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Le differenze in primo piano:


dal modello individuale
a quello sociale e delle capacità

Quale idea della diversità poniamo alla base del nostro agire quotidiano nel L'idea di diversità
contesto scolastico? Magari non viene esplicitato in maniera chiara o non è
stato oggetto di una riflessione specifica, ma ogni individuo ha un modello,
delle convinzioni che ha elaborato sulla base della propria cultura di riferi-
mento e delle esperienze di vita. In concreto, se un insegnante è propenso a
ritenere che i problemi manifestati da un suo allievo derivino esclusivamente
dalle condizioni che caratterizzano 1'allievo stesso, dalla presenza di uno o
più deficit, si atteggerà in maniera diversa in confronto al collega più orienta-
to a individuare nell' organizzazione della classe, nelle richieste di apprendi-
mento che vengono formulate e nelle didattiche promosse le fonti principali
delle carenze manifestate.
L'espressione di AdolfRatzka', uno fra i leader principali del Movimento per
la vita indipendente, sintetizza in maniera pregnante questa differenza di ap-
proccio alla diversità: «Non posso accedere agli autobus cittadini perché ho
avuto la polio venti anni fa o perché gli aut~bus non so;o accessibili anche a
chi, come me, ha avuto la polio venti anni fa?».
Nel capitolo prendo in considerazione questi diversi modelli, per espli-
citarli e renderne evidenti le caratteristiche, in quanto sono alla base degli
orientamenti adottati in ogni contesto, compreso quello scolastico. La pro-
spettiva inclusiva ha chiaramente bisogno di un substrato culturale adeguato
per poter prendere corpo, che non si fondi soltanto su una visione di tipo
individuale e clinica, ma che, considerando sicuramente anche i bisogni spe-
ciali degli allievi, sappia coniugarli in una dimensione sociale, finalizzata a
promuovere facilitazioni e a rimuovere le barriere presenti all'interno della
scuola e della classe.
Adottando una schematizzazione senz' altro eccessiva, che ritengo possa
comunque risultare utile per i lettori meno in confidenza con queste argo-

I. Alcune interviste rilasciate da AdolfRatzka, nelle quali sviluppa questa dicotomia fra una visio-
ne individuale e una sociale della diversità, sono reperibili all'indirizzo https://www.independen
tliving.org/ratzka-interviews.html (ultimo accesso IO novembre 2017).

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Didattica speciale e inclusione scolastica

FIGURA 1 I modeLLi deLLadisabilità

~ Individuale
(Medico)

('"c>..) Capacità
(Capobility Approach)
~--'~---'-
~ Sociale
(Disability Studies)

mentazioni, considero i modelli illustrati nella FIG. I, ben consapevole che gli
stessi non sono cosÌ nettamente distinguibili e rappresentabili, avendo molte
aree di sovrapposizione.
Avere chiari questi modelli di riferimento ci può aiutare a inquadrare la poli-
tica dell'integrazione e inclusione scolastica, le prospettive di miglioramento
e il ruolo dell'insegnante inclusivo che andremo a definire nei capitoli suc-
cessivi.
Uno sguardo d'insieme, poco attento ai particolari, potrebbe portarci a ve-
dere il processo di integrazione, sviluppato in Italia in circa quarant'anni di
esperienze, come derivato da un'adesione completa al modello individuale,
attento ai bisogni del singolo, da soddisfare con il ricorso quasi esclusivo a
figure dedicate e, spesso, in contesti separati. Vanno indubbiamente in questa
direzione alcune procedure che caratterizzano un numero non certo sporadi-
co di situazioni, come la richiesta sempre crescente di insegnanti specializzati
e di altro personale dedicato, ai quali delegare il compito educativo riferito a
singoli allievi, con deresponsabilizzazione del resto del corpo docente curri-
colare e la promozione di molte attività didattiche in ambienti diversi dalla
classe, anche quando tale separazione non appare giustificata da obiettivi di
tipo didattico.
Ma la nostra storia dell' integrazione, che ha indirizzato i propri sforzi al
tentativo di evitare qualsiasi forma di discriminazione per gli allievi con di-
sabilità, non è solo questo. Come già detto, nelle situazioni in cui la scelta
strutturale si è coniugata con una progettualità condivisa e disponibile al
cambiamento, la prospettiva si è ampliata con una visione che ha abbracciato
anche altri punti di vista oltre a quelli del modello individuale, contribuendo
cosÌ a promuovere una scuola delle differenze, un contesto, cioè, realmente
inclusivo per tutti.

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2. Le differenze in primo piano: dal modello individuale a quello sociale e delle capacità
(-i,
Y. ModeLLo individuaLe
Il modello individuale, che alcuni definiscono "medico", tende a vedere la La disabilità
?1~.~bll.~f~3~"e un P~~l8~è~e~p'.H~di.re~a~egg;d~ una è un problema
condizione patologica legat~a d~ter,!J.1)Dantinel!.fobi.?logis.he, che richiede dell'individuo
~~_~~S!!.!o spec~fico da E~t~..4Lp..r:Q[f~i9Dis~i. È necessaria, in altre parole,
un' azione - di tipo sia clinico, che riabilitativo, che educativo - in grado di
affrontare le carenze della persona e facilitare un suo adattamento al contesto
sociale di appartenenza.
yi<:ne c91llu_nemente associato con la Classificazione internazionale di me-
nomazioni) disabilita e ha'!.!l:ipf:pdeIr o~s (International Classification of
Impairmen"i;Dìsaliility and Handicap, ICIDH; OMS, 1980). In tale pubblica-
zione veniva fatta 1'importante distinzi-;;0ra menomazione (impairment),
disabilità (disability) e handicap (cfr. FIG: i):-intendendc)'"coh tali concetti:
"---qu:JsiasiP5Jjita ~ a~~~~-;lità a carico di struttl;!re o funzioni psicologi~
che, fisiologiche o anatom(che, che rappresenta la concretizzazione di uno
stato patologk-;; e, in linea di principio, riflette il deficit a livello organico
(menomazione) ;
- la 1!~!t~~on~_0..2:perdita (conseguente a una menomazione) della ca(3.ì
pacità di compiere un' attivitl cOD_mod_alit~che pOSS<ll1~ essere considerate
~ormall'Èéf ùnessere umano. Questa condizione, definita "disabilità", rap-
presenta 1'oggettiv;zi~'n:~-della menomazione e, come tale, riflette disturbi a
livello della persona. La disabilità si riferisce a capacità funzionali estrinseca-
te attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono
aspetti essenziali della vita di ogni giorno;
la c<?l1d~z.!ol}~
..4i svantaggiç>(handicap) vissuta da .una 4~t~E~inata pers~~<l ((.
in conseguenza di una menoma~!2ES <2,(~} ~Da disabilit~, che limita o impedisce
la possibilità di ricoprire il ruolo che sarebbe lecito attendersi da quella persona
in relazione all'età, al sesso e ai fattori socioculturali ...Essaxappre§S:ntal~g-
lizzazione di una menomazione o di una disabilità e come tale riflette le conse-
guenze - culturali, sociili: eco~~~i~h~-~-~~bie~;li - che per 1'individuo deri-
vano dalla presenza della menomazione e della disabilità. Lo svantaggio deriva
dalla diminuzione o dalla perdita delle capacità di conformarsi alle aspettative
o alle norme proprie dell'universo che circonda 1'individuo.
In questa concezione, la distinzione fra menomazione, disabilità e handicap
viene interpretata in termini di relazione tra cause ed effetti: la menomazione
determina la disabilità e la disabilità causa 1'handicap. Volendo fare un esem-
pio, un non vedente è una persona che soffre di una menomazione oculare
che gli procura disabilità nella locomozione e comporta handicap, ad esem-
pio, nella mobilità e nell'occupazione, per citare solo i principali. Quindi,
un'unica condizione di menomazione può dar luogo a più tipologie di di-
sabilità e implicare diversi handicap. Analogamente una certa situazione di
handicap può essere collegata a varie disabilità, che a loro volta possono deri-

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Didattica speciale e inclusione scolastica

FIGURA 2 Concetti fondanti la classificazione ICIDH


J
l"
I Menomazione i I
I
Disabilità I
I
Handicap
I
Livello: organo
o apparato Livello: interazione
funzionale Livello: persona individuo-am biente
'\. '\. '\.
Perdita o anomalia Limiti nello svolgimento Situazione di svantaggio
strutturale o funzionale, di attività secondo che limita o impedisce
sia di tipo fisico, i parametri considerati tipici di giungere alla condizione
che psichico sociale ritenuta adeguata

vare da più tipi di menomazione. Mentre per un individuo la menomazione


ha carattere permanente, la disabilità dipende dall' attività che egli deve eser-
citare e 1'handicap esprime lo svantaggio che ha nei riguardi di altri individui
(i cosiddetti "normodotati"). Un paraplegico avrà certamente un handicap
quando si tratti di giocare al calcio, ma non ne avrà in pratica nessuno nel far
uso di un computer.
Come illustra la TAB. I, 1'IC[PI!.pr~v~.9.~p~)Ve f!1acrocategorieper le lll~no-
mazioni e le disabilità e sette per gli handicap.
La ~~;"i;i;~e apportata all'IcIDH, denominata "ICIDH-2" (OMS, 1997), ha
t~~-;;:t~i correggere 1'impostazione lineare fra i concetti di menomazione,
disabilità e handicap, prop_,?nend~una dinamica più complessa e intropy-
cendo ilconsst~o ~~porta!lte,di partecipazione attiva, che poi sarà centrale
nel modello proposto con 1'ICF (OMS, 1999).
In questo modo si è cominciato a fissare 1'attenzione su aspetti psicosociali
per la definizione della diagnosi, anche se le critiche al modello individua-
le hanno continuato a riguardare il modo di considerare la disabilità come
un problema del singolo, una patologia che riguarda un individuo o una
sfortunata minoranza della popolazione (Oliver, 1990). In altri termini,Ja
disa~i!it.~,:yi.eneconcepita come una mancanza (funzionale),che dev'~~e
<:<?D1pensata i;:;"inò-doda garantire all' individuo una vita ilp!ù possibileyi-
cina a quella tipica. In questa maniera è concreto il rischio che la persona in
~ituazione didisab'ilità o, meglio, la sua identità finisca per essere inglobata e
( confusa con la condizione patologica. SLdetermina una sorta di contrappo-
( ~i~i.onefra quello cb.~y,i.e.u~_c.onsiderato nOImak .e. quanto non lo è, con';-;ii:o
sforzo indirizzato a promuovere le condizioni che possano rendere la persona
in situazione di disabilità il più normale possibile e adattarsi cosÌ all' ambien-
te di vita. Il deficit clinicamente definibile è alla base della disabilità e del

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2. Le differenze in primo piano: dal modello individuale a quello sociale e delle capacità

TABELLA 1 Macrocategorie dell'IcI OH

Categorie delle menomazioni Categorie delle disabilità Classificazione degli handicap

- Menomazioni della capacità intel- - Disabilità nel comportamento - Handicap nell'orientamento


lettiva - Disabilità nella comunicazione - Handicap nell'indipendenza fisica
- Altre menomazioni psicologiche - Disabilità nella cura della propria - Handicap nella mobilità
- Menomazioni del linguaggio persona - Handicap occupazionali
- Menomazioni auricolari - Disabilità locomotorie - Handicap nell'integrazione so-
- Menomazioni oculari - Disabilità dovute all'assetto cor- ciale
- Menomazioni viscerali poreo - Handicap nell'autosufficienza eco-
- Menomazioni scheletriche Disabilità nella destrezza nomica
- Menomazioni deturpanti - Disabilità circostanziali - Altri handicap
- Menomazioni generalizzate, sen- - Disabilità in particolari attitudini
soriali e di altro tipo - Altre limitazioni nell'attività

conseguente disagio sociale: non si può affermare che in questo modello non
vengano esaminate anche le ripercussioni sociali di stati patologici, ma esse
sono sempre considerate alla stregua di fenomeni che conseguono e mai co-
me la causa della disabilità, da ricercarsi invece nella persona.
La politica dell' integrazione scolastica che è stata descritta nel capitolo prece- I L'integrazione
1--- ..
d~te, nei~o-percorso qu~rantennale, _è stata fortemente indirizzata e orientata\ presuppone
da una visione individuale della disabilità, anche se l'evoluzione nel tempo è una visione
stata considerevole, seppure non universalmente distribuita. La messa a dispo- individuale
sizione di insegnanti di sostegno sulla scorta della diagnosi clinica, la richiesta
pressante di un orario coperto da figure specializzate o deputate all'assistenza,
il meccanismo della delega a particolari docenti del compito di rispondere alle
esigenze speciali di alcuni allievi, di fatto, rispondono a una logica che vede il
problema localizzato nella persona e individua le possibilità di progresso con-
nesse soprattutto alla capacità di affrontare direttamente tale deficit.
Anche alcune innovazioni normative dell'ultimo periodo, attuate con 1'in-
tento di promuovere !'inclusione per tutti (come quelle riferite alla tematica
dei BES), corrono il rischio di dare risultati opposti a quelli ricercati se invece
di stimolare una tensione rivolta a individuare e rimuovere gli ostacoli pre-
senti nel contesto scolastico a vantaggio di tutti, sollecitano solo un allarga-
mento della platea di alunni ai quali manca qualcosa, compensabile soltanto
con interventi specifici centrati sui deficit personali.

2. ModeLLo sociaLe

Il modello sociale prende avvio dal1'~ttivismo politico promosso da persone La società


.:z;;;disiliiìi~tt~to nei paesi angG;:ssoni a partire dagli ultimi decen- è disabilitante
ni del sec~IO' scorso, c..QJlfin.tento.di oppoLSialla visione della disabilità come

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Didattica speciale e inclusione scolastica

deficit individ~le o svantaggio causato da menomazioni personali, per cen-


t~areT attenzione sul ruolo disabilitante esercitato dalle barriere socialTtOli-
ver, 1996). In tale prospèttIva_flµocietI-chède-;~'~ssere -;:idi~'~g~at~ffinc~
prenda in considerazione

d.lffrr:s:
nza nei fun.zionamenti umani: . ._..
Detto con Barbuto e colleghi (2.007, p. 44),
o~_
i bisogni delle perssme_con disabilit~: i deficit bio-
logici diventano disabilità perché la società non è attrezzata per a~cogiT~re la

una persona ha una disabilità non perché si muove con una sedia a rotelle, comunica
con il linguaggio gestuale, si orienta con un cane guida, ma perché gli edifici sono
costruiti con le scale, perché si pensa pregiudizialmente che comunicare sia possibile
solo attraverso il linguaggio orale, perché è possibile orientarsi solo attraverso la vista.

In sintesi, nel modello individuale, come abbiamo visto, la disabilità viene


concettualizzata come legame causale fra la menomazione e l'essere disabile;
in quello sociale, ~ntrario, il. problel[la. y,iene m5.~~? in,rslaz;ione _~.R0s2i-
..bjk~~!:.~J9nella determinazione della disabilità, nel momento
in cuigIìstessì si conflgurano sulla base di un'epistemologia sociale abilista.
A entrare in crisi, in sostanza, sono i concetti di norma e di normalità (Me-
deghini, 2.015), intesa dal punto di vista etico come conformità a una regola,
a un modello di riferimento, oppure, dalla prospettiva statistica, come una
frequenza numerica di condizioni e di stati che caratterizzano la maggior
parte delle persone. Non può più essere 1'obiettivo in direzione del quale in-
dirizzare gli sforzi quello di integrarsi nella società cercando di rispettare e
valorizzare la norma, perché in questo modo viene svalutata la devianza da
essa, che invece rappresenta la caratteristica tipica di ogni individuo.
Per mettere in pratica queste idee di fondo,_Oliver (1991) coniò 1'esp.r.es.si..Q!1e
«modello sociale della disabilità», che, di fatto,. non nega 1'importanza o il
valore di interventi appropriati nella vita delle persone con disabilit(bas<lli
~!!a condizione individuale del soggetto, ma indirizza 1'attenzione sJJ.ili.!!li-
~tLdi questi interventi, tesi a favorire 1'inclusione in una società c0r;.:.unque
çosçruita da «soggetti non-disabili» per «soggetti non-disabili» (Barnes,
2.008, p. 92.). Nel modello sociale c'è il deliberato tentativo di spostare 1'at-
tenzione dalle limitazioni funzionali delle persone in situazione di disabili-
tà ai problemi causati dagli ambienti disabilitanti, costituiti da barriere e da
culture che emarginano alcuni individui. Fra queste, oltre agli impedimenti
fisici e architettonici, sono comprese anche la non accessibilità dei sistemi di
istruzione e comunicazione, gli ambienti di lavoro, di trasporto, nonché 1'im-
magine negativa che svaluta le persone con disabilità trasmessa dai media.
L'influenza del modello sociale si è progressivamente consolidata, fino ad as-
sumere un ruolo particolarmente evidente negli organismi internazionali, arri-
vando a indirizzare anche le disposizioni normative e di indirizzo, prima fra tut-
te la Convenzione sui diritti delle persone disabili delle Nazioni Unite del 2.006.

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2. Le differenze in primo piano: dal modello individuale a quello sociale e delle capacità

Da tale quadro teorico di riferimento deriva la disciplina denominata Disability Studies


IJ.i..!!t.!?j!jtyStgdjgs).la quale mette in discussione 1'assunto che lega E~usal:
mente l'avere una men~~~i9.n~.c9n l'esS~re disabile, proponendosi come
obiettivo quello di promuovere il cambiamento della società, nel nostro caso
dell'organizzazione scolastica. Il limite di fondo dei processi messi in atto,
nel nostro paese la politica dell' integrazione, viene visto nella sua attenzione
specifica ai deficit, con una netta differenziazione delle risposte che vengono
concretizzate per allievi con problemi, i quali devono adattarsi a un contesto
classe pensato per i compagni a sviluppo tipico, poco disponibile a modifi-
carsi. Le difficoltà di alcuni allievi, in questo orientamento, non sono negate,
ma considerate una condizione intrinseca con la quale la professione dell' in-
segnante deve confrontarsi, piuttosto che delle mancanze individuali.
In concreto, a livello educativo non ci si deve organizzare per intercettare
i!lisogno c:.5!ucativodeglL~lJifyi "normali:', ma per..rispondere aLbisQgJ}jdi
apprendimento di ciascuno, siano essi ordinari o speciali. In questa prospet-
dv;;,-q;:;'i~di,TBE"sno; so~o-i "bisogni dei diversi", a cui fanno da contraltare
i normali che non presentano tali esigenze, ma costituiscono tutte quelle esi-
genze che rinviano a difficoltà di sviluppo e di apprendimento, temporanee
o permanenti, che possono manifestarsi a prescindere da una condizione di
disabilità. L'ordinaria presenza dei bisogni speciali nelle classi richiede al si-
stema scuola capacità di analisi e di rilevazione, a cui far seguire interventi
mirati di tipo educativo, in grado di garantire a tutti le pari opportunità (La-
scioli,2014).
Le_argpmentazioni sviluppate dagli esponenti dei Disability Studies, in rela~
zione al sistema educativo italiàno, tendon~ a fa'r rilevare come l~ stesso sia
-"-'-- ..... ,_ '.... .~ •• , _',..,- ._', "...."" ,/'C;

ancora
-""'~--" - . di fatto dominato da una visione individuale, che si identifica
~ sostan-
... ,--.,- .". . '-" '-"'~'. -~"
~ialITIente (Medeghini et al., 2013; Bocci, 2013; D'Alessio, 2OII):
- n.~lla centralità e pervasività della diagnosi e dell~..c~rtificazioJ}e cliniça
che rimandano ar graèlo di inabilità come condizione per avere diritto a un
insegnante specializzato per il sostegno o, nel caso dei DSA, per legittimare la
scuola ad adottare forme di aiuto (misure compensative o dispensative);
nella richiesta, çonseguente, di figure specializzate in grado dLoccl!paq,.i
degli specifici problemi, che testimonia come il focus dell'attenzione sia an-
cora saldam-erife centrato sul tentativo di rimuovere le difficoltà degli allievi.
La prospettiva forte che viene rivendicata per uscire da questi condiziona-.
menti è quella inclusiva, in grado di superare le categorie dell' individuale,
dello specialismo e dell' abilismo, tipiche della logica integrativa, in una vi-
sione capace di coniugare 1'esperienza di ogni individuo con le condizioni in
cui essa si sviluppa, considerando anche i vincoli che la società e le istituzioni
pongono, i quali spesso si configurano come barriere per 1'espressione com-
pleta delle potenzialità e delle specificità di ognuno. Il manifesto con le linee
guida elaborate dalla Society far Disability Studies (SDS; cfr. riquadro I) ri-
flette e concretizza questo orientamento.

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Didattica speciale e inclusione scolastica

RIQUADRO 1 Linee guida per gli studi sulla disabilità della SDS

In occasione del suo ventesimo anniversario, la SDS, attraverso un ampio dibattito che ha
coinvolto studiosi afferenti a discipline diverse, ha proposto delle linee guida utili per ogni
programma che si definisca come di Disability Studies:
- un programma di Disability Studiesdovrebbe essere interdisciplinare/multidisciplinare. La
disabilità sta al centro di molte discipline che si sovrappongono e appartengono alle scienze
umane e sociali, agli studi umanistici e a quelli scientifici. I programmi dei Disability Studies
dovrebbero incoraggiare corsi di studi che permettano agli studenti, ai pratici, agli artisti e ai
ricercatori di entrare in contatto con la materia di studio da diverse prospettive disciplinari;
- un programma di Disability Studies dovrebbe mettere in discussione la visione della di-
sabilità come problema individuale, come deficit o difetto tipicamente rimovibile soltanto
con un intervento di carattere medico-sanitario o riabilitativo da parte di "esperti", di altri
servizi o di altri fornitori di servizi specifici. Al contrario, un programma di Disability Studies
dovrebbe esplorare i modelli e le costruzioni teoriche che approfondiscono l'esame dei fattori
sociali, politici, culturali ed economici che definiscono la disabilità e aiutare a determinare
le risposte - sia personali, che collettive - alla diversità. Allo stesso tempo, i Disability Stud-
ies dovrebbero lavorare all'obiettivo primario di destigmatizzare il disagio, la malattia e la
menomazione, comprese quelle forme di disabilità che non possono essere misurate o spie-
gate dalla biologia. Infine, mentre si riconosce che la ricerca e gli interventi medici possono
rivestire una grande utilità, i Disability Studies dovrebbero interrogarsi sulle connessioni tra
la pratica medica e la stigmatizzazione della disabilità;
- un programma di Disability Studies dovrebbe fare oggetto di studio sia le prospettive na-
zionali che internazionali, dovrebbe indagare le scelte politiche, la cultura, dovrebbe spin-
gersi nell'ambito letterario e in quello delle discipline storiche, con l'obiettivo di collocare le
correnti idee sulla disabilità all'interno di un contesto che sia il più ampio possibile. Poiché
gli atteggiamenti nei confronti della disabilità non sono mai rimasti sempre gli stessi nel tem-
po e nello spazio, si può ottenere un risultato enorme imparando da queste altre esperienze;
- un programma di Disability Studies dovrebbe incoraggiare attivamente la partecipazione
degli studenti con disabilità all'interno del programma e dovrebbe assicurare l'accesso sia
fisico che intellettuale alle risorse;
- un programma di Disability Studies dovrebbe porsi come priorità il raggiungimento di
posizioni di leadership da parte di persone con disabilità; allo stesso tempo, è importante
creare un ambiente in cui i contributi provenienti da chiunque condivida gli obiettivi sopra
enunciati siano bene accolti.

Fonte: adattato da Chen, Kudlick. Kirchner (2004); Marra (2009).

6 3· ModeLLo ICF

Il concetto di salute L'approccio che fa riferimento all' adozione delll!.0_dello_ICF (OMS, 1999), si
in primo piano p..one,in un certo senso, come un anello di congi~nzione dei due modellTpre-
sedenti, SOllsi~erando.s~ikIDe;;:to cemtaldL concetto a(§·~·~;-ir9.uale
rappresenta un ideale che nessun individuo sperimenta in mani~ra-completa,
in quanço, in momenti diversi della sua esistenza, può manifestare difficoltà
in certe dimensioni del suo "funzionament9", in grado di rendere compless9
il processo di partecipazione sociale. ~.Ero.ccio utilizzato è di tipo biopsj-
cosociale, nel senso che I\CF tenta di arrivare a una sintesi in grado diEQ(ilire
una prospettiva coerente delle diverse-di~~si~ni della salute a livello biolo-
2. Le differenze in primo piano: dal modello individuale a quello sociale e delle capacità

gico, individuale
""'-=--- , ,..,",,-- .~-
e sociale. In altre parole, questo sistema considera due tipi
di faltori alla base del funzio.11i!!.llfn..!2_diogni il)dividuo: quelli personalj, che
corrispondono agli attributi caratteristici di ogni persona (funzioni e strut-
ture corporee) e 'l~W_~~bientali, che includono il contesto fisico e sociale e
1'impatto dei comportamenti di ognuno. In questo modo si amplia la dimen-
sione del modello individuale con una considerazione delle determinanti
ambientali, le quali possono essere rappresentate da facilitatori o da barriere,
anche se tale allargamento di prospettiva viene ritenuto troppo timido per
1'adeguata lettura della situazione da parte degli autori che si rifanno al para-
digma dei Disability Studies (Medeghini et al., 2013).
Non mi dilungo ulteriormente nella descrizione di questo modell~, in quan-
to a esso è dedicato uno specifico capitolo di questo lavoro (CAP.)) in con-
siderazione del rilievo che riveste, enfatizzato anche nelle recenti normative
(D.Lgs. 66/2017), per 1'organizzazione delle politiche e delle procedure fina-
lizzate all' inclusione scolastica.
@)
4. ModeLLo deLLecapacità

Il modello delle capacità (Capability Approach), formulato a m~tà.È~gli an: La possibilità


ri'rOttanta del secolo scorso dall' eco!19miH~ -eJiJ<:~sofoAmartya Sen, è stato di scegliere
promosso in~erosi ;~biti: compresi quelli dello sviluppo umano, della
qualità della vita e del rafforzamento della libertà in tutte le persone, anche
in situazione di disabilità.
Il concetto di riferimento_èLaepresentato,<l~.ul1'idea di qualità della vita, lo
"star bene" (well-being) di Sen (1993), che c!.i1?~ndenon tanto dai omezzi che
~gni individuo ha a disposizione, quanto piuttosto qalla capa~ità di trasfor- Cof)~.. ty; --
mare t~li disPonibilità io concr:e.te..r:eà.liz;'zi;.p.i.~ ..risultati nçlta.dir.ezione che ~....;,,\,/;. "':"t,' .....,,:....-.. li\«"

egli intende conseguire. In altre parole, è l'i!15.i..eme~d.i.Q!!<:sttt;Eagu~!di


Ro.fel}-
zLll~;te r~ggiungibili (spazi~. d~!!e. cap~cità o capability sett2 ..effettiva,.- Pc'IT~"'"t,..._
mente realizzati (spazio dei funziol!a!,1!enti o functionings) <:.~econtribuisce, t:,~-\,...... ~,.i,:t...'*" ,tt.Z' ~;)t

nel c~mplesso, aJét.~rrninare ilbenes.sere e la qualità della vita delle persone. ~J"x~1..t .;:..it~"',.
L'enfasi viene posta sulla possibilità effettiva di scegliere quali azioni intra-
prendere, quali traguardi realizzare, quali piani di vita perseguire e in questa
libertà risiede il concetto di giustizia (Sen, 2006; Nussbaum, 2006).
Tale approccio, trasferito nel campo della disabilità, è in grado di prendere
in considerazione tutta 1'ampia gamma di esperienze, superando la limitata
ottica basata sulla tipizzazione delle menomazioni. La persona con disabilità,
come ogni altro essere umano, ha il diritto di scegliere come gestire la propria
vita e sviluppare le proprie potenzialità. Il benessere dell' individuo e la sua
partecipazione alla vita sociale diventano i pilastri di questo approccio. Gli
interventi sociali che nascono sulla base di tale modello saranno diretti non
solo a compensare lo svantaggio, ma anche a incrementare la capacità della
persona di poter scegliere.

59
Didattica speciale e inclusione scolastica

La prospettiva dell' approccio delle Capabilities, superando la limitata ot-


tica basata sulla tipizzazione delle menomazioni, riesce cosÌ a tener conto
dell' azione reciproca svolta dalle caratteristiche individuali e dalle restrizioni
s~iaIi~·p;op-~;e -di~is~r-;-re i-risultati in te;mini di espa~~io;e' delle ;-p-
p~;;-ità di scelta e, quindi, delle libertà delle persone (Biggeri, Bellanca,
2010). Il~.U. era~r::o del1a diS~b_~~t. ànon coincide co.n l.' ad.egu.aIUJ ..\:111......-.0 a@a
"~~E..m_alità",quanto piuttosto con [ampliamento deJJe:p'()~~ljtà di scelta
(
per )' individ~o, con la promozione, in altre parole, 4ell~ sua capacità di au-
tod~kr~ina~ione(Cottini, 2015). --. ..-
Uno.de"i punti di forza di questo orientamento consiste nella centralità che
viene attribuita all' individuo nella determinazionè di quali sonol~ su!:'P!pa-
biliiles in~viì.lti. ·Sonolépersone con disabilità stesse, quindi, ad avere il diritto
di determinare cos; ritengono importante e significativ.-oper la loro vita: ancpe
se non 'sono completamé~te autonome nella realizzazione delle varie azioni,
devono essere comunque gli agenti centrali delle decisioni che li riguardano e
la qualità della loro vita va valutata sulla base del grado di soddisfazione perso-
nale. Va messo in evidenza cOl1Jeqyc:.:gaimpostazione, ~ando viene .ra4i.~~i.3:-
zata, eSp'ongaal rischio di vagh$~z,~a,.Qperativa <::'. d,i.~cces_~iva
sogge;ttivizzazi9ne,
s~~p;~
~~-;;'~is·llh;tr~;ii. p--;;sitivinel momento in cui ci si raffronta con la disa-
bilità grave. Se prendiamo, ad esempio, il processo di deistituzionalizzazione
e le procedure finalizzate all' inclusione sociale, ci sono studi che evidenziano
come queste azioni non abbiano comportato un automatico miglioramento
dello stato di benessere soggettivamente percepito, con le persone residenti
da anni in condizioni compromesse che si manifestavano desiderose di rima-
nervi, mostrando talvolta livelli di benessere soggettivo assai elevati (Hatton,
Emerson, 1996). È chiaro come in queste condizioni, senza un allargamento
del capability set ricercato e promosso in tutto 1'arco di vita della persona, si
rischi che la focalizzazione esclusiva sul grado di soddisfazione personale porti
a risultati apparentemente paradossali (Cottini, Fedeli, 20 o 8).
Per ovviare a questa possibile deriva soggettivistica, Martha Nussbaum
(2006) ~,acercato di delin<:~reun elenco di capabilities fondame~tali, ugu,ali
per tutti gli esseri umani. Liste dedicate a singole categorie, infatti, creereb-
bero distinzioni e riport:~rebbero al centro il concetto di normalità, con gravi
ripercussioni sul piano dei diritti. Nussbaum afferma che tutti hanno diritto
a poter svolgere le funzioni centrali della sua lista e che il compito del policy
maker sia quello di fare in modo che questo diritto venga garantito. Se qual-
cuno, che abbia o no una menomazione, non riesce a svolgere una di queste
funzioni centrali allivello di soglia appropriato, la società deve fare il possi-
bile affinché egli possa farlo (Bellanca, Biggeri, Marchetta, 2009). Riguardo
alle persone in situazione di disabilità, quindi, bisogna chiedersi cosa esse
siano effettivamente in grado di fare e di essere e quali siano gli ostacoli da
superare, per fare in modo che possano esercitare le loro abilità fino allivello
di soglia appropriato, nella direzione da loro scelta.

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2. Le differenze in primo piano: dal modello individuale a quello sociale e delle capacità

La dimensione dell' autodeterminazione è, quindi, ancora in primo piano:


infatti, valutare le capacità e le performance che un individuo ha nel fare una
particolare attività, senza chiedersi se egli è interessato a praticarla, significa
non tener conto di uno dei diritti essenziali delle persone, ossia quello di
scegliere liberamente della propria esistenza (Morris, 2009). Questo diritto,
per essere compiutamente goduto, va considerato nei processi educativi at-
tribuendo, da un lato, un ruolo centrale alla promozione delle competenze
di autodeterminazione e, dall'altro, ampliando il campo delle opportunità e
degli accomodamenti sociali (Terzi, 2008; Cottini, 2015)' Questo significa
agire sia sul piano individuale, migliorando le capacità del singolo individuo,
che su quello sociale.
Vehmas (2014), in un saggio in cui analizza dal punto di vista filosofico i BES,
ritiene che il Capability Approach sia il miglior modello teorico al quale fare
riferimento per assicurare una reale partecipazione delle persone con disabi-
lità nella società, incluso 1'ambito educativo. L'autore identifica in tale mo-
dello una sorta di compromesso tra la risposta individualistica, che risponde
ai bisogni unici di ciascun individuo (fondamentale per lo sviluppo di quelle
capacità necessarie ai funzionamenti per il benessere e la partecipazione) e
l'esigenza di intervenire per accomodare i contesti e le strutture. Il modello
sociale della disabilità mette in secondo piano gli effetti causati alla persona
dall'avere un deficit biologico, effetti che non sono imputabili alla società e,
come tali, non possono essere rimossi anche attraverso 1'eliminazione di tutte
le barriere sociali. Parlare di benessere delle persone con disabilità e di ciò che
è più auspicabile per loro non significa necessariamente, secondo Vehmas,
ricadere, sostenere e rinforzare posizioni abiliste. Riconoscere altresì gli effet-
ti di una menomazione o di una specifica condizione fisica, intellettiva e/o
sensoriale è utile per poter fornire agli individui il corretto trattamento di cui
necessitano e ogni forma di sostegno di cui hanno bisogno per il raggiungi-
mento di una condizione di well-being.

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