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2.

3 Educare al comprendere: le teorie psicopedagogiche di Gardner,

Spiro e Papert

2.3.1 Howard Gardner: intelligenze multiple e nuove tecnologie

Gardner, psicologo e ricercatore presso l’Università di Harvard, ha sviluppato nel corso

degli anni’80 la teoria delle ‘intelligenze multiple’.

Negando il concetto unitario di intelligenza, afferma nel saggio Formae mentis1, l’esistenza

di varie competenze intellettive umane, relativamente indipendenti tra loro, plasmate e

combinate da individui e culture in modi adattivi diversi. Ciascuna intelligenza viene infatti

concepita come un potenziale, come “la capacità di risolvere problemi, o di creare prodotti,

che siano apprezzati all’interno di uno o più contesti culturali”2.

Criterio basilare per la definizione delle singole intelligenze è la possibilità di isolamento.

Un tipo di intelligenza, per essere specifico, deve infatti dimostrare la propria relativa

indipendenza dalle altre in modo tale che, al variare dell’entità di qualcuna di queste, non

venga perturbato il suo stato.

Gardner individua quindi sette tipi di diverse intelligenze: quella linguistica, musicale,

spaziale, logico-matematica, corporeo-cinestetica, interpersonale e intrapersonale.

Si tratta di una gamma di abilità umane distinte, considerate utili e importanti nell’ambito di

diversi contesti culturali. Secondo Gardner è dunque possibile “individuare dei ‘pacchetti’

separati di operazioni mentali, ciascuno fondato su una base biologica distinta [...] e

ciascuno avviato a un indipendente percorso evolutivo, sensibile a stimoli educativi e

ambientali diversi”3.

1 H. Gardner, Formae mentis, Milano, Feltrinelli, 1987.


2 Ivi, p. 10.
3A. Bombi, “Lo sviluppo cognitivo”, in Manuale di psicologia dello sviluppo, a cura di A. Fonzi, Firenze,
Giunti, 2001, p. 189.
1
Partendo da questo presupposto, egli delinea ‘otto criteri o segni’, sulla base dei quali si

può giudicare una possibile intelligenza. La definizione di intelligenza spetta infatti a quelle

competenze umane, che riescano ad assolvere un numero elevato di criteri.

Gli otto segni distintivi di un’intelligenza sono:

• La tendenza a materializzarsi in un sistema di simboli

Partendo dalla considerazione che “gran parte della rappresentazione e

comunicazione umana di conoscenza ha luogo attraverso sistemi di simboli”4 e che

questi sono essenziali in tutto il mondo per la sopravvivenza umana e lo sviluppo di

attività produttive, Gardner indica come caratteristica primaria dell’intelligenza la

sua propensione a codificarsi in un sistema di simboli.

• Le prove a sostegno fornite da compiti psicologici sperimentali

La psicologia cognitiva può formulare modelli capaci di spiegare quali abilità siano

alla base di un determinato tipo di intelligenza e successivamente cercare un

riscontro sperimentale di questi modelli. “Particolarmente ricchi di indicazioni sono

gli studi di compiti che interferiscono (o non interferiscono) fra loro; compiti che

possono trasferirsi (o no) in contesti diversi”5.

• Le prove a sostegno fornite da risultati psicometrici

I risultati di esperimenti psicometrici possono contribuire ad avvalorare delle

formulazioni teoriche riguardo certe facoltà, aumentando la credibilità della teoria

delle intelligenze multiple.

4 H. Gardner, Formae mentis cit., p. 86.


5 Ivi, p. 85.
2
• L’isolamento di facoltà in conseguenza di danno cerebrale

Quando una facoltà particolare può essere distrutta o conservata isolatamente, in

presenza di un danno cerebrale, è probabile che si tratti di un’intelligenza

autonoma.

• Una storia di sviluppo caratteristica

Un’intelligenza deve avere una propria storia di sviluppo identificabile. La sua

identificazione e l’analisi della sua disponibilità ad essere modificata attraverso

l’apprendimento assumono notevole importanza nella definizione dei tratti

caratteristici di questa intelligenza.

• Storia evolutiva e plausibilità evolutiva

“Un’intelligenza specifica diventa più plausibile quando è possibile localizzarne gli

antecedenti evolutivi”6. Assumono dunque importanza l’identificazione e lo studio

dei fattori che hanno determinato lo sviluppo delle diverse intelligenze

caratterizzanti la specie umana.

• Un’operazione centrale identificabile

Secondo Gardner, ciascuna intelligenza può essere definita “un meccanismo o

sistema di computo neurale geneticamente programmato per essere attivato da

certi tipi d’informazione, presentata da fonti interne o esterne”. Partendo da questo

presupposto, diviene quindi cruciale cercare di identificare le operazioni centrali,

localizzare il substrato neurale e dimostrare l’effettiva separazione delle diverse

aree.

• Individui con un profilo diseguale di abilità e deficit

Numerose informazioni possono essere fornite dallo studio di individui che

presentino un profilo molto diseguale di abilità e deficit. Si tratta dunque di individui

in cui un’area di competenza risulta superiore al livello medio delle altre o di

6 H. Gardner, Formae mentis cit., p. 85.


3
individui in cui si può constatare l’esistenza di un’unica competenza all’interno di un

quadro cognitivo mediocre (individui ritardati, autistici). Attraverso lo studio di questi

casi è quindi possibile individuare l’esistenza di una specifica intelligenza.

Le sette intelligenze

La prima forma di intelligenza trattata da Gardner è l’intelligenza linguistica, la

“competenza intellettuale che sembra più ampiamente e più democraticamente condivisa

fra gli esseri umani”7. Le operazioni centrali che la caratterizzano sono: la sensibilità per la

fonologia (suoni delle parole e loro interazioni musicali), la padronanza della sintassi

(regole che governano l’ordinamento delle parole) e la conoscenza delle funzioni

pragmatiche del linguaggio, dei diversi usi a cui può essere adibito (trasmissione delle

informazioni, convincimento, piacere).

Un’altra competenza intellettuale che trova origine nella sfera uditiva-vocale è l’intelligenza

musicale. Come il linguaggio, la musica è infatti una “competenza [...] a sé, una

competenza che non dipende da oggetti fisici nel mondo”8, ma che “può essere elaborata

in un grado considerevole semplicemente attraverso l’esplorazione e lo sfruttamento del

canale uditivo-vocale”9. Le abilità centrali che sono alla base della competenza musicale

sono: la capacità di produrre e apprezzare melodie e ritmi (suoni emessi a certe frequenze

uditive e raggruppati secondo un sistema prescritto). A queste si affianca la sensibilità ai

valori estetici e all’espressività musicale.

Differentemente dalle capacità linguistiche e musicali, la competenza definita da Gardner

intelligenza logico-matematica può essere ricondotta ad un confronto con il mondo degli

oggetti. Facendo riferimento alla teoria dello sviluppo del pensiero logico-matematico di

7 H. Gardner, Formae mentis cit., p. 98.


8 Ivi, p. 142.
9 Ibidem.
4
Piaget, Gardner infatti ritiene che “nel confrontare oggetti, nell’ordinarli e riordinarli e nello

stimarne la quantità, [...] il bambino piccolo consegue la sua conoscenza iniziale e più

fondamentale sull’ambito logico matematico”10. Partendo dunque dal presupposto che le

origini dell’intelligenza logico-matematica si riconducono alle azioni dei bambini sul mondo

fisico, Gardner indica nell’astrazione, nell’intuizione e nella capacità di utilizzare lunghe

catene di ragionamenti logici, i principali elementi caratterizzanti questa forma di

intelligenza. Al centro dell’abilità matematica vi è quindi la capacità di scoprire idee

promettenti, riconoscere problemi significanti e saperli successivamente risolvere.

Una seconda competenza che trae origine dall’interazione dell’uomo con gli oggetti è

l’intelligenza spaziale. Contrariamente all’intelligenza logico-matematica, caratterizzata da

una traiettoria di sviluppo indirizzata verso una crescente astrazione, l’intelligenza spaziale

rimane connessa al mondo degli oggetti e alla loro posizione nel mondo.

Le abilità che la contraddistinguono sono: la “capacità di percepire il mondo visivo con

precisione, di eseguire trasformazioni e modifiche delle proprie percezioni iniziali e di

riuscire a ricreare aspetti della propria esperienza visiva, persino in assenza di stimoli fisici

rilevanti”11.

La terza forma di competenza fondata sugli oggetti è l’intelligenza corporeo-cinestetica.

Le componenti centrali che la caratterizzano sono il controllo dei propri movimenti corporei

e la capacità di maneggiare abilmente gli oggetti. Si tratta dunque di capacità che

consentono all’individuo di “usare il proprio corpo in modi molto differenziati e abili, per fini

espressivi oltre che concreti”12.

Le ultime due forme di intelligenza individuate da Gardner sono le intelligenze personali,

rappresentate dall’intelligenza intrapersonale e da quella interpersonale.

10 H. Gardner, Formae mentis cit., p. 149.


11 Ivi, p. 193.
12 Ivi, p. 227.
5
L’intelligenza intrapersonale è rivolta verso la sfera interiore ed è caratterizzata dalla

capacità centrale di riuscire ad accedere alla propria vita affettiva, all’ambito dei propri

affetti e delle proprie emozioni.

Consiste infatti nella capacità di discriminare e classificare i propri sentimenti e di usarli

successivamente come strumenti di comprensione e di guida delle proprie azioni.

Contrariamente alla forma intrapersonale, rivolta verso l’interno, l’intelligenza

interpersonale è rivolta verso l’esterno, verso gli altri individui. La sua capacità centrale

consiste dunque nell’abilità a saper individuare e distinguere gli stati d’animo, le emozioni,

i caratteri, le intenzioni e i desideri degli altri.

Educazione delle intelligenze

Gardner ipotizza con la teoria delle intelligenze multiple “l’esistenza di una serie ristretta di

potenziali intellettuali umani, [...] di cui ognuno di noi è partecipe in virtù dell’appartenenza

alla specie umana”13. La trasmissione ereditaria e l’educazione ricevuta determinano

quindi l’emergere delle diverse competenze in ogni individuo e lo svilupparsi di alcune di

queste, in forma superiore, soltanto in un numero limitato di individui.

Differenziano tra loro gli esseri umani infatti “il vigore di queste intelligenze - il cosiddetto

profilo delle intelligenze - e i modi in cui esse vengono chiamate in causa e combinate tra

loro per portare a termine i vari compiti”14.

L’incontro tra ambiente e capacità innate consente alle intelligenze di attuarsi in ogni tipo

di attività simbolica, dalla percezione alla creazione di simboli, sino all’uso di sistemi

simbolici differenti. L’istruzione viene quindi concepita da Gardner come educazione alle

intelligenze attraverso la loro rappresentazione nei numerosi sistemi forgiati dalla cultura.

13 H. Gardner, Formae mentis cit., p. 299.


14 Id., Educare al comprendere, Milano, Feltrinelli, 1993, p. 21.
6
Il riconoscimento dell’esistenza di una molteplicità di modi in cui le conoscenze vengono

rappresentate, acquisite e utilizzate, porta Gardner a tracciare il paradigma

‘dell’educazione al comprendere’. Si tratta dunque di un’educazione volta alla

realizzazione di un sistema educativo più efficace, in cui ciascun allievo possa conseguire

una reale comprensione di ciò che viene insegnato, possa trasferire in contesti nuovi le

informazioni acquisite e possa sviluppare la capacità di indagare autonomamente i diversi

campi del sapere. Gardner indica, come presupposto essenziale per la realizzazione del

suo modello educativo, l’identificazione in età precoce del profilo intellettivo e delle

propensioni di ciascun individuo.

L’educatore, grazie all’acquisizione di queste conoscenze, può successivamente tracciare

un piano di studi indirizzato a valorizzare le doti più spiccate, compensare i punti deboli o

tentare di lavorare in entrambe le direzioni. Nel caso di un allievo dotato di grande talento,

può essere quindi sufficiente “permettergli di lavorare direttamente con un maestro

riconosciuto, in una sorta di relazione di apprendistato”15. Differentemente, nel caso di un

di un individuo con abilità modeste o gravato da patologie, diviene necessario “escogitare

speciali macchine, meccanismi o altri mezzi mediante i quali presentargli l’informazione

[...] in modo tale da sfruttare le sue capacità intellettuali, aggirando [...] le sue

debolezze”16.

La teoria pedagogica di Gardner rappresenta quindi una sfida nei confronti dei sistemi

educativi basati sulla certezza che tutti gli individui sono in grado di apprendere le stesse

nozioni allo stesso modo e che il processo di apprendimento può essere valutato

attraverso un criterio uniforme e universale. La scuola promossa nel saggio Educare al

comprendere è quindi centrata sull’individuo, sulla sua età, sul suo profilo intellettivo e

sull’ambiente culturale di appartenenza. Si attua quindi un passaggio da un sistema

15 H. Gardner, Formae mentis cit., p. 409.


16 Ibidem.
7
educativo tradizionale, caratterizzato dalla valorizzazione dell’intelligenza linguistica e

logico-matematica, ad una scuola che si prefigge la valorizzazione e lo sviluppo di tutte le

diverse forme di intelligenza. Per il conseguimento di questo obiettivo, Gardner propone

un metodo didattico in cui assumono un ruolo centrale la pratica dell’apprendistato e la

promozione di attività extrascolastiche (laboratori, visite a musei attivi).

L’apprendistato infatti, favorendo un apprendimento significativo e contestualizzato, viene

considerato come “il metodo di istruzione che valorizza più efficacemente i canali di

apprendimento della maggior parte dei giovani”17. Le caratteristiche peculiari che lo

contraddistinguono sono: il fornire un’informazione ricca, esplicitamente legata alle

prestazioni e ai prodotti finali rilevanti per la società; il permettere ai giovani di lavorare a

stretto contatto con figure professionali qualificate e la possibilità di esercitare il tutoraggio

tra pari. Gardner delinea quindi un modello di scuola elementare in cui i bambini abbiano

l’opportunità di sperimentare ambienti educativi che favoriscono la scoperta e

l’esplorazione. Il piano di studi elementare prevede infatti la frequenza a diverse attività di

apprendistato, svolte in gruppi di lavoro, comprendenti studenti di età variabile e dotati di

un livello differente di competenza. Scopo di queste attività è l’acquisizione da parte dei

bambini di “abilità di base richieste dalla cultura di appartenenza: leggere e scrivere nella

lingua o nelle lingue dominanti, compiere operazioni matematiche o di calcolo, possedere i

sistemi nozionali che entrano in gioco nelle varie attività lavorative e di svago”18.

I bambini hanno quindi l’opportunità di lavorare quotidianamente con diversi materiali

adatti a sollecitare l’uso delle varie intelligenze e delle loro combinazioni.

Nell’ambito di un ambiente di apprendimento così concepito, le nuove tecnologie

assumono un ruolo rilevante. Il computer può infatti contribuire sia a “trovare la giusta

17 H. Gardner, Educare al comprendere cit., p. 134.


18 Ivi, p. 211.
8
corrispondenza fra individui e modi di istruzione”19 sia a promuovere in misura significativa

l’apprendimento. Esso infatti permette di tracciare più facilmente e rapidamente il profilo

intellettuale di uno studente, suggerendo in seguito programmi e itinerari pedagogici

appropriati. Il computer può essere inoltre un fattore vitale nel facilitare il processo

d’istruzione effettivo, aiutando gli individui a raggiungere con i propri ritmi e le proprie

abilità i maggiori risultati possibili. Secondo Gardner infatti, la grande promessa della

tecnologia è quella di individualizzare e personalizzare l’educazione. Attraverso l’utilizzo

delle nuove tecnologie, la scuola ha quindi la possibilità di fornire a ciascuno compiti

conformi alle proprie capacità intellettive, contribuendo a valorizzare le potenzialità

individuali.

19 Id., Formae mentis cit., p. 413.


9
2.3.3 Seymour Papert: il costruzionismo e l’ideazione di Logo

Seymour Papert, scienziato del MIT, partendo dal presupposto che “la tendenza a

sopravvalutare il ragionamento astratto costituisce un grosso ostacolo al progresso nel

campo dell’istruzione”20, ha sviluppato a partire dagli anni ’60 il linguaggio di

programmazione Logo.

Papert, attraverso l’ideazione di Logo, si prefigge quindi di delineare una nuova

concezione educativa in cui le tecnologie informatiche possono assumere un ruolo

centrale e possono ”fornire ai bambini nuove possibilità di apprendere, di pensare, di

arricchirsi sia sul piano affettivo che su quello cognitivo”21. Alla scuola tradizionale,

caratterizzata da un approccio educativo istruzionista, in cui le conoscenze astratte

vengono trasmesse direttamente, Papert contrappone il modello didattico del

costruzionismo. Esso si basa sull’assunto che gli studenti devono scoprire da soli le

conoscenze di cui hanno bisogno, assimilandole inizialmente in forma concreta e poco

generale e procedendo successivamente alla loro astrazione e generalizzazione.

Per il conseguimento di questo obiettivo è necessario che la scuola offra ambienti

educativi nuovi che permettano ai bambini di apprendere attraverso la manipolazione della

realtà, facilitando quindi il processo di apprendimento attraverso la scoperta e l’invenzione.

Papert individua nelle nuove tecnologie informatiche gli strumenti che possono favorire lo

sviluppo di un apprendimento significativo e attivo. Il computer infatti viene considerato

non solo come “un ennesimo potente strumento pedagogico”22, ma come un’innovazione

capace di avere conseguenze di notevole importanza sullo sviluppo intellettuale.

20 S. Papert, I bambini e il computer, Milano, Rizzoli, 1994, p. 150.


21 Id., Mindstorms, Milano, Emme edizioni, 1984, p. 24.
22 Ivi, p. 27.
10
Muovendo dalla teoria degli stadi di Piaget, secondo cui lo sviluppo cognitivo è

caratterizzato dal succedersi del pensiero formale al pensiero concreto, Papert ritiene il

computer capace di rendere concreto il formale. Esso infatti può fornire “i mezzi per

affrontare quello che Piaget [...] considera come l’ostacolo da superare per passare dal

pensiero infantile al pensiero adulto”23. Il computer permette dunque di raggiungere,

attraverso un approccio concreto, conoscenze che normalmente possono essere acquisite

soltanto mediante processi formali. Grazie all’apporto delle nuove tecnologie, la scuola ha

l’opportunità di modificare sostanzialmente i processi di apprendimento, adottando una

metodologia nuova basata sulla comprensione mediante l’esercizio del pensiero concreto.

Logo nasce quindi come un sistema aperto, utilizzabile per l’apprendimento di argomenti

differenti. Esso, incoraggiando un apprendimento attivo basato su prove ed errori, offre ai

bambini “la possibilità di passare dall’apprendimento dell’età prescolare all’istruzione vera

e propria in modo più personalizzato, più negoziabile, più graduale”24. Ricorrendo a

Piaget e al concetto secondo cui i bambini sono essi stessi costruttori delle loro strutture

intellettuali e possessori del dono innato dell’imparare, Papert si prefigge l’obiettivo di far

raggiungere agli studenti ‘un apprendimento senza insegnamento’. Il bambino infatti,

attraverso l’appropriazione e l’utilizzo dei materiali che trova attorno a sé, dei modelli e

delle metafore proposte dalla cultura circostante, diviene un costruttore attivo delle proprie

strutture intellettuali. Attraverso l’utilizzo di ambienti informatici che imitino il modo naturale

in cui i bambini imparano a parlare, Papert ritiene che “gran parte, se non tutte le

conoscenze che oggi le scuole cercano di impartire con tanta fatica [...] e limitato

successo, saranno apprese, così come il bambino impara a parlare, senza sofferenza, con

pieno successo e senza un’istruzione organizzata”25.

23 Ibidem.
24 Id., I bambini e il computer cit., p. 24.
25 Id., Mindstorms cit., p. 15.
11
Per semplificare la familiarizzazione dell’utente con il linguaggio informatico, Papert

introduce un nuovo elemento: la tartaruga, un animale cibernetico controllato dal

computer. La tartaruga è infatti un oggetto ideato per programmare e capace di recepire

una serie di semplici istruzioni. Logo quindi, introducendo l’idea della programmazione

attraverso la metafora dell’insegnamento alla tartaruga di una nuova parola, sviluppa nel

bambino la capacità di programmare un computer. Papert inoltre, muovendo

dall’affermazione secondo cui “imparare ad essere un esperto programmatore significa

diventare estremamente abile nell’isolare e correggere i bugs, vale a dire nel saper

snidare quelle parti del programma che gli impediscono di funzionare”26, evidenzia come

lo sviluppo dell’abilità di programmazione conduce ciascun bambino a riflettere sul proprio

modo di pensare. Ne consegue una concezione del computer come ‘oggetto per pensare’,

come strumento necessario per la conoscenza del proprio funzionamento cognitivo e per

la realizzazione di funzioni metacognitive efficaci, presupposti essenziali per il

conseguimento di un apprendimento significativo.

Il computer e lo sviluppo dell’apprendimento sintonico

Papert, muovendo dalla constatazione “della scissione schizofrenica della nostra cultura

tra conoscenze scientifiche e conoscenze umanistiche”27, ritiene che le nuove tecnologie

informatiche possono assumere un ruolo centrale nel processo di abbattimento del muro

che separa le due culture. Per il raggiungimento di questo risultato, è fondamentale

l’analisi dello stato della matematica nella cultura contemporanea, la constatazione di una

diffusa paralisi intellettuale di fronte a problemi matematici rudimentali e la promozione di

una nuova didattica di questa materia.

26 Ivi, p. 29.
27 Ivi, p. 45.
12
In opposizione al modello di apprendimento meccanico e dissociato della matematica,

dominante nella scuola attuale e caratterizzato dalla trattazione della materia “come se

non avesse alcun significato”28, Papert elabora il progetto Matelandia, basato

sull’apprendimento della matematica attraverso l’ambiente Logo. Esso, estendendo al

campo matematico “il tipo di apprendimento naturale piagetiano che spiega il successo dei

bambini nell’imparare la lingua materna”29, propone un modello di apprendimento

connesso ad altre forme di conoscenza e basato su diverse attività, sia fisiche che

intellettuali. La Geometria della Tartaruga presenta un uso del computer completamente

innovativo, volto alla creazione di una nuova didattica della matematica, adattabile alle

caratteristiche intellettuali e alle esigenze dei bambini.

Il progetto Matelandia risulta dunque essere caratterizzato da un concetto di matematica

basato su tre principi: quello di continuità, di potenza e di risonanza culturale. Secondo

questi tre principi, “la matematica deve presentare una continuità con le conoscenze

personali ben consolidate [...] deve permettere a chi apprende di concepire progetti

personali carichi di significato [...] deve avere senso in un più ampio contesto sociale”30.

Viene quindi favorito lo sviluppo di un apprendimento sintonico, strettamente ancorato alle

conoscenze e alle abilità che il bambino già possiede e mosso dalla volontà di dare un

senso a ciò che deve essere appreso. Contrariamente al metodo scolastico tradizionale,

finalizzato alla verifica di meccanismi e nozioni, gli allievi che operano nei microcosmi

tartaruga acquisiscono la capacità di scoprire i fatti, fare generalizzazioni e imparare

procedimenti, presupposti fondamentali per la comprensione effettiva di ciascun dominio

del sapere. Il conseguimento di questo risultato è secondo Papert strettamente legato

anche al mutare dei ruoli dei soggetti all’interno dei microcosmi Logo. L’ambiente infatti

28 Ivi, p. 55.
29 Ibidem.
30 Ivi, p. 62.
13
viene progettato per promuovere “interazioni più intense e più profonde di quelle che si

osservano nelle scuole attuali”31 e favorire il processo di scambio di idee e istruzioni tra

bambini coinvolti nella medesima attività. Si realizza quindi un ambiente di apprendimento

in cui ciascuna attività è condivisa da principianti ed esperti, il flusso delle idee e delle

istruzioni non è più a senso unico e il tutoraggio tra pari diviene un comportamento diffuso

in ogni classe.

Papert, attraverso le nuove tecnologie e l’ideazione degli ambienti Logo, persegue dunque

l’obiettivo di riorganizzare il sapere in nuove forme e riformulare le materie di studio

tradizionali. Il computer infatti è visto come un oggetto capace di realizzare un ambiente

intellettuale in cui vengono privilegiati i processi, si sviluppano linguaggi che descrivono i

processi, si riformulano le vecchie conoscenze in nuovi linguaggi e conseguentemente si

creano le condizioni favorevoli all’abbattimento delle barriere tra le diverse discipline.

La sfida lanciata dal pensiero di Papert consiste “nel far progredire l’arte di adattare gli

elaboratori alle culture destinate a riceverle, affinché essi possano servire a unificare,

possibilmente senza uniformarle, le subculture particolari che coesistono dando prodotti

culturali contrastanti nella società contemporanea”32.

2.3.2 Rand Spiro: la Teoria della Flessibilità Cognitiva e l’uso di ipermedia

La Teoria della Flessibilità Cognitiva, elaborata da Spiro, ricercatore presso l’Università

dell’Illinois, “può essere considerata come reazione alla tendenza, pervasiva

nell’insegnamento, di sovra-semplificare i concetti complessi, anche attraverso un uso

improprio (e riduttivo) dell’analogia”33. Si prefigge dunque, attraverso un apprendimento

31 Ivi, p. 192.
32 Ivi, p. 195.
33 B. Varisco, “Nuove tecnologie tra teoria e pratica didattica”, in Apprendimento e Nuove strategie educative
cit. , p. 92.
14
avanzato, lo sviluppo in ciascun allievo della flessibilità cognitiva, intesa come abilità a

ristrutturare spontaneamente le proprie conoscenze in molti modi. Presupposto essenziale

per il conseguimento di una comprensione profonda della complessità è quindi “una

rappresentazione della conoscenza mediante multiple dimensioni, perseguibile attraverso

multiple spiegazioni, multiple analogie, multiple dimensioni di analisi”34.

La rappresentazione di un dominio di conoscenza, attraverso l’uso di svariati casi e

analogie, permette di comprendere come ciascun singolo concetto può avere diversi

significati e può essere applicato in contesti differenti. Il mettere in risalto la variabilità

concettuale di ciascun dominio, attraverso un apprendimento non teorico, astratto e privo

di generalizzazioni eccessive, ma basato sull’analisi di numerosi casi concreti applicati alla

realtà, permette lo svilupparsi in ogni allievo della flessibilità cognitiva. Questa capacità

rende ciascun individuo capace di riadattare e applicare le conoscenze precedentemente

acquisite a contesti differenti e nuovi.

La tecnologia ipermediale viene indicata da Spiro come ambiente di apprendimento che

favorisce la flessibilità cognitiva. Essa infatti, attraverso l’approccio per casi, permette

un’esplorazione non lineare, multidimensionale e poliprospettica del dominio di

conoscenza. Come corollario tecnologico della Teoria della Flessibilità Cognitiva vengono

quindi sviluppati i CFHs (Cognitive Flexibility Hypertexts), ambienti di apprendimento

caratterizzati “dalla generazione automatica di sequenze di casi e l’identificazione [...] delle

connessioni ipertestuali”35, non definite a priori ma generate durante l’esplorazione

dell’ambiente.

34 Ibidem.
35 Ivi, p. 94.
15
16

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