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Premessa

Linteresse per laffascinante ed ancora per molti versi inesplorato settore della
neuromusicologia, disciplina che correla la ricerca scientifica sulla musica a quella sul sistema
nervoso umano ed in particolare sul cervello, ha orientato i miei studi verso
lapprofondimento di tali tematiche tanto da farne loggetto di questa tesi.
Il lavoro che mi accingo a presentare non si sarebbe potuto realizzare senza la recente
collaborazione tra il Conservatorio di Musica di cui mi onoro di far parte e il Dipartimento di
Scienze Neurologiche e Psichiatriche della Universit di Bari. Indiscutibile e prezioso stato
per me laiuto ed il sostegno assicuratomi dalla Prof.ssa M Mariantonietta Lamanna, docente
di Psicologia della musica e Psicoacustica nellambito del corso di Discipline Musicali ad
indirizzo Tecnologico, nonch titolare della Cattedra di Pedagogia per la Didattica della
Musica, presso il Conservatorio di Musica N. Piccinni di Bari, relatrice della mia tesi,
dalla Prof.ssa Maria Fara De Caro, ricercatrice e responsabile dellAmbulatorio di Psicologia
e Neuropsicologia Clinica, dalla Dott.ssa M.R. Barulli, Psicologa, dottoranda di ricerca in
Neuroscienze Applicate e dal Prof. Paolo Livrea Direttore del Dipartimento di Scienze
Neurologiche e Psichiatriche della Facolt di Medicina e Chirurgia-Universit Bari, Primario
illuminato e ricercatore da diversi anni nel settore della Neuroestetica. Un particolare
ringraziamento va anche ai miei colleghi di corso e agli allievi di Didattica della musica che
hanno permesso la sperimentazione che ho compiuto.
Un altro particolare ringraziamento va al Coordinatore del corso in Discipline Musicali ad
Indirizzo Tecnologico in Analisi, M Prof. Giuseppe Buzzanca, senza la cui preziosa
lungimiranza ed abnegazione non sarebbe nato questo corso che ha dato a tutti noi
lopportunit di una impagabile crescita professionale.
In questo lavoro saranno presentati gli studi che riguardano il rapporto tra musica e
cervello, in particolare di quelli condotti dai pi illustri scienziati di questo campo, come la
dott.ssa Isabelle Peretz, attiva presso - Department of Psychology, University of Montreal e il
dott. Robert Zatorre Montreal Neurological Institute, McGill University, entrambi anche
musicisti, considerati delle autorit nel settore della neurobiologia ed altri scienziati impegnati
sullo stesso versante della ricerca neuropsicomusicologica.
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Nella seconda parte sar descritta la ricerca sperimentale a carattere psicologico mediante
la quale sono state analizzate e valutate le differenti specializzazioni funzionali relative alle
capacit intellettive globali, con particolare attenzione alle componenti verbali e percettive
dellattenzione e della memoria In questi ultimi anni, le neuroscienze stanno cambiando la
musica e la musica sta cambiando le neuroscienze, entrando nei laboratori e nelle stanze della
ricerca. Oggi, diventa oggetto di sperimentazione proprio il rilassante sottofondo musicale,
che i ricercatori ascoltano di sfuggita mentre sono alle prese con un esperimento; il disegno
sperimentale ora consiste proprio nello spiegare perch quel sottofondo cos rilassante. O,
pi in generale, capire perch noi uomini produciamo e amiamo la musica, che tanto
gradevole ma sembrerebbe non servire assolutamente a niente di concreto. Una ulteriore
modalit di indagine sar rivolta ai fondamenti biologici della musica. Essa di rado studiata
da questa prospettiva e questo lavoro potr essere un contributo alla comprensione di
paradigmi cos apparentemente distanti: genetica, ricerca di sviluppo e comparativa,
neuroscienze e musicologia.
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Capitolo 1
Musica e ricerca neuropsicologica
Lo studio della percezione musicale, fino agli anni 80 appannaggio esclusivo dei
musicologi o di qualche psicologo un po' originale, ha riscosso nei decenni successivi un
crescente interesse; frotte di neurologi e neurofisiologi hanno scoperto nei ritmi e nelle
melodie uno strumento nuovo per capire il funzionamento del cervello, affrontando tutti i
punti nodali della ricerca: dall'evoluzione delle nostre abilit alla musicoterapia, dalle ricerche
sulle emozioni a quelle sulle lesioni cerebrali e sulle disfunzioni dell'ascolto.
Proprio queste ultime sono le pi utili per capire come e dove il nostro cervello ascolta
la musica e, per esempio, se ci sono delle sovrapposizioni con i circuiti neurali del linguaggio.
Sono molto pi di semplici curiosit, basti pensare al potenziale diagnostico e terapeutico che
certe scoperte potrebbero avere.
Isabelle Peretz, docente presso il Montreal Neurological Institute della McGill University
dell'Universit di Montreal, studia da pi di venticinque anni i soggetti con amusia, quelli cio
completamente privi di abilit musicali, e ha raccolto una serie di case-studies estremamente
interessanti, ognuno dei quali, dice lei, " affascinante come una spy-story".
Ma perch considerare proprio i soggetti che hanno subito delle lesioni o che hanno dei
difetti dell'ascolto?
Perch, come in altri settori della ricerca sul cervello, poter confrontare la funzione
cerebrale di persone come gli amusici, o come i semplici stonati, con quella degli individui
"normali", oppure poter valutare che cosa un soggetto precedentemente "normale" ha perso in
seguito a una lesione in una precisa zona del cervello, d delle indicazioni impossibili da
ottenere in altri modi. Inoltre, perch la musica un'attivit esclusivamente umana e quindi
non possibile utilizzare cavie animali per studiarla.
S, perch la musica sembra davvero essere una cosa tipica di noi uomini, come il
linguaggio. E le altre specie che sembrano cantare pi o meno come noi, in realt, lo fanno
per scopi diversi, cio sostanzialmente per comunicare. Anche se possibile trovare delle
somiglianze sorprendenti tra la nostra musica e i canti delle balene o i cinguettii dei passerotti,
abbastanza evidente che non si tratta di qualcosa che abbiamo ereditato da un antenato
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comune, perch i nostri sentieri evolutivi si sono separati troppo tempo fa e tutti gli altri
animali discesi da quellentit biologica non hanno questa abilit. Dunque, per capire perch
abbiamo sviluppato tanta musicalit e se questa abbia avuto un valore adattativo per i nostri
antenati, dobbiamo percorrere a ritroso il nostro albero evolutivo, e rivolgerci ai nostri parenti
pi stretti: le scimmie. Mentre per chiarire quanta parte del nostro amore per le note sia
naturale e non dipenda invece dalla cultura, dobbiamo studiare i comportamenti dei nostri
neonati. Incrociando questi dati, possiamo ottenere la sintesi tra filogenesi (ossia il percorso
evolutivo di tutta la specie) e ontogenesi (lo sviluppo di un singolo individuo) che ci
permetter, un giorno, di capire se nata prima la musica o il linguaggio verbale e se esiste
uno scopo per cui abbiamo imparato a suonare e cantare
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.
Di sicuro, indipendentemente dal perch dei primi gorgheggi dei nostri antenati, la
musica una dispensatrice di emozioni. Pu farci rilassare, piangere, ridere, ballare e pu
anche convincerci a comprare qualcosa, sottoforma di un jingle pubblicitario che si incolla al
cervello. E le emozioni musicali sono anche emozioni collettive, ritualit antiche come
l'uomo, come i canti e balli per invocare una divinit, celebrare una nascita o un matrimonio,
accompagnare un funerale o semplicemente "fare gruppo", in un campo di cotone come allo
stadio.
Oggi i neuroscienziati stanno strutturando dei modelli per valutare precisamente la valenza
emotiva della musica e, nel futuro, la sua comprensione potr rivelarci qualcosa anche dei
processi che guidano il nostro pensiero, le nostre decisioni e le nostre scelte. Perch la musica
non solo un diletto per le orecchie, ma anche uno stimolo per il cervello. Ed sempre di
pi, come l'ha definita Robert Zatorre, docente presso il Montreal Neurological Institute della
McGill University dove dirige un laboratorio che si occupa di neuroscienze cognitive della
percezione acustica, "pane per le neuroscienze".

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Serravezza A. 1996, Musica e scienza nellet del Positivismo, Il Mulino/Ricerca, Bologna, ed i riferimenti qui
contenuti a Spencer H. (1857) The origin and function of music e a Darwin Ch. (1872) Expression of the emotions in
man and animals trad. it. Lespressione delle emozioni nelluomo e negli ominidi, Bollati Boringhieri, Torino, 1982)
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1.1 NEUROSCIENZE
Solo il 4% della popolazione mondiale davvero irrimediabilmente stonata. Ce lo rivela
Isabelle Peretz, che insieme a Robert Zatorre, ha dato vita al BRAMS (Brain, Music and
Sound Research), un centro internazionale per lo studio delle relazioni tra cervello, musica e
suoni. Entrambi sono considerati delle autorit nel settore della neurobiologia che si occupa di
disturbi del senso musicale. In particolare, Isabelle Peretz ha curato studi sullamusia -
lincapacit di riconoscere e riprodurre ritmi e/o melodie - e sulla base genetica della
percezione e dellelaborazione dellinformazione musicale. Robert Zatorre dirige un
laboratorio che si occupa di neuroscienze cognitive della percezione acustica. Le loro
ricerche, sintetizzate di recente in un articolo su Annual Review of Psychology (2006),
portano nuove prove a sostegno dellidea della musica come patrimonio genetico e non solo
culturale, della nostra specie. Lamusia non un problema funzionale dei sensi, spiega
Peretz, una condizione che riguarda esclusivamente la musica e la fonologia musicale.
Negli amusici, la prosodia, cio la pronuncia regolare delle parole relativamente allaccento e
al ritmo, rimane intatta. Studi condotti su gemelli omozigoti ed eterozigoti suggeriscono che
lamusia sia congenita e legata ad un gene recessivo, responsabile di un reale deficit della
capacit di codificare le piccole variazioni di tono tipiche delle melodie ma non del parlato,
dove le variazioni sono pi grandi e pi facilmente apprezzabili.
Osservato con tecniche di neuroimaging, il cervello degli amusici mostra un minor
addensamento in un punto specifico della materia bianca (al di sotto della corteccia, costituita
da materia grigia). Quindi non si tratta di un problema nella corteccia uditiva. La capacit di
riconoscere e rielaborare suoni collegata a centri neuronali specializzati.
Il cervello musicale si pu quindi distinguere, secondo Peretz, da quella parte del cervello
deputata al linguaggio. L dove ci sono problemi cognitivi o funzioni cognitive non
sviluppate, labilit musicale pu essere ben presente e una certa competenza musicale viene
osservata spesso in soggetti con altre deficienze. Esistono, per esempio, casi emblematici di
persone con orecchio assoluto incapaci di cantare senza solfeggiare. Non per semplice
definire un centro per la musica: ci sono molte componenti legate alle capacit musicali in
parti diverse del cervello.
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Gli amusici sono insensibili alle dissonanze, ovvero non percepiscono come sbagliato un
insieme di suoni che si allontana dallaccordo comunemente accettato come consonante. A
sostegno dellipotesi di una base genetica, lamusia stata osservata anche in bambini molto
piccoli, ma la domanda se la musica sia innata ancora troppo generica e lo studio
dellinnatismo va fatto in modo accurato, afferma Peretz
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Ci sono musico-etologi che si occupano proprio di questo. Sono in corso studi finalizzati a
capire se alla base delle capacit musicali vi sia un meccanismo simile a quello ipotizzato dal
linguista Noam Chomsky per lacquisizione del linguaggio. Lapprendimento, in questo caso,
si baserebbe su un calcolo statistico di probabilit che il cervello in grado di compiere gi a
pochi mesi. Secondo tale teoria, i bambini, cos come imparano che molto probabile che la
sillaba ca sia seguita da sa, potrebbero sviluppare le loro abilit musicali in base agli
intervalli pi frequentemente ripetuti nelle melodie che ascoltano.


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Peretz I.,2006 The nature of music from a biological prospective-Cognition 100-(2006) 1-32

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