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Quale idea della diversità poniamo alla base del nostro agire quotidiano nel L'idea di diversità
contesto scolastico? Magari non viene esplicitato in maniera chiara o non è
stato oggetto di una riflessione specifica, ma ogni individuo ha un modello,
delle convinzioni che ha elaborato sulla base della propria cultura di riferi-
mento e delle esperienze di vita. In concreto, se un insegnante è propenso a
ritenere che i problemi manifestati da un suo allievo derivino esclusivamente
dalle condizioni che caratterizzano 1'allievo stesso, dalla presenza di uno o
più deficit, si atteggerà in maniera diversa in confronto al collega più orienta-
to a individuare nell' organizzazione della classe, nelle richieste di apprendi-
mento che vengono formulate e nelle didattiche promosse le fonti principali
delle carenze manifestate.
L'espressione di AdolfRatzka', uno fra i leader principali del Movimento per
la vita indipendente, sintetizza in maniera pregnante questa differenza di ap-
proccio alla diversità: «Non posso accedere agli autobus cittadini perché ho
avuto la polio venti anni fa o perché gli aut~bus non so;o accessibili anche a
chi, come me, ha avuto la polio venti anni fa?».
Nel capitolo prendo in considerazione questi diversi modelli, per espli-
citarli e renderne evidenti le caratteristiche, in quanto sono alla base degli
orientamenti adottati in ogni contesto, compreso quello scolastico. La pro-
spettiva inclusiva ha chiaramente bisogno di un substrato culturale adeguato
per poter prendere corpo, che non si fondi soltanto su una visione di tipo
individuale e clinica, ma che, considerando sicuramente anche i bisogni spe-
ciali degli allievi, sappia coniugarli in una dimensione sociale, finalizzata a
promuovere facilitazioni e a rimuovere le barriere presenti all'interno della
scuola e della classe.
Adottando una schematizzazione senz' altro eccessiva, che ritengo possa
comunque risultare utile per i lettori meno in confidenza con queste argo-
I. Alcune interviste rilasciate da AdolfRatzka, nelle quali sviluppa questa dicotomia fra una visio-
ne individuale e una sociale della diversità, sono reperibili all'indirizzo https://www.independen
tliving.org/ratzka-interviews.html (ultimo accesso IO novembre 2017).
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Didattica speciale e inclusione scolastica
~ Individuale
(Medico)
('"c>..) Capacità
(Capobility Approach)
~--'~---'-
~ Sociale
(Disability Studies)
mentazioni, considero i modelli illustrati nella FIG. I, ben consapevole che gli
stessi non sono cosÌ nettamente distinguibili e rappresentabili, avendo molte
aree di sovrapposizione.
Avere chiari questi modelli di riferimento ci può aiutare a inquadrare la poli-
tica dell'integrazione e inclusione scolastica, le prospettive di miglioramento
e il ruolo dell'insegnante inclusivo che andremo a definire nei capitoli suc-
cessivi.
Uno sguardo d'insieme, poco attento ai particolari, potrebbe portarci a ve-
dere il processo di integrazione, sviluppato in Italia in circa quarant'anni di
esperienze, come derivato da un'adesione completa al modello individuale,
attento ai bisogni del singolo, da soddisfare con il ricorso quasi esclusivo a
figure dedicate e, spesso, in contesti separati. Vanno indubbiamente in questa
direzione alcune procedure che caratterizzano un numero non certo sporadi-
co di situazioni, come la richiesta sempre crescente di insegnanti specializzati
e di altro personale dedicato, ai quali delegare il compito educativo riferito a
singoli allievi, con deresponsabilizzazione del resto del corpo docente curri-
colare e la promozione di molte attività didattiche in ambienti diversi dalla
classe, anche quando tale separazione non appare giustificata da obiettivi di
tipo didattico.
Ma la nostra storia dell' integrazione, che ha indirizzato i propri sforzi al
tentativo di evitare qualsiasi forma di discriminazione per gli allievi con di-
sabilità, non è solo questo. Come già detto, nelle situazioni in cui la scelta
strutturale si è coniugata con una progettualità condivisa e disponibile al
cambiamento, la prospettiva si è ampliata con una visione che ha abbracciato
anche altri punti di vista oltre a quelli del modello individuale, contribuendo
cosÌ a promuovere una scuola delle differenze, un contesto, cioè, realmente
inclusivo per tutti.
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2. Le differenze in primo piano: dal modello individuale a quello sociale e delle capacità
(-i,
Y. ModeLLo individuaLe
Il modello individuale, che alcuni definiscono "medico", tende a vedere la La disabilità
?1~.~bll.~f~3~"e un P~~l8~è~e~p'.H~di.re~a~egg;d~ una è un problema
condizione patologica legat~a d~ter,!J.1)Dantinel!.fobi.?logis.he, che richiede dell'individuo
~~_~~S!!.!o spec~fico da E~t~..4Lp..r:Q[f~i9Dis~i. È necessaria, in altre parole,
un' azione - di tipo sia clinico, che riabilitativo, che educativo - in grado di
affrontare le carenze della persona e facilitare un suo adattamento al contesto
sociale di appartenenza.
yi<:ne c91llu_nemente associato con la Classificazione internazionale di me-
nomazioni) disabilita e ha'!.!l:ipf:pdeIr o~s (International Classification of
Impairmen"i;Dìsaliility and Handicap, ICIDH; OMS, 1980). In tale pubblica-
zione veniva fatta 1'importante distinzi-;;0ra menomazione (impairment),
disabilità (disability) e handicap (cfr. FIG: i):-intendendc)'"coh tali concetti:
"---qu:JsiasiP5Jjita ~ a~~~~-;lità a carico di struttl;!re o funzioni psicologi~
che, fisiologiche o anatom(che, che rappresenta la concretizzazione di uno
stato patologk-;; e, in linea di principio, riflette il deficit a livello organico
(menomazione) ;
- la 1!~!t~~on~_0..2:perdita (conseguente a una menomazione) della ca(3.ì
pacità di compiere un' attivitl cOD_mod_alit~che pOSS<ll1~ essere considerate
~ormall'Èéf ùnessere umano. Questa condizione, definita "disabilità", rap-
presenta 1'oggettiv;zi~'n:~-della menomazione e, come tale, riflette disturbi a
livello della persona. La disabilità si riferisce a capacità funzionali estrinseca-
te attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono
aspetti essenziali della vita di ogni giorno;
la c<?l1d~z.!ol}~
..4i svantaggiç>(handicap) vissuta da .una 4~t~E~inata pers~~<l ((.
in conseguenza di una menoma~!2ES <2,(~} ~Da disabilit~, che limita o impedisce
la possibilità di ricoprire il ruolo che sarebbe lecito attendersi da quella persona
in relazione all'età, al sesso e ai fattori socioculturali ...Essaxappre§S:ntal~g-
lizzazione di una menomazione o di una disabilità e come tale riflette le conse-
guenze - culturali, sociili: eco~~~i~h~-~-~~bie~;li - che per 1'individuo deri-
vano dalla presenza della menomazione e della disabilità. Lo svantaggio deriva
dalla diminuzione o dalla perdita delle capacità di conformarsi alle aspettative
o alle norme proprie dell'universo che circonda 1'individuo.
In questa concezione, la distinzione fra menomazione, disabilità e handicap
viene interpretata in termini di relazione tra cause ed effetti: la menomazione
determina la disabilità e la disabilità causa 1'handicap. Volendo fare un esem-
pio, un non vedente è una persona che soffre di una menomazione oculare
che gli procura disabilità nella locomozione e comporta handicap, ad esem-
pio, nella mobilità e nell'occupazione, per citare solo i principali. Quindi,
un'unica condizione di menomazione può dar luogo a più tipologie di di-
sabilità e implicare diversi handicap. Analogamente una certa situazione di
handicap può essere collegata a varie disabilità, che a loro volta possono deri-
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2. Le differenze in primo piano: dal modello individuale a quello sociale e delle capacità
conseguente disagio sociale: non si può affermare che in questo modello non
vengano esaminate anche le ripercussioni sociali di stati patologici, ma esse
sono sempre considerate alla stregua di fenomeni che conseguono e mai co-
me la causa della disabilità, da ricercarsi invece nella persona.
La politica dell' integrazione scolastica che è stata descritta nel capitolo prece- I L'integrazione
1--- ..
d~te, nei~o-percorso qu~rantennale, _è stata fortemente indirizzata e orientata\ presuppone
da una visione individuale della disabilità, anche se l'evoluzione nel tempo è una visione
stata considerevole, seppure non universalmente distribuita. La messa a dispo- individuale
sizione di insegnanti di sostegno sulla scorta della diagnosi clinica, la richiesta
pressante di un orario coperto da figure specializzate o deputate all'assistenza,
il meccanismo della delega a particolari docenti del compito di rispondere alle
esigenze speciali di alcuni allievi, di fatto, rispondono a una logica che vede il
problema localizzato nella persona e individua le possibilità di progresso con-
nesse soprattutto alla capacità di affrontare direttamente tale deficit.
Anche alcune innovazioni normative dell'ultimo periodo, attuate con 1'in-
tento di promuovere !'inclusione per tutti (come quelle riferite alla tematica
dei BES), corrono il rischio di dare risultati opposti a quelli ricercati se invece
di stimolare una tensione rivolta a individuare e rimuovere gli ostacoli pre-
senti nel contesto scolastico a vantaggio di tutti, sollecitano solo un allarga-
mento della platea di alunni ai quali manca qualcosa, compensabile soltanto
con interventi specifici centrati sui deficit personali.
2. ModeLLo sociaLe
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Didattica speciale e inclusione scolastica
d.lffrr:s:
nza nei fun.zionamenti umani: . ._..
Detto con Barbuto e colleghi (2.007, p. 44),
o~_
i bisogni delle perssme_con disabilit~: i deficit bio-
logici diventano disabilità perché la società non è attrezzata per a~cogiT~re la
una persona ha una disabilità non perché si muove con una sedia a rotelle, comunica
con il linguaggio gestuale, si orienta con un cane guida, ma perché gli edifici sono
costruiti con le scale, perché si pensa pregiudizialmente che comunicare sia possibile
solo attraverso il linguaggio orale, perché è possibile orientarsi solo attraverso la vista.
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2. Le differenze in primo piano: dal modello individuale a quello sociale e delle capacità
ancora
-""'~--" - . di fatto dominato da una visione individuale, che si identifica
~ sostan-
... ,--.,- .". . '-" '-"'~'. -~"
~ialITIente (Medeghini et al., 2013; Bocci, 2013; D'Alessio, 2OII):
- n.~lla centralità e pervasività della diagnosi e dell~..c~rtificazioJ}e cliniça
che rimandano ar graèlo di inabilità come condizione per avere diritto a un
insegnante specializzato per il sostegno o, nel caso dei DSA, per legittimare la
scuola ad adottare forme di aiuto (misure compensative o dispensative);
nella richiesta, çonseguente, di figure specializzate in grado dLoccl!paq,.i
degli specifici problemi, che testimonia come il focus dell'attenzione sia an-
cora saldam-erife centrato sul tentativo di rimuovere le difficoltà degli allievi.
La prospettiva forte che viene rivendicata per uscire da questi condiziona-.
menti è quella inclusiva, in grado di superare le categorie dell' individuale,
dello specialismo e dell' abilismo, tipiche della logica integrativa, in una vi-
sione capace di coniugare 1'esperienza di ogni individuo con le condizioni in
cui essa si sviluppa, considerando anche i vincoli che la società e le istituzioni
pongono, i quali spesso si configurano come barriere per 1'espressione com-
pleta delle potenzialità e delle specificità di ognuno. Il manifesto con le linee
guida elaborate dalla Society far Disability Studies (SDS; cfr. riquadro I) ri-
flette e concretizza questo orientamento.
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Didattica speciale e inclusione scolastica
RIQUADRO 1 Linee guida per gli studi sulla disabilità della SDS
In occasione del suo ventesimo anniversario, la SDS, attraverso un ampio dibattito che ha
coinvolto studiosi afferenti a discipline diverse, ha proposto delle linee guida utili per ogni
programma che si definisca come di Disability Studies:
- un programma di Disability Studiesdovrebbe essere interdisciplinare/multidisciplinare. La
disabilità sta al centro di molte discipline che si sovrappongono e appartengono alle scienze
umane e sociali, agli studi umanistici e a quelli scientifici. I programmi dei Disability Studies
dovrebbero incoraggiare corsi di studi che permettano agli studenti, ai pratici, agli artisti e ai
ricercatori di entrare in contatto con la materia di studio da diverse prospettive disciplinari;
- un programma di Disability Studies dovrebbe mettere in discussione la visione della di-
sabilità come problema individuale, come deficit o difetto tipicamente rimovibile soltanto
con un intervento di carattere medico-sanitario o riabilitativo da parte di "esperti", di altri
servizi o di altri fornitori di servizi specifici. Al contrario, un programma di Disability Studies
dovrebbe esplorare i modelli e le costruzioni teoriche che approfondiscono l'esame dei fattori
sociali, politici, culturali ed economici che definiscono la disabilità e aiutare a determinare
le risposte - sia personali, che collettive - alla diversità. Allo stesso tempo, i Disability Stud-
ies dovrebbero lavorare all'obiettivo primario di destigmatizzare il disagio, la malattia e la
menomazione, comprese quelle forme di disabilità che non possono essere misurate o spie-
gate dalla biologia. Infine, mentre si riconosce che la ricerca e gli interventi medici possono
rivestire una grande utilità, i Disability Studies dovrebbero interrogarsi sulle connessioni tra
la pratica medica e la stigmatizzazione della disabilità;
- un programma di Disability Studies dovrebbe fare oggetto di studio sia le prospettive na-
zionali che internazionali, dovrebbe indagare le scelte politiche, la cultura, dovrebbe spin-
gersi nell'ambito letterario e in quello delle discipline storiche, con l'obiettivo di collocare le
correnti idee sulla disabilità all'interno di un contesto che sia il più ampio possibile. Poiché
gli atteggiamenti nei confronti della disabilità non sono mai rimasti sempre gli stessi nel tem-
po e nello spazio, si può ottenere un risultato enorme imparando da queste altre esperienze;
- un programma di Disability Studies dovrebbe incoraggiare attivamente la partecipazione
degli studenti con disabilità all'interno del programma e dovrebbe assicurare l'accesso sia
fisico che intellettuale alle risorse;
- un programma di Disability Studies dovrebbe porsi come priorità il raggiungimento di
posizioni di leadership da parte di persone con disabilità; allo stesso tempo, è importante
creare un ambiente in cui i contributi provenienti da chiunque condivida gli obiettivi sopra
enunciati siano bene accolti.
6 3· ModeLLo ICF
Il concetto di salute L'approccio che fa riferimento all' adozione delll!.0_dello_ICF (OMS, 1999), si
in primo piano p..one,in un certo senso, come un anello di congi~nzione dei due modellTpre-
sedenti, SOllsi~erando.s~ikIDe;;:to cemtaldL concetto a(§·~·~;-ir9.uale
rappresenta un ideale che nessun individuo sperimenta in mani~ra-completa,
in quanço, in momenti diversi della sua esistenza, può manifestare difficoltà
in certe dimensioni del suo "funzionament9", in grado di rendere compless9
il processo di partecipazione sociale. ~.Ero.ccio utilizzato è di tipo biopsj-
cosociale, nel senso che I\CF tenta di arrivare a una sintesi in grado diEQ(ilire
una prospettiva coerente delle diverse-di~~si~ni della salute a livello biolo-
2. Le differenze in primo piano: dal modello individuale a quello sociale e delle capacità
gico, individuale
""'-=--- , ,..,",,-- .~-
e sociale. In altre parole, questo sistema considera due tipi
di faltori alla base del funzio.11i!!.llfn..!2_diogni il)dividuo: quelli personalj, che
corrispondono agli attributi caratteristici di ogni persona (funzioni e strut-
ture corporee) e 'l~W_~~bientali, che includono il contesto fisico e sociale e
1'impatto dei comportamenti di ognuno. In questo modo si amplia la dimen-
sione del modello individuale con una considerazione delle determinanti
ambientali, le quali possono essere rappresentate da facilitatori o da barriere,
anche se tale allargamento di prospettiva viene ritenuto troppo timido per
1'adeguata lettura della situazione da parte degli autori che si rifanno al para-
digma dei Disability Studies (Medeghini et al., 2013).
Non mi dilungo ulteriormente nella descrizione di questo modell~, in quan-
to a esso è dedicato uno specifico capitolo di questo lavoro (CAP.)) in con-
siderazione del rilievo che riveste, enfatizzato anche nelle recenti normative
(D.Lgs. 66/2017), per 1'organizzazione delle politiche e delle procedure fina-
lizzate all' inclusione scolastica.
@)
4. ModeLLo deLLecapacità
nel c~mplesso, aJét.~rrninare ilbenes.sere e la qualità della vita delle persone. ~J"x~1..t .;:..it~"',.
L'enfasi viene posta sulla possibilità effettiva di scegliere quali azioni intra-
prendere, quali traguardi realizzare, quali piani di vita perseguire e in questa
libertà risiede il concetto di giustizia (Sen, 2006; Nussbaum, 2006).
Tale approccio, trasferito nel campo della disabilità, è in grado di prendere
in considerazione tutta 1'ampia gamma di esperienze, superando la limitata
ottica basata sulla tipizzazione delle menomazioni. La persona con disabilità,
come ogni altro essere umano, ha il diritto di scegliere come gestire la propria
vita e sviluppare le proprie potenzialità. Il benessere dell' individuo e la sua
partecipazione alla vita sociale diventano i pilastri di questo approccio. Gli
interventi sociali che nascono sulla base di tale modello saranno diretti non
solo a compensare lo svantaggio, ma anche a incrementare la capacità della
persona di poter scegliere.
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