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ELABORATO FINALE MASTER 24 CFU

INSEGNARE LA MUSICA
OBBIETTIVI E METODI DELL’INSEGNAMENTO MUSICALE
NELLA SCUOLA

Candidato: Ludovica Casilli

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“Saper ascoltare, aspettare e capire in un ambito non-
verbale comporta un apprendimento molto complesso, che
riconduce alla prima e originaria esperienza di vita, in cui
l’esperienza dell’essere atteso, ascoltato e compreso si
trasforma in un fatto immediato, istintivo e percettivo.”
Rolando Benenzon

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Prefazione pag 4

1. Riferimenti normativi e importanza della musica nella pag 5


didattica inclusiva

2. L’educazione musicale nella scuola multietnica pag 7

3. I Bisogni Educativi Speciali in musica pag 9

4. Soluzioni pratiche di didattica musicale inclusiva pag 10

5. Musicoterapia e disabilità pag 12

Conclusione pag 15

Elenco delle norme prese come riferimento per la redazione di pag 16


questo saggio

Biblografia pag 17

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Prefazione

Questo elaborato nasce dalla precisa volontà di combinare i dati e le informazioni


apprese tramite gli insegnamenti di questo Master 24 CFU con l’ambito nel quale mi trovo
ad operare come professionista, e da pochi anni anche come docente: la musica.
Il training sonoro è ormai stato ufficialmente riconosciuto dalla scienza come metodo
di supporto per la crescita dell’individuo e di risoluzione o miglioramento dei problemi di
natura emotiva, cognitiva, motoria e relazionale.
L’esperienza musicale, nella sua accezione più letterale di manipolazione del
materiale sonoro, concorre inoltre all’acquisizione di una percezione fonologica del
linguaggio e, in conseguenza di ciò, al miglioramento delle capacità di lettura e scrittura.
Costruire un percorso musicale per le scuole significa, oggi più di sempre, adoperarsi
per favorire lo sviluppo di un corpo-classe eterogeneo per livelli, bisogni e cultura e mirare
al raggiungimento di risultati tangibili sia nel caso di allievi con bisogni educativi speciali,
che nei casi di eccellenza.
Nei paragrafi successivi cercherò di motivare al meglio l’importanza della didattica
musicale, anche intesa come supporto agli apprendimenti di altre discipline attraverso il
curricolo e farò un breve excursus sulla didattica inclusiva e le modalità concrete di intervento
rapportate ad alcune delle problematicità più diffuse tra gli alunni.
Fornirò inoltre un elenco dei riferimenti normativi che regolano l’educazione musicale
nella scuola italiana.
Un resoconto riassuntivo dell’elaborato sarà fornito nelle conclusioni.

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1. Riferimenti normativi e importanza della musica nella didattica inclusiva

La centralità dell’elemento musicale nella crescita dello studente può essere agevolmente
percepita leggendo quanto riportato nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo del 2012,
primo documento ufficiale che enunci espressamente le funzioni formative della musica
definendola:
“[…] componente fondamentale e universale dell’esperienza umana, (che) offre uno
spazio simbolico e relazionale propizio all’attivazione di processi di cooperazione e
socializzazione, all’acquisizione di strumenti di conoscenza, alla valorizzazione della
creatività e della partecipazione, allo sviluppo del senso di appartenenza a una comunità,
nonché all’interazione fra culture diverse.”[…]
La pratica della musica e la divulgazione della cultura musicale rientrano nelle
opportunità e doveri dell’Istituzione Scolastica secondo la legge 107/15 e il decreto
legislativo n° 60/17 e un percorso efficace e ragionato di educazione musicale contribuisce
allo sviluppo delle Competenze Chiave per l’Apprendimento Permanente (Racc.
2006/962/CE) e delle Competenze Chiave di Cittadinanza (D.M. 139/07).
Alla luce di questo tessuto normativo appare necessario che i docenti progettino azioni di
didattica musicale inclusiva, coinvolgendo gli alunni nella loro eterogeneità di performance
e bisogni in modo da inserirsi all’interno del curricolo in maniera attiva e collaborare con le
altre discipline per il soddisfacimento di obbiettivi a medio e lungo termine.
La progettazione musicale deve rispettare il principio della personalizzazione: deve
quindi basarsi sulla creazione di percorsi che valorizzino le differenze degli alunni e tengano
conto dei loro interessi, abilità, tempi di apprendimento, stili cognitivi, aspettative.
Nel caso in cui il gruppo-classe includa alunni con bisogni educativi speciali e/o disabilità
di qualsiasi grado ed entità, bisognerà tener conto delle situazioni soggettive, avvalendosi
delle strategie e degli approcci didattici, relazionali e comunicativi contemplati nel Piano
Educativo Individualizzato o nel Piano Didattico Personalizzato.
Risulta chiaro che la progettazione dei percorsi connessi alla Musica e al subisce delle
variazioni in relazione all’ordine di scuola: nella prima infanzia e nel primo biennio della
Scuola Primaria è prioritario attribuire ampio spazio alla propedeutica musicale; occorre,
quindi, avvicinare i bambini al mondo sonoro con modalità ludiche per l’acquisizione del
senso ritmico, della percezione dell’altezza dei suoni, dello sviluppo dell’orecchio e della
coordinazione, introducendo forme anche estemporanee di rappresentazione dei suoni.
Nelle classi e negli ordini di scuola successivi, anche a specifico indirizzo musicale,
l’introduzione del linguaggio convenzionale della Musica deve poter partire dalla
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sperimentazione per arrivare alla formalizzazione, all’interno di una progettazione che
contempli gli accorgimenti di cui ogni studente necessita.
In Appendice si potrà trovare un elenco completo delle norme, decreti e leggi a cui fare
riferimento in sede di progettazione di UdA e Curricolo.

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2. L’educazione musicale nella scuola multietnica

All’atto della progettazione musicale, l’insegnante deve essere consapevole del fatto che
un buon percorso educativo mira a favorire l’incontro tra le diverse identità musicali degli
allievi presenti nella scuola; motivo per cui è necessario che siano prese in considerazione
sia l’identità musicale in tutte le sue componenti sia l’appartenenza a una cultura collettiva,
ma anche e soprattutto il modo in cui essa viene individualmente vissuta e interpretata.
L'identità musicale si costruisce fin dalla nascita e l’educazione musicale interculturale,
non come forma autonoma ma elemento di un percorso inclusivo, è quindi espressione e
interazione di identità e si articola in una serie di attività diversificate che offrono a ciascuno
la possibilità di esprimersi: lavoro con diversi strumenti, vocalità, gestualità, riflessione su
prodotti sonoro-musicali. (DELALANDE, 2016)
L’identità degli allievi, nel caso di appartenenza a sistemi culturali differenti, costituisce
il fulcro della dinamica interattiva interculturale, ma è sbagliato “puntare i riflettori” fin dal
primo momento sulle diversità culturali e pretendere che i discenti si espongano illustrando
le caratteristiche del sistema musicale “di appartenenza”: occorre che i bambini, i
preadolescenti e gli adolescenti si sentano accettati dai loro pari del Paese d’accoglienza e
questo bisogno si esprime anche con la condivisione della musica di questi ultimi: è
preferibile quindi fornire ai discenti degli strumenti musicali e un’ampia gamma di attività
da svolgere in gruppo, al fine di permettere che acquisiscano sicurezza di sé e fiducia nei
compagni.
In sede di progettazione del curricolo poi, si dovrà tenere conto anche del grado scolastico
con cui si ha a che fare, secondo anche la distinzione operata da Jean Piaget, e ripresa da
Delalande, del gioco infantile (e dell’apprendimento della musica) in tre fasi: la prima, detta
fase “esplorativa” o del gioco senso motorio è quella in cui il bambino esplora le potenzialità
sonore degli oggetti che lo circondano; la seconda invece è quella simbolica, e si concretizza
nel momento in cui il discente associa ai suoni un senso legato ad un contesto.
La terza e ultima fase è rappresentata dal gioco di regole in cui l’alunno sviluppa una
condotta organizzativa; riesce cioè ad organizzare i suoni e il loro significato astratto in un
sistema ludico governato da imposizioni ben precise che poi, prolungandosi nella vita adulta,
non è altro che il principio di quel processo che sfocia nella fase compositiva.
(DELALANDE, 2016)
Tenendo conto di ciò, la progettazione deve includere alcune pratiche fondamentali:
l’ascolto, volto allo sviluppo di un senso critico, nonché alla conoscenza e fruizione di
repertori appartenenti a generi/culture differenti; l’improvvisazione e la produzione sonora
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(con il corpo, gli strumenti e gli oggetti sonori, la voce), mediante la sperimentazione di ritmi
e timbri diversi e da ultimo l’alfabetizzazione musicale anche attraverso forme di
codificazione analogiche.
In generale, nella prima infanzia e nel primo biennio della Scuola Primaria è prioritario
attribuire ampio spazio alla propedeutica musicale; occorre, quindi, avvicinare i bambini al
mondo sonoro con modalità ludiche per l’acquisizione del senso ritmico, della percezione
dell’altezza dei suoni, dello sviluppo dell’orecchio e della coordinazione, introducendo forme
anche estemporanee di rappresentazione dei suoni. Nelle classi successive la sperimentazione
sfocerà nella formalizzazione in maniera graduale e mirata, sempre tenendo conto del
rendimento e dei bisogni della classe e, all’interno di essa, dei singoli studenti.

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3. I Bisogni Educativi Speciali in musica

Il concetto di inclusione scolastica e di BES è ben chiarito nel decreto legislativo n.


66/2017, che illustra come gli studenti nella loro eterogeneità e nel pieno diritto
all’autodeterminazione e all’accomodamento ragionevole abbiano diritto a fruire di strategie
didattiche che mirino alla piena incisività, realizzata nel rispetto delle identità culturali, dei
bisogni speciali, delle disabilità e costruita in sinergia con le famiglie e altri soggetti, pubblici
e privati, operanti sul territorio.
I BES, cioè gli alunni che presentino per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per
motivi psicologici, sociali dei bisogni educativi speciali hanno il diritto ad essere tutelati
dalla Scuola mediante provvedimenti creati ad hoc, come ad esempio: il Piano Educativo
Individualizzato (PEI) per i soggetti diversamente abili, il Piano Didattico Personalizzato
(PDP) per gli alunni con disturbi evolutivi e/o situazioni di svantaggio socio-economico,
linguistico e culturale, secondo le misure previste nella legge 170/10.
Anche il curricolo musicale deve ovviamente tener conto delle necessità individuali per
favorire l’inclusione scolastica e sociale di ogni individuo in evoluzione.
Gli alunni possono manifestare una serie di difficoltà singole o associate, che richiedono
attenzione da parte dell’Istituzione Scolastica e di tutti coloro che sono impegnati nel Progetto
di Vita di ciascuno. Oltre agli aspetti primari connessi ad una condizione di disabilità o di un
disturbo evolutivo, la progettazione deve poter prendere in considerazione anche le difficoltà
associate.
I DSA, ad esempio, oltre alla problematicità specifica legata alla scrittura, alla lettura e/o
al calcolo, presentano sovente una serie di condizioni più o meno evidenti, che rendono
difficoltosa la partecipazione all’esperienza musicale; tra esse le incertezze linguistiche,
spaziali, temporali, di memoria, di coordinazione. I BES in generale possono evidenziare
difficoltà in relazione a ritmo difficoltà nella percezione delle informazioni in ingresso, nella
memorizzazione e/o nella riproduzione di cellule ritmiche e/o della pulsazione musicale,
lettura e scrittura del pentagramma coordinazione (motricità fine con lo strumento musicale,
riproduzione del ritmo con il corpo e lettura dello spartito.
Come agire concretamente, quindi, davanti a situazioni di bisogno educativo speciale,
disturbi dell’apprendimento e disabilità?

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4. Soluzioni pratiche di didattica musicale inclusiva

Imparare a leggere la musica equivale ad imparare una nuova lingua e presenta per
l’alunno le stesse difficoltà che ha vissuto nel primo anno di scuola elementare
nell’approccio con l’alfabeto, la lettura e la scrittura: è chiaro quindi che quando a
rapportarsi con lo spartito è un DSA o un BES la situazione appare critica in quanto la
scrittura grafemica del nome delle note, in molti casi, non ne agevola la lettura; al contrario,
produce spesso un sovraffollamento di elementi che può creare un’incertezza ancora
maggiore.
La soluzione più immediata consiste nell’adozione di accorgimenti mirati alla
semplificazione, che privino la pagina musicale di tutti quegli elementi “di disturbo” alla
semplice lettura delle note:
1. Utilizzo di partiture stampate a caratteri grandi
2. Cancellazione di tutti i segni di dinamica
3. Utilizzo di colori per l’individuazione di ostinati, successioni ritmiche e/o melodiche,
canoni, frasi
4. Notazione colorata (suoni omofoni di colore uguale)
5. Studio dell’andamento
6. Lettura ritmica
7. Videoscrittura musicale
8. App per tablet e pc
9. LIM
10. Braille (per studenti non vedenti e ipovedenti)
Oggi, come mai prima d’ora, la facilità d’utilizzo e reperibilità di software di
videoscrittura musicale ha facilitato anche la creazione di parti musicali in braille, da
utilizzare con gli studenti non vedenti, processo in passato molto lungo in quanto la scrittura
musicale doveva essere effettuata da centri specializzati con tempi d’attesa spesso
lunghissimi.
L’educazione musicale negli studenti con problemi alla vista di varia entità e gravità
si basa, oltre che sulla lettura, su esercizi di consapevolezza posturale e potenziamento della
tattilità.
L’educazione dell’orecchio e dell’immaginazione musicale diviene fondamentale e si
devono quindi costruire percorsi che consentano la memorizzazione di elementi melodici e
ritmici di base: a questo scopo sono utili i supporti auditivi, sia autoprodotti e finalizzati al

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bisogno specifico dello studente, sia quelli già in commercio e forniti insieme ai vari manuali
o libri di testo musicali; anche i software di ear training, di cui alcuni gratuiti, possono
supportare questi aspetti. (SCHÖN, 2018)
In relazione ai vari gradi dell’ipovedenza, è poi opportuno fornire agli studenti
ingrandimenti percentuali delle partiture.
Per gli alunni con albinismo in particolare, ipovedenti a causa dell’eccessiva
fotosensibilità, è utile l’utilizzo dei diversi colori da associare all’altezza dei suoni, da
concordare con gli alunni stessi, in quanto la sensibilità cromatica varia sensibilmente da un
soggetto ad un altro.
Sono riconosciute come molto efficaci anche le intavolature per gli strumenti a corda.
Lavoro molto più complesso è quello da effettuarsi con gli alunni affetti da riduzione
o assenza della capacità uditiva: nel bambino influenzato da sordità o ipoudenza si rende
necessario sostenere la consapevolezza del suono e la sua localizzazione mediante un lavoro
fisico di sensibilizzazione sulle cavità risonanti e la risonanza corporea.
L’alunno deve essere messo in condizione di capire che il suono è vibrazione
propagata nell’aria, e che egli stesso è capace di produrre suono utilizzando il proprio corpo
come strumento, cioè inspirando e lasciando che l’aria inspirata, premuta verso l’esterno nel
momento dell’espirazione, passando attraverso la laringe, i trasformi in suono.
Questo tipo di lavoro può essere di supporto addirittura alla riabilitazione della
comunicazione orale e scritta.
Ma cosa fare concretamente?
Utilissimi sono i giochi fonici (voce cantata, modulata, parlata) per favorire
l’incremento dell’attenzione, la capacità di imitazione vocale e di associazione del suono alla
sua fonte. Un lavoro sulle strutture fonetico-ritmiche, con fonemi e frasi ritmate e
accompagnate dal movimento, consentono di migliorare l’ascolto e la comprensione
articolatoria e prosodica del linguaggio: in questa sede l’insegnante ha il compito di lasciare
che l’alunno sperimenti con le vibrazioni e sviluppi le proprie facoltà percettive mediante ,
appunto, la percezione della vibrazione, imparando ad associarla a suoni gravi o acuti e a
pattern ritmici via via più complessi.
L’esercizio costante, la scansione ritmica, la familiarizzazione con le vibrazioni,
costituiscono uno strumento di facilitazione del linguaggio verbale, un efficace training
musicale, un valido esercizio per le abilità di letto-scrittura.

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5. Musicoterapia e disabilità

Intendiamo per musicoterapia una disciplina che si propone di costruire risorse


terapeutiche per il trattamento e la riabilitazione di disabilità e disturbi mentali attraverso la
la musica e i suoi elementi (ritmo, suono, melodia, armonia) utilizzati come strumenti per
aprire dei canali di comunicazione.
L’obbiettivo del terapeuta diventa quello di lavorare in modo diretto con il disabile per
provocare una reazione che possa costituire elemento di comunicazione: ogni movimento
emozionale viene visto e ascoltato, osservato con immediatezza e classificato come
informazione da parte del paziente.
Seppur nei confini imposti dal grado di dalla disabilità è possibile lavorare sul
benessere, sulla socializzazione e sull’integrazione, attraverso diversi ambiti di intervento: 1.
Creazione di ambienti sonori: produrre attraverso la musica contesti e spazi di proprietà della
persona disabile, in grado di gestirli e modificarli.
2. Progettazione di uno sviluppo della sensorialità
3. Utilizzo della parola come simbolo che organizzi l’esperienza relazionale.
4. Attività di coordinazione locomotoria come modo per vivere lo spazio fisico in funzione
dello sviluppo cognitivo.
5. Benessere: la musica, come spazio individuale in grado di contenere ansie e dare armonia
psicofisica al soggetto in ascolto.
L’intervento musicoterapeutico si avvale essenzialmente di due approcci: la musicoterapia
ricettiva che si muove sul fronte dell’ascolto, del relax e del massaggio sonoro e la
musicoterapia attiva, caratterizzata da un sostanziale impiego del corpo in movimento e nella
produzione sonora.
La musica è una forma universale di comunicazione che permette la trasmissione di
emozioni, vibrazioni, idee e stati d’animo da una o più persone ad altre.
In quanto forma di comunicazione avente origini soprattutto di tipo emotivo e
cognitivo, è in grado di oltrepassare i tradizionali canali espressivi umani, in particolare
quello semantico e quello corporeo; in questo senso, la comunicazione musicale diventa
possibile anche dove esistono impedimenti che rendono difficile o impossibile interagire con
persone che hanno deficit di tipo comunicativo di varia natura.
La finalità della seduta musicoterapeutica in classe è quella, ovviamente, di ottenere
l’interazione e la familiarizzazione degli alunni con i compagni diversamente abili, al fine di
creare delle sinergie e favorire la piena integrazione di questi ultimi nel gruppo-classe poiché
il canale musicale, invece, fa leva su sensi ed abilità diverse, e permette di aggirare le
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difficoltà oggettive e soggettive e consente a chiunque, anche se in condizioni di particolare
svantaggio, di potersi esprimere, di poter comunicare, di poter e di potersi emozionare: in
sintesi, la musica permette di limitare (in certi casi annullare) gli svantaggi.
Quali metodi utilizzare quindi?
1. La manualità
Per individuare una strategia ottimale nel lavoro con le persone disabili, l’operatore
musicale è costretto ad adottare una metodica diversa a seconda del tipo di disabilità che si
trova ad affrontare. Un primo importante discrimine è l’uso delle mani. In ogni pratica
musicale l’uso delle mani è una delle componenti primarie dell’attività. Il fare musica è un
fare manuale, molto vicino al lavoro di un artigiano. Il musicista passa gran parte del tempo
dedicato alla musica nell’esercitarsi a compiere movimenti coordinati in cui le mani rivestono
sempre un’importanza centrale.
2. L’improvvisazione
Un percorso interessante per il lavoro con persone disabili che abbiano la possibilità
di usare le mani e, quindi, di maneggiare strumenti musicali di qualunque tipo (percussioni,
strumenti tradizionali, strumenti autocostruiti....) è sicuramente l’improvvisazione musicale.
Nella pratica dell’improvvisazione è possibile focalizzare l’attenzione, gli esercizi, e
quindi anche la performance, soltanto su alcuni parametri propri della musica. Ad esempio,
si può lavorare soltanto sul ritmo, o solo sull’intensità. Si possono adoperare scale, oppure
note a caso, oppure scegliere sequenze inventate.
3. Composizione
Ancora più interessante dell’esercizio per diventare improvvisatori è la pratica di
utilizzo dell’improvvisazione per comporre della musica. Le composizioni saranno costituite
da una buona parte di improvvisazione, ma questa sarà governata, regolata, organizzata in
modo tale che trapeli la sensazione (per chi ascolta) di far parte di un disegno preciso. In
effetti è esattamente così. Non si tratta di scrivere le note, ma di stabilire, ad esempio, il
carattere e la lunghezza di certi interventi, la simultaneità di determinati episodi, la sequenza
di alcune frasi musicali. Molto importanti, ad esempio, sono i segnali: quando un musicista
decide di intervenire facendo una determinata cosa (che può essere una sequenza prestabilita
di note, oppure un effetto particolare sullo strumento, tipo un tremolo prolungato, uno
staccato su una stessa nota, un breve ostinato di due o tre note, ecc.) di seguito qualcun altro
farà una cosa di risposta, eccetera, innescando un effetto domino che imprime una svolta
sensibile al brano musicale che sta manifestandosi. Nel caso del disabile questo può offrire
l’opportunità di creatività, responsabilità della composizione, piena integrazione nel gruppo.
Ognuno interviene secondo le proprie attitudini e capacità, non c’è errore, non ci si deve

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uniformare a un modello preesistente. Ogni gruppo crea le proprie regole assecondando le
capacità dei partecipanti.
4. Imitazione
Si ascolta musica per stare meglio insieme, per trovare nell'ascolto un "corrimano"
allo sviluppo della relazione. Il gioco d'ascolto è una tecnica che l'animatore deve saper
gestire, adeguando le esigenze alle proposte del gruppo. Il gruppo può diventare un aiuto
eccezionale nell'indurre ad ascoltare meglio la musica e, soprattutto con la disabilità, a
coglierne le svariate sfumature. (BORGHESI, MANAROLO, 2004)

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Conclusioni

Sostenere l’insegnamento della musica nelle scuole, e far sì che esso possa arrivare a
rivestire un ruolo sempre più centrale all’interno del curricolo è un imperativo che assume
sempre di più le sembianze di una necessità.
La pedagogia musicale in tutte le sue declinazioni è elemento malleabile e per questo
provvidenziale in una Scuola che si apre all’eterogeneità e alla valorizzazione del diverso;
inoltre la pratica musicale rappresenta un’occasione di socializzazione e condivisione, ed è,
se condotta con criterio e competenza, fruibile da tutti.lo studio della musica e di uno
strumento musicale, nonché la partecipazione attiva dei più giovani alle attività musicali,
collettive e individuali, portano in dote un considerevole valore aggiunto alla vita dei cittadini
e della società, ben oltre i confini della musica in senso stretto.
Le esperienze maturate in Italia e nel mondo, anche in condizioni gravemente
sfavorevoli, provano che la musica può essere efficace strumento e veicolo di: sviluppo
armonioso della personalità e delle facoltà motorie, cognitive, creative, espressive e
relazionali degli individui, inclusione, riscatto sociale, contrasto alla disgregazione ed al
disagio, individuale e collettivo, sensibilizzazione su tematiche sociali, ambientali ed
emergenziali, integrazione culturale, in quanto linguaggio non verbale che nella sua
immediatezza comunicativa e percettiva non abbisogna di sofisticate mediazioni e traduzioni.
Non va inoltre sottovalutato che esiste anche una corrispondenza diretta tra lo sviluppo
dell’educazione musicale di un Paese ed il fiorire dell’industria culturale, con ciò che ne
segue sul piano della nascita di nuove professioni e di nuovi ambiti occupazionali, per
ricaduta diretta e indiretta.
Alla luce di quanto appreso in questo Master, ho maturato la consapevolezza, come
musicista e docente, delle potenzialità sorprendenti della musica come disciplina insegnata
nelle scuole e della sua provvidenzialità nel trattamento di situazioni problematiche o di
difficoltà di interazione e socializzazione nelle classi: elementi da non trascurare in un
momento molto difficile per la scuola, ostacolata nella sua missione formativa da fenomeni
preoccupanti, figli della modernità, quali il bullismo, il razzismo e l’uso smodato di social
network.

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Elenco delle norme prese come riferimento per la redazione di questo saggio

• Legge 5 febbraio 1992, n. 104 Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate;

• Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n.275 Regolamento recante norme in
materia di autonomia delle Istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art.21 della legge 15 marzo 1997
n.59.

• MIUR 2006 Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri. • Parlamento
europeo e Consiglio dell’Unione Europea 18 dicembre 2006 Raccomandazione del Parlamento
Europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente
(2006/962/CE).

• Decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89 Regolamento recante revisione
dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei a norma dell'articolo 64, comma
4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto
2008, n. 133. 23

• Legge 8 ottobre 2010 n.170 Nuove norme in materia di Disturbi specifici di apprendimento in
ambito scolastico.

• MIUR Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di
apprendimento, allegate al Decreto Ministeriale 12 luglio 2011 n. 5669.

• MIUR 2012 Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo
d’istruzione.

• Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 Strumenti di intervento per alunni con bisogni
educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica.

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Bibliografia

BORGHESI Massimo, MANAROLO Gerardo, “Quaderni Italiani di Musicologia”,


Cosmopolis, 2004

DELALANDE François, “La Musica è un Gioco da Bambini”, FrancoAngeli, 2016

SCHÖN Daniele, “Il cervello musicale”, Il Mulino, 2018

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