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Luciana Brandi
strutture cerebrali innate dedicate alle emozioni e ai loro mutamenti dinamici; non
pensabile che esse siano interamente apprese. Linfante2 si dimostra capace di
discriminare accento di intensit, sonorit, intervallo armonico, e qualit della
voce, oltre a schemi di temporalit (Trehub, Tainor e Unyk 1993).
Gi a sei settimane dopo la nascita il bambino/la bambina ha progredito nella
prontezza visiva, nella stabilit posturale, ed in grado di tenere gli occhi fissi in
quelli della madre quando lei si china verso di lui/lei parlando dolcemente; a sua
volta lattenzione acuita del bambino/della bambina fa s che la madre si rivolga al
figlio/alla figlia in modo pi vivace, stia attenta ai suoi mutamenti di espressione e
quindi cerchi di rispondere in modo adeguato alle manifestazioni di sentimenti che
il bambino/la bambina in grado di esprimere. Il passaggio di espressioni emotive in entrambe le direzioni instaura e regola uno stretto contatto mentale, () ed il
gioco reciproco viene a organizzarsi in una coerente esecuzione a due (Trevarthen 1998: 121) chiamata da Bateson 1979 protoconversazione, in ragione del
fatto che genera espressioni che tendono ad alternarsi, dalla mamma al bambino e
viceversa3.
Viso, apparato vocale, mani, braccia sono coinvolte in questo scambio comunicativo sintonizzato; tanto la madre quanto linfante regolano la scansione temporale, la forma e lenergia delle loro espressioni in modo da raggiungere la sincronia degli scambi comunicativi e la complementariet delle sensazioni, delle emozioni, cos da dar luogo ad una vera e propria confluenza. Si tratta di una forma di
contatto umano dinamico, che il/la bambino/a in grado di gestire emettendo vocalizzi, movendo labbra e lingua in una sorta di pre-parlato, gesticola con le mani
2 Luso di tale voce dotta non dipende da altro se non la necesit di indicare simultaneamente
entrambi i generi di chi si trova nellinfanzia.
3 Naturalmente la posizione di Trevarthen parte da un assunto sul problema dellautocoscienza
assai diverso da quello di gran parte degli psicologi contemporanei; egli trova del tutto artificiale
lidea di una intersoggettivit che inizi solo a partire dal sesto mese di vita, dunque la capacit di distinguere tra s e laltro presente ancor prima della nascita: lintersoggettivit umana e lapprendimento, considerate in stretta relazione, sono radicate nella neurobiologia evolutiva dellinfante
(Aitken e Trevarthen 1997: 655), quindi fin dalla nascita a disposizione un meccanismo - detto
Intrinsic Motive Formation (IMF) pronto ad entrare in relazione con le emozioni espresse
dalladulto in una guida mutua dello sviluppo cerebrale infantile e dellapprendimento sociale;
appunto lIMF che genera ci che stato chiamato un altro virtuale, o il bisogno organismicamente dato per un partner in quanto ogni mente ha la necessit di una persona oggetto emotiva. Parimenti le protoconversazioni dimostrano che il bambino nasce dotato di un s perfettamente adeguato, ove la distinzione tra s e laltro non si ritiene acquisita, perch nel comportamento infantile
Trevathen non vede nessun cambiamento che possa far pensare ad un successivo sorgere di autocoscienza che renda diversa la comunicazione.
Riguardo a come debba intendersi questo altro nella prima infanzia, tanto Trevarthen quanto
gli altri autori citati al riguardo lo identificano nella madre; ma ovvio che per laltro debba intendersi qualunque persona si prenda stabilmente cura del bambino / la bambina, dunque non necessariamente la madre e non necessariamente una persona di genere femminile. Potremmo parlare pi
propriamente di figura di cura, quale punto di riferimento emotivo, cognitivo e sociale per il
bambino / la bambina.
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in modo sincrono con le altre manifestazioni: le frasi sono cos associate a rotazioni del capo, a movimenti delle sopracciglia, e a brevi allontanamenti dello sguardo
dalla madre; dunque le protoconversazioni godono di caratteristiche paralinguistiche analoghe a quelle delle conversazioni adulte. Laspetto pi rilevante che madre e bambino/a sono uniti da un unico e identico ritmo, e si alternano su una battuta ogni 0.9 secondi (adagio), in cui luno ascolta i suoni emessi dallaltro rispondendo a turno in ragione delle caratteristiche prosodiche; la madre si riferisce alle
manifestazioni espressive del/la bambino/a come se parlasse davvero, e le espressioni vocali pi lunghe emesse dallinfante durano due o tre secondi cio lequivalente del tempo impiegato da un adulto per produrre una breve frase. Le analisi
compiute sulla scansione temporale dei cambiamenti del contatto madre-bambino/a mostrano che lo scambio comunicativo controllato da entrambi, sulla base
di dinamiche corrispondenti e transizioni simili tra gli stati danimo e le espressioni. Pertanto, possiamo concludere che le protoconversazioni sono in grado di innescare sistemi coordinati nei due individui coinvolti nello scambio comunicativo;
essi trovano sfogo espressivo attraverso il movimento simultaneo di diversi organi,
e cos generano un contatto, una sorta di regolazione reciproca che ha leffetto
ulteriore di intensificare gli stati motivazionali centrali.
La musicalit , secondo Trevarthen 1999, alla base del comportamento motorio umano, identifica limpulso ritmico a vivere, muoversi e comunicare con un
altro da s, attraverso la condivisione di ritmo, forme melodiche e armonia. In generale il movimento ha funzioni intersoggettive nelle specie sociali, in quanto pu
anticipare o regolare il comportamento dellaltro, e proprio nei processi di anticipazione percettiva del cervello ha origine la necessit bio-meccanica (come sosteneva Bernstein 1967) del ritmo, del valore ritmico dei movimenti, ma non solo,
esso anche radicato in un contesto in cui fondamentale la relazione simpatetica
con i movimenti di un altro da s. Se parliamo delle prime vocalizzazioni dellinfante nello scambio comunicativo che intrattiene con la madre (o madre di cura),
ci rendiamo conto che tali vocalizzazioni sono tessute sulla musicalit identificante i processi che connettono in un duettare emozionale madre e infante: ritmo e
melodia legano due esseri umani in una attivit motoria che simultaneamente
fenomeno inter-mentale e inter-soggettivo, ove il significato eminentemente la
condivisione emotiva di una esperienza sociale. Alla base della musicalit si trovano caratteristiche quali la temporalizzazione, lespressione di emozioni e lempatia intersoggettiva: sono questi i segni, secondo Trevarthen (1999: 174), che
spingono in modo innato ogni infante a cercare un partner e a coordinare il limitato repertorio dei propri movimenti alla musicalit delle espressioni materne, fatte
non solo di suono ma di sollecitazioni sensoriali multimodali: gli tocca le mani, la
faccia, il corpo con cura ritmata, e tiene linfante stretto a s cosicch essi possono
condividere lattenzione e gioire luno dellaltro. Il suo parlato una specie di
canto fatto di passaggi di accento e di ripetizione di espressioni vocali che spin-
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gono il bambino a rispondere con sorrisi, gesti, movimenti delle mani e del corpo,
e con il tipico tubare della voce4.
I dati empirici relativi alla osservazione dello scambio comunicativo tra madre
e infante entro le 6 settimane di vita (Jasnow e Feldstein 1986; Malloch 1999) mostrano che ciascun enunciato dellinfante, fatto di vocalizzazioni, movimenti delle
labbra e della lingua, movimenti delle mani, dura circa 2 o 3 secondi, giusto il
tempo per un adulto di emettere un sintagma o una frase breve; le fonazioni individuali dellinfante durano circa 0.75 secondi, un tempo comparabile a quello di
una sillaba; lalternarsi dei turni procede da una battuta ogni 900 millisecondi a
circa sei settimane di vita, per accelerare a una battuta in 700 millisecondi a circa
due mesi. Malloch 1999, in particolare, ha esaminato anche mediante analisi spettrografica la produzione vocale di infanti individuando alcune componenti cruciali
della musicalit: pulsazione, qualit e narrativit. La pulsazione, in quanto successione regolare di eventi espressivi nel tempo, evidenzia che a due mesi di et,
lunit di tempo che divide naturalmente le emissioni vocali di madre e figlio/a
un intervallo di 0.68 secondi, e lunit comunicativa di respiro, oltre la quale compare un breve spazio di silenzio, data da tre di queste unit che costituiscono un
intervallo pi ampio di 2.93 secondi. Tale misura temporale si riconferma presente
in diverse protoconversazioni esaminate, e costituisce dunque il ritmo, lintervallo temporale regolare che serve a coordinare le vocalizzazioni tra madre e bambino/a. La qualit la dimensione su cui si misurano sia laltezza delle vocalizzazioni che il loro timbro; da un lato vengono evidenziati i contorni melodici dati dal
tracciato degli accenti di intensit formati da cicli regolari di 20-25 secondi da
parte della madre e dallinserimento su questo tracciato delle vocalizzazioni
dellinfante con propri picchi accentuali che cercano di riprodurre landamento
materno, dallaltro lato il timbro (v. anche Malloch 2000) viene descritto mediante
una variet di misure acustiche quali il valore di acutezza, intensit, durezza e altezza, cos vengono calcolate le armoniche alta e media ed individuati i mutamenti
nella qualit della voce della madre dopo ogni vocalizzazione da parte dellinfante,
mutamenti che paiono volti a segnalare che la vocalizzazione da parte dellinfante
stata udita e a rendere la voce materna pi armonica possibile con quella del
bambino/ della bambina. La narrativit combina le due caratteristiche precedenti,
consentendo cos ai due attori della proto-conversazione di creare e dividere emozione ed esperienza con laltro, di formare significato attraverso il reciproco coordinarsi dellattivit vocale e gestuale. Esaminando il modo in cui linfante si pone
nella percezione di cantilene, ninne nanne, filastrocche, stata notata (Merker
1999) la comparsa di un forte senso dello spazio accentuale che le rispettive voca4 Anche Ellen Dissanayake 2000: 394 ritiene che le interazioni madre-bambino/a siano composte di elementi che sono letteralmente, e non metaforicamente, musicali, interazioni comunicative
ritmiche, modellate temporalmente, e mantenute congiuntamente. Probabilmente gli enunciati materni sono percepiti dal bambino/a come combinazioni di suoni le cui caratteristiche e relazioni salienti sono musicali e non ancora propriamente linguistiche.
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lizzazioni coprono, nel senso che il bambino/la bambina fin dallet di 4 mesi si
dimostrano capaci di prendere parte attiva ad un gioco musicale con laltro, inserendosi nella struttura musicalmente. per questa via che si sviluppa la capacit di
sincronizzare il proprio movimento vocale e corporeo con quello dellaltro, di
partecipare ad uno scambio comunicativo in cui la riproduzione ripetuta delle
stesse dimensioni costituisce la trama su cui il/la bambino/a forma la propria capacit linguistica. Il linguaggio, nel suo primo presentarsi come ritmo e melodia, nel
suo essere preliminarmente soprattutto musicalit, si trova ad essere come incarnato negli stessi movimenti corporei, gestuali, che accompagnano lenunciazione
verbale tanto della madre quanto del bambino/della bambina. Si tratta, per Trevarthen 2001; Aitken e Trevarthen 1997, di trovare nellimpulso innato a cercare
unaltra mente con cui connettersi in un rapporto empatico, nella cooperazione con
laltro da s, nelle emozioni, la chiave per dotare di significato il mondo, e dentro
il mondo di attribuire significato ad un simbolico che pu svilupparsi come
linguaggio e come pensiero a partire da quella narrativit che, ai suoi primordi
ontogenetici, dotata di una semantica emozionale prima che referenziale. La musicalit, dunque, con il suo riproporre ripetitivamente le stesse sequenze temporalizzate di ritmo e melodia, spinge linfante sullonda dellemozione a quei giochi
verbali che sono lanticamera del linguaggio, imitazione di una sonorit adulta che
si presta e si piega ad opportune manipolazioni, per divenire tramite naturale verso
il linguaggio parlato.
Se parliamo di protoconversazioni assumiamo ovviamente che esista una sorta
di motherese intuitivo, cio un linguaggio col quale le madri si rivolgono spontaneamente al bambino in modo da facilitare il sostegno emotivo che il bambino
cerca. Si osserva che le tonalit vocali, landamento melodico, il tempo, la metrica
e la ripetitivit risultano comuni a linguaggi e culture molto diversi fra loro; ad
esempio madri cinesi e americane parlano secondo lo stesso modello di linguaggio
infantile, nonostante che il cinese e non linglese sia una lingua tonale; un numero
limitato di contorni melodici sono prodotti molte volte con differente contenuto
lessicale. In genere, le espressioni linguistiche sono molto brevi, ripetitive, con
intonazione ritmica e tono oscillante: infatti la periodicit un fattore fondamentale nel motherese; la madre articola brevi espressioni di circa mezzo secondo ogni
0,75 secondi (adagio) facendo una pausa su battute alterne; il piccolo riprende il
ritmo e a sua volta emette unespressione inserendosi nella pausa della madre.
Cos avviene il darsi il turno; via via che il bambino cresce, la gamma dei tratti
prosodici nel parlato della madre si arricchisce (in genere dopo il terzo mese); di
fatto le variazioni di tono generate dalla madre servono a segnalare i cambiamenti
del proprio contatto emotivo e lempatia che prova per le emozioni del bambino.
Naturalmente il rapporto empatico tra madre e bambino/a pu fallire: se certe
condizioni di accordo emotivo non vengono rispettate (volto privo di espressione
della madre, es. depressione; autismo da parte dellinfante). In generale, possiamo
rilevare che, se la comunicazione felice (in senso austiniano), nellinfante latto
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che estrapolare degli elementi globali (non analitici) senza poter seguire lordine
temporale (Buser 1999: 236). Anche nel test di Wada (uniniezione di amobarbitale nella arteria carotidea destra o sinistra che produce una inibizione temporanea
dellemisfero corrispondente) quando liniezione inibisce lemisfero destro, labilit del canto risulta assai disturbata, mentre la facolt del parlato compromessa
solo nel senso che larticolazione delle parole pi lenta e monocorde, mentre
lintonazione, la pronuncia, e labilit a partecipare ad una conversazione non ne
risentono: la memoria tonale ed il senso dello spazio melodico pare completamente scomparso, mentre il ritmo sembra meno interessato dallinibizione.
La cosa pi interessante riguardo al linguaggio il dato che lemisfero dominante il destro e non il sinistro quando le parole sono processate solo come stimoli acustici, nel senso che il percetto non il contenuto semantico del messaggio,
che ha leffetto di trasferire lelaborazione da un emisfero allaltro: Zaidel 1977 ha
mostrato che dopo commissurotomia lemisfero destro ha un vocabolario uditivo
considerevole, in quanto in grado di riconoscere comandi e di mettere in relazione parole presentate per via uditiva e la visione con rappresentazione figurativa.
Dagli esperimenti di Zaidel 1977 emerge che lemisfero destro ha difficolt ad
analizzare le categorie fonetiche, mentre la discriminazione delle vocali sembra
non costituire un problema, pertanto lemisfero destro sembrerebbe essere prevalentemente un analizzatore gestaltico di tratti acustici e non di tratti fonetici. Dagli
studi di Studdert-Kennedy e Shankweiler 1970 gi era emersa la superiorit
dellorecchio destro, e dunque dellemisfero sinistro, per sillabe formate CVC,
dunque in relazione alla combinazione consonante/vocale, mentre le vocali sono
percettivamente o bilaterali, o addirittura unilaterali sullemisfero destro: evidentemente esse vengono elaborate pi rapidamente sulla base del loro contenuto musicale. Inoltre i pazienti di Zaidel sottoposti a commissurotomia hanno un ricco
vocabolario di parole isolate a destra, corrispondente ad unet intellettuale di
circa16 anni. In generale dagli studi sullascolto dicotico emerge che i toni puri,
semplici, sembrano percepiti bilateralmente, mentre lemisfero destro mostra una
chiara preferenza per quelli complessi, producendo un incremento nellaccuratezza
dellanalisi per laccento di intensit ed un decremento per la latenza temporale;
anche se lemisfero sinistro a dominare il processing linguistico, tuttavia
lemisfero destro non completamente muto, nel senso che possiede un certo
lessico, soprattutto nomi, preferendo le parole trattate secondo lordine metrico,
pu associare parole e immagini, sillabare parole e costruire rime, categorizzare
oggetti6; nellemisfero destro sembra essere localizzato un meccanismo per riunificare la percezione dei componenti di un tono complesso in una forma unitaria
globale; infine, sembra che esista anche un meccanismo di spostamento tra i due
6 Quanto stiamo indicando va inteso come linee prevalenti, giacch vi una individuata variabilit nella plasticit cerebrale da individuo ad individuo, nel senso che in alcune persone si ha una
assoluta incapacit a gestire anche forme rudimentali di linguaggio con lemisfero destro, mentre in
altre si pu arrivare ad una vera e propria equivalenza tra destro e sinistro (Gazzaniga 2002).
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emisferi quando viene superata una certa soglia di informazione da trattare. Solo
per alcuni studiosi (Levy, Trevarthen, Sperry 1972) dal comportamento dei soggetti commissurotomizzati si poteva trarre lidea di unazione inibitoria di un emisfero sullaltro. Per studiosi come Gazzaniga 2002, la natura della differenza emisferica data soprattutto dal fatto che lemisfero destro elabora gli aspetti percettivi dello stimolo e non cerca di interpretare lesperienza cercandovi un significato,
mentre lemisfero sinistro colloca le proprie esperienze in un contesto pi ampio,
forma ipotesi, anche falsi ricordi nel tentativo di dare uno spiegazione e costruire
un significato.
Per quanto riguarda il cervelletto, studi recenti (Heck, Sultan 2002) hanno
messo in evidenza come esso intervenga non solo nella coordinazione dei movimenti fini, ma anche probabilmente nel riconoscimento delle parole, e possa assolvere a compiti almeno dello stesso livello di complessit di quelli del cervello, per
quanto si tratti di strutture molto diverse7. Probabilmente sono le limitazioni spaziali a permettere al cervelletto di eseguire le sue specifiche funzioni, quali ad
esempio il movimento fine. Il concetto fondamentale quello dellonda di flusso
quale modalit di trasmissione dei segnali attraverso le cellule: per conseguire un
movimento fine, due granuli vicini devono eccitarsi con un intervallo di tempo
esattamente uguale a quello impiegato da un segnale per propagarsi attraverso una
fibra parallela tra luna e laltra cellula; in ci vi il vantaggio che i segnali si propagano attraverso le fibre parallele ad una velocit particolarmente bassa; solo
quando molti granuli vengono stimolati in questo modo si ha la partenza di
unonda di flusso di segnali. La corteccia cerebrale da sola non pu governare con
sufficiente rapidit i movimenti istantanei, fini, automatici; ha bisogno dellaiuto
del cervelletto. Il cervelletto riconosce in pochi millisecondi complessi specifici
formati da segnali multipli che gli giungono attraverso i granuli. Solo quando i segnali sono cadenzati nel tempo in una forma determinata, pu partire unonda di
flusso. Si tratta di segnali che provengono dai diversi organi sensoriali: apparato
motorio, occhi, orecchi, sistema dellequilibrio, ma anche dal cervello. In definitiva il cervelletto rappresenta un rivelatore di sequenze per lo schema temporale di
questi complessi di segnali. Oltre alle funzioni di regolazione del movimento, il
cervelletto esegue altri compiti di grande importanza. Un esempio sono gli esercizi
di associazione verbale. Il cervelletto mostra la propria attivit non solo nel caso
della denominazione in quanto il parlato esige una complessa coordinazione mu7 Tale diversit riguarda: la disposizione dei solchi e delle pieghe (in tutte le direzioni nel cervello, solo trasversalmente allasse longitudinale del corpo nel cervelletto); lo spessore (vari millimetri per la corteccia cerebrale, alcuni decimi di millimetro nel cervelletto); la sostanza bianca (la
sostanza bianca formata da grandi prolungamenti dei neuroni, gli assoni: gli assoni nel cervello
hanno complessivamente un grande volume, e connettono regioni diverse, il cervelletto ha sostanza
bianca in quantit minore e i suoi assoni inviano segnali quasi esclusivamente ad altre parti
dellencefalo, soprattutto al cervello); il volume (la superficie del cervelletto, una volta estesa, corrisponde circa a quella di un emisfero cerebrale); il numero dei neuroni (nel cervelletto pari a cinque
volte quelli del cervello).
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tenere che J. e A.9 si trovino in due situazioni diverse, a carico dei due emisferi.
Posto che a livello di cellula neuronale abbiamo cellule che trasportano le stesse
differenti informazioni, solo che poi le differenti informazioni prendono la via di
stazioni cerebrali diverse e specifiche (Kandel), allora riguardo al processing
dellinput linguistico possiamo pensare che in J. linformazione relativa alla durata
prende la via dellemisfero sinistro che, se pure forse parzialmente o deficitariamente accessibile, tuttavia inibisce laccesso allemisfero destro dellinformazione
pertinente; dunque J. riceve materiale in modo similare a come lo riceverebbe un
bambino qualsiasi, solo che non si trova nelle condizioni cerebrali di processare
compitamente linput che riceve e di conseguenza di avere uno sviluppo del linguaggio secondo tempi e modi normali. In A., invece, probabilmente si ha
unazione inibitoria del destro sul sinistro che quindi non riceve il materiale relativo a tempo e durata; solo lemisfero destro che si fa carico inizialmente
dellelaborazione dellinformazione linguistica, e pertanto produce vere e proprie
formule globali che vivono eminentemente per via melodica ma risultano consistentemente associate a oggetti individui ed eventi. Forse successivamente, quando
A. comincia a destrutturate la frase intera in pezzi se pur globali ma meno estesi,
forse allora pu avvenire una riorganizzazione che coinvolga maggiormente
lemisfero sinistro.
3. Musilingua: nel profondo passato della specie
Da tempo emerso un interesse reciproco tra studiosi che si interrogano
sullorigine del linguaggio cercando di connettere ontogenesi e filogenesi, ed etnomusicologi10. Tanto Lieberman che Wallin, ad esempio, connettono lorigine del
sistema comunicativo umano ai sistemi dei vertebrati non umani; linterazione di
gesti e componenti vocali nei primi sistemi di comunicazione, cos come il ruolo
della madre come agente di apprendimento sociale e linterazione emotiva tra madre e bambino/a sottolineata da entrambi gli studiosi. Nondimeno vi sono delle
differenze, in primo luogo hanno a che fare con la classificazione dei sistemi primitivi di comunicazione tra gli ominidi: Lieberman ritiene che essi rappresentino
preadattamenti motori, neurali e articolatori al linguaggio, mentre Wallin sostiene
che tali sistemi vanno indietro nel tempo fino ad un sistema aperto, autonomo, che
ad un certo punto della storia evolutiva biforc in due correnti principali, una il
le azioni consce. Ma la neocorteccia non pu produrre immagini, se non sono integre e cooperanti le
parti pi antiche, sotterranee, del nostro cervello (ipotalamo, midollo allungato) (Damasio 1995:
167). Per LeDoux 2002: 93 si tratta dei geni omeotici, che producendo delle proteine controllano la
disposizione delle cellule nuerali: lautismo potrebbe essere dovuto ad una mutazione di geni omeotici che produce unorganizzazione ed una interconnessione cerebrale difettose.
9 Ricordiamo la principale differenza nel disturbo del linguaggio tra i due casi, entrambi
dellet di 9 anni circa: J. produce sillabe, sequenze di sillabe e qualche parola; A. produce frasi ben
formate di tipo stereotipato anche di una certa complessit.
10 Ringrazio Maurizio Agamennone per le sollecitazioni datemi relativamente a questo campo
di sapere.
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rali oltre una certa complessit, trovare nel profondo passato cerebrale13 il nostro
sistema limbico la chiave di accesso a forme di elaborazione pi specializzate.
Non a caso lidea principale da cui parte anche Richman 2000 che il ritmo e
la melodia sono le propriet fondamentali nelle produzioni vocali fin da quelle
delle scimmie (fa specifico riferimento alle vocalizzazioni dei gelada), dove la variabilit interna si gioca sui dettagli relativi a tempo, ritmo, intervalli musicali, e
tipi di sillabe. La differenza fondamentale tra le vocalizzazioni dei gelada e quelle
umane che nei gelada non troviamo formule, cio ripetizioni della stessa esatta
successione di caratteristiche vocali di una certa estensione, tuttal pi sono in
grado di ripetere successioni di tre sillabe al massimo. Richman ritiene che la ripetizione formulaica sia una propriet fondamentale per spiegare origine a natura
del linguaggio umano. Tali formule derivano dalla capacit di raggruppare sequenze di suoni in modo che esse diventino proprio appiccicate insieme e dotate
di un significato su una base ben precisa: laspettativa di regolarit basata sulla
ripetizione e su di una battuta regolare; cio, su quelle che sono essenzialmente
dimensioni musicali (Richman 2000: 303). Allinizio, si trattava del bisogno di
avere ripetizioni costanti in quanto ci consentiva la riconoscibilit delle sequenze
udite, di conseguenza si creavano interazioni fondate sulla sincronia ritmica che
diveniva, pertanto, interattiva consentendo cos di predire e comprendere le mosse
comunicative degli altri. La crescita del bagaglio di formule comunicabili si fond,
sempre secondo Richman, sulla capacit di combinare fra loro parti di formule o
formule intere, che rimanevano sempre olistiche dal punto di vista percettivo e incastonate in una memoria limbico-emotiva, necessaria per il radicarsi di eventi e
scene emotivamente salienti lasciando perdere tutto ci che non importante.
interessante notare, inoltre, che immaginare la musica o ascoltarla realmente sembrano attivare gli stessi substrati neurologici, ed in particolare il putamen, che
attivato a sinistra, potrebbe essere coinvolto nel timing della musica immaginata.
Inoltre, la corteccia prefrontale, che come sappiamo importante per mantenere in
linea linformazione durante lesecuzione di compiti orientati su uno scopo, viene
attivata nellemisfero destro per discriminazioni di accento di intensit sia nel
parlato che nella musica (Falk 2000). Ricordando le vecchie suggestioni di Jaynes
1976, potremmo pensare che lattivit cerebrale connessa allimmaginare musica
possa essere concepita come sottostante alla ripetizione cerebrale della voce materna da parte dellinfante (qualcosa come lecheggiare della voce degli dei alla
base del cervello bicamerale di Jaynes). Potrebbe essere proprio questo supporto di
ripetitivit in absentia a consentire il fissarsi di schemi musilinguistici nella
mente del bambino.
La ripetitivit di sequenze ritmico-melodiche, dunque, sembra essere la chiave
di lettura per connettere filogenesi e ontogenesi, nella misura in cui il riarrangiamento funzionale del cervello che avviene in linea evolutiva porta a ri-organizzare
le potenziali memorie dettagliate di specifiche sequenze sonore di parole, fatte di
13 Cfr. anche quanto descritto in Brandi 1998.
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cedente, J. mostra gli svantaggi di avere ancora a parziale disposizione, a differenza di A., le stazioni dellemisfero sinistro per tempo e durata; il riconoscimento
disturbato, il gesto articolatorio stenta a precisarsi, e J. sorprendentemente da
tempo scruta incessantemente il suo volto riflesso nello specchio per scoprire dai
movimenti della sua bocca i segreti del linguaggio. come se J. fosse potenzialmente in grado di dar luogo ad una riorganizzazione cerebrale oltre la semplice riproduzione formulaica di strutture melodico-ritmiche, ma la parziale e disturbata
maturazione neurologica dei sistemi implicati gli impedisse di farlo, deprivandolo
nello stesso tempo della possibilit di avere un linguaggio interamente a destra.
4. Verso il linguaggio
Se guardiamo al meccanismo della percezione dei segnali sonori a livello del
sistema uditivo, le oscillazioni della pressione sonora mettono in moto il timpano e
da l si trasmettono alla membrana basilare che disposta allinterno della coclea
per tutta la sua lunghezza. Tale membrana si deforma presentando un massimo in
posizione differente a seconda della frequenza del suono. Lungo la membrana basilare corrono precise terminazioni nervose, le cellule ciliate, che danno luogo ad
un segnale quando vengono stimolate dal moto della membrana. Sono tali cellule a
permettere al cervello di discriminare le frequenze del suono traducendo il dato
frequenza in un dato posizione. Nel caso di suoni complessi, come ad esempio
il suono linguistico, la membrana basilare presenta pi punti di massimo, a seconda dei contenuti di parziali dei suoni stessi. Dunque lanalisi iniziale tanto di toni
puri che di toni complessi viene fatta a livello della membrana basilare, e tale risultato viene trasmesso ai rel uditivi del cervello. I collegamenti verso i giri di
Heschl nel lobo temporale sono di natura crociata, ma esistono anche connessioni
ipsilaterali da un orecchio al giro dello stesso lato, connessioni che sono certo pi
deboli di quelle controlaterali. La prima stazione costituita dai neuroni del nucleo
cocleale: rispondono alcuni a basse e medie, altri ad alte frequenze, alcuni si specializzano nel riprodurre stimoli ripetitivi a bassa frequenza, altri a rispondere a
suoni come le vocali. La stazione successiva costituita dai nuclei olivari, che
rappresentano il luogo ove i percorsi che vengono da ciascun orecchio si incrociano, quindi mescolando linformazione; di fatto i nucleri olivari che si dispongono da entrambi i lati della linea mediana sono tonotopicamente organizzati: qui il
flusso dellinformazione neurale viene progressivamente differenziato e aspetti e
qualit dello stimolo vengono separate, enfatizzate o soppresse. In particolare il
nucleo olivare laterale superiore d linformazione sulla localizzazione del suono
relativamente allalta frequenza, mentre il nucleo mediale superiore lo fa relativamente alle differenze di fase interaurali fra stimoli a bassa frequenza, cio combina
unanalisi temporale con unanalisi di posizione.
Partendo dalla considerazione delle unit del parlato, quali fonemi o tratti,
come categorie, lidentificazione fonemica o fonetica essenzialmente un processo di categorizzazione che deve superare uno scoglio fondamentale, la mancanza
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di invarianza che caratterizza londa sonora dal punto di vista fisico-acustico. Pertanto, si tratta di vedere quale ipotesi pu rendere conto del fatto che lapprendente
diviene capace di trattare come equivalenti e dunque appartenenti allo stesso insieme categoriale collezioni di caratteristiche che presentano variazioni rispettive.
Naturalmente i tratti distintivi sono una rappresentazione astratta dei gesti articolatori: il tratto vocale non si sposta istantaneamente da una posizione allaltra, ed il
parlato continua ad essere prodotto mentre il tratto vocale si trova tra le posizioni
bersaglio. Questo ha il noto effetto di propagare loutput associato con un particolare tratto in un particolare fonema oltre il tempo. In ragione della coarticolazione,
ad es., le differenze di VOT sono molto meno marcate per le occlusive intervocaliche in finale di sillaba, che in occlusive ad inizio di sillaba, ed influiscono anche
altre caratteristiche acustiche quali la durata della vocale precedente. Quindi il
problema se lidentificazione delle caratteristiche fonetiche e dei fonemi basata
su questi elementi contestualmente varianti o se invece ci sono caratteristiche acustiche invarianti che sono usate nellidentificazione dei suoni individuali14.
indubbio che per un approccio di tipo innatista, il problema si risolve nei
termini di una dotazione genetica innata, che fa s che ciascun modulo o processore relativi ai diversi componenti del linguaggio possegga i contenuti mentali che
lo rendono capace di applicarsi immediatamente in modo analitico allinput che riceve. Basti vedere per semplicit Jackendoff 1998: 90, ove i processi di percezione
uditiva analizzano il segnale acustico in tre fattori separati, ma simultanei: chi sta
parlando (riconoscimento vocale), cosa il parlante sta dicendo (percezione del linguaggio), come ci viene detto (il tono di voce o lo stato emotivo del parlante); ciascuno di questi fattori identificato da un modulo distinto del cervello: il processore linguistico riguarda i segmenti linguistici, il riconoscimento vocale riguarda
la miscela di frequenze che identifica la voce di chi parla, mentre il riconoscimento emozionale riguarda le variazioni di frequenza che caratterizzano il tono di
voce.
Ma ogni volta che ci imbattiamo in un caso di autismo, ogni volta che vediamo gli occhi dolci e spauriti di J., o quelli birboni di A., scrutare il mondo per
riuscire a capire cosa tenere e cosa buttare dei suoni che percepiscono e del rumore
14 Per mezzo delle tecniche di orientamento riflesso, si dimostrato che gli infanti al di sotto
dei 6 mesi di et sono in grado di discriminare un discreto numero di indici acustici che identificano i
fonemi. Questi comprendono il tempo di attacco di sonorit (VOT) e la frequenza delle formanti relative al luogo di articolazione delle consonanti occlusive e liquide e delle vocali; non sono discriminati con altrettanta facilit invece gli indici relativi allalta frequenza delle formanti relative al luogo
di articolazione delle fricative. Inoltre linfante sembra anche pi propenso a guardare pi spesso
limmagine del volto che corrisponde allarticolazione del suono che ode. La capacit di distinguere
il VOT al limite dei 20 ms dato, secondo alcuni studiosi, da particolari caratteristiche di risposta del
sistema uditivo, in particolare le persone rispondono a stimoli acustici superiori a 50 picchi al secondo perch li percepiscono come tono acustico, mentre al di sotto li percepiscono come rumore, dunque quella la frequenza periodica che ha una qualit tonale; questo limite di 50 picchi al secondo
corrisponde al limite di 20 ms di VOT.
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Luciana Brandi
forma sulla sostanza. Viene ad essere cos elaborata una teoria di fonologia emergente, con la quale si assume che la struttura fonologica non sia prespecificata geneticamente, ma piuttosto dedotta dallesperienza sulla base di una conoscenza
iniziale ridotta allessenziale. Per quanto riguarda la percezione, la struttura fonologica si pu fondare non pi su una assunzione nativista quanto su una forma di
computazione che emerge sulla base di una esperienza cumulativa che consente il
formarsi di categorizzazioni radicate nel ripresentarsi di regolarit statistiche nel
segnale del parlato. Di fatto, la variabilit dei segnali del parlato estesa, ma
anche assai sistematica, nel senso che una variabilit che pu essere disambiguata in ragione dellinformazione che via via si accumula e che fa s che compaiano gradualmente le covariazioni sistematiche tra le dimensioni degli stimoli.
Dal punto di vista della produzione, la capacit di articolare suoni linguistici si pu
ricondurre a movimenti articolatori basilari, come aprire/chiudere la mandibola,
guidati dalla condizione del minimo costo energetico; ad es., una apertura e
chiusura della mandibola combinata con la fonazione produce una esecuzione
quasi-sillabica simile a [bababa], vale a dire qualcosa che assomiglia alla lallazione canonica iniziale. Sono, dunque, gli schemi articolatori a costituire la strategia di bootstrapping, che favorisce lemergere di movimenti articolatori che ricevono sollecitazioni anche dalla via della imitazione vocale che costituisce quel
rinforzo ambientale che porta il bambino a fissare legami percettivo-motori fondanti la categorizzazione.
Studdert-Kennedy 2000, a sua volta ritiene che i segmenti fonetici discreti
sono strutture gestuali che emergono ontogeneticamente da un processo di imitazione vocale in cui fondamentale anche il movimento corporeo, non solo quello
vocale, ed ha un ruolo anche limitazione del gesto facciale di un altro con cui
linfante sia strutturalmente e funzionalmente isomorfico (Studdert-Kennedy
2000: 279): , in fondo, il rapporto empatico identificato da Trevarthen, la consonanza corpo/mente tra madre di cura e bambino/a. Lunit linguistica iniziale la
parola olistica: anche se prodotta come una sequenza di gesti discreti, tuttavia
tali gesti ancora non sono rappresentati come elementi fonetici indipendenti che
possono essere usati liberamente in altri e differenti contesti: come una conseguenza automatica di ordinare e ammucchiare parole simili foneticamente, emergono i gesti indipendenti, e modelli ricorrenti di gesti co-occorrenti sono gradualmente integrati nei segmenti (Studdert-Kennedy 2000: 280). I gesti sono poi
indirizzati dalla salienza nel segnale uditivo dellinformazione relativa al luogo di
articolazione, mentre la temporalizzazione o lamplitudine del gesto sembrano essere occasione di maggiori errori da parte dellapprendente. Dunque il gesto come
unit indipendente di funzionamento del linguaggio nellapprendente riporta
lemergere ontogenetico del linguaggio da un lato allintersoggettivit come elemento cruciale per lacquisizione, e dallaltro, attraverso il richiamo ai neuroni
mirror di Rizzolatti, allorganizzazione somatotopica a base neuroanatomica del
meccanismo legato alla vocalit del linguaggio.
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Il cerchio si chiude: nel soggetto autistico, uno degli ostacoli enormi, difficili
da superare trovare il ponte verso il linguaggio; il possesso del linguaggio che,
cominciando a dare nome al percetto, lo fa diventare meno pauroso perch lo pone
sotto il controllo della mente. E per quel ponte attraverso il filo della musicalit
quale storia del nostro essere corpo/mente abbiamo bisogno di una fonologia
come quella che ho qui delineato.
Luciana Brandi
Universit di Firenze
brandi@unifi.it
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Abstract
Music and language are considered in their interrelations both in ontogeny and in philogeny.
W.r.t. the historical evolution of human cognitive capacities, misilanguage identifies the proto-form
of communication where language and music were not differentiated and reference and emotion were
integrated: thereafter, music become the expression of emotional semantic, language of referential
semantic. W.r.t. ontogeny, the main idea is that language develops from a period the first year of
life where musicality is the paradigm trough which the infant reaches his/her language: pitch, sequences of pitchs i.e. melody, rythm, are the cues. Musicality, as connected with emotions and body
movements, allows the rise of protoconversations between mother and infant.
Some cases of autism are considered to show that musicality could offer the way to explain various characters of language impairments in autism, in connection with the consideration of neurobiological deficits related to different areas of brain and cerebellum.
As to explain the features of language development in autistic children, the theory of emergent
phonetic and the concept of imitation for the emergence of phonetic segments are considered.