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Psicologia della musica e intelligenza musicale

Lo sviluppo cognitivo

Una branca della psicologia si occupa dell’implicazione, in campo educativo, del


funzionamento della mente umana. Questa è considerata sia nel suo isolamento,
sia nel contesto di una comunità socialmente e culturalmente attiva. Per questi
studiosi dell’educazione ogni scoperta sulla capacità dell’uomo, nelle varie fasi
dell’età evolutiva, di elaborare informazioni e di risolvere problemi, va inserita in
un programma di educazione, da realizzare all’interno delle agenzie formative,
formali e informali, in modo da facilitare l’individuo nel superamento degli ostacoli
relativi ad ogni singolo campo di conoscenza e, di conseguenza, farlo progredire
globalmente nel suo sviluppo cognitivo e relazionale.
Il Comportamentismo pone la sua attenzione sui processi di apprendimento,
evidenziando quanto un ambiente attrezzato e organizzato sia in grado di rendere
i bambini, fin dalla nascita, intelligenti, socievoli e democratici, il Gestaltismo
vede la centralità degli aspetti auto-costruttivi dell'intelligenza, rispetto all'azione
dell'ambiente esterno. Entrambe le posizioni teoriche influenzano la ricerca
contemporanea, il cui tentativo è ricercare una possibilità di una visione integrata
di alcune delle intuizioni più originali.
Lontane da interpretazioni radicali sono le teorie di Piaget e di Vygotskij, che,
riproponendo l'oscillazione tra la preminenza, nei processi di strutturazione del
pensiero e dei processi di conoscenza, di fattori biologici o al contrario di fattori di
natura socio-culturali, tentano una mediazione tra la contrapposizione
intelligenza-ambiente e preparano la strada verso soluzioni di creativa ed efficace
sintesi.
Piaget inizia la sua attività di ricercatore attorno al 1920 e individua diversi stadi
di sviluppo: da 0 a 2 anni c’è lo stadio biologico, istintuale, sensorio-motorio, in cui
importanti sono i processi di percezione e di abitudine; dai 2 agli 8 anni individua
uno stadio preoperatorio, in cui il bambino è capace di operazioni mentali
interiorizzate: il pensiero simbolico preconcettuale (2-6-anni), in cui apprende il
linguaggio e incomincia ad utilizzare il gioco per entrare in contatto con sé stesso e
con il mondo, e il pensiero intuitivo (4-8 anni); un’ultima fase di sviluppo si
verifica all’inizio dell’adolescenza, in cui il ragazzo, capace ora di operazioni
formali, è in grado di ragionare sul mondo attraverso una capacità critica, una
capacità di pensare in un modo completamente logico. Il ragazzo passa, tra gli otto
e i dodici anni, dalla fase delle operazioni concrete (8-10/11 anni) a quella finale
delle operazioni formali (11/12 anni).
La conquista dell'intelligenza superiore (la logica formale) è il risultato di un lento
e articolato processo di adattamento tra le strutture mentali innate e l'ambiente
circostante attraverso un rapporto dialettico, un’interazione costruttiva dei
meccanismi mentali e dell'assimilazione degli elementi dell'ambiente esterno e di
accomodamento delle strutture mentali ai nuovi dati acquisiti.
I limiti delle ricerche di Piaget sono individuati:

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• nella rigidità dell'apparizione degli stadi da lui individuati, in quanto tali
stadi compaiono a volte in età diverse nei singoli bambini, se sottoposti a percorsi
cognitivi ed educativi diversi, o si manifestano talvolta anche in soggetti adulti;
• nella minima considerazione data agli scarti nella comparsa di abilità simili,
che si manifestano in periodi diversi se associati ad operazioni mentali e ad
attività diverse;
• nell’uso quasi esclusivamente verbale dei compiti a cui sono sottoposti i
bambini;
• nella mancanza di considerazione di aspetti, quali la creatività e
l’originalità.
Con la scuola sovietica di psicologia di Lev S. Vygotskij e dei suoi seguaci
(ricercatori come Davydov, Elkonin e Markova), lo sviluppo dei processi psichici
superiori e la costruzione delle conoscenze vengono interpretati e proposti sul
piano della stretta correlazione con l'ambiente sociale e culturale in cui l'uomo
vive.
Nella teoria di Lev Vygotskij la zona di sviluppo prossimale (ZSP) è un concetto
fondamentale che serve a spiegare come l'apprendimento del bambino si svolga
con l'aiuto degli altri.
L'uomo si distingue dagli altri esseri viventi per una spiccata attività simbolica e
quindi per nuove forme di esperienza, assenti nel mondo animale. Lo sviluppo a
livello ontogenetico è, pertanto, nella teoria vygotskiana, un processo di socio-
genesi, all'interno del quale si rivela fondamentale la funzione dell'apprendimento,
che interviene sulla cosiddetta zona di sviluppo potenziale. In questo quadro,
Vygotskij ha tentato di individuare gli interessi propri di ciascuna età: durante i
primi due anni di vita l’attività dominante è strettamente connessa al contatto
affettivo; a due anni il bambino è attratto dalla manipolazione degli oggetti; nel
periodo da tre a sette anni predilige i giochi di ruolo e altri tipi di attività
simbolica; da sette a undici anni il bambino è fortemente coinvolto
nell’acquisizione dei codici comunicativi degli adulti attraverso lo studio formale a
scuola; nell’adolescenza vengono in primo piano i rapporti interpersonali, lo
sviluppo della propria coscienza e l’esplorazione orientata verso la scelta della
professione.
Quanto più significativa e feconda si rivela la fase di conoscenza e di assimilazione,
quanto maggiore, cioè, saranno i dati di realtà, che avrà a disposizione nella sua
esperienza, tanto più il bambino disporrà di elementi che arricchiranno la sua
capacità immaginativa e creativa.
Alcuni studiosi americani, in particolare K. Bruscia, evidenziano come l’età
evolutiva non si esaurisca con il periodo adolescenziale, ma sia legato all’intero
ciclo vitale dell’uomo: verso i 18 anni l’individuo tende all’autodefinizione, alla
conferma della propria identità, dei propri gusti e dei propri valori; con il passare
degli anni, il suo ruolo nella società diventa meno dominante, nel momento in cui
raggiunge lo stadio dell’intimità nelle relazioni interpersonali, in cui la sua identità
può essere messa in discussione in un progetto di vita, che include altre persone
significative; verso i quarant’anni si verifica un conflitto esistenziale, la crisi di

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mezz’età, in cui si percepisce a vari livelli il senso della propria limitatezza, in cui
fondamentali si rivelano l’accesso a nuovi stadi di interiorizzazione e la ricerca di
nuovi interessi; ultimo è lo stadio interpersonale, che fa muovere l’individuo nella
ricerca della dimensione trascendentale, nella ricerca dell’unità mente - corpo, noi
– altri, uomo – Dio. 1
Dalla fine degli anni Cinquanta si diffonde e si afferma una corrente di ricerca
psicologica: il Cognitivismo, in cui convergono elementi della teoria
comportamentista, motivi gestaltisti, dati scientifici provenienti da studi
neorofisiologici, studi generativo- trasformativi del linguaggio di Chomsky e
soprattutto l'approccio dell'elaborazione dell'informazione, proprio degli studi
informatici e delle ricerche sull'intelligenza artificiale. L'attenzione dei
cognitivisti inizialmente si concentra sui processi interni dell'intelligenza,
adottando l'analogia mente-computer. La constatazione dei limiti presenti in
questo primo approccio interpretativo induce gli studiosi cognitivisti a porre
l'attenzione su un livello interpretativo della realtà di tipo ecologico e
sull'influenza esercitata dal contesto.
Ulteriori ricerche pongono l’uso di simboli come la chiave dell’evoluzione umana,
dando priorità a dimensioni simboliche come il mito, il linguaggio, l’arte, la
scienza, considerate al centro dei risultati creativi più alti conseguiti dagli esseri
umani. Ricercatori, fra cui D. Feldman, J. Bruner, D. Olson, G. Salomon e H.
Gardner, ritengono che gran parte dei meccanismi di apprendimento e di
elaborazione di informazioni nell’uomo implichi l’uso di questi vari sistemi di
simboli.
Il loro merito consiste nell'aver posto l'attenzione sui condizionamenti storico-
culturali, che influenzano la dimensione biologica dell'intelligenza, sull'importanza
dell'apprendimento, in relazione allo sviluppo dell'individuo, e sulla ricerca di
concrete pratiche dell'istruzione e dell'educazione. nota 2
Ogni programma pedagogico, in un’ottica di educazione permanente, deve fare i
conti con le implicazioni proprie di ciascuna fase evolutiva e dei sistemi simbolici
prevalenti in una specifica cultura.
È indubbia l’influenza della cultura dominante, quanto, cioè, le aspettative di un
gruppo sociale possano favorire o meno lo sviluppo di una particolare dote (ad
esempio, risulta determinante, nelle scelte musicali di un ragazzo, quanto una
società ritenga importante l’abilità improvvisativa più di quella compositiva, o
ancora di quanta considerazione goda la professione di musicista).
È certo che l’idea centrale di ricreare, in ogni contesto educativo, un ambiente
fortemente stimolante e motivante può aiutare l’educatore a ricercare sistemi,
tecniche e modelli pedagogici sempre più adeguati all’intelligenza umana. Lo
psicologo dell’educazione Howard Gardner, che s’inserisce nel filone degli studiosi
interessati alla comprensione dei vari linguaggi simbolici, nel suo saggio sulla
pluralità dell’intelligenza, Formae mentis, sostiene la tesi, avvalorata da ricerche
comparate di biologia, di fisiologia medica, di sociologia e di antropologia, che nel
cervello umano siano localizzati diversi tipi d’intelligenza:

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Intelligenza Linguistica: è l'intelligenza legata alla capacità di utilizzare un
vocabolario chiaro ed efficace. Chi la possiede solitamente sa variare il suo registro
linguistico in base alle necessità ed ha la tendenza a riflettere sul linguaggio.
Propria dei linguisti e degli scrittori.

Intelligenza Logico-Matematica: coinvolge sia l'emisfero cerebrale sinistro, che


ricorda i simboli matematici, che quello di destra, nel quale vengono elaborati i
concetti. È l'intelligenza che riguarda il ragionamento deduttivo, la
schematizzazione e le catene logiche. Comune nei matematici, e in generale in chi si
occupa della scienza o delle sue modalità applicative (ingegneria, tecnologia etc.)

Intelligenza Spaziale: concerne la capacità di percepire forme ed oggetti nello


spazio. Chi la possiede, normalmente, ha una sviluppata memoria per i dettagli
ambientali e le caratteristiche esteriori delle figure, sa orientarsi in luoghi intricati
e riconosce oggetti tridimensionali secondo schemi mentali piuttosto complessi.
Questa forma dell’intelligenza si manifesta essenzialmente nella creazione di arti
figurative.

Intelligenza Corporeo-Cinestesica: coinvolge il cervelletto, i gangli fondamentali, il


talamo e vari altri punti del nostro cervello. Chi la possiede ha una padronanza del
corpo che gli permette di coordinare bene i movimenti. In generale si può riferire a
chi fa un uso creativo del corpo, come i ginnasti e i ballerini.

Intelligenza Musicale: normalmente è localizzata nell'emisfero destro del cervello,


ma le persone con cultura musicale elaborano la melodia in quello sinistro. È la
capacità di riconoscere l'altezza dei suoni, le costruzioni armoniche e
contrappuntistiche. Chi ne è dotato solitamente ha uno spiccato talento per l'uso di
uno o più strumenti musicali, o per la modulazione canora della propria voce.

Intelligenza Interpersonale: coinvolge tutto il cervello, ma principalmente i lobi


pre-frontali. Riguarda la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure,
i desideri nascosti, di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli
sociali e personali vantaggiosi. Si può riscontrare specificamente nei politici e negli
psicologi, più genericamente in quanti possiedono spiccata empatia e abilità di
interazione sociale.

Intelligenza Intrapersonale: riguarda la capacità di comprendere la propria


individualità, di saperla inserire nel contesto sociale per ottenere risultati migliori
nella vita personale, e anche di sapersi immedesimare in personalità diverse dalla
propria. E' considerata da Gardner una "fase" speculare dell’intelligenza
interpersonale, laddove quest’ultima rappresenta la fase estrospettiva.

Intelligenza Naturalistica: consiste nel saper individuare determinati oggetti


naturali, classificarli in un ordine preciso e cogliere le relazioni tra di essi. Alcuni
gruppi umani che vivono in uno stadio ancora "primitivo", come le tribù aborigene

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di raccoglitori-cacciatori, mostrano una grande capacità nel sapersi orientare
nell’ambiente naturale riconoscendone anche i minimi dettagli.

Intelligenza Esistenziale o Teoretica: rappresenta la capacità di riflettere


consapevolmente sui grandi temi della speculazione teoretica, come la natura
dell'universo e la coscienza umana, e di ricavare da sofisticati processi di astrazione
delle categorie concettuali che possano essere valide universalmente. Questo tipo di
intelligenza è maggiormente posseduta dai filosofi, e in una certa misura dai fisici.

Vanno aggiunte a queste componenti specifiche altre abilità, che non possono dirsi
isolate, ma che sottendono in modo generale le singole competenze e sono situate
nelle regioni subcorticali: esse spiegano i meccanismi della memoria e
dell’attenzione, dipendono anche dalle funzioni motivazionali, emozionali e
sensoriali ed intervengono nelle operazioni cognitive di livello superiore, come, ad
esempio, nella realizzazione della performance musicale che consiste nella fase di
creazione-improvvisazione e in quella di interpretazione-esecuzione, si rivelano
fondamentali alcune competenze operative, quali la conoscenza approfondita e
critica del linguaggio musicale, la capacità di affrontare particolari difficoltà
tecniche, la corretta percezione della struttura formale, tonale e ritmica, una
personale, intensa e creativa interpretazione del brano. Anche nella fase di ascolto
alcune di queste abilità sono richieste, nel momento in cui l'individuo si appresta a
interpretare un brano musicale, secondo le categorie dell'andamento ritmico, della
dinamica e dell’agogica, della connotazione melodica, armonica e dei colori
timbrici e, in un'analisi di più ampio respiro, della forma, dello stile, dell’analisi
associativa e affettiva.
Queste abilità superiori, che rendono possibile il superamento di compiti complessi
e, quindi, lo sviluppo dell'intelligenza umana, sono:
1. l’intuito, cioè la capacità di saper agire al meglio in particolari situazioni,
usando il buon senso;
2. la creatività, cioè la capacità di trovare nuove e originali soluzioni in un campo
di cui si possiede una certa padronanza;
3. la capacità metaforica, cioè la capacità di percepire analogie e di passare da un
campo del sapere ad un altro creando e realizzando nuove connessioni;
4. la capacità generale di sintesi, cioè quella capacità, che può definirsi anche
saggezza, di saper indicare la soluzione giusta in ogni momento, facendo
riferimento a esperienze passate e alla combinazione delle altre tre abilità su
idicate, rivelando una matura capacità di giudizio.
È opportuno ribadire che ogni singola abilità, così come quelle di livello
superiore, possono svilupparsi pienamente se nel contesto sociale e culturale, in
cui ci si trova ad operare, non si frappongono ostacoli esterni, se si realizzano
sequenze appropriate di esperienze, se l’individuo, quindi, riesce a perseguire
determinati obiettivi con determinazione e motivazione.
È già stato sottolineato che l'uomo si distingue dalle altre specie animali per la sua
spiccata capacità simbolica. C’è attività simbolica ogni volta che c’è coesistenza di

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senso, cioè ogni volta che una parola, un oggetto o un concetto servono ad
indicarne degli altri, creando lontani collegamenti, con evidenti funzioni
espressive e comunicative.
Gardner individua correnti di simbolizzazione, proprie di ogni singola abilità e
onde di simbolizzazione, che influenzano orizzontalmente la generale capacità di
apprendimento. Entrambe si sviluppano in età prescolare (dai 2 ai 5 anni), in cui il
bambino acquisisce una competenza simbolica di base, in una varietà di sistemi
simbolici. Nel campo musicale, è specifica l'abilità di intonare suoni e di riprodurre
cellule ritmiche elementari; in altri campi, saper raccontare avvenimenti reali o
fantastici, interpretare ruoli diversi, manipolare creta, compiere elementari
operazioni logico-matematiche o dare semplici spiegazioni causali. Questi processi
si sviluppano in uno specifico campo simbolico e si diffondono negli altri ambiti
intellettuali, fin dai primi anni di vita, attraverso le onde di simbolizzazione e, in
seguito, attraverso i canali di simbolizzazione, che seguono specifici percorsi di
apprendimento, legati alla cultura di appartenenza.
A due anni si sviluppa l'onda della strutturazione di ruoli o di eventi, che, pur
sviluppandosi inizialmente nel campo dell'intelligenza linguistica, complice anche
una grande libertà associativa, si sposta in tutti i campi simbolici e corrisponde
alla capacità del bambino di indicare se un'azione è stata eseguita o quale ruolo ha
chi ha compiuto un'azione.
A tre anni si verifica l'onda della rappresentazione analogica o topologica, quella in
cui, nonostante una mancanza di precisione quantitativa, in bambino è in grado di
spiegare, attraverso analogie e relazioni, un evento riferibile ad uno specifico
ambito simbolico. Quest’ abilità sembra avere uno stretto legame con l'intelligenza
spaziale, ma è osservabile in campi specifici, ad esempio in musica il bambino è in
grado di cogliere rapporti analogici, come quelli di riconoscere, soprattutto
attraverso risposte corporee, se una musica va su o giù, se diventa più veloce o più
lenta, se è uguale o diversa, senza però essere in grado di specificare
quantitativamente e qualitativamente le differenze, così come canta variando
continuamente altezza e durata dei suoni.
A quattro anni è osservabile l'onda della rappresentazione numerica o
quantitativa, il bambino è ora in grado di determinare le quantità con precisione.
Quest'onda presenta strette connessioni con il campo dell'intelligenza logico-
matematica (in musica le discriminazioni tonali, ritmiche, timbriche divengono
più precise, chiare, numericamente corrette e l'esecuzione subisce ormai poche
deviazioni sia ritmiche, che melodiche), sacrificando, però, non poco la capacità
del bambino di cogliere i sentimenti, i contorni emozionali, relativi alla situazione
descritta con precisione.
Queste abilità, che hanno origine all'interno di una particolare forma di
intelligenza, si riversano negli altri ambiti intellettuali, interagiscono in una
complessa combinazione di intelligenze, figurano anche nel corso successivo della
vita e risultano notevolmente flessibili, in quanto permetteranno, in seguito di
eseguire non solo operazioni complesse in specifici campi simbolici, ma anche, in
una grande situazione di versatilità, in altri ambiti.

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In tutte le attività legate a questo periodo, anche se non in maniera continua e
progressiva, il pensiero magico, cioè la capacità creativa e metaforica, diviene la
forma privilegiata di pensiero.
L’inizio dell’età scolare, nella nostra società, coincide con lo sviluppo del canale
notazionale, cioè la capacità e la volontà di padroneggiare i sistemi simbolici degli
adulti (linguaggio scritto, sistema numerico, carte topografiche, diagrammi,
sistemi di notazione musicale, ecc.), che prevalgono nell'ambiente culturale
circostante. In questa fase letterale, in cui il bambino è impegnato ad acquisire
correttamente gli elementi che formano i vari sistemi simbolici, definiti da una
particolare cultura, calano notevolmente, divenendo quasi elementi di disturbo,
elementi quali la novità, l'originalità e la creatività, per riaffiorare poi
successivamente, una volta che l'individuo impara a padroneggiare i diversi codici
espressivi. Durante l'adolescenza, prima, e successivamente nell'età adulta,
l'individuo sarà in grado di trasmettere agli altri le proprie competenze e divenire
potenzialmente capace di creare prodotti simbolici originali.

Interessanti sono gli studi dell’otorinolaringoiatra, studioso e ricercatore Alfred


Tomatis. Egli, partendo da studi specifici, relativi alla capacità di ascolto
dell'uomo, recupera un piano psicoanalitico, che si evidenzia nella fase dell'ascolto.
La maggior parte delle connessioni neurali partono dal nostro orecchio, che si
comporta come una dinamo. Tomatis ha fondato una serie di centri dove si
utilizzano i suoi apparecchi e i suoi metodi per il trattamento dei disturbi del
linguaggio, dell'ascolto e del comportamento.
Grande attenzione è stata rivolta all'importanza che l'ascolto intrauterino ha nello
sviluppo cognitivo e affettivo del bambino. Tomatis, ha elaborato interessanti
teorie a riguardo. Fondando una nuova disciplina, l'audiopsicofonologia, egliha
mpstrato una grande attenzione alle funzioni di quella parte del nostro corpo, che,
durante lo sviluppo intrauterino, si perfeziona ed è predisposta all'ascolto:
l'orecchio. In realtà tutto il corpo partecipa a questa funzione, fin dai primi mesi di
vita, quando ancora le cellule nervose non si sono specializzate: il feto nel ventre
materno mostra segni di reazione a stimoli sensoriali, primo fra tutti la voce
materna. È il ricordo di questi suoni, che, nella maggior parte dei casi, costituisce
un'esperienza positiva, lasciando nel bambino il ricordo piacevole di quel periodo
di unità con la madre. Il bisogno di comunicare con gli altri non è che il tentativo di
rivivere quell'esperienza totalizzante e intensa.
È l'ideatore dell'Orecchio Elettronico, un apparecchio utilizzato nei centri sparsi in
tutto il mondo, dove le sue teorie vengono applicate con grande successo.
Attraverso un'elaborata, specifica e compiuta fase di ascolto, questo apparecchio è
in grado di rievocare le varie fasi di ritorno sonoro, in direzione della vita fetale,
attraverso l'ascolto di suoni filtrati, cioè quelli che riproducono tutti i suoni che il
feto percepisce nei primi mesi di vita, in particolar modo, la voce materna, fino a
realizzare un vero e proprio parto sonoro, che provoca nei soggetti, sottoposti al
trattamento, il desiderio di entrare in contatto con gli altri secondo canali

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espressivi normalizzati. Disturbi come l'autismo, la schizofrenia, la balbuzie, la
dislessia possono trovare soluzioni di completa guarigione.
La musica entra di diritto in alcune di queste fasi. In particolare, quando non è
possibile far ascoltare la voce della madre, si sottopone il soggetto sottoposto al
trattamento all'ascolto della musica di Mozart: tutta una serie di onde sonore si
crea e si organizza intorno a questa musica, che viene fatta ascoltare attraverso
dei filtri sonori, che riproducono l'ascolto intrauterino. Successivamente questa
memoria sonora si farà portatrice di messaggi in grado di trasmettere una carica
semantica.
Inizialmente tutto questo patrimonio di suoni, ascoltati in questa particolarissima
fase della nostra esistenza, si rivela in grado di programmare meglio il nostro
corpo, perché diventi uno strumento di integrazioni sonore.
Un sostanziale ribaltamento dell'approccio ai problemi legati all'emissione della
voce, il principale strumento di espressione musicale, è stata la scoperta, da parte
di Tomatis, che la maggior parte delle difficoltà, nell'emissione di suoni e, in
particolar modo, quelle riscontrate in molti cantanti lirici, fossero determinate da
disturbi dell'udito e non da problemi fisiologici della laringe, fino ad allora
ritenuto l'organo principale della fonazione.
In realtà noi cantiamo e, in generale, riproduciamo vocalmente solo quello che
siamo in grado di udire. Sono sorprendenti i risultati da lui ottenuti a proposito del
processo di educazione della voce attraverso l'Orecchio Elettronico: ogni volta che
il soggetto, sottoposto a tale trattamento, emette dei suoni, viene introdotto un
tipo di ascolto della propria voce filtrata e corrispondente alla migliore emissione
possibile. In sole poche sedute, difficoltà d’intonazione, timbro e qualità
espressivavengono corretti o migliorati in maniera definitiva.
• Un'educazione della voce, basata su esercizi di autoascolto.
• Una percezione che l'intero nostro corpo (sistema osseo, epidermide) sia
dotato di sensibilità uditiva.
• Una particolare attenzione alle funzioni dell'apparato cocleo-vestibolare,
in cui si verifica il maggior numero delle connessioni sinaptiche e da cui
dipende l'intero coinvolgimento corporeo durante la fase dell'ascolto.

Tutte queste scoperte mostrano quanto ogni forma di comunicazione esiga un


continuo lavoro di accomodamento delle pratiche e delle tecniche di
comunicazione basate su tali principi e sui risultati ottenuti.

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L’intelligenza musicale

Uno studio sull’intelligenza musicale può aiutare a capire ciò che di speciale c’è
nella musica e nello stesso tempo evidenziare la sua relazione con altre forme di
intelligenza umana.
Gardner, partecipando al Progetto Zero all’Università di Harvard, un progetto che si
è servito della collaborazione di studiosi di vari campi del sapere (proprio per
ottenere, attraverso analisi comparate, risultati soddisfacenti e in qualche misura
attendibili), ha cercato di definire il livello di potenziale umano attraverso
l’osservazione di bambini normali e superdotati. In campo musicale, il numero di
bambini prodigio osservati è così grande che, senza timore d’errore, Gardner
afferma che le loro prestazioni sono da considerare fenomeni autentici.
Una precocità musicale si manifesta in bambini che hanno preso parte ad un valido
programma d’istruzione (come nel caso del metodo Suzuki in Giappone), oppure
come conseguenza del fatto di vivere in una famiglia dove si respira musica.
Alla base di ciascuno di questi talenti potrebbe esserci una dote naturale ricevuta in
eredità dai propri genitori, ma è chiaro che entrano in azione anche altri fattori di
natura culturale e ambientale.
I principali elementi costitutivi della musica sono la melodia e il ritmo: suoni aventi
particolari altezze e raggruppati secondo vari schemi metrici. La melodia è più
importante in certe culture (per esempio in alcune società orientali che fanno uso di
piccoli intervalli di un quarto di tono), mentre il ritmo è tenuto in grande
considerazione nell’Africa subsahariana, dove i rapporti ritmici possono
raggiungere una elevata complessità metrica.
I rapporti in altezza fra i suoni si dispiegano nel tempo, formando linee melodiche di
struttura orizzontale; ma i suoni possono combinarsi anche in maniera verticale,
quando due o più suoni vengono emessi nello stesso tempo, dando origine a effetti
che reputiamo consonanti o dissonanti, secondo la nostra sensibilità ed educazione
musicale, quindi rispetto a come il nostro orecchio musicale si è sviluppato.
Un’ulteriore caratteristica connotativa del suono è il timbro. Esso indica la qualità
del suono, che dipende dalla forma degli armonici prodotti dalla fonte sonora e che
ci fa riconoscere uno stesso suono prodotto, ad esempio, da strumenti diversi.
Questi elementi centrali della musica sollevano la questione del ruolo dell’ascolto.
Non c’è dubbio che il senso dell’udito sia cruciale a ogni partecipazione musicale:
qualsiasi argomentazione in contrario sarebbe pretestuosa. È però altrettanto
chiaro che almeno un aspetto centrale della musica, l’organizzazione ritmica, può
esistere a prescindere da ogni percezione uditiva. Taluni individui sordi hanno
citato gli aspetti ritmici della musica come il loro punto d’ingresso a esperienze
musicali. 1
Molti esperti hanno attribuito grande importanza agli aspetti affettivi della musica,
che considerano un’esperienza centrale nella fruizione di un brano musicale.
Arnold Schönberg, che non è certo noto come un sentimentale, si esprime nel modo
seguente: La musica è una successione di suoni e di combinazioni di suoni
organizzati in modo tale da esercitare un’impressione gradevole sull’orecchio, ed è

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quindi comprensibile l’impressione che essa esercita sull’intelligenza. Queste
impressioni hanno il potere di influire su parti occulte della nostra anima e delle
nostre sfere sentimentali e quest’influenza ci fa vivere in un paese di sogno di
desideri appagati o in un inferno sognato.

Gardner individua delle linee guida nella comprensione di una fondamentale


dimensione della musica: la composizione. Secondo la spiegazione dei compositori
stessi, chi compone ha continuamente dei suoni in testa, cioè, ode a un livello
semicosciente note, ritmi e schemi musicali.
L’immagine musicale, che rappresenta l’idea iniziale, può essere qualsiasi cosa, dal
più semplice frammento melodico, ritmico o armonico a qualcosa di più elaborato.
La composizione comincia in modo naturale nel momento in cui queste idee si
cristallizzano in una forma significante, in cui la creatività musicale del
compositore comincia a lavorare su questa idea.
L’iniziale immagine musicale si sviluppa procedendo per imitazione, per contrasto o
per complementarietà, utilizzando tutto ciò che la memoria musicale fa affiorare
riguardo all’idea iniziale.
La mente musicale lavora con il materiale fornito dalla memoria tonale. Essa
comincia a funzionare in un modo creativo solo dopo avere assorbito una varietà
considerevole di esperienze tonali. Una grande percentuale di ciò che si ode viene
sommersa nell’inconscio e costituisce la memoria musicale; la parte creativa della
mente musicale opera su questo repertorio scegliendo e rielaborando
continuamente una serie di suoni sempre nuova.
C’è un accordo considerevole anche sul fatto che il linguaggio non svolga alcun ruolo
determinante nell’atto della composizione.
Igor Stravinskij dice nelle sue conversazioni con Robert Craft: Comporre è fare, non
pensare. La composizione non è il risultato di un atto di pensiero o di volontà, ma si
compie naturalmente.
Un’analisi esemplare su un aspetto della composizione con caratteristiche proprie,
cioè l’improvvisazione, è condotta da Giorgio Enea, che, nella sua tesi di laurea in
Filosofia sull’improvvisazione musicale, evidenzia in essa l’aspetto pratico dell’arte,
come esperienza poietica del fare di un individuo tra e per gli individui, come
esigenza primaria della comunicazione.
L’improvvisazione è una prestazione, che richiede una competenza critica e
compiuta dei meccanismi compositivi, che devono essere svolti istantaneamente,
senza la possibilità di un’azione di perfezionamento, di un lavoro di labor limae e
con la necessità che il tempo della creazione coincida perfettamente con quello
dell’esecuzione, della messa in gioco delle proprie abilità nel prodotto artistico
finale.
L’improvvisatore opera secondo due linee compositive, una è quella del gioco di
reinvenzione di pattern ritmici, melodici e armonici. La pratica
dell’improvvisazione trova la sua legittimazione nella concezione dell’arte
considerata come un universo in espansione, dove l’improvvisatore è inviato in

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missioni impossibili, per rafforzare l’idea di un’identità culturale mai uguale a sé
stessa.
Il vero territorio sconosciuto è la struttura psicologica dell’artista. La vera
esplorazione avviene proprio lì, nei meandri della nostra psiche; e questo conferisce
sempre un valore di sperimentazione anche alle esecuzioni meno pure ed originali,
quelle che potrebbero essere considerate più standard. La pratica
dell’improvvisazione, infatti, si compie in un ritmo temporale così serrato che non
si ha tempo né spazio né motivazione profonda per cercare di capire se i
meccanismi ai quali si ricorre durante la produzione siano consci o inconsci e non si
capisce bene quale livello dell’io sia maggiormente deputato all’invenzione. […]
Basti pensare che, a volte, nei momenti di ricerca più estrema, ci si sottopone a
processi di autodisciplinamento, autolimitazione e feroce rigorizzazione di sé con lo
scopo di distillare le risorse più profonde del nostro patrimonio creativo e, quindi,
psicologico e di richiamare i diversi livelli di coscienza (diverse nature dell’io?) che
ci permettono di sostenere le scelte musicali ed espressive più ardite e difficoltose.

Anche le abilità che fanno parte dell’ascolto e dell’esecuzione della musica hanno
una connessione con quelle implicate nella creazione musicale.
Un’esecuzione a livello esperto presuppone la capacità di afferrare l’architettura
della composizione, di impadronirsi della sua coerenza interna e di esprimerla con
fluidità. Successivamente ad una esecuzione corretta si è anche in grado di valutare
le qualità espressive riconosciute come valide dall’esecutore e dall’ascoltatore.
L’ascoltatore attivo non è altro che un esecutore capace di riprodurre dentro di sé
la musica.
Dice ancora Stravinskij, che quando si compone qualcosa è fondamentale che
l’interprete o l’ascoltatore conoscano la specificità del linguaggio musicale
dell’autore. Una particolare sintassi musicale può essere compresa solo da chi
conosce tutte le fasi evolutive di quel linguaggio.
È probabile anche che certi tipi di musica, come le forme classiche in discussione
qui, siano meno accessibili del folk o della commedia musicale. Eppure, c’è anche un
nucleo centrale di abilità che è cruciale per ogni partecipazione all’esperienza
musicale di una cultura. Queste abilità centrali dovrebbero trovarsi in ogni
individuo normale che entri in un contatto regolare con un qualsiasi genere di
musica.
Per ciò che riguarda le origini evolutive della musica è molto probabile che
espressione e comunicazione linguistica e musicale abbiano avuto origini comuni e
si siano separate, forse, addirittura un milione di anni fa.
La musica ha avuto e, ancora oggi ha nelle società primitive, un ruolo determinante
nell’organizzazione di gruppi di lavoro, di spedizioni di caccia e di riti religiosi. Lo
studioso Marius Schneider nel suo saggio Il significato della musica riscontra
rapporti simbolici uguali fra le tradizioni sciamaniche indiane, le magie africane, le
danze rituali di Spagna: la musica assume la funzione di mediatrice tra la terra e il
cielo. In alcuni passi dei libri sacri indiani, i Veda, Schneider trova il legame della
musica con il mito della creazione:

11
Da una sillaba mistica cantata (grido, suono primordiale) di lode, che la Morte o
Fame esala, nasce il cosmo[…]Il canto di lode della morte, il grido o la risata
rappresentano la musica primordiale[…]Il suono è la sostanza originaria di tutte le
cose, anche là dove non è più percepibile per l’uomo ordinario. 7
Il fenomeno musicale ha un rapporto privilegiato nei rapporti dell’uomo con gli altri
uomini.
John Blacking, nel suo saggio Com’è musicale l’uomo?, pone il problema della
musicalità come competenza universale della specie umana:
Il problema principale di un compositore che voglia produrre musica di un certo
rilievo per i suoi contemporanei, non è tanto di natura musicale, anche se tale potrà
sembrargli, quanto di atteggiamento verso la società e la cultura del suo tempo,
rispetto al fondamentale problema dell’uomo di imparare ad essere umano. 9
Attraverso la sua personale esperienza tra la popolazione Venda del Sudafrica,
Blacking rileva:
Il suono può essere l’oggetto, ma è l’uomo il soggetto; e la chiave per la
comprensione della musica è nel rapporto esistente fra soggetto ed oggetto…La
musica venda è manifestamente politica, in quanto è eseguita in numerosi contesti,
e spesso per precisi scopi, politici. È inoltre politica nel senso che può coinvolgere gli
individui in una significativa esperienza comunitaria all’interno della loro cultura,
rendendoli perciò più consapevoli di se stessi e delle loro responsabilità nei
confronti degli altri.

Vi sono molte analogie fra la musica e il linguaggio verbale.


Ricercatori che hanno lavorato tanto su esseri umani normali quanto su esseri
umani con lesioni al cervello hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio
che i processi e i meccanismi che sono al servizio della musica e del linguaggio
umani sono distinti l’uno dall’altro […] Questo carattere speciale della percezione
musicale è confermato vistosamente da studi di individui il cui cervello è stato
danneggiato in conseguenza di ictus o altri tipi di trauma. 11
Gardner rileva che, mentre negli individui normali le abilità linguistiche sono
lateralizzate quasi esclusivamente nell’emisfero sinistro, la maggior parte delle
capacità musicali, compresa quella centrale della sensibilità all’altezza dei suoni,
sono localizzate nell’emisfero destro. Lesioni ai lobi frontale e laterale destro
causano, quindi, difficoltà nella discriminazione dell’altezza dei suoni e nella
capacità di riprodurli esattamente, mentre lesioni nelle aree omologhe nell’emisfero
sinistro (che causano difficoltà nel linguaggio naturale) lasciano, in generale, le
abilità musicali relativamente intatte. Il piacere nel fruire la musica sembra
compromesso da malattie all’emisfero destro (come indica il nome stesso, l’amusia
e un disturbo distinto dall’afasia).
Gardner riporta i risultati di test compiuti con individui normali, che confermano la
tesi della lateralizzazione nell’emisfero destro delle abilità musicali.
La conservazione selettiva o la comparsa precoce dell’abilità musicale, in individui
che non presentano altrimenti nessuna dote degna di nota è un altro argomento
persuasivo.

12
Mentre i bambini ritardati o autistici reagiscono talvolta agli stimoli musicali come
aggrappandosi agli unici punti saldi di riferimento, a un’unica e particolare
possibilità di comunicazione con il mondo esterno, ci sono anche esempi di
isolamento più positivi, come quando un bambino normale in tutte le altre
manifestazioni intellettive manifesta un’abilità precoce in ambito musicale.
Capacità musicali apprezzate in altri contesti culturali sono un’ulteriore prova della
varietà delle abilità musicali.
In culture tradizionali, in generale, si trova un’insistenza molto minore su
prestazioni individuali o su aspetti innovativi che comportano un allontanamento
da norme culturali, mentre vengono apprezzati molto di più gli individui che, dopo
aver padroneggiato i generi della loro cultura, sono in grado di compiere piacevoli
elaborazioni su di essi. Nelle culture preletterate si trovano individui con una
memoria prodigiosa per i canti, memoria che rivaleggia con quella che si manifesta
altrove nel ricordo di storie.
Così, là dove sono particolarmente stimate la ritmica, la danza o la partecipazione
di gruppo alla musica, gli individui che hanno doti particolari in queste aree sono
tenuti in particolare considerazione.

Le varie linee di prove che Gardner ha portato suggeriscono che la musica, come
il linguaggio, sia una competenza intellettuale a sé.

È interessante rilevare le connessioni esistenti fra la musica e gli altri tipi di


intelligenza.
Molti compositori, fra cui Sessions, hanno insistito sugli stretti legami esistenti fra
la musica e il linguaggio del corpo o dei gesti. In alcune analisi, la musica stessa
viene concepita nel modo migliore come un gesto esteso: una sorta di movimento o
di orientamento che viene eseguito, almeno implicitamente, con il corpo.
Riecheggiando questo pensiero, Stravinskij ha insistito sul fatto che la musica, per
essere assimilata in modo appropriato, deve essere vista, così egli aveva una
predilezione per il balletto come modo di esecuzione e insistette sempre
sull’opportunità di osservare gli strumentisti mentre eseguono un pezzo. 16
Senza dubbio, i bambini piccoli mettono naturalmente in relazione musica e
movimenti del corpo, trovando praticamente impossibile cantare senza muoversi;
molti fra i metodi più efficaci di insegnare musica, come quelli di Orff, Dalcroze,
Goitre, integrano voce, mani e corpo.
Le connessioni fra musica e intelligenza spaziale sono meno direttamente
evidenti, ma, forse, non per questo meno importanti.
La localizzazione di capacità musicali nell’emisfero destro ha suggerito che certe
abilità musicali possano essere strettamente connesse a capacità spaziali. In effetti,
lo psicologo Lauren Harris cita affermazioni secondo cui i compositori
dipenderebbero da forti abilità spaziali, le quali sarebbero richieste per fissare,
valutare e rivedere la complessa architettura di una composizione. Egli congettura
che la scarsità di compositori femmine potrebbe essere dovuta non a una qualche
difficoltà nell’elaborazione musicale di per sé (come attesta il gran numero di

13
cantanti e strumentisti di sesso femminile) bensì piuttosto alle prestazioni
relativamente modeste manifestate dalle donne in compiti spaziali. 17
Gardner ha rilevato la connessione universalmente riconosciuta fra esecuzioni
musicali e la vita affettiva di una persona. La musica può servire come modo per
cogliere sentimenti o per comprendere meglio la forma di questi e per comunicarli.
Si può forse, inoltre, congetturare che la competenza musicale dipenda non da soli
meccanismi analitici corticali, ma anche da quelle strutture subcorticali che sono
ritenute centrali al sentimento e alla motivazione. Gli individui con danni alle aree
subcorticali, o con sconnessioni fra aree corticali e subcorticali, vengono spesso
descritti come piatti e privi di emotività; e benché manchino commenti in proposito
nella letteratura, le mie osservazioni personali mi dicono che questi individui
sembrano avere di rado un qualche interesse o una qualche attrazione per la
musica.
Gran parte della discussione di Gardner è incentrata attorno a una comparazione
implicita fra musica e linguaggio. È importante, ai fini della tesi sull’autonomia
delle varie competenze intellettuali, dimostrare che l’intelligenza musicale segua
una propria traiettoria di sviluppo: non tutti gli aspetti del linguaggio sono
direttamente analoghi alla musica, nella quale, per esempio, è assai poco sviluppato
l’aspetto funzionale della comunicazione e anche la nozione di grammaticalità.
Nella musica, anzi, come in tutte le forme estetiche, la violazione di regole viene più
frequentemente apprezzata.
C’è, infine, l’area di competenza intellettuale che tradizionalmente è legata alla
musica: la sfera matematica. Le connessioni fra musica e matematica, che
risalgono fino alle scoperte classiche di Pitagora, hanno sempre affascinato,
stimolato l’immaginazione e suscitato riflessioni. Nel Medioevo e in molte culture
non occidentali, lo studio teorico della musica era strettamente connessa alla
pratica della matematica, come interesse per le proporzioni, per speciali rapporti,
sequenze e schemi. Nel Cinquecento, gli aspetti matematici della musica
conservarono un’importanza centrale nell’approfondimento delle regole
dell’armonia. Dal Rinascimento in poi, gli aspetti matematici della musica
divennero meno evidenti. Ancora una volta, però, nel Novecento, prima sulla scia
della musica dodecafonica e, più recentemente, in conseguenza dell’uso diffuso della
musica elettronica, si è posto come attuale il rapporto fra competenze musicali e
matematiche.
Secondo Gardner, nella musica ci sono elementi, se non di alta matematica, almeno
chiaramente numerici, i quali non dovrebbero essere minimizzati. Per apprezzare il
funzionamento dei ritmi in una composizione musicale, un individuo deve avere
una qualche competenza numerica elementare. Le esecuzioni di composizioni
musicali richiedono una sensibilità a volte molto complessa alla regolarità e ai
rapporti. Questo rimane però pensiero matematico solo a un livello relativamente
elementare.
Quando si passa a un apprezzamento delle strutture musicali di base, e di come
possano essere ripetute o trasformate, ci s’imbatte in un pensiero matematico
superiore. […] Una sensibilità a schemi e regolarità matematici ha caratterizzato

14
molti compositori, da Bach a Schumann, che hanno espresso questo interesse, a
volte apertamente altre volte attraverso una sorta di esplorazione di possibilità per
gioco. (Mozart compose musica addirittura secondo sequenze ottenute gettando
varie volte un dado). 19
Appare chiaro che il compito in cui sono impegnati i musicisti differisce
fondamentalmente da quello che preoccupa il matematico: se il matematico è
interessato alle forme per se stesse, alle loro implicazioni, a prescindere da ogni
esigenza di comunicazione e dai mezzi con cui sono espresse, per il musicista,
invece, la musica è un fenomeno intenzionale, in cui i suoni assumono certe
determinate strutture non in virtù di una considerazione formale, ma per una loro
peculiarità, quello di possedere potere ed effetti espressivi.

Per Gardner uno fra i piaceri maggiori, in qualsiasi ambito intellettuale, è


connesso all’esplorazione dei suoi rapporti con altre sfere d’intelligenza.

Gardner propone un esemplificativo ritratto dell’evoluzione della competenza


musicale.
I bambini piccoli normali non solo balbettano, ma cantano: essi sono in grado di
emettere singoli suoni, concatenazioni modulanti di suoni e persino imitare modelli
sonori cantati da altri con una precisione più che casuale.
Alla metà del secondo anno di vita, i bambini sperimentano una transizione
importante nella loro vita musicale. Per la prima volta cominciano ad emettere
spontaneamente serie di brevi suoni che esplorano vari piccoli intervalli: seconde,
terze minori, terze maggiori e quarte. Essi inventano da sé canti di cui sarebbe
difficile scrivere le note e, poco dopo, cominciano a produrre piccole sezioni
(frammenti caratteristici) di canzoni familiari, che sentono cantare attorno a sé.
Per un anno circa esiste una tensione fra i suoni spontanei e la produzione di
frammenti caratteristici di canzoni familiari; ma all’età di tre o quattro anni le
melodie della cultura dominanteprevalgono e viene meno in generale la produzione
di canti spontanei e di giochi sonori esplorativi.
Quando si dà un’occhiata comparativa alla situazione mondiale, diviene manifesta
una varietà di traiettorie musicali molto maggiore. A un estremo ci sono gli Anang
della Nigeria, fra i quali i bambini di una settimana di età vengono introdotti alla
musica e alla danza dalle madri, mentre i padri costruiscono piccoli tamburi per i
loro figli. All’età di due anni, i bambini entrano a far parte di gruppi in cui imparano
molte abilità culturali basilari, fra cui il canto, la danza e l’uso di strumenti
musicali. A cinque anni di età, il bambino Anang sa cantare centinaia di canzoni, sa
suonare vari strumenti a percussione ed eseguire decine di complessi movimenti di
danza. I Griots, Aedi tradizionali della Senegambia, richiedono un apprendistato di
vari anni.
In alcune culture contemporanee la competenza musicale è molto apprezzata: in
Cina, in Giappone e in Ungheria, per esempio, ci si attiva perché i bambini
acquisiscano abilità nel canto o nell’uso di strumenti musicali. In Giappone il
maestro Suzuki ha dimostrato che bambini a partire dalla tenera età (3 o 4 anni),

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senza particolari doti musicali, possono imparare a suonare molto bene strumenti
musicali, secondo un metodo fortemente impostato sull’apprendimento a orecchio
di un repertorio di musica occidentale del periodo compreso tra il Barocco e il
Romanticismo. La maggior parte di loro non diventa da adulto musicista da
concerto, ma Suzuki individua, come obiettivo di questo insegnamento precoce, la
formazione del carattere e il consolidamento dei rapporti interpersonali, che si
creano tra madre e figlio (poiché fondamentale è il ruolo iniziale della madre per la
determinazione della motivazione nel bambino) e quelli che intervengono nelle
dinamiche all’interno del gruppo in cui si svolgono le lezioni.
I limiti di questo metodo sono costituiti dall’irrigidimento esecutivo, basato sulla
mera imitazione di un solo tipo di esecuzione e dalla mancanza, quindi, di un
coerente sviluppo della creatività e della originalità. Un dato di fatto è certo: i
bambini giapponesi praticano musica in proporzione molto maggiore rispetto ai loro
coetanei italiani o americani.
L’esistenza di capacità di canto molto raffinate in certi gruppi culturali (fra gli
Ungheresi influenzati dal metodo di Kodaly o fra i membri della tribù Anang in
Nigeria) e di prestazioni strumentali di qualità similmente elevata fra i violinisti
ebrei russi o fra i suonatori del gamelan a Bali, suggerisce che la competenza
musicale non sia solo un riflesso di una capacità innata, ma sia suscettibile di
stimolazione culturale e di addestramento.
In questo senso, l’ascolto e la produzione di musica possono rappresentare uno
stimolo nello sviluppo cognitivo dell’individuo e nella sua maturazione psicologica;
un avvio precoce alla fruizione musicale costituisce una partenza vantaggiosa per
lo sviluppo psicologico, sociale e intellettuale del bambino.
Vale la pena qui di ricordare quanto solitamente nell’educazione sensoriale l’udito
sia abbastanza trascurato, con grave danno dell’attenzione e delle capacità
mnemoniche stesse. È più probabile che si dica al bambino: guarda questo, o
quest’altro, vedi quella cosa, o quel colore, sviluppando così prevalentemente il suo
senso visivo, che non: Senti quel rumore, Ascolta questo suono, a tutto svantaggio
del senso uditivo. Lo sviluppo del senso uditivo accresce la capacità attentiva,
stimola i processi di identificazione, di associazione e di discriminazione, obbliga
alla riflessione, al ragionamento e alla formulazione del pensiero.
A tal fine, si devono programmare interventi educativi che favoriscano la
concentrazione attenzionale dei bambini per il riconoscimento e la discriminazione
dei suoni, lo sviluppo della loro memoria uditiva e associativa, la padronanza delle
loro capacità di analisi delle principali qualità di un suono (altezza, intensità,
timbro), l’affinamento delle abilità percettivo-motorie e l’autocontrollo dei
movimenti nell’ascolto di facili pezzi musicali.
A volte molti studenti presentano notevoli difficoltà ad inserirsi nel gruppo classe, a
comunicare. Stabilire, anche solo con approssimazione, quali possano essere i
motivi di simili comportamenti, non è metodologicamente semplice.

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La musica può essere utilizzata come strumento diagnostico ed operativo per
conoscere le ragioni delle inibizioni degli alunni che ritardano il loro processo di
socializzazione e di apprendimento. Studi statistici hanno comprovato che le
educazioni estetiche, inserite in un valido programma educativo, risultano fattori
deterrenti in situazioni di devianza o di difficoltà di integrazione; sono in grado,
per le peculiarità proprie dell’arte, di colmare disagi e carenze relazionali e
affettive, che possono accompagnare l’esistenza di un individuo, soprattutto in
alcuni periodi critici, come l’adolescenza. È auspicabile, quindi, che l’intero
sistema di formazione introduca, in modo ciclico e organico, l’insegnamento delle
educazioni estetiche e, in particolar modo, renda curricolari moduli educativi
legati alla musica, al teatro e alla danza, ambiti in cui possono avviarsi a
maturazione processi cognitivi e relazionali legati al controllo psicofisico e a
dinamiche emotivo-comunicazionali. Utilizzando in questi campi anche strategie
metodologiche correlate alle tecniche psicoanalitiche (presenti in larga misura
anche in quelle musicoterapiche), si possono far raggiungere elevati gradi di
competenza relativi ad un ascolto consapevole, a corrette dinamiche corporee e ad
una articolata e sciolta espressività verbale ed oratoria, che divengono il veicolo di
mature relazioni sociali e professionali.

L’ascolto della musica, investendo tutta la personalità, provoca reazioni senso-


motorie, emotive, espressive che servono a scaricare le energie istintuali, a
sbloccare situazioni paralizzanti della vita psichica, a determinare la distensione
del sistema nervoso e quindi a ristabilire un equilibrio psicologico nell’individuo”
[…] “porta alla superficie della coscienza ricordi di persone o di situazioni che
possono aver bloccato o inibito il libero dispiegarsi dei nostri meccanismi
psicologici.
Un possibile percorso formativo, legato al nostro sistema di educazione scolastica,
che cerca di tenere conto delle specificità dell’intelligenza musicale, è rappresentato
dall’idea di un laboratorio musicale permanente, in cui creare una rete di
collegamenti con enti del territorio, e realizzare percorsi didattici specifici per ogni
ordine e grado d’istruzione.

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