-123

-Galinska E. (1988), Ritratto musicale del paziente come tecnica musicoterapeutica nelle nevrosi, in
Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.255-260

-Illiano A. e Buffardi G. (1988), La musica come strumento in terapia breve, Neurologia, Psichiatria
e Scienze Umane, 8, supplemento al n.2, pp.235-240

-Joyeax E. e Maury C. (1988), La musicoterapia in un caso di nevrosi ossessiva, in Mutti G. (a cura


di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.102-106

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp. 171-174

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.19, 21-
23, 30-31

Per un più preciso riferimento alle nevrosi infantili vi sono gli atti di uno specifico convegno:

-Lorenzetti L.M. (a cura di) (1985), Nevrosi infantili e musica. Quaderni di musica applicata n.7,
Pro Civitate Christiana, Assisi

Si tengano inoltre presenti i segenti contributi:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.46

-Cremaschi Trovesi G. (1985), Esperienza di musicoterapia e nevrosi infantile, in Lorenzetti L.M. (a


cura di), Nevrosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.153-168

-Lorenzetti L.M. (1985), Verso una individuazione, prevenzione e prognosi alternative di tipo
dinamico-esistenziale delle nevrosi: preistoria infantile e protolinguaggio musicale, in Lorenzetti
L.M. (a cura di), Nevrosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.79-96

-Scaparro F. (1984), Magia della musica nella terapia dell'adolescente, in Scaparro F. (a cura di),
Volere la luna, Unicopli, Milano, pp.227-239

Per le nevrosi nell’adulto si segnala invece:

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, pp.82-83

-Ghidoni C. (1988), Un paziente musicista e la musicoterapia. Problematiche di un caso clinico, in


Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.350-352

Sulle applicazioni della musicoterapia alle psicosi in generale si ricordano:


-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti, p.36

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.96-99, 115-121,123, 125,
130

-Bence L.- Méreaux M. (1990), Musicoterapia. Ritmi, armonie e salute, Xenia, Milano, p.83

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.17-18

-Benenzon R. (1988), La musicoterapia nella psicosi, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e
futuro, Omega, Torino, pp.144-154

-Buffoli G. (1978), Metodologia di approccio al bambino psicotico con metodi sonori


psicomusicali, in Giovanardi Rossi P. e Simeti F. (a cura di), Struttrazione dei ritmi, musica e
logoterapia, Oppici, Parma, pp.53-56

-Buffoli G. (1982), Aspetti del musicoterapia in relazione ai problemi della cura delle psicosi
infantili, in Piatti M. (a cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.59-76

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162

-Carta I., Galvano G.C. e Pazzaglia P. (1988), Il significato dell’esperienza snra nella vita affettiva
originaria del bambino e l’uso transizionale della musicoterapia nella riabilitazione dello psicotico,
in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.159-165

-Colucci d’Amato F., Feis P., Ovalesco V. e Pannone G. (1988), Musicoterapia e igiene mentale, in
Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.245-249 (vedi pp.245-247)

-Cremaschi Trovesi G. (1983), Esperienza di musica con bambini psicotici, in Lorenzetti L.M. (a
cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.193-203

-Mayr A. (1977), Interventi di musicisti nell'ospedale psichiatrico di Volterra, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.209-215

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.39, 48-49

-Roi G. (1984), Psicodramma e musicoterapia. La mediazione e la distanza nella terapia degli stati
psicotici, in Scaparro F. (a cura di), Volere la luna, Unicopli, Milano, pp.175-226

-Schiller De Moura Costa M.C. e Negreiros De Sampaio Vianna M. (1988), Musica: un lingaggio
terapeutico per gli psicotici, in Mutti G. (a cura di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino,
pp.271-276 (vedi p.274)

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.149-150, 175-
177
-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.12-
13,19, 24-28, 45, 54-55

-Zucchini G.L. (1982), La programmazione delle attività in ambito psicomusicale: esempi di un


caso di psicosi ossessiva in soggetto inserito in una scuola elementare, in Piatti M. (a cura di),
Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.29-39

Per un più specifio riferimento alle psicosi infantili:

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.144 e 149

-Buffoli G. (1982), Aspetti della musicoterapia in relazione ai problemi della cura delle psicosi
infantili, in Piatti M. (a cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.59-76

-Garonna F. (1986), Musicoterapia con pazienti psichiatrici, Rivista di Musicoterapia, 1 (2), pp.157-
163

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.15, 20, 2881, 94

-Knill M.- Knill C. (1991), Motricità e musicoterapia nell’handicap, Erikson, Trento, pp.18-21

-Scarsi F.J. e Manarolo G. (1986), La musicoterapia in ambito psichiatrico, Rivista di


Musicoterapia, 1 (2), pp.123-128

E per le psicosi nell’adulto:

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, p.31

-Gindro S. (1977), Il gruppo di musicoterapia nell’ospedale psichiatrico di Roma, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.177-182

-Holtzhausen L. (1988), L’effetto della musica su soggetti normali e su soggetti affetti da


depressione, in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.356-359

-Lehikonen P. (1988), Musica quale terapia per pazienti psichiatrici, in Mutti G. (a cura di),
Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.362-364

-Mayr A. (1977), Interventi di musicisti nell’ospedale psichiatrico di Volterra, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.209-215

-Nava V. e Savio G. (1977), Una nuova metodologia di musicoterapia con pazienti psichiatrici
lungodegenti, Rassegna di Studi Psichiatrici, 56, pp.1045-1063

Interventi musicoterapeutici nei confronti dell’autismo sono trattati negli atti dello specifico
convegno:

-Lorenzetti L.M. (a cura di) (1983), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi
Si evidenziano inoltre i seguenti contributi:

-Agresta F. (1983), Considerazioni sull’evoluzione di un caso di autismo infantile trattato con


musicoterapia e inserito in classe normale, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili
e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.169-183

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.35, 46, 57

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), capitolo 8

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma (ed. orig. 1978),
soprattutto le pp.9-10, 12-13, 16, 20-21, 26-28, 33-34, 39-40, 42-43, 56-57, 59-60, 65, 74-76, 81,
101, 108-109, 123

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.99, 123

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.69, 94-95, 141-149, 151-166

-Bianchi G. e Clerici Bagozzi A. (1984), Crescere con la musica. Esperienze cognitive e


terapeutiche vissute in classe attraverso il linguaggio dei suoni, il movimento, il simbolo e il
sonema, Franco Angeli, Milano, p.50

-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.103-104, 106-107, 110-112, 118)

-Buffoli G. (1982), Aspetti della musicoterapia in relazione ai problemi della cura delle psicosi
infantili, in Piatti M. (a cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.59-76

-Buffoli G. (1983), La problematica del rapporto uomo-suono nella psicoterapia delle psicosi
infantili, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.145-162 (vedi pp.147-148, 154, 160)

-Buffoli G. (1984), Autismo, musicoterapia, psicoterapia, Psichiatria dell'Infanzia e


dell'Adolescenza, 51 (3), p.343

-Buffoli G., Campanile P. e Montagner P. (1977), Esperienze in alcuni casi di autismo infantile
precoce, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi,
pp.143-152

-Bunt L. (1983), Musicoterapia in Gran Bretagna con bambini con problemi di comunicazione, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.
129-136

-Cardon A., L'esperienza sensoriale-snora nel bambino autistico, in Mutti G. (a cura di),
Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.339-341
-Chiriacopol E. (1983), Un’esperienza francese, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.137-144 (vedi pp.143-144)

-Ginevra S. (1977), Esperienza con un gruppo di handicappati gravi, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.216-228

-Guaraldi G.P. (1977), Situazione della musicoterapia in Italia, in Autori Vari, La musicoterapia in
Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.11-24 (vedi p.22)

-Lecourt E. (1988), Si può parlare di un autismo musicale? Riflessioni sul tema con riferimento alle
ricerche sull’autismo di F.Tustin, D.Meltzer, H.Searles, Rivista di Musicoterapia, 3 (5), pp.9-16

-Lorenzetti L.M. e Boccardi G. (1983), Il bambino "nì", in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo,
psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp. 163-168 (vedi p.165)

-Nordoff P. e Robbins C. (1982), Musicoterapia per bambini handicappati, Franco Angeli, Milano
(ed. orig. 1965), pp.23, 27, 61, 70-71, 76, 98-109

-Orff G. (1982), Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella,
Assisi (ed. orig. 1974), pp. 43, 51-52, 113

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.94-97

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, pp.150, 175-177

-Warwick A. (1988), La musica come mezzo interattivo per il bambino autistico, in Mutti G. (a cura
di), Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.391-393

-Zucchini G.L. (1975), Attività di gioco, creatività, terapia musicale, La Scuola, Brescia, pp.44-45

-Zucchini G.L. (1975), Il bambino autistico e la musica, Didattica Integrativa, 9, pp.31-32

-Zucchini G.L. (1977), Indagine pedagogica della musicoterapia per l’integrazione del "diverso", in
Autori Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.25-38 (vedi
pp.36, 38)

Casi di disadattatamento trattati con il concorso della musicoterapia sono descritti in:

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.46-47, 49-50, 53

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), pp.157-159 e il capitolo
7

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), p.41

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.132-134, 138-139

-Rossi Pritoni L. (1977), Dall'educazione musicale alla musicoterapia, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.153-160 (vedi pp.155-160)
-Zucchini G.L. (1974), Funzione terapeutica della musica in bambini perturbati nel carattere,
Didattica Integrativa, 8, pp.20-21 e 24-25

L’impiego della musicoterapia in relazione a problematiche della terza età è preso in considerazione
negli atti di un apposito convegno:

-Lorenzetti L.M. e Piatti M. (a cura di) (1984), Musica, adulti, terza età. Quaderni di musica
applicata n.6, Pro Civitate Christiana, Assisi

E nei seguenti contributi:

-Alexander D. (1988), L’utilizzazine della ritmica nello sviluppo motorio dei soggetti affetti da
morbo di Parkinson, in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino,
pp.139-143

-Antonietti A., Andreoni G. e Trecate F. (1990), Significato della musicoterapia in geriatria, La


Rivista del Medico Pratico-Gerontologia, 10 (n.332), pp.29-31

-Antonietti A. e Stramba-Badiale P. (1987), L’anziano e i suoni. Gli obiettivi della musicoterapia in


geriatria, Acta Gerontologica, 37 (2-3), pp.156-161

-Lorenzetti L.M. (1981), Problemi e aspetti introduttivi della musicoterapia, in Autori Vari, Musica
e terapia, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.27-51 (vedi pp.44-48)

-Lorenzetti L.M. (1984), Aspetti e problemi della musicoterapia nell'adulto e nella terza età, in
Lorenzetti L.M. e Piatti M. (a cura di), Musica, adulti, terza età, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.9-23

-Mauro L. (1984), Musica attiva per adulti e terza età, in Lorenzetti L.M. e Piatti M. (a cura di),
Musica, adulti, terza età, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.187-190

-Odell E. (1984), Esperienze di musicoterapia con gli anziani, in Lorenzetti L.M. e Piatti M. (a cura
di), Musica, adulti, terza età, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.163-177

-Postacchini P.L. (1984), Psicologia della musica e musicoterapia nel paziente geriatrico, in
Lorenzetti L.M. e Piatti M. (a cura di), Musica, adulti, terza età, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.93-112

-Rasano C. (1977), Musicoterapia teorica e pratica, Giunti Barbera, Firenze, pp.142-148

-Streito B. (1984), La coralità nel mondo degli adulti e della terza età, in Lorenzetti L.M. e Piatti M.
(a cura di), Musica, adulti, terza età, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.191-195

-Valseschini S. (1983), Psicologia della musica e musicoterapia, Armando, Roma, p.150


Per alcune considerazioni a riguardo delle possibili "controindicazioni" per il ricorso alla musica
nell'ambito di interventi terapeutici sono svolte in:

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.48-49, 121-122

-Anello A. e Venturini R. (1981), Musica: terapia e autorealizzazione, Bulzoni, Roma, pp.58-59

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.102-105, 107-118

-Cesa-Bianchi M. (1977), Prospettive e funzione della psicologia nella musicoterapia, in Autori


Vari, La musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.39-55 (vedi pp.40-44)

Infine il riferimento alla musicoterapia nell’ambito degli interventi a scopo preventivo si leggano gli
atti del Convegno:

-Rossi Pritoni L. (a cura di ) (1995), La musicoterapia applicata. Atti del II Convegno Europeo di
musicoterapia C.E.F.I.G.-A ntoniano (Bologna, 29-30 Aprile 1994), Edizioni del Cerro, Pisa, pp.31-
46

Inoltre si leggano:

-Autori Vari (1983), Musica ed handicap, Provincia Autonoma di Trento, Trento, p.25

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, p.14

-Giordanella Perilli G. (1986), Prevenzione dei disturbi nell’espressione verbale mediante tecniche
psicomotorie e musicoterpiche, Rivista di Musicoterapia, 1 (1), pp.51-57

-Guaraldi G.P. (1977), Situazione della musicoterapia in Italia, in Autori Vari, La musicoterapia in
Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.11-24 (vedi p.14)

-Lorenzetti L.M. (1977), Istituzione scolastica e istituzione psichiatrica, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp. 98-107 (vedi pp.101-102)

-Lorenzetti L.M. (1977), Orientamenti preventivi nella musicoterapia, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.93-97

-Lorenzetti L.M. (1981), Problemi e aspetti introduttivi della musicoterapia, in Autori Vari, Musica
e terapia, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.27-51 (vedi pp.40-42)

-Lorenzetti L.M. (1982), Distinzione tra musicoterapia ed educazione msicale, in Piatti M. (a cura
di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.11-28 (vedi pp.20-
21)
-Lorenzetti L.M. (1985), Il suono nell’unità mente-corpo: funzioni preventive in ambito
psicomotorio e nel ritardo mentale, in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica,
Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.45-76

-Lorenzetti L. M. (1986), Il bambino e la musica. Prevenzione, Riabilitazione e Terapia, Rivista di


Musicoterapia, 1 (n.2), pp.82-84

-Lorenzetti L.M. (1989), Dall'educazione musicale alla musicoterapia, Zanibon, Padova, pp.40, 80,
86-88, 111-112

-Streito B. (1987), Lo strumento voce: una prospettiva nella prevenzione primaria, in Lorenzetti
L.M. (a cura di), Musicoterapia e strutture socio-sanitarie di territorio, Educazione e Scuola,
Ancona, pp.83-90

-Torboli L. (1985), Relazione sul metodo Orff: prevenzione e terapia di disturbi dell’apprendimento,
in Piatti M. (a cura di), Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.211-218

11. DESCRIZIONE DI INTERVENTI A CARATTERE MUSICOTERAPEUTICO

A chi fosse interessato alla lettura di resoconti di interventi di musicoterapia e di casi clinici trattati
attraverso la musicoterapia si segnalano gli atti del Convegno:

-Rossi Pritoni L. (a cura di ) (1995), La musicoterapia applicata. Atti del II Convegno Europeo di
musicoterapia C.E.F.I.G.-A ntoniano (Bologna, 29-30 Aprile 1994), Edizioni del Cerro, Pisa, pp.21-
29, 57-59, 75-80, 111-124

Inoltre si leggano:

-Agresta F. (1983), Considerazioni sull'evoluzione di un caso di autismo infantile trattato con


musicoterapia e inserito in classe normale, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili
e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.169-183

-Agresta F. (1984), Musica e psicoterapia. Riflessioni ed esperienze, Marino Solfanelli, Chieti,


pp.38-41, 44-49, 59-61, 77-86

-Alvin J. (1968), La musica come terapia, Armando, Roma (ed. orig. 1965), pp.11-14

-Alvin J. (1981), La terapia musicale per il ragazzo autistico, Armando, Roma (ed. orig. 1978),
pp.39-72, 76-113

-Alvin J. (1981), Terapia musicale, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.93, 104-106, 121-131

-Antonietti A. e Lazzati P. (1995), La musicoterapia per gli anziani, in Lanzetti C. e Marchetti A. (a


cura di), L’animazione nelle case di riposo, Franco Angeli, Milano, pp.77-91

-Benenzon R. (1983), Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, pp.31-35, 38-40, 74-78, 95-96, 149,
161-166

-Boxill E. H. (1991), La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino, pp.33-37, 110-116,
158-218
-Bonelli A. (1976), Il caso di Carla, in Zucchini G.L., Animazione musicale e disadattamento,
Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.115-131

-Brauner A. e Brauner F. (1983), Mezzi musicali nella terapia con bambini handicappati mentali, in
Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi,
pp.101-128 (vedi pp.103-106, 112-113, 117)

-Bright R. (1988), La musicoterapia nel trattamento psicoterapetico, in Mutti G. (a cura di),


Musicoterapia: realtà e futuro, Omega, Torino, pp.243-244

-Buffoli G. (1982), Aspetti della musicoterapia in relazione ai problemi della cura delle psicosi
infantili, in Piatti M. (a cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana,
Assisi, pp.59-76 (vedi pp.67-71 e 72-75)

-Bunt C. (1985), Due anni di musicoterapia con Matteo, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Nevrosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.169-173

-Cavallini C., Postacchini P.L. e Barbieri M.C. (1987), Esperienze di musicoterapia in Emilia
Romagna, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Suono e comunicazione, Unicopli, Milano, pp.121-123

-Chiriacopol E. (1983), Un'esperienza francese, in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo, psicosi
infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.137-144

-Cremaschi Trovesi G. (1983), Esperienza di musica con bambini psicotici, in Lorenzetti L.M. (a
cura di), Autismo, psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.193-203

-Cremaschi Trovesi G. (1986), Un’esperienza di terapia con i suoni, Rivista di Musicoterapia, 1 (1),
pp.45-50

-De Angeli N. (1977), La Lyra-Nova e le sue esperienze, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia:
problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.183-193

-De Angeli N. (1978), Considerazioni in musicoterapia, Patron, Bologna, pp.67-73

-Gindro S. (1977), Il gruppo di musicoterapia nell’ospedale psichiatrico di Roma, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.177-182

-Ginevra S. (1977), Esperienza con un gruppo di handicappati gravi, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.216-228 (vedi pp.224-228)

-Guilhot J., Guilhot A.M., Jost J. e Lecourt E. (1974), La musicoterapia associata ad altre tecniche
terapeutiche, Guaraldi, Rimini-Firenze, pp.120-123, 160-168

-Hirsch T. (1967), Musica e rieducazione, Armando, Roma (ed. orig. 1966), pp.18-20, 25, 27-28,
35-38, 49-53, 61, 65-68, 72-77, 88, 91-94, 97, 103-106

-Landi Pereira L. (1982), La musicoterapia: espressione personale e comunicazione, in Piatti M. (a


cura di), Educazione musicale o musicoterapia?, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp. 93-97 (vedi
pp.96-97)
-Lorenzetti L.M. e Boccardi G. (1983), Il bambino "nì", in Lorenzetti L.M. (a cura di), Autismo,
psicosi infantili e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp. 163-168

-Lorenzetti L.M. e Boccardi G. (1985), Un'attività sperimentale di musicoterapia presso la scuola


G.Negri di Milano, in Piatti M. (a cura di), Disturbi del linguaggio e musica, Pro Civitate
Christiana, Assisi, pp.133-147

-Kehlen U. (1983), Esperienze di musicoterapia con soggetti portatori di handicap, Bequadro, 3 (11-
12), pp.28-30

-Keller W. (1982), Alcune esperienze di Msikalische-sozial-heilpaedagogie effettuate da operatori


dell’Orff Institut di Salisburgo, in Rossi Pritoni L. (a cura di), La formazione del musicoterapista,
Ponte Nuovo, Bologna, pp.9-16

-Lund G. (1988), Musicoterapia individuale, in Mutti G. (a cura di), La musicoterapia: realtà e


futuro, Omega, Torino, pp.267-270

-Marchesi V. (1977), Esperienze di inserimento di bambini handicappati, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.161-167

-Mauro L. (1985), Esperienze di musicoterapia con bambini disturbati, in Piatti M. (a cura di),
Disturbi dell'apprendimento e musica, Pro Civitate Christiana, Assisi, pp.205-210

-Mayr A. (1977), Interventi di musicisti nell’ospedale psichiatrico di Volterra, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.209-215 (vedi pp.213-214)

-Munoz F. (1977), La comunicazione sonoro-affettiva fra il bambino e l'ambiente, in Autori Vari, La


musicoterapia in Italia: problemi e prospettive, Cittadella, Assisi, pp.119-142 (vedi pp.138-142)

-Niccoli F. (1987), Uso di tecniche musicoterapeutiche in una scuola per handicappati gravissimi, in
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