Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
PARTE PRIMA
LA DIDATTICA SPECIALE E LE SUE PROBLEMATICHE
1
promuovendo: collaborazione, formazione attenta dei docenti, creazione di uno staff
capace, obiettivi elevati.
2
Occorre un cambiamento rispetto alla didattica tradizionale: lezioni frontali,
spiegazioni alla cattedra, interrogazioni quotidiane, verifiche periodiche, pagelle.
3
I PILASTRI.
Quando uno studente incontra un educatore valido, la sua intera vita può cambiare in
meglio. Ecco quali sono i pilastri fondamentali su cui fondare la gestione della classe:
• Gestire la classe non è solo mantenere la disciplina, ma essere presenti in modo
efficace: dare la sensazione agli allievi che nulla sfugge all’insegnante, che non tende
a controllarli, ma a stare con loro.
• Utilizzare il controllo prossimale: è una strategia educativa d’intervento che mira a
contenere i comportamenti anomali, avvicinandosi fisicamente all’allievo.
• Il ruolo dell’effetto onda: richiamare chi non rispetta le regole, non per agire sul
singolo, ma per produrre un effetto su tutta la classe.
• La comunicazione deve essere chiara e precisa.
• La dominanza: non bisogna essere del tutto autoritari, ma nemmeno troppo
indulgenti. Occorre agire con naturalezza ed esercitare allo stesso tempo una guida
trainante.
• La comunicazione non verbale: utilizzare il proprio corpo per esprimere messaggi,
ad esempio la comunicazione oculare.
• Utilizzo sapiente della propria voce: il linguaggio verbale è essenziale (il tono, la
modulazione, la cadenza, le pause, il volume la chiarezza, non essere monotoni… ).
• Valorizzare gli allievi: anche quando fanno giusto è bene evidenziarlo e lodarli per
ammentarne le motivazioni.
• Slancio e scorrevolezza: richiamare con impeto l’attenzione iniziale e mantenerla
continua e scorrevole.
• Impostare più attività contemporaneamente: di fronte alla diversità della classe,
questo è essenziale.
• Impostare una continua diversificazione nella proposta didattica: stare attenti alla
monotonia delle attività, promuovendone sempre di nuove, attrattive, magari con l’uso
delle tecnologie.
4
e riconoscibile), tolleranza all’errore, contenimento dello sforzo fisico, misure e spazi
idonei.
Per la rappresentazione:
• il maestro deve ridurre le barriere che ostacolano l’accesso alle informazioni;
• deve offrire modalità idonee per personalizzare l’esposizione delle informazioni
(colore del testo, carattere grafico...);
• deve offrire alternative per le informazioni uditive (testi con immagini, sottotitoli…);
• offrire alternative per le informazioni visive (fornire descrizioni scritte il linguaggio
braille, fornire oggetti fisici e modelli spaziali);
• chiarire il significato di vocaboli e simboli, chiarire sintassi e strutture, utilizzare i
media.
ADATTAMENTI.
Occorre adeguare la programmazione alle esigenze dei singoli allievi. Questo non
vuol dire ridurre la programmazione, ma irrobustirla e renderla più accessibile,
puntare sulla partecipazione e la costruzione della conoscenza. Per renderli partecipi si
può chiedere loro di fare connessioni, elaborare quesiti e idee, sintetizzare.
La valutazione è trattata dall’articolo 9 della legge 122/2009: è riferita al
comportamento, alle discipline e alle attività svolte sulla base del PEI; per l’esame
conclusivo del primo ciclo sono previste prove diversificate, in base al PEI; per le
5
scuole superiori ci sono 3 tipologie di prove (una uguale a quella dei compagni, una
equipollente ma con tempi più lunghi, una differenziata).
PARTE SECONDA
6
CAPITOLO 2:
APPRENDIMENTO COOPERATIVO E DIDATTICA METACOGNITIVA
L’apprendimento è facilitato se gli studenti capiscono ciò che apprendono e attuano
strategie di controllo e regolazione del processo, dando vita ad interazioni sociali. È il
caso di due strategie: l’Apprendimento cooperativo e la Didattica metacognitiva.
L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO
Ci sono stati diversi precursori: Platone (con i suoi dialoghi), Quintiliano, Seneca
(Quid docet discet= chi insegna apprende), Abelardo, Comenio (aprendere gli uni agli
altri).
Il mutuo insegnamento nasce con Lancaster e Bell, poi ne fanno uso Tolstoj, Neill.
Dewey ne sottolinea gli aspetti positivi, Freinet, Piaget, Vygotskij (che parla
dell’importanza dell’altro significativo), Bruner (parla di strutture come modelli per
interpretare la realtà e parla dell’Io narratore), Gardner con la sua teoria delle
intelligenze multiple, che parla dell’intelligenza interpersonale.
Comoglio e Cardoso, definiscono il Cooperative Lerning: un insieme di tecniche di
conduzione della classe, in cui gli studenti lavorano in gruppi, e ricevono valutazioni
in base ai risultati. Nell’apprendimento cooperativo si valorizza sia la sfera
individuale che di gruppo, c’è interdipendenza positiva ecc.
IL LEARNING TOGETHER.
Per parlare di apprendimento cooperativo per i fratelli Johnson si devono soddisfare 5
condizioni:
1. Interdipendenza positiva: ciascuno giunge al successo se tutti vi giungono;
2. Responsabilità individuale: tutti devono rendere conto agli altri;
3. Interazione faccia a faccia: il contesto (banchi sedie) deve consentire il confronto;
4. Insegnamento diretto delle abilità sociali;
5. Valutazione individuale e di gruppo: (il monitoring può essere svolto
dall’insegnante o da uno studente incaricato).
7
incoraggiare), chi l’apprendimento (riepilogo, ricerca), chi stimola il gruppo (facendo
valere e chiarendo le idee di tutti).
3. Di risorse: condividono le loro differenti competenze;
4. Di materiali: condividono materiali e informazioni diverse (libri, cartelloni...):
5. Con l’identità: si crea un nome, uno slogan per aumentare l’appartenenza al gruppo.
I docenti devono stare attenti: al contesto, alla celebrazione (fare in modo che si
congratulino tra di loro ed evitino le guerre di gruppo), alla valutazione (sia del
singolo che del gruppo).
8
• l’interazione simultanea (tutti hanno la possibilità di interagire
contemporaneamente);
• equa partecipazione (tutti devono essere incoraggiati a partecipare);
• interdipendenza positiva (legata a compiti, premi, risorse e ruoli).
Ci sono diverse strutture in base agli obiettivi: per la padronanza delle conoscenze, per
le competenze cognitive, per le competenze comunicative.
LA DIDATTICA METACOGNITIVA
Deriva dalla Psicologia Cognitiva, è un’azione didattica flessibile, aperta, attenta alle
peculiarità dei singoli.
Vuole far acquisire abilità metacognitive, cioè rendere l’alunno capace di darsi
obiettivi e affrontare nuovi compiti autonomamente. L’attenzione dell’insegnante è
rivolta a formare le abilità mentali superiori di autoregolazione. Rendere l’alunno
consapevole di ciò che fa e perché lo fa. Il termine metacognizione si attribuisce a
Flavell.
Per lui la metacognizione è una modalità di elaborazione che coinvolge:
• gli attributi personali (autovalutazione delle proprie capacità), caratteristiche del
compito, strategie del compito, strategie per affrontarlo e condizioni nelle quali deve
essere effettuato il compito (ambiente, tempi, difficoltà).
Per metacognizione si intende le conoscenze che il soggetto sviluppa in merito ai
propri processi cognitivi, e il monitoraggio e l’autoregolazione degli stessi.
Abbiamo:
• Le strategie centrali: hanno a che fare con la disposizione dell’allievo nei confronti
del compito;
• Macrostrategie: legate ai compiti più specifici (monitoraggio, verifica e
autovalutazione);
• Microstrategie: consistono nel porsi domande e pianificare le proprie azioni in un
ambito definito.
9
memoria, la percezione, l’attenzione, il ragionamento, le emozioni ecc.
• In una seconda fase deve applicare queste conoscenze alla realtà, alle modalità che
lui usa per apprendere. Si attivano così: introspezione, autoanalisi,
autoconsapevolezza. (Esempio di Einstein che aveva voti bassi, perché nessuno capiva
come arrivasse a certi risultati).
• Dopo di che l’allievo deve organizzare in modo strategico i propri processi cognitivi
(avere chiaro l’obiettivo, confrontare i risultati ottenuti con quelli attesi ecc.).
PARTE TERZA
10
Interattività = è una variante dell’interazione umana, è data dalla sensazione di
relazionarsi col media. Un prodotto multimediale è interattivo se consente all’utente di
intervenire nella fruizione dei contenuti.
• Alla fine degli anni 90 abbiamo la connettività. Il computer è connesso al resto del
mondo grazie a internet. (quarta fase).
Le ICT (information communication tecnologies), in italiano TIC (tecnologie della
comunicazione e dell’informazione), si usano nelle aule ma non necessariamente
determinano un migliore apprendimento. È necessario che gli insegnanti abbiano il
tempo di padroneggiarli.
11
collaborazione e lo scambio. Si possono costruire comunità di lavoro. Il CSL
(computer supported collaborative learning) è un ambito di ricerca che individua nelle
reti telematiche gli strumenti per facilitare i processi di apprendimento.
LE APP.
Sono applicazioni informatiche dedicate ai dispositivi di tipo mobile (smartphone e
tablet).
LA REALTÀ AUMENTATA.
(RA) è una forma di comunicazione molto diffusa che permette di sovrapporre
contenuti digitali, resi visibili con la videocamera di smartphone o tablet, al mondo
reale.
LE SIMULAZIONI NEI LABORATORI ONLINE.
Con simulazione si fa riferimento metodologie educative basate su una finzione, che
riproducono virtualmente situazioni, cose e persone.
I LABORATORI REMOTI.
È un sistema hardware/software che consente agli utenti di interagire con processi
fisici e attrezzature dislocate in altri luoghi, attraverso internet.
LE FLIPPED CLASSROOM.
(Classe capovolta) Si intende che la spiegazione, o parte di essa avviene a casa con
materiali predisposti dal docente (in genere videolezioni), mentre la parte esercitativa
si svolge in classe, con il docente. Il docente passa da trasmettitore a mediatore di
significati. È una forma di blended learning. Così si ottimizza meglio il tempo. Tra i
pionieri abbiamo Bergman e Sams.
12
ll termine Universal design è stato coniato da Mace per definire un metodo progettuale
destinato a realizzare contesti inclusivi. Ciò che risulta progettato per chi ha difficoltà,
sarà adeguato anche agli altri.
13